lameziaenonsolomaggio2021 Padre Vercillo

Page 1



Fermenti Filosofici

di Filippo D’Andrea

Dopo trent’anni dalla sua morte pubblico questo libro dal titolo “Padre Giovanni Vercillo. Sorriso di Dio. Giovani, Carità, Mistero” per i tipi di Graficheditore di Lamezia Terme, come gesto di affetto personale e di gratitudine per quello che questo splendido religioso ha donato alla vita di tanti. Su di lui si ritrovano differenti letture, ognuno lo ha visto in modo differente, ma queste diversità si possono cogliere in un’armonia unitaria che riesce a far vedere il suo volto in tutta la sua verità e compiutezza. Padre Giovanni Vercillo è nato a Arcavacata in Calabria il 1944 ed è deceduto a Paola il 1990, a soli 47 anni per tumore. Frate di san Francesco di Paola, un sognatore di Dio, educatore dei giovani, missionario tra i poveri e gli emarginati sociali, poeta. In questo volume vi sono testimonianze che gettano mille luci sulla sua personalità. Sono di giovani cresciuti sotto la sua guida formativa e spirituale, adesso sacerdoti, padri di famiglia, professionisti; sono di suore che hanno collaborato con la sua pastorale giovanile o con la missione nelle frazioni di montagna, oppure che lo hanno portato nella missione africana dove è rimasta una sua indelebile traccia di solidarietà. Dunque, diversi sono i modi di comprende-

Lamezia e non solo

re la figura di padre Giovanni: alcuni autori dei ricordi hanno scritto nella spontaneità ed immediatezza, altri con un taglio più ecclesiale, altri ancora hanno colto il suo accompagnamento educativo alla luce della loro consacrazione; le suore lo hanno visto come un religioso autentico, un sacerdote secondo gli orientamenti del Concilio Vaticano II. Tutti hanno visto in lui un Sognatore, cogli occhi colmi di fiducia in un mondo migliore, di speranza evangelica, di desiderio di vedere una chiesa più umana, più povera e vicina ai poveri. In questo orizzonte si comprende perché la poesia aveva per padre Giovanni un posto importante, anzi era lui stesso poeta. Mi è rimasto impresso quando andammo insieme ad una lezione all’università di Messina della poetessa Maria Luisa Spaziani. Prendemmo il treno, attraversammo lo Stretto ed arrivati all’università cercammo la sede del convegno. Ci sedemmo in aula con i banchi di legno ed in pendenza verso la cattedra. Ascoltammo come se bevessimo da un boccale stracolmo di sentimenti. Il ritorno non fu molto loquace, come se fossimo stati avvolti da dolce tepore. Maria Luisa Spaziani ci lesse le poesie dall’Utilità della memoria del 1966 al

Transito con catene del 1977, a Poesie del 1979 alla Geometria del disordine del 1981 con cui vinse il Premio Viareggio. Scrive nella sua prefazione al volume il prof. Sergio Tanzarella della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale e della Pontificia Università Gregoriana, nonché presidente emerito dell’Istituto di Storia del Cristianesimo: “Una lezione di autentica povertà e di impegno pastorale che in questo libro – del professore Filippo D’Andrea, insigne intellettuale del nostro comune Mezzogiorno e del quale ho l’onore di essere collega ed amico - ci viene restituita nella sua umilissima grandezza. Davvero chi leggerà queste pagine potrà constatare, non senza emozione, come ciò che di bene è compiuto nella vita possieda questa inattesa capacità di permanere nel mondo al di là della morte- Infatti, le testimonianze raccolte in queste pagine non sono soltanto l’espressione di una pur bella gratitudine … ma convergono sulla constatazione di quanto il bene ricevuto riemerga nel presente di ciascuno, di quanto ognuno si senta a lui debitore, a distanza di decenni, di ciò che - anche grazie a lui - egli oggi è”. Un sorriso, quello di padre Giovanni, nutrito da quella santa inquietudine, di evocazione agostiniane, di un uomo dal cuore in

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 3


ricerca che “non si accontenta delle cose abituali di questo mondo, ma segue l’inquietudine del cuore che lo spinge ad avvicinarsi interiormente sempre di più a Dio, a cercare il suo Volto, a conoscerLo sempre di più, per poterLo amare sempre di più” (Benedetto XVI, Omelia dell’Epifania, 6 gennaio 2012). Padre Giovanni era un orante inquieto nel cercare Dio, così come il cuore di Dio è inquieto per cercare l’uomo, per cercare tutti gli uomini. “Dio è inquieto verso di noi, - dice Benedetto XVI - è in ricerca di persone che si lasciano contagiare dalla sua inquietudine, dalla sua passione per noi. Persone che portano in sé la ricerca che è nel loro cuore e, al contempo, si lasciano toccare nel cuore dalla ricerca di Dio verso noi (Ibidem). Mi piace ricordare quello che testimonia il fratello Paolo quando padre Giovanni ripeteva nei momenti di maggiore sofferenza: “Signore ti ringrazio, la tua volontà è la mia gioia”. Questo era padre Giovanni Vercillo, un uomo, un frate, un sacerdote che si è lasciato contagiare dall’inquietudine di Dio, che si

le venne presa da padre Giovanni Cozzolino, religioso altrettanto carismatico, che per oltre 18 anni curò la formazione cristiana e guidò l’esperienza parrocchiale di tantissimi giovani, sforzandosi di proseguire sulla linea del suo predecessore e tenendo sempre vivo il carisma di san Francesco di Paola nella crescita spirituale di tantissimi giovani. Il prof. Sergio Tanzarella, fraterno amico e studioso di riferimento, per i cristiani e non, mi ha fatto dono della sua preziosa prefazione, cogliendo significati illuminanti della figura di padre Giovanni Vercillo , contribuendo decisamente a restituirci una sua più amplia e profonda conoscenza. “L’invito di Filippo D’Andrea - scrive Sergio Tanzarella nella prefazione - un invito coraggioso e prezioso ad un tempo, … ha il merito di rinnovare per ritrovare anche noi il coraggio di un cristianesimo come quello di padre Giovanni Vercillo”. Ringrazio padre Vincenzo Arzente per aver elaborato lo schema biografico ed avermi fornito i documenti e col quale mi sono con-

è lasciato toccare nel cuore dalla ricerca di Dio per ogni uomo, a cominciare dal più piccolo. E lo voglio immaginare con sulla spalla a tracollo quella chitarra rossa su cui sono scritti tutti i nostri sogni in un unico infinito Sogno dentro il suo sorriso, sorriso di Dio. Dopo la sua prematura dipartita dissi dentro di me che avrei custodito il ricordo di padre Giovanni come ricchezza spirituale, come un dono preziosissimo di Dio, e con la pubblicazione di questo libro dopo 30 anni dal suo approdo in cielo ho voluto donare il frutto di questo patrimonio e rendere il servizio della memoria che costruisce storia di futuro, un Mondo Migliore nel Sogno di padre Giovanni Vercillo. La consegna del lavoro di pastorale giovani-

frontato, insieme a padre Giovanni Sposato, sul titolo del libro come sintesi della vita di padre Giovanni Vercillo; ringrazio Edmondo Liparota per le registrazioni radiofoniche ed alcune foto; Giuseppe Ruberto per il materiale che ha conservato affettuosamente sull’incontro su padre Giovanni Vercillo e la sua eredità testimoniale che facemmo come suoi figli spirituali a Longobardi il 29 settembre 1991, meno di un anno dopo la sua morte; ringrazio suor Caterina Dolci che ha coordinato le testimonianze delle sue consorelle; ringrazio gli autori delle testimonianze che si sono rivelate preziosissime per disegnare questa splendida figura di uomo, educatore, religioso e sacerdote. Un particolare ringraziamento al chiarissimo prof. Sergio Tan-

pag. 4

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


l’angolo di tommaso

La Resurrezione

di Tommaso Cozzitorto

La Resurrezione di Piero della Francesca, databile al 1450/1463 e conservato nel Museo Civico di Sansepolcro, ci presenta, nella sua composizione, un percorso di Spiritualità sempre attuale nel cammino di ricerca degli esseri umani nel corso della Storia, attualizzabile anche, logicamente, ai nostri giorni. Il Cristo risorto è maestosamente divino, vittorioso, trionfante, ma nel suo sguardo conserva il sacrificio e il dolore appena trascorso e la responsabilità traslabile nel futuro sulla complessità esistenziale di tutta l'umanità nel tortuoso e contrastato viaggio tra il bene e il male per il raggiungimento di una vita sorretta dalla Fede. A riguardo significative sono anche le tre ferite sul costato, sulla mano e sul piede, proprio a rinforzare il potente messaggio cristiano. Il paesaggio sullo sfondo costituisce la connotazione realistica del fatto accaduto con elementi dai colori neutri o naturali che sembra potrebbero essere ricolorati o zarella, fraterno amico e studioso di riferimento, per i cristiani e non, per avermi fatto dono della sua preziosa prefazione, cogliendo significati illuminanti della figura di padre Giovanni Vercillo , contribuendo decisamente a restituirci una sua più amplia e profonda conoscenza. Infine, un ringraziamento, per la dedizione e la sintonia editoriale, alla dott.ssa Nella Fragale ed a tutta la sua famiglia impegnata da oltre mezzo secolo nella loro storica tipografia e nella recente casa editrice, ma già affermata ed apprezzata in tutta la regione, nel Sud e non solo. La collana “Clio. L’arte del pensare. Filosofia e Teologia”. Questo libro inaugura la collana “Clio. L’arte del pensare. Filosofia e Teologia” diretta dal sottoscritto e col fine di accogliere e stimolare la pubblicazione di lavori di studio e ricerca su questi due campi così necessari per la crescita dell’uomo, del suo intelletto, della sua coscienza, della sua integrale esistenza. Aristotele dice cosa fondamentali sulla Lamezia e non solo

riempiti dagli innumerevoli paesaggi sparsi nelle latitudini terrestri. Nella parte inferiore dell'affresco i soldati dormienti rappresentano una umanità che non riesce a "vedere" il grande mistero di Cristo, addormentata nel senso di occhi bendati, di coscienza assopita, di inerzia nel recepire il messaggio di amore universale e risvegliarsi dall'egoismo individualistico e dalla meschinità. Ciò che lega e dona speranza di Resurrezione è l'uso del colore sulle vesti, il rosa del Cristo si armonizza con i colori più accesi delle vesti dei soldati, e ancora i colori più forti e terreni dovrebbero ascendere verso la tonalità più tenue del mantello di Gesù. L'opera di Piero della Francesca infonde un senso di potenza e di calore, di certezza anelante, rappresenta una mirabile sintesi del messaggio cristiano, cielo e terra sono in contrasto solo per gli esseri umani non per il Cristo, il quale invita tutti a superare tale contrasto al fine di partecipare al Suo Trionfo.

Filosofia: “E’ a causa del sentimento della meraviglia che gli uomini ora, come al principio, cominciano a filosofare. La filosofia non serve a nulla, dirai; ma proprio perché essa è priva di legame di servitù è il sapere più nobile” (Metafisica, A, 2, 982b Invece, Platone nella sua opera “Repubblica” crea la parola Teologia mettendola in bocca a Adimanto: “… ma tali direttive inerenti alla teologia quali potrebbero essere?». E offre la sua prima definizione, la più essenziale, nella risposta di Socrate: “… come Dio si trova ad essere, così andrebbe sempre raffigurato …” (Repubblica, II, 379/A). Naturalmente, in quanto Filosofo consulente (Counselor Filosofico), si coglie il valore dei testi di pratica filosofica, sia teoretici che esperienziali, che mirano a creare cammini di consapevolezza, di chiarimento esistenziale, attraverso un dialogo di profondità sul modo di intendere e vivere, fino a divenire terapia, cura interiore di sé, ripensamento del proprio stile di

vita. Questa filosofia della cura costruisce e propone relazionalità a sostegno di persone in periodi complicati e complessi della propria esistenza, mediante uno stile di accompagnamento riflessivo ed autocritico sui convincimenti personali e sui contenuti valoriali, per favorire il superamento di nodi problematici, di smarrimento o di sofferenza interiore. La filosofia terapeutica o di discernimento esistenziale - che si distingue dalla neurologia e psichiatria, ma anche dalla psicanalisi e psicoterapia, giacché non affronta alcuna patologia - consente l’autodeterminazione e l’ottimizzazione delle risorse personali, la costruzione del benessere olistico, nel senso di ordinare le vele per essere in grado di governare i venti del quotidiano e divenire consapevole guida di se stessi. Naturalmente, la filosofia attraversa la teologia in un abbraccio di reciprocità tra distinti, anche nell’orizzonte del discernimento del pensare per l’armonia serena della vita ed il bene autentico della persona umana.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 5


lameziaeuropaspa

Progetto Waterfront e Porto Turistico:

Sopralluogo con Assessore Regione Calabria Gianluca Gallo e visita Consorzio Ortofrutticolo Coppi.

