IL BALLO FINALE
ANNO 17. N.21 (785), 28 maggio 2016. Poste Italiane Spedizione in A.P. D.L. 353/2003 conv. L. 46/2004 art. 1, c1, DCB Milano. Non acquistabile separatamente da La Gazzetta dello Sport, € 2 (SportWeek € 0,50 + La Gazzetta dello Sport € 1,50).
LA RIVALITÀ TRA DIEGO SIMEONE E ZINEDINE ZIDANE È COMINCIATA TANTI ANNI FA, IN ITALIA. E NOI LA RACCONTIAMO TUTTA, GOL PER GOL, GARA PER GARA
izou: o Z & Cholo dovevam on “ M a n erci più?” rived
A MILANO PER LA CHAMPIONS Diego Simeone e Zinedine Zidane ai tempi delle sƂde italiane: questo scontro è del novembre 2000, Juve-Lazio 1-1. Oggi si ritrovano a San Siro per la Ƃnale di Champions.
Sommario n. 21 (785)
sabato 28 maggio 2016
La foto di copertina è di Gian Mattia d’Alberto.
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ripartenze
champions o promessi sposi sempre invasione spagnola è
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international
la faida dinamo kiev-shakhtar che lacera l’ucraina pre-euro 2016
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Start
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Solo in america
il mito della indy 500 che iniziò… con una carrozza a cavallo
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l’agenda di gene
e i pozzo comunicarono a iachini di aver venduto l’udinese a zamparini
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cover StorY
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million dollar woman monica abbott, campionessa usa del softball, ha firmato un contratto a 6 zeri. nessuna donna c’era mai riuscita
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Simeone vS zidane allenano atletico e real, avversari oggi in finale di champions. la loro rivalità iniziò, da giocatori, in italia. ve la raccontiamo…
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reportage
un giro dentro al giro corridori. organizzatori. pubblico. scopriamo le anime della corsa rosa
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gallery
le bici dei campioni ecco le due ruote usate al giro. sono top di gamma e costano. ma cambiando i componenti si risparmia
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sommario N. 21
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intervista
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domiNic thiem
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sharapova. corse notturne. tronchi come pesi. il nuovo fenomeno del tennis si racconta
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ritratto
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fraNcesco flachi da idolo samp a “bischero” beccato con la coca. che dribbla ancora. nel suo bar
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infographic
iNdy vs f.1 i due principali campionati in monoposto a confronto
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intervista
juaN pablo moNtoya domani si corre la 500 miglia di indy. l’ultimo vincitore spiega segreti, fascino e differenza con i gp di f.1: «qui la velocità è da paura»
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S p o r t l i f e
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la storia
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marilyN moNroe
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il 1° giugno compirebbe 90 anni l’attrice che stregò il mondo. e joe dimaggio, re del baseball
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musica
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michael kiwaNuka
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blues, gospel ed echi dei pink floyd nel nuovo cd dell’artista di origini ugandesi
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bellezza d’epoca
classe e passione sulle strade italiane per la mille miglia storica. noi c’eravamo
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pub heroes
R I PA R T E N Z E
DI LUIGI GARLA
N DO
Milano spagnola tra Champions e cassoeula DIEGO SIMEONE
Pedro, con juicio”. In questa doppiezza c’è già il seme della Grande Inter: avanti, ma con prudenza. Catenaccio e controgolpe, organizzato da un piccolo ideologo galiziano che avrebbe disegnato comete nel cielo di San Siro e guidato Milano alla conquista del mondo: Luisito Suarez. Non guardiamo ai chiassosi spagnoli che occhieggiano le commesse di Monte Napoleone come a nuovi invasori, ma come a vecchi amici che qualcosa di buono in città hanno portato. La cassoeula, addirittura. Leggenda vuole che un soldato spagnolo, innamorato di una bella cuoca che prestava servizio a casa di nobili milanesi, abbia suggerito alla tipa la ricetta di un piatto a base
Piaz za del Duomo a Milano si prep
di verze e maiale, diventato cult nella tradizione gastronomica milanese. La ragazza fece un figurone coi suoi padroni. Anche il dialetto milanese deve molto alla Spagna. Se Zapata accenna un disimpegno difensivo palla al piede, un tifoso milanista può sospirare: “Che stremizzi…”, cioè “Che spavento…”, deposito del termine spagnolo estremezo. Se Felipe Melo si fa cacciare per rosso diretto dopo 20 secondi, il tifoso interista può dedurre: “L’è locch…”, cioè “È matto…”, deposito del termine spagnolo loco. Parlano come noi, mangiano come noi… Convinciamoci, milanesi: in queste ore abbiamo in casa dei buoni amici, non gli antichi invasori. Interisti, stasera palpitate per il mitico e indimenticato Cholo Simeone, che ha inzuppato di sudore tante casacche nerazzurre. Milanisti, seguite con simpatia il Niño Torres, che ha lasciato nella memoria poco più di un gol a Empoli, ma che ha attraversato con eleganza di modi la sua breve vita rossonera. Certo, prestare il proprio glorioso stadio alla gloria degli altri fa venire l’orticaria. Ma in fondo la peste del 1630 è stata molto peggio.
ara ad accogliere i tifosi.
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PAOLO SALMORAGO
B
ei tempi quando erano i tifosi milanesi a invadere Barcellona o Madrid per rincorrere e festeggiare una Coppa dei Campioni. In queste ore sono gli spagnoli a sciamare per le vie di Milano, a bivaccare in piazza Duomo, a sventolare bandiere, a cantare la propria fede prima di ammassarsi a San Siro e giocarsi il proprio nobile derby che vale un’intera Europa. Un banchetto da ricchi. Inter e Milan restano a guardare come poveracci col naso schiacciato contro la vetrina di una gastronomia. Nella tradizione agiografica, San Siro era il ragazzino con le ceste di pani e pesci che il buon Gesù moltiplicò per sfamare la folla. In assenza di miracoli, servirebbero almeno ceste di soldi cinesi per consentire a rossoneri e nerazzurri di sognare altre finali di Champions. Nell’attesa, Milano è occupata dagli spagnoli, come nel ’600, quando a Monza non si parlava di Galliani, ma di una monaca e di uno sciagurato Egidio che aveva la coscienza sporca, ma non per gol sbagliati. È la Milano manzoniana che abbiamo studiato nei Promessi Sposi. Ricordate il cancelliere Ferrer che dà istruzioni a denti stretti al suo cocchiere? “Adelante,
SAN SIRO È FUTBOL PURO
I N T E R N AT I O N A L
DI PAOLO CON
DÒ
UCRAINA
All’Europeo, l’Ucraina arriva divisa in due LA STORICA RIVALITÀ TRA I BLOCCHI FORMATI DAI GIOCATORI DELLA DINAMO KIEV E DELLO SHAKHTAR DONETSK È SFOCIATA NELLA RISSA TRA STEPANENKO E YARMOLENKO, CHE ORA SI RITROVERANNO IN NAZIONALE. IL C.T. FOMENKO SPERA ALMENO IN UNA TREGUA 2016. Nel racconto di Michael Yokhin per espnfc.com, il casus belli è stato un gesto di Taras Stepanenko dopo il 3-0 per lo Shakhtar firmato da Eduardo. Il centrocampista di Donetsk è andato sotto alla curva dei tifosi della Dinamo baciando più volte lo stemma sulla propria maglietta: di ritorno verso il centrocampo è stato affrontato a muso duro da diversi avversari, finché Andriy Yarmolenko l’ha steso con uno sgambetto molto violento. Lì è esplosa la rissa, sedata a stento dopo un paio di minuti di botte collettive: tre i cartellini rossi comminati (Stepanenko, Yarmolenko e Kucher, tutti nazionali), gravi soprattutto alcune dichiarazioni del post-partita, tipo quella del portiere veterano della Dinamo
Andriy Yarmolenko, 26 anni, atta 10
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Kiev, Alexandr Shovkovskiy. «Stepanenko dovrebbe pensare alla sua incolumità personale. Non vive più a Donetsk, adesso abita a Kiev, e penso che i tifosi della Dinamo potrebbero non perdonargli certi comportamenti». Nei giorni successivi Yarmolenko, che sarebbe pure il miglior giocatore ucraino, ha pronunciato parole contrite, anche se non troppo pentite: «Non avrei dovuto sgambettare Stepanenko, in campo occorre saper resistere alle provocazioni». In realtà la faida fra i due va avanti da tre anni, da un durissimo intervento di Yarmolenko che Stepanenko provò ad archiviare lo scorso autunno con un gesto di distensione: lo scambio di magliette a fine gara. Yarmo accettò ma poi, dirigendosi verso la sua curva, gettò platealmente a terra la maglia del rivale. E la tensione crebbe fino alla rissa di questo maggio. Fomenko si è detto tranquillo del fatto che il bene superiore della nazionale risolverà tutto, e i due giocatori – pur confermandosi distanti da un rapporto accettabile – hanno assicurato che la convivenza in ritiro non sarà un problema. Staremo a vedere.
ccante della Dinamo Kiev.
MATTHEW ASHTON
N
elle ultime 20 stagioni è successo soltanto due volte che la Dinamo Kiev e lo Shakhtar Donetsk non abbiano chiuso la Prem’er Liha – il campionato ucraino – ai primi due posti (10 titoli ai primi, 9 ai secondi). Una diarchia così radicata non può che implicare una rivalità fortissima, accentuata negli ultimi anni dall’esilio cui è stato costretto lo Shakhtar: la bellissima Donbass Arena, sede di una semifinale europea soltanto quattro anni fa, è stata danneggiata dai bombardamenti, e in generale la zona di Donetsk è finita sotto il controllo dei separatisti filo-russi in un quadro di guerra congelato. Mircea Lucescu e i suoi sono emigrati nella capitale, e di lì si spostano a Leopoli per le partite “casalinghe”: in questa situazione la leadership dello Shakhtar si è incrinata a favore della Dinamo Kiev, che ha appena vinto il secondo campionato di fila. Ma nell’ultimo scontro diretto, per quanto ininfluente essendo arrivato a titolo già assegnato, è esplosa una rissa che sta creando grossi grattacapi al c.t. Mykhaylo Fomenko, impegnato ad allestire la squadra per Euro
SOLO IN AMERICA
DI LANFR ANCO
VACCARI
La prima Indy vista nello specchietto IL VINCITORE DELLA DEBUTTANTE INDIANAPOLIS, NEL 1911, FU RAY HARROUN. ISPIRANDOSI A QUELLO VISTO SU UNA CARROZZA, MONTÒ PER LA PRIMA VOLTA UN RETROVISORE SOPRA IL VOLANTE. DOPO IL TRIONFO, PERÒ, AMMISE: «NON VEDEVO UN DANNATO ACCIDENTE»
C
ome tutti gli anni, un anonimo signore ha piantato una bandiera a scacchi accanto alla piccola lastra di marmo sul prato del Memorial Park di Anderson, Indiana. Ma per la prima volta non è stato un omaggio solitario. Alla vigilia della 100ª edizione della corsa più famosa del mondo, le tre righe di lettere di bronzo (Ray W. Harroun / 1879-1968 / Vincitore – 1ª Indy 500 – 1911) e la greca lungo il bordo sono state lucidate; l’erba è stata curata; una corona d’alloro intrecciata di fiori bianchi è stata deposta; e una grande targa, di quelle che in America contrassegnano i siti di interesse storico, è stata scoperta. Per quanto tardivo (il secolo dall’impresa è ricorso nel 2011), si tratta di un riconoscimento doveroso. Ray Harroun ha fatto molto di più che iscrivere il suo nome sull’albo d’oro e lasciare la sua faccia scolpita sul Borg-Warner Trophy. Prima di diventare un pilota, aveva lavorato come autista per William Thorne, il presidente della Montgomery Ward, prima società di vendite per corrispondenza e gigante della grande distribuzione. Oltre che portarlo in giro per Chicago, doveva mantenere efficiente l’automobile. Così scoprì un talento che lo avrebbe condotto alla Marmon, quando a cavallo del secolo l’azienda di Indianapolis aggiunse le auto al suo core
business, i mulini a motore per cereali. Harroun aveva sviluppato la Marmon Wasp nel 1910, dominando la 200 Miglia corsa al Motor Speedway appena dopo che la pista era stata lastricata con 3,2 milioni di mattoni. Era una macchina rivoluzionaria. In un’epoca in cui le auto da corsa erano biposto (il meccanico di bordo oltre al pilota), la sua era una monoposto. Ciò migliorava l’aerodinamica, esaltata dalla coda appuntita quando le gallerie del vento erano ancora di là da venire, la seconda ragione per cui il modello era stato chiamata Vespa (la prima erano i colori giallo e nero). I meccanici di bordo si giravano per vedere se stava arrivando un’altra macchina e avvertivano il pilota per evitare incidenti. Citando motivi di sicurezza (ma soprattutto per l’umiliazione subita alla 200 miglia), gli altri 39 concorrenti della prima Indy
Ray Harroun (1879-1968) sulla pista 12
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di Indianapolis.
500 chiesero la squalifica di Harroun. Lui non si scompose e si ricordò di quello che aveva visto quando lavorava per Thorne: uno specchio attaccato all’estremità di un palo su una carrozza a cavallo. Andò in città, ne comprò uno di 7,6x20,3 cm, lo montò su un sostegno al centro dello scocca, sopra al volante. Fu abbastanza per convincere Ernie Moross, il direttore di corsa, che vedeva i movimenti alle sue spalle. Forse non fu il primo specchietto retrovisore della storia, come vuole la leggenda, ma certo ne popolarizzò l’uso. Martedì 30 maggio 1911, la pace car, una Stoddard-Dayton, si mise in moto; lo starter Fred Wagner sventolò la bandiera verde e la corsa cominciò. Harroun non aveva la macchina più veloce, ma teneva un passo costante: i tecnici Firestone gli avevano detto che la velocità limite per evitare un eccessivo consumo dei pneumatici era 75 mph (120 km/h). Con due soste ai box per sostituirli, contro le quattro degli avversari, tagliò il traguardo in 6h52’08”, alla media di 74,59 mph. Molti anni dopo a Donald Davidson, lo storico ufficiale dell’Indianapolis Motor Speedway, confessò che le vibrazioni provocate dai mattoni del fondo erano tali da rendere lo specchietto del tutto inutile: «Non riuscivo a vedere un dannato accidente», disse. «Ma lo sapevo soltanto io». FONTI: THE FIRST SUPER SPEEDWAY, USA TODAY, THE NEW YORK TIMES, SILICONCOWBOY ’S BLOG, MICHIGAN LIVE, W THR.COM
NUMERI E PERSONE
RRONE DI MASSIMO PE
Auguri al Nepal: ha 8 anni e mille problemi OGGI, 28 MAGGIO, LO STATO ASIATICO FESTEGGIA LA RECENTE PROCLAMAZIONE DELLA REPUBBLICA, DOPO 240 ANNI DI MONARCHIA. HA UN PRESIDENTE DONNA (SONO 9 NEL MONDO) CHE DEVE FARE I CONTI CON I DANNI DEL SISMA DEL 2015: CI SONO ANCORA 3 MILIONI DI SFOLLATI
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GLI ANNI passati, oggi, dalla proclamazione della Repubblica in Nepal dopo 240 anni di monarchia. Il 25 settembre 1768 il sovrano del Gorkha, Prithvi Narayan Shah, si era insediato come primo re del Nepal moderno dopo aver unificato i reami di Kathmandu, Patan e Bhaktapur. Ridotti a figure marginali per oltre un secolo (1846-1951) durante il dominio della famiglia Rana, 12 diversi reali di quello Stato asiatico si sono comunque succeduti fino al 28 maggio 2008, quando l’ultimo re è stato deposto.
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GLI ANNI dell’ultimo re del Nepal, Gyanendra, quando è stato esautorato nel 2008. Dichiarato re ad appena 3 anni, nel 1950, restò in carica per 2 mesi fino al ritorno dall’esilio del nonno Tribhuvan; poi succedette nel 2001 a suo nipote Dipendra che aveva sterminato la famiglia a causa di un litigio sulla donna che gli impedivano di sposare. Il 29enne Dipendra, ubriaco e “fumato”, uccise padre, madre, sorella, fratello e altri 5 parenti prima di spararsi. Proclamato comunque re, morì dopo 3 giorni di coma.
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I MORTI causati in Nepal dal sisma del 25 aprile 2015; più altri 218 per il terremoto del 12 maggio. Dopo un anno, nonostante oltre 4 miliardi di dollari stanziati, ci sono ancora 3 milioni di sfollati: più di un abitante su 10, visto che nel 2011 (ultimo censimento) ce n’erano 26,4 milioni. La superficie è di 147.181 kmq, metà dell’Italia per un Paese stretto tra Cina e India senza sbocco al mare. I gruppi etnici o castali sono 125; si parlano 123 idiomi; si professano 10 religioni (con un 81,3% di induisti).
GLI OTTOMILA – sui 14 al mondo – in territorio nepalese: a partire dal più alto (8.848 m), l’Everest, che lì chiamano Sagarmatha. Domani è il 63° anniversario della conquista del neozelandese Edmund Hillary e Tenzing Norgay: uno sherpa nepalese come Tejbir Bura, premiato con l’oro olimpico al merito nel 1924 insieme agli altri componenti della spedizione sull’Everest fallita nel 1922. Il Nepal, ai Giochi, ha ottenuto solo un bronzo (Seul 1988) con Bidhan Lama quando il taekwondo era sport dimostrativo.
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GLI ANNI del presidente Bidhya Devi Bhandari, eletta il 29 ottobre 2015 da esponente del Partito Comunista (Unificato Marxista-Leninista). Sono 9 – escluse la brasiliana Dilma Rousseff, per l’impeachment, e le regine – le donne capi di Stato: le altre in Corea del Sud (Park Geun-hye), Cile (Michelle Bachelet), Croazia (Kolinda GrabarKitarovic), Liberia (Ellen Johnson Sirleaf), Lituania (Dalia Grybauskaite), Malta (Marie Louise Coleiro Preca), Marshall (Hilda Heine) e Mauritius (Ameenah Gurib).
GLI ANNI dopo cui, a febbraio, il Nepal ha rivinto l’oro nel calcio ai South Asian Games battendo 2-1 l’India; gol decisivo di Nawayug Shrestha, classe ’90, capocannoniere con 7 reti in 4 incontri. I precedenti 2 ori nel football – il Nepal è 180° nel ranking Fifa – erano arrivati nel 1984 e ’93. Le medaglie in questa edizione dei Giochi sono state 60: 3 ori (gli altri nel judo e nel wushu), 23 argenti, 34 bronzi. Il record in casa a Kathmandu nel ’99: Nepal secondo (dietro l’India) con 32 ori e 65 medaglie.
Maggio
L’A G E N D A D I G E N E
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HI DI GENE GNOCC
GLI
A P P U N TA M E N T I
DA
NON
PERDERE
Il Lanciano conquista lo scudetto! Lunedì
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DELLA
PROSSIMA
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1
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SETTIMANA
Domenica
29
Grande sfiga di IACHINI . Dopo aver firmato per l’Udinese, gli comunicano che Pozzo ha venduto il club friulano a Zamparini.
Martedì
Dopo che Klose, Toni, Di Natale e persino Bellini
Sono ormai 20 giorni che il SOSIA DI BENITEZ
hanno tirato il RIGORE nella partita d’addio,
gira per l’Inghilterra nella speranza di trovare
il “rigore a fine carriera” entra nel contratto
una che gliela dia.
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dei calciatori. La società te lo fa tirare ma in cambio trattiene una parte del Tfr.
Mercoledì
1
Giovedì
Prima mossa di mercato
Il dottore della Nazionale, Castellacci, dopo
di Berlusconi: ceduto
un’accurata visita a MARCHISIO, dichiara
DUDÙ al canile
che la mezzala juventina è incinta.
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di Cesano Boscone.
Venerdì
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Sabato
Al LANCIANO vengono restituiti 96 punti
Continua a Napoli il grande successo
e il club di Valentina Maio vince il campionato
della PIZZA HIGUAIN . È uguale alle
di Serie A staccando la Juventus di 20
altre, ma ti battono lo scontrino
lunghezze.
36 volte.
