01 Era evitabile l’incidente? La Commissione ha verificato che l’11 Marzo 2011, la struttura della Centrale Nucleare di Fukushima Daiichi non era in grado di resistere agli effetti del terremoto e dello tsunami. Né la Centrale di Fukushima Daiichi è stata pronta a rispondere ad un grave incidente. Malgrado il fatto che la TEPCO e le autorità di regolamentazione fossero consapevoli del rischio da tali disastri naturali, non avevano nemmeno provveduto a mettere in atto misure preventive. Fu questa mancanza di preparazione a dar luogo alla gravità di questo incidente.
LA SOLIDITÀ DELL’UNITÀ DI FUKUSHIMA DAIICHI La struttura dell’Unità 1 di Fukushima Daiichi non era in grado di resistere al potente terremoto e al gigantesco tsunami dell’11 Marzo 2011. Le specifiche di impianto mancavano di un’adeguata resistenza anti-terremoto e anti-tsunami a causa dei seguenti motivi: 1) le linee guida per la costruzione degli impianti nucleari erano insufficienti al momento in cui il permesso di costruzione fu concesso, alla fine del 1960, per le Unità da 1 a 3 , e 2) l’area circostante l’impianto fu considerata priva della benché minima attività sismica e non aveva mai sperimentato i danni del terremoto. Sulla base di tale valutazione, una soglia di sicurezza per la massima accelerazione sismica nella progettazione antisismica è stata impostata a 265 Gal (Gal è un’unità di accelerazione gravitazionale), una resistenza antisismica notevolmente bassa. Nel 1981, l’agenzia di regolazione NSC ha fornito una “Guida normativa per la verifica della progettazione antisismica per le strutture di reattori nucleari”. Nel 2006 NSC ha emanato una versione rivista di tali orientamenti. L’agenzia NISA è intervenuta richiedendo agli operatori nucleari di valutare la sicurezza antisismica dei rispettivi siti conformemente alle nuove linee guida - la cosiddetta “verifica di controllo antisismico” (anti-seismic backcheck). Nel Marzo 2008, la TEPCO ha presentato un reporti intermedio di backcheck antisismico dell’Unità 5 di Fukushima Daiichi, statuendo la sicurezza delle relative misure antisismiche, e sostenendo un incremento della soglia di sicurezza per la massima accelerazione sismica a 600 Gal. Nel 2009, la NISA ha accettato il contenuto della relazione provvisoria, anche se la portata della valutazione includesse la costruzione del reattore e solo sette di molti altri importanti impianti ed attrezzature di sicurezza. Nel Giugno 2009, sono state presentate relazioni simili per le Unità da 1 a 4 e 6, ma queste erano analogamente limitate. Nessun ulteriore backcheck antisismico è stato emanato da parte di TEPCO, perché non furono effettuate valutazioni significative di sicurezza antisismica. Sebbene la scadenza ufficiale fosse Giugno 2009, la TEPCO ha deciso, internamente ed unilateralmente, di riscadenzare il termine a Gennaio 2016. La TEPCO ha appreso attraverso il processo di valutazione mediante report intermedi che molti potenziamenti fossero richiesti per rispettare gli standards delle nuove 1
linee guida, ma la nostra indagine ha appurato che la TEPCO, al momento del terremoto del’11 Marzo, non avesse aggiunto alcun rafforzamento per le Unità da 1 a 3. Sebbene la NISA avesse riconosciuto la necessità sia dei rafforzamenti che delle verifiche di controllo, lo stesso regolatore ha omesso di sorvegliare sui progressi da parte di TEPCO. Nella loro analisi e valutazione successive all’incidente, sia TEPCO che NISA hanno confermato che alcuni dei più importanti dispositivi di sicurezza del sistema di tubazione e supporti dell’Unità 5 non erano all’altezza degli standards di sicurezza antisismica al momento del sisma. La TEPCO ha riferito che non hanno trovato danni a tali dispositivi durante il loro controllo visivo, ma la Commissione ritiene che non possa essere formulata una conclusione che neghi la sussistenza di danni causati dal terremoto, poiché il controllo, ivi inclusa l’ispezione non distruttiva, non è completo. La Commissione ritiene che lo stesso valga per le Unità da 1 a 3, che sono molto più vecchie dell‘Unità 5. La Sezione 2 include dettagli che illustrano come il movimento sismico registrato a Fukushima Daiichi abbia superato l’assunto della nuova direttiva. E’ chiaro il fatto che, al momento del terremoto dell’11 Marzo, adeguati potenziamenti antisismici non fossero in vigore.
LA MANCANZA DI CONTROMISURE AVVERSO LO TSUNAMI La costruzione della Centrale di Fukushima Daiichi, che ebbe inizio nel 1967, si fondò sulle conoscenze in campo sismologico al momento disponibili. Con i progressi della ricerca nel corso degli anni, i ricercatori hanno via via costantemente segnalato l’elevata possibilità che i livelli di tsunami andassero oltre le ipotesi formulate all’epoca della costruzione, così come la possibilità di danno essenziale nel caso di un tale tsunami. La TEPCO ha sottovalutato questi avvertimenti, e i minimi margini di sicurezza esistenti erano ben lungi dall’essere adeguati a una tale situazione di emergenza. Dal 2006, le autorità di regolamentazione e la TEPCO hanno condiviso le informazioni relative alla possibilità che si verificasse un’interruzione totale di energia elettrica a Fukushima Daiichi nel caso lo tsunami avesse raggiunto il sito. Esse erano anche consapevoli del rischio di potenziali danni essenziali al reattore provocati da un guasto delle pompe d’acqua di mare, qualora l’ampiezza di uno tsunami, che colpisca l’impianto, si fosse rivelata superiore alla valutazione fatta dall’Associazione Giapponese degli Ingegneri Civili. Vi erano almeno tre questioni di fondo concernenti la mancanza di migliorie. In primo luogo, la NISA non ha informato il pubblico circa le valutazioni ed istruzioni da essa formulate per rivalutare gli assunti stanti alla base della progettazione di difese dell’impianto contro gli tsunami. La NISA non ha conservato traccia alcuna di tali informazioni. Di conseguenza, da parte di terzi non si potrà mai venire a conoscenza della realtà dei fatti. La seconda questione riguardava la metodologia utilizzata dall’Associazione Giapponese degli Ingegneri Civili per valutare l’altezza dello tsunami. Sebbene tale modalità sia stata decisa attraverso un iter poco chiaro, e con il coinvolgimento inopportuno delle aziende di energia elettrica, la NISA l’ha accettata alla stregua di uno standard, senza esaminarne la validità. (pag.28) Un terzo problema fu dato da un’arbitraria interpretazione e selezione di una teoria della probabilità. La TEPCO ha cercato di giustificare la propria convinzione che vi fosse una bassa probabilità di tsunami, ed ha utilizzato i risultati di un processo di calcolo falsato come giustificazione per ignorare la necessità di contromisure. La TEPCO ha anche sostenuto fondare tutte le valutazioni della sicurezza contro tsunami su un approccio probabilistico sarebbe come utilizzare una metodologia di incertezze tecniche. In quanto Agenzia di regolamentazione, la NISA era consapevole del ritardo della TEPCO nel adozione di contromisure, ma non ha consequenzialmente rivolto a TEPCO istruzioni o richieste. Né TEPCO sorvegliò in maniera adeguata lo stato di avanzamento delle verifiche delle verifiche di controllo. 2
Il motivo per cui TEPCO sottovalutò il rischio significativo di uno tsunami rientra nella sua stessa mentalità rispetto alla gestione del rischio - in cui l’interpretazione delle questioni era spessa estesa per soddisfare i propri programmi. In una sana struttura di gestione del rischio, la gestione stessa considera e implementa contromisure per eventi di rischio aventi una probabilità innegabile, anche se i dettagli devono ancora trovare conferma a livello scientifico. Anziché considerare i fatti noti e mettere in atto in tempi brevi delle contromisure, la TEPCO ha fatto ricorso a tattiche dilatorie, ad esempio presentando studi scientifici alternativi e svolgendo attività di lobbying.
LE CONTROMISURE NON CORRISPONDENTI AGLI STANDARD INTERNAZIONALI Tutte le misure contro un incidente grave (severe accident - SA), poste in essere in Giappone, furono praticamente inefficaci. Le ipotesi alla base delle SA contromisure contro incidenti gravi includevano solamente fattori interni, come l’errore umano operativo, e non comprendevano fattori esterni, come terremoti e tsunami, malgrado il Giappone sia notoriamente soggetto a frequenti eventi naturali del tipo di questi. Fin dall’inizio, gli operatori sono stati autorizzati ad attuare autonomamente contromisure contro incidenti gravi. Nel 1991, la tavola rotonda sui problemi comuni della NSC ha statuito esplicitamente che “la gestione dell’incidente, ivi comprese le misure opportune e flessibili che possono essere richieste in situazioni di fatto, va considerata ed attuata ad opera degli operatori in base alla loro ‘competenza tecnica’ e ‘preparazione’, ma non si richiede alle autorità di regolare i dettagli specifici delle misure.” Le misure contro un grave incidente che furono definite in modo autonomo non raggiunsero nemmeno gli standards fissati dalle agenzie di regolamentazione. In realtà, le attrezzature di sicurezza contro un grave incidente mostrarono di avere un carico di snervamento inferiore alle attrezzature di sicurezza utilizzate durante il funzionamento normale, che soddisfacevano i requisiti regolamentari. Chiaramente, l’impiego dell’equipaggiamento di sicurezza contro un incidente grave con capacità inferiore alle attrezzature utilizzate in operazioni normali pregiudica la ragione della messa a punto di tali misure. Come risultato di una sorveglianza inadeguata, le contromisure in caso di incidenti gravi attuate in Giappone furono praticamente inefficaci in confronto a quelle poste in essere in Paesi stranieri, conseguentemente le azioni subirono notevole ritardo. Aver ammesso la possibilità di autonome contromisure in caso di grave incidente ha lasciato spazio ad una negoziazione attiva delle condizioni da parte degli operatori con le autorità di regolamentazione attraverso la Federazione delle Aziende di Energia Elettrica (FEPC). Il che si verificò segnatamente dopo il 2010, quando i regolatori cominciarono a propendere la regolamentazione di contromisure per incidenti gravi al passo con le tendenze mondiali, e gli operatori, tramite la FEPC, hanno cominciato a fare pressione in modo aggressivo sui regolatori per rallentare tale processo. Gli operatori negoziarono con le autorità di regolamentazione per due ordini di motivi: 1) per evitare o minimizzare il rischio di potenziali cause legali e 2 ) per evitare requisiti di ri-equipaggiamento che potessero interferire con il funzionamento dei reattori esistenti. Il che significava, di nuovo, che non fossero state predisposte contromisure per gravi incidenti come quello che ebbe luogo a partire dall’11 Marzo - in altre parole, un incidente che può verificarsi con scarse probabilità, ma che crea una situazione catastrofica quando si verifica.
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02 L’aggravarsi dell’incidente La Commissione ha attentamente esaminato l’evolversi dell’incidente. Noi abbiamo studiato se l’incidente potesse essere contenuto, e se potesse aggravarsi. Abbiamo esaminato anche il ruolo del terremoto fra le cause dell’incidente, e la validità della affermazione della TEPCO che lo tsunami sia stato l’unica causa diretta.
