//L’Editoriale di Maria Luisa Mastrogiovanni
continua dalla prima
L’Editoriale
“SeRIO e dIlIgente lAvORO dI RIceRcA”. e Il gup pROScIOglIe Il tAccO
Parlavamo infine di altre cosucce relative all’occupazione delle frequenze Rai riscontrata e denunciata dalla stessa emittente statale.
aveva chiesto il rinvio a giudizio. Nei tempi bui che il sistema dell'informazione sta attraversando, sentirsi ribadire che i capisaldi della democrazia, tra cui il diritto d'informazione, sono tutti lì e nessuno li può distruggere, è una bella ventata di ottimiEccola, dunque la sentenza di proscioglimento e smo. Le diffide e le querele come preordinato strunon necessita di commenti. mento di intimidazione e non come legittimo esercizio di difesa da parte di chi si sente offeso, sono state riconosciute, nei loro effetti, dal Gup: Il gup Annalisa De Benedictis è esemplare, entrando nel merito dell'inchiesta del Tacco e dei vari “Le diffide e le querele -scrive il Gup - per quanto capi d'imputazione del pm Antonio De Donno che legittime, hanno pur sempre raggiunto lo scopo di
Notizie non modificate geneticamente. Inchieste senza coloranti aggiunti. Opinioni con fermenti lattici vivi.
LEGGI COME MANGI
tentare di paralizzare l'attività giornalistica dell'imputata, che di fatto si è vista protagonista di procedimenti penali tutt'ora sub iudice”. Questa bellissima vittoria è tutta dei lettori del Tacco d'Italia, che continuano a seguirci, sempre più numerosi, ritenendoci degni della loro fiducia. Ringraziamo l'avvocato Massimo Manfreda, del foro di Brindisi, che ci ha egregiamente difeso, credendo da sempre nella nostra professionalità.
Il mensile del salento Anno VII - n. 76 - Settembre 2010 Iscritta al numero 845 del Registro della Stampa del Tribunale di Lecce il 27 gennaio 2004
EDITORE: Coop. Dinamica scarl - Casarano - P.zza A. Diaz, 5 DIRETTORE RESPONSABILE: Maria Luisa Mastrogiovanni
HANNO COLLABORATO: Laura Leuzzi, Andrea Morrone, Mario De Donatis, Luisa Ruggio, Maria Buonsanto, Paola Ancora, Manuela Mareso, Francesca Quarta, Carlo Lania FOTO: Dove non segnalato archivio del Tacco d’Italia REDAZIONE: p.zza Diaz, 5 - 73042 Casarano - Tel./Fax: 0833 599238 E-mail: redazione@iltaccoditalia.info PUBBLICITÁ: marketing@iltaccoditalia.info - tel. 3939801141
SOMMARIO OPINIONI DAL TACCO 05 BOLLETTINO DEI NAVIGANTI, CHI SALE CHI SCENDE 07 L’ARIA CHE TIRA, QUESTIONE DI LOOK
INCHIESTA 08 TRAFFICI UMANI
REPORTAGE 12 RESTINCO, PRIGIONIERI SENZA COLPA
BILANCI 15 PUGLIA: 20 ANNI D’IMMIGRAZIONE
INTERVISTA 17 SPORTELLO IMMIGRAZIONE: “COSÌ RISCHIAMO DI CHIUDERE”
LA TESTIMONIANZA
Unione Stampa Periodica Italiana Tessera n° 14705
18 ALBANIA-ITALIA SOLO ANDATA
REPORTAGE 20 UN CAFFÈ DA CICIRINELLA
UN PO’ DI LEGGEREZZA 22 ANTOOOOÒ FA CALDO 25 IL PERSONAGGIO DEL MESE// SIMONA MANCA 26 LA FOTO DEL MESE 27 30 GIORNI IN BREVE
CONTROCANTO 30 DIETRO ROSARNO
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IL PROSSIMO NUMERO 15 OTTOBRE 2010
TRIBUNALE DI LECCE SEZIONE DEI GIUDICI PER INDAGINI PRELIMINARI In nome del Popolo Italiano Il Giudice dr.ssa Annalisa de Benedictis ha emesso la seguente SENTENZA a norma degli artt. 425 e ss. c.p.p. nel procedimento penale a carico di: MASTROGIOVANNI MARIA LUISA, elett. Dom. in Brindisi via Lanzellotti n.3 c/o lo studio dell’avv. Massimo Manfreda – - libera presente – assistita e difesa di fiducia dall’avv. Massimo Manfreda del foro di Brindisi IMPUTATA a) del reato di cui all’art. 595, comma terzo, c.p., con riferimento all’art. 13 L. 8.2.1948 n.47, per aver pubblicato un articolo, dal titolo “Pagliaro: l’impero virtuale”, sul numero 52 del mese di dicembre 2005 del mensile “Il Tacco d’Italia”, con sede in Casarano, dalla stessa diretto, con cui offendeva la reputazione di Pagliaro Paolo, editore televisivo e legale rappresentante della società “Mixer Media”, nonché di amministratore e socio unico di “Telerama” S.r.l., in quanto: - lo accusava di aver posto in essere un tentativo di intimidazione nei confronti del “Tacco d’Italia”, preordinato allo scopo di impedire la libera informazione nei confronti delle vicende di interesse pubblico riguardanti esso Pagliaro; - adombrava il sospetto che Telerama avesse ottenuto l’importo di €. 100.000,00 dallo Stato, a titolo di erogazione pubblica ex L.448/98, pur in mancanza del requisito della regolarità contributiva dei dipendenti, - in Casarano, in giorno imprecisato del mese di Novembre 2008 prescrizione minima: 1.11.2014 Parte civile: PAGLIARO Paolo, elett. Dom. in Lecce via Niccolò Foscarini n.7 c/o lo studio dell’avv. Angelo Pallara dal quale è rappresentato e difeso – Conclusioni delle parti: Il pubblico ministero, espone i fatti e chiede il rinvio a giudizio dell’imputata. Il difensore della parte civile, si associa alla richiesta del p.m. Il difensore dell’imputata, chiede sentenza di non luogo a procedere.
razione propria al momento dell’erogazione del finanziamento. Dopo aver descritto il meccanismo della normativa in materia di finanziamento alle emittenti, riporta il contenuto delle dichiarazioni della senatrice Adriana Poli Bortone, all’epoca in forza ad AN, che contestava la validità di un’autocertificazione che contenesse l’assicurazione della regolarità contributiva al momento della domanda quando tale irregolarità era stata raggiunta solo n un secondo momento. La descrizione sull’attività del Comitato Regionale delle comunicazioni nell’articolo è diffusa: descrive le modalità di valutazione dei requisiti da parte del software e le conseguente delle decisioni del Comitato sottolineando che l’obiettivo delle televisioni è rientrare nei posti più alti della classifica per accedere ai finanziamenti. Dopo essersi dilungata sulla interpretazione data dallo stesso consiglio regionale sulla attualità al momento della domanda della regolarità contributiva precisa nell’articolo che il 3 settembre 2008 l’ENPALS aveva comunicato al Ministero dello sviluppo economico e delle comunicazioni che Telerama aveva sanato i contributi previdenziali spettanti all’Ente previdenziale, per i mesi di luglio e agosto 2006, solo nell’aprile 2008. Con riferimento alla stessa questione riferisce poi delle denunce di Rai Way al Ministero dello sviluppo economico delle comunicazioni in ordine al “comportamento dell’emittente privata Telerama al limite della legalità” in quanto la stessa emittente operava “impropriamente su un canale e una frequenza dove dovrebbe trovarsi la Rai”. Quanto al tentativo di intimidazione di cui la Mastrogiovanni accusa Pagliaro, la giornalista nel paragrafo “i capi d’imputazione del tacco” sintetizza i risultati della sua indagine già apparsi su precedenti numeri del giornale; espone inoltre per punti le accuse che a lei stessa vengono mosse nell’ambito di un altro procedimento per diffamazione. In realtà in questa parte dell’articolo non si ravvisa una accusa esplicita o sufficientemente delineata di intimidazione da parte della redattrice a carico di Pagliaro. Certamente la Mastrogiovanni parla di “tentativo di intimidazione” ma inserisce l’espressione in un contesto nel quale non si esprime una accusa apodittica, ma una esposizione dei fatti realmente accaduti che di fatto avevano l’effetto di impedire l’esercizio di informazione. In particolare, si legge: “non abbiamo più potuto scrivere nulla sulle attività e la vita del personaggio pubblico Pagliaro e sulle sue emittenti, perché ad ogni fiato abbiamo ricevuto diffide e relative integrazioni di querela (ne abbiamo perso il conto, in cui si lamentava un intento persecutorio nei suoi confronti. Persecuzione, dicevano le diffide, sebbene ci fosse un forte elemento di cronaca, da cui discende il diritto-dovere di informare … Non abbiamo più potuto informare i lettori dei fatti che riguardano un personaggio pubblico, dunque. Il tentativo di intimidazione è andato a segno, insieme a quello di indurre il giornale all’autocensura, che è la peggiore punizione per un giornalista libero”. Dunque, il tentativo di intimidazione di cui parla la giornalista attiene sicuramente all’esercizio di un diritto da parte di chi – Pagliaro – si è sentito leso dalle informazioni di stampa del Tacco d’Italia attraverso diffide e querele, che per quanto legittime hanno pur sempre raggiunto lo scopo di tentare di paralizzare l’attività giornalistica svolta dall’imputata che di fatto si è vista protagonista, in termini di accusata, di procedimenti penali tutt’ora sub iudice. In conclusione, avuto riguardo al contenuto del testo non sembra possa ravvisarsi il reato contestato; invero, a parere di questo giudicante, il reato non sussiste in quanto, avuto riguardo ai criteri stabiliti dall’interpretazione giurisprudenziale, non si ravvisano i presupposti della esorbitanza dei limiti imposti al legittimo esercizio dei diritti di cronaca e di critica. Invero, “a lesione dell’onore e della reputazione altrui non si verifica quando la diffusione a mezzo stampa delle notizie costituisce legittimo esercizio del diritto di cronaca, condizionato all’esistenza dei seguenti presupposti: la verità oggettiva o anche solo putativa dei fatti riferiti, purché frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca, tenuto conto della gravità della notizia pubblicata; l’interesse pubblico alla conoscenza del fatto (cosiddetta pertinenza); la correttezza formale dell’esposizione (cosiddetta continenza). In particolare, nel caso di notizie lesive mutuate da provvedimenti giudiziari, il presupposto della verità dev’essere restrittivamente inteso (salva la possibilità di inesattezze secondarie o marginali, inidonee a determinare o aggravarne la valenza diffamatoria), nel senso che la notizia dev’essere fedele al contenuto del provvedimento e che deve sussistere la necessaria correlazione tra fatto narrato e quello accaduto, senza alterazioni o travisamenti di sorta, non essendo sufficiente la mera verosimiglianza, in quanto il sacrificio della presunzione di non colpevolezza richiede che non si esorbiti da ciò che è strettamente necessario ai fini informativi” (Cass. Civ., III sez., 20.10.09, n.22190). Peraltro, anche l’uso da parte della giornalista di toni inequivocabilmente marcati e talvolta aspri è espressione del diritto di critica non comprimibile in un sistema democratico improntato costituzionalmente al libero esercizio del diritto di informazione. Afferma, in proposito, la Suprema Corte che “la critica … costituisce attività speculativa che per sua stessa natura non può pretendersi asettica e fedele riproposizione degli accadimenti reali, ma consiste nella rappresentazione critica di questi ultimi e, dunque, in una elaborazione che conduce ad un giudizio che, in quanto tale, non può essere rigorosamente obiettivo ed imparziale, siccome espressione del bagaglio culturale e politico di chi lo formula” (Cass. Pen., sez. V, 22.5.09, n.40408). Per le ragioni esposte si ritiene di definire fin d’ora la posizione dell’imputata con la decisione di proscioglimento per insussistenza del fatto, per inutilità e superfluità dell’approfondimento dibattimentale. P.Q.M. letto l’art. 425 425 c.p.p., dichiara non luogo a procedere nei confronti di Mastrogiovanni Maria Luisa in ordine al reato ascrittole perché il fatto non sussite.
