lameziaenonsolo febbraio 2019

Page 1

Lamezia e non solo

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 1


pag. 2

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


Lameziaenonsolo incontra

Patrizia La Fonte

-Nella Fragale-

Che c’entra con Lamezia e non solo una fiorentina per nascita e romana di adozione? Vi siete posti la domanda? Presto detto: Patrizia, attrice talentuosa, grazie ad AMA Calabria, porterà uno spettacolo teatrale a Lamezia Terme così sarà possibile, finalmente, per gli amanti del buon teatro, vedere uno spettacolo a Lamezia Terme. La data? L’11 marzo, il luogo? L’Auditorium del liceo T. Campanella. Per saperne di più leggete l’intervista! Patrizia La Fonte ma il tuo vero cognome è Balloni, come mai ha cambiato il suo cognome? suggerimento del manager o sua decisione? Mah, è stato un po’ come per i soprannomi dati per gioco, avevo diciannove anni, degli amici mi convinsero che sarebbe stato più facile ricordare il nome di una cosa precisa, e allora pensai ‘La Fonte’ che è la frazione di Bagno a Ripoli in cui sono nata. Quando ha deciso di intraprendere la carriera di attrice? Come accade, credo, per la maggior parte degli attori (ma questo l’ho scoperto solo dopo…): alle elementari… Per me, fu in seconda elementare, alla recita di Natale. Troppo alta per fare la Madonna, e pure per fare l’angelo, ‘composi’ il mio primo monologo poetico recitandolo con piglio e determinazione. Almeno, così ricordo. Poi, in scena per gioco a sedici anni, in una commedia in vernacolo, capii che sul palcoscenico ci stavo più serena che fuori, e decisi che sarei stata attrice. Ed i suoi erano d’accordo? Assolutamente no. Immaginavano una bella carriera accademica o ospedaliera. Si è diplomata alla prestigiosa Accademia d’arte drammatica Silvio d’Amico, ha cominciato a lavorare subito dopo il diploma? Feci prima addirittura un anno di disoccupazione, e per l’epoca mi pareva allarmante. Avevo fatto la valigia, ero

Lamezia e non solo

pronta a tornare al paese. Poi arrivò una proposta di spettacolo. Disfeci la valigia. Poi lo spettacolo saltò. Ma ormai io avevo disfatto la valigia…

avevamo amici comuni, dunque fu piacevole lavorarci. Ferzan Ozpetek è stato adorabile: attento, amorevole, una persona e un artista meraviglioso.

Definirla solo attrice mi pare riduttivo in quanto lei è un’artista a “tutto tondo”, non solo attrice di teatro, cinema, televisione, ma anche scrittrice, regista, insegnante, in quale ruolo si sente più a suo agio? Mi sento sempre molto meglio nei panni degli altri che nei miei… Forse perché quelli degli altri, a un certo punto, ci si possono togliere e mettere alla stampella, mentre i nostri, no.

Ed invece un “dietro le quinte” di uno dei noti sceneggiati televisivi ai quali ha preso parte? Come Incantesimo, o Ho sposato uno sbirro oppure Atelier Fontana, ? Mah, la più lunga permanenza in tv l’ho avuta con i dieci anni di Incantesimo. Curiosità ce ne sarebbero fin troppe.

Nel suo curriculum leggo che lei è stata, a New York, aiuto regista in teatri OffBroadway. Che esperienza è stata? Impagabile. Ma ve l’immaginate, un luogo dove se tu dicevi ‘faccio l’attrice’ non ti domandavano col solito sorrisetto ‘Ma… e di lavoro vero che fai..?’ No. Ti rispondevano ‘Ah, bene; io sono medico, avvocato, commercialista…’ e via di seguito. Nel cinema è stata diretta da registi del calibro di Monicelli, Squitieri, Pastore, Özpetek, un ricordo da “dietro le quinte” di questi mostri sacri? Monicelli mi intimoriva, ero anche giovanissima. Lui era un concentrato di tensione cinematografica, senza cortesia ma anche senza falsità. Magnifico e spaventoso, per una alle prime armi. Squitieri era volitivo, irruento. Pastore,

Teatro, televisione, cinema, cosa preferisce? Il cinema forse lo amo più delle altre arti, anche se lui non mi ama come io vorrei... Pro e contro del lavorare in teatro, televisione, cinema Il teatro è quello che mi fa sentire più a mio agio, perché farlo bene dipende molto da me. La televisione ti fa conoscere da tanta gente, ma nel lavoro segui disegni altrui. Il cinema è la sfida di intuire la giusta emozione nel modo e nel momento in cui il regista la vorrebbe, anche se non te lo ha detto. La maggior parte dei suoi colleghi che lavorano in teatro e anche nel cinema e/o in televisione, affermano che lavorare in “teatro” è magia, è d’accordo? Teatro è magia, certo, ma è un’illusione con la collaborazione del pubblico, e con pazienza e sudore infiniti dell’attore.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 3


Lavorando in teatro è mai capitato di dimenticare una battuta? Se sì come ne è uscita fuiori? Con un silenzio carico di attesa… di solito finito con una battuta simile a quella mancata…

ma non le sembra riduttivo e … anche offensiva la cosa? Dico che non ce ne dovrebbe essere bisogno. Sentirsi assunti in quanto ‘è prescritto a un decreto’ non è mai gratificante, e ci sono anche donne incompetenti.

Fare l’attrice cosa significa per lei ? La meraviglia di una realtà virtuale, la possibilità di prolungare all’infinito i giochi dell’infanzia.

A proposito di discriminazioni di sesso nel mondo dello spettacolo, c’è parità di trattamento “pecuniario” tra uomini e donne? A quanto mi risulta, sì. Conta il riscontro del pubblico e basta.

I suoi ruoli sono sempre differenti, come riesce ad immedesimarsi in ruoli sempre nuovi? Guardo la gente: sempre diversa, interessante rubare immagini e gesti. Quanto conta la bellezza per un’attrice? Parecchio. Ma non deve pensare alla bellezza come a un canone da cosmetici: è una bellezza che cattura, comunica, chiama. Essere fortunati, determinati, preparati, bravi, per avere successo, secondo lei qual è la cosa più importante? Essere fortunati. C’è un ruolo che ha amato interpretare in modo particolare e perchè? Oh, sempre l’ultimo che sto interpretando! E forse, appena, appena, anche il prossimo all’orizzonte! Oggi si parla per sigle e le donne paion volersi riscattare con movimenti come le “quote rosa”, il #metoo o il #nopaygap,

pag. 4

Qualcuno ha affermato che per essere un buon attore bisogna sempre emozionarsi per la parte che si recita, lei cosa ne pensa? L’emozione dell’attore non interessa al pubblico: vuole quella del personaggio. L’attore troverà il suo modo per dargliela. Cosa ne pensa del ruolo di attrice nel panorama dello spettacolo italiano contemporaneo? Non ha come la sensazione che spesso si affidano ruoli importanti ad attori/attrici di scarso talento che fanno così carriera senza avere le giuste doti e preparazione? Come in parecchi altri campi, purtroppo. Lei ha scritto “Giusto per dire, guida poco teorica e molto pratica per l’italiano parlato” un libro molto interessante, di facile consultazione per chi vuole imparare a parlare … come? Cioè a chi è utile questo suo libro? L’ho pensato per tutti coloro che vogliono

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

migliorare uso della voce e pronuncia dell’italiano parlato, pur conservando amore, rispetto e consapevolezza anche delle lingue regionali, fondamentali in Italia. Il manuale è anche di autoformazione, utile a docenti ma anche ad autodidatti. Ora si possono anche trovare gli esempi sonori su youtube (nel canale della casa editrice, IkonaLiber), per agevolare chi non abbia un insegnante esperto madrelingua. Ha scritto questo libro perchè ritiene che sapere parlare bene, quasi recitando, possa essere utile nella vita di tutti i giorni? Farsi capire è fondamentale, nella vita di tutti i giorni. E magari, anche farsi comprendere. Lo scorso anno ha presentato questo libro a “Parole in cammino” festival dell’italiano e delle lingue d’Italia. Direi una bella soddisfazione, ce ne vuole parlare? E’ un festival molto importante, ed è alle porte la nuova edizione, che si terrà a Siena ad aprile. Rivolge una particolare attenzione non alla carta stampata, ma alle trasformazioni della lingua parlata in varie parti d’Italia: ci sono dei mondi da scoprire! A proposito di libri, lei ha anche scritto il libro la cui storia viene portata in scena, Maturina Fantesca, erede di Leonardo da Vinci. Come le è venuto in mente di scrivere una storia sulla domestica di

Lamezia e non solo


Leonardo? Non voglio dire nulla, ma potrei tornare a presentare proprio a Siena la lingua cinquecentesca di ‘Maturina fantesca’… Ha qualcosa in comune con lei Maturina? L’abilità manuale: cucinare, cucire, ricamare, costruire… In questo spettacolo lei è attrice/ scrittrice/regista, ma come si fa a dirigere se stessi? Non so gli altri, ma io mi avvalgo della collaborazione di giovani di talento che ‘da fuori’ mi vedon e mi dicono tutto quello che serve sapere. A volte giriamo e riguardiamo insieme il materiale, e mentre io provo, loro mi ricordano i punti. Con Maturina, finalmente, vedremo uno spettacolo teatrale a Lamezia Terme. Ci può parlare dello spettacolo e del suo rapporto con ama calabria? Spero davvero che questo sia possibile. Lo spettacolo è stato davvero bene accolto ovunque, e sarei curiosa di vedere la partecipazione del pubblico lametino: è anche un lavoro che chiede qualche volta la collaborazione attiva degli spettatori. Con Ama Calabria ho già collaborato, l’associazione ha proposto miei corsi di voce e dizione, con grande competenza e attenzione. Hanno veramente molta cura dell’arte e della cultura. Non è la prima volta che lei viene a Lamezia Terme, c’è stata, proprio al Teatro Grandinetti, nel 1999 con Romeo e Jeanette, giusto 20 anni fa, proprio

Lamezia e non solo

nello stesso periodo. Che ne pensa delle vicissitudini legate ai teatri chiusi che ha costretto ama calabria e vacantusi a spostarsi a catanzaro per le stagioni teatrali? Una città senza teatro è come una casa senza specchi: dalle mie parti, gli specchi si tolgono e coprono in segno di lutto. Non dico altro. Lei è sposata? Sì. Visto che, per lavoro, è spesso in giro per l’Italia, come riesce a coniugare famiglia e lavoro? Mio marito ha molta pazienza. E qualche volta è lieto di risposarsi dalla mia presenza spesso iperattiva… Ma in casa sua chi cucina? Io. La cucina è mia! Quando non ci sono, infatti, mio marito approfitta per cucinare lui senza le mie critiche… Si può vivere senza sognare? No. Da bambina cosa sognava di diventare? Dicevo ‘sarò un’artista’. Senza specificare in che campo. Avevo poche idee, ma decise e…confuse. Ma Patrizia La Fonte ha ancora un sogno nel cassetto? ce lo vuole svelare? Mah, i miei sogni spaziano dal ritirare l’Oscar al cantare l’Aida, dal fare l’acrobata al pattinare alle olimpiadi… Del resto, se i sogni sono gratis, perché

sognare in piccolo? Ma forse si intende quelli nel cassetto vero? Beh, allora mi basta un bel pubblico che accolga il prossimo spettacolo… Conosco Patrizia La Fonte da anni, splendida donna, bravissima attrice, ottima insegnante di dizione e recitazione. Tutte le attrici dovrebbero essere camaleontiche, lei lo è per davvero, ho assistito lo scorso anno al recital “Povere sante, donne raccontate di cent’anni fa” ed abbiamo visto, sotto i nostri occhi increduli, avvicendarsi tante donne, tutte diverse fra di loro, donne conosciute come Cocò Chanel, o perfette sconosciute come una donna che lavora, nobili e plebee, insomma un universo femminile che si è dipanato sotto i nostri occhi senza bisogno di ricorrere chissà a quali trucchi ma semolicemente con la mimica e con la voce, grandissima Patrizia! Fra le tanti frasi che avrei potuto scegliere quella per Patrizia è di Arthur Schopenhauer: Per essere un buon attore, bisogna: 1) essere una persona che abbia il dono di estrovertire la propria interiorità; 2) avere la fantasia sufficiente per riuscire a immaginarsi circostanze e avvenimenti finti in modo così vivo, che ne sia eccitata la propria vita interiore; 3) possedere intelligenza, esperienza e cultura nella giusta misura per poter comprendere debitamente caratteri e circostanze umane. E lei, ve lo assicuro, queste doti le ha tutte, ve ne accorgerete l’11 marzo venendo ad assistere al suo spettacolo perchè i lametini, amanti del teatro, non potranno mancare!

