Lamezia e non solo Marzo 2019 Domenico Furgiuele

Page 1

Lamezia e non solo

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 1



Lameziaenonsolo incontra

-Nella Fragale-

Domenico Furgiuele

Cominciamo, con questo numero, una serie di interviste che dedicheremo ai nostri politici per cui, parleremo, durante l’intervista, un po’ più di politica, appunto, e meno dell’uomo. Per tentare di capirci qualcosa di più, per tentare di sapere consa dobbiamo aspettarci, Iniziamo con Domenico Furgiuele, rappresentate di quella “Lega” che tanti rumors sta sollevando Ci parli un po’ di lei, se dovesse presentarsi a quei pochi che non la conoscono, cosa direbbe? Credo di essere una persona assolutamente normale. Mi ritengo un figlio del popolo perché ho vissuto, vivo e vivrò a contatto con le persone semplici dalla cui genuinità traggo valori, informazioni utili e consigli preziosi per la mia crescita di uomo. Avendo questa impostazione, attribuisco all’ amicizia un grande valore. Quando si è avvicinato alla politica? L’amore tra me e la politica scoppia nella prima adolescenza. Le istanze nazional popolari dei movimenti nei quali ho creduto hanno subito fatto breccia in me. Da allora è stato un susseguirsi di esperienze e di stagioni in movimenti e aggregazioni che hanno creduto nella socialità della destra vera, senza compromettersi con chi ha venduto i propri ideali per una postazione di governo o per un posto al solo. La politica la si fa per passione, non per il proprio tornaconto. Io sono prima di tutto un lavoratore e per questo coltivo la politica per amore appunto, per rendere un servizio alla mia comunità. L’ho sempre fatto anche senza avere un ufficio istituzionale. Non amo chi brilla solo della luce riflessa da un seggio. Non posso non cominciare senza chiederle perchè ha deciso di

pag. 3

abbracciare la fede politica della Lega Era inevitabile che la mia strada e quella della Lega si incrociassero. Un percorso ideale fatto, vissuto e sudato in un’area politica scomoda ma fiera, quella nazionalpopolare, non poteva non legarsi, è il caso di dire, a Matteo Salvini. Ma dalla Lega di Umberto Bossi alla lega di Matteo Salvini cosa è cambiato? C’è un abisso rispetto alla guida di Bossi, al quale peraltro faccio i miei migliori auguri di pronta guarigione. Salvini, già in tempi non sospetti, ha capito che il Nord da solo non va da nessuna parte, il Paese non va da nessuna parte. Per questo ha giocato la sua partita puntando sinceramente, e non a chiacchiere, sul bisogno avvertito di riscatto sociale ed economico largamente diffuso nel nostro martoriato Sud. Ovviamente per far ciò devi circondarti di una classe dirigente motivata, che sappia e voglia crescere senza fretta basando il suo agire sul binomio passione-competenza. Merito di Salvini è aver saputo intercettare i bisogni di un Mezzogiorno d’Italia che chi ci ha preceduto al governo ha semplicemente deriso. Dovremmo avere le strade lastricate di oro zecchino con tutte le provvidenze arrivate ai governi regionali dall’Europa, invece moriamo di povertà. È assurdo. Ora sta a noi invertire la rotta. E mi creda non è impresa spaziale se si mette alla base di tutto la legalità

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

praticata, non quella dei convegni. Con noi, affaristi e uomini di tutte le stagioni avranno vita durissima. Lo dimostra il fatto che le porte della Lega sono sì aperte, ma non a tutti. “Il nuovo volto dell’Europa”, così è stato definito Salvini dal settimanale statunitense Time che gli ha dedicato la copertina. Credo che se dovesse riscrivere l’articolo forse non lo titolerebbe più così visti i “rumors europei” che circondano Salvini, oppure no? Salvini fa paura ad un establishment che finora aveva campato sulle spalle della povera gente, complice i governi senza nerbo e, in alcuni casi senza dignità, sia di centrodestra che di centrosinistra, lo dico chiaramente. Lo si definisce spregiativamente ‘sovranista’, ma i giornaloni della finanza salottiera evitano accuratamente di analizzarne la fenomenologia che sta tutta in questa espressione: punto di rottura dopo trentanni di accondiscendenza alle burocrazie europee, le stesse che i partiti di governo hanno fatto contare più degli eletti. Ma le cose stanno cambiando. E alle prossime europee emergerà l’anima solidale della Lega e degli altri movimenti europei affini, perché noi vogliamo più Europa ma in senso solidale. Gli stati si devono aiutare altrimenti che senso ha parlare di comunità?

Lamezia e non solo


In che cosa consiste il suo incarico di coordinatore regionale e deputato della Lega? Il mio incarico potremmo paragonarlo a quello di un selezionatore, volendo mutuare il gergo calcistico. Scherzi a parte, la Calabria è terra bella ma difficile dal punto di vista della agibilità politica. Quando guidi una forza che gode di ottima salute come la Lega, e non perché essa sia in luna di miele ma per il fatto che al governo è operativa, hai due alternative: o accogli tutti indistintamente o selezioni, a costo di dire anche dei no pesanti. Or bene, io ho scelto la seconda, infatti ho detto non pochi no, ma l’ho fatto in quanto credo che la classe dirigente sia una cosa seria e che non possa essere raffazzonata solo ad uso e consumo dei momenti elettorali. Quelli che facilmente entrano, poi sono coloro i quali facilmente escono da voltagabbana. Preferisco una crescita lenta, radicata ma coesa piuttosto che un boom di adesioni che alla fine porta quasi sempre alla perdita di ogni identità. E io alla identità nazionale ci tengo, costi quel che costi. Adesioni a quota 100, il suo parere in merito? A proposito della concretezza governativa di cui sopra, penso che quota 100 rappresenti - Un punto di svolta non indifferente. - La mole di domande già presentate depone a favore dell’idea che fosse un provvedimento atteso, sebbene a mio parere

pag. 4

suscettibile di ulteriori miglioramenti. - Sulla fattuale e progressiva modifica della legge Fornero avevamo chiesto fiducia agli elettori: l’abbiamo ottenuta e la stiamo legittimando. - Ora che abbiamo iniziato a cambiare una delle leggi più vergognose dei governi della sinistra finanziaria altroché tecnico, guardiamo alla attuazione degli altri impegni programmatici con maggiore fiducia e slancio. La campagna politica della lega e, quindi anche la sua, si è basata su degli hashtag come #Sicurezza #immigrazione #sociale #donne, che passi sono stati fatti per mantenere fede a questi impegni? Mi fanno ridere alcuni esponenti politici che ci hanno governato per più lustri quando affermano che noi abbiamo vinto le elezioni sol perché siamo riusciti a fare perno sulla paura degli italiani. Come a dire: senza la paura la Lega non avrebbe senso, quasi fosse questa il nostro propellente elettorale. I dati elettorali ultimi seguiti ai risultati sulla emigrazione clandestina, sull’inasprimento dell’impianto legislativo, sulla corruzione e sulla legittima difesa dimostrano, invece, che sono le nostre risposte vere la nostra forza. La sinistra non riesce a capire che la domanda di sicurezza non proviene solo dell’elettorato leghista, bensì dagli italiani, e quindi anche dai cittadini che per anni si sono riconosciuti nel pd salvo toccarne con mano l’inconsistenza su temi cruciali e quindi votargli contro. La paura

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

è un prodotto di centrosinistra, e anche di qualche governo di centrodestra, che non ha saputo rispondere. Noi al contrario le promesse le stiamo mantenendo. Anche perché un’Italia impaurita non produce, non si muove, semplicemente non cresce. E questo non lo vogliamo. Ha condiviso l’attacco di Salvini alla Magistratura per il caso Diciotti? Non mi sembra che Salvini abbia attaccato la magistratura, della quale io penso la politica non debba avere timore, altrimenti è la fine. Se la politica lascia spazi vuoti è quasi naturale che altri poteri tentino di occuparli, come dimostra la storia recente, e non solo del nostro Paese. Rivendicare la legittimità costituzionale dell’agire governativo, vedi il caso Diciotti, è stata una pagina di grande politica che avrei sottoscritto anche se l’avesse scritta un esponente di sinistra. Quella rivendicazione fu infatti un momento di affermazione, oserei dire materiale, della divisione dei poteri, dove il legislativo fa le leggi, l’esecutivo le attua, il giudiziario opera affinché non siano violate. E Salvini, insieme alla compagine governativa, non violò nulla, anzi. Nelle vostre fila avete il senatore Tony Chike Iwobi che è il primo senatore di colore della storia d’Italia, non è un controsenso visto che il motto del Senatore è “aiutiamoli a casa loro?” Sul nostro parlamentare di colore, che dire? Non esiste contraddizione tra la sua

Lamezia e non solo


militanza e il nostro credo: la lega è una comunità plurale. Le politiche dell’Europa devono gettare ponti di collaborazione con l’Africa e con essa progettare lo sviluppo. È questo uno dei sensi più compiuti della espressione “ aiutiamoli a casa loro”. Dopo aver parlato della politica in generale parliamo un po’ dei suoi impegni politici, ci descriva una sua giornata “di lavoro” La giornata inizia e termina in gruppi coesi di lavoro come quelli in cui mi onoro di operare. Quando sono in Calabria non manco mai di andare a trovare gli amici delle sezioni radicate nel territorio regionale. Con loro concordiamo iniziative, facciamo la mappatura delle criticità delle comunità per poter essere utili a Roma. Quando invece sono a Roma la vita è spartana. La Lega non è una combriccola di salottieri. Si lavora sodo nell’aula e soprattutto nelle commissioni. Certo non mancano momenti di socialità con i colleghi in varie parti d’Italia, ma le assicuro che il partito esige disponibilità. Senza contare tutte le volte in cui siamo chiamati a dare una mano nelle regioni interessate da turni elettorali. Per esempio, mi è capitato recentemente di andare a fare volantinaggio e volontariato in Friuli-Venezia Giulia, poi in Abruzzo e più recentemente in Sardegna. Nella Lega la politica è tutto. Per il suo ruolo lei vive più a Roma o nella sua città?

