BIOcarburanti fai-da-te

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Roy Virgilio

BIOcarburanti fai-da-te

Conoscere, produrre e utilizzare i combustibili vegetali per la propria auto


Roy Virgilio

BIOcarburanti fai-da-te Conoscere, produrre e utilizzare i combustibili vegetali per la propria auto

Editrice Aam Terra Nuova


Direzione editoriale: Mimmo Tringale Autore: Roy Virgilio Editing: Annalisa De Luca e Cristina Michieli Impaginazione: Daniela Annetta Copertina: Andrea Calvetti Foto di copertina: Baldur Tryggvason/Istockphoto ©2007, Editrice Aam Terra Nuova, via Ponte di Mezzo, 1 50127 Firenze tel 055 3215729 – fax 055 3215793 libri@aamterranuova.it - www.aamterranuova.it II edizione settembre 2008 Collana: Ecologia pratica ISBN 8888819142 Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte del libro può essere riprodotta o diffusa con un mezzo qualsiasi, fotocopie, microfilm o altro, senza il permesso dell’editore. Le informazioni contenute in questo libro hanno solo scopo informativo, pertanto l’editore non è responsabile dell’uso improprio e di eventuali danni morali o materiali che possano derivare dal loro utilizzo. Stampa: Lineagrafica, Città di Castello (Pg)


INTRODUZIONE

Cosa sono i biocarburanti? Posso utilizzarli nella mia auto senza effettuare modifiche? Dove si possono acquistare? È vero che inquinano meno del petrolio? E poi, sono convenienti dal punto di vista energetico? Tutte queste domande, pratiche, essenziali e legittime mi sono state rivolte più e più volte negli ultimi due anni e il desiderio di dare loro una risposta è stato la spinta principale che mi ha portato a scrivere questo libro. Cercherò di rispondere a questi dubbi in maniera semplice e precisa, con l’aiuto di dati e informazioni, che nella seconda parte del libro saranno supportati dai frutti delle esperienze concrete di chi si è dedicato a questo argomento con anima, cuore e mani. Era un torrido pomeriggio d’agosto del 2004 e sedevo davanti al PC leggendo velocemente i nuovi messaggi nel forum delle energie rinnovabili (www.energeticambiente.it) quando incappo nello strano messaggio di “Gattmes”, assiduo frequentatore del sito che dichiarava di andare in giro con la sua moto, una Kawasaki KLR 600, da più di un mese senza fare benzina. Il primo pensiero fu che si trattava di un colpo di caldo, ma il messaggio sembrava scritto nelle piene facoltà di intendere e volere. Ben presto capii che c’era una spiegazione molto semplice: il geniale “Gattmes” aveva iniziato a testare sulla sua moto un carburante diverso dalla benzina, schiudendomi gli occhi su un mondo per me quasi sconosciuto, quello dei biocombustibili. Da quel giorno è nato un movimento che, basato inizialmente sulle esperienze di pochi, si è allargato rapidamente appassionando molti altri visitatori del sito. Sono bastati pochi mesi per formare un nutrito gruppo di persone che, condividendo dubbi e scoperte, hanno testato sui propri veicoli tre principali combustibili alternativi: olio, alcol e biodiesel.