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 5


Sport

di Salvatore Piricò

Pugilato

La solitudine di un lottatore su un ring. Le urla dell’allenatore, del pubblico e di se stesso, rimbombano nella testa come fosse distante migliaia di chilometri. L’adrenalina sale, tutti i muscoli sono pronti. Non c’è nulla o quasi che possa essere paragonato a tutto questo. Essere pronti a sfidare se stessi, i propri limiti, i propri demoni, rimanendo concentrati sino all’ultimo colpo, perché non ci si può permettere di perdere. Contro l’avversario si, ma non contro se stessi. Questo accade anche nell’antica tradizione dello sport thailandese della Muay Thai, sport da combattimento derivato da una nobile arte che ha origini e tradizioni antiche, ed è lo sport nazionale locale, dove si combatte in piedi come nel pugilato, indossando i guantoni ma usando oltre ai pugni, anche gomiti, ginocchia, calci con le tibie senza protezioni. MUAY letteralmente significa “lotta” o “combattimento” e deriva dal Sanscrito (lingua ufficiale dell’India) “Mavya” che letteralmente significa “unire insieme”. Mentre il termine THAI, è un aggettivo d’origine nazionale tailandese, il cui significato originario è “Popolo Libero”. Le origini della storia della Muay Thai si perdono quando il popolo Birmano saccheggia e distrugge l’antica città di Ayuddhaya. Quel poco che conosciamo sulla storia della Muay Thai deriva dai resoconti di Birmani, Cambogiani e dei primi Europei che visitano la Thailandia e da alcuni scritti del Re Chiangmai. Ciò che tutte le fonti sostengono è che la Muay Thai ebbe origine come sistema di combattimento in battaglia, più mortale delle armi che era andato a sostituire. La disciplina è nota come “l’arte delle otto armi” o “la scienza degli otto arti” perché consente ai due contendenti che si sfidano di utilizzare combinazioni di pugni, calci, gomitate e ginocchiate, quindi otto parti del corpo utilizzate come punti di contatto. Il rispetto nei confronti di se stessi e del proprio avversario, è la prima regola da rispettare e la filosofia millenaria orientale, si manifesta sin da prima del combattimento, nei rituali eseguiti allo scopo di sigillare il ring contro la sfortuna e per la propria protezione (Wai Kru), per poi rivolgersi al proprio angolo, recitando preghiere buddiste(Wai). In Thailandia quest’arte marziale è considerata sport nazionale, e gli incontri offrono notevoli possibilità di guadagno ai ragazzi che vi si cimentano. È stato più volte osservato che mentre i Thai si battono spesso, (almeno agli inizi) per mettere insieme pranzo e cena, gli stranieri, (i cosidetti farang) che praticano la Muay Thai, lo fanno più che per i pochi soldi in palio, per la gloria. La spiritualità di uno sport apparentemente violento ma che come tutte le arti marziali orientali, riporta secoli di storia e tradizioni antiche e profonde, divulgate tramite le preghiere, nelle credenze popolari ed in ogni filosofica nozione di vita tramandata di generazione in generazione. A Lamezia Terme, il 19 e 20 gennaio è andato in scena Lo stage internazionale di Muay Thai, nella palestra ‘Esprit’, organizzato dal Maestro Giovannino Longo al quale è stato consegnato, uno speciale riconoscimento da parte di Matteo Giacometti, responsabile nazionale del settore Muay Thai Uisp e istruttore della Cinque Elementi di Padova. Oltre Il maestro Giacometti, era presente Filippo Cinti, anni 37, campione del mondo WPMF 2005, campione europeo professionisti WKN 2004, in Thailandia dal 2003. Uno dei più noti fighter italiani, attualmente ritirato dal mondo agonistico, ma ancora attivo come allenatore e manager di atleti. Sarayu Mix, maestro di origine Tailandesi ma trapiantato in Svizzera e Alessandro Sara, astro nascente della Muay Thai con il nome da “fighter”, Alek Petchrungruang, con all’attivo 60 match in diversi stadi della Thailandia con 40 vittorie, 18 sconfitte e 2 pareggi(di cui 10

pag. 6

vittorie,2 pareggi e 3 sconfitte al Lumpinee stadium, la mecca della Muay Thai ). Ma la vera star dello stage, è stato Sudsakorn Sor Klinmee, uno dei migliori atleti della Thailandia la cui fama è presto cresciuta a livello internazionale. Il suo alias di fighter Sudsakorn, proviene da una delle più antiche leggende thailandesi secondo la quale, figlio di una sirena, il piccolo Sudsakorn è un bambino prodigio che intraprende un pericoloso viaggio in groppa al suo Cavallo-Drago, per riuscire a trovare il padre mai conosciuto. L’appellativo Sor Klinmee invece è il nome della palestra in cui è cresciuto, in Thailandia infatti è d’uso fra i combattenti portare il nome della palestra con cui sono legati. Sor Klinmee nasconde una schiena coperta di tatuaggi. Scritte in caratteri orientali recanti un pensiero alla famiglia, un augurio per avere forza e “buona fortuna” durante il combattimento; un’immagine che raffigura una guardia del corpo del re (figura mitologica nella cultura thailandese), un’altra che indica la “retta via” e un’altra ancora che rappresenta il denaro. Frasi e disegni mescolati con religione e filosofia, che rappresentano la sua vita e la sua disciplina sportiva: la Thai Boxe. Il curriculum dell’atleta thailandese comprende: Campione del Thai Fight Kard Chuek 2013 Campione World Kickboxing Network (W.K.N.) World Grand Prix BIG-8 nel 2010 in Bielorussia (66,7 kg) Campione W.K.N. Muaythai World Welterweight Champion (66,7 kg) 2010 Primo posto nella classifica ufficiale 2009 del Lumpinee Boxing Stadium Campione del Fairtex Thepprasit Muay Thai Stadium 2007 Campione W.P.M.F. World Super Lightweight Champion World Professional Championship Muaythai (63,5 kg) 2006 Campione WMC S1 World Champion - WMC S1 Songchai (64 kg) 2006 Il maestro Giovannino Longo, ha risposto ad alcune domande riguardo il suo incontro con la Thai Boxe e i futuri programmi. D- Com’è nata la passione per la Muay Thai? R- Sono stato sempre affascinato dalla storia, dalla cultura Thai. Dalla lotta a mani nude per difendere il proprio popolo dai Birmani. Al sacrificio dello sport e dalla cultura innanzitutto di un popolo antico, delle credenze e delle tradizioni, che ho potuto vivere in prima persona molti anni fa, quando ho avuto il piacere ma soprattutto l’onore di visitare quelle terre. D- Come è nata l’idea dello stage? R- Facendo parte della stessa federazione di Matteo (Giacometti,ndr), abbiamo sempre parlato dello sport che amiamo e che vogliamo condividere nel migliore dei modi. E per noi, il modo migliore è poter organizzare stage a contatto i nostri allievi, con i migliori atleti in circolazione. D- Cosa ti ha colpito della tua esperienza in Thailandia? R- Innanzitutto il loro stile di vita, la loro filosofia. Le radici tramandate di generazione in generazione. L’approccio con lo sport nazionale e soprattutto osservare, prima di ogni match, i riti carichi di storia millenaria. D- Cosa ti hanno consegnato durante lo stage? R- I maestri Thai, considerano un ‘Maestro’, colui che ha almeno 15 anni di esperienza e quindi,sono stato insignito del titolo di ‘ Maestro’, e per me è stato un onore oltre che un piacere. D- I tuoi prossimi impegni? R- Oltre la preparazione dei miei allievi per i prossimi combattimenti, vorrei ritornare in Thailandia ed occuparmi insieme agli amici dello stage, di condividere la storia e la passione per questo sport.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


grafichéditore

Targa sulla casa natale e annuncio del Premio Letterario sul poeta Dario Galli Declamate sui luoghi del Poeta le sue poesie di Antonio Perri

Il Cenacolo Filosofico e l’Uniter, in collaborazione con Officina Giovani, GrafichEditore, Emozionote di Firenze, Prospettiva Persona, Sistema Bibliotecario Lametino hanno promosso Sabato 29 dicembre 2018 una passeggiata filosofica sul poeta Dario Galli nato a Nicastro il 1915 e deceduto il 1977. Il percorso è iniziato in Via Sapri, 9 di Lamezia Terme, alla casa natale del poeta lametino su cui stata scoperta, dalla figlia Donatella, una targa in sua memoria. Il prof. Filippo D’Andrea, fondatore nel 1992 del Cenacolo Filosofico, ha introdotto soffermandosi sulla natura altamente culturale e comunitaria dell’evento inteso a porre in luce il grande letterato. Successivamente ha offerta una interessante

Lamezia e non solo

testimonianza di famiglia la figlia dott.ssa Donatella, e quindi sono state presentate alcune poesie in vernacolo nicastrese dal professore Italo Leone, presidente dell’Uniter ed autore della preziosa opera sulla storia della cultura del lametino. Questa seconda Passeggiata Filosofica, (la prima ha trattato il filosofo Francesco Fiorentino guidata dal preside Giovanni Martello, autore di un pregevole saggio sul rettore dell’Università di Napoli, sui luoghi sambiasini dove è nato e vissuto) si è conclusa nella piazzetta san Domenico con l’illustrazione da parte dell’editore Nella Fragale Perri della prima edizione del Premio Letterario intitolato a Dario Galli dedicato a poesie inedite, col premio della pubblicazione

dei vincitori. Una spontanea ed affettuosa testimonianza sul Poeta è stata presentata dalla poetessa Ines Pugliese. Diverse sono state le autorità del mondo culturale lametino che hanno partecipato alla Passeggiata Filosofica visitando i luoghi cari al poeta e descritti in alcune delle Sue poesie. L’importanza di portare alla luce i personaggi di valore della storia lametina in tutti i campi è un’intenzione da rafforzare ulteriormente per disegnare più compiutamente l’identità positiva di Lamezia Terme e del suo territorio. Anche la intitolazione di via e piazze, e la realizzazione di monumenti a degne figure permette di evidenziare il vero volto della città.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 7


eccellenze lametine

Stilista lametina Elena Vera Stella a Sanremo tra le eccellenze calabresi

di Salvatore D’Elia

Lamezia presente anche quest’anno al festival di Sanremo con Elena Vera Stella, protagonista di una serie di eventi promossi come ogni anno nell’ambito della kermesse sanremese. La stilista lametina ha infatti vestito Elena Galliano, attrice e conduttrice televisiva, protagonista, tra gli altri progetti televisivi, di Donnavventura, Centovetrine, Zelig e Striscia la notizia, e testimonial per vari brand nazionali e internazionali. Con il coinvolgimento di altri due professionisti lametini del suo staff, Domenico Buonconsiglio e Melania Verso, la Stella, anche in qualità di esperta di stile per diverse testate specializzate, ha partecipato al Gran galà della stampa al Casinò di Sanremo, durante il quale è stato consegnato il premio speciale alla carriera a Iva Zanicchi realizzato dall’orafo calabrese Michele Affidato, al galà di apertura di Tv Sorrisi e Canzoni, a una serie di appuntamenti e rubriche giornalistiche che hanno consentito alla professionista di lametina di proiettare, in un contesto di rilievo nazionale e internazionale come quello di Sanremo, le peculiarità del “made in Calabria” che da sempre contraddistinguono il suo stile e la sua attività. La Stella ha inoltre partecipato, insieme a Michele Affidato, Enzo pag. 8

De Carlo e Cataldo Calabretta, a un talk dedicato alle eccellenze calabresi, trasmesso su vari network, che ha messo in evidenza il perfetto connubio tra artigianato, imprenditorialità e innovazione come asset strategico per la Calabria e per la proiezione dell’immagine della nostra regione. “Per il sedicesimo anno consecutivo partecipo a Sanremo – dichiara Elena Vera Stella – e ogni volta è una gratificazione professionale e soprattutto un’occasione per proiettare un’immagine positiva della Calabria in una kermesse unica in Italia durante l’anno, per il numero di professionalità coinvolte e per la rilevanza mediatica. Anche la partecipazione a questa edizione ha rappresentato per me e il mio staff un riconoscimento a un’imprenditorialità lametina e calabrese vivace e intraprendente, capace di coniugare qualità e innovazione, che può competere con altre realtà ed essere strumento di marketing territoriale per la nostra città e la nostra regione”.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


