Lameziaenonsolo agosto-settembre 2020 incontra Giovanna Gigliotti

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2021

'U calendariu lametinu

«Le lingue romanze ufficiali, come l’italiano, sono in sostanza degli antichi dialetti che, per ragioni varie, hanno raggiunto un particolare prestigio: quanto mastichiamo nella comunicazione, in fondo, poi, nasce proprio dalle parlate locali di Dante, Petrarca e Boccaccio. Oggi, se è vero che i dialettofoni sono minori degli italofoni, corre comunque l’obbligo di ripercorrere all’indietro il fascino di tante nostre storie, fatte d’accenti ed espressioni intraducibili. Rinunciare a questa diglossia è perdere l’intimità col proprio territorio, finendo col distanziarsene; tutto ciò, appunto perché perdita, sarebbe un vero peccato, a mio dire!»

(Francesco Polopoli).


lameziaenonsolo incontra

di Nella Fragale

Giovanna Gigliotti

Questo mese incontriamo Giovanna Gigliotti, una lametina doc, che occupa un posto di prestigio per una delle assicurazioni italiane più importanti, infatti è Amministratore Delegato di UniSalute e Direttore Business di UnipolSai, entrambe compagnie del Gruppo Unipol. Potevamo non intervistarla? Giovanna Gigliotti, intanto grazie per avere accettato di farsi intervistare. Le domande, se ne accorgerà, sono tante, perchè noi cerchiamo di fare conoscere i nostri intervistati, se non in tutte, almeno in più sfaccettature della loro personalità. Prima però di parlare del suo lavoro, andiamo dietro nel tempo. Lei è lametina, come è stata la sua infanzia nel suo paese natìo? Grazie a lei Nella, io sono la terza di quattro figli e fin da piccola ho sempre avuto la sensazione di far parte di una grande famiglia. Fra noi fratelli la differenza di età è importante e dunque non giocavamo insieme, ma questo non era un problema, perché si stava comunque fuori a giocare con gli amici e i numerosi cugini. Allora vivevamo in una piccola stradina del centro storico di Nicastro dove tutto era possibile e i bambini, anche se piccoli, si sentivano protetti da tutto il contesto. Cosa ricorda di quel periodo?

La spensieratezza. Noi non avevamo molti soldi, mio padre era un artigiano e gestiva il panificio della famiglia mentre mia madre ci accudiva. Eravamo circondati da tante famiglie, anche modeste, ma tutte generose, la solidarietà l’affetto non mancavano mai e in quel vicolo io mi sentivo una principessa!

Che bambina e che adolescente è stata?

Sono sempre stata molto vivace e con una forte personalità, pare sia il destino dei terzi figli, per farsi valere anche in casa è necessario essere forti, risoluti, fare del proprio meglio per farsi apprezzare dai genitori e farsi rispettare anche dai fratelli maggiori. Ma Giovanna bambina, cosa rispondeva a chi le chiedeva “Cosa vuoi fare da grande?” Già a cinque anni dichiaravo che avrei voluto fare il magistrato, gli studi di legge mi affascinavano, alcuni dei cugini di mio padre erano avvocati o magistrati e lui invece non aveva voluto proseguire gli studi e faceva un lavoro faticoso.

Ha amici lametini con i quali ancora oggi si sente? Poche, qualche amica, con alcune delle quali dopo il liceo, ci siamo trasferite a Bologna. Da adolescente ha frequentato il liceo scientifico e poi si è iscritta all’Università degli studi di Bologna per frequentare la facoltà di Giurisprudenza. Quando era una giovane universitaria ha mai pensato che il lavoro la avrebbe tenuta lontana dalla sua città oppure già aveva in mente di non tornare a Lamezia? Durante gli studi avevo già maturato la consapevolezza che se avessi voluto lavorare ed avviarmi verso un percorso professionale di soddisfazione, la città di Bologna mi avrebbe potuto offrire sicuramente maggiori opportunità. Vede, la maggior parte delle donne della mia famiglia allargata, sorelle e cugine, tutte laureate con successo, hanno poi optato per l’insegnamento. In meridione in quegli anni il percorso era abbastanza segnato: si studiava, ci si sposava, si insegnava. Giovane laureata in giurisprudenza si è poi trovata nel settore delle assicurazioni, come è avvenuto questo passo? Come dicevo all’inizio, io era intenzionata a proseguire i miei studi per poter sostenere il difficile concorso per diventare magistrato, ma la mia quarta sorella incombeva, anche lei era pronta per andare all’università e nostro padre non avrebbe potuto permettersi di mantenere due figlie fuori di casa. Quindi per puro caso, 15 giorni dopo la laurea ho risposto ad un bando per un master in diritto delle assicurazioni, pubblicato da Unipol e rivolto ai giovani laureati. Allora sapevo poco di assicurazione, ma fare un corso post laurea che mi rendesse anche autonoma economicamente mi ha incuriosito. La sua strada in Unipol è stata in continua ascesa, essere donna è stato un problema? C’è stato un momento in cui si è sentita discriminata? Ho iniziato a lavorare come impiegata, liquidatrice direzionale, ho sempre lavorato con grande impegno e un po’ come già avevo fatto a casa, ho sempre avuto chiaro l’obiettivo di essere brava, la migliore. Essere donna non mi ha mai condizionato, io ho sempre cercato di dare il massimo, non mi sono mai tirata indietro davanti a

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qualunque impegno sapendo che la competizione era alta e che i competitor nella maggior parte dei casi erano uomini; bisognava essere più brava, più coraggiosa, disponibile a trasferte, spostamenti, nuovi incarichi ecc. Lei in Unipol ha iniziato come liquidatrice di sinistri per poi occupare ruoli sempre più importanti, dirigenziali, fino ad arrivate ad essere, da settembre 2019, Amministratore Delegato di UniSalute S.p.a., in pratica qualche mese prima che scoppiasse la pandemia, come lo ha affrontato? ha dovuto prendere decisioni drastiche in questo periodo? Cos’è successo, in pratica, in Unipol con il sopraggiungere del Coronavirus? Essere AD di una Compagnia che si occupa di salute e di assistenza integrativa durante la grande pandemia del Covid ha messo in moto il bisogno di esserci e soprattutto di essere proattivi. Il paese si è trovato di fronte ad una crisi sanitaria imponente e le persone hanno iniziato ad avere paura, a non capire come si potesse gestire la quotidianità e con quale prospettiva. Un assicuratore in questi casi deve, a mio avviso, raccogliere l’istanza di sicurezza e progettare soluzioni innovative che possano aiutare ad affrontare le incertezze. Per questo abbiamo avviato il teleconsulto medico, il videoconsulto medico specialistico, la polizza #andràtuttobene, servizi utili ad affrontare l’emergenza e a dare rassicurazione. Da quanto ha detto capisco che ha dovuto riorganizzare il lavoro in questo periodo di lockdown, o sbaglio? Certo, il servizio assicurativo è stato dichiarato essenziale quindi noi siamo stati sempre operativi. Con l’avvio del lockdown abbiamo avviato il piano per il lavoro agile e il 96 % delle nostre persone è stata posta nelle condizioni di potere lavorare da casa. Noi abbiamo in azienda una prevalenza di personale femminile, donne giovani e spesso con figli in età scolare, la possibilità di lavorare da casa senza riduzione di reddito e con flessibilità di orari ha consentito loro di gestire anche il carico familiare. La sua opinione sul Covid-19? Scientificamente è la mutazione di un virus, di cui poco si è capito agli inizi della sua diffusione e questo ha generato l’acuirsi della sua espansione con conseguenze impreviste.

