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//L’Editoriale di Maria Luisa Mastrogiovanni

UnA fIRMA peR RIScOpRIRSI fIglI dI “TeRRA d’OTRAnTO” continua dalla prima

progetti comuni. Ma finora era mancato un così plateale accordo tra le province del tacco d’Italia. Perché poi la politica ha anche bisogno dei suoi rituali e dei suoi gesti da consumare davanti alle telecamere. Comunque, ora l’accordo c’è e non è rinchiuso nei cassetti della programmazione regionale o nelle stanze delle cabine di regia dei programmi di Area vasta. C’è e si chiama…già, come si chiama? Uniti su progetti concreti i tre presidenti guardano alla Bit e pensano ad un nuovo marchio: né Salento d’amare, né Filia solis, né Terra jonica, ma

qualcosa che racchiuda l’idea del “Grande Salento”. Una bella intuizione del senatore Giovanni Pellegrino, questa, bella se non fosse che già nella definizione è contenuta una contrapposizione tra “grande” e piccolo”, che lascia intendere una gerarchia, un giudizio, una separazione. Se “Grande Salento” è bello, il “piccolo Salento” dov’è, che fine fa, come deve sentirsi? Forse, siccome le parole sono importanti e nelle strategie di comunicazione e di marketing territoriale lo sono tanto quanto i marchi e gli slogan, forse è meglio rivolgere il proprio sguardo al pas-

sato, all’antica Terra d’Otranto. Un territorio vasto che comprendeva tutti, Lecce, Brindisi e Taranto. Chissà che non possa essere proprio questa la definizione che metta d’accordo voglia di pragmatismo e necessità di spinte ideali. Guardiamo un po’ al passato, per riscoprire origini comuni. Tralasciando rigurgiti monarchici e borbonici, grotteschi tanto quanto il gonfalone ideato per rappresentare la Regione Salento, semplicemente la gioia di ritrovarci. A casa nostra. Una casa senza steccati e con la porta sempre aperta.

Notizie non modificate geneticamente. Inchieste senza coloranti aggiunti. Opinioni con fermenti lattici vivi.

LEGGI COME MANGI

Il mensile del salento Anno VII - n. 77 - Ottobre 2010 Iscritta al numero 845 del Registro della Stampa del Tribunale di Lecce il 27 gennaio 2004

EDITORE: Coop. Dinamica scarl - Casarano - P.zza A. Diaz, 5 DIRETTORE RESPONSABILE: Maria Luisa Mastrogiovanni

HANNO COLLABORATO: Mario De Donatis, Luisa Ruggio, Paola Ancora, Francesca Quarta, Andrea Gabellone, Massimo Alberizzi FOTO: Dove non segnalato archivio del Tacco d’Italia REDAZIONE: p.zza Diaz, 5 - 73042 Casarano - Tel./Fax: 0833 599238 E-mail: redazione@iltaccoditalia.info PUBBLICITÁ: marketing@iltaccoditalia.info - tel. 3939801141

SOMMARIO REDAZIONALE OPINIONI DAL TACCO 05 BOLLETTINO DEI NAVIGANTI, CHI SALE CHI SCENDE 06 L’ARIA CHE TIRA, QUESTIONE DI LOOK

INCHIESTA 07 PAJATA O POLENTA? REGIONE SALENTO

STRATEGIE DI SVILUPPO LOCALE 10 UN’EUROPA SENZA CONFINI

INTERVISTA 12 VENDOLA: “MICROREPUBBLICA DI STAMPO LEGHISTA” 13 GODELLI: “REGIONE SALENTO? IN CONTROTTENDENZA RISPETTO ALL’EUROPA”

16 SETTIMANA IMPERIALI DI FRANCAVILLA FONTANA 18 PREMIO “LUIGI COPPOLA”

INTERVISTA 20 PICCOLO NON È BELLO

A PARER MIO 22 LA REGIONE SALENTO SECONDO ME

DÉJÀ VU 24 “CONTRO QUESTA POLITICA”

STAMPA: MASTER PRINTING s.r.l. Via delle Margherite, 20-22 70026 Modugno (Ba)

DISTRIBUZIONE: 1000 punti in tutto il Salento

ABBONAMENTI: 15,00 Euro per 10 numeri c/c n. postale 54550132 - intestato a Nerò Comunicazione P.zza Diaz, 5 - 73042 Casarano - abbonamenti@iltaccoditalia.info

26 LA FOTO DEL MESE 27 30 GIORNI IN BREVE

CONTROCANTO 14 PER ESEMPIO, IN SPAGNA

Unione Stampa Periodica Italiana Tessera n° 14705

BISANZIO E I GENERALI SENZA ESERCITO

IL PROSSIMO NUMERO 15 NOVEMBRE 2010



di MARIO DE DONATIS mario.dedonatis@libero.it

lA RegIOne del SAlenTO? UnA RISpOSTA SbAglIATA Ad Un dISAgIO ReAle

Partiamo dal “disagio” che, comune a tutto il Mezzogiorno, viene alimentato: a) dall’affanno della economia” che risente dei ruoli sempre più marginali di gran parte delle imprese meridionali e di altre che, per sopravvivere, hanno ricercato Paesi a basso reddito e con legislazioni permissive in termini di sicurezza del lavoro e di tutela ambientale; b) dalla flessione delle “dinamiche sociali” – il grande motore degli anni 60, in cui la “pari opportunità” più che strillata, come oggi, veniva percepita quale fattore reale di emancipazione, da operai e contadini, per i propri figli; c) dalla inaffidabilità di una classe politica che, cresciuta in assenza della “democrazia interna” ai partiti, non è più espressione del territorio né riferimento di identità culturali cui pure dichiarano di appartenere; d) dalla “commistione pubblico-privato” che più che favorire politiche per il “bene comune” ha dato vita ad un “sistema” per la spartizione della ricchezza del Paese. Il “Salento” vive in tale contesto ed è alla ricerca – forse più di altre realtà territoriali – di nuovi percorsi per alimentare la speranza. Una Regione autonoma può cambiare il destino del “Salento”? Penso che, nel migliore dei casi, una nuova classe politica –

Loredana Capone, vicepresidente regionale (già in sostituzione di Sandro Frisullo dimessosi dopo i noti scandali sessuali e per questo malamente silurato dal PD), nel suo ruolo di assessora allo sviLoredana Capone luppo economico sta producendo una grande mole di agevolazioni alle imprese. Non interventi a pioggia ma finanziamenti mirati alle aziende in grado di produrre innovazione attraverso idee originali e creative, privilegiando i settori con maggiori opportunità competitive: aerospazio, ICT, logistica avanzata, ambiente, risparmio energetico, biotecnologie e meccatronica. Non si rinnegano però i settori più tradizionali dell’economia regionale come agroalimentare, TAC, arredamento e lavorazione della pietra; si pretende però che le aziende siano innovative, puntino su materiali avanzati, integrando i propri processi. Un approccio coerente con la logica dei distretti produttivi. Sono stati complessivamente una ventina gli interventi anticrisi varati in meno di due anni da Loredana Capone a favore del sistema produttivo pugliese, compresi quelli a favore delle zone industriali, la viabilità e il completamento della rete idrica e del gas. Una ritrovata capacità di spendere (bene) risorse che altrimenti, se non impegnate, la Puglia rischia di dover restituire.

RecInTI SAnITARI Tommaso Fiore, assessore alla Sanità (già in sostituzione di Alberto Tedesco dimessosi dopo le accuse di tangenti e premiato poi dal PD con un seggio parlamentare), è stato riconfermato nel suo gravoso incarico: quello di risanare e riorganizzare la disastrata sanità pugliese. Operazione rischiosissima che può costare caro (ricordate il piano Fitto del 2004?). Al netto delle responsabilità governative (mentre scriviamo manca ancora la firma sul piano di rientro della sanità pugliese), Fiore ha aggiunto caos al caos modificando (in corso d’opera e a fine anno) i criteri per l’assegnazione dei fondi alla strutture sanitarie private accreditate. In questo caso non si tratta infatti di un taglio alla spesa totale ma solo di una sua perequazione tra le strutture. Il tetto di spesa è stato spostato da una struttura all’altra in base a un criterio prevalentemente territoriale. In questo modo un laboratorio d’analisi, radiologia o riabilitazione che ha investito in tecnologia e personale specializzato, potrebbe vedersi ridotto (in alcuni casi dimezzato) il proprio budget a favore di una piccola struttura che ha la fortuna (fortuna?) di operare in un distretto con più abitanti. L’obiettivo dichiarato è di avvicinare le strutture ai pazienti, ma si rischia l’effetto contrario: favorendo le piccole strutture (che non sono attrezzate per le prestazioni più complicate e “salvavita”), si finirà col favorire la mobilità passiva e i ricoveri inappropriati. In sfregio dei diritti dei pazienti e del libero mercato. Tommaso Fiore

CHI SCENDE

in forza di tale operazione – si sostituirà a quella, da tempo, consolidata. Certo è aspirazione di molti (non di una moltitudine) concorrere al cambiamento dell’attuale classe politica. Ma perché tale cambiamento possa assicurare “la svolta” di cui il Salento ha bisogno è necessario ancorare la nuova classe politica ad una nuova cultura. Una cultura che, nell’allontanare i “mercanti dal tempio”, sia in grado di alimentare – sulla base del nuovo contesto sociale ed economico – una politica che non si limiti “a togliere qualcosa a qualcuno” ma a “ricercare le condizioni perché sia dato a tutti”: in termini di istruzione, di opportunità, di lavoro, di sicurezza sociale, di partecipazione alla vita democratica del Paese. La “Regione Salento” può essere strumento per tale svolta? Penso sia una risposta sbagliata – come ho detto – ad un disagio che è reale. In ogni caso è un percorso in controtendenza rispetto al processo di “globalizzazione” ed in adeguamento alle necessità del sottosistema Jonico-Salentino, che richiede interventi sistematici ed urgenti. I fermenti che si registrano, pertanto, solo se capaci di sviluppare una nuova coscienza civile, potrebbero favorire la svolta di cui il Salento ha bisogno. Per questo sono favorevole – lasciando stare la “Regione Salento” che, facile preda, ieri, di un latifondo miope e lontano dalla gente, potrebbe, oggi, essere possibile strumento di poteri che non conosciamo – ad un “coordinamento programmatico-istituzionale” tra Province e Città Capoluogo. E tanto per assicurare una visione unitaria del sottosistema Jonico-Salentino e per promuovere, per tale realtà, politiche di sviluppo per i settori e per il territorio. Solo così – in tempi brevi – le copiose risorse finanziarie europee, nazionali e regionali potranno essere utilizzate per le finalità originarie e non erogate a favore di poteri forti e meno forti, per le clientele e per il consenso. Solo così le lancette del Pil da tempo ferme, nonostante la politiche di coesione, potranno segnalare la “svolta”.

cHI pIU’ Spende MeglIO Spende

CHI SALE

BOLLETTINO DEI NAVIGANTI

// Opinioni dal Tacco


// Opinioni dal Tacco //QUeSTIOne dI lOOK

l’ARIA cHe TIRA

I cOnfInI deI pedAnTI

di LUISA RUGGIO l.ruggio@iltaccoditalia.info

I confini non sono che un punto di vista e solo i pedanti cercano di parlarne. Ne esistono vari tipi. Di confini. E di pedanti. E a questo proposito va ricordata l’apparente facilità con cui si applicano gli uni e gli altri. Certe volte mi capita di fare questo ragionamento quando entro in libreria e scopro che gli scaffali sono stati divisi seguendo una precisa geografia. Facendoci caso mi sembra che a Lecce mi sia capitato più spesso che altrove, anzi, non mi è capitato in nessun’altra città del mondo di sentire una divisione così netta, da archivio anatomico, tra i

INDOVINA CHI E’?

libri scritti nel Salento o semplicemente pubblicati da case editrici salentine e tutti gli altri. Può passare per una sciocchezza e in effetti lo è, con il suo lato ridicolo evidente che indica un atteggiamento radicalmente inedito del libraio X, chiamato, suo malgrado, a contribuire al tentativo di chi scrive libri: abbracciare la potenzialità narrativa che è il mondo, con le sue periferie, i suoi molti sud, i suoi margini, il suo caos fuso, mescolato, gigantesco e minuscolo. È come se un lettore in casa si prendesse la briga di separare i libri degli autori americani dagli italiani, i russi dai tedeschi, i giapponesi dagli inglesi e così via. Io per quanto mi riguarda ne ho la casa piena, di libri, occupano persino il bagno. In bagno ho una copia de “La Storia d’Italia a fumetti” di Enzo Biagi, dai barbari in poi, accanto c’è Dickens ed altri. Insomma, cerco di capire il traguardo della divisione affidata all’arbitrio del libraio X, deve essere una questione di convenienza, tipo le offerte al supermercato, se compri questo ti regalo quest’altro, oppure il business delle delimitazioni, i formaggi, le storie e il Salento stesso. Invece di spalancare la geografia, mettiamo il Salento da

La soluzione a pag. 30

l’eMIgRAnTe

Un cane a tre teste. Il rischio per l’ipotetica regione Salento, è che ciascuno ragioni con la sua. una parte e il resto della Puglia dall’altra. Chi ci guadagna? Secondo me il libraio. Se siete pigri e non avete tempo per pensare potete credere di aver letto una nota sull’ordine pratico delle librerie locali e buonanotte al secchio.

di Paola Ancora

In fIlObUS cOn l’ARTe Salto ogni mattina sul tram numero 5 diretto alla Stazione Termini. Roma è un groviglio di strade intasate di macchine e di persone che vanno di fretta. Mica come Lecce, piccola e raccolta come un cioccolatino bianco, attraversabile in bicicletta. L’ultima volta che ci sono tornata ho impattato nuovamente sulla straordinaria bellezza dell’anello urbano intorno al conosciuto centro storico barocco. C’è la bella statua in pietra leccese che troneggia sulla rotonda d'ingresso alla città; l'inestimabile capolavoro della Ruota che si staglia imponente davanti al Tribunale e con la quale il Rotary Club ha deciso di deliziare gli occhi di chi passa da viale De Pietro. E poi il meglio dell’arte contemporanea: un’installazione di pali altissimi color grigio topo, svettanti verso il cielo azzurro del Salento dalle arterie principali della città, quasi a significare l’ascensione mistica leccese. Sono tanti, i Pali, eretti con un ordine preciso di distanza l'uno dall'altro. Chissà – mi sono chiesta - se c'è alla base, come fu per i Maya, un disegno legato all'astronomia o, come per gli artisti ebrei, alla Cabala. Ad impreziosire l’insieme ci sono i fili, che

uniscono le estremità dei Pali a circa una decina di metri d'altezza. Mancano di sensibilità artistica e sentimento coloro che hanno urlato quanto i Pali stonassero con l’architettura urbana dei bei palazzi e degli alberi centenari di una piccola città, lamentando la spesa di più di venti milioni di euro. Io, invece, appassionata d'arte, come davanti ad un quadro astratto ho passato del tempo a pensare a cosa l'artista abbia voluto comunicarci. E nei Pali ci ho visto, simbolicamente, noi, le persone. Grigi perché soli e logorati da questa società individualista. I fili, invece, rappresentano la speranza: ciò che, seppure in maniera fragile, ci tiene tutti uniti. Come in un grande girotondo. Leggendo tra le intenzioni del Maestro creatore, intravedo un dominante senso di negatività, ma con un "filo" di speranza di sottofondo. Fosse ancora fra noi, Bodini ci avrebbe sicuramente scritto su dei versi. Qualcosa tipo: "E come per scommessa un carnevale di Pali simula in mille guise l'infinito". Non si dica poi che l'amministrazione di Lecce non sostiene l'arte contemporanea!

