lameziaenonsolo incontra chiara d'andrea marzo 2020

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Lamezia e non solo

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lameziaenonsolo incontra

di Nella Fragale

Chiara D’Andrea

Incontriamo questo mese una giovane lametina che da tempo vive a Firenze dove organizza importanti eventi che riscuotono molto successo. E’ Chiara D’Andrea, giovane, bella e brava che ama la sua terra, la sua città, dove spesso ritorna, ma che, probabilmente non ha avuto, “in patria”, le opportunità che la selettiva Firenze le ha invece offerto. Una lunga chiacchierata con una persona sensibile grazie alla quale scopriremo anche una parte nascosta del suo carattere.

Chiara D’Andrea canti, scrivi testi per canzoni, organizzi importanti eventi in quel di Firenze … ma è nel tuo DNA perchè, in un certo senso “figlia d’arte”? Tua madre cantava, tuo padre canta, scrive canzoni, musica, libri Sì a casa ho sempre respirato musica e cultura e anche un po’ di teatro perché mia mamma ha fatto parte per anni della compagnia dei Coppola a Napoli. Papà è un cantautore e mio fratello Giuseppe è DJ, suona la tromba e ha una Associazione Culturale anche lui a Lamezia Terme si chiama Officina Giovani. Prima di entrare nel vivo dell’intervista, vogliamo ricordare un po’ tua madre? Mia mamma è stata un esempio di donna incredibile, nonostante i suoi problemi di salute ha cresciuto me e mio fratello (insieme a mio padre) facendoci capire il senso del rispetto dell’altro, dell’impegno per raggiungere un obiettivo nonostante le difficoltà, per i medici non avrebbe potuto fare una vita regolare, non poteva giocare con i compagni, non poteva fare tardi la sera ed andare alle feste, non avrebbe potuto avere un ragazzo e quindi un marito, dei figli, un lavoro cosi pieno e “pericoloso” eppure ha seguito quello che in cuor suo era il suo tracciato su questa terra e anche se lo ha finito a poco più di 50 anni sicuramen-

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Mi ha fatto conoscere lei il pianoforte, gli accordi, il tocco e cercare di accompagnarmi. Era una delle uniche mamme che si vestiva di carnevale con me da bambina, ci piaceva andare a mare insieme e stare al sole e nell’acqua per ore. E tanto altro che magari un giorno racconterò con più tempo a disposizione.

te si può dire che è stata una vita piena di Amore. Ha apportato dei miglioramenti per la nostra città e regione grazie alla sua capacità di mediazione e alla pazienza che la contraddistingueva nei rapporti interpersonali. Essendo Dirigente del Centro di Prima Accoglienza del Ministero di Giustizia della Calabria e della Basilicata, non sempre aveva dei dialoghi sereni, ma riusciva a scaricarsi di tutte le tensioni prima di rientrare in famiglia, e anche se il suo lavoro la teneva tanto fuori casa, quello che portava era un esempio di combattente per il bene e accoglienza di mamma e moglie. E’ morta che eri ancora piccina, che ricordi hai di lei? Noi avevamo un legame fortissimo, sapeva tutto di me, anche le cose che di solito non si dicono ad un genitore. Ricordo le domeniche a pulire casa con la musica di Fabio Concato, Lucio Battisti e Mina. Si puliva cantando come pazze per tutte le stanze.

Hai un bellissimo rapporto con tuo padre, me ne vuoi parlare? Mio padre è una persona eccezionale, ha un livello culturale e intellettuale tale da essere un punto di riferimento per tantissime persone. Ne sono fiera. La sua missione è nell’ambito della Teologia e Filosofia, ma anche lui ama e pratica la musica, è uno dei nostri punti di contatto, suonare e cantare insieme, come anche argomentare e filosofeggiare passeggiando. Lo ringrazio perché mi ha reso autonoma fin da piccolina e ha sempre voluto il meglio per me e mio fratello. Ci vogliamo tanto bene e tutti e tre con mio fratello, e tutti e 4 con mamma siamo una forza, abbiamo superato tantissime difficoltà e ora abbiamo il desiderio di essere sereni e nell’amore. Giuseppe è più piccolo di te, oggi avete un bel rapporto? Io e mio fratello ci distanziamo 9 anni, quindi io da piccola ero una seconda mammina. Ho desiderato tanto avere un fratello ed in realtà non ho vissuto la condizione della figlia unica perché ero una bambina responsabile e sempre attenta a risolvere i problemi di casa. Mi attivavo a fare le cose dei grandi. Tra alti e bassi io e mio fratello sappiamo di poter contare l’uno sull’altro e ci vogliamo un bene infinito. Ovviamente i nostri genitori sono stati da esempio soprattutto nell’”essere” e nel “fare”, più che nel “dire come fare”, e

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siamo “fortunati” per questo. Come mai hai deciso di lasciare Lamezia per Firenze? All’inizio dopo il Diploma psicopedagogico volevo andare a Roma a seguire il corso di Laurea in Psicologia, ma avendo fatto la “Primina” abbondante, mi sono diplomata minorenne, quindi non era possibile per il primo anno andare a vivere tanto lontana

da casa, allora mi sono iscritta a Cosenza al DAMS indirizzo multimediale, dove comunque mi sono trovata bene anche perché vivevo con 3 delle mie più care amiche delle superiori. Mentre studiavo e seguivo i corsi conobbi un ragazzo toscano, Vincenzo, amico di una mia cara amica d’infanzia, dopo un lunghissimo corteggiamento, ci siamo messi insieme e dopo un anno di fidanzamento mi sono trasferita terminando gli studi a Firenze. Laureata in Comunicazione linguistica e multimediale ho incrementato anche gli studi musicali e sulla corretta impostazione vocale e mi sono inserita nel settore musicale e artistico, quindi con enorme impegno ho fatto sì che in diversi anni la mia passione si è trasformata gradualmente in attività lavorativa.

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Sei eclettica, si può dire che non ti fermi mai, fra le tante tue attività voglio cominciare parlando del tuo ruolo come Responsabile Produzione Eventi de “La Place des Artistes” format nazionale creato da Pasquale Pietro Neri, polistrumentista di De Andrè, Vasco, Ray Charles, Loredana Bertè. Nell’immaginario collettivo quando si pensa ad “eventi” si pensa alla parte piacevole, a quella che tutti andranno a vedere, ma dietro c’è un duro lavoro, non sempre facile o piacevole, è così? Per me lavorare nel mondo dello spettacolo è un piacere, ovviamente ci sono ruoli che non sono visibili al pubblico e che necessitano di un’attenzione, una costanza e autodisciplina, uno spirito di osservazione, attività di problem solver, disponibilità h24 e versatilità altissima questo è quello che serve per questo lavoro. Ovviamente la ten-

sione e la responsabilità sono talmente alti che si possono attivare solo alcuni progetti. Con Pasquale Pietro Neri si è creato un nostro Team fantastico e oltre a lavorare su alcune edizioni de “La Place des Artistes” ora mi occupo ancor di più del FOSAR festival , della quale sono anche presentatrice ufficiale. Chi si avventura in questa professione che competenze deve avere? Si arriva ad essere Responsabile Eventi e nel mio caso anche Direttore Artistico di alcuni eventi o progetti per esperienza sul campo, con corsi di formazione, un percorso universitario, un affiancamento al direttore artistico di riferimento, una buona predisposizione allo studio delle dinamiche di gruppo, ad una buona conoscenza delle

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mansioni di tutti i personaggi che lavorano nella grande macchina che è il “grande evento”. Non è il mio sostentamento, perché in primis io sono cantante/performer ed insegnante di canto moderno, ma devo ammettere che l’organizzazione crea gruppo, armonia ed è un elemento per me fondamentale nella mia vita.

Di certo ti sarà capitato di incontrare persone note del mondo dello spettacolo, ma sono “carini” anche dietro le quinte? Il vero artista è uguale sul palco e fuori dal palco, ovviamente non se sta interpretando un ruolo specifico da copione, a quel punto “sarà” quel personaggio attraverso i propri occhi e con la supervisione del regista. Ho conosciuto tanti cantanti, attori e performer musical, solo di alcuni sono diventata amica e devo dire che sono persone ancora più belle di quello che vediamo. I social network e una buona pubblicità quanto sono importanti oggi? Nel mio caso sono importantissimi, oltre al passaparola ovviamente. Chi fa vedere nei vari mezzi di comunicazione che lavora concretamente e fa eventi ne fissa automati-

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Insegno tecnica vocale, empatia di gruppo e canto musical a tutte le età dai 6 agli 80 anni.

camente altri, viene conosciuto anche come insegnante e ci saranno nuove persone che vogliono imparare a cantare o professionisti che vogliono migliorare. Mi è capitato di incontrare gente che crede basti lanciare un evento su fb o twitter per assicurarsi il successo, ma è vero? Il successo secondo me ha tanti livelli ed è variabile quindi non dovrebbe essere concepito come una meta, altrimenti ci si arriva (se ci si arriva) carichi di aspettative e poi si finisce in fondo come le montagne russe. Io ho un carattere, e chi mi conosce bene lo sa, che non ha mai preso in considerazione la “corsa al successo” perché per me il mondo della musica e lo spettacolo, non è la fuga dalla mia vita, è la mia vita, cerco di migliorarmi ogni giorno e di mantenere un buon equilibrio della mia persona cercando di trasmettere messaggi più amorevoli e veri possibile. Poi se con questo mio modo di essere a volte posso in alcuni periodi della mia vita essere seguita da più persone o avere maggiori soddisfazioni sono contenta. Inutile negarlo, in questo settore le nuove tecnologie sono importanti ma non ritieni che il rapporto umano, quello che potrebbe creare “pathos”, venga meno? E’ tutto fatto “a tavolino” o no? Ti dirò una cosa particolare ed insolita. Credo tu stia parlando di trasmissioni televisive. Io sono fuori da queste dinamiche perché ho smesso di guardare la televisione già da una decina di anni, avevo bisogno di pace dopo il lavoro, a volte di silenzio o musica rilassante ho iniziato a perdere questa abitudine e in un cambio casa, non me la sono portata dietro. Quando ora mi capita di vedere qualcosa da amici o in qualche locale, sono felicissima di questa scelta, perché mi rendo conto che il livello di tensione nervosa, ansia e inutilità è cresciuta a livelli smisurati ed io che non ho vissuto la

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crescita graduale di questa diversa sensibilità, ammetto una certa insofferenza anche solo dei toni di voce. Se ci sono cose che mi incuriosiscono, perché riportate dai miei allievi, miei amici e parenti vado su internet e cerco. Idem per film o fiction. Come hai ragione! Riferendomi a coloro guardano il tuo lavoro con interesse e vorrebbero tentare questa carriera, quali consigli daresti? Non saprei, quello che posso dire è che i primi 8 anni di lavoro in questa direzione sono stati un grande investimento delle mie forze. Fino ad avere anche problemi di salute facendo ininterrottamente 12 o 14 ore al giorno senza giorno libero (e ora so che non è un vanto), era una corsa per raggiungere uno stato di serenità. Io avevo un full time in ufficio che mi sosteneva e coltivavo la mia passione per il canto, poi sono stata insegnante di scuola primaria per tanti anni e con la vittoria di un bando la mia passione è diventata secondo lavoro infine poi finalmente unico lavoro quando per 3 anni ho visto che si era creata una stabilità, era impossibile avere due lavori a pieno regime ho lasciato quello che non ritenevo fosse la mia strada. Ed hai fatto bene! Dopo avere parlato di questo tuo “lavoro”, grazie al quale lo scorso anno anche noi abbiamo avuto il grande piacere di presentare alcuni libri a firenze, in una meravigliosa serata sul lungarno, parliamo delle altre tue molteplici attività, insegnante di canto moderno … quindi insegni canto? a chi? a bambini, a giovani? Si sono insegnante di canto moderno presso 3 strutture: Scuola di musica Harmonia a Firenze di Claudio Tommasoni, al Pianeta Musica a Capalle di Mc Poldo e alla scuola di musical “Tutto fa Broadway Golden Theatre Academy” di Bagno a Ripoli di Michela Mirabucci.

Leggo che sei anche Direttrice didattica di un corso di Musical, me ne parli? Si della sezione Harmonia Musical di Firenze, il corso ha preso il via 2 anni fa dopo 3 anni di seminari e stage con performer musical conosciuti in tutto il mondo. Abbiamo la collaborazione di 10 insegnanti che orbitano nella nostra struttura, si affrontano diverse discipline: Canto musical, Empatia di gruppo, Armonie vocali, Interpretazione, Allestimento di regia, Danza contemporanea, Danza moderna, Hip hop. Teorie e Tecniche di amplificazione, Dizione, Scenografia, teoria musicale, Discipline tradizionali cinesi. Ora questo corso è nella fase iniziale quindi assorbe molta energia e impegno delle mie giornate. Sono contentissima dei ragazzi iscritti, stanno facendo un lavoro incredibile su tutti i livelli. Si impegnano, sono costanti e a noi insegnanti ci emoziona vedere in loro i passi in avanti, perché il talento se non si cura non porta da nessuna parte, bisogna portare attenzione. Volersi bene in primo luogo è valorizzarsi e fare un cammino di crescita anche grazie al contatto e supervisione di due grandi nomi Silvia Querci (Romeo e Giulietta, Ama e cambia il mondo) e Vittorio Matteucci (Notre Dame de Paris) Hai una voce meravigliosa, lo so perchè ti ho sentita cantare più volte, sia come solista che in coppia con tuo padre o con Patrizio Pierattini. Il mondo della canzone è difficile, ci vuole tanta fortuna, bisogna essere al “posto giusto, al momento giusto”. Tu cosa ne pensi? Ti ringrazio di quello che pensi della mia voce, sicuramente sono partita bene grazie ai miei genitori e devo anche ammettere che ho studiato sodo e ho sperimentato molto per arrivare a quello che riesco a fare e trasmettere ora, sono sempre in continuo miglioramento perché non si smette mai di imparare e ne sono felice. Lo rifarei 3000 volte perché è quello che mi da la gioia, che mi rincuora, è il mio modo di manifestare l’Amore, ed è anche ciò che alimenta il mio lavoro. Hai accennato sopra a Patrizio Pierattini, insieme abbiamo un progetto mera-

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viglioso il “Duo Favola”, nato in teatro. Ci siamo conosciuti facendo “Bianca come la Luce” io ero Biancaneve e lui era il Principe e come una favola appunto, abbiamo iniziato un percorso insieme, che ci ha portato a fare diversi spettacoli, concerti e musical. Ora Patrizio è un mio stretto collaboratore anche nelle attività dell’associazione culturale Emozionote e del corso Harmonia Musical. Bello, ma … domanda interessata … ti è mai capitato di collaborare con Gianni Morandi? No non mi è mai capitato

Peccato!!! se mai dovessi farlo… lo sai che mi devi coinvolgere? Ahahahah, sì certo, se dovesse accadere ti chiamerò. Scherzi a parte, (ma non tanto, nel senso che se tu facessi qualcosa con Morandi senza chiamarmi potrei offendermi), torniamo a te, sei presidente dell’Associazione culturale Emozionote. me ne vuoi parlare? Emozionote è un Associazione Culturale e dello Spettacolo con sede a Firenze, abbiamo diverse attività e format: un gruppo vocale “Emozionote” siamo in 10 e ora stiamo

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riallestendo un nostro spettacolo “the Greatest showman”, una seconda edizione di “Queen” e “Retrò” che invece è più adatto ai pub. Poi all’interno abbiamo il ramo ambiente con “Spazzatour” organizziamo spesso con le Istituzioni delle passeggiate con guanti, pinze e sacchetti per ripulire un parco, una strada, una zona da riscoprire. “Varietà” un format culturale, con presentazione di libri, mostre di pittura in collaborazione con Sandro Capra e Pro Arte la Torre, dibattiti filosofici (quando mio padre mi viene a trovare cerchiamo sempre un occasione per un evento), esibizioni strumentali, cantate, danza o recitazione. Offriamo supporto nei grandi eventi come organizzazione, preparazione ai provini e selezione artistica.