di Tullio Rispoli

Proseguono le attività operative riguardanti il Progetto Waterfront e nuovo Porto Turistico promosso da Lameziaeuropa. Su invito del Presidente della Lameziaeuropa spa Leopoldo Chieffallo si è svolto un sopralluogo operativo nell’area industriale di Lamezia Terme alla presenza dell’Assessore Regionale alle Politiche Agricole e Sviluppo Agroalimentare Gianluca Gallo. In particolare il Presidente Chieffallo ed il Dirigente della Lameziaeuropa Tullio Rispoli hanno illustrato all’Assessore Gallo le iniziative promosse dalla società e nel corso del sopralluogo si è fatto tappa nell’area su cui si svilupperà il progetto del porto turistico, che verrà realizzato da investitori internazionali con risorse finanziarie totalmente private, attualmente in fase di valutazione da parte del Comune di Lamezia Terme ai fini dell’avvio della prevista procedura di evidenza pubblica, nel lotto destinato alla realizzazione di Agriexpo i cui lavori sono stati già avviati e nel Centro Servizi per le Imprese già completato ed in fase di collaudo. L’Assessore Regionale Gallo ha evidenziato l’importanza dell’area di Lamezia Terme ai fini del complessivo sviluppo produttivo regionale in considerazione del nodo intermodale già esistente ed in fase di ulteriore potenziamento. Ha ribadito il suo impegno a portare avanti, insieme agli assessori regionali competenti Fausto Orsomarso e Domenica Catalfamo, il progetto del waterfront e del porto turistico

pag. 6

sulla base delle linee guida tracciate dal Protocollo d’Intesa sottoscritto nel 2019. Progetto che rappresenta una opportunità di sviluppo per l’intera Calabria per la possibilità di aree a disposizione (oltre 200 ettari), la prossimità dell’aeroporto internazionale, la vicinanza alle Isole Eolie ed il posizionamento dell’area sulla rotta tirrenica strategica per l’area del Mediterraneo. Ha sottolineato inoltre l’impegno della Regione per realizzare nell’area, presso la Fondazione Terina, il Centro di ricerca Internazionale della Fondazione Renato Dulbecco promosso dal Professore Giuseppe Nisticò e per rendere operativa a favore delle imprese insediate la ZES Calabria. L’importanza della Piana di Lamezia ai fini dello sviluppo agroalimentare della Calabria e le recenti attività promosse in questo settore anche a livello nazionale per sostenere nuove e mirate politiche di sviluppo sono state evidenziate dall’Assessore Gallo nel corso della visita al Consorzio Ortofrutticolo Coppi situato nella zona di San Pietro Lametino effettuata alla presenza del Presidente Pier Luigi Taccone, del Consigliere Massimiliano Serianni e del Direttore Sebastiano Currado. L’OP COPPI, organizzazione di produttori ortofrutticoli ed agrumari, opera a livello nazionale ed è azienda leader in Calabria nella produzione e commercializzazione di agrumi, fragole ed ortaggi.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


religione

La Pasqua ci interpella su che cosa vuol dire essere cristiani Don Antonio Fiozzo Nonostante siano passati oltre duemila anni di storia, Gesù non è conosciuto, proprio Lui che è il Verbo Incarnato, è la Seconda Persona della Santissima Trinità che ha assunto un corpo umano dalla Vergine Maria; Lui che è il Figlio di Dio fatto uomo per rivelare Dio e il suo amore salvifico per ogni uomo fino a morire in croce e risorge glorioso dopo tre giorni, cioè nel giorno di Pasqua. Per tutti i cristiani la Pasqua di Gesù è l’avvenimento degli avvenimenti che ha mutato la storia dell’umanità: Cristo risorto da morte con il suo corpo, da allora reso immortale, segna l’inizio di una nuova creazione per l’intera umanità. Questa verità di fede - insieme alle altre quali la Trinità e l’incarnazione - accumuna tutte le confessioni cristiane che accolgono la Scrittura per vivere in maniera ecumenica il loro credo, pur nel rispetto delle diversità e, se possibile, a celebrare nello stesso tempo i misteri della fede. In queste verità di fede però non credono i Testimoni di Geova, ecco perché non possono celebrare la Pasqua cristiana. Ed è per questo che non si può ritenerli una “confessione cristiana”, innanzitutto perché la loro interpretazione delle Scritture contratta fortemente con gli elementi dottrinali fondamentali del cristianesimo: negano la dottrina della Trinità, Gesù - poi - è “Figlio di Dio” ma è stato creato, non generato. Sarebbe esistito nel cielo come prima creatura del Padre, prima di nascere come uomo. Non sarebbe risorto con il suo corpo terreno, ma avrebbe assunto un “corpo spirituale” in cieLamezia e non solo

lo. I Testimoni di Geova, dunque, non possano definirsi una “confessione cristiana”, sebbene predichino in base alle loro pseudo-scritture, spesso interpretate in maniera fondamentalista, e forse si farebbe torto al loro credo se si volesse integrarli in una visione di fede che non appartiene loro. Ad ogni modo la Pasqua per i cristiani celebra la morte e la risurrezione di Gesù, momento culminante in cui si operò la salvezza dell’umanità. La Pasqua, pertanto, ci pone davanti al mistero del grande amore, con cui Dio ci ha amati in Cristo Gesù: non a parole soltanto, ma col dono effettivo del Figlio suo (cf. Gv 3,16) che da Risorto ha effuso lo Spirito Santo per un Battesimo di rigenerazione a vita nuova. In virtù di tale battesimo tutti i cristiani

sono stati “… sepolti insieme a Lui Gesù- nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova” (Rm 6,4); poiché: “Se siamo stati completamente uniti a Lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua risurrezione” (Rm 6,5); poiché crediamo: che “se siamo morti con Cristo... anche vivremo con lui” (Rm 6,8); e poiché crediamo che “Cristo risuscitato dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di

Lui” (Rm 6,9). La Pasqua, l’ora della vittoria di Cristo sulla morte, è l’ora più grande della storia e ci costringe a riflettere su che cosa vuol dire essere cristiani. San Paolo definisce coloro che credono in Gesù Risorto e hanno ricevuto il suo Santo Spirito - divenendo corpo mistico di Cristo - “l’edificio di Dio” (cfr. 1Cor 3,9b). Tale immagine esprime la stessa verità circa il nostro legame organico con Cristo, come “fondamento” di tutta la vita spirituale: “Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo” (1Cor 3,11). Così scrive l’apostolo Paolo nella prima lettera ai Corinzi, e in seguito pone ai destinatari della sua lettera - ed anche a noi! - la seguente domanda: “Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi”? (1Cor 3,16). Ed aggiunge ancora (sono parole forti, in un certo senso anche severe e minacciose): “Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui” (1Cor 3,17). Per concludere poi: “Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi” (1Cor 3,17). Spetta ad ogni credente cristiano esprimere tale sua verità con l’esempio, la vita e l’impegno da vivere nella comunità di appartenenza, armoniosamente compaginata nella carità e dinamicamente protesa verso gli altri nel desiderio di far parte a tutti della gioia che viene dall’aver scoperto ciò che Cristo Risorto ha fatto di ogni suo credente: “Io mi sono scelto ed ho santificato questo tempio perché la mia presenza vi resti sempre” (2Cr 7,16). Santa Pasqua di risurrezione.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 7


la scuola

di Michela Cimmino

IL VACCINO CI SALVERA’ ... MA ANCHE DANTE

Erano gli anni settanta, più precisamente la primavera del ‘71, non proprio ieri. L’esame di filosofia teoretica, col prof. Petruzzellis alla Federico II di Napoli, era il mio incubo notturno ma anche il piacere della scoperta del pensiero più profondo e emozionante, pur nella difficile comprensione, ancora oggi lettura del mondo e dell’umano di ogni tempo e ogni luogo . Non so, per quanto mi sforzi di ricordare, come nel corso del colloquio col prof mi venne di usare il verbo “servire”, non riferendomi certo né alla metafisica, ontologia, teleologia e quant’altro . Non l’avessi mai fatto! Mi sarei giocata l’esame se non avessi avuto la prontezza di dire: “la filosofia a nulla serve, proprio perché priva del legame di servitù è il sapere più nobile» [Met, I, 2, 982b], dal primo libro della Metafisica Aristotele. Quante volte le mie studentesse - uso il plurale femminile perché erano sempre più numerose - ad inizio corso mi rivolgevano la stessa domanda, e io davo la stessa risposta. Ancora oggi, spesso in quel luogo del cuore che è la scuola, sentiamo l’eco di domande simili; “Che me ne faccio di Dante?” E, allora, cercheremo qui di dare possibili risposte. La filosofia, la letteratura “servono” per una imprescindibile condizione umana che è data da un’attenta educazione sentimentale. Sono discipline che riescono a trasmettere risonanza emotiva da cui, appunto, si apprende il sentimento, conquista fondamentale dell’uomo, qualcosa che non abbiamo come dote naturale ma come evento culturale. A tal fine ho sempre privilegiato dare spazio, come bagaglio formativo, conoscitivo e sentimentale, alle narrazioni mitiche, sia come scavo archeologico della nostra magnogrecità, sia come incipit al logos e, in special modo, come percorso per riscoprire sentimenti umani e passioni, da sempag. 8

pre uguali agli uomini di ogni tempo, per un viatico alla ricerca dei sentimenti perduti... A cosa serve la filosofia, a cosa serve la letteratura, e di Dante che m’importa? Sono, altresì, dono inestimabile del nostro grande patrimonio culturale, colmano il gap di un’umanità che ha perso l’umano, sono la meraviglia e lo stupore che tornano a colpire le nostre sinapsi e si trasformano in emozioni e sentimenti: amore, gioia, speranza ma anche disperazione, dolore, angoscia, paura, noia. Solo se siamo in grado di riconoscerli, li affronteremo con consapevolezza e coraggio, daremo senso, ristoro e crescita alle nostre vite. Solo qualche terzina. Dall’ incontro col maestro Brunetto Latini Se tu segui tua stella non puoi fallire a glorioso porto se ben mi accorsi nella vita bella Il maestro riconosce il discepolo e, con meraviglia di entrambi, si materializza ancora quella magia tra maestro e discepolo che tocca mente e cuore; una relazione che nasce quando a condurre l ‘incontro è l’amore che dal maestro trasuda per la disciplina che insegna, quella strada che indaga e scopre talenti per essere eterni, per fare cose grandi nella vita, che scopre l’ unicità di ogni singolo non nell’aldilà,

ma hinc et nunc. E, ancora, la “nobilitate” della lingua volgare, della lingua materna, di valore aggiunto agli idiomi di ogni territorio del Paese, di cui abbiamo esempi e opere di sicuro impatto emozionale e memorativo. E il suo messaggio alle donne, ancor di più nei passaggi più intensi e tragici con le due protagoniste, Francesca da Rimini e Pia dei Tolomei, uccise da chi diceva di amarle. Una pietas espressa con terzine immortali, manifesto contro i femminicidi , che il “ sommo poeta” , “immenso uomo”, lascia quale consegna ai posteri . Amor, ch’a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte, che, come vedi, ancor non m’abbandona. Amor condusse noi ad una morte. Caina attende chi a vita ci spense. La pietas per Francesca, le sue parole immortali, il controcanto di Paolo , dolcissime ed eterne. Sentenza dura per Gianciotto Malatesta , atteso nel girone dei caini. E: Ricorditi di me, che son la Pia; Siena mi fé, disfecemi Maremma: salsi colui che ‘nnanellata pria disposando m’avea con la sua gemma. A parlare è Pia dei Tolomei, uccisa dal marito che la fece precipitare dal balcone del suo castello della Pietra, in Maremma, presumibilmente punita per infedeltà, secondo altri per volontà di lui di passare a seconde nozze. Francesca, Pia, Piccarda Donati, Costanza d’Altavilla, Matelda, Beatrice... Insieme a Dante, oggi nel Dantedì , festeggiamo le tante donne da lui narrate, ormai eterne. Leggere e commuoversi leggendo Dante ci insegna a vivere, ci dona il viatico per uscire dalle crisi, è una terapia per ogni tempo. Ci salverà il vaccino, ma anche la bellezza... rileggiamo Dante, come fecero nel ‘300 dopo la peste

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


diocesi

Veglia Pasquale. Vescovo Schillaci: “Quanti macigni devono rotolare anche nella nostra vita” comunicato stampa S.

D. (Uff.com.sociali Diocesi Lamezia Terme)

“Da questa notte, in cui contempliamo l’immensità dell’amore di Dio per noi, troviamo il coraggio per vincere la logica del più forte, la logica della violenza, per far vincere sempre più lo spirito della concordia, la fraternità, l’amore. La Resurrezione di Cristo è l’avvenimento alla luce del quale rileggiamo la nostra storia personale e interpretiamo gli avvenimenti della storia. L’annuncio del Cristo Risorto è l’annuncio che l’umanità aspettava da sempre e di cui in questo momento sente il bisogno essenziale”. Così il vescovo di Lamezia Terme Giuseppe Schillaci nella celebrazione della Veglia Pasquale in Cattedrale “Le donne che la mattina di Pasqua arrivano al sepolcro trovano la pietra rotolata benché fosse molto grande. Quanti macigni devono essere fatti rotolare nella nostra vita? – ha proseguito Schillaci – Quanti macigni vanno fatti rotolare nella nostra vita personale, nella nostra comunità, nella vita sociale? Questi macigni devono rotolare anzitutto dal nostro cuore. Quanti macigni devono rotolare in questo tempo difficile per noi tutti! E’ il Cristo Risorto la Parola che libera, che vince la nostra paura e, con la nostra paura, le nostre rigidità. Quante rigidità ci impediscono di camminare e di sintonizzarci. Quante rigidità nel nostro modo di pensare, nei

Lamezia e non solo

nostri schemi. Papa Francesco ci sta esortando a non vivere secondo gli schemi precostituiti del “si è fatto sempre così”. Siamo risorti con Cristo: che cosa significa che Cristo è Risorto se questo avvenimento non investe la nostra vita? Non imbalsamiamo il Signore Gesù secondo certe idee stanche, ripetitive, chiuse. Scopriamo sempre di più il Signore oltre, sempre oltre. Il Risorto non va cercato tra i morti, in una cultura di morte che in un modo nell’altro alberga nel nostro modo di vivere. Egli è il Vivente che ci invia. Siamo chiamati, come ci esorta Papa Francesco, ad essere discepoli missionari. Con la Resurrezione inizia la missione della Chiesa, con la certezza che il Signore ci precede, sta davanti a noi, apre la strada. Come ci esorta Papa Francesco, siamo chiamati a vivere nella Chiesa in una dimensione di apertura. Apertura all’immensità dell’amore di Dio per noi”. Nel corso della celebrazione, i riti che caratterizzano la Veglia che, per la tradizione della Chiesa, è “la madre di tutte le veglie”: la benedizione del fuoco e l’ingresso in Chiesa con il cero pasquale; il canto del preconio pasquale; le letture e la proclamazione del Vangelo della Resurrezione; la benedizione dell’acqua e il rinnovo delle promesse battesimali da parte di tutti i fedeli.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 9


Il nostro territorio

Lamezia Terme: Cinquantatre anni, tra storia e cronaca.