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START/CLASSIFICA
BASKET NBA
FINALE DA BRIVIDO, PAROLA DI DAN
IL 2 GIUGNO INIZIA LA SFIDA PER IL TITOLO. UNO CHE LE HA VISTE TUTTE HA SCELTO LE SERIE PIÙ INCREDIBILI di Dan Peterson
BOSTON-LOS ANGELES 4-3
1984 La mia prima finale da telecronista. Che giocatori! Boston: Bird, McHale, Parish. Lakers: Kareem. L.A. vince a Boston, Boston vince a L.A. Gara-7? “Pandemonio al Boston Garden!”. La serie più intensa che abbia mai visto.
MINNEAPOLIS-NEW YORK 4-3
1952 Siamo nell’era prima del cronometro dei 24”. Il più grande giocatore di sempre (fino ad allora), George Mikan (Minneapolis Lakers), è terrificante. Ma i Knicks di coach Joe Lapchick giocano la serie della vita e arrivano a un passo dall’impresa.
WASHINGTON-SEATTLE 4-3
1978 Una battaglia fisica. Washington con l’armadio Wes Unseld, la statua Elvin Hayes e Larry Wright, poi stella in Italia; i Sonics con Jack “Il Martello Biondo” Sikma. Ultimi in classifica all’inizio della stagione, fanno una rimonta pazzesca. Vinceranno l’anno dopo.
LOS ANGELES-BOSTON 4-3
2010 I Lakers di Phil Jackson, con Kobe Bryant al top, contro i Celtics di Doc Rivers e i suoi veterani Pierce, Garnett e Allen che quasi “rubano” il titolo. Gara-7, drammatica, finisce 83-79.
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BOSTON-ST. LOUIS 4-3
1957 La più drammatica serie finale di sempre. I St. Louis Hawks sbancano il Boston Garden. Poi, i Celtics sbancano il Kiel Auditorium. Campioni vs. Campioni: Cliff Hagan e Bob Pettit per St. Louis; Bill Russell (nella foto), Bob Cousy, Tom Heinsohn per Boston. Gara-7 al Garden: 125-123 dopo due tempi supplementari.
ROCHESTER-NEW YORK 4-3
1951 Anche qui, stelle dalla Hall of Fame. Serie pazzesca. Rochester apre con tre vittorie, ma New York non molla, vince pure lei tre volte di fila e porta la serie alla 7ª partita. È stata l’unica volta che una serie finale ha avuto questo andamento. In gara-7 vince Rochester, in casa, 79-75.
BOSTON-LOS ANGELES 4-3
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PORTLAND-PHILA 4-2
1977 L’emozione qui sta nel fatto che Philadelphia è partita 2-0, con Julius Erving in versione marziana. Poi i Blazers, con Bill Walton (nella foto) come centro e coach Jack Ramsay (nativo di Phila!), fanno una rimonta prepotente e storica. 20
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1966 Una parata di stelle: coach Red Auerbach, Bill Russell, John Havlicek, KC Jones, Sam Jones. Per i Lakers: Jerry West e Elgin Baylor. Quattro vittorie in trasferta, L.A. in gara-1 e 5, Boston in gara-3 e 4. Una poesia di pallacanestro.
HOUSTON-NEW YORK 4-3
1994 Vecchio sistema 2-3-2, due in casa, tre fuori, due in casa. In gara-6, sopra 3-2, i Knicks hanno la palla della vittoria e non chiudono il conto. Coach Pat Riley è la maschera della tristezza.
MIAMI-SAN ANTONIO 4-3
2013 Roba da infarto! San Antonio sbanca Miami in gara-1. Miami sbanca San Antonio in gara-4. Gregg Popovich, coach degli Spurs, non chiama il fallo sul micidiale Ray Allen, che regala la vittoria in gara-6 con una tripla dall’angolo al supplementare. In gara-7 LeBron James domina con 37 punti.
START/NEWS
NON CI POSSO CREDERE
RONALDO’S A LONDRA Cristiano Ronaldo, 31 anni, con mamma Dolores e il Ƃglio Cristiano Ronaldo jr,, che compirà 6 anni a giugno.
DI SEBASTIANO VERNAZZA
MAMMA SCRIVE CR7 NON ESULTA
Una partita (politicamente) scorretta
POVERTÀ. ALCOLISMO. L’IDEA DELL’ABORTO. NELLA BIOGRAFIA DI DOLORES, MADRE DI RONALDO. CHE NON HA TROPPO GRADITO…
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CHI È L’ALTRO? ZORRO BOBAN È COMPETENTE COMMENTATORE TV E CONSULENTE DEL NEOPRESIDENTE DELLA FIFA, GIANNI INFANTINO. RICONOSCETE IL RIVALE DEL PSG CON CUI DUELLÒ AI TEMPI DEL MILAN? GIRATE PAGINA…
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La vita e la forza di una combattente. Così inizia l’autobiografia Madre Coraje di Dolores Aveiro, mamma di Cristiano Ronaldo. Figura barometro per il figlio, ha avuto una vita complicata: prima l’orfanotrofio, poi la povertà e la dipendenza dall’alcol del papà di Ronaldo, quindi la lotta contro il cancro al seno e pure l’idea di abortire CR7. Infine, il legame d’acciaio con il figlio campione che a lei ha chiesto di crescere Cristiano jr. Il libro, scritto insieme al giornalista e produttore portoghese Paulo Sousa Costa, non ha probabilmente scatenato l’entusiasmo del figliolo (era tra l’altro assente alla “prima”, a Lisbona), ma questo non gli ha impedito di mandare via Twitter l’invito a leggere la biografia. N.S.
Nella bacheca della scuola Media di Greve in Chianti (Fi) è comparso un annuncio, firmato dagli insegnanti dell’istituto: “Quest’anno è stato deciso di non far coincidere l’ultimo giorno di scuola con la partita di calcio: una vetrina per pochi. Siamo i vostri docenti e siamo chiamati a trasmettervi la forza del pensiero critico, il coraggio delle scelte difficili, il valore dell’uguaglianza e di tutte le diversità a partire da quella di genere. Non possiamo e non vogliamo accettare di veder relegate le nostre più brillanti ragazze nel ruolo di passive cheerleaders, non vogliamo che alla fine valgano ancora una volta e soltanto la prestanza fisica, l’abilità sportiva, l’egemonia culturale del calcio. Almeno non a scuola. Quelle che dovrebbero essere esaltate alla conclusione di un percorso di vita come la scuola media sono le menti eccelse fra voi, chi ha dimostrato rispetto e solidarietà per gli altri, chi ha lottato per l’impegno e la responsabilità: sono ragazzi e ragazze, fighi e non, sportivi e imbranati. L’importanza che di anno in anno gli studenti e le studentesse hanno dato a questa partita conclusiva è divenuta sempre maggiore, esagerata: maglie costose, selezioni umilianti e una sistematica esclusione delle ragazze (nonché di quei ragazzi meno portati per il calcio) dal ruolo di protagonisti e protagoniste. Se una festa di fine anno ci dovrà essere, che sia davvero un momento di coinvolgimento per tutti e tutte, non l’ennesima occasione di esclusione, prese in giro, competizione sfrenata, arrabbiature e delusioni”. Un dubbio ci coglie: non sarà che stiamo esagerando col politicamente corretto?
DICK RAPHAEL
IL LIBRO
AMERICA
START/NEWS
STELLE E STRISCE La californiana Monica Abbott (qui con la maglia della nazionale Usa, con cui ha vinto l’argento ai Giochi di Pechino 2008), 30 anni.
LA PRIMA DONNA DA UN MILIONE DI DOLLARI
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DA CALCIATORE FACEVA IMPAZZIRE I TIFOSI PER LE SUE GIOCATE E I SUOI GOL E LE TIFOSE PER L’ASPETTO. ORA PORTA 4 BYPASS DOPO ESSERSI SENTITO MALE SUL CAMPO DA GOLF
Da calciatore, capelli lunghi, viso da attore e sguardo fascinoso, faceva impazzire i tifosi di ambedue i sessi per le sue giocate palla al piede sulla fascia. Centrocampista o seconda punta, non segnava molto, ma quando imbroccava la porta non erano mai reti banali. Francese, dopo gli esordi nel Tolone e 3 anni nel Psg, ha dato il suo meglio in Inghilterra, al Tottenham soprattutto (nel ’99 venne eletto miglior giocatore del campionato), prima di concludere la carriera nell’Everton.
Dopo di allora aveva seguito le orme di tanti colleghi: ospitate televisive, commenti e pareri richiestigli da più parti. Come tanti colleghi, si è dedicato alla pas-
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sione che ha contagiato tanti calciatori ed ex: il golf. Chissà ora se potrà continuare, dopo i 4 bypass che gli sono stati impiantati d’urgenza la settimana scorsa dopo il “malore” (così recita la versione ufficiale) che lo ha colto mentre a Mandelieu, tra la Provenza e la Costa Azzurra, disputava un torneo sul green insieme ad altre personalità dello sport. Ginola ha forse preteso troppo dal suo fisico,
perché in mattinata – sotto a un sole cocente, come da lui stesso ammesso – aveva partecipato a una partita di calcio assai tirata. Il torneo di golf nel pomeriggio lo ha buttato giù, letteralmente, anche se medici e amici si sono affrettati a smentire che si sia trattato di un vero e proprio infarto. Resta il fatto che David è stato operato d’urgenza. Un’altra mazzata dopo il fallimento della sua candidatura alla presidenza della Fifa, lo scorso anno: il crowdfunding che lo sosteneva aveva raccolto solo 330 mila euro.
ELAINE THOMPSON
L’altro è… DAVID GINOLA
!!!!!!!!!!
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È LA CAMPIONESSA DI SOFTBALL MONICA ABBOTT, MAI NESSUNA NEGLI USA AVEVA FIRMATO UN CONTRATTO COSÌ ONEROSO CON UN CLUB
Un’atleta da un milione di dollari nel softball femminile americano. Monica Abbott, punta di diamante della National Pro Fastpitch League, ha firmato un contratto a sei zeri con gli Houston’s Scrap Yard Dawgs, è la prima a spuntare un accordo del genere in uno sport di squadra statunitense. Per l’argento olimpico a Pechino 2008 con la sua nazionale, un salario base da 20 mila dollari annui con bonus (almeno 100 spettatori alle partite di Houston, media nazionale è mille), fino ad arrivare a 180 mila dollari. Nella Npf ci sono rose da 18 giocatrici con un salary cap da 150 mila dollari. E poche atlete guadagnano oltre 20 mila dollari. Insomma, un contratto storico per il softball ma soprattutto per il movimento sportivo femminile americano, come ha detto l’ex fenomeno del tennis e fondatrice della Women’s Sports Foundation Billie Jean King. Certo, ci sono campionesse a stelle e strisce che incassano più della Abbott, da Serena Williams alla calciatrice Alex Morgan, che arriva anche a cinque milioni di dollari annui, ma soprattutto grazie agli sponsor. Nicola Sellitti
START/NEWS
SOLIDARIETÀ
MATTI PER LO SPORT DI GIANLUCA GASPARINI
Nuovi scenari: uomo contro alligatore...
IL BENE DEL GOLF
DOMANI, ALL’ALBENZA, PURE KAREMBEU E BOGHOSSIAN PER IL SETTIMO GREEN, GARA DI RACCOLTA FONDI PER LA CURA DEI TUMORI INFANTILI L’appuntamento è per domani, 29 maggio, al Golf Club Bergamo L’Albenza, uno dei percorsi più belli d’Italia, per la prima edizione di “Settimo Green”. Non è una novità nel mondo del golf organizzare gare a scopo benefico, anzi, in tutta Italia decine di lodevoli iniziative si svolgono per aiutare chi ha bisogno, ma se segnaliamo questa è perché siamo direttamente coinvolti. Con il patrocinio della Gazzetta dello Sport e di SportWeek, la gara di domani è organizzata per raccogliere fondi da destinare all’Associazione Settimopiano Onlus, nata dieci anni fa con lo scopo di aiutare i bambini ospiti dell’Istituto Nazionale dei tumori di Milano (che proprio al settimo piano della sede di via Venezian ha il reparto di Pediatria oncologica). Parteciperanno anche alcuni ex calciatori, già a Milano per assistere alla finale di Champions League del giorno prima, come Christian Karembeu e Alain Boghossian. Non è casuale la presenza dei francesi: la gara è inserita nel circuito Arte&Golf, reduce lunedì scorso da un’escursione a Parigi sul campo Alba-
tros del Club Nationale (dove tra due anni si svolgerà la Ryder Cup e, il prossimo giugno, si terrà l’Open di Francia) per la sua undicesima tappa, in partnership con il Trofeo Gentlemen Sport AM. Alla gara parigina era presente tra gli altri Costantino Rocca, anche lui impegnato per aiutare l’Associazione Settimopiano. Il due volte vincitore della Ryder e punto di riferimento di tutto il golf italiano, sarà il vero e proprio padrone di casa dell’evento bergamasco.
SETTIMOPIANO ONLUS L’associazione persegue esclusivamente finalità di solidarietà sociale e non ha fini di lucro. Svolge attività di assistenza socio-sanitaria e psicologica ai bambini colpiti da neoplasie dell’infanzia e alle loro famiglie, oltre a raccogliere fondi a favore di enti per la ricerca e la cura. Per info e donazioni: www.settimopiano.com.
Golf Club Bergamo l’Albenza 26
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IN COLORADO A mani e piedi nudi per bloccare il rettile.
La voglia di avventura degli abitanti degli States è sempre stata proverbiale, dai pionieri del West in avanti. E non ci riferiamo solo a conquiste epocali o storiche. Qui, ad esempio, parliamo di un’attività locale che si chiama “alligator wrestling”: lotta con gli alligatori. Di solito – come racconta il New York Times – va in scena in Florida, con professionisti allenati. Invece in uno sperduto paesino del Colorado, Mosca, la possono praticare tutti. Basta versare 100 dollari e non fare tanto gli schizzinosi sui rischi che si corrono. Non c’è assicurazione, per capirsi... La San Luis Valley offre poco: qualche centro spirituale, un osservatorio per identificare gli Ufo e un’attrazione denominata Colorado Gators Reptile Park. Qui il massimo dell’emozione è un corso di 3 ore in cui chiunque può lottare con belve dai nomi evocativi (e ironici…) tipo Pitbull, Darth Gator e Sir Chomps-a-lot (Sir “mastica molto”) a mani e piedi nudi. Si passa dalla pozzanghera 1 con rettili più piccoli, fino alla 3 in cui Big Bertha va trattata con attenzione. Alcuni lo fanno per adrenalina, altri addirittura per scopi terapeutici. Non mancano critiche: per gli animalisti gli alligatori preferiscono stare soli ed essere lasciati in pace, per altri è un gioco pericoloso. Il gestore risponde che «dal 2000 abbiamo perso un solo dito. E non era nemmeno perso, l’ho estratto dalla bocca dell’alligatore e l’ho spedito in ospedale».
Diego Simeone
ANCORA STASERA A SAN SIRO L’ATLETICO E IL REAL SI GIOCANO LA CHAMPIONS. SULLE PANCHINE, DUE NOSTRE VECCHIE CONOSCENZE, CHE TANTE VOLTE HANNO DUELLATO DA GIOCATORI IN ITALIA. VI RACCONTIAMO LE LORO OTTO SFIDE, TRA CUI PIÙ D’UNA HA LASCIATO IL SEGNO…
di Nicola Cecere
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Zinedine Zidane
TU
ECCOCI QUA Simeone e Zidane si salutano prima del loro confronto d’esordio da allenatori, Real-Atletico del 27 febbraio. Vinse 1-0 l’Atletico del Cholo.
Di italiano in questa finale di Champions non c’è solo il teatro, ma anche due fra i protagonisti principali della sfida madrilena: gli allenatori. Sì, Zinedine Zidane è franco-algerino e Diego Simeone nasce in Argentina anche se il nome tradisce l’origine della famiglia, però entrambi devono al nostro campionato una bella fetta della loro carriera di calciatori. Il tecnico del Real ha pure iniziato la sua nuova attività all’ombra di Carlo Ancelotti mentre il calcio praticato dall’allenatore dell’Atletico ha molti concetti maturati quando un ventenne Simeone lottava nel Pisa per salvarsi e quando un più maturo Simeone doveva lasciare ampie zone di terreno libere per le sgroppate del suo compagno interista Ronaldo. E quindi sa come limitare questo Ronaldo portoghese. Proprio Inter-Juventus inaugura, ai tempi della lira, la serie di confronti fra i due che siamo andati a rileggere per quanti non c’erano o per quanti si fossero dimenticati. Zidane con la Juve e Simeone con Inter e Lazio hanno alzato coppe non solo nostrane e stasera l’Italia si spaccherà: tanti juventini tiferanno per il loro vecchio idolo, che fra l’altro si gioca la conferma in panchina, e tanti interisti e laziali palpiteranno affinché l’Atletico riesca in quell’impresa sfuggitagli due anni fa all’ultimo minuto. Nell’attesa del match, eccovi le otto sfide italiane fra i nostri due personaggi in cerca del trionfo. 29
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DENIS DOYLE
COVER STORY/Italiani dentro
INTER - JUVENTUS 1-0
CAMPIONATO
COVER STORY/La sfida
6
MARCATORE Djorkaeff (I) al 2’ s.t. INTER (1-3-4-2) Pagliuca; Bergomi; West, Galante, Sartor (Fresi dall’1’ s.t., Colonnese dal 35’ s.t.); Moriero, Zanetti, Simeone, (Zé Elias dal 43’ s.t.), Cauet; Djorkaeff, Ronaldo. All.Simoni JUVENTUS (3-4-1-2) Peruzzi; Birindelli, Ferrara, Montero; Torricelli, Conte (Tacchinardi dal 23’ s.t.), Davids, Iuliano (Di Livio dal 12’ s.t.); Zidane (Fonseca dal 12’ s.t.); Inzaghi, Del Piero. All.Lippi
4 gennaio 1998
SIMEONE Corre per tutto il campo, cerca di dare una mano agli attaccanti, ma è spesso soverchiato dalla potenza fisica di Davids.
5
VOTO GAZZA
ZIDANE Una delusione: comincia con qualche buon tocco e poi si perde. Il ritmo della partita lo soverchia.
DOVE STA ZIZOU? AL CHOLO LA PRIMA I FACCIA A FACCIA TRA SIMEONE E ZIDANE INIZIANO NEL DERBY D’ITALIA: VINCE L’ARGENTINO CON LA SUA INTER CHE PARE LANCIATA VERSO LO SCUDETTO. IL FRANCESE NON È LUI
A
lla ripresa del torneo 199798 dopo la pausa natalizia, un San Siro stracolmo fa da cornice alla sfida fra le prime due in classifica. L’Inter di Gigi Simoni guida con 30 punti, la Juve di Marcello Lippi insegue con 29. Arbitra Braschi, serata rigida, terreno leggermente scivoloso. È la prima sfida fra Simeone e Zidane e viene preceduta da una cerimonia che carica gli spalti: la consegna del Pallone d’oro 1997 conquistato da Ronaldo col Barcellona. Il fenomeno brasiliano è stato il fiore all’occhiello di una sontuosa campagna acquisti morattiana e Simoni ne sfrutta l’impressionante progressione raccogliendo la squadra nella propria metà campo in modo da creare a Ronie gli spazi giusti per saltare gli avversari.
il ritmo di Zanetti, che Simoni gli aveva messo addosso, come si evince dal giudizio relativo a colui che diventerà una leggenda interista: “Si dedica a Zidane senza scaldarsi, il francese non è in serata”. QUASI GOL PER DIEGO Il successo dell’Inter è meritato anche se Del Piero costringe Pagliuca (voto 7) a un miracolo e Inzaghi realizza il gol del pari, cancellato però da un tocco di mano
in fase di controllo palla. Pure Simeone avrebbe potuto segnare con un tiro dal limite al 30’ che sfiora la traversa e chiede un rigore (che non c’è). Nel finale (88’) viene sostituito da Zé Elias e lascia soddisfatto per la propria prestazione, senz’altro sufficiente, e la vittoria di squadra. Con i tre punti presi alla rivale torinese, l’Inter va a più quattro e sogna la fuga scudetto. Ma la gara di ritorno le riserverà un bruttissimo risveglio. © RIPRODUZIONE RISERVATA
30
MARCO MARIA LUSSOSO
L’ASSIST DI RONIE Proprio Ronaldo decide la gara al 2’ della ripresa, superando di forza due bianconeri sulla fascia destra e rifinendo con un cross basso sul secondo palo dove l’accorrente Djorkaeff deve solo depositare in rete da due passi. Lippi prova con i cambi: al 12’ via il difensore Iuliano e dentro Di Livio, via Zidane e dentro la punta Fonseca. Il fantasista francese era incappato nella classica giornata no, così documentata dalle pagelle della Gazzetta: “Il ritmo della partita lo soverchia”. E pure
ZIO, CHE ENTRATA Simeone con Bergomi che entra duro su Del Piero a San Siro in Inter-Juve del 1998.
