PURGATORIO Canto XII PARAFRASI E COMMENTO UNITRÈ ARQUATA GRONDONA ANNO ACCAEMICO 2018/2019 CORSO DIVINA COMMEDIA A CURA DI BENITO CIARLO
Canto XII Posizione:
I cornice
Tempo:
È mezzogiorno di lunedì 11 aprile del 1300.
Spiriti espianti: Superbi Pena: Avanzano curvi sotto pesanti macigni, che li costringono a tenere il volto chino. Osservano esempi punita e di umiltà esaltata
di superbia
Contrappasso: In vita guardarono gli altri dall’alto in basso, e ora sono costretti a guardare a terra; cercarono di sopravanzare gli altri e ora sono costretti a procedere lentamente Dante incontra : l’Angelo dell’umiltà
Canto XII – sequenze narrative ESEMPI DI SUPERBIA PUNITA - APOSTROFE AI VIVENTI: vv 1-72 (L’ANGELO DELL’UMILTÀ: vv 73-99) SALITA ALLA SECONDA CORNICE: vv 100-136
Il canto XII
È un canto diviso a metà: LA PRIMA PARTE (VERSI 1-72) è didattica, e ribadisce la lezione anti-superbia già vista nel canto X; LA SECONDA PARTE (VERSI 73-136) è più narrativa, vede il passaggio di Dante dalla prima cornice dei superbi alla seconda degli invidiosi.
Episodi esemplari di superbia punita vv. 25-36: Lucifero (vv. 25-27), Briareo (vv. 2830), Timbreo (vv. 31-33), Nembrot (vv. 34-36); vv. 37-48: Niobe (vv. 37-39), Saul (vv. 40-42), Aracne (vv. 43-45), Roboam (vv. 46- 48); vv. 49-60: Erifile (vv. 49-51), Sennacherib (vv. 52-54), Tamiri (vv. 55-57), Oloferne (vv. 58-60); vv. 61-63: Troia.
Tragitto verso la seconda cornice ARRIVO ALLA SCALA D’ACCESSO ALLA CORNICE SUPERIORE L’ANGELO VESTITO DI BIANCO CANCELLA CON UN COLPO D’ALA UNA P DALLA FRONTE DI DANTE misteriose voci soavissime suggellano l’uscita dai superbi con un versetto delle Beatitudini – Beati i poveri di spirito – inteso come motto finale e conclusivo della variata strategia di meditazione sul binomio superbia/umiltà che ha dominato questi ultimi tre canti. Dante si concede, in fine di canto, una mimica di delizioso realismo domestico, che strappa un sorriso perfino a Virgilio
1-9 Dante si separa da Oderisi Di pari, come buoi che vanno a giogo, m’andava io con quell’anima carca, fin che ’l sofferse il dolce pedagogo. 3
Io camminavo con Oderisi oppresso dal peso, curvo come lui, come procedono i buoi aggiogati, finché lo permise il mio dolce maestro;
Ma quando disse: "Lascia lui e varca; ma quando disse: «Lascia i superbi e ché qui è buono con l’ali e coi remi, procedi oltre, perché nel purgatorio è quantunque può, ciascun pinger sua barca"; 6 necessario che ciascuno, quanto più può, con ogni mezzo porti avanti la sua barca (cioè il suo cammino)», dritto sì come andar vuolsi rife’ mi con la persona, avvegna che i pensieri mi rimanessero e chinati e scemi. 9
mi raddrizzai nella persona così come si deve fare per camminare, sebbene i miei pensieri continuassero a restare umili e privi del turgore della superbia.
10-36 Il pavimento istoriato: Lucifero, Briareo, Timbreo, Nembròt Io m’era mosso, e seguia volontieri del mio maestro i passi, e amendue già mostravam com’eravam leggeri; 12
Io mi ero incamminato, e seguivo con gioia i passi della mia guida, ed entrambi già mostravamo (camminando spediti) quanto eravamo privi di ogni peso;
ed el mi disse: "Volgi li occhi in giùe: buon ti sarà, per tranquillar la via, veder lo letto de le piante tue". 15
ed egli mi disse: «Abbassa gli occhi a terra: ti sarà utile, per distrarti dalla fatica del cammino, osservare il pavimento sul quale appoggi i piedi »,
Come, perché di lor memoria sia, sovra i sepolti le tombe terragne portan segnato quel ch’elli eran pria, 18
Come le pietre sepolcrali a livello del suolo, per ricordare i morti, recano effigiato quello che il sepolto era prima di morire,
onde lì molte volte si ripiagne per la puntura de la rimembranza, che solo a’ pïi dà de le calcagne; 21
per cui lì si torna spesso a piangerlo per la fitta dolorosa del ricordo, il quale però fa soffrire (dà delle calcagne: come il cavaliere pungola il cavallo con il calcagno che porta lo sprone) solo gli animi pietosi,
sì vid’io lì, ma di miglior sembianza secondo l’artificio, figurato quanto per via di fuor del monte avanza.
