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ricordando

Relazioni umane, democrazia e processi politici: tutto ha il suo tempo. di Salvatore D’Elia Costantino Fittante

Quando una persona non c’è più, appena appresa la notizia, sono migliaia e migliaia i ricordi, le immagini, i tratti di vita vissuti insieme che, nel giro di pochissimo tempo, si affacciano alla memoria del cuore di chi le ha voluto bene. Quasi da rendere difficile estrapolare o circoscrivere una sola immagine, un solo ricordo, una sola parola che racconti in maniera adeguata quella persona… La sera del 19 novembre, dopo aver appreso della scomparsa dell’onorevole

e lo stile. Primi giorni del 2019, festa del mio trentesimo compleanno. Da giorni, Costantino aveva il mio stesso entusiasmo, quasi di più, tanto da confermarmi più volte la sua partecipazione insieme a quelle della sua amatissima Anna e di Clementina. La sera della festa, si presentò con un mazzo di fiori dai colori più diversi, un richiamo primaverile nel cuore dell’inverno. E, prima di entrare in sala, diede questo mazzo di fiori a

Costantino Fittante, un pezzo di valore della storia della nostra città e della nostra regione, una figura di riferimento per la sinistra calabrese, un combattente fino all’ultimo respiro per il riscatto civile e democratico di questa regione, ho ripensato subito a uno dei tanti gesti di galanteria di Costantino, quei modi di fare “di altri tempi” che ne connotavano la personalità

mia madre. Con grande sorpresa, gli chiesi: “e questo mazzo di fiori?”. La risposta puntuale dell’onorevole: “se tu compi 30 anni, è perché 30 anni fa c’era tua madre. Quindi è anche la sua festa”. Questo particolare così privato, che ho tolto fuori dal cassetto dei tanti ricordi personali, dà una prima immagina di Costantino Fittante, così come ho avuto

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modo di conoscerlo in dieci anni di amicizia e stima reciproche e di appartenenza a una stessa comunità politica. Costantino, e il gesto di quella sera è solo una delle tante manifestazioni, aveva la capacità di curare e coltivare le relazioni umane, merce sempre più rara e quasi introvabile ai nostri tempi. La tempra era quella rigida dei “politici di razza”, di quelli che avevano fatto quella che oggi non si fa più: la “scuola politica”, le nottate in sezione tra fumo di sigaretta e ragionamenti vari e poi ad incollare manifesti elettorali con la colla calda. Attività, quest’ultima, che Costantino ha fatto personalmente fino a una fredda

gesti di Costantino che non sono da ricondurre solo alla sfera privata e della relazioni interpersonali, ma a Costantino Fittante uomo, politico e rappresentante all’interno delle istituzioni. A quel rappresentante delle istituzioni che accolse nella sala del consiglio comunale di S. Eufemia l’allora presidente del consiglio Amintore Fanfani, nel 1961, insieme ai sindaci di diversi Comuni di quello che oggi chiamiamo il comprensorio lametino. La lucidità di affrontare i problemi con la concretezza di chi amministra i territori, che non pensa a pennacchi e bandiere ma a percorsi e progettualità da realizzare. Perché, pur essendo protagonista a

notte dell’autunno del 2014, alla giovane età di 81 anni: io ne sono testimone oculare. La “tempra” dei politici di una volta e, al tempo stesso, la dolcezza di un nonno per quelli della mia età, di un galantuomo di altri tempi per modi e accortezze oggi purtroppo consumate nella fretta e nella volgare superficialità che segna la nostre quotidianità: le telefonate ai compleanni e addirittura gli onomastici, i complimenti per aver letto il tuo nome in qualche articolo di stampa, fino al gesto di aprire lo sportello della macchina a una signora. Tanti, come me, possono ricordare questi

tutto tondo e fino alla fine delle dinamiche cittadine, regionali e locali, pur avendo dato fino all’ultimo il suo contributo acuto e pragmatico rispetto alle vicende politiche e sociali di questi anni, per Costantino alcuni punti fermi non potevano essere bypassati dalla modernità o dal populismo di oggi: la democrazia ha i suoi tempi e, se necessario, anche i suoi costi; la politica ha i suoi processi che richiedono tempi, maturazione e cura delle relazioni personali prima ancora che politiche; le questioni non vanno affrontate con gli slogan, ma vanno studiate e approfondite nel

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merito, senza preclusioni ideologiche o bandierine da dover difendere. Se dovessi riassumere in pochi tratti il percorso umano e politico di Costantino, per come ho avuto modo di conoscerlo in quasi dieci anni, sono proprio questi tre: il valore del tempo da dare anzitutto alla cura delle relazioni umane, ai percorsi politici, al funzionamento stesso della democrazia. Su questi temi, Costantino era davvero un uomo “di parte”. Perché – come mi disse in occasione degli ultimi referenda sulla modifica della Carta Costituzionale nel 2016 e poi sulla riduzione dei parlamentari nel 2020 – non si possono ridurre democrazia e diritti a “questione di costi” o ad esigenze di velocizzazione dei tempi. Proprio in queste ore, del resto, per tornare all’attualità, il famoso “uno vale uno” ha lasciato il posto a ben più approfonditi ragionamenti politici, lo streaming è stato abbandonato da tempo e anche sul 2x1000 si stanno rivedendo tante cose. I moti della pancia durano pochi mesi al massimo qualche anno, le grandi idealità che nascono dall’anima possono vivere per sempre. Costantino aveva visto lontano

loro “padrone” le rivuole, devono essere pronte. Non può tenere sguarnito il paradiso. A noi, resta la dolcezza del ricordo di averci vissuto insieme e accettare serenamente la condivisione del distacco con gli affetti che con noi hanno avuto il privilegio di condividerne i sentieri della vita. I sentieri di Costantino hanno segnato il suo tempo con la sua lealtà verso il suo credo politico, con la sua cultura pronta al confronto dialettico e alla condivisione, con la sua umanità che dispensava senza pregiudizi di sesso, ceto sociale o colore politico, vestita di quella umiltà che è patrimonio e coscienza dei grandi fra gli umani. Ed è con la stessa umiltà e umanità che, con te Costantino e per te, al Padre Celeste elevo questa preghiera.

Un pensiero di Tonino Malerba Namasté, Costantino: amico caro e fratello in Cristo. Donna Anna, Clementina, Ugo, Stefania, amici cari, autorità civili e militari. Noi siamo consapevoli che quando l’animo è turbato, non ci sono spazi per l’ascolto, ma per fede o per amore, dobbiamo accettare che siamo anime vestite di materia , affetti… dati in prestito per arricchire i nostri e i loro sentieri della vita: è l’unico credo che ci può dare la forza di continuare a percorrerli. In nome di chi ci ha segnato la strada che ci riporta al Padre Celeste, noi, per l’affetto che ci unisce, dimentichiamo che questi angeli dal volto umano, li abbiamo avuti in prestito e restano con noi il tempo necessario per indicarci la via che ci riporta a Lui; ma quando il pag. 6

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Il nostro territorio RACCONTIAMO UNA STORIA VERA: L’IMPORTANZA DELL’ATRIO VERDI ( U’ VAGLIU) NEL PIENO E SUGGESTIVO CENTRO STORICO DI SAMBIASE. di Giovanni Maria Cataldi Per dare spazio, concretezza e completezza di dati e di eventi storici tra la storia dell’Abbazia Benedettina di Sant’Eufemia Lamezia e la storia che da anima e corpo ad alcuni centri storici edificati nella zona sud di Sambiase, non bisogna far altro che interessarci dell’atrio Verdi o “ ‘u vagliu” (scelto per essere considerato uno dei più grandi di dimensione e tra i più ricchi di storia passata). Si ritiene, infatti, che esso sorse per una necessità di contenimento del flusso di monaci benedettini e di monaci basiliani, questi ultimi allontanati dagli arabi, provenienti sia dalla Sicilia che dall’Oriente e che, insieme, favorirono l’incremento di centri storici, abitati nel settimo secolo da contadini diretti in direzione di contrada Cafardo, Miraglia, Caronte e rione, che ospitò proprio la costruzione dell’attuale atrio Verdi.