Associazionismo

Camigliatello Bianco di Gianfranco Turino Camigliatello Silano o Camigliatello Bianchi, come veniva chiamato fino alla fine della seconda guerra mondiale dal nome del quadrunviro Michele Bianche di Belmonte Calabro che, per primo, volle valorizzare la zona creando un enclave lontana dal fumo e dell’avanzare del progresso industriale, un attimo diverso fuori dalle formule inquinanti e inquinate che stanno distruggendo la nostra esistenza odierna. Parlando di Camigliatello applaudo alla rimessa in opera del trenino a vapore concretizzando quello slogan tracciato sul telone e poggiato sul ponte sopra la stazione.”Torneremo a Sbuffare”. Un progetto funzionante il sabato e la domenica, la cui realizzazione può diventare un modo pratico, da aggiungere, ad altre idee produttive, per avviare la cementazione del turismo di massa nel complesso di un ambiente diverso da quello marino ma facilmente coniugabile, l’uno con l’altro, per le distanze estremamente brevi di una geografia che, dal mare, può arrivare rapidamente sui monti. Bisognerebbe però rendere i costi accessibili, per un maggiore flusso utenza. Camigliatello è l’attimo dell’aria pulita definita la migliore d’Europa, resiste alle

storture dell’inquinamento, ai fumi delle fabbriche e agli scarichi industriali. Tutto questo non basta per dare un respiro turistico di vasta importanza e di costante richiamo di tutti coloro che, cercano un attimo d’esistenza diverso, sognano il fruscio delle fronde nei boschi, la frescura dei pini, il gorgoglio ridente dei corsi d’acqua. Le montagne, sono l’ultima frontiera di un nostro patrimonio ambientale, bisogna difenderle con ogni mezzo, vista l’erosione di tutto ciò che una volta era la natura calabra. Un disegno della natura rivolto alle pendici del cielo, con cui si fonde in modo indelebile. Ma a difenderne la continuità e la preservazione non basta solo la buona volontà e la predisposizione di una parte del collettivo umano, è primaria la spinta totale di tutti coloro che credono in una possibile rinascita sociale con un ritorno anche economico. Bisogna capire l’attimo e adattarlo alle necessità della zona, senza fermarsi a guardare lasciando scorrere l’acqua del tempo e il colore dello spazio. Propaganda turistica, un pubblicismo capace di svegliare la gente, ma

soprattutto, far capire l’importanza della montagna calabra, di Camigliatello, del parco nazionale della Sila, del parco regionale della Mongiana, del pollino e dell’ Aspromonte. La Calabria è stata ed è una regione del mare, un propaggine carica di infinite tradizioni e leggende, ma, oggi, con la nauseante propensione a trasformare l’infinito salato in un enorme scarico d’ogni tipo di rifiuti, bisogna, obbligatoriamente, alternare una soluzione pratica che sposti il centro del tema verso la verde cultura montana, senza comunque dimenticare il patrimonio marino che va ricostruito e rilanciato, bonificato e reso agibile per ricomporre le immagini di un tempo di funzionalità totale. La nostra storia, può muoversi, senza problemi, sul tracciato montano cesellandone la geografia come il tassello concreto di una possibile realtà rinnovata, ma continua e costante nel tempo e nello spazio.

Gianfranco Turino

Presidente di Calabria Sociale Associazione Calabria Sociale Natura,Ambiente,Ecologia, Cultura,Turismo Presidenza Regionale

Satirellando

Il mese di febbraio è il mese degli innamorati, dei cuoricini, dei valentini… Ma nessuno riflette sul fatto che quel perfido angioletto, apparentemente innocente, ci gira e ci volta, per come vuole lui, brutto, miope e cattivo diavoletto, con i cornini, altro che angioletto! Satirellando su Cupido, stavolta, ci divertiremo un po’ alle sue spalle, come lui fa sempre alle nostre… AH, AH, AH!

CUPIDO Ti dipingon come un angelo perfetto e invece sei proprio un vero diavoletto, faretra colma di tante frecce e arco che promette molte brecce, invece tu sei miope e tiri a caso: non hai la mira oltre il tuo naso! Non risparmi fanciulle, vecchie o donzelle, non ti curi se siano brutte o belle, non pensi se vecchi, giovani o ragazzi, possan diventare, addirittura, pazzi! Lamezia e non solo

Tu pensi soltanto a svolazzare E, fra le nuvole, a saltellare, giulivo, giocoso e ridanciano, ma non ti accorgi che siamo in un pantano? Metti subito un paio di occhiali, devi rimediare a tutti i mali: non calibrando alcuna mira e coinvolgendoci in ogni tua spira, rischi di essere come un serpente, bada di guardare, in faccia, la gente, prima di aprirti un bel varco con quel tuo micidiale arco!

Non fingere assoluta bonaccia, per spiaccicarci, poi, tipo focaccia: trova il modo di farci sperare di poter solo amare, con gioia e con beltà, con simpatia e grandi affinità, senza più alcun dolore avendo ancora fiducia in quel tuo cuore, più preciso dei tuoi bersagli, pieni di errori, pieni di abbagli! Fatti aiutare da S. Valentino, propenso a darti il suo aiutino,

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

che serve a portarti al meglio e a farti restare sveglio, nel colpir gli innamorati giusti, non quelli secondo i tuoi gusti! Forza, su, non esser capriccioso regala un futuro roseo e strepitoso, fra i più dolci, fra i più belli, senza zavorre, senza orpelli, con sfumature prive di rancore, che sia arcobaleno multicolore… Buon San Valentino a tutti!

pag. 9


Spettacolo

“Non mi hai detto più ti amo” o del trionfo della famiglia

di Giovanna Villella

Catanzaro, 24 gennaio 2019. Un altro grande appuntamento con la stagione teatrale organizzata da AMA Calabria al Teatro Comunale di Catanzaro. In scena Non mi hai detto più ti amo con due interpreti molto amati dal pubblico Lorella Cuccarini e Giampiero Ingrassia. Un ménage coniugale apparentemente perfetto: lei, Serena, mamma e moglie premurosa, lui, Giulio, medico zelante, e due figli ventenni Tiziana e Matteo. Una famiglia normale, alle prese con i problemi di tutti i giorni fino a quando un evento non sconvolge la loro quotidianità… Una imponente scenografia semovente si apre su una zona living con terrazzo e angolo cottura per trasformarsi, durante lo svolgimento scenico in uno studio medico, un bar, un monolocale… I ritmi della recitazione trovano un perfetto contrappunto in questa scena mutevole firmata da Alessandro Chiti, nel disegno luci di Umile Vainieri e nelle musiche originali composte da Giovanni Caccamo. Qui vivono e si muovono i personaggi di questa storia contemporanea scritta, con eleganza e misura, da Gabriele Pignotta che ne firma anche la regia. Adorabile Lorella Cuccarini nelle vesti di Serena. “Madre amorevole e sposa servizievole” da Carosello televisivo, premurosa, affettuosa e pronta a prevenire e soddisfare i desideri di tutti dispensando pazienza e sorrisi fino al momento del riscatto che passa attraverso un percorso di dolore e di scelte difficili. Un travaglio interiore che non viene percepito da Giulio. Come Gloria Bell vorrebbe urlare “Ho cercato il tuo sguardo, ma ero invisibile”. Allora impone la sua assenza e il dramma privato, individuale, soggettivo investe lo spazio domestico destrutturando l’ordine costituito e mettendo in crisi i rapporti familiari. Smette, così, il grembiule di casalinga e indossa i blue jeans della trasgressione e i tailleur della donna in carriera anche se riappropriarsi della propria femminilità, del proprio lavoro, della propria vita significa distruggere il mito della donna madre/ moglie, custode del focolare domestico. Duetta con la Cuccarini un brillante Giampiero Ingrassia nella parte di Giulio, medico della mutua operativo h24, pronto a dispensare cure e consigli telefonici. Completamente assorbito dalla sua professione, è marito e padre distratto. Non si accorge di

pag. 10

quanto Serena stia silenziosamente invocando il suo aiuto e un po’ di tenerezza… basterebbe una tisana, se solo Giulio fosse in grado di prepararla! Si trova così ad affrontare una realtà diversa da quella che i suoi schemi mentali di marito servito e riverito gli consentono di pianificare e di conciliare con il suo lavoro. Tuttavia, pur travolto da questa spirale domestica, cerca di non perdere la propria razionalità, di stare vicino ai figli e di ripensare al rapporto con Serena mettendosi a nudo di fronte alla necessità di una scelta (quella di lei) e cercando una risposta capace di lenire le lacerazioni che lo stanno dividendo dalla donna della sua vita. Pignotta guarda a questa coppia con sensibilità e intelligenza, costruendo loro un percorso di riconciliazione ricco di ostacoli, fraintendimenti, un po’ di gelosia e un colpo di scena finale. Il quadretto familiare è completato dai figli Tiziana e Matteo ottimamente interpretati da Raffaella Camarda e da Francesco Maria Conti. Lei in piena crisi esistenziale reagisce magnificamente all’assenza della madre cercando di sostituirla, lui –da “cocco” di mamma protetto, amato e incoraggiato nella propria autostima – si trova improvvisamente senza radici, preda di un “Io” debole che tende sistematicamente a rifugiarsi in una sorta di pubertà protratta. Nel quartetto si inserisce un esilarante personaggio, Morosini, paziente di Giulio di cui Fabrizio Corucci ne dà un ritratto da bambinone vivace e logorroico ma non privo di dolcezza. Affetto da sindrome da abbandono materno cerca cure e conforto in Giulio fino ad attuare una sorta di transfert emozionale con Serena. Il suo personaggio è una sorta di proiezione futura, un ingrandimento di quello che potrebbe essere il destino di Matteo. Opera corale ma anche di coppie (marito/moglie, madre/figlio, fratello/sorella, medico/paziente) e di rovesciamenti di ruoli a causa delle torsioni impresse ai loro rapporti dallo sviluppo del gioco scenico, la pièce è ben concepita sia dal punto di vista della costruzione dei caratteri che dell’impalcatura drammaturgica con una lingua viva, parlata, quotidiana ma con un decoro espressivo che, nella ritrovata armonia, rende i personaggi intensamente veri e vicini riaffermando il concetto di famiglia come luogo di salvezza. Finale da commedia musicale sulle note dei Kiss. Lunghissimi applausi per tutti.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


Spettacolo

Giulio Scarpati melanconico “Misantropo”

di Giovanna Villella

Catanzaro, 3 febbraio 2019. Ancora un appuntamento con i grandi nomi della scena teatrale italiana nell’ambito del cartellone di AMA Calabria al Teatro Comunale di Catanzaro. Ospiti della prestigiosa stagione Giulio Scarpati e Valeria Solarino protagonisti di un classico del teatro di tutti i tempi Il Misantropo di Molière per la regia di Nora Venturini. Su una pedana, un fondale con al centro il dipinto di un dama corrucciata con una rosa che ricorda, nelle cromie e nella postura. i ritratti di Émile Vernon. Ai suoi lati due velari lattiginosi incorniciati da drappeggi baroccheggianti lasciano intravvedere, in trasparenza, i camerini degli artisti. In mezzo al perimetro scenico, che vuole rappresentare un teatrino-boudoir, una banquette con un piccolo tavolo tondo e ai lati due sgabelli. Ma il dipinto in realtà è una porta girevole che scandisce le entrate e le uscite di Celimene e nasconde sul retro un grande specchio, metafora del gioco teatrale. È il blu polvere, in tutte le sue nuance a dominare la scena. Su questo fondo algido, ideato da Luigi Ferrigno, si stagliano i personaggi nei coloratissimi ed evocativi costumi di Marianna Carbone che combinano dettagli d’epoca e accessori contemporanei, le belle luci di Raffaele Perin e le arie settecentesche di Marco Schiavoni che subiscono repentine accelerazioni con l’insert di sonorità house. Nella lettura scenica di Nora Venturini che firma la regia dell’opera di Molière nella traduzione di Cesare Garboli, l’impianto drammaturgico viene attraversato da elementi di contemporaneità che riportano l’idea di un pathos diverso dentro le convenzioni del nostro tempo. Niente parrucconi e facce imbiancate, merletti e bustier per mettere a nudo l’eterno conflitto tra uomo e donna, uomo e società, ragione e cuore, apparenza e realtà. Un lavoro di sintesi che, seppur giocato sulla sottrazione (e non sull’esemplificazione), riesce a (ri)creare il rapporto dei significati ed è reso vivo e tragico dalla lingua di Molière dove ogni parola porta in sé un senso profondo, allusivo, compoLamezia e non solo

sito. Così la pienezza linguistica dell’opera si confronta con la parola teatrale, senza compiacimenti, ridondanze, deformanti birignao e il linguaggio risulta immediatamente credibile anche in virtù dell’innesto di accenti dialettali calabresi che hanno il sapore di un delizioso, irriverente sberleffo. L’interpretazione di tutti gli attori scorre sulle righe di un registro alto. Grande Giulio Scarpati, Alceste dolente e melanconico percorso, a tratti, da una follia ben amministrata in contrasto alle calme e sagge certezze di Filinto a cui contrappone attimi di stupore e di meraviglia su una vita che egli non comprende. Il suo amore per Celimene è potente e insensato pur nella sua logica draconiana e nel suo corrosivo intimismo. Alceste monologa, declama, bisbiglia, si torce, tuona, mormora, borboglia, prega… Ma ogni sua battuta, pronunciata con rigore e misura senza, tuttavia, rinunciare a quella sottile linea comica connaturata nel personaggio, traduce il dolore insopportabile di un uomo che non ha trovato il suo posto nel mondo perché quel mondo pieno di vanità e di ipocrisie lo disgusta. Nella sua abiura finale, in quel gioco estremo di seduzione e di crudeltà, egli diventa vittima e carnefice di sé stesso mentre il pesante sipario blu scende come una ghigliottina a separarlo da Celimene. Egli ha scelto la solitudine come compagna. Vibrante ed elegante la Célimène di Valeria Solarino adombrata da un velo di tristezza. Vedova, ma ancora giovane e bella, ella ama Alceste però non vuole rinunciare al sottile piacere del corteggiamento che le riservano gli altri spasimanti. Vanità? Insi-