allo stesso modo io potei lì osservare coperto di sculture, ma con un migliore risultato rispetto all'esecuzione artistica, tutto il piano che sporge dal monte per servire da strada.
10-36 Il pavimento istoriato: Lucifero, Briareo, Timbreo, Nembròt Vedea colui che fu nobil creato più ch’altra creatura, giù dal cielo folgoreggiando scender, da l’un lato. 27
Vedevo da una parte della via Lucifero, che fu creato più perfetto di ogni altra creatura, precipitare dal cielo come una folgore.
Vedëa Brïareo fitto dal telo celestïal giacer, da l’altra parte, grave a la terra per lo mortal gelo. 30
Vedevo dall'altra parte Briareo, trafitto dalla freccia divina, giacere, gravando sulla terra con il suo corpo senza vita.
Vedea Timbreo, vedea Pallade e Marte, armati ancora, intorno al padre loro, mirar le membra d’i Giganti sparte. 33
Vedevo Apollo, vedevo Pallade e Marte, ancora con le armi in mano, guardare, stando intorno a Giove, i corpi dei giganti sparsi sul campo di battaglia.
Vedea Nembròt a piè del gran lavoro quasi smarrito, e riguardar le genti che ’n Sennaàr con lui superbi fuoro. 36
Vedevo Nembrot stare come smarrito ai piedi della grande torre, e osservare coloro che a Sennaar ebbero la sua stessa superbia.
37-48 Seconda serie: Niobe, Saul, Aracne, Roboamo O Nïobè, con che occhi dolenti vedea io te segnata in su la strada, tra sette e sette tuoi figliuoli spenti! 39
O Niobe, con quali occhi pieni di dolore io ti vedevo raffigurata sulla via, tra i tuoi quattordici figli morti!
O Saùl, come in su la propria spada quivi parevi morto in Gelboè, che poi non sentì pioggia né rugiada! 42
O Saul, come qui apparivi morto, ucciso dalla tua stessa spada a Gelboè, che dopo questo fatto non ebbe più il dono della pioggia e della rugiada!
O folle Aragne, sì vedea io te già mezza ragna, trista in su li stracci de l’opera che mal per te si fé. 45
O folle Aracne, così io ti vedevo gìà diventata ragno per metà, (giacere) angosciata sui resti della tela che era stata da te tessuta per il tuo male.
O Roboàm, già non par che minacci quivi ’l tuo segno; ma pien di spavento nel porta un carro, sanza ch’altri il cacci. 48
O Roboamo, davvero qui la tua figura non sembra più minacciare; ma un carro la trasporta piena di spavento, senza che alcuno la insegua.
49-60 Terza serie: Almeone, Sennacherib, Tamiri, Oloferne… Mostrava ancor lo duro pavimento come Almeon a sua madre fé caro parer lo sventurato addornamento. 51 Mostrava come i figli si gittaro sovra Sennacherìb dentro dal tempio, e come, morto lui, quivi il lasciaro. 54
Il pavimento di marmo mostrava ancora come Almeone fece sembrare pagata a caro prezzo (perché pagata con la morte) a sua madre la infausta collana. Mostrava come i figli si gettarono su Sennacherib all'interno del tempio, e come lo abbandonarono lì morto.
