Lameziaenonsolo agosto-settembre incontra Fernando Paradiso 2018

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Fernando Paradiso

Nella Fragale

Incontriamo questo mese Fernando Paradiso, meglio conosciuto, almeno fra gli amici, come Ferruccio. E’ una figura carismatica quella di Ferruccio, un uomo che ha saputo apprezzare e fare migliorare nel tempo, quello che il padre aveva creato, forse, sognando che un giorno, il figlio avrebbe trasformato quella semplice struttura in una grande concessionaria. Un uomo che, sotto un’apparenza bonaria nasconde un carattere determinato, a volte tradito dal guizzo che gli attraversa gli occhi, carattere che lo ha portato a diventare quello che è: un imprenditore di successo che ha deciso di non abbandonare la sua città ma di continuare a viverci portando, con la sua azienda lavoro e, di conseguenza, benessere nel lametino.

Digitando sui motori di ricerca le parole “concessionaria, auto” il nome “Paradiso Group” è uno dei primi nomi ad apparire. Possiamo quindi affermare che lei guida una realtà imprenditoriale calabrese, anzi, lametina? Possiamo affermare che io guido la mia azienda di automobili che nasce nel 1972, fondata da mio padre, proprio per questo si può dire che io sono “figlio d’arte”. Oggi l’azienda annovera, come concessionaria, diversi marchi Prima di parlare dell’oggi e delle probabili idee per il futuro diamo uno sguardo al passato, lei è subentrato a suo padre nella direzione della Concessionaria, ma suo padre come ha cominciato? Aveva magari prima una officina meccanica e poi, come hanno fatto molti, si è dedicato a questo settore? Ha iniziato con una azienda trasporti in società con il fratello. Poi, di propria iniziativa, ha iniziato a frequentare allora i saloni delle automobili, ha intrapreso dei rapporti con alcune autorivendite molto note a quei tempi, nonchè dei rapporti di sub agenzia per marchi come Alfa Romeo, Mercedes, Innocenti e anche Fiat.

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Suo padre aveva tutte le marche che ha lei? Oppure lei ha dato una svolta all’azienda? Mio padre come salonista aveva dei marchi, alcuni corrispondono ancora oggi, ma essere salonisti, con grande merito a mio padre che in seguito divenne concessionario per i veicoli industriali, e all’epoca fu sicuramente una grande vittoria, è diverso dall’essere concessionari. La figura del concessionario si è evoluta nel tempo e, oggi, rappresentare marchi famosi come concessionari è molto più complesso e, in un certo senso, più completo. Brand come Alfa, Jeep, Mercedes, BMW, Smart e Mini che io rappresento come concessionaria, sono aziende molto severe, sia nelle procedure che in tutto quello che può essere il risvolto di un lavoro di un certo tipo. I marchi che noi rappresentiamo li rappresentiamo in modo esclusivo con strutture dedicate. Non c’è mistura tra un marchio e l’altro. Ogni marchio ha venditori dedicati, officina dedicata, ricambio dedicato, back off dedicato. Quindi

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quasi dire che fra i suoi venditori ed il loro “entourage” formato da officina/ esposizione/vendita vi sia concorrenza? Esatto, i venditori che trattano un certo marchio nel loro show-room, sono in completa concorrenza con i loro colleghi pur facendo parte della stessa concessionaria proprio per via di quanto detto. Nel suo excursus come concessionario, penso le sia capitato sia di vedere modelli di macchine nascere ed imporsi sul mercato oppure nascere e … scomparire. Secondo lei cosa decreta il successo o l’insuccesso di una macchina? Una buona pubblicità può influire anche se la macchina poi non risponde alle aspettative? Le vetture best seller, cioè quelle vetture che nascono con determinate caratteristiche ben definite, con delle linee vincenti, con caratteristiche di motori, di logica e performance dinamiche e statiche di un certo tipo, non verranno mai meno, sono

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vetture che non subiranno mai il passare del tempo nel senso che saranno sempre belle indipendentemente dalla loro data di nascita . Delle vetture che invece non sono best seller, che non sono vetture che hanno delle caratteristiche importanti, possono sicuramente essere aiutate da una grande comunicazione come una pubblicità intensa e tutto quel che ne deriva. Se non sono best seller non resteranno mai nell’immaginario dell’appassionato di auto, insomma non saranno macchine che si faranno ricordare. BMW, Mini, Smart, Great Wall, Mercedes. Jeep, Alfa Romeo, questi sono i famosi brands dei quali è concessionario, ma c’è anche un ramo della sua azienda che si occupa dell’usato per cui a lei potrei anche chiedere, per esempio, una Ferrari? No, per quanto mi riguarda, anche per l’usato noi ci interessiamo solo dei nostri marchi nei rispettivi show-room, tutti gli altri marchi sono dei colleghi. Io ho molto rispetto verso il lavoro dei miei colleghi ma chiunque entra nel mio salone, non potrà mai trovare un macchina con un marchio non da me rappresentato, non potrei e non vorrei mai vendere una macchina diversa dai miei brand. Questa è una scelta motivata dal fatto che faccio gioco per la squadra che rappresento, non gioco per altre realtà. Sarebbe molto facile poter vendere delle macchine di altre marche perché il nome Paradiso, come auto, è molto forte ma, se qualcuno viene da me e chiede una marca che non ho, lo indirizzo da un collega, non gliela vendo. Una macchina non può portare un porta targhe con il nome di Paradiso se non appatiene alla sua concessionaria. Una scelta difficile, anche discutibile, ma che

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poi, con il tempo, questa scelta mi ha dato ragione. Oggi si parla tanto di inquinamento, di motori elettrici ma come potrà, se mai ci sarà, avvenire il passaggio dal motore termico a quello elettrico? Le marche che lei commercializza stanno lavorando per inserire sul mercato questo tipo di autovettura? Io, come concessionaria, sono fortunato perchè i marchi che rappresento sono, nella totalità, molto dedicati all’elettrico. Personalmente è da molti anni che investo nell’elettrico, e chi non investe nell’elettrico o, quantomeno, nell’ibrido, potrà essere vantaggiato sui conti del momento ma sicuramente non lo sarà nel domani. L’elettrico ancora è di là da venire ma, secondo me, l’ibrido che rappresenta una fusione tra benzina ed elettrico, è una realtà molto vicina, non soltanto perché voluta dagli utenti, ma anche perché le case automobilistiche, insieme agli stati, stanno sposando questa logica , e sarà un logica sicuramente vincente che diventerà presto una realtà anche se secondo me il termico non morirà mai. Oramai il settore dell’imprenditoria è come una giungla dove ognuno sgomita per farsi avanti, nel suo lavoro è importante circondarsi di un team vincente? L’imprenditoria è un campo molto ampio e molto variopinto e, certamente, essere imprenditore oggi è difficile, a prescindere dal campo di appartenenza. Questa “penitenza” tra virgolette è dettata

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anche dall’aiuto che puoi trovare nei collaboratori. I collaboratori non sono soltanto la forza trainante ma anche quelle persone che ogni giorno ti possono far capire dove andare e suggerire e farti capire di essere sulla strada giusta. I team della mia concessionaria sono tanti, devono avere la giusta emotività, la giusta passione e la giusta concorrenza anche fra di loro. Se si fa squadra per sedersi, per stare in stand-by non va bene. Il team deve essere in concorrenza già con se stesso e, ribadisco, bisogna diventare squadra nella concorrenza, anche fra di loro. Una squadra che punta a traguardi sia umani che professionali è una squadra vincente.

Ma marketing, promozione e social network pesano sul successo, indipendentemente da ciò che si commercializza? Oggi, secondo me, la risposta è a metà strada, non ci può essere un uno che escluda l’altro. C’è una forma di vendita che è essere quella tradizionale che è quella che viviamo, che abbiamo sempre vissuto, che hanno vissuto i nostri genitori, ma esiste, ed è bello così, un’altra parte che si affida ad una forma di vendita che si chiama web, che si chiama social che ha a che fare con un sistema innovativo che non

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si può escludere e che sarà sempre in futuro sempre più imponente, comunque se il prodotto che si propone non ha valore non vi è nessuna formula che possa decretare un successo duraturo. Secondo lei, la sua personalità, il suo modo di essere e di porsi si riflettono nel suo, anzi, nei suoi team? Non esiste persona, imprenditore che, umilmente, non debba far valere la propria personalità ed il proprio modo di fare. Umilmente sottolineo, perchè non è urlando o riprendendo in maniera brusca chi sbaglia o non ti segue che si riesce a fare gruppo o fare squadra. Ma certamente

se questa gente non è in linea con quelli che sono i tuoi progetti, non è in linea con quelli che sono i tuoi sogni, non è in linea con quella che può essere la tua voglia di arrivare o essere primi, certamente questa gente non può fare squadra e quindi non può fare parte del tuo team. Quindi sì, per rispondere alla sua domanda, visto che il mio modo di pormi è direttamente legato al lavoro credo si rifletta nei miei collaboratori. E’ un periodo di crisi per tutti i settori, credo anche il suo, quali strumenti, pensieri, parole e azioni ha messo in

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campo per superarlo? La parola d’ordine in questo momento è rinnovarsi, cioè la crisi deve essere un punto di partenza per non guardare alla problematica ma per aggirarla, quindi è fondamentale lavorare su principi e su conseguenze che non vanno sull’obiettivo e cioè la crisi. L’unica frase che viene fuori in questi momenti è “c’è crisi”. Se noi lavoriamo sull’innovazione, se lavoriamo per trovare delle vie traverse a quella che è la crisi non soltanto ci prepariamo a superarla ma continuiamo a lavorare con la stessa intensità e, grazie a questo, si riuscirà, sicuramente, a trovare un tipo di lavoro che ti darà soddisfazioni. In Calabria è difficile un po’ tutto, quali sono, a suo avviso, i settori sui quali vale la pena investire? Auto a parte! I settori dove c’è soprattutto la passione. Oggi non esiste, come ha ben detto lei, un settore migliore dell’altro. Oggi i settori sono tutti in crisi, ma la crisi la si può superare se si fa un lavoro che ti piace, se lo si fa con trasporto, con dedizione, se lo si fa seguendo l’innovazione e con il supporto di una squadra vincente. Come definirebbe il mondo del lavoro lametino? Lamezia secondo me è una grande realtà, lo è sempre stata e continuerà ad esserlo. La nostra città ha la fortuna di avere delle persone che lavorano di fantasia ed inventiva e questo, unito alla sua centralità, nonchè alla vocazione commerciale,

agricola che abbiamo, è un punto di forza che fa sì che il resto della Calabria la inquadri, anche in questo ultimo periodo, come una città in crescita. Conoscendola posso affermare che non le manca le manca di certo il gusto delle sfide e la propensione quindi ad osare … mi dica ha qualche nuova idea da realizzare in futuro? Io sono troppo appassionato e molto tifoso della mia attività , quindi il mio obiettivo è quelli di continuare a fare bene il lavoro che faccio e lascio fare ad altri, che sono sicuramente molto più rigeneranti in altri campi, quello che potrebbe essere investire in altre attività imprenditoriali. Ed ora abbandoniamo il lavoro e parliamo un po’ di lei che bambino è stato? Obbediente o scalmanato? Sicuramente non in linea con i canoni, però è anche vero che ho sempre mantenuto una linea di principi che mia madre mi ha inculcato. E che adolescente è stato? Un adolescente già con lo sguardo proiettato al futuro lavorativo oppure il lavoro era l’ultimo dei suoi pensieri? Da adolescente le posso dire che sono stato chiuso in collegio perchè ero un po’, in questo senso, poco in linea con quelli che erano i canoni generali, ma il collegio, del quale ho bellissimi ricordi, mi ha aiutato ad essere, a diventare migliore. Si può dire che il suo rapporto con la scuola, grazie al collegio, è stato buono? Sì è stato ottimo. Ho frequentato il collegio con piacere traendone buoni risultati per quella che sarebbe stata la mia vita. Infatti gli insegnamenti che lì ho avuto sono

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poi stati reinvestiti nella mia attività con grande soddisfazione. E la religione che ruolo ha nella sua vita? Io sono un credente che ha un rapporto molto diretto ma non mi permetto di esprimere giudizi sulla chiesa e tutto quello che è ambiente ecclesiastico. Le piace Papa Francesco? Mi sembra un grande combattente e nel suo ruolo è una persona che sa quello che vuole

che si può fare molto. Lamezia è a poca distanza da altri centri e non solo, è anche facilmente raggiungibile quindi è polo di attrazione. Molte cose vengono fatte e poi si perdono per cavilli, per problematiche rimaste irrisolte. Forse c’è semplicemente bisogno di più costanza e più attenzione alle normative per non cadere in queste situazioni. Come trascorre il suo tempo libero? Il mio tempo libero è abbastanza normale

Che valore ha la famiglia per lei? La famiglia per me ha un valore inestimabile, anche se non ho figli. Sicuramente averne avuto un paio in questo momento storico, mi sarebbe stato di grande conforto non solo perchè avrebbero potuto affiancarmi in questo lavoro. Ma sono fortunato perchè ho ancora i genitori in vita che continuo a godermi, spero ancora per molto, ed auguro anche ai miei coetanei di potere fare altrettanto.

Però sa che io la vedrei bene in politica? Potrebbe essere un elemento di rottura, potrebbe applicare le sue idee vincenti in questo settore così difficile! Allora aspetto qualche proposta positiva che potrebbe fare scoppiare la scintilla della passione anche in questo settore.