Sei performer musicale nei seguenti musical : “Bianca come la luce” di Roberto De Certo, “Un Sassolino nella scarpa”, “Il ragazzo con la valigia” di Robert Anderson , “Toscani si nasce”, “La bella e la bestia” di Gianluca Truppa, “Una Streghetta” , ma cosa fa una performer musical? Il performer musical, interpreta il ruolo assegnato a seguito di un provino. Deve avere una buona preparazione nel canto, ballo e recitazione. Quindi bisognerebbe mantenersi in forma fisicamente e allenati vocalmente. Impegnarsi nell’apprendimento delle in-

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dicazioni registiche e nella memorizzazione veloce dei copioni. Questo lavoro è stato per me una scoperta, ho fatto un provino quasi per gioco, perché dei colleghi mi dicevano che il regista stava cercando proprio una voce e un viso come il mio, ed ecco è partita la mia esperienza meravigliosa del teatro. Tra i musical sopra che hai accennato nella domanda aggiungerei “ Don Milani” musical di Rodolfo Banchelli, un artista completo, tutti lo ricordiamo o per essere stato a Sanremo nel 1984 con Madame o per aver vinto il campionato mondiale di rock and roll acrobatico, di lui sono anche “un sassolino nella scarpa” e “Toscani si nasce”. Sei anche Direttrice Artistica di alcuni eventi periodici all’Hard Rock Cafe di

Firenze. Si all’Hard Rock Cafe mi occupo di circa un evento al mese, come Festival di Band, Varietà, Eventi a tema, spesso presentiamo una scuola, un progetto o un’associazione con noi e creiamo intorno l’Evento. Quest’idea sta riscuotendo un successo pazzesco gli ultimi eventi abbiamo fatto Sold Out e le persone escono dal locale con delle bellissime emozione vissute tutti insieme. So che musicisti di alto livello come Frankie dj, Pasquale Pietro Neri, Mirko Verrengia, Mac Poldo, Francesco Lucchini, Giuseppe Andricciola, Marco De Cootis, Claudio Tommasoni, Alberto Marra, partecipano alla creazione di tuoi brani, in che senso? Suonano con te? Componete insieme? Ti stai riferendo sicuramente al mio CD Sconfinando, con l’etichetta Lamezia e non solo


Tutti hanno sogni nel cassetto, quello di chiara quale è? A questo punto devo dire simpaticamente che non lo so, mi devo riorganizzare. Ci stavo pensando proprio nelle ultime settimane. È una cosa curiosa. Magari se ne parlerà ad un prossimo incontro. discografica White Pop Records del 2015, abbiamo fatto diversi live in varie regioni d’Italia: Toscana, Calabria, Veneto, Friuli, Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Piemonte. È stata un’esperienza interessante spalmata in diversi anni. Partecipazioni in radio e trasmissioni televisive, sono veramente contentissima di aver portato a cosi tante persone il mio messaggio di allora. Sono alcuni dei musicisti che hanno suonato nei live o hanno registrato i miei brani in sala di incisione, tutti mossi da una grande amicizia e stima reciproca. Li ringrazierò sempre per questa meravigliosa esperienza. Ora occasionalmente scrivo qualcosa, o registro qualche linea melodica che mi rimane impressa o che non mi fa dormire, ho delle idee buttate giù qua e la, e ho anche lavorato su commissione su due brani del musical “Il Ragazzo con la Valigia” del quale ho fatto parte come performer. Ma devo ammettere che ho rallentato questa attività almeno in questi anni per concentrarmi sul teatro. Ma è un arrivederci non un addio. Beh ora basta parlare di lavoro, parliamo della tua vita “privata” e cominciamo parlando d’amore: che ruolo ha l’amore nella tua vita? L’Amore compenetra qualsiasi cosa che io faccia e che viva, non si può cantare, insegnare, organizzare o gestire le dinamiche di un gruppo senza Amore, sarebbe un disastro. Come anche svegliarsi, pulire casa, andare al supermercato, anche le cose più banali se non le fai con Amore non hanno senso. Quando non lavoro, cerco di stare

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nella natura, mi piace passeggiare nel verde e stare tra gli alberi, hanno un energia che mi rigenera come lo scorrere del ruscello o il rumore delle onde del mare sul bagnasciuga, mi puliscono la mente, mi alleggeriscono e mi danno pace. Ovviamente mi piace anche incontrare gli amici e parenti. Negli ultimi 4 anni della mia vita mi sono avvicina all’Accademia Sham Eloha, un percorso interiore di crescita personale e spirituale condotto dalla professoressa Sonia Bottacin. Mi piace seguire le lezioni, fare gli esercizi e le meditazioni, mi aiutano a conoscere di più me stessa nella parte spirituale ma anche nella concretezza del quotidiano. Ringrazio lo spirito per avermi fatto incontrare questo cammino. Questo è Amore. Nella tua vita a cosa non rinunceresti mai? Non rinuncerei mai alla mia famiglia, mio padre e mio fratello e a chi amo, a quello che ho costruito con l’amore per la musica ed il teatro. Non rinuncerei al mio percorso spirituale che mi indirizza verso un equilibrio di serenità. Posso snellire sicuramente qualche passaggio per avere più tempo per la vita “normale” e ci sto lavorando, ma preferisco vivere il presente ed essere responsabile delle mie scelte. Ti piacciono gli animali? Ne hai uno? Io adoro gli animali, mi piace dargli attenzione e coccole, sono curiosa di vedere quello che fanno e immagino le loro emozioni e quello che vorrebbero dire se avessero la parola. In questa fase della mia vita, non ho un animale, ma il gatto della proprietaria di casa che vive affianco a me, mi viene a trovare tutti i giorni dal balcone per un po’ di carezze e fusa è diventata ormai un appuntamento dolcissimo.

Non possiamo non concludere con una domanda su quello che sta accadendo a livello mondiale: il corona virus, il tuo pensiero a proposito? Questo Virus sta mettendo a dura prova l’Umanità, sono vicina a tutte le famiglie colpite e approfitto di questa domanda per abbracciarle con affetto. Come in tutte le situazioni che arrivano nella mia vita, cerco di capire qual è l’insegnamento che devo acquisire e interiorizzare. Nel mio piccolo sto cercando di osservare il mio microcosmo, sto notando quanto ho stressato il mio corpo e la mia anima con severità, quanto non mi sono ascoltata. Nel rispetto di tutti e della vita, spero di ricominciare al via della socialità, con uno spirito fresco e sereno, con una visione più sana del tempo e dello spazio. Ora per uscirne stiamo a casa e cerchiamo di trovare una dimensione di equilibrio con noi stessi e, chi ha famiglia, con ognuno dei suoi membri, cercando di far fluire e alimentare la nostra energia creativa. Regalando sorrisi a chi ci vuole bene solleviamo l’umore, che tra l’altro è uno dei modi per alzare le nostre difese immunitarie. Facciamo vincere l’Amore, l’Unione tra tutti i popoli, categorie sociali e il rispetto della Natura che ci ospita. Che dire di Chiara a fine intervista? E’ una ragazza solare, sorridente, sempre gentile, pronta a tendere la mano, forse, per questo, facile fa ferire ma lei non perde la fiducia, il sorriso, perchè, nonostante tutto è decisa, determinata, mette passione in quello che fa e quindi i risultati non possono che arriderle. Come già detto ha una bellissima voce, peccato che fino ad ora non le sia capitata l’occasione giusta, quella che avrebbe potuto farla conoscere al grande pubblico ma, come si dice? Mai dire mai ed io, per l’affetto che mi lega a lei, glielo auguro di tutto cuore. Per Chiara una frase di Alda Merini che, secondo me, le calza a pennello; Io amo la semplicità che si accompagna con l’umiltà. Mi piace la gente che sa ascoltare il vento sulla pelle, sentire gli odori delle cose, catturarne l’anima. Perché lì c’è verità, lì c’è dolcezza, lì c’è sensibilità, lì c’è ancora amore.

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Comune di San Pietro a Maida

Parole in Sala di Loretta Azzarito

Volge al suo termine la prima stagione della rassegna del libro “Parole in Sala” organizzata dal comune di San Pietro a Maida (Assessorato alla Cultura). La rassegna con i suoi 4 appuntamenti previsti l’ultimo a febbraio 2020, ha avuto il suo felice riscontro nella realtà sampietrese attraverso la presentazione di libri capaci di offrire tematiche, emozioni, riflessioni e confronto e accattivando il piacere della lettura, che rimane per eccellenza arricchimento della propria personalità. Il Primo appuntamento di Parole in Sala si è tenuto il 25 Ottobre 2019 presso la Biblioteca comunale che apre le porte al libro “Cuba Amata” Otto Storie d’Amore di Giovanni Patera. Ad introdurre e moderare l’incontro l’Assessore alla cultura Loretta Azzarito che ha manifestato il suo entusiasmo per il nuovo ingresso nella biblioteca comunale di un libro premiato dalla giuria del Premio internazionale di narrativa e poesia” Val di Vara Alessandra Marziale” che al tempo stesso è un importante documento della bellezza naturale e patrimoniale dell’isola di Cuba, nonché testimonianza di 8 Storie d’Amore, tra italiani e cubani, come simbolo della più intima introspezione umana, capace di cambiare, migliorare, travolgere, impreziosire la propria esistenza, ancor più se la fonte del racconto proviene dallo spirito sublime proprio dell’autore e dal bisogno dei personaggi delle 8 storie di condividere i loro forti patemi d’animo.Il Sindaco Domenico Giampà nel suo saluto ha sottolineato la decisione di aprire le porte della biblioteca comunale anche in occasione della prima edizione della rassegna del libro “Parole in Sala” con il vivo proposito amministrativo di rendere la casa della cultura sempre più consapevole alla comunicazione, avendo a cuore la cura e l’attenzione che merita la biblioteca fisica e spirituale portando avanti con continuità iniziative come la rassegna del libro. Il Sindaco ha inoltre espresso un grande benvenuto in biblioteca a “Cuba Amata” come documento di una meta tanto ambita da ogni generazione umana. Tra gli interventi il giornalista della RAI Dino Gardi , che dopo aver espresso il pag. 8

suo plauso per il calendario di appuntamenti sampietresi come risposta in positivo ai dati purtroppo non alti della propensione alla lettura, ha ricordato come in Cuba Amata 8 Storie d’Amore ci si possa riconoscere il vanto italiano dei molti famosi nell’isola, da Antonio Meucci ad Italo Calvino rispettivamente per la scoperta del telefono ed il secondo per la nascita all’Havana, da Battista Antonelli al calabrese Giovanni Francesco Gemelli rispettivamente per la costruzione del Morro simbolo cubano per eccellenza e per la creazione, il secondo, della prima enciclopedia sul viaggio. Il Dottor Gardi ha affermato come Cuba Amata possa considerarsi il vero capolavoro di Giovanni Patera già autore di “Cuba” del 2006 e “Italiani a Cuba” del 2012, per la grande capacità di scrivere con l’esperienza dei luoghi vissuti e per la veridicità dei sentimenti espressi, peculiarità che fanno di Cuba Amata anche un successo caraibico proclamato presso la sede cubana della “Dante Alighieri” l’istituzione più importante presente sull’isola per la diffusione della lingua e della cultura italiana. Ancora importante l’intervento del Presidente del Centro di Solidarietà “Il Delfino” Renato Caforio che ha evidenziato come lo scrittore Patera, innamorato dei Caraibi, permette al lettore, con questo romanzo di intraprendere un bellissimo viaggio in questa meravigliosa terra, conoscere la storia e ammirare il suo patrimonio e consente altresì, grazie alla descrizione minuziosa e sentimentale dei luoghi di calarsi nelle parti facendo propri alcuni momenti. Una perla di pathos ha poi aggiunto il Dottor Caforio, questa “Cuba Amata 8 Storie d’Amore” ha un testimonial d’eccezione Amaurys Perez, campione mondiale di pallanuoto, senz’altro il cubano più famoso che vive in Italia che nella sua postfazione al romanzo ringrazia lo scrittore Patera per aver permesso alla mente ed al cuore di ripercorrere alcuni luoghi. Un saluto anche da parte dell’Assessore ai lavori pubblici Maria Rosaria Costantino che ringrazia il Prof. Giovanni Patera per questo incontro molto stimolante e ricco di spunti riflessivi e culturali. Con il suo libro “Cuba Amata - 8 Storie D’Amore” regala al GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

lettore un entusiasmante avventura in una terra assai accattivante, descritta in modo armonico dal punto di vista storico - culturale - sociale e delle bellezze paesaggistiche. A concludere l’incontro, l’autore del libro, Giovanni Patera che ricorda tra le date importanti come visitatore di 27 nazioni quella del 19 luglio del 1999 un viaggio però questo all’interno dell’animo umano che lo ha portato alla fede cattolica e dunque ad una visione di supporto al mondo degli accadimenti. Con Cuba Amata dice l’autore era giunto il momento di parlare di sentimenti e chi meglio di Amaurys Perez protagonista di una storia d’amore felice avrebbe potuto scrivere la postprefazione al romanzo. Un romanzo aggiunge Patera che racconta Cuba attraverso 8 Storie d’Amore, 9 patrimoni dell’umanità 6 riserve della biosfera, tutto incastonato attraverso dei cuori italo cubani che si incontrano e trovano la felicità seppur momentanea alcune volte. Patera ha anche ricordato la forte crescita turistica nell’isola grazie soprattutto alle riforme economiche del 2012, da quando cioè la proprietà privata non è più considerata un furto ed i cubani hanno potuto aprire tante attività. Infine l’autore ha ringraziato l’amministrazione comunale per l’entusiasmo organizzativo portando nel suo cuore San Pietro a Maida. Il Secondo appuntamento di Parole in Sala, si è tenuto il 29 Novembre 2019 presso la Biblioteca comunale di San Pietro a Maida, questa volta con il romanzo “Speranza” il Mistero della croce di Val d’Aia di Lorenzo Avincola. Ad introdurre e moderare l’incontro l’Assessore alla cultura Loretta Azzarito che dopo aver presentato il romanzo come una scoperta a più voci protagoniste ed un affascinante intreccio di episodi, avvenimenti, incontri e scontri che stimolano la curiosità del lettore, ha voluto rivolgere un forte plauso all’autore Avincola per la sensibilità, passione ed indole attivista per aver raccontato la storia di personaggi particolari nel contesto di vicende accattivanti e di suspense. “Sublime” sottolinea l’Assessore Azzarito è il messaggio della nostalgia dei tempi, che ha il sapore dell’intensità irriLamezia e non solo