Lasciano, poi, a bocca aperta le proporzioni. Si pensi che, per permettere al comune turista di ammirare questo gioiello in tutta la sua integrità, ci sono dei bus (ecologici) che percorrono tutto il tracciato sul quale si estende l’opera. Certo, 20 milioni di euro sono un bel gruzzolo. Ed è pur vero che siamo in crisi, e non solo da due anni a questa parte. Penso che attualmente tanti giovani – e purtroppo anche persone di una certa età - non hanno un lavoro. E che il Comune di Lecce è in serie difficoltà economiche. Penso al manto stradale di molte vie, anche centrali, simile a quello di Bagdad dopo le bombe americane. Forse – mi dico - quest'opera avrebbero potuto ridurla un po' nelle dimensioni. Non so, magari limitarla ad una strada. Se avessero voluto, avrebbero potuto situarla in un museo. Ecco sì, un museo. A Palazzo Carafa si sono lasciati un po' prendere la mano, ma non si può non riconoscere che Lecce è e sarà sempre una città d'arte. E l'arte, si sa, non scende mai a compromessi.


// Inchiesta // Piccoli separatismi crescono

Questione di araldica Lo stemma della Regione Salento, impostato graficamente seguendo le regole della disciplina araldica, richiama gli emblemi delle più significative famiglie nobiliari, che si sono susseguite attraverso i secoli al governo del nostro territorio. L’albero del ricordo, che affonda le radici nella storia, contempla uno scudo annoverante nel cuore il leone rampante dei Brienne, stagliato sul drappo stilizzato dei d’Enghien, su cui rifulge l’astro degli Orsini del Balzo. In fondo al campo domina una torre di avvistamento arago-

nese posta a sentinella delle coste della “terra dei due mari”. I colori dominanti sono: l’oro del sole, l’azzurro del cielo e il blu del mare. Lo scudo è sormontato da tre stelle rappresentanti simbolicamente le tre province di Lecce, Brindisi e Taranto, vasto dominio feudale del fiorente Regno di Napoli, che comprendeva la rinomata Terra d’Otranto, un tempo entità storica e geografica omogenea. Fonte: www.regionesalento.eu, sito di proprietà del gruppo Mixermedia, presidente Paolo Pagliaro

pAJATA O pOlenTA? RegIOne SAlenTO.

di PAOLA ANCORA

NEL PAESE DEI CAMPANILI, IN CUI OGNI CITTADINA RIVENDICA LA PROPRIA IDENTITÀ CON TANTO DI LARI E PENÀTI PIÙ O MENO AUTENTICI, GONFALONE E DIALETTO, IL MOVIMENTO DELLA REGIONE SALENTO NATO DALL’IDEA E SULLA SPINTA MEDIATICA DELL’EDITORE PAOLO PAGLIARO, PROPRIETARIO DI TELERAMA, È UN OTTIMO ARGOMENTO DA BAR DELLO SPORT. MA, STORIA, LEGGI, E CONTI ALLA MANO, NON È ALTRO CHE UNA BOUTADE. AD USO E CONSUMO DEL SUO PROMOTORE. Perché costituire la Regione Salento? Quanto costerebbe e quali vantaggi ne trarrebbe il territorio salentino? E ancora. Se “essere salentino è una questione di pancia” e, quindi, “la Regione Salento è anche una questione d’identità e cultura”, essere ciociaro o valtellinese è una questione riconducibile invece a quale parte del corpo umano? Certamente una più vile e meno utile della pancia; forse a uno di quei muscoli inutilizzati del viso o al padiglione di un orecchio, perché altrimenti non si spiega come mai la Ciociaria o la Valtellina non abbiano ancora mai chiesto di separarsi dal Lazio e dalla Lombardia, regioni guidate dalle notoriamente avidissime Roma e Milano! Il dibattito acceso e trasversale delle ultime settimane su questo, che è un tema vecchio di decenni, non è servito a dare risposta a queste come ad altre importanti domande.

peR QUAlcHe dOllARO In pIÙ

tori di cui sono espressione e rappresentanza, saranno sempre i cittadini, con il loro voto, a mandarli a casa e sceglierne di nuovi, magari anche fra coloro che oggi caldeggiano la nascita di una Regione Salento. Torniamo alle risorse. Non esistono – né presso la Regione Puglia, né ai Ministeri dell’Interno e dell’Economia, né infine all’Istat - dati, numeri, studi statistici o analitici sulla ripartizione delle risorse pubbliche fra le province della Puglia. Nemmeno una singola tabella di numeri omogenei che chiarisca quanti soldi trattenga Bari e quanti arrivino invece nel Salento. Ce lo conferma il consigliere regionale del Popolo del Libertà Rocco Palese. Essendo Bari la città capoluogo è logico, però, sostenere che necessiti di maggior denaro, rispetto alle città e alle province di Lecce, Brindisi o Taranto. E se pure questo bastasse a dare ragione al

“Bari trattiene la maggior parte delle risorse per gli investimenti”, accusano gli aderenti al Movimento per una Regione Salento presieduto dal noto editore Paolo Pagliaro. “La Regione è un’opportunità di sviluppo” e “il Salento non ha nemmeno un’autostrada e non è previsto nei piani dell’Alta Velocità”, lamentano ancora, dimenticando probabilmente – e l’inciso è d’obbligo - che in Consiglio Regionale siedono anche i rappresentanti democraticamente scelti dai cittadini delle province di Lecce, Brindisi e Taranto, naturali interlocutori di problemi o criticità come quelli segnalati. E se consiglieri e assessori regionali salentini si dimostreranno incapaci di rispondere alle esigenze dei terriil tacco d’Italia

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Ottobre 2010

Comitato pro Regione Salento, cosa succederebbe quando, una volta costituito il nuovo Ente, la popolosa Taranto (192.699 abitanti; dati Istat), angosciata peraltro dal problema Ilva, ottenesse più denaro di Lecce, con i suoi 95.263 abitanti o di Brindisi che ne conta 89.774?

pUbblIcA AMMInISTRAZIOne: l’IndOMAbIle elefAnTe Nel pieno di una crisi economica che non ha risparmiato nessuno e alla vigilia del varo del federalismo fiscale, è tornato alla ribalta il problema del-


l’elefantiaco apparato statale italiano. Mille enti, grandi e piccoli, le cui funzioni e competenze a volte si accavallano, che costano cari ai cittadini e che, come se non bastasse, spesso non sono né efficaci né efficienti. È interessante quindi riflettere su due dati di fatto, per capire se creare un’altra Regione è o meno cosa buona e giusta. Il primo ce lo fornisce il Copaff, la Commissione paritetica per il federalismo presieduta dal professor Luca Antonini, che ha approntato la “Relazione sul federalismo fiscale”, presentata dal ministro Giulio Tremonti alla Camera lo scorso 30 giugno. In quel documento si legge: “L’albero della finanza pubblica italiana è diventato un albero storto”. E il perché è presto detto. La spesa consolidata – cioè già in preventivo - dell’Amministrazione pubblica è complessivamente pari a 799 miliardi di euro. Di questi, 459 miliardi di euro costituiscono la spesa consolidata dello Stato centrale e 255 quella, sempre consolidata, delle amministrazioni locali. Sottraendo da entrambe le voci interessi e spesa per il personale, si ottiene quanto spendono effettivamente le diverse amministrazioni pubbliche. Lo Stato, al netto dei trasferimenti ai governi locali, spende circa 84 miliardi di euro. Regioni, Province e Comuni circa 171 miliardi di euro. Ma mentre lo Stato ha il dovere di tassare i cittadini e di riutilizzare poi quelle tasse, ad esempio per costruire un ponte o finanziare la realizzazione

di una ferrovia, i governi locali non hanno il dovere di tassare di cittadini, ma hanno, sì, il potere di spendere le risorse che a essi sono destinate. Insomma non hanno una responsabilità diretta su come e su quanto denaro pubblico spendono. Una stortura che è tanto economica quanto politica. Il secondo dato di fatto su cui riflettere riguarda il rapporto fra quanto un’amministrazione pubblica costa ai cittadini e quanto essa “produce” per loro. Secondo l’Istat, se si considera pari a 100 la spesa pro capite per l’amministrazione pubblica, il Nord Italia spende 90,8 e il Sud 102,6. In termini di servizi resi, il Nord ne offre ai suoi cittadini per un valore pari a 111,5 e il Sud solo 78,4. In sostanza, il Sud spende il 13% in più per mantenere la sua pubblica amministrazione, che offre però il 30% in meno di servizi ai cittadini. Alla luce di questi dati è lecito chiedersi che utilità avrebbe la creazione di un altro Ente, di una Regione Salento con i suoi assessori, i suoi consiglieri, i suoi dipendenti, i suoi uffici; è doveroso chiedersi quanto costerebbe ai salentini e se non sarebbe invece più utile, all’interno di quella “società civile” che il Comitato Promotore della Regione Salento dice di rappresentare, discutere delle capacità, della responsabilità, dei risultati e degli insuccessi di chi amministra la Puglia a ogni livello.

pROVIncIA dOceT. feRMO e lA bAT

Rocco Palese, capo dell’opposizione Consiglio regionale

LA TEORIA DEI SOLDI “TRATTENUTI” DA BARI È OZIOSA: NON ESISTONO STUDI CHE PERMETTANO DI CAPIRE SE LE RISORSE CHE RIMANGONO NEL CAPOLUOGO SIANO SUPERIORI A QUELLE CHE ARRIVANO NELLE PROVINCE DI LECCE, BRINDISI E TARANTO. LO CONFERMA ROCCO PALESE

Nel 2001, il Governo di centrosinistra modificò il Titolo V della Costituzione italiana. Una riforma in senso federale, rimasta incompiuta e che, fra le altre cose, prevedeva anche l’istituzione delle città metropolitane e la riduzione delle province. Negli anni successivi al 2001, cambiò due volte il Governo, e la maggioranza, e le province, anziché diminuire, aumentarono. Nel 2007 nascono le province di Fermo, nelle Marche, e di Barletta – Andria – Trani, meglio conosciuta come Bat, in Puglia. Fermo diventa provincia - nonostante conti appena 177.500 abitanti – e festeggia la tanto agognata autonomia dalla rivale Ascoli Piceno, che dista appena 71 chilometri. Il commissario provinciale Michele De Feis, che ha il compito di accompagnare l’ente fino al suo primo appuntamento elettorale nel 2009, dispone di 31 milioni di euro, che ben presto diventano 50 per consentire, fra le altre cose, di arreil tacco d’Italia

Nicola Giorgino, Sindaco di Andria e vicepresidente Bat

ALLA BAT, OLTRE AI CIRCA DUECENTO DIPENDENTI TRASFERITISI DA BARI A BARLETTA, È PREVISTA L’ASSUNZIONE DI ALTRE DUECENTO PERSONE PER L’ENTE PROVINCIA E DI 80 PERSONE IN TUTTO PER LA NUOVA PREFETTURA. DOPO TRE ANNI DALLA COSTITUZIONE, ANCORA NON HANNO FINITO IL CENSIMENTO DEL PATRIMONIO dare i locali della Provincia e di assumere nuovo personale. Se la sola provincia di Ascoli contava trenta consiglieri e dieci assessori, Ascoli e Fermo insieme contano oggi 48 consiglieri e 16 assessori. E veniamo alla Bat, che in inglese, ironia della sorte, vuol dire “mazza” o “bastone”. In effetti, se non ai bastoni, poco ci è mancato che non si arrivasse

Michele De Feis, commissario provincia di Fermo

IL SUD SPENDE IL 13% IN PIÙ PER MANTENERE LA SUA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE, CHE OFFRE PERÒ IL 30% IN MENO DI SERVIZI AI CITTADINI 8

