Vivere senza supermercato

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Elena Tioli

VIVERE

senza SUPER

MERCATO

Storia felice di una ex consumatrice inconsapevole PREF LUCI AZIONE D A I STEF CUFFARO ANIA ROSS & INI



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Prefazione “Piacere, mi chiamo Elena e sono venuta a questo incontro perché mi interessa molto il tema dell’autoproduzione e della decrescita felice. Se hai tempo, ti andrebbe di fare un’intervista da pubblicare sul mio blog vivicomemangi.it? Mi piace raccontare le storie legate al cambiamento personale all’insegna di una vita più in armonia con la natura…”. Così ho conosciuto Elena. Alla presentazione di un libro. Qualche giorno dopo ci siamo parlate al telefono. Poi è seguito l’articolo. L’ho letto e mi si sono spalancati gli occhi e il cuore. Come faceva questa ragazza così riservata, conosciuta per pochi secondi, ad aver compreso così profondamente i miei pensieri? Parole scritte meravigliosamente in grado di spiegare il senso pieno e rivoluzionario dell’autoproduzione, nell’esatta accezione che ha per me. Ci siamo scritte e chiamate per tanto tempo. Poi la fortuna ha voluto che potessimo collaborare a vari progetti e attivarci per la stessa associazione, il circolo di Roma del Movimento per la Decrescita Felice. Ora, dopo solo due anni trascorsi dal primo incontro, dopo migliaia di email e messaggi, dopo centinaia di ore passate a immaginare infiniti progetti per poi realizzarne solo l’1%, dopo tante gustose cenette vegan, dopo nuotate in piscina, sperimentazioni di autoproduzione, corsi, viaggi, pacche sulla spalla, consigli sul lavoro, sul modo di vedere il mondo, sulle scelte alimentari, sui libri, sui documentari, sugli articoli da leggere e pure sul taglio di capelli, posso solennemente affermare che non solo abbiamo costruito una profonda amicizia, ma che nutro per lei un’immensa stima.


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Vivere senza supermercato

Quella riservata blogger che mi si presentò davanti, con taccuino e macchina fotografica, adesso è una delle colonne portanti della mia vita. Mi sento privilegiata nel fare un percorso parallelo al suo, e nello stesso tempo così vicino. Se una inciampa, l’altra la ritira su. Condividiamo risorse e conoscenze in ogni possibile ambito dove si nascondano esperienze per arricchire la nostra vita. Semplicemente perché entrambe sentiamo che la collaborazione, e non la competizione, sia la strada giusta. Se ognuno apre il proprio “orticello all’altro”, diventa più facile e soprattutto più divertente coltivarlo. In queste pagine ci sono lo spirito di Elena, la sua umiltà, la sua allegria scanzonata. L’energia sovversiva di chi ha fatto un percorso mettendo in discussione quello che sembrava oramai una strada – quella consumistica – dritta e senza possibili deviazioni. Lo sdegno per un’economia che favorisce i grandi, umiliando i piccoli. L’impegno di chi da anni lavora per fare emergere l’altra faccia della medaglia. L’esempio, reale e raggiungibile, di chi certi percorsi li ha fatti davvero, a piccoli passi e con tante porte in faccia. La versatilità di chi ha sempre voglia di imparare e mai di dare lezioni. Elena sul suo blog raccontava le storie degli altri con ammirazione e curiosità, pensando a quanto le sarebbe piaciuto riuscire a cambiare davvero vita. Ora è lei stessa una storia… E in Vivere senza supermercato c’è tutto questo. Non solo il perché dovremmo cambiare, ma anche e soprattutto il come fare. Esempi pratici e consigli affinché dalla storia di Elena molte persone possano trarre ispirazione per diventare a loro volta una storia. Lucia Cuffaro