petibile dei momenti, quelli che se pur non rivissuti svelano come non mai, l’essenza più intima di essere vivi , vivi nella profondità dei sentimenti, vivi nel pieno coraggio delle proprie azioni. Ed ecco che Triestino Davoli(il protagonista) in quel di Bracciano è il personaggio che si nazionalizza e che “I Più” dovrebbero imparare a conoscere. Il Sindaco Domenico Giampà nel sottolineare alcune citazioni nel romanzo espressamente riguardanti il Paese di San Pietro a Maida, ha condiviso, il più vivo entusiasmo con i cittadini presenti in Sala, soffermando l’attenzione su come e quanto le bellezze ed il calore umano della sua realtà locale fanno ben parlare della stessa , costituendo anche per ciò stesso una grande spinta per consolidare i buoni propositi e dare vita a nuovi percorsi insieme. Nel suo intervento il Sindaco ha poi accolto il messaggio di Speranza firmato Avincola, assolutamente importante per impreziosire di contenuti e valori il senso della vita. Ad intervenire il Presidente dell’associazione Aliante Mediterraneo Nico Serratore che in piena sinergia con l’organizzazione di rassegna del libro ha più volte sottolineato l’importanza della Cultura come anima e pilastro di vita di ogni amministrazione comunale, in quanto le amministrazioni migliori che si ricordino aggiunge il Presidente sono quelle vivacemente attive di cultura e valorizzazione territoriale. Ricordando il protagonista del romanzo Triestino Davoli medico e primo cittadino di Bracciano assai attivo, curioso, partecipe delle iniziative culturali, tra la gente e per la gente, ne ha poi voluto dare omaggio all’amministrazione sampietrese complimentandosi. A conclu-

dere l’incontro l’autore del libro Lorenzo Avincola che ha ricordato come con questa sua opera abbia voluto raccontare la storia di un grande amore, ma soprattutto il ricordo di un grande amore. Un amore passato, talmente potente che non permette altri amori futuri. Eppure qualcosa ci dice che non bisogna mai perdere la Speranza, precisa Avincola. Il protagonista aggiunge l’autore è un sindaco che ama la propria gente. La battaglia vinta nel romanzo è quella conquistata dal mondo ambientalista locale per non far erigere sulla sommità del monte di Rocca Romana che domina il lago di Bracciano una grande croce di acciaio che avrebbe potuto essere vista anche da Roma. Ogni episodio del romanzo è legato alla presenza dei libri che sono la vera speranza di un futuro migliore. Avincola ha inoltre confidato un prosieguo con i personaggi di Speranza in nuovi episodi, un nuovo romanzo che con le capacità passionali di Avincola ne farà parlare nuovamente. Il Terzo appuntamento di Parole in Sala si è tenuto il 23 Dicembre presso la Sala Consiliare del comune di San Pietro a Maida alla presenza del neo procuratore di Vibo Valentia Dottor Camillo Falvo è stato presentato “ Sequestri” la trattativa tra stato e ndrangheta di Filippo Veltri. Ad introdurre e moderare la discussione l’Assessore alla Cultura Loretta Azzarito la quale ha sottolineato come Sequestri fosse l’opera più completa in termini di ricostruzione giornalistica, sul fenomeno che in un’epoca passata ha contribuito in termini di introiti a rafforzare la ndrangheta, oggi presente in modalità diversa, dedita soprattutto

al narcotraffico internazionale come fonte di guadagno. Il Sindaco Domenico Giampà dopo aver omaggiato con una targa il Dottor Falvo a nome dell’amministrazione comunale, quale orgoglio della comunità di San Pietro a Maida, ha evidenziato l’evoluzione della criminalità organizzata nella nostra Regione e ha sottolineato come in negativo la stessa abbia contribuito a dare un’immagine distorta della nostra Terra, fatta invece da molte e diverse energie positive, che vanno necessariamente valorizzate. Ne è conseguito un avvincente dialogo tra l’autore Filippo Veltri ed il Procuratore Falvo, da cui è emerso soprattutto dall’esperienza di quest’ultimo come la criminalità organizzata sia culturalmente e profondamente radicata nel nostro territorio, mediante l’impiego di giovani leve assoldati per pochi quattrini o come nei piccoli centri spesso siano cittadini normali a fare le vedette a sostegno delle organizzazioni criminali. L’ autore Filippo Veltri ha ripreso le cronache presenti nel libro, storie di riscatti più volte pagati, di mediatori e trattamenti diversi a seconda della provenienza geografica dell’ostaggio, di una legge sul blocco dei beni della famiglia del sequestrato intervenuta in ritardo, così come la tenuta dell’organizzazione criminale, messa a dura prova dal forte coraggio di donne e madri disperate. L’ultimo appuntamento con la rassegna del libro sampietrese a Febbraio 2020.

Le perle di Ciccio Scalise

TALIANI. DIMUSTRAMU CHINI SIMU Parica vidi tu, cc’è ancunu, chi vo mù, un ssi sarva nnissunu, e u populu, pari ddaveru stranu, co sta ddandu nà bella manu. Iu certi voti mi dumandu, ma, si tutti stanu raccumandandu, di stari d’intra, di un nnisciri, mù diciti pirchì, ull’amu i stari a ssintiri?. Unn’è cà, chini cumanda ha ppazzìatu, unn’e cà, u populu vò ccastigatu, Lamezia e non solo

unn’e cà, ppì ddispiattu nù vuanu fhari, chisti, cercanu, d’ogni mmodu i ni sarbari.

guardati.

Mà nua populu, affettu i migalomania, ni ndi , iamu ggirandu ppì ogni strata e bbia, vulessimu dimustrari a ttutti quanti, ca u curonavirus un nnì pia, cà simu pussenti.

I scinziati, ù lli stavimu a ssintiri, un ssacciu nduvi catinazzu hamu i jiri, n’amu i fhari a caminata, intra ni sintimu affucari, un ccapiscimu cà nisciandu, simu i primi a rrischiari.

Dimustramu mbeci quantu simu critini, ca un ppinsamu né a nnua, né alli cari vicini, i patri, i mammi, i nanni ni l’amu scurdati, di quantu sù ddilicati, i tilivisioni, ull’amu

I scinziati idica mù stavimu intra, sì nua daveru u fhacimu, ccu ppinnuli i cucina e sciruppu i cantina, stù mali u struggimu.

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Il nostro territorio

Il Monumento dedicato ai Caduti di Nicastro durante la Prima grande guerra mondiale 1915/1918 -

di Giuseppe Sestito

Lungo il Corso Numistrano, che come ho scritto nel numero precedente di Lameziaenonsolo è il bene storico-monumentale più bello e significativo di Lamezia Teme, si trovano collocati diversi altri beni culturali di notevole interesse di cui spesso non si conosce l’esistenza. O, se la si conosce, se ne ignora il valore artistico. Pochi hanno consapevolezza della loro importanza per cui la maggior parte di tali beni è rimasta lungo i decenni sconosciuta diventando marginale ed ininfluente rispetto alla crescita della cultura civica e storica della comunità sociale lametina. Quanti, per esempio, sanno che all’interno della Chiesa di San Domenico, nel cui annesso convento dei domenicani soggiornò e studiò Tommaso Campanella, esiste, tra le altre opere d’arte di rilievo, un intero ciclo pittorico di Francesco Colelli, pittore nicastrese assai apprezzato negli ambienti artistici del tempo in cui visse (1734 – 1820)? Alcuni libri editi negli anni scorsi da studiosi lametini offrono un esauriente resoconto delle vicende storiche che hanno interessato la chiesa ed il convento e illustrano il valore artistico delle opere in essa custodite; anche la produzione artistica di Francesco Colelli è stata oggetto di accurate ricerche, di belle pubblicazioni e di una recentissima mostra nella nostra città. Ci sarebbe da chiedersi quanti l’abbiano visitata. Un altro importante bene storico monumentale, su cui intendo soffermarmi brevemente, è il “Monumento dedicato ai Caduti” di Nicastro durante la prima, grande, guerra mondiale degli anni 1915-1918. Insieme a quello di Sambiase, esso è il più “sacro monumento civile” che esista in Lamezia Terme, ma nel contempo è uno dei più trascurati. Ci si ricorda di esso solo il 4 novembre ed il 25 aprile di ogni anno, allorchè il sindaco pro tempore della città o il commissario prefettizio, se il consiglio comunale è sciolto, vi si recano in corteo con qualche decina di cittadini, spesso dipendenti comunali, pag. 10

per deporvi una corona di fiori. Eppure quel Monumento è stato costruito, nel cuore della città, proprio con l’intenzione di immortalare la memoria di quei Figli di Lamezia TermeNicastro, la maggior parte dei quali giovani o giovanissimi (quando furono chiamati alle armi molti dei ragazzi nati nel 1899, come mio padre, non avevano ancora compiuto 18 anni….), che immolarono la vita, o rimasero mutilati nel corpo e nello spirito, per completare l’Unità d’Italia ed acquisire alla Patria le terre irredente di Trento e Trieste. Dovrebbe essere un luogo di “culto civile”; è invece il Monumento forse peggio tenuto e poco considerato. Molti cittadini, forse la maggior parte della popolazione, ignorano perché fu costruito, quando lo fu, e cosa ci sta a fare e a rappresentare in quel luogo. Eppure, esso fa riferimento ad un pezzo di storia, tragica, della nostra comunità nazionale e cittadina e serve a conservare e tramandare la memoria della sofferenza e della morte di alcune centinaia di Figli della nostra comunità sociale degli inizi del secolo scorso. Il Monumento sorge difronte all’antico Palazzo di città ed alla Cattedrale, i due Edifici simbolo di più alto significato della nostra comunità sociale: civile l’uno, religioso l’altro. Fu costruito nell’immediato primo dopoguerra ed inaugurato, se non ricordo male, nel 1924, sul sito in cui era ubicata la “storica” Fontana che, dopo alquante peripezie, adesso ha trovato sistemazione nella villa comunale (come chiamarla altrimenti?) che è stata edificata in Piazza Mazzini, nel vasto spiazzo di terreno che fino agli inizi degli anni ‘60 del secolo scorso era conosciuto con la denominazione di Piazza d’Armi. Sarebbe opportuno che il Monumento ai Caduti venisse inserito - insieme agli altri edifici che il sindaco Mascaro ha citato nel programma elettorale e che qui ricordo: Palazzo di Città, Palazzo ex anagrafe, (che prima di essere tale è stato la sede della banca popolare cattolica di Nicastro e del suo territorio), Teatro Umberto - nel progetto complessivo che sarebbe possibile realizzare con l’accesso ai fondi dell’Agenda Urbana, POR Calabria 2014-2020 per farne oggetto di una restauro completo. Il che vuol dire, per quanto concerne il Monumento ai Caduti, occuparsi del verde del giardino curandone periodicamente sia il prato che le aiuole che gli alberi; rifare i muretti di perimetrazione, ripulire le due fontane che vi sono allogate e, con sistemi e prodotti di detersione appropriati, la stele di marmo in cui sono elencati i nomi dei GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Caduti nicastresi; ripulire, infine, la statua in bronzo che simboleggia il soldato il quale, pur con il braccio destro amputato e col sinistro che brandisce una baionetta spezzata, si getta all’assalto del nemico. Anche il decoro della città e la sua immagine trarrebbero un indubbio vantaggio da questa operazione di restauro. A ragione, ci si potrebbe vantare che la città stia diventando più “bella ed invidiabile”! C’è, infine, un dato particolare, che voglio evidenziare per evitare che sia sottovalutato e perciò trascurato e dimenticato. Come si può vedere in due delle fotografie annesse all’articolo, la prima, scattata nel mese di giugno del 1959 in occasione della celebrazione del decennale della fondazione della GIAC (=Gioventù italiana di azione cattolica) della diocesi di Nicastro, mostra che sotto la statua era collocata una scultura (in bronzo come il soldato sovrastante…) raffigurante una corona floreale, che protende i suoi rami in senso orizzontale e porta inciso, al centro, lo stemma dell’ex città di Nicastro. Alcuni decenni fa essa fu divelta dalla roccia in cui era fissata e rubata. Mi chiedo se nell’eventuale, auspicato, lavoro di risistemazione del Monumento non sarebbe un opportuno segno di sensibilità ed intelligenza verso la cultura e la storia civica, farne costruire una copia, uguale o simile alla quella originaria, utilizzando il materiale ritenuto più confacente dagli esperti nel campo di quei lavori. Incentivare la crescita e la diffusione della cultura nella nostra città non può consistere prevalentemente nella presentazione di libri di autori più o meno conosciuti; oppure nella moltiplicazione stagionale degli spettacoli teatrali dove il ceto politico/amministrativo nostrano volentieri è presente e prende la parola per potersi vantare che la cultura sia, nella nostra città, un suo impegno prioritario. Cultura è anche, soprattutto direi, saper

Lamezia e non solo


di Maria Palazzo

Carissimi lettori, in tempi così duri, quelli del coronavirus, in cui le precauzioni sono state adottate in forma stretta, l’unica distanza di cui possiamo non tener conto, è quella dai libri. Ne ho sempre una grande scorta, in casa, ma aggiungerne altri, non fa mai male, così, il mio ultimo nato, in fatto di libri è: ANDATA E RITORNO, la interessante autobiografia di GABRIEL GARKO. Davvero stupefacente, per chi ha, di lui, un’idea superficiale. L’ho letta d’un fiato e mi ha davvero entusiasmato. Volete sapere perché? Esattamente perché ho trovato il Gabriel che ho sempre intuito, al di là delle sue parole, delle sue interviste, del suo avvenente volto televisivo e della sua riservata eloquenza. Ho sempre pensato, di Garko, che fosse un timido, al limite con la scontrosità, non per superbia, ma per eccesso di sensibilità ed è lo stesso Gabriel che ho ritrovato nel

libro. Diviso in due parti, appunto: Andata e Ritorno e diviso, ulteriormente, in capitoli, il volume offre, non solo un approccio al personaggio (che parla, con franchezza, personale e narrativa, in prima persona), ma anche una galleria di personaggi noti, visti con gli occhi del protagonista. Le ambientazioni sono quelle reali e questo accorcia le distanze con il lettore. Una distanza che non diminuisce se ci si trova vis à vis con l’attore, ma che, leggendo, si rivela nulla. Chi legge, infatti, si ritrova immerso completamente nella vita dell’attore, cosa che non si percepisce neppure nella lettura o nella visione delle interviste a lui fatte. Garko, in definitiva, si racconta senza schermi e senza veli, lasciando intravedere, non solo le sue emozioni, ma anche le sue fragilità che, d’improvviso, diventano punti di forza. Egli risulta, quindi, un amico che si confida, pur restando discosto. Nella prima parte, Andata, i capitoli: Organizzazione creativa del caos, Il più bello del reame, Roma, Cannibali, nani, mostri e artisti, Red carpet, Io e la diva, Paura

di sbagliare, Me stesso, Con quella bocca può dire ciò che vuole, Il Gazometro, Altri tempi, Corpo nudo, Che ci faccio io qui, Cattivo cattivo, In memoria di Bacco, L’abito non fa il monaco, Specchio delle mie brame, mostrano l’ascesa e l’ambientazione di Garko nel mondo dello spettacolo. Nella seconda parte, Ritorno, i capitoli: Dario a Parigi, I’m hunting for Dario, Forse in quattro siamo in troppi?, The show must go on, Il sorriso dei bambini di Freetown, Garko, Andrew e Dario giocano, Walkabout, tracciano il percorso interiore di Garko che cerca Dario (il suo vero nome è Dario Oliviero) e, quindi, se stesso. La cura linguistica, la mancanza di approssimazione, il pensiero esposto con chiarezza, lasciano, nel lettore, un senso di soddisfazione, di intimità, di vicinanza col personaggio e creano un senso di simpatia, forse non proprio voluto dall’autore, ma che, comunque, crea calore. Quel calore di cui abbiamo bisogno, sia pure in un abbraccio virtuale, visti i tempi… Buona lettura.

valorizzare e custodire quei beni che sono la testimonianza materiale e “perenne” della storia di una comunità. Ecco perché mi sembra opportuno richiamare continuamente la necessità della riqualificazione e restituzione alla vivibilità sociale del Corso Numistrano. Perché esso è il trasmettitore materiale, nei secoli, più di qualunque altro monumento o bene artistico della città, della nostra storia, cultura, civiltà, delle nostre tradizioni civili e, per alcuni aspetti, anche religiose. Se si lascia che il Corso Numistrano vada perdendo, mano a mano che trascorrono i decenni, il senso ed il significato di tutti gli eventi e le vicende che racchiude nel suo seno e di cui è diventato fedele custode e testimone dal momento della costruzione fino ai nostri giorni, anche noi, i lametini, finiremo col diventare

un popolo anonimo, senza storia e tradizioni, privo di identità e futuro. Ho notato che di recente sono state assunte due disposizioni che lo riguardano: l’introduzione della raccolta porta a porta dei rifiuti solidi urbani, che mi sembra sia un provvedimento opportuno e per cui mi auguro che abbia successo; e il rifacimento della segnaletica orizzontale. Per quanto riguarda questa seconda disposizione amministrativa, spero ch’essa non sia stata assunta perché serva a rendere irreversibile il parcheggio delle macchine e più agevole lo scorrimento veicolare lungo il Numistrano. Perché, in questo caso, quella segnaletica rischierebbe di farci ripiombare nell’oscuramento della ragione e nell’incapacità di percepire il senso della bellezza. Gli amministratori di una città hanno il dovere di coltivare

ed implementare, espandere, non a parole solamente – come spesso è successo e succede nella nostra città - il decoro e la bellezza dei luoghi di maggiore aggregazione umana e sociale di una comunità, dei quali ha il diritto di poter continuare a godere.