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Biocarburanti

Nell’inverno seguente, più precisamente nei primi giorni di febbraio, uno degli utenti del forum si presenta alla Rai per mostrare qualcosa alle telecamere: versa nel serbatoio della sua Mercedes olio di colza, avvia il motore e parte. Nel giro di pochi giorni il servizio va in onda sui telegiornali regionali e al Tg3 nazionale. Ne nasce un caso di pubblico dominio e una valanga di persone acquista l’olio di colza per provarlo sulla propria auto svuotando gli scaffali di molti supermercati. Anche Rai2 parla della possibilità di utilizzare olio di semi di colza in sostituzione del diesel sulla sua rubrica “Primo Piano” mandando anche in onda alcune immagini relative al sito www.progettomeg.it e al forum; in pochi giorni decuplichiamo, con mia grande meraviglia e soddisfazione, gli accessi al nostro sito, da parte di persone che vogliono sapere di tutto e di più sui biocarburanti. Di pari passo si moltiplicano sul web e la carta stampata gli articoli che parlano dei biocarburanti, ma spesso le informazioni che vengono riproposte sono poco chiare, scorrette e in contraddizione fra loro. È il caos più totale e un messaggio sembra affermarsi sugli altri: “fate molta attenzione perché l’uso dei biocarburanti è illegale, poiché non pagando le accise si rischia il carcere”. Una minaccia che ha fatto sì che pian piano si smorzasse l’interesse del grande pubblico sui biocarburanti, lasciando a pochi impavidi il lusso di rischiare la “galera” pur di inquinare meno. Oggi, a distanza di poco più di due anni, si può affermare che comunque quegli eventi hanno costituito un fattore positivo, poiché sono stati la scintilla che ha scatenato il boom attuale. Prima le associazioni dei consumatori, poi le organizzazioni degli agricoltori e infine tanti soggetti no profit hanno compreso nel tempo i vantaggi ambientali, sanitari, economici, occupazionali e soprattutto la possibilità di liberarsi dalla dipendenza dal petrolio assicurata dai biocarburanti. Solo dopo sono arrivati i primi risultati sul piano politico, con la promulgazione di nuove leggi (anche se in Italia non proprio d’avanguardia!), e le iniziative del mondo industriale, con la nascita di numerose proposte finalizzate alla ricerca e all’implementazione della produzione di biocombustibili e della filiera ad essi collegata. Questo libro ha come scopo quello di portare elementi di chiarezza nella grande confusione ancora persistente. Inoltre vuole servire a condividere con i lettori i risultati delle ricerche e della sperimentazione che abbiamo sviluppato, fino a poter dare un’idea molto concreta delle possibilità reali di utilizzo dei biocombustibili al di là dei vincoli legislativi e teorici, che certamente non si può fare a meno di rispettare, ma


Introduzione

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è anche vero che le leggi si possono cambiare e così pure le teorie. Per cui se impariamo a raffrontarci con la realtà e scopriamo che un certo olio può essere utilizzato senza problemi meccanici in determinate condizioni e con alcuni precisi accorgimenti, quando le leggi cambieranno (e in piccola parte questo è già accaduto), ci troveremo in possesso delle conoscenze necessarie per evitare spiacevoli inconvenienti. Queste informazioni, lo ripeto, giungono grazie all’esperienza diretta e alla sperimentazione realizzata da tante persone che negli ultimi due anni hanno prima studiato e poi messo sotto “i ferri” le proprie auto, moto e perfino i loro tagliaerba per ridurre al minimo l’inquinamento atmosferico, liberarsi dai monopoli e magari risparmiare. Piccoli grandi gesti che, come abbiamo visto, possono scatenare la scintilla, possono fare la differenza.


Biocarburanti da fermentazione zuccherina

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Biocarburanti da fermentazione zuccherina

BIOETANOLO L'etanolo, noto anche come alcol etilico o spirito di vino, è appunto un alcol. La sua formula chimica è molto semplice e contiene come gli altri biocombustibili visti finora ossigeno: CH3CH2OH. È tendenzialmente volatile ed estremamente infiammabile. Non tutto l’etanolo esistente si può definire “bio” perché oltre che da parti vegetali, si può produrre chimicamente da derivati petroliferi e, di conseguenza, non rinnovabili. Il bioetanolo può vantare un primato storico: è stato il primo carburante utilizzato in un motore a combustione interna. Fu infatti impiegato nel 1866 da Nikolaus August Otto (lo sviluppatore del famoso “ciclo Otto”) per alimentare il suo primo modello di motore monocilindrico a due tempi per il quale sembra avesse tratto forte ispirazione dal motore a gas brevettato dagli italiani Eugenio Barsanti e Felice Matteucci nel 1854. Con l’avvento dell’era del petrolio a basso prezzo, il bioetanolo fu messo da parte. Il suo uso come carburante ritornò in maniera significativa alla fine degli anni ‘60 in alcuni paesi economicamente svantaggiati dell’America latina. Capostipite nello sviluppo di questo biocarburante moderno diventò il Brasile che oggi se ne serve per coprire più del 20%12 della richiesta interna di combustibili. Come si produce La produzione dell’etanolo è molto più complessa di quella del biodiesel e può essere effettuata con processi fermentativi di soluzioni zuccherine, rimanendo in questo caso strettamente legata al regno vege12. Yale Center for the Study of Globalization.