MOTIVAZIONE 1. A seguito di richiesta di rinvio a giudizio del Pubblico Ministero veniva celebrata l’udienza preliminare nel corso della quale la Difesa chiedeva il proscioglimento dell’imputata per insussistenza del fatto. Il Giudice, all’esito della Camera di Consiglio, ha pronunciato dispositivo di sentenza di cui è stata data integrale lettura. 2. Deve essere fin d’ora disposto il proscioglimento dell’imputata perché il fatto non sussiste. Mastrogiovanni Maria Luisa è imputata di questo procedimento per avere pubblicato, nella sua qualità di giornalista e direttore del mensile “Il Tacco d’Italia”, un articolo dal titolo “Pagliaro: l’impero virtuale”, testo con il quale avrebbe offeso la reputazione di Pagliaro Paolo, editore televisivo e legale rappresentante della società Mixer Media, nonchè amministratore e socio unico di Telerama s.r.l. .Lo avrebbe accusato di aver posto in essere un tentativo di intimidazione nei confronti del giornale da lei diretto per impedirle la libera informazione nei confronti delle vicende riguardanti lo stesso Pagliaro; avrebbe adombrato il sospetto che la televisione da lui diretta avesse ottenuto un’erogazione pubblica ai sensi della legge 448/98 dell’ammontare di € 100.000, pur in mancanza del requisito della regolarità contributiva dei dipendenti. La giornalista risponde del reato di diffamazione a mezzo stampa con riferimento all’articolo apparso sul numero di novembre del mensile da lei diretto; pertanto la verifica della sussistenza degli elementi necessari per la valutazione dell’accoglimento della richiesta del pubblico ministero, ovvero della insussistenza del fatto contestato non può prescindere dall’esame del testo dell’articolo incriminato. Si legge nell’articolo una disamina dettagliata e puntuale delle vicende di natura giudiziaria che interessavano in quel momento il Pagliaro. L’articolo è diviso per paragrafi relativi, ognuno, alle varie vicende in questione. Con riferimento al finanziamento pubblico ai sensi della legge 488 la giornalista espone in ordine al tentativo di “frodare lo Stato” da parte del Pagliaro, bloccato dal sequestro con facoltà d’uso delle attrezzature tecniche dell’emittente. In particolare si scrive nell’articolo che “secondo l’accusa voleva proprio truffarli quei denari e lui si è affrettato a sbarazzarsene prima che le cose peggiorassero: a Bari … gli venne contestato il reato di concussione e concorso in corruzione con aggravanti. Per questo nel giugno 2006 gli fu notificata un’ordinanza di custodia cautelare”; prosegue precisando che venivano applicati gli arresti domiciliari e che all’esito risultò prosciolto nel procedimento nell’ambito del quale la misura era stata emessa. Con riferimento ai finanziamenti alle emittenti televisive ai sensi della legge 448 del 1998, la giornalista riferisce le informazioni a lei note relative all’inchiesta ad ampio raggio che riguardò una serie di emittenti televisive minori per la riscossione dei finanziamenti ex lege 448. Dopo aver chiarito che la normativa in questione consente di attingere ai fondi pubblici attraverso una richiesta rivolta al Comitato Regionale delle comunicazioni, organo regionale che riceve le domande, analizza documenti e stila le graduatorie immettendo i dati delle televisioni in un software che determina i punteggi in base al fatturato e al numero di dipendenti. I requisiti richiesti per l’assegnazione di finanziamenti attengono prevalentemente al predisporre e mandare in onda un telegiornale regolarmente registrato al tribunale in base alla legge sulla stampa e ad essere in regola con il versamento dei contributi previdenziali ai dipendenti; quest’ultimo requisito è autocertificabile. Successivamente la autocertificazione deve essere sostituita dalla produzione di documenti che attestino il contenuto della dichia- Lecce, 5.5.2010
un MezzOgIORnO, tAntI Sud di MARIO DE DONATIS m.dedonatis@iltaccoditalia.info
La riproposizione delle “Giornate del Mezzogiorno” – nell’ambito delle manifestazioni della 74^ Fiera del Levante – è stata accolta con grande interesse. Alla presidenza della Regione, all’assessorato al “Sud e Federalismo” ed all’Ipres va riconosciuto il merito non solo di aver recuperato un “appuntamento” considerato centrale, per più di un cinquantennio, dal mondo culturale, sociale e politico, ma di averlo attualizzato nel contesto della “globalizzazione”, proponendo per le “due giornate” l’approfondimento di due temi – “Capitale umano e Mezzogiorno” e “Un nuovo patto per l’Italia”. Temi sui quali si giocherà il futuro del nostro Paese. Per i confronti più tecnici che le “giornate” hanno assicurato rinvio ai siti della Regione e dell’Ipres. In questa sede ritengo utile segnalare l’impegno di Regione Puglia ed Ipres che con le “Giornate del Mezzogiorno” hanno avviato l’esplorazione di un percorso per “un nuovo patto per l’Italia”. È questo l’obiettivo prefigurato dal Presidente Vendola che impone di ricercare gli elementi di complementarietà delle posizioni di Piero Bassetti (Globus et Locus) e Adriano Giannola (Svimez), pur nella diver-
Nichi Vendola, 52 anni, single, barese di Terlizzi, è presidente della Regione Puglia dall'aprile 2005, fondatore di Sinistra Ecologia Libertà e candidato alle primarie per la leadership del centrosinistra Nichi Vendola nelle prossime elezioni politiche (del 2013 o dei prossimi mesi, chissà…). Vendola irrompe nella politica nazionale due mesi fa e diventa subito protagonista: dichiara di voler “sparigliare i giochi della vecchia liturgia del centrosinistra” e sorprende (ma solo i non-pugliesi) per qualità dell’eloquio e potenza delle argomentazioni. Lo si attacca per questo da destra e da sinistra. Tra le critiche più ricorrenti, quella di perdersi troppo in chiacchiere e proporre suggestivi libri dei sogni, di essere un “vecchio comunista” e quella di tralasciare il lavoro di presidente della Regione per conquistare la vetrina nazionale. Fatto sta che il linguaggio innovativo e partecipativo delle fabbriche di Nichi si sta diffondendo il tutto il paese, con proposte e iniziative audaci, creative e, perché no, divertenti. Anche per questo i giovani impazziscono per questo politico non più giovanissimo. Vendola piace anche alle donne, ai cattolici democratici (è stato allievo di mons. Tonino Bello), all’associazionismo e alle minoranze (è tra i fondatori dell'Arcigay e della Lila). È molto rispettato nell’ambiente imprenditoriale e tutti attendono di verificare il suo concreto peso di consensi nelle prossime primarie. Sperando che si tengano presto e si possa così districare almeno il fronte sinistro del turbolento scenario politico nazionale.
neRetInO peRnIcIOSO Antonio Vaglio, 58 anni, separato, veterinario, sindaco di Nardò al secondo mandato (al terzo se si considera una parentesi di circa vent’anni fa con una coalizione di centrodestra), dopo aver visto sgretolarsi la sua giunta ha deciso di restare tenacemente aggrappato alla sua poltrona. Il 26 agosto nella lettera di dimissioni da sindaco scriveva di essersi reso conto “della situazione agonizzante della città” e, fallito il tentativo di ricucire lo strappo ricercando maggioranze più ampie nell’interesse della città, gettava la spugna. Ma dopo poche settimane, Vaglio ritira le dimissioni e il 17 settembre vara una giunta tecnica “di minoranza”, nominando gli assessori e riservandosi di affidare loro le deleghe in un secondo momento. Il sindaco della più grande città per dimensioni della provincia di Lecce (dopo il capoluogo), va così dritto per la sua strada, accompagnato da brandelli dei partiti che lo hanno sostenuto, riorganizzati in piccoli gruppi dilaniati al proprio interno. Con le casse comunali vuote (di debiti fuori bilancio per circa 4 milioni di euro) e una sensazione in città di depressione e di inarrestabile declino, Vaglio ha il merito di aver alimentato un ampio e trasversale movimento di opposizione che va dal PD ad Azione giovani, dal movimento “100 passi” al popolo di internet. Antonio Vaglio
CHI SCENDE
sità degli scenari geo-politici dagli stessi rappresentati. Di certo Bassetti e Giannola sono impegnati – con indubbia onestà intellettuale – nel sostenere le ragioni della unità del Paese. Ed è in quest’alveo che occorre monitorare le opportunità, per il Sud e per il Nord, in grado di aprire le strade inesplorate dello sviluppo. Di certo Bassetti ha affascinato con la sua posizione pragmatica di immaginare, per i “tanti Sud” che esistono, percorsi differenziati che non escludono, recuperando il pensiero di Giannola, la lettura complessiva del Mezzogiorno e di attivare le conseguenti politiche di coesione per lo stesso. Ma, in nome di queste, non possono essere precluse le opportunità della “riva adriatica” del Mezzogiorno offerte dall’area Balcanica, anche attraverso le potenzialità della “regione adriatico-jonica” che le politiche europee di cooperazione sono in grado di liberare. Tanto si è colto negli interventi di Marida Dentamaro – impegnata nella “prima giornata”, nella sua qualità di Assessore al “Sud e Federalismo” e nelle conclusioni del Presidente, Nichi Vendola. All’orizzonte si percepiscono, prendono consistenza, anche alla luce delle “Giornate del Mezzogiorno”, scenari che permetteranno di dare concretezza a rinnovati processi di sviluppo. Il Sud ed il Nord richiedono questo e nel contesto della “Globalizzazione” lo Stato centrale, che pure ha mortificato culture ed intelligenze, può svolgere, ancora, nell’interesse generale del Paese, un ruolo insostituibile. Si tratta di definire i termini di un “nuovo Risorgimento”, da ricercare “nelle diversità del Paese”, come ha sostenuto Piero Bassetti, “da costruire con le forze sociali, politiche e le istituzioni che hanno radici nelle dimensioni locali”: non un “federalismo padano”, chiuso in se stesso, ma un “federalismo europeo”, aperto e inclusivo.
lA FABBRIcA delle pRIMARIe
CHI SALE
BOLLETTINO DEI NAVIGANTI
// Opinioni dal Tacco
// Opinioni dal Tacco //QueStIOne dI lOOK
l’ARIA che tIRA
di LUISA RUGGIO l.ruggio@iltaccoditalia.info
Immigrati. Clandestini. Mi vengono in mente tre cose: l'estate appena trascorsa, densa di emergenze; una lezione di Erri De Luca su Modernità ed Esclusione, il suo modo di raccontare l'immigrazione dal cimitero di Lampedusa (chiunque può ascoltare e riascoltare le sue parole inserendo le parole giuste nel motore di ricerca di Youtube); molto cantautorato stretto intorno alle zattere di oggi e quelle di ieri. A casa mia, quando ero piccola, sentivo spesso parlare di un antenato che era andato via all'Australia, di un altro, un senza pane come tanti, che aveva preso la via del mare per farsi americano, se n'era
INDOVINA CHI E’?
un MARe che BRulIcA. dI SBARchI andato con un vestito rivoltato troppe volte, la solita valigia di cartone che insiste nell'immaginario che si è fatto retorica e si è sbiadito. L’estate degli sbarchi, per chi parte da una redazione verso Otranto, verso un centro di prima accoglienza, è stato scoprire non tanto qualcosa da filmare piuttosto una risposta che si improvvisa. Eppure sono anni di questi andirivieni, di questo bussare disperato, di canali diventati fosse comuni e popoli che hanno sperimentato, arrangiato, imparato e simulato l'ospitalità. Conosco l'uomo che è stato chiamato in fretta e furia a fare da interprete tra i codici minori dei viaggiatori per disperazione e chi era sulle coste e non se li aspettava nel bel mezzo delle vacanze. Quando mi hanno spedito, come tanti altri colleghi, al Centro di prima accoglienza Don Tonino Bello mi ha raggiunto fuori i cancelli per riportarmi qualcosa di quelle sue traduzioni. Non altro fuorché un diritto alla vita, all'integrità, alla dignità. In quanto esseri umani. Tutto qui, ha detto l'interprete, il loro mondo li ha esclusi, si sono tirati via dalla morte. Tutto qui. Poi, ha aggiunto, vogliono affrancarsi della fatica di sopravvivere e proseguire oltre. Di nuovo ho pensato alle parole di Erri De Luca: "Il mare nostro brulica di sbarchi (...) gli uccelli vedono nell'isola un
La soluzione a pag. 30
Pericolo caduta massi. Gli Swap rischiano di franare e Perrone e De Masi cercano di darsela a gambe. Gabellone è lì lì che valuta il da farsi
punto di appoggio dove fermare e riposare il volo prima di proseguire oltre. Tra l'immagine di un'isola come recinto chiuso - quella dei poteri – e l'immagine degli uccelli di un'isola come spalla su cui poggiare il volo: hanno ragione gli uccelli."
di Paola Ancora
lA SOlItudIne deI luOghI cOMunI Meno male che adesso non ci sono più clandestini. Non più. Adesso questi vigliacchi delinquenti hanno paura, non verranno più. Questa è gente che attraversa il deserto a piedi, sfida il mare su pezzi di legno, sfila tra le dittature più feroci, ma adesso avrà paura, perché qui l’aspetta un’ammenda. Meno male che abbiamo imparato dalla storia, che ricordiamo bene quanto pane e cipolla ha dovuto mangiare nostro nonno, nascosto in una mansarda svizzera maleodorante di clandestinità. E adesso? Adesso certa gente non vorrà mica che la si accolga a braccia aperte! Che pretendono? Non sanno che in Italia, a casa nostra, c’è la crisi? E poi, gli zingari rubano, e non solo i bambini che non facciamo più. I romeni sono bravi coi coltelli e stuprano, anche le donne. Gli albanesi spacciano. Tutti, tranne Madre Teresa di Calcutta, che però ha vissuto sempre in India. Per il resto, spacciano tutti. Anche quelli che ho visto buttarsi in acqua da un motoscafo in corsa vent’anni fa a Torre dell’Orso. Sul momento mi avevano quasi intenerita: fradici, con i bambini in braccio e il pianto strozzato in gola dalla paura, a correre via, nella pineta di notte, prima che arrivassero le “Guardie”.