Lamezia e non solo

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cultura

LA CHIESETTA DI SAN MICHELE E IL QUARTIERE DI SAN MICELI

di Giovanna De Sensi Sestito

Ogni città ha un territorio organizzato in quartieri nelle aree urbane e in numerose località nelle aree rurali, tutti contraddisti da propri nomi: sono i toponimi (nomi dei luoghi) che identificano sulle mappe catastali rurali e urbane le varie parti del territorio. Tutti i toponimi, a cominciare da quelli delle stesse città, hanno avuto origine in tempi più o meno remoti. Ad identificare e delimitare porzioni di territorio concorrono i nomi di fiumi, torrenti, sorgenti, di particolari colture agricole o tipologie di alberi e arbusti, di attività economiche come mulini, forge, e l’elenco potrebbe essere molto lungo. È nell’esperienza di tutti il particolare valore identificativo che hanno assunto nel tempo chiese e monasteri e lo conservano ancora oggi per noi cittadini di Lamezia Terme; l’Abbazia di Sant’Eufemia o l’antica chiesa di San Biagio sono diventate denominazioni comunali; per fare qualche altro esempio, le chiese di S. Francesco o del Carmine a Sambiase, di Santa Lucia, di Sant’Antonio o di San Domenico a Nicastro identificano per noi precise zone del comprensorio urbano. Ed è incredibile quanto sia antica la stratificazione di tanti altri nomi di luoghi che si può rintracciare nei documenti storici: codici, diplomi, mappe catastali storiche, visite pastorali, storie locali. Analizzando questo tipo di documentazione si può ricostruire la storia di un toponimo. Propongo brevemente in questa sede la riflessione promossa dalla Parrocchia della B.M.V. Addolarata (che tutti ancora chiamiamo “della Pietà”) nel mese di febbraio sul toponimo San Miceli, che identifica il rione ad occidente del ponte sul torrente Piazza, con il quartiere di Bella a nord e la località Cavallerizza a sud. pag. 12

Storicamente questa parte di territorio apparteneva alla chiesa di Santa Maria di Nicastro (poi denominata Santa Maria la Grande, Santa Maria Maggiore, ora ‘ospitata’ nella chiesa di San Francesco), tant’è vero che risale al 1971 il decreto prefettizio che ha sancito la cessione alla chiesa della Beata Maria Vergine Addolorata della Pietà dei terreni su cui questa sorge. Ma la chiesa di Santa Maria di Nicastro con tutte le sue pertinenze, per volere di Roberto il Guiscardo era stata donata alla nascente abbazia benedettina di Santa Maria di Sant’Eufemia, come sta scritto nel suo diploma di dotazione del 1062, conservato gelosamente e trascritto in atti notarili (e poi dagli storici), perché fondava i diritti di possesso dell’abbazia (e del baliaggio dei Cavalieri di Malta) su gran parte del territorio della piana, fatti valere nelle ricorrenti controversie con la Diocesi. Non è documentato quando nelle terre di Santa Maria di Nicastro, al di là del ponte sul torrente Piazza, all’incrocio della via che portava a San Biase con una via «di terra» che andava alla montagna, fu fondata una chiesetta intitolata a San Michele Arcangelo. Era questo un culto antichissimo, ma erano stati i Longobardi a diffonderlo in Italia, e rimase molto praticato anche dai Normanni. È plausibile che nel Lametino questo culto risalisse al Guiscardo e alla nipote Eremburga signora della città di Nicastro, figlia del conte Drogone della famiglia normanna degli Altavilla che aveva sposato una principessa (longobarda) di Salerno. A quell’epoca rimanda la tradizione ancora viva tra gli anziani del quartiere, ma trovata e registrata da Pasquale Giuliani nelle sue Memorie storiche della città di Nicastro (1867, 2a ed. 1893, p. 26 s.), su GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

un cippo incorporato nel muretto di cinta della chiesetta, collegato all’arrivo di Papa Callisto II a Nicastro nel 1121 per inaugurare la Cattedrale fatta costruire appunto da Eremburga. In ogni caso la presenza della chiesetta di «San Michele Arcangelo» sulla via per Sambiase è registrata con continuità in documenti diversi dal 1600 in poi: oltre che nella visita pastorale di Mons Perrone fatta nel 1640, dopo il disastroso terremoto del 1638, figura nel Regesto Vaticano nr. 27722 del 1616; nel Bollario dell’Archivio diocesano, vol. I foglio 1780 del 1638 e II, foglio 1271, del 1716, come hanno annotato Pietro Ardito (Spigolature storiche sulla città di Nicastro, 1889, pp, ) e Pietro Bonacci ( S. Teodoro, antico rione di Nicastro, 1984, p. 52 s.) La presenza della «chiesa di San Michele» e la denominazione dialettale di «Santu Miceli» o «San Miceli» assunta dalla zona circostante risulta ampiamente documentata nel Catasto onciario delle città di Nicastro e di Sambiase, scrupolosamente compilati nel 1746 a seguito della disposizione emanata da Carlo III di Borbone nel 1740 per regolare la fiscalità del regno di Napoli. A quel tempo la chiesetta ricadeva nella località che da essa aveva assunto il nome di «S. Miceli», dove il magnifico don Francesco Antonio Serra di Nicastro di anni 54 (scheda nr. 376) possedeva sei tomolate di terra con uliveto e bosco, su cui pagava alcuni censi perpetui. Anche il magnifico Antonio Di Sensi di Nicastro di anni 45 (scheda nr. 119) possedeva una tomolata di terreno «in luogo S. Miceli». Ben più ampie proprietà possedeva sulla «Strada di San Michele» il magnifico Don Gaspare Di Fiore di Sambiase (scheda nr. 379): case con trappito e stalle, orti, bassi e camere dati in fitto, e soprattutto come censo assicurava alla chiesa di S. Michele quattro messe settimanali, il mantenimento della sacrestia e la festa di S. Michele. Il ruolo importante di censuari del baliaggio di Sant’Eufemia che le casate dei Serra e dei De Fiore avevano già da molto tempo risulta dalla Platea dell’Abbazia di Sant’Eufemia (1626), dove Gioanne Antonio Serra di Nicastro figura come «torriero» di Santa Caterina e gli eredi di Donna Francisca Serra coltivavano molte terre dell’Abbazia, come i numerosi eredi di Annibale De FioLamezia e non solo


riflessioni

di Alberto Volpe

Minorenni senza bussole democratiche

Il 15enne ucciso a Napoli dopo una tentata rapina è scomparso, o quasi, dalle pagine dei giornali. Complice, si fa per dire, il contestuale fenomeno di pandemia da Coronavirus, quel fatto di cronaca è passato nel dimenticatoio generale, o quantomeno con pochissimo risalta per la grande stampa, che opportunamente segue il fenomeno che sta mettendo a repentaglio la salute pubblica, e non solo quella italiana od anche solo europea. Quindi, vien da osservare, ubi maior, minor cessat, secondo il detto latino. Ammesso che quel fatto di cronaca si possa relegare semplicisticamente a segnale minore di una società in fermento, proprio per le sue implicanze e conseguenze che un dato di quella natura e portata ha inevitabilmente nel quotidiano vivere sociale, esso va opportunamente ripreso ed analizzato, portandolo a motivo di approfondimento socio-pedagogico e,quindi, culturale. Ciò, perché non passi il “messaggio” discorsivo, o solo cronachistico, come la superficialità del lettore comune potrebbe accreditare. Ed un simile rischio è del tutto evidente e concreto, atteso l’uso generalizzato ma anche indiscriminato e superficiale che degli odierni social si va facendo, specie nella fascia della minore età. Proprio quell’arco verde di esistenza umana che,invece, come proprio di quegli accadimenti si rende protagonista. Ed è,appunto, la cadenza periodica con cui fatti di delinquenza minorile, di cui alla nostra attenzione, si vanno verificando che impongono esame ed approfondimento della attendibilità ed affidabilità di sistemi educativi, istituzionali e non, come dire comportamentali, che richiedono risposte ad interrogativi che “segnano” la tenuta democratica di una Comunità. E, per l’appunto, all’indomani di quel 15enne che perde la vita in seguito ad una tentata rapina a danno di una coppia in auto, cui egli voleva sottrarre un orologio (già il soggetto reduce dal furto di una catenina), ha suonato strano la “chiamata in correità” della società nella quale vive una certa minorilità, ma non solo. Se ne è avuta eco nella puntata di Non è l’Arena, di La 7, di domenica 8 marzo. Semplificare un confronto televisivo, altro da un impegnativo dibattito tra specialisti, non è facile, né professionale, ma solo riduttivo. In casi come quel fatto re di Sambiase (Gianfrancesco, GianAntonio, Ferrante, Giacomo, Lelio). Solo nel corso del 1700, con l’esplosione del culto mariano dopo il Concilio di Trento, prevalse per la chiesetta la denominazione di «chiesa di Santa Maria della Pietà»: e poi solo «chiesa della Pietà»: a cominciare dalla visita pastorale di Mons. Angeletti nel 1726, di Mons. Paolino Pace del 1769, di Mons. Barbieri del 1855, ma già anche nei documenti della Cassa Sacra (1790). Don Giancarlo Leone ha riportato la maggior parte di questi dati nel libro La Pietà (Lamezia Terme 2014), dedicato all’attuale chiesa parrocchiale, da cui ho ripreso le foto Lamezia e non solo

di cronaca, nel quale si conclude tragicamente ed agli albori di un impegno sociale e solidaristico con un onesto e remunerativo lavoro, ciò costituisce sempre un fatto altamente traumatico, per la diretta appartenenza componente di familiarità, ma anche per la Comunità territoriale, che da quel fatto può far discendere comportamenti non sempre o non proprio in linea con la legalità. Proprio quella “legalità” che in quartieri come possono essere lo Scambia di Palermo o le Vele di Napoli, sembrano molto appannate da “mercati” più immediatamente remunerativi. Dinanzi ad affermazioni, pur comprensibili ma mai giustificabili, dei genitori del minorenne vien da chiedersi se quella reazione naturale scaturisce da una sorta di assuefazione ad un mondo parallelo al mondo civile e democratico, e quanto sia ulteriormente sostenibile. Chiamare in causa una istituzione scolastico-educativa mi pare opportuno, nel senso che è da chiedersi in che misura frequentando la Scuola (una Scuola spesso “impoverita” da leggi e disposizioni negativamente cavalcate dalla sua componente famigliare) essa è riuscita a implementare criteri e convinzioni che salvaguardano la Democrazia, e con essa la stessa vita umana. Purtroppo quel fatto di cronaca, che richiamiamo, sta a testimoniare la “sconfitta” di una istituzione, che è chiamata ad essere l’antidoto alla violenza (vedi le conseguenti minacce al carabiniere, la devastazione del Pronto Soccorso del nosocomio napoletano e i colpi di arma da fuoco all’indirizzo della caserma dei carabinieri del quartiere). Baby gang e bullismo, purtroppo, si vanno rivelando solo prodromi ed anticamera di violenze eclatanti ed a mano armata. Potrà (o dovrà) costituire un argine a tanto “sovranismo” di illegalità una Politica (a livello Comune, come al più alto grado parlamentare) che non sia propensa e spesso disponibile alla corruzione, e perché piuttosto rappresenti lo strumento che provvede alle carenze delle periferie o,comunque, delle fasce più deboli della Società ? Noi vogliamo sperarlo, così come a quell’indirizzo vorremmo vedere profusi gli sforzi della ricerca psico-pedagogica, con l’utilizzo della tecnologica.

della chiesetta, prima e dopo il restauro, e degli affreschi realizzati da Padre Nathanael Theuma, un artista maltese molto affermato. Sarebbe comunque bastato leggere le storie patrie di Pasquale Giuliani e Pietro Ardito per non incorrere nella sostituzione

della storica e significativa denominazione di «Via S. Miceli» con quella erronea e inutilmente dissacrante di «Via Salvatore Miceli» che da qualche anno le è stata attribuita. Per rispetto alla memoria storica della comunità è doveroso porvi rimedio, un rimedio tanto urgente quanto semplice: basta lasciare «Via S. Miceli» , come s’è sempre detto e scritto, ed esplicitare sotto la forma italiana: (San Michele). Non credo ci sia bisogno di alcun intervento del Prefetto per lasciare il nome qual è. Abusivo era il nome ‘Salvatore’ introdotto per sbaglio, e nessuno da qui ad un anno lo ricorderà più, neanche i postini.

