Coltivazione biologica delle piante aromatiche

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FRANCESCO BELDÌ

Coltivazione biologica delle

PIANTE AROMATICHE Con 50 schede agronomiche per la cura, la difesa, la trasformazione e l’impiego



Francesco Beldì

COLTIVAZIONE BIOLOGICA DELLE PIANTE AROMATICHE

Terra Nuova Edizioni


Un grazie sincero a Heinrich Abraham per avermi accompagnato alla scoperta del mondo delle piante officinali, a Marcello Militello per la revisione tecnica dei testi, a Martha Mulser, Cornelia Mulser e Hubert Bosch per la disponibilità a fornire il materiale fotografico, a Mimmo Tringale per la fiducia che mi accorda. Francesco Beldì

Direzione editoriale: Mimmo Tringale e Nicholas Bawtree Curatore editoriale: Enrica Capussotti Autore: Francesco Beldì Editing: Mimmo Tringale Impaginazione: Daniela Annetta Copertina: Andrea Calvetti Illustrazioni: Vittorio Belli Crediti fotografici: archivi Remedia e Pflegerhof (pag. 5, 8, 18 e da pag. 25 a pag 164), archivi Terra Nuova Edizioni (da pag. 10 a pag. 23) ©2019, Editrice Aam Terra Nuova, via Ponte di Mezzo, 1 50127 Firenze tel 055 3215729 - fax 055 3215793 libri@terranuova.it - www.terranuovaedizioni.it I edizione: marzo 2019 Ristampa 2024 2023 2022 2021 2020 2019 VI V IV III II I Collana: Coltivare secondo natura ISBN: 978886681 4559 Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte del libro può essere riprodotta o diffusa con un mezzo qualsiasi, fotocopie, microfilm o altro, senza il permesso dell’editore. Le informazioni contenute in questo libro hanno solo scopo informativo, pertanto l’editore non è responsabile dell’uso improprio e di eventuali danni morali o materiali che possano derivare dal loro utilizzo. Stampa: Lineagrafica, Città di Castello (Pg)


Indice OFFICINALI O AROMATICHE? Una regolamentazione lacunosa

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LA COLTIVAZIONE BIOLOGICA DELLE PIANTE AROMATICHE

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La struttura fisica del terreno La fertilità Le lavorazioni I mezzi di propagazione e la messa a dimora Il controllo delle erbe spontanee L’irrigazione Il controllo dei parassiti Particolarità della coltivazione in vaso

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RACCOLTA E CONSERVAZIONE

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Epoca e modalità di raccolta Essiccazione Congelazione Soluzioni idroalcoliche Altre preparazioni

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IL GIARDINO DELLE AROMATICHE Idee per l’impiego delle aromatiche Le aromatiche a portata di cucina Un’aiuola a spirale

SCHEDE DI COLTIVAZIONE Acetosa Aglio Aglio orsino Alloro Aneto Anice verde Balsamita Basilico Borragine Calendula

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39 40 42 45 47 50 52 54 56 59 61


I NDICE

Camomilla Cappero Cedrina Cerfoglio Coriandolo Crescione inglese Cumino Dragoncello o estragone Echinacea Elicriso Erba cipollina Escolzia Finocchio selvatico Ginepro Issopo Lavanda e lavandino Levistico Liquirizia Luppolo Maggiorana Malva Melissa Menta Monarda Origano Passiflora Peperoncino Prezzemolo Rabarbaro Rafano Rosmarino Rucola Salvia Santoreggia Scalogno Stevia Timo Zafferano

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

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A Maddalena, Chiara e Ilaria che regalano fragranze alla mia vita.