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Dalle ultime notizie non si sa cosa pensare, ci dicono di seguire le regole e di stare tranquilli ma, nel contempo, pare che una nuova ondata del virus sia quasi certa. Il suo parere? Le regole DPI sono indispensabili per contenere la pandemia e le decisioni drastiche assunte dal governo nei mesi primaverili sono state indispensabili, mentre durante l’estate con l’allentamento delle stesse si sta registrando purtroppo una nuova crescita dei contagi. In autunno, con l’arrivo del periodo influenzale penso che la situazione sia destinata ad aggravarsi, i sintomi influenzali e quelli relativi al virus infatti sono simili e questo genererà confusione e paura nelle persone. Il Ministero della Salute ha giustamente consigliato di fare intanto il vaccino antinfluenzale. In cosa consiste il suo ruolo di Amministratore Delegato di UniSalute? L’Amministratore Delegato ha il compito, di gestire la società per conto della proprietà, di sviluppare il business in maniera profittevole, nel rispetto delle regole di mercato e delle policy di gruppo. Deve avere la massima attenzione nella gestione delle risorse interne ed esterne, curandone il servizio per garantire la massima affidabilità. Nello specifico, UniSalute è la prima assicurazione sanitaria in Italia per numero di clienti gestiti (circa 9ml) ed occupa un posto di primo piano nel mercato della sanità integrativa. Gestiamo infatti il maggior numero di fondi sanitari integrativi ai quali aderiscono numerose categorie di lavoratori. Che decisioni prende in quanto tale? L’organizzazione di una società grande come la nostra prevede la gestione delle attività con un team di manager che a vario titolo presidiano le linee di responsabilità loro affidate. L’AD coordina e dirige tutta la gestione della società e risponde al Consiglio di amministrazione del buon funzionamento dell’azienda. Vi sono delle sfide che ha intenzione di affrontare, come innovazioni nel campo assicurativo sulla salute? Certo, la sfida più importante è quella di diffondere la sanità integrativa al maggior numero di persone. Il nostro paese ha bisogno

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di liberare risorse per i grandi temi della ricerca e per la cura e l’assistenza delle grandi patologie. Inoltre c’è il tema importantissimo della terza età, l’Italia è un paese che invecchia e bisogna studiare nuovi modelli di assistenza anche correlati alle patologie croniche e alla non autosufficienza. Lei è libera di scegliere i suoi collaboratori? Certamente, è molto importate avere collaboratori capaci, affidabili ed individuare i profili giusti per le specifiche peculiarità.

dall’altra vi sono alcune aziende che non riescono a trovare figure professionali. Forse nel momento in cui ci si scrive alle scuole superiori bisognerebbe essere indirizzati in base alle richieste di mercato? Ritengo che una migliore relazione tra formazione e mondo del lavoro aiuterebbe, ma innanzitutto i posti di lavoro vanno creati ed è necessario rilanciare l’economia, purtroppo con una crescita vicino allo 0 non è pensabile immaginarsi una crescita del mondo del lavoro.

Come è il rapporto con il suo staff? E’ un dirigente rigido oppure ha instaurato con lo staff un rapporto amicale? Io ho uno stile manageriale accessibile, lavoro e guido il mio team, cercando di essere molto precisa nella definizione degli obiettivi. I miei collaboratori sanno che la mia porta è sempre aperta, se ci sono problemi o difficoltà è importante valutare insieme quali sono le soluzioni più efficaci, preferisco un manager che si pone in maniera esplicita ad uno che tende a differire i problemi.

Lasciamo da parte il lavoro e parliamo ora di Giovanna come donna. Lei è sposata? Sì.

Come si svolge una giornata tipo di Giovanna Gigliotti? La mia giornata è molto intensa. Oltre al ruolo di AD in UniSalute ho anche il ruolo di Direttore Business di Unipolsai, dunque svolgendo due importanti funzioni mi devo dividere tra le nostre sedi. Inizio a lavorare alle 8,30 e non finisco mai prima delle 20,30 circa. Lavoro prevalentemente in squadra con i miei collaboratori, coordino e seguo i progetti principali di entrambi gli incarichi.

Riesce a barcamenarsi in questi importanti ruoli, moglie, madre, dirigente? E’ difficile ma mio marito è un uomo intelligente è molto disponibile, mi ha sempre aiutato attivamente nella gestione della nostra famiglia.

Ho letto su internet che lei spesso rappresenta Unipol in vari convegni, viaggia quindi molto? Prima del Covid viaggiavo spesso, ora facciamo tante video conferenze e penso riprenderemo i convegni “fisici” solo dopo la pandemia.

Come passa il suo tempo libero? Amo viaggiare, partire con la mia famiglia alla scoperta delle meraviglie del mondo mi fa ricaricare le pile, con la pandemia quest’anno abbiamo dovuto rinunciare, ma ci rifaremo!

Prima di lasciare l’argomento lavoro vorrei chiederle quali sono state le maggiori difficoltà che ha incontrato nel suo percorso lavorativo e quali le gioie maggiori. Le difficoltà maggiori sono state legate alla gestione del tempo, la crescita professionale richiede sempre sacrifici estremi del proprio spazio personale. L’economia italiana sembra essere in grande difficoltà, crede ne usciremo? Ci vorrà tempo ma ne usciremo, ci vorranno progetti importanti per rilanciare il paese, occorre essere attenti a cogliere efficacemente la disponibilità economica messa a disposizione dalla Comunità per ammodernare e rilanciare il paese. Per quanto riguarda il lavoro da una parte di sente parlare un alto tasso di disoccupazione giovanile, sempre crescente, Lamezia e non solo

Come ha conosciuto suo marito? Per caso, in una serata fra amici Ha figli? Sì uno solo, Marco adesso ha 22 anni.

Riesce a non pensare al lavoro quando lascia l’ufficio? Onestamente no, noi siamo operativi H 24.

Ama i concerti? Ha un cantante preferito? Adoro la musica e mi piace anche cantare, le serate con gli amici a fare il karaoke mi divertono. Quando posso vado ai concerti, ma guardi non le faccio nomi: dovrei spaziare da Freddy Mercury a Madonna a Lucio Battisti che dire? I grandi artisti mi incuriosiscono tutti. Televisione, cinema o teatro? La sera dopo il lavoro guardo volentieri film o grandi serie, mi rilassano e non penso al lavoro. Ama leggere? Ha un autore preferito? Leggo ma non quanto vorrei, lo faccio prevalentemente in vacanza, divoro i libri dai grandi classici alla letteratura contemporanea, come per la musica leggo quello che mi attira e attrae la mia attenzione.