CAMPIONATO
COVER STORY/La sfida
JUVENTUS - INTER 1-0
6 ZIDANE Alterna numeri da virtuoso a incredibili errori di misura e controllo. Bilancio non esaltante.
6
VOTO GAZZA
SIMEONE Bloccato nelle percussioni che sono il suo pane.
26 aprile 1998
DA OGGI IL VELENO È DI RIGORE È LA PARTITA CHE SEGNA UNO SPARTIACQUE NELLA RIVALITÀ TRA INTER E JUVE. QUELLA DEL FALLO DI IULIANO SU RONALDO, NON VISTO, CHE DECIDE IL CAMPIONATO
L
a madre di tutte le recenti polemiche fra Inter e Juventus va in scena il 26 aprile 1998, quart’ultima di ritorno. C’è il faccia a faccia a Torino, con le due squadre divise da un solo punto: bianconeri a 66, nerazzurri a 65. La vittoria vale già tre punti, dunque è proprio uno spareggio. Che la Juve comincia meglio, andando a segno con Del Piero cui riesce un rasoterra da posizione angolatissima. Nell’occasione la retroguardia interista ha molto da farsi perdonare. Da qui in avanti il derby d’Italia diventa molto ruvido. La direzione è affidata a Piero Ceccarini, livornese, internazionale giunto al passo d’addio per limiti di età. Il calcio italiano non ne avvertirà la mancanza perché la sua prestazione è pessima anzitutto sotto il profilo dei cartellini. Davids e Torricelli, autori di interventi durissimi, non avrebbero dovuto concludere il match, ma l’arbitro tollera l’intollerabile. Fino a che al 25’ della ripresa il suo comportamento diviene incomprensibile. Succede che Ronaldo, in piena area, viene messo giù da Iuliano. Un tamponamento frontale fra l’attaccante che si era fatto spazio allungandosi il pallone e il difensore che gli va a sbattere addosso senza preoccuparsi della sfera, forse tradito dal suo stesso slancio, forse anticipato dal più veloce avversario. Il danno procurato a Ronal-
A MUSO DURO La furia di Simeone nei confronti dell’arbitro Ceccarini dopo il rigore non fischiato su Ronaldo.
do è evidente a tutti tranne che a chi deve fischiare il rigore: Ceccarini, impassibile, lascia proseguire il gioco. ERRORE CAPITALE Ora, anche il più tifoso fra i tifosi della Juve ammetterà che la decisione di non decidere sia stato un errore capitale. Perché c’è stato uno scontro fisico fra avversari. Quindi delle due l’una: o l’arbitro fischia il rigore o l’arbitro fischia il fallo di sfondamento di Ronaldo, se vuole interpretare l’impatto a favore del difendente. Ma una cosa è certa, il gioco andava fermato. Invece l’azione prosegue e mentre quattro o cinque interisti inseguono Ceccarini protestando, mentre l’allenatore Gigi Simoni entra in campo di venti metri urlando allo scandalo, il pallone giunge rapidamente fra i piedi di Zinedine Zidane, sulla trequarti mancina, accanto alla linea laterale. QUEL TOCCO DI ZIZOU Il francese osserva il posizionamento di avversari e compagni poi riesce con tocco elegante ed efficace a servire in area 32
LO SCONTRO Iuliano e Ronaldo a terra subito dopo il fallo non visto dall’arbitro al 25’ della ripresa; trenta secondi dopo, Ceccarini fischierà il rigore in un’analoga azione di gioco stavolta nell’area interista (fallo di West su Del Piero).
MARCATORE Del Piero (J) al 21’ p.t. JUVENTUS (3-4-1-2) Peruzzi; Torricelli, Iuliano, Montero (Birindelli dal 13’ s.t.); Di Livio, Deschamps, Davids (Pecchia dal 39’ s.t.), Pessotto; Zidane; Inzaghi (Conte dal 17’ s.t.), Del Piero. All. Lippi
Del Piero, su cui va a sbattere il difensore Taribo West. Del Piero cade e stavolta Ceccarini fischia il rigore. Che c’è, esattamente come c’era quello commesso da Iuliano trenta secondi prima. Perché entrambi i difensori hanno procurato un danno agli attaccanti, in entrambi gli episodi il pallone non era più nella disponibilità di Iuliano e West, tagliati fuori dagli abili tocchi in avanti di Ronaldo e Del Piero. Insomma, Ceccarini in mezzo minuto è stato capace di prendere decisioni opposte per lo stesso tipo di episodio: una sciagura. CHE FURIA La furia degli interisti è talmente incontrollabile che l’arbitro viene spinto dall’intera squadra fino a centrocampo. Anche qui c’erano gli estremi per estrarre il cartellino rosso sotto gli occhi di almeno due giocatori ospiti, invece Ceccarini incredibilmente si accontenta di cacciare l’allenatore al quale poi aggiungerà il vice. Finalmente Del Piero può calciare, ma anche lui non è tranquillo perché contrariamente al solito rinuncia al tocco piazzato e spara una bomba centrale che sbatte su Pagliuca. Il risultato quindi resta 1-0 e così finisce il confronto poiché i nervi degli interisti sono saltati (Zé Elias si fa cacciare per una gomitata a Deschamps) e gli ultimi 20 minuti si disputano in un’atmosfera allucinante.
Antonio Conte, capitano della Juve, si presenta davanti alle telecamere della Rai per dire che Ceccarini ha arbitrato bene, Ronaldo parla di scandalo e di errori colossali commessi pure in precedenza a sfavore dell’Inter: roba mai vista. Il presidente Moratti, uscito dallo stadio al momento del rigore accordato a Del Piero «per non essere preso in giro fino all’ultimo minuto», accusa gli arbitri di essere «vittime di un complesso che li porta a favorire la Juve»: la famosa sudditanza psicologica. Parla pure di una federazione troppo debole per riuscire a governare in maniera equa. Il 30 aprile il caso Ceccarini approda in Parlamento dove si scatena una rissa fra deputati di opposte fedi calcistiche. A distanza di tempo, Ceccarini si giustificherà sostenendo di non aver visto l’impatto fra Iuliano e Ronaldo in quanto stava seguendo cosa combinavano qualche metro in là Zamorano e Torricelli. Il match individuale fra Zinedine Zidane e Diego Simeone, per la Gazzetta termina in parità: per entrambi, prestazione appena sufficiente nell’ambito di una partitagiocatapiùsuinervichesullegeometrie. A fine stagione Zidane vincerà lo scudetto e Simeone la Coppa Uefa, che all’epoca era più competitiva dell’attuale Europa League. Insomma 1-1 e appuntamento alla prossima. © RIPRODUZIONE RISERVATA
33
CARLO FERRARO
INTER (1-3-4-2) Pagliuca; Fresi; Colonnese, West, Zanetti; Moriero (Zamorano dall’11’ s.t.), Winter (Zé Elias dal 21’ s.t.), Cauet, Simeone; Djorkaeff, Ronaldo. All. Simoni
CAMPIONATO
COVER STORY/La sfida
INTER (3-4-3) Pagliuca; Colonnese, Simic, Galante; J. Zanetti, Cauet, Simeone, Winter; Djorkaeff (Pirlo 16’ s.t.), Zamorano (Ventola 24’ s.t.), R. Baggio. All. Lucescu JUVENTUS (4-3-1-2) Peruzzi; Birindelli, Ferrara, Tudor, Mirkovic (Di Livio 45’ s.t.); Conte, Deschamps, Davids; Zidane; Esnaider (F. Inzaghi 15’ s.t.), Henry (Fonseca 30’ s.t.). All. Ancelotti
INTER - JUVENTUS 0-0
6 SIMEONE Digrigna i denti a Deschamps, che non è tipo da farsi spaventare e gli risponde. Passano la partita così.
6,5
VOTO GAZZA
ZIDANE Gioca semplice e lo fa bene. La notizia migliore in vista di mercoledì (la Juve era impegnata in Champions).
27 febbraio 1999
STAVOLTA LE STELLE STANNO A GUARDARE SCIALBO PAREGGIO SENZA RETI A SAN SIRO, EFFETTO DI DUE SQUADRE IN DIFFICOLTÀ. NEL DUELLO TRA I DUE, STAVOLTA FA MEGLIO ZIDANE, CHE REGALA QUALCHE GIOCATA
N
el campionato 1998-99 Inter e Juve si ritrovano assai insoddisfatte quando la sera di sabato 27 febbraio vanno in campo a San Siro per la sesta di ritorno. In testa al torneo c’è la Lazio con 45 punti, nerazzurri in affanno a 34, bianconeri una lunghezza sotto. Si lotta per i piazzamenti nelle coppe, insomma. La Juve è stata affidata a Carlo Ancelotti, che ha pagato il periodo sperimentale. L’Inter a fine novembre aveva subìto lo scossone del cambio in panchina Simoni-Lucescu, però faticava a digerire gli schemi del nuovo allenatore ed era costretta a fare spesso a meno di Ronaldo, alle prese con fastidi al tendine rotuleo e problemi muscolari. UNO CONTRO L’ALTRO Zidane prova il lancio col sinistro, a contrastarlo è proprio Simeone.
Simeone ingaggia un duello più atletico che tecnico con Deschamps e i due finiscono con l’annullarsi a vicenda. BRAVO ZIZOU Zidane invece si muove su un livello più alto e viene giudicato fra i più bravi. Anche all’andata, risolta da Del Piero nel finale, Zizou si era distinto per la pericolosità e la bellezza delle sue giocate (Simeone era assente, al suo posto Paulo Sousa). I mi-
gliori in campo risultano però i due portieri perché anche Peruzzi salva un gol che sembrava fatto uscendo a valanga su Ventola. Male l’arbitro Tombolini. Non vede un rigore per parte. Di lì a poco Moratti esonera Lucescu e il campionato vinto dal Milan viene concluso male da Hodgson che perde pure l’Europa nello spareggio col Bologna. Anche la Juve è fuori dall’Uefa dopo spareggio con l’Udinese (0-0 al Friuli e 1-1 in casa). © RIPRODUZIONE RISERVATA
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STEFANO RELLANDINI
SENZA RETI Il periodo di difficoltà delle due big si riflette nel derby d’Italia. Lucescu piazza Simeone sul centrosinistra in una linea mediana a quattro accanto a Cauet e con Winter e Zanetti esterni. Tre i difensori, altrettanti gli attaccanti. Ancelotti mette Zidane alle spalle di Esnaider e Henry, punte che non lo soddisfano e che il tecnico poi sostituisce con Inzaghi e Fonseca. Proprio Superpippo avrà la più ghiotta palla gol della Juve approfittando di un passaggio sbagliato (!) del giovane nerazzurro Andrea Pirlo, ma un freddo Pagliuca la neutralizza.
CAMPIONATO
COVER STORY/La sfida
MARCATORE Simeone (L) al 21’ s.t. JUVENTUS (3-4-1-2) Van der Sar; Ferrara, Montero, Iuliano; Conte (Kovacevic dal 32’ s.t.), Tacchinardi (Zambrotta dall’8’ s.t.), Davids, Pessotto (Birindelli dal 31’ s.t.); Zidane; F. Inzaghi, Del Piero. All. Ancelotti LAZIO (4-5-1) Ballotta; Negro, Couto, Mihajlovic, Pancaro; Conceição (Stankovic dall’11’ s.t.), Almeyda, Veron, Simeone, Nedved (Lombardo dal 32’ s.t.); S. Inzaghi. All. Eriksson
JUVENTUS - LAZIO 0-1
6,5 ZIDANE Ha alternato cose pregevoli con errori banali. Un paio di inviti a Inzaghi e a Del Piero sono stati dei veri gioielli. Ha macinato gioco…
7
VOTO GAZZA
SIMEONE Ha fatto giocare poco Tacchinardi. Ha avuto il guizzo e l’intuito dell’uomo gol. Nel finale è stato tra i più decisi nell’arginare le avanzate della Juve.
1 aprile 2000
UNA TESTATA PESANTE (E NON È DI ZIDANE) A TORINO IL CHOLO SEGNA IL GOL DECISIVO CHE PORTA LA LAZIO A MENO TRE PUNTI DAI BIANCONERI. È IL SEGNALE CHE LA CORSA SCUDETTO HA CAMBIATO ROTTA
L
a sera del 1° aprile 2000 la Lazio di Diego Pablo Simeone fa un brutto scherzo alla Juve di Zinedine Zidane, che guida il campionato con sei punti di vantaggio proprio sui biancocelesti ma perde in casa lo scontro diretto. Ed è proprio il Cholo, a fine gara, a festeggiare sotto la curva romana con la mano che indica il numero 3: il campionato è riaperto e a decidere lo scontro diretto è stato lui, Diego Pablo Simeone. Di testa, su un cross dalla trequarti pennellato da Veron, a metà ripresa: deviazione precisa nell’angolino. A cercare di contrastarlo in mezzo all’area c’era Montero, ma l’incursore era arrivato all’impatto con la palla senza angelo custode. Che con ogni probabilità doveva essere proprio Zizou...
Ballotta se non fosse intervenuto il piedone di Pancaro in extremis. Dunque su quella punizione di Veron con relativa mischia in area è ragionevole pensare che Simeone avesse bruciato proprio Zidane. IL SORPASSO Di sicuro lo bruciò a fine campionato col famoso sorpasso di Perugia che tolse alla Juve, in modo non ortodosso, uno
scudetto già cucito per darlo alla Lazio, che all’ultima giornata era sotto di due punti. Ma questa è un’altra storia(ccia). Tornando al pesce d’aprile del Delle Alpi, Simeone nel finale respinse col corpo una cannonata di Del Piero destinata in gol. Col pareggio la Juve sarebbe rimasta a più 6 chiudendo i giochi. Quindi nel tricolore laziale, il secondo della storia biancoceleste, il Cholo si è ritagliato uno spazio importante. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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ALESSANDRO FALZONE
CHI MARCA IL CHOLO? Detto che la Juve stava riorganizzandosi poiché trenta secondi prima aveva perso Ferrara per doppio giallo, bisogna osservare come fin lì Zidane era stato marcato da Simeone tutte le volte in cui agiva sul centro-destra mentre quando andava a sinistra trovava Almeyda. E andando a sinistra il fuoriclasse francese in apertura di ripresa aveva sfiorato il gol piantando in dribbling Couto e calciando forte e preciso dal limite un pallone destinato a superare il portiere
IL COLPO SCUDETTO Il gol partita di Simeone in anticipo su Montero: sarà decisivo per lo scudetto della Lazio.
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CAMPIONATO
COVER STORY/La sfida
MARCATORI Tudor (J) al 22’, Salas (L) al 30’ del p.t. JUVENTUS (3-4-1-2) Van der Sar; Ferrara, Tudor, Iuliano (Montero dal 12’ s.t.); Conte, Tacchinardi, Davids, Pessotto (Zambrotta dal 29’ s.t.); Zidane; Trezeguet (F. Inzaghi dal 14’ s.t.), Del Piero. All. Ancelotti LAZIO (4-4-2) Peruzzi; Pancaro, Nesta, Mihajlovic, Favalli; D. Baggio, Veron, Simeone (Lombardo dal 28’ s.t.), Nedved; Crespo (S. Inzaghi dal 28’ s.t.), Salas (Ravanelli dal 43’ s.t.). All. Eriksson
JUVENTUS - LAZIO 1-1
6 ZIDANE Ha giocato sotto tono, ha toccato molti palloni ma non è venuto mai da lui l’invito illuminante per le punte.
5,5
VOTO GAZZA
SIMEONE Cercava di seguire Zidane quando questi portava su il pallone, ma in questo modo è completamente mancata la fase di rilancio della squadra.
11 novembre 2000
BRUTTA ARIA A TORINO NON VINCE NESSUNO IN UN CLIMA DI CONTESTAZIONE VERSO I BIANCONERI, I DUE CAMPIONI FINISCONO PER ANNULLARSI A VICENDA. E A FINE CAMPIONATO, LA FESTA SARÀ TUTTA DELLA ROMA
S
TUDOR TIRA SU La delicatissima sfida di campionato comincia comunque in modo incoraggiante per la Juve perché Tudor svetta di testa in mezzo all’area anticipando il rimpianto ex Peruzzi: 1-0 al 22’. Solo che appena 7 minuti dopo un tiro dai 20 metri di Salas, forte ma centrale, tocca terra davanti a Van der Sar e beffa il portiere, che
UNO DIETRO L’ALTRO Un’immagine consueta nei confronti tra i due: Zidane prova a far gioco, Simeone lo marca.
si era tuffato dall’altra parte... Apriti cielo... Gli uomini di Ancelotti provano a reagire e controllano le operazioni anche grazie ai tocchi di Zizou mentre Simeone rema in mezzo al campo sposando il cauto atteggiamento generale. VAN DER SAR SALVA Al tirar delle somme, però, è proprio il fischiatissimo portiere juventino (e dell’Olanda) a evitare un’altra mazzata con due uscite tem-
pestive per respingere le conclusioni da pochi metri di Crespo e Nedved. Il tecnico ospite sottolinea come «avremmo potuto vincere ma il punto è comunque un buon risultato», mentre l’allenatore di casa, mogio mogio, prova a tirarsi su: «Primo tempo dominato, in generale meglio noi. La mia squadra ha reagito, saremo protagonisti in campionato sino all’ultimo». Cosa vera, però all’ultimo a far festa sarà la Roma. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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MARCO ROSI
abato 11 novembre 2000 la Juve vorrebbe tanto non giocare in casa la sfida con la Lazio, molto importante ai fini del campionato poiché le due formazioni sono in lotta scudetto insieme con la Roma (che vincerà il titolo con 2 punti sulla Juve e 6 sui cugini). Quella sera il Delle Alpi, già gelido di suo, offre ai bianconeri una contestazione generale dalla quale si salva solo Conte. Ad Ancelotti viene ribadito che “un maiale non può allenare” e striscioni vari colpiscono tutti, da Moggi in giù fino a Del Piero e allo stesso Zidane. Motivo di questa rivolta popolare, la freschissima eliminazione dalla Champions patita al mercoledì in quel di Atene a opera del Panathinaikos. Vincendo 3-1 i biancoverdi rimontano i bianconeri che finiscono all’ultimo posto nel girone avendo perso in casa nel turno precedente contro l’Amburgo (1-3). Nemmeno la consolazione della Coppa Uefa, quindi.
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CAMPIONATO
COVER STORY/La sfida
MARCATORI Nedved (L) 22’ p.t.; Crespo (L) 1’ e 36’, Del Piero (J) 14’, Nedved (L) 21’ s.t. LAZIO (4-5-1) Peruzzi; Colonnese (Pesaresi 42’ p.t.), Nesta, Negro, Pancaro; Poborsky (Castroman 36’ s.t.), D. Baggio, Veron (Stankovic 31’ s.t.), Simeone, Nedved; Crespo. All. Zoff JUVENTUS (4-3-1-2) Van der Sar; Birindelli, Tudor, Montero, Pessotto; Conte (Zambrotta 1’ s.t.), Tacchinardi (O’Neill 24’ s.t.), Davids; Zidane; Inzaghi (Trezeguet 1’ s.t.), Del Piero. All. Ancelotti
LAZIO - JUVENTUS 4-1
6,5 SIMEONE Anche lui ha giocato di posizione chiudendo i varchi al centrocampo avversario.
6
VOTO GAZZA
ZIDANE Qualche spunto solo nella ripresa, ma nel primo tempo non è riuscito mai ad aiutare la Juventus.