Ma poi, chi ne sa più di me, mi ha aperto gli occhi: quelli spacciavano e spacciano ancora oggi. Se ne vanno al Nord, dove ci stanno i soldi, e gestiscono droga e prostitute. Altro che tenerezza! Adesso, però, devono stare attenti. È vero: non hanno nemmeno più bisogno di un visto per entrare. Ma devono stare attenti perché la legge italiana è uguale per tutti e severissima! Soprattutto quella sulla droga. Con qualche spinello vai in galera, caro mio! Se sei parlamentare è diverso. Devi fare le leggi. E quindi devi conoscere. Conoscere per deliberare! Lo diceva Luigi Einaudi, mica io. Ecco perché su 232 parlamentari partecipanti (volontari) al test antidroga promosso dal governo lo scorso febbraio, uno – sconosciuto è e tale resterà - è risultato positivo alla droga. Alla cocaina precisamente. E tutti a criticare, a chiedere che uscisse allo scoperto! Insomma, uno – per di più parlamentare – avrà o no il diritto di documentarsi e studiare? In aula, poi, deve sapere cosa dire, cosa proporre, quale droga vietare e quale no. Sacrosanto. Meno male che non ci sono più clandestini, a spacciare la droga e derubare le vecchiette, come mia
nonna che fa la crostata più buona del mondo. Mia nonna – e pure io – c’ha un sacco stima dei Caramba, della Pula e delle Fiamme Gialle. Quelli sì, fanno il loro lavoro, in mezzo alla strada, fra la gente, rischiano anche la vita. Sanno come stanno le cose. Adesso c’è pure uno del mio paese che è diventato carabiniere. Canta l’inno di Mameli nelle cerimonie ufficiali e sembra conosca il codice penale, la legge. Così pare. È extracomunitario. Albanese. O meglio, lo era, perché gli albanesi – notoriamente da vent’anni tutti spacciatori come oggi i rumeni stupratori e gli zingari ladri – lo avranno cacciato, disconosciuto. E’ troppo onesto, troppo lavoratore, troppo “nei secoli dei secoli fedele” alla Patria per essere davvero albanese. E – secondo me - avrà sicuramente qualche goccia di purissimo sangue italiano nelle vene. O forse, vent’anni fa, su suolo italiano quel bambino albanese ha trovato una casa, qualche amico. E, da grande, il desiderio di servire il Paese che l’ha accolto.
// Inchiesta // Nuovi fenomeni migratori Per l'occasione hanno riaperto la vecchia rotta dei curdi, quella attraverso la quale, partendo dalla Turchia e arrivando in Calabria o nel Salento, per tutti gli anni 90 le organizzazioni criminali turche hanno trasportato i curdi in fuga verso l'Europa. Strada più meridionale rispetto alla tradizionale rotta ValonaOtranto usata negli stessi anni dagli scafisti albanesi, e in seguito abbandonata ma mai chiusa davvero e rimasta lì inutilizzata fino a quando gli accordi fatti dal Governo italiano con la Libia del colonnello Gheddafi, e la conseguente fine degli sbarchi a Lampedusa, ha convinto i trafficanti di uomini a ripristinarla.
ABBIAMO PASSATO L’ESTATE A SCRUTARE L’ORIZZONTE CHIEDENDOCI SE QUELLE BARCHE A VELA DI LUSSO TRASPORTASSERO SOGNI O DISPERAZIONE. IL NUOVO FENOMENO DEL TRAFFICO DI ESSERI UMANI HA INVESTITO IN TUTTA LA SUA BRUTALITÀ LE COSTE SALENTINE. CHIAMANDO A PIÙ PRESSANTI RESPONSABILITÀ ISTITUZIONI, PROCURA, FORZE DELL’ORDINE, CITTADINI di CARLO LANIA M. LUISA MASTROGIOVANNI
lA teORIA deI RuBInettI Chiuso il Canale di Sicilia, ecco allora che si è riaperto quello di Otranto. Stessa strada degli anni passati, stessi criminali con base in Turchia, ma nuove merci. Il posto dei curdi oggi lo hanno preso afghani, iraniani, iracheni, uomini donne e bambini in fuga da regimi o paesi in guerra e diretti anch'essi in nord Europa, Germania in particolare. Non si tratta però dell'unica novità. Sono cambiati anche i mezzi di tra-
IL FATTO CHE OGGI SI SPOSTINO IN BARCA A VELA POTREBBE FAR PENSARE CHE LE CONDIZIONI DI VIAGGIO PER GLI IMMIGRATI SIANO MIGLIORI RISPETTO AL PASSATO, MA NON È COSÌ. PER I TRAFFICANTI DI UOMINI I CLANDESTINI SONO E RESTANO UNA MERCE E COME TALE VENGONO TRATTATI
tRAFFIcI uMAnI netto delle partenze. Ma i disperati che approdano oggi in Calabria e Salento sono pur sempre il segnale di un fenomeno in ripresa. In tutto, da gennaio a oggi, ne sono arrivati 1070 la maggior parte dei quali, 582, afghani ma anche iraniani, iracheni, palestinesi, nordafricani e perfino sei birmani tre georgiani. Altissima la percentuale di bambini, ben 404, praticamente quasi la metà sul totale, mentre 108 sono le donne. Il triplo rispetto al 2009, quando in tutto l'anno ne sono arrivati appena 315 (70 nel 2008). 'Lo scacchiere mediterraneo è un grande gioco di apertura e chiusura di nuove rotte. Ora che la Libia ha chiuso il canale di Sicilia, per il princi-
sporto. Messi da parte i gommoni e le carrette, adesso si viaggia in barca a vela, metodo escogitato dai trafficanti nella speranza (rivelatasi vana) di sfuggire ai minuziosi controlli fatti dalla Guardia di finanza nello Jonio coordinata dal colonnello Patrizio Vezzoli. E così sono ricominciati gli sbarchi in Calabria e nel Salento meridionale. Poca roba se si pensa agli anni in cui lungo queste stesse coste, da Riace fino a Santa Maria di Leuca e Otranto, sbarcavano a decine di migliaia, e niente anche in confronto ai 29mila arrivati fino a luglio dell'anno scorso a Lampedusa, fino a quando Gheddafi, profumatamente pagato dal nostro governo, si è deciso a chiudere (per ora) il rubiil tacco d’Italia
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Settembre 2010
pio dei vasi comunicanti una parte di quel flusso migratorio si è riversata sullo Jonio. Non si può pensare di arginare fenomeni come questo' spiega Cataldo Motta, il procuratore della Repubblica di Lecce che coordina le indagini sul traffico di uomini.
le ROtte dellA dISpeRAzIOne Il fatto che oggi si spostino in barca a vela potrebbe far pensare che le condizioni di viaggio per gli immigrati siano migliori rispetto al passato, ma non è così. Per i trafficanti di uomini i clandestini sono e restano una
sosta in Grecia, nel porto di Lefkada che potrebbe essere un nuovo punto di partenza o solo un approdo utile a caricare altri clandestini. Che comunque la città greca sia coinvolta nel traffico di essere umani non sembrano esserci dubbi. A bordo di una barche a vela gli inquirenti hanno infatti rinvenuto sia uno scontrino per l'acquisto di sigarette effettuato in un negozio di Lefkada, sia la ricevuta per la riparazione di un motore eseguita sempre nel porto greco. 'Rispetto ai gommoni, le barche a vela presentano più di un vantaggio spiega ancora Motta che del Mediterraneo, e di chi lo naviga, conosce molti misteri -: prima di tutto la velocità. I gommoni vengono individuati più facilmente dai radar proprio per la loro velocità. La barca a vela invece, navigando a 4 nodi, desta meno sospetti. Ma a differenza dei gommoni e dei pescherecci, le barche a vela possono nascondere il loro carico illegale, rendendolo invisibile per gli aerei e gli elicotteri'.
unA StRAnA lIStA d’IMBARcO Il tallone d'Achille degli scafisti, quello che li tradisce agli occhi esperti delle motovedette della Finanza, è però la linea di galleggiamento troppo bassa. A causa del loro carico, l'acqua sfiora infatti pericolosamente i bordo delle barche, rendendo lampante il motivo del loro navigare. Fino a oggi la Guardi finanza ha sequestrato un gommone e sette barche a vela. Belle navi da cro-
merce e come tale vengono trattati: fino a 50, 60 a viaggio vengono stipati sino all'inverosimile nelle stive, dove restano per i cinque giorni della traversata in condizioni che si possono immaginare. Per ciascuno di loro il viaggio dal paese di origine fino in Germania può arrivare a costare dai 5.000 ai 10.000 dollari, tariffa all inclusive che comprende anche il costo della traversata del Mediterraneo e un biglietto per arrivare in treno fino a destinazione. Stando ai calcoli fatti dagli inquirenti un viaggio con la barca a vela può fruttare ai trafficanti fino a 300 mila euro. Ma le indagini della magistratura hanno permesso di stabilire al-
a sud della Grecia per poi risalire verso la Calabria e il Salento meridionale. Importanti informazioni in più per quanto riguarda rotte, durata dei viaggi ed eventuali soste gli investigatori contano di averle entro settembre, quando al pm Guglielmo Cataldi arriveranno i risultati delle analisi effettuate sui Gps delle barche sequestrate dalla finanza.
cuni punti fermi. Primo luogo di raduno per tutti è Aksaray, un quartiere di Istanbul dove i profughi si ritrovano dopo aver viaggiato via terra per migliaia di chilometri. È qui che si procede all'organizzazione dei viaggi in mare. Da Istambul si prosegue sempre via terra fino ad Antalia, Izsmir e Tekirdag, i tre porti meridionali della Turchia dai quali salpano le barche a vela. A questo punto agli inquirenti non è ancora chiara la rotta imboccata dalle navi. Le possibilità sono due. La strada più corta prevede il passaggio in Grecia attraverso lo Stretto di Corinto, via più breve ma più rischiosa per la maggiore sorveglianza a cui è sottoposta. L'alternativa è il passaggio il tacco d’Italia
glI ScOntRInI deI RIFORnIMentI Un'altra cosa però gli inquirenti hanno potuto stabilirla. Nel loro viaggio gli scafisti fanno almeno una 9
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IL VIAGGIO DAL PAESE DI ORIGINE FINO IN GERMANIA PUÒ ARRIVARE A COSTARE DAI 5.000 AI 10.000 DOLLARI, TARIFFA ALL INCLUSIVE. UN VIAGGIO PUÒ FRUTTARE FINO A 300MILA EURO ciera, nate per scopi ben diversi da quelli per cui oggi gli scafisti (quasi tutti turchi e marinai esperti, non più i vecchi malavitosi di un tempo) le utilizzano. A parte una, di proprietà di un turco, tutte sono state prese a noleggio. Una ricevuta trovata a
Una delle recenti operazioni delle Fiamme gialle per bloccare il natante e costringerlo a ormeggiare
bordo di uno scafo battente bandiera francese certifica il noleggio per un mese per 5.000 euro effettuato presso una società francese. Ma a bordo di una di queste splendide imbarcazioni gli investigatori hanno trovato anche una strana lista. Un elenco di 27 nomi, 19 dei quali sono in seguito risultati essere i nomi di 16 afghani e 3 iraniani fermati sulle coste salentine dalle forze dell'ordine. Lo scopo della lista è ancora da accertare, anche se gli inquirenti
CATALDO MOTTA, PROCURATORE DELLA REPUBBLICA: “I GOMMONI VENGONO INDIVIDUATI PIÙ FACILMENTE DAI RADAR PER LA LORO VELOCITÀ. LA BARCA A VELA INVECE, NAVIGANDO A 4 NODI, DESTA MENO SOSPETTI. E PUÒ NASCONDERE IL SUO CARICO ILLEGALE, RENDENDOLO INVISIBILE PER GLI AEREI E GLI ELICOTTERI” sono convinti che ad attendere a terra i clandestini ci sia una banda di italiani che ha il compito di rivestirli e di dar loro un biglietto di treno per proseguire il loro viaggio. Per fortuna, però, ad attendere gli immigrati non ci sono solo i trafficanti. Da quando sono ripresi gli sbarchi, è ricominciata infatti anche la solidarietà.
I numeri
1070
le persone extracomunitarie sbarcate sulle coste salentine
404 bambini
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lA gARA dI SOlIdARIetÀ II primi immigrati, bagnati e provati dal viaggio, sono stati ospitati nelle scuole di Otranto, ma poi il sindaco Luciano Cariddi e l'assessore alle politiche sociali Lavinia Puzzovio hanno deciso di intervenire. 'Non si poteva tenerli nelle scuole, dove non c'era neanche una doccia per lavarsi', spiega oggi Cariddi. Si è deciso quindi di riaprire agli immigrati il vecchio centro Don Tonino Bello, chiuso dal 2005, dopo averlo ripulito e attrezzato. Tutto a spese del Comune di Otranto, che ancora oggi provvede a rifornire gli immigrati di pasti caldi e vestiti. 'Pur avendone diritto, nessuno di loro chiede asilo politico, perché vogliono andare in Germania, per loro l'Italia è solo un paese di transito', aggiunge don Maurizio Tarantino, direttore della Caritas di Otranto. 'Non capiscono che così rischiano di essere rimpatriati'. Al don Tonino Bello restano poche ore, il tempo di riposare prima di essere smistati nei vari Cie (Centri identificazione ed espulsione). Come per la Libia, in questi giorni il governo sta cercando di fare accordi con la Grecia e Turchia perché collaborino nel fermare gli immigrati. Ad Atene e Ankara si chiedono maggiori controlli sulle imbarcazioni, m anche più informazioni visto che fino a oggi, sia la Grecia sia la Turchia hanno preferito chiudere gli occhi. 'In vent'anni non è cambiato niente, l'approccio all'immigrazione è sempre e solo politico', dice sconsolato don Maurizio. 'Non capiscono che non si può impedire alla gente di fuggire dalla guerra e dalle fame. Non ci riusciranno mai'.
558 uomini
12 le imbarcazioni sequestrate
39 gli sbarchi
donne Dai 5.000 ai 10mila dollari il costo di un viaggio 300mila euro il guadagno per i trafficanti in ogni viaggio
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//Reportage // Tra i disperati del Cie Preghiere sul muro. Uno degli affreschi realizzati dagli ospiti di Restinco. Raffigura un uomo in preghiera rivolto verso la Mecca. Nel fumetto, versi del corano.