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Il suo rapporto con la religione? Non sono praticante ma sono credente. Avere fede aiuta? Sì, io prego. Femminicidi, sembra che questa piaga non possa essere bloccata, in cosa si sta sbagliando, a suo parere nell’affrontare il problema? Innanzitutto si sbaglia nel sottovalutarlo, le donne che trovano la forza di denunciare devo essere aiutate meglio con maggiore efficacia. Ama gli animali? ne ha qualcuno? Sì io vivo in una casa in campagna e sono circondata dai gatti. Le domande che potrei farle ancora sarebbero tante ma fermiamoci qua, magari riprenderemo il discorso, con un’altra intervista, il prossimo anno. Ovviamente, prima di chiudere non possiamo non parlare del grande successo avuto dall’undicesimo “Galà della Gratitudine” sponsorizzato dalla Unipol e organizzato da Giovanni De Grazia. Soddisfatta del risultato? E’ stato un evento importante molto ben organizzato e mi ha fatto molto piacere essere presente per testimoniare la grande capacità di reazione del nostro paese nel contrasto alla pandemia.

Vorrei ringraziarla a nome dei lametini per questa sponsorizzazione che ci ha regalato una bella serata durante la quale ogni tassello si è incastrato con l’altro perfettamente, clemente anche il tempo che ci ha regalato un clima mite che ha reso l’evento ancora più piacevole. Spero che questo connubio duri nel tempo così avremo un’occasione in più per riaverla a Lamezia. Un consiglio ai giovani che si affacciano sul mondo del lavoro? Consideratevi fortunati, oggi avere il lavoro è un’opportunità che non va mai sottovaluta, ogni traguardo è solo il primo per avviarsi verso il successivo, sempre più sfidante, abbiate fiducia in voi stessi e non arrendetevi mai!

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Ultima domanda … ma … Giovanna Gigliotti ha ancora un sogno da realizzare chiuso in un cassetto? Il mio sogno oggi è poter confermare la soddisfazione professionale e personale sempre con grande attenzione agli altri, prodigarsi nel far crescere nuove generazioni di manager e soprattutto veder crescere Marco, mio figlio! Cala il sipario anche su questo nuovo incontro. La vita è fatta di combinazioni, di curiosi intrecci che, forse, non avvengono a caso. Il giorno del Galà della gratitudine ho avuto modo di chiedere a Giovanna di poterla intervistare e lei ha accettato, Come sempre, quando si sa chi intervistare si comincia a pensare a cosa chiedere, a parte quelle domande “classiche” che vanno fatte ed alle quali ognuno risponde in modo differente, in base alla propria personalità. Mentre, al mare, prendendo il sole, mi chiedevo, appunto, cosa chiederle, mia figlia mi presenta una sua amica che ... lavora proprio nella UnipolSai. Ne approfitto subito per chiederle che tipo è la “Lady della Unipol”. Mi risponde che lei lavora al centralino e quindi la conosce poco ma che quando la incontra è sempre cortese e che sa che è molto stimata, “una donna veramente in gamba”, così l’ha definita.. Conoscendola meglio ora posso dire che è vero, Giovanna Gigliotti è, oltre che disponibile, appassionata del suo lavoro (h 24 ha affermato) e, a mio avviso, consapevole del suo talento. E’ una di quelle persone che spiccano per la loro preparazione, per la loro correttezza nei confronti di chi le circonda, per essere creative e la creatività, si sa, fa bene alle imprese che vogliono crescere. Nel suo lavoro sceglie di chi circondarsi per dare il meglio e, visto che la sua è stata (e sarà) una strada in continua ascesa, è facile pensare che le alte sfere se ne siano rese conto affidandole ruoli sempre più importati. Ma, nonostante tutto è rimasta una donna semplice, con sani valori, che ritorna volentieri nella sua città natale dove viene accolta con gioia da amici e parenti e questo la dice lunga sulle qualità di questa manager lametina. La frase che le voglio dedicare, nel chiudere l’intervista, è del Mahatma Gandhi, una frase breve e profonda che racchiude una grande verità: La vita non è aspettare che passi la tempesta, ma imparare a ballare sotto la pioggia. Ho scelto questa frase perchè non credo che Giovanna non abbia incontrato difficoltà, dolore, impedimenti, nella sua vita, ma che ella li abbia superati affrontandoli, donna del Sud, forte e coraggiosa!

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scuola

Saluto finale del Dirigente Giovanni Martello agli studenti, ai genitori, ai docenti e al personale del Liceo “Tommaso Campanella” di Lamezia Terme Dopo dieci anni dal mio ingresso nell’Istituto, è arrivato il momento di salutarci. Anche per me è giunto il pensionamento, traguardo da molti agognato, specie in questo periodo reso ancora più complesso dalla inusitata esperienza della pandemia vissuta negli ultimi sei mesi. Posso affermare che sono stati anni formidabili durante i quali ho vissuto lo stress, la fatica, i crucci, le incomprensioni, il disincanto, ma sono arrivati anche risultati significativi, tante gratificazioni e vittorie. In questo decennio ho apprezzato meglio il valore e il talento di tutti gli studenti, l’attaccamento alla scuola dei genitori, dei docenti e di quasi tutto il personale scolastico. Non potrò mai ringraziarvi completamente per quello che ognuno di voi ha dato alla scuola secondo le proprie possibilità, le proprie attitudini e la voglia di mettersi in gioco. La nostra scuola, è diventata comunità educante ed è cresciuta sempre di più grazie all’apporto di tutti. In questi anni abbiamo avuto fame di aule perché i ragazzi s’iscrivevano e s’iscrivono in massa al nostro Istituto. Grazie a ciò è diventato punto di riferimento culturale e formativo del comprensorio lametino e delle buone pratiche della scuola calabrese. Mentre altri riposavano sugli allori accontentandosi dei risultati raggiunti noi guardavamo già oltre. Leggevamo i bisogni del territorio e spesso li anticipavamo, convinti che la scuola debba essere sempre in anticipo sul politico e sul sociale anziché seguirli, dando risposte efficaci. Negli anni ‘70 quando ero poco più che un ragazzo, questa posizione si definiva proattiva, poi di impegno, di engagement, oggi di cittadinanza attiva. Il mio agire quotidiano ha sempre guardato a grandi fari e mentori della pedagogia, della didattica e della psicologia. Per non scomodarne molti, evidenzio solo tre nomi: don Lorenzo Milani, Priore di Barbiana, con la sua Lettera ad una professoressa, Howard Gardner con Formae Mentis e la sua teoria sulle intelligenze multiple e Daniel Goleman con la sua teoria sull’ Intelligenza emotiva. Questo per significare che il Liceo Campanella ha cercato di attuare il credo di Barbiana evitando di fare parti uguali fra diseguali, anzi assicurando o, almeno, ha cercato di dare a tutti gli studenti secondo i propri bisogni. Ha cercato di seguire Gardner nel valorizzare il talento, l’eccellenza proprio di ciascuno, quello che i latini definivano virtus e i greci areté. Ha fatto tesoro degli insegnamenti di Goleman conscio del fatto che il solo aspetto cognitivo non forma la persona, ma per farla diventare tale bisogna aggiungere una solida intelligenza emotiva. Questi tre fondamentali riferimenti culturali ci hanno permesso di essere scuola del successo formativo, ma anche scuola che valorizza l’eccellenza personale e che cura l’emotività. Ogni tanto siamo stati criticati per i tanti indirizzi presenti nell’Istituto. Siamo un liceo aperto all’antico, dove sono salde le nostre radici e poggiano le nostre fondamenta, ma anche aperto al contemporaneo e cerca d’insegnare a volare per districarsi nella complessità grazie alla valorizzazione oltre che delle discipline umanistiche anche di quelle scientifiche e linguistiche. In questa scuola, per gli studenti è stato sempre facile trovare la propria strada sia perché trovano diverse alternative da poter provare a percorrere e sia perché esistono dei grandi accompagnatori, facilitatori quali siete voi insegnanti. A tutti voi va il mio ringraziamento per le grosse competenze professionali, metodologiche e relazionali che quotidianamente mettete in campo per permettere la migliore crescita degli studenti, per favorire le loro attitudini e la voglia di mettersi in gioco; per formare le persone e Lamezia e non solo