curezza? Paura della solitudine? È solo un gioco, che sa condurre con leggerezza, intelligenza e ironia limitandosi a “spargere il suo miele su tutti”. Quella leggerezza richiesta dalle convenzioni del tempo alle quali ella si adegua dimostrando di “saper vivere”. Nel suo monologo finale rivendica la sua dignità di donna tout court, non oggetto d’amore ma “persona” da amare e, nel rifiuto di quell’amore ossessivo e totalizzante che vorrebbe annullarla e rinchiuderla sotto una campana di vetro come una statua da adorare, ella sceglie la vita. Filinto, il lucido, ragionevole, amabile Filinto, gentile con il mondo e paziente con Alceste è mirabilmente reso da Blas Roca Rey che carica il personaggio di umanità. Bravissimo Matteo Cirillo che ci regala, accentuandone con calibrata ironia l’elemento esibizionistico, un Oronte ridicolo e tenero e poi indossa, con gran disinvoltura, i panni di Basco e di Du Bois. Sobria Federica Zacchia che vena la sua Eliante di pudica malinconia in un romantico vestito di organza color crema da demoiselle d’honneur. Esilaranti Matteo Cecchi e Mauro Lamanna nei ruoli di Clitandro e Acaste, due personaggi che, a dispetto dei loro blasoni, evidenziano un côté buffonesco. Si presentano in scena come il Gatto e la Volpe di Pinocchio, sbirciando dai pesanti velari e indossando occhiali da sole. Eccellente l’Arsinoè di Anna Ferraioli che costruisce un personaggio perfettamente bilanciato tra la bigotta e l’aspirante peccatrice infagottata in un castissimo robe manteau color pachiderma che lascia intravvedere un provocante décolleté in pizzo nero. Un allestimento rigoroso questo Misantropo di Nora Venturini che coglie registicamente la fondamentale universalità di un testo complesso e moderno insieme, con i suoi chiaroscuri e con i suoi personaggi che si dibattono tra le spire di una vorticosa ambivalenza. Uno spettacolo da godere, meditare e applaudire.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 11


Spettacolo

“I fiori del latte” o del valore dell’onestà

di Giovanna Villella

Catanzaro, 8 febbraio 2019. I fiori del latte, questo lo spettacolo che Biagio Izzo ha portato in scena al Teatro Comunale di Catanzaro per il sesto appuntamento con la rassegna teatrale Vacantiandu con la direzione artistica di Diego Ruiz e Nico Morelli e la direzione amministrativa di Walter Vasta. La rassegna è inserita nell’omonimo progetto regionale con validità triennale finanziato con fondi PAC. Uno spettacolo esilarante e pieno di rimandi. Il titolo ricorda per assonanza I fiori del male di Baudelaire e in scena campeggia una gigantesca mozzarella morsa che evoca la ben più famosa mela della Apple. Ma tanti sono gli omaggi, le suggestioni, le citazioni disseminati qua e là nel testo da Puskin a Leone (Tolstòj), da Totò e Peppino a Eduardo ad Arthur Miller, dal Festival di Sanremo – con il caseificio trasformato in palco dei fiori – a Barbara D’Urso fino alla pubblicità televisiva… Un’idea del regista Giuseppe Miale di Mauro e dello scenografo Luigi Ferrigno che amano contaminare i diversi linguaggi artistici e offrire al pubblico più livelli di lettura. E tante sono le sollecitazioni che nascono da questo spettacolo nato dalla felice penna di uno dei più interessanti autori italiani, Eduardo Tartaglia che è anche attore, regista, direttore artistico. Un testo scritto nel 2004 per denunciare, usando le armi del divertimento, la terribile tematica della terra dei fuochi ma rimaneggiato e attualizzato per questo nuovo allestimento, cercando il giusto equilibrio tra il registro comico e quello drammatico. Siamo a Casaldisotto Scalo in Campania, un paese di fantasia (ma solo nel nome!). Qui, due cugini vaccari, Aniello e Costantino Scapece hanno appena realizzato il sogno della loro vita dando fondo a tutti i loro risparmi: un caseificio, a guisa di navicella spaziale, modernissimo “…il fior fiore dei fiori all’occhiello di Casaldisotto Scalo!… che, in linea con le nuove tendenze biologiche è specializzato nella creazione di prodotti rigorosamente genuini e naturali. Ma poco prima dell’inaugurazione, il ritrovamento di un bidone sospetto da parte di un tenero cane affetto da crisi di identità, rischia di compromettere tutto. A questo punto iniziano i tormenti interiori dei due personaggi, anime semplici che si portano dentro, intatto, un universo di valori “antichi” quali la lealtà, l’onestà, il senso della famiglia e che, all’improvviso, si trovano a dover gestire una situazione gravissima, combattuti tra la tentazione di mettere tutto a tacere e proseguire nella loro attività di produzione casearia o denunciare e rischiare di vedere svanire il loro sogno. L’arrivo di Regina, ex fidanzata di Aniello, sarà provvidenziale per l’happy end finale. Un cast affiatatissimo dove ogni attore brilla di luce propria. Verace e irresistibile l’Aniello di Biagio Izzo che mostra tutta la sua potente vis comica fatta di lazzi, smorfie, battute e vorticoso gesticolare. Ma questo lato buffonesco, nonostante qualche smarrimento, cela una profonda sensibilità d’animo svelandoci, alla luce di quella mozzarella gigante che si trasforma in lattiginosa luna (e qui nasce spontanea una vaga reminiscenza del vaccaro Aniello con il pastore errante dell’Asia di leopardiana memoria) un uomo con dentro il sogno di una felicità “normale”, infantile e quasi commovente. Vulcanico e travolgente Mario Pòrfito nel ruolo di Costantino. Un J.R. della “Mozzarella Valley” in salsa partenopea che vuole portare avanti l’azienda non disdegnando qualche compromesso per avviare un processo di internazionalizzazione. La sua presenza scenica è resa ancor più esuberante da quella maschera carica di spunti comici sino ai limiti dell’improvviso che si cuce addosso, alimentata dalla forte accentuazione napoletana in cui le parole, orecchiate e mai capite, vengono sbeffeggiate smozzicate deturpate maciullate in una pag. 12

immaginifica bagarre linguistica. Esilarante la scena del funerale canino, con quel bidone a mo’ di ostensorio, sulle note di una marcetta funebre ma nel finale ritroviamo l’anima pura del vaccaro che dal male è stata solo tentata e non intaccata. Ottima l’interpretazione di Angela De Matteo che sa imprimere una forte personalità al personaggio di Regina soprattutto nella scena che ricorda una Filumena Marturano in sedicesimo ma senza quell’urgenza di legittimazione sociale che Filumena estorce con l’inganno. È una giovane donna che crede nell’ammore (con due “m” come direbbe Nino D’Angelo perché così è ancora più “amore”) e per quanto finga di negarlo perfino a se stessa, quel velo da sposa occultato nella valigia, lo palesa. E sarà proprio questo amore e quegli antichi valori come l’amicizia, la famiglia, il rispetto, il sentirsi parte di una comunità a ricomporre la frattura creata dalla cupidigia, dall’ambizione e dalla bramosia spingendo i due cugini a fare una scelta etica e morale. La scelta giusta. Perché la vera ricchezza sta nella semplicità del cuore e della natura. Intorno a questa triade di personaggi buoni e onesti ruotano dei loschi figuri travestiti da persone perbene. Cinico e spregiudicato il Pierugetti di Stefano Jotti, imprenditore del Nord che vuole stringere un accordo commerciale con i due cugini. Insinuante, corrotto e corruttore il dr. Muorzo di Stefano Meglio, funzionario comunale il cui compito è quello di controllare la salubrità delle terre dove sorgono le aziende. Perfetto nella sua ambiguità il Cyril di Ivan Senin, ingegnere fisico russo emigrato in Italia per fare il bracciante agricolo stagionale. I tre, eseguendo gli ordini di un invisibile quanto minaccioso “manovratore” che vuole la terra degli Scapece per impiantare una più redditizia discarica di rifiuti tossici, insidiano, blandiscono e ingannano pronti a tendere continuamente la rete della perfidia e della voracità cannibalica. Ma sarà proprio lo “straniero” Cyril, in un rigurgito di coscienza, a denunciarli, smascherando il loro gioco e salvando gli Scapece dal fallimento della loro azienda. E sarà ancora Cyril, in un vibrante dialogo con Aniello che trova il suo compendio in un solo verbo, quell’ imperativo esortativo “scava… scava…”, a dargli la forza di resistere e di combattere. E qui si scontrano anche due mondi, due filosofie, due paesaggi geograficamente distanti e antitetici che, tuttavia, trovano una sintesi in quel pensiero che dovrebbe accomunare i popoli di tutte le latitudini, quello che gli Indios del Sud America chiamano “Pachamama”, “Madre Terra”, della quale ognuno di noi si dovrebbe far custode alla pari dei pastori, dei contadini, dei pescatori che rischiano di essere cancellati dalle regole del mercato globale, dell’industria, dell’agricoltura geneticamente modificata, dell’eco-mafia. Questo il messaggio e la forza di questo testo scritto sulle orme della grande tradizione eduardiana. “Se un’idea non ha significato e utilità sociale non m’interessa lavorarci sopra” diceva De Filippo. Così il teatro, attraverso il sorriso, si riappropria della sua funzione sociale e politica infondendo coraggio e speranza. Uno spettacolo saporoso impreziosito dai bei costumi (con quel tocco di cowboy style) di Giovanna Napolitano, le luci di Gigi Ascione che vanno dalle penombre a solarità più mediterranee, il suggestivo tappeto sonoro di Mariano Bellopede. Applausi a scena aperta e ovazione finale per tutti gli interpreti, straordinari e di ineccepibile professionalità, che hanno entusiasmato il pubblico del Comunale e poi la consegna della maschera di ceramica, simbolo della rassegna Vacantiandu, a Biagio Izzo da parte di Nico Morelli, direttore artistico e Walter Vasta, direttore amministrativo.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


la scuola

IL MINISTRO BUSSETTI, LA SCUOLA ED I DOCENTI DEL SUD di Giuseppe Sestito Non mi sorprende quanto ha detto il ministro Bussetti in relazione alle scuole ed agli insegnanti del Sud. Non mi sorprende perché sono le parole di un uomo che, per decenni, si è nutrito ed imbevuto di razzismo anti-meridionale. Sono stupefacenti, invece, le reazioni, giustamente indignate, del mondo della scuola meridionale che dà l’impressione di trovarsi per la prima volta difronte a giudizi negativi e dileggi di personaggi della Lega e sembra aver dimenticato tutte le ingiurie ed il fango che i leghisti – Bossi, Salvini, Maroni, Borghezio, Calderoli ecc. ecc. (molti dei quali adesso sono stati condannati dalla magistratura per avere commesso reati di vario genere…) - hanno scagliato per decenni contro le regioni del Sud ed i suoi abitanti. Di cosa ci si indigna se si stenta a ricordare ciò che i leghisti, per anni ed anni, sono andati dicendo dei meridionali? E, cioè che i meridionali sono dei parassiti a cui non piace lavorare perché a loro torna comodo vivere alle spalle del Nord; che sono dei ladri; che puzzano perché non si lavano mai; che il Vesuvio e l’Etna dovrebbero con le loro eruzioni laviche, asfaltare il Meridione e tutti i meridionali. Il truce Bussetti di Gallarate (basta guardarlo in quella faccia, mentre parla, così carica di livore….) non fa altro che ripetere, a 40 anni di distanza, quella che è sempre stata “la visione ideologica ” dei leghisti in merito al Meridione. La cultura è la medesima: una cultura rozza, razzista che vede negli abitanti del Sud della gente che non lavora, non si sacrifica, non s’impegna. Nemmeno nella scuola e per la scuola. Questa cultura dell’odio e del razzismo, oltre che essere connaturata nei leghisti, nel senso che ha costituito fin dall’inizio una delle ispirazioni fondanti del partito, è vecchia quanto il partito stesso. Si trova nel DNA dei leghisti settentrionali. Lamezia e non solo