Prefazione

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Elena è una di quelle amiche con la A maiuscola, solare, sorridente e sempre positiva. L’incontro con lei è stato “un riconoscimento di anime”: dopo mesi e mesi di contatti virtuali, quando è venuta a casa mia per farmi un’intervista sembrava ci conoscessimo da sempre. Seppur così diverse, la sintonia e l’empatia sono state immediate. Curiosa, interessata, attenta: non mi ha fatto le solite domande banali, anzi. È riuscita a cogliere da subito il senso più autentico che sta dietro a certe scelte di vita e di alimentazione. E questa è stata la conferma che ciò che pensavo di lei era vero: persona concreta, profonda e di grande cuore. Da quel momento siamo sempre rimaste in contatto: condividendo, confrontandoci, ascoltandoci. Entrambe siamo convinte che solo dall’incontro e dallo scambio ci si possa arricchire. E nel suo libro c’è proprio questo: incontro e scambio. Un crocevia di storie positive di persone reali che si mettono in gioco, persone come me, come Elena e come i tanti altri nomi che popolano queste pagine. Esempi concreti di gente comune, non di personaggi pubblici o famosi, non di guru o di profeti, ma persone normali che pensano che i grandi cambiamenti partano dal piccolo, dal quotidiano, da ciascuno di noi. In una società dove la teoria è ben vista e accettata – perché diciamolo apertamente: pavoneggiarsi con concetti etici, ecologici, belli e buoni oggi è assai di moda e ormai ne sono capaci quasi tutti, molto più difficile, invece, è passare dalle parole ai fatti – questo libro è per chi vuole davvero fare la differenza. Prima di tutto per cambiare sé stesso e poi per essere di esempio agli altri e fattore di cambiamento nel mondo. Semplice? Forse no, ma di certo non impossibile. Anzi! Leggendo il libro, è indubbio che abbracciare un vivere più sostenibile anche attraverso una spesa più consapevole sia una scelta alla portata di tutti: indistintamente dal ceto sociale, dal luogo di provenienza o di residenza,


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Vivere senza supermercato

dalle ore di lavoro o di tempo libero di cui si dispone nell’arco della giornata. Con questo libro ognuno di voi avrà tra le mani un “inizio” che potrebbe essere davvero un punto di partenza. Iniziate da ciò che sentite più adatto a voi e, capitolo dopo capitolo, rivoluzionerete senza troppi traumi e con delicatezza non solo la vostra spesa ma anche la vostra vita. Ognuno con i propri valori morali, le proprie tempistiche, i propri dubbi: partite. Ora, non domani. Ora! Buona lettura! Stefania Rossini


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Prologo Non ce la farai mai. Non durerai più di una settimana. Avrai la casa sporca, i panni sporchi. Manderai il tuo compagno a fare la spesa. Morirai di fame. Il tuo compagno ti lascerà. Sono solo alcune delle accuse che mi sono sentita dire quando, a gennaio 2015, ho comunicato la mia intenzione di non entrare al supermercato per l’intero anno. Sono passati due anni e sono ancora qui, con il mio compagno, la pancia piena, la casa e i panni puliti e una nuova – felice – consapevolezza: si può fare. Si può fare a 33 anni, con un lavoro full time, a Roma, senza macchina. Ovvio, non sto dicendo che questa scelta vada bene per chiunque e che i supermercati debbano chiudere dall’oggi al domani. Sto dicendo, però, che con le nostre piccole scelte quotidiane si decide il mondo in cui vogliamo vivere. Sto dicendo che solo mettendo in discussione le nostre abitudini e i nostri pregiudizi si può davvero provare a fare qualcosa: per noi stessi, per il nostro pianeta e per le future generazioni. La realtà è molto più semplice di come ce la dipingono e la mia esperienza ne è la prova. Due anni fa l’idea di non entrare mai più in un supermercato sembrava folle. Ora mi sembrerebbe folle vivere in maniera diversa. Del resto passare da uno stile di vita da perfetta consumatrice a uno sostenibile e consapevole è stato facile e, udite udite, addirittura divertente: le soluzioni sono davvero alla portata di tutti e i risultati sono incredibili sia dal punto di vista economico che da quello ecologico, ma soprattutto per la qualità della vita. E ve lo dice una che del supermercato aveva fatto una seconda casa.


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La Mia Scelta

Consumiamo ogni giorno senza pensare, senza accorgerci che il consumo sta consumando noi e la sostanza del nostro desiderio. È una guerra silenziosa e la stiamo perdendo. – Zygmunt Bauman

Fin da piccola ho sempre avuto un’attrazione per il consumo. A 16 anni ho regalato un forno a microonde a mia mamma, accompagnato da un libro contenente 50 ricette create ad hoc per questo elettrodomestico: cibi pronti in meno di 5 minuti (mi sembrava l’acquisto più bello del mondo!). Uno schiaffo alla buona cucina, quella della nonna per intenderci. Ma io ero innamorata del già pronto: pasta pronta, sugo pronto, verdura pronta da condire. Che ne sapevo di quel che era racchiuso dietro quell’innocua e accattivante frasettina? Ogni volta che sentivo in casa l’odore di aceto, che mia mamma usava per pulire, mi saltavano i nervi: che puzza! E quante volte ho tentato di convertire i miei genitori alla macchina del caffè a cialde: un espresso in meno di 8 secondi e mezzo. Ma loro, fedeli alla vecchia e cara (lentissima) moka, non si sono mai lasciati convincere. Appena sono andata a vivere da sola mi sono sbizzarrita nel comprare spruzzini profumati e colorati per pulire, sgrassare e igienizzare. Che paradiso la corsia del supermercato dedicata ai prodotti per l’igiene! Shampoo, bagnoschiuma, balsami… li ho provati tutti. A casa dei miei genitori, del resto, erano ancora di moda le vecchie saponette di Marsiglia (quanto le odiavo) e i medioevali rimedi della nonna.