di Giovanni Martello

i cittadini di domani. Non voglio dare pagelle di merito, ma sono sicuro che la nostra scuola ha avuto effetti positivi sull’intera comunità che è cresciuta assieme ad essa. La strada da fare è ancora tanta, come in tutte le scuole del Sud, dove bisogna lottare per ottenere i diritti di cittadinanza ed, inoltre, la formazione non ha mai termine, così come non ha mai termine l’apprendimento che s’insegue fino ai nostri ultimi giorni. Come dicevo sono arrivato in questo Istituto il 1° settembre 2010, ne esco il 1°settembre 2020. Questo è stato un decennio importante nella mia esistenza durante il quale ho dato tanto in termini d’impegno, di cultura e di leadership, ma ho anche ricevuto moltissimo da tutte le persone che mi sono state attorno con dedizione con le quali ho condiviso mission e vision. Per essere realizzati, i grandi progetti hanno bisogno di lavoro di gruppo, di menti illuminate, ma anche di grandi cuori, di spalle forti e di ali possenti. Sono stati dieci anni di crescita per tutti, oserei dire come Socrate, dieci anni della nostra vita spesa nella ricerca della verità e del bene. Una scuola che ha fatto crescere il territorio, grazie alle tante sinergie ricercate e attuate con partner della società civile ed Enti vari. Una scuola che la pandemia attuale non ha fermato, anzi ha visto nella crisi un’occasione ed una spinta per accelerare processi ed attuare metodologie nuove, per valorizzare l’informatica, la didattica a distanza e sperimentare nuove tipologie di relazionalità adatte e più rispondenti ai tempi e agli studenti attuali. Una scuola che con la sua tenacia ha regalato al territorio lametino il Liceo economico, il Liceo musicale e il Liceo coreutico, uniche realtà scolastiche nell’intera provincia di Catanzaro. Anche questi risultati sono frutto di duro lavoro di équipe di persone che hanno creduto e credono in quello che fanno e sanno non solo di essere legati ad un contratto, ma di avere un debito morale e politico (nel senso di polis-tekné, cioè di bene amministrare la cosa pubblica) nei confronti dell’intero comprensorio, nel quale è collocata la scuola, e della nazione. In quest’ottica deve essere letto il mio impegno per assicurare un edificio nuovo al Liceo Campanella di Lamezia Terme che rientra nelle 500 scuole sicure calabresi, grazie al finanziamento ottenuto di 7,5 milioni di euro. La Provincia avrebbe già dovuto iniziare i lavori, ma è stata bloccata in un contenzioso giuridico che finalmente è terminato e dovrebbe dare il via alla nuova costruzione. Lo dico senza polemiche, ma lo devo dire visto che su questo nuovo e costruendo edificio sono state esposte tesi poco veritiere. Il nuovo edificio per questa scuola deriva dal fatto che ormai le scuole in generale, così come le nostre abitazioni, non rispettano più la normativa antisismica attuale e non perché stia cadendo a pezzi. Appena mi sono reso conto della possibilità di ottenere questa enorme finanziamento mi sono mosso, di concerto con l’Ente Provincia e con l’Ente Regione perché questo importo fosse affidato alla nostra scuola. Per usare una metafora ho visto passare un treno in corsa e mi sono precipitato a saltarci sopra, senza paura di ferirmi, avendo a cuore l’interesse delle famiglie e del territorio lametino nella sua interezza. E, credetemi, ogni conquista costa tanta fatica, ma sono convinto che quando si agisce per il bene comune si realizzano due desideri, quello proprio e quello della comunità di appartenenza. Per ultimo, ma non ultimo, un augurio di cuore va alla collega Dirigente Susanna Mustàri che mi sostituirà alla guida del Liceo Campanella di Lamezia Terme e alla nuova Dsga. Vi abbraccio tutti e vi porterò sempre nel cuore. Ad maiora et ad astra

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amici della terra

La STORIA della TERRA e degli UOMINI DOCUMENTA CONTINUI CAMBIAMENTI CLIMATICI

Geologo Mario Pileggi del Consiglio Nazionale Amici della Terra

Di cambiamenti climatici si parla e scrive spesso e male quasi ovunque, sui media e social, generando paure e preoccupazioni ingiustificate e dannose. Pseudo esperti e improvvisati “climatologi” diffondono continuamente fake news sia per ignoranza che per interessi speculativi. Per contrastare gli effetti del dannoso allarmismo di alcuni media occorre il recupero della memoria storica e l’esame critico della grande quantità di “dati” e notizie circolanti. È da tenere sempre presente che negli ultimi 5 miliardi di anni il clima sulla Terra è sempre cambiato. Sia la Storia della Terra che quella degli uomini documentano il continuo cambiamento climatico in ogni luogo del Pianeta. Un cambiamento sempre più dettagliatamente evidenziato dalle continue scoperte scientifiche e che ha prodotto rilevanti modifiche agli assetti idrogeologici e ai paesaggi con ripercussioni sulla diffusione e qualità della vita di tutti gli esseri viventi. Modifiche e ripercussioni ben documentate sia nelle cronache e nei libri di storia umana che nelle forme e tipologie delle rocce e dei mari che caratterizzano il nostro paesaggio. Le variazioni climatiche, com’è noto, hanno condizionato molto anche lo sviluppo e spostamento di tutti gli organismi viventi. Significativi in proposito i numerosi spostamenti e la grande diffusione degli uomini nei vari continenti avvenuta durante i periodi caratterizzati dal freddo delle glaciazioni del Pleistocene e lo sviluppo della civiltà favorita dal successivo riscaldamento globale iniziato nell’Olocene. È con l’inizio dell’aumento della temperatura dell’attuale epoca geologica che l’Homo sapiens sapiens comincia ad intervenire massicciamente sul paesaggio naturale trasformandolo in un paesaggio culturale; e che in alcune regioni si svilupparono l’agricoltura e l’allevamento degli animali e i cacciatori nomadi fondarono insediamenti stabili. Un’importante testimonianza d’insediamento antropico della “Rivoluzione neolitica” nell’intero Bel Paese è quello di Favella della Corte rinvenuto nella Piana di Sibari in destra del Fiume Crati. Così come quello più antico del Paleolitico inferiore di Casella di Maida rinvenuto dall’Ispettore Onorario alle Antichità Dario Leone e confermato dagli studi del Prof Paolo Gambassini nella Piana di Sant’Eufemia Lamezia in sinistra del Fiume Amato. Gli attuali paesaggi e, in particolare, la distanza dal mare dei due insediamenti antropici sopra citati, come si può notare dallo schema riportato, risultano di molto cambiati rispetto all’Età della Pietra in cui erano frequentati dagli artefici dei manufatti rinvenuti. All’inizio dell’Olocene, circa 11 mila anni fa, il livello del Mare Jonio risultava più basso di circa 20 metri rispetto all’attuale. pag. 8