Siamo, come tempi storici, all’inizio del 1100, ovvero a 28 anni dalla edificazione dell’Abbazia Benedettina o, meglio, dell’Abbazia di Santa Maria Vetere, preferita dai monaci “invasori” come zona prevalentemente agricola e, quindi, per lo sviluppo di insediamenti rurali, per la produzione di prodotti squisitamente locali. Si ricorda, di fatto, che per i monaci benedettini era doveroso osservare le regole della buona pratica benedettina, che proponeva, infatti, sia un tempo per le preghiere e sia un altro, per le meditazioni, un altro per il lavoro ed un altro ancora per lo studio ( il noto motto, da cui “Ora et Labora”). Proprio da questo taglio storico e da importanti e riferimenti socio – religiosi, si può Lamezia e non solo

e si deve attribuire una fondamentale importanza legata agli insediamenti creati dai monaci basiliani e benedettini, tra i quali la costruzione di diversi punti rurali assistiti dalla presenza e fecondità di enormi spazi verdi da allineare alla religiosità benedettina legata, nel nostro caso, al motto “ora et labora”. Del resto, facilmente individuabile dalla presenza proprio de “ u vagliu”, o attuale atrio Verdi. In questa direzione, ricaviamo alcuni spazi storicamente tipici: la presenza dell’orto; la presenza di una edicola dinnanzi alla quale i monaci sostavano per la preghiera (edicola che andrebbe restaurata); il convento di rigoroso stile benedettino, di fronte al quale – attorno al 1750- venne edificato palazzo Cataldi, costruito da uno dei primi medici – chirurghi di questa zona: il dottor Vittorio Cataldi, al quale fu dedicata la strada urbana che inizia dalla storica chiesetta della Immacolata ( via Vittorio Cataldi e termina parallelamente all’area mercatale). Tale particolare centro storico ospita la presenza di un altro importante palazzo storico deve nacque e visse il noto Giovanni Nicotera, uomo di

cultura e uomo politico, nonché amico intimo del patriota Carlo Pisacane. Da questa comunanza di riferimenti si tramanda un particolare curioso ed importante per tale nostra ricerca storica: si racconta, infatti, che il citato Carlo Pisacane fu ospitato nel citato palazzo Nicotera. L’accesso all’atrio Nicotera offre la bellezza di una arcata imponente, rimasta intatta nonostante l’avanzata degli anni e di qualche persona stupida che s’è divertita sporcando la targa di “Atrio Verdi” con della vernice. Attualmente lo spazio che delimita l’atrio Verdi è preferito per lo svolgimento di concerti o di iniziative culturali, favoriti da una acustica molto imponente e da un immaginario abbraccio emotivo tra storia presente e storia passata, alla luce della immancabile luna, o al gracchiare delle raganelle o al canto insistente delle cicale, immersi nel profumo intenso delle zagare. Oggi questo fantastico lembo della costa tirrenica è impreziosito dai giochi di luce che si formano automaticamente dai fantastici spazi di luce sotto ai raggi di un sole perfettamente africano., tanto che si è usata meritatamente la stupenda visione denominata “la riviera dei tramonti”, con flussi di turisti cha lo rendono veramente attraente e, aggiungerei, “africano”.

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blaterando

Qualcuno ha detto: “Un insegnante ti prende per mano, ti tocca la mente, ti apre il cuore”. di Anna Maria Esposito

Il mio ospite di oggi è un giovane docente con un grande spirito di abnegazione e amore per i suoi allievi. Ve lo presento. Giulio D’Ambrosio, ingegnere energetico e docente di tecnologie elettrico-elettroniche.

versità si manifestano nelle classi, impone alla scuola un cambiamento: il superamento di modelli didattici organizzativi e lineari, in favore di approcci flessibili adeguati ai bisogni formativi speciali dei singoli allievi. La qualità della scuola si misura sulla sua capacità di sviluppare processi inclusivi di approfondimento, offrendo risposte adeguate ed efficaci a tutti e a ciascuno. La conformazione che le classi presentano rispecchia la complessità sociale odierna e, rispetto al passato, risulta certamente più articolata e pluralista. Nonostante la presenza di alunni con disabilità certificata, con disturbi specifici dell’apprendimento, con situazioni psicosociali e /o problematiche familiari, ragazzi con comportamenti complessi da gestire o figli di stranieri, in tutto questo scenario di difficoltà, l’inclusione sembra essere la chiave di successo formativo per tutti.

Quale la tua filosofia d’insegnamento? Capire di cosa hanno bisogno gli studenti e cercare il modo più semplice per fornire loro delle soluzioni esaurienti. Il mio intento è creare un’atmosfera educativa stimolante in cui essi possano esprimere il loro pieno potenziale. Tutti gli allievi sono unici e hanno esigenze e stili di apprendimento specifici, compito dell’insegnante è aiutare ognuno di loro a sfruttare al meglio le proprie capacità. Cosa cercano gli studenti in un’Insegnante? Alcuni cercano una guida che spieghi bene loro gli argomenti trattati, chiarendo ogni dubbio. Altri invece esigono un insegnante attento che sappia capirli, ascoltarli ed aiutarli a superare le loro difficoltà, a volte anche personali. In particolare a noi docenti sono richieste capacità di intrattenimento, esporre i contenuti in modo coinvolgente e far ridere gli studenti perché la risata è un mezzo attraverso il quale si può creare empatia, controllando così lo stato d’animo della classe, ma soprattutto massimizzare l’abilità degli studenti ad apprendere. Cosa ne pensi dell’inclusione scolastica? L’odierna multiformità, con la quale le problematiche della dipag. 8

Come docente quali sono i tuoi maggiori punti di forza e di debolezza? Punti di forza: cercare di avere un buon rapporto con gli allievi senza fare preferenze, adeguare la didattica al contesto socioculturale degli alunni, verificare la corrispondenza tra quanto programmato e quanto realizzato. Debolezza: immedesimarsi troppo con gli studenti, tendendo a volte ad un rapporto alla pari. È bene invece assumere un atteggiamento distaccato per non perdere di autorevolezza. Come si tengono informati e coinvolti i genitori? Riportando tutte le informazioni possibili sul registro di classe che i genitori possono sempre consultare on line, con gli incontri periodici, con le mail istituzionali e tramite la segreteria. Come ci si comporta se un’allieva palesa un’infatuazione per un professore? Ti è mai capitato? Per fortuna non mi è mai successo. La miglior cosa da fare è comportarsi normalmente, evitando di alimentare qualsiasi aspettativa, sperando che l’infatuazione passi presto. Tutti si lamentano dello stato della scuola italiana e le polemiche sono onnipresenti. Si rischia un’istruzione al ribasso? Quali le soluzioni? Purtroppo in molte scuole la situazione non è delle migliori, non sempre i voti rispecchiano la realtà scolastica. Ed il comportamento sfrontato delle nuove generazioni non migliora le cose. Le famiglie dovrebbero essere più presenti, non assumere sempre

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le difese dei propri figli, senza ascoltare le ragioni dei docenti, ma dovrebbero insegnare loro le norme di buona educazione. La formazione degli allievi dipende anche dell’attenzione con cui essi seguono le lezioni e le modalità di studio. Da allievo ti saresti stato simpatico come professore? Assolutamente no, reincarno lo stereotipo del professore bacchettone e ligio al dovere, che da allievo odiavo.

quell’istante, mentre fluttui nell’aria, sei libero. Libero dai pensieri, libero dalle angosce, libero da tutto quello che ti lega al mondo terreno. Ed è quando tocchi terra che inizi a realizzare dove sei stato e cosa hai fatto ed è lì che le gambe iniziano a tremare. Grazie prof. per la bella chiacchierata confidenziale e per averci fatto entrare in punta di piedi nella tua visione scolastica.

Da docente consigli ai tuoi allievi di viaggiare, conoscere altre culture? Decisamente si. Conoscere altre culture, diverse dalla nostra, ci arricchisce, ci permette di scoprire nuovi orizzonti, ci apre la mente e cambia il modo di porci con noi stessi e con gli altri. Si parla spesso di globalizzazione, ma purtroppo intesa solo a livello economico. La vera globalizzazione è la consapevolezza di riuscire a convivere e / o fondersi con altre culture, traendo da queste il meglio, in modo da ampliare sempre di più la nostra visuale ed il nostro spirito. I viaggi ci consentono proprio di fare questo.

Cosa ne pensi degli sport estremi: Volo dell’Angelo, Parapendio ed altro? Penso che tutti dovrebbero provare almeno una volta nella vita l’ebrezza di questi sport, per capire a pieno cosa ti danno e cosa ti spinge a praticarli. È difficile da spiegare a parole, si è consapevoli del rischio che si corre, ma allo stesso tempo superare la paura e scoprire cosa si cela all’orizzonte è un’esperienza unica. All’inizio del volo non si realizza subito cosa succede intorno, in Lamezia e non solo

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grafichéditore

Con “I promessi sposi in breve di Francesco Polopoli il vernacolo lametino in Campidoglio quanto ne discende, ne sono sommessamente convinto! Oggi il nostro vernacolo è in Campidoglio alle spalle della statua di Marco Aurelio. Lo dicevo sempre che attraverso il lametino impariamo il latino: stamane la nostra lingua si sveglia sovrana!”. Attestazioni di stima sono giunte da tutta Italia, da Bergamo, da Lamezia Terme, da San Giovanni in Fiore: del resto, il dialetto, nello spirito del dialettologo, in più riprese, ha fatto da facilitatore per tante distanze linguistiche: Lamezia Terme e Galati Mamertino a confronto, Lamezia Terme e Montalbano Elicona tra analogie e differenze, Bergamo-Lamezia nel segno del rebelot.