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Ama gli animali? Ne possiede qualcuno? Gli animali sì li amo, li rispetto, non ne posseggo ma li apprezzo. Ama leggere? Autori preferiti? Sì, amo leggere , uno degli autori preferiti è Osho che mi da’, alcune volte, quella carica necessaria per andare avanti, quando, talvolta, la perdo.

Parliamo ora di Lamezia, della sua città, commissariata ancora una volta, la sua opinione in merito? La politica non è mai stato un elemento, al contrario delle auto, che mi ha appassionato e, come per tutte le cose che non mi appassionano, non me ne curo più di tanto.

Teatri chiusi, impianti sportivi chiusi, sembra che per potersi divertire, ristoranti a parte, i lametini siano costretti a lasciare la città, c’è qualcosa che vorrebbe dire a chi ci amministra attualmente? Lamezia è un grande centro di vita, tra virgolette, perchè la vita non è soltanto quella che ci viene data , ma anche quella che si vive. Infatti c’è molta gente che vive all’anagrafe ma non vive da un’altra parte. Quindi il suggerimento è

automobilistico . Amo gli eventi come ad esempio un mondiale, un finale di coppa di tennis, tutto quello che può essere evento mi appassiona. Ma non mi appassionano solo i grandi eventi come quelli citati, anche gli inviti fatti dagli amici li vivo con piacere e sono un momento di grande soddisfazione.

e sereno. Vivo tranquillamente la mia vita con una compagna, mi dedico agli hobby che sono sempre legati al settore

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“scapolo d’oro”, bell’uomo, sempre elegante ed alla moda, con una posizione invidiabile, festaiolo, circondato da tanti amici, mi dica, c’è una “first lady” all’orizzonte? Io convivo felicemente con una ragazza di Cosenza, e per quanto riguarda il festaiolo la ringrazio, ma la mia vita negli ultimi anni, è abbastanza moderata e vivo serenamente sia le giornate che le serate . Concludiamo con la domanda alla Marzullo che facciamo a tutti: La domanda che non le ho fatto e che avrebbe voluto le facessi, si faccia la domanda, ci dia la risposta La domanda è: Ferruccio quando era piccolo cosa sognava di fare da grande? la risposta è Il pilota di auto… il pilota di formula uno. In un periodo come quello che sta vivendo

non solo Lamezia, ma l’Italia tutta, parlare con imprenditori pieni di entusiasmo, positivi è come respirare una boccata d’aria fresca, è come credere che un futuro migliore ci possa essere. Temerarietà ed un pizzico di impudenza lo contraddistinguono, una giusta amalgama per fare, per creare, “per la sua squadra”, un futuro migliore. Ha le idee chiare ed il suo background professionale, che si è creato sul campo, lavorando fianco a fianco con il padre, gli ha permesso di sognare, di “osare” e realizzare, almeno in parte, i suoi sogni, non è diventato un pilota ma, sicuramente è uno fra i primi a poter vedere, provare, guidare e perchè no, accarezzare, le nuove macchine che i prestigiosi brand che rappresenta immettono sul mercato anno dopo anno. Il mercato dell’automobile è in continua evoluzione e lui non chiude gli

occhi innanzi al progresso, si sta preparando per essere pronto quando la maggior parte delle vetture viaggeranno grazie a motori elettrici e, forse, i motori sospinti dalla benzina resteranno appannaggio di pochi “eletti”. A lui voglio dedicare una frase del suo autore preferito, Osho: La vita ha due polarità: l’essere e il fare. L’essere è la tua natura: è sempre con te, non devi fare nulla per averlo. È qualcosa che esiste già, che sei da sempre; non è qualcosa che possiedi. Non esiste nessuna distanza: sei già il tuo essere. Il fare è una conquista. E sicuramente Ferruccio è e fa, possiede ambedue queste polarità e riesce ad essere un conquistatore nella vita, non solo di donne e motori ma di principi ben più saldi come il rispetto per la famiglia ed il lavoro.

Comunemente si dice “donne e motori”, quasi che le due cose fossero inscindibili, lei ama i motori per le donne o … viceversa? Posso astenermi dalla risposta?... Sono due cose, come dice lei, inscindibili, e consideriamole come tali per cui non si può dire cosa o chi venga per primo. Lei potrebbe essere quello comunemente viene definito

che uno

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che spaventano Salvatore. Giuseppe Squillace (Docente Universitario Unical): “ Lo studio è come la luce che illumina la tenebra dell’Ignoranza e la conoscenza che ne risulta, è il supremo possesso perché non potrà esserci tolto neanche dal più abile dei ladri” Dalai Lama. Educare allo studio e alla cultura è una delle cose più difficili ma non spaventa Giuseppe. Resistere quando tutto sembra finire, insegnare ad essere pronti e testimoni di vita. La letteratura, le scienze e altre discipline preparano a ciò ma non fanno molto se non sono supportate da un degno maestro. La Calabria ha bisogno di persone come Squillace che si fanno missionari del messaggio universale che la cultura incarna, quel messaggio puro di passione viscerale. Bruno Brattoli (Presidente Del Tribunale Di Lamezia Terme): “Voglio già bene a Lamezia Terme” così si esprime Brattoli durante il discorso di benvenuto olio città. Voler bene, credere nel proprio mestiere, esserci, appassionarsi, sentirsi pronti queste tra le caratteristiche che ci hanno spinti a soffermarci su una figura così importante come Brattoli che porta avanti il suo straordinario lavoro al fine di mantenere legalità e buon senso civico a Lamezia e nel comprensorio. Un uomo~.una missione di vita. Antonio Perri (Editore) Giovane Imprenditore Lametino, laureatosi all’Università di Urbino in Sociologia con indirizzo giornalistico, ha portato avanti l’azienda di famiglia decidendo poi di entrare nel delicato settore dell’Editoria. E’ stato presente al Salone del Libro di Torino ed al Salone del Libro di San Mango. Alcune pubblicazioni si sono classificate ai primi posti in prestigiosi premi letterari. Vittorio Russo (Promoter Finanziario): partito giovanissimo, ha lavorato nel campo della solidarietà, un “emigrato al contrario” che, dopo aver acquisito tanta esperienza nel campo della dedizione e dell’amore verso H prossimo, ha deciso di tornare a case e mettere la sua professionalità al servizio della sua comunità. Giovanna Gigliotti ( Direttore Business Assicurativo Unipol Sai): Personalità distinta durante il corso degli anni per la sua brillante carriera. Una lametina doc nata a Nicastro, con una voglia di fare ed una determinazione tipica meridionale. Imprenditoria al femminile, attivista e donna di forte spessore culturale ma anche umano. Tutto questo e tanto altro è Giovanna Gigliotti un direttore lametino che porta avanti il marchio Calabrese in tutta Italia. Antonio Marziale: (Garante per l’infanzia della regione Calabria): Ama definirsi “Garante on the road” impegnato a verificare in prima persona i problemi e lo stato di necessità dei più piccoli, collaborando con istituzioni statali e amministrative per dare tutela ai minori, coinvolgendo in questo nobile percorso famiglie e scuole. Valeria Komish: Giovane coraggiosa, responsabile del Metropolitan University di Londra. Ha fatto della propria passione un mestiere di vita, una missione guardando al futuro senza paura. La nostra Calabria è fiera e grata a tutti quei ragazzi che come lei, sanno lavorare e andare oltre superando ogni barriera. Raffaele Renda: Cantante lametino e giovane interprete, dalla voce profonda ed elegante. Amante della propria terra e legato alle proprie origini porta Lamezia Terme in tutta Italia attraverso quello che è il linguaggio universale della musica. Questa sera si premia il talento e con Raffaele Renda anche l’intraprendenza giovane di chi crede nei propri sogni ed ha il coraggio e la voglia di perseguirli. Alfredo Porcaro (presidente F.I.N. Calabria): La Calabria ha bisogno di persone come Alfredo Porcaro che non si fermano di fronte e niente, facendo del mondo imprenditoriale la sua fonte d’ispirazione. Non è facile avere la capacità di investire nel nostro paese e per tale motivo avere persone come Porcaro fa sì che la nostra terra diventi unica e vada oltre i propri confini Giovanni Tocci: (Campione Olimpico Di Tuffi): Cresciuto a Rende ha partecipato ai mondiali di nuoto del Kazan nel 2015 nel concorso del trampolino 3 m sincrono. Nel 2016 vince l’argento nel trampolino da 1 m. Le vittorie di Tocci rappresentano un importante ritorno sulle scene dell’Italia. Vincenzo Ferraro: Il suo curriculum parta da sé, lo vede in primis sostenere tantissimi riconoscimenti importanti e la sua esperienza lo rendono

Spettacolo

Galà della Gratitudine Poche parole per questo articolo che parla per immagini e motivazioni ma voglio fare i miei complimenti a Giovanni De Grazia, instancabile nel suo volere rendere omaggio alla sua città, alla sua terra, ai figli della sua terra, anche a coloro che pur lavorando duramente e mietendo continui successi vengono di rado premiati, Ci sarebbe molto da dire su questo, magari, in una prossima intervista all’interessato approfondiremo l’argomento! Danilo Mancuso: Eccellenza calabrese, figlio d’arte e forte presenza nel campo dello spettacolo. Ha fatto della musica non solo la sua passione ma anche il suo mestiere portandosi avanti senza timore. Uomo artisticamente sensibile Danilo è per noi persona di spicco non solo in Calabria ma in tutta Italia, perché la musica non rimane fine a se stessa ma con Danilo supera ogni barriera con dedizione e professionalità. Mirko Perri E Mario Vitale: Il coraggio tipico dei giovani e la tenacia sono tra le caratteristiche che contraddistinguono questi due giovani artisti. Uno promoter musicale e ideatore del color fest, l’altro regista di livello, musicista e ideatore di eventi culturali e cinematografici apparentemente molto differenti ma vicini intellettualmente. Giovani menti emerse in una terra dal forte potenziale ma tanto restìa nel guardare oltre, questo uno dei sentimenti che ci ha spinti a premiare Mario e Mirko, la bellezza di un’arte che ha il coraggio di restare. Anton Giulio Grande: Tessitore di sogni che diventano realtà, d’arte sublime e di sconfinato amore per il mondo della moda. Fonte d’ispirazione per i giovani che guardano a questo mondo fatto di luccichii e di chiari/scuri, Anton Giulio è tra i maestri di moda più brillanti dei nostri tempi. La sua intraprendenza ha raggiunto i vertici più alti delle passerelle di fama internazionale. La sua arte oggi è l’oggetto del desiderio di ogni donna dal gusto raffinato e chic. Raffaello Conte: Da anni al servizio dell’altro sempre in prima linea di fronte ad ogni catastrofe cittadina e nazionale, mettendosi per primo in gioco e soccorrendo il prossimo. Un uomo che ha fatto del bisogno altrui il suo punto di forza mettendo in primo piano il bene della città. Lamezia è onorata di avere Raffaello Conte tra gli esempi di vita più alti che una realtà possa desiderare. Simone Bernardini: Presidente Arvalia nuoto Lamezia, In una società in cui coesistono tanti ostacoli quotidiani c’è chi come Bernardini e il suo team, ha creduto e continua a credere nel potenziate umano, facendo dell’impianto esistente a Lamezia Terme la centralità del nuoto calabrese. Collaborando con vari enti dì promozione sportiva siglando convenzioni specifiche con associazioni sportive dilettantistiche che hanno come obiettivo principale la promozione dello sport basati sul principio di lealtà. Giuseppe Mascaro: Professionalità e alta dedizione verso il lavoro con un occhio di riguardo verso alla nostra meravigliosa terra. Un pilastro dell’imprenditoria calabrese ha saputo unire la voglia di fare all’amore per la propria terra, un connubio perfetto per portare avanti la bellezza della nostra regione e ì suoi enormi potenziali. Salvatore Palazzo: Forza e caparbietà sono qualità uniche nel mondo dell’Imprenditoria e per rispondere a tali caratteristiche ci vogliono personalità come Salvatore Palazzo che sono fiduciosi in quello che fanno e lo sono ancor di più nelle grandi potenzialità che la regione Calabria possiede decidendo di investire in questa terra. Far parte di un processo di crescita non è semplice ma la sfida non è tra le cose