Il partito leghista ebbe inizio con il grido di guerra, “Roma Ladrona”. Un tale Luca Leoni Orsenigo, deputato leghista, nel corso di una seduta alla Camera dei deputati, sventolando un cappio gridava di voler impiccare “Roma ladrona”, simbolo, appunto, di tutti i ladri meridionali. Questa è l’ideologia leghista nei confronti del Sud. Non c’è da meravigliarsi, quindi, se il gallaratese Bussetti, qualche settimana fa, l’ha ricordata, in modo sprezzante, anche alla scuola e ai docenti del Sud. Ricordo di un soggiorno che feci nella metà degli anni Novanta del secolo scorso a Bergamo per partecipare ad un convegno di alcuni giorni, che si svolgeva nella sede staccata dell’Università cattolica di Milano ubicata nella splendida città orobica. Ebbene, proprio lì ebbi modo di conoscere l’allora giovane Salvini, che faceva l’attacchino della Lega. Sui manifesti che affiggeva c’era scritto: “Non vogliamo gli insegnanti meridionali nelle regioni del Nord. Non ne devono venire più e quelli che già ci sono se ne debbono tornare tutti a casa”. E’ la stessa cantilena razzistica, piena di odio e di livore, che oggi Salvini recita contro gli immigrati in Italia. Incalzato dal giornalista che gli chiedeva quali fossero i fondi previsti per le scuole del Sud, il ministro dell’istruzione ha risposto ripetendo il suo mantra: ci “vogliono impegno,

lavoro, sacrifici del Sud….”. Ha lasciato intendere che quanto a fondi, nisba, non c’è trippa per gatta. E che per migliorare le condizioni della pubblica istruzione del Meridione ci vogliono il lavoro e l’impegno dei meridionali che, ha lasciato capire, finora non ci sono stati. Ho trascorso 40 anni nella scuola di cui 25 da dirigente, credo di conoscere abbastanza i problemi e le condizioni in cui versano le scuole meridionali e quelli dei loro operatori che vi lavorano ai diversi livelli. Della maggior parte dei colleghi docenti e dirigenti, ho sempre apprezzato l’impegno, il sacrificio, il lavoro in condizioni spesso da terzo mondo. Nonostante siano sottopagati, i docenti meridionali, calabresi, si sono impegnati nell’insegnamento anche in scuole poco attrezzate, spesso fatiscenti; in molti casi ubicate in edifici, costruiti per civili abitazioni, adibiti a scuole; senza palestre, senza laboratori. Spesso senza servizi esterni ed interni alle scuole, poste a diecine di chilometri di distanza dalle proprie case. E nonostante queste precarie condizioni la scuola del Sud ha continuato a sfornare studenti che sono stati e sono tra i migliori del Paese e formare professionisti che hanno sempre occupato, fino ad oggi, i primi posti nei diversi settori lavorativi del Paese….anche del Settentrione….soprattutto delle regioni settentrionali. Di cosa va cianciando quindi il gallaratese Bussetti? D’altronde, del Mezzogiorno, non è solo la scuola ad essere abbandonata ed i suoi docenti dileggiati dal Ministro dell’istruzione. Con un ministro per il Sud, qual è la grillina Lezzi, persona che più impreparata e pressappochista non poteva essere trovata, questo governo giallo-verde ha abbandonato al suo destino l’intero Meridione, che è praticamente scomparso dall’agenda delle politiche nazionali.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 13


cultura

“Pezzi” di Ippolita Luzzo: Quando un libro è una finestra sul mondo di Teodolinda Coltellaro

“PEZZI dal Regno della Litweb”, è il titolo del recente libro della blogger lametina Ippolita Luzzo, pubblicato per Città del Sole Edizioni, per cui Letizia Cuzzola ha selezionato tra gli oltre mille post del suo blog scritti nell’arco temporale che va dal 2012 al 2018, quelli che ne costituiscono la sua sostanza letteraria. Dopo la riuscitissima presentazione in un luogo d’arte e di cultura come il museo MARCA di Catanzaro nel mese di gennaio scorso, dove io stessa, col contributo dell’attrice e scrittrice Anna Macrì nonché della stessa autrice Ippolita, ne ho delineato un exursus analitico, il libro continua il suo percorso divulgativo riscuotendo consensi e attenzione dal pubblico e della critica letteraria e sarà presentato, sempre da me, prossimamente nell’ambito del “Fare critica festival” a Lamezia Terme. Io l’ho letto con la fertile curiosità della scoperta, del “vediamo cosa propone la pagina dopo”, dell’indovinarne il sorriso caustico nascosto tra le righe, insieme a tutti gli aspetti linguistici dirompenti di una scrittura modulata per il web: creativa, breve, immediata che si offre ad una lettura altrettanto veloce che deve consumarsi nel giro di pochi minuti e in quella brevità incidere, graffiare, restare, ritornare, scavare, lentamente e in profondità. E, leggendo, ho scoperto come, gioiosamente e con “grazia”, ogni pezzo evidenzi i limiti e i parossismi di un contesto ( “il testo ha bisogno di un contesto in cui enunciarsi”

pag. 14

-E. Morin) fatto di complessità in cui si tessono, si intrecciano relazioni spesso segnate dal “minima moralia” dei nostri tempi, “dall’indigenza della spiritualità” o, più semplicemente, dalla aridità o fecondità di valori che il singolo contesto comporta, laddove ci si può sfiorare senza incontrarsi, ciascuno perso nell’ insignificanza del proprio destino o nella solitudine di luoghi e cammini individuali. Ho letto, nella consapevolezza che il libro si possa, dopo una prima lettura, assumere anche per monodosi, soffermandomi di più su alcuni testi, rileggendoli dunque, nella densità ed efficacia stilistica del linguaggio, per meglio assaporarne la vena ironica, dissacrante, l’analisi, a volte tagliente e senza mediazioni, del reale, del quotidiano con le aberrazioni e le discrasie che solo può cogliere e sagacemente restituire chi nella parola scritta coltiva il pensiero libero, non asservito ad alcun potere, la libertà di interpretare il mondo affacciandovisi, come ad una finestra, da un blog che traduce la transitorietà e la frammentarietà di un universo in costante mutazione, liquido, come è, per sua stessa natura, quello del web. E il suo blog, da cui il libro è, appunto, una ben articolata restituzione, è proprio una finestra sul mondo- come dalla citazione di Raffaele La Capria- “ è un’identità forte , capace di includere in sé tutte le altre” . Così, ogni pezzo del libro di Ippolita può essere assimilato al singolo punto di un ologram-

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

ma in ognuno dei quali è contenuto il tutto - il mondo- di cui fa parte e, nello stesso tempo, il tutto, ossia il mondo, è contenuto in ognuno di essi. Ne consegue che “ si deve ricomporre il tutto per conoscere le parti” e “una finestra aperta sul mondo” permette di farlo, nei singoli frammenti, nei singolo “pezzi” che lo contengono. Il libro, quindi, è un territorio semantico in cui le parole, i pezzi raccontano, dicono dei destini individuali e collettivi, della bellezza di un quadro, dell’armonia di un testo poetico e della dolorosa poesia del vivere, dell’emozione di un libro, di uno spettacolo, di un evento. Il libro sottrae i pezzi scritti da Ippolita alla dispersione del tempo, all’esasperante velocizzazione dell’esistente, li preserva così dai perversi meccanismi di fagocitazione bulimica, di consumo senza memoria, imposti dal divenire incessante del mondo globalizzato. I suoi pezzi vanno oltre la dimensione liquida dell’eterno presente, sollecitando il pensiero a percorsi interpretativi più profondi che non si esauriscono nel “qui ed ora”. È per questo che, laddove Ippolita ne promette la pubblicazione postuma, la traduzione cartacea dei suoi “Pezzi”, il suo libro insomma, diventa non già l’apparente nemesi dei suoi intenti contraddetti, ma la possibilità preziosa di ripensare il presente e il contesto e di riflettere sul nostro futuro che si annuncia più povero e fragile allorché il nostro vissuto si dissolve nella dimensione virtuale dell’esistere.

Lamezia e non solo


Associazionismo

La Ricetta della Felicità di Annamaria Davoli Si è svolto il 19 gennaio scorso presso l’Associazione Culturale Altrove in Via Lissania a Lamezia Terme, il consueto appuntamento ‘Assembramenti’ avente come tema “Ricette: …di cucina, di salute e benessere o della Felicità “ . Presenti oltre ai soci e alla Presidente del circolo culturale prof.ssa Anna Cardamone, anche il NeuroPsichiatra Dott. Cesare Perri. La Presidente ha aperto l’incontro invitando gli astanti a degustare un’ ottima ‘ricetta’ da lei preparata, per aprire sùbito dopo il dibattito evidenziando un particolare interesse per la “ Ricetta della Felicità “. Diversi gli interventi, alcuni dei quali proponevano quale mezzo propositivo quello religioso: L’ amore verso il prossimo, verso Dio e, conseguentemente, la certezza di una felicità come premio finale ed eterno. Alcuni hanno concordato con tale proposito, sostenendo che aiutate gli altri, essendo cattolici o meno, potrebbe certamente migliorare la vita, ragion per cui sarebbe positivo praticare del volontariato, in quanto offrire aiuto e serenità agli altri donerebbe serenità anche a noi stessi. Naturalmente, poiché si argomentava riguardo una ‘ Felicità terrena’ quindi temporanea ed effimera, molti altri interventi si sono contrapposti al precedente, proponendo obiettivi differenti. Secondo le altre opinioni la felicità dipenderebbe soltanto in parte da noi stessi, perché sarebbe invece dovuta soprattutto al

Lamezia e non solo

carattere di ciascuno, ai propri interessi o al caso e alle opportunità che la vita riserva ad ognuno di noi. Molti erano d’accordo sull’argomentare che la Felicità non sia soltanto casuale o un punto di arrivo, ma sicuramente un punto di partenza . Essa dipende certamente dalla volontà e dall’impegno che ciascuno di noi utilizza nel raggiungere i propri obiettivi; in tal caso dipenderebbe dall’atteggiamento con cui ognuno si ponga nei confronti della vita. Se si è ottimisti e tenaci e si cercherà di raggiungere a tutti i costi un obiettivo, il raggiungerlo, ci renderà probabilmente appagati e felici. Quasi tutti si son ritrovati d’ accordo su questo punto e si è aggiunto poi che la Felicità dipenda moltissimo dalle persone che ci circondano e che scegliamo di frequentare. Trascorrere del tempo con persone positive, ottimiste e che abbiano il senso dell’umorismo ci apporterà sicuramente della gioia e del benessere rispetto alla frequentazione di persone pessimiste e sempre di cattivo umore. Il Dott C. Perri d’accordo con le opinioni precedenti, ha concluso il dibattito, esprimendo la sua idea riguardo la Felicità ed ha aggiunto che certamente la Felicità può essere raggiunta innanzitutto se e quando si starà bene con se stessi. Soltanto allora si potrà star bene anche con gli altri, con il mondo intero ed e sentirsi quindi realizzati e felici.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Annamaria Davoli

pag. 15


la scuola

Report di un pomeriggio di Memoria e Ricordo all’Istituto Don Milani di Lamezia Terme - Quello che i ragazzi dicono … L’indifferenza è già orrore

di Michela Cimmino

Questo il tema affrontato dagli alunni delle classi quinte della Scuola Primaria dell’Istituto Don Milani di Lamezia Terme, guidati dallo staff delle docenti di classe, in un periodo dell’anno in cui ricorrono la Giornata della Memoria per le vittime della Shoah e la Giornata del Ricordo per le vittime delle Foibe. Non una ricorrenza civile da circoscrivere e, poi, rimuovere, ma frutto di un percorso formativo permanente , svolto durante il quinquennio, che risponde alla urgenza di una “educazione alla cittadinanza “che non sia solo un’occasione datata. “L’opposto dell’amore non è l’odio, è l’indifferenza. L’opposto dell’educazione non è l’ignoranza, ma l’indifferenza. L’opposto dell’arte non è la bruttezza, ma l’indifferenza. L’opposto della giustizia non è l’ingiustizia, ma l’indifferenza. Fare memoria combatte l’indifferenza” Questa la linea di svolgimento di un pomeriggio denso di emozioni che ha visto i ragazzi consapevoli protagonisti della performance interpretativa che ha colpito i cuori di tutti i presenti e dei numerosi genitori, educatori e educandi dei loro stessi figli. La rappresentazione si è mossa sulla denuncia del dramma della “tempesta devastante” della Shoah, sulla tragedia delle Foibe, fino all’attualità triste del nostro

pag. 16

tempo in cui campi di “concentrazione del male” e dell’annullamento della dignità umana si palesano davanti ai nostri occhi, nell’indifferenza diffusa che testimonia quanto poco abbiamo appreso dalla storia. Pur tornando il mantra “…bisogna custodire e tenere viva la memoria, conoscere la storia per non ripetere gli stessi errori” Un monito da parte dei più piccoli di cui far tesoro, per non abbassare mai la guardia, perché quel che è successo, non solo può ripetersi, ma è già storia nei campi in Libia, nell’infanzia negata dei bambini siriani, sui barconi carichi di sofferenza e speranza nel Mar Mediterraneo, lager galleggianti. “Non posso dimenticare il pianto di bambini migranti… “è il canto triste di Benedetta, come quello dei suoi compagni Maya, Giulia, Alessio, Arianna, Daria, Giovanni Leonardo, Lorenzo, Valentino, Mattia, Giorgia, Lorenzo, Alice, Giuseppe, Giovannino, Miriam, Francesca, Sara; sono tanti e tutti insieme cantano con Jovanotti “…Mi ricordo lo stomaco a pezzi e i capelli salati, le grida feroci, le spinte, gli sguardi terrorizzati… Mi ricordo il deserto di notte, l’assurdo spettacolo di un cielo muto e qualcuno che è stato fratello strappato alla vita. E neanche un saluto”

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Tra i ragazzi due fratellini di etnia Rom impegnatissimi nella parte; tra il pubblico i genitori che ogni giorno, a piedi, li accompagnano da Scordovillo a S. Teodoro, per far vivere loro un’avventura educativa che spezzi i pregiudizi, accolga il diverso e attui un’integrazione non di parole, ma con i fatti. A introdurre l’evento Giulia Costanzo – collaboratrice del DS Prof. Francesco Vinci, la quale ha evidenziato il percorso presentato dai ragazzi, frutto di un costante percorso di cittadinanza - e Michela Cimmino che ad apertura ha raccontato del suo viaggio a Auschwitz e Birkenau, più volte organizzato sul Treno della Memoria, in quella che era una fase storica e politica ben diversa da oggi, non solo nella nostra città ma nel Paese. A conclusione dell’iniziativa i ragazzi di quinta hanno consegnato il testimone della Memoria agli alunni di quarta, davanti ai simboli della cultura ebraica, la menorah, lo zizzit, lasciati alla scuola dalla deportata Elisa Springer in occasione della sua visita nel 2004. Un messaggio di continuità, con il passaggio del testimone ai più piccoli che lavoreranno per la pace nel mondo, con l’impegno e la responsabilità di cittadini informati.