INTRODUZIONE CAPITOLO 7

OFFICINALI O AROMATICHE? Coltivazione biologica delle piante aromatiche

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INTRODUZIONE

OFFICINALI O AROMATICHE? Le piante aromatiche contengono sostanze in grado di donare aroma, sapore e fragranza a cibi e bevande. Spesso presentano anche principi attivi dalle virtù medicinali e componenti utilizzati in cosmesi o oli essenziali impiegati nella produzione di profumi. Si tratta di un variegato e numeroso gruppo di piante molto utilizzate in passato quando rappresentavano la fonte principale da cui ottenere medicamenti e aromi per gli alimenti. Nel Medioevo, ogni monastero era dotato di un Giardino dei semplici dove venivano coltivate erbe officinali e aromatiche sotto la guida di un erborista esperto. Lo stesso Regimen Sanitatis Salernitanum (Regola sanitaria salernitana), trattato a carattere didattico-didascalico della Scuola Medica Salernitana del XII-XIII secolo, affidava un ruolo di primo piano alle erbe aromatiche, il cui impiego si perde nella notte dei tempi ed è comune a tutte le civiltà. Negli ultimi anni, anche nel nostro mondo civilizzato e ipertecnologico si sta assistendo a un rinnovato interesse per le aromatiche grazie all’accresciuta attenzione nei confronti dell’alimentazione naturale e alla riscoperta della fitoterapia. Secondo l’Organizzazione Mondiale per la Sanità (OMS), ancora oggi le erbe curative, intese nel senso più ampio del termine, continuano a rappresentare la principale risorsa terapeutica per due terzi della popolazione mondiale. L’interesse per queste piante non si manifesta solo attraverso il loro impiego per preparare manicaretti o per la cura di

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alcuni disturbi, ma anche con una maggiore diffusione della loro coltivazione. Una coltivazione alla portata di tutti, perché le aromatiche necessitano di poche cure e poco spazio dato che si consumano in quantità limitata rispetto agli ortaggi, ai cereali e alle altre colture. Così basta un piccolo giardino o qualche vaso collocato sul balcone o sui davanzali delle finestre per poter disporre di una quantità sufficiente di aromi. Come se non bastasse, si tratta spesso di piante rustiche, di facile coltivazione, in grado di dare soddisfazione anche a chi non è dotato di pollice verde. E non bisogna dimenticare che alcune aromatiche sono molto decorative, così che possono essere utilizzate anche come piante ornamentali. Coltivando le aromatiche si può disporre delle piante fresche per godere appieno delle loro virtù alimentari e curative e si può ampliare la gamma degli aromi disponibili per la cucina, grazie alla coltivazione di piante ormai inusuali che permettono di riscoprire i gusti perduti come quello della balsamita, del dragoncello o del levistico. Questo manuale vuole essere di aiuto a chi si impegna o vuole iniziare ad impegnarsi nella coltivazione delle aromatiche fornendo i suggerimenti per una coltivazione biologica, nella convinzione che questo metodo di produzione offra le maggiori garanzie per esaltare il gusto e le proprietà delle piante e assicuri la possibilità di disporre di alimenti privi di residui dei fitofarmaci di sintesi. Le indicazioni contenute in queste pagine


Officinali o aromatiche?

non si limitano alla sola coltivazione, ma si estendono alla raccolta e alla preparazione per la conservazione, due fasi in cui bisogna operare con grande attenzione per ottenere e conservare nel tempo foglie, semi e altre parti delle piante officinali caratterizzate da un elevato contenuto in principi attivi.

UNA REGOLAMENTAZIONE LACUNOSA Nonostante la loro notorietà e diffusione, c’è sempre un po’ di confusione nei termini da utilizzare: si tratta di piante aromatiche, officinali o medicinali? Il termine officinale deriva dalla tradizione culturale e storica italiana e si riferisce alle piante utilizzate nelle officine, intese nel significato che il termine assumeva nel latino medievale per indicare i laboratori farmaceutici, dove le piante venivano sottoposte a processi di essiccazione, triturazione, macerazione e distillazione per l’estrazione dei loro principi attivi poi utilizzati nei vari impieghi. La prima definizione, in tempi relativamente recenti, del termine “piante officinali” si ritrova nella Legge del 6 gennaio 1931 n. 99 “Disciplina della coltivazione, raccolta e commercio delle piante officinali”, dove per piante officinali sono indicate le piante medicinali, aromatiche e da profumo riportate in un apposito elenco. Da allora, con l’eccezione di numerosi interventi legislativi a livello regionale, il settore ha sofferto della mancanza di una vera e propria normativa nazionale. Lacuna solo in parte colmata dal decreto legislativo n. 75 del 21 maggio 2018, dove