COME SI È SVILUPPATO L’INCIDENTE Le misure messe in atto per impedire un grave incidente alla Centrale Nucleare di Fukushima Daiichi furono del tutto insufficienti. Il sistema di alimentazione fu particolarmente carente sotto il profilo della difesa, e risentì di una mancanza di ridondanza, differenziazione ed indipendenza. Sebbene vi fosse una serie di linee elettriche esterne collegate alla centrale, c’erano solo due sorgenti, che furono entrambe messe fuori uso dal terremoto, il che si risolse in una perdita di alimentazione esterna verso tutte le Unità. I generatori diesel e le altre attrezzature di alimentazione interna, compresi gli autobus di distribuzione dell’alimentazione, erano tutti collocati all’interno o nelle vicinanze della Centrale, e sono stati inondati dallo tsunami, che ha colpito poco dopo. Le ipotesi fatte riguardo un blackout normale della centrale (station blackout - SBO) non includevano la perdita di alimentazione di energia corrente, ma questo è esattamente ciò che è accaduto. Nel caos verificatosi in seguito alla distruzione operata dallo tsunami, i lavoratori furono notevolmente ostacolati nel porre in essere i loro strumenti di risposta. La perdita delle funzioni di controllo, di illuminazione e comunicazione, nonché gli sforzi per fornire attrezzature e materiali attraverso l’impianto disseminato di residui, sono stati ulteriormente ostacolati da scosse di assestamento. Queste ultime, inoltre, non erano state previste. I manuali in materia di intervento, contenenti misure dettagliate contro gravi incidenti, non erano stati aggiornati, e i diagrammi e i documenti che delineavano le procedure di sfiato erano incompleti. Anche alle esercitazioni di emergenza e alla formazione per le emergenza non fu assegnata la priorità in misura sufficiente. Una tale situazione era del tutto sintomatica dei problemi istituzionali della TEPCO. Le Unità 1, 3 e 4 esplosero, e nell’Unità 2 il contenitore del serbatoio fu infranto. Sono stati evitati danni fondamentali alle Unità 5 e 6, che si sono disattivate con l’arresto di sicurezza. La Commissione ha rilevato che, in realtà, presso le Unità 2 e 3 avrebbe potuto svilupparsi una situazione ancora peggiore, e che nelle Unità 5 e 6 la situazione avrebbe potuto facilmente peggiorare. Se fossero state attuate misure preventive contro attacchi terroristici, l’incidente avrebbe potuto essere gestito diversamente e si sarebbe sviluppato in modo diverso. Avrebbe potuto verificatesi un danno al combustibile esaurito dell’Unità 4. Al momento sussisteva una potenzialità diversa per questo incidente disastroso, che poteva risolversi in uno scenario ancora più spaventoso. 4
VERIFICA DEGLI EVENTI L’incidente rientra chiaramente tra i fenomeni naturali: il terremoto e il conseguente tsunami. Una serie di fattori importanti, relativi alla modalità secondo cui l’incidente si sia realmente evoluto, resta tuttora sconosciuta, soprattutto perché gran parte delle attrezzature critiche e delle tubazioni rilevati per l’incidente si trovano all’interno del contenitore del reattore e saranno, quindi, accessibili per attività di ispezione o controllo per vari anni ancora. Nonostante ciò, la TEPCO ha specificato nella sua relazione provvisoria d’indagine che le attrezzature che garantivano le principali funzionalità di sicurezza non sono state danneggiate dal terremoto e che la causa principale dell’incidente fu lo tsunami. Il Governo ha anche stilato un report sull’incidente che è stato presentato all’Agenzia internazionale dell’Energia Atomica (AIEA). Abbiamo svolto le nostre indagini e audizioni attentamente, consapevoli di non voler trarre conclusioni basate su una policy preordinata. La Commissione riconosce la necessità per le autorità di regolamentazione e per la TEPCO di indagare e verificare le cause dell’incidente sulla base dei seguenti fatti: 1. Forti tremori all’impianto hanno iniziato 30 secondi dopo lo SCRAM, e la centrale ha subito una fortissima scossa per più di 50 secondi. Ciò non significa, tuttavia, che i reattori nucleari non fossero in grado di subire scosse sismiche. Si ritiene che il movimento del suolo sia stato abbastanza forte da causare danni ad alcune delle principali funzionalità di sicurezza, perché non furono eseguite verifiche di controllo sismico rispetto alle basi della progettazione antisismica e rispetto al rafforzamento antisismico. 2. La pressione del reattore e i livelli dell’acqua rendono evidente il fatto che non si sia verificate un’enorme perdita di liquido refrigerante (LOCA) nel periodo di tempo intercorso tra il terremoto e lo tsunami. Tuttavia - come è stato pubblicato dall’Organizzazione Giapponese per la Sicurezza dell’Energia Nucleare (JNES) negli “Accertamenti Tecnici”, elaborati dalla NISA - una minore perdita di liquido refrigerante da una crepa nella tubazione e una conseguente fuoriuscita di liquido non inciderebbero sul livello dell’acqua o della pressione di un reattore, e potrebbero essersi verificate senza evidenza per gli operatori. Se questo tipo di minore perdita di liquido refrigerante rimanesse fuori controllato per 10 ore, decine di tonnellate di liquido andrebbero perse e causerebbero danneggiamenti al nocciolo o fusione del nocciolo. 3. La Relazione intermedia della Commissione d’inchiesta istituita dal Governo, gli “Accertamenti Tecnici” elaborati dalla NISA ed in particolare la Relazione intermedia della TEPCO, sono giunti tutti alla conclusione che la perdita di alimentazione d’emergenza in corrente alternata – che ha sicuramente influenzato l’evolversi dell’incidente – “fu causata dalle inondazioni dello tsunami.” Il Report della TEPCO recita che la prima ondata dello tsunami ha raggiunto il sito alle ore 15:27 e la seconda alle ore 15:35. In ogni caso, questi sono gli orari in cui l’indicatore collocato a 1,5 km al largo ha rilevato le onde, non gli orari in cui lo tsunami ha colpito l’impianto. Ciò suggerisce che almeno la perdita di alimentazione d’emergenza A presso l’Unità 1 potrebbe non essere stata causata dalle inondazioni. Sulla base di quanto precede alcune questioni di base devono essere spiegate secondo logica, prima di concludere che in via definitiva che le inondazioni furono la causa del blackout alla Centrale. 4. Molti lavoratori della TEPCO che stavano lavorando al quarto piano dell’edificio del reattore nucleare dell’Unità 1 al momento del terremoto hanno assistito ad una perdita d’acqua sullo stesso piano, che ospita due grandi cisterne per il condensatore di isolamento (IC) e per la relativa tubazione. La Commissione ritiene che ciò non fu dovuto alla fuoriuscita d’acqua dalla vasca del combustibile esaurito al quinto piano. Tuttavia, dal momento che non si possa accedere all’interno della struttura ed eseguire un sopralluogo in loco, resta non confermata la causa della perdita d’acqua. 5. I condensatori di isolamento (sistemi A e B) dell’Unità 1 sono stati attivati automaticamente alle ore 14:52, ma l’operatore dell’Unità 1 ha fermato manualmente entrambi i condensatori 11 5
minuti più tardi. La TEPCO ha sempre sostenuto che la spiegazione della sospensione manuale fosse che “si è ritenuto che il tasso all’ora di escursione termica di refrigerazione del reattore non potesse essere mantenuto entro 55 gradi (centigradi), che è il punto di riferimento fornito dal manuale operativo”. La Relazione d’indagine condotta dal Governo, così come la Relazione del Governo alla AIEA, statuisce la medesima motivazione. Tuttavia, secondo diversi lavoratori coinvolti nella sospensione manuale del condensatore di isolamento che hanno dato riscontro alla nostra indagine, i condensatori di isolamento furono fermati per verificare se vi fosse qualche perdita di liquido dai condensatori e da altri tubi, perché la pressione del reattore stava diminuendo rapidamente. Mentre le spiegazioni dell’operatore sono ragionevoli e appropriate, la spiegazione della TEPCO è irrazionale. 6. Non vi è alcuna prova che la valvola di sicurezza (SR) sia stata aperta presso l’Unità 1, sebbene ciò avrebbe dovuto aver luogo in caso di incidente (tali registrazioni sono disponibili per le Unità 2 e 3). Noi abbiamo rilevato che il rumore dell’apertura della valvola di sicurezza per l’Unità 2 fu sentito presso la Sala Controllo Centrale e presso l’Unità 2, ma nessuno di coloro che lavorando presso l’Unità 1 ha sentito il suono dell’apertura della valvola di sicurezza Unita 1. È pertanto possibile che la valvola di sicurezza non funzionasse nell’Unità 1. In questo caso, una minore perdita di liquido refrigerante causata dalla scossa sismica potrebbe aver avuto luogo nell’Unità 1.
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03 Risposta alle emergenze La Commissione ha esaminato la risposta all’incidente da parte della TEPCO, delle autorità regolatorie, del governo e dell’Ufficio del Primo Ministro (Kantei) - ivi comprese le prime fasi della risposta, l’evoluzione dell’incidente, il sistema di risposta all’emergenza e il sistema di gestione della crisi.
LA RISPOSTA DELLA TEPCO ALL’INCIDENTE Al momento dell’incidente né il Direttore né il Presidente della TEPCO erano presenti o raggiungibili, una situazione impensabile per un gestore di una centrale nucleare. Il Direttore e il Presidente ebbero perfino divergenti interpretazioni riguardo la struttura da dare alla risposta all’emergenza, una circostanza che, molto probabilmente, contribuì al ritardo di TEPCO nel rispondere all’incidente. Il manuale di emergenza della TEPCO in caso di gravi incidenti fu del tutto inefficace, e le misure che esso specificava non funzionarono. Il manuale ipotizzava che le letture dei reattori fossero monitorabili, omettendo però l’ipotesi di un blackout duraturo, come quello verificatosi nella centrale di Fukushima, che impedisce qualsiasi monitoraggio. La catena di comando fu distrutta durante l’emergenza. In caso di incidente, il management della TEPCO presente alla centrale avrebbe dovuto comunicare con l’Agenzia per la Sicurezza Nucleare e Industriale (NISA) mediante il Centro di Risposta alle Emergenze (ERC) operativo fuori sede. Ciò non fu però possibile a causa del malfunzionamento di tale centro fuori sede, il quale rimase senza energia a causa dei danni prodotti dal terremoto. L’effettiva condizione in loco della ventola dell’Unità 1 non fu comunicata alla NISA o all’Ufficio del primo Ministro, il che contribuì a determinare un clima di sfiducia tra il management della TEPCO presente in loco, le agenzie di regolamentazione e l’Ufficio del Primo Ministro. La conseguente decisione del Primo Ministro di recarsi sul posto e impartire direttive servì a dedicare del tempo agli operatori in loco, ma provocò anche un’interruzione nella catena di controllo della centrale. Se i vertici della TEPCO avessero fin dall’inizio comunicato, attivamente, la situazione presente in loco e avessero spiegato la gravità della stessa alle altri parti, è probabile che non si sarebbe determinata l’atmosfera di sfiducia - e la confusione nella catena di comando che ne conseguì. Nemmeno i vertici della TEPCO diedero il sufficiente supporto tecnico. Quando la situazione dell’Unità 2 peggiorò, Masao Yoshida, il Direttore Generale della centrale di Fukushima, chiese il parere tecnico del CFO e Vice Presidente della TEPCO, ma costui il quel momento si stava spostando dal Centro fuori sede e non fu in grado di rispondere. La sede centrale della TEPCO non è stata in grado di difendere Yoshida dall’interrogatorio diretto da parte del Kantei ed ha 7
approvato le istruzioni del Presidente dell’organizzazione NSC, Madarme, pur non condividendone le decisioni prese in loco, la vera prima linea della risposta. Alla fine, la mentalità del management TEPCO di “obbedienza all’autorità” ha ostacolato la loro risposta. La confusione riguardo l’osservazione del Presidente Shimizu sul “ritiro” e l’intervento del Kantei nacquero da tale mentalità. Anziché prendere decisioni forti comunicandole in maniera chiara al governo, TEPCO insinuò che il governo volesse celare la realtà sul territorio e che pertanto omise di mostrarla. Risulta difficile concludere che fosse il Primo Ministro a dissuadere dall’idea di un completo ritiro, come è stato invece riportato altrove, per una serie di motivi: 1) il management in loco non prese mai in considerazione un completo ritiro dei lavoratori; 2) non v’è prova che la dirigenza della TEPCO abbia deciso un completo ritiro; 3) il piano di evacuazione, definito prima della visita da parte del Presidente Shimizu al Kantei, contemplava la presenza alla centrale dei componenti della squadra di risposta all’emergenza; 4) il Direttore generale della NISA, contattato dal Presidente Shimizu, rivendicò che non gli fosse stato chiesto un parere in ordine a un rituro completo; 5) e lo staff del centro fuori sede, in collegamento attraverso una video-conference, sostenne che non vi fu alcuna discussione in merito ad un ritiro completo. Vi è stato chiaramente un fraintendimento da parte del Kantei, ma la causa principale risiede nella mentalità di deferenza della TEPCO e nella abdicazione di quest’ultima delle proprie responsabilità, a dispetto della sua appartenenza al settore privato.