Il grande villaggio di Favella della Corte era localizzato su una

superfice di circa 40 mila metri quadrati su un ripiano prossimo alla riva destra dell’attuale corso del Fiume Crati e frequentato fin dal Neolitico inferiore. Documentate ricerche evidenziano come il paesaggio e il clima al tempo in cui gli uomini frequentavano il vasto insediamento di Favella della Corte erano diversi rispetto ad oggi. Il clima era caldoumido con temperature più alte di circa 2°C. La foce del Crati era arretrata di circa 5 – 6 chilometri verso Ovest rispetto all’attuale, e le acque del Mare Jonio bagnavano la base della scarpata del terrazzo che ospitava il villaggio. Le dune delle antiche spiagge del neolitico sono state rilevate alla profondità di alcuni metri proprio in corri-

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spondenza della base dello stesso terrazzo. I manufatti più antichi di Casella di Maida, sono stati rinvenuti ad una quota di 25-30 metri s.l.m. e alla profondità di circa 3 metri dall’attuale piano campagna in corrispondenza di un livello sabbioso di ambiente continentale prossimo alla riva del mare come quelli di Favella. Di queste continue trasformazioni dei Paesaggi e delle oscillazioni climatiche del passato sia nel contesto generale che in quello regionale e locale ci occuperemo nei prossimi numeri di questa Rivista “Lameziaenonosolo”. Per intanto e per sgonfiare alcune delle fake news che generano allarme, paure e preoccupazioni nelle popolazioni va considerato che non sono pochi gli scienziati che escludono aumenti eccessivi delle temperature globali. E sono da considerare anche gli aspetti e i dubbi che altri scienziati evidenziano in merito ai ben noti grafici che indicano per l’ultimo secolo un progressivo aumento della Temperatura legato all’aumento della CO2.. Aspetti che, pur considerando il rilevantissimo e dannoso inquinamento atmosferico di origine antropica, richiamano anche dati certi e documentati della storia recente. Di seguito alcuni dei tanti aspetti evidenziati dai dissidenti dell’origine antropica del Global Warming: 1) uno dei valori massimi di temperatura registrato nel Pianeta è del 1913 mentre il record di valore minimo di Temperatura si è registrato il 21 luglio del 1983 nella stazione di ricerca di Vostok, in Antartide quando il termometro segnò meno -89 gradi Celsius pari a 129 gradi Fahrenheit. Di recente negli Stati Uniti, che hanno il più alto numero di stazioni meteorologiche di qualsiasi altra località al mondo, sono stati registrati più record di temperatura fredda per stato rispetto a record di temperatura calda. Questi dati non concordano con il progressivo aumento della temperatura. 2) Le misure della temperatura mondiale iniziate a partire della fine del 1978 con i satelliti mostrano che fino al 1998, nei successivi 20 anni, la temperatura media globale è rimasta quasi invariata; nello stesso periodo in base alcuni dati delle stazione meteorologiche terrestre si è parlato e scritto di aumenti di temperatura “senza precedenti”.

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3) Le temperature degli ultimi anni sono spesso confrontate con le temperature degli anni ‘80 che in gran parte del Pianeta è stato il ​​decennio più freddo dell’ultimo secolo. Se le temperature attuali si confrontassero con quelle degli anni ‘30 non emergerebbe nulla di straordinario perché in molti luoghi del mondo, compresa la Groenlandia, gli anni ‘30 sono stati il decennio ​​ più caldo degli ultimi 100 anni. 4) Dal 1945 fino al 1975 si è rilevata persistente tendenza al raffreddamento in molti luoghi del mondo. La tendenza era così rilevante e accompagnata dalla crescita dei ghiacciai che gli scienziati hanno iniziato a chiedersi se stesse iniziando una nuova glaciazione. Va ricordato che durante lo stesso periodo, mentre le temperature globali diminuivano i livelli di CO2 nel mondo sono aumentati del 17%. E che la relazione tra temperature globali e livelli di CO2 atmosferica di origine antropica non può rappresentare la principale causa dei cambiamenti climatici. D’altra parte è da ricordare che negli anni sessanta i climatologi, in considerazione dell’accertata crescita dei ghiacciai in tutto il mondo e dei risultati di altre ricerche, erano ossessionati dall’idea che una nuova glaciazione fosse imminente. Della fine dell’attuale periodo Interglaciale ed inizio di una nuova glaciazione discussero glaciologi e climatologi nel 1972 nella Brown University. Molti degli esperti presenti, anche in considerazione del fatto che il raffreddamento riguardava le Regioni Polari, concordò nell’affermare che i periodi Interglaciali sono di breve durata e finiscono bruscamente. In particolare, basandosi sui cicli di Milankovitch affermarono che: “senza alcun dubbio la fine naturale del nostro Periodo Interglaciale è alle porte”. Ma anche allora c’era chi sosteneva che il raffreddamento globale era causato principalmente dall’uomo perché gli effetti sul clima dell’industrializzazione, della rilevante crescita della popolazione mondiale e della rapida crescita urbana nelle metropoli avevano una rilevanza pari a quella dei processi naturali. Si consideravano determinanti le no-

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tevolissime quantità di carbone e petrolio bruciate nell’aria e dei gas di scarico che venivano rilasciati nell’ambiente senza essere filtrati in alcun modo. In pratica, a causa della maggiore torbidità dell’aria legata all’aumento di smog, nebbia e nubi ci sarebbe stata una riduzione dell’insolazione e, quindi, il raffreddamento. Si riteneva che il raffreddamento fosse causato da un “effetto filtro” che avrebbe ridotto l’esposizione della superficie terrestre ai raggi solari. E da considerare che, sempre negli anni ’60, per regolare il clima mondiale, negli Usa si ideò un Progetto di una diga per sbarrare lo stretto di Bering tra Alaska e Siberia. Favorevole a questo progetto si dichiarò anche John F. Kennedy durante la campagna elettorale del 1960. Il progetto della diga di Bering fu approfondito durante la presidenza di Richard M. Nixon e costituì il tema centrale del vertice USA-URSS di Vladivostok del 1974 tra i Presidenti Gerald Ford e Leonid Brèznev. Sulla rilevanza data al rischio di un raffreddamento globale va ricordato che nel 1978, per fronteggiare il temuto raffreddamento globale (Global Cooling), il Congresso degli Stati Uniti lanciò un programma nazionale sul clima da realizzare tra 1980 e 2000. Per contrastare il temuto raffreddamento globale “esperti” climatologi e militari avevano previsto vari interventi come ad esempio: - aumentare le emissioni di CO2 in modo da rafforzare l’effetto serra; - ricoprire le calotte polari di una pellicola nera per diminuire l’effetto albedo; - costruire una diga in cemento tra Groenlandia e la Norvegia; - riscaldare la Groenlandia con appositi reattori nucleari o, in alternativa, sciogliere il ghiaccio dei poli con bombe all’idrogeno; - far esplodere delle bombe atomiche per abbattere le montagne sottomarine a Sud-Ovest delle isole Fær Øer per prolungare gli effetti delle correnti marine calde dell’Artico. - far orbitare intorno alla Terra degli enormi specchi per accrescere effetto del Sole e,o costruire una specie di “anello di Saturno” di potassio. D’altra parte, e per come ampiamente documentato dalla storia della Terra e dell’Uomo, va considerato che dall’origine della Terra e dalla comparsa dell’Uomo non c’è mai stato l’<<equilibrio climatico>> in nessun luogo del Pianeta. Sono invece sempre più numerose e dettagliate le conferme scientifiche sulle variazioni e oscillazioni climatiche con l’alternarsi di periodi più caldi a periodi più freddi. In particolare su quelle avvenute negli ultimi mille anni. 5) La storia recente documenta cambiamenti climatici naturali a scala pluridecennale e secolare senza i gas climalteranti di origine antropica. Approfonditi studi e ricerche storico-geografiche e geoarcheologiche effettuate nell’area mediterranea evidenziano che negli ultimi 3.000 anni le condizioni climatico-ambientali sono state simili alle attuali. A queste condizioni climatiche si sono intercalati ciclicamente periodi con clima pag. 10

