lameziaenonsolo ottobre 2020 incontra Raffaele Talarico

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L I À R I E USC

R B M E V A NO

O I R A D N E L A C O O N M I I T R E P M A L O T T IA E P O L C A A I U IN D A TA LA T Nicastro 1847

I R E R B I PRENO IN L , A L NTE O E C I M D A E T ET IN R I D O ND A M A 44 I 8 1 2 . 8 6 O CH Via delLProgresso 9 A LO 0 - Lamezia Terme • 0968.21844

2021

'U calendariu lametinu

«Le lingue romanze ufficiali, come l’italiano, sono in sostanza degli antichi dialetti che, per ragioni varie, hanno raggiunto un particolare prestigio: quanto mastichiamo nella comunicazione, in fondo, poi, nasce proprio dalle parlate locali di Dante, Petrarca e Boccaccio. Oggi, se è vero che i dialettofoni sono minori degli italofoni, corre comunque l’obbligo di ripercorrere all’indietro il fascino di tante nostre storie, fatte d’accenti ed espressioni intraducibili. Rinunciare a questa diglossia è perdere l’intimità col proprio territorio, finendo col distanziarsene; tutto ciò, appunto perché perdita, sarebbe un vero peccato, a mio dire!»

(Francesco Polopoli).


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Le radici del Tempo di Raffaele Talarico

La riscoperta di un uomo eclettico, figlio della nostra terra. Nelle cime estetiche di Talarico si fondono vita e poesia, realtà e sogno, abissi dell’animo umano di Antonio Perri

Sabato 19 settembre 2020 nel piazzale della tipografia Perri e Grafichè Editrice si è svolto il convegno di presentazione della raccolta di poesie Le radici del tempo di Raffaele Talarico a cura di Filippo D’Andrea. Uno scenario suggestivo ed un pubblico molto interessato sono stati la cornice delle parole dei relatori prof. Italo Leone e del curatore. L’editrice Nella Fragale prendendo la parola ha annunciato l’istituzione di un premio di poesie intitolato a Raffaele Talarico, il sindaco Paolo Mascaro e l’assessore alla cultura Giorgia Gargano hanno argomentato sulla continuità di una politica culturale per la città di Lamezia che intendono portare avanti,

incontri con gli alunni del Poeta Talarico nel liceo scientifico e soffermandosi su alcune liriche di particolare significato, mentre il prof. Filippo D’Andrea ha sviluppato un taglio filosofico della poetica richiamando anche aspetti personali della sua amicizia. Il motivo che ha spinto il curatore alla realizzazione di questo secondo volume è raccogliere alcune poesie di Talarico sparse in varie pubblicazioni ed inedite. Liriche riferite alla Calabria ed agli affetti familiari. Una Calabria fatta di tanti paesi: Carlopoli, Lamezia, Bella, Isca, Catanzaro, e tanti altri e dei quali ne ha descritto la bellezza ed esaltato la magia. L’approfondimento della poliedri-

lezza. Nelle cime estetiche di Talarico – ha precisato - si fondono vita e poesia, realtà e sogno, ascetica artistica e abissi dell’animo umano, ricerca dialettica del vero e contemplazione dinamica del bello. Di seguito, il prof. Italo Leone, afferma - La personalità eclettica di Talarico lo induce a spaziare in vari campi artistici. Si dedica alla poesia e alla pittura, partecipando a mostre e a premi letterari importanti. La frequentazione degli ambienti letterari e artistici gli consente di conoscere di persona molti artisti e poeti, tra cui Ungaretti, Ibrahim Kodra, Mimmo Rotella, Angelo Gaccione, Manrico Murzi, Gianni Tirelli, Elia Festa, Geri Pala-

e la volontà di far conoscere alle giovani generazioni Raffaele Talarico, intellettuale eclettico di grande spessore che ha lasciato un patrimonio letterario di altissimo valore. La conduttrice e giornalista Maria Scaramuzzino ha moderato con essenzialità i lavori. Il prof. Italo Leone ha sviluppato il suo discorso ricordando gli

cità di Raffaele Talarico lo ha sollecitato a cercare la sintesi interiore, il suo convincimento esistenziale, il suo orizzonte di comprensione, il suo sguardo sul reale e sullo spirituale. Una dimensione vitale in un orizzonte poetico di fini intuizioni, - ha detto Filippo D’Andrea - di saette di genialità, di gratuità pura, di visioni di bel-

mara ecc, con i quali instaura una profonda amicizia e collaborazione. Vive tra Genova, Milano e Catanzaro, dove insegna all’Accademia di Belle Arti. Negli anni novanta risiede a Bella di Nicastro e, negli ultimi anni di vita, a Isca sullo Ionio. Il volume, curato dal prof. Filippo D’An-

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drea, consente agli studiosi di storia della letteratura lametina di aggiungere un poeta importante ai tanti già conosciuti e studiati. Talarico ha una formazione e uno stile classico che lo avvicinano ai maggiori poeti in lingua quali Mastroianni, Costabile, Majone Mauro. Il classicismo nei contenuti e nelle forme espressive è una caratteristica di tanti poeti lametini che, nell’ambito della lettera-

dello Spirito si concedesse particolarmente all’Uomo-Poeta. Momenti di grazia che Raffaele Talarico rendeva partecipe in maniera naturale chi gli stava vicino, anche occasionalmente. Generoso per sua natura, apriva il suo mondo a tutti, a tutti prestava gli occhi con cui vedeva l’esistenza. Talarico - ha affermato D’Andrea - guardava con gli occhi di poeta, sentiva con

verso una sua musica interiore. Lo sguardo dell’Uomo-Poeta, nell’atto creativo, leggeva in profondità vicoli, rughe, piazze, e dipingeva nell’atto compositivo affreschi lirici, costituitisi dono d’illuminazione della verità della città, e ri-scolpendo il corpo urbano, ne faceva emergere l’anima. Il suo entusiasmo era fortemente comuni-

tura calabrese del Novecento, tendono a una letteratura alta di livello nazionale. Poesia, prosa, teatro, pittura, musica, aforismi, sono le dimensioni della sua tensione intellettuale dello spirito di Talarico, occhi interiori rapiti dalla luce della bel-

cuore di poeta, capiva con intelligenza di poeta, contemplava con animo di poeta, viveva la poesia, viveva poetando e poetava vivendo. Poesia dentro il vissuto quotidiano, dentro la società degli uomini. Ed il feriale, il consorzio umano cibo per la poesia. Il suo progetto spirituale: la po-

cativo – ha continuato D’Andrea - del profondo convincimento che la vita è vita se è poesia viva, e ciò è possibile solo nella gratuità pura, radice della libertà limpida del Poeta. Quasi una forma di libertà mistica, che apre il proprio giorno all’ascesi concreta perenne. In tale concetto egli fu

lezza. La creazione artistica e l’esperienza dello spirito umano toccano vette di perfetta sintonia. Infatti, Raffaele Talarico esercitava una padronanza ri-creativa sulla realtà, quasi come se la scintilla creatrice

esia che nutre il giorno, dai suoi dettagli alla larghezza piena del suo orizzonte, e offre colore alla città. E’ stato Cantore della città. Ha declamato Genova, Milano, Catanzaro, Carlopoli, Isca, Lamezia dando voce ai luoghi attra-

a suo modo un missionario della poesia, dello spirito creativo dell’artista, avamposto di un terreno dello spirito divino. Afferma il prof Leone - Il sentimento poetico di Talarico va oltre la semplice descrizione: il paesaggio viene trasfigurato,

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diventando un’espressione della sensibilità del poeta, una realtà vivente in sintonia con il suo animo. La tecnica si avvale di una conoscenza profonda della poesia del Novecento: Talarico riprende in modo personale l’analogia di Ungaretti, l’anafora, l’accostamento tra paesaggio e il ca-

strumento per ingentilire l’animo, formare le coscienze, al di là dello sguardo superficiale e omologante della gente comune nell’epoca del consumismo. E’ questa tensione che lo portò a entrare nelle scuole per far comprendere a docenti e alunni che tutti possiamo essere poeti, se

poeta di strada (p.53): un inno alla vita, alla luce del Sole che dà vita, alla voce del poeta che trova parole sempre nuove per cogliere l’Essere profondo delle cose, lontano dalla banalità del discorso quotidiano.

rattere tipico dei calabresi, come era stato per Costabile. La metrica oscilla tra l’uso sapiente dell’endecasillabo e il verso libero. C’è in questa raccolta l’attenzione del cronista per gli ambienti sociali, da quelli dell’alta borghesia a quelli degli umili, senza giungere alla denuncia sociale. E’

riusciamo a guardare il mondo in maniera diversa, trovando parole nuove per esprimere anche le cose più semplici. Perché i poeti, come dice Heidegger, sono “i più arrischianti”, gli indagatori dell’essere attraverso la parola riscoperta nella sua apertura originaria al reale. Ho conosciuto Raffaele Talarico molti

Gesù/domani Sole/voce parole nuove/e voce/voce ancora/…

presente invece l’attenzione alla psicologia dei personaggi colta attraverso i loro movimenti spontanei e le loro parole. (Peppina, p.37 e Berenice p.76). Ma la peculiarità di Talarico come poeta è nel suo amore per l’arte intesa come

anni fa, al Liceo Scientifico di Lamezia Terme dove, apostolo della fede nell’arte, portava il suo messaggio per sensibilizzare alunni e docenti alla poesia. Questa silloge ci aiuta oggi a capire meglio questo originale poeta, Preghiera del

Amico di geniali intuizioni e lunghe passeggiate e conversazioni aperte su tutto, dice Filippo D’Andrea, Talarico rappresenta uno dei maggiori artisti e poeti intellettuali del dopoguerra calabrese.

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Raffaele Talarico attraverso la sua vita e la sua opera ha avuto il compito di svegliare l’uomo dal sonno dell’indifferenza verso la bellezza, quella bellezza che eleva e libera, redime e salva.