Ottobre 2010

alle mani per decidere dove insediare Prefettura e sede legale della nuova provincia pugliese. Gli uffici pubblici, si sa, sono motivo di orgoglio e prestigio per un territorio, ma costituiscono anche un centro catalizzatore d’interessi. Soprattutto in questo Sud, dove fare impresa e trovare lavoro resta difficile. “Farsi assumere alla provincia” o “al comune”, quindi, grazie al cognato consigliere o all’amico assessore, resta il sogno o la speranza di tanti. Alla Bat, oltre ai circa duecento dipendenti trasferitisi da Bari a Barletta, è prevista l’assunzione di altre duecento persone per l’ente provincia e di 80 persone in tutto per la nuova Prefettura. Il 20 maggio scorso si è votato per stabilire quale fosse la sede legale della provincia ed ha vinto Andria. Il sindaco Nicola Giorgino, che è anche vicepresidente della Bat, specifica al Tacco d’Italia che “il divorzio fra due province non è assimilabile a quello che il Comitato promotore per la Regione Salento vorrebbe fare per separarsi dalla Puglia”, ma aggiunge anche che “dopo 15 anni di sforzi per far recuperare terreno a questa grande Regione, sarebb e impensabile dare seguito ad istanze autonomiste di questo genere, anche perché una regione costa molto e il percorso per dare vita ad un nuovo ente non è affatto agevole”. E lui ne sa qualcosa. “Noi – spiega stiamo ancora ultimando il censimento del patrimonio delle province di Foggia e Bari per poi trasferire alla Bat la parte che le spetta”, pari al 3,40 % del patrimonio foggiano e al 23,70 per cento di quello barese.

dIVORZIO (RegIOnAle) All’ITAlIAnA E se il percorso che porta alla costituzione di una provincia è tortuoso, figurarsi quello per una nuova Regione. Di esempi di divorzio regionale, in Italia, ce n’è soltanto uno, datato 1963. Quell’anno, infatti, il Molise si staccò dall’Abruzzo, diventando la ventesima Regione d'Italia, dapprima con la sola provincia di Campobasso - che conta oggi 50.995 abitanti in città - e, dal 1970, con anche la provincia di Isernia, una città di 22.007 abitanti, cioè quasi quanti quelli di Casarano che ne ha 20.549. Un qualsiasi appassionato di Internet può facilmente saperne di più sul Molise cliccando su Wikipedia, dove leggerà che “dato il basso numero di abitanti, l'economia molisana è poco sviluppata rispetto alle altre regioni italiane”. La Regione Salento conterebbe un milione e 796 mila abi-


tanti, pari a circa un terzo dei 4.084.841 residenti in Puglia. E non vale, per dare dignità a questo valore numerico, paragonarlo al numero di abitanti di altre regioni, come si fa sul sito www.regionesalento.eu. Non vale perché, semplicemente, quattro regioni citate su dieci – cioè Sardegna, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige e Valle d’Aosta - sono Regioni a Statuto speciale e godono quindi di un’ampia autonomia finanziaria e di ben altre agevolazioni da parte dello Stato. Non vale perché basta leggere assiduamente il Corriere della Sera o un altro grande quotidiano nazionale per sapere che Liguria, Molise e Basilicata, ad esempio, hanno tutte i conti in rosso. E se l’aspirazione della Regione Salento deve essere questa, allora perché non suggerire all’Unione dei Comuni della Grecia salentina comunità linguisticamente definita e destinataria di buoni finanziamenti dall’Unione Europea - di chiedere l’annessione alla “florida” Grecia? Un prezzo, per sventolare fieri la bandiera della propria storia e della propria identità, bisognerà pur pagarlo! Tanto vale farlo con chi parla la propria lingua! Un altro esempio di aspirazione separatista ci porta in Emilia Romagna. Hanno pochi mesi di vita due diversi disegni di legge, ora fermi in Commissione Affari Costituzionali, uno a firma del finiano Enzo Raisi e l’altro dell’autorevole esponente leghista Gianluca Pini. Entrambi hanno lo scopo di chiedere la separazione della Romagna – con le sue province di Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini - dall’Emilia. “Quelle della Romagna – ha spiegato Pini - sono terre pontificie, che non hanno conosciuto lo sviluppo dei Comuni e hanno una lunghissima tradizione di autonomia. Oltre alla differenza tra piadina e gnocco fritto, il punto vero è nell'economia”. E qui torniamo alla questione Regione Salento, perché come accade per la Romagna – dove il reddito medio pro capite è di un quarto inferiore al resto della Regione - anche in Puglia, a chiedere autonomia, è la parte più “povera” della Regione, il Salento. Povera, s’intende, solo se la ricchezza la si misura in denari, perché in quanto a potenzialità, il Salento non ha nulla da invidiare al resto della Regione. Basta saperle

fuggevole notorietà che regala una pretestuosa rivendicazione autonomista, ma di attenzione ai problemi veri; il lavoro innanzitutto. E ha bisogno di una politica coerente con le sue vocazioni turistiche e ambientali e di una “società civile” che chieda risposte – e lo faccia informandosi, indignandosi, partecipando alla vita pubblica - su questi temi. Cosa ne pensa il Comitato promotore della Regione Salento? Il tempo per rispondere non manca certamente. Fra la raccolta di firme necessaria ad ottenere il referendum e i tempi utili perché la proposta di modifica della Costituzione faccia il suo corso, passeranno degli anni e si arriverà – sempre che si proceda in fretta e che la maggioranza di Governo regga le fratture interne, come sostiene il premier Silvio Berlusconi – al 2013. E allora, da che parte starà il Comitato per la Regione Salento? La domanda è lecita visto che, una sponda politica, l’ha già cercata, ricevendo consensi e dinieghi trasversali. Curioso che il presidente della Provincia di Lecce, Antonio Gabellone abbia spiegato che “con un altro presidente di Regione questa mobilitazione non avrebbe motivo d’essere”. Il motivo reale della protesta, in-

Gianluca Pini (Lega), firmatario della legge per dividere l’Emilia dalla Romagna

REGIONI, PROVINCE E COMUNI INSIEME SPENDONO IL DOPPIO DELLO STATO. DICE LA COMMISSIONE PARITETICA PER IL FEDERALISMO: “L’ALBERO DELLA FINANZA PUBBLICA ITALIANA È DIVENTATO UN ALBERO STORTO” mettere a frutto, magari lanciando un “Comitato per le cose fatte bene” che eviti che il nostro paesaggio di olivi e vitigni venga stuprato dagli specchi riflettenti del fotovoltaico, che possono stare benissimo sui tetti dei palazzi e dei capannoni. O ancora, un Comitato che chieda perché l’aeroporto di Brindisi, dopo ere geologiche, è ancora così mal collegato con Lecce. E perché, anziché valorizzare le strade delle nostre bellissime campagne con percorsi cicloturistici, le si cancellano colando inutili distese di asfalto fra una risibile zona industriale fantasma e un’altra.

somma, sarebbe Nichi Vendola, i cui contrasti con l’editore Pagliaro sono noti a tutti. Peccato però che anche l’eterno rivale del presidente della Regione, il Ministro per gli Affari Regionali Raffaele Fitto, abbia liquidato la proposta come una boutade. E quindi, con chi starà il Comitato promotore per la Regione Salento? Perché se non c’è una “visione ideale” del futuro, la proposta di conquistare la libertà da Bari potrebbe sembrare, oltre che bizzarra, vuota di contenuti seri. E potrebbe ridursi (“a pensar male si fa peccato ma in genere”, diceva Andreotti, “ci si azzecca”) ad un’abile

SONO FERME IN COMMISSIONE AFFARI COSTITUZIONALI DUE PROPOSTE DI LEGGE PER DIVIDERE L’EMILIA DALLA ROMAGNA. E GETTARE FINALMENTE UNO SPARTIACQUE TRA PIADINA E GNOCCO FRITTO

Salento mon amour. Franco Battiato, Sienna Miller e Jude Law a Otranto

C’È SOLO UN ESEMPIO DI DIVORZIO TRA REGIONI: IL MOLISE, CHE SI STACCA DALL’ABRUZZO NEL 1963. DIVENTANDO TRA LE REGIONI PIÙ POVERE D’ITALIA

UnA dOMAndA TIRA l’ATRA Insomma il Salento, che l’estate scorsa ha accolto Sienna Miller, Dario Argento, Gianni Morandi, Helen Mirren, Franco Battiato, Bobby Kennedy III e tanti altri Vip, non ha bisogno della

manovra politica dal sapore leghista, mirata a coagulare consensi da “rivendere” al miglior offerente al momento giusto, in cambio di un posto in Consiglio regionale o in Senato. Di esempi simili, è piena la storia della politica italiana. Ma allora, la domanda è: cui prodest?

gli abitanti

la spesa pubblica

192.699 95.263

84 miliardi

Taranto

Lecce

Stato

89.774

Totale:

171 miliardi

Brindisi

1 milione e 796 mila il tacco d’Italia

9

Ottobre 2010

Regioni + Province + Comuni

Fonte: Istat


//Strategie di sviluppo locale

L’UNIONE EUROPEA PROGRAMMA LA CRESCITA DEI TERRITORI CHE POSSONO AGGREGARSI PER OBIETTIVI COMUNI, SUPERANDO I CONFINI TERRITORIALI. ECCO COME

di FRANCESCA QUARTA

Un’eUROpA SenZA cOnfInI

D

agli Stati nazionali alle macroaree, la differenza la fanno i confini. Nell’ambito delle politiche di coesione dell’Unione europea, infatti, il tema del confine, inteso come “recinzione” meramente geografica e materiale (delimitante aree di comune appartenenza politico-amministrativa), muta la propria concezione per indicare esempi di “prossimità” differente, fatta di bisogni condivisi, capacità di portare avanti progetti, aspirazioni e identità. Nella sua rappresentazione, dunque, la politica di coesione diventa sinonimo di solidarietà, cooperazione territoriale e assistenza. Ed è questo l’approccio generale, di ampio respiro, che colloca l’iniziativa delle aggregazioni regionali a un livello “alto” di integrazione, sulla

D

base di ideali collettivi e programmazione per lo sviluppo socioeconomico attraverso infrastrutture, servizi, investimenti ed esigenze di pianificazione strutturale da soddisfare. Presupposto e requisito di partenza è la condivisione di tematiche inerenti l’ambiente, i trasporti, le coste, la pesca, le Pmi, il turismo, la cultura, le buone prassi, la cooperazione e i partenariati. Obiettivo è la riduzione del gap di sviluppo tra i territori, a supporto di una crescita bilanciata, armonica e sostenibile della comunità. Ma la proposta si vuole configurare anche come modello innovativo di governance. L’approccio diventa pragmatico e coinvolge gli Stati, gli enti e le autorità locali che si coordinano per ren-

il tacco d’Italia

dere più efficienti le politiche transnazionali e pubbliche di Area vasta. Il valore aggiunto (ma anche la scommessa più rilevante da vincere) per la costituzione delle macro-aree è proprio l’“approccio integrato” ovvero la capacità di mettere in piedi un’azione collegiale generata da soggetti diversi e con esperienze e prassi differenti. La prospettiva, almeno nelle intenzioni è lungimirante: al localismo e alla frammentazione si oppongono, in quest’ottica, le associazioni ampie, correlate e competitive, cioè capaci di attirare i milioni di euro di finanziamento che provengono da Bruxelles e quindi di ottimizzare e armonizzare le risorse interne. Un esempio a noi prossimo, di questo processo, è la Macro Regione

10

Ottobre 2010

UN ESEMPIO DI QUESTO PROCESSO, È LA MACRO REGIONE ADRIATICO-JONICA. IL PROGETTO NASCE IN PUGLIA ED È APPOGGIATO DA ITALIA, GRECIA E SLOVENIA CON UNA PREVISIONE DI REALIZZAZIONE ENTRO IL 2014 Adriatico-Jonica. Il progetto nasce in Puglia ed è appoggiato da Italia, Grecia e Slovenia con una previsione di realizzazione entro il 2014. Intanto, la Regione e il Salento sono già da tempo protagonisti di altre esperienze di aggregazione territoriale più piccole come le Aree Vaste e i Gal (Gruppi di azione locale) ovvero di strumenti di pianificazione strategica, composti da realtà numerose ed eterogene che si mettono “in rete" e che, attraverso progetti di sviluppo locale, ricevono i finanziamenti comunitari.


RETI E MACRO AREE zionale per avviare il progetto proprio "per il suo ruolo strategico e la sua posizione geografica". I paesi sono, oltre all'Italia, la Slovenia e la Grecia (paesi dell'Unione Europea), i paesi balcanici (paesi in preadesione). Strategia Ue per le regioni Mar Baltico (Bsr): unica macro-area finora riconosciuta dall'Ue. Comprende 11 stati in Scandinavia e nell’Europa centrale e Orientale. Si tratta di un’area piuttosto eterogenea che ha in comune una risorsa idrica naturale che è il Mar Baltico. Strategia Ue per la regione del Danubio: macro-area in fase di costruzione. Il Danubio, con il suo corso di 3000 km, dalla Foresta Nera (Germania) al Mar Nero, abbraccia dieci paesi europei, sei dei quali sono membri Ue: Germania, Austria, Slovacchia, Ungheria, Croazia, Serbia, Romania, Bulgaria, Moldova e Ucraina.