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cherò mai di ripeterlo. Nella realtà odierna, in Italia e nella maggioranza dei paesi “ricchi”, le aziende produttrici di biodiesel tendono ad equilibrare i costi dell’olio acquistato, adottando una politica di differenziazione nelle forniture di oli: una parte viene importata (quindi con costi di trasporto abbastanza elevati compensati dai bassi prezzi di acquisto della materia prima), e altri, in genere la minor parte, acquistati dal mercato locale dove il costo del trasporto incide molto poco. Ad esempio, una delle principali aziende di produzione italiana11 che ho intervistato a questo proposito, importa l’olio principalmente da paesi comunitari ed extracomunitari. Solo ultimamente, grazie all’avvio di filiere nazionali, è previsto un contributo di olio italiano per il 2007 che, auspicabilmente, crescerà per gli anni a venire. Per cui la questione degli import ed export dell’olio è molto delicata e solo una produzione diffusa e collegata al territorio di utilizzo potrà dare un freno a queste pratiche poco sostenibili fornendo una possibilità concreta di approvvigionamento locale.

11. L’azienda non ha concesso l’autorizzazione alla pubblicazione del proprio nome.


Biocarburanti di origine oleaginosa

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Breve analisi economica Il costo dell’olio dipende principalmente dal tipo di coltura da cui è stato ricavato e dal metodo di estrazione. A questi fattori vanno aggiunti gli eventuali trattamenti di raffinazione e i costi di trasporto. I costi legati alla coltivazione e alle lavorazioni successive sono relativamente stabili. Il costo di produzione del seme è sicuramente il valore più incidente, ma una discreta percentuale dipende anche dalle dimensioni dell’azienda. Il peso dei costi fissi infatti può gravare significativamente in caso di piccole realtà. Non è però pensabile centralizzare troppo la produzione in quanto, se da un lato si ammortizzano meglio i costi degli impianti grazie all’alto volume di semi processati, dall’altro si vanno ad aumentare significativamente i costi di trasporto necessari per raggiungere gli impianti centralizzati. Un dimensionamento di massima dei costi sulla realtà italiana, riguardo la produzione di olio da colza e i trasporti aziendali, è contenuto in un lavoro di tesi presso la Facoltà di Agraria dell’Università di Torino10 da cui si trae quanto segue: “I trasporti del seme dall’appezzamento al centro di prima essiccazione incidono mediamente per circa 8 €/ha di colza per le distanze tra gli appezzamenti e il centro di stoccaggio. I trasporti dal centro di raccolta e prima essiccazione all’oleificio incidono per ben 34 €/ha di colza, rappresentando in media l’81% dei costi di trasporto. Purtroppo l’ipotesi di costruire un centro per l’estrazione in loco dell’olio grezzo si è dimostrata non realizzabile a causa delle ridotte dimensioni della filiera”. Per ottimizzare i costi, quindi, è necessario poter disporre di adeguate dimensioni aziendali (o ricorrere a forme organizzative quali consorzi e accordi di filiera), in modo che siano disponibili in azienda o nella zona tutte le attrezzature e gli impianti necessari ad ottenere il prodotto finito, a fronte di superfici coltivabili ben proporzionate alle effettive possibilità di trasformazione. Ai costi legati alla fase di produzione dell’olio, va aggiunto l’ultimo costo riguardante il trasporto dell’olio agli impianti che produrranno il biodiesel. Questo è il passaggio cruciale per ottenere un prodotto ambientalmente ed energeticamente valido o un mero oggetto di scambio per le economie mondiali. Le esportazioni di olio da una nazione all’alta o, ancor peggio, da un continente all’altro, dovrebbero essere altamente sorvegliate e valutate con attenzione. L’abbiamo già detto, ma non mi stan10. Tesi di Laurea di Matteo Brumati, Anno Accademico 2002-2003.