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teatro

Riprogrammate le date del 43° MUSICAMACALABRIA 2020 EVENTI AMA CALABRIA

Lamezia Terme - Il 43° MusicAmaCalabria previsto dall’11 al 20 ottobre 2020 a Lamezia Terme è stato riprogrammato, sempre nella città della piana per il 9 - 18 dicembre 2020. Il cambio di date si è reso necessario a causa della pubblicazione da parte del Dipartimento Segretariato Generale della Giunta Regionale Calabrese del Decreto n. 9591 del 21 settembre 2020 con il quale si è proceduto all’annullamento di parte del procedimento relativo all’Avviso Pubblico Grandi Eventi 2020. Lo stallo verificatosi nella pubblicazione della graduatoria prevista dall’ Avviso pubblico per il 28 agosto scorso, le incertezze sui tempi necessari all’avviamento ex novo del procedimento di istruttoria e di valutazione delle domande presentate il 28 luglio 2020 e altri eventuali rallentamenti oggi non ipotizzabili, impongono realisticamente questa sofferta scelta. I contenuti artisticoprogrammatici del 43° MusicAmaCalabria - già presentati nel corso di un’affollata conferenza stampa presso la Sala Napolitano del Comune di Lamezia Terme il 15 settembre 2020 che ha raggiunto 3350 persone sul canale facebook dell’associazione rimangono invariati grazie alla straordinaria disponibilità dei grandi artisti internazionali invitati che hanno riprogrammato i loro calendari. A loro, ai tanti partners nazionali e internazionali e al pag. 6

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pubblico, AMA Calabria desidera rivolgere un sentito non formale ringraziamento per la comprensione e i disagi arrecati indipendenti dalla propria volontà e dà appuntamento al 43° MusicAmaCalabria che, per gli alti, originali, innovativi e unici contenuti progettuali resi pubblici attraverso i media, avrà regolarmente corso dopo la pubblicazione della graduatoria dei grandi eventi calabresi. A presto Francesco Pollice

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teatro

“Castle of light in Caccuri”

una originale e innovativa produzione teatrale dei Vacantusi delizia il pubblico del Premio Letterario Caccuri 2020 VINTO DA RENZO E CARLO PIANO

2008 2018

sul palco da 10 anni

i VACANTUSI

Castle of light in Caccuri, la meraviglia e lo stupore di due creature che schiudono gli occhi alla vita: REspirare, PA-rlare, CA-mminare mentre tutt’intorno il creato dispiega le sue bellezze. Una performance breve ma intensa quella di Sabrina Pugliese e Angela Gaetano attrici della Compagnia teatrale I Vacantusi di Lamezia Terme ospiti al Premio Letterario Caccuri 2020. Come due folletti impertinenti sbucano all’improvviso nello spazio scenico disseminato di tronchi, fiori, foglie. Un ambiente naturale riprodotto, in realtà aumentata, dalle suggestive immagini curate dal videomaker Enrico Pulice: cieli immensi e voli di uccelli, Big Bang e foreste pluviali, api laboriose e farfalle svolazzanti, mari in tempesta e distese di girasoli in cui si immerge la parola pura, teatrale, declamata. Un inno alla vita che esiste e resiste, alla perfezione della natura anche nelle sue più piccole particelle, all’amore che è l’essenza che unisce il significato di tutte queste cose e un invito a cercare la felicità in una pioggia di cuori rossi. Lo spettacolo, molto apprezzato dal pubblico presente, è andato in scena domenica 20 settembre nel cortile del castello medievale di Caccuri, magica cornice che ha ospitato molti eventi del ricco cartellone dell’omonimo Premio Letterario. Giunto alla sua nona edizioLamezia e non solo

ne il Premio Letterario Caccuri, con la direzione artistica di Giordano Bruno Guerri e la consulenza al programma di Maria Faragò che riveste anche il ruolo di progettista, è organizzato dall’Associazione culturale Accademia dei Caccuriani presieduta da Adolfo Barone con Roberto De Candia vice-presidente e Olimpio Talarico segretario. I quattro finalisti dell’edizione 2020 sono stati Bianca Berlinguer con Storia di Marcella che fu Marcello (La Nave di Teseo), Alan Friedman con Questa non è l’Italia (Newton Compton), Renzo e Carlo Piano con Atlantide. Viaggio alla ricerca della bellezza (Feltrinelli) e Walter Veltroni con Odiare l’odio (Rizzoli). Quest’anno, la Torre d’Argento - Premio Bper realizzata dal maestro orafo Michele Affidato è stata attribuita a Renzo e Carlo Piano con Atlantide. Viaggio alla ricerca della bellezza (Feltrinelli). Il Premio Letterario Caccuri, insignito della Medaglia al valore culturale dal Presidente della Repubblica che ha inteso riconoscere l’impegno, il consenso di pubblico e l’entusiasmo degli organizzatori, ha partecipato al bando pubblico della Regione Calabria “Per l’attribuzione del marchio regionale dei Grandi Eventi Calabresi e per la concessione di un sostegno economico” nell’ambito dei Fondi PAC 2013-2020.

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Il nostro territorio

La rivolta di Reggio Calabria (luglio 1970 – febbraio 1971) ed il Piano Calabria. Le ricadute e le conseguenze per la Calabria e Lamezia Terme (seconda parte)

Nella prima parte di questo articolo, pubblicata nel numero di settembre di lameziaenonsolo, ho cercato di riassumere i tratti essenziali della rivolta di Reggio Calabria, che era stata provocata dalla rivendicazione, da parte dei politici, dei partiti e dei cittadini reggini, della designazione della loro città quale capoluogo della regione. Infatti, erano stati previsti e stabiliti i capoluoghi di tutte le regioni a statuto ordinario tranne quelli dell’Abruzzo-Molise (l’Aquila o Pescara) e della Calabria (Catanzaro o Reggio Calabria). Durante i lavoro della Costituente si era infatti deciso che i capoluoghi di queste due regioni sarebbero stati scelti

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dai rispettivi consigli regionali in seguito alla loro elezione. Dopo una serie di decisioni rinviate nel tempo per motivi vari, le elezioni furono definitivamente fissate e si tennero il 7/8 giugno del 1970. Nel momento in cui, però, i partiti politici ed i loro esponenti, ceti professionali ed imprenditoriali reggini, che fortemente ambivano a vedere la loro città nominata capoluogo in quanto era la città più popolosa della regione e vantava una storia molto antica, che si rifaceva alla Magna Grecia, ebbero sentore, ad elezioni concluse, che il capoluogo sarebbe potuto essere Catanzaro, perché anche questa città ambiva a diventarlo in quanto sede dei più importanti uffici civili ed amministrativi regionali, cominciarono ad entrare in fibrillazione e dalle proteste, dapprima verbali, e dagli scioperi di qualche giorno, passarono ai fatti dando luogo ad una rivolta vera e propria che provocò incendi, distruzioni, attentati, lutti. Ho anche accennato al fatto che due furono le decisioni che concorsero a spegnere gradatamente, dopo sette mesi, l’incendio ed evitare ch’esso producesse ulteriori danni: l’energica reazione del governo di fronte al dilagare della rivolta ed agli assalti distruttivi ed, a volte, GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

di Giuseppe Sestito

anche cruenti, dei “boia chi molla”, e l’apprestamento di un “Piano per la Calabria” che prevedeva non solo misure di ordine istituzionale, ma anche una serie cospicua di investimenti industriali la cui distribuzione era prevista nei territori di tutte e tre le province calabresi. Il proposito esplicito del governo era quello di sviluppare un sistema industriale, autonomo ed autopropulsivo, che interessasse l’intero territorio regionale. A questi due provvedimenti, si affiancò un altro importante elemento costituito dal fatto che, mentre la rivolta dilagava nella città e nella provincia di Reggio Calabria, il Consiglio regionale iniziò, pur in un clima di incertezza, difficoltà e paura, a lavorare nella sede provvisoria di Catanzaro, per la elezione degli organi istituzionali regionali e delle cariche politiche. Le elezioni regionali, da cui bisogna partire, avevano dato, in Calabria, i seguenti risultati. La Dc si era imposta come il partito di maggioranza relativa con 17 consiglieri su 40. Subito dopo si era collocato il Pci con 10 consiglieri; al terzo posto il Psi con 6 consiglieri. Seguivano Msi e Psu (partito socialista unitario) con due consiglieri ciascuno ed infine Pri, Psiup (partito socialista italiano di unità proletaria) e Pdium (partito democratico italiano di unità monarchica) con un consigliere ciascuno. Sulla base di questi risultati fu composta, mediante l’adozione del “Manuale Cencelli”, una giunta di centro-sinistra, formata da Dc, Psi, Psu, Pri, con un’ampia maggioranza di 26 consiglieri. Nonostante ciò, sia la giunta regionale che la maggioranza da cui era sorretta e di cui facevano parte quattro assessori reggini, contenevano in sé elementi di forte instabilità e debolezza derivanti dall’atteggiamento dei consiglieri regionali e degli assessori dei partiti della maggioranza, espressi nelle circoscrizioni reggine. Spesso i loro comportamenti erano influenzati da quanto accadeva nella città di Reggio e dagli ordini che a loro venivano impartiti dai vari comitati che comandavano la giostra. Tutto questo induceva gli eletti, consiglieri ed assessori, ad assentarsi dalle riunioni, anche da quelle decisive, o a Lamezia e non solo


votare in modo affatto opposto alle decisioni concordate dagli organismi politici della maggioranza del governo regionale. Nonostante queste difficoltà, il cammino della legislatura procedette. Il 30 luglio 1970 venne, infatti, eletto il presidente del consiglio regionale nella persona del socialista, avvocato Mario Casalinuovo, giurista di chiara fama. Di recente ho riletto il suo primo messaggio all’assemblea, all’atto dell’insediamento. Le sue considerazioni sono di uno spessore, politico e morale, così alto che ogni calabrese dovrebbe conoscerle per far tesoro dell’insegnamento che ne scaturiscono. Come ho già scritto, il 19 ottobre 1970 venne eletta la giunta regionale. Presidente fu scelto il cosentino, prof. Antonio Guarasci, democristiano, appartenente alla corrente di Base, politico e intellettuale di peso nel panorama della regione. Venne a mancare, purtroppo, nel corso della consiliatura, a soli 56 anni, in un incidente stradale. Gli succedette il catanzarese avv. Aldo Ferrara, che si rivelò un presidente attento ed oculato. Di recente, per merito del prof. Giuseppe Trebisacce, insigne pedagogista dell’Università della Calabria ed attuale Presidente della Fondazione Guarasci, è stata pubblicata l’Opera omnia del politico cosentino. Insieme a lui, alla professoressa Giovanna De Sensi e ad altri amici lametini abbiamo ipotizzato di poter presentare l’opera guarasciana anche a Lamezia Terme. C’è solo da sperare che la situazione pandemica che finora ci ha afflitti e segregati, volga verso l’estinzione e possa consentirci di organizzare un significativo evento politicoculturale per ricordare l’esponente politico