si legge che: “... per piante officinali si intendono le piante cosiddette medicinali, aromatiche e da profumo, nonché le alghe, i funghi macroscopici e i licheni destinati ai medesimi usi. Le piante officinali comprendono anche alcune specie vegetali che in considerazione delle loro proprietà e delle loro caratteristiche funzionali possono essere impiegate, anche in seguito a trasformazione, nelle categorie di prodotti per le quali ciò è consentito dalla normativa di settore, previa verifica del rispetto dei requisiti di conformità richiesti”.1 Una lista con l’indicazione delle specie da considerare tali viene però rimandata alla pubblicazione di un elenco che, al momento della scrittura di questo manuale, non è ancora avvenuta. Tuttavia il nuovo decreto ha il pregio di stabilire chiaramente che coltivazione, raccolta e prima trasformazione delle piante officinali sono da considerarsi a tutti gli effetti attività agricole, permettendo in modo inequivocabile agli agricoltori di eseguire tutti gli interventi necessari a stabilizzare e conservare il prodotto destinato alle fasi successive della filiera. Un riconoscimento importantissimo per chi produce professionalmente piante officinali, perché garantisce il riconoscimento formale della loro attività. Restano le limitazioni alla vendita dei preparati erboristici per la cura delle persone, riservata a farmacisti ed erboristi 1,  Il Decreto cita esplicitamente “le attività di lavaggio, defoliazione, cernita, assortimento, mondatura, essiccazione, taglio e selezione, polverizzazione delle erbe secche e ottenimento di oli essenziali da piante fresche”. Coltivazione biologica delle piante aromatiche

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introduzione

per la potenziale pericolosità di alcuni dei principi attivi contenuti in queste piante. Rimane, invece, la possibilità di cedere liberamente al consumatore finale piante fresche e preparati ad uso alimentare. Il discrimine, quindi, dipende dalla destinazione d’uso della pianta coltivata che in alcuni casi può essere duplice cioè sia alimentare che erboristico. Ad esempio il timo ha un utilizzo alimentare quando viene adoperato per insaporire gli alimenti, mentre ha un impiego erboristico quando da esso viene estratto il timolo. Così l’agricoltore può vendere direttamente il timo fresco ed essiccato come condimento per il cibo, ma non l’olio essenziale di timo come antimicotico per la cura delle micosi dell’unghia. Chi coltiva questo tipo di piante in modo professionale deve, quindi, mantenersi costantemente informato sulla normativa di settore e prestare particolare attenzione alla coltivazione e alla vendita delle piante considerate per legge officinali. Fino a quando non sarà pubblicato l’elenco previsto dal decreto legislativo n. 75 del 21 maggio 2018 si può fare riferimento agli elenchi contenuti nel Regio Decreto n. 772 del 26 maggio 1932 e nella Circolare del Ministero della Sanità n. 1 dell’8 gennaio 1981. Ma si tratta di elenchi molto eterogenei che riuniscono piante ortive come l’aglio e il carciofo; piante medicinali come lo psillio; piante impiegate nel