18 marzo 2001
UN MATCH DOMINATO MALVOLENTIERI NELL’ULTIMA SFIDA DI CAMPIONATO SIMEONE-ZIDANE STRAVINCE LA LAZIO IN UN’ATMOSFERA SURREALE. QUEL TRIONFO SPIANÒ INFATTI LA STRADA PER LO SCUDETTO ALLA ROMA
L’
ultimo confronto italiano di campionato fra gli attuali tecnici di Real e Atletico è del marzo 2001. E si risolve con un trionfo della Lazio e... della Roma, che sta guidando il torneo con 6 punti sui bianconeri ed è impegnata in trasferta sul terreno della Reggina, dove pareggerà. I tormenti della tifoseria biancoceleste riguardano appunto il destino ingrato che li mette dinanzi a una “tragica” prospettiva: una vittoria della Lazio spianerebbe ai cugini la strada verso il titolo. E siccome la Lazio è pure campione in carica, si prospetta un passaggio di testimone storico. Che poi ci sarà davvero anche grazie al trionfo firmato da Nedved e Crespo, autori di una doppietta a testa. INSEPARABILI Trattenuta reciproca tra Zidane e Simeone in Lazio-Juventus 4-1.
raddoppia a inizio ripresa con Crespo. La squadra ospite ha una reazione veemente e sfiora il gol con Zidane, che a portiere battuto manca di un soffio lo specchio con un non facile tiro al volo dal limite. CAPOLAVORO Lo stesso Zidane, poi, porta avanti il pallone dalla trequarti sino ai sedici metri dove lo allarga per Del Piero che controlla in corsa e piazza nel sette un destro a
giro dei suoi. Gara riaperta. Ma la Juve deve tentare la rimonta in dieci poiché Collina ha mostrato il secondo giallo a Davids per un evitabilissimo intervento nel cerchio di centrocampo. Diventa perciò un giochino per Simeone e compagni gestire e ripartire. Ancora in contropiede Nedved si infila in area e realizza il 3-1 che nel finale Crespo fa diventare trionfo. E Trezeguet, centravanti bianconero, si fa cacciare per un gesto di nervosismo. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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ALDO LIVERANI
QUANTI GOL Il centravanti argentino era stato il colpaccio estivo di mercato laddove la Roma aveva strappato alla Fiorentina Gabriel Batistuta. I due diedero vita a un’entusiasmante giostra del gol, risoltasi col successo di Crespo capocannoniere (26) e quello di Bati (20 reti) scudettato. Il primo tempo del confronto fra Lazio e Juve è equilibrato. Nedved rompe il ghiaccio al 22’ ma la Juve gioca bene e replica: Pippo Inzaghi su cross da destra anticipa malauguratamente Zizou meglio appostato dietro di lui... E in contropiede la formazione di Dino Zoff (successore di Eriksson)
COPPA ITALIA
COVER STORY/La sfida
MARCATORI Zidane (J) al 12’, Conte (J) al 30’, Kovacevic (J) al 43’ p.t.; Ravanelli (L) al 7’ (rig.), Mancini (L) al 35’ s.t. JUVENTUS (3-4-1-2) Van der Sar; Mirkovic, Montero, Iuliano; Birindelli, Conte, Davids (Tacchinardi dal 39’ s.t.), Bachini (Pessotto dal 23’ s.t.); Zidane; F. Inzaghi (Del Piero dal 32’ s.t.), Kovacevic. All. Ancelotti LAZIO (4-4-2) Ballotta; Gottardi, Negro, Mihajlovic (Nesta dal 1’ s.t.), Pancaro; Lombardo, Simeone, Veron (Stankovic dal 1’ s.t.), Nedved; Mancini, Ravanelli (Marcolin dal 17’ s.t.). All. Eriksson
13 gennaio 2000
JUVENTUS - LAZIO 3-2
6,5 ZIDANE Conferma di attraversare un ottimo momento. Firma su punizione la prima rete, poi offre deliziosi assist ai compagni. Cala nella ripresa.
6
VOTO GAZZA
SIMEONE Meno battagliero di altre occasioni, ma comunque preciso e generoso nel cuore del centrocampo.
PENNELLATA D’AUTORE SULLA COPPA ITALIA... QUARTI D’ANDATA A TORINO TRA JUVE E LAZIO, VINCE LA JUVE ANCHE GRAZIE A UNA PUNIZIONE DI ZIDANE. MA I BIANCOCELESTI SEGNANO 2 GOL E IL RITORNO RESTA APERTO
N
ella stagione 1999-2000 il duello fra la Juve e la Lazio si estende alla Coppa Italia. Le due formazioni si ritrovano di fronte a metà gennaio per i quarti. Match di andata a Torino, serata fredda che paralizza la squadra di Sven Goran Eriksson, la quale becca tre reti in 45’. Ad aprire la serie bianconera è Zinedine Zidane, che calcia nell’angolo alla sinistra del portiere Ballotta, vice di Marchegiani, una punizione dal limite, posizione centrale. C’è la complicità della barriera, il portiere forse parte con un attimo di ritardo, però il tiro è indirizzato giusto a fil di palo e non sarebbe stato facile arrivarci anche se Ballotta si fosse tuffato un attimo prima. CHE PERLA Simeone salta in barriera, ma la palla gli passa a lato e si infila: è l’1-0 Juve firmato Zidane.
ex) realizza la rete che dà un senso al match di ritorno in calendario a fine mese. A 10’ dal termine ci pensa Roberto Mancini, su contropiede, a rialzare notevolmente le possibilità di qualificazione per i biancocelesti. MEGLIO ZINEDINE Diciamo un tempo a testa? Sì, può andar bene. Giudizio che estendiamo ai nostri due osservati speciali? Per la cronaca
Zidane gioca meglio di Simeone. Il francese è protagonista assoluto del dominio bianconero mentre l’argentino accusa con i compagni di reparto l’assenza del cursore Almeyda, la serataccia di Veron (poi sostituito da un più dinamico Stankovic) e in genere lo strapotere fisico e tattico del centrocampo avversario. Del resto Eriksson aveva lasciato a casa 8 titolari, dovendo gestire pure il campionato. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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NANDO VESCUSIO
RIMONTA Il gol disorienta gli ospiti che poi subiscono il raddoppio di un certo Antonio Conte, lesto a infilarsi in area per chiudere uno spunto di Kovacevic, e sul finire del tempo anche l’incursione aerea dell’ariete Kovacevic. La Juve probabilmente si sente in semifinale, fatto sta che comincia la ripresa con atteggiamento cauto, mentre Eriksson gioca il tutto per tutto ricorrendo alla panchina. Dentro Nesta e Stankovic, fuori Mihajlovic e Veron. Un fallo di mani (contestato) a metà fra Brindelli e Montero origina il rigore col quale Ravanelli (fischiatissimo
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COPPA ITALIA
COVER STORY/La sfida
MARCATORI Boksic (L) al 9’, Del Piero (J) al 28’, Simeone (L) al 35’ s.t. LAZIO (4-5-1) Ballotta; Gottardi (Mihajlovic dal 31’ s.t.), Nesta, Negro, Pancaro; Lombardo (Boksic dal 1’ s.t.), Stankovic (Ravanelli dal 31’ s.t.), Simeone, Veron, Nedved; S. Inzaghi. All. Eriksson
26 gennaio 2000
JUVENTUS (4-4-1-1) Van der Sar; Mirkovic, Tudor, Iuliano, Pessotto; Birindelli (Zambrotta dal 15’ s.t.), Conte (Tacchinardi dal 24’ s.t.), Davids, Bachini (Del Piero dal 13’ s.t.); Zidane; Kovacevic. All. Ancelotti
LAZIO - JUVENTUS 2-1
6,5 SIMEONE Gara a due facce. Dall’ingrato compito di limitare Zidane, riuscito solo in minima parte, al gol qualificazione voluto e cercato.
7,5
VOTO GAZZA
ZIDANE È in forma eccellente. Semina laziali per ogni dove, dà a Del Piero la palla dell’1-1. Mezzo voto in meno per la grande occasione mancata.
... MA AL RITORNO È DIEGO A FARE FESTA ANCORA CON UNA CAPOCCIATA VINCENTE, IL CENTROCAMPISTA ARGENTINO REGALA LA SEMIFINALE DI COPPA ALLA LAZIO, CHE POI VINCERÀ LA FINALE CONTRO L’INTER
N
ella sfida di ritorno dei quarti di coppa Italia, Simeone si prende una bella rivincita su Zidane. Sia a livello personale, come vedremo, che a livello di squadra considerato che la Lazio superando 2-1 la Juve accede alla semifinale di un torneo che poi andrà a vincere beffando in finale l’Inter di Ronaldo, che proprio all’andata, all’Olimpico, rientra in squadra dopo l’operazione al tendine rotuleo ma si rompe di nuovo lo stesso tendine alla prima azione in velocità. Dicevamo della rivincita del Cholo su Zizou, tradito da tutta la squadra. È una Juve poco convinta quella che si presenta all’Olimpico o forse concentrata sul campionato, dove sta accumulando un buon margine giusto sui biancocelesti. NON MI FERMATE La gioia incontenibile di Simeone dopo aver segnato il gol che vale la qualificazione della Lazio.
taggio di non aver subito gol: è Boksic (uno dei molti ex in campo) a trovare lo spiraglio, determinando un’immediata reazione juventina che ha in Zidane un protagonista sicuro. È lui infatti che manda Del Piero in piena area libero di calciare: Ale non sbaglia il diagonale e con l’1-1 a passare in semifinale sarebbero i bianconeri. LA RIVINCITA DI SIMEONE Ma qui è Eriksson a ottenere dai suoi una
reazione veemente. Al termine di vari assalti c’è un angolo calciato con l’abituale maestria dal piede mancino di Mihajlovic giusto in mezzo all’area piccola dove irrompe il Cholo Simeone che fa centro di testa nonostante Tacchinardi gli si fosse aggrappato addosso. Però l’azione vincente ripropone la maliziosa domanda già fatta in campionato: era proprio Tacchinardi e non Zizou, l’uomo destinato a controllare Simeone in area di rigore? © RIPRODUZIONE RISERVATA
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MARCO ROSI
ZIZOU SALTA IL CHOLO Eppure, come all’andata, nel primo tempo gioca meglio la formazione di Ancelotti perché a centrocampo la linea bianconera è più solida mentre in rifinitura Zidane salta spesso e volentieri l’opposizione di Simeone, che lo aspetta davanti all’area in posizione di centromediano metodista. Zidane in avvio ha una ghiotta occasione da rete sventata da Ballotta e sulla deviazione del portiere la palla va a Bachini che calcia a porta vuota ma Simeone respinge col corpo evitando il gol. Come all’andata la Lazio si sveglia nella ripresa, col van-
REPORTAGE/Impressioni
SU PER LA SALITA I corridori, impegnati su uno strappo, sbucano dagli alberi. È la settima tappa del Giro, da Sulmona a Foligno. Vincerà in volata il tedesco Greipel.
DENTRO VIAGGIO NEI TRE VOLTI DELLA CORSA ROSA CHE SI CHIUDE DOMANI A TORINO. QUELLI DEI CORRIDORI, SEMPRE IN PRIMO PIANO. QUELLI CHE INVECE NON SI VEDONO MAI, PERCHÉ APPARTENGONO A CHI METTE IN PIEDI LA GIOSTRA. E QUELLI DI CHI STA SULLA STRADA A GUARDARE Foto di Eloise Mavian e Francesco Rachello
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AL GIRO
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ma quanto è duRa la fatica Stanche, sporche, concentrate, sorridenti, finalmente rilassate: sono le facce dei corridori prima e dopo la tappa. Sono partiti in 181, alla fine arriveranno in molti meno.
RepoRtage/Dentro al Giro
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il clic è SeRVito Sono i guardoni del ciclismo, quelli che si appostano sulle strade di montagna dalla notte precedente al passaggio della corsa, per guardare almeno per qualche secondo i propri beniamini.
RepoRtage/Dentro al Giro
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UNa passioNe iNFiNita Il ciclismo è (anche) passione senza età, tifo folcloristico e l’impagabile emozione dell’attesa. Un’attesa che si consuma fra grigliate, vino e racconti intorno al fuoco.
RepoRtage/Dentro al Giro
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il giRo siamo noi Controllano. Ispezionano. Posizionano (la cartellonistica). Sono le decine di uomini della Rcs, distribuiti su 25 auto della direzione, 9 auto per i vip, 92 auto dello staff, 28 moto, 24 furgoni e van.
RepoRtage/Dentro al Giro
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la macchina oRganizzativa Senza di loro nulla avrebbe senso. Nulla, addirittura, esisterebbe. Sono i cronometristi, il medico, i componenti della giuria, le hostess e gli addetti alle transenne.
RepoRtage/Dentro al Giro
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reporTAge/Dentro al Giro
pArTY DoLomiTiCo I tifosi si scatenano al passaggio dei corridori nella 14ª tappa (da Alpago a Corvara), sabato 21 maggio, la più dura di tutto il Giro.
di Fabrizio Salvio
qui è sempre uNA FesTA SCRIVEVA MONTANELLI CHE IL GIRO FA SEMBRARE OGNI GIORNO COME SE FOSSE DOMENICA. PER DARGLI RAGIONE BASTA SCENDERE IN STRADA
A
l mattino il Giro inizia a pedalare molto presto, quando i corridori non sono ancora scesi dal letto. Mentre le strade sono deserte e intorno c’è silenzio, uomini in tuta e guantoni da fatica montano palchi, sistemano transenne, piazzano cartelli e pannelli pubblicitari. Rappresentano l’avanguardia di quell’esercito variegato e quasi invisibile composto da attrezzisti, operai, manutentori, e poi ancora cronometristi, motociclisti, fotografi, medico, tutti gestiti a vario titolo dall’organizzazione della Rcs Sport – a sua volta formata da decine di persone – che rende possibile ogni giorno il miracolo della corsa. Poco più avanti, col sole già alto ma non ancora caldo abbastanza, una specie di circo itinerante sistema le tende – i camper, nel suo caso – di solito nella piazza principale della città, o paese, da cui par-
te la tappa. Lo chiamano la Carovana, e la maiuscola è dovuta e voluta, omaggio al centinaio di persone che la compone: un insieme di ragazzi, non soltanto italiani, che hanno il compito quotidiano di divertire, rifocillare e catturare l’attenzione dei tifosi di ogni età che affollano il ritrovo di partenza. Ogni giorno, il Giro parte in un’atmosfera di festa, e non suoni banale: i colori, la musica, i giochi, i gadget regalati dalla ventina e passa di aziende sponsor della corsa, e dalla Gazzetta stessa, rappresentano davvero per molti un’attrazione irresistibile. Molti si limitano a gironzolare incuriositi tra gli stand, nella speranza di trovare un corridore a sua volta “catturato” dall’atmosfera giocosa che si respira intorno. E sono molti i corridori che ogni mattina fanno capolino nella Carovana, nei cui pressi è strategicamente piazzato il palco per la firma del foglio di partenza: il contatto, non soltanto visivo, tifoso-atleta è forse il massimo punto di forza del ciclismo, quel valore aggiunto che lo rende diverso da quasi tutte le altre discipline sportive, le più popolari almeno. Dopo il via, la Carovana si sposta all’arrivo: un classico serpentone colorato che si muove lento e inconfondibile. Un rito che si ripete dal 1933. All’arrivo è il momento delle hostess che premiano (e baciano) il vincitore di tappa e coloro che vestono le varie maglie. A modo loro, queste ragazze sono un’istituzione del Giro: modelle, studentesse o semplicemente giovani desiderose di fare un’esperienza di vita. Scriveva Indro Montanelli che il Giro ha la straordinaria capacità di far sembrare ogni giorno come se fosse domenica: seguite la corsa per un giorno solo, e gli darete ragione. © RIPRODuzIONE RISERVATA
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GALLERY/Le protagoniste di Giovanni Cortinovis
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FDJ z LAPIERRE Sulla Xelius SL 600 in carbonio, le ruote e i pneumatici sono Mavic, i freni Shimano, il manubrio Zipp. € 3.199
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TEAM SKY z PINARELLO Con l’aiuto degli studi aerodinamici Jaguar è nata la Ciclo Dogma F8 con gruppo e ruote Shimano, sella Fizik. € 8.590
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BARDIANI CSF z CIPOLLINI Realizzata con monoscocca in carbonio, la NK1K ha gruppo e ruote Campagnolo, manubrio FSA e sella Prologo. € 5.300
BMC RACING TEAM z BMC Gruppo e cerchi Shimano, sella Fizik, pneumatici Continental e telaio di 790 gr. per la Teammachine SLR01. € 9.999
CANNONDALE PRO CYCLING TEAM CANNONDALE La SuperSix EVO Hi-MOD ha la forcella in monoscocca completo, cambio Shimano, manubrio FSA, sella Fizik. € 9.999
GAZPROM-RUSVELO z COLNAGO Dal Master discende il telaio in fibra di carbonio della C60: gruppo e ruote Campagnolo, sella Selle Italia. € 12.350
TEAM GIANT-ALPECIN z GIANT La Propel ha telaio e forcella in compositi di classe Advanced SL, gruppo Shimano, cerchi Zipp, freni Giant. € 10.000
IAM CYCLING z SCOTT Telaio e forcella in fibra di carbonio HMX per la Foil che ha gruppo trasmissione Shimano e sella Syncros. € 7.999
Le avete ammirate sulle strade italiane e in tv nelle ultime 3 settimane: sono le bici delle 22 squadre che domani arriveranno a Torino sull’ultimo traguardo del Giro. Sembrano tutte uguali, ma solo per chi non se ne intende. Ora possono essere vostre, se siete disposti a investire un discreto gruzzolo. La totalità dei costruttori realizza infatti delle versioni replica destinate al ci-
clista della domenica: la maggior parte di queste bici è realizzata negli stessi materiali e con la medesima componentistica di quelle dei professionisti, cambiano solo i colori sociali. Qui ve le proponiamo tutte e 22, con l’indicazione del prezzo di listino, al netto di sconti o di eventuali maggiorazioni. Naturalmente, accontentandovi di componenti di minor pregio il prezzo è inferiore.
LOTTO SOUDAL z RIDLEY Per migliorare l’aerodinamica la Noah SL ha una forcella con le F-Splitfork. Freni e cambio Sram Red. € 7.249
MOVISTAR TEAM z CANYON Sulla Ultimate CF SLX la fanno da padrone i componenti Campagnolo con ruote, freni e gruppo. Sella Fizik. € 6.699
TINKOFF z SPECIALIZED La S-Works Tarmac ha telaio e forcella in fibra di carbonio, freni e cambio Shimano, ruote Roval Rapide. € 8.490
TREK-SEGAFREDO z TREK Sulla Madone brilla il telaio in carbonio OCLV 700 e la forcella con tubo asimmetrico. Ruote e sella Bontrager. € 13.000 © RIPRODUZIONE RISERVATA
NIPPO-VINI FANTINI z DE ROSA Dallo studio congiunto con Pininfarina discende la SK Pininfarina: gruppo e ruote Campagnolo, manubrio FSA. € 9.728
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INTERVISTA/Rivelazioni
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Dominic Thiem
lA coSTRuzIoNE dI uN NumERo 1 l’austriaco è l’astro emergente del tennis, ha già battuto federer e nadal e ora punta a uno slam. siamo andati a conoscerlo, parlando anche col coach guenther bresnik, che ha plasmato il suo talento: «manca solo qualche dettaglio, poi niente potrà fermarlo. a parte una donna…» di Lorenzo Cazzaniga ~ foto di Simone Perolari
coNTRo Il mITo L’austriaco Dominic Thiem, 22 anni, numero 15 del mondo. A destra nel match vinto contro Federer (7-6 6-3) negli ottavi di finale degli Internazionali di Roma il 12 maggio.
boschi, oppure lo svegliavo a mezzanotte e lo costringevo a 45 minuti di addominali, fin quando non gridava dal dolore. Ma io gli ripetevo: “Se ci riesce un vecchio di 60 anni, vuoi che non ci riesca un giovanotto di 20?”. Sono fiero di quello che è diventato». A supportare la sua tesi, un articolo di un noto magazine austriaco e delle foto emblematiche che li ritraggono mentre corrono in un bosco tenendo un tronco d’albero sulle spalle. Dominic, è grazie a questo training che appare così forte fisicamente e mentalmente? «Tutte balle», ci risponde con i suoi modi timidi ma sicuri, «mi sono messo un tronco d’albero in spalla solo quella volta, perché il fotografo non voleva fare lo
shooting in una palestra. Ho lavorato con Resnik, ma non ha avuto chissà quale influenza. Con o senza di lui, sarei arrivato comunque dove sono adesso». Ma ci sarà pur qualcosa di vero in quello che racconta. «Una sola cosa: eravamo in Italia per giocare un torneo Futures (a Este, provincia di Padova; ndr). Giocai malissimo un punto e persi il secondo set. Lui si lamentava che non esprimevo abbastanza le mie emozioni in campo e quindi spaccai la racchetta. Poi mi ricordai che era anche il suo compleanno, gliela lanciai in tribuna gridandogli Happy Birthday! Ma tutto il resto, le corse di notte nei boschi, le nuotate d’inverno in mezzo ai fiumi… bah…». 65
claudio pasquazi
U
n vecchio adagio suggerirebbe di non rovinare mai una bella storia con la verità. La bella storia, per quanto possa sembrare inverosimile, è il legame tra Dominic Thiem, austriaco, 23 anni, prevedibile fenomeno del tennis prossimo futuro (ha già battuto Federer e Nadal), e Sepp Resnik, 62 anni, guru della preparazione atletica. Resnik è un tizio che sostiene (con convinzione) di non dormire da anni perché il suo corpo si è abituato a estenuanti allenamenti notturni, che allungano la sua giornata di lavoro. Ma soprattutto, ha affermato di aver coinvolto in questa sua folle routine anche il giovane Dominic, quando era da svezzare: «L’ho fatto correre nella notte, in mezzo al buio dei
INTERVISTA/Dominic Thiem
FORZA CINQUE Thiem sul lungomare di nizza, dove si è svolta l’intervista. in carriera ha vinto 5 tornei Atp, 2 quest’anno (Acapulco, Buenos Aires) e 3 nel 2015.