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In questo caso con l’olio si ottengono risultati migliori che col gasolio: in motori non modificati si è riscontrata una diminuzione che può variare dal 50 al 90%. Con l’adozione di riscaldatori si migliora ancora di un po’, raggiungendo valori compresi tra la metà e l’80% degli scarichi del diesel. Inoltre, ricordo che il particolato vegetale è risultato meno cancerogeno e pericoloso di quello fossile. • Ossidi di azoto (NOx) Anche per gli ossidi di azoto le emissioni sono migliori di quelle del gasolio pur se non in maniera così pronunciata come per il particolato. Si rilevano valori che si attestano sul 75% fino alla parità col gasolio per motori non modificati e, unico caso, peggiorano leggermente con l’adozione del riscaldatore. Infatti i test hanno mostrato valori che dalla parità col diesel possono arrivare fino al 150%. Questo risultato può essere dovuto alla temperatura in camera di combustione che, con l’olio preriscaldato, raggiunge livelli più elevati aumentando le probabilità di reazione fra l’azoto presente nell’aria e l’ossigeno, portando quindi alla formazione del monossido. Biodegradabilità e tossicità Ovviamente, parlando di olio, la biodegradabilità è totale e rapida, e in quanto alla tossicità.... vi ci potete condire l’insalata! La tabella 3 riassuntiva mostra, in un unico colpo d’occhio, la situazione nel suo insieme (lo sfondo chiaro indica valori di emissione migliori rispetto al gasolio, il grigino valori simili e quello scuro valori maggiori). Tabella 3. Comparazione inquinanti olio vegetale (preriscaldato e non) contro Gasolio (valore pari al 100%) Inquinante 1 2 3 4 5 6 7 8 9

Metalli pesanti CO2 SO2 CO HC (idrocarburi incombusti) NOx Particolato BTX (aromatici) Biodegradabilità totale

Fonte: elaborazione dell’autore

Olio vegetale motore IDI NULLO NULLO TRACCE 100-200% 120-300% 75-100% 50-90% 120-300% in 21 giorni

Olio vegetale motore Elsbet NULLO NULLO TRACCE 60-100% 80-110% 100-150% 50-80% 80-110% in 21 giorni


Roy Virgilio

BIOcarburanti fai-da-te

Conoscere, produrre e utilizzare i combustibili vegetali per la propria auto

Roy Virgilio si occupa di energie rinnovabili da circa 10 anni. È fondatore e amministratore del sito internet www.progettomeg.it, spazio informativo sulle fonti energetiche meno conosciute, e del principale forum italiano sulle energie pulite www.energeticambiente.it. È attivo inoltre nell’associazione onlus di promozione sociale «EnergoClub» per la riconversione energetica del pianeta.

I biocarburanti rappresentano davvero un’opportunità per l’ambiente e una soluzione efficace per abbattere sensibilmente l’inquinamento delle nostre città? Oppure rischiano di far innalzare in modo ingiustificato i prezzi dei prodotti agricoli e causare un’ulteriore deforestazione per le ultime aree vergini del Pianeta? È vero che biodiesel, etanolo e altri carburanti vegetali si possono usare da subito sulle auto in circolazione senza provocare danni ai motori? Questo libro, primo manuale nel suo genere, risponde in maniera esaustiva a tutte queste domande, dimostrando che in molti casi basta una pinza e un cacciavite per convertire con successo la propria auto ad olio vegetale o ad alcol. Perché non provare?

ISBN 88-88819-14-2

€ 14,00


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