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settore liquoristico come il genepì; piante tessili come il lino; piante aromatiche come lo zafferano e la salvia; piante velenose come la datura ecc. Questi aspetti sono presentati per fare chiarezza in un settore complesso e in continua evoluzione, ma, ovviamente, non riguardano chi coltiva le aromatiche per il consumo personale. Al di là degli aspetti legali legati alla vendita si è ritenuto opportuno comunque inserire in tutte le schede informazioni relative alle proprietà di ogni specie. È importante, infatti, conoscere meglio gli effetti determinati dalle sostanze contenute nelle piante per scongiurare potenziali effetti indesiderati determinati dall’assunzione di alcuni principi attivi ad alte dosi o per evitarne il consumo da parte di persone affette da alcuni tipi di patologie. Queste attenzioni non riguardano solo le piante che compaiono o compariranno nell’elenco delle piante officinali, ma interessano anche numerose altre specie vegetali, basti ricordare che in un passato non troppo lontano il decotto di prezzemolo veniva usato dalle mammane per provocare gli aborti. In ogni caso è sempre possibile impiegare la maggior parte delle aromatiche come coadiuvanti per alleviare alcuni disturbi, ma è bene ricordare che questi rimedi casalinghi non possono mai sostituire una cura medica.


CAPITOLO 1

LA COLTIVAZIONE BIOLOGICA DELLE PIANTE AROMATICHE Coltivazione biologica delle piante aromatiche

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CAPITOLO 4

Timo

TIMO

Thymus vulgaris - Labiate

Esposizione: sole Propagazione: talea, divisione dei cespi Esigenze nutrizionali: poco esigente Parti della pianta utilizzate: foglie Principali utilizzi: alimentare, olio essenziale

Il timo è una pianta perenne arbustiva, compatta, di taglia bassa con steli legnosi alla base ed erbacei alla sommità. Le foglie sono minute, allungate con i bordi arrotondati e di colore verde cenerognolo. I fiori sono roseo violacei, riuniti in piccole spighe all’ascella delle foglie. La fioritura dura da giugno ad agosto e attira le api e altri pronubi. Il timo cresce spontaneo nelle colline pietrose ed aride delle zone mediterranee, ma è presente anche sulle Alpi nei pendii soleggiati fino a 1500 m di quota. In natura esistono molti ecotipi di timo comune che si caratterizzano per una diversa composizione dell’olio essenziale.

Ha un aroma meno intenso del timo comune e lo può sostituire soprattutto negli impieghi culinari. È impiegato spesso come pianta ornamentale. Il secondo ha foglie variegate di giallo o con toni giallastri e un aroma fruttato di limone. È meno resistente alla siccità rispetto alle altre specie di timo, infatti gradisce anche posizioni in mezz’ombra. Si usa solo per scopi culinari, perché ha un basso contenuto in timolo.

ESIGENZE DELLA PIANTA

Il timo si adatta a tutti i tipi di terreno, ma preferisce quelli calcarei, permeabili anche se poveri e sassosi. In questi terreni diventa molto più profumato. TIPI E VARIETÀ COLTIVATE Il contenuto in principi attivi aumenta Oltre al timo comune si coltivano il timo pure con il crescere della quota di coltiserpillo (Thymus serpillum) e il timo citro- vazione fino a circa 1000 m di altitudine. doro o timo limone (Thymus ctriodorus). Predilige le posizioni soleggiate e non Il primo è caratterizzato dal portamento sopporta gli inverni umidi e freddi. strisciante e da una buona resistenza al freddo, tanto da essere presente come TECNICHE DI COLTIVAZIONE Il timo si riproduce per talea o per pianta spontanea anche in Islanda.