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imprenditore importante in tutta Italia. Diventato agente generale nel 2015 ottiene i primi riconoscimenti da parte della direzione Vendite di Unipolsai. Per i risultati ottenuti in poco tempo, ottiene un importante e delicato ruolo quale Agente Pilota per la Calabria. Nel 2018 le prime soddisfazioni importanti portando lustro al territorio Lametino, in quanto vincitore di una gara interna UNIPOLSAI per le regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia. Mario Caligiuri: Investire nella cultura in Calabria non è mai stato semplice. Mario Caligiuri lo ha fatto richiamando intorno a sé personalità importanti e rendendo l’università della Calabria una delle eccellenze italiane. Lavorare per l’altro e al servizio dell’altro è una delle doti particolari di Mario Caligiuri. Luigia Spinelli: Esercita una delle professioni più complesse e forti per la nostra terra, quella di Magistrato. Tante le responsabilità che la Spinelli ricopre, ma altrettante le bellezze professionali che la rappresentano. Uno spiccato senso del dovere, della giustizia, della legalità, collaborando con personalità di alto livello come Nicola Gratteri nella lotta contro la criminalità organizzata. Caterina Ermio: Presidente Nazionale Donne Medico. Premiata con il Brigantino d’Oro 2018 per aver dato lustro alla Calabria con il suo operato. Ha dedicato e dedica il suo cuore al miglioramento della sanità, in particolare quella calabrese con dedizione verso i pazienti. Caterina Ermio è una di quelle personalità che nell’esercizio della propria professione si sono distinte per avere dato voce alla Calabria migliore e per la lotta contro tutte le mafie. Michele Affidato: “Nessun artista può sentirsi appagato solo dall’arte. C’è il naturale desiderio di rendere nota la propria maestria” Così si esprimeva Agatha Christie ed è proprio ciò che emerge dal maestro Michele Affidato un artista che non si ferma e mette in risalto la propria arte, unica in maniera sublime. Una forma d’arte tutta calabrese, grazie a cui siamo conosciuti in tutto il mondo. Giuseppe Soluri: Presidente dell’ordine dei giornalisti della Calabria, Soluri parte dall’idea che l’informazione rappresenta il presupposto e il sale della democrazia in una terra dov’è difficile fare il giornalista. A partire dalle nostre realtà c’è bisogno di una maggiore informazione di qualità per rifuggire eventuali condizionamenti e costruire una forma di convivenza democratica questo è il messaggio che il presidente Soluri porta avanti in maniera eccelsa. Attestati e riconoscimenti ai vari settori: Rtc – Rti – Lactv – Calabria Tv – Telespazio Tv – Esse Tv – Sttelevision – Zapping Tv – City One – Live Med – Carpetel Telecomunicazioni – Quotidiano Del Sud – Gazzetta Del Sud – Basketball Lamezia – Top Volley Lamezia – Royal Team Lamezia Comando Gruppo Carabinieri Lamezia Terme – Gruppo Guardia Di Finanza Lamezia Terme – Vigili Del Fuoco Distaccamento Lamezia Terme – Commissariato Polizia Di Stato Lamezia Terme – Comando Polizia Locale Lamezia Terme Associazione Riviera Dei Tramonti – Unipolsai – Acqua Vita Sana – Avis Budget Group Pm – Premac – Il Di…Vino Bacco – Bottega 89 Garage Cafe’ – Bar Pasticceria 2112 -

Accade a Lamezia

Confluentes Si è tenuta il 22 agosto 2018 a Conflenti la 7^ edizione del Concorso Regionale di poesia dialettale “Vittorio Butera” dedicato al grande poeta conflentese vissuto tra la fine dell’800 e la prima metà del 900. Come ogni anno, molto ricca si presenta la giornata dedicata al poeta. Dapprima la Presentazione del libro “Cujjianti cari, nu pegnu d’amure” di Ciccio Scalise, conflentese di adozione che ha vissuto a Conflenti per ben 10 anni integrandosi con la comunità conflentese in maniera viscerale. Il suo amore per Conflenti è perdurato anche dopo la sua partenza per motivi di lavoro, finché, nel 2017, il caso ha voluto che dovesse tornare di nuovo in quel paesino a lui tanto caro, proprio in occasione del Concorso di poesia dialettale, in qualità di vincitore, con un componimento dedicato al poeta Butera e da quel ritorno, forse, è nato il desiderio di scrivere un libro di poesie dedicato a Conflenti del quale ha fatto omaggio al paese. Nel corso della presentazione momenti musicali hanno accompagnato i ricordi di Ciccio Scalise e del pubblico presente in sala, e poi la lettura delle poesie contenute in questo opuscolo con cui ha voluto omaggiare i conflentesi per il l’affetto dimostratogli negli anni trascorsi in paese. I saluti poi del Presidente dell’associazione Confluentes, Laura Folino, organizzatrice della manifestazione, e del sindaco Serafino Pietro Paola, hanno rimarcato il profondo legame della nostra comunità con Ciccio. Il sindaco ha poi piacevolmente sorpreso lo scrittore, promettendogli la cittadinanza onoraria “... per l’onestà e la passione dimostrata negli anni qui trascorsi, e per l’amore che ancora oggi, a distanza di tempo, lo lega alla comunità conflentese, rendendolo, pertanto, parte integrante di essa”, come recita la targa di riconoscimento consegnata dal Presidente Confluentes allo scrittore. In sala anche l’onorevole Tonino Scalzo che si associa agli apprezzamenti rivolti al poeta e amico Ciccio Scalise. La Presentazione è stata interamente ripresa dalle telecamere di EsseTV.

Pasquale Scaramuzzino – Raffaele Renda – Marcello Le Piane (Alla Memoria) – Guglielmo Mastroianni – Saveria Maria Gigliotti – Tonino Amatruda – Giovanni De Grazia

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La serata prosegue sul Sagrato della Basilica della Madonna della Quercia di Visora con la commedia teatrale “Signorsí” della Compagnia i Malepatuti di Cosenza, regia di Luigi Speciale. Segue la Premiazione del Concorso di poesia che quest’anno ha contato molti partecipanti anche fuori provincia. Ad essere premiati sono stati: al primo posto Maria Grazia Paola, conflentese d’origine che vive a Lamezia Terme, con la poesia “Festa di Visora”; al secondo posto Franco Blefari con “Sirinati amari”; e al terzo posto Bruno Versace con “A figghja ‘ncinta”, entrambi della provincia di Reggio Calabria. Come ogni anno la serata culturale di Confluentes, diventa quindi una certezza nell’ “agosto conflentese”. Ormai appuntamento fisso del mercoledì della settimana più attesa dai conflentesi e dai molti emigrati che giungono appositamente a Conflenti nel periodo estivo, ovvero la Festa della Madonna, ha ricevuto, inoltre, il plauso del pubblico e dei partecipanti per la capacità dimostrata nel tempo di riuscire a rendere la cultura e le tradizioni locali alla portata di tutti, incluse le nuove generazioni spesso poco permeabili in questo senso, coniugando poesia, musica, arte, teatro, tradizioni in una formula vincente che sa regalare puntualmente belle emozioni alla gente e che, di anno in anno, ci arricchisce e diverte. Perché anche queste iniziative servono a tenere in vita i piccoli borghi spesso abbandonati al crudele destino dell’oblio, e perché, come recita il motto dell’associazione Confluentes: “la cultura è l’unico bene dell’umanità che, se diviso fra tutti, anziché diminuire diventa più grande.” Nuovo Incontro

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Andare e rischiare i confronti i possibili confronti tra chi ero e chi sono. Mi faccio prendere dal panico. Fingerò un malanno, magari mi saluteranno con rammarico e tutto il gruppo digiterà partecipe “ poverino, rimettiti, sarà per la prossima volta!”. Ma la fanatica delle riunioni, quella da cui tutto ha origine è come un cane da caccia: non molla la preda e riesce non solo a scovarti, col fiuto d’un cane da tartufi, ma anche a convincere i più riottosi facendo prevalere la curiosità sulla paura: “Chissà che fine ha fatto il tale, cosi’ bravo a scuola, oppure il tal’altro che invece per tutti era un asino patentato?” Oppure mentendo sapendo di mentire: sulla estrema e urgente necessità della tua presenza per un supposto aiuto che solo tu, con la tua fantasia ed estro puoi dare per allestire una serata da restare nella memoria. E…Bla-bla-bla, Bla-bla-bla, e ancora Bla-bla-bla ! E fu cosi’ che la ” Bastarda dentro e fuori” mi prese anche per stanchezza, facendomi gettare la spugna, prima che il cuore, oltre l’ostacolo ! Alla fine è arrivato il momento fatidico: difficile riconoscere tutti quei signori e signore di (oltre) mezza età. A volte è solo lo sguardo che aiuta, altre volte è la voce che è rimasta la stessa. La parte femminile, che in genere se la cava meglio, per le maggiori cure che le donne, di norma dedicano al proprio aspetto, non è che poi se la passi tanto meglio ! Il tempo sembra proprio essere passato tutto, ma … proprio tutto (come del resto anche, se non peggio, per noi maschietti) denunciando che … X …. anni se ne sono proprio … andati! Ma dai fresche e aulentissime rose di maggio, scherzo! La serata passa via veloce tra gli aneddoti del passato raccontati a più voci, i ricordi con-divisi, le gite di classe, il professore più amato, quello più temuto eccetera eccetera Molti eccetera eccetera. Qualcuno ha preparato un video “amarcord” con foto e filmini d’epoca inseriti nel confron-to/parallelo tra quei mitici anni 60 da noi vissuti e i tempi d’oggi: i giochi, la televisione, la pubblicità, le canzoni, i miti etc. di allora, con quello reinventato che c’è oggi con le nuove tecnologie, che ci rendono insieme, si’ virtualmente vicini ma anche realmente e tristemente più lontani e isolati. Mi ero chiesto quali fossero le motivazioni che possano spingere un gruppo eterogeneo di persone di quasi … X anni, sparse su e giù per l’Italia, a ritrovarsi dopo tanto tempo, pen-sando che sarebbe stato meglio conservare i ricordi della gioventù cosi’ come sono, inca stonati nel passato ideale. Sottoporsi allo stress di venire giudicati, soppesati per l’aspetto, per la riuscita professiona-le e personale: perché? Stasera ho avuto la risposta. Qualcosa che resta, anche se sopito, aldilà delle chiacchiere e dei ricordi tra vecchi com-pagni di scuola c’è. E’ l’emozione di guardarsi indietro e, con un senso di vertigine, riscoprire la strada che si è fatta insieme.

Cinquanta e ... non sentirli! Le riunioni con i vecchi compagni di scuola sono come degli specchi: ci mostrano soprattutto quello che temiamo di far vedere. Possiamo vivere serenamente dopo la fine delle scuole ma il giorno in cui nella nostra vita ripiomba qualcuno da quel passato remoto che è stato la nostra giovinezza, arriva sempre quel certo tuffo al cuore. E per quanto la nostra vita attuale possa essere felice, completa, soddisfacente, attimi di terrore ci assalgono. Nessuno passa indenne alla prova della riunione dei compagni di scuola: è’ il momento del confronto, del salto del passato nel presente, forse … nel buio! E lo capisco da Facebook, anticamera infernale della riunione fra compagni di scuola. Gente con cui siamo cresciuti che” posta” giustamente, un tripudio di foto di nipotini, maritini e casette “Mulino Bianco” oltre che Master negli U.S.A. E quella sera poi, potrebbe forse anche esserci quella che sciorinerà per filo e per segno.la vita dei suoi brillanti figli multi-laureati e plurimaster e delle figlie bellissime che suona-no il piano piuttosto che il violino accanto ai loro maritini General Manager e agli splendidi loro marmocchi partoriti con annessi tablet e smartfhone coi quali questi ultimi hanno registrato dall’interno l’evolversi della gravidanza della loro mamma, inviando ogni tanto, a loro, nonni, qualche whatsap o postando i loro video su youtube! L’e-mail appena arrivata, il messaggio che lampeggia sullo schermo del cellulare, riporta a un nome archiviato nella memoria... A 30 anni fa. No aspetta!… sono almeno … eh si’ … sono 50! 1968 – 2018 ! Sono proprio 50 ! Eravamo a scuola insieme, abbiamo condiviso professori geniali e insegnanti nevrotici, interrogazioni e compiti fiume. E poi alla fine ciascuno per la sua strada. Alla fine i vecchi compagni di scuola, anche quelli più vicini, finiscono per perdersi di vista, al massimo rimangono un contatto tra i tanti su Facebook. Il messaggio appena arrivato, quindi, si apre col cuore in gola, certi sia portatore di quella “sventura” paventata. E, infatti: la cara, simpatica, sempre lei, vecchia compagna di scuola, con accanita ostinazione, avvisa: “sono passati 50 anni dalla mitica classe V.^ A dell’Istituto Tecnico Commerciale: quale migliore occasione per rivederci? E così, sicura che in hoc signo vinces, dà il via al progetto già in gestazione. E’ scattata già infatti, la ricerca di tutti gli ex studenti della classe. Gli scambi di informazioni per rintracciare quelli che, refrattari ai social network, non si fanno reperire facilmente: la caccia diventa sempre più frenetica… viene addirittura creato un apposito gruppo su whatsapp. L’amarcord comincia a popolarsi di messaggi e di persone e di flashback che sembra arrivino direttamente da un altro spazio temporale. E qui, fra una proposta sul ristorante dove prenotare e la contrattazione infinita sulla data del ritrovo, i dubbi e anche la paura diventano realtà. E se non mi riconoscessero perché sono troppo invecchiato? E poi temo di incespicare sui nomi tentando anch’io di far coincidere l’immagine del ricordo con un viso reale che non gli assomiglia più. Un dubbio amletico, “to be in or not to be in” “ esserci o non esserci”, cioè “andarci o non andarci”.

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Lamezia e non solo

Lamezia e non solo

E’ la certezza di venire proprio da li’, di avere delle radici e delle motivazioni in comune con quelli che, a prima vista, sono solo un gruppo di anziani signori e signore che invece erano e sono i miei compagni di scuola! E ’questo modo di pensare, di vedere le cose, che quella sera ci ha accomunati e ci ha fat-to superare ogni diffidenza, ogni preconcetto. Nessuna “fiera della vanità” quindi, come temevo, ma un gruppo di persone che se anche nella vita di tutti i giorni non si frequenta, è rimasto legato non solo dai ricordi comuni ma anche soprattutto dall’immutato affetto. Grazie, cara, simpatica, sempre lei, compagna di scuola, perché: quando più nulla resterà tra noi o soltanto una sbiadita memoria, il ricordo di questa serata continuerà a bruciarmi negli occhi!