Lamezia e non solo


la scuola

Dalle gru al canto libero fra gli alunni di Ippolira Luzzo La scuola è fatta da bianche gru e da alunni in fiore. " Oggi 28 gennaio, in occasione della Giornata della Memoria, nell’Aula Magna dell’Istituto Comprensivo di S. Eufemia, alle ore 16,00, si è tenuto il recital degli alunni delle classi quarte, intitolato “La memoria rende liberi”, in omaggio a Liliana Segre, superstite dell’Olocausto e testimone dei campi di concentramento nazisti." leggo il comunicato stampa e partecipo su invito dell'insegnante che ha curato, insieme alle colleghe, l'evento. La Dirigente scolastica mi saluta cordiale con:- Ah abbiamo la blogger!- ed io felice faccio alcune fotografie a ciò che entrambe abbiamo notato, le gemme. L'albero dell'istallazione ha le gemme.

stella brillerà”. Le gru costruite con gli origami, presso i popoli orientali rappresentano la speranza e sono segno beneaugurante che si dona a chi è malato e sofferente. Quest’opera dunque, è una metafora della speranza. Essa, nel solco fertile delle parole della Segre, permette di sognare un mondo migliore, in cui “la memoria rende liberi”."

Le gemme fioriranno a primavera, pensiamo. Le gemme, come la libertà, in fiore, una promessa. Leggo ancora sul comunicato "Nell’ambito della manifestazione, alla Segre è stata dedicata anche un’opera installazione “Un albero della memoria per coltivare la speranza”, arricchito da gru di carta realizzate dai bambini e splendidi origami ottenuti utilizzando fotocopie delle pagine del suo libro “Fin quando la mia

che conosciamo: La guerra di Piero, Ad Auschwitz, Imagine, e scorrono immagini su un video dal campo di concentramento. I bimbi sono bellissimi, mai ho visto bimbi così belli, così interessati. In un altro video vediamo le classi all'opera, mentre preparano gli origami e mentre li appendono all'albero. L'istallazione resterà in ricordo, nella scuola, resterà come memoria di un sapere artistico che illumina sempre il fare. Una promessa di libertà. In canto.

L’albero dei giusti, l’albero delle gru, costruito con rami in gemme e sui rami i fogli del libro di Liliana Segre, in forma di gru. Leggono gli alunni stralci del libro di Liliana Segre, testimone di ciò che non dovrà essere dimenticato. Leggono alternando canzoni

Le perle di Ciccio Scalise

Maria e ll’angilU Quandu l’Angilu nduvi Maria ha jjiutu, “Avi, chjina i Grazzia”, ccià ddiciutu, e mmentri a povarella, ccì dicia cchi ssignifhicava, lllu ca priastu cci’arrivava nnu Criaturu, a mpurmava. “Cumu è ppussibbali?”, tiagnu sé u fhidanzatu, mà Peppi mia un mmà mmai, dicu mmai tuccatu, “Cc’ pensa llù Spiritu Santu, un Ttì prioccupari, Lamezia e non solo

mù Ti fhà ddivintari gravida e mmù Ti fhà sgravari. Quandu nesci llù Criaturu, Tù, cara Maria, u chjiami Ggesù, accussì vò llù Signuri, pirchì vò ddiri Sarbaturi. Ppì mmastru Pippinu, un Ttì prioccupari, ccì pensa llù Patri Santu airabbisari”: “A stù puntu iu cchi ppuazzu diri, fhacimu a vuluntà Sua e stavimu a bbidiri”

D’accussì, trà mumenti bbuani e mmali, hanu arrivatu alla notti i Natali, ed’hanu saputu cà, u Patri stù fhigliu ha mmandatu, pirchl u mundu piria, ed’avia dd’eassari sarbatu. Pua, ccì sunu stati, piriudi tristi e ppiriudi i Gloria, mà chistu pua Vù cuntu, chista è nn’autra storia.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 17


IL VOLTO SPIRITUALE DELLA CALABRIA

CATERINA BARTOLOTTA M I STI CA CALAB R E S E

di Fernando Conidi

LA CALABRIA, UNA TERRA PREDILETTA La Calabria, dal punto di vista religioso, è una terra trascendente, viva, animata da uno spirito umile che, come un viandante, cammina alla ricerca di Dio. La fede ha sempre incoraggiato le anime di questo popolo, che in essa ha trovato sostegno e grazia. Cristo vive nei cuori di molti calabresi, soprattutto in coloro che sono tralci della vite (Gv 15, 5-8). In essi il Signore continua la sua opera, che è sempre viva dentro e fuori dalle mura delle sue chiese. La Calabria è una terra prediletta, che può produrre molto frutto dalla sua stessa fede, ma, a volte, rimane schiava di coloro che vedono in Cristo un nemico, e non l’unica e vera speranza di salvezza. Questa è una terra viva, che soffre nella penombra in cui è stata nascosta la sua fede. Il Signore non abbandona mai il suo popolo, e noi calabresi apparteniamo a Cristo. Su questa terra hanno avuto dimora santi e mistici e, ancora oggi, Cristo attraverso la sua Chiesa incide nel cuore degli uomini le lettere “JHS” [Jesus Hominum Salvator], “Gesù Salvatore degli Uomini”.

i miracoli che l’uomo compie attraverso la grazia di Cristo a renderlo grande davanti al Signore, ma l’umiltà che possiede, che si oppone a quella stessa superbia che ha fatto precipitare il demonio negli abissi dell’inferno (Isaia 14, 12-23).

ne, per la capacità di amare e di donare un amore che parte da Cristo e si manifesta come irresistibile e irrefrenabile. Ogni uomo, se lo desidera, può essere un servo di Cristo, un messaggero, un amico, un fratello e soprattutto un figlio.

UN MONDO INGANNEVOLE Questo mondo, con le sue attrattive luminescenti, appariscenti, ingannanti, spinge alla ricerca della materialità, del benessere sfrenato, del materialismo più puro, facendo dimenticare all’uomo qual è la vera via della salvezza. L’Adamo moderno si lascia traviare ancora una volta, si lascia ingannare dal frutto proibito, dimenticando i comandamenti del Signore, manifestando un’incoscienza che non è altro che un vero e proprio abbandono nelle braccia del maligno. Negli oscuri inganni, che spingono l’uomo verso la ricerca di una spiritualità umana che abbandona Cristo e pone l’uomo stesso al centro dell’universo, si nascondono le insidie del maligno. Esso, attraverso i “nuovi vizi” - creature della modernità - inocula un veleno direttamente nell’anima che, quasi senza accorgersene, Raffigurazione della Madonna della Purificazione realizzata dal pittore s’incammina per le vie della IL VANGELO Giuseppe Grembiale di Tiriolo, nel 1974, su descrizione di Caterina perdizione. L’uomo ha perso SCRITTO NEI CUORI Il Vangelo di Cristo è scritto nel cuo- Il cammino dell’uomo è sempre sta- la strada, si ritrova smarrito, confuso, re dei calabresi. Un popolo umile, to cosparso di pietre d’inciampo, ma cammina su un sentiero senza meta, ma forte e intraprendente, che cerca anche di grandi grazie che il Signore alla ricerca disperata della verità, ma di mantenere la propria dignità difen- ha elargito con abbondanza, trac- solo dopo essersi reso conto che dendo la sua storia con le unghie e ciando la via della salvezza. La Chie- non c’è alcuna salvezza in tutto ciò con i denti. Da questa terra il Signo- sa di Cristo, oggi come ieri, compie che rimane nel mondo. re ha tratto anime predilette, che si la volontà del Signore guidando il sono distinte soprattutto perché si popolo alla fede e alla salvezza. As- SOLO L’AMORE RESTA sono umiliate davanti ai più poveri, sieme a essa, in mezzo al popolo, il Non c’è alcun tesoro nei beni mateservendo Cristo e innalzando il suo Signore trae delle anime, scelte per riali, che possa veramente soddisfaNome davanti alle genti. Non sono la loro umiltà, per la loro abnegazio- re il cuore umano. Ciò che rimane pag. 18

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


IL VOLTO SPIRITUALE DELLA CALABRIA per sempre, che è immortale, che supera il tempo e le distanze, è il sentimento con cui facciamo le cose, l’amore che mettiamo nel vivere, quello stesso amore che Cristo ci ha dato e che riusciamo a fare scorrere nelle nostre vene come linfa vitale. Rimane solo l’amore, tutto il resto passa e non ritorna mai più! CATERINA, UNA DONNA UMILE In mezzo a noi vi sono persone che hanno capito tutto ciò, che credono nella vita eterna, che credono in Cristo come Unico e Vero Salvatore. Esse divengono amici, fratelli, padri e madri di tutti noi, poiché chi ama secondo il Vangelo compie la volontà del Signore, e chi compie la volontà del Signore è nella grazia di Cristo. Una di queste anime è Caterina Bartolotta, una donna che guarda alla sua vita come a un qualcosa che non appartiene a lei, ma a Cristo. Questa donna, che ha le apparizioni della Santissima Vergine da quando aveva solo dieci anni, si sacrifica per gli altri, senza ricevere nulla da questo mondo, anzi, esso la contrasta con le sue ipocrisie, con le sue insidie, con la sua violenza, e non c’è violenza peggiore di quella che colpisce il cuore e l’anima. Caterina, sin dalla prima apparizione, ha desiderato donare tutta se stessa alla madre di Cristo, poiché chi serve la Madre di Cristo serve Cristo stesso.

Caterina nel 1974, assieme alla madre, davanti casa di Natuzza Evolo, a Paravati (VV)

pag. 19

si manifesta la parola del Vangelo, come disse Gesù: “[…] come io vi ho amato, così anche voi amatevi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13, 34-35).

Don Giovanni Capellupo, già direttore spirituale di Natuzza Evolo, segue Caterina durante un’apparizione della Madonna, a Settingiano

La Madonna le è apparsa per affidarle una missione. Una grande, penosa e dolorosa missione che vede Caterina offrire tutte le sue sofferenze fisiche e morali a Cristo; come se fosse sotto la Croce, Caterina vede Gesù sofferente e ansima nell’offrire se stessa, desidererebbe donarsi totalmente a Lui, in un unico olocausto fisico e spirituale che la renda invisibile davanti agli uomini e visibile solo agli occhi di Dio. Sì, perché lei non ama mostrarsi, non ama mettersi in evidenza, non desidera nulla per se stessa, se non poter continuare ad amare Cristo e compiere il percorso che Lui le ha donato attraverso sua Madre. UN ESEMPIO PER TUTTI Dal prossimo articolo, entreremo nel vivo di questa storia che dura da quarantacinque anni. Conosceremo meglio la spiritualità di una donna calabrese che è espressione della vera umiltà, della carità, dell’amore di Cristo. Lei, come ha prescritto il Signore agli apostoli (Mt 10, 8-10), non ha con sé due tuniche, né due sandali, gratuitamente ha avuto e gratuitamente dona. Questa donna è una guida, un esempio per tutti, perché non ha manie di protagonismo, né personalismi che la mettono al centro dell’attenzione, e perché in lei, nel suo amore per il prossimo, GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

UN INVITO ALLA CONVERSIONE Caterina Bartolotta è come una finestra su uno scorcio di Paradiso, poiché attraverso lei il contatto con il trascendente, con il divino, diviene percepibile. La Madonna le parla in ogni apparizione, e tutti coloro che hanno bisogno possono presentare le proprie speranze, i propri dolori, i propri dubbi, le proprie necessità alla Santissima Vergine Maria; e Lei, da Madre perfetta e amorevole, risponde con il suo aiuto materno. Colei che ha dato alla luce Gesù, che lo ha tenuto tra le sue braccia, colei che Dio ha scelto come Corredentrice dell’umanità, appare a un’umile donna della terra di Calabria. Ancora una volta, questa terra vive i doni di Dio, ritrova la speranza nella fede, accoglie l’invito di Cristo alla conversione. Come la stella del mattino preannuncia l’alba, così Maria, la Madre del Signore, con le sue apparizioni, invita alla conversione preannunciando una nuova era, poiché Cristo è alle porte, e Lei, Regina del cielo e della terra, le apre per la salvezza dell’umanità intera.