Rete degli Stretti europei: si costituisce tra Regioni che si affacciano su Stretti e Canali di mare, che intendono sviluppare sinergie indirizzate a individuare uno sviluppo coordinato dei rispettivi territori al fine di coordinare la partecipazione a bandi europei relativi alla misura Interreg IV, Cultura, Turismo, Ambiente, Innovazione, Rifiuti, Trasporti. I partners della Rete sono Pas-de-Calais General County Council, Provincia di Messina, Kvarken Council, Usimaa Regional Council Helsinki, Euregio Tallinn Helsinki, Fhmarnbelt Commettee, the Nordjylland Region, Kent County Council, District of fier, District of Vlora. Vi partecipa anche la Provincia di Lecce. Euroregione adriatica jonica: aderiscono all'iniziativa, da Nord a Sud, il Friuli Venezia Giulia, il Veneto, l'Emilia Romagna, le Marche, l'Abruzzo, il Molise, la Basilicata, la Calabria, la Sicilia e la Puglia, scelta dal governo na-

AREE VASTE, UNIONI, GAL Oggi la sfida per il buon utilizzo dei fondi comunitari si chiama “Area vasta” L’Area Vasta è un “processo partecipato” aperto cioè alla concertazione fra istituzioni ed enti pubblici. Prevede una “Rete di relazioni” per la riorganizzazione del territorio, la pianificazione delle politiche locali e l'ottimizzazione delle risorse. In Puglia le Aree vaste sono dieci e per i primi progetti (i cosiddetti pro-

grammi stralcio) presentati dai Comuni, la Regione ha impegnato 340 milioni, subito disponibili. Molti dei progetti approvati interessano e attraversano tutti i territori delle aree vaste, come l’informatizzazione dei servizi pubblici, i parcheggi, l'efficienza energetica degli edifici pubblici, la valorizzazione dei beni culturali.

Gal - Gruppi di azione locale: strumento di programma-

Quanti soldi alle Aree Vaste

zione della politica agricola comunitaria che ha consentito negli ultimi 15 anni di guardare alle aree rurali come a motori reali di sviluppo. Si tratta generalmente di gruppi composti da soggetti pubblici e privati.

(in milioni di euro)

Gal Terre d’Arneo: nasce nel 1998 e con la nuova programmazione 2007-2013 è chiamato a un ruolo a tutto tondo in merito ai processi di sviluppo territoriale. Riunisce i Comuni di Nardo Porto Cesareo, Leverano, veglie, Salice Salentino, Guagnano, Campi Salentina, Carmiano, Copertino.

Gal Capo di Leuca 2015: diciotto Comuni dell'area interessata. Le strategie dei piani di sviluppo locale saranno attuate attraverso la gestione delle misure dell'Asse III del Psr 2007-2013 della Puglia "Qualità della vita nelle zone rurali e diversificazione dell'economia", nel pieno rispetto dei criteri di selezione da esse previste e delle disposizioni attuative. Saranno previsti finanziamenti a fondo perduto nell'ambito nei settori dell'agriturismo, turismo rurale e servizi turistici, dell'artigianato tipico, delle attività culturali e per il tempo libero, dei servizi alla persona.

Gal Serre salentine: approvato dalla Regione Puglia è composto dalle amministrazioni locali di Alezio, Alliste Casarano, Collepasso, Galatone, Gallipoli, Matino, Melissano, Neviano, Parabita, Racale, Sannicola, Taviano, Tuglie e da tutte le associazioni, le cooperative, le categorie, le aziende e i privati dei comuni suddetti e operanti nei vari settori produttivi, sociali, ambientali e culturali, che hanno fatto la richiesta di partecipazione. Il Piano di Sviluppo Locale opererà nei seguenti settori: turismo rurale e servizi al turismo, produzioni tipiche e artigianali, servizi alla popolazione e per il tempo libero, recupero del patrimonio culturale.

il tacco d’Italia

29,7

22

BRINDISI

MURGIA

34,3

34

CAPITANATA

TARANTO

30,5

24

LECCE

VALLE D’ITRIA

48,2

29,6

TERRA DI BARI

SUD SALENTO

20,7

29,6

MONTI DAUNI

VISION 2020 (Bat)

340 Totale 11

Ottobre 2010


//L’intervista // Nichi Vendola

VendOlA: “MIcRORepUbblIcA dI STAMpO legHISTA” DOPO UNA RIUNIONE DI GIUNTA, PRIMA DI PRENDERE IL VOLO PER ROMA PER PARTECIPARE AL FUNERALE DI STATO DEI QUATTRO ITALIANI MORTI IN AFGHANISTAN, IL PRESIDENTE DELLA REGIONE PUGLIA NICHI VENDOLA RISPONDE AL TACCO D’ITALIA SUL MOVIMENTO DELLA REGIONE SALENTO trie. Il Salento deve la sua grandezza nell’essere una “meta regione”, una regione cosmopolita, una regione dell’anima e rinchiuderla in un recinto burocratico-amministrativo significa ucciderla. Fondamentalmente, credo che si tratti di un progetto dal fiato corto che vuol far retrocedere il Salento ad una “micro repubblica” di stampo leghista”.

Nichi Vendola

Strategie di cooperazione, macroregioni. Ce lo chiede l’Unione Europea per lo sviluppo dei territori, individuando strategie condivise. La regione Salento è compatibile? “Proprio pochi giorni fa dalla Fiera del Levante abbiamo rilanciato la sfida della Macroregione Adriatico-jonica. Una macroregione di circa 600 mila mq con circa cento milioni di abitanti. La Puglia è al centro di questa macroregione perché ha sviluppato nei confronti dei Balcani occidentali,

dell’Albania una quantità di progetti concreti che possono, oggi, aiutarci a far partire “la gamba adriatica dell’Euro Mediterraneo”. Non si tratta di filosofia, si tratta di soldi, risorse, progetti che riguardano le infrastrutture, la rete delle protezioni civili, i problemi congiunti dell’inquinamento marino. Dobbiamo sapere che le reti cooperative possono salvarci dai rischi e dai pericoli che incombono nel presente e nel futuro e non certo le piccole pa-

Nel programma elettorale che ha portato al governo Berlusconi era indicata l’abolizione delle province. Lei è d’accordo? “Non c’è alcun dubbio che siamo in presenza di una sovrapposizione di enti locali, con un ingorgo disperante di ruoli e competenze. Si può fare una scelta, oppure un’altra. Si può scegliere la provincia o la città metropolitana; il problema è che qui in Italia non si sceglie mai e si continua a aggrovigliare la matassa dei governi locali”.

SI TRATTA SOLO DI PROTAGONISMO STRUMENTALE DI ALCUNI AMBIENTI LOCALI

Alla luce della sua esperienza parlamentare ritiene che il processo legislativo che porterebbe alla costituzione di una nuova regione sia percorribile? “Mi sembra alquanto bizzarro pensare che basti una leggina votata a maggioranza per costituire una nuova regione. La democrazia, grazie al cielo, è un esercizio un po’ più complesso. Aldilà di questo, non mi pare che ci sia un fondamento reale sull’idea di Regione Salento. Si tratta solo di protagonismo strumentale di alcuni ambienti locali”. Fonti giornalistiche sostengono che questo progetto sia una manovra centrista in vista delle elezioni politiche per indebolire la sua posizione nel Sud della Puglia dove è ben radicato il Ministro Fitto. È un’analisi credibile? “Non credo proprio. Anche se con argomentazioni più ragionieristiche il Ministro Fitto ha ribadito più volte la sua contrarietà al progetto Regione Salento. È una delle poche cose su cui siamo d’accordo”. M.L.M

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//L’intervista // Silvia Godelli

gOdellI: “RegIOne SAlenTO? In cOnTROTendenZA RISpeTTO All’eUROpA”

di FRANCESCA QUARTA

MEDITERRANEO - acrilico su tela 50x40cm L'isola dei meticci sagomata dalle forti correnti del pensiero umano

SILVIA GODELLI, ASSESSORA AL MEDITERRANEO DELLA REGIONE PUGLIA, ILLUSTRA LE STRATEGIE DELL’UNIONE EUROPEA ATTUALI E FUTURE, ALL’INTERNO DELLE QUALI LA REGIONE PUGLIA ASSUME UN RUOLO DI PRIMO PIANO. ESCLUDENDO LOCALISMO E SEPARATISMI

Silvia Godelli

La Macro Regione Adriatico Ionica è un modello di collaborazione e di integrazione tra Europa e i paesi dei Balcani Occidentali, promosso da Italia, Grecia e Slovenia. La Puglia è scelta dal governo nazionale per avviare il progetto. Perché? “Le sfide della globalizzazione, rese particolarmente imponenti dalla crisi in atto, richiedono nuove strategie che perseguano al massimo obiettivi di coesione all'interno dell'Unione Europea e obiettivi di integrazione con i Paesi esterni, al fine di potenziare le capacità di sviluppo e mettere in comune, ottimizzandole, tutte le risorse esistenti: da quelle umane e sociali a quelle infrastrutturali a quelle ambientali a quelle produttive. Tali processi, certamente

ineludibili se si vuole dare nuovo slancio all'economia, richiedono nuove forme di aggregazione istituzionale tra territori, Regioni, Stati, fino a prefigurare macroregioni caratterizzate da continuità territoriale, comuni vocazioni di sviluppo, relazioni di vicinato. In tale direzione va la proposta lanciata di recente dalla Regione Puglia assieme al Ministero degli Esteri, mirante a porre le basi per la costituzione di una Macroregione Adriatico Ionica da far dialogare con la programmazione e le strategie dell'Unione Europea. Aggregazioni ampie, integrate e competitive, dunque, non localismi e frammentazione. La Puglia ha maturato l'esperienza necessaria per poter fare da motore di questo processo, per la cospicua accumulazione di relazioni istituzionali, economiche e culturali con i Paesi dei Balcani Occidentali e con la Grecia che ha saputo realizzare negli ultimi anni, e per la lucida energia con cui persegue obiettivi di integrazione in area adriatico ionica e più in generale mediterranea”.

Vasta, che rappresenta il superamento della dimensione locale; una strategia d’integrazione territoriale per lo sviluppo e la crescita; un approccio metodologico di pianificazione strutturale. Ma Area Vasta implica anche una pioggia di milioni di euro, se ben usati. In ambito amministrativo, dunque, quali gli strumenti per rendere operative le decisioni? “Modelli istituzionali e operativi nuovi, finalizzati alla gestione dei fondi europei, appaiono strumenti particolarmente idonei a mettere in rete comunità e amministrazioni locali capaci di intercettare meglio le risorse disponibili e a progettarne l'uso in modo integrato. E' ancora, questa, una sperimentazione, ma fa intravvedere dei risultati interessanti che potrebbero favorire il rafforzamento del modello avviato”.

“LA REGIONE SALENTO È UNA PURA INVENZIONE, LANCIATA PRESUMIBILMENTE SOLO PER APRIRE LA STRADA A QUALCHE AMBIZIONE POLITICA

Nei prossimi anni le strategie di sviluppo territoriale dipenderanno dalla capacità dei territori di sapersele cucire addosso alle proprie esigenze, immaginando infrastrutture, servizi, investimenti. Tutto questo è l’Area il tacco d’Italia

13

Ottobre 2010

Strategie di cooperazione territoriale, proiezione verso le macroaree e modelli di coalizione vasti e condivisi. Lo chiede l’Unione europea che punta a strategie di ampio respiro per lo sviluppo socioeconomico dei territori, non più delineati da confini politici e amministrativi, ma dalle proprie identità, bisogni condivisi, capacità di immaginare un futuro insieme. Il progetto Regione Salento è compatibile con quest’approccio dell’Ue? “Nel contesto che si va delineando, e a fronte di precise esigenze di rilancio delle strategie territoriali, la proposta di creare una Regione Salento appare miope, strumentale, totalmente destituita di prospettive. Una autonoma Regione Salento non avrebbe alcuna possibilità di svolgere una funzione di traino dello sviluppo, anzi ne svilirebbe del tutto le potenzialità, ponendosi senza ragione alcuna in controtendenza rispetto agli orientamenti dell'Unione Europea e rispetto alle esigenze economiche e sociali del territorio. Una pura invenzione, lanciata presumibilmente solo per aprire la strada a qualche ambizione politica, ma che nessuno potrebbe mai prendere sul serio”.


//L’intervista // Miguel Mora UNO SGUARDO ALL’ESPERIENZA SEPARATISTA SPAGNOLA E ALLE ANALOGIE CON L’ITALIA. SECONDO MIGUEL MORA, CORRISPONDENTE DA ROMA PER “EL PAIS”, IL PIÙ GRANDE QUOTIDIANO DI SPAGNA

Terroristi dell’Eta (Euskadi Ta Askatasuna, letteralmente “paese basco e libertà”)

peR eSeMpIO, In SpAgnA di ANDREA GABELLONE

a breve termine, mi sembra abbastanza rischioso. È vero, le comunità più povere, normalmente, hanno il desiderio di essere parte di quelle più ricche: in Spagna, per esempio, la comunità di Aragòn, che è una tra le più povere, ha avuto sempre il desiderio di costruire un tunnel che attraversasse i Pirenei e la mettesse in comunicazione con la Francia,

Miguel Mora

Uno sguardo dall’esterno può rivelarsi, a volte, in tutta la sua pacatezza, significativo e interessante proprio perché privo di coinvolgimenti. Lo sguardo in questione, per meglio analizzare il vivace e annoso dibattito sulle piccole patrie, è quello di Miguel Mora, corrispondente da Roma per il quotidiano spagnolo “El Paìs”. Un punto di vista autorevole, visto che “in Spagna, da più di trent’anni, la Costituzione prevede lo Stato delle Autonomie”, ci spiega. E “tuttavia, nell’ambito delle rivendicazioni, ogni caso è un mondo a sé”. Nel nostro caso, la Puglia - terra da sempre unita - sono le province economicamente più fragili a volersi separare dal resto della Regione. Lei crede che questo processo, contestualizzato al momento di profonda crisi, possa essere uno stimolo allo sviluppo o una condanna a un ulteriore ritardo? “Intraprendere avventure del genere, in questo momento, quando non si hanno i mezzi per garantire un futuro, neanche