Plauso al nostro idioma lametino nella giornata del 6 dicembre: I Promessi Sposi in breve / Assaggi e passaggi in latino e lametino, edito dalla nostra casa editrice Grafichéditore, sono giunti al podio nazionale come unica opera calabrese premiata. Francesco Polopoli, soddisfatto per il riconoscimento, ha evidenziato l’entusiasmo sinergico tra tutte le forze che hanno costituito il testo: Nella Fragale, Melina Palaia Cataldi, Enza Zaffina, Valentina Greco e Ida Panza. Lo abbiamo raggiuntio telefonicamente quando è finita la cerimonia e lui, ancora molto emozionato, ci ha detto: “Dedico la premiazione alla mia comunità, ai miei più cari e agli amici tutti: sono i luoghi e gli spazi d’anima a sollecitare le risorse di ognuno: a tutti, allora, la mia gratitudine. C’è sempre un mondo umano che sa muovere le cose, ragion per cui è tutta grazia di grazie,

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Noi come casa editrice siamo orgogliosi di questa vittoria del nostro Francesco e non finiremo mai di ringraziarlo per averci coinvolto in un progetto certamente azzardato ma, come si può constatare, vincente!

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l’angolo di tommaso

Buone Feste! di Tommaso Cozzitorto La creatività degli essere umani è una delle caratteristiche più importanti e affascinanti che essi possono vantare nel corso dei secoli. Con l’avvicinarsi del Santo Natale ho potuto notare come l’ingegno umano si sia impegnato nella realizzazione di Alberi di Natale originali e innovativi, partendo da idee spesso molto semplici. Si possono ammirare alberi costruiti su un gioco di cuscini quadrati tutti dello stesso colore oppure di colori diversi. Se il tessuto è in velluto, l’accostamento di cuscini colore oro, rosso, giallo in diverse tonalità, dà un effetto cromatico visivamente molto interessante. L’aggiunta di luci adeguate o di faretti luminosi centrati dalla giusta angolazione riescono a trasmettere effetti molto eleganti. Un’altra idea è l’albero costruito con i libri. Direi che in questo caso sia da sottoli-

neare il messaggio culturale e intellettuale che un siffatto albero vuole trasmettere, specialmente se vengono messi in risalto i titoli dei testi utilizzati. Alcuni scelgono un albero esclusivamente concettuale attraverso l’utilizzo di libri facenti parte di un unico genere letterario. Un’altra idea è l’albero a muro composto dagli oggetti più cari del nucleo familiare, per cui ne viene fuori una piccola storia affettiva familiare. Sempre su muro o anche vetro si possono preparare alberi di luci artistiche i cui colori possono creare atmosfere natalizie particolarmente emozionanti e intime. Le idee non mancano sicuramente. Buon Albero di Natale a tutti.

Auguri Nella Dicembre, il mese del Natale, della riflessione, degli auguri. Il mese delle malinconie dalle antiche cornici, ma anche il mese della ricerca dell'altro in modo più profondo ed emozionale. Per questo Natale voglio fare gli auguri ad una persona in particolare, mi riferisco a Nella Fragale, cara amica con la quale ho il piacere di collaborare da molti anni. Nella è una donna tenace, appassionata del suo lavoro, ha saputo creare una Casa Editrice e portarla a livelli prestigiosi in pochi anni, e questo è potuto accadere perché lei crede fino in fondo in ogni libro pubblicato, dimostrando sempre un entusiasmo costruttivo, facendo così capire quanto sia importante ogni singolo tassello per comporre la storia di una intera attività. In parallelo è lo stesso per l'esistenza umana. Nella è una donna forte, sa trasformare le fragilità in esperienza di vita e in forza aggiunta e ti dimostra l'affetto con un sorriso o anche con un semplice emoticon su wapp. Ha la capacità di stimolare chi le sta intorno, ama la precisione, la perfezione, a volte fin troppo pignola, ma alla fine, quando vedi i risultati, comprendi pienamente che ha ragione lei. Nella con grande umanità e competenza sta firmando un pezzo di Storia della città di Lamezia Terme. Auguri carissima. Con grande grande affetto. Auguri di Buon Natale e Buon Anno a tutte le lettrici e a tutti i lettori. Lamezia e non solo

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collana calliope

Il Natale dell’800 e l’idea di Europa di Italo Leone

Rileggendo il libro di Henri Pirenne Storia di Europa dalle invasioni al XVI sec., a distanza di tanti anni, trovo evidenziato un concetto chiave per giudicare gli eventi storici nel senso della lunga durata, eventi che nel tempo lungo hanno determinato la storia dell’Europa occidentale. Nel cap. III sull’invasione musulmana, Pirenne illustra in una meravigliosa sintesi lo sconvolgimento politico che la rapida espansione musulmana del VII sec. provocò nei territori del Mediterraneo romano: in pochi anni dopo la morte di Maometto(632), l’Islam conquista l’Egitto (640-642), la provincia di Africa (698), e la Spagna (711). “Per la prima volta, dalla formazione dell’Impero romano, l’Europa occidentale si trovava isolata dal resto del mondo. Il Mediterraneo, grazie al quale fino ad allora era stata in contatto con la civiltà, le si chiudeva davanti.” Il cristianesimo occidentale, impedito nelle comunicazioni tradizionali e ormai costretto a contare solo su se stesso, “allontanato dal Mediterraneo, volgerà le sue energie verso le regioni ancora barbare oltre il Reno e sulle rive del Mare del Nord. La società europea si allargherà e travalicherà le antiche frontiere dell’Impero romano. Con l’Impero franco nasce un’Europa nuova, nella quale si elaborerà quella civiltà occidentale, destinata a diventare la civiltà del mondo intero.” L’idea di un’appartenenza dei popoli europei a una comunità coesa dal punto di vista sociale e religioso nacque in un preciso momento della storia: quando il franco Carlo Martello (Maggiordomo di palazzo dei regni merovingi di Austrasia, di Burgundia e di Neustria), vincendo i musulmani nella battaglia di Poitiers del 732, fermò l’avanzata dei Mori di Spagna verso Occidente, decidendo il corso successivo della storia europea. A proposito di questa battaglia, pochi anni dopo, il monaco lusitano Isidoro di Beja (711-754), nel suo Chronicon, usa per la prima volta l’aggettivo «europei» per indicare collettivamente i guerrieri di più popoli che, per la prima volta, avevano fermato gli invasori musulmani. Da allora i Re dei Franchi diventarono per la Chiesa i difensori della vera fede e, contemporaneamente, dei territori della Chiesa contro le pretese espansionistiche dei Longobardi, assumendo così il ruolo politico che prima era stato proprio degli imperatori romani bizantini. Fu per questo che nella notte di Natale dell’800 un barbaro, il Re dei Franchi Carlo Magno, fu incoronato Imperatore da Papa Leone III. Il Sacro Romano Impero è durato per mille anni e i vari Imperatori di origine franca o germanica hanno ritenuto loro dovere difendere e pag. 12

allargare i confini della cristianità e combattere per la riconquista del Santo Sepolcro in Terra Santa. Ma c’è anche un aspetto più propriamente politico che riguarda da vicino l’Europa di oggi. Alla morte di Ludovico il Pio l’impero ereditato dal padre Carlo Magno fu diviso, secondo le regole di successione della legge salica, tra i suoi tre figli: Ludovico il Germanico che ebbe la parte di lingua germanica, Carlo il Calvo che ebbe la parte di lingua francese e il primogenito Lotario che ebbe la corona imperiale e una lunga striscia di territorio che comprendeva i Paesi che oggi corrispondono al Belgio, all’Olanda, al Lussemburgo, alla Lorena, alla Svizzera e all’Italia del centro-nord; una specie di grande corridoio che divideva i domini franchi di lingua germanica da quelli di lingua francese. Francia e Germania da allora hanno fatto molte guerre tra loro per affermare il proprio potere nell’Europa centrale. Per quasi mezzo secolo sembrò che Carlo V d’Asburgo, erede del trono di Spagna, delle Fiandre e dei territori dell’Impero di lingua germanica, potesse ricostituire l’unità dell’Impero, ma il fallimento del suo tentativo fu sancito dalla divisione tra i territori della Spagna assegnati al figlio Filippo II e i territori dell’Impero asburgico assegnati a Ferdinando I, fratello di Carlo V. Tra Settecento e Ottocento le idee illuministiche che portarono al trionfo degli ideali borghesi di uguaglianza, libertà e tolleranza ideologica si diffusero in tutta Europa con le vittorie di Napoleone e, anche dopo la sconfitta di Napoleone e il Congresso di Vienna, diedero vita a quegli ideali di indipendenza nazionale e di ritorno alla tradizione che caratterizzarono gli anni del Risorgimento italiano. L’ultimo duello tra Francia e Germania si è consumato nel Novecento con le due guerre mondiali. Le terribili conseguenze di questa rivalità secolare tra Francia e Germania hanno indotto vincitori e vinti della seconda guerra mondiale a lottare per un’Europa in cui i fattori di unità storica e culturale prevalessero sulle divisioni nazionali: l’identità religiosa cristiana, il richiamo ai valori laici dell’Illuminismo, un’eredità culturale comune che deriva dal pensiero filosofico e scientifico greco-latino. Ricordare una storia lunga dodici secoli ci aiuta a capire l’importanza e, direi, la necessità di una unificazione politica oltre che economica dell’Europa; soprattutto in considerazione dei processi storici in atto, in cui la globalizzazione dei mercati e delle comunicazioni ha evidenziato la supremazia dei grandi stati continentali: la Russia, la Cina, l’India, gli Stati Uniti d’America. Pensare che i piccoli stati europei possano separatamente competere con colossi di tale dimensione è illusorio e presuntuoso. Oggi le attività del Parlamento e della Commissione europei si svolgono tra Bruxelles, Strasburgo e Lussemburgo. E’ significativo che la regione che oggi è sede del potere centrale della Comunità Europea sia la medesima che, al tempo di Carlo Magno, vide come sede privilegiata del primo Imperatore del Sacro Romano Impero Aquisgrana, dove ancora oggi riposano i resti del grande Imperatore che unificò l’Europa medievale. Ma i problemi scaturiti dalla globalizzazione: l’integrazione con le economie dell’Oriente, le delocalizzazioni, l’aumento dei flussi migratori dall’Africa, i problemi conseguenti alla pandemia e alle sue varianti, un prevedibile incremento del traffico mercantile anche attraverso il Canale di Suez, dovrebbero indurre i governi europei a riconsiderare il Mediterraneo come un’area strategica fondamentale per tutta l’Europa del futuro.