Il ruolo dell’avvocato Arturo Perugini e quello del Vescovo della diocesi di Nicastro, mons. Renato Luisi

di Giuseppe Sestito

(quarta parte)

La prendo alla lontana. Nel 1956 a Nicastro, Sambiase e Sant’Eufemia Lamezia, si tennero le elezioni per il rinnovo dei consigli comunali. In relazione alla tornata elettorale di quattro anni prima, la Democrazia cristiana dei due maggiori centri lametini aveva subito una pesante sconfitta. A Nicastro, il partito dello scudo crociato aveva ottenuto 15 seggi perdendone ben 8 rispetto ai risultati del 1952. Un forte balzo in avanti era stato registrato dal Partito comunista, che era passato da 7 a 12 raddoppiando quasi la sua rappresentanza consiliare. Anche il Partito socialista aveva avuto un buon risultato conquistando 5 seggi; Movimento sociale e Partito monarchico, coalizzati, ne avevano conquistato 4 cosi come una lista civica denominata Spiga. A Sambiase la Dc aveva ottenuto 12 seggi perdendone due rispetto alle elezioni del ‘52. Un apprezzabile risultato era stato raggiunto dalle liste del Msi e del Pmn, anche qui insieme, che avevano ottenuto 8 seggi e dal Psi che ne aveva avuto 6; il Pci con 3 seggi e il Pli con 1 si erano posizionati agli ultimi posti. A Sant’Eufemia Lamezia le elezioni si tenevano con il sistema maggioritario; vinse una lista civica, denominata Campana, che ottenne 12 seggi su 15 ed elesse quale sindaco Domenico Carelli; in seguito ad una specie di ribaltone, una nuova maggioranza lo sostituì con Antonio Scalfaro. La consiliatura, che ebbe inizio a Nicapag. 10

stro cominciò subito a traballare. A stento, nei primi due anni, fu possibile formare due giunte di breve durata, una di seguito all’altra, entrambe guidate dal sindaco Giovanni Cataldi, che amministrò dal 1956 al 1958. Ben presto ci si convinse che con quell’assegnazione numerica dei seggi, fra i vari partiti, non era possibile formare alcuna giunta stabile, per cui il consiglio comunale fu sciolto e vennero nominati due commissari prefettizi: Mario Micale, dal 4 settembre del 1958 al 23 marzo 1959 e, successivamente, Arturo Perugini per poco meno di due anni, dal 24 marzo 1959 al 21 febbraio 1961, data della formazione della giunta comunale che si sarebbe formata in seguito alle elezioni amministrative del 6 novembre 1960.

L’amministrazione commissariale di Perugini si caratterizzò per un ampio programma di lavori pubblici. Uno dei tanti, di cui si può avere riscontro anche ai giorni nostri, fu il progetto con cui si realizzò il sollevamento dei centimetri ritenuti necessari della strada denominata via Pasquale Celli, che lambisce la chiesa di Santa Caterina e scorre difronte ed in parallelo al Corso Numistrano. Nella cavità ricavata scavando sotto la via P. Celli, appunto, furono realizzati quattro magazzini; per un certo periodo di tempo vi sono state sistemate la sede dell’Associazione Giugno Nicastrese e gli uffici di un’Agenzia privata di assicurazione. Oggi, mi pare, siano abbandonati e chiusi. Poiché in quel torno di tempo, l’avvocato Perugini, oltre ad essere commissario preGrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

fettizio, era anche segretario politico della Sezione A. De Gasperi di Nicastro, eletto dopo averne “fatto fuori” la precedente dirigenza, per le elezioni amministrative del 1960, approntò una lista molto competitiva che conquistò 20 consiglieri comunali su 40. Ne facevano parte diversi professionisti ed imprenditori, tra i più noti della città. Vi furono inseriti anche due esponenti, un artigiano ed un avvocato, espressioni di un “Gruppo di giovani”, di estrazione cattolica, che era stato costituito verso la fine degli anni ‘50 da giovani, appunto, che appartenevano o avevano appartenuto alle associazioni cattoliche nicastresi, avevano aderito alla Democrazia cristiana e si apprestavano a fare il loro debutto in politica. Quel “Gruppo di giovani” (i “Giovani della dc”, proprio così erano comunemente denominati e conosciuti in città), era molto apprezzato per diversi motivi. Nello Scudo crociato comunale impose subito, attraverso la sua egemonia culturale e l’elevata capacità di proposta, un dibattito, inusuale e fuori dal comune, di notevole livello qualitativo per i temi trattati, sia in ordine alle scelte politiche (anche di natura nazionale perché era in fase di costituzione il centrosinistra..) che ai programmi da realizzare. Si contrapponeva fortemente al predominio politico peruginiano e alla sua maggioranza nel partito. Animato da un forte spirito di radicalismo e faziosità e privo sia di un’adeguata capacità di mediazione nonchè di adottare il metodo del giusto compromesso nella risoluzione dei problemi, ne criticava e contrastava tanto le politiche e i progetti, che le pratiche

Lamezia e non solo


spesso amicali e clientelari. La Dc ebbe, come ho già scritto, un successo elettorale strepitoso ed anche i nostri due rappresentanti (dico nostri, perché anche io facevo parte di quel “Gruppo di giovani”) risultarono eletti. Anche a Sambiase la Democrazia cristiana registrò un insperato successo dopo il tracollo del 1956, conquistando la metà dei seggi in palio, ossia 15 consiglieri su trenta. Crebbe anche il maggiore partito di opposizione, il Pci, che a Nicastro passò da 12 a 13 consiglieri ed a Sambiase da 3 a 7. A Sant’Eufemia Lamezia il Pci, guidato da un giovane dirigente emergente, Costantino Fittante, si affermò, conquistando 12 seggi su 15. Nonostante la sfolgorante vittoria conseguita dal suo partito, a Nicastro ci vollero tre mesi e mezzo prima che l’avvocato Perugini potesse formare, il 21 febbraio del 1960, la giunta ed essere eletto sindaco. Infatti, la consiliatura iniziò il cammino in maniera basculante per due fattori concomitanti: uno esterno alla Dc dovuto alla coalizione di fatto che si formò tra tutti i rimanenti consiglieri dei partiti di opposizione (i restanti 20) contro la giunta monocolore democratico-cristiana, che ne rendeva oltremodo difficoltoso il procedere effettuale, e l’altro interno dovuto alle diatribe nel partito, che si rivelavano non meno perniciose di quelle esterne. Difronte a questa situazione l’avvocato Perugini, per rendere stabile la sua giunta ed evitare condizionamenti da un eventuale appoggio dei consiglieri dei partiti minori, tirò fuori dal cilindro un coniglio inimmaginato da tutti. L’acquisizione di un 21mo consigliere comunale che, facente parte dei quattro eletti nel Msi, ne abbandonò il partito per trasmigrare nella Dc. Cosicché, con l’adesione del “ventunesimo” (così cominciò ad essere chiamato il consigliere transfuga dal Msi), l’amministrazione comunale, pur se fra i mai sopiti contrasti inLamezia e non solo

terni, poté cominciare a governare la città. Tra i lavori pubblici che furono intrapresi e portati a termine nel corso della consiliatura ci fu quello che poi sarebbe diventata una delle “Grandi Schifezze” di Lamezia Terme: ossia la trasformazione dell’ampio spiazzo denominato fino ad allora “Piazza D’Armi” nella Villa comunale di Piazza Mazzini. In essa trovò sistemazione anche la Grande Fontana Nuova che dapprincipio era sistemata difronte alla Cattedrale ed al Palazzo di città, nel luogo dove in seguito sarebbe stato edificato il Monumento per ricorda-

re i Caduti nicastresi durante la Grande Guerra Mondiale del 1915-1918. Successivamente, sistemata nel piccolo slargo denominato Piazza Rotonda, approdò, infine, nella Villa comunale di Piazza Mazzini. All’inizio del 1963, Perugini si dimise per presentare la propria candidatura al Senato nelle elezioni politiche che si sarebbero svolte il 28 aprile dello stesso anno. Alla guida dell’amministrazione comunale gli subentrò l’avvocato democristiano Antonio Magnavita, che rimase in carica per sette mesi e pochi giorni, dal 19 aprile al 30 novembre del 1963. A Magnavita, che non vedeva l’ora di liberarsi da quell’incarico, mancò la voglia (e fors’anche la capacità, psicologica prima che politica…) di guidare con determinazione il gruppo consiliare de-

mocristiano sicché le contrapposizioni interne si scatenarono con tale virulenza che fu impossibile superare la crisi post magnavitiana. Il consiglio comunale fu, pertanto, sciolto dal Prefetto di Catanzaro che nominò due commissari prefettizi: Vittorio Siclari dal 1° dicembre 1963 al 27 gennaio 1964 e Vincenzo Pironti, dal 28 gennaio al 4 agosto 1964. Il 10 maggio del 1964, si svolsero le elezioni amministrative per rinnovare il consiglio comunale in tutti e tre i comuni che in seguito avrebbero formato l’unico comune di Lamezia Terme. Nel frattempo, alcune novità di notevole rilievo, ecclesiale ed istituzionale, si erano verificate nel Lametino. Il 1° aprile del 1963 era deceduto il vescovo diocesano, mons. Vittorio Moietta e, per sostituirlo, era stato nominato il pugliese, mons. Renato Luisi, che da subito manifestò un evidente interesse per la situazione e le vicende politico/amministrative della città. Inoltre, il 28 aprile dello stesso anno si erano svolte le elezioni politiche nazionali e nel collegio di Nicastro erano stati eletti due senatori: il democristiano, avv. Arturo Perugini ed il comunista, prof. Armando Scarpino. Nella composizione della lista per le elezioni del 10 maggio ’64, il “Gruppo dei giovani” della Dc impose alla dirigenza del partito dominata, come ho già scritto, dal senatore Arturo Perugini attraverso i suoi uomini più fidati, dopo una lunga ed estenuante trattativa, che nessuno dei candidati presenti nelle liste delle passate elezioni del 1960 fosse presente nelle imminenti del ’64. La controversia fu aspra e, alla fine, si concluse con la soluzione sostenuta dal “Gruppo dei giovani”. L’unica eccezione fu consentita per tre personalità che poterono essere inserite nella lista per il ruolo rivestito nelle istituzioni o nel partito e cioè: l’avv. Arturo Perugini (capolista) in quanto senatore del collegio; l’ingegnere Giuseppe La Scala in quanto assessore provinciale ed il medico Rosarino De Medici che, in quel torno di tempo, rivestiva la carica di segretario della sezione Alcide De Gasperi

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 11


Satirellando e dintorni

Nel Satirellare, questa volta, tutto è proprio da ridere. Il confronto-dibattito fra i seguaci del past President e quelli dell’attuale Presidente del Consiglio è, spesso, molto acceso. Così, invece di sfidare qualcuno a duello, ho preferito buttarla in versi satirici. AH, AH, AH!

di Maria Palazzo

BIMBE&BIMBI Le Bimbe di Conte

non sognano nulla

avevano un ponte,

e mi credono grulla!

su cui passare,

Le Bimbe di Draghi si estingueranno,

per poter sperare:

ma i Bimbi suoi si pentiranno,

almeno nei sorrisi,

di avere voluto cambiare,

sognavan paradisi!

senza nulla racimolare!