LE ORGANIZZAZIONI GOVERNATIVE DI INTERVENTO IN CASO DI EMERGENZA Al momento dell’incidente, il sistema di intervento predisposto dal governo in caso di emergenza non funzionò secondo i piani. I sistemi pianificati in caso di disastro - come le infrastrutture dedicate alla comunicazione e al trasporto - non funzionarono a causa degli effetti dello tsunami e del terremoto. Il fallimento di tale sistema nelle prime fasi fu una delle ragioni che portarono il Kantei ad incrementare il proprio intervento nella risposta all’incidente. Le principali organizzazioni del sistema governativo di intervento furono la Sede Centrale del Nucleo di intervento per l’emergenza nucleare del Primo Ministro, la Segreteria della Sede Centrale del Nucleo di intervento per l’emergenza nucleare della NISA e il Team del Nucleo regionale di intervento per l’emergenza. Nessuna di tali entità funzionò come pianificato. La Sede Centrale del Nucleo di intervento per l’emergenza nucleare del Primo Ministro e la sua Segreteria erano deputati a dirigere il coordinamento delle misure di risposta all’emergenza, ad esempio stabilire quali misure prendere per proteggere i residenti nei dintorni, ma essi non furono in grado adempiere a tali funzioni Sebbene l’intervento del Kantei abbiano contribuito al peggioramento dell’incidente, un elemento significativo fu il fallimento della Segreteria della Sede Centrale del Nucleo di intervento per l’emergenza nucleare nel raccogliere e condividere informazioni concernenti l’evoluzione dell’incidente e della risposta all’emergenza. Inoltre, il Team del Nucleo regionale di intervento per l’emergenza non si attivò a livello locale, ad esempio emettendo un ordine di evacuazione. Ciò fu dovuto al contemporaneo verificarsi di terremoto, tsunami e incidente nucleare, e alla mancanza di una riposta adeguata ad un incidente grave e prolungato. Il Centro di Gestione delle Crisi, con sede nell’edificio del Kantei, era già oberato a causa del disastro prodotto da terremoto e tsunami, pertanto non fu in grado di rispondere all’incidente nucleare. La Commissione sulla Sicurezza Nucleare aveva molteplici problemi e non fu in grado di fornire un parere basato sulla sua competenza. Il Ministero dell’Istruzione non ha impiegato i sistemi che esso aveva predisposto. In un momento di rapida escalation di eventi, è di vitale importanza che ogni flusso di informazione venga condiviso in tempo reale. Malgrado la predisposizione di un sistema di video-conferenza che tenesse in collegamento tutte le organizzazioni coinvolte, non vi è evidenza che dimostri che tale sistema sia stato utilizzato, in particolare modo per la condivisione delle informazioni tra il Kantei e le organizzazioni coinvolte. La TEPCO portò il proprio sistema di tele 8
conferenza nel centro fuori sede e lo usò per mettere in collegamento la dirigenza con la centrale di Fukushima. Se la TEPCO avesse messo in collegamento il proprio sistema di tele conferenza con quello del governo, sarebbe stata in grado di condividere le informazioni in tempo reale nelle prime fasi, ma ciò non fu fatto.
LA RISPOSTA DELL’UFFICIO DEL PRIMO MINISTRO ALL’EMERGENZA A fronte del deteriorarsi della situazione e del fallimento dei sistemi governativi di risposta all’incidente il controllo dell’intervento di emergenza fu assunto dal Kantei, con il Primo Ministro Kan insieme ad un gruppo ad hoc formato da politici, consulenti e il Presidente della NISA. Tale gruppo comprendeva persone che non erano esperti, né aveva adeguatamente compreso la situazione sul posto. Il Kantei ebbe problemi fin dall’inizio. Dopo la notifica da parte della TEPCO che la situazione presentasse le condizioni di cui all’Art. 15 della legge sulle misure speciali concernenti la preparazione alle emergenze nucleari, ci vollero due ore affinché venisse dichiarata la situazione di emergenza, un passaggio necessario per avviare l’intervento di risposta all’emergenza. In effetti il Primo Ministro Kan non era del tutto consapevole che la dichiarazione dello stato di emergenza costituisse un primo passo nell’ambito della risposta all’incidente, e nessuno intorno a lui lo consigliò nel modo corretto. Il gruppo del Kantei non comprese che il Centro di Gestione delle Crisi, che era responsabile dell’intervento iniziale, fosse oberato a causa del terremoto e dello tsunami. I componenti senior della NISA e della NSC si unirono al gruppo per prestare la loro consulenza. Tuttavia essi non furono in grado di dare risposte adeguate, il che condusse a un clima di sfiducia, che culminò al momento dell’esplosione dell’Unità 1. Da quel momento in poi, l’Ufficio del Primo Ministro al quinto piano del Kantei divenne la prima linea degli sforzi tesi ad affrontare l’incidente. Sebbene la TEMPO e le autorità di regolamentazione avessero concordato sulle modalità per gestire la ventola e l’infiltrazione di acqua di mare, il Kantei non era al corrente di ciò ed intervenne, determinandosi così ulteriore disordine e confusione. Il 15 Marzo, nelle prime ore del mattino, il Primo Ministro Kan, spinto da un senso di urgenza dato dalla mancanza di informazioni, decise di recarsi in persona alla centrale. In risposta all’offerta della TEPCO di “tirarsi fuori” dalla situazione in crescente peggioramento all’Unità 2 il Primo Ministro convocò il Presidente Shimizu presso il suo Ufficio, e in quell’occasione respinse l’eventualità di stabilire il ritiro. Subito dopo questi eventi il governo decise di insediare una struttura bilaterale Governo-TEPCO negli uffici direttivi della TEPCO. Nel corso dell’incidente, l’Ufficio del Primo Ministro ricoprì un ruolo centrale nelle decisioni riguardanti le zone da evacuare. Furono previsti piani di emergenza per la sede centrale in loco con la responsabilità di elaborare proposte di evacuazione e con l’obbligo di trasmetterli alla Segreteria della Sede Centrale del Nucleo di intervento per l’emergenza nucleare nel caso che la sede centrale in loco non fosse in grado di provvedere. E successe esattamente questo ma quando la risposta da parte della Segreteria della Sede Centrale del Nucleo di intervento per l’emergenza nucleare tardava, il Kantei intervenne e ordinò l’evacuazione. Ciò determinò i seguenti problemi: 1) quando le decisioni furono prese ad hoc, la cooperazione tra le agenzie governative si rivelò insufficiente; 2) i dettagli relativi alle operazioni di evacuazione furono lacunosi; 3) mancarono opportune spiegazioni al pubblico. Il che condusse a un crescente stato di disordine e sfiducia sul territorio.
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VALUTAZIONE DELLA RISPOSTA DEL GOVERNO E DEL KANTEI ALL’EMERGENZA Noi rispettiamo gli sforzi del Governo e delle altre parti coinvolte, tenuto conto delle condizioni estreme nelle quali essi si sono venuti a trovare - nel far fronte all’incidente, al terremoto e allo tsunami contemporaneamente, in una situazione di estrema pressione per loro. Il tempo a disposizione era esiguo per fornire un appoggio misurato e le persone preposte alle operazioni hanno dovuto operare senza poter mangiare né dormire per un lungo periodo di tempo. Devono essere però indicati due punti. Anzitutto, il gruppo presso il Kantei non comprese il ruolo precipuo che lo stesso Ufficio del Primo Ministro avrebbe dovuto ricoprire nell’eventualità della crisi. E’ stata dedicata molta attenzione al fraintendimento intercorso tra il Kantei e la TEPCO riguardo la questione se il ritiro dalla centrale, pianificato dalla TEPCO, dovesse riguardare tutti i lavoratori oppure solo una parte di essi. Ad ogni modo, lo stato dei reattori era talmente grave che la TEPCO si vide costretta a richiedere una sorta di ritiro. In una situazione tale, il Kantei avrebbe dovuto confermare la possibilità che tutti i lavoratori si ritirassero, in modo da pianificare l’evacuazione dei residenti e prendere ulteriori misure di protezione di questi ultimi. Chiaro è che il Kantei non sarebbe dovuto intervenire in questioni che la TEPCO era in grado di trattare, come la condizione della vento e l’infiltrazione di acqua marina, e avrebbe invece dovuto confermare quanto contenuto nelle osservazioni del presidente Shimizu in merito al ritiro. Il suo intervento, con l’insediamento di una struttura bilaterale governo-TEPCO presso la TEPCO, fu ugualmente inimmaginabile. Un secondo punto è costituito dal fatto che l’intervento diretto da parte del Kantei, ivi compresa la visita del Primo Ministro alla Centrale di Fukushima Daiichi, interruppe la catena di comando e portò disordine in una situazione sul sito già di per sé negativa. A partire dalla visita del Primo Ministro alla Centrale di Fukushima Daiichi fu definita una nuova linea per la comunicazione di informazioni tra il Kantei e Fukushima Daiichi e la dirigenza della TEPCO. Questa nuova rotta fu contraria al flusso di informazioni ufficiali da Fukushima Daiichi alla dirigenza della TEPCO e, proseguendo oltre, alla NISA e al Kantei (la Sede Centrale del Nucleo di intervento per l’emergenza nucleare del Primo Ministro). Tale nuova linea comportava che TEPCO comunicasse le informazioni in suo possesso non solo alla NISA ma anche al Kantei, così contribuendo a determinare una rottura nell’ambito nella risposta della TEPCO e disordine nella Centrale. La priorità del governo doveva essere, in ogni momento, la responsabilità per la salute pubblica e il welfare. Ma poiché l’attenzione del Kantei era concentrata su i problemi contingenti alla Centrale - che sarebbero rientrati nella responsabilità del gestore - il governo venne meno ai suoi doveri di responsabilità verso il pubblico. Il persistente intervento del Kantei nella Centrale ha creato i presupposti dell’abdicazione da parte della TEPCO delle sue responsabilità rispetto alla situazione in loco. Conformemente al manuale sull’emergenza nucleare, la NISA e le altre istituzioni burocratiche hanno la responsabilità di raccogliere ed organizzare le informazioni da trasmettere alla Sede Centrale del Nucleo di intervento per l’emergenza nucleare in modo da poterle utilizzare nel processo decisionale. In ogni caso, con la nuova rotta tracciata per la comunicazione tra il Kantei e la TEPCO, la consapevolezza delle istituzioni burocratiche verso le loro responsabilità scemò e il loro approccio divenne passivo. Il localismo verticale dei vari ministeri coinvolti impedì anche l’effettiva condivisione di informazione. Per garantire la pubblica salute, è necessario che tali agenzie non solo rispondano flessibilmente in caso di crisi, ma anche che accrescano la loro capacità di gestione delle crisi mediante un costante regime di allenamento.