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calabrese. Proseguendo nel suo lavoro di organizzazione politico-istituzionale, il 16 febbraio 1971 il Consiglio regionale approvò un ordine del giorno con cui si recepiva la proposta del Governo Colombo per adottare un piano d’interventi industriali per la Calabria. In cosa consisteva questo “Piano per la Calabria”, noto alle cronache giornalistiche del tempo, e passato alla storia della rivolta, come “Pacchetto Colombo”? Cerco di riassumerlo facendo riferimento ai conte-

nuti più significativi. Il Piano fu reso pubblico dal presidente del consiglio dei ministri, on. Emilio Colombo, nel discorso alla camera dei deputati del 16 ottobre 1970 ed approvato dal CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) nella riunione del 26 novembre 1970. Venne presentato, ufficialmente, il 12 febbraio 1971, a nome del governo e ratificato, con 21 voti su 40, dal Consiglio regionale della Calabria il 21 febbraio successivo. Il risultato della votazione regionale dimostrò che diversi consiglieri reggini ed assessori della giunta, appartenenti alla coalizione di maggioranza, votarono anch’essi contro la proposta del governo regionale unendo il loro voto contrario a quello delle opposizioni. Il Piano prevedeva la realizzazione di provvedimenti sia di natura istituzionale che industriale. Per quanto riguarda le prime, vi erano contenute il riconoscimento di Catanzaro quale capoluogo della Calabria,

nonché l’ubicazione, nella medesima città, della sede della giunta e, quindi, degli assessorati; a Reggio Calabria, erano previste l’ubicazione del Consiglio regionale e la conferma definitiva della seconda Corte di Appello; a Cosenza venivano assegnate la sede dell’Università della Calabria (UNICAL) e quella regionale della RAI. Questa prima parte del Piano era ritenuta la più importante e dirimente dell’intero progetto perché scioglieva, alla meno peggio, il nodo per cui la rivolta reggina era divampata e aveva assunto i risvolti drammatici di cui sappiamo. Per quanto concerneva la seconda parte del Piano e cioè la ripartizione degli insediamenti industriali erano previste le localizzazioni dei seguenti impianti produttivi. Nella provincia di Reggio Calabria era ipotizzata la realizzazione del V Centro siderurgico (dopo quelli di Taranto, Bagnoli, Cornigliano, Piombino). Solo successivamente, con deliberazione del CIPE n. 15 del 18 marzo 1971, sarebbe stata identificata la piana di Gioia Tauro quale sito ufficiale per la realizzazione dell’investimento. Al servizio degli insediamenti industriali

di Gioia Tauro, fu deliberata, nel 1974, la costruzione di un porto (una grande struttura portuale) al cui completamento si pervenne dopo 18 anni, cioè nel 1992; uno stabilimento della Liquichimica Biosintesi a Saline Joniche (in agro Sant’Elia), nel comune di Montebello Jonico; la creazione di un polo tessile nel comune di San Gregorio; una morsettiera elettrica a Villa San Giovanni; la costruzione di un autoporto a Reggio Calabria. Sempre a Reggio, era prevista la realizzazione delle O.Me.Ca. (Officine Meccaniche Calabresi) da parte della Finmeccanica; ed infine, la realizzazione delle O.G.R. (Officine Grandi Riparazioni) da parte delle Ferrovie dello Stato a Saline Joniche, comune di Montebello Jonico. Nella provincia di Catanzaro, venivano ipotizzati la realizzazione di un impianto della S.I.R. (Sud Italia Resine) nell’area industriale di Lamezia Terme; il rafforzamento del Polo industriale di Crotone; la

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diocesi

Cristiani autentici nella Chiesa e nel mondo Messaggio del Vescovo alle ragazze e ai ragazzi di prima comunione e di cresima della Chiesa di Lamezia Terme

comunicato stampa Scrivo a voi ragazzi e ragazze che vi apprestate ad iniziare o a ricominciare il cammino della catechesi parrocchiale e che, in questi mesi, riceverete la prima comunione e la cresima. Avrei voluto incontrarvi tutti, uno per uno, per gioire con voi di questo momento significativo della vita per la vostra crescita cristiana, ma le attuali norme impediscono di incontrarci tutti insieme senza restrizioni, senza limitazioni, senza le opportune protezioni e distanziamento. Ancora stiamo lottando e siamo chiamati a lottare contro questo nemico invisibile che tanto male ha fatto in molte famiglie della nostra Italia e del mondo. Tutti ci sentiamo interpellati ad essere responsabili e attenti soprattutto nei confronti delle persone più vulnerabili e più deboli. Essere cristiani significa anche questo: saper abitare questo nostro tempo con grande impegno e creatività per preparare un futuro migliore e più bello per tutti. In occasione della vostra prima comunione e della vostra cresima vorrei dirvi soprattutto quattro cose: 1.

Mai chiusure e paure. Non e’ una parola mia, ma del Signore Gesu’ che ai suoi discepoli dice: “Non abbiate paura”. Lo dice tante volte ed in tante occasioni. Gesu’ non vuole che la paura sia il clima abituale della nostra vita, quasi come fosse l’aria che respiriamo. Il Signore Risorto domanda a coloro che sono chiamati a seguirlo a non lasciarsi imprigionare, paralizzare e schiacciare dalla paura. La paura suscita in noi quasi sempre sentimenti tristi e negativi, come la chiusura, il rifiuto, il disprezzo e finanche l’odio dell’altro. Il discepolo e’ chiamato anzitutto a voler bene, ad amare tutti cosi’ come siamo stati amati da Cristo. Ricordiamo con fede le parole del Maestro: “Amatevi come io ho amato voi”. Questo e’ l’augurio piu’ bello che si possa fare ad una ragazza o ad un ragazzo che si appresta e prepara a ricevere questi due importanti sacramenti per la vita. Riscopriamo la gioia di essere comunita’. Ogni buon discepolo non e’ mai discepolo da solo ma insieme agli altri. Pensate al vostro percorso catechistico, lo avete fatto insieme e lo farete insieme agli altri. Un percorso da fare e da continuare insieme. E’ la bellezza della compagnia della e nella fede. Il mio desiderio e’ che in questo cammino possiate sempre essere accompagnati dai vostri catechisti, dai vostri genitori, dal vostro parroco. In questo momento, vorrei rivolgere un pensiero particolare a coloro che riceveranno la cresima. Normalmente e’ il Vescovo che amministra questo sacramento. Quest’anno, nella maggior parte dei casi, saranno i vostri parroci che imporranno le mani su di voi e vi ungeranno con il Sacro Crisma perche’ ricevendo lo Spirito Santo possiate essere buoni ed autentici cristiani nella Chiesa e nel mondo. Non fermiamoci. Il rischio che si corre quando si giunge ad una meta e’ quello di considerare tutto concluso, siamo arrivati alla fine e, di conseguenza, sentirsi degli arrivati. Questo per la fede non

vale! Perche’ chi crede non si sente mai un arrivato. I discepoli del Signore non si fermano, sono sempre in cammino. Oppure talvolta si puo’ insinuare nella nostra mente o in quella dei nostri genitori un’idea: “Finalmente ci siamo tolti un pensiero”. Chi intraprende il cammino della fede sa che “non si toglie un pensiero”, ma, al contrario, “si prende un pensiero”, cioe’ comincia a farsi delle domande vere. La fede e’ domanda di senso per la nostra vita. E’ un incessante perche’ che investe tutta intera la nostra esistenza. Non solo in alcuni momenti come quelli significativi che viviamo durante la liturgia e le feste che vivrete tutti con tanta gioia. 4. Comunichiamo ad altri questa gioia. La fede e’ un incontro con il Signore che si avvicina, ci raggiunge, viene a trovarci nelle situazioni piu’ impensabili della vita e ci invita ad essere suoi amici. La prima comunione e la cresima sono due momenti in cui il Signore ci viene incontro non “fuori di noi”, ma viene incontro a noi e proprio dentro di noi, in modo unico, singolare e personale. E l’incontro con Lui genera la gioia vera. Per questo motivo, non possiamo tenere per noi la gioia di questo incontro che e’ un vero avvenimento nella nostra vita. Si tratta di un contagio positivo, virtuoso. E, infatti, la fede si propaga cosi’ per “attrazione”. Gli altri possono vedere nella nostra vita, nel nostro modo di pensare, nel nostro modo di sentire, nel nostro modo di essere chi sono i veri cristiani. Non persone cupe, tristi, musone, ma persone che hanno incontrato la vera gioia in Gesu’ Cristo; una gioia che e’ per tutti! Contagiati di gioia, contagiamo la gioia di Gesu’! Nell’augurare a voi carissimi, ma anche alle vostre famiglie e alle vostre comunita’, di vivere questo cammino nella gioia piena, vi benedico dal profondo del mio cuore e vi domando una preghiera per me. Grazie! Il vostro vescovo, Giuseppe Schillaci

realizzazione di un impianto di costruzioni meccaniche da parte del Nuovo Pignone S.p.A. a Vibo Valentia. Nella provincia di Cosenza, venivano ipotizzati la creazione di un Polo tessile (nei comuni di Castrovillari, Cetraro e Praia a Mare), l’acciaieria dell’E.G.A.M. (Ente Gestione Attività Minerarie) a Sibari, il potenziamento del cementificio di Castrovillari. Infine, erano previsti dieci insediamenti turistici, distribuiti nelle tre province, da parte dell’INSUD S.p.A. (Nuove iniziative per il Sud).

Con l’intero “progetto industriale” per la Calabria, si immaginava un investimento complessivo di oltre 1.800 miliardi di lire a fronte del quale si sarebbero dovuti creare circa 15.00 posti di lavoro.

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Nella terza ed ultima parte di questa lavoro, vedremo quali furono i risvolti, sia per la Calabria che per Lamezia, delle decisioni istituzionali e prenderemo in esame quale fu la sorte dei progetti industriali con cui si immaginava di dover industrializzare, da nord a sud, la Calabria.

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I Meridiani: Voci calabresi in serie e parallelo

Serenata rap:

Prima di Jovanotti, anche in musica e versi bruzi… di Francesco Polopoli

Fin dai tempi antichi l’ispirazione poetica è associata all’immagine di una sorgente: sul Parnaso, il monte dove secondo la mitologia greca risiedono le Muse, si trova una fonte sacra capace di infondere l’ispirazione in chi beva le sue acque. Palazzeschi, riflettendo sul ruolo del poeta e della poesia nel mondo contemporaneo, gioca su una ben più prosaica e concreta fontana, per di più “malata”: qui l’antropomorfizzazione dell’oggetto inanimato aggiunge ulteriore ironia e potenzia l’effetto mimetico dell’immagine. Infatti, la polla cristallina sbuffa espettorando come farebbe un malato di raffreddore: l’acqua non scende in un flusso continuo ma a “singhiozzi”, alla pari di un rubinetto otturato. Ne risulta un’immagine comica e giocosa, con cui questo nostro autore novecentesco, in sostanza,

attacca i modelli ingessati della topica tradizionale: Clof, clop, cloch, / cloffete, / cloppete, / clocchette, / chchch…/ È giù, / nel cortile, / la povera / fontana / malata; / che spasimo! / sentirla / tossire. / Tossisce, / tossisce, / un poco / si tace…/ di nuovo / tossisce. / Mia povera / fontana, / il male che hai / il cuore/ mi preme. / Si tace, / non getta / più nulla. / Si tace, / non s’ode / romore / di sorta / che forse…/ che forse / sia morta? / Orrore / Ah! No. / Rieccola, / ancora / tossisce, / Clof, clop, cloch, / cloffete, / cloppete, / chchch…/ La tisi / l’uccide. / Dio santo, / quel suo / eterno / tossire / mi fa / morire, / un poco / va bene, / ma tanto…/ Che lagno! / Ma Habel! / Vittoria! / Andate, / correte, / chiudete / la fonte, / mi uccide / quel suo / eterno/ tossire! / Andate, / mettete / qualcosa / per farla / finire, / magari…/ magari / morire. / Madonna!/ Gesù! / Non più! / Non più. / Mia povera / fontana, / col male che hai, / finisci / vedrai, / che uccidi / me pure. / Clof, clop, cloch, / cloffete, / cloppete, / clocchete, / chchch… (Aldo Palazzeschi, La fontana malata) Da noi, in Calabria, più precisamente a Lamezia, questa “sorgiva cittadina”, si fa