La Mia Scelta

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Sono cresciuta in un paesino della campagna mantovana, “un piccolo mondo di un mondo piccolo piantato in qualche parte dell’Italia del Nord”, per dirla alla Guareschi. Ho passato l’infanzia all’aperto: tra i campi, il pollaio e l’orto di mio nonno. A casa tutto si poteva creare, rammendare, accorciare o aggiustare. Fin da piccola mi sono destreggiata con passata di pomodoro fatta in casa, spaghetti tirati con il torchio e tortelli fatti a mano, uva pestata per fare il vino, macchina da cucire, cassette degli attrezzi in cui si trovava di tutto (cose che neanche Mary Poppins!). Poi sono arrivati gli studi e i traslochi. Prima a Ferrara, poi a Roma. Gli amici, gli aperitivi, i colleghi, gli impegni, gli obiettivi e le aspettative, la casa, la carriera… la vita insomma. Bella, devo dire. Ricca di soddisfazioni. Fino al giorno in cui, da trentenne supermotivata con laurea, buon curriculum e buone doti relazionali (come si usa scrivere nelle domande di lavoro), mi sono trovata disoccupata. Una tragedia per cui non smetterò mai di essere grata alla vita, che mi ha permesso di ridefinire totalmente le mie priorità, mettere in discussione i miei comportamenti, il mio stile di vita e anche i miei progetti per il futuro. Ma all’epoca non lo sapevo... Proprio mentre mi deprimevo nel senso di fallimento, infatti, ho iniziato a rimuginare e a chiedermi se davvero quel malessere fosse normale. Quella sensazione di sconfitta ben presto si è tramutata in smarrimento: non era solo il lavoro, era la mia vita che veniva messa in discussione. Era la frenesia e lo stress di cui quasi sentivo la mancanza da autrice – com’era possibile? Era quel disagio continuo per un corpo mai abbastanza alto, magro, bello, per una vita mai abbastanza… Mai abbastanza cosa? Cosa mi mancava davvero? Le pubbliche relazioni, lo status sociale, il lavoro, le sigarette fumate in pausa con i colleghi, i vestiti, i 10 mila caffè, il telefono che squillava in continuazione? Dav-


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Vivere senza supermercato

vero la vita si limita a questo? Al produrre – guadagnare – spendere – consumare – sprecare – buttare? Ecco! In quel momento, la mia vita è cambiata. Ed è cambiata talmente tanto che, malgrado l’ansia e la tristezza, sono riuscita addirittura a smettere di fumare. Dopo 15 anni e almeno 20 sigarette al giorno (circa 110 mila sigarette fumate!), il 3 giugno del 2013 ho detto basta.


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La metafora del fumo

La verità è che non scegliamo di diventare fumatori, né scegliamo di continuare a fumare. Se avessimo scelta perché smettere dovrebbe essere così difficile? – Allen Carr

Potrà sembrare che stia andando fuori tema ma in realtà credo che ci sia una forte analogia tra i tabaccai e i supermercati. Entrambi sono luoghi abituali, in cui entriamo e spendiamo tantissimi soldi per comprare cose di cui spesso non abbiamo realmente bisogno, quasi sempre dannose per la salute, per l’ambiente e per chi le produce. Io ho fumato per una vita, da quando avevo 14 anni. In alcuni periodi più di un pacchetto al giorno. Ho iniziato il primo anno delle scuole superiori, come fanno tanti ragazzi e per gli stessi motivi: noia, ribellione, ignoranza, per essere accettati dagli altri… poi non ho più smesso. Mi chiedevo perché avrei dovuto farlo. Quando poi l’ho capito e ho deciso di smettere, è stato difficile e frustrante; ci ricadevo sempre. Sembrava impossibile uscirne! Smettere di fumare, infatti, è considerata da tutti una delle scelte più complicate che si possa fare nella vita. Un giorno però l’ho fatto. E l’ho fatto senza esaurimenti, pentimenti, frustrazione. Ho semplicemente aperto gli occhi e capito che non era poi così difficile.