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Spettacolo

“Non chiamatela musica popolare” Vacantiandu 2018, seconda edizione del progetto Vacantiandu con la direzione artistica di Diego Ruiz, Nico Morelli e la direzione amministrativa di Walter Vasta. Il progetto, finanziato dalla Regione Calabria per il triennio 2017-2019 nell’ambito degli interventi tesi a valorizzare i luoghi di interesse storico e archeologico e promosso dall’Associazione teatrale I Vacantusi di Lamezia Terme, ha proposto per la rassegna estiva un ciclo di concerti di Pierluigi Virelli. Quattro gli appuntamenti: a Cleto nel Castello di Savuto, a Nocera Terinese nel seicentesco Convento dei Cappuccini, a Motta S. Lucia in Piazza Castello e a Jonadi (VV) in Piazza Santa Tecla nella frazione Nao. Tre i concerti in cui Virelli è stato accompagnato dai bravissimi musicisti Fedele Pingitore (batteria) e Francesco Mancuso (organetto e fisarmonica) e un concerto-seminario da solista. “Non chiamatela musica popolare ma musica di matrice orale”, così ama aprire i suoi concerti Pierluigi Virelli che è cantante e polistrumentista, ricercatore etnografico e promotore della cultura calabrese più arcaica. Dopo le tante esperienze all’estero e le numerose collaborazioni con artisti internazionali è tornato in Calabria con l’obiettivo di recuperare e promuovere i “suani” antichi e obliati della regione. La sua ricerca musicale si svolge vivendo a stretto contatto con il mondo agro-pastorale calabrese e questo gli ha consentito non solo di apprenderne il repertorio ma anche le tecniche di costruzione degli strumenti e la loro funzione sociale. Suoni tradizionali con una esecuzione contemporanea affinché la musica non sia “congelata” e così gli strumenti della tradizione quali la pipita, il marranzano, la fisarmonica, l’organetto, il tamburello e la chitarra battente dialogano con strumenti moderni come la batteria e la chitarra acustica (la sua inseparabile Seagull) che intona un canto di “spartenza” su quella “Merica luntana” magistralmente raccontata da Mimmo Gangemi nel romanzo La signora di Ellis Island o canta l’amore Pe’ ttia ne’ muoru. La chitarra battente accompagna tarantelle e serenate come Guarda dispettu chi mi fa la luna, sospiri di un amore felice o geme di sdegno per un amore tradito. La fisarmonica chiacchiera con la chitarra al ritmico controcanto della batteria in una sorta di filastrocca irridente tipica del Marchesato che narra del matrimonio tra un certo zu Giuanni che sposa la za Micuzza con una testa grande come na cucuzza. E ancora la versione calabrese della celeberrima Malarazza portata al successo da Modugno e omaggi alla cantastorie siciliana Rosa Balistreri con il canto d’amore “Cu ti lu dissi” e al cantautore napoletano Eugenio Bennato con “Brigante se

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more”, esortazione al risveglio e al riscatto della propria terra. Una “zingarata” a suon di pipita e un “cantu all’abballu” con tamburello e fisarmonica. Concerti intensi e carichi di ritmo con un repertorio vastissimo di canti di amore, di sdegno e di “spartenza”, serenate (anche tristi), “zingarati” e “sunati all’abballu”. Imperdibili occasioni di ascolto che nel suo concerto-seminario si trasformano in affascinante narrazione. Una narrazione che rifugge dalla tentazione nostalgica per offrire la varietà sonora di cui la Calabria è ricca. “A me piace vivere per addizione” dice Virelli, riprendendo la felice definizione di Carmine Abate. “Il fatto di suonare un organetto o un tamburello non significa essere automaticamente un suonatore di musica calabrese. Io suono la chitarra elettrica, ho un sintetizzatore, un programmatore e un computer ma faccio questa musica perché ho la consapevolezza di cosa sia l’intenzione musicale ovvero suonare musica di matrice orale. La Calabria, nel Mediterraneo, è la regione con il maggior numero di strumenti e di ogni strumento ci sono varianti locali e uno straordinario corredo sonoro eppure per molto tempo la Calabria stessa ha disconosciuto la propria cultura orale e musicale ritenendola denigrante. Invece questa ricchezza e varietà di strumenti è invidiata da tutti e questo ha permesso di avere un repertorio vastissimo di canzoni… L’ondata modaiola dell’ascolto della cosiddetta musica popolare non deve far perdere la percezione che la varietà vada difesa, non può esistere un solo dialetto per tutta la Calabria. La differenza è sinonimo di libertà. Riunire tutto in una unica lingua significherebbe impoverirsi, appiattirsi…” Di questo variegato paesaggio sonoro, sound landscape, Virelli ne intesse un racconto tra il favolistico e il bucolico, diventa un “cercatore di memorie sonore” e ricrea i suoni arcaici delle Calabrie da Mesoraca a Trebisacce, da Longobucco a Rocca Bernarda come un viaggiatore del Gran Tour. E così scopriamo che il marranzano o malarrunu o scacciapensieri, piccolo tamburo suonato ritmicamente con un telaio in ferro battuto e una lamella in acciaio è uno strumento che, contrariamente a quanto si creda, non è di origine siciliana, è antichissimo e la sua musica potrebbe essere paragonata alla moderna techno. E ancora che il flauto arcaico detto anche frischettara o zumpettana, era molto comune fino a qualche anno fa nella cultura agropastorale della Calabria. Si costruiva con la corteccia giovane degli alberi e aveva un solo foro. Era ritenuto uno strumento magico e sacro. Ha una melodia varia che deve essere prima “immaginata”, “composta nelle pro-

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pria testa” e poi riprodotta soffiandoci dentro e variando la pressione del fiato. Già Pitagora aveva studiato questo strumento arrivando alla creazione del monocordo e ottenendo la scala musicale diatonica. Virelli ne offre una versione in plastica e ne fa un uso più contemporaneo. Poi il flauto di canna, strumento più moderno con 5 buchi che è il flauto dolce di oggi. Ma un tempo gli uomini calabresi non si accontentavano di questo solo strumento, avevano esigenze e gusti più complessi, divini quasi perché per loro lo strumento era l’unico mezzo per mettersi in contatto con Dio. Ed ecco allora u masculu e la fimmina ovvero il doppio flauto altrimenti detto u frischiattu a dui le cui combinazioni armoniche sono di dolcezza incomparabile. Tuttavia, con il passare degli anni la musica si è impoverita sia dal punto di vista estetico sia dal punto di vista qualitativo-funzionale. Infatti, mentre oggi la funzione della musica è recepita come mero divertimento o come attività commerciale o lucrativa, i sonaturi di un tempo, gente non colta dal punto di vista musicale ma capace di suonare decine di strumenti diversi, avevano il compito di portare nella quotidianità il brio, la freschezza della creatività, spezzando la monotonia dei giorni sempre uguali con la lietezza dei suoni per cantare e ballare creando gruppi di comunità. In Calabria tanti strumenti sono arrivati dall’esterno o da altri strati sociali e poi sono stati adattati a seconda delle esigenze come la chitarra battente che discende dalla chitarra barocca, strumento aristocratico ma in disuso, infatti è durata poco ed è stato un flop a livello liuteristico. Il popolo l’ha presa, ha praticato un foro in corrispondenza del settimo tasto e vi ha inserito una chiave di legno e un bordone, una corda acuta tirata tantissimo che riecheggia u cardillo, cioè la trombettina della zampogna. Ne è nata così una chitarra contadina con 4 corde e uno scordino concepita per accompagnare il canto. È simbolo dello spazio domestico perché alla sera la famiglia si riuniva in cerchio davanti al camino e si trasmettevano oralmente storie e canti. Poi arriva lo zuchi o cupa, altrove detto putipù o caccavella, un tamburo a frizione costruito con una scatola di latta ricoperta da una membrana di pelle animale e un bastone di legno che viene sfregato con una spugna bagnata. Emette vibrazioni lunghe e cavernose. In Brasile si chiama cuìca ed è uno degli strumenti con cui si esegue la batucada durante il carnevale, l’asta però è interna e un tempo veniva usato nei villaggi per spaventare gli animali feroci e poi come strumento di richiamo dai cacciatori. In Calabria è uno strumento prettamente femminile. Il giorno del martedì grasso le donne si mettevano alla cantunera e facevano le zuchiate cantando canzoni di scherno con rime e doppi sensi. Ma era anche lo strumento dei banditori e dei merciai e di solito veniva suonato da loro aiutanti per attirare l’attenzione delle donne. Veniva costruito anche come giocattolo per i bambini e la membrana era spesso sostituita da un pezzo di tovaglia (mesàle) ben tesa. E poi c’è la semplicità di quello che si trovava in casa, magari in un mobile o a terra e l’esigenza di produrre un “suono”, di fare musica, come una chiave e una bottiglia che si suona come il tamburo. E ancora il tamburello, strumento straordinario perché dopo Lamezia e non solo

la zampogna e la chitarra battente, che sono i due strumenti di base, senza di esso non si balla e i vari modi in cui viene suonato sono sinonimo di diversità e di ricchezza. Un percorso che attraversa tanti strumenti dal più arcaico al più moderno fino alla chitarra “francisa” detta così perché arrivata con i francesi e suonata, insieme con il violino, dai possidenti e dagli artigiani quali i barbieri e i sarti anche se i temi dei canti generalmente non variavano. Ma il capitolo più suggestivo è riservato al racconto del pastore di Mesoraca “accordatore” di campane. Questo pastore riempiva le campane di saldature di stagno non perché avessero necessità di essere riparate ma perché ogni saldatura corrispondeva ad un accordo con una delle trombe (u turdu) della zampogna. Una tradizione seguita da tutti i pastori che uscivano con il gregge e quindi avevano una orchestra che faceva loro da tappeto sonoro. La zampogna ha almeno 4 canne se non 5, due si suonano, una a destra e una a sinistra, queste corrispondono a due note, la prima (do) e la quinta (sol), questo intervallo nel periodo del canto gregoriano viene chiamato intervallo divino. Oggi, nella musica moderna e nel jazz, viene detto intervallo perfetto perché è l’intervallo che il nostro cervello sa assimilare prima come bello, giusto e logico ed è l’intervallo che risuona di più come corpo che vibra. Una concezione sonora straordinaria che dà la misura di quanto i pastori calabresi - anche se inconsapevoli – conservino ancora il sistema tonale dei Greci. È un sistema vago, indeterminato quasi come di un discorso sospeso o di una continua interrogazione che forse corrisponde intimamente alla loro natura semplice e contemplativa. Si conclude con l’organetto e il suo suono “medioso” che imita il belato delle capre, animali simbolo della Calabria tante volte celebrati da Gioacchino Criaco nei suoi romanzi e in un ultimo stupendo racconto su due superbi esemplari di capri aspromontani chiamati il Licino per il colore quasi albino del pelo e il Cinto per la fascia nera intorno al ventre in contrasto col biancore del mantello. E se è vero che “Il vero poeta è il popolo” come affermava il prete-poeta Vincenzo Padula, non è da farsi meraviglia che anche il popolo calabrese abbia sviluppato questa inclinazione verso la musica e il canto ingegnandosi con i materiali che la natura gli offriva per costruire i primi rudimentali strumenti. E l’uso di tali strumenti musicali ci indica come il nostro popolo, al pari degli altri, abbia da sempre coltivato queste arti a riprova della propria sensibilità d’animo. A Pierluigi Virelli va il merito di essere non solo un artista poliedrico ma soprattutto un divulgatore instancabile di eccezionale capacità affabulatoria. I suoi concerti/seminari sono una preziosa guida all’ascolto e le sue narrazioni sono racconti carsici che sottendono una solida preparazione tecnica ma soprattutto una cultura profonda e raffinata. Non solo artista poliedrico Pierluigi Virelli, ma divulgatore instancabile di eccezionale capacità affabulatoria. I suoi concerti/seminari sono una preziosa guida all’ascolto e le sue narrazioni sono racconti carsici che sottendono una solida preparazione tecnica ma soprattutto una cultura profonda e raffinata.

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concerto teatrale ispirato al volume “Franco CostabileI tumulti interiori di un poeta del Sud” di Filippo D’Andrea Lamezia Terme: concerto teatrale ispirato al volume “Franco Costabile-I tumulti interiori di un poeta del Sud” di Filippo D’Andrea Mercoledì 22 Agosto presso il cortile del convento di San Francesco di Paola a Sambiase (Lamezia Terme), si è tenuto un concerto teatrale per ricordare e valorizzare la figura del poeta sambiasino, in linea con quello che è l’impegno assunto ormai da tempo dal professore Filippo D’Andrea nel suscitare degno e meritato apprezzamento al poeta Francesco Antonio Costabile. Assieme al professore D’Andrea, che oltre a cantare e suonare la chitarra ha offerto diversi spunti sulla figura del poeta, sulla calabresità e l’identità meridionale, l’idilliaca voce di Chiara D’Andrea, cantautrice e performer teatrale, docente alla prestigiosa scuola musicale “Harmonia” di Firenze, accompagnata egregiamente da Giuseppe Andricciola, basso, Francesco Giampà, chitarra, Domenico Scarpino, cajon, talenti lametini, e come ospite Pasquale Pietro Neri, polistrumentista noto per le sue collaborazioni con artisti del calibro di Fabrizio De Andrè, Franco Battiato, Vasco Rossi, Loredana Bertè, Ray Charles, Francesco De Gregori, ecc. Filippo D’Andrea, uno dei maggiori biografi del Costabile ha inteso trattare la figura del poeta sambiasino in un’ottica nuova, con un nuovo punto di vista. Il legame fra arte e tumulti è stato messo in evidenza dal farmacista e psicologo Antonio Mallano asserendo che i tumulti di un’artista animano la società, questo anche poiché capace di raccogliere i dolori del mondo, e abile a contrapporsi fra modernità e tradizione, amore e rabbia, restare e partire, padre e madre; proprio queste conflittualità divengono elementi di sublimazione per l’artista, grazie alla sua arte. Dopo l’introduzione del dott. Mallamo il gruppo musicale ha esordito nella prima sezione “I paesaggi d’animo del Costabile”, con una proposta musicale della poesia “Dove matura il grano”, accostando alla frenetica vita di città, la calma degli aperti paesaggi di campagna, dove è possibile cercare in silenzio e in amore verso Dio. È seguito il brano “Calabria” composto in vernacolo da Chiara. Quindi la sezione “Paternità” e l’individuazione della figura del suo maestro Giuseppe Ungaretti e del suo compaesano e insegnante Oreste Borrello: due “padri affettivi”. Successivamente il brano “Ccu llu nonnu a partìri” ispirato all’omonima poesia scritta dal professore Filippo D’Andrea, che illu-