altrettanto partner d’ascolto, umano, voglio dire, in un altrettanto clima petrarchesco di solitudini d’amore. Altri malanni, quelli che conosce bene la cetra di tanta produzione scritta, mi va di precisare, alla Solo et Pensoso dell’Aretino. Fhuntana chi curri Fhuntana chi curri ’a sti vacanti, nun th’ha fhdatu mu ti fhai jiummi currenti. Amandi una e ’u ’ndamari tanti e ll’autri cacciatilli di la menti... Cà si quaarchi vota ti passu davanti, mi guardi, mi talìi e ti ’ndi pìanti. Mina lla tramuntana e vota viantu ’nduvi mi vidi, ti sberra llu chjiantu. (Franco Giuseppe Longo) Qui della fontana di dice che non ha avuto la forza di tramutarsi in fiume corrente; eppure sarebbe capace di alimentare le sue riserve, laddove dovesse incrociare lo sguardo di chi vive in ambasce sentimentali. Una piccola chiosa a precisazione. Probabilmente ci troviamo di fronte ad una lamentatio serale degli anni ’40-50 del secolo scorso: forse una serenata, accompagnata dalla chitarra (perché no!), con un tono meno ritmico del rap, sicuramente! Per questo ci ha pensato il nazional popolare Lorenzo Cherubini, l’unico che ha osato profanare il venerando Dante con un lessico suino: Amor che a nullo amato amar perdona porco cane /lo scriverò sui muri e sulle metropolitane (ma questa è un’altra storia!). E qui mi taccio per passare oltre…

NUOVO PUNTO DI RITIRO

PRESSO

Bar il Miraggio

Luca Fragale - Via A. Volta, 22 - cell. 339 6953497 - Lamezia Terme Lamezia e non solo

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scuola

Scuola futura

Attualmente i corsi di formazione hanno assunto un ruolo sempre più importante nell’ottica di una formazione continua e molte aziende hanno bisogno di tenere sempre aggiornati i loro dipendenti attraverso una formazione specifica su alcune tematiche in particolare, che riguardano soprattutto il settore in cui operano. Anche il mondo della scuola sta affrontando la questione. Si può quindi ben dire che i corsi di formazione assumano un grande rilievo nella nostra società. Il liceo Scientifico G Galilei nella persona della Dirigente Teresa Goffredo ha deciso di offrire al suo personale docente e ad una ristretta cerchia di docenti provenienti dagli istituti comprensivi Pietro Ardito , Perri-Pitagora, Manzoni , un corso di formazione intitolato “LA SCUOLA FUTURA”tenuto dal dottor Marco Santilli, neuropedagogista clinico, presidente dell’associazione “La nuova parola”, docente universitario e ideatorie della metodologia pedagogica della motricità e delle relazioni verbali,specializzato in disturbi e psicopatologia del linguaggio e dell’apprendimento. Il progetto fortemente voluto dalla Dirigente Goffredo nasce dal momento di crisi profonda, che coinvolge diversi sistemi a livello planetario, si ha il bisogno di ridefinire l’idea stessa di scuola e rifondare il suo impianto didattico in una logica che veda la persona-alunno nella sua globalità e ne promuova lo sviluppo cognitivo, relazionale ed emozionale. Le scoperte e le conoscenze delle neuroscienze costituiscono presupposti così significativi e potenti da premere l’ acceleratore della fase di cambiamento della scuola. Risulta quindi indispensabile che gli insegnanti si posizionino entro questo nuovo scenario per contribuire attivamente alla

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di Marina Accordino

sua costruzione e per riflettere sui vantaggi di un cambiamento del sistema scuola in questa direzione. Gli obiettivi che tale formazione si propone sono Promuovere le condizioni di una crescita della persona-alunno nella sua globalità. • Promuovere lo sviluppo cognitivo, relazionale ed emozionale dell’alunno. • Sviluppare la consapevolezza dell’alunno. Saper motivare l’ allievo e il gruppo classe. • Saper comunicare in maniera efficace con le famiglie. • Sviluppare identità consapevoli ed aperte. • Conoscere gli sviluppi delle neuroscienze e i possibili apporti alla didattica. Creare una “ didattica delle emozioni”. Si articolerà in cinque moduli di tre ore ciascuno ➢ Modulo 1: “Convergenze tra didattica e neuroscienze” ➢ Modulo 2: “Cos’è l’umanità per la didattica. Il valore neurologico cognitivo” ➢ Modulo 3: “Differenza tra motivazione e responsabilità. Chi nasce prima nei circuiti di apprendimento” ➢ Modulo 4: “L’ autorevolezza del docente. Il rapporto debole famiglia-insegnante” ➢ Modulo 5: “La didattica come laboratorio artigianale dell’ emozione” e si svolgeranno in un periodo che va da settembre a maggio Il primo incontro avvenuto alle ore 14:30 ha avuto come tematica “Cos’é l’umanità per la didattica. Il valore neurologico cognitivo” si è aperto con i saluti della Dirigente la quale ha sottolineato che il corso è una necessità per poter sostenere tutti i ragazzi provati dalla pandemia che li ha portati a perdere il piacere anche delle piccole cose della scuola come ad esempio l’uso della penna .Dopo una breve presentazione dell’ illustre relatore da parte della professoressa CATERINA VILLELLA responsabile BES e DSA il dottor Marco Santilli prende la parola. Rendere l’empatia che l’esperto ha saputo creare con i presenti è difficile , più facile cercare di rendere i contenuti dei suoi insegnamenti. Il dottore ha usato parole chiave come coraggio, entusiasmo, affetto,amore, incoraggiamento. Il desiderio di conoscenza che ha avvertito all’ interno della scuola in precedenti incontri lo ha portato a voler strutturare il corso in cinque bellissimi moduli. Si parlerà della “nuova scuola”, una scuola che paradossalmente per rinnovarsi partirà dal passato, di cosa sia l’ umanità ed il valore cognitivo.

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Satirellando e dintorni

Mi stupisce, sempre più, la gara che sento fare a tutti, a chi più abbia problemi di salute, malattie, sindromi, ecc. Quasi come se, avendo più morbi, si possa avere anche un certo merito… La mancata salute come trofeo, i malanni come medaglie! Dalle mie parti, dicitur, che ciò sia da considerare come prevenzione scaramantica, salvo poi, nella gara, vedersi superare o, addirittura dover soccombere, di fronte alle abnormità ascoltate. Ci può stare, ma il risultato è sempre che, quando si hanno veri affanni di salute, poi, o non si è creduti, o si viene emarginati, perché, se il malanno fittizio e da malade imaginaire, è visto come attestato di benemerenza, la malattia autentica fa paura… Stavolta, il mio satirellare è, lo ammetto, colmo di sarcasmo, dato che, coi trofei, tutti dèi, con la fortuna davvero avversa, tutti da scansare, viceversa! Chiedo venia, ma è così: meglio riderci su, comunque! Perdonate se, stavolta, non rido affatto

LA GARA Da un po’ di tempo, noto, ahimè, un’abitudine che non ha un perché: quella di gareggiare a chi è più malato, a chi sta peggio, a chi è più storpiato! Una sera, addirittura, si è passata la misura:

Sarebbe bello se l’insegnante fosse come un buon meccanico che già solo con l’ascoltare il rombo di un motore diagnostica il problema presente. Se solo ascoltando parlare un ragazzo si potesse chiaramente intuire la fragilità peculiare dello stesso si sarebbe raggiunto il fine ultimo dell’insegnamento: la cura e la formazione degli alunni. Su una lavagna il dottore, che inorridisce al solo parlare di slide, ha disegnato i due emisferi cerebrali: a sinistra il ragionamento,il linguaggio parlato, il linguaggio scritto, il controllo della mano sinistra , a destra l’intuizione, il senso estetico,il metro musicale, le percezioni tridimensionali, il controllo della mano destra. Erroneamente si tende ad identificare l’alunno con la parte destra e le sue peculiarità e con la parte sinistra, più razionale , l’insegnante. Errore,in realtà le due identificazioni andrebbero invertite. L’insegnante deve far guidare le sue azioni dal ritmo, dalla musicalità, dalla sensibilità. E, soprattutto, dalla manualità data dalla scrittura. Mai si dovrebbe dire ad un ragazzo: “ leggi di più o, perché non leggi?” In realtà più giusto é rivolgersi agli alunni spingendoli verso la scrittura rigorosamente in corsivo .Scrivere seguendo la curvatura delle lettere permette al ragazzo di seguire il suo ritmo interiore. La frase più giusta da dire sarebbe “ ti farò scrivere molto” e non “devi leggere molto” solo così il ragazzo sarà stimolato verso la lettura attraverso la scrittura. Ottimo Lamezia e non solo

una signora accolse un’amica, invece che col solito saluto all’antica, poiché l’abbraccio non si può fare e non ci si può nemmeno baciare, urlando al suo cronico bastone, con un gracidìo: “Cara, son caduta: ora zoppico anch’io!”! strumento anche il disegno, sotto qualsiasi sua forma. Addirittura esso si rivela fondamentale. I tempi sono cambiati ed i ragazzi si sono uniformati al cambiamento. È necessario per poter entrare dentro di loro applicare alla lettera ciò che significa la parola insegnante “ colui che lascia un segno , che ferisce”. Ed infatti insegnare vuol dire dare un segno dentro. Non si apprende se non si viene feriti. La memoria va solo sul vissuto. Anche l’approccio con la classe va modificato: “mi siete mancati”, “senza di voi non vivo”, le frasi più giuste da dire specialmente dopo questo lungo periodo di lontananza poiché certo la DAD benché dettata dall’emergenza non si può certo definire insegnamento. Il guardarsi negli occhi, il parlarsi dal vivo, rappresentano il veicolo di comunicazione migliore e poiché la scuola è vita bisogna che l’insegnante faccia propria l frase di Freud” non importa se sei amareggiato o soffri, importa solo se vivi”. L’uditorio attento letteralmente beve le parole del relatore e l’incontro si chiude così : pregustando gli incontri che verranno certi dell’ arricchimento che ne deriverà .

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rifugio fata

...Perchè fare volontariato è bello è gratificante ed insegna tanto Vi aspettiamo!