INTRAPRENDERE AVVENTURE DEL GENERE, IN QUESTO MOMENTO, QUANDO NON SI HANNO I MEZZI PER GARANTIRE UN FUTURO, NEANCHE A BREVE TERMINE, MI SEMBRA ABBASTANZA RISCHIOSO quasi potesse essere una via di progresso. Non è esattamente la stessa situazione, ma risulta, effettivamente, curioso come le province meno abbienti della Puglia vogliano separarsi dalla Regione. In questo atteggiamento può esserci un sentimento di rivalsa, perché si possono essere sentite maltrattate, ma credo che ci sia un meccanismo di compensazione economica nei confronti delle province più carenti: per questo esistono dei fondi a livello europeo. Se poi questi fondi sono stati spesi in modo sbagliato, non so quanta della responsabilità sia della Regione Puglia. Credo che per questa cattiva organizzazione di denaro pubblico debba rispondere il Governo centrale. In ogni caso, ripeto, mi sembra un periodo pessimo per dare sfogo a certe "tensioni centrifughe", per il tacco d’Italia

di più, in un momento in cui la struttura unitaria dell'Italia, a 150 anni dalla sua creazione, è già messa in discussione dal Nord. La storia del separatismo ha generato molteplici episodi, alcuni dei quali molto diversi tra loro per modalità di svolgimento e motivazioni. Qual è, secondo lei, il limite tra legittima aspirazione all’autonomia e pretestuose vocazioni di autodeterminazione? “Il limite, in qualsiasi eventualità, dovrebbe porlo la Costituzione italiana. Quel che mi sembra giusto è ascoltare il popolo, sempre e quando sia il popolo a chiedere di essere ascoltato; e l'unico modo ragionevole di risolvere questo tipo di richieste è creare delle regole che vengano dettate dal Parlamento sottoforma di ordinamento regionale o federale che sia. Certo, ci sono vie di protesta che si possono intraprendere quando le idee di una certa parte della popolazione si scontrano con quelle del Governo, ma il buon senso dovrebbe obbligare la gente, tutti, a tenere sempre presente come riferimento comune la propria Costituzione”. Che differenza vede tra il processo federalista che sta prendendo piede in Italia e quello più maturo che vige in Spagna? “Credo che l'elemento basico del progresso e dello sviluppo in Spagna sia stato ‘el Estado de las Autonomìas’. All'interno di quest’ordinamento, la componente più importante è la solidarietà territoriale. Voglio dire che le differenze che c'erano trent’anni fa, tra regioni ricche e regioni povere, oggi si sono di 20

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molto assottigliate. Questo vuol dire che il sistema spagnolo ha favorito il sentimento di unità, quello di appartenenza e, in fondo, ha favorito la giustizia. Le regioni più sviluppate, come i Paesi Baschi o la Catalogna, hanno contribuito di più, rispetto alle più povere, con un regime fiscale adeguato alle loro possibilità di territori industrializzati.Tuttavia, l'idea che sta portando avanti la Lega Nord, mi sembra ben lontana dal sistema spagnolo: la Lega propone un'autogestione fiscale e vuole castigare gli amministratori che non corrispondono alle sue aspettative e non stanno ai suoi giochi. Credo che lo Stato debba porre dei rimedi a questo atteggiamento, perché potrebbe tradursi nel passaggio ad un'economia truccata, ad un dare di più a coloro che più hanno, solo in virtù del fatto che sono già ricchi. La cosa più importante in questo momento è scommettere sul Sud ed evitare che le mafie abbiano il controllo su grandi settori dell'economia. Questa mi sembra la giusta chiave per lo sviluppo di tutti territori e del Paese, molto più del federalismo fiscale che vuole la Lega Nord”.

LA COSA PIÙ IMPORTANTE È SCOMMETTERE SUL SUD ED EVITARE CHE LE MAFIE ABBIANO IL CONTROLLO SU GRANDI SETTORI DELL'ECONOMIA. QUESTA MI SEMBRA LA GIUSTA CHIAVE PER LO SVILUPPO







//L’intervista // Antonio Caprarica

pIccOlO nOn è bellO CORRISPONDENTE RAI DA LONDRA E SALENTINO D’ORIGINE. ANTONIO CAPRARICA LIQUIDA LA REGIONE SALENTO E GUARDA ALL’UNITÀ D’ITALIA. NEL SUO NUOVO LIBRO

Giubbe rosse. C’era una volta l’Unità d’Italia

Antonio Caprarica

“Il Salento è una parte essenziale della Puglia. Dividerci sarebbe sbagliato, ma purtroppo mentre il mondo si ingrandisce noi italiani, tutti, dalle Alpi alla Sicilia, vorremmo rimpicciolirci”. Antonio Caprarica, corrispondente Rai da Londra e salentino d’origine, liquida così la “Regione Salento”: una boutade come tante, scaturite da quel separatismo diffuso e autolesionista

di ANDREA GABELLONE

che “per secoli ha costretto l’Italia, prima del 1861, alla sudditanza straniera e all’irrilevanza internazionale”. Lo spiega presentandoci il suo nuovo lavoro editoriale, in libreria dal 5 ottobre: “C’era una volta in Italia - In viaggio fra patrioti briganti e principesse nei giorni dell’Unità”, edito da Sperling and Kupfer. Un viaggio nei giorni dell’Unità d’Italia raccontato dal punto di vista della gente comune, di coloro che stavano diventando “italiani” senza capirlo e, qualche volta, senza nemmeno volerlo. Con un occhio di riguardo per la famiglia, per le origini, per la Puglia che – ribadisce lui - deve restare unita. Ma Perché? Quel che vedo è che il mondo si ingrandisce e noi, invece, vogliamo rimpiccolirci. Purtroppo è questa la tendenza che insidia l’animo degli italiani, sempre ansiosi di trovare una patria più piccola. Il Salento è una parte essenziale della Puglia. Temo che ridimensionarsi sia sbagliato. il tacco d’Italia

C’è chi, fra Lega e PdL, vorrebbe separare la Romagna dall’Emilia. Non a caso, i primi commenti entusiasti dell’idea di separare il Salento dalla Puglia sono arrivati proprio dalla Lega. Quanto c’è di vero nel dire che “da soli si va più veloci”? “Questa è la tragedia innescata dalla Lega: il risveglio dello spirito municipale, con l’Italia che “non è donna di nazioni ma bordello”, come diceva il Poeta (ndr: Dante Alighieri). Siamo, ahimé, bene avviati su questa strada. Basti solo pensare a questa nuova provincia, la BAT, che conta dieci Comuni, tre dei quali sono capoluoghi. Avanti così e faremo una bandiera nazionale per ogni Comune italiano. Lei è salentino e conosce bene la Puglia. Ci sono, a suo avviso, motivi di carattere identitario e culturale che possano spingere a pensare ad una nuova Regione? 13

Ottobre 2010

“In realtà i motivi identitari e culturali ci sono tutti, ma è proprio questo il bello dell’Italia e della Puglia. È la forza del Paese, purché il Paese capisca che le differenze vanno valorizzate nell’unità e non disperse nel localismo. Un’Italia divisa, come lo era 150 anni fa e come qualcuno la vorrebbe anche oggi, sarebbe la disfatta. In Francia dicono “les

LA REGIONE SALENTO? UNA BOUTADE COME TANTE. BASTI PENSARE ALLA NUOVA PROVINCIA, LA BAT, CHE CONTA DIECI COMUNI, TRE DEI QUALI SONO CAPOLUOGHI. AVANTI COSÌ E FAREMO UNA BANDIERA NAZIONALE PER OGNI COMUNE ITALIANO


“C’ERA UNA VOLTA IN ITALIA” “In viaggio fra patrioti briganti e principesse nei giorni dell’unità”, edito da Sperling and Kupfern È dedicato ai giorni in cui si compì l’Unità. E li racconta rileggere dal punto di vista della gente comune e degli italiani semplici, che stavano diventando italiani senza capirlo e, qualche volta, senza volerlo. “Guardare la storia da questo punto di vista – spiega al Tacco l’autore - ci aiuta a capire meglio le ragioni del nostro presente, e a riflettere sul sottosviluppo meridionale, sulla politica centrata sulle rivendicazioni nordiste del fare da soli e sulle rivendicazioni del sud che accusa una colonizzazione tardiva e addebita al Nord il suo sottosviluppo. Senza dimenticare che nel 1861, quando l’Italia è stata unificata, il Paese era il più povero d’Europa, a Nord come a Sud”. “Pensiamo solo alla differenza che esisteva con l’Inghilterra, con l’Olanda, con il Belgio, differenza che era enormemente più ampia di quello fra nord e sud Italia. In Italia c’erano 2000 chilometri di ferrovie, mentre in Inghilterra ce n’erano 13mila. In Italia si producevano poche decine di tonnellate di ghisa; in Inghilterra 18milioni di tonnellate”. Insomma per Caprarica, da soli si va più veloci, ma insieme si fa più strada. Pouilles” proprio perché la Puglia, come l’Emilia Romagna, è una regione composita, nella quale ci sono identità diverse, cucine diverse, storie diverse. Ma vogliamo pensare all’inimicizia che ha diviso Firenze e Siena, Livorno e Pisa, Venezia e Milano o Torino e Milano? Ci sono enormi differenze fra gli angoli dello Stivale, differenze culturali, ideali, enogastronomiche. Dovremmo saper approfittare della molteplicità delle identità per presentarci sulla scena mondiale con una carta in più. Invece, probabilmente, una delle conseguenze impreviste dell’esplosione leghista al Nord è che ora, sempre più, pensiamo che il futuro del Paese sia nelle piccole patrie, quelle stesse che per secoli hanno costretto la Penisola alla sudditanza degli altri Paesi, condannandola all’irrilevanza a livello mondiale”.

C’è, secondo lei, il pericolo che un movimento con queste caratteristiche possa inasprire ed estremizzare il confronto già acceso tra coloro che hanno sempre visto Bari come una rivale? “È chiaro che queste “spinte centrifughe” sono destinate ad inasprire il confronto. Come hanno amaramente e drammaticamente scoperto gli jugoslavi, non c’è peggior nemico del vicino della porta accanto. Se vogliamo trasformare la fratellanza in ripicche, risarcimenti e reclami, la strada è sgombra. La Regione Puglia nasce già con un’identità comune, sin dai primi vagiti dello Stato nazionale, e ancor prima, a dispetto delle differenze, era unita. Nonostante tutto, c’è sempre qualcuno che tende a “rompere”.

Non è casuale – se pensiamo a questi impulsi separatisti - che sia nata la Bat: persino i baresi del Nord si sentivano discriminati e sottovalutati dai baresi del Sud. Avanti di questo passo, possiamo addirittura immaginare che ci sarà chi vorrà una Regione del Capo di Leuca”. Eppure c‘è chi sostiene che tanti problemi potrebbero essere risolti più facilmente. Pensiamo allo sviluppo delle energie alternative, che in Salento sta provocando la svendita degli oliveti e dei vigneti per consentire a comuni e province di fare cassa rapidamente. La Regione Salento potrebbe essere più vicina al territorio? “Assolutamente no, perché questo è un problema nazionale, non salentino. Un problema che riguarda tutti.

E tocca agli organismi regionali, in un’ottica più ampia, non provinciale, impedire che lo straordinario panorama di oliveti e vitigni lasci il posto all’orribile panorama degli specchi riflettenti. Nessuno più di me è convinto della necessità di investire nelle energie alternative. Tuttavia bisogna farlo proiettati al bene dei nostri figli e nipoti, non in un’ottica di breve termine che premia ciò che è “più conveniente oggi”: quest’idea è malsana e sbagliata. La soluzione di questo, come di altre questioni che riguardano il nostro futuro, tocca a governi capaci di governare nell’interesse della collettività e non a quelli contingenti, legati quasi esclusivamente a interessi elettorali”.


//A parer mio

lA RegIOne

Salento

SECONDO me “RITIENE CHE L’ISTITUZIONE DELLA REGIONE SALENTO SIA UTILE? RITIENE SIA REALIZZABILE? PERCHÉ?” È abbastanza nota la mia battuta sull'argomento: “Parlare di Regione Salento è come andare contromano sull'autostrada". Ma, battute a parte, mi pare improponibile intanto per banali motivi di duplicazione di burocrazie e di spese che invece vanno ridotte. Poi mi chiedo a cosa serva la frammentazione amministrativa in tempi in cui gli apparati pubblici vanno resi più snelli e più efficienti. Se la proposta di costituire una nuova regione nasce da un problema legato alla quantità delle risorse che la Regione Puglia destina al Salento, la rivendicazione politica mi pare sacrosanta, ma non sufficiente a giustificare una simile scelta. Capirei invece se, soprattutto in ottemperanza della riforma federale dello Stato, ci si muovesse con la volontà di costruire le condizioni per l'affermazione di classi dirigenti responsabili nei confronti dei cittadini e dello Stato centrale, in grado di compiere scelte incisive e trasparenti, proprio come l’azione che stiamo cercando di portare avanti come Governo. Le risorse infatti devono arrivare là dove si è in grado di porre in atto Raffaele Fitto, una politica forte e incisiva e dove la qualità e l'efficienza della spesa producono efficacia nell'azione ammiMinistro per i rapporti con le regioni nistrativa. Lo spirito della riforma federale è tutto qui. Non nella moltiplicazione delle regioni.

e la coesione territoriale, Maglie

Teresa Bellanova, deputata PD, Ceglie Messapica Stiamo parlando di un’ipotesi praticamente irrealizzabile. Immaginiamo, infatti, che maturino i requisiti per lo svolgimento della consultazione referendaria, questa raggiunga il quorum necessario per la sua validità e che si affermino i favorevoli alla nuova Regione. A questo punto, questa proposta dovrebbe incassare prima il parere consultivo favorevole del Consiglio regionale della Puglia, dopodiché dovrebbero essere i due terzi della Camera ed i due terzi del Senato a ratificare questa volontà. In mancanza di questa maggioranza le sorti della Regione Salento sarebbero affidate ad un referendum nazionale. Tutti noi, invece, abbiamo quotidianamente sotto gli occhi le tante emergenze della nostra terra, prima fra tutte quella occupazionale. Sarebbe il caso, a mio avviso, di concentrare tutte queste attenzioni sulla ricerca di vie di uscita da queste emergenze.