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stra il forte legame fra l’autore e suo nonno Gaspare Costabile, consolidatosi al ritorno del primo dall’Australia ancora adolescente. Nella stessa serata, ma così come in altre occasioni, il professore ha tenuto a precisare l’importanza che ebbe il nonno nel far conoscere per primo al giovane Filippo, la figura di questo parente, morto a Roma: Franco Costabile per l’appunto. Questa come altre canzoni saranno cantate in dialetto, proprio per meglio evidenziare il legame di Costabile e degli artisti esibitisi durante la serata con l’amata Calabria. Quindi la canzone “Meridiana” composta da Chiara ed il padre narrante le peculiarità e le caratteristiche uniche dell’amata Calabria, terra riscaldata dal Sole, bagnata dal mare, accarezzata dal vento. Successivamente con la terza parte “mistero”, è stato evidenziato l’aspetto più “triste” del poeta sambiasino, il suo suicidio, analizzandone alcune cause, anche grazie a diverse testimonianze rilasciate all’autore del volume “Franco Costabile. I tumulti interiori di un poeta del Sud”. Fra le diverse cause, sono da citare quelle affettive, derivanti dalla lontananza del padre, e poi l’allontanamento della moglie e delle figlie, la morte della madre; quindi i tumulti derivanti dell’elevata sensibilità nutrita dal poeta nei confronti della società (ricordiamo la massificazione del tempo, che difatti allontanava l’uomo da se stesso, che scaturivano dal “male di vivere”. Il prof. D’Andrea ha definito il Costabile, “poeta politico”, facendo riferimento al termine greco “pόlis”, e diverse saranno per l’appunto le denunce sotto forma di poesia. La Calabria di Costabile è “ingenua ed ambigua”. Il gruppo musicale ha eseguito con originale arrangiamento il brano composto da Filippo D’Andrea sulla poesia omonima di Costabile “Ce n’è di paesani”. Durante il quale Chiara D’Andrea si è esibita in una performance teatrale con recitazione al ritmo scandito dagli strumenti e dalla voce del professore D’Andrea, facendo rivivere le emozioni proprie di chi visse le vicende presenti all’interno della poesia stessa, trasmettendo i dolori e le speranze della gente del tempo. A questo punto della serata è intervenuto l’artista Pasquale Pietro Neri, che assieme a Chiara D’Andrea ha avviato un progetto sulle bellezze della Calabria, e uno degli eventi del Tour il 24 Agosto a Reggio Calabria. Neri ha sottolineato il legame che intercorre

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fra lui e la sua Calabria, difatti l’artista è nato a Reggio Calabria pur avendo vissuto nel Nord Italia. Un artista che ha collaborato con Fabrizio De Andrè, Franco Battiato, Francesco De Gregori, Vasco Rossi, Loredana Bertè, Ray Charles, ecc. Il tour si quindi prefigge l’obiettivo di presentare una Calabria di cultura e storia, tramite le persone che sono rimaste, ma anche coloro che sono andate via. Neri ha deliziato i presenti con alcuni brani con il violino e la chitarra. È seguita una rivisitazione di Chiara D’Andrea della figura femminile in Costabile, prendendo alcuni versi vitali della poetica del poeta sambiasino; di seguito si riportano alcune strofe di Costabile citate dalla cantautrice: l’inedito e primissimo componimento poetico “A vittorina”, presente nel volume di Filippo D’Andrea, che narra l’amore platonico del poeta durante la gioventù nei confronti di una ragazza a lui coetanea “[…] Ma se il pentir,/ il cuor le toccherà;/ amor soave alfin/ trionfar potrà?/ Sempre.”. Continua Chiara D’Andrea citando la poesia “E l’ombra gela”, con i versi “E l’ombra gela/ questa pietra antica/ dove quasi per gioco/ ti feci la promessa/ di un velo di sposa/ com’era la Via Lattea/ che guardavi.”, quindi il componimento “Si scioglie la luna”: “[…]E tu, amore,/riversa sotto il tràino,/ora che si accende/ e vacilla il petrolio/ alla lanterna,/ ti riposi/ ad una breve cantilena/ d’organetto.[…]”, ancora Chiara continua citando ulteriori due poesie di Costabile, “Ma dove tornare”: “[…] Ma dove tornare,/ dove cercare di noi,/ amore mio.”, quindi “Perfetta”: “[…] Potessi averti così/ sempre negli occhi,/ creatura marina.”. La quarta sezione della serata “La propria terra, la Calabria”, è stata avviata con il brano autobiografico composto da Chiara D’Andrea, “Quand’eru nninna”, illustrante uno dei pomeriggi estivi della ragazza, in compagnia di alcune amiche e della madre. È seguita una rivisitazione musicale della poesia “La rosa nel bicchiere” di Costabile, cantata da Filippo e Chiara D’Andrea, la quale ha poi anche eseguito

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un’ulteriore performance teatrale. La quinta fase “La fede del poeta”, definita da Filippo D’Andrea “inquieta”, “tormentata”, “tragica” e “semplice”, non bigotta e capace anche di denunciare all’interno delle proprie poesie i comportamenti incoerenti della Chiesa del tempo. Il primo brano della sezione è una preghiera-invocazione composta da Filippo D’Andrea, “Un sacciu”, illustrante i dubbi, le incognite di una fede dedita alla ricerca di Dio. Quindi, la rivisitazione musicale della poesia del Costabile “Via degli ulivi” cantata da Chiara D’Andrea che ha riscosso grandissimo e particolare apprezzamento fra il pubblico. Giunti all’ultimo capitolo “L’amicizia”, il professore D’Andrea ha avuto modo di illustrare ai presenti le amicizie di profondo spessore del poeta Costabile, tra i tanti prima fra tutti quella del suo maestro poeta Giuseppe Ungaretti (il quale fra l’altro compose l’epitaffio del poeta Sambiasino), Giorgio Caproni, Pietro Turchetti, Oreste Borrello, Giancarlo Vigorelli, Enotrio Pugliese, Leonida Repaci, e diversi altri, evidenziando come comunque, anche a causa di un carattere talvolta introverso, Costabile non riuscì ad esternare alle persone a lui vicine il forte disagio interiore che lo avrebbe poi portato al fatale gesto, il suo suicidio. Filippo D’Andrea ha poi indicato l’incomprensione della Sambiase del tempo nei confronti del reale valore del Costabile, accostando questo comportamento al presente, che fa si che giovani intellettuali locali debbano “andare fuori” per emergere; evidenziando in questo il debito che tutti noi oggi abbiamo nei confronti di grandi uomini del passato come il Costabile, ma anche Francesco Fiorentino ed altri. Il primo brano della sezione “Il canto dei nuovi migranti”, narrante l’emigrazione della gente del Sud, è stato seguito da “La grande Città”, versi del Costabile. Durante l’esecuzione degli ultimi brani sono stati presentati al pubblico gli artisti (Giuseppe Andricciola al basso, Francesco Giampà alla chitarra e Domenico Scarpino al Cajon) che hanno suonato con grande professionalità ed arte.

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Motta Santa Lucia “Premio letterario Giuseppe Villella e la rivisitazione storica del risorgimento e dell’unità d’Italia e l’identità meridionale”.

Nella splendida cornice naturale della piazza Castello di Motta Santa Lucia, posta tra mare e boschi silani, condotta splendidamente dalla cantautrice Chiara D’Andrea, alla presenza del sindaco Amedeo Colacino, della qualificata Giuria composta dal presidente il prof. Filippo D’Andrea, dal vice-presidente prof. Giovanni Serianni, e dal presidente del Premio l’ing. Francesco Cefalì, di fronte ad un numeroso ed attento pubblico, si è svolta il 18 agosto la serata di consegna dei premi relativi al “Premio letterario Giuseppe Villella e la rivisitazione storica del risorgimento e dell’unità d’Italia e l’identità meridionale”. Villella fu un contadino calabrese diventato suo malgrado famoso quale vittima delle teorie razziste di Lombroso sulla “natura delinquenziale” dei meridionali, per via di un presunta “fossetta occipitale” da questi posseduta. Teoria diffamatoria utile a giustificare la loro riduzione a cittadini inferiori e alla nascita della questione meridionale. Teoria che a distanza di oltre un secolo viene ricordata nel lugubre Museo Lombroso di Torino contro il quale chiedendone la chiusura si sono schierate ben 180 città italiane, come ricorda Domenico Iannantuoni, autore con Rosanna Lodisani e Francesco Schiraldi del libro “Cento città contro il museo Lombroso” premiato come secondo classificato. Primo premio della sezione pubblicazioni a Raffaele Vescera, autore del romanzo storico “Il Barone contro” e a Lucio Leone e Filomena Stancati con il libro “Nicastro e il territorio lametino nel tempo”. Primo premio, sezione ricerche e tesi di laurea al Liceo Tommaso Campanella di Lamezia Terme. Assegnati premi di merito ad altri giovani nella sezione ricerche storico-culturali sulla rivisitazione storica del Risorgimento italiano e l’identità meridionale. Tema cui è dedicato il premio stesso. Il presidente della giuria prof. D’Andrea ha svolto una breve ma densa prolusione spiegando i criteri adottati per la valutazione delle opere e delle ricerche: contenuti, scrittura e comunicazione e s soffermandosi sui significati del titolo del premio stesso relativi alla rivisitazione equilibrata e scientifica della ricerca storica del periodo risorgimentale ed

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unitario ed alla ampiezza tematica e profondità culturale dell’identità meridionale argomento quanto mai urgente nel contesto storico attuale. I Premiati

Primi classificati ex aequo:

“Il barone contro” di Raffaele Vescera, con la seguente motivazione: Il Romanzo, a sfondo storico, affronta in modo approfondito, chiaro e completo la reale storia del Risorgimento italiano, offrendo un valido contributo alla conoscenza più veritiera del periodo borbonico, trascurato per troppo tempo dalla letteratura nazionale; “Nicastro e il territorio lametino nel tempo – Profilo storico” di Lucio Leone e Filomena Stancati, con la seguente motivazione: Nel libro sono messe in evidenza le identità dell’area centrale calabrese e viene descritta in modo apprezzabile e condivisibile la storia dell’Unità d’Italia. Inoltre sono illustrati personaggi, avvenimenti storici, culturali ed economici di Nicastro e del territorio lametino dal tempo degli Enotri ai nostri giorni Secondi classificati ex aequo:

“Cento città contro il museo Cesare Lombroso – Le barbarie della falsa scienza inventa le due Italie” di Domenico Iannantuoni – Rossana Lodisani e Francesco Antonio Schiraldi, con la seguente motivazione: Nel libro sono descritte, in modo dettagliato, tutte le iniziative del comitato “no Lombroso” contro l’apertura del museo Cesare Lombroso di Torino. Il testo dimostra ulteriormente come il brigantaggio non fu un fenomeno delinquenziale ma la reazione di un popolo a cui venne negato il diritto di sviluppo;

“Cultura e letteratura nel lametino – La Storia - I testi – L’immaginario” di Italo Leone, con la seguente motivazione: L’autore si occupa delle vicende del Risorgimento e, in modo minuzioso, di alcuni aspetti dell’identità meridionale trattando le opere di tanti poeti di Lamezia e del Comprensorio. Con equilibrato sguardo antropologico scava nei sentimenti, nelle tradizioni, nella vita sociale e nel lavoro dei Calabresi attraverso le opere di tantissimi

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autori, fin dalle origini della storia letteraria locale. Terzi classificati ex aequo:

“L’urlo atavico” di Giovanni Martello, con la seguente motivazione: Il Romanzo storico affronta in modo chiaro alcuni aspetti del Risorgimento e mette bene in risalto l’identità meridionale. Attraverso il racconto ben intrecciato rivivono personaggi e luoghi della nostra Terra, evidenziandone i condizionamenti negativi che inducono tanti ad abbandonarla, mentre altri popoli oggi vi approdano scoprendovi la “Merica”;

ha avuto il privilegio di ascoltare dalla viva voce dei nonni consigli sul lavoro dei campi e sulla conservazione dei prodotti di una volta

“I ragazzi della Fiumarella – Un disastro ferroviario a colori” di Giovanni Petronio, con la seguente motivazione: E’ il racconto del più tragico incidente ferroviario italiano accaduto alla vigilia del Natale 1961 sul ponte di Catanzaro, di cui il ricordo è ancora straziante per le numerose giovani vite troncate. Mantenendone sveglia la memoria, l’autore sollecita la messa in sicurezza della viabilità interna trascurata a causa dell’abbandono del Meridione dopo l’Unità d’Italia. Premi per la sezione ricerche, tesi e studi

Primo classificato: “Ricerche sul brigantaggio postunitario in Calabria” - Liceo Statale Tommaso Campanella di Lamezia Terme, con la seguente motivazione: La ricerca, ben articolata e approfondita nei contenuti, evidenzia con una scrittura curata e scorrevole le ingiustizie subite

“Gli emigrati di Motta Santa Lucia in USA” di Mario Grandinetti, con la seguente motivazione: L’autore descrive in modo minuzioso ed interessante le vicende degli emigrati mottesi in USA. Testimonia un esodo di parecchie centinaia di famiglie che con le lacrime agli occhi si distaccarono dai propri affetti per migliorare una condizione economica insostenibile.