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LA RISPOSTA DELLA PREFETTURA DI FUKUSHIMA ALL’INCIDENTE Il sistema di risposta all’emergenza della Prefettura di Fukushima fu creato in base all’assunto che un disastro nucleare non sarebbe avvenuto contemporaneamente ad un terremoto e ad uno tsunami. Di conseguenza, la Prefettura si trovò del tutto impreparata nel far fronte all’incidente. La struttura della risposta all’emergenza della Prefettura di Fukushima era stata delineata nel Piano Regionale per la Prevenzione dei Disastri della Prefettura di Fukushima, ma non contemplava la possibilità di un disastro nucleare provocato da catastrofi naturali. A causa dell’interruzione delle comunicazioni dal governo centrale nella fase successiva all’incidente, né la Prefettura di Fukushima né il governo centrale furono al corrente del reciproco operato. Avvertendo un clima di crisi, il governo della Prefettura di Fukushima ordinò, unilateralmente, che i residenti fossero evacuati entro un raggio di due km dalla centrale, in base a un prioritario svolgimento della prevenzione nelle emergenze. A ciò seguì 30 minuti più tardi l’ordine di evacuazione per i residenti, stabilito dal governo centrale, entro un raggio di tre km. Ad ogni modo il terremoto e lo tsunami danneggiarono seriamente i sistemi di comunicazione predisposti per le emergenze, e fu difficile trasmettere l’ordine alle amministrazioni locali e al pubblico. La Prefettura di Fukushima non fu in grado neanche di dirigere il monitoraggio dell’emergenza. Solo una delle 24 stazioni di monitoraggio era ancora attiva; le altre o furono portate via dall’acqua o rimasero fuori collegamento. Le stazioni mobili di monitoraggio furono inutilizzabili il 15 Marzo a causa di problemi alla rete della telefonia mobile. C’era un veicolo equipaggiato per il monitoraggio, ma anche questo fu messo fuori uso a causa dalla mancanza di combustibile.
COMUNICAZIONE DI INFORMAZIONE DAL GOVERNO CENTRALE Una narrazione dettagliata degli eventi divenne la priorità, salvo non far pervenire tempestivamente le informazioni a coloro che ne necessitavano per operare scelte consapevoli. Il Signor Edano, il Segretario di Gabinetto, dichiarò ripetutamente che non vi fossero effetti immediati sulla salute dal rilascio di radiazioni, infondendo così nel pubblico un falso senso di sicurezza. Nella sua dichiarazione, comunque, la necessità e l’urgenza di abbandonare l’area non furono mai adeguatamente esplicate secondo i punti di vista dei residenti, e il governo non diede mai seguito in maniera evidente al fine di supportare tale dichiarazione. Ciò causò una grande quantità di ansia tra il pubblico. Infine, e per di più, il governo scelse di divulgare informazioni solamente da una prospettiva soggettiva, piuttosto che nell’ottica di far fronte ai bisogni del pubblico.
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04 Diffusione del danno La Commissione ha formulato una serie di conclusioni relativamente alla diffusione dei danni causati dall’incidente alla Centrale nucleare. Noi abbiamo studiato come siano state prese le decisioni, e come le politiche e le misure difensive siano state comunicate al pubblico. Noi abbiamo anche indagato queste problematiche dal punto di vista degli abitanti danneggiati dell’incidente.
DANNI CAUSATI DALL’INCIDENTE VERIFICATOSI ALLA CENTRALE NUCLEARE Gli effetti dell’incidente si avvertono ancora, ovviamente, e continueranno ad influenzare il Paese. In conseguenza dell’incidente sono state emesse circa 900PBq di sostanze radioattive, 1/6 della quantità di emissione provocata dall’incidente di Chernobyl se considerata in iodio. Ora ci sono vaste distese del territorio - 1.800 chilometri quadrati - della Prefettura di Fukushima con livelli pari a una dose potenzialmente cumulativa di 5mSv/anno o di più. Gli abitanti sono molto preoccupati dei livelli di radiazioni cui essi sono esposti. Tuttavia, le implicazioni per la salute sono tuttora sconosciute a causa delle diverse condizioni applicabili a ciascun individuo. Una stima della esposizione esterna cumulativa avvenuta nel corso dei primi quattro mesi successivi all’incidente per circa 14.000 abitanti (esclusi i lavoratori della Centrale) partendo da tre città e villaggi dove le dosi di radiazioni erano relativamente alte, dimostra che lo 0,7% degli abitanti è stato esposto a 10mSv o più, e il 42,3% è stato esposto a meno di 10mSv, di cui il 57% a 1 mSv o meno. I valori sono sì generalmente bassi, tuttavia, è chiaro che gli abitanti accusino uno stress dovuto alla paura dell’ignoto.
ORDINI DI EVACUAZIONE CAOTICI L’indagine della Commissione ha messo in luce come molti abitanti ignorassero che si fosse verificato l’incidente, o il drastico aggravarsi dell’incidente e della fuoriuscita di radiazioni. Ciò anche dopo che il Governo ed alcuni comuni ne venissero a conoscenza. Con l’incremento dei danni dovuti all’incidente, le destinazioni ed altri dettagli relativi all’evacuazione furono spesso sottoposti a revisione. Ma, persino durante l’inasprirsi della situazione, la più gran parte dei residenti nei dintorni sono rimasti all’oscuro dell’incidente e della sua gravità, per non parlare del rischio potenziale di un danno maggiore. 12
Un totale di 146.520 abitanti sono stati evacuati in conseguenza degli ordini di evacuazione emessi dal Governo. Tuttavia, molti dei residenti vicino alla Centrale sono stati evacuati senza ricevere informazioni precise. Ignari della gravità dell’incidente, costoro avevano programmato un allontanamento di soli pochi giorni, portando pertanto con sé lo stretto necessario. Gli ordini di evacuazione sono stati ripetutamente rivisti, mentre le zone di evacuazione sono state ampliate dall’originario raggio di 3 km a 10 km e, poi, a 20 km, il tutto nell’arco di un giorno. Ogni volta che la zona di evacuazione sveniva estesa, i residenti erano tenuti a trasferirsi. Alcuni sfollati erano consapevole di venir trasferiti in siti con alti livelli di radiazioni. Ospedali e case di cura nella zona a 20 km hanno incontrato difficoltà nel garantire il trasporto per evacuare e nel trovare una sistemazione; 60 pazienti sono morti nel mese di Marzo a causa di complicazioni legate all’evacuazione. La frustrazione tra i residenti cresceva. Il 15 Marzo, ai residenti nella zona compresa tra i 20 e i 30 km dalla Centrale fu ordinato di rifugiarsi in loco. Dal momento che l’ordine durò per diverse settimane, questi residenti soffrirono notevolmente la carenza di comunicazione e la mancanza di beni di prima necessità. Di conseguenza, l’ordine di rifugiarsi in loco fu poi modificato trasformandosi in evacuazione volontaria. Anche in questo caso, le informazioni circa la revisione dell’ordine di evacuazione non erano purtroppo disponibili, e agli abitanti toccò di decidere in ordine all’evacuazione senza disporre degli elementi necessari a tal fine. La Commissione conclude che il Governo ha effettivamente scaricato la responsabilità per la sicurezza pubblica. Il fatto che alcune aree comprese nella zona di 30 km abbiano risentito di radiazioni ad alti livelli divenne noto in seguito alla diffusione, il 23 Marzo, dei dati forniti dal Sistema per la Previsione di Informazioni sulle Dosi in caso di Emergenza Ambientale (SPEEDI). Ma né il Governo né la sede centrale degli interventi d’emergenza nucleare sono giunti rapidamente alla decisione di evacuare i residenti di queste zone, i quali furono evacuati solo un mese dopo.
INSUFFICIENTE PREPARAZIONE AD UN DISASTRO NUCLEARE I regolatori si erano resi conto di una serie di questioni riguardanti la preparazione al disastro nucleare prima dell’incidente, ma hanno omesso di rivedere le misure di prevenzione. I conseguenti ritardi nel prendere provvedimenti hanno contribuito alla reazione inadeguata durante l’incidente. La Commissione per la Sicurezza Nucleare (CSN) ha iniziato nel 2006 a rivedere le linee guida per la prevenzione dei disastri per accogliere nuovi standard internazionali. Tuttavia, la NISA temeva che i residenti potessero preoccuparsi della necessità di ulteriori misure di difesa dopo essere stati ripetutamente rassicurati circa la sicurezza del nucleare, e che le loro preoccupazioni potessero incidere sugli argomenti contro il progetto di plutonio-termico allora in corso. La NSC ha mancato di spiegare come l’iniziativa di difesa civile potesse apportare benefici ai residenti, ed inoltre non è stata in grado di introdurre gli standard internazionali in modo sostanziale. Sebbene la revisione delle linee guida per la prevenzione dei disastri sia proseguita dopo il 2007, l’incidente è scoppiato mentre la revisione era in corso. In seguito al terremoto di Niigata nel 2007, era evidente che l’ipotesi di un disastro complesso dovesse essere inclusa fra le misure di prevenzione degli incidenti nucleari. Eppure, la NISA ha proseguito con delle contromisure basate sull’assunto di una bassa probabilità che si verificasse un disastro complesso. Nel frattempo, il Governo ha anche omesso di includere l’incidente grave o il disastro complesso nelle sue complessive misure di risposta al disastro nucleare. Con l’ampliarsi dell’ambito delle misure, ne veniva meno la sostanza, misure eseguite peraltro per scopi cosmetici, piuttosto che per sviluppare la preparazione. Irrilevanti come misure furono le istruzioni che non contemplavano la necessità di utilizzare strumenti come, ad esempio, le informazioni relative al monitoraggio da parte del SPEEDI. Malgrado esse siano state applicate nelle misure annuali, queste si sono rivelate inutili per i partecipanti al momento dell’incidente. 13
Il Sistema di Supporto alle Risposte all’Emergenza (ERSS) e il Sistema SPEEDI vengono messi in atto per proteggere la sicurezza pubblica. L’ipotesi alla base delle linee guida per il monitoraggio ambientale è che l’ERSS faccia previsioni in ordine all’emissione di sostanze radioattive e al rilascio di dati, e SPEEDI la diffusione di materiali radioattivi sulla base del Sistema ERSS. Misure di sicurezza pubblica, comprese quelle per l’evacuazione, dovrebbero essere pianificate in base all’utilizzo di questi sistemi. Se i dati sull’emissione non possono essere recuperati da ERSS, l’output di SPEEDI non può essere preciso o sufficientemente affidabile per essere usato nel delineare le zone di evacuazione. Alcune delle persone coinvolte erano consapevoli dei limiti del sistema, ma nessuna revisione fu fatta prima dell’incidente. Non c’era altra rete di monitoraggio in loco che potesse integrare o sostituire i sistemi di previsione. Il sistema ha fallito. I dati sulle emissioni non potevano essere recuperati da ERSS, e il Governo non fu in grado di utilizzare i risultati dello SPEEDI per pianificare le misure di protezione e per stabilire le zone di evacuazione. Poche settimane dopo, la NSC ha emesso una stima della scia di radioattività al momento dell’incidente. Anche se la stima della NSC è stata creata da analisi basate su dati di monitoraggio a lungo termine, la gente ha erroneamente creduto che fosse è stata fatta con i dati esistenti al momento dell’incidente, che il Governo aveva ignorato o non ha potuto trasmetter. Ciò ha provocato un’ulteriore sfiducia dell’opinione pubblica. Allo stesso tempo, i sistemi sanitari di radiazione di emergenza erano stati stabiliti in modo palliativo, sulla base di problemi sorti durante l’incidente JCO nel 1999. Nessuno aveva considerato la necessità della preparazione su una vasta area di esposizione alle radiazioni, come è accaduto a Fukushima. A causa di ciò, la maggior parte delle strutture non sono state utilizzate per via della per la loro posizione troppo vicino alla Centrale, per la loro capacità e il numero di personale medico qualificato. Tali istituzioni sanitarie aventi capacità di trattare radiazioni di emergenza non hanno funzionato come anticipato.