Rifugio FATA, associazione no-profit che si occupa di accogliere i nostri amici a Quattro zampe, sta reclutando nuovi volontari, perché di una mano c’è sempre bisogno. Numerosi sono i nostri amici da noi ospitati, e innumerevoli le esigenze a cui bisogna ottemperare. La nostra struttura immersa nel verde, rende ancora più piacevole trascorrere qualche ora in loro compagnia; semplicemente una passeggiata tra gli ulivi, si rivela per loro un grande regalo, ma ci si può occupare anche della cura del loro manto, di mettere loro le pipette, di portarli dal veterinario, di socializzarli per agevolare le

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di Francesca Scerbo

loro adozioni, di cogliere con qualche scatto fotografico le loro espressioni più buffe, di portarli a spasso in città, o anche semplicemente trascorrere un po’ di tempo nel loro box ad elargire e a ricevere coccole. Insomma, molteplici i modi di fare volontariato, ognuno può scegliere in base alle proprie preferenze ed alla disponibilità del proprio tempo. Una cosa é certa, quello che ognuno di noi può dare tramite il volontariato, verrà restituito con le loro code, i loro salti e nei loro occhi moltiplicato per dieci, cento, mille volte, perché essere volontario fa bene agli altri ma soprattutto, fa bene al proprio cuore. Se interessato vieni a trovarci o contattaci 3280987893

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avis

MARTIRANO LOMBARDO AFFERMA IL PROPRIO Sì ALLA DONAZIONE DI ORGANI TESSUTI E CELLULE Maria Concetta Torquato – AVIS comunale Martirano Lombardo Domenica 27 settembre 2020, organizzata dall’Ufficio di pastorale della salute della Diocesi di Lamezia Terme, si è svolta a Martirano Lombardo la “Giornata Nazionale del SI” AIDO 2020 per la donazione di organi tessuti e cellule, con il patrocinio dell’Istituto Italiano della Donazione. La giornata ha visto la comunità di Martirano Lombardo unita nel dichiarare il proprio SI alla donazione di organi tessuti e cellule ed alla donazione nel suo più ampio e nobile significato, celebrando la solidarietà nel regalarsi al prossimo gratuitamente. La manifestazione si è svolta in due momenti, il primo presso la Chiesa del Sacro Cuore di Gesù dove l’avis comunale di Martirano Lombardo ha predisposto una postazione di promozione del dono. Il parroco, Don Francesco Farina, durante la celebrazione ha sottolineato l’importanza del “SI al dono”, grazie al quale miglia-

ia di persone ogni anno, tornano alla vita. Durante l’offertorio ha ricevuto simbolicamente il modulo di consenso alla donazione di Organi ed ha illustrato le modalità per affermare il proprio Si in maniera ufficiale e riconosciuta. Molto commovente, alla fine della celebrazione religiosa, è stato l’intervento dell’associazione culturale “Maria Coltellaro”, la portavoce, condividendo la propria testimonianza di figlia di donatrice d’organi, afferma con tenacia e consapevolezza: “per dire sì ci vuole coraggio”. La seconda parte della mattinata si è tenuta all’Oasi Maria Coltellaro che si trova nella zona “Burrone” di Martirano Lombardo, questa radura è dedicata ad una donna, di cui porta il nome, che nel lontano 2007 ha regalato i suoi organi a chi ne aveva bisogno. Il Sindaco di Martirano Lombardo, Franco Rosario Pucci, nel suo intervento, ha

ricordato che purtroppo è ancora elevato il numero delle opposizioni in Italia e nella nostra regione, anche per questo ha ringraziato la sensibilità dei donatori di organi e ricordato quelli di Martirano Lombardo. A conclusione della manifestazione, si è svolto un momento musicale offerto dal conservatorio Tchaikovsky di Nocera Terinese, intervallato dalla lettura della poesia in vernacolo “Nu core” di A. Moraca, incisa su di una pietra posta a ricordo dei donatori di organi martiranesi “(…) Du sacrificiu e unu l’atru goda, cu l’uocchi vida e cu e ricchie oda due vite, due perzune, chi u destinu ha volutu riunire a nu caminu (...).

Le perle di Ciccio Scalise PURU A ROSA TENI DDIFHIATTI

di Ciccio Scalise Puru tu rosa, chi sì llà bbillizza ppi eccellenza, di difhiatti, ppimmu u sai, unn’è cà sì ssenza, picchì, ccù cchilli strammaliditti spini, chillu chi tuacchi tuacchi, sempri u ruini. Tu e lla razza tua, quantu siti, aviti bbillizzi assai e llù sapiti, mà, siti puru dispittusi naturali, a cchini v’accarizza, aviti i fhari mali. Daltrondi, tuttu quantu u mundu, Lamezia e non solo

ppì qquantu è rrandi, largu e ttundu, è cchjinu i cosi daveru bbelli a lli vidiri, mà, cumu ti cci’abbicini, ti fhanu suffriri. Sì sà, i cosi cchjiù bbelli e rrari, un ss’avessiru daveru mmai i tuccari, nissunu i nua, l’avimu pirò capisciutu, cà i spini, sù llà difhesa chi Ddiu ccià ffaciutu. Puru a fhimmina, riggina i bbillizza, vò ttrattata ccù ddilicatizza,

sinnò, chilla bbiltà a scatina, e ntrà nù nenti ni ruina. Ntrà capu, tutti n’amu i mintiri, cà, i cosi bbelli l’amu sulu i sentari e bbidiri, pirchì ognuna, cumu a tuccamu, “tu vidi a terra”, subbitu a ruinamu. Nostru Signuri, quantu e qquantu bbillizzi nà ddatu, tuttu, ma propriu tuttu, malanova, amu ruinatu.

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La nosta storia

Le Abbazie del lametino, centri di spiritualità e di produzione economica

di Matteo Scalise

Badia dei Santi Quaranta Martiri: oggi il rudere della chiesa è inglobato nel com-

plesso termale “Caronte” di proprietà della famiglia Cataldi nella omonima frazione di Lamezia Terme Sambiase, mentre i resti del Monastero sono celati dalla fitta vegetazione presso il Parco Mitoio, a pochi metri della chiesa. Le notizie sulle origini di questo complesso monastico sono davvero scarse. Sicuramente, affermano gli storici locali, fu di fondazione bizantina, quindi ad opera dei monaci basiliani, i quali prima vissero in stato eremitico nelle numerose grotte sparse nella zona e poi fondarono il complesso monastico tra il IX – X secolo, forse come propaggine più a valle, vicino al fiume Bagni, di un monastero posto in cima all’attuale monte Sant’Elia. Tale comunità monastica ortodossa si organizzò sicuramente nel migliore dei modi per sfruttare al massimo il territorio circostante nelle sue potenzialità agricolo – pastorali. Il complesso monastico fu dedicato ai “Santa Quaranta Martiri” cioè alla memoria di quaranta soldati romani convertiti al cristianesimo che furono martirizzati dal console Lucinio a Sebaste in Armenia (odierna Siwas in Turchia) verso il 316 tramite la pena di dover morire congelati nudi, immersi in un lago ghiacciato, poiché si rifiutarono di abiurare la loro nuova fede. Il loro culto divenne subito molto sentito dai cristiani pag. 16

d’Oriente, tant’è che i monaci ortodossi lo importarono in Calabria, rendendolo subito popolare tra le genti di Calabria in quegli anni oppressi oltre dalle guerre fra Bizantini e Goti anche e soprattutto dalla continue scorribande piratesche dei Saraceni musulmani. L’unione della sicurezza di vita offerta dai monaci basiliani ai laici che, divenuti loro coloni, lavoravano le terre della Badia ricavandovi di che sopravvivere e trovandovi rifugio in caso di pericolo, e al fatto che li insistono le rinomate acque termali (già conosciute in antichità col nome di Aque Ange) molto apprezzate per la cura di molti malanni, favorirono in poco tempo l’aumento esponenziale del valore economico del complesso monastico ortodosso. Infatti pare che verso l’anno 1000 la Badia fu invasa e saccheggiata dai Saraceni che sterminarono la comunità monastica, depredando tutto ciò che di prezioso vi fosse al suo interno. Non sappiamo se nel complesso monastico della Badia ci fossero opere d’arte o preziosi scritti come abbiamo visto per i casi di S. Eufemia e del Carrà o di quanto fosse grande e munito di locali il monastero. Quel che è certo è soltanto che da questo avvenimento tragico non abbiamo più notizie certe su questa Badia, soprattutto ad esempio non sappiamo quando e in che modo la sua proprietà terriera - che ancora comunque produceva e rendeva tanto da un punto di vista economico - sia passata sotto il controllo della diocesi di Nicastro ma sappiamo invece che dal XV secolo, seppur la comunità monastica fosse già estinta da tempo e vi fosse presente solo un semplice sacerdote che si limitava alla cura d’anime dei contadini che li continuavano ad abitare e lavorare da coloni, la Badia continuava a rendere moltissimo tant’è che le sue ricchezze (i Benefizi) furono date in commenda a diverse personalità, sia laiche che ecclesiastiche (soprattutto a congiunti di diversi pontefici) i quali interessava loro soltanto la riscossione del denaro mentre delegavano la gestione fattiva della Badia, stabilendo cosa dovessero fare in loro vece, a dei procuratori - scelti fra le personalità più facoltose del luogo - le cui clausole di gestione venivano regolamenGrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

tate da atti notarili di cui oggi ancora se ne conservano numerose copie presso gli archivi locali. Ovviamente molti furono i casi in cui la gente del posto in molti modi cercarono di sfruttare le proprietà terriere della Badia attraverso usurpazioni di ogni tipo come il pascolo delle loro mandrie, la raccolta delle frutta e del legno senza pagare la consueta tassa (lo jius). Nonostante i terremoti violenti avvenuti in Calabria nel 1638 e 1783 la proprietà fondiaria dei Santi Quaranta Martiri rendeva ancora molto. Nel 1716 risale la prima documentazione dove si parla che lo sfruttamento delle vicine acque termali per finalità curative fossero delegate per almeno tra generazioni ad un canone di due ducati annui per volontà del beneficiario della commenda, il cardinale Vincenzo Petra in favore di Gian Galeano Cataldi, capostipite della famiglia che ancora oggi gestisce il complesso termale “Caronte”e che rinnoverà, non senza liti giudiziarie, nel 1755 con la concessione dell’enfeusi del sito termale per altre due generazioni. Dopo il terremoto del 1783 la Badia fu per un certo periodo gestita per conto dalla Cassa Sacra dal barone Nicola Maria Nicotera di Sambiase, mentre nel 1796 la commenda fu conferita a Roberto Filangieri (figlio del noto illuminista Gaetano Filangieri) che nominò suo procuratore il barone Giacinto Nicotera Severisio di Nicastro. Nel XIX secolo e fino al 1890 quando divenne proprietà regia, la rendita della Badia fu gestita da alcuni sacerdoti di Conflenti (CZ) per conto del commendario perpetuo Guglielmo Winspeare (figlio del maresciallo Antonio Winspeare) di Napoli. Come già detto, oggi la struttura architettonica della chiesa della Badia dei Santi Quaranta Martiri è inglobata nel complesso termale di proprietà della famiglia Cataldi. Soggetta a parziale restauro è interdetta – per motivi di sicurezza – alla visita del pubblico. Quel poco che è stato recuperato negli anni recenti è visitabile sia presso il Museo Archeologico Lametino sito a piazzetta san Domenico a Nicastro e sia presso il Museo delle Terme di Caronte, inaugurato lo scorso 2012 all’interno della struttura termale.