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Vivere senza supermercato

Da quel giorno la mia vita è cambiata. E non solo perché eliminando il fumo ho ricominciato davvero a vivere, a respirare e a pensare più liberamente. Ma, soprattutto, perché mi sono resa conto della gabbia che, influenzata dalla società, mi ero costruita addosso. Una gabbia fatta di falsi bisogni e grandi illusioni. Me l’ero costruita davvero bene, ma per fortuna avevo le chiavi. Le abbiamo tutti. Dobbiamo solo usarle… è facile! Dopo aver smesso di fumare ho iniziato a ripensare ai molti altri aspetti della mia vita che ritenevo normalità ma che in fondo sapevo essere fonte di un malessere costante, anche se non decifrabile. Avete presente la teoria del piano inclinato di Galilei (quella riproposta da Aldo, Giovanni e Giacomo in un film per intenderci)? Ecco, da lì in poi nel mio cervello una pallina ha iniziato a correre sempre più veloce. Allora ho capito che non è normale pagare per avvelenarsi. Non è normale spendere tanti soldi per comprare prodotti inutili o dannosi, abbuffarsi di cibo tossico o respirare veleno. Non è normale affannarsi tanto per potersi permettere queste cose. Non è normale spendere così il proprio preziosissimo tempo. Mi sono resa conto che questa non era la vita che volevo! In pochissimo tempo ho rivoluzionato la mia alimentazione, le mie priorità, le mie abitudini e la mia prospettiva. Senza saperlo ho abbracciato quello stile di vita che in tanti definiscono “decrescita”: un vivere più consapevole e sostenibile in cui ci si prende la responsabilità delle proprie azioni e della qualità della propria esistenza. Ho iniziato a informami, a leggere, a chiedere. Ho conosciuto persone che già avevano intrapreso un percorso simile e che condividevano questi pensieri. Da lì in poi è stata una reazione a catena: mettere in discussione quell’insignificante e abituale gesto di portarsi una sigaretta alla bocca


La metafora del fumo

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mi ha fatto aprire gli occhi su tutta una serie di altri infiniti e insignificanti gesti che sono alla base della vita di milioni di persone e che tengono in piedi, alimentandolo, un sistema che non può più funzionare, come si capisce se solo ci guardiamo intorno. È stato facile, una volta focalizzato questo pensiero, decidere di cambiare. È stato facile, dopo una vita di diete e di lotta con il cibo, iniziare a dire no a sostanze raffinate, industriali, chimiche, ai derivati animali, agli zuccheri aggiunti, ai grassi e al sale, a tutto ciò che viene pubblicizzato come buono ma che in realtà non lo è. È stato facile iniziare a comprare in maniera più consapevole e intraprendere la strada dell’autoproduzione; è stato facile abbracciare la decrescita e la sostenibilità, anche in una città come Roma che sembra spingerti continuamente in direzione opposta. Decidere di non andare più al supermercato è stato talmente facile che oggi ritengo sia molto più complicato vivere come facevo prima, come sarebbe normale secondo quanto imposto dalla società. Una società che, mentre prosciuga la nostra energia vitale, ci insegna a pagare per avvelenarci, ci vuole consumatori ubbidienti, telespettatori presenti, ruba il nostro tempo, ci spolpa l’esistenza e intanto ci costringe a pensare che è bello, normale e giusto che sia così. In tanti si lamentano, sostenendo che questa non è vita, che questo mondo del lavoro è alienante, che servirebbero giornate di 48 ore e che non si ha più il tempo di far nulla… in tanti si lamentano di non essere felici. Quasi nessuno però pensa di poter cambiare le cose. Il mutuo, i figli, le tasse, le vacanze, gli studi, lo stipendio a fine mese, l’incertezza del futuro, la comodità del presente… sono tutte ottime giustificazioni per continuare ad andare avanti come si è sempre fatto.


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Anche io, quasi certamente, se non mi fossi trovata davanti al baratro aperto dalla disoccupazione, se non mi si fosse accesa quella lampadina, sarei ancora lì, attaccata a una sigaretta a pensare quanto è bello fumare dopo la decima ora di lavoro, dopo l’ennesima giornata lavorativa, nell’attesa del venerdì, che dura sempre troppo poco, come questa maledetta sigaretta, che è già finita. E invece…


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Vivi come mangi Quella in cui viviamo è una società dello spreco, della scarsità e della frustrazione, in cui i beni fondamentali, il cibo sano, un’aria pulita, un’acqua non contaminata, quasi non esistono più. Una società felice consuma poco, per indurre a consumare bisogna creare insoddisfazione. – Serge Latouche