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il salotto di piera

Dai geni di Neanderthal al Covid19

di Piera Messinese

Recentemente ho avuto il piacere di intervistare il Professore Giuseppe Remuzzi, Direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri IRCCS di Milano. Appena entrati nel vivo della conversazione gli ho chiesto perché la maggior parte dei soggetti infettati da Covid19 sono asintomatici o paucisintomatici e possono curarsi a casa con una adeguata terapia farmacologica, mentre altri vanno incontro ad una sintomatologia più seria tanto da dover ricorrere alle cure ospedaliere, alla terapia intensiva, e alcuni, purtroppo, non riescono a sopravvivere. A tale quesito il Professore mi ha risposto sostenendo che la spiegazione poteva essere racchiusa nel nostro DNA. Esistono due regioni del genoma umano che aumenterebbero il rischio di ammalarsi di Covid19 in modo grave. Una di queste regioni si trova sul cromosoma 9 ed ha a che fare con i gruppi sanguigni. Secondo uno studio condotto da Andre Franke e pubblicato sul “New England Journal of Medicine”, il gruppo sanguigno A si assocerebbe ad una malattia più severa. I soggetti di gruppo O avrebbero meno rischi rispetto ai soggetti con gruppi A e AB. Forse sono i loro stessi anticorpi anti-A e anti-B a proteggerli. Mentre un’altra regione del nostro genoma si presenta molto interessante perchè sembra sia relazionata con la suscettibilità al Covid19. Lamezia e non solo

Si trova sul cromosoma 3 ed ospita sei geni. Uno di questi o più di uno condiziona le diverse manifestazioni della malattia. Avevo anche letto di un lavoro che il professore Remuzzi aveva pubblicato sulla rivista scientifica “Nature”. In quella occasione si rifletteva su una possibile relazione tra il Covid19 e i geni di Neanderthal. I due ricercatori Hugo Zeberg e Svante Pääbo hanno scoperto che una di queste regioni si trova sul nostro cromosoma 3. Si tratta di geni ereditati insieme a diverse varianti per formare l’aplotipo. In particolare tale aplotipo è considerato rischioso perché può portare a sviluppare una forma severa di malattia da Covid19. Questo pezzo di cromosoma è molto comune in Bangladesh, nel Sud dell’Asia, ma assente in Africa. Grazie a questa osservazione i ricercatori hanno ipotizzato che quell’aplotipo sia giunto sino a noi dai Neanderthal. Bisogna andare indietro nel tempo all’Homo Sapiens che lasciò l’Africa, si incrociò con i Neanderthal (che non c’erano in Africa) almeno tre volte in un intervallo temporale tra 35000 e 85000 anni fa, in Persia, poi in Europa. Così l’aplotipo del cromosoma 3 è entrato nel genoma dell’uomo moderno. È il caso di dire che galeotto fu l’incontro con i Neanderthal. Si è subito scartata la possibilità che potesse esserci un antenato comune vissuto 500000 anni fa. È questo l’aplotipo giunto da Neanderthal che ereditano i soggetti i quali sviluppano una patologia da Covid19 severa e che, eventualmente, vanno incontro ad una ospedalizzazione senza essere anziani, obesi, diabetici, ipertesi, con patologie croniche pregresse. Quindi, è la predisposizione genetica a determinare un decorso clinico severo. Le ricerche, però, non si sono fermate, tant’è che i ricercatori hanno trovato altre aree interessanti sui cromosomi 6, 12, 19, 21. Per esempio, si è anche visto che l’aplotipo presente sul cromosoma 12 protegge dal rischio di finire in una corsia di ospedale ed è una regione che si eredita dai Neanderthal. Ecco l’identikit dell’aplotipo del cromosoma 12 che le persone fortunate hanno ereditato dai Neanderthal. Esso include i geni Oas1, Oas2, Oas3, cioè quei geni in grado di formare enzimi attivati da Rna e indotti da interferone. Gli enzimi, grazie a meccanismi biochimici, degradano l’Rna intracellulare come quello del Covid19, impedendogli di moltiplicarsi nelle nostre cellule. Il rischio di ricorrere alle terapie intensive si riduce del 22% per ogni copia dell’aplotipo di Neanderthal che ciascuno di noi possa aver ereditato. Questa variante protettiva ad oggi è aumentata nella popolazione e, in particolare, è presente nel 30% di coloro che vivono fuori dall’Africa. Magari è stato proprio questo aplotipo a proteggere i portatori di altre malattie, per cui durante l’evoluzione sarebbe stato selezionato positivamente quell’aplotipo per favorire la sopravvivenza della specie. Invece l’aplotipo del cromosoma 3 associato al Covid 19 non si sta espandendo molto tra le popolazioni del mondo. Il professore Remuzzi mi ha salutato dicendomi che il sistema immune ci condanna e ci protegge allo stesso modo, servendosi di una serie di geni che arrivano dalla notte dei tempi.

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Timere la pecorella con il cielo dentro gli occhi incontra i bambini di Antonio Perri

«L’idea di scrivere fiabe è nata in me in primis per divertirmi, per restituire me stessa a me stessa, ma soprattutto come esigenza di continuare la mia opera educativa anche al di fuori dell’ambiente scolastico, essendo, io, una docente in pensione dal 1 settembre 2021. Lavoro considerato una missione più che una professione. Le fiabe raccolgono tutta la mia quarantennale esperienza di docente» Ad affermarlo è stata Sina Mazzei, l’autrice della fiaba, a carattere inclusivo, “Timére con il cielo dentro gli occhi”, strettamente legata a convenzioni di tipo psicologico/ filosofico, la cui è stata inserita nell’ambito della rassegna “Inchiostri d’Autore” di Antonio Perri, promossa da Grafichéditore e presentata negli spazi della Tipografia Grafiché alla presenza dei bambini della scuola Primaria dell’Istituto Perri-Pitagora, Don Bosco, Cancello, Pianopoli, Feroleto, accompagnati dai loro genitori e docenti. L’incontro, avvenuto nel mese di ottobre, è stato condotto dalla giornalista Nadia Donato e preceduto da una breve presentazione dell’editrice Nella Fragale. Nel dialogo sono stati coinvolti i bambini che, con lavori artistici di preparazione all’evento, entusiasti dell’opera, hanno rivolto all’autrice una serie di domande significative ed intelligenti che hanno contribuito ad approfondire i vari aspetti dell’argomento emotivo, quale la timidezza, e nel contempo ad inquadrare la figura umana e pro-

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fessionale della scrittrice. La lettura di alcuni brani è stata affidata alla prof.ssa Ilaria Scalise dell’Associazione Senza Nodi, presieduta da Nadia Donato. Al centro della fiaba è collocata Timere, una pecorella che all’inizio della storia è sopraffatta da una eccessiva timidezza che la blocca impedendole di interagire con gli altri e di esprimere palesemente le sue capacità essendo fortemente condizionata dai giudizi degli altri. Giudizi che diventano etichette che si incollano sul soggetto timido generando in lui un senso di colpa da cui non riesce a liberarsi senza l’aiuto di qualcuno e, nel caso di Timere, della maestra Solving e dell’amica Timmy. Pertanto la timidezza, che domina la fiaba, diventa un punto di forza per uscire da una situazione incresciosa permettendo a Timere di accettarsi così com’è e di crescere normalmente. «La fiaba – ha precisato la docente Daniela Magnone – ha un linguaggio semplice ma ricercato, che si legge velocemente, ma è ricco di metafore che danno al contenuto il giusto risalto della profondità educativa. La fiaba è ricca di colori ed immagini che costituiscono l’elemento fondamentale del libro stesso e i personaggi sono uno specchio della nostra società inducendoci a profonde riflessioni». Nel corso della presentazione della fiaba “Timere”, la professoressa Lina Latelli ha intavolato una conversazione con l’autrice Sina Mazzei al fine di evidenziare i punti nevralgici della