ATTUALI E FUTURI DANNI ALLA SALUTE A CAUSA DELLE RADIAZIONI Una delle maggiori preoccupazioni tra i residenti è l’impatto delle radiazioni sulla loro salute. Tuttavia, il Governo e la Prefettura di Fukushima devono ancora fornire adeguate risposta alle pressanti preoccupazioni dei residenti per quanto riguarda le dosi di radiazioni nel loro quartiere, l’impatto sulla loro salute, ed altre questioni concernenti le radiazioni. Quello che il Governo deve fare è trasmettere informazioni dettagliate ai residenti e fornire opzioni per un processo decisionale informato. Non vi è consenso tra gli esperti in ordine agli effetti sulla salute di un’esposizione a basso dosaggio alle radiazioni, ma noi concordiamo sul fatto che i limiti dovrebbero essere fissati alla dose minima possibile. Il Governo deve sforzarsi di spiegare la necessità di limiti, ed i livelli decisi, in modo che siano chiari e comprensibili ai cittadini. Il Governo non ha intrapreso seriamente programmi per aiutare le persone a comprendere la situazione abbastanza bene da poter prendere le proprie decisioni informate. Il Governo non ha, per esempio, spiegato chiaramente le variazioni del rischio di esposizione alle radiazioni ai diversi segmenti della popolazione, come i bambini e i ragazzi, le donne incinte, o altre categorie più sensibili agli effetti delle radiazioni. Molto si è imparato dall’incidente di Chernobyl a proposito dell’esposizione a radiazioni a basso dosaggio, compreso il rischio di cancro alla tiroide tra i bambini. Nonostante gli effetti positivi della somministrazione di iodio stabile e la corretta tempistica fossero perfettamente noti, il la sede governativa degli interventi di risposta all’emergenza nucleare del Governo e l’amministrazione prefettizia non sono riusciti a dare adeguate istruzioni al pubblico. Un controllo adeguato dell’esposizione interna del pubblico è importante per la gestione della salute nel medio e lungo termine. Anche se gli standard sono stati classificati in dettaglio, è più importante che il governo comunichi secondo modalità che siano chiaramente utili al pubblico: identificazione di ciò che è commestibile, qual è il livello di assunzione tollerabile, quali cibi 14
continuano ad essere sicuri, e se i test siano affidabili. Attraverso un’ispezione approfondita e informazione trasparente delle informazioni, il Governo dovrebbe far fronte in modo efficiente alle preoccupazioni del pubblico. Né il Governo né la Prefettura di Fukushima hanno preparato piani per raccogliere dati sulla esposizione interna al cesio radioattivo. La TEPCO non ha predisposto misure di sicurezza dei lavoratori nel caso di un incidente grave, e le informazioni sui dosaggi nell’ambiente non sono state loro fornite subito dopo l’incidente. È importante che l’esposizione dei lavoratore delle centrali nucleari venga controllata adeguatamente e un aspetto critico è garantire la sicurezza degli operatori durante la risposta all’incidente. Allo stesso tempo, l’esposizione a radiazioni non è l’unico problema attinente alla salute. Le persone a Fukushima sono affette da disturbi mentali, che si sono evoluti in un grave problema sociale tra coloro che furono colpiti dall’incidente di Chernobyl. La Commissione pone la salute mentale e fisica dei residenti al primo posto fra le priorità, e conclude che l’azione debba essere presa con urgenza. Le indagini che monitorano le condizioni di salute dei residenti di Fukushima si rendono necessarie, ma è oltremodo urgente un adeguato sistema fornito di apparecchiature di controllo. Bisogna prendere misure con priorità per la salute pubblica. Purtroppo, vi sono scarsi segni che qualcosa venga fatto.
QUESTIONI PERDURANTI RELATIVE AD AMBIENTE E DECONTAMINAZIONE Una volta che le sostanze radioattive vengono rilasciate, esse continuano ad incidere sull’ambiente e devono essere efficacemente trattate. Di tutti i problemi derivanti dall’incidente, la Commissione considera quello relativo all’inquinamento ambientale come quello trattato di meno. Come risulta dall’incidente di Chernobyl, le ricadute radioattive che diffusesi su una vasta zona rimangono in aree montane e forestali per molti anni, ed i loro livelli non diminuiscono in modo naturale per molti decenni. Incendi alluvioni e altre cause possono diffondere ulteriori contaminazioni. Le precipitazioni piovane rilasciano materiali radioattivi e creano posizioni con dosi relativamente alte (“Hotspot”), in aree come quelle lacustri. Depositi altamente contaminati tendono ad accumularsi sul fondo del mare. Il Governo deve affrontare questi problemi prontamente, con una visione di lungo termine volta a correggere la situazione. Il governo sta investendo enormi quantità di finanziamenti e di energia su programmi di decontaminazione, ma i principali problemi sono sorti in ordine all’attuazione. Molte regioni non sono state in grado di garantire stoccaggio temporaneo per le macerie contaminate, un problema aggravato dall’azione unilaterale del Governo impegnandosi nella decontaminazione senza prima ottenere il consenso da parte dei residenti. E’ stato dimostrato che migliore è la comunicazione tra i residenti e le amministrazioni comunali, maggior successo ottiene la comunità nello stoccaggio temporaneo dei detriti. La Commissione riconosce che i residenti abbiano anche differenti programmi riguardo la decontaminazione a seconda della regione, e va data considerazione alle loro richieste. Alcuni vogliono rimanere nella loro patria e sostenere attivamente la decontaminazione; altri vogliono allontanarsi e stanno chiedendo un risarcimento per sostenere la loro delocalizzazione. Molti residenti possono scegliere, e, in questi casi, il Governo deve aiutarli a prendere decisioni informate . E’ ora di iniziare a monitorare l’efficacia dei costi per la la decontaminazione e l’effetto sull’ambiente, così come i metodi utilizzati nel processo di decontaminazione. Senza un’analisi approfondita, le principali preoccupazioni dei residenti rimarranno senza risposta: Possono tornare a casa? Se sì, quando? Se essi ritornassero, sarebbero in grado di provvedere a se stessi? La decontaminazione non dovrebbe essere trattata come una decisione unilaterale, bensì deve essere categorizzata secondo il suo effetto. Va ricordato che alla radice delle problematiche dei residenti non vi è la decontaminazione, bensì se essi possano ricostruire le loro vite come erano prima. Il Governo deve continuare il processo di decontaminazione rivedendo i piani per tenere conto dell’esperienza maturata. 15
05 Questioni organizzative relative a prevenzione e risposta all’incidente La Commissione ha individuato una serie di questioni organizzative riguardanti le prioritarie misure preventive all’incidente, le cause dell’incidente e gli interventi di gestione della crisi dopo l’incidente. Noi abbiamo scandagliato l’intera catena di eventi in modo da individuare cosa non funzionò nelle organizzazioni e nei sistemi coinvolti. Abbiamo anche esaminato la relazione intercorsa tra TEPCO e le agenzie di regolamentazione al fine di una futura riforma. TEMI DI FONDO NISA, NSC e TEPCO ebbero molte opportunità per adottare misure che avrebbero prevenuto l’incidente, ma non lo fecero: o rinviarono intenzionalmente l’adozione di misure di sicurezza o presero decisioni basate sul proprio interesse organizzativo - non nell’interesse della sicurezza pubblica. Facendo seguito alle nuove applicazione adottate in altri Paesi, si discusse dell’eventualità di riformare le linee guida per contemplare uno scenario in cui venisse meno l’alimentazione a corrente alternata. Il dibattito incluse anche la revisione dell’affidabilità delle esistenti fonti di alimentazione a corrente continua. Sfortunatamente, tali dibattiti non sfociarono in una revisione delle linee guida o dei regolamenti, e al momento dell’incidente non fu considerato seriamente uno scenario di perdita di alimentazione a corrente alternata nella centrale. Sia TEPCO che NISA erano consapevoli che se i livelli dello tsunami fossero andati oltre gli assunti formulati dall’Associazione degli Ingegneri civili, si sarebbe presentato un rischio di grave danno all’interno a causa del malfunzionamento delle pompe di acqua marina. Essi erano anche consapevoli che uno tsunami con livelli d’acqua sopra il livello del suolo della Centrale nucleare fosse possibile, e si sarebbe provocato una totale mancanza di energia. Malgrado il fatto sia TEPCO sia NISA fossero consapevoli dei rischi, nessun tentativo fu fatto per modificare le regolamentazioni esistenti o allinearle agli standard internazionali. NISA non fornì istruzioni obbligatorie per porre in atto misure specifiche e TEPCO non si attivò. NISA diede istruzioni a TEPCO per la conduzione di verifiche di controllo anti sismico, ma non terminando il controllo di verifica previsto TEPCO diede effettivo impulso all’incidente che scaturì. NISA è parimenti colpevole per non aver assicurato che il controllo fosse stato completato tempestivamente, nonostante fosse consapevole dell’importanza di ricontrollare. L’omissione della NISA nell’esigere azione e l’omissione di TEPCO nell’agire costituiscono insieme una negligenza che si configura come la causa dell’incidente. Esse non possono accampare la scusa di circostanze oltre le loro stesse aspettative. 16
LA “CATTURA NORMATIVA” DELL’INDUSTRIA NUCLEARE GIAPPONESE Le cause fondamentali dell’incidente, ivi compresa l’incapacità di applicare le misure di intervento atte a far fronte al terremoto e allo tsunami, nonché la mancanza di misure per far fronte ad un grave incidente, possono essere ricondotte anche alla Confederazione delle Imprese Elettriche (FEPC). Trattasi di un’associazione, non regolamentata, di carattere lobbystico, che riunisce le imprese operanti nel settore dell’energia elettrica. In ciò si ravvisa anche un concorso di responsabilità. Malgrado il fatto che una vigilanza costante sia necessaria per mantenersi al passo con gli standards internazionali in via di elaborazione e concernenti le condizioni di salvaguarda in caso di terremoti, i gestori giapponesi dell’energia elettrica si sono ripetutamente e caparbiamente rifiutati di valutare ed aggiornare le regolamentazioni esistenti, incluse le norme in materia di verifiche di controllo e ri-equipaggiamenti degli impianti. L’industria nucleare giapponese è retrocessa negli standards di preparazione a terremoti e tsunami, e non è stata in grado di ridurre il rischio di incidenti gravi aderendo ai cinque livelli di una strategia di difesa approfondita. L’esame della Commissione delle norme sul sistema di sicurezza deliberate e modificate rivela una la sussistenza di un rapporto accomandante tra i gestori, i regolatori e gli studiosi accademici, che può solo essere descritto come inappropriato. In sostanza, i regolatori e i gestori hanno dato priorità all’interesse delle rispettive organizzazioni piuttosto che a quello della pubblica salute ed hanno deciso che il funzionamento del reattore della centrale nucleare giapponese “non sarebbe stato interrotto.” Poiché i regolatori e i gestori hanno dichiarato costantemente ed in maniera forte e chiara che “la sicurezza dell’energia nucleare fosse una garanzia”, essi avevano un comune interesse ad evitare il rischio che i reattori esistenti venissero spenti per ragioni di sicurezza, o il rischio di cause intentate da parte di attivisti anti-nucleare. Loro hanno ripetutamente evitato, compromesso o rinviato qualsiasi azione e regolamentazione o scoperta che minacciasse il funzionamento ininterrotto dei reattori. La FEPC fu tra le principali organizzazioni mediante le quali fu mantenuta tale posizione intransigente tra le agenzie di regolamentazione e nella comunità accademica. La nostra indagine si è incentrata sul significativo ruolo di lobbying assunto dalla FEPC per conto degli operatori, e ha esaminato il rapporto tra i regolatori e i gestori. La Commissione ha rilevato che loro effettivo rapporto mancasse di terzietà e trasparenza, ed era lungi dall’essere improntato alla “cultura della sicurezza”. In effetti, tale rapporto costituiva un tipico esempio di “cattura normativa” nel quale la sorveglianza del settore industriale da parte dei regolatori effettivamente cessava. Noi abbiamo rinvenuto esempi di ciò nella neutralizzazione delle revisioni agli Orientamenti per la progettazione anti-sismica nonché nell’inappropriata discussione che ebbe luogo sulla regolamentazione di contromisure nel caso di gravi incidenti.