Caterina, com le stimmate, durante la Settimana Santa dell’anno 1985

Lamezia e non solo


Sport

ROYAL, LA LOTTA-SALVEZZA ENTRA NEL VIVO Si continua a giocare al PalaMaiata di Vibo Valentia nel vergognoso silenzio assoluto sul PalaSparti

Se si esclude la sconfitta dell’Epifania col Salinis, è stato un mese di gennaio alquanto prolifico per la Royal Team Lamezia. Dopo infatti sono arrivati 4 punti in 3 partite. Ma andiamo con ordine. Intanto a metà gennaio sempre al PalaMaiata di Vibo Valentia è andata in scena una vittoria pirotecnica della Royal contro la Lazio (7-4). Una squadra quella di Carnuccio alquanto determinata, forse sospinta anche dal ricordo della triste dipartita di Sissy, che dopo il coma era deceduta la sera prima. Tante ragazze con le lacrime agli occhi nel dolce ricordo, per alcune, della loro ex compagna nella Reggina femminile. Dunque una vittoria importante, griffata da Saraniti (una tripletta), Kale (doppietta), Di Piazza e Furno. Una prova di forza contro una Lazio alquanto quotata, tenuta sempre a bada nonostante le laziali si avvicinassero fino al 5-4. Ed una Royal parimenti determinata s’è vista, in parte, anche nella successiva gara che segnava l’inizio del ritorno. Contro l’Olimpus Roma (2-2) infatti, la Royal era andata avanti con gol di Di Piazza e Kale. Ad inizio ripresa ed in chiusura però due disattenzioni lametine hanno portato al pari delle romane, il secondo gol addirittura in inferiorità numerica per l’imperdonabile eccesso verbale di Kale, dopo aver ricevuto un giallo per gioco falloso, che ha causato l’espulsione. Due punti pesanti persi che si spera non pesino nel prosieguo. E si giunge all’ultima gara di gennaio, già sulla carta alquanto proibitiva: si viaggia alla volta di Milano, sul campo della capolista Kick Off e peraltro senza Kale e con la Furno infortunata, dopo la battaglia contro l’Olimpus. La sconfitta (12-1) è alquanto pesante, con Gatto che segna l’unico gol lametino. E tuttavia ci si aspettava sicuramente un atteggiamento diverso da parte della capolista, che invece s’è ‘divertita’ ad inferire senza quella forma di elegante sportività contro una Royal rimaneggiata, acciaccata e che voleva soltanto limitare il passivo. Ed inizia il mese di febbraio con la corroborante vittoria contro Napoli fanalino di coda. 4-0 a favore della Royal che realizza con

pag. 20

di Rinaldo Critelli

Kale, Saraniti due volte e Di Piazza, gol premiato dal sito della Divisione Calcio a 5 come il secondo sui tre scelti. La brava Di Piazza, che ha compiuto passi da gigante finora, sta acquisendo ogni domenica sempre più dimestichezza con la categoria. E si viaggia alla volta della lunga trasferta di Sarcedo col Breganze martedì 12 febbraio, con la Furno ancora alle prese col recupero dall’infortunio e dunque non del match. Anche qui buona Royal nel primo tempo, sfiorando almeno 4 volte il vantaggio con un palo di Kale che urla ancora vendetta, ma ancor di più il suo successivo pallonetto, alzato dalla connazionale Castagnaro. E così a metà tempo giunge il vantaggio delle venete, che poi arrotondano nella ripresa, prima del gol di Saraniti (12° stagionale) che sembrava riaprire il match, invece un altro gol Breganze chiudeva il match sul 4-1. Ora, prima di andare in stampa, la sosta del 17 febbraio prima che, la domenica successiva, si torni in casa a Vibo Valentia contro il Real Statte, squadra che da inizio torneo occupa stabilmente una delle prime due posizioni e dunque match alquanto difficile ma che dovrà vedere la Royal protesa all’unico risultato possibile per sperare nella salvezza, la VITTORIA!!! Interessante l’analisi di mister Carnuccio dopo Breganze: “Sono molto contento della mia squadra, forse una delle migliori in trasferta. Più volte abbiamo messo in difficoltà il Breganze sul palleggio e con un’ottima fase difensiva. Siamo usciti sconfitti ma consapevoli di aver migliorato la prestazione. Dispiace per alcuni errori individuali, ma le ragazze vanno elogiate in blocco. Ora pensiamo alla prossima. Miglior plauso alla squadra ce lo hanno fatto anche gli avversari che ci hanno elogiato a fine gara”. Ed infatti mister Zanetti del Breganze sottolinea: “Ho trovato un ottimo Lamezia, molto cambiato in meglio rispetto all’andata, dispiace per i pochi cambi a disposizione. Si è vista un’ottima impostazione di gioco ed un grande spirito di sacrificio. Mi auguro per loro che raccolgano sul campo ciò che stanno costruendo e possano ottenere la salvezza tanto agognata. Dopo un primo tempo in equilibrio sono venute fuori le nostre individualità e hanno fatto sì che la ripresa prendesse un’altra piega. Ciò non toglie che grossi meriti del primo tempo vanno ad un Lamezia bene impostato in campo”. Insomma Una prestazione che induce all’ottimismo in vista di questo sprint finale. Sullo sfondo ovviamente sempre l’incredibile chiusura del PalaSparti, che alla data di uscita di questo mensile (intorno al 10 marzo) avrà toccato la durata di ben 438 giorni. Una vergogna inaudita che però non fa smuovere alcuna coscienza tra chi potrebbe e non interviene!

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


Sport

Pre-Partita di Vincenzo De Sensi Prima della partita. L’attesa, il nervosismo, le parole dell’allenatore, i gesti scaramantici, il respiro affannoso, le mani del massaggiatore, forti e sicure, i muscoli che riacquistano vigore ed energia, la maglia da indossare, i tacchetti da regolare e la faccia dell’avversario, quella faccia già vista, già incontrata. Poi, tutti in campo nell’urlo esagerato della follfa. Il saluto, le strette di mano, quella faccia, il fischio dell’arbitro. Prima della partita non ci sono vincitori o vinti. Tutto è ancora da decidersi, nel gioco sottile delle possibilità. Sei nel tuo limbo, a immaginare un “dopo” che ti vede protagonista: sei stato il più bravo, con quel gol che hai voluto dedicare ai tuoi figli, hai già pronte le risposte per l’intervista.

Prima della partita i dadi restano sospesi in aria, puoi contemplare il tuobluff, fuori non sai se piove e c’è il sole. E, in fondo, non vorresti mai cominciare a giocare. Meglio restare dentro il sogno, naufragare nell’illusione. Venite a prendermi per mano, ora, voi che siete stati i miei maestri consapevoli e i miei complici ignari. Voi che mi avete insegnato la poesia e l’amore, la disperazione e la fragilità di un rimbalzo del pallone. Venite adesso, in questi giorni di nuvole capovolte, di guerre e dolori, di bombe intelligenti che colpiscono i bambini e risparmiano i mandanti, di nuove crociate... hanno ripreso a camminare, lente e dolenti, le madri anche i silenzi disturbano, non è più il tuo tempo, non c’è più amicizia, nel mercato dei

sentimenti usati. Anche il calcio, che era il nostro passatempo, uno dei nostri pensieri dominanti, è diventato affare per colletti bianchi: Cancellati la finta disperata, sbilenca, perfetta di Manè Garrincha, il sinistro abbagliante di Gigi Riva e quello cangiante di Diego Armando Maradona, la rovesciata proletaria di Pietruzzu Anastasi e l’eroico colpo di testa in tuffo di Enzo Pascutti, il dribbling artistico di Gigi Meroni, la scaltrezza atavica di Pablito Rossi, persino l’agonismo ferrigno di Beppe Furino e Romeo Benetti. I numeri delle maglie raccontavano gli uomini. Sugli spalti degli stadi la passione faceva fiorire racconti J. E la via del ritorno s’accendeva d’ebbrezza per la domenica successiva.

vincenzo villella

JOACHIM

MURAT

REGIONE CALABRIA

REGIONE CALABRIA

Lamezia e non solo

Con il cofinanziamento della Regione Calabria e dell’Associazione Culturale Gioacchino Murat Onlus PAC Calabria 2014/2020 Azione 1 Tipologia 1/2

La vera storia della Morte violenta del Re di Napoli

vincenzo villella

Vincenzo Villella, giornalista, storico, socio della Deputazione di Storia Patria Calabria. Sono tante le sue pubblicazioni. Tra le più importanti: La Calabria della rassegnazione (tre volumi 1984, 1985, 1986); L’albero della libertà (1987); Lotte per la terra e il lavoro in Calabria (1988); Chiesa, società e comunismo in Calabria nel secondo dopoguerra (1990); Trono, altare e sette nella Calabria risorgimentale (1997); Scheria, la terra dei Feaci. La piana lametina dalla protostoria alla modernità (2004); La judeca di Nicastro e la storia degli ebrei in Calabria (2005); I briganti del Reventino (2006); Figli di nessuno, figli della colpa. Esposti, proietti e trovatelli nell’emarginazione sociale dei secoli XVIII e XIX in Calabria (2013); Giudecche di Calabria (2014); I vescovi calabresi e il “Fronte rosso” (2015). È stato direttore della collana “Ricerche e studi storici sulla Calabria” per la casa editrice La Modernissima dei Fratelli Gigliotti di Lamezia Terme e responsabile della collana di microstoria calabrese NAUTILUS per InCalabria edizioni. Dal 1990 al 1996 ha diretto la rivista trimestrale di cultura meridionale Il Corriere calabrese, pubblicata a Lamezia Terme.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

a scit

in u

Della controversa figura di Gioacchino Murat nel corso di oltre due secoli si sono occupati a livello europeo storici, letterati, cinema, teatro, arte. Soprattutto sulla sua drammatica morte a Pizzo si è concentrata l’attenzione, coinvolgendo in un dibattito ancora aperto i sostenitori del complotto tesogli dal governo borbonico e i convinti assertori che invece si sia trattato di una folle impresa fortemente voluta da Gioacchino per riconquistare il regno perduto. La ricerca di Vincenzo Villella, ricostruendo la vastissima bibliografia sulla morte di Murat e arricchendola di nuovi importanti contributi archivistici, getta una luce nuova sull’effettivo ruolo avuto nella cattura e nella esecuzione capitale di Gioacchino dal governo borbonico e da una parte ben definita del popolo della città di Pizzo, dichiarata “città fedelissima” dal re Ferdinando.

pag. 21


LAMEZIA – ASD FISIODINAMIC:

PUNTO DI RACCOLTA DELLE ARTI MARZIALI MISTE, DELL’AEROBICA, STEP, ZUMBA, PALLAVOLO, BODY BUILDING E NON SOLO… Capizzaglie FC e all’atleta Maccarrone Vincenzo per la loro collaborazione nell’organizzazione. Il maestro Antonio Ciliberto, inoltre, esprime gratitudine e riconoscenza verso Marco Di Matteo, suo amico fraterno sin dai tempi di Napoli. Infine grande colpo per la Asd Fisiodinamic che si assicura le prestazioni del grande e carismatico maestro Enzo Failla, convinto da Antonio Ciliberto, suo pupillo… Vi aspettiamo numerosi nella sede della Asd. Fisiodinamic… Come sempre un pensiero v a al patrono della città, S. Antonio, al quale siamo tutti molto devoti.