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spettacolo AMA Calabria. di Giovanna Villella

Divina Noa in “Letters to Bach”

Lamezia Terme, 21 febbraio 2020. Magnifica serata al Teatro Grandinetti nell’ambito della nuova stagione teatrale firmata AMA Calabria. Ospite l’artista israeliana Achinoam Nini in arte Noa con il concerto Letters to Bach accompagnata dai musicisti Gil Dor (chitarra) e Or Lubianiker (basso elettrico). Un progetto discografico prodotto dal leggendario Quincy Jones. Elegante, si presenta sul palco in abito di tulle nero nude look. L’empatia con il pubblico è immediata. Un saluto in italiano e poi la sua voce avvolgente e melodiosa porge le parole in inglese, in ebraico e in italiano come un racconto in musica. E la cosa meravigliosa è che Noa canta anche con le mani che si muovono armoniose disegnando linee nell’aria o suonano le percussioni mentre le dita volano leggiadre sui chimes. Nella sequenza dei brani la sua linea vocale si modula fino a creare atmosfere rarefatte e suggestive. U.N.I., You and I, Tu ed io è la prima bellissima canzone d’amore che esprime anche i dubbi e le paure “Come possiamo vivere nell’angoscia e nella paura / Come possiamo proteggere tutto quello che ci è caro / Come possiamo prendere il nostro destino nelle nostre mani?” A seguire Now, una lirica dolcissima di luce e di speranza accompagnata dai sublimi accordi di chitarra di Gil Dor. Poi la performance di Noa alle percussioni che raggiunge l’apoteosi in Blue touches blue con quel suo “bisogno di essere più forte” mentre raccoglie “tutte le lacrime e gli anni nel palmo della mano” e ancora Shalom Shalom, una canzone contro la guerra “per dire una parola o due / in nome dell’amore e dell’innocenza”. Arriva l’interazione con il pubblico in un dialogo cantato con accompagnamento di percussioni e chitarra e ancora I don’t now in cui si chiede “Se io posso volare, volare ora / sono le mie ali abbastanza forti per sopportare/i venti li fuori?/ Hey, Io non lo so” e quel Non lo so sussurrato in italiano al tintinnio delle campane tubolari prosegue in un recitativo cantato con sonorità orientaleggianti “Sometimes I’m afraid” (qualche volta ho paura) invitando gli spettatori ad unirsi a lei nell’esecuzione di I don’t know come in una preghiera. “Siamo tutti immigrati, alcuni di noi oggi, altri anni fa, alcuni nel corpo, altri nello spirito. Ho attraversato gli oceani del mondo molte volte, la mia casa è una canzone. Avere una barca nel cuore del mondo sotto la luna malinconica…” con queste parole l’artista offre il suo omaggio alla canzone partenopea nella sua versione da brividi di Santa Lucia luntana sempre con la magica chitarra di Gil Dor. Poi il suo speciale tributo alla nonna Raphel, una piccola e forte donna yemenita e sua maestra di vita, femminista ancor prima che inventassero la parola, scomparsa qualche mese fa all’età di 97 anni. Il brano strumentale Rain dance, magistralmente eseguito dai maestri Gil Dor alla chitarra e Or Lubianiker al basso elettrico, traghetta il pubblico nella seconda parte dello spettacolo. Noa, dopo un cambio d’abito, vestito lungo color ottanio, inizia il suo “lyrical offering” a Bach con The race e poi una dichiarazione d’amore al grande genio musicale “Shalom Johann Sebastian Bach. Posso chiamarti solo Johann? Sono io, Noa. Come posso spiegarti quanto profondamente tu mi ispiri? Quanto sono affascinata da te? Circa tre anni fa ho iniziato a sognare la tua musica di notte. Ha iniziato a perseguitarmi e accompagnarmi ovunque andassi e poi le paro-

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le hanno cominciato a scorrere nella mia mente e nel mio cuore come acqua, danzando con la tua musica, danzando con te fino a quando ho firmato un intero progetto dedicato a te. L’ho chiamato Lettere a Bach, Letters to Bach. Ogni canzone è una lettera scritta a te attraverso gli anni con rispetto, stupore, meraviglia e amore” seguita da Little lovin’ su musica dell’Invenzione #4 di J. S. Bach. E così, la voce divina di Noa, attraversata da coloriture liriche, innesta su un tappeto sonoro classico tematiche moderne in una delicata alchimia di classe e humour raffinato. Noa sceglie spesso la forma compositiva dell’Invenzione per le sue narrazioni cantate utilizzando un contrappunto a due voci per i temi in cui, con leggiadra ironia, parla di ecologia, della necessità di salvare il pianeta, dell’amore ai tempi di Internet, del rapporto madre-figlia e della dipendenza dei giovani dai social media. Mentre, con una vocalità caratterizzata da lucentezza timbrica, affida alle più ampie architetture sonore create da Bach, come le cantate e le sonate, i temi della speranza, dell’amore universale e della spiritualità. “Caro Johann, il mondo è cambiato così tanto da quando tu eri vivo. Ma alcune cose son rimaste le stesse. Gli uomini stanno ancora combattendo guerre orribili e inutili. Dio è ancora troppo spesso usato come strumento di odio piuttosto che come riflesso d’amore, ma le donne, oh le donne, hanno veramente spiegato le ali! Nel Paese in cui vivo, donne israeliane e palestinesi lavorano insieme per la pace. Sono forti, ostinate, sagge, belle. Sono le donatrici e le protettrici della vita. Immagina Johann, ai lati opposti del muro, mai a riposo, finché esso non cade.” Queste le parole per introdurre Look at me sulla musica del largo da Concerto #5 per piano in F minore, un inno alla sorellanza e alla forza delle donne. “Caro Johann, lo sai anch’io sono una musicista… Non come te, nessuno potrebbe essere mai come te. Anch’io ho dedicato la mia vita alla musica, ho fatto del mio meglio per glorificarla. Voglio raccontarti di una donna che ho incontrato. Una malata, Johann, molto malata. Amava le mie canzoni, voleva incontrarmi prima di togliersi la vita. Sì Johann, noi possiamo farlo oggi in Svizzera per esempio, non troppo lontano da dove di solito vivevi. Riesci a immaginare? Questa donna aveva scelto la morte ma nei suoi occhi sorridenti ho visto tutta la gioia della vita! Quanto era coraggiosa questa donna, quanto era libera! E cosa sappiamo davvero della morte, Johann? E perché la santifichiamo? La tua Messa in Si minore è una delle cose più sorprendenti che io abbia mai sentito ma è stata scritta per santificare la morte o per celebrare la vita? Credevi in Dio Johann? Ascoltare la tua musica mi fa credere in Lui. E gli angeli? Credevi in Loro? Stavo pensando che gli angeli saranno sbalorditi da questa donna proprio come sono sicuramente sbalorditi da te.” Questa la breve introduzione per All of the Angels su musica della Cantata #140 che, in una dimensione profondamente spirituale, descrive l‘accoglienza dell’anima di questa donna da parte degli Angeli richiamando alla mente il canto religioso “[…] accorrete Angeli del Signore / Accogliete la sua anima / e presentatela al trono dell’Altissimo …”. “Caro Johann, c’è un uomo che vorrei tu potessi incontrare. Il suo nome è Elon Musk, è davvero pazzo ma meraviglioso. Lo amo perché sembra sempre pensare al mondo e a come risolvere i suoi numerosi problemi. È brillante, innovativo, audace e nessuno riesce a capirlo… mmm, scrivendo quest’ultima frase mi rendo conto che suona come una descrizione perfetta di te.” Ancora una introduzione per Mars su musica dell’Invenzione #6, una lirica “ecologista” dedicata a Elon Musk, grande innovatore nel campo della tecnologia, delle energie rinnovabili e della esplorazione nello spazio. “Caro Johann, sono sposata con l’uomo più adorabile, il mio amore d’infanzia. È un dottore, lo amo così tanto! Sono sicura che hai amato Anna Magdalena. La sua voce ti ha ispirato quando hai scritto la tua musica straordinaria. Ho letto da qualche parte che parlavi diverse lingue. Quale parlavi a casa? E la cosa più importante, come comunicavi prima di WhatsApp? Queste le parole per introdurre Vertigo su musica dell’Invenzione #5, in

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spettacolo

Dalla Toscana

“Le serve”

Uno spettacolo intenso e dirompente al Premio Teatro Amatoriale Italiano

di Giovanna Villella

Lamezia Terme, 1 marzo 2020. Undicesimo appuntamento con la V edizione del Gran Premio del Teatro Amatoriale Italiano che ha portato in scena, al Teatro Comunale Grandinetti di Lamezia Terme il Teatro dell’Accadente (Toscana) con lo spettacolo Le serve, di Jean Genet, regia di Luca Brozzo. Il Gran Premio del Teatro Amatoriale Italiano, organizzato a livello nazionale dalla Federazione Italiana Teatro Amatori (FITA) e ospitato per la prima volta in Calabria, è inserito nella rassegna teatrale Vacantiandu 2019.2020 con la direzione artistica di Diego Ruiz e Nico Morelli e la direzione amministrativa di Walter Vasta. Le serve è un dramma basato su un fatto di cronaca realmente accaduto negli Anni ’30 a Le Mans, in Francia, dove due sorelle massacrarono selvaggiamente una madre e una figlia presso le quali prestavano servizio come cameriere. Claire e Solange. Due serve, due sorelle che odiano la loro padrona ma durante la sua assenza “giocano” ad impersonarla indossando i suoi abiti e i suoi gioielli. Con una lettera anonima fanno arrestare il suo amante però, quando questi viene liberato, per paura di essere scoperte decidono di avvelenare la Signora con una tisana al tiglio… La lettura di Luca Brozzo alleggerisce il testo di alcuni anacronismi rendendolo più fruibile al pubblico. Sulla scena pochi elementi: un letto circolare, metafora perfetta del gioco ripetitivo che le due serve mettono in scena ogni giorno, una toilette, uno specchio verticale, dei fiori. Due pesanti cortine rosse, che incorniciano una finestra sulla quinta di fondo, suggeriscono

un sipario aperto a virgolettare i giochi di ruolo di Claire e Solange che si cristallizzano intorno al desiderio di morte della Signora e doppiano la finzione: Claire è la falsa Signora, Solange la falsa Claire. A questo interno ricercato fanno da contraltare gli ambienti delle serve che sono soltanto evocati: la cucina con il suo acquaio di cui un paio di orrendi guanti gialli ne sono il “segno” visibile e la misera camera nel sottotetto con due letti in ferro e l’altarino della Vergine laddove ai raffinati abiti da sera della Signora esse contrappongono l’austerità della loro divisa nera con colletto bianco. “Uno straordinario esempio di continuo ribaltamento fra essere e apparire, fra immaginario e realtà”, con queste parole Jean-Paul Sartre descriveva l’opera di Genet. Un dramma che oscilla tra parodia e tragedia con scambi di ruoli e di personalità tra le due serve che mettono in atto una continua fuga dal reale, esibendo malessere e rifiuto per la loro condizione. Gabriella Ghilarducci dà prova di grande capacità attoriale passando dal ruolo di Claire a quello della Signora in una sorta di schizofrenia interpretativa che va da una dominazione provocante ad una servitù ribelle e poi accettata. Lucia Menapace è una superba Solange attraversata da una follia controllata mentre il ruolo della Signora elegante e algida è affidato a Patrizia Pucciarelli. Una pièce ad alta densità teatrale con i suoi temi sul doppio e sul travestimento che richiama i giochi dell’infanzia delle bimbe che si divertono a indossare i vestiti della mamma. Ma qui il gioco è portato alla massima potenza drammatica: il desiderio osmotico di Claire e di Solange di identificarsi con la loro padrona rivela il suo limite sociale. La Signora - per quanto (fintamente) magnanima e comprensiva - non appartiene al loro mondo e loro, nell’impossibilità di alzarsi al suo livello, in un continuo delirio bipolare, accanto a sentimenti di adulazione e riconoscenza nutrono un odio

cui canta l’amore ai tempi dei social network. “Venti figli, venti figli? Come sei riuscito a farcela? Io ne ho tre e sono sull’orlo di un esaurimento nervoso. Soprattutto per mia figlia adolescente Enea, la regina di Instagram. Ho scoperto che i tuoi figli erano davvero rispettosi, nessuno ti disturbavi mentre stavi componendo… genio al lavoro… shhh… Bene, non più, nel 2020 noi siamo gli studenti, loro sono gli insegnanti. Ma alla fine, genitori, figli, adolescenti, mendicanti, amanti, costruttori, magnati, quelli che raggiungono la luna e quelli che su questo cantano canzoni, tutti noi abbiamo bisogno d’amore e molto, questo, mio caro Johann, non è cambiato affatto.” Preambolo ironico per Oh, Mama dear (Enea’s

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feroce e mortale che porterà all’omicidio metaforico della Signora attraverso il suicidio reale di Claire nelle vesti della Signora. Questo va oltre il mero conflitto di classe e la relazione servo-padrone, la loro ossessione di uccidere la Signora non è dettata da un movente politico o da una rivendicazione sociale quanto da un incontrollabile bisogno narcisistico di uscire dall’anonimato, di lasciare una traccia ai posteri, di essere conosciute e ricordate. E proprio nella sublimazione del Male risiede la grandezza dell’opera di Genet che, scritta nel 1946, offre più piani di lettura riuscendo ancora a parlare all’uomo contemporaneo la cui esistenza è ormai improntata ad una doppia vita, quella reale e quella virtuale, dove ognuno può rifugiarsi e aspirare al proprio quarto d’ora di celebrità. Il Teatro dell’Accadente con Le serve rappresenta la Toscana, undicesima tra le 14 regioni italiane selezionate a partecipare alla 5° edizione del Gran Premio del Teatro Amatoriale Italiano. Lo spettacolo è stato valutato da una giuria composta da sette giurati con competenze specifiche a diverso titolo nel settore. La Compagnia Teatro dell’Accadente nasce a Lucca nel 1993 per volontà di Gabriella Ghilarducci. Nel 2004 la sede viene trasferita a Forte dei Marmi. In repertorio sono presenti molti allestimenti pluripremiati, sia di autori italiani che stranieri, in cui prevalgono le tinte drammatiche: “La governante” di Vitaliano Brancati, “Maria Stuarda” di Dacia Maraini, “A porte chiuse” di Jean Paul Sartre, “Improvvisamente l’estate scorsa” e “La rosa tatuata” di Tennessee Williams, “Chi ha paura di Virginia Woolf?” di Edward Albee. Tanti i premi e riconoscimenti ottenuti da Gabriella Ghilarducci, attrice e presidente del Teatro dell’Accadente. Al termine della rappresentazione, il consueto omaggio della tradizionale maschera, simbolo della rassegna Vacantiandu, ideata dal graphic designer Alessandro Cavaliere e realizzata dal maestro Raffaele Fresca, che il direttore artistico Nico Morelli e il direttore amministrativo Walter Vasta hanno consegnato alla compagnia.

song) su musica dell’Invenzione #13 in cui indaga, con un sorriso, il rapporto con sua figlia che come la maggior parte dei giovani “vive” sui social tra “stories” e “selfie”. L’universo sonoro bachiano accompagna il saluto finale di Noa al pubblico di Lamezia e poi doppio bis con Beautiful that way, in duetto con sua figlia, dal film La vita è bella di Roberto Benigni e una toccante Ave Maria su musica di J.S. Bach e Gounod. E se la musica di Bach, secondo le parole Goethe, è “Un colloquio di Dio con se stesso, poco prima della Creazione”, la voce di Noa è “uno spiraglio di Paradiso”. Lunga, lunghissima ovazione finale.

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spettacolo Dalla Puglia “Rune di sangue” della compagnia Torre del Drago,

fantasy intrigante e misterioso al Gran Premio Teatro Amatoriale Italiano

di Giovanna Villella

Lamezia Terme, 22 febbraio 2020. Decimo appuntamento con la V edizione del Gran Premio del Teatro Amatoriale Italiano che ha portato in scena, al Teatro Comunale Grandinetti di Lamezia Terme la compagnia Torre del Drago (Puglia) con lo spettacolo Rune di sangue, scritto e diretto a Luigi Facchino. Il Gran Premio del Teatro Amatoriale Italiano, organizzato a livello nazionale dalla Federazione Italiana Teatro Amatori (FITA) e ospitato per la prima volta in Calabria, è inserito nella rassegna teatrale Vacantiandu 2019.2020 con la direzione artistica di Diego Ruiz e Nico Morelli e la direzione amministrativa di Walter Vasta.