QUESTIONI ORGANIZZATIVE ATTINENTI ALLA TEPCO Noi dobbiamo segnalare, nuovamente, la mentalità organizzativa della TEPCO come una delle cause dell’incidente: da un lato, la TEPCO ha influenzato fortemente la policy energetica abdicando alle proprie responsabilità e lasciando che il Ministero dell’Economia, del Commercio e dell’Industria si assumesse la responsabilità in prima linea. La TEMPCO ha però anche manipolato il rapporto accomodante con i regolatori per eliminare l’ostacolo rappresentato da norme e regolamentazioni. La TEPCO ha tenuto delle riunioni sui temi nei quali essa ravvisava rischi per la produzione di energia nucleare; tali rischi furono identificati nella perdita potenziale della fiducia dei cittadini nell’utilità dell’energia nucleare rispetto ai disastri naturali e nella possibile diminuzione dei tassi di operatività dei reattori. L’eventualità di un incidente potenzialmente grave non è mai apparso nella lista dei rischi stilata da TEPCO. La TEPCO ha spiegato questa clamorosa omissione sostenendo 17
di supporre che la questione della sicurezza nucleare fosse trattata dal reparto dello stabilimento in loco. Pertanto tali rischi non furono registrati nei dati delle riunioni centrali relative alla gestione delle crisi. Il rischio di danno alla salute pubblica e welfare non costituiva una problematica per la TEPCO. Quando il business dell’energia nucleare perse profitto con il passare degli anni, il management della TEPCO incominciò ad enfatizzare maggiormente la riduzione dei costi e il crescente affidamento del Giappone sull’energia nucleare. Si riconosceva solo formalmente la policy di “sicurezza al primo posto”, mentre, in realtà, la sicurezza fu penalizzata a favore di altre priorità gestionali. Un esempio emblematico è dato dal fatto che TEPCO non fosse in possesso di corretti diagrammi delle tubazioni e di altri strumenti nella centrale di Daiichi. L’assenza di diagrammi corretti fu uno dei fattori del ritardo nella ventilazione in un momento cruciale dell’incidente. Dopo l’incidente, TEPCO ha avuto la doppia responsabilità di contenere le condizioni dell’incidente ed informare delle circostanze relative allo stato dell’incidente i residenti nei dintorni, la nazione e la comunità internazionale in modo appropriato e prontamente. Noi asseriamo che l’effettiva informazione dei fatti fornita da TEPCO fu inappropriata, e tale inadeguatezza fu anche una causa indiretta del deterioramento della situazione. Ad esempio, con riferimento all’informazione circa un aumento della pressione del serbatoio del reattore all’Unità 2, TEPCO emise un comunicato stampa concernente l’iniezione di acqua di mare alle ore 23:00 del 14 Marzo, ma non informò dell’incremento di dosaggio radioattivo all’ingresso della centrale verificatosi fra le ore 19:00 e le ore 21:00 dello stesso giorno. TEPCO ha anche sminuito la gravità della situazione nella trasmissione di informazioni relative alla devastazione nella vasca di soppressione dell’Unità 2; inoltre, ci fu un significativo ritardo fra il momento in cui TEPCO informò il Kantei e quando TEPCO informò l’opinione pubblica. La Commissione ha anche rilevato una registrazione da parte di TEPCO annotando che non informarono il pubblico di un aumento della pressione nel serbatoio del reattore all’Unità 3, verificatasi alle ore 8:00 del 14 Marzo, perché NISA aveva vietato il comunicato. Infatti, il Kantei aveva solo istruito TEPCO di informarli sui contenti del comunicato una volta elaborati. Obbedendo agli ordini della NISA di arrestare la comunicazione di tali informazioni cruciali, TEPCO effettivamente ha dato priorità ai suoi interessi ed a quelli della NISA al di sopra del bene superiore dei cittadini e del loro diritto ad essere informati.
QUESTIONI ORGANIZZATIVE CONCERNENTI LE AUTORITÀ DI REGOLAMENTAZIONE Prima del verificarsi dell’incidente, le autorità organizzative hanno difettato di una cultura organizzativa che conferisse priorità alla salute pubblica rispetto al loro benessere istituzionale, nonché della mentalità necessaria per la governance e la sorveglianza. La Commissione conclude che vizi strutturali presenti nell’amministrazione del nucleare da parte del Giappone debbano essere identificati mediante un’indagine critica nell’ambio delle strutture organizzative, delle leggi e dei regolamenti nonché del personale coinvolto. Noi dovremmo identificare le aree che necessitano di essere migliorate, apprendere gli insegnamenti da trarre da questa esperienza e tracciare le riforme necessarie per assicurare la sicurezza del nucleare in futuro. Bisogna conferire autonomia e trasparenza alle nuove organizzazioni di regolazione che vanno istituite. Esse devono avere poteri significativi di sorveglianza, in modo da monitorare in maniera adeguata i gestori delle centrali di energia nucleare. Deve essere assunto e formato nuovo personale con elevate competenze professionali. Si rende necessaria l’adozione di drastici cambiamenti per conseguire un corretto funzionamento di “sistema aperto”. Non deve ammettersi che si crei di nuovo il rapporto incestuoso che sussisteva tra i regolatori e i soggetti commerciali. Per assicurare che i sistemi di sicurezza e regolamentazione del Giappone rimangano al passo con gli standard internazionali in via di evoluzione, è necessario abbandonare i vecchi atteggiamenti che si resero complici dell’incidente verificatosi. 18
06 Il sistema giuridico La Commissione ha esaminato la necessità di una riforma radicale delle leggi e dei regolamenti che disciplinano l’energia nucleare. Ne risulta delineata la necessità di preparare una struttura organizzativa che assicuri processi decisionali affidabili per l’attuazione delle leggi e dei regolamenti in materia di nucleare. LEGGI E REGOLAMENTI CHE DISCIPLINANO L’ENERGIA NUCLEARE La Commissione ha rilevato che, prima dell’incidente, revisione e modifiche a leggi e regolamenti siano stati effettuate a modello di “patchwork”, in risposta a preoccupazioni microscopiche. Mancò assolutamente la volontà di procedere a grandi, significativi cambiamenti al fine di stare al passo con gli standard della comunità internazionale. Al momento dell’incidente, le leggi, i regolamenti e le infrastrutture si basavano sull’ipotesi che l’ambito e l’entità di eventuali disastri naturali non avrebbero ecceduto quanto verificatosi in passato. Nella prospettiva di eventi senza precedenti, quali sono stati il terremoto e lo tsunami dell’11 Marzo 2011, occorreva tenere conto dell’eventualità di fallimenti, nonostante il fatto che la possibilità di tali eventi fosse nota. Coloro che erano responsabili delle leggi e dei regolamenti in materia di energia nucleare in Giappone avevano una mentalità dogmatica, che non è stata in grado di tenere il passo con leggi, standards e pratiche internazionali in evoluzione, e che ha ignorato consigli tecnologici pertinenti e miglioramenti in atto all’estero. Come risultato, le leggi e i regolamenti che disciplinavano l’industria nucleare del Giappone al momento dell’incidente erano obsoleti rispetto a quelli di altri paesi. Prima dell’incidente, lo scopo principale delle disposizioni legislative e regolamentari in materia era la promozione dell’energia nucleare. I ruoli, le responsabilità e le relazioni di operatori, regolatori e altri enti coinvolti devono essere chiaramente delineati nella legge sulle misure speciali concernente la preparazione all’emergenza nucleare. La migliore protezione deve essere formalmente sancita nei regolamenti in modo che possa funzionare correttamente quando si renda necessario in futuro. L’incidente ha messo in evidenza l’esigenza di una radicale riforma fondamentale di dette leggi e regolamenti per adeguarli agli standard internazionali, e fare uso di conoscenze tecniche avanzate e di imparare da altri incidenti nel mondo. E‘ necessario creare un sistema in cui le autorità di regolamentazione abbiano l’obbligo costante di assicurare che le leggi dei regolamenti riflettano gli standard internazionali nel loro mutare. Un meccanismo per monitorare le conseguenti implementazioni infrastrutturali deve essere messo a punto. Una volta che questi nuovi sistemi, leggi e regolamenti siano stabiliti, essi devono quindi essere applicati retroattivamente ai reattori esistenti. Deve essere esplicitamente indicato nelle leggi che i reattori che non rispettino le nuove norme vadano eliminati o altrimenti trattati in modo adeguato. 19
Conclusioni Dopo sei mesi di indagini la Commissione è pervenuta alla seguente conclusione: Per prevenire il verificarsi di futuri disastri vanno approvate riforme fondamentali, concernenti sia la struttura del settore dell’industria dell’energia elettrica, sia la struttura delle relative agenzie di regolazione, nonché i processi operativi. Tali riforme debbono trovare applicazione sia in condizioni di normalità sia in situazioni di emergenza. UN DISASTRO CAUSATO DALL’UOMO L’incidente occorso all’impianto nucleare della centrale della TEPCO di Fukushima è stato il risultato delle collusioni tra il Governo, le agenzie regolatorie e la Società TEPCO e della loro incapacità di gestione. Con il loro comportamento hanno di fatto tradito il diritto della nazione giapponese a sentirsi libera dai rischi nucleari. Noi concludiamo, pertanto, che il disastro sia chiaramente dovuto all’uomo. Noi crediamo che le cause di fondo dell’incidente siano da cercare nei sistemi organizzativi e regolatori che hanno supportato decisioni ed azioni sbagliate, piuttosto che attenere a questioni relative alla competenza di specifici individui (si veda la Raccomandazione 1). Le cause dirette dell’incidente erano tutte prevedibili prima dell’11 Marzo 2011. La Centrale nucleare di Fukushima Daiichi non fu però in grado di resistere al terremoto e allo tsunami che si verificarono quel giorno. Il gestore (TEPCO), gli organismi di regolamentazione (NISA and NSC) e l’istituzione governativa deputata alla promozione dell’industria nucleare (METI) non hanno definito in maniera corretta i più elementari requisiti di sicurezza - come valutazione dei danni, preparandosi a contenere danni collaterali derivanti da disastri simili e mettendo a punto piani di evacuazione per il pubblico in caso di gravi emissioni di radiazioni. La TEPCO e l’Agenzia per la Sicurezza Nucleare e Industriale (NISA) erano consapevoli della necessità di un rafforzamento strutturale in conformità alle nuove linee guida, ma la NISA, anziché esigere la loro applicazione, asserì che l’adattamento dovesse essere intrapreso, autonomamente, dal gestore. La Commissione ha scoperto che nessuno dei richiesti rafforzamenti sia stato realizzato all’Unità 1 delle 3 al momento dell’incidente. Tutto ciò è stato il risultato del tacito consenso di NISA ad un ritardo significativo da parte degli operatori nel completamento del rafforzamento. Inoltre, sebbene NISA e gli operatori fossero consapevoli del rischio di danneggiamento ad opera dello tsunami, nessuna regolamentazione è stata elaborata, né TEPCO ha preso alcuna misura protettiva contro un tale evento. Dal 2006, le autorità di regolamentazione e la TEPCO erano consapevoli del rischio che una interruzione totale di energia elettrica presso l’impianto di Fukushima Daiichi possa verificare qualora uno tsunami raggiungesse il livello del sito. Essi erano altresì consapevoli del rischio di danneggiamento del reattore a causa di una perdita dalle pompe d’acqua di mare nel caso di un tsunami più grande di quanto ipotizzato nella valutazione della Società D’ingegneria Civile del Giappone. La NISA sapeva che la TEPCO non avesse predisposto alcuna misura per ridurre o eliminare il rischio, ma non è stata in grado di fornire istruzioni specifiche per porre rimedio alla situazione. Abbiamo trovato la prova che le agenzie di regolamentazione avrebbero esplicitamente chiesto circa le intenzioni degli operatori ogni volta che un nuovo regolamento doveva essere attuato. Ad esempio, la NISA ha informato gli operatori che non fosse necessario che essi prendessero in considerazione un eventuale station blackout (SBO) perché la probabilità era piccola e le altre misure erano in vigore. E poi ha chiesto agli operatori di scrivere un rapporto, il quale avrebbe dato 20