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cultura

Promessi sposi:

palcoscenico sociale universale e senza tempo di Tommaso Cozzitorto Dico spesso ai miei alunni, agli amici interessati, in alcuni incontri culturali che una delle caratteristiche più affascinanti de “I Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni è la costruzione psicologica dei personaggi, non solo quelli principali ma tutti gli altri che si incontrano nel romanzo. Come non considerare dei capolavori i tratti psicologici della Monaca di Monza e dell’Innominato, oppure la coerenza caratteriale di Don Abbondio. Ma ciò che colpisce è la straordinaria bravura dello scrittore a sottolineare la psicologia anche di figure che rappresentano nell’ economia dell’opera niente più che comparse. Per esempio la madre, il padre e il bambino che incontriamo durante l’episodio dell’assalto ai forni, carichi di pani e farina: in poche righe il Manzoni delinea il carattere di ognuno dei tre; e cosa dire della meschinità psichica del padre di Geltrude, delle illusioni di Don Ferrante e delle poco illuminate e distorte convinzioni di sua moglie, donna Prassede. A mio parere il parterre caratteriale e psicologico del romanzo manzoniano rappresenta un palcoscenico sociale universale e senza tempo. Da questo punto di vista un precedente letterario lo possiamo riscontrare nel “Decameron” di Boccaccio e nella scrittura del personaggio della

Pisana, protagonista del romanzo “Le confessioni di un italiano” di Ippolito Nievo, per restare nell’ambito della letteratura italiana. Mai come in questi giorni, in cui “il regime” attualmente al potere vuole realizzare una società di mediocri acritici impauriti e di conseguenza sottomessi, questi capolavori possono rappresentare una speranza e un invito al risveglio intellettuale e morale.

cultura

La scuola

palestra di vita e di civiltà Comportarsi bene non è un atteggiamento che si assume a favore di chi vive accanto a noi, certo, questo è importante e conseguenziale, ma un buon comportamento significa soprattutto rispettare noi stessi e quindi anche gli altri. Alla base di tutto ci deve essere il rispetto delle regole, le quali non restringono la nostra libertà, non ci fanno sentire in gabbia, anzi allargano i nostri spazi vitali, le regole ci fanno comprendere cosa sia il sentirsi veramente liberi.

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di Tommaso Cozzitorto

In questo modo si crea un ambiente pieno di armonia, la gentilezza diventa autentica, il rapporto tra gli esseri umani si colora di sorrisi sinceri, gli incontri degli occhi si trasformano in flussi continui e costanti di bontà. Coloro che non hanno comportamenti consoni non crescono e non saranno mai preparati ad affrontare le esperienze nuove che la vita ci propone, non assaporeranno le cose fondamentali ed essenziali dell’esistenza, non riusciranno ad instaurare amicizie vere e profonde. La scuola potrebbe e dovrebbe essere una palestra fondamentale perché è lì che si impara a creare rapporti tra pari e rapporti con gli adulti di straordinaria importanza: saper ascoltare, parlare al momento giusto, rispettare gli insegnanti creando con loro empatia e simpatia. Si impara anche ad accettarsi e arricchirsi nella diversità, a condividere esperienze personali, ad allargare i propri orizzonti, a produrre momenti culturali. D’altra parte, un comportamento sbagliato sia da parte di giovani sia da parte di adulti quale traccia lascia nell’ambito della società? Assolutamente nulla.

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riflessioni

Un “Papa italiano” che scardinalizza di Alberto Volpe Dormo o son desto ?, verrebbe da chiedersi con il poeta, ad una notizia del genere assolutamente sorprendente. E non sarebbe tanto sensazionale se non fosse tale per la sua imprevedibilità. E’ vero che altre 3 volte è accaduto negli ultimi due secoli che un Cardinale venisse degradato. Ma Papa Francesco, non finendo di sorprendere anche i più “innocenti” o ingenui credenti, ha tirato diritto “traendo le conseguenze” dinanzi a comportamenti che hanno finito per tradire un rapporto di fiducia che necessariamente deve esserci nell’ordine gerarchico di oltre Tevere. Evidentemente non possono configurarsi come “accuse surreali”, come le ha definite l’interessato Cardinal Angelo Becciu, quelle per le quali il Papa, argentino ma molto italiano in questo caso, hanno determinato la scardinalizzazione del Porporato sardo. Per il diritto canonico, dinanzi a tanta gravità, non v’è che fare imboccare quella estrema strada, che chissà in quali altre circostanze molto farisaicamente in quelle segrete stanze vaticane si è preferito “non vedere”. Una estrema ratio certamente sofferta, ma non si poteva “far finta di niente”. La “fattualità” , diversa dalla formalità, appunto prescritta dal diritto canonico per il mondo ecclesiastico, fa pendere la bilancia per una dimissione, spontanea o provocata e richiesta che sia. In tal caso anche se il titolo rimane, decadono i diritti discendenti dalla berretta del porporato. Finalmente quell’evangelico “sterco del diavolo” usato in famiglia, trova applicazione, con le conseguenze del caso, e nulla importa dall’ “scandalo” che può provocare. Ma bisognava dare un segnale, da parte pontificia, che per confermare una solidità di rapporto di fiducia bisogna che

si testimoni che conta quello che si fa, e non quello che si dice. Dunque, una cosa è l’aspetto penale che sta nella sussistenza di un reato, altro è la questione morale, che sta tutta nella correttezza dei comportamenti. Come dire, c’è moralità anche in un reato, ma c’è certamente immoralità anche in un reato non realmente perseguibile. Per cui il denaro con destinazione umanitaria, non può passare attraverso le mani dei propri famigliari. Ed è proprio in questo “transito interessoso e privilegiato” del denaro, che cade e si materializza la “questione di fiducia” che ha fatto propendere il Papa a chiedere le dimissioni a Chi lo aveva promosso alla porpora cardinalizia. Ancora più sorprendente il provvedimento di Papa Francesco, in un sistema politico ed istituzionale tutto italiano, dove c’è una sorta di inamovibilità per i tanti “impresentabili” che compongono le candidature in liste elettorali e in vista di posti di prestigio quanto con privilegiati emolumenti. Eppure da troppo tempo si è rotto quel rapporto di fiducia tra elettore ed eletto, proprio a causa di una impresentabilità che supera e non fa specie in presenza di avviso di garanzia, come di condanna di primo grado, che siano a seguito di reati di corruzione o di collusione mafiosa. Con tutte le conseguenze che negli ambienti vaticani ma anche tra i fedeli può aver provocato un “terremoto” scardinalizzante, erogato dal Papa, resta un monito forte per quanti si richiamano e rivendicano una “fedeltà” fideistica, a prescindere dalle collusioni e dal fiancheggiare comportamenti anche solo moralmente contraddittori ed inaccettabili. Fede e fiducia tutte da riconquistare !

riflessioni

di Alberto Volpe

FRATELLI TUTTI: La “Politica” nel segno della Umanità

Non delude neppure con la nuova Enciclica Papa Francesco. Questa che si può considerare la “pars construens” delle sue più recenti iniziative requisitorie e punitive anche ai massimi livelli della nomenclatura vaticana, fornisce motivi e spunti di profonde riflessioni dentro le mura leonine, e al di là del Tevere. Intanto la location che viene scelta per la divulgazione ufficiale della stessa “Fratelli Tutti”, la cittadella d’Assisi. Il titolo dato, inoltre, non poteva che riecheggiare e richiamare i valori del francescanesimo, quello da cui egli proviene, e impastati della cultura gesuitica. Un binomio inscindibile perché quella Terza Enciclica non si prestasse ad interpretazioni deviate e strumentalizzazioni interessate Oltretevere. Neanche un “j’accuse“, ma essenzialmente un monito verso le pericolose deviazioni che sembrano aver intrapreso certe “mosse” di politica internazionale antiecologiche, come quelle ancor più preocpag. 18

cupanti antiumanitarie. Papa Francesco va preciso verso le finalità proprie del creato e delle sue creature, entrambe direzionate a cercare e trovare un rapporto di reciproca convivenza nel rispetto l’uno delle altre, con la consapevolezza che “intra moenia”, e non fuori delle stesse presenze, si devono trovare i motivi della conservazione e per consegnare ai posteri un patrimonio, contenuto e contenitore del Pianeta Terra. E al centro di siffatto Creato deve essere riconosciuto il valore assoluto della sua sopravvivenza nella Carità. La sua negazione non può che condurre alla sua autodistruzione. Ecco la “dimensione nobile della cosa pubblica”, in un contesto a noi contemporaneo che va nutrendosi di nazionalismi, e populismi animati di odio, e odio ammantato da simboli della stessa religione cristiana. “E’ inaccettabile, ammonisce Papa Bergolio, che i cristiani condividano mentalità ed atteggiamenti (populismi, razzismi e nazioGrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

nalismi) che sono sinonimi di distruzione”. Più che preferenze politiche, quelle simbologie vanno materializzate e testimoniate da profonde convinzioni della propria fede. “Fratelli Tutti”, da qualche “parte” verrà vista come autentica indicazione politica vaticanense. Nulla di più falso e di parte , perché significherebbe ancora una volta voler “posizionare” la dottrina della Chiesa nel sistema delle ideologie abituali. Qui si tratta di affermare, invece, la “categoria mitica” del popolo, da contrapporre e salvaguardare da strategie che vogliono privilegiare il profitto e la riduzione dei costi del lavoro, troppo spesso a danno dei più deboli della società, i cosiddetti “ultimi”, che vanno difesi e protetti. Dinamiche, dunque, secondo il Papa, che vanno “revisionate” e necessariamente corrette all’uopo, per ricostruire una “nuova fraternità nel segno della umanità”. Lamezia e non solo