Rune di sangue è un fantasy dalle tinte noir ispirato alla mitologia norrena, scritto da Luigi Facchino dopo un viaggio in Scozia. Il décor firmato da Riccardo Mastrapasqua, essenziale ma evocativo, ricrea con pochi elementi scenici un suggestivo e misterioso ambiente naturale illuminato dalle sapienti luci di Vito Facchino e popolato da 18 interpreti, tutti bravissimi per intensità espressiva e tenuta scenica. In una atmosfera avvolta da ampi volumi di buio vive un mondo “fuori dal mondo” – il piccolo villaggio di Kabur - in cui l’umano e il soprannaturale si scontrano nella perenne lotta tra il Bene e il Male. E il Male è magistralmente rappresentato da Luigi Facchino nel ruolo del perfido Ozur, Dio del Caos che tiene prigionieri gli abitanti di Kabur strappando alle madri tutti i figli maschi appena nati per evitare che si avveri una profezia per lui funesta. Facchino è un “cattivo” sublime in cui la suprema crudeltà si addiziona ad una dose di perfida ironia ma è anche il perno drammatico attorno a cui si sviluppa l’intera narrazione e lo specchio rivelatore delle identità di Nàdar e di pag. 16

Jordin. Perché le “rune di sangue” impresse sui loro corpi sono in realtà simboli dei loro legami indissolubili. Nàdar, interpretato da un vibrante Francesco Latorre, è l’eroe positivo, colui che vuole sconfiggere quel Male che lo ha generato. Ignaro però, egli crede di essere figlio degli alberi e della Madre Terra nel cui grembo cerca rifugio e conforto. È a Kabur “in cerca della verità” e, guidato da Shuìl, il vecchio saggio non vedente, di cui Marco de Letteriis ne offre un ritratto di grande sensibilità e verità scenica, riesce a liberare gli abitanti del villaggio dall’odioso Ozur il quale, trafitto dalle spade filiali, cede il campo e il comando terreno all’eroe da lui stesso profetizzato. Così le lacrime di sangue delle madri deprivate dai loro figli si trasformano in lacrime di gioia. Jordin, l’amazzone ribelle e coraggiosa, felicemente delineata da Annalisa Intrieri, è una figura di donna moderna e libera percorsa da una furia carsica che in realtà è dolore per l’amore perduto che ritroverà sotto altre spoglie. Il regno della magia è abitato da figure fascinose: la sciamana Kajsa che sa decifrare le rune, interpretata da una brava Enrica Milella, le tre inquietanti Norne: Uldr (Francesca Cattedra), Verdandi (Rossella Viesti) e Skur (Gilda Pischetola) che, come le Parche della mitologia classica, tessono il destino degli uomini e l’Oracolo di Ozur di cui Teresa Clemente, fasciata in una tutina glitterata, offre una superba interpretazione diventando, alternativamente, ombra e specchio del crudele Dio. La limpida e rigorosa regia di Luigi Facchino ha saputo creare uno spettacolo corale e non convenzionale, sorretto da una buon impianto drammaturgico con inserti in gaelico scozzese, bei costumi di scena e trucco accuratissimo e un plauso va a tutti gli altri interpreti che hanno dato vita e credibilità scenica ai loro personaggi: Francesco De Pinto, Pierpaolo Scelsi, Antonio Passaro, Giuseppe Pasquale, Cristina Pepe, Antonella Maffei, Valeria Navarra, Elisabetta Sivo, Patrizia Guida. Uno spettacolo insolito e GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

coraggioso per una compagnia filodrammatica, che si discosta decisamente dal repertorio di routine a cui gli amatori generalmente attingono e che ha piacevolmente sorpreso il pubblico del Teatro Grandinetti per l’originalità del tema e della messinscena. Presente in teatro anche il Consiglio della FITA con tutti i presidenti regionali della Federazione che hanno scelto la città di Lamezia Terme per la riunione del Consiglio Direttivo in vista del congresso per il rinnovo delle cariche sociali e l’organizzazione di un nuovo evento nazionale denominato “I Cantieri del Teatro”. La compagnia Torre del Drago con Rune di sangue rappresenta la Puglia, decima tra le 14 regioni italiane selezionate a partecipare alla 5° edizione del Gran Premio del Teatro Amatoriale Italiano. Nata nel 2005 a Bitritto, in provincia di Bari, la compagnia Torre del Drago ha all’attivo molti allestimenti con i quali ha ricevuto premi e riconoscimenti a livello nazionale e internazionale. Lo spettacolo è stato valutato da una giuria composta da sette giurati con competenze specifiche a diverso titolo nel settore i quali, nel Gran Galà finale del 29 marzo 2020, assegneranno 8 premi: Miglior spettacolo, Miglior attore/attrice protagonista, Miglior attore/attrice non protagonista, Miglior allestimento, Miglior testo e Miglior regia. Al termine della rappresentazione, dopo il saluto del Presidente del Direttivo nazionale FITA Carmelo Pace, il consueto omaggio della tradizionale maschera, simbolo della rassegna Vacantiandu, ideata dal graphic designer Alessandro Cavaliere e realizzata dal maestro Raffaele Fresca, che il direttore artistico Nico Morelli e il direttore amministrativo Walter Vasta hanno consegnato a Luigi Facchino.

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riverberi

Sentimenti del tempo di Augusta Caglioti

Siamo foglie degli stessi alberi “Siamo foglie degli stessi alberi siamo foglie dello stesso giardino, siamo onde dello stesso mare” Questo il generoso messaggio che, gente già stremata e a noi lontana, invia a noi, strozzati in una morsa di paura. Dovevamo essere invasi da un tremendo flagello per capire che tutti siamo “umani”? Per capire che non esistono barriere? “Substine et abstine, sopporta e astieniti dai beni apparenti” e ancora “Impotenti siamo difronte alle necessità” Questo il monito del saggio Epitteto. Ma, cosa hai imparato, supponente homo sapiens, dai grandi pensatori che hanno cercato risposte alle pressanti umane domande? Invidia, sopraffazione, odio, i sentimenti che muovono il tuo agire che sapiente non è mai stato. Sentimenti ripugnanti che il messaggio di Cristo non ha mutato. E quanto falsa e distorta l’interpretazione! Odia l’odio, questo l’imperativo cui tu, uomo del mio tempo, dovresti ubbidire. Non essere buono quando hai paura. Guarda il cielo stellato su di te, obbedisci alla legge morale Lamezia e non solo

che dovrebbe albergare nel tuo cuore.

Torneremo a riprendere il cammino lungo le nostre strade?

Il sangue scorre nelle vene di tutti. È solo rosso, non ha altro colore. Prendi esempio dagli alberi: ti regalano fiori e frutti. Guarda anche il sole, le stelle. Non scelgono meridiani e paralleli.

Faremo ancora passeggiate lungo la ghiaiosa battigia del nostro azzurro mare senza l’ingombro dell’affanno e dei lasciapassare?

Guarda il mare, non bagna solo la tua terra. Guarda le nuvole del cielo, guarda gli uccelli migratori. Il cielo apre a tutti il volo. Non alza mai barriere. Spera in una nuova umanità. Esci come splendida farfalla dal bozzolo che hai scelto per rifugio. Coltiva la speranza. Spalancherai le braccia ai tuoi fratelli quando il terrore passerà. Lamezia 12/3/2020

Dal mio balcone Dopo lunga malattia eri ricomparso dietro le cortine, caro Vecchio! Per tanto tempo avevo spartito con te un’incolmabile solitudine. Eri ricomparso, da poco, a riscaldare le tue gambe, dietro i vetri del balcone al sole generoso dell’ ingrato primo scorcio di questo bisesto infausto anno. Come tutti noi, confusi e reclusi per un terribile flagello, ti sei rintanato in casa e ti neghi persino Il piacere del tuo caldo sole. Ti rivedrò? Rivedremo ancora volti di persone sorridenti?

Se il tuo balcone è sempre chiuso è spalancato sempre quello dei quattro giovani del secondo piano. Giovani emigrati sfuggiti, non so, a qualche sventura o spinti da ineluttabile bisogno. Espongono ogni giorno, sul balcone,al sole, due materassi. A un sole che purifica sì i loro giacigli, ma riscalda anche i loro cuori. Gioioso mi appare Il loro concitato vociare. E fumano, fumano. E intanto chiamano, nella loro lingua, parenti o cari amici lontani. Loro non lo sanno. Inconsapevoli mi offrono un profondo conforto. Anche loro reclusi ma forse meno confusi sperano in giorni migliori. Sono giovani. Li aspetta un DOMANI. Quale domani? Oggi non riesco a pensarlo. Ma ci sarà. Dovrà esserci un domani migliore! Per loro e per tutti gli abitanti di questo pianeta martoriato Augusta Caglioti, sconosciuta dirimpettaia. Lamezia 18/3/2020

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IL VOLTO SPIRITUALE DELLA CALABRIA

CATERINA BARTOLOTTA TE M PI D I CONVE R S ION E di Fernando Conidi

Viviamo tempi difficili sotto molti punti di vista. Il mondo intero soffre, la natura si ribella con cataclismi imprevedibili e incontrollabili, che non lasciano all’uomo se non la possibilità di tentare di difendersi con la tecnologia e con la tecnica. Ma non è l’andamento climatico a destare la più forte preoccupazione; soprattutto è la mancanza di pace nel mondo che preoccupa maggiormente. PREPOTENZA UMANA L’uomo appare sempre di più come un prepotente dominatore della terra e dei cieli; non è colui che coltiva il giardino terrestre come un buon agricoltore farebbe col terreno che produce i frutti per il suo sostentamento. Il dilagare delle ingiustizie, la mancanza di regole morali spingono l’uomo a sentirsi libero di compiere tutto ciò che gli viene in mente. In nome di un libero individualismo si compiono ogni giorno crimini efferati che destano una grande preoccupazione in tutti coloro che desiderano un mondo pieno d’amore e di pace, dove a regnare non sia il caos ingenerato da uomini prepotenti che accampano il diritto di decidere su come un’intera nazione debba vivere. UN AIUTO DIVINO Le apparizioni della Madonna in questi ultimi decenni sono molte e vengono colte come un segnale divino della necessità di intervenire in un mondo che quasi si avvicina all’autodistruzione. L’uomo di oggi si domanda quale sarà il mondo destinato ai propri figli, ma la risposta certa non c’è, quello che rimane dopo questa domanda è solo un oscuro presentimento dell’incapacità di potersi difendere dalle ingiustizie. Viviamo in un mondo che manifesta indifferenza verso i più deboli, che, ancora oggi, vengono massacrati nelle tante guerre fratricide, che destano timore e, nello stesso tempo, un’ipag. 18

nesorabile assuefazione, come se la morte stessa pranzasse con ognuno di noi ogni giorno. Le immagini nei vari telegiornali, che fanno a gara per riuscire a trasmettere i servizi migliori e a volte più cruenti, sono divenute compagne della nostra giornata, e avvolgono la nostra mente. Se a queste immagini di odio che ci vengono propinate, quasi come fossero bandiere di vittoria da sventolare, aggiungiamo la crisi della fede, delle spiritualità e della Chiesa cattolica, ci ritroviamo davanti a un panorama

Intervista - prima parte

In questa intervista diamo voce a una delle più grandi mistiche cattoliche esistenti: Caterina Bartolotta. La sua storia, conosciuta da molti anche attraverso gli articoli su questa stessa rivista, dura da oltre quarantasei anni. Gli avvenimenti che si sono succeduti in questo periodo di tempo hanno dato credibilità e fiducia nella sua straordinaria vicenda che la vede protagonista da quando aveva circa dieci anni d’età. Lei in questi anni ha ricevuto molti messaggi da Gesù e dalla Madonna e in essi molte parole trovano un preciso riscontro con ciò che avviene nei tempi attuali. Questa intervista è, quindi, uno spaccato sulla necessità della conversione, quale ultima possibile via di salvezza per l’umanità.

L’INTERVISTA

Caterina in un momento di preghiera

di grande preoccupazione capace di scoraggiare e abbattere la speranza di un’umanità che si ritrova in balia di venti di guerra e di una crisi economica globalizzata. LUCI DI SPERANZA I messaggi dei veggenti sono fiaccole nella notte per illuminare il cammino, sono un richiamo alla fede in Cristo, nostra unica speranza, in un mondo che vede l’uomo protagonista di una corsa sfrenata verso il potere temporale e l’abbandono progressivo del rispetto delle leggi di Dio e dei regolamenti umani.

Caterina, in questi quarantasei anni di apparizioni mariane ha avuto modo di conoscere i bisogni più importanti e intimi delle persone; c’è ancora posto per la fede nell’animo umano? È da quando ero bambina che ricevo le persone e in tutti questi anni sono stati in migliaia quelli che sono venuti a trovarmi. Ovviamente mi hanno cercata per la Madonna, perché io sono una donna come tutte le altre, non potrei fare nulla per loro, se non pregare. I loro maggiori interessi, secondo la mia esperienza, sono costituiti dalla salute, dal benessere materiale e infine dalla fede. Purtroppo, la fede viene messa quasi sempre all’ultimo posto. Da ciò che ci dice, dovremmo supporre che, se la fede viene messa tra le ultime esigenze, anche Dio stesso è relegato all’ultimo posto. Non è proprio così. Ogni uomo vorrebbe vivere senza problemi e nella totale libertà, cercando soprattutto il benessere terreno. Però, col tempo,

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IL VOLTO SPIRITUALE DELLA CALABRIA con la sofferenza torna quasi sempre al Signore. Quindi, la ricerca della fede nella vita di ognuno, alla fine, arriva, anche se non per tutti è così. Nella mia esperienza ho visto uomini apparentemente irreprensibili che invece erano pieni di peccati, e uomini considerati socialmente insignificanti che agli occhi del Signore avevano un grande valore. L’uomo giudica secondo parametri di giudizio di questo mondo, mentre Dio legge nel cuore e giudica tutto di noi. Per l’uomo, invece, se non hai nulla, se vivi da povero, non hai alcun valore. Certo non tutti la pensiamo così, ma basta vedere come vengono trattati nella società coloro che sono poveri, per capire veramente su cosa si basta il rispetto umano. Comunque, non è vero che il Signore viene messo all’ultimo posto, perché nella vita prima o poi c’è sempre l’incontro con Dio, e Gesù si riprende il posto che gli spetta. Sì, certamente, l’uomo finchè vive ha la possibilità di riavvicinarsi a Dio. Ma una vita vissuta nella ricerca del benessere materiale potrebbe mai appagare l’individuo? Non posso che risponderle che non può, ovviamente. Perché noi abbiamo anche un’anima e quindi bisogni che non sono fisici. Per questo, tante volte, da me sono venute persone che avevano tutto, ma non erano felici. L’uomo deve imparare a comprendere la sua vera natura. Sappiamo tutti che i soldi non fanno la felicità. Basta guardare i volti delle persone, per accorgersi se sono felici. Ho visto persone che avevano tutto, a cui non mancava nulla economicamente, ma i loro volti erano tirati, tristi; mentre altre, che vivevano nella semplicità e nella quotidianità, avevano il volto sereno, gioioso, come se avessero avuto tutto. Ciò significa che non tutti, per essere felici, abbiamo bisogno delle stesse cose. Per esempio, se uno è ricco ma malato, sicuramente non è felice, invece se uno ha il necessario per vivere e ha anche la salute, sente che non gli manca nulla. Dovremmo tutti imparare da Gesù, dai suoi insegnamenti, invece il Vangelo viene dimenticato. È davanti agli occhi di tutti che la società moderna spinge l’uopag. 19