ReStIncO, pRIgIOnIeRI SenzA cOlpA UNA MATTINATA NEL CENTRO D’IDENTIFICAZIONE E ACCOGLIENZA DI BRINDISI. UNA VERA E PROPRIA PRIGIONE, AL DI LÀ DELLE SIGLE: PRIMA LI CHIAMAVANO CPT, ORA CIE. LA SOSTANZA NON CAMBIA. CHI VIENE RINCHIUSO LÌ PUÒ RIMANERE ANCHE SEI MESI, PRIMA DI ESSERE RIMPATRIATO. SENZA REATI, NÉ COLPE NÉ PROCESSI di CARLO LANIA MARIA LUISA MASTROGIOVANNI il tacco d’Italia
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“Non si tratta di detenzione. Non sono detenuti. Quindi non si configura il reato di evasione. Loro lo sanno e ci provano”. Erminia Cicoria, il capo di gabinetto della prefettura di Brindisi, ci accompagna nelle tre ore che trascorriamo al Restinco, il Cie che accoglie gli ultimi migranti sbarcati in questi giorni di scirocco nel basso Salento, stipati nelle stive di barche a vela di lusso. Li incontriamo: hanno passato quattro giorni nella stiva della barca. Hanno passato il confine con la Turchia a piedi, provenienti dall’Iraq. Ad Aksaray, un quartiere di Istanbul, hanno incontrato l’organizzazione a cui hanno pagato settemila dollari a persona. Ieri sera da Restinco hanno chiesto asilo politico. Gli altri, da lì, solo in agosto, ci hanno provato cinque volte a scappare. La maggior parte sono stati ripresi, con le buone o con le cattive. E ne portano tutti i segni. Cinque di loro, che fanno parte del gruppetto che sotto ferragosto hanno impilato un po’ di armadietti per salire sul tetto e poi scavalcare il muro di sei metri, hanno un braccio o una gamba rotti. “Sono caduti dal muro”, spiega Erminia Cicoria. Ma tre su cinque negano. L’interprete dall’arabo, messa a nostra disposizione dal direttore del Centro, Nicola Lonoce, ci traduce la loro versione: “Macché cadute. Ci hanno picchiato con i manganelli”. Disteso per terra su un materasso trascinato nel cortile dagli altri ospiti del centro, Morad Bigawi tunisino di 18 anni, con piede e gamba sinistra ingessati, ci mostra vistosi ematomi sul braccio, spalla e coscia destra. Racconta di essere stato picchiato dagli agenti di polizia e guardia di finanza, che lo hanno riacciuffato per le campagne, mentre cercava di scappare. È più o meno quello che racconta Jbeli Moura, tunisino di 34 anni. È stato in prigione un anno e sei mesi per spaccio. Ha scontato la sua pena ma, per una beffa kafkiana tipica della burocrazia italiana, invece di essere rimpatriato direttamente dopo essere uscito dal carcere, come tutti quelli nella sua condizione, passa da un Cie, dove può accadere che trascorra anche diversi mesi prima di tornare in patria. Così Moura, che ha la famiglia in Belgio, cerca di fuggire, si rompe o, a quanto dice lui, gli rompono un braccio per impedirgli la fuga. Intanto è lì, in un “centro di identificazione ed espulsione”, nonostante non abbia bisogno di essere identificato, per-
Sbarre alte e muri di cinta. Impossibile fuggire
Dal cancello d’ingresso si intravedono i prefabbricati che ospitano i “richiedenti asilo”.
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MORAD BIGAWI TUNISINO DI 18 ANNI, CON PIEDE E GAMBA SINISTRA INGESSATI, CI MOSTRA VISTOSI EMATOMI SUL BRACCIO, SPALLA E COSCIA DESTRA. RACCONTA DI ESSERE STATO PICCHIATO DAGLI AGENTI DI POLIZIA E GUARDIA DI FINANZA, CHE LO HANNO RIACCIUFFATO PER LE CAMPAGNE, MENTRE CERCAVA DI SCAPPARE
roventi sotto il sole del Salento, anche perché l’aria condizionata è rotta e in tutto il Centro non c’è una chiazza d’ombra o la traccia di un albero che dia un po’ di tregua e di respiro. La stessa situazione per gli ospiti del Cie, oggi 40, che si trascinano dalle stanze alla mensa e dalla mensa al cortile. Nel cortile il sole è a picco e l’unica ombra è quella di due grandi gazebo sotto i quali nessuno trova ristoro, perché il pavimento di cemento restituisce il doppio del calore che assorbe. Per questo, siccome l’unico posto fresco è la mensa, portano lì i materassi, e passano le ore, i giorni, i mesi. Fino a sei, entro i quali devono ritornare in patria. In fondo al corridoio, alcuni tappeti sono sistemati per la preghiera. È il periodo del Ramadan e la maggior parte di loro è osservante. Ci fanno vedere i dormitori, stanze da 12 posti con sei letti a castello; i bagni, alla turca, dove mancano molte porte. “Le divelgono – dice il capo di gabinetto della Prefettura – e dal nostro punto di vista è educativo che comprendano che, se rompono una cosa, questa non viene automaticamente ché è già stato in un carcere italiano. Storia simile a quella di Rezamag Mahdi, tunisino di 38 anni, ha sposato una cittadina francese da cui ha avuto tre figli, di dieci, sette e cinque anni. Viveva a Grenoble con la sua famiglia. In Italia in vacanza, racconta di aver picchiato un poliziotto che a suo dire aveva offeso sua moglie e per questo ha scontato due mesi nel carcere di Ravenna e quattro a Foggia. Ora è stato trasferito a Restinco, nonostante non solo sia stato abbondantemente identificato nel carcere, ma, soprattutto, nonostante abbia permesso di soggiorno, patente e carta d’identità francesi. È arrivato lì da poche ore e il capo di gabinetto chiede al direttore del Centro di verificare quella che sembra una situazione a dir poco anomala. Rezamag faceva l’artigiano, ristrutturava appartamenti. Ci mostra la sua tessera di iscrizione alla Camera di commercio francese. Parla a bassa voce, ha modi pacati ma decisi. Fanno a gara per poter raccontare la loro storia. Ci seguono mentre visitiamo le stanze per i colloqui che si tengono con gli psicologi, i consulenti legali, gli assistenti sociali, i mediatori culturali. Sono servizi, questi, previsti dal capitolato d’appalto della gara vinta
dal consorzio Connecting people, che gestisce Cie e Centri di accoglienza in tutta Italia. In particolare devono garantire: 54 ore settimanali di assistenza legale; 24 di assistenza psicologica; 24 di assistenza sociale; 156 di mediazione; 24 ore di insegnamento della lingua italiana. Sono corsi frequentati soprattutto dai migranti ospitati all’interno del “Cara”, il centro di accoglienza per i richiedenti asilo politico che oggi accoglie 60 persone. Con le assistenti sociali e il personale che si occupa sia del Cie sia del Cara, gli ospiti hanno un ottimo rapporto: “Veniamo qui tranquillamente da sole - dice un’assistente sociale anche la sera, senza scorta”. I richiedenti asilo politico vivono in moduli prefabbricati che diventano
Una scritta sul muro realizzata con pacchetti di sigarette da il senso del tempo che passa
LA STRUTTURA È PRESIDIATA DA CARABINIERI, POLIZIA, GUARDIA DI FINANZA E DAL VICINO BATTAGLIONE SAN MARCO. SEDARE LE RISSE O LE RIVOLTE È UN PROBLEMA, PERCHÉ SI È IN CARENZA DI ORGANICO il tacco d’Italia
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sostituita. Devono essere responsabili. Intanto noi eliminiamo tutto ciò che può essere utilizzato per la fuga”. Come le porte del campetto di calcetto. Fino ad un anno fa, quando Restinco era solo un Centro di accoglienza, prima di diventare Cie il 14 agosto dell’anno scorso, il campetto era usato dai “richiedenti asilo”. Da allora, da un lato un muro e dall’altro un semplice cancello rinforzato separano una zona dall’altra. Di fatto è un’unica struttura presidiata da Carabinieri, polizia, Guardia di finanza e dal vicino Battaglione San Marco. Sedare le risse o le rivolte è un problema, anche perché, come più volte lamentato dai rappresentanti del Sappe (Sindacato autonomo polizia penitenziari) di Brindisi, si lavora in carenza di organico e si ha la tentazione di lasciar fare agli altri il “lavoro sporco” dell’acciuffare chi scappa o bloccare i tafferugli. Intanto ogni giorno continuano ad arrivare qui, come dice Cherif Hamdi, mostrando il suo braccio contuso che non riesce a muovere, “per lavorare, non per essere picchiati”.
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//Bilanci //Quale accoglienza
puglIA: 20 AnnI d’IMMIgRAzIOne
Bari, gennaio 2010. Un piccolo afgano ha cercato di attraversare il canale d’Otranto chiuso in una valigia, nel bagagliaio di una macchina imbarcata sul traghetto. Ma non ce l’ha fatta
IL 2011 SARÀ IL VENTENNALE DEL PRIMO SBARCO DI ALBANESI IN PUGLIA. ECCO COME SI È EVOLUTO IN FENOMENO MIGRATORIO IN PUGLIA E NEL SALENTO di MARIA BUONSANTO
“La Regione Puglia si impegna a promuovere iniziative rivolte ad attribuire agli immigrati extracomunitari e alle loro famiglie condizioni di uguaglianza con i cittadini italiani nel godimento dei diritti civili e rimuovere le cause che ne ostacolano l’inserimento nell’organizzazione sociale, culturale ed economica della Regione”. È quanto disposto dalla legge regionale 26/2000 “Conferimento di Funzioni e Compiti Amministrativi in materia di Immigrazione Extracomunitaria”. I fatti di cronaca dell’ultimo decennio hanno dimostrato che non sempre questi impegni sono stati rispettati. Ma quali sviluppi ci sono stati nell’immigrazione pugliese? Se nella sua storia la Puglia si è configurata sostanzialmente come terra di emigrazione, negli ultimi decenni si è assistito, invece, ad una decisa inversione di tendenza. Il Tacco d’Italia è divenuto porto d’immigrazione, rappresentando prima terra di passaggio verso il resto dell’Europa e d’Italia e, suc-
cessivamente, terra di approdo nella logica di una sistemazione stanziale. Anni Novanta: i Cpt Il 1991 è l’anno considerato come “inaugurale” del fenomeno immigratorio nella Regione. A farla da padrone in quegli anni la forte pressione migratoria proveniente dai paesi dell’Europa orientale, in primis dall’Ex Jugoslavia e dall’Albania. Iniziano gli sbarchi clandestini ed il traffico di esseri umani. L’attività di soccorso e ricovero di queste ingenti masse di persone, spesso prive di tutto, trova una prima risposta nel dl 451 del 1995, convertito nella legge 563 del 1995, la cosiddetta legge Puglia. Vengono istituite apposite strutture di accoglienza. Il successivo regolamento di attuazione n. 233 del 1996 dispone l'istituzione di tre centri, a Brindisi, a Lecce e ad Otranto. Accanto al soccorso inizia il contrasto e la repressione del’immigrazione clandestina. A tal fine l'art. 14 del d.l. 5 luglio 1998 n. 286 istituisce i “centri di il tacco d’Italia
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permanenza temporanea ed assistenza” (Cpt), strutture diverse dai centri d'accoglienza perché finalizzate al trattenimento vigilato di stranieri già destinatari di un provvedimento di espulsione o di respingimento. Spazi di detenzione motivati dalla necessità di procedere ad accertamenti supplementari sulla identità o nazionalità degli stranieri. Spazi di detenzione, cinti a volte da alte mura, a volte recintati con del filo spinato, controllati dalle forze dell’ordine all’esterno e all’interno. Spazi da cui non ci si può allontanare. Ultimo Decennio Alle soglie del 2000 le province di Napoli (49.899), Caserta (13.380), Bari (20.182), Brindisi (10.709) e Lecce (10.215) superano insieme le 100.000 unità di stranieri, totalizzando quasi i due terzi degli immigrati nel Sud. Si tratta per lo più di un’immigrazione instabile. Instabilità evidenziata anche dalla scarsa presenza di soggiornanti per motivi di lavoro. Naturale approdo per un grande nuSettembre 2010
mero di richiedenti asilo e di profughi per motivi umanitari, la Puglia ha la percentuale più bassa di soggiornanti per motivi di lavoro, il 39,4%. Le comunità straniere più numerose sono l’albanese, che rappresenta oltre un terzo delle presenze immigrate sul territorio, la jugoslava e la marocchina. Gli sbarchi clandestini nella Regione nel corso del 2000 sono 18.990. Al 31 dicembre 2002 gli sbarchi sono 3.357, oltre 15.000 in meno di due anni prima. Rispetto al 1991, nel 2002 il numero dei soggiornanti, considerando solo gli immigrati regolari, è passato da circa 16.000 a oltre 35.000. Al primo gennaio 2009, invece, il totale ammonta a 73.848. La cifra, quindi, in un ventennio si è più che quadruplicata. 12.700 sono le domande di regolarizzazione accolte nel 2002 (fonte Caritas). Lecce, le pagine nere dell’accoglienza È a Lecce che si è sperimentata un’idea di accoglienza diventata un prototipo per l’Italia: qui sono nati i
Un’impennata si registra, invece, nel numero di persone provenienti dall’Est Europa, con picchi del 5833% della Bulgaria. Seguono: Romania, Polonia, Moldavia e Ucraina.
Come eravamo. Emigranti italiani al lavoro per la Union Pacific
Bari, 8 agosto 1991. 15mila albanesi arrivano sulla Vlora
Otranto, agosto 2010. I viaggi si compiono in barche a vela regolarmente noleggiate
Cpt (centri di permanenza temporanea) e i centri d’identificazione per richiedenti asilo. Tra le strutture nate a partire dal 1998: il Cpt Regina Pacis di San Foca retto dalla Curia leccese, il Cpa (Centro di prima accoglienza) Don Tonino Bello di Otranto, retto dal Comune, e il Centro di accoglienza per profughi e richiedenti asilo Lorizzonte, gestito dalla onlus CTM-movimondo. Tutti balzati agli onori della cronaca per la dubbia gestione che ne è stata fatta. Ma come è cambiata la geografia dei flussi migratori a Lecce? Se gli anni Novanta sono stati caratterizzati massicciamente dalla presenza di albanesi e magrebini, a partire dal 2002 si assiste ad un profondo mutamento. L’incremento degli stranieri provenienti dalle storiche aree di emigrazione si stabilizza su livelli di crescita medi. Basti pensare che la comunità albanese, per esempio, dal 2002 al 2008 aumenta solo del 40% e quella marocchina del 77%.