Ma allora chi deve ringraziare se ora è considerato un potenziale numero uno mondiale? «I miei genitori, entrambi insegnanti di tennis. Non ho nemmeno dovuto scegliere: mi sono ritrovato sul campo in maniera naturale. E non l’ho più lasciato. E poi la loro intelligenza di lasciarmi nelle mani di un coach come Guenther Bresnik (un passato con Boris Becker e altri ottimi giocatori; ndr) che mi segue da quando avevo 11 anni. Devo a lui tutto ciò che ho imparato su questo sport». Uno sport che per Juan Carlos Ferrero, ex n.1 del mondo, si compone per il 5% di tecnica, il 45% di fisico, il 50% di psicologia: è d’accordo? «Certamente è uno sport in cui la componente psicologica è molto importante. Quando hai fiducia in quello che stai facendo, tutto sembra più facile e quelle tre componenti riesci a mixarle al meglio. Che è il vero segreto per vincere». Bresnik, che durante l’intervista, al Lawn Tennis Club di Nizza, è sempre rimasto accanto al suo pupillo, è parzialmente d’accordo: «Per me l’aspetto più importante è la tecnica. Se in una lotta, un uomo ha una pistola e l’altro un coltello, quello
col coltello può anche pensare la tattica migliore del mondo, ma sicuro che è lui quello che muore. Nel tennis è uguale: infatti, quando cominci a lavorare con un ragazzino, il compito del coach è insegnargli dei buoni fondamentali, un programma che va avanti dagli 8 ai 16 anni: senza quelli, non diventi un fuoriclasse. Sono d’accordo con Toni Nadal quando dice di essere stato più utile a Rafa quando era un ragazzino di quanto non lo sia adesso. Poi è importante il passaggio tra i pro, quindi si lavora sui dettagli. Dominic è come una casa con delle fondamenta solide: ora bisogna arredarla con gusto per renderla perfetta. Quando sei forte tecnicamente e preparato fisicamente, allora anche la tua testa funziona meglio. Il punto di svolta nella crescita di Dominic è stato quando ho deciso di cambiargli il rovescio da bimane a una mano sola. Ci sono voluti quasi due anni, ma si vedeva che con le due mani non sarebbe mai diventato un colpo efficace, mentre è uno dei migliori del circuito». Dominic annuisce. E allora gli chiediamo se, con questo potenziale, si veda già con in mano un trofeo dello Slam. «Per ora penso a metterci il cento per cento di me stesso. Ma il mio obiettivo, per il
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quale lavoro duro ogni giorno, è vincere i Major. Anche se non sarà facile: tanti mi presentano come il futuro numero uno del mondo, ma dove sta scritto?». La conversazione diventa una piacevole tavolata quando si unisce anche un altro predestinato, forse ancor più di Thiem, il tedesco Alexander Zverev: «Tutti ci dicono che vinceremo gli Slam, che saremo i futuri numeri uno del mondo, ma
non siamo gli unici a volerlo diventare e la strada è lunga». Ci pensa Bresnik a chiarire la questione, con un filo di paraculaggine: «Guarda questo ragazzo qui a fianco, Zverev: vincerà sicuramente degli Slam, non c’è dubbio (e Zverev torna a sbuffare). L’ho detto per Safin, per Kafelnikov… tanti anni fa, al torneo di Vienna ho dato la wild card a un ragazzino svizzero di 16 anni dicendo che sarebbe diventato il n.1 del mondo: ti devo dire come si chiamava? Anche Dominic può arrivare al top, come Zverev. Solo due cose potrebbero fermarli: un infortunio o una donna. Per gli infortuni lavoriamo sulla prevenzione, per le donne… diciamo che sanno gestire bene loro la situazione!». Perché, Dominic, essere prestanti, ricchi e famosi, aiuta con le ragazze... «Sono fidanzato da oltre un anno, quindi non sono la persona giusta a cui chiedere. Però, diciamo che suppongo di sì!».
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Scommesse e doping nel tennis sono problemi che non esistono. La Sharapova? È stata sfortunata
Che effetto le hanno fatto i primi match contro Nadal, Djokovic, Federer? «Al principio mi sentivo strano: 3-4 anni fa li vedevo giocare in televisione e all’improvviso me li ritrovavo davanti. Ho battuto Nadal a Buenos Aires e Federer a Roma, anche se era a mezzo servizio. Ma in altre occasioni ho sprecato troppe chance. Giocare contro di loro aiuta ad alzare il proprio livello. Dopotutto, se si vuol vincere un grande torneo, bisogna imparare a battere questi giocatori».
Dominic Thiem
GUARDA CHI C’è A nizza, sulla Promenade des Anglais, Thiem si concede ai giornalisti e ai giovani fan, con cui ha scambiato anche qualche colpo (foto a sinistra).
«Senza dover aspettare che si ritirino», interviene Bresnik. «Non credo succederà nel 2016, ma giovani come Dominic o Zverev potranno vincere degli Slam molto presto. Il divario si sta riducendo». Dominic, è d’accordo? «Certo, nessuno è imbattibile, nemmeno Djokovic, anche se in certi momenti può sembrare così. Personalmente ho fatto 67
INTERVISTA/Dominic Thiem
bene già le prime volte che li ho incontrati e anche quando non ho vinto, comunque ti indicano dove sta l’asticella per raggiungere il loro livello. Pian piano, ci si può arrivare». Una critica che le viene mossa è sulla strategia di gioco: talvolta pare che voglia spaccare palla e avversario, senza troppo pensare. «Il problema è che nel tennis odierno non c’è tanto tempo per pensare perché tutti tirano fortissimo. Credo sia necessario saper trovare un buon equilibrio, ma non è sempre facile». E Bresnik precisa: «Preferisco prima costruire dei colpi sicuri, potenti, affidabili. Poi viene la strategia, che si impara giocando tanti match. Da ragazzino, Dominic tatticamente era molto abile perché non aveva sufficiente forza per far male all’avversario. Ora è diverso: nel tennis moderno vince chi tira più forte tenendo di più la palla in campo: non c’è tanto spazio per la fantasia».
ai 12-13 anni ho preso tutto come un divertimento, poi quando ho cominciato a essere tra i migliori in Europa della mia età e ad arrivare in finale a Roland Garros junior, mi è stato chiaro che la strada era segnata». Tanti si preoccupano di quel che accadrà quando Federer, Nadal e Djokovic si ritireranno, come se il tennis dovesse morire: cosa ne pensa? «Macché, lo sport, il tennis è più grande di qualsiasi fuoriclasse. In passato si sono ritirati tanti campioni e ne sono arrivati altri. Succederà anche questa volta».
Invece i problemi che potrebbe avere il tennis si chiamano scommesse e doping, soprattutto dopo il caso Sharapova. «Mah, quello delle scommesse mi è tanto sembrata una trovata dei media ma alla fine cosa è venuto fuori di concreto? Poco o nulla. E sono convinto che anche il doping non sia un problema nel nostro mondo. Per me la Sharapova è stata solo sfortunata: ecco, forse si dovrebbe migliorare la comunicazione perché non sempre è facile star dietro alle regole e all’elenco delle sostanze proibite, soprattutto per chi pensa solo ad allenarsi e a giocare bene». © riproduzione riservata
A NOI DUE Sopra, al Lawn Tennis Club di Nizza. A destra, stringe la mano al tedesco Alexander Zverev, l’altro talento candidato al ruolo di numero uno.
Dominic, quando ha realizzato che poteva diventare davvero un buon professionista di tennis? «Sono stato fortunato a nascere in una regione dell’Austria non troppo sciistica, perché da noi è lo sport principale! Fino 68
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Il mIO mOndO Francesco Flachi dietro al bancone del “panino di categoria”, il locale di Firenze che gestisce coi genitori.
RITRATTO/Vita da ex
Francesco Flachi
IO, Il bAR e un cOnTO TROppO sAlATO a Firenze era un ragazzo prodigio, a genova, Sponda SaMp, è Stato un idolo. poi la cocaina e la SqualiFica: «geStiSco un locale e non poSSo neanche andare allo Stadio. invece chi Si è venduto le partite...» di Fabrizio Salvio ~ foto di Michele Borzoni
«S
ignora, acqua naturale o gassata? Mamma, passami la lista dei panini. Voi due aspettate un attimo, ché adesso si liberano due posti». Francesco Flachi passa tra i tavoli del suo locale – il “Panino di categoria”, nel quartiere di Ponte Rosso a Firenze, dove è nato 41 anni fa – con la stessa elettrica agi-
lità con la quale ha dribblato i difensori per 16 anni, tanto è durata la sua carriera di calciatore professionista, dal 1993 al 2009. Le 134 partite e i 42 gol in A, più altri 67 in B, gli hanno lasciato in eredità un fisico da ragazzino e una gloria imperitura tra la gente della sua città e non solo: «Da Genova, dove sono stato da dio nelle mie stagioni alla Sampdoria, ancora arrivano ogni fine settimana a salutarmi».
Le due squalifiche per uso di cocaina, la seconda delle quali lo ha di fatto costretto al ritiro, gli hanno invece prematuramente ingrigito i capelli e intinto gli occhi nell’inchiostro scuro dell’amarezza. «Che effetto fa passare dall’essere riverito come calciatore, al servire al tavolo dei perfetti sconosciuti? È proprio questo il bello. E questo è stato il mio modo di vivere, da calciatore e no: sono sempre sta71
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to in mezzo alla gente, di qualsiasi estrazione sociale. Non mi sono mai nascosto e non ho mai fatto distinzioni. I problemi se li facevano gli altri nei miei confronti, immaginando che mi dessi delle arie o fossi inavvicinabile: no, io sono una persona normale cresciuta in mezzo a gente normale. Stare in mezzo a studenti e pensionati mi mette allegria, anche se ogni tanto mi fermo a ricordare e mi piomba addosso un velo di tristezza e di malinconia, al pensiero che avrei potuto smettere più tardi rispetto a quanto sono stato costretto a fare. Quando vedo giocare certa gente in A, mi dico: Francesco, tu in mezzo a questi ci staresti ancora adesso alla grande. Maproprioallagrande». «Sì, avrei smesso più avanti, se non fosse successo quello che è successo. Sono stato un bischero: lo pensavo allora e lo penso oggi. Ma non bisogna guardare troppo al passato, se no non si riesce mai a costruire qualcosa che abbia un futuro. Poi, dico sempre che l’importante è non ammazzare e non rubare: io sono stato trattato come un criminale, la prima volta mi hanno dato 2 anni, la seconda 12, ma con la cocaina ho fatto male soltanto a me stesso». NEANCHE IN TRIBUNA «Ho davanti ancora 6 anni di squalifica, e la cosa più grave, considerando che alla mia età non posso più avere velleità come calciatore, è che allo stadio non mi fanno entrare neanche da spettatore. Non sono stato uno stinco di santo, ho sbagliato, ma non poter vedere una partita dal vivo perché il mio nome risulta tra gli “indesiderati”, no, dopo 6 anni no. Non posso avere un biglietto nominativo, mi riconoscono e mi fanno entrare in curva. Ho una scuola calcio, alleno una squadra di Terza Categoria, il Bagni a Ripoli, e non posso stare in panchina. Sono ai margini
Quando vedo giocare certa gente in A, mi dico: Francesco, tu in mezzo a questi ci staresti ancora alla grande. Ma proprio alla grande
DAL VIOLA AL BLUCERCHIATO Flachi firma una maglia della Fiorentina e, qui sopra, con la Samp, con cui ha giocato per 8 stagioni. Fu trovato positivo alla cocaina in due occasioni, nel 2007 dopo Sampdoria-Inter (2 anni di squalifica) e nel 2009 dopo Brescia-Modena (12 anni di sospensione).
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del calcio, che è stata la mia vita per tanto tempo. Altri, che hanno fatto porcherie ben più gravi, comprando e vendendo partite, sono stati puniti con mano più leggera. Io non ho rubato, non ho mai scommesso, anche se nel 2006 mi squalificarono per 2 mesi perché avrei chiesto informazioni su una partita in una telefonata di cui non c’era traccia nel rinvio a giudizio. Non ho imbrogliato altri che me stesso. Cosa è più grave, una squalifica per doping o per aver alterato il risultato di una gara? Spero che qualcuno si passi una mano sulla coscienza». «Se mi piacerebbe allenare sul serio? E come faccio a dirlo, se non posso neanche prendere il patentino. La squalifica mi scade nel 2021: può darsi che per allora mi sarà passata la voglia. Mi manca lo spogliatoio, questo sì». «Perché la cocaina? Non credete alle fregnacce sulla coca che dà euforia, fa passare la stanchezza, aumenta la libido: a me era appena nato il bambino, che vuoi che facessi? Il perché non lo so nemmeno
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io. Il problema è che ho un carattere che non ama le mezze misure: o faccio una cosa o non la faccio. E vado per istinto. In quel momento volevo farlo, sono stato debole, forse avevo un disagio interiore, ma non cerco alibi. Ho provato, ho sbagliato. Ma non ho alterato le mie prestazioni sportive, l’ho assunta solo per uso personale. E in ogni caso non mi cambierei con nessuno». MA QUALI AMICI? «Io sono una persona educata, uno che ha sempre offerto rispetto prima ancora di pretenderlo. Se parli coi miei ex compagni, dovunque sia stato non troverai nessuno che possa dire male di me come persona. Però nel calcio è difficile trovare amici veri: quello c’ha la moglie più bella, e la tua ti chiede la stessa borsa della moglie di quell’altro, e quell’altro ancora ha la macchina più figa… Anche fuori dal calcio, nel momento del bisogno di amici ne ho visti pochi. Prendevo 2030 biglietti per volta, li portavo a cena fuori, quelli che dicevano di essere ami-
ci: sì, amici del calciatore… Io penso che gli amici stiano in famiglia. Sono loro che mi hanno riaperto la porta di casa». «È vero, una volta ho detto: “Sarebbe stato meglio essere normale”, perché capita di non aver voglia di avere gli occhi di tutti puntati addosso. Ma a me la vita da calciatore è piaciuta, forse perché l’ho affrontata vivendo alla giornata. A Genova, soprattutto. A Firenze ero troppo giovane, avevo intorno grandi campioni e non ho avuto tempo di crescere. Nasco qui e sono tifoso della Fiorentina: sognavo di indossare la maglia viola per tutta la carriera, ma giocare con Batistuta, Edmundo, Olivera era difficile. Diciamo che la Fiorentina è stata una moglie, a NUMERO VIOLA Flachi all’esterno del suo locale, sul muro del quale spicca la data di nascita della Fiorentina scritta in lettere. Ha esordito in A il 4 settembre ’94 in Fiorentina-Cagliari 2-1. Ha giocato con Bari, Ancona, Samp, Empoli e Brescia. In A conta 134 gare e 42 gol.
Genova ho trovato l’amante più bella. Il legame con la città va oltre il calcio. Tra me e la Samp c’è stato il rapporto che ha Totti con la Roma. Ho smesso di giocare a 32 anni, con la Samp ho segnato 112 gol tra campionato e Coppa Italia: io penso che Vialli l’avrei preso, a 132, e Mancini ce l’avevo a 172… Quando torno a Genova è come se non fosse passato un giorno, altro che 7 anni: cori, abbracci, non mi fanno mai pagare nei locali… Se non fosse finita in modo così traumatico, sarei rimasto a vivere lì. I miei figli sono nati lì. Non mi mancava niente. Benedetta ha 14 anni e Tommaso 9: non mi hanno mai fatto domande. Tanto ora c’è Internet, la mia storia la troveranno lì. A me importa fare il padre quando conta». «I gol più belli? Facile dire quelli in rovesciata, ma per me sono stati tutti belli allo stesso modo. Però in rovesciata ne ho fatti 6, o forse 4, in un solo campionato: trovamene uno capace di fare altrettanto nel calcio di oggi. E non chiedermi se ora c’è qualcuno che mi somiglia, perché ti rispondo così: speriamo di no». © rIproduzIonE rISErvAtA
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intervista/L’ultimo re
macchĂŠ F.1 il cuore in gola ti viene a indy
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Juan Pablo Montoya domani il colombiano difende il successo nella 500 miglia statunitense: «la gente ricorda per sempre chi la vince: non avete idea di quanto vadano forte le monoposto. ho trionfato anche a monaco ma è più facile». e dei gp dice: «non mi mancano: troppa politica, ha distrutto i miei ideali. vettel? per me è più forte di hamilton»
eroe dei due mondi Juan pablo montoya, 40 anni, al volante della sua penske-chevrolet: in carriera ha vinto due volte la 500 miglia di indianapolis, nel 2000 e nel 2015.
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Brian Cleary
di giovanni cortinovis
Che differenze ci sono tra le monoposto di Indycar e F.1? «Le F.1 sul dritto sono più veloci, i motori ibridi garantiscono cavalli in più. Però in curva sono più lente, hanno meno carico aerodinamico». E in termini di equilibrio? «In Indy le auto sono simili, penso a freni e sospensioni. Anche i piccoli team hanno una chance. Si possono apportare migliorie ma tutto avviene alla luce del sole e basta una foto per copiare l’assetto di chi si dimostra più competitivo. E qui, se commetti un errore in qualifica, parti dietro. In F.1 invece quando sei nell’auto più forte non ti devi preoccupare». Nel 2003 è stato a un passo dal vin-
Chris Graythen, damien meyer
intervista/L’ultimo re
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omani vanno in scena insieme due tra le gare più famose nella storia dell’automobilismo: il GP di Monaco e la 500 Miglia di Indianapolis. Juan Pablo Montoya, colombiano di 40 anni, è l’unico pilota in attività ad aver vinto entrambe. A Monte Carlo nel 2003, sul catino dell’Indiana nel 2000 e 2015. In 6 anni di F.1, con Williams e McLaren, ha impressionato per risultati, personalità e talento. Resta titolare della più alta velocità mai raggiunta da una F.1 in circuito: 372,2 km/h, a Monza nel 2005. L’anno scorso ha perso il campionato IndyCar pur avendo totalizzato gli stessi punti di Scott Dixon; nel 1999 si era aggiudicato il titolo allo stesso modo, beffando Dario Franchitti. Domani a Indy difende la vittoria di un anno fa. Conosce bene la sfida. «Il GP di Monaco è speciale. Ma se guardi il passato puoi capire come affrontarlo. Indianapolis non riesci a metterla a fuoco, tanti arrivano e pensano sia facile. Ma rischiano di cacciarsi nei guai: dal vivo è un’altra cosa».
F.1 e traDizione Montoya in F.1 ha vinto 7 GP (4 con la Williams, 3 con la McLaren, sotto). In basso, bacia nel 2015 il mattone del tracciato originale di Indy.
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intervista/L’ultimo re Le manca la F.1? «Per niente, c’è troppa politica tra i team. Da piccolo il mio sogno era correrci, ci sono arrivato e ho vinto diverse gare, ma la politica ha distrutto il mio ideale». In Indycar non c’è politica? «Sì, ma non fra i team: i team pensano e lavorano tutti per il bene comune».