Lamezia e non solo

Soggiorno a Roma il tempo strettamente necessario per adempiere ai doveri del mio mandato, per il resto trascorro molto tempo a contatto con le realtà territoriali della Calabria come ho sempre fatto, come sempre farò. L’ufficio di deputato non mi ha cambiato, e poi non amo la vita, per così dire, mondana. Preferisco il contatto con le persone semplice. Ciò mi permette di raccogliere impressioni, proposte e conoscenza territoriale da portare sui tavoli istituzionali. I giovani, non solo in Calabria, mostrano una certa disaffezione nei confronti della politica, perchè stanchi di vedere disattese le promesse fatte dai politici di turno e non mantenute? Che è sacrosanta, va capita, non condannata. Cosa han fatto i partiti per i giovani? Zero! E questi sono i frutti: partecipazione nulla, astensionismo a livelli altissimi, sfiducia crescente. I partiti che hanno governato questo paese negli ultimi 25 anni si sono dimostrati circoli oligarchici, roba di pochi e per pochi, con la conseguenza di chiudere le porte in faccia alle energie migliori. Paradossalmente questo disastro è stato favorito anche dal fatto che buona parte dei giovani entrati in politica ha retto le braghe al vecchio mentre doveva mostrare il coraggio di volerlo sostituire. Han ragione pertanto le nuove generazioni. Io però voglio dire ai ragazzi che questo è il momento giusto per entrare in politica. Se non lo faranno lasceranno terreno agli stessi. Invece

bisogna penetrare nei partiti e mettere in minoranza la “monnezza” che spesso li tiene in ostaggio. In effetti in Italia il tasso di disoccupazione fra i giovani è altissimo, si può parlare di democrazia in una società dove si soldi sono sulla bocca di tutti ma nelle tasche di pochissimi? I partiti politici, in generale, vengono accusati di non saper essere “esempi”, punti di riferimento, per la società del futuro, di non avere valori e che per questo, le urne elettorali sono sempre meno “frequentate”. E’ una accusa pesante, che ne pensa? La crisi dei partiti è il frutto della superficialità con cui si scelgono, anzi direi non si scelgono, i dirigenti. Oggi siamo invasi da comitati elettorali buoni solo per il momento elettorale, infatti dopo evaporano. Il denaro, il bieco interesse risultano essere collanti ancora forti, specie al Sud. A questo, e torno a quanto sopra detto, noi opponiamo la fierezza della costruzione per gradi della classe dirigente. Aperti sì, ma solo a persone con storia e passioni sociale e politica affini. Sarò troppo rigido? Fa niente, il futuro ripagherà. Come dico sempre, a me non interessa fare una balena verde. Ma per lei cosa è la politica? Quali doti dovrebbe avere un politico degno di questo nome? La politica è la mia vita. È un iter di formazione umana che ho iniziato da adolescente nelle formazioni di destra

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 5


e che proseguo oggi con maggiore responsabilità istituzionale, certo, ma con amore per le istanze popolari immutato. Quel che di giusto o sbagliato ho prodotto e produrrò in politica è il frutto di un sentimento che preesiste alla carica. Il mio sentire non dipende dall’ufficio, lo dimostra la mia storia verso cui ho rispetto e chiedo rispetto. Che futuro per l’Italia e la Calabria? Per il nostro Paese e per la nostra regione mi auguro un futuro improntato alla dignità. Per quanto riguarda il contesto nazionale la stiamo recuperando come dimostra il nervosismo di quelle nazioni abituate a deriderci, talvolta anche in modo plateale. In Calabria la strada è ancora lunga. Dobbiamo vincere le regionali, entrare in giunta e in consiglio per cambiare la terra dall’interno. Che significa dalla Cittadella al cui interno vi sono orticelli burocratici e dirigenziali che vanno estirpati. Nessuno lo ha mai fatto, la Lega lo farà per affermare la supremazia della scelta politica sullo strapotere di quei dirigenti che si credono autocrati. Ma lo faremo anche per aiutare l’amministrazione ad essere più spedita verso le esigenze dei cittadini e di quella giovane imprenditoria che non ha santi ai piani alti della Regione, verso la quale ho una ammirazione sincera. La Calabria è una start up valley e la Lega i cervelli li valorizzerà, al di là degli steccati ideologici. Io quando vedo esperimenti imprenditoriali di miei conterranei che riescono, mi commuovo.

pag. 6

Lei come si sta muovendo per aiutare la Calabria e la sua città? Il mio impegno per la mia terra e la mia amata città è costante, ma voglio e devo fare meglio e di più. I cittadini sanno che in me hanno una cinghia di trasmissione delle loro istanze in parlamento. Il sindaco e l’amministrazione sanno che possono contare su di me. In questi mesi una serie di fondi per importanti progettualità sono stati stanziati dai ministeri competenti non senza il coinvolgimento mio. Ringrazio in tal senso i ministri Salvini, Centinaio e tutti i colleghi che si mostrano sempre disponibili quando gli sottopongo problematiche regionali. E’ sposato? Sua moglie condivide la sua passione per la politica? Ha figli? Sono sposato, padre di due splendide creature e marito di una donna che mi sostiene con determinata discrezione Riesce ad essere un padre ed un marito presente visti i suoi numerosi impegni? Certo! Nonostante i miei impegni, mi sforzo di essere presente e di trasmettere ai miei amati figli positività, coraggio e sostegno. Ai bambini e alla loro infanzia dedico le energie del padre ma anche quelle del politico impegnato nella tutela della sacralità della famiglia dagli attacchi dei teorici di ‘genitore 1 e genitore 2’ e di chi vorrebbe snaturarla. Ovviamente, non passeranno con noi al governo. Ama leggere? Quali autori preferisce? Amo la lettura, la saggistica e poi autori

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

come Nietzsche, Mishima, Codreanu, ma anche i classici come Tucidide all’interno della cui opera vi è tanto futuro. Molti politici diventano scrittori, come mai? E’ il mestiere di politico che apre la mente o che … permette di avere tempo libero per dedicarsi anche all’arte dello scrivere? A me piace leggere molto: libri e persone. Io sono un lavoratore che ama la politica, non ho intenzione di invadere i terreni che non mi appartengono. Tuttavia, mai dire mai; magari un giorno potrei trovarmi nella condizione di voler raccontare il senso della mia vicenda politica, ma prima di farlo vorrei legarla a risultati importanti per la mia terra e per la mia amata città. Oggi vedo che c’è una proliferazione di ex politici prestati alla letteratura che scrivono del nulla. Io non apparterrò mai a questa categoria. Lo spazio di un’intervista per conoscere chi ti sta di fronte è veramente poco. Domenico Furgiuele comunica energia, è entusiasta del suo ruolo che svolge con passione sia quando deve distribuire volantini che quando deve rappresentarci alla Camera. La frase che gli dedico è di Nelson Mandela: La pace non è un sogno: può diventare realtà, ma per custodirla bisogna esser capaci di sognare. Ed è questo che vedo in lui, un giovane capace di sognare e di credere che i sogni possano diventare realtà, e glielo auguro, per lui e ... anche per noi!

Lamezia e non solo


Spettacolo

di Giovanna Villella

Il grande “Avaro” di Alessandro Benvenuti

Catanzaro, 27 febbraio 2019. Un altro capolavoro di Molière, L’Avaro, con Alessandro Benvenuti per la regia di Ugo Chiti arricchisce la stagione teatrale organizzata da AMA Calabria al Teatro Comunale di Catanzaro. Una commedia nera che si transustanzia in quel metafisico impianto scenografico costituto da un pannello boiserie dai toni scuri con dei varchi che creano vuoti e pieni, chiaroscuri, interni/esterni, e cubi lignei che, all’occasione, diventano seggiole, tavoli, cassapanche… Un’atmosfera di cupezza caravaggesca, con ampi volumi di buio, senza neanche la “grazia di un colore” se non fosse per il guizzo rosso di quella corda che percorre in tralice il palcoscenico delimitando uno spazio esterno, quasi sineddoche di un sipario, il bianco pentelico degli abiti di Elisa e Cleante, il carota brillante della parrucca di Frosina, il verde degli arbusti nel giardino e i colori fluo dei dolciumi disposti a piramide.In questo spazio dominato dalle ombre abitano e si muovono i personaggi di Molière. La tensione emana da Arpagone – portato in scena da uno strepitoso Alessandro Benvenuti – con le sue nevrosi e la sua sterilità morale e affettiva. Ma la grande alchimia è che il personaggio sembra uscire di soppiatto dal corpo dell’attore il quale lascia trapelare, sia nella forma che nel contenuto, tutto l’umore della sua propria personalità, l’articolazione segreta, l’intima sua essenza in un dire denso e rappreso in cui l’incresparsi sardonico dei toni vira verso lo humor nero. Alessandro/Arpagone vaga sul palcoscenico come un vecchio pellicano dallo sguardo grifagno, percorso da una sorta di algore stizzoso al momento culminate dell’equivoco tra la cassetta e sua figlia Elisa, (espediente comico che arriva da Plauto) per virare, poi, verso l’allucinazione nevrotica quando si accorge di essere stato derubato. Così, abbattendo ogni convenzione, si rivolge direttamente al pubblico “Vi denuncio tutti” e la perfidia sotterranea sfiora i limiti della farsa. Egli briga rimbrotta si infuria comanda glissa si tormenta… fino alla regressione infantile quando rientra in possesso dei suoi averi con una felicità da fanciullo che diventa amplesso, orgasmo come nella Danae klimtiana posseduta da Zeus tramutato in una pioggia d’oro. “Ci bastiamo da soli” è la sua chiosa finale, e nella afasia dei sentimenti verso il resto del mondo mostra una tenerezza infantile illuminata da qualche scintilla di umanità che lo redime trasformando la sua miseria morale in misericordia universale.

Lamezia e non solo

La messinscena oppone in modo tranchant due mondi, quello di Arpagone, prigioniero della sua tragica solitudine e della sua attrazione compulsiva nei confronti del denaro, e quello della sua famiglia e del suo entourage che non rimane in ombra ma urla la sua fame di vita e d’amore. Lucia Socci vena di giusta ribellione la sua Elisa e Andrea Costagli propone un Cleante caparbio ma in una misura piana, fatta di raffinatezza e di stile. Millantatrice o ruffiana, la Frosina di Giuliana Colzi lascia intravvedere un côté maternel e dei momenti di intimità che legano le sue azioni a qualcosa di più privato. Misurato e incisivo nella sua scaltra, domestica saggezza il Valerio di Gabriele Giaffreda, elegante e di gran dignità la Mariana di Elisa Proietti, deciso e pragmatico il Don Anselmo di Paolo Ciotti laddove l’impertinente Freccia dell’ottimo Massimo Salvianti (con sue incursioni nella commedia dell’Arte in mezza maschera nera) e l’irruento, efficacissimo Mastro Giacomo di Dimitri Frosali mostrano l’astuzia e il dinamismo propri dell’universo dei servi che con le loro furberie si fanno gioco del padrone per far sì che l’amore trionfi. La cifra registica di una maestro come Ugo Chiti – che ha curato anche l’adattamento e la mise en espace dello spettacolo – riesce ad assorbire nella sua tensione intellettuale tutti i personaggi e a costruire una loro necessità poetica-emotiva carica di inquietudine che rifiuta il vuoto e l’inutilità dell’orpello. La parola teatrale scorre viva e sicura sui tempi del contrappunto tra argute conversazioni e diverbi, concitate orditure degli inganni, rivalse, schermaglie amorose. Il risultato è uno spettacolo giocato sui ritmi e sui contrasti ma calibrato e incisivo, fedele al testo eppure moderno e antiaccademico, specchio delle anamorfosi del nostro tempo, elegante e ironico con punte di alta, amara comicità impreziosito dai pittorici costumi di Giuliana Colzi, dai suggestivi inserti sonori di Vanni Cassori su arie del ‘700, dalle luci di grande effetto espressivo ben disegnate da Marco Messeri, ora intime e discrete ora taglienti e fredde come lame che si spengono sul luccichio di quelle monete tintinnanti. È il buio desolato che precede ogni alba. È il buio che si riempie di lunghissimi, meritatissimi applausi.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 7


amici della terra

22 MARZO GIORNATA MONDIALE DELL’ACQUA NECESSITA’ DI TUTELARE E VALORIZZARE L’ORO BLU’ di Mario Pileggi

La Giornata Mondiale dell’Acqua (World Water Day) è una ricorrenza istituita dalle Nazioni Unite e prevista all’interno delle direttive dell’agenda 21, risultato della conferenza di Rio. Il 22 marzo in tantissimi luoghi del Pianeta attraverso convegni, eventi, seminari si accendono i riflettori sull’oro blu per porre all’attenzione di tutti e a ogni livello di responsabilità la necessità del razionale utilizzo della risorsa naturale indispensabile alla vita e più preziosa del Pianeta. Una necessità poco o per niente avvertita sia dalle classi dirigenti del Bel Paese sia da quelle che governano una regione come la Calabria con grande disponibilità d’acqua potabile e non, con la più alta biodiversità, con 716 chilometri di coste bagnate da due mari e con uno dei territori maggiormente esposti ai rischi idrogeologici. A differenza di altre realtà territoriali, in Calabria e a Lamezia Terme anche per la ricorrenza del 2019 si è persa l’occasione di accendere i riflettori sul proprio oro blu e: - per informare e educare i cittadini ad essere soggetti attivi nel processo di gestione delle risorse idriche e di tutela dell’ambiente; - per assicurare il riconoscimento generale dell’acqua come elemento prezioso e vitale da rispettare attraverso un uso sostenibile; - per promuovere la conoscenza dell’acqua come fattore essenziale per l’agricoltura e per una sana alimentazione; per far conoscere e