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CAPITOLO 4 divisione dei cespi. La riproduzione per seme è possibile, ma poco praticata per la coltivazione. Le piantine si mettono a dimora in autunno o in primavera con una densità di 8-10 piante/mq (25-30 cm x 40 cm) dopo aver eseguito delle lavorazioni superficiali, infatti si possono rivelare sufficienti anche solo uno o due passaggi con l’erpice. La concimazione di fondo con letame o compost è da evitare, perché stimolerebbe la crescita vegetativa a scapito dell’aroma delle foglie. Nei terreni con scarso contenuto di calcio, di solito quelli con pH inferiore a 7, è utile, invece, apportare questo elemento utilizzando concimi a base di litotamnio. Anche l’irrigazione è necessaria solo al momento dell’impianto per garantire l’attecchimento delle piantine. In seguito, così come per la concimazione, può assicurare un incremento della produttività, ma a discapito dell’aroma. Sono indispensabili, invece, gli interventi di scerbatura e di sarchiatura e/o

Timo rincalzatura, a meno che la coltura non venga pacciamata. La rincalzatrura offre il vantaggio di stimolare l’emissione di rami radicati da cui ottenere nuovi cespi e di proteggere l’apparato radicale dal freddo invernale. Un impianto professionale resta in produzione 3-4 anni, perché la pianta tende a lignificare alla base, ma le piante negli orti possono sopravvivere anche più di 10 anni.

RACCOLTA I rami di timo per gli usi culinari si possono tagliare al bisogno, ma la spezia mantiene il sua aroma, anzi lo rafforza e lo concentra, con l’essiccazione. La raccolta per l’essiccazione prevede due tagli all’anno: uno all’inizio della fioritura in giugno e uno in agosto. Quest’ultimo è l’unico taglio possibile nel primo anno di coltivazione. Per ottenere l’olio essenziale, invece, il taglio va eseguito in piena fioritura. Il taglio si esegue con una forbice a 5-10 cm dal livello del suolo per raccogliere anche le foglie basali più ricche di essenze. Durante il taglio bisogna porre attenzione ad evitare di danneggiare le porzioni legnose dell’arbusto. Un metro quadrato di timo può dare 300 g di fiori e foglie fresche corrispondenti a circa 100 g di prodotto essiccato.

UTILIZZO

Le piantine di timo si mettono a dimora in autunno o in primavera con una densità di circa 8-10 piante/mq.

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Il timo viene usato in cucina per insaporire e rendere più digeribili molte pietanze a base di carne, funghi, pesce e verdure. Si utilizza anche per aromatizzare sughi, ripieni e liquori.


SCHEDE DI COLTIVAZIONE Il timo può anche essere consumato l’appetito e favorisce la digestione e l’ascome infuso d’erbe. Si usa, inoltre, per similazione dei grassi. Non va mai usato in dosi eccessive, perpreparare dei suffumigi espettoranti. ché stimola il sistema simpatico e può CARATTERISTICHE NUTRIZIONALI provocare pericolose tachicardie.

E SALUTISTICHE

Il timolo ha spiccate proprietà antisettiche e antibatteriche, con un’azione disinfettante 25 volte superiore al fenolo, tanto che fino alla fine della Prima Guerra Mondiale i disinfettanti più diffusi si ottenevano proprio dal timo. Il timo si usa come coadiuvante nella cura delle infezioni dell’apparato digerente e delle vie respiratorie. Inoltre stimola

NOTE E CURIOSITÀ Vaporizzare nelle scarpe dell’olio essenziale o un infuso di timo può contribuire a ridurre drasticamente gli odori sgradevoli che si formano a causa dalla presenza di batteri. Questo accade grazie all’azione antibatterica del timo oltre che alla sua profumazione.

Nel caso del timo, si sconsiglia la concimazione di fondo con letame e compost, in quanto stimola la crescita vegetativa a scapito dell’aroma delle foglie.