Mostrava la strage dell'esercito e il crudele Mostrava la ruina e ’l crudo scempio scempio del cadavere di Ciro che fece che fé Tamiri, quando disse a Ciro: "Sangue sitisti, e io di sangue t’empio". 57 Tamiri, quando gli disse: « Fosti assetato di sangue, ed io ti sazio di sangue». Mostrava come in rotta si fuggiro li Assiri, poi che fu morto Oloferne, e anche le reliquie del martiro. 60
Mostrava come gli Assiri fuggirono sconfitti, dopo la morte di Oloferne, e (mostrava) anche i resti dello scempio fatto (relíquie del martiro: cioè il cadavere decapitato di Oloferne).
61-72… E INFINE TROIA Vedeva Troia in cenere e in caverne; o Ilïón, come te basso e vile mostrava il segno che lì si discerne! 63
Morti li morti e i vivi parean vivi: non vide mei di me chi vide il vero, quant’io calcai, fin che chinato givi. 69
Vedevo Troia ridotta in cenere e in rovine: o rocca di Ilio, come ti presentava distrutta e degna di derisione la raffigurazione che lì si vedeva! Quale pittore o quale disegnatore ci fu mai che sapesse ritrarre l'aspetto e i contorni delle figure, che in quelle immagini desterebbero l' ammirazione anche dell'intenditore più raffinato? I morti apparivano veramente morti e i vivi veramente vivi: colui che vide realmente quei fatti non vide meglio di me tutto quanto io calcai con i miei piedi, finché procedetti a capo chino.
Or superbite, e via col viso altero, figliuoli d’Eva, e non chinate il volto sì che veggiate il vostro mal sentero! 72
Ora insuperbitevi, e continuate pure a camminare a testa alta, o figli d'Eva, e cercate di non meditare in modo da vedere la strada sbagliata che seguite!
Qual di pennel fu maestro o di stile che ritraesse l’ombre e ’ tratti ch’ivi mirar farieno uno ingegno sottile? 66
73-99 L’angelo biancovestito Più era già per noi del monte vòlto e del cammin del sole assai più speso che non stimava l’animo non sciolto, 75
Avevamo già percorso una parte del monte e avevamo speso una parte di tempo più grandi di quanto pensasse il mio animo intento (ad osservare i bassorilievi),
quando colui che sempre innanzi atteso andava, cominciò: "Drizza la testa; non è più tempo di gir sì sospeso. 78
quando Virgilio che procedeva attento a guardare sempre davanti a sé, disse: « Solleva il capo; non bisogna più camminare così assorto.
Vedi colà un angel che s’appresta per venir verso noi; vedi che torna dal servigio del dì l’ancella sesta. 81
Osserva da quella parte un angelo che si accinge a venire verso di noi; vedi che l'ora sesta se ne torna dopo aver prestato il suo servizio al giorno.
Di reverenza il viso e li atti addorna, sì che i diletti lo ’nvïarci in suso; pensa che questo dì mai non raggiorna!". 84
Prepara il tuo volto e il tuo atteggiamento a un sentimento di riverenza, in modo che all'angelo piaccia permetterci di salire; pensa che questo tempo non tornerà più! »
Io era ben del suo ammonir uso pur di non perder tempo, sì che ’n quella materia non potea parlarmi chiuso. 87
Io ero talmente abituato ai suoi continui ammonimenti intorno alla necessità di non perdere il tempo, che su questo argomento non mi poteva più parlare in modo oscuro.
73-99 L’angelo biancovestito A noi venìa la creatura bella, biancovestito e ne la faccia quale par tremolando mattutina stella. 90
Veniva verso di noi la bella creatura, vestita di bianco e (cosi splendente) nel volto come appare scintifiando la stella del mattino (Venere).
Le braccia aperse, e indi aperse l’ale; disse: "Venite: qui son presso i gradi, e agevolemente omai si sale. 93
Aperse le braccia, e poi aperse le ali: disse: « Venite: qui vicino ci sono i gradini della scala, e ormai si può salire facilmente (dopo aver eliminato il peccato della superbia) ».
A questo invito vegnon molto radi: o gente umana, per volar sù nata, perché a poco vento così cadi?". 96
Pochissime anime rispondono a questo invito: o uomini, creati per volare in alto, perché vi abbattete così anche davanti a poche tentazioni?
Menocci ove la roccia era tagliata; quivi mi batté l’ali per la fronte; poi mi promise sicura l’andata. 99
Ci condusse dove la roccia presentava un passaggio: qui batté con le ali la mia fronte; poi mi promise che il cammino sarebbe stato libero da impedimenti.