I Bimbi di Draghi,

Conte, del resto, la “Bimba” ce l’ha:

si credono maghi,

acido ed algido, mai sarà.

han solo una strada:

Ma, zitti, del DRAGO, la tromba suona

tener tutti a bada,

e che Iddio ce la mandi buona!

di Nicastro (al secondo e terzo posto); i restanti, tutti nuovi, in ordine alfabetico. Nella competizione elettorale nutrita fu la presenza dei candidati appartenenti al “Gruppo dei giovani” e quasi tutti eletti, fra cui due donne, a conferma del fatto che nella mentalità di coloro che lo costituivano, la parità di genere era, se non pienamente realizzata, certamente perseguita. Fra gli eletti ci furono: le professoresse Gina Nicastri e Ivana Braganò; Federico (Rico) Costanzo, Giovanni (Giannetto) De Sensi, Antonio (Totò) Romano, Pasquale Torchia, Mario Saladino. Anche io fui presente nella lista. Il senatore Perugini volle, con una ostinata insistenza, che fossi candidato in quanto ricoprivo la carica di delegato comunale del movimento giovanile democristiano e, quindi, dovevo starci in rappresentanza dei giovani della Dc. Fui il più giovane fra i candidati presenti nelle liste di tutti i partiti e, pur non risultando eletto, ottenni un buon risultato perché ero stato fra i primi dei non eletti. Il risultato elettorale conseguente a quelle elezioni costituì, però, una mortificante sconfitta per il “Gruppo dei giovani” e la Dc la cui rappresentanza consiliare si ridusse da 20 consiglieri a 15. Anche a Sambiase, la Dc pag. 12

subì una sonora sconfitta passando da 15 ad 11 consiglieri, mentre a Sant’Eufemia Lamezia si registrò di nuovo la vittoria del Pci con la riconferma del sindaco Fittante. Quella consiliatura risultò ingovernabile per cui dopo alcuni convulsi tentativi di formare delle amministrazioni, tutti andati a vuoto, e di due brevi sindacature del comunista <<Reillo alla guida di una maggioranza di sinistra che, di fatto, si reggeva sulla benevolenza del Msi in funzione anti Dc e quella dell’avvocato Vincenzo Notarianni, sindaco con una maggioranza Dc-Pli, che anche in questo caso si appoggiava al Msi, si giunse all’ulteriore commissariamento>>. A Sambiase, nonostante la sconfitta della Dc, la consiliatura andò avanti e si sarebbe votato alla scadenza naturale del 1968 se, nel frattempo, nel novembre e dicembre del 1967 non fosse intervenuto il fatto nuovo dell’approvazione della legge n. 6 del 4 gennaio 1968 con cui si deliberava la creazione di Lamezia Terme e lo scioglimento dei tre ex comuni (Nicastro, Sambiase e Sant’Eufemia) che la formavano. Come si può constatare gli scioglimenti distruttivi del consiglio comunale, per motivi diversi, è stata una pratica ricorrente delle amministrazioni nicastresi, ereditata GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

da Lamezia Terme, mentre del tutto sconosciuta è stata nel comune di Sambiase. La consiliatura iniziata il 10 maggio ’64, a Nicastro sarebbe durata in tutto un anno e qualche mese sicché dopo lo scioglimento e la gestione commissariale, si tornò a votare per l’ultima volta, nella qualità di comune autonomo, il 28 dicembre del 1965. Questo succedeva esattamente due anni prima dell’approvazione della legge n. 6/1968, che avrebbe determinato una trasformazione ed un assetto del tutto diverso del territorio lametino. * * * * * * * * * * * * * * * * * Le fotografie N.1 Il commissario prefettizio, avv. Arturo Perugini, accompagna il cardinale Carlo Confalonieri per l’inaugurazione della colonna, sulla cui cima è collocata la Madonnina, durante la cerimonia del 6 giugno 1959. N. 2 – Il muro che si ergeva sotto la strada, via P. Celli, prima dei lavori per la creazione dei quattro magazzini. N. 3 – I Magazzini, costruiti sotto la strada, via P. Celli, come sono oggi. N. 4 – Molti dei 20 consiglieri comunali democristiani eletti nelle elezioni del 6 novembre 1960 a Nicastro. N. 5 – La Villa comunale di Lamezia Terme in Piazza Mazzini nello spiazzo allora denominato Piazza D’Armi. N. 6 – I consiglieri comunali espressione del “Gruppo dei giovani” eletti nelle elezioni del 1964.

Lamezia e non solo


I Meridiani: Voci calabresi in serie e parallelo

Qualche testo magico calabrese: senza Abracadabra, siglato da Amen! di Francesco Polopoli

Ci sono rituali de-cristianizzati o ri-paganizzati: difficile esprimersi al riguardo, comunque! Ad ogni modo fanno parte della letteratura devozionale del nostro Sud. Una formula magica per difendere il bestiame dagli assalti dei lupi, scritta in un dialetto calabrese (e traslitterata in segni alfabetici greci), fa parte, ad esempio, di questo folto repertorio. È l’esorcismo di S. Silvestro per “ligari” cioè “ avvincere con incan-

tesimo” i lupi famelici. Sul piano testuale si decrittano facilmente espressioni nostrane assai popolari (αμμαλαβείαλιμανδαυ- ammalavialimandau, cioè “li mandò a mala via” ed έδδίπερκιλλαστίδδα- eddìperchillastidda, ovvero “per quella stella” e, infine, la fantasmagorica sequenza ούνακιλούτζζειποίούκιλλούνα - unachiloucipoioukillouna, “una che rilùce più della luna”).

Testo in greco antico

Traslitterazione dello stesso testo nel nostro alfabeto dialettale

unni nun c’hana essiri, nè pisci e nè mancu cristiani”. Alla fine si aggiungono tre Pater e tre Ave.

gliere chicche deliziosissime per tante occasioni: frasi, in questo caso, non da circostanza, ma per molteplici guarigioni.

Scongiuri e preghiere camminano insieme con le pratiche ufficiali cristiane, soprattutto nel nostro Sud, assai Preghiera a San Pasquale Baylonne per trovare marito. prodigo di testi financo pittoreschi, come qualcuno passatomi dagli amici siciliani. San Pasquale Baylonne protettore de le donne Antico scongiuro siciliano contro il malocchio mannammello ’nu marito Fare il segno della croce sulla fronte dell’ammalocjanco russo e culurito chiato e dire tre volte: ha da esse tale e quale como a te Santo Pasquale. “Leviti ucchiatura maliditta, leviti di ’sta testa biniditta, Non è che dalle nostre parti scherziamo! Basta scarvattinni a mari, tabellare S. Teodoro di Mons. Pietro Bonacci e racco-

Lamezia e non solo

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 13


cultura

Un vento nuovo per il Sud? A tutti i cittadini del Sud farà piacere sentire che grazie al Recovery Plan, finalmente, la questione meridionale - oggi definita la questione del Sud o il divario Nord-Sud (V. Daniele) - sia entrata nuovamente nell’agenda governativa italiana e in quella europea. È venuto alla luce quello che da anni l’intellighenzia meridionale ha cercato di evidenziare con una miriade di articoli e saggi. È finita o, almeno, si tende ad accantonare la favola che il Sud campasse sulle spalle del Nord. Da un po’ di tempo, si è cominciato a capire che succedeva proprio il contrario. La ricchezza del Nord si manteneva con la povertà del Sud. Tutto ciò era stato già evidenziato da illustri meridionalisti tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. F. S. Nitti nei suoi scritti sosteneva con chiarezza che l’Italia unita era cresciuta anche grazie all’apporto decisivo del Mezzogiorno. Solo per rimanere sul terreno economico, il benessere degli italiani è cresciuto, negli ultimi 150 anni, anche per la rilevante dimensione del Paese di cui il Sud è stato il mercato dove smerciare i prodotti culturali, industriali, manifatturieri e agricoli del Nord, ovvero dai giornali alla televisione, dalle auto alle lavatrici, dagli abiti alle magliette, dalle mele ai succhi di frutta. All’inizio dell’Unità d’Italia, il divario Nord-Sud non esisteva, o almeno era minimo; è stata proprio l’Unità, con le sue miopi scelte di politica economica a favore dei territori del Centro-Nord ad ampliarlo e a creare la questione meridionale. Fra gli studi più recenti sull’argomento, ricordo l’acuto saggio di Roberto Napoletano, dal titolo La grande balla, pubblicato nel febbraio del 2020 che sintetizza le ricerche più note, fra cui quelle di Gianfranco Viesti e Marco Esposito, per citare due autori importanti. Questa balla, aggiungo, era fondata su una deduzione, un sillogismo, le cui premesse erano false e quindi falsavano la conclusione. Fra la classe politica dominante, fatte le dovute eccezioni, nel corso dei decenni è stata costruita una fake news sull’inefficienza del Mezzogiorno incapace di spendere e sul Nord virtuoso. La conclusione più ovvia, amplificata da alcuni media asserviti, era: in una società meritocratica bisognava dare di più ai cittadini che dimostravano di valere di più. Si taceva che questa specie di premio di efficienza concesso al Nord, dipendeva dal taglio drastico e immorale delle risorse da assegnare al Sud. Questa volontà politica è stata trasversale a quasi tutti i partiti e i governi che, specialmente, negli ultimi vent’anni, hanno azzerato gli investimenti pubblici al Sud per sostenere la cassa integrazione al Nord. Questo sistema finanziario ineguale ha ghettizzato per decenni venti milioni di cittadini italiani meridionali. Anziché offrire un piano pluriennale di investimenti da duecento miliardi di euro, lo Stato elemosinava al Sud poco meno di due miliardi. Questi giochetti politici non sono nuovi, durante il boom economico degli anni Sessanta si tentò di instaurare, senza riuscirci, le gabbie salariali, sistema che avrebbe significato stipendi più alti al Nord e più bassi al Sud. Che poi queste grandi virtù del nord - di saper spendere, gestire, programmare, avere visioni – sono anch’esse una favola, basti guardare all’esempio che il Nord sta offrendo da qualche mese nell’affrontare la pandemia e nel programmare le sue azioni di contenimento. La pandemia, il piano vaccinale, ecc. hanno messo a nudo l’inconsistenza e l’impreparazione di buona parte della classe politica nazionale e l’inefficienza di amministratori, tecnici e manager, spesso, super pagati per ottenere risultati prossimo allo zero. Alla fine abbiamo dovuto ripiegare sulla supposta efficienza dei militari, sperando di ottenere qualche successo. In questi ultimi anni, abbiamo vissuto una stagione sovranista, speriamo ormai tramontata, che al nord si legava con un antimeridionalipag. 14

di Giovanni Martello smo diffuso e con una fazione populista, accomunati nell’accusare il Sud di essere la palla al piede per lo sviluppo del Nord. Questa era la vulgata popolare dell’autonomia differenziata che i governatori del Nord diffondevano in modo più sottile e pervasivo, fino ad arrivare a reclamare che le tasse pagate dai cittadini del Nord dovevano ritornare o, meglio, restare lì senza aspettare la ridistribuzione centrale, secondo l’immorale massima: quello che è mio è mio e quello che dovrebbe essere degli altri è anche mio. Mi si permetta un salto all’indietro di due decenni perché è in quel periodo che bisogna rintracciare l’inizio dei mali attuali. In seguito alla revisione fatta nel 2001 del Titolo V della Costituzione, a partire dal 2003 vi sono state diverse iniziative regionali per ottenere una maggiore autonomia, anche se nessuna di esse è riuscita a trasformarsi in legge. L’autonomia a Costituzione invariata propugnata da Bassanini, in quegli anni, cercava di valorizzare l’attività delle regioni e di alleggerire lo Stato centrale da diversi carichi in vista di un’efficiente gestione della cosa pubblica e di un’efficace governance, in sintonia con il principio di sussidiarietà. Quello che non aveva previsto Bassanini era che al centralismo dello Stato, per tutti noi, sempre più distante, si sarebbe sostituito un neo-centralismo delle periferie, cioè di enti intermedi che, in molti casi, sarebbero diventati più sordi e lontani del vecchio Stato. Inoltre, la nuova situazione, cioè la maggiore autonomia concessa alle regioni, rischiava un devastante effetto boomerang. Nel 2017 il Veneto e la Lombardia chiedevano il regionalismo differenziato, seguite su questa strada da una decina di regioni. In realtà, sia la Lombardia che il Veneto chiedevano la secessione, cioè ambivano a diventare piccoli stati autonomi. Andavamo dritti verso la secessione o, almeno, le regioni settentrionali tentavano di usare questo spauracchio per allargare la forbice già esistente tra le regioni più prospere e quelle più misere. Stavamo per arrivare alla fine dello Stato e della Nazione. Per E. Galli Della Loggia, si prospettava la fine di ogni sistema nazionale, dalla sanità all’istruzione e arrivava a compimento la morte della nazione che egli aveva teorizzato, assieme a R. De Felice, un ventennio prima. Da parte sua, Piero Bevilacqua definiva l’operazione dell’autonomia differenziata come un’aperta eversione dello stato repubblicano unitario abilmente camuffata come normale percorso di rafforzamento dell’autonomia amministrativa. In ogni caso, dal 2017 in poi, si andava verso un vulnus costituzionale, realizzabile senza alcun bisogno di dibattito parlamentare e grazie a una disposizione prevista nel rinnovellato Titolo V della Costituzione. In sintesi, pur senza ottenere la secessione, la realizzazione dell’autonomia differenziata avrebbe consentito alle regioni più ricche di continuare a prosperare con i soldi di quelle più povere attraverso il trucchetto della crescita della spesa storica; ovvero di avere sempre più risorse rispetto alle regioni del Sud che ottenevano di meno, dimenticando, forse nascondendo abilmente, un principio costituzionale che nel Sud è rimasto inattuato: i LEP, ovvero i livelli essenziali di prestazione, così come sanciti dall’ articolo 117, comma 2, lettera m. Detto in altri termini, la mancanza dell’attuazione dei LEP (diritto all’istruzione e alla formazione, diritto alla salute, all’assistenza sociale, alla mobilità e al trasporto) calpestavano ogni diritto di cittadinanza e facevano dimenticare la spinta verso l’uguaglianza e la protezione delle fasce più deboli. Anche perché l’attuazione dei LEP era affidata alle regioni, alle province e ai comuni, perennemente in asfissia per la mancata erogazione dei fondi necessari da parte dello Stato.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