Chi è più forte tra Vettel ed Hamilton? «Per me Sebastian è più completo. L’ho conosciuto da giovane e ha lavorato duramente per arrivare a questo livello». Della McLaren che cosa dice? «Credo abbiano sottostimato l’importanza del motore. Avevano il Mercedes e sono passati all’Honda che non ha esperienza con i propulsori ibridi. Nel lungo termine potrebbe essere un’ottima scelta, ma ora devono pazientare». In Indy vince sempre il miglior pilota? «No, anche in Indycar ci sono altri fattori: la velocità non è l’unica a fare la differenza. Contano strategia, tempismo nell’uso
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CHe Festa Ancora la 500 Miglia del 2015: sopra la gioia del colombiano e della sua squadra, sotto l’arrivo con Juan Pablo che precede il compagno Will Power.
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Diretta tv su Sky Sport 2 La Indy 500 festeggia domani le 100 candeline. L’ovale dell’Indiana ha ospitato la prima edizione della 500 Miglia nel 1911 ma nel 1917 e 1918 e dal 1942 al 1945 la gara non si è corsa per le Guerre mondiali. Neanche il Tourist Trophy dell’Isola di Man, nato nel 1907, può vantare tante edizioni. Per le 33 monoposto al via (telai Dallara per tutte) quasi 3 ore di sfida intensa, come dimostrano le 20 monoposto alternatesi al comando in ciascuna delle ultime due edizioni. Campione uscente è Montoya ma l’ultimo a vincere 2 edizioni di fila è stato Helio Castroneves nel 2001-02. Tra i piloti più attesi c’è il francese Simon Pagenaud, vincitore degli ultimi 3 GP del campionato ma finora mai nei primi 5 a Indy. Partenza lanciata alle 18 ora italiana: diretta su Sky Sport 2, che trasmette un’ampia sintesi lunedì 30 dalle 20 alle 21.
RobeRt LabeRge
cere il Mondiale di F.1. Rimpianti? «No, lì per vincere devi avere l’auto migliore: non ne ho mai avuta una dominante come la Ferrari dell’epoca. La conquista del titolo non dipende da quanto sei bravo ma dal trovarti nel momento giusto sull’auto giusta».
intervista/L’ultimo re
uomo di famiglia Montoya è sposato con Connie e ha tre figli: Sebastian, Paulina e Manuela. Sotto, pit-stop con la Penske: in Indycar per lui 15 successi e il titolo 1999. Vanta pure 2 vittorie in Nascar.
In F.1 ci sono diversi piloti con la valigia. E in Indycar? «In ogni serie ci sono piloti paganti: sfido chiunque a trovarne una senza. La differenza è che quello che si paga in F.1 è un terzo di quanto si spende in Indycar».
In cosa può migliorare la Indycar? «Le auto sono divertenti da guidare e il pubblico ama questo sport. Premesso ciò, a me piacerebbe avere molta più potenza».
La F.1 perde tifosi, voi invece siete in ripresa. Il segreto? «Anche il nostro è uno sport, ma punta a mostrare un buono spettacolo, che piaccia ai tifosi. A ogni gara c’è la sessione di autografi cui partecipano tutti i piloti. Nulla viene nascosto al pubblico, che nel paddock assiste ai lavori sulle monoposto e guarda le gare da vicino».
Un giudizio sulla sua scorsa stagione? «L’anno scorso è stato molto buono, è stato un peccato non riuscire a vincere il campionato». Ha perso il titolo ma ha vinto la 500 Miglia di Indianapolis. Alla fine ci ha guadagnato? «La Indy 500 è una gara leggendaria: la gente ricorda chi l’ha vinta e non chi ha conquistato il campionato. È pazzesco.
Chi vince a Indy è il re, il resto della stagione è meno considerato». PerchÈ Indianapolis è così speciale? «Per la tradizione, la storia, il tracciato. Le gente non immagina quanto vadano forte le auto a Indianapolis. Se la guardi in tv non capisci. La prima volta che sono andato ai box e li ho visti passare ho spalancato la mascella ed esclamato “O mio Dio”». Quanto resterà in Indycar? «Non saprei, mi diverto e non ci sono compromessi. Qui i piloti più maturi sono davanti perché l’esperienza è importante. Facciamo meno errori, siamo più costanti e vinciamo più spesso. In F.1 alla mia età sei già fuori dal giro da qualche anno». Lo scorso inverno ha provato una Porsche LMP1 nei Prototipi. Pensa di correre a Le Mans? «Forse sì, forse no. Non ho fretta di decidere. È stata un’occasione per fare qualcosa di divertente e l’ho presa come tale. Ma finché il team Penske vuole tenermi io resto qui». Ha corso in Indycar, Nascar e F.1. In che cosa si differenziano i tifosi? «Quelli Nascar sono perlopiù gente di campagna. Chi segue la Indy ama le auto sportive, come le Bmw, le auto cool. Quelli di F.1 sono i più competenti». © riproduzione riservata
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MOLTE FACCE E SOLITI NOTI CONFRONTO DAL 2011 A OGGI DEI CAMPIONATI IN MONOPOSTO PIÙ IMPORTANTI DEL MONDO: NEGLI USA VINCONO IN TANTI, I GP INVECE SONO PIÙ SELETTIVI. E QUANTE VOLATE OLTREOCEANO di Giovanni Cortinovis
90 Will Power 16
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Scott Dixon 14
Helio Castroneves 12
Ryan Hunter-Reay 12
Will Power 30
Piloti con più vittorie
Sebastian Vettel 32
Piloti con più pole
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Lewis Hamilton 34
8 6 8 5 4 4
Piloti con più podi
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Sebastian Vettel 31
Nico Rosberg 24
Lewis Hamilton 54
Nico Rosberg 40
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Piloti sul podio almeno una volta
Ryan Hunter-Reay 25
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Autori di almeno una pole
30 Scott Dixon 31
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Vincitori di almeno un GP
18 Will Power 28
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GP corsi
Sebastian Vettel 63
Piloti che hanno vinto un solo GP Piloti autori di una sola pole Piloti sul podio una sola volta Campionati decisi all’ultima gara Vincitori del campionato
2 3 7 2 2 32
Distacchi in gara 1°-2° oltre 10’’
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Detroit 2015 30’’270
Max distacco 1°-2°
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Kentucky 2011 0’’010
Min distacco 1°-2°
0’’616
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LA STORIA/La diva e lo sport
I 90 anni di un mito
MARILYN, IL PESO DI UNA VITA di Andrea Schianchi ~ foto di Philippe Halsman
MERCOLEDÌ SAREBBE STATO IL SUO COMPLEANNO. NOI LA RICORDIAMO RIPERCORRENDO LA STORIA DEL TORMENTATO AMORE CON JOE DIMAGGIO, IL CAMPIONE DI BASEBALL CHE PROVÒ A SALVARLA. ANCHE ATTRAVERSO L’ATTIVITÀ FISICA
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GINNASTICA PER L’ANIMA Marilyn Monroe (1 giugno 1926-5 agosto 1962) posa per un servizio fotografico nel 1952. Quando l’attrice era in piena crisi depressiva, l’ex marito Joe DiMaggio la convinse a fare sedute di pesi e camminate tutte le mattine. Ma non servì.
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LA STORIA/I 90 di Marilyn
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Novant’anni. Che non sono nulla, perché i miti attraversano il tempo con la leggerezza dell’acrobata, saltano da un’epoca all’altra e li ritrovi sempre uguali a se stessi, belli, sorridenti, felici, come se la vita non li avesse nemmeno sfiorati. Novant’anni compie Marilyn Monroe, ma non li dimostra. E dall’alto della sua età ci guarda e sorride delle rughe che si disegnano sui nostri volti e dei segni che lo specchio ci mostra e non c’è verso di cancellarli. Lei non li ha, quei segni: la pelle è liscia come allora, levigata, perfetta come quella delle statue di Michelangelo. Il tempo non la scalfisce, la protegge. Le ferite, se ci sono (e ci sono), sono dentro, nell’anima. Ma questa è un’altra storia. Marilyn non è mai stata una donna di sport. Disse: «Ogni mattina, dopo essermi lavata i denti, aver deterso il viso, mi sdraio a terra di fianco al letto e comincio i miei esercizi. Ma non sopporto che tutto questo sia una costrizione, io amo la libertà. E voglio essere libera». Lo sport, tuttavia, l’ha incontrato e amato. È il 1951 quando Joe DiMaggio vede un poster dell’attrice fotografata nel box di battuta assieme a un giocatore che lui conosce bene. La con-
SOTTOSOPRA Un altro scatto di Marilyn in versione ginnasta. l’attrice fu trovata morta nella sua casa di brentwood per una overdose di barbiturici.
tatta attraverso un amico, la invita a cena. Piano piano, giorno dopo giorno (sarebbe più corretto dire notte dopo notte…) Joe, che al tempo è l’eroe d’America, il “Joltin’ Joe” poi cantato da Simon & Garfunkel, s’invaghisce di quella che è ancora una starlettina agli inizi della carriera. I due si frequentano, si piacciono, s’innamorano. Meglio: Joe s’innamora di Marilyn, di un amore possessivo e, a
volte, violento. Lei, semplicemente, accetta di finire tra le sue braccia, seguendo l’interessato suggerimento dei produttori di Hollywood che intuiscono la possibilità di sfruttare il nome di DiMaggio per lanciare la bella bionda dalle forme esuberanti. Ma qui i sentimenti e le emozioni, come al cinematografo, non sono che finzioni. Come i baci e le effusioni davanti ai flash dei fotografi.
LA feSTA Da sinistra, Marilyn insieme ad atleti e attori all’Out of This World series, evento di baseball per celebrità dello sport e dello spettacolo.
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murray garrett
lei e il baseball
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Nel 1954 il matrimonio. Festa, lustrini, paillettes, luna di miele in Giappone. Già da quel primo viaggio, tuttavia, s’intravvedono le prime crepe. Marilyn abbandona Joe nella stanza d’albergo e va in Corea ad allietare le serate dei soldati americani: gli uomini di Hollywood vogliono spremere fin da subito il loro frutto. Tre spettacoli che portano pubblicità e soldi, e lasciano un marito insoddisfatto e dolente nel letto di un hotel di Tokyo. Joe, figlio di emigrati siciliani, vorrebbe una moglie al suo fianco, vorrebbe una donna che la sera lo aspetta a casa e gli prepara una omelette. Ce la vedete Marilyn Monroe ai fornelli? L’unione dura nove mesi, poi il divorzio. Marilyn passa dal baseball alla cultura, sposa Arthur Miller, ma va male anche questa storia. E poi arriva al potere, arriva a John Fitzgerald Kennedy: «Happy birthday, Mr President!». Dentro quell’abito bianco che incanta l’America, però, c’è soltanto malinconia. Malinconia e dolore. Un dolore profondo, lacerante. E a cercare di salvarla dalle ossessioni e dai barbiturici chi esce dall’ombra? Ancora lui, Joe DiMaggio. Il suo è un atto d’amore e, insieme, il gesto disperato di un uomo di sport che prova a battere un avversario nettamente più forte di lui. Una sfida im-
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Finalmente sto per rivedere Marilyn Joe DiMaggio in punTo Di MorTe
possibile, ma che, proprio perché impossibile, bisogna affrontare. Joe tenta di rimettere in carreggiata Marilyn, quella che ha sempre considerato la sua donna, le impone ritmi di vita da atleta, ogni mattina la obbliga a una seduta di esercizi con i pesi, la porta a camminare e in quelle lunghe passeggiate ci sono tante parole, tanti silenzi, tanti ricordi. È come se volesse allenarla alla vita. Quella vera, quella lontana dalle luci e dal clamore, quella che, forse, lei non ha mai vissuto. Alla fine, però, Marilyn sceglie di salutare tutti e andarsene per sempre. A Joe non resta che accompagnarla, da solo, nell’ultimo viaggio e sussurrarle: «Ti amo, ti amo, ti amo». Per vent’anni le farà recapitare sulla tomba un mazzo di rose bianche. Questa, per il grande campione, è stata la partita più lunga e più bella di sempre. © riproduzione riservata
lei e il calcio
dI punTA Maggio 1957: Marilyn calcia il pallone della partita fra Hapoel Tel aviv e una selezione americana. a destra, saluta il pubblico.
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sam shaw
LA STORIA/I 90 di Marilyn
TEAM WORK NaliNi/Moa il successo è un lavoro di squadra. Da una parte i professionisti del Team astana, dall’altra un’azienda capace di interpretarne i bisogni trasformandoli in prodotti. Dalle strade del Giro a quelle di tutti i giorni, passione pura, passione autentica.
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mille miglia di classe
auto d’epoca uniche, un’italia meravigliosa da attraversare, il ricordo di una grande corsa: tutto il fascino di una tappa vissuta da navigatore
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Il bel davId, I guaI dI gascoIgne, la radIo-rompIcapo e una gIulIa che InvIta 111
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S p o r t l i f e M A N
in passerella un’aston Martin Le Mans del 1933 prima del via a Brescia e la carovana a siena. in basso una Balilla del ‘32, passaggi di gara e sosta notturna a rimini.
S T Y L E
Di GiANLUCA GASPARiNi
I
l trucco sta tutto nel farsi suggestionare. Basta poco, in fondo: le strade sono quelle, le auto le stesse e l’entusiasmo del pubblico pure. Non è la popolarissima gara che si disputò 24 volte tra il 1927 e il 1957, ma la ricorda e già questo apre le porte a scenari da leggenda. Ho letto molto sulla Mille Miglia: imprese di grandi piloti, storie esaltanti e altre drammatiche. Quell’avventura non esiste più. Ma tutti gli anni, a maggio, una rievocazione storica attraversa l’Italia e mette in mostra, in una gara di regolarità d’epoca, oltre 400 splendide vetture. Quest’anno c’eravamo anche noi di SW: ho disputato una tappa, su una Lancia Aurelia B20 GT del 1953 della scuderia Santa Margherita, come navigatore di Stefano Marzotto. Non un nome qualsiasi, parlando di Mille Miglia. Lui, imprenditore di successo, è figlio e nipote di piloti straordinari: tutti e quattro i fratelli Marzotto – eredi
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del conte Gaetano – nel Dopoguerra fecero scalpore nelle sfide su strada e su pista. Il padre Vittorio vinse il Giro di Sicilia del 1951 con una Ferrari 212 modificata e soprannominata “carretto siciliano”. Lo zio Giannino, che era solito gareggiare in doppiopetto, conquistò le Mille Miglia del 1950 e del 1953. DavantiaFangio,5volteiridatoinF.1,percapirsi… Miètoccata la prima frazione, dal via di Brescia a Rimini. Un’avventura. Pioggia quasi ininterrotta per l’intero percorso, app con informazioni su tempo di gara e km subito azzerata e fuori uso (giuro di non aver toccato niente…), frizione surriscaldata per le code fuori Brescia, acceleratore che restava bloccato e veniva riportato in posizione con una mano dal pilota... Non ci siamo fatti mancare niente. Stefano, uomo passionale, non si è risparmiato: gestire la meccanica di auto così vecchie è complicato, come lo è pilotare al buio con i fari di un tempo in
SANTA MARGHERITA
Che passione dalla Lambda alla Mercedes
in scuderia due equipaggi santa Margherita: sebastiano e alessandro Marzotto (Lancia Lambda) e più sotto stefano sulla sua aurelia B20.
È stato Gaetano Marzotto, nel 1935, a fondare l’attività diventata ora il Gruppo vinicolo Santa Margherita. A gestirla, oggi, sono 4 suoi nipoti, i figli di Vittorio. Un anno fa, per festeggiare gli 80 anni di attività, sono diventati Main Wine Sponsor della Mille Miglia. E per l’edizione 2016 si sono presentati con una scuderia fatta di cinque vetture. Oltre alla Lancia Aurelia B20 guidata da Stefano Marzotto, erano in gara la Lancia Lambda con al volante la nuova generazione di famiglia (Alessandro e Sebastiano Marzotto), un’altra Aurelia B20 guidata da Loris Vazzoler, dt del Gruppo, un’Aurelia B24 per l’ad Ettore Nicoletto e infine la Mercedes ìAli di gabbiano” pilotata dall’ex F.1 Ivan Capelli. Dal 1928 della Lambda al 1956 della Mercedes: praticamente tutta la vita di questa corsa unica.
awakening, heLMut Berta
mezzo a guai e traffico. La fatica per portare la Lancia intera e funzionante a Rimini ha avuto il potere di aumentare il fascino del viaggio. Fatto di pubblico, tanti bambini, ai lati delle strade. Di attraversamenti di centri storici meravigliosi, come quello di Ferrara, in festa per la gara. Di voglia di stare insieme tra gli equipaggi. Nella sosta sull’argine di Po a Occhiobello, prima delle prove di regolarità, eravamo tra la Porsche di Jacky Ickx – grande pilota di F.1 e Prototipi negli Anni 60 e 70 – e la Mercedes “Ali di gabbiano” di Susie Wolff, fino all’anno scorso terzo pilota Williams. Due chiacchiere, circondati da vetture straordinarie, mentre le nuvole per un attimo lasciavano spazio al tramonto: c’è tutto, in questi minuti magici, del piacere di unire la storia delle corse, la bellezza di auto uniche, la meraviglia del nostro Paese e la passione per i motori. Con stile e con classe.
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Accessori dA vero pilotA, dAi cronogrAfi Alle scArpe dA running, dAgli occhiAli dA sole Alle sneAkers. ecco che cosA succede quAndo lA modA collAborA con importAnti brAnd del mondo dell’Automobilismo
a cura di carlo ortenZi - Foto di michele Gastl h a
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a sINIstRa Cronografo high-tech con cassa in carbone forgĂŠ, titanio e ceramica, cinturino in gomma con dettagli in fibra di carbonio, impermeabile fino a 100 metri e movimento meccanico automatico, Bell&Ross (â‚Ź 22.000). a DEstRa Cronografo con cassa e bracciale in acciaio lucido e satinato con logo inciso, impermeabile fino a 200 metri, tag Heuer (â‚Ź 1.550). disponibile anche con cinturino in tessuto.
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a tutto gas Š riproduzione riservata
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S P O R T L I F E FASHION L ABYRINTH
TESTIMONIAL DI BIOTHERM
Bellezza alla Beckham L’EX CALCIATORE INGLESE, L’UOMO PIÙ SEXY DEL MONDO SECONDO PEOPLE, È L’AMBASCIATORE DELLA NUOVA LINEA COSMETICA IN VENDITA NEL 2017
U
n testimonial senza paragoni per Biotherm Homme, linea leader di prodotti cosmetici per lui. Del resto è stato appena nominato dalla rivista americana People “l’uomo (vivente) più sexy del mondo”. Si tratta di David Beckham (nella foto), icona maschile ormai più estetica che sportiva. La collaborazione tra la star inglese e il marchio di skincare prevede una collezione di prodotti per la cura della pelle, detergenti compresi, che verrà venduta nel 2017, anche se la campagna pubblicitaria verrà lanciata il prossimo mese. Il primo prodotto a essere associato al volto di David sarà il gel idratante Aquapower.
New look per le Stan Smith CHE COSA ACCADE SE SI UNISCE UN BRAND COME ADIDAS A UN’IMPORTANTE INDUSTRIA TESSILE FRANCESE COME PRELLE? UNA NUOVA ED ESCLUSIVA VERSIONE DELLE SNEAKERS STAN SMITH REALIZZATA IN DUE VARIANTI DI COLORE IN OMAGGIO AGLI OPEN DI FRANCIA AL ROLAND GARROS. DISPONIBILI SOLO IN SELEZIONATI STORE (150 EURO).
In mostra a Madrid
«È
una donna e un personaggio affascinante. Che stia fotografando una persona o un oggetto, l’importanza che attribuisce alle linee, alla luce e alla texture risulta evidente. E la rende attuale», ha affermato Jonathan Anderson, direttore creativo di Loewe in occasione dell’edizione 2016 di PHotoEspaña, il forum internazionale di Madrid. Lei è Moholy, pioniera della fotografia a cavallo delle due guerre mondiali, alla quale il marchio spagnolo dedica una mostra (che include ritratti di amici e colleghi della Bauhaus e scatti di architettura pura), fino al 30 agosto nella boutique madrilena.
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A CURA DI CARLO ORTENZI HA COLLABORATO FABIO FINAZZI
Scrittura stellare
F
are il giro del mondo su una navicella alimentata a energia solare? Non è fantascienza, bensì una sfida storica dal sapore pionieristico iniziata nel marzo 2015 da Abu Dhabi. Per far scrivere il diario di bordo ai due piloti (nella foto l’astronauta Bertrand Piccard) di questo “folle volo”, Caran d’Ache, azienda svizzera leader nel settore degli strumenti di scrittura di qualità, ha creato un’edizione speciale che prende il nome dal progetto: Solar Impulse. Si tratta di una penna con un meccanismo di alta precisione in grado di garantire oltre 600 pagine di scrittura e caratterizzata dai materiali high-tech utilizzati per il velivolo spaziale e dal logo color argento (costo: 80 euro).