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fiaba, l’identità letteraria dell’autrice, che ha pubblicato altri testi poetici e in prosa, e l’influenza della sua esperienza di docente nello scrivere questa opera e altre questioni di richiamo come la differenza tra favola e fiaba, la strutturazione della fiaba moderna e quella tradizionale ed altro. Altri incontri di presentazione della fiaba si stanno espandendo, a macchia d’olio, in diversi Istituti Comprensivi, in occasione della settimana “Libriamoci”, a.s. 2021/2022. Tra questi l’incontro orientamento "Scuola Primaria Perri e Scuola Secondaria di primo grado Pitagora" a Lamezia Terme per cui la suddetta docente Sina Mazzei, e la psicologa Martina Perazzone, hanno incontrato diverse classi. Un centinaio di alunni, accompagnati dalle rispettive docenti, hanno letto alcune didascalie della fiaba, posto molteplici domande all’autrice e presentato diversi lavori artistici, tra cui gli aquiloni, metafora dei sogni lanciati al cielo. Il tema della giornata è stato incentrato sulle emozioni, in particolar modo sulla timidezza, leitmotiv della fiaba, per cui è intervenuta la Psicologa con esercizi di consapevolezza sulle emozioni primarie e secondarie. L’interesse è stato molto alto e numerose le testimonianze d’affetto

Testata Giornalistica Di tutto un po’ - lamezia e non solo anno 29°- n. 79 - dicembre 2021 Iscrizione al Tribunale di Lamezia Terme dal 1993 n. 609/09 Rug. - 4/09 Reg. Stampa Direttore Responsabile: Antonio Perri Edito da: GRAFICHÈditore Perri Lamezia Terme - Via del Progresso, 200 Tel. 0968.21844 - e.mail. perri16@gmail.com Stampa: Michele Domenicano Allestimento: Peppino Serratore Redazione: Giuseppe Perri - Nella Fragale - Antonio Perri Progetto grafico&impaginazione: Grafiché Perri-0968.21844

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per la pecorella Timere, allegoria delle nostre insicurezze più profonde, la quale con l’intervento mirato di figure esterne (gli aiutanti della fiaba) riesce ad accettare il suo stutus per divenire una timida di successo. Significativa è stata, a tal proposito, la testimonianza di alcuni alunni, i quali hanno espresso la loro profonda gratitudine alla fiaba per averli aiutati a superare una certa empasse di disagio comunicativo causato da un’eccessiva timidezza. «La fiaba – ha commentato l’autrice – che sta riscuotendo un notevole successo, non solo ha il compito di avvicinare l’adulto al bambino, ma anche di trasmettere ed insegnare i principi e i valori della società in cui si è nati e si vive, di lanciare dei messaggi e fare del bene. Timere appartiene a tutti noi, con la sua timidezza ci commuove e, mentre leggiamo la sua vita, tutti facciamo il tifo per lei». «E il messaggio che proviene da Timere – ha ribadito la psicologa Martina Perazzone – è che la timidezza, ritenuta nell’epoca in cui viviamo come qualcosa di invalidante, può essere superata per raggiungere quello che vogliamo senza perdere di vista noi stessi».

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a riveder .

di Flaviana Pier Elena Fusi

Il primo bacio

BOLLETTINO METEO Un bacio, rompe il ghiaccio Porta in vista l’affaccio Su quell’incanto di labbra bagnate Che solo l’ardore rende colorate. Dischiuse al cuore e al suo sapore Nulla è più bello di un istante d’amore. Un battito d’ali, un volo di gabbiani È un bacio che sa parlare Guardare al di là del pensare e con nient’altro è dato capire Solo col bacio si può intuire il suo agire. Lanciato con intenzione Fa schiavo senza condizione La bocca copre un lamento Che esce dal petto e dice amoreggiamento. Della pelle quel rosso passione È la sua missione. Mi arrendo tremante Non ti voglio distante Sono di nuovo tua in questo istante.

Il primo bacio di un amore è ancora diadema sul cuore. Quella movenza che alla tua mente porta all’occorrenza, quando il ricordo di tempi lontani, vengono a te, perché hai bisogno delle sue mani. Quel momento aveva un valore e si è tatuato nell’animo quell’ardore. Quando la vita sembrava infinita e scorreva maestosa tra l’innocenza fiorita, vuoi ripescare quell’istante che sa farti vibrare e incantare la tenerezza che può narrare. Prendilo subito, prendilo ancora è dentro di te la sua dimora. Quel bacio stregato e immacolato, l’immenso ti ha regalato. Un tocco, un imbocco, uno schiocco è ora rintocco. Se lo senti puoi esultare, perché la tua esistenza, hai saputo celebrare. È il bacio con la sua memoria, che trasporta del tuo amore la vittoria. Fiori e parole servono a condire, ma quel calore resterà per rinverdire, sempre lo potrai recuperare e ovunque ti saprà consolare. Tienilo stretto, tienilo indosso, quando la notte buia ti sprofonda addosso: è lui il tuo gancio salvatore, il bacio d’inizio di un amore. pag. 16

CONSIGLIO METEO: che il prossimo bacio sia come il primo bacio. lo sconvolgimento vorrebbe essere intento.

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... le stelle

di Edoardo Flaccomio

L’ARTE DEL BACIARE La seduzione può riguardare diversi campi, ma l’accezione più conosciuta concerne due persone di sesso opposto. Nell’immaginario collettivo è la donna a sedurre l’uomo. Bellezza, eleganza, sorriso, trucco e gioielli, fan sì che la femmina seduca il maschio, più di quanto questi possa viceversa fare. Dei cinque sensi, la seduzione riguarda principalmente la vista. Seduce ciò che piace, ciò che rompe la monotonia dell’osservazione. Sedurre, dal latino seducere, riporta alla mente il verbo sedare. La persona sedotta è sedata, incantata da qualcosa che sa di elisir. La seduzione richiama il PARDES, il Paradiso Terrestre. Eva è sedotta dal Serpente, inteso come animale-ente malvagio. Errore grossolano in quanto il rettile è il passato di Eva che si desta in prossimità della fine del ciclo chiamato Eden. Eva seduce Adamo al risveglio. Alla Conoscenza interiore, fornitagli dal ruolo di maschio donatore di seme, Adamo preferisce la seduzione, rinnegando il principio ultimo e primo che lo vorrebbe con Eva in marcia verso la tappa creatrice di un nuovo Paradiso. Adamo cede alla tentazione, che da quel momento diventerà portatrice di significato negativo. C’è un’altra storia che proviene dal passato. Questa volta è l’Ente Mascolino per eccellenza a sedurre: Krisna. Mentre pascola le mucche insieme a dei pastori, fa vibrare il suo sublime flauto. Sedotte da quel suono, le Gopi ricordano la piuma di pavone sulla Testa del Creatore e il nettare che lascia scorrere dal flauto attraverso le Labbra. Racconto che rinvia tassativamente al Modello Assoluto Pensante, chiamato Mana nei Veda, Rosc nei versetti ebraici, essenza della Mente nei sutra buddisti, si tratta sempre dello stesso Modello Corticale, (di cui il nostro cervello parlante è a immagine), le cui Leggi diventano suono, in altri termini, Parole emanate dalla Bocca di Dio: Krisna. In un altro racconto dei Veda, le spose degli abitanti celesti sedute nelle aeronavi spaziali, si divertono a viaggiare con i loro sposi, ma come sentono il flauto di Krisna, i loro capelli si sciolgono e i loro vestiti aderenti si allentano. Storia seducente al pensiero degli abiti che si slacciano e di fronte alla chioma femminile che si delinea in tutta la sua lunghezza e bellezza. Seduzione che si amplifica di fronte al fatto che la capigliatura è un Archetipo simboleggiante le Leggi dell’Ordine Celeste. Le spose viaggiatrici lo sanno. La seducente e mitica forza del biblico Sansone, per esempio, svanisce del tutto nel momento in cui gli tagliano i capelli di notte mentre dorme. Al risveglio si accorge che la sua forza, cioè l’Energia Evolutiva, alias Spirito Santo, è rifluita e lui non è più l’uomo eccezionale e seducente del giorno prima.