pag. 8

valorizzare la preziosità di suoli e acque che alimentano la grande varietà di vegetali e animali e anche di quei preziosi prodotti enogastronomici considerati dal New York Times per inserire la Calabria tra i luoghi meritevoli di essere visitati. Paradossalmente, nella Regione che può vantare le fonti più esclusive ed il massimo della qualità, si continua ad ignorare o a sottovalutare la tendenza in atto e sempre più diffusa nei locali di ristoro di presentare con la carta dei vini anche la Carta delle Acque. I riflettori spenti impediscono a tanti calabresi di conoscere e tutelare l’eccellente qualità delle acque e dei suoli dei propri territori. Acque tra le migliori d’Europa sempre più appetibili fuori della Calabria, e suoli distrutti o non adeguatamente difesi per l’abbondano delle zone collinari e montane e per la cementificazione di quelle di pianura. Occasione mancata per ricordare che la grande disponibilità e abbondanza d’acqua nella Regione ha sempre influenzato, nel bene e nel male, la vita e le condizioni socio-economiche delle popolazioni presenti da millenni nella Calabria. E, anche per attivare le iniziative necessarie per la tutela e valorizzazione delle preziose sorgenti censite nelle cinque province calabresi. Riflettori spenti sulle 4.598 sorgenti con portate superiore a un litro al secondo e sulle 14.744 con portata superiore a sessanta litri al minuto con una disponibilità complessiva di 43.243 litri al secondo (un miliardo e trecento milioni di metri cubi). Oltre che sulle altre 10.442 sorgenti

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

con portata inferiore a 6 litri al minuto. Restano nell’ombra anche le 211 sorgenti con acque calde e le 5 termali con temperatura superiore a 30° C. Occasione mancata per individuare cause e rimedi al fatto che la quantità d’acqua erogata in Calabria risulta quasi la metà di quella prelevata. Com’è noto il volume complessivo di acqua prelevata per uso potabile è di 421.992 milioni di metri cubi. In particolare la quantità d’acqua prelevata da sorgenti è di 194.311 milioni di metri cubi mentre la quantità prelevata da pozzo è di 170.930 milioni di metri cubi. Il prelievo dai corsi d’acqua superficiali è di 46.723 milioni di metri cubi e quello dai laghi e bacini artificiali è di 10.027 milioni di metri cubi. Va ribadito che circa cento milioni di metri cubi dell’acqua prelevata mancano al volume dell’acqua immessa nelle reti che è pari a 327.622 milioni di metri cubi. E che la perdita delle reti pari al 35,4%. Quindi si arriva ad una quantità di acqua erogata pari a 211.612 milioni di metri cubi, quasi la metà dei 421.992 milioni di metri cubi prelevati. Ma c’è di più: mentre la Calabria è la regione con la più ampia disponibilità delle migliori acque potabili d’Europa i calabresi non si fidano dell’acqua che arriva nei rubinetti delle loro case. Paradossalmente, con il 49,4% della popolazione, la Calabria è la seconda regione d’Italia, dopo la Sardegna, a non aver fiducia a bere acqua di rubinetto. In pratica, secondo i dati del 2015 resi noti dall’ISTAT per la ricorrenza della

Lamezia e non solo


giornata mondiale dell’acqua, la metà della popolazione calabrese non si fida della qualità dell’acqua erogata nelle abitazioni. E il 37,7 % dei cittadini ritiene irregolare l’erogazione dell’acqua nelle abitazioni. Emblematica la realtà del territorio di Lamezia Terme dove, nell’ambito dei 162 chilometri quadrati del territorio comunale, sono state censite ben104 sorgenti con portata maggiore a sei litri al minuto. Tra le 36 sorgenti censite nei primi decenni nel secolo scorso nel solo ex comune di Nicastro ce ne sono alcune con portate di centinaia di litri al secondo. Solo 4 di queste sorgenti sono in grado di fornire circa 20 miliardi di litri d’acqua all’anno. D’altra parte, in moltissimi comuni ricchissimi d’acqua di ottima qualità, le norme nazionali e le direttive europee “in materia di valorizzazione e razionale utilizzazione delle risorse idriche e di tutela delle acque dall’inquinamento” tardano ad essere applicate. La mancata raccolta e l’irrazionale utilizzazione delle acque delle preziose sorgenti e dei torrenti, oltre a limitare lo sviluppo e a creare disagi nelle popolazioni, accentuano i ben noti processi di degrado e dissesto idrogeologico del territorio collinare e montano. E così, invece di ricchezza e benessere, la grande disponibilità d’acqua, finisce per alimentare dissesti e frane sui rilievi collinari, alluvioni in pianura ed erosione costiera con gravi rischi anche per le popolazioni. Rischi e dissesti che, in molti centri abitati collinari e montani, sono incrementati dall’azione lubrificante nel sottosuolo della troppa acqua persa dalle reti idriche fatiscenti. D’altra parte nelle zone di pianura costiera l’irrazionale emungimento operato attraverso migliaia di trivellazioni, non compatibile con i tempi di ricarica, sta riducendo le falde idriche con conseguente ed irreversibile avanzamento delle acque salmastre. E il costipamento delle rocce serbatoio, con il

Lamezia e non solo

ben noto abbassamento del suolo al quale sono connessi i fenomeni di deperimento della copertura vegetale e l’arretramento dei litorali con l’invasione del mare. L’aggravamento dei processi di degrado e depauperamento della risorsa acqua sono delineati nei vari scenari del cambiamento climatico in atto. Si prevede una riduzione delle precipitazioni del 10% in inverno e del 3 % in estate. Il deficit idrico stimato per fine secolo è dell’ordine di centinaia di milioni di metri cubi per le falde idriche di alcune regioni. E con effetti rilevanti anche sull’agricoltura. In particolare in Calabria si è rilevato l’aumento sia di periodi di siccità idrologica sia di precipitazioni brevi e intense e, quindi, una maggiore frequenza di alluvioni e piene straordinarie. Riflettori spenti anche su questi temi e sulla necessità di predisporre i piani comunali di emergenza e le strategie da adottare per la mitigazione del rischio sia in fase preventiva, sia in tempi di normalità, sia in fase di emergenza idraulico-geologica. Piani da predisporre secondo le dettagliate Direttive Regionali per la protezione delle popolazioni locali dal rischio idraulico-geologico. Resta oscurata anche la prima iniziativa popolare a livello europeo denominata “Right2Water” con la raccolta 1,8 milioni di firme a sostegno di un migliore accesso all’acqua potabile per tutti i cittadini europei. Iniziativa che ha stimolato la Commissione europea all’aggiornamento della direttiva e delle norme sull’acqua potabile. Per migliorare la qualità dell’acqua potabile e agevolare l’accesso dei cittadini consumatori, con le nuove norme, i fornitori dovranno comunicare loro informazioni più chiare sul consumo idrico, sulla struttura dei costi e sul prezzo al litro per consentire un confronto con il prezzo dell’acqua in bottiglia. E questo anche allo scopo di raggiungere sia l’obiettivo ambientale di ridurre l’uso superfluo della plastica sia gli obiettivi di

sviluppo sostenibile per tutelare la salute e la sicurezza dei cittadini. Con le nuove norme europee gli Stati membri saranno obbligati a migliorare l’accesso all’acqua potabile per tutti i cittadini e in particolare per i gruppi più vulnerabili e marginali che, attualmente, hanno difficoltà ad accedervi. In pratica, ciò significa creare attrezzature per l’accesso all’acqua potabile in spazi pubblici, lanciare campagne per informare i cittadini circa la qualità dell’acqua a loro accessibile e incoraggiare le amministrazioni e gli edifici pubblici a fornire accesso all’acqua potabile. Inoltre si consentirà al pubblico di accedere, anche online, con facilità e semplicità a informazioni circa la qualità e l’approvvigionamento di acqua potabile nella zona in cui vivono, aumentandone la fiducia nei confronti dell›acqua di rubinetto. In base alle stime, le nuove misure dovrebbero ridurre i potenziali rischi per la salute connessi all’acqua potabile dal 4% a meno dell’1%. Ridurre il consumo di acqua in bottiglia può inoltre aiutare le famiglie in Europa a risparmiare più di 600 milioni di euro l’anno. Grazie a una maggiore fiducia nell’acqua di rubinetto, i cittadini possono contribuire a ridurre i rifiuti di plastica provenienti dalle acque in bottiglia, compresi i rifiuti marini. Le bottiglie di plastica sono uno dei più comuni prodotti in plastica monouso rinvenuti sulle spiagge europee. Una migliore gestione dell’acqua potabile da parte degli Stati membri scongiurerà perdite d’acqua evitabili e contribuirà a diminuire l’impronta di CO2. E, quindi, apporterà un contributo significativo al raggiungimento degli obiettivi 2030 di sviluppo sostenibile e degli obiettivi dell’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici. Geologo Mario Pileggi del Consiglio Nazionale di “Amici della Terra”

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 9


Rubrica di Antonio Saffioti totosaff@gmail.com

CarloCarcano

Uno degli allenatori più vincenti nella storia della juventus. Dimenticato dal calcio italiano, perché gay

di Antonio Saffioti

La statura tecnica di Carlo Carcano sta nei numeri: è insieme a Massimiliano Allegri l’unico allenatore della storia della Serie A ad aver vinto quattro scudetti consecutivi (e forse dovremmo dire cinque). Non c’è riuscito Trapattoni, né Lippi, né Capello. Tra uno scudetto e l’altro, Carcano ha trovato il tempo di fare da assistente di Vittorio Pozzo ai Mondiali di Italia 1934, naturalmente vinti. È stato maestro di tattica e preparazione fisica e mentale, grande giocatore di carte, uno dei precursori nello studio della squadra avversaria, ha saputo governare per anni con piglio sicuro uno spogliatoio di italiani e sudamericani di talento pari alla personalità. È una follia che il suo nome non sia lassù in cima a fare compagnia ai Grandissimi; è vergognoso il modo in cui fu trattato dal potere politico e sociale del nostro Paese, prima ancora che dal nostro calcio.

Carlo Carcano (Varese, 26 febbraio 1891 – Sanremo, 23 giugno 1965) è stato un allenatore di calcio e calciatore italiano, di ruolo mediano. Fautore, assieme a Vittorio Pozzo, dello schema tattico del Metodo, è anche ricordato come uno dei principali teorici della «scuola alessandrina»; ha inoltre guidato la Juventus nel celebre periodo del Quinquennio d’oro -stabilendo il record di titoli consecutivi nel campionato italiano per un allenatore (4, poi eguagliato da Massimiliano Allegri) - e affiancato il commissario tecnico Pozzo al timone dell’Italia in occasione del vittorioso campionato del mondo 1934. Per questi meriti sportivi, nel 2014 è stato inserito nella Hall of Fame del calcio italiano. Originario di Masnago, crebbe a Milano e si appassionò fortemente al gioco del calcio sin da giovane. Fu tra i fondatori di una squadra, la Nazionale Lombardia, e nel 1913 si trasferì ad Alessandria, dove inizialmente, raccontò, «grazie a qualche amico sportivo sbarcai il lunario e tirai avanti alla meno peggio», per poi diventare capitano della squadra e permettersi un alloggio nella stessa pensione in cui soggiornavano i colleghi Savojardo e Ticozzelli. Visse ad Alessandria tutta la sua carriera di calciatore, giocando anche diverse gare con la nazionale italiana a cavallo della prima guerra mondiale.