differente della durata di circa 150 - 200 anni. In pratica si sono si sono alternati periodi più freddo-umidi e periodi più caldo-aridi. In particolare, i periodi caldo-aridi individuati sono quello Medioevale che va dall’anno 1000 al 1300 e quello dell’età romana compreso tra il 100 e il 300 d.C. circa. Periodi caratterizzati invece da un clima più freddo-umido sono documentati: tra il 1500 d.C. e il 1850 d.C. denominato della “Piccola Età Glaciale”; tra il 500 d.C. e il 750 d.C. denominato “Piccola Età Glaciale Alto medievale”; e tra il 520 a.C. e il 350 a.C. denominato “Piccola Età Glaciale Arcaica”. Ampia documentazione dell’alternanza di questi periodi più caldi e più freddi e degli effetti prodotti sull’ambiente e sulla qualità della vita delle popolazioni esistono anche per le aree di tutti i Paesi dell’Europa centrale e settentrionale. Durante i cinque secoli dell’ultimo e più recente periodo freddo noto come “The Little Ice Age” sono documentati sia una ridotta attività solare, il “Maunder Minimum” sia numerose eruzioni vulcaniche che, con la rilevantissima diffusione di cenere e polveri hanno accentuato il raffreddamento. Particolarmente rilevanti le eruzioni del 1800 del Krakatoa e del Tambora del 1815. Tra il 10 e l’11 aprile del 1815 l’eruzione del Tambora provocò il noto “Freddo del Tambora” e un abbassamento della temperatura mondiale di circa 3-4 °C. In Europa e Nord-America l’anno successivo all’eruzione è ricordato come “l’anno senza estate”. Si stima che il volume del materiale emesso dal Tambora superi i 40 chilometri cubi. Oltre a quanto sopra evidenziato, per un esame critico di quanto viene continuamente detto è scritto sulle tendenze del cambiamento climatico in atto è da considerare il grafico che riporta la variazione della temperatura dalla “Piccola Età Glaciale” agli anni del “riscaldamento globale”, dal 1861 al 2003, nel quale si rileva a partire dagli anni 90 dell’Ottocento un aumento della temperatura interrotto da un periodo freddo dal 1945 al 1975.

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sanità

Anche Lamezia Terme ha le sue eccellenze di Tonino Amatruda “E’ veramente difficile esprimere a parole il sentimento della gratitudine, ma avverto la necessità di farlo o almeno di provarci. Sarò grato per sempre al Dottor Maselli e alla sua équipe, una squadra eccezionale, avere dei professionisti di tale valore nella nostra terra è una vera e propria grazia di Dio. Grazie a tutti”. Così un giovane di 40 anni originario di Lamezia Terme, ricoverato al S. Anna Hospital di Catanzaro con una insufficienza cardiaca grave e immediatamente operato d’urgenza per la sostituzione di due valvole. Ad eseguire il difficile intervento il Dottor Daniele Maselli, primario del Dipartimento di Cardiochirurgia, dove ogni anno vengono effettuati circa 1000 interventi di cardiochirurgia, operazioni che interessano, ad eccezione dei trapianti, tutto l’insieme della chirurgia cardiaca. Stiamo parlando di una struttura di primo livello in campo cardiochirurgico, con eccellenti professionalità, tanti tornati a “casa” per dare il contributo alla loro terra e impedire il fenomeno della mobilità sanitaria che costa alla nostra regione 320 milioni di euro all’anno. E il Dottor Maselli si sta spendendo anche in questo, e cioè di recuperare fiducia e credibilità in una terra difficile come la nostra, convincere le persone che anche da noi si fa sul serio, così come certificato dal Ministero della Salute. Anche una donna di Gizzeria, provincia di Catanzaro, ha voluto, tramite la stampa, ringraziare il Dottor Daniele Maselli per il difficile intervento cui è stata sottoposta, la sostituzione di una valvola e la ricostruzione dell’altra valvola, con by pass. “Mi preme ringraziare tutto lo staff medico, dal primo all’ultimo, in special modo il Dottor Maselli, professionale, disponibile, umano, una scoperta straordinaria”. Rende orgogliosi sentire il parere dei pazienti e la

Calabria deve sentirsi gratificata di avere tra le sue eccellenze un uomo come il Dottore Daniele Maselli il cui curriculum, nonostante la giovane età, è di assoluto valore. Proviamo a tracciarne il percorso professionale, soffermandoci, seppur in modo succinto, sui momenti più salienti. Laureato in medicina e chirurgia presso l’università cattolica del sacro cuore di Roma ha completato il suo iter formativo negli ospedali di Novara e Harefield Hospital di Londra. Alla fine degli anni ’90 iniziava sotto la guida del Prof. Mario Viganò, il primo programma di cardiochirurgia mininvasiva in Italia. Ha svolto altresì attività di trapianto cardiaco e polmonare e di assistenza ventricolare meccanica .Negli anni tra il 1999 e il 2004 presso l’ospedale San Camillo di Roma avviava il nuovo centro di chirurgia mininvasiva e di trapianto cardiaco e dal 2004 al 2006 veniva chiamato presso la cardiochirurgia universitaria di Pisa con il compito di rilanciare il centro. Dal gennaio 2014 dirige la cardiochirurgia del S. Anna Hospital di Catanzaro con risultati di assoluto rilievo. E’ un riconosciuto esperto di chirurgia cardiaca mininvasiva, chirurgia dell’aorta e chirurgia coronarica a cuore battente. La Calabria e il nostro territorio hanno dunque dei professionisti di prim’ordine, siamo convinti che nel breve periodo diminuiranno sensibilmente i pazienti che per ragioni di salute intraprenderanno il viaggio, cosiddetto, della “speranza”. Ebbene, oggi la speranza alberga anche nella nostra regione, il Dottor Daniele Maselli è presente in diverse strutture, tra le quali il Poliambulatorio Medicare a Lamezia Terme, un modo per stare vicino ai pazienti e impedire loro ulteriori oneri di natura economica. Se la Calabria punterà sulle sue eccellenze…andrà tutto bene.

Le perle di Ciccio Scalise di Ciccio Scalise

A FHICU

E' ppuru nù fhruttu prilibatu, di tanti qualità è rricircatu, nà fhicu mulingiana, trisingata, fhà ssintiri bbona na pirsuna malata.

satu, sa ffirmatu mù sì ndì mangia ancuna, e a cchill'arbulu, un ccì ndà llassatu mancu una. U patruni, i luntanu si gustava, e bbidia cà, sani sani sì mbuccava, ccià ddittu, Patri, cumu fhaciti mu ndì mangiati tanti?, e ffigliu caru, iu mi mbuccu ccù Ila cudicina avanti.