Satirellando

Dato che volevo iniziare la mia nuova satira, seguendo l’incipit de La spigolatrice di Sapri, di Luigi Mercantini, ho preferito citarlo direttamente… Attenti agli scanner del mattino, mi raccomando…

di Maria Palazzo

E, per concludere, BUONE FESTE a tutti. SCANNER Parafrasando Luigi Mercantini,

Al lavoro, speri in una consolazione…

Ho l’asma, non il covid 19:

scrivo versi su vari fogliettini

Macché! Scanner umani, a profusione!

ho la diagnosi, porto le prove!

e dato che, brava, come lui, non sono,

C’è chi esclama:” Ti vedo perplessa”,

E qui rifletto: perché le imprese,

chi legge s’accontenti di questo mio dono!

ipotizzando chissà cosa, a farti fessa!

comprano scanner a mani tese,

Un mattino, a scuola, stavo per andare,

Poi c’è chi ostenta doti medicali:

se esiste gente, che altro non sa fare,

ma, guarda un po’, chi vado ad incontrare:

“Col raffreddore, si perdono le ali!”.

se non, il prossimo, scannerizzare?

la vecchia spia del palazzo di fronte,

Come il gatto con la volpe, in derapata,

Quanti miliardi risparmieremmo

che ogni mio buonumore… manda a monte!

un’altra ripete: “Che, sei raffreddata?”

e plastica in meno, raccoglieremmo:

Fa sempre battute del vago cavolino:

e, dopo un mio colpo di tosse,

rifiuti, quasi, non avremmo più,

affari suoi? Nemmeno un pochettino!

cambia discorso:” Hai le scarpe rosse!”.

Greta Thunberg, diglielo tu!

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lameziaeuropaspa Lameziaeuropa: Sindaco di Lamezia Terme Paolo Mascaro incontra le imprese insediate nell’area industriale. Lavorare insieme con la Regione Calabria per superare le attuali criticità e realizzare il Masterplan di Sviluppo dell’Area 2021 – 2027. di Tullio Rispoli Presieduto da Leopoldo Chieffallo presidente della Lameziaeuropa spa si è svolto presso il Centro Servizi un incontro di lavoro tra gli imprenditori insediati nell’area industriale ed il Sindaco di Lamezia Terme Paolo Mascaro. Presenti per l’Amministrazione Comunale anche il Vicesindaco ed assessore alle Attività Produttive Antonello Bevilacqua e l’assessore al Bilancio Alessandro Zaffina, per Lameziaeuropa la consigliera di amministrazione Annamaria Mancini. Dopo la visita del Centro Servizi, struttura a disposizione delle imprese e delle Istituzioni, sono stati illustrati il MASTERPLAN DI SVILUPPO dell’area 2021 – 2027 con tutti i progetti in corso tra cui gli Studios Televisivi della Film Commission Calabria, gli interventi per la messa in sicurezza della SS18 definiti con Anas e Regione Calabria per 11 milioni di euro, il Centro Internazionale di Ricerca della Fondazione Dulbecco il cui progetto nei giorni scorsi è stato presentato dal Prof. Nisticò al Ministero del Sud per un finanziamento di circa 28 milioni di euro ed il Video di presentazione del progetto Waterfront e Porto Turistico realizzato da Coipa International. Nel corso dei lavori, coordinati dal dirigente della Lameziaeuropa spa Tullio Rispoli, i numerosi imprenditori e tecnici presenti, nell’apprezzare il metodo di lavoro instaurato e la piena disponibilità dell’Amministrazione Comunale, hanno illustrato al Sindaco Mascaro le principali criticità che caratterizzano la quotidiana vita d’impresa nell’area industriale di Lamezia Terme con particolare riferimento alla carenza di servizi, infrastrutture viarie, pubblica illuminazione, banda larga e manutenzione del verde, sistema di raccolta dei rifiuti, randagismo, sicurezza e videosorveglianza, agli interventi da effettuare con urgenza per la pulizia e messa in sicurezza definitiva del torrente Turrina e del fiume Amato, al superamento del vincolo paesaggistico presente ancora sulle aree a destinazione PMI che sta producendo da oltre un anno il blocco totale di nuovi investimenti a causa del mancato rilascio del parere da parte della Sovrintendenza di Cosenza.

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Tra le proposte evidenziate nel corso dell’incontro l’iniziativa da realizzare AREA INDUSTRIALE CARDIOPROTETTA insieme ai volontari dell’Associazione Calabria Cardioprotetta, la rivisitazione del regolamento comunale inerente la tariffa Tari, il reinvestimento nell’area di parte delle somme incassate dal Comune per Tasi e Imu al fine di migliorare i servizi generali e le infrastrutture, la delocalizzazione verso l’interno del depuratore consortile con la realizzazione attraverso i fondi del PNRR e della programmazione comunitaria di un nuovo impianto tecnologicamente evoluto ed impianti specifici sovracomunali per gli altri comuni costieri, la riapertura della strada di collegamento diretto con l’aeroporto attualmente chiusa per interventi da effettuare da parte di Anas riguardanti il ponte sull’Amato in località Trigna, il ripristino e la messa in funzione della linea ferroviaria merci e dei binari dedicati che da San Pietro Lametino potrebbero collegare direttamente l’area con il porto di Gioia Tauro. Il Sindaco di Lamezia Terme Paolo Mascaro ha ringraziato gli imprenditori per la partecipazione e per le proposte di lavoro avanzate per migliorare la qualità dei servizi e la competitività dell’area su cui il Comune di Lamezia Terme, fin dai primi giorni successivi al reinsediamento dopo la parentesi commissariale, è impegnato pienamente con il supporto di Lameziaeuropa e d’intesa con il Corap ed il nuovo Commissario Enrico Mazza. Si opererà per definire con il Presidente Roberto Occhiuto, gli Assessori e i Consiglieri della Regione Calabria una strategia di intervento organica e mirata che permetta di effettuare in tempi brevi scelte strategiche e concrete per superare le attuali criticità e costruire nuove opportunità di sviluppo per il futuro legate alla realizzazione di tutte le iniziative contenute nel Masterplan di Sviluppo dell’Area 2021 – 2027 e alla concreta attuazione della ZES Calabria. Da subito, anche insieme ad Unindustria Calabria, si affronterà con il Dipartimento Urbanistica della Regione Calabria la problematica riguardante l’attuale blocco degli investimenti nell’area determinato dal mancato rilascio dei pareri della Sovrintendenza di Cosenza.

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parlando di..

Bentornato natale. Noi ingrassiamo con stile! Moderazione? Castigatezza? Autocontrollo? Per questo Natale neanche a parlarne, ne siamo certi. Dopo due anni travagliati come quelli appena trascorsi la tavola è una delle poche consolazioni a disposizione di tutti. Quindi inutile prendersi in giro : mangeremo, mangeremo tanto e lo faremo tutti. In ogni cosa però, c’è un modo per distinguersi quindi quest’anno ingrassiamo si ma lo facciamo con stile. Come si fa ad ingrassare con stile? Il segreto è tutto nella capacità di alternare e mixare buona cucina, buone maniere e benessere. Probabilmente prenderemo qualche chiletto si ma potremo tirare fuori un sorriso e una carica che avevamo dimenticato. E allora vediamo come sopravvivere alle ‘scorpacciate’ di Natale e Capodanno. 1) È VIETATO SALTARE. Parliamo dei pasti, non della corda. D’istinto ci verrebbe da pensare che se si risparmiano le calorie del pranzo, si potrebbe osare a cena e godersi senza sensi di colpa la fetta di pandoro, di panettone o la pasta al forno della nonna. Teoricamente il ragionamento è giusto, nella pratica non è esattamente così: saltando il pranzo arriveremo talmente affamati a cena che finiremo per mangiare ben di più di quanto avremmo fatto normalmente, vanificando il risparmio calorico di qualche ora prima. 2)SPORT E PASSEGGIATE. Che sia la corsa, il nuoto o qualsiasi altra attività motoria, approfittiamo delle giornate di festa, delle ferie e dei ritmi più cadenzati per fare sport. Magari non servirà del tutto a bruciare le calorie ingerite con i brindisi, ma sicuramente ci terrà lontani dalla cucina e dalle sue tentazioni golose. 3) SÌ AD ACQUA E TISANE. Non dimentichiamo di bere tanto. L’acqua è l’ideale, ma vanno bene anche tè e tisane non dolcificate. In questo modo, non solo eliminiamo tossine e ritenzione idrica, ma favoriamo Lamezia e non solo

di Antonella Caruso

anche il senso di sazietà. Al ristorante ricordiamoci di bere almeno un bicchiere di acqua per ogni bicchiere di vino o di spumante:gli alcolici portano calorie e trattengono i liquidi. 4) PICCOLI STRATAGEMMI DA METTERE IN PRATICA. Evitiamo tutti gli alimenti che sulla tavola si possono trovare sempre :pane, grissini, tarallucci e godiamoci i piatti speciali, quelli legati alle feste. Se abbiamo modo di scegliere dal menù oppure siamo ad un buffet, optiamo per un’insalata o delle crudite’di verdure. A seguire scegliamo un primo o un secondo e un dolce. Un’altra strategia da applicare al ristorante è quella di chiedere che ci vengano portate delle mezze porzioni oppure dividere i piatti con uno dei commensali: assaggeremo tutto ma senza esagerare con le quantità. E i dolci? Non è certo questo il momento per rinunciarvi, e allora togliamoci lo sfizio. Se si ha particolarmente voglia di un dolce è bene non fare durare questo bisogno troppo a lungo. Il rischio è, infatti, quello di sentir crescere la voglia e di mangiarne di più. Molto meglio inserire una fetta di pandoro a colazione e accompagnarla con un cappuccino di soia senza zucchero o con una porzione di yogurt greco. Seguendo queste semplici regole, anche i dolci potranno essere mangiati senza troppi problemi. Ciò che conta è farlo sempre con moderazione e all’interno di un’alimentazione sana e bilanciata e possibilmente affiancata da una buona attività fisica. E dopo aver festeggiato e mangiato fino a notte fonda l’ultimo dell’anno, cerchiamo di moderare il pasto del primo gennaio. Nella calza della befana poi, si potrebbero inserire oggettini utili per i bimbi ad esempio penne e matite colorate, piccoli giochini e non solo cioccolatini e caramelle. Possiamo farcela. BUONE FESTE.