la logica appropriata per il motivo che questa considerazione non era necessaria. I regolatori avevano anche un atteggiamento negativo verso l’importazione di nuovi progressi nella conoscenza e tecnologia dall’estero. Se la NISA fosse passata a misure TEPCO che sono state incluse nella sottosezione B.5.b dell’ordine sicurezza degli Stati Uniti che ha seguito l’azione terroristica dell’11 Settembre e se la TEPCO avesse messo le misure in vigore, l’incidente poteva essere evitato. Ci sono state molte opportunità per l’adozione di misure preventive prima dell’11 Marzo. L’incidente è avvenuto perché la TEPCO non ha preso queste misure, e la NISA e la Commissione per la sicurezza nucleare (NSC) andavano avanti. Essi o rinviarono intenzionalmente la messa in atto di misure di sicurezza, o presero decisioni basate su interessi della propria organizzazione, e non nell’interesse della sicurezza pubblica. Dal punto di vista della TEPCO, nuovi regolamenti avrebbero interferito con il funzionamento degli impianti e indebolito la loro posizione in potenziali cause legali. Quella era una motivazione sufficiente per TEPCO per opporsi aggressivamente a nuove norme di sicurezza e tirare fuori i negoziati con i regolatori attraverso la Federazione delle aziende di potenza elettrica (FEPC). I regolatori avrebbero dovuto prendere una posizione forte per conto del pubblico, ma non sono riusciti a farlo. Poiché essi avevano fermamente professato l’idea che le centrali nucleari fossero al sicuro, erano riluttanti a creare attivamente nuovi regolamenti. Ad esacerbare ulteriormente il problema era il fatto che la NISA sia stata appositamente creata come parte del Ministero dell’Economia del commercio e dell’industria (METI), che stava attivamente promuovendo l’energia nucleare. DANNI DEL TERREMOTO Noi concludiamo che TEPCO sia stata troppo veloce a citare lo tsunami come causa dell’incidente ed a negare che il terremoto abbia causato danni. Noi crediamo che sussista una possibilità che il terremoto abbia danneggiato attrezzature necessarie per garantire la sicurezza, e che vi sia anche la possibilità che una piccola scala LOCA si sia verificata nell’Unità 1. Noi speriamo che questi punti saranno esaminati ulteriormente da terzi. (si veda la Raccomandazione 7) Malgrado entrambi i disastri naturali — il terremoto e lo tsunami successivo — sono stati le cause dirette dell’incidente, ci sono vari punti nello svolgersi dell’evento che rimangono irrisolti. La ragione principale di ciò è che quasi tutte le attrezzature direttamente connesse con l’incidente sono all’interno dei contenitori del reattore, che sono inaccessibili e ciò rimarrà tale per molti anni. In questo momento un esame completo ed un’analisi completa sono impossibile. TEPCO è stata veloce, tuttavia, ad attribuire la causa dell’incidente allo tsunami, e ad affermare che il terremoto non fosse responsabile per i danni alle apparecchiature per la sicurezza (anche se ha aggiunto, “nella misura in cui è stato confermato”, una frase che appare anche nei rapporti della TEPCO indirizzati al governo e alla AIEA). Tuttavia, è impossibile limitare la causa diretta dell’incidente allo tsunami senza prove sostanziali. La Commissione ritiene che questo sia un tentativo di evitare responsabilità dando tutta la colpa all’imprevisto (lo tsunami), come hanno scritto nella loro relazione intermedia, e non al più prevedibile terremoto. Attraverso la nostra indagine, abbiamo verificato che le persone coinvolte fossero consapevoli del rischio derivante sia da terremoti che da tsunami. Inoltre, il danneggiamento dell’Unita 1 è stato causato non solo dallo tsunami ma anche dal terremoto, una conclusione fatta dopo aver considerato il fatto che: 1) La scossa più grande ha colpito dopo l’arresto automatico (SCRAM); 2) JNES ha confermato la possibilità di una piccola scala LOCA; 3) Gli operatori dell’Unità 1 erano preoccupati per la perdita del fluido dalla valvola, e 4) non era in funzione la valvola di sicurezza. Inoltre, ci furono due cause per il venir meno della corrente esterna, entrambe legate al terremoto: non c’era diversità o indipendenza nei sistemi esterni di alimentazione elettrica antisismici, e la stazione di trasformazione Shin-Fukushima non era antisismica. 21
VALUTAZIONE DEI PROBLEMI OPERATIVI La Commissione conclude che ci sono stati problemi organizzativi all’interno della TEPCO. Se ci fosse stato un livello maggiore di conoscenza, formazione e controllo degli impianti relativi a gravi incidenti, e se ci fossero state istruzioni specifiche riguardanti lo stato di emergenza ai lavoratori entro il lasso di tempo necessario, sarebbe stato possibile avere una risposta più efficace riguardo l’incidente. Ci sono stai molti problemi con le operazioni durante l’incidente. Gli eventi rendono chiaro che se non ci sono misure di risposta a un grave incidente in atto, le operazioni che possono essere svolte in loco in caso di blackout agli impianti sono molto limitate. Il lavoro di recupero, come confermare il funzionamento del condensatore di isolamento (IC) nell’Unità 1, avrebbe dovuto essere effettuato rapidamente in ragione della perdita di energia a corrente continua, ma così non è stato. La TEPCO non ha pianificato misure per il funzionamento del condensatore di isolamento, e non aveva alcun manuale o regimi di allenamento, quindi si tratta chiaramente di problemi organizzativi. Per quanto riguarda la composizione del condotto di sfiato, condurre operazioni di configurazione delle linee in mancanza di energia e con picchi di radiazione deve essere stato eternamente difficile e dispendioso in termini di tempo. Inoltre, mancavano alcune sezioni nel grafico del manuale di istruzioni per gravi incidenti. I lavoratori hanno dovuto non solo a lavorare con un siffatto manuale impreciso, ma sono stati pressati a lungo, lavorando peraltro al buio con delle lampadine portatili come loro unica fonte di luce. La mancanza di fiducia da parte del Kantei (Ufficio del Primo Ministro) nella gestione ad opera di TEPCO è stata aggravata dalla lentezza della risposta, ma il lavoro effettivo svolto era estremamente difficile. Molti dei livelli di sicurezza sono stati violati contemporaneamente, e l’energia dei quattro reattori è venuta meno nello stesso momento. Se non ci fossero stati alcuni eventi coincidenti — ad esempio l’operatività del RCIC nell’Unità 2 per molte ore, la caduta del panello di sfiato con immissione di pressione, e la velocità con cui i subappaltatori hanno pulito le macerie — le Unità 2 e 3 sarebbero state in condizioni ancora più precarie. Noi abbiamo concluso che — date le carenze nella preparazione e nella formazione — una volta verificatosi il blackout totale, compresa la perdita di una fonte di alimentazione diretta, fosse impossibile cambiare il corso degli eventi. PROBLEMI RELATIVI ALLA RISPOSTA ALLE EMERGENZE La Commissione conclude che la situazione ha continuato a peggiorare perché il sistema di gestione delle crisi del Kantei, dei regolatori e delle altre agenzie responsabili non ha funzionato correttamente. I confini delineanti i ruoli e le responsabilità delle parti coinvolte erano problematici a causa della loro ambiguità. (si veda la Raccomandazione 2) Il Governo, le autorità di regolamentazione, il management di TEPCO e il Kantei mancarono di preparazione e della mentalità per esercitare in modo efficiente una risposta all’emergenza data da un incidente di simile portata. Nessuno di loro fu capace di prevenire o limitare i danni conseguenti. NISA era deputata a ricoprire il ruolo principale, come indicato nella Legge recante Misure Speciali in materia di Preparazione all’Emergenza Nucleare, emanata in seguito alle criticità derivanti dall’incidente occorso all’impianto di conversione dell’uranio JCO a Tokaimura, Prefettura di Ibaraki, nel 1999. Tuttavia, NISA era impreparata ad un disastro di tale portata, ed ha fallito nella sua funzione. Nel periodo critico subito dopo l’incidente, il Kantei non ha subito dichiarato lo stato di emergenza. La struttura deputata all’intervento di risposta all’emergenza nucleare a livello regionale doveva essere costituita da una Team che tenesse in collegamento Kantei e gestore, quest’ultimo 22
responsabile di tenere informato il Kantei circa la situazione sul territorio. Invece, il Kantei ha contattato direttamente la sede centrale della TEPCO e il sito di Fukushima, così interrompendo la catena di comando pianificata. Un Team di intervento TEPCO-Kantei è stato creato nella sede della TEPCO il 15 Marzo, ma questa struttura non aveva alcuna base giuridica. Il Kantei, i regolatori e TEPCO hanno tutti capito la necessità di evacuare l’Unità 1. TEPCO riferiva alla NISA, come previsto dal protocollo standard, che stesse per avviare le operazioni di sfiatamento. Ma non vi è alcuna conferma che tale decisione sia stata trasmessa ai membri di più alto livello del METI o al Kantei. Un tale fallimento da parte della NISA nell’adempimento delle sue funzioni e la scarsità di informazioni presso la sede della TEPCO hanno portato al venir meno della fiducia riposta dal Kantei nella TEPCO. Il Primo Ministro ha raggiunto il sito per dirigere gli operai impegnati con il nocciolo danneggiato. Questo intervento diretto, senza precedenti, da parte del Kantei ha distolto l’attenzione dello staff operativo in loco, sottraendo loro del tempo, ed ha portato confusione nella linea di comando. Mentre la sede della TEPCO era deputata a fornire supporto alla Centrale, in realtà essa ha finito per subordinarsi al Kantei e per comunicare semplicemente le intenzioni del Kantei. Ciò fu il risultato prodotto dalla mentalità della TEPCO, caratterizzata da una certa riluttanza ad assumersi la responsabilità ed esemplificata dalla incapacità del Presidente Shimizu di riferire chiaramente al Kantei le intenzioni degli operatori presso la centrale. Allo stesso tempo, è arduo concludere che sia stato il Primo Ministro a scoraggiare l’idea di un ritiro completo della TEPCO, come è stato riportato altrove, per una serie di motivi: 1) Non vi è alcuna prova che il management della TEPCO presso l’impianto avesse anche solo pensato di ritirarsi completamente; 2) Non vi è traccia di una decisione in ordine ad un ritiro completo assunta nella sede della TEPCO; 3) L’evacuazione pianificata prima della visita del signor Shimizu al Kantei contemplava far rimanere alla centrale i componenti deputati al pronto soccorso (sebbene i criteri d’evacuazione siano stati discussi); 4) Il direttore generale della NISA ha riferito che, quando fu chiamato da Shimizu, non gli sia stato chiesto alcun consiglio riguardo il ritiro completo; e 5) Il centro off-site, che era collegato attraverso un sistema di video conferenza, ha sostenuto che non ebbe luogo alcuna discussione in ordine ad un ritiro. La gestione delle crisi in connessione alla sicurezza pubblica dovrebbe essere garantita senza dover contare sulla capacità e sul giudizio del Primo Ministro in qualsiasi momento. QUESTIONI CONCERNENTI L’EVACUAZIONE La Commissione conclude che la confusione dei residenti circa l’evacuazione sia stata determinata dalla negligenza delle autorità regolatorie e dalla loro mancata applicazione negli anni di misure contro un disastro nucleare, così come da un’assenza di intervento da parte dei governi e dei regolatori precedenti volto alla gestione delle crisi. Il sistema di gestione delle crisi a disposizione dell’ufficio del Primo Ministro (Kantei) e delle autorità regolatorie avrebbe dovuto tutelare la salute e la sicurezza pubblica, ma esso in ciò fallì. Il Governo centrale non solo fu lento nell’informare le amministrazioni locali in merito all’incidente occorso nella centrale nucleare, ma mancò anche nel riferire circa la gravità dell’incidente stesso. Analogamente, la velocità di trasmissione delle informazioni nelle aree evacuate variò in maniera significativa in conseguenza della distanza dalla centrale. Nello specifico, solo il 20 per cento dei residenti della città ospitante la centrale era a conoscenza dell’incidente al momento in cui fu ordinata l’evacuazione dalla zona a 3 km di distanza, alle ore 21:23, la sera dell’11 Marzo. La maggior parte dei residenti entro 10 km dalla centrale apprese dell’incidente quando l’ordine di evacuazione fu emesso, alle ore 05:44 del 12 Marzo, oltre 12 ore dopo la notificazione in base all’Art. 15 - essi non ricevettero peraltro ulteriori spiegazioni. Molti residenti dovettero fuggire con lo stretto necessario e furono costretti a spostarsi svariate volte o verso aree ad alto livello radioattivo. Ci fu una gran confusione riguardo l’evacuazione, causata da perduranti ordini di rifugiarsi sul posto e ordini all’evacuazione volontaria. Taluni residenti furono evacuati in aree ad alto dosaggio 23