Adriana Poli Bortone, senatrice, presidente “Io Sud”, Lecce Certamente il territorio delle tre province di Lecce, Brindisi e Taranto presenta caratteristiche comuni ed è molto più omogeneo rispetto alle altre zone della Puglia. Credo che non si possa negare ai salentini la possibilità di scegliere attraverso una forma di democrazia partecipata. La possibilità di istituire la Regione Salento dipenderà dall’ esito del referendum. Sono convinta che nell’Italia federale che si va delineando il dibattito sulla Regione Salento sia molto attuale. Proprio l’art. 119 della Cost. si muove nella direzione di un decentramento funzionale a favore degli enti locali. Tale articolo troverà migliore attuazione se pensato in funzione di enti di minori dimensioni rispetto alle regioni. Contestualmente credo che si debba seguire la strada della razionalizzazione delle opere attraverso l’abolizione delle province, così come prevedeva il programma del 2008 del Pdl.


Raffaele Coppola,

Giuseppe Caforio, senatore, Latiano A mio giudizio sarebbe auspicabile per il territorio salentino la creazione di una entità istituzionale capace di portare avanti una politica di sviluppo indipendente da Bari. Il Bari-centrismo sta, infatti, portando all'eclissamento delle nostre tre province: Taranto, Brindisi e Lecce. Il caso di Taranto è veramente preoccupante. Il suo territorio è divenuto il polo industriale più inquinato d’Europa, tanto da essere ormai definito "la pattumiera d'Italia". Le oltre settantacinque discariche che infestano la nostra bellissima provincia, l'hanno resa teatro di un inquinamento fuori controllo. Per quanto concerne Brindisi, i terreni fertili, dove un tempo l'agricoltura era fiorente, sono ormai un ricordo. Distese di specchi al silicio hanno tradito la vocazione agricola di questo territorio. Da tempo Brindisi e la sua provincia non sono altro, infatti, che il polo energetico della Puglia, destinato a soddisfare anche buona parte del fabbisogno energetico nazionale, a scapito della comunità residente che, dallo sfruttamento massiccio del carbone, vede mettere a rischio la propria salute. Infine Lecce e provincia. Da Bari non arrivano politiche di sviluppo adeguate ad un territorio che, grazie al suo splendido mare e ai bellissimi centri storici come Lecce e altri, vive di turismo. Di fronte a questa realtà ritengo sia indispensabile attuare una migliore gestione delle risorse, cosa che la Regione Salento, a mio giudizio, sarebbe in grado di fare. L’istituzione di un nuovo ente regionale non comporterebbe nessun costo ulteriore. Contestualmente alla creazione della Regione Salento dovrebbero, infatti, essere abolite le tre province e ridimensionato anche l'organico della Regione Puglia.

sindaco di Melpignano In un momento in cui si discute tanto di accorpare piccoli comuni, eliminare province, di costituire macro-Regioni, nel Salento a qualcuno gli è venuta la “nostalgia” di imitare la Lega sul progetto di secessione. E siamo passati dallo slogan “Roma Ladrona” di Bossi a quello “Bari Ladrona” del Movimento per la Regione Salento, alimentando così sentimenti antipolitici e populisti. Si parla molto e si accusa la Regione Puglia di una gestione “Bari-centrica” delle risorse economiche. A questo rispondo che illustri personaggi politici salentini (leccesi) hanno ricoperto ruoli importanti negli ultimi venti anni: Salvatore Fitto, Raffaele Fitto, Quarta, Frisullo, Capone, Stefano, Palese per citarne alcuni. La Regione Puglia sarà forte se avrà una classe dirigente forte e virtuosa.

Alberto Leoci,

Sono favorevole all’istituzione della Regione Salento, per una serie di motivi. Innanzitutto segnalo la differenza culturale che ha segnato i territori salentino e nordpugliese, i modi di vivere e di relazionarsi, che con il trascorrere dei secoli si è sostanziato in due mondi distanti. Si pensi, per fare un esempio, al carattere prettamente mercantile dei baresi e lo si raffronti con quello più riservato dei salentini, oppure alle linee strategiche dell’economia dei due territori, il nord più industriale il sud, ad eccezione di grandi impianti, più agricolo e più turistico. Certo, un progetto così ambizioso comporta una profonda analisi di fattibilità che, necessariamente, deve rispondere a molti quesiti. Il primo dei quali è: quanto costerebbe alle comunità salentine il distacco dal resto della Puglia? Saremmo in grado di autosostenerci avendo, ad oggi, un pil territoriale più basso della media regionale? È una sfida che, comunque, vale la pena di prendere in considerazione.

sindaco di Taviano Lo spirito che anima i promotori della Regione Salento merita considerazione e rispetto, ma è sbagliato lo strumento operativo scelto, che frantuma ed indebolisce invece di rafforzare ed unire. La creazione di una nuova regione appare priva di apprezzabili giustificazioni a fronte di una costituzione che afferma l’indivisibilità della Repubblica. Ritengo che gli obiettivi fissati al punto 4 dello statuto andrebbero intrapresi attraverso le varie forme di aggregazione previste dal T.U. degli Enti Locali D.lgs. 267/2000 e successive modifiche ed integrazioni. Inoltre, indire un referendum comporterebbe in primis l’imminente ed esoso impegno di risorse umane ed economiche, con sprechi inutili, considerato che, qualora l’esito del referendum fosse positivo, toccherebbe comunque al Parlamento decidere con legge costituzionale. Infine, con la creazione di una nuova regione si andrebbero ad incrementare notevolmente i costi di gestione della politica.

Forse sono stato il principale sostenitore, l'artefice della formula Salento Major: un Salento culturale prima ancora che geografico, comprendente le Province di Brindisi (Filia solis, Terra di Brindisi), Lecce (Salento d'amare) e Taranto (Terra jonica unica). Ma l'orientamento verso uno sviluppo integrato dell'area jonico-salentina, nel rispetto delle singole specificità, è cosa ben diversa dal progetto di una Regione Salento: quest'ultimo non è fattibile perché si scontra con il principio di fondo del Grande Salento, se è vero che lo stesso si considera e va concepito quale parte integrante del “Sistema Puglia”, con cui si confronta e interagisce, conservando i suoi caratteri peculiari. Una delle principali applicazioni del “Sistema Salento” potrebbe individuarsi nel cammino comune dei centri del nostro Barocco (Lecce, Gallipoli, Nardò, Galatina, Galatone, Francavilla Fontana, Martina Franca, Ostuni) lungo la strada del riconoscimento UNESCO nei termini risultanti dalla Tentative List (whc.unesco.org/en/tentativelists/1149/).

dottore commercialista, Brindisi

Ivan Stomeo,

Salvatore D’Argento,

ordinario di diritto ecclesiastico università di Bari

Ada Fiore, sindaca di Corigliano d’Otranto Ritengo che l’intero dibattito sulla Regione Salento sia basato su presupposti sbagliati: una battaglia identitaria non può fondarsi sulla rabbia o sul desiderio di rivalsa verso chissà quali soprusi subiti dal Salento nel corso dei secoli, da cui dissociarsi in nome della diversità dalla Terra di Bari. A tutti noi è capitato di scoraggiarci di fronte ai limiti del nostro territorio: la mancanza di infrastrutture, l’isolamento economico, la devianza sociale, il miraggio occupazionale. Una volta rilevati i problemi da affrontare, però, la soluzione, non può essere quella di costruirsi un bel recinto, un’isola felice nella quale piantare la "bandiera dell’indipendenza”, attendere chissà quali risorse, autogestirsi con nuove e pesanti strutture burocratiche. Il Salento deve e può trovare la sua spinta al progresso se cambia il modo di affrontare gli ostacoli di ordine infrastrutturale o economico che si frappongono al pieno sviluppo delle sue risorse.

Antonio Gabellone, presidente della provincia di Lecce, Tuglie L’unica cosa certa in questo dibattito è che non possiamo sottrarre a tante migliaia di persone lo strumento referendario. Questa formula è il sale della democrazia, l’espressione popolare diretta, per cui se dovesse risultare maggioritaria questa volontà è normale che le istituzioni dovranno poi recepirne l’indirizzo. Se è vero, però, che è giusto che ad esprimersi siano direttamente i salentini è anche vero che siamo in tempo di razionalizzazione delle risorse, di tagli alle spese, di eliminazione e accorpamento di incarichi e poltrone, ma anche di fuoriuscita dalle logiche dei semplici localismi. Queste sono alcune delle mie perplessità, posto che,ripeto, è giusto, in assoluto, che sulla questione si pronunci il territorio.

Domenico Mennitti, sindaco di Brindisi E’ un’ipotesi vecchia e superata dagli eventi. La regione Salento è stata dibattuta e archiviata, grazie anche alla lungimiranza di Aldo Moro, negli anni Settanta. Rispetto ad allora, la situazione è cambiata: l’area adriatica ha dinamismo maggiore di quella tirrenica le strategie vanno riviste in rapporto alla prospettive di sviluppo offerte dal mar Mediterraneo. Questo asse di grande movimento delle merci, che potrebbe raddoppiare nel prossimo decennio, è l’unico vantaggio offerto al Sud dall’Europa a 27. Per sfruttarlo non servono piccoli sistemi come una regione salentina.


//Déjà vu // La Regione Salento di Filograna

“cOnTRO QUeSTA pOlITIcA” IL SENATORE EUGENIO FILOGRANA (FI), DIECI ANNI FA LANCIAVA SULLE PAGINE DEL “CORSIVO” DI ADOLFO MAFFEI L’IDEA DELLA REGIONE SALENTO. POI NAUFRAGATA INSIEME AD ALCUNI SUOI AFFARI di ADOLFO MAFFEI

Era il 28 maggio 2000. Il settimanale “Il corsivo” uscì con la consueta intervista “In poltrona” a firma del direttore Adolfo Maffei, che incontrò il senatore Eugenio Filograna, rampante imprenditore di origini casaranesi naturalizzato milanese (in questa vicenda paiono importanti i geni, i blasoni e il dna, quindi è bene precisare). Il senatore proponeva un’idea rivoluzionaria: riprendere l’idea di Codacci Pisanelli, sfilata da Moro all’epoca della Costituente, ossia quella di costituire la Regione Salento. Rileggendola, è tutto un déjà vu: la reazione alla malapolitica, la volontà di combattere gli sprechi, l’esigenza di pianificare meglio gli investimenti in infrastrutture (strade, porti, aeroporti). C’è anche la proposta di una nuova provincia, la “Terra del Capo”, da decidere

Q Q

(...) uarantaquattro anni (nel 2000, ndr), figlio di 12 Alessandro e moglie piemontese, la famiglia vive a Verbania in Piemonte, laurea alla Bocconi, grande studio di consulenza a Milano, un’industria nel settore dell’acciaio, Eugenio Filograna veste i panni di un vincente degli anni Duemila: perché ha una formidabile formazione professionale, perché è molto ricco, perché ha comprato Postal Market per rilanciarlo (sta preparando un megaportale Internet con 200 marchi) e perché è dentro alla politica quel che basta per piegarla ai suoi progetti e non farsene piegare. Il paragone con Berlusconi, sia pure in scala, non lo esalta per niente. “Lui è molto scenografico, appariscente, io sono un uomo

con dei mezzi e delle idee, cui però non piace apparire”. Giusto, un punto per lui, ma la scommessa della Regione Salento la vincerà o la perderà, a mio avviso, a tre condizioni: se saprà riempirla di contenuti condivisibili ed estremamente innovativi, se saprà circondarsi di persone di accertabile rango morale ed intellettuale, se saprà comunicare l’idea in modo sobrio e originale, non pacchiano e ridondante come in certe recenti campagne elettorali. Insomma, questo bambino nascerà se sarà fortemente voluto, presupposto di una presa di coscienza collettiva, allo stato ancora tutta da costruire. (...) Un po’ di autobiografia essenziale non guasterebbe, senatore, a benefi-

se farla coincidere con Casarano, Maglie, Tricase o tutte insieme. Al cospetto l’iniziativa di Paolo Pagliaro è un frullato di luoghi comuni con una sfarinata di rivendicazioni etno-antropologiche che raccolgono a mani basse elementi identitari che vanno dai messapi ai blasoni degli Orsini del Balso e dei D’enghien. Il senatore Eugenio Filograna, già presidente del Casarano calcio, tra i primi ad aderire a Forza Italia, poi passato all’Udr di Cossiga per approdare da indipendente al gruppo misto, uscì dalla scena pubblica per una serie di grane giudiziarie, tra cui il fallimento della Postal Market e qualche periodo passato in carcere. Ci è sembrato interessante riproporre i passi più significativi, perché, forse, nella celebre “domanda che non ho fatto” con cui il direttore Maffei chiudeva le sue interviste “In poltrona”, forse c’è la chiave di questo grande sforzo mediatico di Pagliaro. cio di chi non la conosce bene. “Bene. Allora, Filograna Eugenio, nato il 7/11/1955 da famiglia di casaranesi ma a Minervino di Lecce dove risiedeva la famiglia di mia madre; mi ha fatto nascere una levatrice, come si usava a quel tempo, assistita da mia nonna; dopo due settimane tutti tornammo a Casarano. A Casarano ho vissuto fino a 12 anni, poi mio padre si trasferì a Lecce per lavoro dove sono rimasto fino ai 22 anni. Gli altri 22 li ho trascorsi a Milano dove mi sono laureato Economia e Commercio (...) C’è un momento particolare in cui le scatta in testa la Regione Salento?