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di Maria Palazzo

Carissimi lettori, come ogni anno, ecco il mese di dicembre, che ci porta le feste. Non voglio tediarvi, con i soliti predicozzi sulla lettura. Sarò sbrigativa, stavolta: leggete qualcosa di ameno. Vi consiglio: SPACCA L’INFINITO, l’ultimo libro di Piero Pelù. Come tutti i libri che vi segnalo, lo leggerete d’un fiato. Vi accorgerete, infatti, che, ad ogni capitolo concluso, vorrete saperne di più e, alla fine di tutto il narrato, vi ritroverete a sperare che Piero scriva ancora… Rispetto al libro precedente, scritto dal nostro amicostar del rock (che io stessa recensii, in questa stessa rubrica, qualche anno fa), SPACCA L’INFINITO è un testo più maturo e più articolato. Vi si nota la volontà dell’autore, non solo di raccontarsi (il sottotitolo del volume è IL ROMANZO DI UNA VITA), ma anche di comunicare con i suoi fans o lettori, che dir si voglia.

contrario, rivelavano frasi sataniche. Ricordo le risate: ho sempre odiato i bigotti! All’inizio della sua carriera, Piero mi stupì con la canzone Firenze sogna, che, pare, fosse dedicata alla sua cara nonna. E, poi, non ho perso una sua parola. Memorabile il concerto che vidi a Soverato, la sera della vigilia di Ferragosto, nel 2003… Purtroppo, non l’ho mai incontrato, finora, ma non dispero… La sua voce, completamente diversa da quella del suo parlato, è portentosa, vibra e sembra giungere dagli inferi, per quanto sia profonda, ma, in realtà, il suo è un vero e proprio dono canoro: in quella profondità, i suoni emessi hanno sempre tanta luce. Nel suo romanzo di una vita, Piero dialoga con un bimbo, il suo alter ego. Un bimbo che non lo predispone alla nostalgia (come per ogni becero, sciocco, quasi sessantenne), ma lo incita a proseguire nel suo percorso, sia pure ricordando…

E’ una narrazione che tende anche a voler lasciare qualcosa: non è, di certo, un testo didascalico, ma vorrebbe far un po’ da guida, in una realtà che sembra essersi complicata troppo. E’ un’esperienza umana da condividere. Il Piero-poeta-maledetto quasi si confessa: ci offre parti di sé, quasi insospettate, che stridono con le etichette appioppate, a casaccio, dai media.

Il tema piratesco diventa picaresco e si prosegue, come in un libro di avventure.

E così, io stessa ricordo, nei primi anni ’90, le etichette appioppate a me, che lo seguivo, ne compravo gli album e citavo i suoi brani… Mi ricordo che, una volta, alcuni bigotti mi dissero che le canzoni di Piero, ascoltate al

Piero non delude. E’ un artista mai pago. Sempre in movimento.

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Contrariamente a quanto faccio di solito, non voglio darvi nessun indizio preciso, nessuna mappa del tesoro! Procedete voi stessi, a piccoli passi, step by step, e vi ritroverete nel fantasmagorico, complesso, ma entusiasmante mondo di Piero. Riderete, vi commuoverete: ritroverete, persino, tanto di voi stessi…

Vi ritroverete al centro di un sogno. Buona lettura e… BUONE FESTE FELICI. GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

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riflessioni

Violenza di genere cosa fare? di Alberto Volpe

Non poteva rimanere estraneo al “servizio” informativo e culturale della Testata che mensilmente ci ospita , la tematica che abbiam scelto come Nota e riflessione. Non solo la casuale cadenza annuale ci spinge ad affrontare l’argomento, ma è ormai la sua riconosciuta portata sociale, ineludibile per i suoi riflessi comportamentali che appunto la Giornata contro la violenza sulle donne ha ad ogni livello di Comunità umana. E che il fenomeno vada sempre più connotandosi come una vera e propria “emergenza sociale”, non lo dicono solo i numeri degli accadimenti e tragici fatti di cronaca. Certo, i dati statistici della frequenza quotidiana piuttosto che annuale, sono ampiamente motivo e materia di analisi di studiosi del settore. Di esso fenomeno, infatti, vedono occuparsi psicologi, psicoterapeuti, sociologi ed economisti. Sono questi, del resto, gli ambiti culturali ed operativi che in misura diversa vengono ad essere toccati dal fenomeno dei femminicidi. Panchine rosse, o scalinate occupate da scarpe con tacchi a spillo rosse, sono ormai un simbolo forse anche superato o da superare della “Giornata” che vuole ricordare le tante donne-oggetto sacrificate dalla violenza maschile. Alternativamente a quella simbologia, sarebbe forse meglio e più produttivo ed edificante che tutte le giornate fossero vissute per indignarsi contro le ingiustizie e a favore di ciò che è giusto festeggiare. Certo, anche quella del 25 Novembre deve poter servire a tener desta la mente ad un ricordo che sia di aiuto soprattutto nelle Scuole, proprio là dove si struttura una mentalità. E’ lì che bisognerebbe lavorare (magari con un insegnamento rivisitato ragionevolmente della famosa ora di Educazione civica) perché si riesca ad incidere nei processi formativi e culturali in divenire. Questo perché un femmincidio sempre più di frequente coinvolge traumaticamente i figli. Si “uccide” una donna anche quando ne hai ucciso il figlio, come nell’ultimo caso di Sassuolo. Né la violenza si vince solo con la rabbia, pure naturale come reazione. Un valido aiuto per le donne, vittime del poliedrico panorama di violenze, possono darlo quelle tante forme associative di genere che si pongono in atteggiamento di professionale e tecnico “ascolto”, per poterne incanalare la reazione con la indicazione appropriata verso le istituzioni sempre più motivate ad intervenire nel non lasciare esposta la vitLamezia e non solo

tima a rimanere bersaglio del folle o lucido gesto dell’apparente ma altrettanto significativo atteggiamento di gelosia. Bisognerebbe, preliminarmente ed essenzialmente, spingere a superare i retaggi culturali e religiosi, esistenti al di là di ogni ragionevole confine, geografico od economico. Lavorare per superare questo gap culturale, intervenendo per dare “risposte” di soccorso in termini di uguaglianza lavorativa dignitosa, non meno che in termini di giustizia preventiva ragionevole e concreta. Ma in siffatto scenario di “risanamento” culturale è lo stesso genere femminile che deve trovare le energie proprie per aiutare l’altra metà del cielo a non farsi giustiziere facile della debolezza di genere. Un buon esame di coscienza circa una sorta di ambizione smodata cercata e da conquistare libertariamente nella esclusiva “immagine” esteriore e ad ogni costo o “prezzo”, ciò non aiuta alla affermazione della donna come persona accanto al proprio uomo-compagno. Da qui la necessità di “fare rete” di soccorso, non senza una riconsiderazione da parte dei social e media in genere, specie di quelle televisive non raramente morbosamente tese a sviscerare fatti di cronaca di quella natura. Insomma, la strada è tortuosa e lunga perché si intraveda una sinergia tra la Società educante e uno Stato vigilante con mirata legiferazione. Ma vogliamo sperare che cortei e dibattiti “di giornata” servano a muovere le coscienze verso un reciproco rispetto.