Come diceva Nanni Moretti in un suo film, “chi parla male, pensa male e vive male”. Credo che lo stesso valga per il cibo: pensa e vive male anche chi mangia male. E mangiare male non significa soltanto introdurre nel nostro organismo alimenti che in realtà non ci nutrono. Vi siete mai chiesti da dove proviene quello di cui ci cibiamo? Cosa contiene? Che effetti ha sulla nostra salute, sull’ambiente e sugli altri esseri viventi? Io non mi ero mai posta queste domande. Erano ben altre le cose a cui pensavo quando mi trovavo davanti a un piatto: i particolari normali a cui presta attenzione chi per una vita ha avuto rapporti difficili con il proprio corpo e fin troppo buoni con il cattivo cibo. Conducevo una vita come tante insomma, fatta di occhiatacce allo specchio e di invidia per quei sederi taglia 38, di diete improvvisate e di abbuffate ben riuscite, di aperitivi e di sensi di colpa. Poi, anche grazie al fatto di aver smesso di fumare, le domande sono cambiate e mi si è aperto un mondo. In poco tempo ho detto praticamente addio al caffè, alla carne e a quasi tutti i derivati animali. Non si


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Indice

Prefazione 3 Prologo 7 La Mia Scelta 8 La metafora del fumo 11 Vivi come mangi 15 Vivere senza supermercato 17 I primi passi fuori 19 Il Gruppo d’acquisto solidale 20 Come funziona nella pratica un Gruppo d’acquisto solidale? 21 Comprare sfuso 22 Mercati, botteghe e piccoli produttori 24 Orti urbani e sociali: la campagna in città 25 Virtuale: reale, solidale e sostenibile 28 Il prezzo “nascosto” della plastica 32 Piatti, bicchieri e posate usa e getta: il trionfo della pigrizia 35 Tovaglioli, fazzoletti e strofinacci: perché no? 36 Lavarmi senza sporcarmi 39 Cose da donne 47 Ok… ma la carta igienica? 50 Come pulire casa senza sporcare il mondo 52 Mangio ergo sum 59 Apriamo gli occhi (e guardiamoci in faccia) 60 La filiera sporca della grande distribuzione 62 No agli allevamenti intensivi 66 Riprendiamoci la dieta mediterranea 76 Quindi? Che si mangia?! 79 Piccola parentesi sull’insalata in busta 82 Prima di tutto, le materie prime 83


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Vivere senza supermercato

L’autoproduzione in cucina Non sprecare! L’acqua del sindaco

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Consumo critico 97 L’impronta ecologica 101 Ok, ma… 105 Ma… tu non hai figli! 106 Ma… quanto mi costa? 108 Ma tu vivi in città 109 Ma… i lavoratori?! 110 Ma gli esperti dicono che… 112 Ma… i piaceri della vita? 117 La mia vita senza 121 Grazie!

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Post scriptum

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10 consigli per una spesa più consapevole 129 Consigli di lettura 131


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ELENA TIOLI Elena Tioli, classe 1982, trapiantata a Roma da Ser-

Code, imballaggi, prodotti inutili e dannosi per la salute e per l’ambiente, filiera lunga, inquinamento e sfruttamento, bisogni indotti da pubblicità, lunghe attese per trovare parcheggio, per scegliere, per pagare: questo è il supermercato. E chi pensa che rinunciarvi sia difficile, inutile o addirittura impossibile, dovrà ricredersi. Vivere senza supermercato non solo è possibile ma è addirittura facile e piacevole: parola di chi lo ha fatto. Entrare in relazione con i produttori, scoprire la provenienza e l’origine delle merci, informarsi sulle conseguenze, personali e globali, di ciò che si acquista e si consuma: vivere senza supermercato significa tutto questo e molto altro ancora. Significa fare una spesa ecologica, consapevole e responsabile, dando un nuovo valore ai propri gesti e un peso diverso ai propri soldi. Significa cambiare stile di vita e modo di pensare. Vivere senza supermercato significa guadagnarci: in soldi, salute, relazioni e tempo. Una scelta alla portata di tutti.

ISBN  88  6681  205  0

€ 11,50

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VIVERE

senza SUPER

MERCATO

VIVERE

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TERRA NUOVA EDIZIONI

Dall’inizio del 2015 non entra in un supermercato.

senza SUPERMERCATO

mide (Mn) e freelance per scelta, si occupa di ufficio stampa e lavora come collaboratore parlamentare alla Camera dei Deputati occupandosi di ambiente e alimentazione. È animatrice del blog www.vivicomemangi.it

Elena Tioli

Storia felice di una ex consumatrice inconsapevole PREF LUCI AZIONE D A I STEF CUFFARO ANIA ROSS & INI


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