Per evidenziare meglio la questione, basti solo pensare al numeri dei posti letto negli ospedali, a quelli di terapia intensiva, alle somme stanziate per le scuole, per gli asilo nido, per i servizi, per le infrastrutture viarie e digitali, ecc. molto differenti tra Nord e Sud. Tale sfavorevole situazione ha sempre tenuto bassa la qualità dei servizi e il tenore di vita dei meridionali. Da questo punto di vista la pandemia ha scoperchiato un vaso di Pandora che ha evidenziato inefficienze, particolarismi, furberie, ruberie ed egoismi. Che sia chiaro, i rigurgiti sovranisti, populisti e autonomisti, di cui parlavo sopra, non sono ancora scomparsi, lo dimostra l’esistenza in Veneto e in Lombardia di fazioni poco solidali che vorrebbero tenere tutto per sé, o quasi, i fondi del Recovery Plan. L’ultimo governo Conte, di chiara impronta meridionalista ed europeista, aveva già fatto capire che bisognava invertire la tendenza, anche perché lo richiedeva l’Unione Europea che già, nei passati anni, in diverse occasioni, aveva strigliato il governo italiano esortandolo a definire una prospettiva di crescita per il Sud Italia, anziché dirottare al Nord i fondi che toccavano al Sud. Anche l’Europa aveva capito che i fondi stanziati per le cosiddette regioni obiettivo, cioè le regioni che mostravano un notevole ritardo riguardo ai parametri europei di crescita e di sviluppo, anziché servire alla rinascita del Sud, venivano usati per continuare a finanziare il benessere del Nord, messo in crisi dalla globalizzazione dei mercati e dalla delocalizzazione degli investimenti. Il re appariva nudo e la supposta supremazia accanto ai supposti rigori e virtuosità del Nord venivano sconfessati. Rispetto al governo Conte, quello guidato da Draghi possiede una maggiore autorevolezza che gli viene dalla sua leadership tecnica e da un’ottima stabilità parlamentare, ovvero dal godere l’appoggio quasi unanime del parlamento, in una forma di coalizione partitica che in Italia non si vedeva dal 1945. Questa forza ha permesso a super Mario Draghi, mi si permetta la battuta, di poter riaffermare, d’imperio, che i fondi da assegnare al Sud devono corrispondere ai due terzi del totale. Ci dobbiamo chiedere: perché questa ripartizione appare iniqua agli abitanti e ai governatori del Nord? La risposta è semplice: l’Italia ha ottenuto questi fondi proprio perché il Mezzogiorno ha un tasso di disoccupazione fra i più alti e un Pil fra i più bassi in Europa. Qualcuno potrebbe definire tale scelta una forma di socialismo di stato, o di welfare mirato o addirittura un tentativo di attualizzare la massima di don Lorenzo Milani che, a metà degli anni Sessanta del secolo scorso, affermava l’iniquità di voler fare parti uguali fra diseguali; al contrario, bisognava dare di più a chi aveva di meno, facendo riapparire il socialismo sotto un’altra veste, quella cristiana. Le scelte e le direttive Europee mirano alla coesione sociale e al mantenimento della democrazia e a queste istanze si devono rifare le scelte italiane. Il Recovery Plan e la Next Generation UE, dovrebbero riunire e livellare lo sviluppo dell’Italia per farla correre con identica velocità e adeguarla a quella delle altre nazioni europee. La storia europea ha conosciuto un unico e grande precedente a riguardo, dopo la caduta del muro di Berlino che pose il problema della riunificazione politica, economica e finanziaria della Germania. Anche i tedeschi inizialmente si divisero, perché quelli dell’ovest capivano che si sarebbero un po’ impoveriti. Questa grande operazione, voluta o subita da Helmut Kohl, portò dopo un notevole investimento l’ex Repubblica democratica al passo della Repubblica federale. Conclusioni Le riflessioni sopra esposte, non vogliono scatenare guerre di secessione, tra Nord e Sud dell’Italia o litigi e risse con i cittadini del Nord, ecc., al contrario, auspicano una maggiore solidarietà nel paese. Non dobbiamo dimenticare che la solidarietà è un principio costituzionale fondamentale sancito dall’articolo 2 della nostra Costituzione e recepito nel 2007 dal Trattato di Lisbona. Anche se in certi momenti, ci sembra di lottare contro i mulini a vento in una società civile, anzi incivile, che sta agli antipodi dall’essere Lamezia e non solo

solidali, tanto da esibire uno dei più alti indice di evasione fiscale e che è abituata ad approfittare di condoni per farsi beffe di chi le tasse le ha sempre pagate, così come previsto dall’art.53 della Costituzione. Non voglio nemmeno tacere le colpe dei meridionali che hanno, quasi sempre, svilito i loro diritto-dovere al voto, nell’esprimere classi dirigenti non in grado di affrontare problematiche complesse e di crescita per tutta la popolazione, nessuno escluso, in vista della coesione sociale e del benessere generale. Al contrario, queste poche riflessioni vogliono esprimere l’inderogabile esigenza di avere una classe politica, un apparato burocraticoamministrativo, un’organizzazione sanitaria, una classe dirigente, una classe imprenditoriale, un’organizzazione della formazione e della ricerca che abbiano visione e pensiero strategico per far navigare l’Italia nella complessità attuale, resa ancora più complessa dalla pandemia mondiale. Non possiamo permettere a Corrado Augias, persona perbene, sia chiaro, di affermare che la Calabria è persa, irrecuperabile, irredimibile. La Calabria non è persa, è recuperabile, ma ha l’ultima possibilità di dare il futuro ai propri giovani, di cambiare la propria società, gli schemi e i pregiudizi mentali che le sono propri. Quando ci lamentiamo del nostro ritardo, non dobbiamo dimenticare che nel Sud esiste il cancro pervasivo della criminalità organizzata annidata dappertutto e che frena il progresso, droga l’economia e l’imprenditoria. La presenza ormai rintracciabile di questo parassita inquietante anche nel Nord Italia e in Europa che condiziona la politica, l’amministrazione, l’economia e ogni altro aspetto della società civile impone scelte condivise, nazionali e internazionali, per poterlo sradicare. In passato abbiamo spiegato la nostra arretratezza con la esiguità dei fondi ricevuti, o meglio, ci siamo nascosti dietro questo alibi, oggi non è più possibile farlo: l’Italia e l’Europa hanno buttato nel piatto somme enormi, inimmaginabili poco prima della pandemia. Abbiamo la possibilità di disegnare il futuro, di farlo diventare presente da qui a qualche anno. Questo significherà avere idee nuove, creative e meravigliose per nuovi investimenti pubblici e privati, per risolvere la questione della mancanza di infrastrutture viarie e digitali che frenano lo sviluppo, la ripresa, la ricerca e che hanno allontanato la Calabria e il Sud dall’Europa. Abbiamo, adesso, la possibilità di avere la migliore formazione possibile per gli studenti e la migliore sanità per tutti, senza doverci sottoporre ai viaggi della speranza verso il Nord. Abbiamo l’opportunità di far restare i giovani in Calabria o addirittura di far ritornare quelli che sono scappati vinti dalla disperazione. Per attuare ciò, dovremo evitare i regionalismi e i municipalismi che tenteranno di rivendicare risorse per progetti utili solo a una esigua minoranza, al contrario bisogna concentrarsi su progetti strategici che servano alla maggioranza delle persone e degli elettori e che garantiscano Lep degni di una nazione civile e progredita quale è l’Italia. Gli amministratori locali, comunali, provinciali e regionali dovranno sforzarsi di avere visioni e non tattiche elettorali o municipali; dovranno riacquistare quel senso di servizio, ministeriale, nei confronti delle comunità che li hanno eletti e non di asservire i cittadini. Anche la società civile e, specialmente, i giovani non devono rimanere ai margini, ma essere propositivi e attivi riappropriandosi della storia, così come hanno cominciato a riappropriarsi della questione ambientale che rischia, se non risolta, di rubare il futuro a tutti. Non ci sono altre strade. Dobbiamo riscoprire e ricostruire una nuova nazione italiana così come fu fatto nel 1945, dopo la fine della guerra, dove le autonomie siano benvenute, senza trasformare la nostra penisola, il bel paese di petrarchesca memoria, in un arcipelago di regioni voraci e individualiste, ognuna delle quali cerca di rapinare il più possibile dall’assalto alla diligenza dei fondi per la ricostruzione post-Covid19. Ancora, dobbiamo riscoprire, o almeno intravedere che bisogna ricostruire rapporti empatici e solidali con i propri simili, ai quali bisogna guardare con lo stesso rispetto con cui guardiamo noi stessi.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 15


l’angolo di gizzeria

Elisabetta Stanizzo ed il suo 100° compleanno di Michele Maruca Miceli - storico – ricercatore Ha tagliato l’ambito traguardo dei primi 100 anni di vita nella casa posta in via Albania di Gizzeria al n. 23 la nonna Elisabetta Stanizzo, donna fine ,virtuosa e caritatevole , conservando la lucidità e la grinta di un tempo. Ella nasce a Gizzeria nel lontano 8 Marzo del 1921 dal padre Francesco Fortunato (1883) e dalla madre Mariangela Maruca (1899). Primogenita della famigliola così composta : da lei Elisabetta (1921), da Domenico (1926), da Angelina (1931),da Pietro (1935) e Maria (1942). Nel 1941 la zia Elisabetta sposerà Nicola Maruca fu Bruno dalla cui unione nasceranno Maria nel 1943, Pietro nel 1946, Rosina nel 1950, Silvia 1952, Carmela 1955 e Patrizia nel 1963. Cinque generazioni a confronto. Cinque modi differenti di vivere e approcciare l’esistenza. Epoche, persone e storie che si confrontano col mondo passato e che in queste occasioni rivivono nella mente di tutti i partecipanti. Una famigliola quella della zia Elisabetta come tante famiglie calabresi che vivevano di agricoltura lavorando nei campi sia sotto il sole ed il freddo dell’inverno nelle loro proprietà di famiglia di Limagria, Comunelli, Cerzito, Guardiula e Prato. Ella ancora oggi ricorda quanti sacrifici ha dovuto fare per crescere la sua famiglia,nonostante il marito fosse emigrato in Australia, non dispera. Lavora nei campi con i suoi genitori,raccogliendo olive, dissodando il terreno, estirpando la barbabietola, raccogliendo fascine di ginestra per poi farne fibre tessili e ricavarne coperte, lenzuola e tovaglie. l’8 Marzo 2021,attorniata dall’amore dei suoi figli, pag. 16

dei 16 nipoti e 10 pronipoti che quotidianamente l’assistono e la sostengono con dedizione e tanto amore ed alla presenza del parroco Helcio Roberto dos Santos della parrocchiale chiesa di San Giovanni Battista , del Sindaco di Gizzeria Francesco Argento che in veste Ufficiale cinto dalla fascia tricolore, si è portato presso l’abitazione della centenaria per consegnarle personalmente la pergamena d’onore attestante la sua veneranda età dei 100 anni. La festeggiata ha soffiato con la forza e l’energia di un tempo, le 100 candeline poste sulla gigantesca torta preparatale per la grande cerimonia. A questo saluto si è aggiunto anche quello di Michelangelo Calabria organizzatore degli eventi comunali e di Michele Maruca Miceli, studioso ed attento ricercatore delle tradizioni popolari di Gizzeria che da tempo studia i fenomeni di longevità che caratterizzano il nostro paese, proponendo ai nostri lettori sempre nuove e belle avventure come questa della cara nonna Elisabetta alla quale va l’augurio di tutta la comunità di Gizzeria, affinché anche ella, con il suo traguardo dei 100 anni possa sedere al 16 ° posto dell’Olimpo dei centenari a cui il nostro paese ha dato i natali,dandole la forza di vivere con serenità e gioia i giorni che il Signore vorrà ancora concederle. Auguri nonna Elisabetta questo primo traguardo è tagliato.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


riflettendo

Che cos’è il lavoro? di Pierluigi Mascaro Che cos’è il lavoro? E’, secondo la Carta costituzionale, il fondamento della nostra Repubblica e, a partire dagli albori della società industriale, è concepito come lo svolgimento di una certa mansione, in modo da contribuire allo sviluppo socio-economico del Paese, dietro corresponsione di una controprestazione: il salario. Sarebbe forse però opportuno ridefinire questo concetto in maniera più ampia; a questo scopo, risultano davvero interessanti le riflessioni di Wilhelm Schmid, il maggiore filosofo tedesco contemporaneo. Egli definisce infatti il lavoro come tutto ciò che un essere umano realizza nei confronti di se stesso e della sua esistenza, allo scopo di condurre una vita degna di approvazione. Questa accezione fa emergere il significato di altre possibili forme del concetto di lavoro rispetto a quella comunemente intesa, prima fra tutte il senso del “lavoro su se stessi”, necessario per chiarire le connessioni interiori e per divenire amici di sé: chi riesce

infatti ad andare d’accordo col proprio io, può affrontare meglio le sfide che gli si presentano. Può essere poi illuminato il senso del “lavorare all’amicizia”, perché specie in epoca moderna questa affascinante ed a volte complicata relazione necessita di un’attenzione consapevole e di una particolare cura. Un aspetto altrettanto importante è quello del “lavorare alla famiglia”, infatti la difficile organizzazione della vita familiare, la soluzione dei problemi quotidiani, non sono sempre facili da conciliare con gli altri aspetti su cui ognuno di noi è chiamato a lavorare. Oltre alla sfera privata, è altrettanto fondamentale il lavoro insito nell’esercizio della funzione di ognuno come “cittadino”, cioè quella dedicata alla formazione della società in scala ridotta, il contributo del singolo al funzionamento della vita associata nel suo complesso. Occorre considerare anche “l’ozio come

lavoro”, poiché anche l’inazione è un compito importante da portare a termine in un’epoca caratterizzata da un attivismo tale da impedire di prendersi del tempo per la riflessione e per i bilanci esistenziali di ampio respiro. Tutto ciò, sintetizzato in un’unica espressione, può essere chiamato “lavorare alla vita”. Sarebbe impensabile credere che il lavoro sulla propria vita non abbia senso, senza capire che è anche alla base per produrre e guadagnare in maniera soddisfacente: non sarebbe possibile farlo, infatti, se non si fossero create le condizioni. E sarebbe cinico pensare che il problema del lavoro per guadagnare denaro sia diverso dalla riflessione sulle sfide della vita, a cui solo le altre forme di lavoro possono trovare una risposta. E così, dovremmo stare attenti a non perdere mai il filo conduttore del lavoro sulla nostra esistenza.