mo a mettere se stesso al primo posto nella propria vita, quasi come se potesse fare a meno di Dio. Lei cosa pensa di questo? Purtroppo è così. La Madonna e Gesù sono delusi dai comportamenti di molti. Però l’amore di Dio è infinito e la sua misericordia salva ogni peccatore che si dovesse pentire anche nell’ultimo istante. Le apparizioni della Madonna, per me come anche per altri veggenti nel mondo, hanno un fine ben preciso, quello di salvare l’umanità. Dio non abbandona l’uomo. Non dobbiamo dimenticare che siamo suoi figli; come potrebbe abbandonarci! Il maligno cerca di far perdere le anime, convincendo l’uomo che questa vita va consumata, istante per istante, nei piaceri di questo mondo. Ma Dio ci ha dato la vita per imparare ad amare, non per vivere in modo irrefrenabile ogni piacere terreno dimenticando che, prima di tutto, viene l’amore per il Signore. L’uomo moderno sembra privo di fede e senza alcun timore di Dio, è così? L’uomo uccide i propri simili, è chiaro che questo deriva proprio dalla mancanza di fede, di timore di Dio. Nel mondo sono in molti a soffrire, specialmente quelli delle nazioni più povere, in questo l’uomo manifesta mancanza di amore. Senza l’amore questo mondo non potrà sopravvivere, perché dove non c’è amore c’è distruzione e sofferenza. Lasciamo che l’opera del Signore vada avanti, sono sicura che vedremo molte conversioni. La Madonna cosa le dice di ciò che sta succedendo nel mondo? Gesù e la Madonna desiderano che tutta l’umanità si salvi, ma questo, da come stiamo vedendo, non può avvenire solo attraverso l’uomo. Le leggi di Dio sono state quasi dimenticate da chi governa il mondo. C’è molta cattiveria e molta sofferenza. Ma Gesù non resterà a guardare senza fare nulla. Questo che sta succedendo suscita in tutti molta preoccupazione. La Madonna appare da molti anni perché Gesù ce l’ha concessa come ultima ancora di salvezza. Alla fine il cuore immacolato di Maria trionferà, ma fino a quel momento i dolori per l’umanità saranno GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

tanti. Lo vediamo tutti i giorni ciò che succede. L’uomo non si prende cura del prossimo e neanche della stessa terra dove abitiamo. La Madonna chiede la conversione dei cuori, ma l’uomo non accoglie il richiamo che Dio fa attraverso Sua Madre. So che lei ha ricevuto molti messaggi su questi tempi. Cosa ci potrebbe dire? Quando ero bambina Gesù mi ha dato un messaggio da consegnare al Papa, allora era Paolo VI, ma dopo essere andata in Vaticano, accompagnata da mio padre, il Papa non ha voluto ricevermi e quel messaggio non ho mai potuto consegnarlo. Riguardava proprio questi tempi e la Chiesa, quello che sta attraversando. Ma non posso aggiungere altro. Lo vediamo tutti che la Chiesa sta attraversando un momento di grave difficoltà, che potremmo definire una sorta di tribolazione. Io non concordo con chi accusa la Chiesa, essa va difesa, e lo dico sempre; non bisogna dimenticare che l’ha fondata Gesù. Chi rema contro la Chiesa commette un grave errore e anche un peccato. I sacerdoti e tutta la Chiesa devono essere aiutati a compiere la volontà del Signore. Molti denigrano la Chiesa e tutta la sua opera e facendo questo credono di fare la volontà di Dio, ma non è così. Il Signore ha detto che il proprio fratello sbaglia deve essere ripreso, ma non bistrattato, invece la Chiesa viene lapidata da molti. Non spetta a me giudicare l’operato della Chiesa, ma posso e voglio pregare per il santo Padre e per tutta la Chiesa. Gesù e la Madonna desiderano questo, che essa venga aiutata in ogni modo. A san Francesco d’Assisi Gesù disse: “Va e ripara la mia Chiesa”. Non gli disse va e distruggila, come molti oggi cercano di fare. Chi sbaglia va corretto e non lapidato. I tempi dell’adultera sono passati, Dio ha perdonato l’adultera, non pemettendo che fosse lapidata. Ma, ripeto, io non posso e non voglio giudicare nessuno, figuriamoci se posso giudicare la Chiesa di Dio. Continua sul prossimo numero Fonte: “Il Segno del soprannaturale”, n. 381, marzo 2020, Edizioni Segno - Autore: Fernando Conidi

Lamezia e non solo


Sport

AMARCORD/Il gigante argentino iniziò alla Vigor la sua carriera ricca di gol. Oggi in Eccellenza in Puglia. GALETTI, A 47 ANNI ANCORA IN CAMPO! “LAMEZIA NEL CUORE, PUBBLICO ECCEZIONALE”

“Amo il calcio, mi mancava lo spogliatoio e comunque me la posso giocare ancora”, musica e parole di un grande: Nando Galetti, 190 centimetri di muscoli, potenza e tecnica da goleador. Il 19 luglio prossimo compirà 48 anni e, da ottobre scorso, ha ripreso a giocare: sì a correre ed a colpire un pallone sempre con la solita leggiadria che aveva a fine anni 90 qui alla Vigor Lamezia. A fare cioè quel che gli piace da una vita! Gioca infatti in Eccellenza in Puglia nel San Severo. I tifosi vigorini se lo ricordano bene questo gigante buono argentino, approdato in Italia proprio alla Vigor nel ’98 per sfondare nel calcio. Non è arrivato in A ma i suoi oltre 250 gol in carriera raccontano di un professionista esemplare, che certo non avrebbe sfigurato nella massima serie. Allora Nando questa chiamata del San Severo: com’è andata? “5 mesi fa ricevo una telefonata da un dirigente del San Severo, costui era il papà di un mio compagno under quando vincemmo l’Eccellenza 5 anni fa proprio a San Severo. Era, calcisticamente parlando, innamorato di me e la stima è rimasta immutata. All’inizio ho pensato ad uno scherzo ed invece mi ha detto che era una scommessa: ebbene siccome io amo il calcio, mi mancava lo spogliatoio, non ho pensato ai soldi e ho detto subito sì senza par-

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di Rinaldo Critelli

lare con nessuno. Ormai avevo lasciato il calcio da tre anni, ma non ho fatto a meno di partite con gli amici sempre a undici e allenamenti ogni giorno, anche perché da un po’ ero diventato responsabile dei bagnini in un villaggio di Monopoli, per cui tenersi in forma è un dovere. E così appena arrivato subito in campo contro il Gallipoli, perdemmo 1-0, ma personalmente ero felice per aver lottato 90 minuti in campo a fare la torre in avanti, favorendo l’inserimento dei compagni”. Quanti complimenti? “Mah, semmai – sorride - tutti increduli a dirmi: ‘non è normale, ma come hai fatto dopo 3 anni fermo?’. Finora ho fatto sei gare, ancora senza gol ma arriverà, solo un palo. Spero che dopo questa emergenza del coronavirus riusciamo a riprendere, intanto #tuttiacasa”. Due stagioni a Lamezia in D, dal 1998 al gennaio del 2001 con 14 gol nella prima e 6 nei pochi mesi della seconda. Che annate sono state? “Importanti, intanto perché la Vigor ha rappresentato la mia prima società in Italia. In quel periodo ero in vacanza in Venezuela e pure fermo da due mesi. La chiamata del Lamezia mi rese felice: era ottobre del 1998 e per via dei documenti da fare esordii poi a gennaio del ’99. C’era mister Spelta, un grande tecnico ed una grande persona. Segnai 14 gol, quasi tutti in casa. Ricordo un pubblico eccezionale, che ci dava una grande spinta, quell’entusiasmo l’ho ritrovato soltanto in poche piazze dove ho poi giocato. Nella seconda annata (2001) segnai 6 gol in poche presenze, perché poi a gennaio passai al Casarano del Cavaliere Filograna, ricordo c’era anche la richiesta del Sant’Anastasia del ds Mariotto, ed anche di Catanzaro e Messina, ma il Casarano – sorride Nando - pagò cash…”. Poi hai girovagato il centro-sud Italia: Gela, Vittoria, Val di Sangro, Monopoli (3 stagioni, dove vive con la moglie Estella e la

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riflettendo

di Vincenzo De Sensi

L’uomo

Ti ricordi gli avvenimenti principali della Storia Sacra? La creazione dell’uomo, il peccato originale, la promessa del Messia, il diluvio universale, la scelta del popolo ebreo, Mosè, il Decalogo, i profeti, Gesù e la sua opera di redenzione, gli apostoli, la Chiesa, sono tappe lungo le quali Dio guida l’umanità dalla creazione e dalla caduta fino alla redenzione, alla salvezza. La salvezza è dunque lo scopo di tutta la Storia Sacra. La storia della salvezza non è soltanto il contenuto della Storia Sacra, ma diventa anche il contenuto della vita di ciascuno di noi se, rispondendo alla chiamata di Dio che ci ama, corrispondiamo al suo amore e collaboriamo con Lui per essere salvi. Vediamo ora come ciò può essere possibile. L’uomo nell’ordine naturale Chi è l’uomo? La risposta più completa a questa domanda la troviamo nella Storia Sacra, dalla quale apprendiamo per prima cosa che l’uomo è stato creato da Dio. Osserva l’universo intorno a te: se ne rimani stupito per l’immensità, l’ordine, la bellezza e la potenza con cui si manifesta, per la varia e inesauribile ricchezza di cui è sede, puoi già capire quale sia la dignità dell’uomo che Dio ha creato come padrone e dominatore di questo regno, capace di disporne in modo responsabile per le necessità della sua vita. Se ricordi quanto hai già appreso gli anni scorsi, e mediti un poco su te stesso, sulle tue capacità, alla luce di quanto ci è rivelato nella Bibbia, anche tu puoi capire che: l’uomo è formato da una parte materiale, il corpo, che è soggetto a tutte le leggi della materia; e da una parte spirituale, L’anima, che al corpo comunica la vita e fa dell’uomo un essere intelligente, cioè capace di intendere e di volere, e quindi libero di fare

le proprie scelte e responsabile delle scelte fatte; l’uomo è stato creato simile a Dio: infatti, Dio è purissimo spirito, l’uomo ha un’anima spirituale, creata direttamente da Dio per ciascun uomo; Dio è eterno, l’anima dell’uomo sopravvive alla morte del corpo ed è immortale; Dio è intelligenza e volontà infinite, l’anima dell’uomo è dotata di un lume di questa intelligenza che consente all’uomo di intendere e di volere; Dio è amore infinito, anche l’uomo sa amare; Dio crea l’universo, l’uomo è capace di fame le veci nel capire e nel governare, nei limiti delle sue capacità ma in modo responsabile, gli esseri, le leggi, le forze del creato. L’uomo nell’ordine soprannaturale Se nel creare l’uomo Dio lo avesse lasciato nel suo ordine naturale, il suo destino per l’eternità sarebbe consistito nel raggiungimento di una grande gioia, senza alcun dolore. La sua intelligenza, la sua volontà non sarebbero state tali da consentirgli di vedere e godere Dio eternamente. Ma Dio nel creare l’uomo non si è limitato a collocarlo nell’ordine naturale che gli compete. Amandolo, ha voluto donargli tutto ciò che gli era possibile donare, partecipandogli la sua stessa natura divina, tanto che 1 uomo potesse diventare figlio di Dio e potesse aspirare alla felicità eterna del Paradiso. Dio ha voluto dunque essere per l’uomo Creatore e Padre; l’uomo ha cosi acquistato una dignità e una capacità che non sono della sua natura, ma che la superano e la potenziano. Qualcosa di meraviglioso, è avvenuto per l’uomo quando Dio, creandolo, ha voluto renderlo partecipare della sua stessa vita, dandogli la grazia santificante dono immenso che comunica all’uomo ! la vita stessa di Dio, che è soprattutto Santità, perchè Egli è il Santo dei Santi. Possiamo

figlia Kimberly) Brindisi (3), San Severo, Castrovillari, Locorotondo, Deportivo Daunia e Ostuni nel 2016. Dove ti sei trovato meglio? “Ovunque. Oltre che a Lamezia che porto sempre nel cuore, ricordo tre piazze dove ho ottenuto altrettante promozioni in C2. A Monopoli in finale a Lanciano contro il Celano (53 gol in due anni). Poi a Val di Sangro ed a Brindisi col record stagionale di 26 gol. Qui mi fecero il contratto anche in C2 e sfiorammo la C1 in semifinale con la Cisco, perdendo in casa 1-0 e pareggiando a Roma 0-0”. Tra gli oltre 250 gol in carriera quali i più belli? “In Brindisi-Matera (2-1) e col Monopoli una tripletta contro l’OrLamezia e non solo

dunque concludere che, col dono della grazia, Dio ha elevato l’uomo in un ordine soprannaturale, comunicandogli una capacità superiore alla sua natura: la santità. Ha reso quindi l’uomo simile a Lui non solo nell’intelligenza, nella volontà, nell’amore, ma anche nella santità. In quest’ordine soprannaturale l’uomo, elevato alla dignità di figlio di Dio, ha il destino soprannaturale di vedere e godere Dio per l’eternità. L’uomo nella Rivelazione Abbiamo fin qui risposto, se non ancora completamente, alla domanda: chi è l’uomo? Ma la risposta fin qui data non avrebbe potuto essere così definitiva se essa fosse stata dettata dalla sola ragione. La ragione infatti da sola non ha la capacità di penetrare nel mistero di Dio, di comprenderne l’operato. L’uomo può capire chi è veramente perché è Dio stesso che glielo rivela. Come il bimbo sa chi egli è, perchè il padre lo chiama, gli parla , ha cura di lui, lo ama, e perciò gli fa capire che è suo figlio, così l’uomo può comprendere chi egli è veramente perché Dio lo chiama, gli parla, ha cura di lui, lo ama, cioè si rivela a lui come Padre. Senza la Rivelazione, mediante la quale Dio svela in parte il suo mistero, l’uomo non saprebbe di essere stato elevato alla dignità di figlio di Dio II dono della grazia santificante ha dunque reso necessaria la Rivelazione. Essa è contenuta nella Storia Sacra e comprende gli insegnamenti di Dio riguardanti la nostra salvezza: nella Rivelazione Dio ci dice chi è, ciò che fa,ci svela chi siamo e ci insegna ciò che dobbiamo fare per salvarci. La Rivelazione è dunque il messaggio di Dio all’uomo per la salvezza, proclamato nel Vecchio e Nuovo Testamento .

bassano (4-1) entrambe per la promozione in C2”. L’allenatore che ti insegnato di più? “Con tutti mi sono trovato bene cercando di prendere il meglio: direi Spelta, Giacomarro, Silva e Rufini, con lui siamo stati promossi in D proprio col San Severo 5 anni fa”. E la prossima stagione, ancora in campo? “Lo sai io non vorrei fermarmi mai: anzi ti dirò di più, me la posso ancora giocare, specie dopo l’esordio di ottobre non ci credevo pure io , ma mi sentivo bene grazie anche alla vita regolare da atleta in carriera ed alla fortuna di non aver avuto gravi infortuni. Anche perché mi alleno ogni giorno, corsetta e palestra. Un saluto grande ai tifosi della Vigor Lamezia!”. Ad majora semper …

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La nostra storia

Gli insediamenti urbani nella Piana Lametina di Matteo Scalise

Una lunghissima storia fra Età Antica e Medioevo.