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CAPITOLO 4

Zafferano

ZAFFERANO Crocus sativus - Iridacee

Esposizione: indifferente Propagazione: bulbo Esigenze nutrizionali: mediamente esigente Parti della pianta utilizzate: stimmi Principali utilizzi: alimentare

Lo zafferano è una pianta erbacea perenne alta 10-20 cm. È provvista di un caratteristico bulbo-tubero sferico schiacciato alla base dal quale, in primavera, sviluppano 6-10 foglie allungate di colore verde scuro. Perde le foglie durante l’estate quando la pianta entra in stasi vegetativa. In autunno forma nuove foglie insieme ai fiori. Ogni bulbo tubero può portare da uno a cinque fiori di colore lilla-violaceo con uno stilo lungo e fragile che termina con uno stimma rosso-arancio diviso in tre parti dal quale si ottiene la spezia. Lo zafferano è una pianta sterile e si propaga solo attraverso i bulbo-tuberi. In Italia non è presente allo stato spontaneo. Nei prati falciati e nelle radure dei boschi è possibile trovare il Colchicum autunnale, una pianta simile allo zafferano, ma estremamente velenosa.

matura. Resiste al freddo invernale con temperature fino a -12°C, ma non sopporta le gelate tardive. Sopporta bene la siccità estiva, perché va in stasi vegetativa. Trae vantaggio dalle precipitazioni primaverili, mentre le piogge autunnali possono danneggiare la fioritura e quindi la produzione.

TECNICHE DI COLTIVAZIONE

I bulbi-tubero di zafferano si mettono a dimora ad una profondità di 10-15 cm fra fine agosto e inizio settembre, dopo essere stati ripuliti dalle tuniche esterne. Per ogni metro quadrato si usano 80 bulbi-tubero, avendo cura che siano distanti fra di loro almeno 5 cm. Lo zafferano utilizza bene la forza vecchia del terreno, quindi è preferibile farlo seguire a colture che hanno ricevuto un abbondante apporto di letame o compost, ESIGENZE DELLA PIANTA Lo zafferano si adatta a tutti i tipi di terre- come le patate o gli zucchini. Se così non no, purché non causino ristagni idrici; pre- fosse prima della lavorazione principale è ferisce quelli ricchi di sostanza organica bene concimare con 2 kg/mq di letame

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SCHEDE DI COLTIVAZIONE maturo o con 1 kg/mq di compost. In settembre lo zafferano germoglia e inizia a fiorire in ottobre, momento in cui inizia la raccolta. In questo primo periodo le erbe spontanee sono poco competitive e la scerbatura manuale e/o una leggera sarchiatura sono sufficienti per assicurare il loro controllo. In novembre, con il termine della fioritura, la vegetazione rallenta per riprendere poi nella primavera successiva quando la pianta genera nuovi bulbi. A partire dalla fine di maggio la vegetazione dissecca e a giugno i bulbi-tubero, dopo aver accumulato i materiali di riserva entrano in stasi vegetativa e possono essere raccolti e selezionati per la messa a dimora successiva. Nel periodo primaverile sono necessari ripetuti interventi di sarchiatura, per

contenere le erbe spontanee. Non è necessario invece prevedere l’irrigazione, se non in caso di forti siccità. Lo zafferano, quindi, si coltiva come se fosse una pianta annuale, ma è consigliabile non ripetere la coltivazione sullo stesso terreno prima di quattro anni. È possibile anche la coltivazione poliennale, meno onerosa in termini di manodopera e di costi, ma che fornisce un prodotto di minore qualità perché non permette di selezionare ogni anno i bulbi. Inoltre nella coltura annuale è più semplice il controllo delle erbe spontanee. In ogni caso una coltura di zafferano può durare al massimo 3-4 anni; in seguito i giovani bulbi-tubero non riescono più ad ingrossarsi in modo sufficiente e tendono a posizionarsi troppo in superficie con la conseguenza di far decadere l’impianto.

PRINCIPALI PARASSITI

Funghi patogeni (Rhizoctonia, Fusarium, Sclerotinia, Pythium). Si tratta di un gruppo di patogeni che attacca i bulbi, causando in alcuni casi, danni anche molto gravi. La difesa si basa su azioni preventive: assicurare un buono sgrondo delle acque, utilizzare un avvicendamento ampio ed eliminare, dopo la raccolta, i bulbi ammalati evitando di usarli per la messa a dimora.