Come allenatore raccolse già nei primi anni di carriera il plauso di Vittorio Pozzo, che scrisse nel 1928: «che fiducia si possa riporre pienamente in elementi nostrani per la disciplina, l’insegnamento e l’organizzazione del gioco è dimostrato da un esempio per tutti: Carcano dell’Alessandria». Oggi viene ricordato non come «un grande stratega o un eccellente maestro di tecnica, [...] come quasi tutti i suoi colleghi dell’epoca fu un bravo allenatorepsicologo» che, alla Juventus, «si limitò a non guastare una squadra che funzionava da sé».

mente sei gare, ma gli è riconosciuta l’introduzione dei primi schemi arretrati, con «l’esordio del gioco di copertura e dei blocchi difensivi» mantenuti negli anni a venire dal suo successore.

Precursore del Metodo, raccolse appieno la lezione di George Arthur Smith, allievo di William Garbutt e fondatore della «scuola alessandrina», presentando un gioco fortemente improntato sui ruoli del centromediano (Gandini all’Alessandria, Monti alla Juventus) e di un attaccante arretrato (Ferrari), registi in grado d’ispirare veloci manovre offensive; allo stesso tempo, ricercava solidità in copertura attraverso «blocchi difensivi». Attingeva al vivaio (oltre a Ferrari, lanciò Elvio Banchero, Luigi Bertolini, Felice Borel), studiava assiduamente la disposizione tattica degli avversari da affrontare e dava grande importanza all’allenamento (esemplare il suo lavoro per riportare in forma Monti) attuando anche un rigido regime di sorveglianza dei giocatori. Lasciò l’Alessandria nel 1930, quando fu ingaggiato dall’ambiziosa Juventus: sulla panchina dei torinesi vinse immediatamente i primi quattro dei cinque scudetti consecutivi che contrassegnarono il Quinquennio d’oro bianconero.

I bianconeri non sono affatto in disarmo: sono arrivati terzi, a cinque punti di distacco dall’Ambrosiana di Arpad Weisz, e hanno in rosa gente come Combi, Rosetta, Caligaris, Varglien, Orsi: l’ossatura dell’Italia futura campione del mondo. Agnelli e il suo vice Giovanni Mazzonis, un austero e severissimo barone che sta al presidente più o meno come Boniperti starà all’Avvocato, decidono di portare in città il buon “Carlìn”, che aderisce al Metodo e si fa subito apprezzare per le doti da fine psicologo, qualità tutt’altro che comune nel calcio un po’ tagliato con l’accetta dei primi anni Trenta. E il regalo di benvenuto lo fa lui alla Juve, portando con sé la formidabile mezzala sinistra Giovanni Ferrari “a parametro zero”. Scoperto casualmente da Carcano qualche anno prima a un allenamento delle giovanili dell’Alessandria, Ferrari è tuttora – con i suoi otto titoli nazionali vinti tra Juventus, Inter e Bologna – il giocatore più scudettato della storia del calcio italiano insieme a Virginio Rosetta, Beppe Furino e Gianluigi Buffon, altre tre leggende della storia della Juve. Alla Juventus Carcano introdusse una ferrea disciplina, seppe sfruttare la classe degli oriundi e contribuì portando con sé vari elementi da lui eruditi all’Alessandria, lanciando tra gli altri il giovane cannoniere Felice Borel, divenendo una sorta di deus ex machina. La Juventus della prima metà degli anni 1930 utilizzò il Metodo, un innovativo – per l’epoca – schema tattico applicato dalla Nazionale italiana. Il suo modulo innovativo 2-3-2-3 o «WW», prevedeva il sostegno degli attaccanti interni della squadra, Cesarini – specializzato in segnare gol pesanti quasi al termine delle partite – e Ferrari, alle funzioni del «centromediano metodista» Monti (punto di riferimento fra la difesa e l’attacco), principalmente alla costruzione del gioco, mentre i due

Tra l’ottobre 1928 e l’aprile 1929 fu affidato a Carcano il ruolo di allenatore della nazionale, prima dell’avvento di Vittorio Pozzo; l’esperienza terminò dopo solapag. 10

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


mediani laterali, Varglien I e Bertolini, affrontavano le ali delle squadre avversarie; il fronte difensivo, affidato al celebre trio CombiRosetta-Caligaris, acquisì maggior sicurezza e il centrocampo beneficiò di una maggior consistenza numerica che nelle formazioni precedenti. Inoltre, tale schema rese possibile la realizzazione di manovre di attacco e contrattacco più veloci ed efficaci che nel decennio precedente. Il fronte di attacco bianconero, con calciatori degni di nota come le ali Sernagiotto e Orsi e il centravanti Vecchina e poi Borel II, con il contributo delle mezzali prima nominate, fu artefice della maggior parte delle 434 reti segnate dalla squadra in partite ufficiali durante il periodo (384 in tornei nazionali e 50 nelle coppe). Travolgente in Italia, la Juve di Carcano non ebbe la stessa fortuna in Europa, dove non andò oltre qualche semifinale.

Pozzo lo scelse come vicecommissario tecnico in occasione dei vittoriosi Mondiali del 1934. Molti giocatori della Juventus, andarono a formare il nucleo della Nazionale italiana che si aggiudicò le vittorie nella Coppa Internazionale, progenitrice del campionato d’Europa e, soprattutto, nella Coppa del mondo del 1934. Nel pieno di tale periodo d’oro, importante anche per l’enorme impatto sociale che aveva generato, la società torinese inaugurò nel 1933 lo stadio Municipale.

Il proficuo rapporto con la Juventus e la nazionale azzurra, però, si chiuse bruscamente nel dicembre di quell’anno, quando Carcano venne licenziato, ufficialmente, pe «motivi personali»: in realtà, le voci di una presunta omosessualità dell’allenatore si erano fatte troppo insistenti per essere tollerate in epoca fascista; alcuni dirigenti avevano infatti denunciato al presidente Edoardo Agnelli presunte ambiguità nei rapporti tra l’allenatore, alcuni consiglieri, Mario Varglien, Luis Monti e altri calciatori, in particolare un giovane sudamericano. Agnelli, al termine di una riunione, optò per l’allontanamento di Carcano, sostituito da Carlo Bigatto, che vinse così il quinto titolo consecutivo dei bianconeri. La mattina di lunedì 10 dicembre, 6tutti i tifosi della Juve – che a Torino sono tanti, ma stanno aumentando anche nel resto del Paese – vengono colti di sorpresa dal classico fulmine a ciel sereno. «Carlo Carcano ha lasciato in questi giorni la carica di allenatore della Juventus», si legge su La Stampa, «a dirigere la parte tecnica della squadra i dirigenti bianconeri hanno officiato Carlo Bigatto, che già aveva ricoperto queste funzioni nel periodo della gita a Londra della nazionale azzurra». Seguono lunghe righe di celebrazione del nuovo arrivato, ex giocatore e capitano juventino fino al 1931 e simbolo ineguagliabile di valore e gagliardia (se ne ricorda “il capo calvo coperto dalla reticella marrone”, una specie di Chiellini anni Venti). Ma il quotidiano di casa FIAT non si sofferma neanche per una riga sull’allenatore uscente. In pochi mesi la carriera del più grande allenatore italiano di club è stata stroncata, ad appena 43 anni e senza motivazioni apparenti; il suo nome è stato cancellato, i contorni della figura sbiadiscono giorno dopo giorno e si abbandonano all’oblio. I giornali non ne scrissero una riga, ma pian piano venne fuori che l’allontanamento del tecnico era legato ad aspetti della sua vita privata, giudicati incompatibili con la serena conduzione della squadra. Solo a parecchi anni di distanza chi indagava sul giallo dell’esonero avrebbe trovato qualche timido indizio, basato non su confessioni ma su spifferi di corridoio, ai quali le personalità coinvolte non avevano alcun interesse a dar credito. La direzione nella quale indagare, si suggerì, era quella delle preferenze sessuali del mister. Non l’avevano notato, come era attento alla forma e all’eleganza? Con quale vezzo, già arrivato alla mezz’età, indossava ancora il suo giacchetto di daino?».

Nell’Italia del 1934 non esistono omosessuali, o per meglio dire – seLamezia e non solo

condo il vocabolario corrente – invertiti, sodomiti, pederasti, uranisti. La prima bozza del Codice Rocco del 1927 riservava originariamente ai reati omosessuali l’articolo 528 e prevedeva pene da uno a tre anni di carcere, ma la Commissione Ministeriale presieduta dal magistrato Giovanni Appiani elimina a sorpresa l’articolo e il conseguente reato, con motivazioni che oggi suonano insieme tragiche e comiche – insomma, squisitamente italiane: «La previsione di questo reato non è affatto necessaria, perché per fortuna e orgoglio dell’Italia il vizio abominevole che ne darebbe vita non è così diffuso tra noi da giustificare l’intervento del legislatore. […] È noto che per gli abituali e i professionisti del vizio, per verità assai rari e di impostazione assolutamente straniera, la Polizia provvede fin d’ora, con assai maggior efficacia, mediamente l’applicazione immediata delle sue misure di sicurezza e detentive». Il Codice definitivo entra in vigore il 1° luglio 1931 ed è dunque quello che regola la vita sociale degli italiani che – come così chiaramente illustrato – sono fatti per il 100% di eterosessualità.

Eppure il fuoco cova sotto la cenere. In molti vengono spediti in confino a Ustica, alle Isole Tremiti o in provincia di Nuoro come succede a Gabriele, l’ex speaker radiofonico dell’EIAR (l’antenata della RAI, se così si può dire) interpretato da Marcello Mastroianni nel magnifico “Una giornata particolare” (1977) di Ettore Scola. Tanti anni dopo, con gran parte dei protagonisti passati a miglior vita, sarà l’ex difensore Pietro Rava a svelare quanto così ostinatamente tenuto a tacere per decenni: «Carcano aveva tendenze omosessuali. Il fatto era risaputo e il barone Mazzonis, severissimo, ne era assai disturbato e faticava ad accettare certi atteggiamenti. A quanto si mormorava, il mister non sarebbe stato l’unico “perverso uranista” di quella squadra invincibile. Secondo qualche voce mai confermata, erano stati toccati dalla medesima accusa anche il gladiatorio Luisito Monti e Mario Varglien, accusati da anonimi dirigenti bianconeri di essere interessati alle grazie di “Farfallino” Borel». Gli stessi due nomi erano stati tirati in ballo da Gianni Brera, nella risposta a un lettore pubblicata su Repubblica nel settembre 1986. Il giornalista catanese Alfio Caruso, a pagina 139 di Un secolo azzurro, la sua monografia sui cent’anni della Nazionale, dedica un paragrafo alla vicenda: «L’omosessualità di Carcano era diventata un problema. Un suo calciatore raccontava sorridente nei ritrovi torinesi: mai abbassarsi i pantaloni davanti a lui. A far esplodere il caso la denuncia di alcuni dirigenti bianconeri: accuse di pederastia a Carcano, Mario Varglien, Monti e a un paio di consiglieri. Hanno sostenuto che attentavano alla virtù di Borel. Nella realtà pare che proprio gl’indignati difensori della morale ambissero alle grazie di Felicino. Agnelli jr. ha avuto la forza di evitare lo scandalo, il regime ha però preteso che venisse cancellata l’onta». Si parla di pederastia perché, all’epoca dell’accaduto, Borel aveva vent’anni ed era dunque ancora minorenne per gli standard dell’epoca. Non sfuggano i continui riferimenti anche ad altri, imprecisati dirigenti e consiglieri juventini, nella più classica delle situazioni da operetta degli equivoci in cui il nostro Paese eccelle da secoli. Vero è che il caso di Carcano non sembra isolato neanche nel gagliardo e virilissimo Calcio Fascista. Il ciclo della Grande Juventus di Edoardo Agnelli si concluse bruscamente il 14 luglio 1935 nella maniera più tremenda, con il Presidente rimasto decapitato dall’elica dell’idrovolante che stava ammarando sul porto di Genova. Aveva 43 anni, la stessa età in cui Carcano era stato accompagnato alla porta. L’Italia fascista seguì di lì a poco. Venne la Guerra, in molti cercarono precipitosamente di rifarsi una verginità. Caddero in disgrazia coloro che avevano avuto l’unica colpa di essere stati grandi nel ventennio sbagliato: su tutti Vittorio Pozzo, tolto di mezzo dalla Federazione nel 1948 e colpito da damnatio memoriae

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 11


anche postuma, come testimonia la volontà di non intitolargli lo stadio Delle Alpi nel 1990. La Juventus non vinse più scudetti per quattordici anni e la supremazia cittadina passò saldamente nelle mani del Torino, prima che un’altra terribile sciagura aerea sovvertisse gli equilibri per sempre, già a cominciare dalla stagione 1949-50.