archeologia

Novità sull’arte rupestre preistorica del Riparo del Romito a Papasidero di Dario Sigari (PhD, Collab. Università di Ferrara e del Centro de Geociências-Universidade de Coimbra), archeologo specialista in arte preistorica. Sulla rivista internazionale Oxford Journal of Archaeology è stato pubblicato l'ultimo studio sistematico delle incisioni paleolitiche del Riparo del Romito a Papasidero (CS): “Review of the animal figures in the Palaeolithic rock art of the Romito shelter. New discoveries, new data and new perspectives" (https://onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1111/ojoa.12203?fbclid=IwAR0deKdNQwEHp9CSzY5TPQ1T_usThdhjKYRUhUuE6bwhdBPJ_WqhoH1zOM). di Catanzaro, Cosenza e Crotone, che ha concesso i permessi di studio, e al Comune di Papasidero. Scoperto nel 1961 da Agostino Miglio e studiato da Paolo Graziosi, tra il 1961 e Il Riparo del Romito* 1968, e Fabio Martini dal Questo articolo è un aggiornamento impor2000, il Riparo del Romito di Papasidero tante sulle conoscenze attuali circa l'arte rupestre del Riparo del Romito, presen- costituisce un riferimento importante per tando risultati delle indagini archeologiche gli studi sul Paleolitico superiore italiano condotte tra il 2016 e il 2017 nel sito ca- e dell’area mediterranea, conservando tra le più spettacolari evidenze di arte rupelabrese. Il lavoro presentato è parte del più ampio stre paleolitica: due massi calcarei con tre progetto di revisione di siti di arte rupestre figure di bovide (uro) e diversi segni lineari paelolitica nella penisola italiana realizzato graffiti. per il dottorato europeo di ricerca condotto L’articolo appena uscito sull’Oxford tra le Università di Tarragona (Spagna) e Journal of Archaeology descrive il lavoro Ferrara, ed è stato possibile grazie alla par- sistematico di documentazione delle evitecipazione della Soprintendenza Archeo- denze incise portando in luce la presenza di logia, Belle Arti e Paesaggio per le Province due nuove figure, un pesce ed un cavallo, aggiornando dunque il registro delle raffigurazioni parietali. Significative novità apportate da questa pubblicazione risiedono inoltre nella valutazione circa l'abilità degli artisti del Romito nello sfruttare le Distribuzione delle figure di uro stilisticamente affini deformazioni nell’arte paleolitica europea (elaborazione grafica Dario Sigari) Lamezia e non solo

Foto notturna del grande bovide* del supporto roccioso. Questi infatti utilizzarono le fratture e le convessità dei blocchi che suggerivano già alcune parti degli animali, rispettivamente il dorso e la coda, e la linea cervicale per realizzare poi gli zoomorfi. Inoltre l’irregolarità delle superfici rocciose ha aiutato uno sviluppo tridimensionale delle figure. Una strategia grafica che ritorna spesso nella produzione di arte paleolitica europea. Per di più lo studio ha permesso di entrare ulteriormente nel dettaglio della sequenza grafica confermando la presenza di diverse fasi incisorie in un periodo compreso tra 16000 e 12000 anni fa: l'arte del Romito è stata realizzata e ritoccata in vari momenti. Era dunque nota alle persone che qui son passate in epoca paleolitica. Da ultimo, questo lavoro esalta l'importanza del sito calabrese nel più ampio quadro europeo e mediterraneo, trovando confronti a larga scala (es. fino in Belgio o in Bretagna a nord, in Azerbaijan a est) che fanno supporre l'esistenza di un contesto dinamico di reti culturali e grafiche ad ampio raggio, all'interno delle quali il Riparo del Romito è perfettamente inserito.

*(foto di Dario Sigari. Su concessione del Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo- Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Catanzaro, Cosenza e Crotone)

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IL VOLTO SPIRITUALE DELLA CALABRIA

CATERINA BARTOLOTTA PIETRE COME PERLE PREZIOSE di Fernando Conidi

Erano gli inizi del 1977. A Settingiano (CZ), in casa Bartolotta, i fenomeni straordinari continuavano e l’afflusso di gente aumentava sempre di più. Giuseppe, il padre di Caterina, non riusciva più a sopportare la situazione: quell’andirivieni continuo di persone, curiosi, credenti, e tra questi anche giornalisti, provenienti da tutta la regione, riempivano l’abitazione dal primo pomeriggio fino a sera. Giuseppe aveva già manifestato a tutta la famiglia la ferma intenzione di chiudere la porta di casa e non fare entrare più nessuno, perché non aveva alcuna intenzione di rinunciare alla tranquillità e all’intimità familiare. Sarà questa sua opposizione alla missione che la Madonna aveva affidato a Caterina che sortirà un effetto indesiderato: un segno per tutta la famiglia, che genererà molta sofferenza proprio alla piccola veggente, ma servirà per alimentare la fede di molti, e per dare a Giuseppe uno stimolo verso la vera conversione.

seconda parte

Caterina, assieme ai genitori, Giuseppe Bartolotta e Vittoria Virgillo, davanti all’abitazione; dietro di loro vi erano alcune persone che attendevano di entrare per parlare con lei

verso l’accoglienza dignitosa che lui riserva a ognuna di loro. In tutto questo, secondo il suo modo di pensare, la sua dignità di uomo e capofamiglia era stata compromessa. Ma a tutto ciò non era riuscito a trovare alcuna soluzione, se non quella di non ricevere più nessuno, stanco delle troppe critiche e della confusione. Quel flusso di bisognosi, disperati nel corpo e

nello spirito, continuava a bussare ogni giorno alla sua casa, richiamati dalla presenza incessante della Madonna e dallo sguardo sincero e caritatevole di Caterina. UNA DECISIONE SOFFERTA Giuseppe ha però ormai deciso: nella sua casa deve starci solo lui e la sua famiglia, e nessun altro. Dopo le dure parole di Giuseppe

LA STORIA Giuseppe è una persona socievole, ma anche molto riservata. Peppino Bartolotta, come lo chiamano in paese, è stimato, rispettato e benvoluto da tutti. Lui è sempre stato onesto e disponibile verso gli altri, e non sopporta che la sua famiglia e la sua casa siano oggetto di critiche di chi giudica superficialmente senza preoccuparsi di verificare di persona la veridicità delle apparizioni. Giuseppe non accetta di essere divenuto lo zimbello del paese, né che la sua casa sia gremita di persone, alcune delle quali sfrontate e senza alcun rispetto pag. 20

Box con scomparti, contenente alcune delle pietre espulse da Caterina, catalogate per data

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IL VOLTO SPIRITUALE DELLA CALABRIA ai familiari, sulla chiusura della sua casa agli estranei, Caterina inizia a stare male fisicamente. Avverte un forte malore, suda freddo, e all’improvviso, con una forte sensazione di soffocamento, inizia a tossire e dopo un notevole sforzo espelle dalla bocca una pietra, davanti alla presenza stupefatta di Giuseppe e Vittoria, la madre di Caterina. Non vi era alcuna spiegazione di ciò che era successo. Com’era possibile che quella pietra, delle dimensioni di qualche centimetro e di forma irregolare, fosse potuta uscire dalla bocca di Caterina, e per di più senza procurarle alcun danno. Giuseppe, nonostante ciò che aveva visto, non aveva alcuna intenzione di retrocedere dalla sua decisione. Per lui quella storia doveva finire, non voleva più gente tra i piedi e non voleva più sentire parlare di apparizioni! Certo, era rimasto impressionato da quell’inspiegabile fenomeno, ma ciò che lo preoccupava maggiormente, il suo chiodo fisso, era la necessità di ritornare alla tranquilla vita familiare che aveva prima delle apparizioni. Così, quella porta fu chiusa. Da quel momento, a causa della sua opposizione alla missione di Caterina, il fenomeno dell’espulsione delle pietre continuò a manifestarsi

più di frequente, provocando sempre maggiori sofferenze a Caterina e disagi e preoccupazione a tutta la famiglia. Caterina rimaneva in silenzio, passando le sue giornate nella solitudine e nella sofferenza interiore. Pregava la Madonna che aprisse il cuore di Giuseppe, facendogli comprendere quanto fosse grande il progetto di accogliere tanta gente per riaccendere la speranza e la fede in Dio. Vittoria cercava in ogni modo di mantenere la serenità familiare e, convinta della veridicità delle apparizioni, suggeriva al marito di aprire nuovamente la porta della loro casa a Caterina nel deserto di Giuda, in Israele, con in mano una delle pietre espulse dalla sua bocca - anno 1983

Pietre espulse da Caterina attraverso la bocca

Attestazione dell’ospedale di Lamezia Terme (CZ) sulle natura delle pietruzze

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tutta quella gente che ogni giorno insisteva per entrare pur sentendosi rispondere con un secco rifiuto. Dopo un po’ di tempo, Giuseppe, duro di carattere e quasi irremovibile nelle sue decisioni, ma dispiaciuto per la sofferenza di Caterina, e consapevole di essere totalmente impotente davanti al manifestarsi di quel particolare e inspiegabile fenomeno dell’espulsione delle pietre, decise di permettere a Caterina di riprendere la sua missione, aprendo nuovamente la porta della sua casa. Dopo questa sua decisione il fenomeno diminuì, ma

non cessò del tutto: si ripresentava, infatti, periodicamente, e anche davanti a molte persone, quale segno straordinario voluto dal Signore, a conferma della veridicità delle apparizioni della Madonna. Sulle pietre e la sabbiolina espulse da Caterina fu eseguita un’analisi presso l’ospedale di Lamezia Terme, da cui venne escluso che si trattasse di formazioni dovute a patologie urologiche. Il fenomeno dell’espulsione delle pietre culminava a volte con uno stato mistico della veggente, durante il quale vedeva Gesù e ne riceveva dei messaggi. Proprio durante uno di questi episodi, il Signore disse a Caterina: “Le tue pietre diventeranno perle, la tua vita diventerà un fiore”. Oggi, quel fenomeno non avviene più, ma rimangono molti documenti scritti di coloro che furono testimoni oculari della sua veridicità. Quelle semplici e umili pietre sono divenute strumento di conversione, trasformando il cuore indurito di molte persone in un cuore umile e pieno di fede. Fonte: “Il Segno del soprannaturale”, n. 350, agosto 2017, Edizioni Segno - Autore: Fernando Conidi

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Sport

AMARCORD

Il portiere Gianfranco Sestito apre lo scrigno dei ricordi biancoverdi “Che vittoria col Sambiase, gol di Tucci! Il prof. Menniti un padre per noi. Rimpianti per quelle due offerte dall’estero. Il plauso di Lido Vieri”

