ombre di luce ombre di luce luglio / dicembre 2011
mostre di arte contemporanea video installazioni nel 40° anniversario della scoperta delle grotte di Frasassi a cura di Domenico Gioia
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GIUSEPPE CHIUCCHIU Fotografia: Dimore Viaggio nel cuore delle Marche
dal 10 agosto al 30 settembre 2011 Piazzale Lacuna (area biglietteria Grotte di Frasassi), Genga (An)
La porta bassa (Amandola) A low door (Amandola)
Castel San Venanzio, Macerata Castel San Venanzio Macerata
A un soffio di vento
Blowing in the wind
Mezzogiorno in Montefeltro
Midday in Montefeltro
"Cio che la fotografia riproduce all'infinito ha avuto luogo solo una volta." Roland Barthes La camera chiara 1980 In questi ultimi anni la fotografia è diventata più che mai un atto nevrotico legato al consumismo, quasi compulsivo, dove ognuno di noi è vojeur e immagine. Centinaia, migliaia di immagini si susseguono duplicate, centuplicate nei social networks, taggate come si usa dire in gergo. La Tag è il modo di essere oggi, essere presenti, io interesso a qualcuno, che mi riproduce, mi dice che esisto. Migliaia di immagini che fondamentalmente, paradossalmente non assolvono il loro scopo, assisto girando noiosamente nella pagine di Facebook a foto immancabilmente, prevedibilmente tutte uguali. La riproduzione del soggetto, sembra scarnificare completamente il contenuto ribaltandolo solo sotto un profilo di riproduzione all'ennesima potenza. Nessuno avrebbe mai potuto immaginare che sarebbe finita così, che la mediocrità, sarebbe stata assunta a punto di riferimento, sbilanciando completamente la situazione e rendendo obsoleto il pensiero di chiunque in pochi miserabili attimi. L'attimo in virtù di questa continua e perpetua ripetizione viene annullato dall'hic et nunc moltiplicato in modo tale che neanche Walter Benjamin asseva osato immaginare. Una ripetizione di situazioni che annulla il soggetto. Tutti pronti ad essere il nulla in mezzo a centinaia di figure inesistenti. E' come se la
follia si fosse impadronita delle masse e le spingesse a riprodurre senza posa le stesse azioni, gli stessi gesti, all'infinito. Quest'ultimo una volta interprete della dimensione dell'immortalità, appare ora, scevro dei contenuti metafisici, una noiosa sequenza di immagini difficili anche da memorizzare che paradossalmente riportano e legittimano il finito in una dimensione più intima. E' la ricerca dell'istante che interessa l'occhio di Giuseppe Chiucchiù, il suo è un atteggiamento di chi è allenato a scavare, scovare estrarre cose dai luoghi, dagli spazi più reconditi dell'essere. Ogni sua foto e qui in questa mostra ce ne rendiamo conto, tende a scoprire quanto di umano è rimasto addosso alle cose. I drammi umani sembrano contaminare le cose più strane, impensabili, porte, case, fiori, non sono semplici oggetti, semplici utensili, ma testimoniano la vita che li ha percorsi, attraversati, contaminati. Si apre così uno strano percorso fatto di testimonianze, che non passano per l'evento, ma degli oggetti che li hanno vissuti. Ritengo non sia facile riuscire a scovare quei punti, quelle particolarità che il velo dell'abitudine cela a noi insensibili. La sensibilità dell'artista è in grado di comprendere, riproporre, testimoniare solo in quell'istante. Un istante che bisogna essere capaci di anticipare riconoscere cogliere. In questa magnifica cornice si sviluppa il progetto Dimore, una serie di immagini che l'occhio attento di un'altra artista Tania Bini è stata in grado di cogliere e selezionare, testimoniano qui un
percorso che parla più che del nostro territorio, della nostra anima dei nostri sentimenti, della nostra intimità. Non so quante volte sia capitato anche a voi, ma alcune volte alcuni oggetti, presenti nelle case, a volte anche abbandonate richiamano alla mente dei gesti consitudinari che ormai si sono persi. Ecco l'occhio di Chiucchiù cattura queste sensazioni, più che le immagini ed è in grado di portare alla luce, come la paletta dell'archeologo momenti di vita sopiti, dimenticati, che solo l'inconscioè in grado di occultare in attesa che qualcosa le richiami alla mente. Lo vedo, lo osservo quando prende di mira con la sua Leica il soggeto, si irrigidisce come un predatore davanti al suo pasto, lo studia ed è pronto a cogliere quel gesto che lo caratteriza ed è quello, solo quello che merita di essere immortalato. Anche con gli oggetti, è così riesce a studiare, fermare l'attimo in cui la luce colpisce e risveglia l'oggetto, portandolo alla vita, resuscitandolo per un istante dal torpore del sonno che l'infinito è pronto a ringhiottire. Benvenuti in questa mostra, dove se osserverete con attenzion non troverete oggetti trovati qui e li e paesaggi del territorio marchigiano, ma testimonanze di situazioni che la luce e la mano esperta dell'artista è stata in grado di immortalare, ignara dei centinaia di clic che si susseguono all'infinito, ma che di infinito non hanno nulla se non la noia. Domenico Gioia
COMUNE DI GENGA
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