Dì nù monacu, m'anu cuntatu, cà, vicinu nù pedi i fhicu mulingiani ha ppas-

Ccù cchistu ajiu vulutu signifhicari, ch'è nnù fhruttu chi un ttì stanchi i ndì mangiari,

Doppu c'ajiu dicantatu a fhicundiana, cumu fhazzu a nnun pparrari dà fhicu nustrana, di chilli mulingiani o jianchi, chi mù ndì mangi, mmai ti stanchi.

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mulingiani, jianchi, culumbri, signurelli o untati, su ssapuriti, su assai, assai ricircati. Ppì un pparrari di chilli siccati, fhatti a ccrucetti o mpurnati, duranti i fhesti i Natali, ccì nd'eranu a jjiosa, ed'era llu miagliu fhruttu, miagliu d'ogni ccosa. Di stù fhruttu, quantu vua ndi pua mangiari, ti po' ssagliri u diabeti o nù pocu ti fhà ngrassari.

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eventi

Una serata “di tutti i colori” per Totosaff sul lungomare “Falcone – Borsellino”

di Salvatore D’Elia

Di tanti colori e tante sfumature. Come di tanti colori è l’arcobaleno, che appare quando smette di piovere e la natura ritrova la sua pace. Sullo sfondo il mare, immenso ed eterno. Questo il filo conduttore della serata che si è svolta l’11 agosto sul lungomare Falcone – Borsellino in memoria di Antonio Saffioti, evento organizzato dalla famiglia Saffioti, dalla casa editrice Grafiché Editore, dagli autori dei due libri Marco Cavaliere e Salvatore D’Elia, con il patrocinio del Comune di Lamezia Terme. Una serata che ha voluto mettere in risalto quella straordinaria ricchezza “di tanti colori” che ha contraddistinto Antonio. Una serata non per ricordare, ma per rivivere e far continuare a vivere il messaggio di amore alla vita e alla libertà di Antonio. Hanno voluto dare la loro testimonianza nel corso della serata tanti amici che hanno incrociato il cammino di Antonio, dal teatro al volontariato, dalla politica alla parrocchia. Ognuno ha raccontato ciò che Antonio, volato in Cielo il 21 giugno scorso, ha lasciato per sempre nella vita di chi lo ha conosciuto, nella vita di un’intera comunità La battaglia per la buona qualità della vita e per i diritti, il desiderio di impegnarsi per la comunità, la capacità innata di comprendere senza mai giudicare o polemizzare, la caparbietà ad andare sempre avanti. Questi i tratti di Antonio emersi nelle testimonianze di

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Marco Ammendola, Teresa Bambara, Tiziana Bagnato, Antonio Chieffallo, Giovanni De Grazia, Simona Ponzù Donato, Rosanna Durante, Annalisa Gaetano, Giuseppe Marasco, Antonio Marinaro, Carlo Mercuri, Maria Murone, Nella Fragale, Antonio Perri, Rosario Piccioni, Benito Pileggi, Federica Roccisano, Antonio Saladino, Maria Scaramuzzino, Maria Pia Tucci, Manila Villella. Spazio alla musica e al teatro, con le performance di Dario Natale e dei fratelli Valeria e Domenico D’Agostino e la musica di Marianna Leone. Le grandi passioni di Antonio, il teatro e la musica, con le interpretazioni di alcuni dei suoi più cari amici, con i quali ha condiviso tanti momenti raccontati nei due libri. Una figura, quella di Totosaff, che, come evidenziato dal sindaco Paolo Mascaro e dall’assessore Luisa Vaccaro, deve continuare a vivere nella comunità lametina come esempio di impegno civile e di amore alla propria comunità, per la quale non si è risparmiato fino alla fine. Presente la famiglia di Antonio con papà Pino, mamma Vittoria e la sorella Maria Rosaria che hanno espresso gratitudine a tutti per aver reso possibile il sogno di Antonio: quello di continuare a parlare di lui, dei suoi temi, delle sue battaglie, del suo desiderio di una società più giusta. Per farlo vivere per sempre nel cuore della nostra comunità.

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avvenimenti lametini

“Un Anthurium nel cuore

in memoria di Francesco”

di Rosalba De Fazio

“Si puru mi putera shcurdari di tutti i pirzuni, cà ‘nt’a vita haju vistu iu, sicuru, l’adduru d’a pioggia ‘unn mu puazzu diminticari. […]”, così recitano i primi versi del componimento poetico “A ‘mmenz’a via”, primo classificato e premiato in occasione della serata di premiazione del concorso letterario “Un Anthurium nel cuore – in memoria di Francesco” organizzato dall’associazione culturale “Un Anthurium per Francesco” e dedicato, in questa sua prima edizione, a Valeria Montalto, giovane professoressa lametina scomparsa prematuramente. Numerosi partecipanti sono intervenuti alla manifestazione culturale, la sera dello scorso 31 Luglio, data scelta dopo il rinvio dovuto all’emergenza Covid-19. Gli ospiti sono stati accolti dal partner tipografia “Grafichè”, in un suggestivo scenario ricco di musica e poesia e introdotti alla serata dalla padrona di casa, Nella Fragale. Il concorso a tema libero, bandito a settembre 2019, ha visto la partecipazione di poeti in erba provenienti da tutta la regione. I componimenti pervenuti, alcuni anche in vernacolo, sono stati valutati da una giuria composta da Nella Fragale, imprenditrice ed editrice; Laura Montuoro, scrittrice ed editor e Tommaso Cozzitorto, professore di lettere e critico letterario. Le prime 10 poesie sono state presentate nel corso della serata per il tramite della soprano Enza Mirabelli che, accompagnata delle note armoniche del violino della giovane Debora Strangis, ha declamato i versi con grazia ed eleganza. La poesia e la cultura sono stati i temi predominanti e presenti in ogni aspetto dell’evento coordinato dalla giornalista Maria Teresa Notarianni, che ha condotto il pubblico in una vivace ed emozionante esperienza densa di versi, musica e delle parole di chi, ognuno a modo proprio, ha raccontato Valeria e Francesca. La serata ha avuto inizio con l’intervento di Gaetano Montalto, socio