“La storia di Lamezia Terme 1968/2018” di Gianni Scardamaglia, con la seguente motivazione: L’autore tocca 50 anni di storia della sua città attraverso una minuziosa descrizione di fatti accaduti. Un libro utile da leggere e commentare nelle scuole del lametino per rendere partecipi gli studenti di tante problematiche irrisolte; “Le donne del pane – Cuti: storie di rughe, profumi e memorie” di Pina Oliveti, con la seguente motivazione: L’autrice descrive con piacevolezza la tradizionale produzione del pane, portata avanti dalle donne di un’antica comunità calabrese. Un viaggio della memoria in un passato non molto lontano, scritto da chi

Lamezia e non solo

Secondo classificato : “L’Italia unita fra brigantaggio, questione meridionale ed orgoglio nazionale: perché sentirsi fieri di essere italiani” di Domenico Caparello, con la seguente motivazione: La ricerca, approfondita e precisa, affronta alcuni aspetti del Risorgimento in cui viene presentata una panoramica dei recenti studi sul brigantaggio postunitario e sulla questione meridionale, confutandone parzialità e pregiudizi. Terzi classificati ex aequo:

“Calabria chiama Italia – Storie di eroi comuni nella Grande Guerra dei calabresi” di Giovanni Petronio, con la seguente motivazione: La ricerca mette in evidenza i tragici fatti della prima guerra mondiale rapportandoli con la questione meridionale e calabrese in particolare, attraverso dati statistici opportuni e diversificati.

“Le chitarre del maestro liutaio Francesco Pignataro di Bisignano” di Diego Ferraro, con la seguente motivazione: La ricerca, tesi di laurea di primo livello, mette in evidenza particolari ed interessanti aspetti, attraverso un antico strumento musicale, la chitarra battente, di forme artistico-artigianali nelle sue significanze culturali meridionali.

Il Premio Letterario ha voluto sottolineare il prezioso compito delle case editrici calabresi per la promozione culturale svolta con dedizioni e sacrifici dando doveroso riconoscimento, tra altre, alla Graficheditore di Antonio Perri ed alla Gigliotti Editore di Franco Gigliotti.

La serata è stata intervallata dall’esecuzione emozionante di brani inediti, con l’interpretazione vocale di Chiara D’Andrea, e da lei composti insieme al padre Filippo D’Andrea, sia in vernacolo calabrese che sulle poesie di Franco Costabile.

L’angolo di Ines

Quarti classificati:

“Scurchjiulandu, Scurchjiulandu” di Ciccio Scalise, con la seguente motivazione: L’autore racconta le proprie vicende personali attraverso le sue poesie in vernacolo, rappresentando in modo immediato e semplice l’identità del suo paese. Esprime con un linguaggio chiaro e spesso ironico gli anni trascorsi della sua vita, non sottraendosi di giudicare con arguzia e severità la classe politica;

dalle popolazioni meridionali e la conseguente reazione del brigantaggio postunitario.

La Fata Felice

C’era una volta una fata che viveva in un’isola deserta. La sua casa aveva la forma di una nave, dentro vi erano scale di cristallo, ascensori di cristallo. La sua camera da letto, era sistemata al centro della nave, con le pareti anch’esse di cristallo sicchè una persona, anche se si trovava in un posto chiuso aveva la sensazione di stare all’aperto. La notte le stelle le facevano compagnia e la mattina i primi raggi del sole accarezzavano il suo viso bellissimo. Lentamente lei apriva i suoi occhi azzurri come il mare e cominciava a cantare. La sua voce melodiosa si spandeva sulle acque e tutte le creature marine si svegliavano e si univano al suo canto. Il Cavalluccio marino cominciava a cavalcare sulle onde, la balena a sbuffare e le stelle marine ad adornare i capelli delle sirene Gli uomini che navigavano, che di solito erano stanchi e tristi, sorridevano felici e si chiedevano da dove potesse venire quel canto melodioso La fata stessa ne restava affascinata anche perchè mille violini si univano al suo canto Un giorno però decise di non rimanere più sulla terra ferma ma di esplorare altri mondi , altri mari. “sblash sblish sblash” con un solo colpo della bacchetta magica che lei teneva chiusa nelle sue mani, la casa si spostò in mezzo al mare e cominciò a navigare. Naviga, naviga, in una notte tempestosa arrivò nella terra dei balordi … Una terra davvero strana: tutto era stato costruito al rovescio, le case avevano il tetto al rovescio, gli alveri avevano i rami in giù e le radici al posto delle foglie, i cani camminavano con le zampe in arie e le mamme abbandonavano i loro bambini appena nati. Brrrrr che brutto paese! Bisognava andar via e subito e trovare un altro posto a dovere. Così la fata navigò per tutta la notte; il vento faceva sollevare le onde in alto ed in Lamezia e non solo

alcuni momenti ebbe la sensazione d’annegare. Per fortuna, all’alba di un giorno felice le onde si quietarono ed apparve una piccola isola piena di alberi con i pomi d’oro. La fata scese dalla nave, ed una piccola schiera di strani ometti le venne incontro. Avevano un cappellino giallo sul capo, dei pantaloni di velluto verde ed una camiciola azzurrina. Portavano ai piedi delle strane scarpe fatte con la pelle essiccata delle balene e parlavano in modo dolce e persuasivo. Raccontarono che si trovavano lì da tanti anni, un brutto tzunami ti aveva scaraventati ed abbandonati sulla terra ferma da quel giorno avevano sempre lavorato per rendere l’isola più bela e le case più accoglienti. Lavoravano con intelligenza ed amore e la sera ritornavano nelle loro case portando cesti di bella frutta profumata. Le loro mogli preparavano la cena e tutta la famiglia si sedeva intorno alla tavola imbandita per assaggiare i vari manicaretti che la mamma aveva preparato. Il Papà raccontava storie speciali ed i bambini ascoltavano incantati. Finita la cena tutti aiutavano a sparecchiare e in men che non si dica la casa ritornava in ordine e profumata, il papà poteva sdraiarsi in poltrona a godersi la televisione e riposarsi un po dopo una lunga giornata di lavoro. La mamma raramente si riposava: preparava i letti dei bimbi per la notte, i vestiti puliti da indossare il giorno seguente per andare a scuola. Quando la luna era alta nel cielo, intorno regnava un gran silenzio, tutti dormivano tranquilli, certi d’aver trascorso una giornata laboriosa e serena. La vita dell’isola dei pomi d’oro scorreva felice e la fata pensò che quello era il posto in cui restare. Non c’era bisogno di cose speciali per essere contenti, bastava amarsi l’un l’altro, aiutarsi nel momento del bisogno e capire che solo lavorando onestamente, sugli alberi possono spuntare tanti pomi, d’oro

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Sport

Sport

LA ROYAL TEAM LAMEZIA PREPARA LA SUA PRIMA SERIE A… E’ iniziata lunedì 3 settembre la stagione ufficiale della Royal Team Lamezia al suo primo storico campionato di Serie A. Indicibili sacrifici della società del presidente Mazzocca che, quale primo passo ufficiale, ha iscritto la squadra il 16 luglio. Qualche settimana prima ecco la meritata riconferma dello staff tecnico con l’allenatore Ragona il suo vice e preparatore dei portieri Iannelli ed il preparatore atletico De Sensi, oltre al fac-totum Totò Gigliotti. Nel corso della campagna acquisti la Royal si è avvalsa della consulenza esterna di Ciccio Solito, ex ds del Taranto e di quella tecnica di Massimo Rappa soprattutto per quale elemento siciliano.

Preparazione iniziata il 3 settembre. Roster con 2 riconfermate e 10 acquisti. Incognita -PalaSparti

RICONFERMATE. La più esperta e capitano Samanta Fragola e la più giovane e promettente Federica De Sarro. Il resto delle ragazze, o quasi, si sono accasate altrove e la Royal ha ringraziato tutte per il fondamentale apporto dato alla promozione della scorsa stagione. ARRIVI. Prima dell’iscrizione la Royal ha ingaggiato la forte 26eienne brasiliana Kalè, grandi qualità tecniche e fisiche. Quindi tutti gli altri nove acquisti: le siciliane Teresa Saraniti 25 anni ex Real Balduina Roma, Anita Furno 20 anni ex Leonforte, Clara Di Piazza 22 anni dal Palermo (17 gol nell’ultima stagione di A2) ed il giovane portiere Martina Giuffrida 18 anni dal San Nicolò Aci Catena; e poi le calabresi Carmen Nasso 18 anni ex Locri e Reggio, l’esperto portiere Martina Cacciola 26 anni ex Locri e Rambla in passato convocata in Nazionale, Rossana Rovito 24 anni di Isca sullo Ionio ex Breganze e Francesca Gatto ex Reggio. Per ultima Egle Mauro, 17 anni ed ex militanza nella Royal convocata in qualche stage della Nazionale Under 17 in passato. Dunque un roster che abbina esperienza a freschezza e gioventù. Accanto alle chiocce Fragola, Kalè, Cacciola, Rovito, Saraniti e Gatto, ecco le giovani promesse tra l’altro già convocate nelle varie Nazionali giovanili ed anche nelle Rappresentative regionali quali Nasso, Giuffrida, Mauro e Furno. Insomma prospetti interessanti, ani-

mate da grande voglia di misurarsi in una categoria nuova e difficile, senza dimenticare Di Piazza, seguita da diverse squadre ed il ‘prodotto’ lametino De Sarro, che la scor-

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BADMINTON

sa stagione ha strabiliato tutti nella sua prima stagione di calcio a 5 realizzando ben tredici gol! NUMERI. Resi noti anche i numeri di maglia: 2 Rovito, 4 Fragola, 7 Kalè, 8 Di Piazza, 9 Saraniti, 11 Nasso, 12 Mauro, 13 Furno, 19 Gatto, 22 Giuffrida, 26 De Sarro, 27 Cacciola.

L’incipit della nuova stagione, esordio il 7 ottobre a Roma con l’Olimpus e prima gara ‘interna’ col Kick Off Milano (scudettata due stagioni fa), tocca al presidente Nicola Mazzocca (che a fine agosto ha ritirato il Premio al Gala della Gratitudine per la promozione storica in A) che spiega: “Anche questa stagione non abbiamo lesinato sacrifici, impegno e risorse per far continuare l’attività agonistica alla nostra amata Royal Team Lamezia. Ci siamo e vogliamo esserci, certo non facendo voli pindarici ma con oculatezza e raziocinio. Le scelte tecniche vanno proprio in questa direzione: attorno a 4-5 atlete più esperte abbiamo voluto costruire, con la collaborazione del nostro consulente Ciccio Solito ed ovviamente di mister Ragona, una squadra di prospettiva con elementi interessati non a caso già nel giro delle varie Nazionali, dedita al sacrificio e con una virtù importante e decisiva: la fame. Quella voglia cioè di imporsi e di arrivare, sapendo che ciò sarà possibile soltanto correndo in campo più degli altri e sacrificandosi in ogni singolo allenamento. Solo con il lavoro, e senza tante chiacchiere, si conseguono i risultati. E per noi dovranno essere quelli di una salvezza con i minori patemi possibili, ben consapevoli che la Serie A è tutta un’altra storia e dunque – conclude Mazzocca - ci si dovrà preparare con cura ed attenzione fin dal primo giorno della preparazione”.

PALASPARTI. Purtroppo ancora irrisolta la querelle-PalaSparti, chiuso al pubblico dallo scorso 27 dicembre, che solo a fine agosto ha registrato il fattivo interessamento della classe politica, con la deputazione lametina che ha incontrato, con i rappresentati delle società sportive, il Commissario Fusaro. Da lui, lo scorso 30 agosto, sono giunte rassicurazioni per l’esecuzione dei necessari lavori, in un’apposita riunione a cui hanno fatto da contorno anche 200 persone, legate soprattutto alle stesse società, mentre poco è sembrato interessare al resto della città. Relativamente alla Royal, la squadra ha iniziato il lavoro atletico al campo ‘Gianni Renda’ di Sambiase soprattutto sfruttando la pista di atletica. Per le sedute tecniche invece campi di fortuna, non escluso qualcuno all’aperto. Insomma una situazione alquanto precaria e si spera in via di risoluzione, pena la disputa delle gare interne al PalaPace di Vibo Valentia, la qual cosa rappresenterebbe l’ennesima figura barbina per la città di Lamezia Terme.

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Lamezia e non solo

Ha radici antichissime risalenti al 3000 a.C. circa e si presume che questo gioco sia stato portato in Europa da alcuni ufficiali inglesi dalla città di Poona, in India, e abbia preso nome da un castello in cui fu giocato la prima volta come sport. Il suo nome deriva quindi da una contea inglese in cui è stato perfezionato. È diventato sport Olimpico a Barcellona nel 1992, dopo essere stato sport dimostrativo alle Olimpiadi di Seul nel 1988. Gioco ripreso anche in alcuni film, come la versione cartone animato di Robin Hood, nel quale Lady Cocca scambia alcuni passaggi con Lady Marian.