diocesi

La Via Crucis del vescovo Schillaci all’ospedale di Lamezia Terme comunicato stampa L’ospedale. Luogo della malattia e della sofferenza dove la Via Crucis di Gesù incontra la via crucis di tante donne e tanti uomini. Luogo della speranza, dell’amore e della cura offerta ogni giorno da tanti operatori sanitari, in particolare nell’ultimo anno segnato dalla pandemia. La Diocesi di Lamezia ha scelto l’ospedale “S. Giovanni Paolo II” di Lamezia Terme per la celebrazione della Via Crucis nel giorno in cui la Chiesa ricorda la Passione e la Morte di Gesù. “Questa sera siamo qui, in questo ospedale, per prendere parte alla Passione di Cristo per l’uomo e alla passione che in questo momento vive tutta l’umanità. In questa Via Crucis il nostro pensiero va agli operatori sanitari, alla Caritas, al mondo del volontariato e a tutto quello che sta portando avanti in questo momento di pandemia non solo sanitaria ma anche economica e sociale - ha detto il vescovo Giuseppe Schillaci a conclusione del rito nella cappella dell’ospedale - Ci siamo messi in cammino per seguire Gesù, nelle sue piaghe possiamo trovare guarigione da noi stessi. Guardando l’umanità sofferente, noi vogliamo seguire le orme di Gesù che rimetteva la sua causa a Colui che giudica secondo giustizia. La Via Crucis è la via sulla quale vogliamo imparare a prenderci cura degli altri; una Via che

Lamezia e non solo

esige obbedienza, ascolto, capacità di consegnarsi. Guardiamo a Maria, rimasta accanto al Figlio fino alla fine e che ci è stata consegnata dalla Croce come Madre nostra e di tutta l’umanità. Stiamo accanto al Signore per stare accanto all’uomo; stiamo dietro al Signore per servire l’uomo. Seguiamo il Signore Gesù, serviamo il Signore Gesù nei fratelli. “In questa Via Crucis, che quest’anno a nome di tutta la Comunità diocesana si è scelto di compiere in questo significativo luogo che è l’Ospedale Civile “San Giovanni Paolo II”, ci stringiamo spiritualmente a tutti coloro che sperimentano la fragilità e il tormento, non solo sanitario ma anche sociale ed economico, per l’epidemia del coronavirus. Non vogliamo dimenticare nessuno. Niente di questo viaggio viene risparmiato, ma l’approdo finale non è il nulla. La meta è quella ideale quindicesima stazione di arrivo che ci è stata promessa: la Risurrezione e la Vita! Assieme all’assicurazione che, nel viaggio, il Signore lo avremo sempre accanto”, ha detto il vicario generale della Diocesi lametina don Pino Angotti nel saluto introduttivo rivolgendo un pensiero di gratitudine “al personale ospedaliero, ai medici, agli infermieri, ai volontari che operano all’interno delle Caritas Parrocchiali che in questo momento estremamente difficile sono impegnati in prima linea e a tempo indeterminato accanto alle persone che soffrono a causa di questa pandemia.” Al cammino della Via Crucis, che si è svolto al piano terra del nosocomio lametino, hanno partecipato diversi operatori dell’ospedale insieme al direttore sanitario Antonio Gallucci. Le meditazioni, a cura dell’ufficio diocesano per la pastorale della salute e della Caritas, sono state scritte dai rispettivi direttori don Francesco Farina e don Fabio Stanizzo e da alcuni medici di diversi reparti dell’ospedale lametino: Maria Teresa Caruso, Rosa Paola Cerra, Raffaele Maletta, Umberto Sorrentino, Francesca Suriano, Christian Trapuzzano. Le preghiere, i passi del Vangelo e le meditazioni sono stati letti dal cappellano dell’ospedale padre Giuseppe Ferrara, da Alessandra Cugnetto della Caritas diocesana e da Raffaele Maletta.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 17


a riveder le stelle

L’AVVERTIMENTO CHE DIVENTA ATTUALITÀ DEL TEMPO di Edoardo Flaccomio e Flaviana Pier Elena Fusi A riveder le stelle, qui racconteremo le più belle, che brillano di più e che lasciano col naso all’insù. Una rubrica da tratteggiare, con racconti da sublimare, per affondare nei destini e sentire gli accadimenti indovini. Trovare un senso lato, che ancora non era dato, una diversa prospettiva, che prima di leggere non si presagiva. Un aiuto in un minuto è quando scrivere divien contributo: il lettore non resta uguale, c’è un messaggio che vogliamo lasciare. È rivista dove si spazia, sul territorio tutto, non solo Lamezia. Siamo qui per garantire, che Edoardo e Flaviana vogliono proseguire, un editoriale amicale, che rende vicini valicando i confini.

UN ANNUNCIO RIDONDANTE: COSì ANCORA OGGI PARLA DANTE

PAPE SATAN PAPE SATAN ALEPPE

Dante Alighieri scriveva fino a ieri, ancor si assurge alla sua favella, che contien sempre attual novella. Si riflette sul perdono, è pregnante energia del dono, sul castigo e sulla vita che non è cosa prestabilita. Alle stelle ci si può affidare, dentro di noi stan già in materiale, così che il cammin di nostra historia può per sempre ricordar la gloria. Non ci sono condizioni che ferman le illusioni, è sempre l’oltre che bisogna guardare, per trovar l’esistenza ottimale. Non c’è trucco e non c’è inganno, sappiam tutti arbitrar un ego tiranno, dove la nostra responsabilità non è proprio casualità. Ci si insinua sulla strada, ammirando sol ciò che aggrada, nessun impegno all’ingegno, restiam subito colpiti dallo sdegno, se son gli altri con noi a sbagliare, troviam modo di pontificare. Il sommo vate lo sapeva e l’umiltà, poeta lo faceva. Nessuno è giudice in questa partita, sol c’è un ruolo che si rimanda ad ogni vita, così che tutti possiamo imparare, nei panni degli altri ci dobbiamo calare. Veniam all’attuale quando in Verona era a soggiornare, scrisse parte della Commedia e del Paradiso fu eletta qui la custodia, parlando dei potenti, disse che avrebbero stretto i denti, perché qualcosa doveva mutare, sostituire al male l’Amore universale. Questo lo abbiam già ribadito, ora è una piaga su cui mettere il dito, perché si sa: il poeta era esperto profeta. Ciò che si vien qui a narrare, di certo si verrà a verificare. Che tremino i ricchi senza arte né parte, se fossi in loro mi metterei da parte, il potere vorrà sedere, d’ora in poi come giustiziere. L’Amore sarà ristabilito e non servirà nessun plebiscito, saranno i giorni a tramare, il futuro che si sta per creare. Flaviana Pier Elena Fusi

pag. 18

La Divina Commedia è un’opera magistrale influenzata dall’ebraico antico. La frase emblematica ‘Pape Satan, Pape Satan Aleppe’, è ancora oggi un rompicapo per gli studiosi. Cosa voleva dire Dante quando l’ha citata? In realtà, più che dire qualcosa, voleva illustrare le Leggi nascoste all’interno del Modello Testa, denominato Rosh dalla dottrina ebraica, Essenza della Mente dai testi sacri Buddisti, Mana dagli scritti Vedici. La parola ‘Pape’ si riferisce al Papa, ‘Satan’ a Satana. I due enti rappresentano rispettivamente la Destra e la Sinistra, ossia la Dualità in seno all’Unità Aleppe, quest’ultima, infatti, si basa sulla radice Aleph, ‫ א‬prima lettera dell’alfabeto ebraico. Essa si riferisce al Sistema Universale ed è sinonimo di Unità, non a caso il glifo Aleph è contrassegnato dal numero uno. ALEPPE si scinde in ‘Al’ ed ‘Eppe’. Al, in ebraico, si scrive con le lettere aleph e lamed ‫ ﬥﬡ‬e vuol dire Presenza Divina, riferimento quindi all’Unità, ancora una volta. Se si analizza la parola ‘Eppe’, ci si accorge di due fatti: il primo è che ‘ep’ e ‘pe’ sono speculari, quindi Sinistra e Destra in seno all’Unità Eppe; il secondo è che Pe ‫ פ‬,in ebraico, significa bocca, il che spinge a concludere che: LA BOCCA DI DIO SI ESPRIME TRAMITE DANTE PER ANNUNCIARE LE VERITÀ ORIGINARIE DELLA MENTE UNIVERSALE. L’archetipo della Mente Creatrice denominato Inversione è presente in Eppe, tramite le sillabe ‘ep’ e ‘pe’, evidentemente invertite. La Verità universale chiamata TOHU VA BOHU nella Bibbia Originaria, ovvero Raddoppiamento, è presente in ‘Pape Satan, Pape Satan’, per l’appunto ripetuto. La Destra, ‘Pape’ e la Sinistra, ‘Satan’, in seno alla Sinistra strutturale, rispetto al lettore, e la Destra, ‘Pape’, e la Sinistra, ‘Satan’, in seno alla Destra strutturale, sempre rispetto al lettore, sono evidenti nelle parole identicamente replicate da una parte e dall’altra: DESTRA SINISTRA destra-sinistra destra-sinistra Pape - Satan Pape - Satan ALEPPE

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Edoardo Flaccomio Lamezia e non solo


naturopatia

PRIMAVERA ED ALLERGIE di Dino Mastropasqua Naturopata - mail: drmastropasqua@gmail.com - facebook: Dr Mastropasqua - cell.: 339 534 9119

Il significato della parola allergia è “reazione alterata”: una risposta esagerata dei meccanismi di difesa dell’organismo a sostanze generalmente inoffensive, normalmente presenti nell’ambiente e ben tollerate dalla maggior parte delle persone, gli allergeni. Nel caso dell’allergia primaverile, gli allergeni responsabili sono praticamente i pollini, rilasciati da diversi tipi di piante che fioriscono in primavera. Il risveglio della natura dopo il freddo invernale con le giornate soleggiate e ventose mette in circolo una grande quantità di pollini e creano una serie di disturbi che possono variare in base al soggetto, da lievi a molto gravi. Possono andare dal prurito al naso alla congestione nasale, dalla congiuntivite al mal di testa, dalla tosse fino all’asma. Sono questi i principali disturbi che caratterizzano questo fenomeno, la forma allergica più comune che colpisce a qualunque età, ma soprattutto bambini e ragazzi. Questo fenomeno negli ultimi tempi è aumentato parecchio in quanto il sistema immunitario del nostro organismo è sottoposto ad uno sforzo immane poiché lo stile di vita che conduciamo non è più in linea con le leggi della natura e quindi è sottoposto ad un sovraccarico di lavoro e pertanto superata la soglia di sopportazione inizia ad andare in tilt. In quest’ottica un Naturopata deve preparare l’organismo soggetto alle allergie stagionali lavorando sulla modulazione della risposta. Quindi per abbassare la risposta prima di tutto bisogna disintossicare il nostro corpo dagli eccessi, disintossicare la matrice, valutare l’alimentazione ed eventualmente eliminare gli alimenti responsabili di infiammazione. Pertanto con un sistema più pulito ed in ordine sicuramente quando ci sarà il periodo critico la risposta sarà più leggera, meno intensa e con sintomi più accettabili. Tra le principali piante responsabili di emettere pollini allergenici ci sono le graminacee, la parietaria, l’ambrosia e le betulle, ma anche il cipresso, la mimosa, l’ulivo e la quercia. Ovviamente ogni soggetto è un mondo a se stante e pertanto andrebbe inquadrato in toto per conto suo, intanto però dei semplici consigli possono aiutarci a gestire meglio questa fase dell’anno così fastidiosa e probabilmente non avremo bisogno di ricorrere al cortisonico o antistaminico che all’occorrenza possiamo sempre prendere. Ma facciamo un’analisi dei principali rimedi naturali che possono aiutarci in questo periodo dell’anno. Lamezia e non solo