Urban con Dna sportivo
S
ei un Urban Commuter? Allora devi provare la nuova sneaker Blauer H.T.1.0 ispirata al mondo vintage della pallacanestro Anni 80, pensata per dare il massimo comfort durante la giornata ma con caratteristiche protettive tali da essere omologata per il settore moto grazie a rinforzi termo-sagomati e a un’imbottitura shock absorber sul tallone (199 euro).
On stage È PARTITO DA MIAMI LO SCORSO 27 APRILE (E TERMINERÀ A BARCELLONA IL 3 AGOSTO) IL FORMATION WORLD TOUR DI BEYONCÉ. IL SUO LOOK SUL PALCO È FIRMATO DSQUARED2. I GEMELLI DEAN E DAN CATEN HANNO IDEATO PER LA CANTANTE E PER LE SUE VENTI BALLERINE ABITI D’ISPIRAZIONE VITTORIANA RIVISTI IN CHIAVE ROCK. LA POPSTAR SARÀ A MILANO (UNICA TAPPA ITALIANA) IL 18 LUGLIO. NELLA FOTO, UN BOZZETTO DEL COSTUME DI SCENA.
What time is it? DOPO LA GRANDE MURAGLIA CINESE E IL COLOSSEO DI ROMA, IL MARCHIO MIDO, LEGATO DA SEMPRE ALL’ARCHITETTURA, HA CREATO UN SEGNATEMPO COSTRUITO IN SOLI 500 ESEMPLARI ISPIRATO ALLA ELIZABETH TOWER, ALIAS IL BIG BEN. IL DESIGN, FIRMATO DA SEBASTIEN PERRET, È STATO SCELTO ATTRAVERSO UN CONTEST ONLINE (AL QUALE HANNO PARTECIPATO OLTRE 100.000 PERSONE) E DA UNA GIURIA DI ESPERTI (COSTO: 1.760 EURO). © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Sp ortlife
a cura di carlo ortenzi e gianluca zappoli - foto di simone agostoni
c ult
Swatch
È l’ora del pop per festeggiare i 30 anni della collezione, la casa di orologi svizzera ha lanciato una nuova serie di 9 modelli (più 3 con catena) tra colori accesi e grafiche in bianco/nero
Da collezione orologio oversize con cassa e cinturino in pvc bicolore con quadrante estraibile, Swatch (€ 75).
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Ph: baimaging.it
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mod. Ambrogio week end
TRADE 2.0 SRL W W W . WATC H M A K ER M I LA N O . C O M - I N FO @ T R A D E2 P U N TOZ ERO. C O M
S p o r t l i f e v isi o ni
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FA B R I Z I O
S C L AV I
A E B A N I WAN
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TENDENZA piCCoLi Grandi uoMini LUOGO Giardino di Casa MODA ModeLLo pro LeatHer portato aL suCCesso da doCtor j juLius ervinG neGLi anni 70 e diventato una sorta di “LiMousine” per i piedi. oGGi, 40 anni dopo, rappresenta anCora La punta di diaMante deLLa CoLLezione Converse. COME E PERCHÉ per aduLti atLetiCi e “stiLosi”, Ma anCHe per baMbini CHe soGnano una CoLorata Casa deLLe baMboLe di desiGn. CoMe un MobiLe Moderno, La “KaLeidosCope House” è stata proGettata da CeLebri arCHitetti e prodotta da bozart toYs neL 2012. © riproduzione riservata
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S P O R T L I F E C INEM A
Calcio Solidale inFest
Paul Gascoigne che s’è bevuto la vita TRA LE OPERE DELLA RASSEGNA DI CINECITTÀ, CHE SI CHIUDE OGGI, IL FILM-CONFESSIONE DELL’EX LAZIALE, DA ANNI ALLE PRESE CON GRAVI PROBLEMI DI ALCOLISMO. NEL MENÙ ANCHE SOCRATES. UNO DI NOI DI ALDO FITTANTE
D
olci e affettuose parole di José Mourinho aprono e chiudono Gascoigne, tenero ritratto di un talento masochista, capace di ridimensionare una carriera per un’irrequietezza endemica, impossibile da controllare. Con il suo volto, segnato dall’alcol, l’ex laziale Paul Gascoigne si offre alla documentarista britannica Jane Preston in una sorta di confessione laica, spalleggiato, oltre che dall’allenatore portoghese, da Gary Lineker (compagno in nazionale) e Wayne Rooney, capitano dell’Inghilterra di oggi. Il film, approdato in Italia un anno dopo la presentazione londinese, è stata una delle liete sorprese del primo “Calcio Solidale inFest” che oggi, a Cinecittà (ingresso libero fino a esaurimento posti), conosce la sua giornata conclusiva. Tra Socrates. Uno di noi di Mimmo Calopresti (Sala Fellini, ore 16), la proiezione su maxischermo della finale di Champions, un incontro sui generis con Matteo Garrone e le consuete premiazioni e degustazioni, Franco Montini condurrà l’evento “Aspettando Ovunque sei”: France-
VITA DI PAUL Gascoigne (Gb 2015; 87’) è un film di Jane Preston. A destra, Paul Gascoigne, 49 anni. Giocò in Italia, nella Lazio, dal ’92 al ’95.
sco Montanari e Primo Reggiani racconteranno in anteprima alcuni retroscena dell’opera prima di Roberto Capucci (nelle sale il prossimo autunno distribuita da M2 Pictures) incentrata sul viaggio verso la Spagna – nel 2008 – di 4 amici appassionati di calcio (il cast è completato da Ricky Memphis e Francesco Apolloni, quest’ultimo pure in veste di sceneggiatore: tutti “ultrà” della Roma anche nella vita), per assistere alla partita di Champions tra il Real Madrid e la Magica. La manifestazione è nata con l’ambizione di promuovere e diffondere esempi positivi e modelli trasferibili legati al gioco più amato dagli italiani (e non solo).
altre visioni CROWE & GOSLING ESILARANTI BUDDY COPS
THE NICE GUYS
di Shane Black
con R. Crowe, R. Gosling e K. Basinger (Usa/Gb 2016, 116’; dall’1 giugno) GIUDIZIO
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Li hanno paragonati a Bud Spencer e Terence Hill, ma anche a Stanlio e Ollio e alle “armi letali” Mel Gibson e Danny Glover. Di certo, tra Russell Crowe e Ryan Gosling c’è un’alchimia vincente. Li ha messi insieme il regista Shane Black (che degli Arma letale era sceneggiatore), per il poliziesco fresco e avvincente The Nice Guys. Crowe e Gosling sono
due detective alle prese, loro malgrado, con il “caso del secolo”, in una Los Angeles Anni 70 che oscilla tra starlette del porno e multimilionari pronti a uccidere. I nuovi buddy cops si muovono in questo paesaggio libertino come due elefanti ubriachi, dando vita a siparietti esilaranti (su tutti quello in cui Gosling litiga con Crowe mentre è seduto su un gabinetto 111
pubblico). «La sceneggiatura non si prende troppo sul serio… I personaggi sì ed è questo che li rende ridicoli e porta il pubblico a fare il tifo per loro», dice Gosling. E Crowe: «È il classico esempio in cui due uomini insieme ne fanno uno intero, ma è anche una storia non convenzionale, che dà spazio in modo unico allo humour». Elisabetta Esposito
S p o r t l i f e m u si ca
«Canto l’odio perché ora mi amo» «Ho provato il razzismo sulla mia pelle, Ho lottato contro me stesso, ora mi accetto», dice micHael kiwanuka di raffaella oliva
«M
songwriter michael kiwanuka, cantautore inglese. sarà a milano a novembre.
entirei se dicessi che non m’interessa, è un riconoscimento importante, ma c’è il rovescio della medaglia: le aspettative del pubblico. Più persone ascoltano la tua musica, più aumenta la possibilità che a qualcuno non piaccia». Parlava così Michael Kiwanuka dopo essere balzato in cima alla lista del “BBC Sound of 2012”, sondaggio condotto ogni anno in Inghilterra tra critici ed esperti per eleggere the next big thing, la nuova promessa del momento. Quattro anni dopo il songwriter londinese è pronto a giocarsi una nuova carta: questa settimana è uscito il suo nuovo lavoro Love & Hate, registrato tra Los Angeles e Londra e prodotto da Dean “Inflo” Josiah e da Brian Joseph Burton, alias Danger Mouse. Un disco riuscito, intenso, che vede l’animo soul del 29enne di origini ugandesi fondersi con sonorità blues-gospel, echi dei Pink Floyd, tratteggiare un gusto che potrebbe piacere ai fan di Paolo Nutini. «Per questo
che la rabbia e gli atteggiamenti negativi di certe persone attorno a te vincano. Ora sono felice di camminare a testa alta». La musica quando è arrivata? «Ho iniziato a scrivere canzoni Perché il titolo Love & Hate? love & hate abbastanza tardi, avevo 20 anni «Perché il conflitto tra amore e odio MICHAEL e ho capito subito quanto mi piaè ciò che ci rende umani e determina KIwANUKA cessero le sensazioni che provavo ogni scelta. Purtroppo nella società universal music mentre lo facevo. Cantare, sentire ci sono tante ragioni che possono giudizio come le parole si accompagnano spingere una persona a optare per ✤✤✤✤✤ l’una con l’altra, creare melodie e l’odio anziché per l’amore». testi mi fa stare bene». Il singolo Black Man in a White All’inizio aveva paura del pubblico. World parla di questo? «Sì, ero timido, temevo il giudizio della gen«Parla della mia identità. Sono cresciuto in te. Ma dopo tanti concerti ho scoperto che un sobborgo di Londra dove ho incontrato mi piace». parecchie difficoltà nel relazionarmi con gli Prima aveva studiato jazz… altri, ho provato il razzismo sulla mia pelle. «Chitarra jazz. Ma non faceva per me, i miei Per tanto tempo ho lottato contro ciò che modelli erano cantautori come Joni Mitchell, sono, poi mi sono reso conto che essere in Bob Dylan, Neil Young». pace con se stessi è l’unico modo per evitare album volevo un suono d’impatto, da sentire a volume alto, più orchestrale, con un groove forte, quasi epico», spiega Kiwanuka, atteso dal vivo a Milano il 13 novembre.
altri ascolti richard non ha perso la verve
Moderno e classico nel nuovo disco dell’ex leader dei Verve these people
rICHArd ASCHCrOFT
cooking vinyl edel
giudizio
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Un album diretto, immediato, fatto di canzoni che suonano classiche e moderne insieme. Il singolo Hold On ti fa ballare con le braccia al cielo, ma non manca il raccoglimento con tracce quali Black Lines e Ain’t The Future So Bright. Non sarà un capolavoro, ma l’ex Verve non ha perso il tocco. 112
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il viaggio ipnotico dei minor victories
Gran lavoro della superband che unisce membri di Mogwai, Slowdive e Editors minor victories
MINOr VICTOrIES pias
giudizio
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La nuova superband – composta da membri di Mogwai, Slowdive e Editors – ha inciso un disco di certo non estivo, ma che con le sue atmosfere scure e ipnotiche rappresenta un viaggio davvero bellissimo. Il 7 agosto i Minor Victories saranno in live all’Ypsigrock Festival di Castelbuono in Sicilia.
S p o r t l i f e
a milano la sfida del 1960 fra garbelli e l’ungherese laszlo papp, passato “pro” dopo gli ori olimpici ‘48, ’52 e ’56. l’italiano (a sin.) costrinse il rivale al pari.
l ibr i
Il grande campione senza corona la storia, difficile sul ring e fuori, di giancarlo garbelli, raccontata dalla figlia gianna: uno spaccato di vita privata e del dopoguerra di daniele redaelli
il fighter d’italia
I
l libro è approdato tra i finalisti del Bancarella Sport perché racconta una storia intrigante, bella come un film del neorealismo italiano. Giancarlo Garbelli è stato il più grande pugile senza corona. Nella boxe di oggi sarebbe campione del mondo, ma nella sua epoca (1952-1963) uno con un carattere impermeabile ai compromessi era difficile da guidare. Richiamava il grande pubblico, accettava ogni rivale, anche quelli che altri sfuggivano. La borsa è all’altezza? Al diavolo i titoli. Aveva un sottile “peccato originale”, che nel Dopoguerra pesava: suo padre, già campione italiano dilettanti, era una camicia nera. Nei giorni prima della Liberazione, mentre apre la latteria in Porta Romana, a Milano, con il 13enne Giancarlo al fianco, un cecchino lo uccide. Il libro parte da qui: una vita in salita. Non c’è solo il ring, ma uno spaccato di storia narrato con passione e complicità da Gian-
di Gianna Garbelli
edizioni rai eri 454 pagine, € 19 giudizio
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non si assoggettava ai voleri di Frankie Carbo e della mafia, la splendida storia d’amore con Mariuccia, l’amicizia con Giancarlo Fusco e Vito Liverani, il rapporto speciale con Giovanni Borghi e la sua Ignis, scuderia di campioni, fino alla pittura e perfino alla prigione. “La storia di Garbelli è quella del nostro Dopoguerra. È il vero fighter”: da questa frase di Gianni Brera viene il titolo. Il Wbc poco prima della morte a 81 anni, nel 2013, gli assegna la cintura di campione del mondo ad honorem. Meritata.
na, la seconda dei 6 figli di Giancarlo. L’autrice, combattente come il padre, è regista e diplomata all’Actor’s Studio, ha studiato pugilato andando in giro per il mondo a vedere match, visitare palestre, incontrare campioni e scrittori del ring. Insomma, si è preparata per raccogliere il racconto di Giancarlo, vedendo fianco a fianco i filmati. Dentro ci sono storiche sfide, da quella con Duilio Loi al capolavoro con Laszlo Papp, per un totale di 99 incontri con 14 sconfitte, ma mai un ko. C’è anche l’avventura americana, presto conclusa perché Giancarlo
altre letture garrincha, l’angelo…
eroi dello Sport
uovonero - 120 pagine, € 15
il Mulino - 264 pagine, € 16
Daniele Marchesini
Antonio Ferrara
giudizio
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Un graphic novel rappresenta il linguaggio forse più capace oggi di fare breccia nell’immaginario dei ragazzi, e in questo caso di far loro amare un campione del passato come il dribblatore indefesso brasiliano Garrincha che niente riuscì mai a fermare, né la poliomielite di cui soffrì da bambino, né i difensori avversari. L’unico che seppe bloccare la sua corsa fu lo stesso Garrincha che da adulto commise molti passi falsi, e anche per questo suo complicarsi la vita fu amato da tutti, uomini e donne (lb). 114
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giudizio
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Non basta vincere per entrare nel cuore della gente. Bisogna avere qualcosa di speciale. I prescelti da Marchesini, dai campioni dell’atletica Owens e Bikila al pugile Ali, posseggono quel quid che li ha resi immortali, ma devono dire anche grazie alla penna di chi ne ha cantato le gesta. L’autore racconta anche la gioia del popolo brasiliano per il calcio nell’era di Pelé, l’amore di argentini e napoletani per Maradona e le loro squadre: gli eroi dello sport a volte sono anche collettivi (lb).
gym
S p o r t l i f e ME G A
MI X
DIVERtImENtO, spORt E gUstO: tORNA RImINI wEllNEss dal 2 al 5 giugno la nota località balneare si trasforma nella capitale del fitness: 13.000 mq in cui scoprire le nuove mode in palestra e in fatto di (buona) alimentazione
rAdIosveGlIA ruBiK’s modello con design retro “a cubo” con display lcd retroilluminato e sintonizzatore fm. € 50 (www. bigbeninteractive.it).
tecnologia
The ProjeT - ImmersIve FITness Per allenarsi nel futuro È la proposta innovativa targata reebok e les Mills: tecnologie, fitness e creatività. Da provare the trip, un corso cycling simulato all’interno di un box. si scalano ghiacciai, si sprinta in una città futurista, si corre in mezzo a colate di lava (www.reebok.it).
di andrea milanesi
CARA VECCHIA (NUOVA) RADIO un‘anima digitale, che permette di accedere a tutte le emittenti web, in un corpo vintage. e il “cubo” diventa radiosveglia
c’
Pure evoKe f3 web radio digitale con sintonizzazione fm/dab/dab+, connessioni wi-fi e bluetooth. € 200.
era una volta la radio a transistor: piccola,leggera,tascabileealimentata a pile, che a metà degli Anni 50 ha rivoluzionato usi e costumi dell’intero pianeta. Oggi, con l’avvento delle nuove tecnologie, le trasmissioni digitali DAB/ DAB+ e le web radio presenti su Internet permettono di accedere a un database praticamente infinito di emittenti, per tutti i gusti e le esigenze; e per i nostalgici ci sono modelli che nell’aspetto esteriore si richiamano a quelli del passato. Oppure una variante del Cubo di Rubik, lanciato negli Anni 80, ora in formato hi-tech.
The + AudIo The + rAdIo radio Bluetooth aM/fM con canali stereo separati per collegamento a diffusore aggiuntivo. € 399.
onekor FITness Per eliMinare lo stress un programma divertente e adatto a tutti. tre varianti su basi musicali pre-coreografate: onekor ngr, con lo step per bruciare calorie, tonificare gambe e glutei; onekor move, per chi ama ballare; onekor skulpt, per chi al bilanciere non rinuncia (www.onekor.it ). 116
di sabrina commis
s
i parte: dal 2 al 5 giugno torna Rimini Wellness. Quattro giorni all’insegna di fitness, alimentazione, attrezzistica e divertimento. Rimini fiera e 20 km di costa accolgono l’11ª edizione di questo evento sempre più internazionale. Energy evolution iltemacheprometteadrenalina,motivazione e… scintille. È da Rimini Wellness che partono tendenze e novità che nei prossimi mesi ci faranno sudare, smaltire, bruciare ciccia e calorie in palestra. Dove vederle e testarle? Nell’area WFun riservata al grande pubblico: fitness musicale, discipline olistiche, yoga, pilates. Chi ama gli allenamenti grintosi ha a disposizione 13.000 metri quadrati riservati a sport da combattimento, arti marziali e cultura fisica nella sezione Rimini Steel. Per chi preferisce il mondo acqua c’è la zona piscine: 350 mq di vasche, 1.200 metri cubi d’acqua e un mare di proposte. L’area WPro è la sezione esp o sit ivo -s c ie nt i f ic a de d ic at a a i
professionisti del settore. Medici, fisiatri, terapisti animeranno seminari e dibattiti sulle ultime tecniche per riabilitazione e recupero motorio. Cibo e sana alimentazione occupano la sezione food, tutto il padiglione B3 e l’intero spazio espositivo dell’Agorà. Nutrizionisti e tecnologi alimentari raccontanoilciboneivariaspetti,chefstellati si esibiscono agli stand delle aziende espositrici in straordinari show cooking da vedere e... assaggiare. Come partecipare? Per conoscere programma, orari, corsi e stage basta cliccare su www.riminiwellness. com o cercare su Twitter e Facebook.
sapori di sara porro
UN CAffè? NO, mIllE dalla moka alla french press, sempre più modi per prepararlo: ecco come scegliere bene
CrAB Per Diventare forte un attrezzo a forma di granchio dotato di due maniglie laterali che si adatta a ogni tipo di training in palestra: dal fitness musicale di gruppo (crab beat) ad allenamenti tosti, per professionisti (crab athletic). training completo, risultati garantiti (www.crabfitness.com).
c
he cos’è che ci rende persone migliori, più motivate e presenti, e fa anche bene alla salute? Se avete risposto “l’amore”, beh, è corretto, ma per la verità si parlava di caffè. Anzi, dei caffè! La varietà è tanta, e trasformare il caffè in una commodity, una merce (come fosse sale da cucina), non rende giustizia a un prodotto agricolo né ai torrefattori che lavorano con sapienza e nemmeno al gusto. Le basi: il caffè di qualità si acquista in grani, o al massimo macinato fresco. Niente capsule! La tradizione italiana prevede l’espresso al bar e in casa la moka. Ormai la napoletana è stata soppiantata: peccato, perché lavora a temperatura più bassa, perciò non si rischia il retrogusto di bruciato – se molti lo considerano un aroma, in realtà è un difetto. Di recente, la “terza ondata” della cultura del caffè in arrivo da Stati Uniti e Nord Europa ha portato anche qui sistemi di estrazione alternativi, come AeroPress, French Press e Chemex: oggetti e tecniche differenti, accomunati dal tempo lento di preparazione – non per niente si chiama “pausa caffè”, no? Per chi volesse sperimentare miscele o monorigine di qualità, qualche nome tra quelli facilmente reperibili online: Gardelli Specialty Coffees, Microtorrefazione di Gallarate (foto in alto), Torrefazione Caffè Penazzi 1926, Lady Cafè di San Secondo Parmense. Infine, per essere ammessi ai misteri di quest’arte, due destinazioni che alla qualità uniscono uno slancio da evangelisti: Taglio a Milano e Orso Laboratorio Caffè a Torino.