Stiamo parlando del Badminton, o comunemente chiamato Volano, gioco quasi sconosciuto in Calabria fino a qualche anno fa ma che è in via di espansione grazie all’impegno di veri e propri appassionati. Al giorno d’oggi il Badminton (il cui primo nome era Ti Jian Zi) rappresenta il terzo sport più praticato al mondo e muove un giro d’affari corrispondente ad un terzo circa di quello del tennis, le Federazioni associate alla I.B.F. sono oltre 140. Nella nostra regione si pratica grazie all’impegno profuso da tanti anni dal Prof. Adelino Liuzzi, responsabile regionale della federazione. L’occasione per incontrarlo ci è stata data dal primo Torneo di Badminton organizzato nel lametino. “In Calabria non è molto conosciuto ma

Lamezia e non solo

abbiamo, comunque, delle belle realtà in particolare nella provincia di Cosenza (Cosenza, Paola, Scalea) con società che svolgono attività nei campionati nazionali, organizzando anche dei tornei. Oltre a queste abbiamo altre realtà a Lamezia (Lucky Friends), che sta ottenendo ottimi risultati grazie all’impegno di Domenico La Chimea (Fiduciario Provinciale della Federazione), Reggio Calabria e Vibo Valentia. Il nostro è uno sport che si inserisce benissimo nelle scuole, infatti, portiamo avanti dei progetti specifici, “Racchette di Classe”, insieme a Tennis e Tennis Tavolo. Abbiamo anche una iniziativa regionale con il Miur Calabria nella persone del Prof. Mercurio, in cui abbiamo inserito il Badminton nel progetto “Regione in Movimento” che si svolge in tutte le province.” “Organizziamo tornei a livello nazionale – aggiunge Liuzzi – a cui partecipa tutto il centro-sud e posso dire che siamo soddisfatti del lavoro che stiamo facendo insieme ai nostri fiduciari.”

“Negli ultimi anni il Badminton da noi è cresciuto tantissimo – ci conferma Domenico La Chimea – in particolare a livello di Atleti Speciali tant’è che abbiamo tanta ansia ed adrenalina per preparare i nostri due atleti (Christian Macrì e Alessia Cerra) per i Mondiali di marzo 2019 ad Abu Dhabi. Stiamo crescendo anche a livello di tecnici

su Lamezia con il collega Prof. Salvatore Pulice che ci sta mettendo l’anima, insieme a Domenico Macrì e Domenico Saladino, organizzando dei corsi a cui invitiamo tutti a partecipare, perché la cultura dello sport ci aiuta a crescere a 360 gradi.”

La Prima Giornata del Badminton (Esibizioni e Tornei) è stato organizzato a Soveria Mannelli nell’ambito di “Essere a Soveria” dal Circolo Tennis locale in collaborazione con la Federazione (FIBa) ed ha visto un notevole numero di partecipanti, dai più piccoli agli attempati, nonostante la giornata non favorevole metereologicamente che ha fatto spostare la manifestazione dall’aperto di Piazza Bonini al chiuso della Palestra dell’IIS Costanzo.

Numeroso il gruppo della Lucky Friends Lamezia che ha partecipato (Christian Macrì, Domenico Macrì, Domenico Saladino, Davide Guzzo, Giuseppe Cimino, Alessia Cerra, Sergio Guzzo, Antonio Scalise) che ha dato prova di impegno e passione per tutta la manifestazione gareggiando con atleti provenienti da diverse parti della regione. Interessante anche la partecipazione dei più piccoli che sotto l’occhio attento e preparato dei tecnici Salvatore Pulice e Davide Cafarelli hanno dato saggio delle loro capacità mettendoci tanto entusiasmo trascorrendo un pomeriggio di sano sport ed aggregazione sociale.

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Il parere del pedagogista

Rubrica di Antonio Saffioti totosaff@gmail.com

Il fascino del rischio e della sfida dell’adolescente Sommario: Il fascino del rischio e della sfida sono caratteristiche frequenti del comportamento degli adolescenti e, se da un lato consentono loro di acquisire sicurezza in se stessi e di confrontarsi con i coetanei e con il mondo adulto, dall’altro li espongono a situazioni estreme che possono trasformarsi in pericoli reali: il fumo di sigarette, l’uso di spinelli e di altre droghe, l’abuso di alcool, la ricerca dello “sballo” e di sensazioni forti, gli atti di vandalismo o i piccoli furti, la guida pericolosa,la sperimentazione di una sessualità precoce e non protetta, le restrizioni alimentari spesso immotivate, fino ai tentati suicidi, sono tutti comportamenti che per la loro novità e pericolosità preoccupano e spaventano gli adulti, soprattutto i genitori. Parole-chiave: Rischio, Crisi, Adolescenza, Pedagogia, Famiglia, Iniziazione Tempo fa collaboravo, come consulente e collaboratore,ad una rivista online. Una madre mi scrisse chiedendomi aiuto: “Mio figlio di 16 anni ha avuto 1 incidente. E’ rimasto illeso per miracolo insieme a passeggero(che non doveva avere).Tasso alcolemico 2,15. Sono una mamma sola. Con mio figlio ho parlato,cercato di spiegare, dato castigo e restrizioni ma sono molto preoccupata: imparerà la lezione? Cosa posso fare?!?”. Gent/ma amica, l’adolescenza è una fase della vita dell’individuo che costituisce il passaggio dall’infanzia all’età adulta, per questo particolarmente delicata e spesso burrascosa nella ricerca di se stessi e della propria identità; l’adolescente quindi si trova a porsi la domanda “chi sono io?” e per trovare una risposta è portato a mettersi alla prova, a sperimentarsi anche in situazioni limite. Suo figlio, come tanti altri adolescenti, è alla continua ricerca di esperienze e di limiti con atteggiamenti e comportamenti rientranti in questa logica e fra i tanti giovani che, danno una comune risposta al loro agire rischioso:“per fare un’esperienza!”. I comportamenti rischiosi per gli adolescenti è una componente quasi fisiologica ed essenziale della “crisi adolescenziale” in maggior modo nel rapportarsi con il sociale, per fare “ingresso nella vita adulta”. Il fascino del rischio e della sfida sono caratteristiche frequenti del comportamento degli adolescenti e, se da un lato consentono loro di acquisire sicurezza in se stessi e di confrontarsi con i coetanei e con il mondo adulto, dall’altro li espongono a situazioni estreme che possono trasformarsi in pericoli reali: il fumo di sigarette, l’uso di spinelli e di altre droghe, l’abuso di alcol, la ricerca dello “sballo” e di sensazioni forti, gli atti di vandalismo o i piccoli furti, la guida pericolosa, la sperimentazione di una sessualità precoce e non protetta, le restrizioni alimentari spesso immotivate, fino ai tentati suicidi, sono tutti comportamenti che per la loro novità e pericolosità preoccupano e spaventano gli adulti, soprattutto i genitori. Questi comportamenti, sebbene dannosi dal punto di vista sia fisico, sia psichico che sociale, sembrano offrire all’adolescente una via d’uscita alle insicurezze e incertezze sperimentate in questa fase della vita. Una delle spiegazioni date per spiegare la tendenza degli adolescenti ad esporsi a tali situazioni di pericolo si richiama al concetto di rito di passaggio. In tempi, non molto lontano, il passaggio dalla adolescenza alla condizione di adulto avveniva con l’entrata al “casino” o “casa chiusa”, ingresso che

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era permesso per legge solo ai ragazzi che avevano compiuto 18 anni, ma spesso si chiudeva un occhio se l’adolescente era accompagnato da un adulto. Nei secoli passati, e ancora oggi nelle società tribali, i momenti di passaggio da una fase della vita a quella successiva sono ritualizzati; il rito di passaggio si costituisce come un’iniziazione, dove la consuetudine prevede un insieme di processi di separazioneindividuazione, principalmente dalla madre e dalla famiglia, il lutto per il mondo infantile che si viene a perdere, e l’assunzione di una identità sessuale stabile e adulta, quindi il confronto con l’altro sesso ed infine l’elaborazione di sentimenti di invidia e rivalità verso il mondo adulto; tutti fattori che, se non socializzati e ritualizzati, vengono ricercati dall’adolescente in maniera disfunzionale attraverso il ricorso ad “iniziazioni” improvvisate e poco pensate agite spesso in gruppo o in banda, basate ad esempio sull’uso di stupefacenti o su prove di coraggio che possono rivelarsi altamente pericolose per l’incolumità dell’individuo che le sperimenta. I riti di passaggio segnano in quasi tutte le culture la fine dell’infanzia e l’inizio dell’età adulta e non sono una piacevole esperienza: giovani adolescenti che vengono legati ad una liana e lanciati nel vuoto; giovani maschi della tribù amazzonica dei SatereMawe, per entrare nel mondo degli adulti, sfidano un mostruoso insetto (Paraponera Clavata, bulletant o formica pallottola, chiamata così perché il dolore che provoca quando morde con le sue potenti mandibole è paragonabile a quello di un colpo di pistola), infilando le mani in un paio di speciali guanti imbottiti con decine di queste formiche per almeno dieci minuti e durante la prova non devono piangere né lamentarsi. Tradizioni culturali e riti che noi occidentali possono sembrare crudeli ed inaccettabili; invero, nella nostra società i riti sono cambiati e sono difficili da riconoscere ed i nostri ragazzi si affannano per creare le condizioni che gli permettano di crescere visto che noi adulti non lo facciamo. Nella società preindustriale, gli anziani della tribù formulavano dei riti di iniziazione che consentissero ai giovani di far morire la condizione di bambino per avviarsi verso la rinascita adulta; ma nella società postmoderna, dove gli anziani hanno perso il loro ruolo di detentori della saggezza universale, i giovani fanno fatica a individuare situazioni precise, riconoscibili e definibili intorno alle quali costruire i loro momenti di passaggio verso l’età adulta; secondo diverse tribù, la vita intera può essere scandita da molteplici fasi e per ciascuna sarebbe possibile individuare un rito di passaggio che delimita un periodo di latenza. Nella nostra tribù globale, invece, i riti sembrano andati perduti; per questo passare da una fase all’altra della vita finisce per essere così difficile. Pensiamo, per esempio, alle depressioni post partum che talvolta caratterizzano i puerperio, oppure alla devastazione che l’individuo subisce con la fine dell’età lavorativa. Ogni situazione che scandisce il passaggio, che segna il punto di non ritorno da una fase precedente della vita a una successiva, finisce per essere vissuta come un dramma e le difficoltà di adattamento sono sempre molte. Questo discorso è tanto più valido per gli adolescenti che vivono in un periodo di cambiamento così rapido e radicale che li sconvolge dal punto di vista fisico, psichico e sociale. E tutto questo scombussolamento viene accentuato dalla mancanza di un momento in

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La Madonna della Quercia di Visora a Conflenti

cui il viene ritualizzato il passaggio fra un prima e un dopo. Il processo di iniziazione è spesso correlato a una simultanea morte e rinascita poiché oltre che un inizio comprende anche la fine dell’esistenza su un livello e l’ascensione al livello successivo. Il rito di passaggio serve proprio per drammatizzare il momento del cambiamento: la persona come esisteva prima “muore” simbolicamente e si affaccia alla vita una persona nuova. I ragazzi di oggi, però, in mancanza di un rito che gli consenta di ritualizzare questa morte simbolica, in un contesto protetto, finiscono per sperimentare il rischio di andare incontro a una morte reale, non riuscendo a ritualizzare quella simbolica, mettendosi alla guida ubriachi, oppure si spingono al limite dello stordimento per superare le crisi adolescenziali che altrimenti non saprebbero come affrontare. Da tale angolo visuale la vita dei nostri ragazzi non sembrerebbe molto diversa da quella dei giovani delle tribù primitive manca, però, una cosa importantissima, ovvero un contesto protetto che vigili sulle loro prove e che possa aiutarli quando la situazione si complica. Ma se le cose stanno davvero così, non sarebbe il caso di ammettere che i nostri giovani, che etichettiamo nei modi più svalorizzanti, senza neppure provare a capirli, sono alla disperata ricerca del loro rito perduto e non possono neppure contare sul consiglio degli adulti? Non sarebbe il caso di aiutarli a strutturare il loro rito affinché sia efficace, pericoloso quel che basta senza mandarli allo sbando? Nella nostra società anche questo aspetto diventa difficile da realizzare: gli adulti provano senza convinzione a imporre doveri ai giovani e al contempo gli negano i diritti essenziali. L’iniziazione è presente come concetto in quasi tutti i gruppi culturali, è ritenuta una procedura di fondamentale importanza perché trattasi per i giovani, per Suo figlio, mettersi alla prova, di conoscersi, di esplorarsi: un vero e proprio rito di iniziazione per il quale il rischio diventa sfida e ricerca di eccesso che <<caratterizza “l’ingresso nella vita adulta” e si inscrive perciò in una logica di vita e di speranza>>. Cosa fare? Se una volta compiuto il “rito di iniziazione”, cioè aver esperito fino in fondo il mettersi alla prova, può risultare difficile che lo stesso rischio venga ripetuto. Nel caso di episodi sporadici, occasionali è importante avvicinarsi al mondo interiore del giovane, comprenderne le sue emozioni, paure, piccoli e grandi problemi, dimostrarsi empatici. Non sembrare ansiosi e smarriti tanto da scatenare una reazione ed accrescimento del malessere degli adolescenti, con il rischio di convincerli che non c’è niente da aspettarsi dal genitore e dall’adulto, di instaurare di un rapporto basato sul rifiuto che può condurre ad una continua provocazione e ad un ripetersi di scontri. Se, invece, un tipo di condotta si ripete (incidenti con conseguenze fisiche, litigi frequenti, ubriachezza in più occasioni, ecc.) è il caso di intervenire con l’aiuto di un luogo di accoglimento e consultazione.