Carcano vivacchiò serenamente nell’amata Sanremo, dedicandosi soprattutto ai ragazzi con la fondazione dei Carlin’s Boys che si tolsero parecchie soddisfazioni a livello giovanile. Allenò l’Inter per qualche partita, poi l’Atalanta, poi fu direttore tecnico dell’Alessandria e della Sanremese. I giornali si occuparono raramente di lui, e quasi mai per motivi tecnici. Nel 1950 rimase ferito insieme a un allievo in un incidente d’auto in cui riportò la frattura dello sterno. Quando morì nel 1965, a 74 anni, dopo un malore che l’aveva colto durante un bagno in mare, questo misero rettangolo di pochi centimetri fu tutto quel che

pag. 12

seppe produrre il quotidiano della città della squadra che aveva fatto grande. Nel 2014 è stato inserito nella Hall of Fame del calcio italiano, ma è viva la sensazione che rimanga un nome scomodo, da omaggiare, va bene, ma frettolosamente, prima che la sala si riempia e tutti sentano. Nel 2018, ottantaquattro anni dopo, il sito ufficiale della Juventus parla ancora di “dimissioni”.

Fino ad oggi, per oltre 80 anni, il suo incredibile record ha resistito, incapace di cedere dinanzi a fior fior di allenatori pluri-vincenti come Fabio Capello, Arrigo Sacchi, Carlo Ancelotti, Marcello Lippi, Antonio Conte, Giovanni Trapattoni. Nessun allenatore ha mai più vinto 4 Campionati di fila fino all’arrivo di Massimiliano Allegri, che andrà a superarlo in questa speciale classifica tutta bianconera. Sarebbe a dir poco gradito se la Juventus ricordasse finalmente quell’allenatore vincente, umiliato e ripudiato solo e soltanto perché gay.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


Spettacolo Presentato nella Sala Napolitano del Comune di Lamezia Terme il

di Ruggero Pegna Presentata nella Sala Napolitano del Comune di Lamezia Terme la conferenza stampa di presentazione del “Calabria Fest”, Festival della Nuova Musica Italiana, che si svolgerà dal 6 all’8 giugno sul maestoso Corso Numistrano di Lamezia Terme, nel cuore dell’accogliente e suggestivo centro storico, tra Piazza della Cattedrale e il Complesso di San Domenico. L’evento è organizzato dall’Associazione Culturale Art-Music&Co, in collaborazione con l’ Assessorato alla Cultura della Regione Calabria, nel quadro dei “Grandi Festival Storicizzati” per la Valorizzazione del Sistema dei Beni Culturali e per la qualificazione e il rafforzamento dell’attuale offerta culturale presente in Calabria. L’evento ha il Patrocinio del Comune di Lamezia Terme e della Provincia di Catanzaro. Sono intervenuti alla conferenza stampa il sindaco Paolo Mascaro, l’assessore comunale alla Cultura Simone Cicco, il Capostruttura dell’Assessorato alla Cultura della Regione Calabria Salvatore Bullotta, la presidente di Art-Music&Co Giusy Leone, il direttore artistico del Festival Ruggero Pegna, il direttore tecnico Giacinto Lucchino e il responsabile di Radio Rai Tutta Italiana Gianmaurizio Foderaro, che condurrà l’evento e presiederà la giuria qualificata. Nei vari interventi sono stati presentati gli obiettivi e le modalità organizzative del Festival, a cominciare dal regolamento di partecipazione. Il “Calabria Fest” intende selezionare ogni anno sul territorio nazionale, mediante la partnership con Radio Rai Tutta Italiana, 8 tra artisti e band di età compresa tra i 17 e i 28 anni, per la partecipazione alla finale nazionale dei giorni 6, 7, 8 giugno 2019 a Lamezia Terme, al fine di assegnare il “Calabria Fest Music Award” alla Migliore Nuova Proposta dell’anno, attraverso il voto di una giuria qualificata di giornalisti ed esperti nella prima fase e, nella seconda, dello stesso pubblico, attraverso la pagina facebook di Radio Tutta Italiana, la nuova rete Rai che si avvale dei più moderni e tecnologici sistemi di trasmissione. A partire dal 18 marzo e fino al 24 aprile 2019, gli interessati devono inviare una mail a radiotuttaitaliana@rai.it e asscult.artmusic@gmail.com allegando una breve scheda di presentazione con indicazione di tutti i componenti (nome, cognome, mail, esperienze lavorative, presentazione e descrizione dei brani Lamezia e non solo

scelti per la selezione), due fotografie, link di 2 brani inediti, eventuali link di pagina social o web, recapiti telefonici e mail. La giuria qualificata selezionerà 20 tra i candidati pervenuti, per ciascuno dei quali sarà postato sulla pagina facebook di Radio Rai Tutta Italiana uno dei due brani, a scelta della stessa giuria. Dal 3 al 15 maggio 2019, il pubblico potrà votare il brano preferito attraverso un semplice “like”. Gli 8 Artisti/Band che riceveranno più like accederanno alla fase finale di Lamezia Terme, dove si esibiranno dal vivo, suddivisi nelle due semifinali del 6 e 7 giugno, con l’esecuzione di 2 brani a testa. Alla finalissima di sabato 8 giugno avranno accesso i primi due classificati di ciascuna semifinale. Ogni serata sarà conclusa dall’esibizione di super ospiti della musica italiana. Al termine della fase di selezione, saranno resi noti i nomi dei finalisti e dei super ospiti delle tre serate. Per tutte le informazioni, oltre alle mail già indicate, sarà possibile contattare direttamente la segreteria organizzativa al numero telefonico 0968441888 o attraverso la pagina facebook dell’associazione Art-Music&Co. “Sono certo – ha detto il sindaco Paolo Mascaro – che sarà un grande evento da ogni punto di vista, capace di valorizzare la nostra città e richiamare migliaia di persone da tutta la regione. Lamezia è il cuore della Calabria e questa sarà una eccezionale opportunità per l’immagine della Città, ma anche per farne conoscere tutte le sue positività, a cominciare dalla grande accoglienza per artisti, operatori

e pubblico. Lamezia punta sulla Cultura e sui grandi eventi per la sua crescita e offrire soprattutto ai giovani occasioni di aggregazione e divertimento.”. Ruggero Pegna, oltre a sottolineare i vari aspetti organizzativi, ha voluto rimarcare l’obiettivo di realizzare un Festival di prestigio e di qualità, ma anche di grande risonanza nazionale, grazie anche alla presenza di Gian Maurizio Foderaro, nome storico della radiofonia musicale italiana, e alla collaborazione con Radio Rai Tutta Italiana. Foderaro, da parte sua, ha assicurato tutto il suo l’impegno a sostenere il Calabria Fest, con lo scopo di contribuire al suo inserimento nella rete dei principali festival musicali del Paese, in particolare per la qualità artistico-musicale delle proposte e l’individuazione dei più meritevoli talenti. Salvatore Bullotta, anche a nome del Presidente della Giunta Regionale Mario Oliverio e dell’Assessore Regionale alla Cultura Maria Francesca Corigliano, ha espresso il compiacimento per aver consentito, attraverso le molteplici opportunità dei bandi promossi, la realizzazione di un grande festival che si pone tra gli eventi di maggior importanza tra tutte le manifestazioni nazionali del genere, sia per rilevanza mediatica sia per gli obiettivi di valorizzazione di giovani talenti e di beni culturali della Regione. Infine, ha rimarcato il grande investimento dell’Amministrazione Regionale in ogni campo della Cultura, per la promozione dell’intera Calabria, del suo immenso patrimonio storico-paesaggistico-culturale.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 13


Il nostro territorio

Riflessione Comunitaria su “Fratellanza Umana E Pace”. Il documento sottoscritto da Papa Francesco e il Ggrande Imam Al-Tayyid di Giuseppe Sestito

A distanza di poco più di un mese dall’importante Documento sulla «Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune» firmato da Papa Francesco e dal Grande Imam Al-Tayyid ad Abu Dhabi il 4 febbraio 2019, si è svolto il 7 marzo scorso un incontro di riflessione comunitaria sul Documento nel salone della Parrocchia della B.M.V. Addolorata (Pietà). Ha introdotto l’argomento il parroco, don Giancarlo Leone, chiarendo che il documento può essere compreso alla luce dei documenti del Concilio Vaticano II in cui è stato per la prima volta affrontato il tema della libertà religiosa e del rapporto fra la Chiesa e le altre religioni. Ha sottolineato anzitutto il passaggio, nel Concilio, da un atteggiamento missionario-antagonista ad un atteggiamento basato sul dialogo, e ha richiamato i punti chiave di alcuni documenti come la << Ecclesiam sua>>, la <<Lumen gentium>> e la <<Nostra Aetate>>, in cui viene affermata la necessità del dialogo; viene riconosciuta la possibilità di salvezza eterna a quanti cercano Dio con retta coscienza; viene detto che i vari

pag. 14

popoli costituiscono una sola comunità e cercano nelle varie religioni la risposta ai problemi della condizione umana; viene dichiarato che anche i musulmani adorano l’unico Dio, creatore del cielo e della terra, gli rendono culto con preghiere, elemosine e digiuno, e dunque che bisogna esercitare sinceramente la mutua comprensione e promuovere insieme la giustizia sociale, i valori morali, la pace, la libertà. Ha quindi concluso, don Giancarlo, ricordando l’affermazione di Papa Paolo VI che «la missione della Chiesa, oggi, prende il nome di dialogo». La professoressa Giovanna De Sensi Sestito ha richiamato le tappe del cinquantennale cammino della Chiesa sul terreno del dialogo interreligioso come fondamento della pace mondiale, dall’istituzione della “Giornata della Pace” il primo gennaio 1968 da parte del Papa Paolo VI, ai viaggi sempre più numerosi dei Pontefici in tutto il mondo come pellegrini di pace. Ma ha anche ricordato e sottolineato le difficoltà crescenti del dialogo fra Cristiani e Musulmani dopo la nascita di Al-Quaeda e gli attentati terroristici organizzati in tutto il mondo, e soprattutto dopo il 2013 con la creazione di uno stato territoriale islamico in Iraq e Siria (ISIS) e la sua guerra senza regole