L’immigrazione oggi in Italia Il 2008 è stato, dati Caritas/Migrantes, il primo anno in cui l’Italia, per incidenza degli stranieri residenti sul totale della popolazione, si è collocata al di sopra della media europea e, seppure ancora lontana dalla Germania e specialmente dalla Spagna (con incidenze rispettivamente dell’8,2% e dell’11,7%), ha superato la Gran Bretagna (6,3%). 40mila sono state le acquisizioni di cittadinanza nel 2008, quadruplicate rispetto al 2000 e più che quintuplicate (53.696) se si tiene conto anche delle cittadinanze riconosciute direttamente dai Comuni. 36.951 le persone sbarcate sulle nostre coste, 17.880 i rimpatri forzati, 10.539 gli stranieri transitati nei centri di identificazione ed espulsione (Cei) e 6.358 quelli respinti alle frontiere. La regolarizzazione realizzatasi a settembre 2009, chiusasi con 294.744 domande di assunzione di lavoratori non comunitari come collaboratori familiari o badanti (queste ultime pari a un terzo del totale), ha evidenziato ancora una volta la complementarità tra esigenze della popolazione italiana e presenza straniera. Innegabili i benefici anche per lo Stato: l’operazione ha fruttato, infatti, 154 mln di euro in contributi arretrati e marche, mentre nel periodo 2010-2012 farà entrare nelle casse dell’Inps 1,3 mld di euro supplementari.
//L’intervista // Rosi Bove D’Agata
SpORtellO IMMIgRAzIOne: “cOSì RISchIAMO dI chIudeRe” MENO ORE E ZERO FINANZIAMENTI. LA DENUNCIA DELLA RESPONSABILE DELLO SPORTELLO SERVIZI PER L’IMMIGRAZIONE DELLA PROVINCIA DI LECCE
di MARIA BUONSANTO
Quella a Rosi Bove D’Agata doveva essere un’intervista sulla nascita ed il funzionamento dello Sportello Servizi per l’immigrazione, che dal 2005 accoglie ed orienta gli stranieri presenti nella Provincia leccese. Con amarezza e rabbia, Rosi, invece, ha denunciato al Tacco d’Italia quella che si prospetta come la fine di un servizio pubblico. L’ennesimo in tema di immigrazione. Drasticamente ridotto, lo sportello non può più contare sui finanziamenti pubblici e, a detta della fondatrice e responsabile dello Sportello, si troverà presto nell’occhio del ciclone di una vera e propria lotta politica. Lei, infatti, non ci sta e – “decisa a prendersi tutte le responsabilità di questa denuncia”si dice pronta ad affrontare la battaglia, sia legalmente sia politicamente. Partiamo dall’inizio. Come nasce Servizi Immigrazione Salento? “È una storia che ha inizio nel ’99, anno in cui avevo creato “Lecce Accoglie”. Dopo due anni di finanziamenti sono uscita da un progetto che avevo così fortemente voluto a causa dell’incompatibilità con l’amministrazione Poli Bortone. Al termine del mandato, quando nel 2004 ha vinto Pellegrino, ho preparato un nuovo progetto in favore degli immigrati e delle politiche d’integrazione e mi sono presentata dal Presidente. Ciò che volevo era creare un modello, una nuova for-
mula per l’accoglienza. Volevamo far fronte alle esigenze degli immigrati e dei cittadini italiani interessati al fenomeno, data la carenza di servizi adeguati che tenessero conto del fatto che la presenza di tanti nuovi cittadini stranieri nella provincia di Lecce, ne stava modificando la conformazione socio-culturale. Al suo star up lo spor-
LO SPORTELLO NASCE NEL 2004 CON LA GIUNTA PELLEGRINO. MA HA VISTO SEMPRE PIÙ ASSOTTIGLIARSI LE RISORSE A DISPOSIZIONE tello ha potuto contare sull’aiuto della Provincia e, in primis, su quello dell’allora assessore alla tutela dei diritti e alla cittadinanza attiva, Carlo Madaro. Fino ad oggi il nostro è stato uno dei pochi sportelli provinciali ad offrire servizi integrati per l’accoglienza degli stranieri. E ribadisco “fino ad oggi”, perché qualcosa è cambiato”. Cos’è cambiato? “Io ho un contratto part time con la Provincia ed adesso mi stanno obbligando a ridurre l’orario di lavoro e, di conseguenza, di apertura dello sportello. Prima era operativo tutte le mat-
tine e, due giorni a settimana, anche di pomeriggio. Ora, invece, opera solo tre mattine a settimana, per un totale di circa otto ore di apertura al pubblico. E non stanno obbligando solo me, ma tutti gli operatori dello sportello devono adeguarsi al mio orario. Praticamente ci inducono a chiudere. Reputo scandaloso ciò che sta accadendo. Se viene meno il supporto del nostro sportello cosa potrebbero fare gli immigrati che necessitano dei servizi che fino ad oggi siamo stati noi ad offrire? Probabilmente convergeranno verso servizi a pagamento come i patronati”. Parlando proprio dei servizi, qual è stata fino ad oggi la vostra offerta? “Assistiamo gli stranieri in pratiche come la richiesta del permesso di soggiorno o la ricerca di lavoro, prevenendo situazioni di emarginazione, frammentazione, ghettizzazione che minacciano l’equilibrio e la coesione sociale. La prima azione è quella di front office e ascolto, in base alla quale ci rendiamo conto della condizione della persona che si rivolge a noi, se è stata o è vittima di situazioni “sensibili” come lo sfruttamento lavorativo. Lavora con noi un avvocato, Donatella Tanzariello (referente del Cir – Consiglio Italiano per i Rifugiati n.d.r.), e con lei analizziamo se sono casi che rientrano nel nostro ambito
d’intervento. Se il problema va al di là della nostra competenza aiutiamo lo straniero veicolandolo al progetto ‘Libera’, che supporta le persone sfruttate sul luogo di lavoro e le vittime di tratta. Il lavoro di rete con le altre Istituzioni ed Enti - Asl, Prefettura, sindacati, associazioni - è fondamentale. Progetto Servizi Immigrazione Salento non è uno sportello, ma è un’offerta di servizi a 360 gradi, ed è per questo che risulta così importante il lavoro di rete. Si può intuire quindi che cosa comporti per l’utenza straniera la riduzione dell’operatività, proprio in questo momento di emergenza, in cui il fenomeno migratorio è ripreso. Gli sbarchi infatti non sono finiti ma hanno solo cambiato rotte e mezzi. Ma il nostro servizio anziché essere rafforzato viene drammaticamente ridotto. Noi non abbiamo risorse economiche per assistere ed aiutare queste persone”. Immagino, quindi, che si siano verificati anche cambiamenti dal punto di vista dei finanziamenti? “Quali finanziamenti? Ormai non siamo più finanziati. Tutti i progetti che avevamo presentato sono stati dichiarati ammissibili al finanziamento – e questo è naturale data la validità di ciò che presentiamo – ma non finanziati”.
// La testimonianza //“Ero uno dei 15mila della Vlora”
AlBAnIA-ItAlIA SOlA AndAtA
ARRIVÒ VENT’ANNI FA. AVEVA NOVE ANNI. ORA È CITTADINO ITALIANO ED È CARABINIERE. “PER RICAMBIARE”
di PAOLA ANCORA
arrivato a Brindisi su un’enorme nave battente bandiera panamense. Il ponte di comando era appena distinguibile, assiepati com’erano gli albanesi diretti sulle coste italiane. Era la notte del 7 marzo del 1991. Suo padre stava fuori, sul ponte di prua, con gli altri uomini, mentre donne e bambini dentro, al riparo dal freddo e dall’umidità dell’Adriatico. Bekim – il nome è di fantasia – è partito da Durazzo che aveva nove anni. Oggi presta servizio nelle Forze armate. È fra i primi immigrati che – ottenuta la cittadinanza italiana - si sono arruolati e sorvegliano le nostre strade, i confini, qualche volta vanno in guerra al seguito delle truppe tricolore. “Di quel giorno di vent’anni fa – racconta – ricordo soltanto la marea di persone. Erano dappertutto, il porto di Brindisi sembrava non bastasse a contenerle tutte. E poi c’erano la Polizia e la Caritas che distribuivano coperte, cibo e acqua. Faceva freddo”.
È
È
A fermare la fuga dall’Albania post co- sosterrà la liberalizzazione dei visti per munista di centinaia di migliaia di fa- gli albanesi. miglie albanesi non bastava certo il “Questo – aggiunge Bekim - servirà freddo di quella lingua di mare che le anche al progresso dell’Albania, che separava dal Belpaese, tutto lustrini e soldi facili, come nei quiz televisivi e nelle soap opera made in Italy che Bekim e la sua famiglia potevano guardare alla tv. “Nessuno, in realtà – dice il ventottenne – conosceva davvero l’Italia. Oggi, con l’inserimento dell’Albania nella lista bianca di Schengen, i miei parenti e gli amici rimasti laggiù potranno invece venire a visitare questo Paese e l’Europa, confrontarsi, assaggiarne la cultura e chiarirsi le idee”. Bekim ha accolto con soddisfazione la notizia che Il Comitato dell'Unione europea per gli Affari Esteri, il 7 settembre, si è espresso a favore della liberalizzazione dei visti per l'Albania e la Bosnia. Il prossimo passo sarà il voto della Commissione per gli Affari Interni, Libertà e Giustizia. E anche in quell’occasione l’Italia, per voce del Ministro dell’Interno Roberto Maroni, il tacco d’Italia 18 Settembre 2010
dopo le elezioni democratiche del ’91 si è aperta al commercio internazionale ed è migliorata dal punto di vista economico rispetto a vent’anni fa, ma
“DI QUEL GIORNO DI VENT’ANNI FA – RACCONTA – RICORDO SOLTANTO LA MAREA DI PERSONE. ERANO DAPPERTUTTO, IL PORTO DI BRINDISI SEMBRAVA NON BASTASSE A CONTENERLE TUTTE. E POI C’ERANO LA POLIZIA E LA CARITAS CHE DISTRIBUIVANO COPERTE, CIBO E ACQUA. FACEVA FREDDO”. è rimasta isolata e, quindi, socialmente arretrata”. Un pensiero alla sua terra d’origine e uno a casa sua, l’Italia, e il Salento, dove arrivò su un pullman della Caritas da bambino e dove è rimasto. “Mio padre ha trovato lavoro al Nord, come tante altre famiglie sbarcate con noi. Fa il metalmeccanico. Io, invece, ho avuto l’opportunità di restare qui dove sono cresciuto e dove ho tutti i miei affetti”. Bekim parla dell’immigrazione, quella di ieri, dall’Albania, e quella di oggi, dall’Africa e dall’Est Europa, diverse secondo la legge italiana ed europea, ma ugualmente dettate dal bisogno e dalla speranza in una vita migliore. “Come impatto visivo – dice - il nostro arrivo non aveva avuto precedenti: ecco perché trovammo tanto spazio su giornali e televisioni. La gente ci accolse con grande umanità. Mia madre, che ricorda quei giorni meglio di me, racconta l’umiltà, il calore delle persone che ci aiutarono. L’immigrazione di oggi non è diversa.
Ma sono cambiate le persone, gli italiani, anche i salentini secondo me. C’è più aggressività, più cinismo, molta più diffidenza”. La crisi economica, il lavoro che manca, il desiderio di sviluppo trattenuto dalla confusione della politica all’italiana e da leggi sempre diverse, alla lunga, sfiancano anche il meglio disposto e mettono gli uni contro gli altri. “No – risponde Bekim – rispetto a vent’anni fa, credo si stia mediamente tutti meglio, abbiamo più ‘cose’, siamo materialmente più ricchi, ma manca la comunicazione fra le persone, il contatto umano, persino fisico, si è perso”. “L’equazione immigrato–delinquente va per la maggiore”, continua Bekim. “Bisognerebbe accendere i riflettori non solo su chi, italiano, albanese, rumeno o giapponese, delinque e va punito, ma anche su tutti quegli immigrati che ogni giorno vanno al lavoro, pagano le tasse e mandano i figli a scuola. Sono parte della società ita-
liana e meritano rispetto e attenzione”. Nell’Arma, lui non è mai stato discriminato. “Vivere fianco a fianco un’esperienza simile aiuta a conoscersi e, come me – a fare il servizio di leva per arruolarsi – c’erano per la prima volta nella storia d’Italia due ragazzi brasiliani, un cinese, una ucraina e un ragazzo turco”.
Pane e cioccolata. Nel film Manfredi è un emigrante. Finto svizzero in un bar dove non potevano entrare gli italiani si fa scoprire esultando per i gol della Nazionale
E che succede quando Bekim, com’è suo dovere, ferma extracomunitari per qualche controllo? “Credo di riuscire a gestire certe situazioni meglio di un collega nato e cresciuto qui, semplicemente perché lo guardo e vedo ciò che ho vissuto io”. Sei anni fa, per Bekim, è finita la stagione dell’incertezza, quando aveva paura che le leggi cambiassero e non gli rinnovassero il permesso di soggiorno; o che potesse perdere la casa o non trovare lavoro. Da sei anni è cittadino italiano. Bekim si è arruolato perché “quando ne avevo bisogno – spiega - sono stato aiutato, la gente mi è stata vicina, e ora ho l’occasione di ricambiare”.