In questo nuovo articolo per Lameziaenonsolo voglio affrontare un argomento storiografico molto complesso per le diverse tematiche, per cui mi limiterò a fare citazioni per sommi capi di notizie utili che poi potrete approfondire autonomamente sulla vasta storiografia locale oggi esistente sulla storia degli insediamenti urbani nella Piana Lametina dall’Età Antica al principio del Medioevo quali furono le località Lameto, Terina, Aque Ange, Turres, Nicastro e Sambiase. La Piana di Sant’Eufemia ebbe insediamenti umani stabili a partire da 700-500 mila anni fa, da parte di gruppi umani di cacciatori –raccoglitori che iniziarono un intenso sfruttamento del fertile territorio e un lucroso commercio agricolo e di ambra con le aree geografiche vicine ( le vetrine della sezione Preistoria del Museo Archeologico Lametino sono ricche di testimonianze materiali di questo importante periodo storico, per cui vi consiglio di andarlo a visitare!). Ad un certo punto però la presenza umana divenne molto scarsa finché, tra il 2700 e il 2300 A.C. ritroviamo nuovi insediamenti stabili, preludio alla fondazione della località citate all’inizio di questo articolo. L’insediamento sparso dei Lametoi (cosi chiamato perché il sito doveva sorgere vicino la fiume Amato, in antichità chiamato Lameto) doveva essere stato fondato da una popolazione proveniente dall’Arcadia (Grecia) gli Enotri nel VI secolo A.C., ai quali poi si sovrapposero, fino ad assimilarli completamente, i primi coloni greci provenienti a loro volta dalle colonie greche di Sibari e soprattutto di Crotone. Non abbiamo testimonianze archeologiche su questa località dei Lametoi, ma solo indizi letterari da parte di autori greci quali Ecateo da Mileto (V secolo A.C.) e il poeta Licofrone (nato nel 330 A.C). Di Terina, invece, sappiamo che fu fondata da Crotoniati per cercare uno sbocco commerciale sul Tirreno verso il V secolo A.C. e, in base a campagne archeologiche svolte fra il 1997 e il 2002, conosciamo l’ubicazione certa di Terina presso l’attuale frazione Sant’Eufemia Vetere di Lamezia Terme. Terina, analizzando anche gli scavi, doveva essere una Polis molto ricca, che batteva moneta propria e teneva intensi traffici commerciali con la polis madre e quelle vicine (si sono ritrovate monete di altre polis nel sito archeologico). Dunque a Terina vi era un ceto sociale stratificato, formato si da agricoltori, pastori e artigiani, ma anche da una classe agiata di commercianti, politici e militari. Le monete, la tabella testamentaria bronzea, l’enorme vaso dipinto (l’Hydria) conservati presso il Museo Archeologico Lametino, nella sezione storia greca, ne sono la testimonianza più eclatante, per non citare infine il celeberrimo tesoretto di Terina, rinvenuto a fine XIX secolo e oggi esposto presso il British Museum di Londra. Anche su Terina purtroppo sappiamo poco, tipo di una guerra mossa contro di essa da parte della potente polis Thurii (fine V secolo) forse per ripristinare il dominio della distrutta Sibari, o dell’assedio e saccheggio perpetuato a suo danno dai Brettii nel 356 A.C. che la occupò militarmente finché non fu poi liberata soltanto nel 332 A.C. da Alessandro il Molosso, re d’Epiro che cercava alleati contro Roma. Di Terina dunque sappiamo ancora troppo poco. Dalla polis fondatrice Crotone sicuramente avrà replicato l’organizzazione politica locale, il Pantheon delle divinità, anche se Terina riserverà speciale culto alla ninfa omonima, al quale fu attribuita la fondazione mitica del centro urbano. I lametoi, quando furono conquistati dai Tirenei, mantennero per un certo tempo il loro culto indigeno per la ninfa Ligea, che poi col passare del tempo fu confusa e sovrapposta con la ninfa Terina. Terina continuerà a prosperare come ricca polis magno greca almeno fino all’avvento delle Guerre Puniche (III – II secolo A.C ) quando Terina divenne alleata di Annibale, re di Cartagine, il quale broccato dai Romani e impossibilitato a difenderla decise di distruggerla per non farla divenire una possibile nuova polis soggiogata a Roma (206 – 203 A.C.). In età romana la Piana vedrà solamente la presenza di fattorie agricole di proprietà di ricchi senatori o di stabilimenti termali (testimonianza restano i siti archeologici a Pian Delle Vigne nel comune di Falerna o le Terme Romane ad Acconia di Curinga o di Caronte a Lamezia Terme).Ma è di questo periodo storico la pag. 22

presenza di un sito di nome Aque Ange citato in un documento cartografico romano del III secolo, la Tabula Peutingeriana. Forse queste Aque Ange erano la prima forma di sfruttamento termale delle acque sulfuree ancora oggi esistenti a Caronte. Non vi sono ad oggi prove archeologiche certe. Difficile è anche da collocare la presenza di una località chiamata Turres che ricadeva sulla via consolare romana che attraversava la Piana Lametina fino a giungere a Reggio Calabria e citato nel prezioso documento del IV secolo Itinerario di Antonino (cioè dell’imperatore Antonino). Di questo sito sappiamo soltanto che fu un importante sede militare e addirittura sede per qualche tempo di una diocesi, anche se su questo aspetto sorgono molti dubbi fra gli storici. Se Turres fosse stata ubicata veramente fra i comuni di Maida e di Nicastro, potrebbe essere il nucleo originario del comune di Sambiase, ma sono solo ipotesi che non hanno ad oggi ancora riscontro archeologico certo. Tornando alla narrazione storica, caduto l’Impero Romano d’Occidente (476 A.C.) anche la Calabria fu sconvolta dalle diverse invasioni barbariche finché l’Impero Romano D’Oriente (che noi conosciamo come Bizantino) riconquistò il sud Italia al comando del generale Niceforo Focas il quale favorì l’organizzazione politica, militare e religiosa di stile ellenistico creando il Thema di Calabria. Molti monaci ortodossi ascetici, detti anacoreti, giunsero in Calabria per diffondere l’Ortodossia e si dedicarono alla vita eremitica riparandosi nelle grotte naturali presenti numerose nelle località collinari attorno all’attuale territorio di Sambiase, e fondando anche numerosi conventi (chiamati Cenobi) dotati di ampi terreni circostanti utili per mantenere il clero e che venne lavorato dalla popolazione locale che in cambio ricevevano auto materiale e spirituale in caso di pericolo. E’ per questo motivo che sorsero verso il X secolo l’Abbazia dei Sant Quaranta Martiri (i cui ruderi oggi sono inglobati all’interno del Complesso delle Terme Caronte di proprietà della famiglia Cataldi) e soprattutto il cenobio dedicato a San Biagio, dove oggi sorge la chiesa del Carmine. E’ proprio da questo cenobio dedicato a San Biagio, sui cui terreni attorno furono costruite le case dove alloggiare le popolazioni che lavoravano le terre di proprietà del cenobio che si fa risalire in ambito storiografico certo la nascita del nucleo urbano di Sambiase. Anche Nicastro, infine, pare sia stata una fondazione bizantina, poiché il primo nucleo militare di quello che diverrà il Castello (vedi mio articolo su lameziaenonsolo n.60) fu proprio edificato dai bizantini per difendere le coste del golfo lametino. Da questo nucleo originariamente solo militare si sviluppò in breve tempo un agglomerato di case attorno, da parte delle popolazioni fuggite dalle coste infestate dalle incursioni piratesche arabe, e che dal presidio militare richiesero protezione e rifugio. Cosicché, vista la posizione geografica favorevole (fra la costa e l’entroterra montano) e il rapido sviluppo economico – commerciale avviato da questo nuovo sito urbano, i bizantini decisero di elevare Nicastro a sede di diocesi, scelta che sarà confermata anche dai Normanni, giunti in Italia ad inizio dell’anno Mille, che riconfermarono la sede diocesana a patto che il clero nicastrese abbandonasse il Credo ortodosso per quello Cattolico – Romano.

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CONSULENZA - Pedagogia

Ascoltare i giovani* di Raffaele Crescenzo

E’ prima di tutto un guardarsi negli occhi che rappresenta una occasione da non perdere, un’esperienza di riflessione, di presa di coscienza di ciò che facciamo e siamo nel comunicare la nostra disponibilità all’ascolto, ad iniziare dagli sguardi, dalla gestualità che dà corpo e calore del nostro essere presenti che, solitamente dimentichiamo di possedere in quanto non ci rendiamo conto di quanto siamo immersi nella subita cultura del nostro tempo. Il giovane ci riconduce alle origini, ce le fa riscoprire e ci rende consapevoli dell’esistenza di altri mondi, di altre emozioni, sensazioni, percezioni della realtà e della quotidianità. Ci allerta sul valore della dialogicità dei rapporti e su quanto essi siano delicati e fragili quando ci lasciamo prendere dalla fretta, dalla superficialità, dalla logica della comunicazione usa e getta, mordi e fuggi, divora e metabolizza. Noi spesso, invece, intrappoliamo il nostro linguaggio in una gabbia del sapere alto, distaccato dal cuore, dall’affettività, dai ragazzi che invece ascoltano il linguaggio dell’ ”io esisto”, “io sono”, del “voglio esistere” , dell’ ”io voglio essere ascoltato, considerato” in quanto persona completa, reale, concretamente coinvolta nel rapporto dialogico con chi viene in contatto con me, in quanto munito del mio corpo, delle mie emozioni e della mia storia. E così, ecco che non è possibile nell’agire educativo fare a meno di strategie che valorizzino l’essere umano e la sua capacità naturale di interagire instaurando un clima di fiducia e aiuto reciproco attraverso attività che rafforzino l’autostima, che favoriscano il sorgere di un’identità conscia delle sue competenze e del suo essere. Attraverso il lavoro dell’utilizzo del calore e vicinanza per stringere rapporti di fiducia nell’affrontare, assieme, le difficoltà che sorgono nella quotidianità, sempre attenti a non trasferire le sconfitte nostre e dei ragazzi nella sfera affettiva. Invero …. “Molte cose abbiamo imparato. Parole nuove, nuovi modi di dire, pronunce nuove, significati di vecchie parole. Abbiamo imparato ad adeguarci al ritmo di vita di chi ci sta attorno.

E soprattutto, apprendiamo quotidianamente che esistono regole, non scritte ben precise, celate tra gli sguardi, le parole … Così tentiamo di adattarci, plasmarci ad una quotidianità ipocritamente invischiante … Eppure abbiamo paura! Paura di essere scoperti, di non riuscire più a nascondere, dietro questa debole vernice, la nostra vera natura. Uomini o attori? Recitare o essere se stessi? Come tanti abbiamo bisogno di un pubblico per recitare, mimare gli altri. Non ci vuole molto per decidere di fronte ad una realtà fatta di malleabili personaggi e recitazioni di comodo. Abbiamo bisogno di essere dei personaggi? Forse sì. Senza attirare troppa attenzione, senza essere troppo al centro delle situazioni da palcoscenico … restare ad osservare, da dietro le quinte, per paura di essere giudicati.. Piano, piano ci siamo abituati, acquistando un senso di fiducia che porta inevitabilmente, ad avvertire il sottile piacere di una doppia immagine, dell’interpretazione di diversi personaggi. Di tanto, in tanto ci assale il bisogno di sapere cosa ne è stato di noi. Di osservarci, di scrutarci! Di ascoltare se stessi, pensare, guardare il proprio comportamento … senza poterlo guidare e controllare. Spiarci e non poter essere lì. Spiarci come ladri da dietro un angolo, dal buco della serratura …. Provare ad entrare in possesso di noi stessi, riprendendoci il proprio posto. Continuamente tentati di gettare la maschera accorgendoci, poi, di non poterne fare a meno … Continuare a meditare, guardare distrattamente fuori dalla finestra e avere tanto tempo a disposizione per non capire. Tempo che ci rende stanchi, incapaci di essere se stessi ed impauriti da nuovi copioni; di continuare a recitare, alla continua ricerca di autori, di personaggi e di altre maschere”.

* tratto da “Parole in chiaro scuro”, R. Crescenzo, Ed. Prometeo (CS), 1997

Testata Giornalistica Di tutto un po’ - lamezia e non solo anno 28°- n. 62 - marzo 2020 Iscrizione al Tribunale di Lamezia Terme dal 1993 n. 609/09 Rug. - 4/09 Reg. Stampa Direttore Responsabile: Antonio Perri Edito da: GRAFICHÈditore Perri Lamezia Terme - Via del Progresso, 200 Tel. 0968.21844 - e.mail. perri16@gmail.com Stampa: Michele Domenicano Allestimento: Peppino Serratore Redazione: Giuseppe Perri - Nella Fragale - Antonio Perri Progetto grafico&impaginazione: Grafiché Perri-0968.21844

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La parola alla Psicologa

Come gestire ansia e preoccupazione ai tempi del Covid-19 di Valeria Saladino

In questi giorni in cui viene a mancare la routine quotidiana e la certezza di quello che accadrà, in un periodo di profondi cambiamenti ci scontriamo con paure, forti preoccupazioni e sofferenza. L’emergenza sanitaria che stiamo vivendo nelle ultime settimane, del Covid-19, sta mettendo a dura prova l’equilibrio psicologico di molte persone. La caratteristica distintiva di questa epidemia è quella di essere invisibile e del tutto nuova, caratteristiche che contribuiscono a mantenere alti i livelli di ansia delle persone che sfociano poi in comportamenti disfunzionali e irrazionali, basti pensare alle assurde corse a svaligiare i supermercati. Le peculiarità dell’epidemia da Covid-19 sono sia la mancanza di chiarezza assoluta sulla sua trasmissione sia la sua sintomatologia che può essere confusa con altri problemi di salute. Quando la paura - emozione primaria e fondamentale per la nostra sopravvivenza - si trasforma in panico può portare le persone ad attuare comportamenti impulsivi, frenetici e irrazionali che diventano controproducenti. Certo, la percezione del rischio è soggettivo ed è proprio per questo che alcune persone sottostimano il pericolo, adottando comportamenti spesso non conformi alle norme igieniche e di sicurezza volte a ridurre il rischio di contagio. La giusta percezione del rischio ci aiuta ad aumentare la nostra resilienza. Il grado di controllo che possiamo esercitare sui nostri pensieri ed emozioni spiacevoli dipende in gran parte da quanto sono intensi: più sono intensi e più l’ampag. 24

biente che ci circonda risulta essere stressante, meno i tentativi di controllo saranno efficaci. La paura è un’emozione del tutto comprensibile, addirittura utile se proporzionata ai pericoli nonché funzionale a evitarli. È fondamentale però fare attenzione a non trasformare la paura in panico. Il panico infatti, conduce a una modalità di valutazione e a una capacità decisionale priva di oggettività. Paura e allerta sono necessarie per poterci attivare e concentrare senza perdere la lucidità, tuttavia è bene avere contezza di quando queste non sono più gestite in maniera funzionale. Questa volta però il pericolo non dipende dalle nostre esperienze ma proviene da fuori, e tutto ciò è che è al di fuori del nostro controllo,

tutto ciò che non riusciamo a gestire, spaventa. La paura e il panico sono amplificate dalle tante notizie, spesso mendaci, fornite dalle testate giornalistiche e dai social. Per contrastare la paura eccessiva, in un momento certamente molto difficile, è fondamentale iniziare dal non farsi massacrare dalle milGrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

le fonti di notizie; la spasmodica raccolta di informazioni, non è un bisogno di conoscenza ma un’ossessiva ricerca di informazioni che ci possano tranquillizzare. Bisogna avere le idee chiare su come proteggersi, ma leggere notte e giorno notizie, vedere servizi televisivi di ogni tipo sul tema non riduce certo il rischio di contrarre il virus, ma aumenta in maniera esponenziale la nostra ansia. È necessario quindi attenersi ai dati e alle comunicazioni diffuse dalle Autorità Pubbliche. Partendo poi dall’assunto che ansia e stress diminuiscono le difese immunitarie, bisogna dare priorità al dormire bene. Numerose ricerche scientifiche hanno più volte confermato che, una persona riposata e che dorme bene, normalmente sviluppa difese immunitarie più forti. Infine, percepire la propria paura, comprenderne le cause e accettarla è il primo passo fondamentale. Accettarla vuole dire anche ridimensionarla. Per questo è importante non negare il nostro stato d’animo e la nostra preoccupazione rispetto al Coronavirus. Parlarne permette di sperimentare la possibilità di controllare e gestire la paura, senza lasciarsi sopraffare. In caso di paura e ansia fuori controllo è importante chiedere aiuto a un esperto. Lamezia e non solo


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