“È un processo mediato che parte da alcune premesse di fatto. Nel momento in cui si è entrati in Europa, nel momento in cui la flessibilità del mercato del lavoro e della tassazione è stata recepita anche dal governo attuale, nel momento in cui il federalismo è ormai un valore condiviso, emergeva l’esigenza di dare il massimo contributo a quelle terre più bisognose. Centrodestra e centrosinistra sono solo parole. Sulla flessibilità globale dell’economia, come accennavo, nei due poli c’erano persone che la pensavano allo stesso identico modo. E, grazie a queste persone, noi abbiamo potuto confrontarci con l’Europa. Per il Salento io sto cercando di creare coesioni, indipendentemente dall’appartenenza politica,


dove il benessere generale sia il benessere di tutti. Credo che i presupposti ci siano”. Ma non è un’ obiettivo da poco fare del Salento una Regione? “Lo so bene. Ma non è impossibile”. Caro senatore Filograna, lei ha di fronte uno che non è convinto e che le sta facendo quest’intervista per capire e far capire. Provi a convincermi. “Beh, io ritengo che finora i politici, di qualunque livello istituzionale, abbiano fatto gli interessi dei partiti, non del territorio in cui erano stati eletti. In nome della famigerata opportunità politica molto spesso si consumano veri e propri delitti verso l’elettore. Bisogna uscire da questa logica, individuare gli interessi comuni di un territorio, di cui coloro i quali decidono di impegnarsi saranno gli esclusivi portatori. Non è complicato. Il nostro Salento è stato molto spesso tradito dai politici che lo rappresentano in Parlamento. Io non sono eletto qui e non dovrei parlare così, ma sono un salentino. Chiunque si è impegnato, magari con grande passione e in buona fede, non ha dato il minimo contributo al miglioramento dello status quo del Salento che rimane uno dei più poveri d’Italia, reali, ben al di là della facciata. La colpa è del sistema che impedisce ai singoli di imporsi con fermezza, è l’opportunità politica che lega le mani ai nostri uomini, di destra e di sinistra, e li costringe a dover cedere agli interessi di partito, alla cosiddetta contingenza politica che li porta a votare in Parlamento contro gli interessi dei propri elettori”. Questa l’impostazione ideale, anzi direi proprio ideologica, perché se passa lei avrà creato il primo, au-

tentico partito trasversale italiano dopo la Lega di Bossi. Veniamo ai contenuti, faccia qualche esempio pratico. “Non è serio che in questa sede parli di programma. Mi limiterò a qualche esempio che tutti potranno condividere. Le coste. Ne abbiamo due, stupende entrambe. Basterebbe che si realizzassero due o tre porti importanti da ricevere il turismo ricco. Uno yatch che arriva da noi non ha la possibilità di attraccare e trovare facilmente acqua e luce. Come si fa a fare emergere e valorizzare le bellezze del nostro paesaggio, i tanti richiami della cultura, l’enogastronomia di cui siamo generosi produttori, se non incoraggiamo chi vuol venire nel Salento a venirci senza il patema d’animo di rovinarsi la vacanza? La campagna. Abbiamo prodotti che a livello internazionale sono poco conosciuti, ad esclusione di poche aziende coraggiose, che hanno sopportato sforzi molto superiori a qualunque altra regione italiana. Nessuno dei nostri politici ha fatto qualcosa per far conoscere al mondo i prodotti della nostra terra, così che continuano ad aver successo i vari Chianti, Brunello di Montalcino o Bordeaux, regolarmente tagliati con l’ottimo vino salentino. Non parlo dell’industria manifatturiera, dell’artigianato di qualità, del terziario avanzato che meriterebbero forti approfondimenti”. Come garantisce gli scettici che il nuovo ceto politico non sarà uguale al vecchio, a quello che ha “tradito”, per intenderci. Come sta avvenendo la selezione intorno al suo progetto di Regione Salento? “Personalmente ritengo che debbano essere i risultati a parlare più che le

persone ad enunciare. Il mio progetto non ha ancora grandi risultati e, anzi, mi spaventerei se ne avesse già prodotti. Siamo nella fase di raccolta dell’interesse attorno al progetto. Non abbiamo alcuna fretta. Mi auguro che i politici con i quali ho a che fare abbiano almeno un terzo della correttezza che io ho nei loro confronti: ma non mi faccio illusioni perché una delle delusioni è che i cosiddetti grandi della politica si sono dimostrati piccolissimi nel rispetto dell’etica politica. Ho tenuto la sordina all’idea della Regione Salento per tutta la recente campagna elettorale, nonostante alcune manifestazioni di interesse. Ma una cosa che dobbiamo profondamente modificare è la mancanza di rispetto verso gli altri, siamo un po’ troppo disonesti: è meglio fare un passo indietro, passare pure per ingenui e meno bravi, ma rispettare gli altri, soprattutto i più deboli. (...) Ne ha appena accennato, senatore, ma io voglio insistere sull’aspetto etico del progetto. Lei, per parafrasare Ennio Flaiano, sta costruendo un carro su cui molti si stanno affannando a salire. In un editoriale di un paio di mesi fa mi sono permesso di pronosticare che il dibattito politico postelettorale sarebbe stato catturato dal progetto della Regione Salento: sia che riesca, sia che fallisca non se ne potrà non parlare. Come farà ad impedire che sul suo carro salgano anche i nani e le ballerine? “Ci ho pensato, per questo bisogna fare in modo che una classe dei promotori e dei pionieri di questa iniziativa siano persone assolutamente attente alla selezione. Noi non dovremo comunque porci il problema di quanti saliranno subito sul carro, ma

della loro qualità. A costo di rallentare il sistema, staremo molto attenti. Non faccio nomi, ma persone autorevoli del mondo universitario, politico, delle professioni, in modo molto trasversale, si sono avvicinate con sobrietà con il desiderio di capire, e se si sono dichiarate d’accordo l’hanno fatto dopo un certo tempo, dopo aver ben ponderato. Vede, avrei potuto fare un gran cancan in campagna elettorale, ma non l’ho fatto per dare un esempio di comportamento anche agli altri”. (...) Si vagheggia di una seconda provincia salentina? “Nei fatti esiste già, anche se a livello istituzionale non è ancora riconosciuta. La chiamerei la Terra del Capo. Che sia Casarano, Gallipoli, Maglie o qualcun’altra città di quella zona poco importa. Lecce è molto grande di per sé. Sarebbe un gesto di grande riconoscenza verso popolazioni laboriose e geniali a volte che stanno facendo moltissimo per il Salento. Io mi sento molto vicino a quella gente perché sono nato lì e perché so che si sentono abbandonati”. Quale domanda non le ho fatto, Eugenio Filograna? “Se mi ricandiderò alle prossime elezioni. In questo momento non ho interessi politici. Ho raggiunto tutti gli obiettivi del mio mandato, compresa la soddisfazione di ascoltare le mie parole in bocca la presidente del Consiglio. Ho acquisito molta sicurezza da quell’esperienza. Quindi le dò una risposta secca: per un progetto come la Regione Salento, sì, mi ricandiderei al Parlamento”.


//La foto del mese

MORTe dI STATO È morto a 23 anni, Marco Pedone di Patù, saltato in aria a migliaia di kilometri da casa, in Afghanistan. Insieme ad altri tre militari italiani. “Godetevi lo spettacolo, signor ministro”: ha urlato contro Ignazio Larussa uno dei parenti delle vittime dell’attentato dinamitardo. La macchina delle celebrazioni di Stato è partita, picchetti d’onore, feretri avvolti nel tricolore, camera ardente nel municipio, lutto cittadino. Tutto secondo il protocollo. Manca solo una parola, l’unica necessaria, che nessuno dei nostri rappresentanti politici ha proferito, davanti al feretro dei quattro militari: “No”. No alla guerra. E poi ritirare le truppe italiane dall’Afghanistan.


//30 giorni in una pagina

a cura di FRANCESCA QUARTA

ACCADDE UN ANNO FA

ISKenIA. QUAndO peR lA pOlI fU cHIeSTO Il RInVIO A gIUdIZIO 30 Ottobre 2009 Tentato abuso d'ufficio e rivelazione di segreto d'ufficio furono le accuse mosse all’ex sindaco di Lecce. L'udienza preliminare del 2 dicembre avrebbe stabilito se rinviare a giudizio o prosciogliere la Poli, il marito Giorgio Bortone (per truffa aggravata e abuso di prestazione d'opera), il consuocero Giuseppe Montefrancesco, socio di Iskenia e Pasquale Corcelli, amministratore. Il processo fu chiesto per il presunto tentativo di Iskenia di costruire una struttura alberghiera su 285mila metri quadrati di terreno agricolo tra via Vecchia Frigole, via Torre Veneri e la tangenziale Est, a Lecce. Era necessario stabilire eventuali irregolarità nell'acquisto dei terreni per quasi 1 milione e 200mila euro che, per effetto di scelte dell'amministrazione Poli, assunsero valore di oltre sei milioni euro. Il tutto a vantaggio di Montefrancesco, di altri parenti e del marito che ne curò la vendita per 35mila euro. Proprio per questo, secondo l'accusa, Poli si sarebbe dovuta fare da parte durante la votazione di delibere sulla trasforma-

Terreno Iskenia

zione in suoli edificabili dei terreni agricoli. Per la rivelazione di segreto d'ufficio, l'ex sindaco avrebbe informato il marito e Iskenia delle bozze del Documento programmatico preliminare sulla variante dei terreni di interesse delle società. Adriana Poli Bortone http://www.iltaccoditalia.info/sito/index-a.asp?id=8599

COME E’ ANDATA A FINIRE A lecce cHIUde lA MAnIfATTURA TAbAccHI. OpeRAI SenZA lAVORO Il marchio della BAT

IPSE DIXIT //RAGION DI STATO “Sono sempre stato disposto a fare i patti col diavolo per difendere la mia comunità quindi perfino con Fitto potrei collaborare”. Nichi Vendola – Presidente Regione Puglia //LA LISTA DELLA SPESA “Esistevano dei singolari meccanismi di acquisto delle forniture di protesi e altre attrezzature ospedaliere. C’era un rapporto diretto tra il primario e i fornitori. I direttori delle unità operative complesse facevano dunque le loro richieste con il visto del direttore del presidio. Non c’era un controllo vero e proprio in periferia ”. Lea Cosentino - Ex direttore generale della Asl di Bari //L’ORCO “Era per me una terza figlia e mi manca. Tutti sospettavano di me, ma non c’entro”. Michele Misseri - Zio e assassino di Sarah Scazzi //UN SINDACO NON “POLTRONE” “Vado avanti, non mollo”. Antonio Vaglio – Ex Sindaco di Nardò //PROFEZIE “Prendiamo atto che Perrone ha ribadito la sua candidatura e gli auguriamo di riuscire ad ottenerla dal suo partito, perchè riteniamo il suo operato fallimentare e pensiamo che così debba essere comunque valutato dagli elettori”. Antonio Rotundo - Capo dell’opposizione del Comune di Lecce //DIPLOMAZIE PAPALI “Don Stefano ha chiesto un periodo di riposo all’amministratore diocesano Don Gerardo Antonazzo”. Luigi Russo - Portavoce curia di Ugento

18 settembre 2010 Nonostante la mobilitazione a tutti i livelli (sindacati, lavoratori, politici, istituzioni e autorità religiose), nello stabilimento leccese della British American Tobacco, cessa la produzione di sigarette. Lo stabilimento chiude e la produzione si trasferisce altrove, probabil-

mente in Romania. L'azienda, fanno sapere gli amministratori, si sta adoperando per individuare soluzioni di riconversione del sito che rappresentino alternative sostenibili e che garantiscano il mantenimento dell’occupazione. La chiusura nasce dalla necessità di incrementare i profitti. Da uno studio effettuato dalla stessa Bat infatti risulta come, nonostante l’azienda sia in attivo, siano diminuiti i margini di guadagno. http://www.iltaccoditalia.info/sito/indexa.asp?id=12042

OMIcIdIO pAdOVAnO. TUTTI RInVIATI A gIUdIZIO

29 settembre 2010 Si aprirà il 20 gennaio 2011 il processo per l'omicidio del boss della Scu Salvatore Padovano avvenuto 2 anni fa. Otto gli imputati: Rosario Pompeo Padovano, il fratello, Giuseppe e Marco Barba, Lu-

Palazzo di Giustizia

ciano Bianco, Cosimo Cavalera, Fabio Della Ducata, Carmelo Mendolia, collaboratore di giustizia, Giorgio Pianoforte e Massimiliano Scialpi. Per l’accusa si tratta di un delitto di mafia nato nell'ambito della gestione del traffico di droga. Per la versione di Rosario Padovano, reo confesso dell'omicidio, si è trattato di una vicenda familiare, in cui lui è stato il mandante e Mendolia l'esecutore. http://www.iltaccoditalia.info/sito/indexa.asp?id=12440

OpeRAZIOne cAlIpSO. ScAccO AllA SAcRA cOROnA UnITA

30 settembre 2010 Decapitato il vertice dell'organizzazione. Al centro delle indagini i clan operanti a Mesagne e nel brindisino. Il Ros e i carabinieri del Comando di Brindisi hanno eseguito ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse dal Gip del Tribunale di Lecce, su richiesta della locale Procura della Repubblica - Distrettuale Antimafia - nei confronti di 11 indagati per associazione mafiosa e a

delinquere finalizzata al traffico e allo spaccio di droga ed estorsione, con metodo mafioso. L’indagine parte nel 2007 sul clan Vitale di Mesagne, facente capo al detenuto Antonio Vitale, esponente della Scu brindisina e diretta emanazione del capo storico Pino Rogoli. Il sodalizio si stava riorganizzando, sotto la guida dei pregiudicati Daniele Vicientino ed Ercole Penna che avevano esteso la loro influenza a Ostuni, Oria e Ceglie Messapica, imponendo regole di divisione territoriale con referenti in ogni località e delimitazione del raggio d'azione dei gruppi affiliati ai rispettivi territori.