NEL SALENTO È CRESCIUTO E COLTIVA TUTTI I SUOI AFFETTI. DAL 7 SETTEMBRE L’ALBANIA FA PARTE DEI PAESI DEL TRATTATO DI SHENGEN: “UN CONTRIBUTO AL PROGRESSO”
//Reportage // Dentro Borgo San Nicola
La direttora del carcere Rosaria Piccinni
Carcere Borgo san Nicola, Lecce
un cAFFè dA cIcIRInellA di ANDREA MORRONE
Varcare il portone d’ingresso di un carcere, anche solo per poche ore e da cittadino libero, è sempre un’esperienza profonda, difficile anche da immaginare ma capace di lasciare un segno dentro ognuno di noi. Significa confrontarsi con un mondo a parte, fatto di regole Arrivando da lontano il carcere di Lecce appare come una città fortificata, immensa sotto il sole implacabile del Salento. Costruita nella prima metà degli anni Novanta, e aperto ufficialmente il 14 luglio 1997, dopo che furono dismessi i due istituti di “Villa Bobò” (oggi sede del Tribunale per i minorenni) e “San Francesco”, che si trovavano nel centro storico del capoluogo salentino, la casa circondariale di Lecce è alla periferia nord della città, in località Borgo San Nicola. Ad accoglierci e accompagnarci nella visita dell’istituto, come un Virgilio in una sorta di Purgatorio terreno, è la dottoressa Anna Rosaria Piccinni, direttora dal 1994 dei vecchi istituti di Lecce, e dal luglio 1997 della nuova casa circondariale e dell’annessa reclusione. Volto sereno e modi gentili,
la dottoressa Piccinni ha un’aria più da preside di scuola superiore che da direttore di un penitenziario imponente come quello salentino. Dalle sue parole e dal suo sguardo trapela la grande passione per un lavoro che svolge da tantissimi anni. “Ho scontato tutta la pena – racconta scherzando il direttore –, sono in carcere da ben ventisette anni. Ho iniziato a Brindisi nel 1983, negli anni più caldi della Sacra corona unita e del contrabbando. Da sedici anni dirigo la struttura di Lecce, un incarico che presto lascerò, ma solo perché è giunto il momento di passare a qualcosa di diverso”. Chiaro il riferimento alle polemiche nate dopo l’annuncio, nell’ultima conferenza di servizi, di lasciare la direzione di “Borgo San Nicola”. Una scelta dettata solo da il tacco d’Italia
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e sistemi diversi da quelli con cui ciascuno ogni giorno si trova a confrontarsi. Il carcere è una sorta di macrocosmo che fa paura, facile da ignorare ma impossibile da dimenticare, come uno specchio che riflette una parte di noi che non vorremmo mai vedere. motivazioni professionali e non, come ipotizzato da alcuni, da presunte problematiche o situazioni di emergenza. Polemiche a parte, la dottoressa Piccinni ci racconta il grande lavoro svolto quotidianamente, nonostante le mancanze di risorse umane ed economiche, per rendere la detenzione quanto più possibile umana e rieducativa: “Il nostro è un istituto in cui c’è una buona qualità della vita, anche se condizionata dal sovraffollamento, il vero grande problema delle carceri italiane”. La struttura, infatti, è stata progettata per una capienza di 650 detenuti con cella singola, con una presenza tollerabile fino a 1.100”. Al momento della “conta” giornaliera, i detenuti presenti sono, però, 1.461. “All’interno dell’istituto – prosegue il direttore – è possibile trovare un’ofSettembre 2010
ferta importante di attività trattamentali, anche se non del tutto sufficiente alle richieste dei detenuti. Grande attenzione viene data non solo alle attività lavorative, ma anche quelle scolastiche. Sono in programma, infatti, quattro corsi di alfabetizzazione, sei di media d’obbligo e dodici classi di ragioneria. Nell’ultimo anno scolastico abbiamo avuto sette diplomati e quattro iscritti all’università”. All’interno del carcere opera l’associazione di volontariato denominata “Comunità Speranza” che si occupa esclusivamente del settore carcerario e che funge da punto di riferimento delle problematiche connesse alla questione carceraria e al rapporto che intercorre tra detenuto e comunità esterna. L’obiettivo è svolgere attività tese a favorire il reinserimento sociale
NE DOVREBBE CONTENERE 650, MA A BORGO SAN NICOLA I DETENUTI SONO A 1.100. AL MOMENTO DELLA “CONTA” GIORNALIERA, I DETENUTI PRESENTI SONO PERÒ 1.461 Entrata principale di Borgo San Nicola
dell’individuo, sia nel corso dell'esperienza detentiva, sia successivamente. Lasciamo la direzione e ci spostiamo nel blocco femminile, dove sono recluse circa ottanta persone. In uno dei due laboratori tessili (con dodici detenute impiegate e tredici macchine industriali da cucire), le detenute sono al lavoro. Da tre anni a Borgo San Nicola si producono, con il marchio “Made in carcere”, borse, accessori e shopper bag colorate e originali. Domiria, fisico minuto, capelli neri come l’inchiostro e occhi luccicanti di vita, mostra con orgoglio i tanti ritagli di giornale che parlano della loro cooperativa sociale e ci racconta quello che per circa sei ore al giorno rappresenta la loro principale attività: “Qui produciamo borse, sacche e bracciali con materiali riciclati. Ci piace pensare che così come avviene con questi tessuti, che una volta erano da buttar via e ora sono rinati, anche noi un giorno potremo iniziare una nuova avventura e rinascere”. Andiamo via raccogliendo sorrisi e sguardi dolci e curiosi, anche da parte di chi, come Lucia, ha subito una condanna all’ergastolo per omicidio. Accanto ai laboratori tessili c’è una stanza colorata e piena di giochi, che funge da nursery nei casi di detenute con figli al seguito. Ogni mese si organizza anche un incontro tra le mamme recluse e i bambini, un pomeriggio vissuto all’in-
segna della quotidianità e della “normalità”. La visita alla sezione femminile si conclude con le cucine, dove le detenute sono al lavoro per preparare il pranzo: il menu prevede spaghetti al tonno e pesce palombo. Sotto il sole cocente di un settembre ancora estivo, attraversiamo i grandi spazi aperti che contraddistinguono questa sorta di cittadella penitenziaria. Giunti nel blocco maschile, visitiamo un altro dei laboratori in cui operano i carcerati, per il progetto denominato “Buoni dentro”. Qui si producono cornetti, bignè e rustici. Si
TANTI I LABORATORI: “MADE IN CARCERE”, DOVE SI RICAVANO BORSE DA MATERIALI RICICLATI; “BUONI DENTRO”, DOVE SI PRODUCONO PRODOTTI TIPICI COME I RUSTICI tratta di un progetto pilota, presentato dalla direzione del carcere e mirato al lavoro e al recupero a livello reale dei detenuti, attraverso l’ausilio di una criminologa, una psicologa e un medico. Si tratta di tre delle figure che formano il cosiddetto gruppo di osservazione
sui detenuti, che svolge un lavoro di monitoraggio costante sulle problematiche relative alla vita all’interno del carcere. L’odore non ha nulla da invidiare a quello di una pasticceria del centro, e il caffè e cornetto alla crema che Marco (uno dei pasticcieri) ci offre, hanno un sapore davvero particolare. L’atmosfera è tutto sommato serena, qualcuno addirittura scherza: “Si sa che il caffè in carcere è sempre buono, lo diceva anche una vecchia canzone”. Proseguiamo lungo il primo piano, in un continuo susseguirsi di porte che si aprono solo dopo che si è chiusa quella alle nostre spalle. Nella prima sezione comune del blocco di reclusione sono allineate 24 celle, tutte uguali. Tre letti a castello (l’ultimo arriva a circa 50 centimetri dal soffitto), un tavolino, un paio di mobiletti e un piccolo bagno con i sanitari. Rosario, forte accento campano e gagliardetto del Napoli bene in vista, occupa la cella numero 20. Interrompe le pulizie per qualche minuto: “Oggi tocca a me pulire, approfitto del fatto che i miei due compagni sono nel cortile a prendere aria. È difficile muoversi in tre qua dentro, in due già la situazione sarebbe più semplice. Il sovraffollamento è la cosa peggiore di questo posto, a volte ti manca perfino l’aria. Io sono stato in altre carceri meno affollate ed era tutto più semplice”. Ci mostra comunque con orgo-
Sovraffollamento. i panni stesi ad asciugare alle sbarre
il tacco d’Italia
glio la sua cella e i suoi pochi averi: qualche provvista (del cosiddetto sopravvitto come pomodori, frutta e olio), un po’ di biancheria e qualche prodotto per l’igiene personale. Difficile comunque immaginare come possano essere lunghe le giornate in un posto così piccolo, fatto spesso di convivenza forzata e spazi ristretti. L’ultima visita riguarda il locale dove viene prodotto il giornale “Piano di fuga”, periodico di informazione della casa circondariale di Lecce, stampato ogni due mesi. Una piccola redazione con un motto dal significato inequivocabile: “Il pensiero rompe le sbarre”. Qui la conversazione con i detenuti diventa più sciolta. C’è chi come Vincenzo punta il dito contro il Tribunale di sorveglianza, troppo rigido nel concedere permessi o misure alternative. Orlando, invece, si chiede che fine abbiano fatto le promesse di tanti politici transitati da Borgo san Nicola. Il problema, ci spiegano con un coro unanime, non è all’interno del carcere ma all’esterno, in un mondo che si dimentica troppo in fretta di chi ha sbagliato. Basta sfogliare le poche pagine del giornale per capire che qui c’è un mondo intero, fatto di pensieri, speranze, sogni e progetti. È difficile andare via senza aggiungere altre promesse a quelle che i redattori del giornale hanno già sentito, ma è forse un modo per sentirsi più leggeri. Lasciare il carcere, del resto, è come tirare un sospiro di sollievo, fuori c’è la vita che continua a scorrere così diversa da quella vissuta qui dentro.
L’interno dell’ala riservata alle celle dei detenuti
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//Un po’ di leggerezza
AntOOOOò, fa
CALDO QUANDO LA TEMPERATURA SALE. E LA PRESSIONE SCENDE. ANCHE I VIP SOFFRONO IL CALDO. ECCO PERCHÉ
di LAURA LEUZZI l.leuzzi@iltaccoditalia.info
Dino Valente,
Basta uno sguardo. Quarantuno anni fa
S
direttore Galatina.it, Galatina la temperatura si alzò tanto che stavo per cadere da una finestra del primo piano mentre la mia futura moglie passava sul marciapiede di fronte. Se si aggiunge un sorriso l'effetto termico diventa praticamente incontrollabile. Una carezza può provocare un'esplosione.
aggezza popolare insegna che a toglierci il fiato nelle giornate di solleone “non è tanto il caldo ma l’umido”. Prendetela così: è la solita storia della temperatura effettiva e di quella percepita all’ombra di un’umidità che sfiora soglie del 90%. Lo sappiamo, il Salento è una terra afosa. Ed il sole salentino, in estate, brucia la terra, i muretti a secco e la pelle bianchiccia dei turisti poco accorti. A volte però non è solo questione di gradi centigradi. In alcuni casi la temperatura corporea sale tanto da non poterla controllare. Abbiamo chiesto ad alcuni vip salentini di raccontarci in quali circostanze la loro temperatura va su.
Filomena D’Antini Solero, assessora alle Pari opportunità Provincia di Lecce, Giorgilorio Soffro di pressione bassa soprattutto in estate. E l’unico antidoto ai cali di pressione come di temperatura è il lavoro. Come racconto spesso, ho lavorato fino all’ultimo giorno di gravidanza ed infatti non ho avuto problemi. In una delle ultime sedute di Consiglio provinciale, poco prima di entrare in aula, ho avuto un malore che i miei colleghi hanno prontamente provveduto a curare con un pasticciotto alla crema. A volte anche un pasticciotto può alzare pressione e temperatura.
Don Stefano Rocca, parroco parrocchia San Giovanni Bosco di Ugento, Taurisano Mi fa salire la temperatura l’ipocrisia che, nella vita, si incontra moto spesso. Lo stesso Gesù si scaldava davanti ai farisei ipocriti, chiamandoli “vipere”. Ma mi “surriscaldo” anche quando si ricorre alla falsità per screditare qualcuno per una mera vendetta nei suoi confronti e pertanto si dichiarano cose non vere per di ferire.
Adriana Poli Bortone, presidente “Io Sud, Lecce Cosa mi fa aumentare la temperatura? La stessa temperatura, cioè il caldo. Adoro il caldo e se potessi, vivrei girando il mondo alla ricerca del caldo, perché mi dà forza, energia ed un senso di libertà che non riesco ad avvertire in alcun altro modo.
Don Stefano Rocca: “Lo stesso Gesù si scaldava davanti ai farisei ipocriti, chiamandoli vipere” il tacco d’Italia
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Rocco Palese, capogruppo di opposizione Regione Puglia, Acquarica del Capo Le ingiustizie in generale. Quelle umane e quelle politiche. Trovo ingiusto che tanti giovani capaci e volenterosi non riescano a trovare lavoro nella loro terra; che tanti ammalati nei nostri ospedali non possano avere le cure che meriterebbero; che nella nostra Regione ancora oggi se non hai un "santo in Paradiso" spesso non riesci neanche a prenotare una Tac. Mi arrabbio quando vedo tradire e quando assisto a manifestazioni di ingratitudine. Spero che queste cose continuino sempre a farmi "alzare la temperatura" perché spero di non abituarmi mai alle ingiustizie e ai tradimenti.