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


e senza quartiere che ne è scaturita col mondo occidentale e con lo stesso mondo arabo di orientamento religioso e politico diverso da esso. Tutta la complessità della situazione, che ha scavato un solco profondo di odio e di diffidenza reciproca, fa capire l’importanza epocale della faticosa ripresa del dialogo, della paziente tessitura dei momenti di incontro per riconoscere reciprocamente i principi su cui costruire un terreno di convergenze e poggiare su di essi lo storico Documento sulla fratellanza umana firmato ad Abu Dhabi a febbraio da Papa Francesco e da Ahamed Al Tayyid, il grande Imam dell’Università di Al-Azhar del Cairo, massima autorità religiosa del mondo islamico sunnita, fedele ai precetti di Maometto. L’analisi del Documento proposta da Giovanna De Sensi ne ha fatto risaltare l’importanza, a cominciare dalla premessa, che esprime la piena condivisione fra i due leader religiosi del valore trascendente della fede in Dio creatore dell’universo che rende fratelli tutti gli esseri umani, della visione del mondo contemporaneo tra luci e ombre, e di un impegno operativo comune. Quanto al testo vero e proprio, la De Sensi ha sottolineato il fortissimo impatto della dichiarazione iniziale dei due Capi religiosi di scrivere «a nome di Dio, dell’anima umana...», dunque a nome di tutti i credenti, decisi ad adottare la cultura del dialogo, e a non sottrarsi alla responsabilità religiosa e morale di reagire ad un silenzio internazionale inaccettabile di fronte ai mali del nostro tempo. Da qui la condanna netta dell’estremismo religioso, dell’intolleranza, del terrorismo, dell’uso distorto delle religioni per incitare all’odio, alla violenza, alla discriminazione, e la denuncia delle enormi ingiustizie, dell’anestetizzazione della coscienza umana, del deterioramento dell’etica, dei valori Lamezia e non solo

spirituali, del senso di responsabilità. Da qui anche la riconferma del valori trascendenti e umani comuni, dalla fede in Dio creatore della vita, al necessario risveglio del sentimento religioso, al ruolo delle religioni nella costruzione della pace mondiale, alla protezione dei luoghi di culto, alla tutela dei deboli attraverso la forza della legge, alla giustizia, ai diritti di cittadinanza ed all’eguaglianza di diritti delle donne, dei bambini, degli anziani, il tutto racchiuso nel concetto di fratellanza umana. In chiusura il Papa e il Grande Imam si impegnano a diffondere il Documento a tutti i livelli internazionali, nazionali e locali, perchè i principi enunciati si traducano in decisioni, leggi, programmi. Ma chiedono a tutti i credenti in Oriente e in Occidente di promuoverne la conoscenza e la diffusione attraverso scuole e università e tra tutte le persone di buona volontà. Se il Concilio Vaticano II aveva aperto la Chiesa all’elaborazione di questi principi, ha concluso Giovanna De Sensi, ci sono voluti cinquanta anni perchè venissero accolti e sottoscritti in forma tanto solenne da un Capo musulmano, il quale si è assunto il compito difficilissimo di farli passare all’interno del suo mondo religioso, in un processo che non potrà non essere lungo. Tuttavia la via del dialogo è l’unica che possa essere perseguita, sulle orme di S. Francesco di Assisi che ottocento anni fa, in un momento di tregua durante la V Crociata, andò ad incontrare a Damietta il Sultano. Da allora i Francescani custodiscono la Terra Santa, e nei giorni 1-3 marzo 2019, a riprova che il dialogo continua, si sono incontrati a Damietta, per celebrare la ricorrenza, il Custode di Terra Santa, Padre Francesco Patton e il Grande Imam, con rappresentanti del Papa e varie autorità degli Emirati Arabi.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 15


IL VOLTO SPIRITUALE DELLA CALABRIA

CATERINA BARTOLOTTA M I STI CA CALAB R E S E

di Fernando Conidi

UNA STORIA ALLA PORTATA DI TUTTI A partire da questo numero, come avevo già preannunciato nell’articolo precedente, entreremo nel vivo della spiritualità di Caterina Bartolotta. Per comprendere pienamente la sua storia è necessario partire sin dall’inizio, in modo da poter approfondire molti degli eventi più importanti della sua vita. Sono passati oltre quarantacinque anni dalla prima apparizione della Madonna a Caterina (Settingiano, 12 luglio 1973), eppure la storia di questa mistica calabrese è ancora a molti sconosciuta. All’inizio delle apparizioni Caterina non aveva ancora compiuto i dieci anni d’età, e la notizia della “bambina che vedeva la Madonna” si era diffusa rapidamente in tutta la Calabria. Moltissime persone, ogni giorno, da tutto il territorio regionale, si recavano a trovare Caterina, spinti dalla curiosità o dalla fede. Gli eventi straordinari che accadevano attiravano frotte di giornalisti, che riportavano sulla carta stampata o nelle trasmissioni radiotelevisive la notizia delle apparizioni mariane, suscitando così anche l’interesse delle Autorità ecclesiastiche locali. TEMPI DIFFICILI PER LA FEDE Oggi tutte quelle vicende sembrano essere cadute nel dimenticatoio. In realtà, questo non è dovuto a un problema di memoria, ma la causa è un lento e inesorabile allontanamento dalla fede, che riguarda giovani e meno giovani. Caterina vede tutt’oggi la Madonna, ogni lunedì ha l’apparizione della Santissima Madre di Cristo; ma, mentre negli anni Settanta e Ottanta la sua abitazione veniva presa letteralmente d’assalto da centinaia di persone ogni settimana, oggi agli incontri di preghiera del lunedì partecipano mediamente un’ottantina di persone, molte delle quali appartengono al gruppo di preghiera da lei creato. Eppure per la portata delle vicende che riguardano Catepag. 16

Caterina in mezzo alla folla che attende di entrare in casa per l’apparizione della Madonna. Sul volto della veggente sono visibili le emografie - Settingiano, 1978

rina, le presenze dovrebbero essere migliaia ogni mese, invece che centinaia. Questo è un segno di questi nostri tempi, che vedono degradarsi ogni attitudine alla spiritualità e alla fede. La perdita dei valori morali e religiosi, la crisi economica e l’instabilità politica e sociale nazionale ed europea dominano le nostre giornate, gettando scompiglio, insicurezza e facendo perdere anche il più piccolo briciolo di speranza su un futuro sociale sostenibile, sia dal punto di vista economico che da quello spirituale e religioso. La famiglia dovrebbe opporsi a questi stimoli negativi dei nostri tempi, cercando maggiormente i segni e gli eventi che manifestano la presenza di Dio. Invece, succede che l’anima viene fiaccata dalle preoccupazioni terrene, rendendo vana ogni forma di stimolo alla ricerca della fede. Proprio in questi tempi, le apparizioni mistiche nel mondo sembrano moltiplicarsi, quasi come se fosse un avviso che qualcosa sta per cambiare, come se il Signore volesse richiamare l’attenzione dell’umanità sul pericolo di una completa perdita della fede. Purtroppo, in questi momenti d’incertezza,

l’assenza di un adeguato e razionale giudizio porta inevitabilmente alla mancanza di discernimento, lasciando scivolare l’individuo verso i “pantani” del male, dove affonda sempre di più; essi sono quelle strade false che non conducono alla verità, ma alla perdizione. Il discernimento è necessario, oggi più che mai, a ogni mente che vada alla ricerca della verità. FEDE E POVERTÀ La presenza di Caterina, in questa terra di Calabria, e la sua storia, che porta con sé il pesante fardello della povertà e della sofferenza, rappresentano un forte richiamo alla fede e alla speranza. Il suo cammino, mai lontano dalla Chiesa cattolica, è espressione di verità. Intorno a Caterina c’è la fede, l’amore, la carità e soprattutto la presenza della Madonna, che continua a dare segni e risposte per richiamare le anime alla fede. La missione di Caterina è esempio di povertà evangelica, di sottomissione alla Chiesa di Cristo. Il cammino di questa mistica calabrese è difficile, ma la sua sofferenza ha il passo felpato, silenzioso; non si fa sentire

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


IL VOLTO SPIRITUALE DELLA CALABRIA per non appesantire le anime, ma è gravosa, pesante come un macigno. Caterina sostiene se stessa con l’umiltà, con l’abnegazione, con la fede, ed è per questo che la Madonna elargisce segni inequivocabili che rendono evidente quanto la grazia di Cristo sia presente in questa donna. In questo mondo buio, incline al male, intriso di efferatezze, la figura di Caterina emerge con la sua semplice, ma vera luminosità. Il Signore e la Madonna prediligono gli umili, coloro che appaiono come gli ultimi di questo mondo, ma che sono primi nel seguire il cammino di Cristo; senza paura lo seguono a piedi nudi sul lastricato che porta al Golgota. Essi si sono abbassati fino a rendersi ultimi degli ultimi, per amore di Cristo e del prossimo. Il Signore traccia delle vie, dona delle luci lungo il cammino. Caterina è una fiaccola luminosa di Cristo, che desidera portare ogni uomo verso la Chiesa da Lui fondata, per la salvezza dell’anima, e in questo compito, assai difficile, viene guidata dalla Creatura più eccelsa: Maria Santissima. LA STORIA LA FAMIGLIA D’ORIGINE Caterina nasce a Settingiano - paese di poche migliaia di anime, alle porte di Catanzaro - il 21 ottobre 1963, da Giuseppe Bartolotta e Vittoria Virgillo. La casa in cui è nata, che si trova al civico 10 di via C. Canale Franco, è una tipica abitazione di paese di quell’epoca, costruita su più livelli e in aderenza alle altre abitazioni limitrofe. Caterina è la primogenita della famiglia, che col passare degli anni cresce con l’arrivo di Francesco nel 1966, di Annamaria nel 1972 e di Maria Luisa nel 1979. L’esistenza terrena di Caterina inizia, quindi, in un piccolo paese della Calabria, in una modesta famiglia senza agiatezza economica, con dei genitori che nel tempo libero si dedicano alla coltivazione della terra. CATERINA DA PICCOLA La piccola Caterina, sin dalla prima infanzia, mostra di avere un carattere dolce e socievole e una particolare generosità che la rendono amata e ricercata da tutti. La piccola cresce in una famiglia di sani principi moraLamezia e non solo

Le cure ordinatele, però, non hanno alcun effetto su di lei. Quella malattia persistente sembra sfuggire a qualsiasi terapia. Ma qualcosa di straordinario sta per succedere.

Raffigurazione della Madonna della Purificazione, così come appare a Caterina

li, in un ambiente familiare semplice, sereno, privo d’ipocrisie e disponibile verso il prossimo. Caterina, sin da piccola, mostra di essere una bambina particolare: è vispa, e ha un modo di parlare vivace, con un timbro di voce forte, ma nello stesso tempo molto dolce, come se parlasse sempre con il cuore. Molti rimangono ammirati da quella sua dirompente disponibilità, dagli sguardi acuti e dalle risposte semplici, ma sempre precise e pertinenti. La vita familiare scorre serenamente, nulla lascia presagire ciò che succederà in seguito. UNA STRANA MALATTIA Caterina, nel 1973, all’età di circa nove anni e mezzo, si ammala di crisi convulsive; dopo una prima visita, non si riesce a individuare la causa di quella strana malattia, che si manifesta improvvisamente, gettando nello scompiglio e nella disperazione tutta la famiglia. I genitori, preoccupati, decidono, così, di ricoverarla presso l’ospedale civile di Catanzaro, ma neanche qui si riesce ad avere una diagnosi certa. Subito dopo, nel tentativo che ulteriori accertamenti possano individuare la causa di quella malattia, Caterina, viene ricoverata presso l’Ospedale San Camillo, di Roma, da dove, dopo oltre venti giorni di degenza, viene dimessa con la diagnosi di “epilessia”.