Perilla (Perilla frutescens) : questo fitocomplesso è antiallergico ed immunomodulatore, è utile nei disturbi su base infiammatoria, comprese le allergie ai diversi antigeni; allevia i sintomi della rinite allergica. Inibisce i più importanti mediatori chimici coinvolti nell’allergia, come l’istamina e i leucotrieni. Riduce i livelli di IgE. Ha la capacità di migliorare i disturbi allergici di varia natura (come asma, riniti, orticarie, dermatiti ed eczemi ecc.) è stata confermata scientificamente. Ribes nero (Ribes nigrum): ha azione antinfiammatoria (effetto simile al cortisone, ma senza lo stesso profilo di tossicità), antistaminico ed analgesico. La sua attività simil-cortisonica viene esercitata a livello della corteccia delle ghiandole surrenali e stimola la secrezione di sostanze ad azione antinfiammatoria. Svolge un’azione specifica antiallergica: è più specifico per la rinite, (raffreddore da fieno) le congiuntiviti e la bronchite allergica. Rosa canina (Rosa Canina): antinfiammatorio e antiossidante, svolge un’importante azione nelle infiammazioni acute che comportano alterazioni delle mucose, soprattutto quando sono associate a componenti allergicoasmatiche. Per queste proprietà è un rimedio importante nella prevenzione delle allergopatie respiratorie. Inoltre, i frutti della Rosa Canina sono una fonte di Vitamina C concentrata, in grado di contribuire al rafforzamento delle difese naturali dell’organismo. Ovviamente ci sono altre piante utili ma la descrizione potrebbe portare un po’ di confusione, intanto possiamo agire con queste e possiamo integrare con Vitamina C ed antiossidanti. Come sempre potete contare su un mio consiglio diretto attraverso i miei contatti.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 19


territorio

I SANTUARI MARIANI DELLA DIOCESI LAMETINA

Madonna di Bellacava in Vena di Maida

(quarta parte)

di Matteo Scalise

Nota dell’autore: secondo il palinsesto da noi proposto degli argomenti nell’articolo n.68/2021 oggi avremmo dovuto parlare del Santuario Madonna di Fatima in Soveria Mannelli ma ci siamo accorti, con colpevole ritardo, che esso è di recentissima edificazione (2018), pertanto non ha molta storia da narrare. Nel frattempo però abbiamo appreso dell’esistenza del Santuario di Bellacava in Vena di Maida e quindi, volentieri ve ne proponiamo la conoscenza. Il Santuario Madonna di Bellacava (letteralmente “Bella Signora” della Cava”) sorge a circa 2 km fuori Vena di Maida, popolosa frazione dal passato Arabesche del comune di Maida. L’origine del culto mariano è incerta, seppur flebili elementi facciano intendere che nel sito dove oggi prospera il Santuario vi fosse stato circa mille anni fa un piccolo monastero greco –bizantino, forse dipendente del grande complesso monastico bizantino di Sant’Elia Vecchio sito nella vicina Curinga (oggi distante circa 19 km). Le prime notizie storiche certe risalgono però al XVIII secolo, ma prima di narrarle è interessante conoscere le principali leggende che aleggiano attorno alla nascita del Santuario: la prima afferma che le pecore di un pastore, in anni imprecisati, ogni giorno tendevano ad inginocchiarsi nei pressi di una Cava, dov’era celata dalla vegetazione un’immagine della Vergine, vergine che successivamente sarebbe apparsa al pastore proprietario pag. 20

delle pecore incuriosito dallo strano comportamento dei suoi animali. La Madonna gli avrebbe detto in dialetto la seguente frase: È da tanto tempo che ti aspetto, vai al paese e annunzia loro che io sono qui, a stu margiu… e dì loro di venire a prendermi, poichè voglio che mi portino al paese, nella mia casa”. Ma il pastore, terrorizzato, scappò via senza rivelare a nessuno di questo episodio. Qualche giorno dopo la Madonna sarebbe apparsa, nel medesimo posto, a due cacciatori, dicendo le stesse cose dette al pastore. Questi obbedirono e riferirono al parroco di Vena, il quale fece suonare a festa le campane per raccogliere la popolazione che andò alla Cava, prelevò l’immagine mariana (il cui stile iconografico rimanda prepotentemente a quello orientale) e la portò nella chiesa parrocchiale di Sant’Andrea Apostolo. La festa fu fissata la prima domenica di settembre. Altra versione di questa leggenda dice che oltre ai due cacciatori, la Madonna apparve a diverse persone di Vena chiedendo loro di edificare una chiesa nei luoghi dove avrebbero

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

visto una Chioccia con dodici pulcini d’oro, ordinando altresì che la erigenda chiesa fosse edificata con orientamento di un lato verso il Santuario Mariano di Dipodi e l’altro verso la chiesa arcipretale di Santa Maria Cattolica a Maida. Questo perché, argomentò la Madonna, le chiese citate erano da considerarsi “sorelle”assieme ad altre quattro importanti strutture religiose locali quali l’Abbazia dei Santi Quaranta Martiri a Caronte, l’Eremo di Sant’Elia a Curinga, l’Abbazia di sant’Eufemia Vetere e il Convento dei SS. Filippo e Giacomo di Feroleto Antico. A questo punto sorge legittima una domanda; perché la Madonna elencando questi siti religiosi le definì “chiese sorelle”? per noi la risposta semplicemente è perché tutte queste strutture religiose annoverano nella loro narrazione storica una presunta origine storica comune di essere fondazioni greche ortodosse. Per ciò che riguarda invece la visione della Chioccia e dei suoi pulcini, la leggenda dice che alcuni bambini la videro, ma nell’atto di acchiapparla essa scompariva. Chiarito questo punto, continuiamo il racconto relativo alle leggende dicendo che anni dopo questi fatti, la Madonna apparve in sogno ad una donna di Vena e le comandò di recarsi presso la Cava. Qui gli apparve e le disse, sempre in dialetto:“Tu ca ha mu costruisci la casa mia ca io ti pagu”. La donna riferì in paese, si fece Lamezia e non solo


una pubblica colletta e fu edificato l’attuale Santuario. Ogni anno, quindi, si portava l’immagine della Madonna nel suo Santuario e poi nuovamente nella chiesa parrocchiale. Anni dopo (nel 1933) la Madonna apparve ad un’altra donna, una certa Betta Carchidi, alla quale disse:“Tu devi farmi un’icona di fronte la strada, raccogliendo i soldi con una bussola, perchè altrimenti dalla cava dove sono apparsa non passa nessuno a salutarmi”. Così, anche questo desiderio fu soddisfatto, sicché ancora oggi è presente una Cona votiva presso la Cava dove la Madonna sarebbe apparsa la prima volta. Nel 1985, in ossequio al desiderio della Madonna di rendere il più possibile visitato il luogo in cui scelse di apparire la prima volta, fu edificata un’altra Cona votiva all’ingresso di Vena di Maida, dietro la quale è presente una scaletta che porta direttamente alla Cava. Un’ultima leggenda narra che l’immagine della Madonna necessitava di restauri urgenti da farsi nella vicina Maida. I maidesi, venuti a prendere la statua, ne restarono talmente affascinati dalla sua bellezza che pensarono di non restituirla più dove aver fatto il restauro. Ma mentre la trasportavano da Vena di Maida verso Maida improvvisamente la statua divenne pesantissima e quindi fu impossibile continuarne il trasporto. Questa alterazione di peso fu interpretato come volontà della Madonna di restare nella sua Vena (si noti l’analogia di questo racconto con quelli da noi esposti per ciò che riguarda anche la storia dei Santuari della Madonna della Salvazione in Jacurso nel n.70/2021 e per la Madonna della Buda di San Mango D’Aquino nel n.68/2020-21). In ambito storico possiamo ipotizzare soltanto questo: una prima forma di culto mariano fu introdotta sicuramente dal già citato monastero greco (o al massimo da un’eremita che viveva Lamezia e non solo

nella Cava) che resistette nei secoli successivi e poi magari ripreso, rafforzato e trasmesso con l’arrivo degli albanesi di religione ortodossa a Vena di Maida nel 1450. Il Santuario attuale però è databile fra il XVI e il XVIII secolo. A supporto della origine del culto alla Cava della Madonna in età bizantina abbiamo soltanto la presenza - fino a qualche anno fa - dei resti di un pozzo sul lato destro del Santuario di fattura orientale e la relazione del 1769 di monsignor Paolino Pece, allora amministratore apostolico della diocesi di Nicastro al quale fu riferito che dove c’era il Santuario secoli prima vi era stata una comunità monastica greca ortodossa. Ad ogni modo, sorto il Santuario fu sicuramente dotato di una o più rendite fondiarie per il mantenimento del luogo sacro e per il pagamento di uno o più sacerdoti che officiassero con continuità (il beneficio). Parzialmente danneggiato dal devastante terremoto del 1783, nei documenti degli anni successivi redatti dalla Cassa Sacra (1784) e oggi conservati presso l’Archivio di Stato di Catanzaro, sezione Mastrodattia – Atti civili, si conserva un fascicolo contenente documentazione concernente l’anno 1786 in cui è presente un ”Istanza dell’arciprete D. Francesco Germanò e dei sacerdoti D. Domenico Cappello e D. Antonio Peta di Vena che domandano la soddisfazione di ducati 36 per messe celebrate nella chiesa di Bellacava”. Riparato il Santuario, pare che si continuò ad officiare con il rito greco-ortodosso almeno fino agli arbori del XX secolo, quando fu imposto la celebrazione esclusivamente in rito cattolico romano (vescovo di Nicastro in quegli anni era monsignor Domenico Maria Valensise, dal 1891 al 1902). Coll’ennesimo terremoto del 1905 caddero la campana e l’orologio del Santuario, i quali furono portati a Maida per il restauro ma mai più

restituiti. Verso il 1943, con i tedeschi occupanti l’Italia in ritirata, si racconta che avessero intenzione per rappresaglia di distruggere il Santuario di Bellacava. Si era alla prima domenica di settembre, giorno cioè della festa. Pare che i tedeschi giunti nei pressi di Vena di Maida furono investiti da pioggia scrosciante e fitta nebbia che li fece desistere dal loro intento sacrilego. Così andarono via, ritornò il bel tempo e si poté festeggiare, come sempre, la Madonna di Bellacava. Non sappiamo se questo sia storia o leggenda, ma a Vena di Maida questo racconto è trasmesso alle nuove generazioni come un ennesimo miracolo della loro Madonna. La statua attuale durante l’anno è conservata presso la chiesa matrice di Sant’Andrea Apostolo. Essa fu commissionata nel XIX secolo e creata da autore ignoto ma restaurata nel 1949 da un certo Michelangelo Drosi. Da qualche anno la festa si svolge il 17 e 18 agosto, scelta compiuta da un referendum popolare per permettere ai molti emigrati venuti di partecipare quando sono in vacanza nel paese natale. Prima era già stata spostata la festa dalla prima domenica di settembre alla prima domenica dopo Ferragosto (15 agosto). La festa è preceduta da un novenario. Il 17 agosto l’immagine mariana, accompagnata da una fiaccolata, è portata nel suo Santuario (dove si conserva una copia della immagine), si celebra la Santa Messa e si ritorna alla chiesa di Sant’Andrea Apostolo. Il 18 agosto, nel tardo pomeriggio si svolge la solenne processione per le vie di Vena di Maida che si concludono con i fuochi pirotecnici e la festa civile. Attuale rettore del Santuario della Bellacava è padre Franz Humberto Villca Rocha, che è anche amministratore parrocchiale della chiesa Matrice di Vena di Maida, Sant’Andrea Apostolo.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 21


riflessioni

Moralismo ed Eticità: nella Magistratura come in Politica

Dal maxiprocesso denominato “Rinascita Scott” in corso a Lametia, al caso di cronaca con Fabrizio Corona protagonista, e fino alla ritrovata “unità” per la elezione dell’ennesimo Segretario nazionale alla guida del Pd, di Enrico Letta che succede a Zingaretti : sono, questi, tutti buoni motivi che suggeriscono, e non senza una drammatica attualità, riflessioni di sostanza circa la “bolla”, mediatica e culturale (sic!) che caratterizza la qualità di vita della società di cui ciascuno di noi è parte, integrante o marginale (e, certo, non sua sponte). Dunque, finalmente, è stato quel canale pubblico televisivo di Rai Tre, con la puntata di lunedì 15 di Presa Diretta, con Riccardo Iacona e la sua squadra, ad interessarsi a quella plantigrada struttura che accoglie un “mondo” di inquisiti e messi sotto accusa da un esemplarmente coraggioso Procuratore Gratteri, che attraverso le tre mila pagine del Processo mette alla sbarra la nostrana ‘Ndrangheta . Ed è particolarmente sintomatico e inquietante che esso stia passando pressoché sotto silenzio ed inosservato per la grande stampa. Come a voler dare un segnale di minimizzazione del fenomeno criminoso, che pure, come si rileva dalle “carte” permea ed invade i rapporti socio-economici