Daria Ricci, segreteria di redazione Nuovo Quotidiano di Puglia, giornalista free lance, Lecce Bella domanda. Se penso al caldo estivo sto già male al solo pensiero, perché la temperatura va proprio sotto zero, altro che temperatura che sale. Poi ci sono le situazioni ambigue, le cose non vere, la falsità. Allora sì che la temperatura va su: una panacea fisica, visto che soffro di pressione bassa, ma lo spirito e l'umore sono sotto i piedi. In una bella giornata estiva cerco di passeggiare e di capire, rigorosamente nel tardo pomeriggio d'estate in riva al mare; nelle giornate d'inverno cerco di capire in altri modi e, se non ci riesco, beh mi tengo la temperatura alta, è così raro per me averla...
July Ferrari, astrologa, Lecce Mi fa salire la temperatura l’integrazione con la natura. Ed infatti quando sono stanca e senza energie, esco in giardino di sera, a piedi nudi sulla terra fresca, o abbraccio un albero; ne abbraccio uno in particolare perché ha il tronco più grosso degli altri. In quel modo mi sento nuovamente carica. Ma la cosa che mi fa davvero emozionare è osservare il cielo notturno. Lo faccio da quando sono nata; i miei genitori mi raccontano che stavo intere ore col naso all’insù a guardare la volta celeste e le stelle senza dire una parola.
Claudio Casciaro, consigliere comunale Casarano L’idea di un bel viaggio... con tutto ciò che ad un bel viaggio si accompagna... Non ho in mente una meta precisa, ma in certi casi la meta non conta.
Maurizio Muratore: “Io non mi proteggo mai dal sole. Attendo, anzi, con ansia, di essere baciato. Amo moltissimo sentire caldo”
Maurizio Muratore, responsabile Unità Operativa di Reumatologia, ospedale Galateo San Cesario, Lecce Mi sale la temperatura quando provo un’emozione. Una bella esperienza, un buon risultato, una bella donna e soprattutto il sole. Io non mi proteggo mai dal sole. Attendo, anzi, con ansia, di essere “baciato”. Amo moltissimo sentire caldo. Per me è sinonimo di stare bene, di affetti, di cose belle.
Antonio Gabellone, presidente Provincia di Lecce, Tuglie Non soffro il caldo e neppure il freddo, di solito, nel senso che ho una buona capacità di adattamento alle temperature, anche le più elevate o le più rigide. Sarà deformazione professionale, probabilmente. Piuttosto, mi fa alzare la temperatura solo una cosa, le bugie, nel senso che sono l'unica cosa che riesce a farmi arrabbiare per davvero.
Antonio Costa, Stefania Leuci, presidente Soateam, presidente Comitato femminile Plurale presso Confindustria, Lecce Mi fa letteralmente “ribollire” l’atteggiamento di chi rivendica per sé rispetto e libertà di pensiero professando, a parole, principi e valori di tolleranza, disponibilità, accoglienza ma poi, a conti fatti , è lui stesso vittima di stereotipi e pregiudizi, perché non ascolta e non fa nemmeno parlare chi esprime opinioni diverse dalle sue.
Altri vips salentini su www.iltaccoditalia.net raccontano i loro pareri “bollenti”.
docente di Economia aziendale presso l’Università del Salento, Matino Che cosa mi fa salire la temperatura? Beh, praticare sport, il nuoto in particolare. E mia moglie, naturalmente.
Maria Claudia Minerva, giornalista Nuovo Quotidiano di Puglia, Lecce Che cosa mi fa alzare la temperatura? La classica conferenza stampa convocata la vigilia di Ferragosto, magari sul calo delle vendite dei latticini locali, dove tutti i presenti sono abbronzatissimi tranne la sottoscritta che, invece, ha passato l'estate al lavoro!!! Allora, capisci perché hanno invitato proprio te…
//Il personaggio del mese // Simona Manca CARTA D’IDENTITÀ COGNOME: Manca NOME: Simona NATA IL: 20 settembre 1979 A: San Pietro Vernotico OCCHI: castani CAPELLI: castani STATURA: 162 cm PESO: 55 Kg TAGLIA: 42 NUMERO DI SCARPE: 37 STATO CIVILE: coniugata con Marco Pezzuto TITOLO DI STUDIO: laurea in giurisprudenza CARICA POLITICA: vicepresidente della Provincia di Lecce ed assessora provinciale alla Cultura
Vergine (dal 23 agosto al 22 settembre
o stellium di pianeti in Vergine ti conferisce la caparbietà di essere alla continua ricerca della perfezione. Una ricerca che porti avanti con tenacia e con precisione certosina nella cura dei dettagli che riponi in ogni opera che intraprendi. Non riesci proprio a farne a meno: il tuo obiettivo è sempre il top. Puntare al massimo traguardo ti permette di mettere in moto fino all’ultimo briciolo di energia in tutto ciò che fai. Attenzione, però, perché spesso può accadere che la rincorsa senza fine possa ritorcersi contro di te, lasciandoti insoddisfatta dei passi già compiuti. Quando puoi, dunque, concediti una pausa. Respira e guardati indietro verso il cammino percorso. Di strada ne hai fatta e con ottimi risultati. Godi di quei successi prima di ripartire verso un nuovo obiettivo. E, se puoi, perdonati gli errori veniali: tutti li compiono... Sei dotata di intelligenza analitica e di una spiccata dialettica, due doti che rendono semplice la conquista dell’altro. La buona dose di competitività che ti contraddistingue, ti permette di emergere anche in un fitto gruppo di persone. Giove e Venere, i due pianeti che hai in Scorpione, ti rendono una donna molto seducente e molto carismatica. La Luna in Gemelli ti dona versatilità e la dote di saper vivere la vita in maniera gioiosa. Sei dinamica, frizzante ed energica; ecco perché spesso ti fai carico di troppo lavoro sbrigando anche pratiche che sarebbero competenza di altri. In ogni istante hai mille pensieri per la testa, mille cose da fare e mille obiettivi da raggiungere. Ciò a volte ti toglie il respiro e ti rende schiava delle tue stesse ambizioni. Liberati, appena è possibile, del giogo delle responsabilità e concediti del tempo tutto tuo. Ti sentirai più libera e già pronta per ripartire per una nuova avventura. Le stelle consigliano: riposo sotto il sole di un bel lido salentino. Fine settembre promette bene.
L
“nOn MI SFugge nIente” Lampada: classica ed elegante; bianca che di più non si può. Ha base in ceramica con decorazione floreale e paralume semplicissimo. Trittico: richiama una pala d’altare dal soggetto sacro. Contribuisce a dare un accento di classicità. Telefono: dalla colorazione vivace, dà un tocco di moderno all’elegante comodino. Libri: sono impilati uno sull’altro; per leggerli la sera, a seconda dell’umore. Matita ed evidenziatore: serviranno probabilmente per appuntare i passaggi più interessanti dei libri lì accanto. Della serie: impossibile che sfugga qualcosa
Su un comodino tondo, coperto da ben tre strati di tovaglia che richiamano i colori di bandiere d’oltralpe, poggia una lampada total white dalle linee classiche ed austere. Ai due lati, oggetti di uso quotidiano, utili accanto al letto: un telefono cordless, dei libri, una matita ed un evidenziatore, un piccolo trittico in legno dal tema sacro. Fazzoletti: per ogni evenienza. Portachiavi: ci sono numerose chiavi; per non rimanere mai tagliata fuori. Occhiali da sole: montatura e lenti scure, sono larghi ed all’ultima moda. Pettine: color verde acido, per le ritoccatine dell’ultimo minuto. Cellulari: uno più sobrio di color nero; l’altro più vivace color rosa shocking: serviranno forse a distinguere la natura delle chiamate. Taccuino, penna ed evidenziatore: per non perdersi nemmeno un dettaglio. Fermaglio: per tirare su i capelli nelle giornate più afose. Portafogli: in pelle nera, sobrio ed elegante; si scorgono tante schede, saranno tutte carte di credito?
La borsa della vicepresidente della Provincia è un po’ come il guscio di una tartaruga: una casa che viaggia con lei. Dentro c’è di tutto, per non essere mai colta alla sprovvista. È in doppio materiale telapelle dai colori estivi bianco e sabbia. Al suo interno il necessaire che ad una donna non deve mancare
SUL COMODINO E NELLA BORSA
L’OROSCOPO A CURA DI IULY FERRARI
unA dOnnA tuttOFARe
//La foto del mese “lA MIA vIttORIA pIù gRAnde” Così mamma Laura ha commentato a caldo la nascita della primogenita Vittoria, un bellissimo frugoletto dai capelli rossi (!!!) di 3,100 Kilogrammi per 49 centimetri “d’altezza”. Non c’è che dire: la nostra Laura Leuzzi, colonna portante del Tacco d’Italia, dal “Cardinale Panico” di Tricase non ha potuto fare a meno di fare la cronista neanche durante il momento più bello della sua vita, dando la notizia della nascita di Vittoria con un “taglio” da ultim’ora. Conoscendola, immaginiamo che abbia pensato al “titolo” più efficace con cui comunicare al mondo questa meraviglia. Quando si dice deformazione professionale... A lei e al papà Elio (e ai nonni, gli zii, le cugine... tante cugine...) i nostri più orgogliosi auguri.
//30 giorni in una pagina
a cura di FRANCESCA QUARTA
ACCADDE UN ANNO FA
e glI OpeRAI SAlIROnO SuI tettI 23 Settembre 2009 Stipendi arretrati, cassa integrazione in scadenza e incertezza sul riavvio dell'attività lavorativa. Un anno fa, i lavoratori Adelchi hanno protestato, salendo fin sul cornicione del Municipio. “Adelchi + istituzioni = 500 famiglie senza lavoro e dignità” recitava lo striscione issato su Palazzo CodacciPisanelli, sede del Comune di Tricase. Lì, gli operai si sono dati appuntamento per gridare ancora una volta il bisogno di lavoro e minacciando di rimanerci fino all’individuazione di una soluzione per il futuro di 500 lavoratori e delle rispettive famiglie. Gli operai hanno chiesto che il lavoro di Adelchi sia fatto presso i suoi stabilimenti e non altrove. A un tavolo istituito presso la Provincia di Lecce, le organizzazioni sindacali, i rappresentanti di Adelchi e Palazzo dei Celestini, avevano stabilito che entro e non oltre la prima metà di settembre 2009,
IPSE DIXIT
l'azienda avrebbe comunicato la data di ripresa dell'attività. Così non è stato. L’azienda restava in attesa di un contributo economico di 15 milioni di euro per riavviare l'attività.
COME E’ ANDATA A FINIRE 13 Settembre 2010 Don Cesare Lodeserto è imputato in processi clamorosi. Nel dicembre 2004, accusato di violenze contro 17 maghrebini, è condannato a un Don Cesare Lodeserto anno di reclusione. Nel marzo 2005 è arrestato per violenza privata e sequestro di persona e condannato a 5 anni di reclusione e interdizione perpetua dai pubblici uffici.
//RAGIONA, SALENTO “Paolo Pagliaro è un mattatore che è riuscito a creare un’agenda reale utilizzando un tema del tutto surreale”. Gianni Turrisi – Osservatorio 20 centesimi //RAGIONA, SALENTO /2 “Le strategie macro regionali saranno quelle sulle quali si calcheranno le grandi politiche infrastrutturali dell’UE. Si va verso l’accorpamento di una macro area adriatico-ionica composta da Friuli, Veneto, Emilia Romagna, Marche, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata e Calabria”. Mercedes Bresso – presidente del comitato delle regioni dell’Unione Europea //HO TAGLIATO PRIMA IO! “I tagli di Pepe alla STP si muovono nel solco da me tracciato”. Umberto Uccella – ex presidente STP in quota DS LA COLACEM BRUCERÀ CDR? NI “Non siamo per un si incondizionato o per un no preconcetto”. Giancarlo Coluccia – Sindaco di Galatina //QUESTA ME LA SEGNO... “Non abbiamo mai utilizzato l’arma dell’occupazione per fare pressioni. Non abbiamo mai posto la questione CDR in cambio di occupazione”. Augusto Napoleone Farneti - Direttore Area Tecnico-Amministrativa COLACEM di Galatina //QUESTIONI ETNICHE “Le parole dell’assessore Fratoianni non sono adeguate. Ma forse per un toscano come lui, i problemi della Puglia vengono dopo”. Sergio Blasi – segretario regionale PD
Operai dell’Adelchi sui tetti
cOndAnnAtO? e lA cuRIA FeSteggIA dOn ceSARe Nel luglio 2009 è condannato a rimborsare allo Stato 133.651 euro. Avrebbe gonfiato il numero di presenze dei clandestini nel Cpt per ricevere maggiori finanziamenti statali. Intanto, la Curia leccese festeggia in Moldavia il suo 25esimo anno di sacerdozio. Celebra monsignor D'Ambrosio, arcivescovo di Lecce.
pIzzIcAtI dA RecORd
Notte della Taranta a Melpignano
Sempre più pizzicati invadono il Salento nelle calde notti d’estate. Sabato 28 agosto, nel piazzale dell'ex Convento degli Agostiniani a Melpignano, alle 19.30, è scattata come da 14 anni a questa parte, l’ora del Concertone. Sul palco l'Orchestra popolare "La Vittorio Colitti e il nipote Vittorio Luigi Colitti, accusati dell’omicidio Basile, sono stati scarcerati, a pochi giorni di Peppino Basile distanza l’uno dall’altro. Per Colitti junior, libero dal 2 settembre, la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio, per mancanza di gravi indizi di colpevolezza, l'ordinanza con cui il Tribunale del Riesame di Lecce aveva confermato la misura cautelare della custodia in carcere. I giudici hanno accolto il ricorso presentato, il 30 luglio, dai legali Francesca Conte e Roberto Bray.