E’ stato il ‘mio’ primo portiere ammirato da vicino quando mio fratello Saverio mi portava ancora adolescente al D’Ippolito. Quei riccioli dondolanti ad ogni suo tuffo da un palo all’altro della porta, a mo’ di ‘giaguaro’, erano del sempre sorridente Gianfranco Sestito. Con lui riprendiamo il nostro amarcord della storia vigorina. Catanzarese oggi 61enne, Sestito ha vissuto tre stagioni dal 1982 alla Vigor Lamezia del professor Diego Menniti. Inizi a Chiaravalle in Promozione a 14 anni compreso esordio; dopo un paio di anni al Marsala senza fortuna e ritornato subito in Calabria a Soverato. Quindi Marina di Gioiosa, Corigliano in D, Lamezia, Giarre in Interregionale e serie C, idem ad Acireale. Gianfranco, tra gli allenatori avuti quale il più bravo? “Sicuramente Piero Cucchi a Giarre, anche se non avevo un buon rapporto con lui ma ammetto che era molto preparato e carismatico. Mi sono trovato bene anche con Morana (a Giarre vincendo il campionato) e Baroncini (a Lamezia 2 anni, e l’ultimo con Biagini)”. Invece dei compagni chi ricordi con più piacere? “In particolare Vito Sinopoli e Pasquale Avventuroso, che addirittura pag. 22

di Rinaldo Critelli

mi ha fatto da compare d’anello, giocandoci anche a Corigliano, in tutto 4 anni assieme”. E tra i presidenti? “A Lamezia ho avuto solo il prof. Menniti e mi sarebbe piaciuto anche il dr. Ventura. Menniti era un padre per tutti noi, cercava sempre di accontentarci per quello che gli era possibile, manteneva la squadra con contributi e pochi soldi. Gli siamo rimasti tutti affezionati tanto che quando due anni fa ci fu quella rimpatriata col triangolare delle vecchie glorie, andammo a rendergli omaggio al cimitero a Falerna, cosiccome con Carlei e Samele perché hanno dato tanto a Lamezia”. Della Vigor cosa ci racconti? “Sono stati tre anni bellissimi: nel primo vincemmo gli spareggi in Promozione, quindi poi in D, e nel terzo la squadra fu allestita per vincere il campionato ma arrivammo secondi dietro la Juve Stabia. Aneddoto? Dopo una settimana a letto con febbre a 40, la domenica si ospitava proprio la capolista Juve Stabia. Mi alzai sabato stringendo i denti ed il pubblico mi ha ripagato con cori di incitamento ed applausi, prima, durante e dopo la gara. Guarda caso dopo le malattie si fanno le migliori prestazioni e così fu anche per me, vincemmo con gol di La Torre. E al 93° parai all’incrocio una punizione di Govetto”. La ‘tua’ gara biancoverde? “Sicuramente la trasferta di Castellamare davanti a 15mila spettatori, finì 0-0. A fine gara il loro allenatore Lido Vieri, con trascorsi importanti in A proprio da portiere, mi disse che mi avrebbe portato a Castellamare, ma dalla Vigor non mi mandarono. Idem a Montevarchi dopo la Coppa Italia: in quelle due gare (0-0 e 1-1) mi esaltai. La Vigor mi voleva tenere per fare la squadra forte qui l’anno dopo con Biagini”. Ed invece le gare che hai nel cuore? “Sambiase-Vigor Lamezia 0-1 gol di Tucci, purtroppo quella in cui si fece

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diocesi

comunicato stampa In tempo di Covid anche la mensa della Caritas diocesana ha dovuto prendere le dovute precauzioni, nel rispetto delle regole di sicurezza previste dai vari decreti che in questi mesi si sono susseguiti nel tentativo di arginare il diffondersi della pandemia, per poter continuare ad erogare quei servizi alla persona necessari ed indispensabili. Operare in un momento di difficoltà mondiale come quello che stiamo vivendo, ha costretto il direttore della Caritas, don Francesco Decicco ad adottare le misure necessarie per garantire la sicurezza di operatori, volontari ed ospiti, senza, pero’, togliere l’assistenza a chi, quotidianamente, si reca nei locali adiacenti la chiesa della Pietà per poter avere un pasto caldo. Da oggi, infatti, volontari ed operatori,

male Politino Menniti. Poi a Giarre le gare contro il Frosinone, primo in classifica. Sono riuscito quasi da solo a non fargli fare gol, pareggiando sempre, lottava con l’Ischia per la promozione, noi arrivammo quarti. Quindi sempre col Giarre di Cucchi quando vincemmo a Siracusa 2-1, anche lì autore di una partita che non si dimenticano facilmente”. A proposito che derby col Sambiase eh! “Sì, avevano sempre un sapore particolare, anche se in uno perdendo in casa sfumò anche la Serie C. Alcuni videro del ‘marcio’ in quel gol di Cutrì, ma vi assicuro che non eravamo adusi a quei discorsi. Di quel derby è l’unico dvd che possiedo e talvolta pubblico le immagini sui social: mi superai su tiri di Salerno, Frangipane, Cutrì allo scadere”. Rimpianti per un’occasione non sfruttata? “Due: non accettare il trasferimento negli Emirati Arabi nel 1988 su proposta del procuratore Repetto, giocavo nell’Acireale. Ma mia moglie era in stato interessante del Lamezia e non solo

stanno provvedendo alla distribuzione dei pasti caldi all’interno dei locali, facendo rispettare una turnazione in modo da poter far sedere con assoluta tranquillità chi accede alla mensa nel rispetto della sicurezza. E, per poter ottemperare a quanto prevede la normativa, si è stabilito che si accederà nei locali quindici minuti prima dell’orario previsto dal turno per effettuare tutti i controlli del caso (dalla misurazione della temperatura a chi vi accede a tutto quanto inserito nel decreto) al fine di poter rendere questo importante servizio nel massimo della sicurezza, sia per gli operatori (che tra un turno ed un altro provvederanno a sanificare sedie e tavoli) sia per gli ospiti. s.m.g.

secondo figlio e non me la sentii. Col senno del poi sbagliai. La seconda a 18 anni, tramite Gigi Peronace allora dirigente della Nazionale, mi richiese la Marconi Sidney in Australia. Lì ero un ragazzino e mio padre me lo vietò. Al posto mio ci andò Matteo Colucci e si trovò benissimo”. Dunque eri un portiere quotato? “Così dicono – sorride -, tra l’altro le mie convocazioni in Nazionale Dilettanti dicono tutto: l’allora selezionatore Romolo Alzani mi ha convocato tre anni di fila. Allora giocavo con la Vigor e spesso mi accompagnava a Coverciano il compianto e carissimo ds Nicola Samele”. Del pubblico vigorino cosa ricordi? “Tutto bello, con me aveva un rapporto particolare e caloroso: c’era un affetto reciproco, anche durante la settimana fuori dal campo, sicuramente annate che ricorderò sempre”. Pubblicate: Castillo, Galetti, Sinopoli, Gigliotti. Continua…

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La parola alla Psicologa

Lo shopping compulsivo di Valeria Saladino - Psicologa La compulsione allo shopping è un disturbo caratterizzato dall’incapacità a resistere a un desiderio improvviso, a un irrefrenabile impulso a comprare un oggetto, per il bisogno di placare una tensione interna, estinguibile solamente allentando le resistenze e cedendo all’impulso stesso. Le persone in questione non sono in grado di resistere al bisogno di acquistare neppure di fronte alla consapevolezza che questo comportamento rappresenta un problema a livello finanziario, sociale, e psicologico. Questi soggetti si differenziano dai classici “spendaccioni”, dalle persone “con le mani bucate”, dal momento che questo comportamento rappresenta una vera e propria compulsione, ovvero un comportamento ripetitivo, un atto che non si può fare a meno di compiere, eseguito con lo scopo di ridurre un’ansia o un disagio, e non con lo scopo di fornire una gratificazione. Tornano a casa con decine di buste contenenti cose inutili e superflue, ma di cui sentono di averne assolutamente bisogno. L’individuo colpito può non vedere inizialmente il comportamento come un problema ma, principalmente, come un sollievo immediato da ansia e stress emotivo e come fonte di gratificazione personale. Proprio questa apparente ricompensa iniziale rinforza il comportamento, determinando, poi, processi compulsivi e ripetitivi. Chi si ritrova puntualmente in magazzini e negozi a spendere e ancora a spendere in un primo momento prova sollievo, ma poco dopo arriva a provare sentimenti di colpa. La compulsione negli acquisti può poter essere sintomo di altri disturbi, come quello dell’umore o d’ansia, per esempio, ma gli acquisti compulsivi possono essere inoltre legati anche alla necessità di poter colmare un vuoto emotivo: in un certo senso si cerca di trovare appagamento attraverso l’acquisto di cose

Testata Giornalistica Di tutto un po’ - lamezia e non solo anno 28°- n. 66 - ottobre 2020 Iscrizione al Tribunale di Lamezia Terme dal 1993 n. 609/09 Rug. - 4/09 Reg. Stampa Direttore Responsabile: Antonio Perri Edito da: GRAFICHÈditore Perri Lamezia Terme - Via del Progresso, 200 Tel. 0968.21844 - e.mail. perri16@gmail.com Stampa: Michele Domenicano Allestimento: Peppino Serratore Redazione: Giuseppe Perri - Nella Fragale - Antonio Perri Progetto grafico&impaginazione: Grafiché Perri-0968.21844

Le iscrizioni, per i privati sono gratuite; così come sono gratuite le pubblicazioni di novelle, lettere, poesie, foto e quanto altro ci verrà inviato. Lamezia e non solo presso: Grafiché Perri - Via del Progresso, 200 -

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materiali. A livello biologico, si ipotizza che il disturbo da shopping compulsivo sia causato da un malfunzionamento dell’attività serotoninergica. Disturbi legati ad alterata produzione o ricaptazione della serotonina determinano infatti, tra le altre cose, un cattivo controllo degli impulsi, come nel caso dei tossicodipendenti, i quali sono costretti a soddisfare i propri bisogni divenuti irresistibili. Lo shopping può essere considerato un disturbo quando si verificano le seguenti condizioni: Il denaro utilizzato nello shopping supera le proprie possibilità economiche; Lo shopping si ripete più volte la settimana; Il comprare perde la propria valenza, e diventa un mero comportamento fine a sè stesso: in questo caso non c’è differenza in ciò che si compra, qualsiasi cosa vale per spengere la tensione interna all’acquisto; Il mancato acquisto crea ansia e frustrazione, in quanto risponde ad un bisogno che non può essere soddisfatto; La predisposizione agli acquisti è una situazione del tutto nuova rispetto alle precedenti abitudini del soggetto. In queste situazioni è necessario intraprendere un percorso psicoterapeutico che punti a risolvere questi problemi che, oltre ad essere invalidanti per il paziente, possono avere una ricaduta anche su tutte le persone che si trovano a vivere accanto alla persona che ne soffre.

88046 Lamezia Terme (Cz) oppure telefonare al numero 0968/21844. Per qualsiasi richiesta di pubblicazione, anche per telefono, è obbligatorio fornire i propri dati alla redazione, e verranno pubblicati a discrezione del richiedente il servizio. Le novelle o le poesie vanno presentate in cartelle dattiloscritte, non eccessivamente lunghe. Gli operatori commerciali o coloro che desiderano la pubblicità sulle pagine di questo giornale possono telefonare allo 0968.21844 per informazioni dettagliate. La direzione si riserva, a proprio insindacabile giudizio, il diritto di rifiutare di pubblicare le inserzioni o di modificarle, senza alterarne il messaggio, qualora dovessero ritenerle lesive per la società. La direzione si dichiara non responsabile delle conseguenze derivanti dalle inserzioni pubblicate e dichiara invece responsabili gli inserzionisti stessi che dovranno rifondere i danni eventualmente causati per violazione di diritti, dichiarazioni malevoli o altro. Il materiale inviato non verrà restituito.

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