RACCOLTA

I bulbi-tubero di zafferano si mettono a dimora a una profondità di 10-15 cm fra fine agosto e inizio settembre.

I fiori si raccolgono fra metà ottobre e metà novembre, al mattino, prima che schiudano per non correre il rischio di rovinare gli stimmi. Solo dopo aver terminato la raccolta giornaliera si procede alla separazione

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CAPITOLO 4 degli stimmi che devono essere staccati precisamente dove termina la loro colorazione rossa ed essere portati rapidamente all’essiccazione. Da un metro quadrato coltivato a zafferano si può ottenere 1-1,5 g di spezia pronta per l’uso. Per ottenerne 1 kg bisogna raccogliere oltre 120.000 fiori.

UTILIZZO Il piatto più famoso a base di zafferano è il risotto alla milanese o risotto giallo, ma lo zafferano si usa anche nella preparazione di condimenti per la pasta e di alcuni tipi di paella e di minestre.

Zafferano Il suo prezzo è molto elevato in considerazione delle basse rese che fornisce. Per questo motivo è uno dei prodotti alimentari più a rischio di sofisticazioni. Spesso, infatti, viene adulterato con la polvere di cartamo, con i rizomi di curcuma oppure con prodotti di origine sintetica.

CARATTERISTICHE NUTRIZIONALI E SALUTISTICHE Allo zafferano sono attribuite proprietà antidolorofiche, sedative, digestive, antidepressive e antiossidanti. Il suo uso, però, deve essere sempre moderato, perché a dosi elevate può causare vertigini, sonnolenza, aborti ed emorragie.

NOTE E CURIOSITÀ In Italia lo zafferano ha ottenuto tre riconoscimenti per la DOP: lo zafferano dell’Aquila, prodotto nella Provincia de L’Aquila nell’altopiano di Navelli; lo zafferano di S. Giminiano, che arriva esclusivamente dal Comune di S. Giminiano (Siena); lo zafferano di Sardegna coltivato e lavorato nei comuni di S. Gavino Monreale, Turri e Villanovafranca nel Medio Campidano.

I fiori di zafferano si raccolgono fra metà ottobre e metà novembre al mattino, prima che schiudano, per evitare di danneggiare gli stimmi.

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BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

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Le aromatiche, o officinali, rappresentano un gruppo di piante di particolare interesse sia per i loro molteplici impieghi culinari ed erboristici, sia per la relativa facilità di coltivazione.

In queste pagine, Francesco Beldì, agronomo e autore di successo di ma-

nuali di coltivazione biologica, guida il lettore in un affascinante viaggio

nel mondo delle piante aromatiche, attraverso oltre 50 schede che illu-

strano in dettaglio: dalla A di acetosa fino alla Z di zafferano, le proprietà, l’impiego e il metodo di coltivazione delle principali specie in grado di

prosperare nel nostro clima. Per ogni pianta sono inoltre riportati preziosi consigli e suggerimenti per il controllo dei parassiti, la raccolta e la con-

servazione, indispensabili per preservare al meglio le preziose proprietà delle aromatiche.

Francesco Beldì è nato a Genova e vive a Oleggio (No). Laureato in scienze agrarie nel 1990, ha da sempre operato nel campo dell’agricoltura biologica, occupandosi di ispezioni e controlli, assistenza tecnica alle produzioni, promozione e sviluppo di nuovi mercati. Attualmente cura i laboratori di orticoltura e frutticoltura biologica presso l’Enaip di Busto Arsizio. Molto attivo nelle attività di formazione e divulgazione, collabora regolarmente con il mensile Terra Nuova. Tra i titoli di maggiore successo ricordiamo: Il mio orto biologico, Curare gli alberi da frutto senza chimica, Difendere l’orto con i rimedi naturali, tutti pubblicati per le Edizioni Terra Nuova.

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