Notte della Taranta", diretta da Ludovico Einaudi, ha proposto i brani classici della musica popolare salentina tra suoni tradizionali ed elettronica con l’alternarsi di ospiti speciali. Proprio il palco, quest'anno, si è presentato con 3 appendici (2 laterali e una centrale) dedicate alla danza e a forme coreutiche di rielaborazione. Presente uno spazio dedicato ai Giovani Talenti Italiani organizzato dall'Agenzia Nazionale per i Giovani su mandato del Ministero della Gioventù. Predisposto anche uno speciale annullo filatelico celebrativo. Poste Italiane ha allestito un servizio per cittadini e appassionati collezionisti.
OMIcIdIO BASIle: ScARceRAtI I cOlIttI La scarcerazione di Colitti senior, avvenuta l’11 settembre, dipende invece da un vizio di forma. Si tratta di una questione procedurale legata al diritto alla difesa, cioè alla trasmissione di tutti gli elementi a favore della persona sottoposta a indagini e non di un problema di indizi di colpevolezza. La scarcerazione e la fine delle esigenze cautelari lasciano prevedere la richiesta dell'accusa, di un processo con rito ordinario e non un giudizio abbreviato.
(in collaborazione con la rivista “CruciSalento�)
//30 giorni in una pagina StRISce Blu IllegIttIMe? pARte Il teRzO l'eSpOStO
14 Settembre 2010 Molte le presunte illegittimità. Una su tutte: aree demaniali destinate a parcheggi a pagamento a Racale, Ugento e Casarano. Il 13 settembre 2010, in qualità di responsabile di zona del "Comitato
Strisce Blu", Roberto Spennato ha presentato un esposto alla Procura. Nel documento che il Comune di Racale si sottolinea che il Comune avrebbe delimitato con le strisce, aree che poi ha destinato al parcheggio di auto su suolo pubblico, in particolare superfici appartenenti alle carreggiate delle strade per il traffico veicolare. E ancora, il Comune avrebbe accomunato “sia le aree destinate a parcheggio a pagamento (previsto dalle leggi), che devono essere ubicate fuori dalla carreggiata, sia le aree sottratte al Demanio stradale”. Così, avrebbe violato articoli su libera circolazione e sicurezza stradale.
a cura di FRANCESCA QUARTA
FeRRAgOStO In cARceRe
15 Agosto 2010 La pausa estiva rischia di confinare nel dimenticatoio l'emergenza carceri. Ma l'iniziativa dei Radicali, “Ferragosto in carcere”, prova a fare uscire dal silenzio, la realtà delle condizioni di vita dietro le sbarre, dove si muore spesso
e non solo a causa dell'indifferenza. Secondo i dati di un comunicato della Uil i penitenziari pugliesi sono al collasso. Lecce e Foggia restano le situazioni che hanno bisogno di interventi urgenti e concreti sia per gli organici che per l'organizzazione interna. Di ingestibilità parlano anche i numeri: “Alle ore 17 del 10 agosto, nelle carceri di Puglia sono ristretti 4.568 detenuti (4351 uomini e 217 donne), a fronte di una capienza regolamentare di 2.551 per un indice di sovraffollamento pari al 79,1 %: secondo solo all'Emilia Romagna (84,8 %)”.
lA RegIOne dIce nO Al pROgettO helIAntOS 1 27 Agosto 2010 La Regione dice no al progetto Heliantos 1, la centrale a biomasse che il gruppo Italgest avrebbe voluto realizzare tra Lecce e Villa Convento. L'istanza può considerarsi archiviata. Con determina del 12 agosto, l'ufficio “Servizio Energia, Reti e Infrastrutture materiali per lo Sviluppo” della Regione Puglia ha negato l'autorizzazione. Varie le ragioni, tra cui incapacità del proponente di produrre docu-
mentazione che dimostri che la centrale sarebbe stata alimentata da biomasse provenienti almeno per il 40% da filiera corta, cioè ottenute in un raggio di 70 km dall'impianto, secondo la l. r. del 2008. Nel documento si fa riferimento alle rilevazioni del Comune di Lecce, come “la mancata dimostrazione della disponibilità di suoli usufruibili in provincia di Lecce, Brindisi e Taranto”.
SAnItÀ In puglIA, RIentRO SpeSe: tReMOntI nOn FIRMA 30 Luglio 2010 Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, non ha firmato il Piano di rientro sanitario pugliese. Rinviata dunque la sottoscrizione dell'accordo da 450 milioni sul disavanzo della sanità. Per Tremonti il disavanzo della Puglia non consente di poter stabilizzare gli 8mila lavoratori (che svolgono mansioni di portinariato, ausiliariato e pulizie). C’è stato quindi il rinvio della data ul-
tima per la firma del documento e ancora si attende. In ragione dello strappo, i dipendenti di cooperative e imprese che gestiscono i servizi in appalto per conto della Sanità pubblica protestano sotto le Prefetture. La situazione si protrae. Da un lato, la Regione Puglia è decisa ad assorbire il personale, dall'altra parte, per il governo Berlusconi l’atto non è sostenibile economicamente.
MAFIA ed eneRgIe RInnOvABIlI In SAlentO 7 Settembre 2010 Mega eolico off-shore di Tricase e mafia della Green Economy. Lo scempio ambientale finisce su giornali nazionali. Un'inchiesta del Corriere a firma di Vulpio racconta dei taciuti impatti ambientali dell'impianto eolico off-shore a largo di Tricase e fa da cassa di risonanza, il 5 settembre, a ciò che il procuratore Motta e associazioni come Libera e giornali come il Tacco, denunciano da tempo: la mafia ha al-
largato i suoi interessi al settore delle energie rinnovabili in Puglia. Prima di Vulpio, anche Stella e Rizzo si sono occupati del problema con “Salento: Pannelli solari e pale tra gli ulivi. E La storia muore” e il direttore del Tacco Maria Luisa Mastrogiovanni sul Manifesto con articoli su giochi societari poco trasparenti, alla base di investimenti nel settore delle rinnovabili.
commenti e opinioni da
www.iltaccoditalia.net
È lodevole l'azione intrapresa dal nostro concittadino e consigliere Caputo per scongiurare l'alienazione da parte della Provincia di Lecce, di un immobile gentilizio destinato alla pubblica fruibilità della Comunità Casaranese. E sarebbe veramente triste vedere tanti 'bravi' Casaranesi, che spesso si accapigliano per questioni risibili, come p.e. la 'squadra di calcio', non impegnarsi e non sostenere l'azione intrapresa dal nostro concittadino per il bene di tutta la Collettività. Cosa potrebbe diventare un immobile del genere? Una sede scolastica decentrata, un asilo, un centro multimediale, una biblioteca oppure, semplicemente, un luogo di ritrovo per i nostri figli e per le famiglie di Casarano! Giovanni @ 22:1-12.9.10 Commento alla news “A Casarano, Castello Pio vendesi” www.iltaccoditalia.info/sito/index-a.asp?id=12195 E secondo voi un vizio di forma che consiste nel non depositare atti favorevoli alla difesa sarebbe cosa di poco conto? Per me è gravissima e non depone a favore di coloro che si stanno occupando come accusatori di questo processo. O si fanno le cose per bene o non si fanno. Io non so se i Colitti siano innocenti, anche se a me son sempre sembrati brave persone e propendo a ritenerli innocenti, ma sta di fatto che con vizi di forma di tal genere si rischia di condannare all'ergastolo innocenti e poi chi li avrà sulla coscienza? anonimo @ 18:30-11.9.10 Commento alla news “Il procuratore Motta: Colitti scarcerato per un vizio di forma” www.iltaccoditalia.info/sito/index-a.asp?id=12161 Quando un ragazzo viene beccato a fumare uno spinello, si pubblica nome, cognome e codice fiscale. Uno che si "presume" abbia tolto alla comunità 130.000 €(non so se mi spiego),gode del più ampio riserbo. La presunzione d'innocenza vale solo per i ricchi? anomimo @ 5:33-10.9.10 Commento alla news “Simulava pagamenti per giustificare giro di fatture false” www.iltaccoditalia.info/sito/index-a.asp?id=12156
//Controcanto
di MANUELA MARESO*
dIetRO ROSARnO CERCANO ASILO POLITICO E SOGNANO LA CITTADINANZA ITALIANA. QUELLO CHE TROVANO È SFRUTTAMENTO E UMILIAZIONE. LA LETTURA DEL FENOMENO MIGRATORIO, RICORDANDO LA VERGOGNA DI ROSARNO
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fatti di Rosarno del gennaio scorso hanno rappresentato una tragica occasione per tornare a riflettere sulla questione migratoria e sui processi di integrazione nel nostro paese. I primi commenti della classe politica in merito agli scontri tra i braccianti stranieri (provocati dal ferimento di due di loro per mano di balordi locali) e i rosarnesi hanno infatti inquadrato la questione in termini di crescente xenofobia (così il governatore Agazio Loiero a poche ore dagli incidenti) o di degrado dovuto a eccessiva tolleranza nei confronti dei clandestini, infelice uscita del ministro dell'Interno Roberto Maroni. Si è parlato di “emergenza Rosarno”. Peccato che le condizioni dei migranti della Piana fossero note da almeno un decennio, denunciate dagli accurati dossier di Medici senza frontiere e divulgate da bravi giornalisti come Antonello Mangano, autore di “Gli Africani salveranno Rosarno”. Chi viveva in quei territori, chi li amministrava sapeva tutto già da tempo: le reazioni di stupore e sdegno di quei giorni non si possono comprendere. In realtà i fatti di Rosarno poco o nulla hanno a che vedere con l'immigrazione. Porre la questione in quei termini nasconde le vere radici del problema. I braccianti della Piana erano solo in parte immigrati irregolari; la maggior parte di loro erano rifugiati politici o, comunque, in
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possesso di un regolare permesso di soggiorno. E la convivenza con la popolazione calabra era caratterizzata dal reciproco rispetto e dal sostegno da parte di molte realtà della società civile. Dietro Rosarno c'è anzitutto l'assenza (distratta? complice?) di uno Stato che ha lasciato che migliaia di persone, non degli invisibili dunque, fossero barbaramente sfruttate per pochi euro al giorno, costrette a vivere in bidonvilles ai margini della civiltà. Dove erano le istituzioni? Dove i sindacati? Dove l'ispettorato del lavoro? Dietro quelle assenze ci sono motivazioni (non giustificazioni) complesse. Qualcuno ha spiegato che lo sfruttamento è una conseguenza della globalizzazione, che costringe a sottopagare la raccolta se si vuole che i propri prodotti siano in grado di competere con quelli di importazione. Ma è una falsa spiegazione: l'Unione europea a partire dagli anni Novanta ha erogato fondi per il sostegno all'agrumicoltura, con contributi elargiti in base alla produzione. Si è poi saputo, grazie a inchieste della magistratura, che associazioni di produttori speculavano su questi fondi, dichiarando quantità ben superiori a quelle reali. Sempre l'Ue, per porre fine alla produzione di “arance di carta” ha dunque stabilito nel 2007 che gli aiuti sarebbero stati calcolati sulla base dell'estensione dell'agrumeto e non
più dei carichi prodotti. Questo ha fatto sì che la raccolta diventasse ulteriormente sconveniente. La verità è che i costi di produzione non sono alti solo per via della manodopera, ma per la cattiva organizzazione del sistema produttivo di quelle aziende, che sono piccole, con terreni di estensione spesso non superiore all'ettaro, che non hanno mai investito per la loro modernizzazione. Per molti coltivatori della Piana l'agrumicoltura, condotta in condizioni di arretratezza, è oggi un'attività secondaria, che si porta avanti per “arrotondare”. Per i proprietari è meglio lasciare marcire le arance sugli alberi, piuttosto che curare il frutteto. L'unica via per poter ricavare qualcosa è schiavizzare ulteriormente la manodopera. Di fronte a questo la politica non è riuscita a intervenire per evidenti motivi elettorali: nello stesso territorio 10mila piccole aziende che si arrabattano portano almeno diecimila voti, mille aziende più grandi ed efficienti sicuramente non altrettanti. In tutto questo, quale il ruolo della 'ndrangheta in territori in cui nulla accade senza che ci sia la sua regia o quantomeno l'accondiscendenza? Anche nel 2008 c'erano stati dei ferimenti, che avevano portato all'arresto del ventenne Andrea Fortugno per aver sparato a 4 immigrati ferendone gravemente due. Il movente era il rifiuto dei braccianti di piegarsi a una richie-
sta estorsiva. Fortugno, condannato in primo grado a 18 anni, secondo gli inquirenti aveva contatti con la 'ndrangheta: cercava di fare “il grande salto”. Nei giorni della guerriglia di gennaio un cartello con la scritta “Andrea Fortugno è innocente” è stato esposto di fronte al Municipio da un gruppo di cinquanta manifestanti armati di bastoni, capeggiati da un assessore dell'ultima giunta comunale sciolta per mafia. Qualcuno ha fatto notare che non è un caso che per due anni di fila gli incidenti si siano verificati proprio a fine raccolto: si mettono in fuga i migranti a cui si devono ancora retribuire le giornate di lavoro, “tagliando” così ulteriormente i costi di manodopera. E la 'ndrangheta in questo avrebbe il suo guadagno. In realtà questa ipotesi è legata a una visione non più attuale dell'organizzazione, che non è la 'ndrangheta stracciona degli anni Cinquanta-Sessanta, ma una vera e propria holding politico-affaristica. Per capire Rosarno bisogna guardare i piani industriali che sono previsti in quelle aree. La 'ndrangheta deve mettere le mani su quei terreni. I piccoli coltivatori con i 400 euro all'anno a “cota” e senza più manodopera straniera saranno costretti a cedere le loro proprietà. Affossare l'agricoltura è dunque un affare milionario. * Direttora di Narcomafie
IndOvInA chI è
“Bestiario pubblico. Ovvero: come nascono nuovi improbabili personaggi sulla scena”