radioattivo i quanto non erano disponibili informazioni relative al monitoraggio delle radiazioni. Alcune persone evacuarono in aree ad alto livello radioattivo e furono respinte, non ricevettero poi ulteriori ordini di evacuazione fino ad Aprile. La Commissione ha verificato che ci fu un ritardo nell’adeguamento della preparazione per le situazioni di emergenza nucleare ed attribuisce ciò alla negligenza delle autorità regolatorie nell’adempiere alle attività di revisione e miglioramento dei piani di emergenza esistenti. QUESTIONI PERDURANTI IN ORDINE A PUBBLICA SANITÀ E WELFARE La Commissione riconosce che i residenti nell’area colpita stanno tuttora lottando a causa degli effetti dell’incidente. Essi continuano a fronteggiare profonde preoccupazioni, inclusa quella degli effetti delle radiazioni sulla salute, lo sfollamento, lo scioglimento delle famiglie, la distruzione delle loro vite e dei loro stili di vita e la contaminazione dell’ambiente in vaste aree- Non è prevedibile un termine alle attività di decontaminazione e ripristino essenziali per la ricostruzione delle comunità. La Commissione conclude che il governo e le autorità regolatorie non siano pienamente impegnate nel proteggere la sanità e la salute pubblica; non hanno infatti agito per proteggere la salute dei residenti e per ripristinare il welfare (si veda la Raccomandazione 3). Approssimativamente 150.000 persone furono evacuate a causa dell’incidente. Ammonta a 167 il numero stimato di lavoratori esposti a oltre 100 millisievert di radiazione mentre cercavano di far fronte all’incidente. Secondo una stima fino ad un massimo di1.800 chilometri quadrati del territorio della Prefettura di Fukushima è stato contaminato da una dose cumulativa di radiazioni pari a 5 millisievert o più all’anno. Inadeguati piani di evacuazione hanno comportato che molti residenti siano stati esposti inutilmente a radiazioni. Altre persone furono costrette a spostarsi svariate volte, il che ha prodotto il loro alti livelli di stress e rischi alla salute - anche il decesso nel caso di persone gravemente malate. Il Governo deve mobilitarsi per analizzare la condizione di vita dei residenti nelle aree colpite e definire, sistematicamente, misure atte a migliorare la qualità della loro vita. Tali misure devono includere il riallineamento delle zone di evacuazione, il ripristino della vita di tutti i giorni, questioni relative alla decontaminazione, ridefinizione del sistema sanitario e di welfare in modo da assecondare i bisogni pubblici. Ora deve procedere in tal senso. Le oltre 10.000 persone che hanno risposto ai nostri sondaggi e i commenti che i componenti della Commissione hanno udito in occasione di riunioni esprimono un duro giudizio sulla posizione governativa attuale. Mentre sono stati stabiliti livelli di esposizione alle radiazioni validi come soglia contro affezioni da radiazioni acute, non vi è invece una soglia ampiamente accettata per i danni da radiazione prolungata causati da bassi dosaggi. A livello internazionale vi è concordia nel ritenere, comunque, che il rischio aumenti proporzionalmente alla dose. L’impatto delle radiazioni sulla salute può variare da persona a persona, a seconda dell’età, della sensibilità alla radiazione e di altri fattori, taluni non noti. In seguito all’incidente il governo ha comunicato, unilateralmente, una scala di dosaggio senza fornire informazioni specifiche di cui necessitavano i residenti, omettendo anche di fornire risposte a quesiti del tipo: Quale è il livello di esposizione tollerabile alla luce degli effetti di lungo termine sulla salute? In che misura variano le problematiche di salute da un individuo ad un altro? Come ci si può proteggere dalle sostanze radioattive? Il Governo non ha intrapreso, seriamente, programmi volti ad aiutare le persone a comprendere la situazione in maniera sufficiente a valutare il loro comporto. Esso ha mancato di spiegare, ad esempio, i rischi dell’esposizione alle radiazioni alle differenti componenti della popolazione, come bambini e giovani, madri in attesa, o persone particolarmente suscettibili agli effetti delle radiazioni.
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RIFORMARE LE AUTORITÀ DI REGOLAMENTAZIONE La Commissione ha concluso che la sicurezza dell’energia nucleare in Giappone e il pubblico non può essere garantita a meno che l’autorità di regolamentazione si adatta a un nuovo processo di trasformazione. deve essere trasformata l’intera organizzazione, non come una formalità ma in un modo sostanziale. I regolatori del Giappone devono versare l’atteggiamento insulare di ignorare gli standard internazionali di sicurezza e di trasformarsi in una entità di fiducia a livello globale. (si veda la Raccomandazione 5) I regolatori non hanno controllato né sorvegliato la sicurezza nucleare. La mancanza di esperienza ha portato ad una “cattura normativa” e al rinvio dell’attuazione delle pertinenti normative. Essi non hanno fatto fronte alle loro responsabilità dirette, lasciando che gli operatori applicassero le norme su base volontaria. La loro indipendenza dal contesto politico, dai ministeri promotori dell’energia nucleare e dagli operatori, era una presa in giro. Essi furono incapaci e mancarono dell’esperienza e dell’impegno necessari per garantire la sicurezza del nucleare. Inoltre, l’organizzazione ha mancato di trasparenza. Senza l’indagine di codesta Commissione, che opera in modo indipendente dal Governo, molti dei fatti rivelatori della collusione tra i regolatori e gli altri attori non sarebbero mai stati rivelati. RIFORMA DEL GESTORE La TEPCO non si è assunta le sue responsabilità in quanto società privata, piuttosto ha obbedito e si è richiamata alla burocrazia governativa del Ministero dell’Economia, del Commercio e dell’Industria (METI), che dirige la politica nucleare. Allo stesso tempo, sotto l’egida della Federazione delle Aziende dell’Industria Elettrica (FEPC), ha manipolato il rapporto accomodante con i regolatori per eliminare l’incomodo della regolazione (si veda la Raccomandazione 4). La prassi di gestione del rischio seguita della TEPCO mostra questo. Qualora fossero emersi fattori di rischio di tsunami, ad esempio, la TEPCO avrebbe considerato esclusivamente il rischio nei confronti dei propri operatori, e se ciò comportasse una sospensione dei reattori o indebolisse la loro posizione in potenziali cause legali Essi hanno ignorato il rischio potenziale per la salute pubblica e il welfare (si veda la Sezione 5). I problemi relativi alla metodologia di gestione della TEPCO, basata sull’assunzione della responsabilità finale a carico del governo, emersero chiaramente durante l’incidente. Ha dato priorità all’intento dell’ufficio del Primo Ministro piuttosto che a quello degli ingegneri presenti sul posto. Il comportamento della TEPCO fu decisamente non trasparente, ed il fraintendimento in ordine al “ritiro completo” dalla Centrale costituisce un buon esempio della confusione che derivò dal loro comportamento (si veda la Sezione 3). Dopo l’incidente, la TEPCO ha continuato a mancare di trasparenza nella divulgazione di informazioni. Essa ha limitato la divulgazione alla sola conferma dei fatti e ha omesso di divulgare informazioni che reputasse incerte o sconvenienti. Alcuni esempi concernenti la divulgazione di informazioni attengono al ritardo nel fornire previsioni in ordine alla domanda di elettricità usata come parametro per i rolling blackouts e la mancanza di aggiornamenti sulle condizioni sussistenti alla Centrale nucleare.
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RIFORMA LEGISLATIVA E REGOLAMENTARE Leggi e regolamenti in materia di energia nucleare sono stati solamente modificati alla stregua di un intervento temporaneo, fondato sugli incidenti attuali. Non sono stati, invece, seriamente e complessivamente revisionati in linea con criteri di risposta all’incidente e con misure di salvaguardia secondo uno standard internazionale. Di conseguenza, non sono stati affrontati i rischi prevedibili. Le regolamentazioni esistenti sono sbilanciate verso la promozione della politica di energia nucleare, e non verso la pubblica sanità, salute e welfare. La chiara responsabilità cui gli operatori sono chiamati a far fronte per un disastro nucleare non è stata enunciata. Non c’erano nemmeno linee guida in ordine alle responsabilità delle parti coinvolte in caso di emergenza. Il concetto di “difesa in profondità” utilizzato in altri Paesi non è stato finora preso compiutamente in considerazione.
SOLUZIONE COSMETICA Ricollocare persone oppure cambiare nome alle istituzioni non risolve i problemi. A meno che le cause di fondo siano non risolte, misure preventive contro futuri analoghi incidenti non risulteranno mai complete (si vedano le Raccomandazioni 4, 5 e 6) La Commissione ritiene che le cause di fondo dell’incidente non possano essere risolte e che la fiducia delle persone non possa essere ripristinata fino a quando un tale disastro causato dall’azione dell’uomo venga visto come il risultato di un errore di un determinato individuo. La questione basilare risiede nella struttura sociale risultante dalla “cattura normativa” e da un contesto organizzativo, istituzionale e legale che consenta agli individuali di giustificare le loro proprie azioni, a nasconderle quando siano sconvenienti e non lasciar traccia per evitare responsabilità. In molteplici ambiti la Commissione ha trovato ignoranza e arroganza, imperdonabili a chiunque e a qualsiasi organizzazione operi nell’ambito dell’energia nucleare. Abbiamo riscontrato una violazione dei trend globali e una violazione della sicurezza pubblica. Abbiamo incontrato l’abitudine a conformarsi a condizioni basate su procedure convenzionali e prassi di priorità volte ad evirare rischi all’organizzazione. Abbiamo trovato un assetto organizzativo guidato da una logica che assegna priorità ai benefici derivanti all’organizzazione ai danni del pubblico interesse.
*Traduzione italiana delle parti salienti del report a cura di Teatro Primo Studio – Film Beyond.
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