La ASD FISIODINAMIC sita in via Trento si distingue e si è sempre distinta nello scenario dello sport lametino per le numerose discipline che si svolgono nella bellissima sede rinnovata e per le innumerevoli manifestazioni svolte. Gli insegnanti Luigi Nicotera e Lina Ferraro hanno avuto l’occhio lungo… assicurandosi le prestazioni professionali della Dott.ssa Martina Di Cello, campionessa mondiale di Karate; della personal trainer di esperienza, Francesca Torchia, nonché di Ioana, istruttrice di Aerobica, Step e Zumba, con esperienza maturata all’estero. lo staff della Asd è inoltre arricchito dalla presenza dell’arbitro nazionale Barresi Gennaro e del maestro Antonio Ciliberto con esperienza maturata a Napoli, otre che in zona . Quest’ultimo oltre ad essere nel settore del pugilato con i vari maestri Natale Minieri, Angelino Mascaro, Pullia Giuseppe, maestri e professori, e con il direttore Giacomo Villella, collabora con la Asd Penta-Vibo e con il Palasport e la Piscina di Vibo Valentia, strutture gestite dal prof. Daniele Murdà. Sabato il Prof. Daniele ha premiato il maestro Ciliberto per l’impegno e la passione profuse nello sport. Il grande trasporto per lo sport del maestro Antonio Ciliberto, nella Asd Fisiodinamic, insieme alla personal trainer Francesca Torchia, ha fatto sì di scoprire il nuovo ariete della ASD FISIODINAMIC Montuoro Giovanni dal fisico possente e ben corazzato che ben presto figurerà nelle gare di Body Building il quale va ad aggiungersi ai vari atleti come Yuri Boyka , campione ucraino, Ettore Talarico, ex calciatore, i quali sono allenati e ben visionati anche dall’arbitro nazionale AIA Barresi Gennaro. Gli atleti stanno ben figurando con allenamenti funzionali e varie tecniche di difesa personale: i vari maestri/istruttori sono molto soddisfatti di loro. Un altro dato importante per la Asd Fisiodinamic è il forte legame verso i suoi sostenitori nelle gare ufficiali e nelle uscite,i quali sono il taxi n. 1 Driver di Frasali Pino, sempre disponibile nel portare gli atleti ovunque il pronto intervento l’Autocrew di Vincenzo Mancuso , nel quale collabora il portiere di calcio della San Pietro e Paolo De Fazio Francesco. Un ringraziamento va anche a Buccinna Francesco, ex dirigente pag. 22

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


Carissimi lettori, come tutti ben sanno, non ho una fede calcistica. Posso dire, addirittura, che il calcio non sia ai primi posti nella classifica dei miei interessi, eppure, ogni tanto, rigurgiti del mio passato di giovane juventina, si fanno vivi e mi ritrovo, ormai senza più una squadra del cuore, a seguire alcune partite… Ciò che, invece, del calcio, mi interessa davvero, è lo scoprire la personalità degli allenatori. Da quando i calciatori sono diventati divi, son diventati compagni delle star, non so perché, ai miei occhi hanno perso fascino, a vantaggio, appunto, degli allenatori, le cui personalità, ormai compongono l’ossatura delle varie squadre e anche molto di più. E’ ovvio che, appunto, fra i gendi del mestiere, nessuno possa far a meno di pensare a lui… al grande José. José Mourinho, il re, che ha mutuato il soprannome da quello che tempo prima fu affibbiato al grande Pelè, è, in effetti, il sovrano degli allenatori. Amato, odiato, vituperato, osannato, José è diventato un mito, nell’immaginario positivo o negativo di ogni appassionato di calcio… e non solo. Ciò che mi ha portato a leggere “MOURINHO”, il libro dei suoi ricordi, corredato di foto e di didascalie, scritto da lui stesso, è il fatto che il grande José appartenga alla mia generazione. Nato nel gennaio del 1963, rappresenta per noi nati nello stesso anno, il simbolo della vittoria, della forza umana e della resa impossibile. Molti lo considerano pieno di sé, irriducibile narciso, scandalosamente diretto e presuntuoso, ma, in sostanza non è che un uomo che lavora sodo, che ama il gioco di squadra, un talento che vede lungo e guarda lontano. Non nascondo che, spesso, nel mio lavoro, molto simile al suo, mi sono identificata in lui, nella sua voglia di vedere il suo impegno, non solo come un modo per lavorare, guadagnare e diventare famoso, ma un modo per raggiungere i cuori, con la leadership e con un forte credo, i risultati, non sperati, ma fortemente voluti. Nel suo carisma ho scoperto quello che anima anche me: il gioco di squadra, come la riuscita di una classe, non dipende solo Lamezia e non solo

dal singolo calciatore o dal singolo alunno, ma da chi guida tutti e sa farsi amare. Quel farsi amare, al contrario di ciò che sembra, non è per nulla narcisistico, ma è, invece, il percepire le capacità e i talenti di ogni singolo: valorizzarlo, motivarlo, per ottenere il massimo da ognuno, per se stesso. Inevitabilmente, come effetto e conseguenza sicuri, si procede anche verso il successo personale, non in base all’autorevolezza, ma all’amalgama. Mi piace, poi, di lui, la fierezza di non vergognarsi di sentirsi un vittorioso, per i risultati e per quella incapacità tutta sua ad essere falsamente umile, tipico di molti invidiosi perdenti. Non piace per questo, a molti, il sire: sua Maestà risulta ostico e spigoloso, dallo sguardo attento e appuntito, senza pigrizie e senza falsa modestia. E di ciò, come tutti i regnanti, egli ne fa un punto di forza, così come di tutti i nemici e di tutti i suoi detrattori: impara dagli avversari, li studia, nella vita, come nel calcio e non ha bisogno del codazzo di fans e consiglieri e, come dice lui stesso, ascolta solo la sua coscienza. Solo, come tutti i grandi condottieri storici, che si rispettino. Per questo, Mourinho, ha fatto leva anche su di me, che non mi interesso di calcio: per questa sua grande abnegazione nell’impegno profuso, per il suo non volersi mai risparmiare, per la causa che abbraccia, certo di quel motto che rese grande un altro mito: “Se non hai nemici, non hai carattere” (Paul Newman)… Nel libro da lui scritto e corredato da foto edite ed inedite, José si mette a nudo: “Su di me sono stati scritti molti libri, alcuni dei quali per mano di persone che non mi conoscono neanche, pieni di falsità e distanti anni luce da ciò che penso, da chi sono e da cosa provo.” E non fa mistero sul suo carattere: “Sono una persona molto emotiva. Posso piangere per una vittoria e sorridere per una sconfitta.” … Esattamente come me… Ah, ah, ah! Egli continua ancora, nell’Introduzione: “Dopo una vittoria, penso alla felicità che prova la mia famiglia, mi godo l’orgoglio dei miei giocatori e mi lascio inondare dalla gioia dei tifosi. Ma se sorrido di una sconfitta, è perché penso subito a giocare

la partita successiva, perché so che la reazione mi renderà migliore e più forte, perché ogni sconfitta, per me, è solo il prologo di una nuova serie di vittorie.” … E dice anche una cosa che io dico spesso ai miei alunni: “Ringrazio il gioco del calcio (io, la scuola) per avermi permesso di realizzare i miei sogni di bambino”… Perché, personalmente, non ho mai visto la mia istituzione come un refugium peccatorum, ma come un luogo in cui misurarsi, non solo con e per una disciplina, ma con e per la vita… Di Mourinho resta indelebile la sua burbera espressione: “Zero tituli”, che ripeto, spesso, anch’io, citandolo. E il gesto dei pugni chiusi e incrociati, in segno di rabbia… Un mito è sempre un mito. Non importa quale squadra alleni: mi piacciono i forti caratteri, non chi si mette un gradino più in basso e fa l’umile solo per piacere agli altri. Perché vi è più umiltà in un fiero e tanta superbia in chi non ha stima di sé e si finge altruista… Ringrazio Mourinho per aver dato lustro alla mia generazione, per e col suo temperamento, perché ogni Re è unico nel suo genere… Buona lettura. Piacevole anche per i detrattori, parola di Regina! Alla prossima.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 23


Rimembrando

di Marco Cavaliere

Un simu nenti

Una delle cose che mi ha sempre affascinato, degli anziani del sud e del loro linguaggio, è la brevità. Scaffali interi di enciclopedie, scritte da luminari con l’intento di spiegare tutto lo scibile umano, volumi impolverati pieni di storie e poesie, scritte dalle penne più sensibili del pianeta, con l’intento di raccontare l’amore, il dolore, i sentimenti e le sfumature dell’esistenza. Centinaia di migliaia di pagine, messe una sull’altra, accatastate come i grattacieli di New York, strutture interminabili, valanghe di tentativi di spiegare, dire, di articolare. Poi però arrivano loro, gli anziani del sud, e con tre parole ti spezzano le ginocchia. Ti demoliscono interi quartieri. Tu arrivi con l’esercito, con i carrarmati carichi e loro vincono la guerra con il cucchiaino che usano per girarti il caffè. Se ne stanno lì seduti, con un cappello o una sciarpa in testa, come a voler coprire i pensieri, corteggiano un braciere affiché riscaldi i loro ultimi anni, ti guardano oltre le rughe e con tre parole ti condensano una quindicina abbondante di quegli scaffali stracolmi, di quei grattacieli titanici. Ciao ciao Nuova York. E forse tutta la poesia più alta del mondo sta davvero lì, tra le mani stanche degli anziani del sud. Perché essere prolissi è semplicissimo, articolare è un esercizio scolastico. Ma la grandezza nell’uomo si nasconde nella capacità di sintetizzare, nella chimica come nella letteratura. - Nonno, ciao. - Oilà. - Tutto a posto? - Quello che non è fuori posto. - Giusto. - Tu? - Tutto a posto. - Bravo. - Hai saputo? Del padre di Mimmuzzo? - Me lo ha detto tua madre, sì. - E mannaggia... stava male da un po’, eh. - Eh. - Mi dispiace, però. - Eh, purtroppo... Chista è, Marcù.

Testata Giornalistica Di tutto un po’ - lamezia e non solo anno 27°- n. 51 - febbraio 2019 Iscrizione al Tribunale di Lamezia Terme dal 1993 n. 609/09 Rug. - 4/09 Reg. Stampa Direttore Responsabile: Antonio Perri Edito da: GRAFICHÈditore Perri Lamezia Terme - Via del Progresso, 200 Tel. 0968.21844 - e.mail. perri16@gmail.com Stampa: Michele Domenicano Allestimento: Peppino Serratore Redazione: Giuseppe Perri - Nella Fragale - Antonio Perri Progetto grafico&impaginazione: Grafiché Perri-0968.21844

Le iscrizioni, per i privati sono gratuite; così come sono gratuite le pubblicazioni di novelle, lettere, poesie, foto e quanto altro ci verrà inviato. Lamezia e non solo presso: Grafiché Perri - Via del Progresso, 200 -

pag. 24

- Già. - Un simu nenti. Mio nonno, davanti a notizie tristi o alla scomparsa di qualcuno, commentava sempre con quella frase lì. Tre parole in dialetto calabrese, semplici come la pasta cruda eppure precisissime: “Un simu nenti.” “Non siamo niente.” In quelle tre parole, come solo il dialetto a volte sa fare, i nostri nonni condensavano l’essenza dell’esistenza umana, l’intera filosofia del carpe diem, l’inevitabilità degli eventi, la spietatezza del destino, l’urgenza di vivere ogni attimo. Era come se volessero, con quelle tre semplici parole, farci capire la vita. Farci capire che, questa assurda e imprevedibile vita, capirla forse non si può, che non ha senso neanche chiederselo né darle troppo peso. O che forse ha senso darle tutto il peso possibile, appesantirla affinché sia leggera, caricarla fino all’orlo, stropicciarla, sgualcirla, stancarla fino allo stremo ma viverla. Viverla in ogni attimo. Viverla finché c’è, renderne grazie, accettarla come un miracolo e onorarla con la pienezza. Senza lamentarsi di ciò che manca, senza rinunciare al presente per un futuro aleatorio. Senza pensare troppo a cosa siamo stati, a cosa siamo e a cosa saremo, concentrarsi invece sull’esserlo. Sull’esserci, ma esserci veramente. Concentrarsi sul costruirlo, sul goderne. Perché alla fine della fiera, quando si spengono le luci e si chiudono i tendoni, quando meno te lo aspetti, la somma di tutto ciò che sei stato rivela il suo totale. Ecco, i nostri nonni incredibilmente, con la terza media o anche meno, quel totale lo avevano calcolato bene. E provavano a condensarlo in quella frase, per insegnarci la vita prima che fosse tardi: “Un simu nenti.”

88046 Lamezia Terme (Cz) oppure telefonare al numero 0968/21844. Per qualsiasi richiesta di pubblicazione, anche per telefono, è obbligatorio fornire i propri dati alla redazione, e verranno pubblicati a discrezione del richiedente il servizio. Le novelle o le poesie vanno presentate in cartelle dattiloscritte, non eccessivamente lunghe. Gli operatori commerciali o coloro che desiderano la pubblicità sulle pagine di questo giornale possono telefonare allo 0968.21844 per informazioni dettagliate. La direzione si riserva, a proprio insindacabile giudizio, il diritto di rifiutare di pubblicare le inserzioni o di modificarle, senza alterarne il messaggio, qualora dovessero ritenerle lesive per la società. La direzione si dichiara non responsabile delle conseguenze derivanti dalle inserzioni pubblicate e dichiara invece responsabili gli inserzionisti stessi che dovranno rifondere i danni eventualmente causati per violazione di diritti, dichiarazioni malevoli o altro. Il materiale inviato non verrà restituito.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.