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riflettendo

La storia legale dell’ora legale di Pierluigi Mascaro

L’ultimo weekend di ottobre abbiamo spostato le lancette dell’orologio per tornare all’ora solare e può essere stata l’ultima volta, essendo venuto meno l’obbligo a livello europeo, anche se l’Italia non ha ancora deciso cosa fare. Ma quando e come è nata l’ora legale? La misurazione del tempo per come la usiamo noi è nata meno di due secoli fa, prima erano sufficienti clessidre e meridiane. Per parlare di ora legale, bisogna risalire all’unificazione degli orari a livello nazionale e mondiale: fino a metà dell’800, si usava il riferimento al sole e si applicava l’ora locale, col risultato che, a seconda della latitudine delle differenti città, si avevano orari differenti. Del resto i sistemi di trasporto e di comunicazione erano così lenti che non si poneva il problema di un orario preciso di collegamento tra i diversi luoghi. E’ stata la rivoluzione industriale e la diffusione di telegrafi e treni a creare un problema di unificazione degli orari. Così a metà ‘800 venne introdotta un’ora “ferroviaria” per gli orari dei treni, corrispondente all’ora della città principale da cui si diramava la linea. Gli studi geografici iniziarono a prestare attenzione a latitudini e longitudini, e si pensò così di stabilire il sistema dei fusi orari, che ebbe le prime applicazioni a metà del secolo e fu codificato per la prima volta, a livello mondiale, dalla Conferenza internazionale dei meridiani di Washington dell’ottobre 1884. In Italia, la regolazione degli orari iniziò con il Regio Decreto 22 settembre 1866, n. 3224 che stabiliva, per la Penisola, tre fusi orari, uno per Roma ed altri due differenti per Sicilia e Sardegna. L’orario unico arrivò con il regio decreto 10 agosto 1893, n. 490, sempre a fini ferroviari. Nel frattempo, s’iniziava a parlare anche di ora legale, essenzialmente per risparmiare combustibili. Si narra che il primo a parlarne fu Benjamin Franklin, noto come il padre fondatore degli Stati uniti, il quale, per risparmiare sulla spesa in candele, ebbe l’idea di obbligare la popolazione ad alzarsi ad orari più mattinieri, esercitando varie forme di pressione, quali la tassazione delle persiane, il razionamento delle candele, il divieto di circolazione notturna ed una sveglia rumorosa all’alba. L’idea venne ripresa più volte fino a che il costruttore britannico William Willet, nel quapag. 22

dro delle esigenze economiche create dal primo conflitto mondiale, la perseguì fortemente. Nel 1916 la Camera dei Comuni adottò il British Summer Time, che implicava lo spostamento delle lancette un’ora in avanti durante l’estate; molti paesi imitarono il Regno Unito, in quanto in tempo di guerra il risparmio energetico era una priorità. Anche l’Italia si adeguò con il Decreto Luogotenenziale 25 maggio 1916, n. 631 nel quale, al fine di economizzare quanto più possibile sul consumo di combustibili per l’illuminazione artificiale, si prevedeva l’anticipazione, dalla mezzanotte del 3 giugno 1916, dell’ora legale di 60 minuti. Alla fine della guerra l’ora legale venne abolita, per poi tornare con la Seconda guerra mondiale, dal 14 giugno 1940 fino al 2 novembre 1942: così per due anni e mezzo l’Italia ebbe soltanto l’ora legale. Con la fine della guerra la confusione aumentò e nel 1944 l’ora legale fu in vigore, dal 3 aprile al 17 settembre, solo nei territori della Repubblica sociale e non in quelli del Sud. In epoca repubblicana, dal 1948 l’ora legale non venne più utilizzata, per essere definitivamente reintrodotta nel 1966, con la legge n. 503 del 1965, in periodo di crisi energetica; essa durava quattro mesi, dall’ultima domenica di maggio all’ultima di settembre. Tale durata fu estesa a sei mesi nel 1980, anticipandone l’inizio alla prima domenica di aprile e poi, dal 1981, all’ultima di marzo (d.l. n. 270 del 1980). Un ulteriore prolungamento di un mese è stato introdotto nel 1996, insieme al resto d’Europa, quando la fine fu spostata all’ultima domenica di ottobre. Poi l’ora legale è stata disciplinata dall’Unione europea e recepita in tutti gli Stati (direttiva 2000/84/CE), attuata in Italia con la legge 4 giugno 2010, n. 96. Tuttavia, negli ultimi anni, i paesi del Nord Europa hanno iniziato a dissentire, perché con l’ora legale hanno troppa luce fino a tarda sera. Così, nel 2019, il Parlamento UE ha adottato una decisione di compromesso, assegnando due anni agli Stati per decidere definitivamente se tenere o cancellare l’ora legale. Per ora ha deciso in senso negativo solo la Francia, assieme ai paesi del nord Europa; si attende la decisione dell’Italia

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associazionismo

AGESCI Zona del Reventino Educare oggi, per costruire il domani

L’agesci Zona del Reventino si è ritrovata nella giornata di ieri, 14 novembre, per vivere la consueta assemblea di zona autunnale, a cui hanno partecipato tutti gli 11 gruppi del comprensorio lametino. L’incontro è stato un intenso momento di confronto e di arricchimento per i capi sul tema “Educare oggi, per costruire il domani”, al fine di individuare come agenzia educativa azioni concrete affinché i giovani si sentano responsabili, protagonisti e partecipi di una visione del futuro concreta, innovativa e sostenibile, soprattutto in un momento in cui gli effetti della pandemia hanno messo a nudo criticità, vulnerabilità e sofferenze latenti, tanto degli adulti quanto dei giovani. La giornata è iniziata con un momento di preghiera presentato dall’assistente ecclesiastico di zona Padre Vincenzo Arzente il quale ha sollecitato i presenti sulla bellezza del creato con la lettura del Cantico delle creature (Laudes Creaturarum) di San Francesco e del brano della Genesi (1,26-31) concludendo con la meditazione sul significato della promessa scout e sull’impegno di fedeltà e dello spirito di servizio. I lavori assembleari sono proseguiti ponendo l’attenzione su quale sia il ruolo oggi dell’educatore volontario che si pone in ascolto delle esigenze dei ragazzi e del territorio in cui si svolge l’azione educativa. Significativo il passaggio della Capo Guida d’Italia, Daniela Ferrara, per la prima volta in Calabria, sulle strategie nazionali di intervento, ovvero sugli gli ambiti, valori o idee che l’associazione considera importanti, per dare risposta alle esigenze educative che emergono dall’osservazione del contesto sociale in si trova ad operare l’associazione. A più riprese ha ribadito che l’azione educativa deve essere il principale strumento di cambiamento, in quanto educare è speranza, è futuro, è soprattutto trasformare, è prendersi cura delle generazioni, facendogli vivere esperienze, accompagnandoli e convocandoli a grandi responsabilità per far sentire la loro voce e far riscoprire il loro valore attraverso forme autentiche di partecipazione. Il futuro dell’Associazione, ha ribadito ancora la capo Guida, ha bisogno di una direzione strategica, di un’azione educativa che consenta a capi educatori e a ragazzi di immergersi nel Creato, di crescere con l’obiettivo di essere cittadini attivi e di curare relazioni

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autentiche. E sul punto il consiglio generale dell’associazione ha elaborato il documento “LA SFIDA DI EDUCARE, OGGI. Crescere in un mondo sostenibile, giusto, solidale, aperto alla speranza”, nel quale si ribadisce con forza che il metodo scout, attraverso il gioco, la vita all’aperto e la dimensione comunitaria può dare una risposta adeguata ai bisogni di oggi. “L’esperienza educativa deve insegnare la fatica e la coerenza da vivere con gioia, spirito di avventura e di servizio, così che ogni ragazzo cresca diventando responsabile non solo di se stesso, ma anche della crescita e della felicità degli altri.” A concludere i lavori l’intervento della dott. Maria Rosaria Agresta, psicologa psicoterapeuta sistemico relazionale, che ha posto l’accento scientifico sulle relazioni sociali dei ragazzi e degli adulti ai tempi del covid, sulla confusione generale, sul disorientamento (caregivers), sul senso di inadeguatezza e di preoccupazione che ha prodotto questo lungo periodo pandemico. In particolare i disagi più ricorrenti negli adolescenti, sono stati individuati nei sintomi legati all’ansia, ai bassi livelli di ottimismo, soprattutto relativi alla dimensione temporale del futuro (scarse aspettative), all’aumento del tempo trascorso sui social/rete, alla riduzione dell’attività fisica e all’aumento dei casi di sovrappeso/obesità e soprattutto al disinteresse per lo studio e al senso di impotenza legato al timore della morte. Lo scautismo può rappresentare in questo paradigma un progetto di crescita globale e di conoscenza di se stesso e dell’altro (formazione fisica, morale e spirituale) in grado di offrire alle bambine/i e adolescenti luoghi fisici e occasioni per confrontarsi, dialogare, costruire, immaginare il loro presente e il loro futuro. Di grande stimolo, infine, l’intervento video dell’amatissimo prof. Roberto Vecchioni <<…prima di tutto credere a quei valori a cui non possiamo mai rinunciare: amare gli altri, non rinunciare mai alle proprie idee davanti agli ostacoli, non abbattersi mai; per un educatore la cosa più importante non è mettere le cose in testa ai ragazzi…ma è tirar fuori dai ragazzi quello che hanno in testa e hanno nel cuore per tenerli vicini alla vita e capire veramente come sono fatti…gli scouts vanno in questa direzione perché il loro obiettivo è l’amore verso gli altri>>.

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QuestoMondodiMax

Max e i suoi inseparabili Ciuk, Ciarlino e Gustavo

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di Massimo Striglia

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