http://www.iltaccoditalia.info/sito/index-a.asp?id=12431


Orizzontali 1. È calamitato nella bussola; 4. Divinità infernale greca; 8. L’amò Amleto; 14. Il milligrammo; 17. Raganelle arboricole; 19. Lo esplorò Bottego; 20. Palazzo nobiliare di Ruffano del 1626; 22. Aumenta... ogni anno; 24. Di sapore aspro e pungente; 26. Capace, esperto; 27. Mangiare... esotico; 28. Teca per le schede elettorali; 30. Articolo romanesco; 31. Ringhiera... riconoscente; 32. Varese; 34. Sigla del Nicaragua; 36. Chiesa di Casaranello; 39. Segno che moltiplica; 40. Se ne può avere una... pallida; 41. Belve... che ridono; 42. Bagna Berna; 43. Si grida... saltando; 44. Delude il richiedente; 45. Al centro dei sipari; 47. Escursione fuori porta; 49. Breve relazione; 50. La prima consonante; 51. Festa estiva di Carmiano; 55. Piccolo armadio; 57. Nota... attiva; 58. Fra Parabita e Casarano; 59. Congiunzione telegrafica; 60. Doppio zero; 61. Pietrafitta di Pisignano; 62. Spinto... a Parigi. Verticali 2. Enrico, pittore di Alezio; 3. Iniziali del compianto Lionello; 5. Cinzia, cantante di Supersano che vinse Sanremo nel 1985; 6. Lo nasconde l’esca; 7. Vi si ammira la Mole Antonelliana (sigla); 8. Pregiati pesci di mare; 9. Contrada di Veglie con la Cripta della Favana; 10. Il ‘vino’ nei prefissi; 11. Iniziali del cantautore Carboni; 12. Afferma a Berlino (j=i); 13. Battuta vincente a tennis; 14. Leggendaria; 15. Andare... alla Casa Bianca; 16. Giove per i Greci; 18. Isola di Circe; 20. Mammifero brasiliano dei Maldentati; 21. Imbarcazione con le pagaie; 23. Masseria dell’area neretina; 25. Una frazione di Ugento; 26. In provincia di Cuneo; 29. Nera, oscura; 31. Una pietra ornamentale; 32. Giulio Cesare, filosofo martire di Taurisano; 33. Serve per togliere lo smalto alle unghie; 35. Una specchia di Lecce; 37. Monarca; 38. Stretti... da corde; 43. Uno è il baribal; 46. Associa marinai (sigla); 48. Fiume delle Marche; 50. Serpente... in mare; 51. Il terzo mese sul datario; 52. L’Onnipotente; 53. Centro... della Renania; 54. Cosa latina; 56. Il cantante Meneguzzi (iniz.); 57. Ferrara.

PROVERBIO DIALETTALE

Rispondi alle domande e riporta ogni letteranello schema seguendo la numerazione. Se la soluzione sarà esatta si avrà un noto detto in vernacolo.

(in collaborazione con la rivista “CruciSalento”)


//30 giorni in una pagina cRISI: 100 cAnTIeRI In pUglIA, 22 peR lecce

22 settembre 2010 “100 cantieri in 100 giorni” è l'iniziativa della Regione Puglia per ridare slancio all'economia e incrementare la spesa pubblica. È di 24 milioni 259 mila 972 euro, la somma destinata alla provincia di Lecce per il finanziamento di 22 opere

pubbliche da cantierizzare entro il 2010: 11 per il settore dei servizi per l'infanzia (quasi tutti asili), 4 per le infrastrutture e lo sviluppo locale (adeguamenti rete pluviale e ristrutturazione edilizia), 1 per la difesa del suolo (mitigazione del rischio idraulico) e 6 per le infrastrutture socio sanitarie (disabili e anziani). Nessun cantiere previsto in infrastrutture sanitarie. La sola provincia con finanziamenti in tutti i settori è Bari. Lecce, Brindisi, Taranto e la Bat ottengono la copertura in quattro e Foggia in tre. http://www.iltaccoditalia.info/sito/indexa.asp?id=12334

a cura di FRANCESCA QUARTA

ScORIe nUcleARI: c'è lA MAppA. MelendUgnO e UgenTO pRObAbIlI SITI

24 settembre 2010 La Sogin, società pubblica per il nucleare, controllata dal Tesoro per la gestione degli impianti, ha individuato 52 zone per stoccare scorie radioattive. Ogni area dovrà essere in grado di ospitare, oltre ai depositi per le scorie di

varia gradazione, anche un parco tecnologico per 1000 ricercatori. I siti sono sparsi su tutto il territorio nazionale. La lista, per ora, è segreta, ma c’è la mappa: Melendugno e Ugento probabilli siti. Il Salento diventa così luogo privilegiato per smaltire illegalmente (come è stato finora) o per stoccare (come il Governo vuole fare) rifiuti tossici e pericolosi. La realizzazione del deposito però non sarà un'imposizione. Avverrà in accordo con le Regioni: chi accetterà le scorie sul proprio territorio sarà ricompensato con incentivi economici. http://www.iltaccoditalia.info/sito/indexa.asp?id=12369

ScUOle: è AllARMe RAdOn In 13 cOMUnI SAlenTInI 21 settembre 2010 Ai tanti problemi che affliggono gli istituti scolastici, a partire dall’edilizia, si aggiunge anche il gas radon. Una recente rilevazione in 420 istituti della Provincia, finanziata dall’Amministrazione provinciale e gestita dall'Ispesl di Roma, dallo Spesal della Asl di Lecce, dal Dipartimento di Fisica dell'Università del Salento e dal Servizio Ambiente della Provincia di Lecce, ha dato risultati preoccupanti. Delle 37 scuole risultate contaminate

dal pericoloso gas, ben 9 sono di Casarano, che risulta di gran lunga il comune messo peggio su questo tema. Coinvolte quattro scuole a Lecce città, tre a San Donato, due a Campi Salentina, Carmiano, Parabita e Surbo. Una scuola a Castro, Copertino, Corigliano, Maglie, Martano, Matino. Massimo riserbo sui nomi degli istutiti monitorati. http://www.iltaccoditalia.info/sito/indexa.asp?id=12295

le AnTenne dI RAdIO pAdAnIA pUnTAnO dRITTO SUl SAlenTO 16 settembre 2010 Radio Padania Libera punta dritto al tacco d'Italia, con l'obiettivo di diffondere la propria voce leghista. Nel comune di Alessano è infatti giunta una richiesta di installazione per un ripetitore di radiofrequenze. Il sindaco, Luigi Nicolardi, ha fatto sapere che la richiesta sarà vagliata. Interviene in merito, la senatrice Poli Bortone, Presidente di Io Sud secondo la quale "è giusto che si conoscano le realtà di altre regioni d'Italia ed è per questo

che invito le emittenti radiofoniche locali a far richiesta per diffondere nel Nord Italia la cultura del nostro Mezzogiorno". Con questa proposta la senatrice incita le emittenti locali a riaccendere gli animi dei tanti meridionali che si trovano nel Nord Italia, per rinvigorire l'orgoglio della loro appartenenza. http://www.iltaccoditalia.info/sito/indexa.asp?id=12258

SegReTO dI STATO SU pUnTA pAlAScìA 23 settembre 2010 Il Tar di Lecce ha fissato per il 17 novembre l'udienza di discussione del ricorso promosso dal Comitato “Giù le mani da Punta Palascìa”, da "Giuristi democratici" e da Piero Scaffidi contro la costruzione di due torri militari sull'area, a Otranto. “L'udienza verrà discussa senza che il collegio dei difensori, composto dagli avvocati Adriano Tolomeo, Valentina Stamerra e Francesca Laforgia abbia potuto visionare i documenti coperti dal

segreto di Stato” dicono dal Comitato. “Faremo di tutto perché il Tar ponga fine alla vicenda con una sentenza che dia primaria importanza al rispetto dell'ambiente e del valore storico culturale del luogo”. Nell’estate del 2007, i progetti della Marina Militare sollecitarono una forte opposizione da parte della società civile anti-cemento. http://www.iltaccoditalia.info/sito/ind ex-a.asp?id=12353

commenti e opinioni da

www.iltaccoditalia.net

Il Capo di Leuca ha bisogno di sicurezza stradale e NON di autostrade! Le autostrade (o similari) distruggerebbero questo fazzoletto di terra, privandoci per sempre dell'UNICA risorsa rimasta! anomimo @ 13:49-2.10.10 Commento alla news: 275: notificato il ricorso contro la decisione del Tar http://www.iltaccoditalia.info/sito/indexa.asp?id=11433

Solidarietà assoluta ai lavoratori della manifattura tabacchi. Detto ciò vorrei segnalare che decine se non centinaia di piccoli commercianti ed artigiani sono ridotti sul lastrico. La sofferenza di noi piccoli commercianti ed artigiani è reale, eppure non abbiamo mai chiesto nulla a nessuno abbiamo solo rischiato nelle ns. attività, spesso abbiamo passato notti insonni, tenendoci tutto dentro. Chiedete alle finanziarie quanti piccoli esercenti si rivolgono a loro per poter “campare”, quanti prestiti si è costretti a fare. Una cosa è importante: non dateci solidarietà vuote, non ne abbiamo bisogno, almeno la dignità l’abbiamo conservata. ALEX @ 20:23-20.9.10 Commento alla news: Manifattura tabacchi chiude http://www.iltaccoditalia.info/sito/indexa.asp?id=12042

Lo svuotamente ittico non è mai un'attività sostenibile laus @ 17:10-28.9.10 Commento alla news: Progetto Warmer per la gestione delle Aree Marine Protette http://www.iltaccoditalia.info/sito/indexa.asp?id=12428 #commenti_articolo

Mi auguro che queste "linee guida nazionali" non siano poi degli ostacoli insuperabili per quelle Amministrazioni che non vogliono il carbone, non vogliono il petrolio, non vogliono la nafta e neppure le famose balle CDR da utilizzare sul proprio territorio per produrre energia. Giuseppe @ 15:1-25.9.10 Commento alla news: Rinnovabili: emanate le linee guida nazionali. In vigore dal 2 ottobre http://www.iltaccoditalia.info/sito/index-a.asp?id=12378


//Controcanto

di MASSIMO ALBERIZZI*

bISAnZIO e I geneRAlI SenZA eSeRcITO Massimo Alberizzi, 60 anni, è corrispondente dall’Africa per il Corriere della sera. Da cinque anni è a Nairobi, ma scrive dal Continente nero da più di 20 anni. Sua madre è originaria di Tricase e per dodici anni ha abitato a Lecce, “la più bella delle province del Salento”, dove ha frequentato il Liceo Palmieri. A lui abbiamo chiesto che cosa ne pensi del neo-nato movimento “Regione Salento” e con quali occhi lo guardi, lui che quotidianamente si confronta con le guerre, le faide, i tanti movimenti separatisti africani.

S

e si moltiplicano le cariche e gli incarichi (comunità montane, aziende di promozione turistica, Aziende sanitarie locali) alla fine diventeremo un esercito di generali, come a Bisanzio, e non ci sarà più un popolo da governare. Saranno tutti seduti sugli scranni, chi su postazioni

S

più basse, chi più alte, in modo tale che non si lavori ma ci sia sempre qualcuno che paga. Non esiste nessun Paese al mondo che abbia tutti questi incarichi pubblici. Neanche i più beceri paese africani sono così. Perché, poi, i soldi per pagare gli stipendi di politici e funzionari dove si trovano? Credo al contrario che invece di moltiplicare enti pubblici e burocrazia, si debba semplificare. Vanno abolite le Province. Sono talmente convinto di questo che per anni non ho votato alle elezioni provinciali. Ritiravo la scheda del Comune e della Regione (in Lombardia normalmente si vota nelle stessa tornata elettorale) ma non quella delle provinciali. Credo anche che vada rivisto il numero delle Regioni. Per esempio: che senso ha il Molise o la Basilicata? Subito dopo la guerra si avviò una lunga discussione se la Lucania dovesse essere un territorio da dividere tra Puglia, Campania e Calabria. Al contrario ci sono regioni, come l'Emi-

lia e la Romagna, che hanno una forte identità. Ma non per questo sono divise, anche se si potrebbero trovare mille ragioni per la scissione. Anche la Lomellina, tanto per dirne una, ha una forte identià, ma non per questo ha aspirazioni indipendentiste. Allora dietro tutto questo che

nuova Regione? Al contrario si dovrebbe andare verso un accorpamento di Regioni e territori. Ed eliminare alcuni privilegi per cui in Europa ci ridono dietro: come lo Statuto speciale della Regione Sicilia, dove i consiglieri regionali vengono addirittuare appellati 'onorevoli'. Queste demoltiplicazioni sono un feALLORA DIETRO TUTTO QUESTO nomeno tipicamente africano. È un CHE COSA SI NASCONDE? meccanismo per dividere il potre. SECONDO ME LA VOGLIA In gennaio si terrà il referendum in DI OCCUPARE UNO DI QUEGLI SCRANNI E GESTIRE Sudan per dividere il Sud dal Nord. UN PO' DI DENARO. Si tratta però di due Regioni diverse È L'UNICO MOTIVO PLAUSIBILE, culturalmente, linguisticamente ed PERCHÉ NON NE TROVO ALTRI, etnicamente. AMMESSO CHE LI ABBIANO Il Sud è cristiano-animista mentre il Nord è arabo-musulmano. cosa si nasconde? Al contrario nel Salento non ci sono Secondo me la voglia di occupare uno di quegli scranni e gestire un po' differenze etnico linguistiche e culturali tali da giustificare la nascita di di denaro. È l'unico motivo plausibile, perché una nuova Regione. non ne trovo altri, ammesso che li abbiano. Anche il Cilento ha una forte identità, *corrispondente dall'Africa ma è sufficiente per la nascita di una per il Corriere della sera

IndOVInA cHI è

“bestiario pubblico. Ovvero: come nascono nuovi improbabili personaggi sulla scena”




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