100-136 La scala alla seconda cornice Come a man destra, per salire al monte dove siede la chiesa che soggioga la ben guidata sopra Rubaconte, 102
Come dalla parte destra, per salire al monte dove si trova la chiesa che domina Firenze (la ben guidata: detto in senso ironico) dalla parte del ponte di Rubaconte,
si rompe del montar l’ardita foga per le scalee che si fero ad etade ch’era sicuro il quaderno e la doga; 105
l'ardito slancio della salita viene interrotto per mezzo di una scalinata che si fece in un tempo in cui i registri pubblici e le pubbliche misure di capacità non venivano falsificati,
così s’allenta la ripa che cade quivi ben ratta da l’altro girone; ma quinci e quindi l’alta pietra rade. 108
allo stesso modo diventa più agevole il pendio che qui scende ripidissimo dal girone superiore; ma (la scala è così stretta che) dall'una e dall'altra parte l'alta parete rocciosa sfiora (chi sale).
100-136 La scala alla seconda cornice Noi volgendo ivi le nostre persone, ’Beati pauperes spiritu!’ voci cantaron sì, che nol diria sermone. 111 Ahi quanto son diverse quelle foci da l’infernali! ché quivi per canti s’entra, e là giù per lamenti feroci. 114 Già montavam su per li scaglion santi, ed esser mi parea troppo più lieve che per lo pian non mi parea davanti. 117 Ond’io: "Maestro, dì, qual cosa greve levata s’è da me, che nulla quasi per me fatica, andando, si riceve?". 120
Mentre noi ci volgevamo verso quella scala, una voce cantò « Beati i poveri in spirito! » con tale dolcezza, che non si potrebbe esprimerla con nessuna parola umana. Ah quanto sono diverse queste entrate da quelle infernali! perché in queste si procede accompagnati da canti, e in quelle da gemiti di dolore e di ira. Già noi stavamo salendo lungo i santi gradini, e mi pareva di essere molto più leggiero di quanto non mi sembrava (di esserlo) prima nella parte piana del girone. Per questo dissi: « Maestro, spiegami, quale peso mi è stato tolto, che quasi non avverto alcuna fatica, mentre procedo?»
100-136 La scala alla seconda cornice Rispuose: "Quando i P che son rimasi ancor nel volto tuo presso che stinti, saranno, com’è l’un, del tutto rasi, 123
Rispose: « Quando i P che sono rimasti ancora sulla tua fronte, anche se quasi svaniti, saranno completamente cancellati come (lo è stato) il primo,
Ond’io: "Maestro, dì, qual cosa greve levata s’è da me, che nulla quasi per me fatica, andando, si riceve?". 120
Per questo dissi: « Maestro, spiegami, quale peso mi è stato tolto, che quasi non avverto alcuna fatica, mentre procedo?»
Rispuose: "Quando i P che son rimasi ancor nel volto tuo presso che stinti, saranno, com’è l’un, del tutto rasi, 123
Rispose: « Quando i P che sono rimasti ancora sulla tua fronte, anche se quasi svaniti, saranno completamente cancellati come (lo è stato) il primo,
fier li tuoi piè dal buon voler sì vinti, che non pur non fatica sentiranno, ma fia diletto loro esser sù pinti". 126
i tuoi piedi saranno così guidati dalla tua buona volontà, che non solo non sentiranno più fatica, ma sarà per loro una gioia essere spinti a salire »,
100-136 La scala alla seconda cornice Allor fec’io come color che vanno con cosa in capo non da lor saputa, se non che ’ cenni altrui sospecciar fanno; 129
Allora mi comportai come coloro che camminano portando in testa qualcosa senza saperlo, finché i gesti degli altri li mettono in sospetto;
per che la mano ad accertar s’aiuta, e cerca e truova e quello officio adempie che non si può fornir per la veduta; 132
per cui la mano si sforza di accertarlo, e cerca e trova e compie la funzione che non si può esercitare con la vista;
e con le dita de la destra scempie trovai pur sei le lettere che ’ncise quel da le chiavi a me sovra le tempie: 135
e con le dita della mano destra allargate costatai che erano solo sei i segni che l'angelo portiere mi aveva inciso sulla fronte:
a che guardando, il mio duca sorrise.
Virgilio sorrise vedendo il mio gesto.