LA PRIMA APPARIZIONE Caterina, dopo il ricovero nel nosocomio romano, rientra subito a Settingiano, dove vive un brevissimo periodo di tranquillità, ma subito dopo le crisi convulsive riprendono più forti di prima, gettando nuovamente tutta la famiglia nella disperazione, poiché sembrava proprio che nessuna cura riuscisse a fermare quella strana malattia. I genitori di Caterina, visto che neanche all’Ospedale San Camillo i medici erano riusciti a trovare una cura adeguata per la loro bambina, non sapendo più a chi rivolgersi, erano caduti nello sconforto più cupo. La mattina del 12 luglio 1973, Caterina si trova a letto nella stanza dei genitori, improvvisamente inizia a stare male e, dopo la terza crisi consecutiva, si sente spinta a guardare la parete davanti a lei, dove vede una bellissima ragazza dall’apparente età di circa 16/17 anni, capelli castani, occhi azzurri, viso dolcissimo, tutta luminosa, raggiante. Quel momento straordinario Caterina lo descrive così: “Mi sono accorta subito che era la Madonna perché era vestita con una veste bianca con delle rose dorate ricamate, un manto azzurro a stelle gialle, una corona con dodici stelle, quattro angeli, due rose rosse sui piedi che poggiavano su un intreccio di trentuno rose rosse fiammeggianti, ed era tutta illuminata con una luce abbagliante”. La Madonna, in quella stessa apparizione, parla a Caterina, dicendole queste parole: “Sono la Madonna della Purificazione e sono venuta per concederti la grazia, tu fanciulla, il 2 agosto del mese entrante guarirai; alle 14,45 avrai l’ultima crisi, che durerà circa un minuto; come testimone voglio che assista l’ostetrica del paese”. CONTINUA SUL PROSSIMO NUMERO

Per contattare Caterina Bartolotta: - email: bartolotta.caterina@gmail.com - cell. 338.3140.055 Per approfondimenti: Internet: https://www.caterinabartolotta.it

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 17


CONSULENZA - Pedagogia

A Domande Risponde di Raffaele Crescenzo

“Buongiorno sono la mamma di 2 bimbi di 8 e 7 anni siamo in un periodo delicato xkè ho deciso di separarmi dal padre dei miei figli. Il problema é che il padre non accetta la cosa e ne risentono i bimbi tanto che il grande con me si ribella in tutto dai compiti al cibo alle chiacchierate giornaliere dicendomi bugiarda non mi costringere cose da lui mai dette. Il piccolo invece tutto sommato si comporta bene e vede che il fratello grande é cambiato. Vorrei sapere come comportarmi con lui xke le sue reazioni mi fanno davvero soffrire il suo comportamento peggio ancora aiutatemi”.1 Gent/ma signora e madre, Innanzitutto conviene ricordare sempre che, a prescindere dalla delicatezza e dalla sensibilità dei genitori che decidono di separarsi, il bambino è comunque coinvolto in queste dinamiche, visto che la separazione dei genitori porterà inevitabilmente ad una serie di molteplici cambiamenti nel contesto familiare. E’ fuor di dubbio che l’età del minore al momento della separazione, la sua personalità, la capacità di resilienza, il livello di conflittualità coniugale, le modalità con cui i genitori gestiranno la separazione, sono tutti fattori che incidono sul modo di reagire alla nuova condizione familiare. Per una valutazione della vulnerabilità del bambino c’è bisogno di analizzare l’interazione tra fattori di rischio e fattori protettivi presenti nel suo ambiente familiare e sociale (es. elevata conflittualità; forte distacco da uno dei due genitori; alta autostima o bassa autostima del bambino, ecc.). In età scolare, come nel nostro caso, la separazione dei genitori generi vissuti di insicurezza, imbarazzo, un senso di perdita e incapacità legati alla mancanza di una guida, di una figura (madre o padre) che stia al suo fianco, lo aiuti e lo riconosca. Nei casi di pessima gestione della separazione compaiono con una certa frequenza nel bambino somatizzazioni, umore depresso, difficoltà scolastiche e di socializzazione. Altro aspetto, da tenere in debita considerazione, è quello che Suo figlio si sta avvicinando alla fase evolutiva preadolescenziale che può comportare maggiore rischio di sviluppare condizioni di disagio psicoemotivo in caso di separazione genitoriale. L’allontanamento di uno dei due genitori dovuta ad una separazione gestita negativamente, conflittuale e non accettata da uno dei coniugi (come nella fattispecie), in questo particolare momento evolutivo più che in altri può condurre a problemi d’ansia, abbassamento del tono dell’umore, problematiche comportamentali. Non sono infrequenti scambio dei ruoli in cui il figlio si schiera con il genitore percepito come fragile ed emotivamente bisognoso (una sorta di alleanza emotiva con il genitore che viene rifiutato dall’altro) e cerca di sostenerlo, con agiti che vanno a

1

discapito della propria incolumità di crescita e benessere psicoevolutivo. Torna utile ribadire che non è tanto la separazione in sè a determinare disagi nei figli, quanto piuttosto i fattori emotivi, cognitivi, relazionali presenti dentro la famiglia, che possono essere elementi di protezione o di scompenso emotivo – affettivo, oppure di rischio. Allora, è necessario ricordare che i genitori separati, o prossimi alla separazione, hanno un ruolo e compito importante nel sostenere ed aiutare i figli alla comprensione ed adattamento alla nuova condizione familiare. In particolare per cercare di ridurre i possibili segnali di disagio sarebbe importante: 1. essere chiari con i figli e spiegare quello che sta succedendo, evidenziando che loro non sono responsabili della separazione; 2. garantire una relazione significativa e continuativa tra ciascun genitore e i figli anche dopo la separazione (maggiore dialogo e comprensione che conduca alla tutela dei minori); 3. mantenere aperto il dialogo e la disponibilità di entrambi; 4. mettere in cattiva luce l’altro genitore (es. che è stato violento quando non è vero, che non ama più i figli, ecc.); 5. essere disponibili a sintonizzarsi emotivamente con i minori e con il loro eventuale disagio, ascoltandoli e invitandoli ad esprimere i loro vissuti. Laddove si ravvisino segnali di disagio nei figli o ci si renda conto di essere in difficoltà nel gestire la propria separazione, è bene ricordare che se si è falliti come coppia coniugale, non si può smettere di essere coppia genitoriale, comunque è sempre possibile chiedere aiuto a figure professionali specifiche, deputate tanto al sostegno di Suo figlio e, nondimeno, alla vostra funzione genitoriale in fase di separazione. Alla prossima.

Il quesito è riportato integralmente senza alcuna modifica

pag. 18

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


La parola alla Psicologa

BINGE EATING DISORDER: Disturbo da alimentazione incontrollata

di Valeria Saladino

Il disturbo da alimentazione incontrollata affligge il 10% circa delle persone affette da obesità. Questo disturbo si caratterizza per la presenza di episodi bulimici ricorrenti durante i quali sono assunti grandi quantità di cibo associati alla sensazione di non riuscire a controllare quanto e che cosa mangiare. Come si riconosce questo disturbo? Le caratteristiche distintive possono essere così schematizzate: A- Ricorrenti episodi di abbuffata. Un episodio di abbuffata è caratterizzato da entrambi i seguenti aspetti: mangiare in un periodo preciso di tempo (ad es. entro un periodo di due ore), una quantità di cibo significativamente maggiore di quella che la maggior parte degli individui mangerebbe nello stesso tempo ed in circostanze simili; sensazione di perdere il controllo durante l’episodio (ad es. sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o a controllare cosa e quanto si sta mangiando). B-Gli episodi di abbuffata sono associati con tre (o più) dei seguenti aspetti: mangiare molto più rapidamente del normale; mangiare fino a che non ci si sente spiacevolmente pieni; mangiare una grande quantità di cibo quando non ci si sente affamati; mangiare da soli a causa dell’imbarazzo di quanto si sta mangiando; sentirsi disgustati di se stessi, depressi o in colpa dopo l’abbuffata. C- E’ presente grosso disagio riguardo agli episodi di abbuffata. D-Gli episodi di abbuffata si verificano mediamente almeno 1 volta a settimana nel corso di 3 mesi. E- Le abbuffate non sono associate all’uso ricorrente dei comportamenti compensatori inappropriati (vomito autoindotto, uso inappropriato di lassativi, diuretici, clisteri e il digiuno o l’esercizio fisico eccessivo) e non si manifestano esclusivamente nel corso di Anoressia Nervosa o di Bulimia Nervosa. Ciò che colpisce nell’incontro con questi pazienti è il loro vagheggiare sul giorno in cui saranno magri, giorno in cui potranno davvero essere felici e affrontare tutti gli aspetti della loro vita al meglio, aspetti che rimangono problematici e insoluti nel frattempo perché vengono vissuti come impossibili da cambiare. Ed è questo che li ha sempre spinti, a volte fin dalla giovane età, a provare tutti i tipi di diete e rimedi per non ingrassare, che si rivelano immancabilmente inefficaci. Proprio per via della Lamezia e non solo

loro obesità, il fatto di dover dimagrire è una necessità e un obiettivo valido per ogni giorno. Questo polo di tensione è sempre presente e quando viene disatteso con le abbuffate suscita in essi sentimenti negativi verso se stessi, fra cui anche stati depressivi, e fa sì che l’incontro con gli altri e con gli ambiti della vita sia sempre vissuto con senso di inferiorità e incapacità. Un po’ come accade nell’Anoressia Nervosa, anche in questi soggetti può avere luogo un forte isolamento sociale per l’imbarazzo di mostrarsi in pubblico, oltre che per la minore abilità motoria dovuta al peso in eccesso. Per certi versi, è il disturbo del comportamento alimentare che fa più i conti con la spietatezza della società, che da una parte incentiva tali pazienti a provare tutti i possibili percorsi nutrizionali per dimagrire e dall’altra infligge agli stessi pazienti lo sberleffo e il giudizio relativo alla loro grassezza, vissuti sulla pelle come sinonimo di inadeguatezza e motivo di svalutazione di sé. Il loro stato psico-fisico mina e riduce profondamente le possibilità di vivere una vita pienamente realizzata. I percorsi di cura focalizzati sulla perdita di peso sono poco efficaci e utili nel ridurre le abbuffate e il malessere associato. I trattamenti più fruttuosi sono quelli che intervengono prima di tutto sugli episodi di alimentazione incontrollata. Rispetto a questo, numerosi studi ed esperti convergono sul punto che le abbuffate e le problematiche psicologiche relative si ridimensionano di gran lunga con interventi psicoterapeutici focalizzati a questi aspetti piuttosto che con trattamenti aspecifici. E’ evidente che solo se vengono affrontate quelle problematiche e tensioni psicologiche che scatenano l’abbuffata si può dare a queste persone una nuova chance di vita e spezzare il circolo vizioso che si crea tra emozioni-cibopeso. In questa direzione, il lavoro psicoterapeutico consiste nel delineare modalità diverse, più proficue, di affrontare e gestire le difficoltà e nel ristrutturare la stima di sé e il valore personale di questi pazienti.