WIll PoWer GrACe meThod Per tonificare tutto il corPo si fa a piedi nudi. ideato da stacey lei Krauss, specialista in foot fitness, unisce yoga, pilates, danza e ginnastica. tosto e grintoso, non coinvolge solo il corpo: grande potere alla mente per ottenere massimi risultati (www.willpowerfit.com).
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S P O R T L I F E ME G A
games
MI X
eventi DI SILVIA GUERRIERO
LA VIA PER LA CALIFORNIA È LA SECONDA FASE DEI REEBOK CROSSFIT GAMES CHE SI SVOLGE A MADRID QUESTO WEEKEND: IN GARA ANCHE DUE ITALIANI PER IL “FITTEST ON EARTH”
ANCHE LA PLAY 4 HA IL SUO GT
AL PROSSIMO TURNO Martina Barbaro, italiana di 30 anni, si è qualificata per i Regionals dei Crossfit Games a Madrid.
Pensate alle cose più faticose che, “palestrarmente” parlando, vi vengono in mente. Fatto? Ecco, questo è il crossfit. Gli esperti lo definiscono un programma di rafforzamento e condizionamento fisico pensato per aiutare le persone a conquistare un benessere completo e generale, e a quanto pare funziona davvero visto che in pochi anni ha conquistato la bellezza di oltre due milioni di praticanti nel mondo. Tale programma (creato dall’americano Greg Glassman negli Stati Uniti negli Anni 70, ma diffusosi solo vent’anni più tardi) si concentra su una serie di movimenti funzionali che cambiano costantemente, eseguiti ad alta intensità per raggiungere una prestanza fisica totale, e rendere le persone pronte a ogni genere di sfida: ginnastica, pesi, arrampicata sulla corda, vogate, piroette, squat, spaccate, bici, corsa, nuoto, eccetera. Allenamenti brevi e molto intensi. E soprattutto spettacoli, anche da vedere: perciò Reebok, nel 2010, ha deciso di scommettere su questa disciplina “che mette alla prova la volontà dei
singoli individui spingendoli al limite, capace di trasformarli fisicamente, mentalmente e socialmente”, come ha sottolineato l’azienda. E ha così dato vita ai Reebok Crossf it Games, che in questa edizione, iniziata a febbraio con la fase Open, ha visto la partecipazione di 324.000 atleti provenienti da tutto il mondo. I primi 40 individual man e 40 individual women e i primi 30 team si sono classificati per la fase successiva, i Regionals, che si svolgono questo weekend a Madrid: tra i concorrenti in gara anche due italiani, il 27enne Stefano Migliorini (173 cm per 84 kg) e la 30enne Martina Barbaro (162 cm per 57 kg). Chi supererà questa fase andrà alla finale di Carson, in California, in programma dal 19 al 24 luglio, per cercare di aggiudicarsi l’ambito titolo di “Fittest on Earth”. Che premia l’atleta che meglio combina le abilità proprie di chi fa crossfit: resistenza cardiorespiratoria, resistenza muscolare, forza, flessibilità, potenza, velocità, coordinazione, agilità, equilibrio e precisione. 118
Dici Gran Turismo e pensi alla storia del videogame. Sbalorditivo e innovativo quando uscì nel 1998 con il primo capitolo per la PlayStation 1, la serie di giochi automobilistici più venduta di sempre ha accompagnato cammino e storia della console di Sony. A oltre due anni dall’uscità di PlayStation 4, tuttavia, un Gt per la “nuova” console ancora non c’era. Ora, con alle porte il lancio di PlayStation Vr (il visore per la realtà virtuale di Sony che debutterà a ottobre) Kazunori Yamauchi, padre e padrone del brand, ha annunciato l’uscita del nuovo capitolo: Gt Sport. Nato per essere un titolo interlocutorio della serie, come in passato lo era già stato Prologue, Gt Sport è via via cresciuto tanto da potersi considerare a tutti gli effetti il nuovo GT 7. Tanti gli spunti interessanti, tra cui la licenza FIA che rende i tornei di GranTurismo un vero campionato riconosciuto dalla Federazione internazionale auto, con la creazione di una licenza sportiva digitale dall’ancora incerta utilità pratica. Continua poi a essere forte il legame del marchio con il mondo dell’industria automobilistica: le principali Case continueranno a realizzare esclusivi prototipi virtuali ad hoc per il gio-
DI ANDREA ARCOBELLI
app
cucina pop
DI LORENZO CAZZANIGA
DI DAVIDE OLDANI
IN CAMPO CON LAURA
CENTRIFUGARE SENZA BUTTARE VIA NULLA
VOLETE MIGLIORARE IL VOSTRO TENNIS? ADESSO SI PUÒ, CON UNA COACH D’ECCEZIONE: LA GOLARSA FINALMENTE DISPONIBILE PER L’ULTIMA CONSOLE DI SONY IL GIOCO DI AUTO PIÙ AMATO E VENDUTO DI SEMPRE co. Facendo diventare di fatto il videogame una sorta di finestra sul futuro dell’automobile. Dall’anteprima sono piaciuti molto anche la ricchissima modalità di fotocreazione, con oltre 1.000 fondali utilizzabili per realizzare i propri scatti; la reintroduzione delle piste off-road e l’editor delle livree delle macchine. Molto bella anche la scelta di collocare la minimappa dinamica della pista al centro della strumentazione, utile per evitare di spostare continuamente lo sguardo sul monitor. Peccato però che GT SPORT il gioco sembri un po’ lon- Dal 16 novembre in tano dai suoi principali esclusiva per competitor. Con qualche PlayStation 4 lacuna sia nel comparto GIUDIZIO grafico sia sotto l’aspetto ✤ ✤ ✤ ✤ ✤ simulativo. Che tuttavia Sony potrebbe colmare prima dell’uscita. Rimane poi da verificare se la scelta di rendere il gioco più alla portata di tutti non sia una precisa strategia del marchio giapponese, capace ultimamente di trasformare in oro ogni suo prodotto.
UNA RICETTA A BASE DI NASELLO PER UTILIZZARE ANCHE GLI SCARTI DI ARANCE E CAROTE
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mmaginate di avere a disposizione una quartofinalista di Wimbledon, 24 ore al giorno, sette giorni su sette, per impartirvi lezioni personalizzate di tennis. Un sogno? Non proprio, perché è ciò che si ripromette la nuova app per smartphone creata da Laura Golarsa, n.39 del mondo nel 1990, ora coach professionista. L’applicazione si divide in 5 fasi: il corso base, intermedio, avanzato, l’immancabile preparazione atletica e la videoanalisi. Una serie di lezioni video per tutti i colpi e le situazioni di gioco più importanti e frequenti a seconda del vostro GOLARSA TENNIS livello di gioco (dal COACHING drittoper il principian(iOS/Android, gratis, con te a quello inside out e contenuti a inside in per l’agonipagamento) sta), con tanto di eserGIUDIZIO citazioni specifiche da ✤✤✤✤✤ applicare con i compagni di allenamento. Consigli pratici e facili da comprendere, con video che variano dai 3 ai 5 minuti. Il primo è gratuito, gli altri si pagano 6,99 euro ciascuno. Da non mancare le lezioni sulla preparazione atletica, oggi fondamentale: dalla parte aerobica a quella anaerobica, dalla resistenza alla forza esplosiva. In totale sono una sessantina i video presenti nell’app. In più, la chicca della videoanalisi: basta riprendervi con uno smartphone o una videocamera, inviare un video che non ecceda i cinque minuti, e Laura Golarsa ve lo rimanderà con tutti i commenti tecnici, l’analisi, le soluzioni e gli esercizi per migliorare. Certo, il servizio costa 59,99 euro, ma cosa non si farebbe per migliorare quel rovescio slice che ogni domenica ci fa perdere la partita contro l’avversario di turno? Ora la soluzione c’è. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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i sa che i centrifugati, rispetto ai frullati, hanno lo svantaggio di escludere le fibre di frutta e verdura nella bevanda finale. Ma sappiamo anche che è possibile riutilizzare gli “scarti” della centrifuga in molte ricette antispreco. Nel piatto di oggi abbiniamo un centrifugato di arance e carote al nasello: un pesce dalla carne bianca, delicata, piuttosto magra e gradevole, oltre che alimento facilmente digeribile e nutriente; non a caso è consigliato nell’alimentazione dei bambini o di chi ha necessità di nutrirsi in modo leggero. NASELLO AL VAPORE, CENTRIFUGATO E PANE ALL’ARANCIA INGREDIENTI PER 4 PERSONE PER IL NASELLO: y 4 tranci di nasello fresco da circa 90 g y 2 g di sale y 2 g di olio extra vergine d’oliva PER IL CENTRIFUGATO: y 200 g di carote pulite y 50 g di arance tagliate a vivo y 1 g di sale y 1 g di zucchero PER LA FINITURA: y 50 g di pan grattato tostato y la scorza delle arance che utilizziamo per il centrifugato Cuocere i naselli a vapore, regolare di sale e olio. Centrifugare le arance con le carote, regolare di sale e zucchero. Tostare il pan grattato in forno a 150 °C per circa 8’, regolare di sale e scorza di arancia. Servire disponendo nei piatti il nasello, poi il centrifugato e infine il pangrattato con la scorza d’arancia grattugiata. 119
ALFA ROMEO GIULIA Ferem Lunga 4.643 mm, alta 1.436, larga 2.024, con un passo di 2.820, pesa da 1.374 kg sino a 1.580 (la Quadrifoglio). Da € 35.500
S P O R T L I F E AU T O
DI CARLO CANZANO
ALFA ROMEO
L’invito di Giulia PIÙ INTRIGANTE DAL VERO CHE IN FOTO, LA NUOVA VETTURA SI PUÒ PROVARE IN QUESTO WEEKEND DI “PORTE APERTE”: È ACCOGLIENTE, HA UNA BUONA DOTAZIONE DI BASE E LA GUIDA È… UN PIACERE
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i può pensare di destinare parzialmente un weekend a una lunga sosta presso una concessionaria d’auto, anche solo per curiosità, per la voglia di scoprire un oggetto capace di risvegliare emozioni, seppure non in vista di un acquisto imminente? Se la risposta è sì, quello di oggi e domani è il weekend “giusto”. Quello in cui l’Alfa Romeo Giulia diventa veramente concreta:datoccare,scoprireentrandonell’abitacolo, e provare, seppure per un breve tragitto. Dopo un’attesa molto lunga (anzi, troppo) ecco una sorta di Alfa Day con il “porte aperte” per un ritorno di sostanza della Casa del Biscione. A parte – forse – un nuovo annunciato criterio di accoglienza dei potenziali clienti, ecco che Alfa si troverà. GLI ESTERNI Bella? Il giudizio estetico è sempre soggettivo. Sicuro la Giulia è più
intrigante dal vero che in foto. Con qualche tratto – specie nel posteriore - che ricorda modelli della concorrenza, senza perdere di personalità e armonia. Le diamo un 8. GLI INTERNI Molto accoglienti, con spazio decisamente buono per i passeggeri, ottima ergonomia per il guidatore, strumentazione classica con elementi circolari, buona qualità di insieme con uno stile “molto Alfa” (voto 8) e qualche aspetto sottotono, come la regolazione dei sedili solo a scatto, le bocchette di aerazione, vani piccoli e un buon sistema di Infotainment, da 7 pieno. LA DOTAZIONE Lodevole che quella base nei due allestimenti (tralasciamo qui i due Business e quello Quadrifoglio) sia completa e non soggetta a una sorta di asta di optional come accade per tante altre vetture premium. Merita un 9. 120
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I MOTORI Al momento un solo benzina (il V6 della Quadrifoglio) e due 2.2 turbodiesel da 150 e 180 cv. La valutazione sul numero delle opzioni disponibili è di poco superiore alla sufficienza. Ma il giudizio sulla qualità è assolutamente di ben altro livello. Abbiamo provato il diesel da 180 cv. Molto fluido, una buona spinta, una gradevole sonorità. Più che nell’abbinamento con il cambio manuale a 6 rapporti (voto 7) si fa apprezzare con la trasmissione automatica (che costa solamente 2.500 euro in più) a 8 marce (voto 9), specialmente quando vengono comandate dalle due grandi palette al volante. LA GUIDA Telaio leggero e rigido, sospensioni efficaci, sterzo da applauso per precisione e feeling che trasmette: un piacere (voto 9) da vera Alfa.
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DIRE T TO DA MATTEO DORE
UFFICIO CENTRALE
ELEGANTE Alcune immagini della nuova Giulia, che al momento è disponibile con motori 2.2 diesel biturbo da 150 e 180 cv. In alto, l’abitacolo.
FILIPPO CAROTA (art director), GIANLUCA GASPARINI (caposervizio), NICOLA OCCHIPINTI (vice caporedattore)
REDA ZIONE
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alessandro.calascibetta@rcs.it Fashion Editor: CARLO ORTENZI
LA VERSIONE TOP
Made in Maranello È LA QUADRIFOGLIO, UN’AUTO DAVVERO STREPITOSA CON MOTORE 2.9 V6 BITURBO DA 510 CV Il fiore all’occhiello di Giulia è un Quadrifoglio, cioè la versione top con motore 2.9 V6 biturbo da 510 cv “nato” a Maranello. Un’auto strepitosa per contenuti e prestazioni che ha fatto da apripista al lancio della nuova Alfa. Non per tutti per costo (da € 79.000) e prestazioni (vel. max 307 km/h e 0-100 km/h in 3”9), dal prossimo mese sarà disponibile anche con cambio automatico. In poche settimane la gamma Giulia disporrà anche di una versione benzina 2 litri da 200 cv e di un altro diesel 2.2 da 210 cv. Più avanti arriveranno la 4x4 e una versione ibrida.
H A N N O C O L L A B O R AT O Luca Bergamin, Carlo Canzano, Lorenzo Cazzaniga, Nicola Cecere, Sabrina Commis, Paolo Condò, Giovanni Cortinovis, Michele Dalai, Elisabetta Esposito, Fabio Finazzi, Aldo Fittante, Luigi Garlando, Gene Gnocchi, Fabio Licari, Andrea Milanesi, Davide Oldani, Raffaella Oliva, Massimo Perrone, Dan Peterson, Sara Porro, Daniele Redaelli, Andrea Schianchi, Fabrizio Sclavi, Nicola Sellitti, Lanfranco Vaccari, Sebastiano Vernazza, Gianluca Zappoli. PER LE IMMAGINI Ansa, Ap, Centro Documentazione Rcs, Contrasto, Farabolafoto, Getty Images, La Presxse, Aldo Liverani, Magnum, Olycom, Reuters. PROGE T TO GR AFICO FILIPPO CAROTA
S TA M P A ROTOLITO LOMBARDA - Pioltello (Mi) A S S I S T E N Z A T E C N I C A EMANUELE MARINI D I S T R I B U Z I O N E M-DIS DISTRIBUZIONE MEDIA S.P.A. via Cazzaniga 1, Milano tel. 02-25.82.1 - fax 02-25.82.53.06 P U B B L I C I TÀ via A. Rizzoli 8, Milano, tel. 02-25.84.1 www.rcscommunicationsolutions.it ADV manager Gazzetta dello Sport: MARCO TORRESI marco.torresi@rcs.it M A R K E T I N G FABIO NAPOLI E PAOLO BOTTIROLI e-mail: marketing@sportweek.it I N T E R N AT I O N A L E D I T I O N S MARIA FRANCESCA SERENI e-mail: mariafrancesca.sereni@rcs.it Content Syndication: press@rcs.it A R R E T R AT I Rivolgersi all’edicolante oppure a Corena S.r.l - e-mail: info@servizi360.it - fax. 02-91.08.93.09
ERRATA CORRIGE Le foto del servizio Moda dello SportWeek numero 20 (uscito sabato 21 maggio) sono state realizzate al Tennis Club Ambrosiano di Milano. © copyright RCS MediaGroup s.p.a. divisione quotidiani - tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questa rivista può essere riprodotta con mezzi grafici, meccanici, elettronici o digitali. Ogni violazione sarà perseguita a norma di legge.
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H e r o e s
sio e D e Irg di M i ic h ele dala
Quando la squadra “in pigiama” dormì per trenta partite
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o li ho visti, io c’ero. La memoria selettiva fa strani scherzi e capita che uno si dimentichi di aver assistito a una delle più colossali imprese al contrario di sempre, forse rimossa per affetto o pudore. Eppure giocavano qui a poche centinaia di metri da casa, in principio con tutte le velleità di chi si affacciava allo sport dei grandi e voleva lasciare il segno, poi lentamente e inesorabilmente con la rassegnazione e la fatica di quelli che non solo vorrebbero cancellarlo, il segno, ma anche alla svelta. Si chiamava Irge Desio e l’anno precedente aveva fatto prendere un terribile spavento ai cugini nobili dell’Olimpia Milano. Si chiamava Aurora Desio a dire il vero e quell’anno il suo sponsor era l’Irge, una marca di pigiami che usava come claim pubblicitario una frase semplice ma assai significativa: Irge pigiama, lo mette chi si ama. Bisognava amarla davvero quella squadra, avere ben impresso il concetto di sport come gioco, di partecipazione e non di competizione, altrimenti sarebbe stato difficile seguire i ragazzi in blu e arancio in giro per l’Italia. L’Irge Desio giocava a basket, più o meno. Nel senso che la palla c’era e c’erano pure i canestri, quello che mancava e mancò per tutta la stagione 1989-90 fu una vittoria, anche una singola e minuscola vittoria a dare senso a una stagione memorabile per il motivo più sbagliato. L’anno precedente la squadra di Desio era stata promossa dalla A2 al campionato più importante (quando ancora il basket italiano sembrava poter avere un futuro decente e non del tutto marginale), e secondo il meccanismo dell’epoca aveva avuto accesso diretto ai playoff per lo scudetto giocandosela contro la corazzata Milano, con l’arroganza di non accettare una sconfitta già scritta e la volontà feroce di costru-
irsi una storia da vera antagonista locale di Cantù e Varese. Missione compiuta, tutto faceva pensare alla nascita di qualcosa di importante, di un gruppo capace di scrivere la storia sportiva di una piccola città gagliarda e attiva come Desio, ma quel che accadde la stagione successiva fu ben oltre l’immaginabile. Per perdere 30 partite su 30 ci vuole comunque talento. Il fenomeno Desio montò lentamente, anche perché nelle prime uscite della stagione arrivarono sconfitte quasi prevedibili, punteggi accettabili e la sensazione che salvarsi sarebbe stato difficile ma non impossibile. Poi lentamente una sorta di ipnosi collettiva si impadronì della società e della squadra, la prima in gravi difficoltà e la seconda imprigionata dall’incantesimo dei suoi zero punti, persa in estatica contemplazione di quel numero tondo. C’erano giocatori e uomini di valore a Desio, c’era il fenomenale Mike McGee, ex giocatore Nba e mangiapalloni come se ne sono visti pochi: da qualsiasi posizione, in qualunque momento della partita, che fosse intelligente e opportuno o meno lui tirava con buona pace del gioco di squadra. Fece 656 punti in 20 partite e poi se ne andò sbattendo la porta. C’era Pino Motta, giocatore intelligente e di qualità, ai tempi imprigionato nel piccolo gossip della sua relazione con Antonella Clerici. C’erano e drammaticamente non ci sono più due ragazzi talentuosi come Lorenzo Alberti e Denis Innocentin, che se ne sono andati troppo giovani e che di quella squadra rappresentarono la speranza di un futuro vincente, c’erano insomma uomini e ragazzi pieni di qualità ma non bastò. Zero su trenta, che scritto così sembra più accettabile. Li vidi giocare al Palalido e a modo loro erano belli, bellissimi, veri eroi da bancone.
TTE L O M E SI A M A CHI
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NINO SCHURTER Foto di: Nino Schurter