pag. 22

di Alberto Volpe

del nostro Paese (ma non solo). Perché quei “racconti” restano di esclusivo interesse di una trasmissione televisiva ? Forse che la malavita organizzata (dicasi Mafia, Camorra, ‘Ndrangheta) non va “disturbata” perché emergerebbero collusioni e contiguità ? Interrogativo non del tutto peregrino ed irreale, a rilevare personaggi (euro e nazionalparlamentare avv. Pittella, come il Magistrato Petrini) e ambienti massonici, più o meno deviati, ad essi in qualche modo collegati e riconducibili. E, fatta salva la preponderante parte di Magistratura “pulita”, quale credibilità residua riserva in termini di equità, rettitudine ed imparzialità ai Collegi della Giustizia il “j’accuse” di Palamara, per un ben noto “sistema” di nomine ed aggiusta sentenze pro domo sua ? Ahimè, come siam ridotti, vien da concludere ad ogni accenno di sollevar la polvere sotto il tappeto, sia esso riguardante la Magistratura,appunto, piuttosto che della Politica, la quale sembra talvolta voler buttare la maschera (sarà il caso dell’ennesimo segretario del Pd, Enrico Letta ?), alla ricerca, ognuna delle Istituzioni, di una ritrovabile identità e funzione che privilegi un Popolo (altro che Gente) , e non le individuali “poltrone”, che fin troppo evidentemente si rivelano funzionali ad una “casta” (anche esso termine pare sia sparito dal vocabolario politico di certo M5S)? Si “gioca” troppo e strumentalmente con le parole moralismo, e giustizialismo od anche garantismo. Forse, e senza forse, bisognerebbe dare senso e sostanza piuttosto ad una nuova ETICITA’, di cui i vari settori di una convivenza CIVILE si nutre e nel cui alveo ciascuna entità umana deve riconoscersi per crescere evolutivamente per il benessere solidaristico generale. Ma responsabilità e l’essere LIBERI, prima nella testa che nella tasca, sono gli ineludibili presupposti.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


scuola

LA SCUOLA E LA VALORIZZAZIONE DI CAPACITA’ E & INTELLIGENZE HOWARD GARDNER E LE INTELLIGENZE MULTIPLE di Annamaria Davoli È nota l’importanza della scuola per l’offerta formativa proposta agli alunni grazie ad abilità e competenze da essi apprese tramite la valorizzazione delle loro intelligenze. Fondamentale per la loro formazione come individui, è l’acquisizione delle seguenti funzioni: -Linguistico-espressive -Contestualizzazione storico- temporale e geografico -Logico-matematiche -Estetico emozionali - espressive -Interpretazione - produzione e ascolto dei linguaggi musicali -Utilizzazione consapevole del proprio corpo statico e in movimento. -Conoscenza dei Sistemi operativi tecnologico-economico-industriali e biodigitali -Espressioni Informatico-operative -Sviluppo del senso di autocontrollo, superamento dell’egocentrismo, maturazione del senso di appartenenza a una collettività, rispetto delle regole di vita democratica, consapevolezza dei propri diritti e doveri di cittadino, acquisizione di un comportamento leale, responsabile e disponibile a garantire una dignitosa vita comunitaria. Rispetto per tutto ciò che costituisca patrimonio comune, educazione alla tolleranza, alla solidarietà, al rispetto dell’altro e del diverso, sviluppando il senso del dovere per promuovere la maturazione globale della personalità. Con tali obiettivi formativi si è sempre sostenuto che la scuola ponesse le basi per la formazione di individui consapevoli nonché cittadini del futuro. Senza alcun dubbio. Essa dovrebbe però valorizzare l’intelligenza di ogni alunno e i differenti tipi di intelligenze, senza trascurarne nessuna. Consideriamo che se un ragazzo avesse buoni voti in matematica o in qualsiasi altra disciplina scolastica, ciò non dovrebbe far presupporre che nella vita futura sarebbe una persona in gamba o che sarebbe in grado di superare qualsiasi ostacolo. Ciò accade perché spesso la scuola ignora altri tipi di intelligenze e/o capacità alternative che nella vita e nel mondo del lavoro potrebbero rivelarsi fondamentali. Il nostro sistema scolastico propone agli studenti un metodo d’istruzione cercando di offrire loro una strada certa da intraprendere, ma nonostante il merito e i voti alti, essi dovrebbero essere aiutati a individuare le proprie capaciLamezia e non solo

fondamentali concernenti l’esistenza. 8. Intelligenza filosofico-esistenziale Nel 2007 apportò una nuova classificazione di “intelligenze”, pubblicandola nel volume “Cinque chiavi per il futuro”, che consiste in una sintesi delle abilità necessarie relative all’età contemporanea. 9. Intelligenza disciplinare 10. Intelligenza sintetica 11. Intelligenza rispettosa 12. intelligenza creativa 13. Intelligenza etica tà, attitudini e intelligenze: Questo dovrebbe essere uno dei compiti principali della scuola. Perché parliamo di “intelligenze” ? Perché in realtà non possediamo una intelligenza, bensì molte. Lo psicologo statunitense, Howard Gardner (1943) e docente universitario si dedicò allo studio dell’intelligenza giungendo alla teoria che non esistesse un unico tipo di intelligenza, bensì diversi generi di intelligenze, le cosiddette intelligenze multiple. Misurabili tramite il quoziente intellettivo (QI). Celebre per aver scritto importanti libri di psicologia educativa ed elaborato una nota teoria riguardo la nascita della ‘scienza cognitiva’ “The mind’s New Science” (1983)1, egli divenne famoso per le sue Teorie delle intelligenze multiple. Grazie ai suoi studi su individui con problemi di genere neuropsicologico, individuò inizialmente, sette tipologie differenti di “intelligenza”, ciascuna delle quali aderente a diversi settori dell’attività umana: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.

Intelligenza interpersonale Intelligenza intrapersonale Intelligenza logico-matematica Intelligenza linguistico-verbale Intelligenza spaziale Intelligenza musicale Intelligenza cinestetica o procedurale

Nel corso degli anni ‘90, aggiunse altri due tipi di intelligenza: quella naturalistica, relativa alla classificazione di oggetti naturali, e quella esistenziale, relativa a ciò che riguarda la capacità di riflettere sulle questioni

Gardner sostiene di aver esaminato i diversi tipi di intelligenze o attitudini, “dall’intelligenza democratica, digitale, emotiva, flessibile mercantile, strategica, tecnologica, all’intelligenza spirituale” chiarendo che la sua opera sia stata per lui una scelta, nell’ ambito di una ricerca delle “qualità” essenziali nell’età moderna. Implicazioni didattico-educative della teoria di Gardner Gli studi sulle intelligenze multiple hanno smentito teoria classica riguardo l’intelligenza. Infatti talvolta alcuni individui o alunni con qualche difficoltà di apprendimento in ambito logico-matematico, dimostrano invece una grande abilità in altri ambiti, come quello linguistico-espressivo. Gli studi di Gardner hanno invitato la scuola a comprendere l’importanza che ogni tipo di intelligenza può avere nel proprio rapporto con la conoscenza, maggiormente in un mondo complesso come quello odierno basato su molteplici intelligenze. Allo stesso modo la scuola dovrebbe esaminare le differenti intelligenze degli alunni, per valorizzare quelle che potrebbero renderli più in grado di apprendere e acquisire abilità e conoscenze, un buon autocontrollo, superando l’egocentrismo, evitando, eventualmente di divenire dei potenziali ‘bulli’( anche la famiglia ha in questo caso, un ruolo molto importante), apprendendo invece le regole di una vita civile, il rispetto dell’altro, sviluppando il senso del dovere per promuovere la maturazione globale della personalità, acquisendo un comportamento leale e responsabile, fondamentale nell’ambito della vita comunitaria.

1 La nuova scienza della mente

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 23


La parola alla Psicologa

IL PARENT TRAINING NEL DISTURBO DELLO SPETTRO DELL’AUTISMO di Valeria Saladino - Psicologa e Psicoterapeuta Il parent training, in italiano “allenamento genitoriale”, è un intervento psicologico indirizzato principalmente ai genitori di bambini con disturbi del neurosviluppo e può essere utilizzato sia in forma individuale che in gruppo. Quando i genitori ricevono una diagnosi di disturbo dello spettro autistico (ASD), per esempio, è necessario che ricevano anche un’educazione circa questo nuovo mondo che dovranno affrontare, sia per imparare a gestire i comportamenti dei propri figli che a stimolare le loro abilità. In seguito alla ricezione di diagnosi di autismo, inizia spesso un lungo cammino che richiede diverse valutazioni da parte di più professionisti, a cui fa seguito l’inizio di un programma di trattamento che allo stesso modo richiede la combinazione di più interventi. La ricezione di una diagnosi di ASD non incide soltanto sulla vita di chi presenta tale condizione, ma anche su quella dell’intero sistema familiare. I genitori devono affrontare la possibilità che il figlio potrebbe aver bisogno di supporto per tutta la vita. Inoltre, spesso vi è il terrore per quello che accadrà quando il bambino diventerà adulto e i caregivers saranno anziani o quando questi ultimi non ci saranno più. Dopo una diagnosi di autismo, alcuni genitori si sentono depressi e tristi, pensano di aver perso la possibilità di avere un figlio “sano” o “normale”; altri si sentono arrabbiati perché credono di aver subito un’ingiustizia. Altri ancora si vergognano perché pensano di essere giudicati negativamente dalle altre persone, o si sentono in colpa perché attribuiscono la condizione del figlio a proprie mancanze o azioni. Affrontare dunque tempestivamente gli aspetti psicologici derivanti da una diagnosi, rappresenta il punto di partenza di un intervento di Parent Training. È probabile che l’incapacità di comunicare e di condividere emozioni con il proprio figlio sia particolarmente frustrante per i genitori, con effetti negativi anche sulle dinamiche di coppia e sulla relazione con gli altri membri della famiglia. Diversi studi hanno dimostrato come i genitori di bambini con disturbo dello spettro dell’autismo manifestino livelli di stress maggiori di genitori con figli neurotipici, ma anche di genitori di figli con altre patologie neuropsichiatriche. Un aspetto da tenere in considerazione è sicuramente legato al fatto che il disturbo dello spettro dell’autismo mina le abilità di interazione che sono alla base dei rapporti umani, i genitori percepiscono quindi un maggiore senso di frustrazione e di impotenza rispetto agli altri per la difficoltà di entrare in sintonia comunicativa con i propri figli. Il ruolo del Testata Giornalistica Di tutto un po’ - lamezia e non solo anno 29°- n. 71 - aprile 2021 Iscrizione al Tribunale di Lamezia Terme dal 1993 n. 609/09 Rug. - 4/09 Reg. Stampa Direttore Responsabile: Antonio Perri Edito da: GRAFICHÈditore Perri Lamezia Terme - Via del Progresso, 200 Tel. 0968.21844 - e.mail. perri16@gmail.com Stampa: Michele Domenicano Allestimento: Peppino Serratore Redazione: Giuseppe Perri - Nella Fragale - Antonio Perri Progetto grafico&impaginazione: Grafiché Perri-0968.21844

Le iscrizioni, per i privati sono gratuite; così come sono gratuite le pubblicazioni di novelle, lettere, poesie, foto e quanto altro ci verrà inviato. Lamezia e non solo presso: Grafiché Perri - Via del Progresso, 200 -

pag. 24

Parent Training è dunque quello di fornire una risposta al bisogno dei genitori di essere parte attiva del percorso di cambiamento del figlio rispettandone, tuttavia, il ruolo, le emozioni e le credenze. Da un po’ di tempo ha preso piede la consapevolezza di non lasciare i genitori da soli, che spesso si trovano a cercare su internet le risposte alle loro tante domande, e la concreta necessità di inserire il percorso genitoriale all’interno di un piano terapeutico globale, dando un aiuto concreto e determinare un ulteriore miglioramento nella persona con disturbo dello spettro dell’autismo. È necessario specificare però, che il parent training non è una terapia di coppia, non è una psicoterapia, e non è un corso per diventare terapista! Il parent training è invece una macro categoria che racchiude al suo interno interventi di supporto al genitore e protocolli di terapia mediata dai genitori. Questi ultimi possono essere rivolti ai coresymptom del disturbo dello spettro dell’autismo o ai comportamenti disfunzionali associati ad essi, distinti in interventi primari se il genitore svolge in prima persona una terapia o complementari se il genitore osserva e apprende indirettamente la terapia. Il parent training è un intervento di prima scelta perché favorisce la generalizzazione degli apprendimenti, rende più efficaci le terapie del bambino, permette la sostenibilità dell’intervento e promuove un clima familiare positivo che, a sua volta, favorisce lo sviluppo e il mantenimento di comportamenti funzionali del bambino. Alla fine del percorso, i genitori posseggono conoscenze validate scientificamente relative alle cause, sintomi, diagnosi e trattamento di autismo; sono maggiormente in grado di comunicare con i propri figli; sanno identificare i pensieri disfunzionali e mettere in atto strategie di coping più adattive.

88046 Lamezia Terme (Cz) oppure telefonare al numero 0968/21844. Per qualsiasi richiesta di pubblicazione, anche per telefono, è obbligatorio fornire i propri dati alla redazione, e verranno pubblicati a discrezione del richiedente il servizio. Le novelle o le poesie vanno presentate in cartelle dattiloscritte, non eccessivamente lunghe. Gli operatori commerciali o coloro che desiderano la pubblicità sulle pagine di questo giornale possono telefonare allo 0968.21844 per informazioni dettagliate. La direzione si riserva, a proprio insindacabile giudizio, il diritto di rifiutare di pubblicare le inserzioni o di modificarle, senza alterarne il messaggio, qualora dovessero ritenerle lesive per la società. La direzione si dichiara non responsabile delle conseguenze derivanti dalle inserzioni pubblicate e dichiara invece responsabili gli inserzionisti stessi che dovranno rifondere i danni eventualmente causati per violazione di diritti, dichiarazioni malevoli o altro. Il materiale inviato non verrà restituito.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.