Dr.ssa Valeria Saladino Psicologa

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 19


Rubricando di… psicologia

Scuola e meditazione: una nuova materia di studio Alice Project: il metodo per prevenire il bullismo con la meditazione a scuola

di Maria Teresa Di Benedetto

Tutti quegli strumenti volti al potenziamento delle capacità cognitive, della concentrazione e della consapevolezza entrano a pieno diritto a far parte del piano didattico di alcune scuole italiane: grazie al metodo “Alice Project” gli istituti di Barberino Val d’Elsa e Tavarnelle Val di Pesa hanno sperimentato nella loro programmazione didattica alcune delle tecniche Zen volte alla prevenzione del bullismo. Infatti, meditazione, yoga, canti corali, candele per aumentare il livello di attenzione, sono solo alcuni dei mezzi suggeriti dall’ideatore e promotore del metodo, maestro e giornalista, Valentino Giacomin e accostati alle materie di insegnamento tradizionali. L’obiettivo è quello di aiutare i bambini ad avere un’ampia conoscenza di se stessi, partendo dal riconoscimento e dalla gestione delle loro emozioni “[…] permetterà di educare persone felici; i bambini attenti, concentrati e disciplinati di oggi saranno cittadini consapevoli e responsabili del domani”. Il metodo si fonda sul concetto di unità tra corpo e mente e protagonista di esso è proprio la sfera emotiva e psicologica dei bambini. Le fondamenta del progetto, tutto italiano e finanziato con risorse ministeriali , è gia realtà in diverse scuole della regione Toscana, preceduto da una specifica iniziativa di formazione e pensato per le scuole e docenti di tutta Italia. L’obiettivo di far partire l’iniziativa, già da settembre 2019, è già in atto all’interno di scuole dell’infanzia, primarie e secondarie. Durante la sperimentazione del metodo, ad essere coinvolti non solo gli insegnanti, ma un gruppo di bambini con i quali Valentino Giacomin ha simulato una vera e propria classe Alice Project. Così chi ha già sperimentato il percorso , così le emozioni, parte integrante della persona, saranno ben valorizzate e rappresenteranno valore aggiunto alla formazione non solo culturale ma umana e sociale dei ragazzi, di ogni ordine e grado : “Il progetto è frutto di una rete condivisa. Una comunità unita, aperta, coraggiosa e inclusiva accoglierà con attenzione e interesse l’attività formativa rivolta ai docentii. Nelle scuole di Giacomin, attive in varie città indiane, è quasi assente il bullismo, noi abbiamo il coraggio di investire sul sentimento della serenità, cominciamo da noi stessi e dalle nostre scuole. Laddove le nostre comunità scolastiche, insegnanti e genitori, amministrazioni comunali lavorano unite e trasversalmente per migliorare la qualità della formazione e della didattica l’obiettivo del metodo è quello di aiutare i bambini a trovare il loro punto di contatto e di equilibrio con il mondo di cui sono parti integranti, il nostro futuro dipende pag. 20

dall’importanza che sapremo dare al binomio crescita – educazione, sviluppo – cultura”. Meditazione mindfulness: in Inghilterra rientra nel piano didattico Gli studenti di circa 370 scuole inglesi inizieranno a praticare la mindfulness come parte di un progetto di studio volto a migliorare il benessere psicologico dei giovani. Ad annunciarlo il Governo britannico che prevede di portare avanti il progetto fino al 2021. L’iniziativa nasce come conseguenza dei dati allarmanti risultanti da un sondaggio promosso dal Servizio Sanitario Nazionale che ha rilevato come una persona su otto in Inghilterra, di età compresa tra i 5 e i 19 anni, soffrisse di almeno un disturbo mentale al momento della valutazione (avvenuta nel 2017). Disturbi come l’ansia e la depressione sono stati i più comuni, soprattutto nelle ragazze. Mindfulness: l’importanza del respiro e dell’attenzione al momento presente Sono molti dunque gli istituti scolastici che si stanno preparando per ampliare la loro proposta didattica inserendo nella programmazione questa materia molto particolare, ovvero la pratica di meditazione che si basa sul respiro e sull’attenzione al momento presente, a ciò che si sta vivendo in quel preciso istante. Ormai troppo spesso si sente parlare dei problemi di varia natura che, quotidianamente, gli studenti si trovano ad affrontare tra le mura scolastiche e, grazie a questa iniziativa introdotta in un gran numero di scuole britanniche, gli insegnanti potranno essere supportati da esperti in grado di fornire quelle conoscenze e pratiche utili all’apprendimento e all’arricchimento intellettuale degli studenti e importanti anche per la prevenzione di eventuali problemi di natura psichica. Dobbiamo aiutare i giovani a non farsi sopraffare da una realtà che li mette sotto costante pressione A giovare del contributo degli esperti saranno però in primo luogo gli alunni delle scuole aderenti all’iniziativa, i quali saranno messi nella condizione di apprendere esercizi di rilassamento e respirazione e altre tecniche innovative da mettere in pratica per imparare a riconoscere e gestire le proprie emozioni. Obiettivo del progetto, realizzato grazie alla collaborazione con l’Anna Freud Centre, è studiare i tipi di approccio più utili al sostegno della salute e del benessere mentale dei più giovani, alle prese con un mondo in rapida evoluzione e metamorfosi, in cui sono particolarmente esposti.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


eventi

DOMENICO CARERE: “INTENSE LIFE” di Annamaria Davoli

CHIOSTRO CAFE’ LETTERARIO

Si è svolto a Lamezia Terme nel Chiostro “Cafè Letterario“ presso la Chiesa San Domenico sul Corso Numistrano, il concerto del bravissimo chitarrista Domenico Carere organizzato dall’ Associazione ‘Animula ‘. Entrato in scena D. Carere, dopo aver salutato il pubblico, ha evidenziato il significato del titolo attribuito al concerto: “Intense life” ovvero vita emotiva intensa, sottolineando la differenza esistente tra ‘esistere’ e ‘vivere’ , ossia tra lasciare che il tempo trascorra, subendo passivamente quel che accada, senza assumere un ruolo attivo nella nostra esistenza vita, o preferire invece essere i protagonisti di ogni momento della propria vita, riconoscendone e assaporandone i piaceri e i valori autentici: L’interesse di conoscere nuove persone e nuovi luoghi, apprezzando quel che può offrirci un viaggio, o la conoscenza di nuove persone o l’emozione suscitata dall’ ascolto di alcuni brani musicali. Ai presenti è stato offerto un questionario da compilare in base alle emozioni suggerite dai differenti brani del concerto, a conclusione del quale è stata fornita la chiave d’interpretazione della propria personalità. Applauditissimo D. Carere la cui musicalità ha notevolmente emozionato, incontrando il favore di tutti. Da evidenziare la ‘location‘ del concerto, parte di un’importantissima realizzazione avvenuta a Lamezia Terme che è generalmente sede, finalmente, durante il week-end, di molte e differenti iniziative culturali: La nascita del Chiostro presso la chiesa di San Domenico, su Corso Numistrano e del ‘Cafè Letterario’ al suo

interno, avvenuta nell’ aprile 2018: Il Cafè Letterario ospita già da un anno eventi artistici, musicali e incontri vari, grazie alla concretizzazione di un progetto portato avanti da alcune Associazioni e Cooperative di volontariato del lametino (e non solo): ArciLamezia Terme/Vibo Valentia, Ass.per la Ricerca Neurogenetica, Cooperativa Sociale Nexus, Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, Fondazione Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico, Fondazione Trame, MaTa, Scenari Visibili e Sistema Bibliotecario Lametino. Il progetto, presentato nel 2013 alla Presidenza del Consiglio dei Ministri per la valorizzazione dei beni pubblici, ottenne un finanziamento: Le varie associazioni han potuto in tal modo usufruire di fondi e mezzi necessari per un’adeguata valorizzazione di luoghi antichi rendendoli di pubblico interesse, realizzando così, dei luoghi d’incontro, di arte e cultura per i cittadini di tutte le età. 2 Anticamente sede di un convento, più recentemente del Liceo Classico lametino ed ora finalmente ristrutturata e resa di pubblico accesso, tale sede è divenuta un Bene di Pubblico Interesse. Dall’ entrata si può accedere a un corridoio ospitante antichi affreschi da ammirare lungo il percorso che conduce alle differenti sale, divenute sedi di mostre pittoriche, convegni e/o presentazioni testi; la sala multimediale ospita generalmente i concerti ed ampi spazi son disponibili per le attività lu- diche e per gli aperitivi: “Aperi-Chiostro”. All’interno uno spazio dedicato ai bam-

bini, dove Associazione MaTa e Sistema bibliotecario lametino s’ impegnano a far loro comprendere il mondo che li circonda e a gestire le proprie emozioni, poiché generalmente i bambini non riescono a controllale; si è ritenuto opportuno creare un laboratorio sulle emozioni, parlandone e raccontandole ai bambini, fornendo loro gli strumenti utili affinché possano essere padroni di se stessi e affrontare meglio la vita. L’Associazione Mata, responsabile della didattica, organizza i momenti ludici e creativi per i più piccoli, la socializzazione con i coetanei, utilissima al giorno d’oggi, ’epoca degli smartphones‘ in cui i giovanissimi hanno poche occasioni di vivere tali opportunità. Qui si svolgono attività creative di disegno, lettura e corsi d’inglese. Tali incontri possono svolgersi anche alla presenza dei genitori ed è anche possibile fare merenda. Essendo però i posti limitati occorrerebbe prenotare a questi numeri: Anita: 3385714576 Maria Cristina:3801570279 Le altre sale propongono mostre, concerti, lezioni di musica, attività per ragazzi, adulti e persone anziane, così da venire incontro ai molteplici gusti e interessi della cittadinanza. Il programma è vario e si rinnova settimanalmente. E’ doveroso ringraziare queste Associazioni di volontariato che hanno realizzato un progetto così importante per la città di Lamezia, proprio nel cuore della città.


pag. 22

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


Lamezia e non solo

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 23


24

24

Testata Giornalistica Di tutto un po’ - lamezia e non solo anno 27°- n. 52 - marzo 2019 Iscrizione al Tribunale di Lamezia Terme dal 1993 n. 609/09 Rug. - 4/09 Reg. Stampa Direttore Responsabile: Antonio Perri Edito da: GRAFICHÈditore Perri Lamezia Terme - Via del Progresso, 200 Tel. 0968.21844 - e.mail. perri16@gmail.com Stampa: Michele Domenicano Allestimento: Peppino Serratore Redazione: Giuseppe Perri - Nella Fragale - Antonio Perri Progetto grafico&impaginazione: Grafiché Perri-0968.21844

Le iscrizioni, per i privati sono gratuite; così come sono gratuite le pubblicazioni di novelle, lettere, poesie, foto e quanto altro ci verrà inviato. Lamezia e non solo presso: Grafiché Perri - Via del Progresso, 200 -

88046 Lamezia Terme (Cz) oppure telefonare al numero 0968/21844. Per qualsiasi richiesta di pubblicazione, anche per telefono, è obbligatorio fornire i propri dati alla redazione, e verranno pubblicati a discrezione del richiedente il servizio. Le novelle o le poesie vanno presentate in cartelle dattiloscritte, non eccessivamente lunghe. Gli operatori commerciali o coloro che desiderano la pubblicità sulle pagine di questo giornale possono telefonare allo 0968.21844 per informazioni dettagliate. La direzione si riserva, a proprio insindacabile giudizio, il diritto di rifiutare di pubblicare le inserzioni o di modificarle, senza alterarne il messaggio, qualora dovessero ritenerle lesive per la società. La direzione si dichiara non responsabile delle conseguenze derivanti dalle inserzioni pubblicate e dichiara invece responsabili gli inserzionisti stessi che dovranno rifondere i danni eventualmente causati per violazione di diritti, dichiarazioni malevoli o altro. Il materiale inviato non verrà restituito.


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.