Raffaele Crescenzo-

Pedagogista –ambiti di intervento/aiuto: Pedagogia Familiare–Pedagogia della Salute Pedagogia e Psicologia dell’adolescenza Contatti: creraf@libero.it Cell. 3479712654 Lamezia e non solo

La fama di Conflenti (comune montano della Provincia di Catanzaro) e la sua conoscenza in tutto il mondo è dovuta alle apparizioni della Madonna. La Madonna appare su di una quercia L’origine della festa della Madonna della Quercia di Visora ha radici lontane nel tempo.

1759 ad opera di ingegneri ed architetti di Catanzaro e nel Novecento su progetto dell’ing. Giovanni Rispoli ed i lavori eseguiti dal calabrese Ing. Taverna.

Nel 1930, per dare impulso nuovo alle attività sociali e spirituali del Santuario, l’allora Vescovo, Mons. Eugenio Giambro, chiama quattro dinamiche suore e tre giorni prima dell’annuale festa della Madonna, che si tiene il 31 agosto, sono accolte da un’enorme folla di fedeli riuniti sul sagrato e fanno il loro ingresso nel Santuario di Visora. Da allora, e sino ad oggi, hanno tenuto alto il decoro del Santuario, nonché dell’annessa scuola materna, a cui affiancarono, ben presto, anche un laboratorio di taglio cucito e ricamo e curando anche tutte le iniziative dell’azione cattolica. Negli anni ‘60 del secolo scorso il santuario fu dedicato dal vescovo mons. Moietta agli emigrati e una lampada ad essi dedicata e benedetta da Giovanni Paolo II l’8 agosto 1984, arde ai piedi della Vergine di Visora. Nel 1970 il Santuario fu nuovamente interessato da lavori di restauro che riguardarono le facciate, il campanile, nel presbiterio, gli amboni, il pavimento e l’altare che è rivolto ai fedeli. Il 9 ottobre 2011 Papa Benedetto XVI, nel corso della visita pastorale a Lamezia Terme, ha benedetto un ramoscello d’oro, realizzato dall’orafo L’8 luglio 1581 il famoso pittore Muzio Roblani da Messina viene crotonese Gerardo Sacco e offerto dai fedeli lametini alla Madonna. incarico dai conflentesi di preparare un quadro della Madonna. Ma La festa della Madonna di Visora, chiamata anche Madonna della il quadro da lui preparato quel giorno non soddisfa i conflentesi, e, Quercia, viene celebrata l’ultima domenica di agosto alla presenza di data l’ora tarda, rimandano al giorno successivo ogni decisione per tantissimi pellegrini e fedeli che si recano in segno di omaggio per le ottenerne uno che fosse il più fedele possibile alle molte descrizioni grazie ricevute e da innumerevoli emigrati sparsi in tutto il mondo che fatte. La mattina dopo, 9 luglio 1581, mentre il predetto pittore stava per l’occasione fanno ritorno nella loro terra di origine. Carismatica e entrando in chiesa assieme ai cappellani ed a coloro che avrebbero molto attesa dalla popolazione è anche la fiaccolata mariana, che parte dovuto fornirgli le necessarie indicazioni, viene trovato l’attuale dalla Querciuola al Santuario, un cammino lungo la montagna che si Quadro divino che ancora oggi si può ammirare nell’apposita nicchia snoda in un percorso non lineare durante il quale i canti dei fedeli si sopra l’Altare Maggiore, dipinto da mani angeliche. Lo stesso Quadro uniscono ai rumori della natura circostante. Negli ultimi anni è sorto un Divino, dopo 144 anni dal suo miracoloso ritrovamento, ed esattamente monastero, sono stati restaurati la Querciuola e il Santuario ed è nato il il 5 ottobre 1726, mattina di sabato, comincia ad emettere da uno dei Rifugio di S. Maria della Bellezza. Il 31 maggio 2018, è stato firmato tanti gruppi di cinque palline d’oro dipinte sul manto della Madonna il decreto con cui il Santuario della Madonna della Quercia di Visora è e precisamente da quello presente sulla Sua spalla destra, un raggio di stato eretto a Basilica Minore e pertanto godrà di privilegi unici sanciti luce accecante, che si spegnerà solo dopo otto mesi, alla chiusura del dal diritto e dalla legislazione canonica. L’annuncio è stato dato dal mese dedicato alla Madonna. Questo stesso punto sarà poi evidenziato, Vescovo di Lamezia Terme Luigi Cantafora nel santuario diocesano di in occasione della coronazione del 1783, mediante l’applicazione di Conflenti nel giorno della festa della Madonna della Quercia di Visora “Ad ottobre ci sarà la solenne elevazione a Basilica presieduta dal una grossa stella d’oro. Cardinale Sarah a cui sono certo parteciperemo in grande numero e con Un’altra data importante nella costruzione della Basilica della gioia per il dono che viene fatto alla Chiesa e a Conflenti. Preghiamo Madonna della Quercia è il 26 agosto 1607. per il Santo Padre e per la nostra Diocesi che qui Dopo quasi 30 anni dall’apparizione, la chiesa a Conflenti si raduna per ricevere il conforto e era stata costruita, con il lavoro e la generosità la protezione di Maria”, ha aggiunto il vescovo dei conflentesi e degli abitanti dei paesi vicini. lametino sottolineando come “la Diocesi di Le pietre, la calce, la sabbia e tutto il materiale Lamezia Terme ha per la prima volta nella sua necessario alla costruzione era stato trasportato storia una Basilica e questo Santuario potrà a braccia, a forza d’uomo o con l’aiuto di bestie fregiarsi del titolo di Basilica per concessione di da soma e certamente le vie non erano asfaltate! Sua Santità Papa Francesco. Tutto questo è una Il 26 agosto 1607 la Chiesa fu completata e la grande onore, ma anche un onere. Significherà consacrazione fu fatta dal Vescovo che venne assicurare quotidianamente un servizio religioso da Martirano perché a quel tempo e fino al all’altezza di una Basilica e un impegno da 1818 c’era il Vescovo anche a Martirano, e parte della comunità in una cura ancora più Conflenti era affidata a quel Vescovo. Il 27 zelante. E forse questo potrebbe spingere le gennaio 1790, nella ricorrenza del secondo autorità competenti a volersi impegnare per centenario dall’inizio della costruzione della rendere Conflenti sempre più raggiungibile e chiesa della Madonna della Quercia, Il Papa accogliente dal punto di vista delle strade”. Il Pio VI concesse al Santuario di Conflenti il titolo di “Basilica minore” viene attribuito dal titolo di Basilica. È un titolo di distinzione che Papa a Chiese e Santuari “dotati di una speciale viene concesso alle chiese che godono di fama importanza per la vita liturgica e pastorale”, e sono frequentate dal popolo con particolare esprimendo così un particolare vincolo con la devozione. Il Santuario venne ampliato nel Chiesa di Roma e il Sommo Pontefice. Lamezia e non solo GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844 pag. 23 Nell’estate del 1578, si susseguirono alcune apparizioni della Vergine. La Madonna apparve su un trono di luce, ai piedi di una quercia, nel territorio di Conflenti, nella contrada Serracampanara, (nel punto esatto dove oggi sorge in onore di questa Apparizione una chiesetta (Querciola) e una grande Croce alta 15 metri visibile anche dall’Autostrada una trentina di chilometri dopo Cosenza in direzione sud). Apparve ad un giovane pastore Lorenzo Folino, e gli raccomandò di far costruire una chiesa a Conflenti inferiore, nella zona detta Visora, dove allora vi era una grande quercia. Non sappiamo perchè quel luogo si chiamasse Visora, qual è l’origine vera di questa parola, che si presta ad essere divisa in due parole latine vis e ora. La tradizione riferisce che, anche S. Francesco di Paola passò un giorno per Visora, e là si fermò a pregare tenendo gli occhi fissi sopra una grande quercia, e annunciò che un giorno in quel luogo sarebbe sorta una grande chiesa in onore della Madonna.


Carissimi lettori, è stata l’estate delle autobiografie. Ho divorato degli splendidi volumi, che mi hanno fatto incontrare personaggi meravigliosi che avevo nel cuore, da tempo immemore. Ho iniziato con Giancarlo Giannini (Sono ancora un bambino) e poi ho proseguito con Tullio Solenghi (Bevi qualcosa, Pedro!), Luciano De Crescenzo (Sono stato fortunato), Phil Collins (No, non sono ancora morto) e, per finire, con Steve Copeland (Strtange Things Happen – La mia vita con i Police, il polo e i pigmei) e Lily Collins, la figlia di Phil (Senza filtri)… Sono rimasta molto colpita dalla familiarità e dalla sincerità di tali scritture. Di solito, le autobiografie finiscono con l’essere essenzialmente autocelebrative, invece, in questi scritti ho letto solo una gran voglia di raccontarsi e di mettere coloro che li seguono a parte della loro vita, dei loro tratti distintivi e delle loro piccole cose quotidiane. Quasi a significare che la fama, la popolarità e l’agiatezza non siano che conseguenze… Molte volte sono rimasta stupita, pur se, fra le righe, avevo sempre notato, per esempio, l’incredibile indipendenza di Giancarlo Giannini, che ha sempre amato girare da solo per le città in cui ha recitato, partecipando alla quotidianità delle stesse (lo incontrai in Soverato, mentre usciva dall’Ufficio Postale, in occasione di una delle passate edizioni del Magna Graecia Film Festival)… O l’umorismo di Tullio Solenghi, che sa guardare alla vita, con l’occhio deformato della satira… E che dire di Luciano De Crescenzo e della sua incorruttibile ironia? Eppure mai mi sarei aspettata che il più grande batterista del mondo, Phil Collins, fosse un insicuro e che la sua arte, perizia e composizione derivassero dal suo non essere mai convinto di nulla: una delle più sincere autobiografie mai lette, in cui il protagonista non nasconde proprio nulla di se stesso… E neppure avrei pensato che Steve Copeland, altro batterista di fama mondiale, fra i primi cinque migliori batteristi al mondo secondo i tabloid, fosse un essere caparbio e, al tempo stesso, un delicato e acuto conoscitore degli animi umani. O che Lily Collins, pur famopag. 24

sa e figlia di cotanto padre, avesse avuto le difficoltà di una normalissima adolescente… Adoro sia biografie, che autobiografie: sono, per me, ancor più avvincenti dei romanzi. Ti narrano storie straordinarie di gente normale. E tu puoi identificarti. Perché anche a noi capitano esperienze straordinarie, ma non le consideriamo tali, sol perché non siamo famosi. In molti tratti dei grandi personaggi che hanno fatto la storia o semplicemente la musica, il teatro o altro, scopro le mie stesse caratteristiche: il voler guardare la vita con occhi magici e dare un senso a ogni piccola cosa. Il successo viene da lì: dal non sentirsi normali, se, per normalità, s’intende la banalità del quotidiano non valutato bene! E’ un piacere immenso calarsi nelle vite altrui, assaporarne la confidenza che s’instaura attraverso le pagine e sentirsi privilegiati nell’accogliere in casa i personaggi amati. A lettura finita, ti senti più completo, più soddisfatto di te e… anche più forte e ricco dentro.

Senza Titolo Quando la sera il cielo invecchia e nuvole dense danzano sil colle l’anima dolce accarezza le corde lontane. Tremano vele sull’azzurro marino collasso di malinconie nel cuore La cicala E … lei canta ancora neppure il fragore del treno la ferma. Canta con le stesse note gargarine che rotolano lungo le cime degli alberi Inconsapevole canta nè cerca gli anni svaniti nel caldo sole d’estate. E rotolano gli anni insieme alle onde sulla spiaggia della vita ora deserta

Ines Pugliese

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Un caro amico mi disse, un giorno: “Amo la compagnia e l’amicizia di gente realizzata: non importa se siano ricchi imprenditori, artigiani, impiegati o pescatori, l’importante è che amino quel che fanno”, ed è vero. Luciano De Crescenzo era un ingegnere dell’IBM. Lily Collins la figlia di un grande artista, eppure hanno seguito strade tutte loro, lavorando sodo. Non bastano studi e talenti, ma come dicono Giannini, Copeland e Collins, l’unica cosa che serva davvero, nella vita, è l’impegno. Leggere di gente che non si è arresa è molto stimolante. Aiuta a non arenarsi mai, perché l’unico ostacolo è sempre il basso obiettivo che molti si pongono, vuoi per paura di non riuscire, vuoi perché ci si accontenta (per poi fra pesare la propria insoddisfazione al mondo circostante!). I momenti più divertenti li ho trovati leggendo con quale irriverente ironia, De Crescenzo parla della napoletanità indifferente di sua madre, mentre mi sono commossa nel leggere della grande stima che Giannini ha nutrito per suo nonno. Per non parlare della particolarità dei genitori di Phil Collins e di lui stesso come genitore, negli accenni della figlia, come del british humour con cui Solenghi descrive la sua realtà. Lungi dall’essere celebrativa, ogni autobiografia si snoda sul piano umano, trattando le proprie attività come quotidiane e le proprie passioni non come arte, ma come atti spendibili nel presente della loro vita. L’impegno è il leitmotiv di ognuno. Quello che, noi stessi, mettiamo in ogni cosa, per realizzarci. Questo è l’insegnamento di chiunque voglia vivere la propria vita, con le proprie volontà e le proprie risorse, senza sparire nell’ordinario anonimo o nel convenzionale senza guizzi… Potete scegliere di leggere tutti i libri che vi ho elencato e, come me, estrapolarne le parti di vostro maggiore interesse o sceglierne soltanto uno, magari secondo la vostra personale simpatia per un personaggio: io, non sapendo fare una scelta adeguata, perché li ho amati tutti, vi ho dato la possibilità di conoscerli. A voi il vaglio della collezione… E, come sempre, BUONA, e quanto mai intensa, LETTURA! Alla prossima.

Lamezia e non solo


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