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onorario dell’associazione “Un Anthurium per Francesco” e papà di Valeria. Il professore Montalto ha condiviso, con commozione e generosità, il ricordo della figlia restituito nella descrizione di una giovane donna tenace e sorridente, appassionata di vita così come lo era anche Francesco Ruberto, presidente del “Centro Studi Anthurium”, sostenitore e promotore, come Valeria, dell’arte e della cultura in tutte le loro espressioni. La Valeria raccontata dal padre è, anche, una inaspettata poetessa in erba che amava scrivere poesie come quella, inedita, recitata ai presenti. Alla forza e alla tenacia nel voler portare avanti eventi simili che promuovono la cultura, nonostante le difficoltà, ha fatto anche riferimento l’intervento del sindaco Paolo Mascaro che ha sottolineato il bisogno, per la città di Lamezia Terme, di continuare a promuovere e a vivere la cultura, così come hanno fatto Valeria e Francesco in ogni momento della loro vita, qualcuno raccontato dall’assessore allo Sport e Spettacolo Luisa Vaccaro, come Lo sprono al “fare” è arrivato anche dalle parole dell’assessore alla cultura Giorgia Gargano. L’assessore ricorre all’etimologia della parola poesia, dal greco poìesis, che indica la capacità del “fare dal nulla”, riferendosi proprio a quanto fatto dai poeti aderenti al concorso e dalle realtà associative e imprenditoriali che sponsorizzano la cultura nella e per la nostra città. L’invito dei rappresentanti istituzionali è stato quello di non stancarsi mai di coltivare le proprie passioni e i propri interessi, condividerli con la collettività, contribuendo, così, al bene comune. L’incitamento ad aspirare al meglio ed evitare il declino e l’imbruttimento della società è stato anche da parte dei due sacerdoti don Domenico Cicione, rappresentante della Diocesi di Lamezia Terme e rettore della chiesa “San Benedetto” e padre Giovanni Cozzolino, Reverendo Padre Superiore della Comunità

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dei frati Minimi di San Francesco di Paola a Pizzo Calabro. Entrambi amici di Francesco Ruberto, hanno offerto attraverso il ricordo, profondi spunti di riflessione. Nel fare gli onori di casa, Nella Fragale, insieme al componente della giuria Tommaso Cozzitorto, hanno introdotto il concorso ai presenti spiegandone l’andamento e i criteri di valutazione utilizzati che hanno portato a scegliere, fra le tante, le 10 seguenti poesie declamate durante la serata: “A ‘mmenz’a via”, di Giovanni Mazzei “Terra mia”, di Antonietta Muraca “Vecchia Sambiase” di Rosetta Mascaro “Cchi Jurnata”, di Pasqualino Mastroianni “Fzb”, di Giuseppe Montone “I bambini nascono felici”, di Paolo Tulelli “Le lavandare di Barisco”, Tonino Malerba “Notte”, di Bruna Gaudioso “Oltretempo”, di Tiziana Curcio “Silenzio”, di Corrado Pericolo Salgono sul podio, nell’ordine dal primo classificato: La poesia “A mmianzu a vi” di Giovanni Mazzei; La poesia “Terra Mia” di Antonietta Muraca La poesia “Vecchia Sambiase” di Rosetta Mascaro. Con la consegna, al primo classificato, di un premio in denaro dal valore di 200 euro, si conclude la serata dedicata a questa prima edizione di un premio letterario che, riprendendo le parole di Giuditta Crupi, Presidente dell’associazione “Un Anthurium per Francesco” persegue l’obiettivo di rendere un servizio alla nostra comunità, con determinazione, impegno e coraggio, nel solco della tradizione perché «[…] rinnovare, di giorno in giorno, il nostro impegno sociale e culturale è condizione imprescindibile della nostra Associazione.» L’appuntamento è alla prossima edizione.

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'A ‘MMENZ’A VIA Si puru mi putera shcurdari di tutti i pirzuni, cà 'nt’a vita haju vistu iu, sicuru, l’adduru d’a pioggia 'unn mu puazzu diminticari. Si ogni cosa d’a capu e d’u cori mi vinera strazzatu, statti tranquillu: cà 'u rumuri 'i l’acqua cà sbatti supra 'i machini 'a 'mmenza 'a strata e 'llu fhrishcu d’i gucciulilli cà mi shchiccianu ‘ntra l’uacchji 'unn mi po’ esseri arrubbatu. Era 'nu juarnu 'i novembri e chijuvìa, cà parica mmai putìa finiri, i trona e lli lampi s’avianu aqquitatu e llu cìalu, ormai, sulu acqua jittava. Caminavamu 'nsema, tutti i dua, stritti stritti, sutta 'n’umbrella sulu: 'a capu vascia, ppi guardari si 'nzammai i pìadi ‘ntra ‘na gurna 'nziccavammu. Sintivi allura, ppi lla prima vota, i vrazza tua cà mi stringìanu e l‘adduru cà vinìa d’i capilli tua: luanghi e niguri, cumu tutt’i nuttati c’aju passatu senza mu ti tiagnu abbrazzata. E mentri fhorti, l’acqua continuava a cadiri, 'na menza luna, janca janca, all’antrasata m’aju vistu davanti: no romantica, cumu 'nu quartu e mancu bella, cumu 'na luna chijna. 'Nt’a capu m’aju misu a pinzari: “ e ssi 'sta menza luna fhora 'nu signu? Si vulera ddiri… Cà puru iu sugnu ancora a mità. Fhorzi è 'sta fhimmina cà moni mi sta stringiandu 'u vrazzu l’atra mità 'i ‘sta menza luna, fhorzi è 'sta fhimmina cà mo mi sta stringiandu 'u vrazzu sutta 'sta vriccia d’acqua, chilla cà mi po’ ffari sintiri chjinu, cumpletu!”. E senza stari cchjiù a pinzari m’aju fhirmatu a 'na vota – e illa ‘ccu mmia –

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Supra u mari i turri i videtta e stritti stritti, ad allarmari i castillani mbetta sutt’a 'n’umbrella sulu, ppi lla fhorti DI gghjiasi pua cci ndi su tanti pioggia cà fhacìa, ppi lli lampi e ppi lli nninni,randi e puru i cumbianti trona ca cchijù nun c’eranu, ppi l’acqua cà Avimu puru chilli Bizantini ormai sulamenti cadìa, 'nu juarnu ca su thri e su bbicini 'i novembri:iu cà mmai Tuttu chistu era spartutu a thri paisi avìa sintutu 'i vrazza sua cà mi stringianu, iu cà mmai avìa sintutu l’adduru d’i capilli ca a nu bellu mumentu assiami su stati misi Thra pulitici e tanti puliticanti sua, iu cà mmai l’avìa tinutu abbrazzata, ci fhu chini cosi ndi vulia fhari tanti vidiandu 'na menza luna, janca janca, Parramu di n’uaminu di pinziari fhini l’aju vasata, mentr’i schicciuluni sbattìanu l’abbucatu Arturu Perugini supr’a 'i machini 'a 'mmenz’a via. Chistu ebbi lla bella pinzata Giovanni Mazzei di dari nu sulu numi alla terra amata Jungiandu l’acqui fhriddi di Lametos e TERRA MIA chilli cavudi di Termi nisciu ppi tutti quanti a città i Lamezia Paisi ca si stendi luangu e fhittu Terme. du mari nzina a capadiartu Antonietta Muraca Veni di na storia assai luntana alla cuntari tutta ci vulera na simana A ncignari da grutta i Sant’Elia VECCHIA SAMBIASE dduvi c’è llu passatu cchjiu luntanu ca ci sia Vecchia Sambiase con i tuoi campanili Verzu pindinu alli zoni da marina con le vinelle e i tuoi cortili, si throva l Abbazzia Binidittina sei luminosa e baciata dal sole E di rimpettu supra alla cartina sorridi gioiosa a tutte le ore. c’è puru l’antica Terina Turri,pilasthri e archi a fhinisthrella Vecchia Sambiase con la tua gente n’arricordanu u Guiscardu D’Artavilla che vedo per strada sorridente: Do sthrati larghi e cambari scuviruti c’è la vecchietta che lavora al balcone ni portanu alli tiampi ormai pirduti c’è il ragazzetto che gioca a pallone, Scavandu ppi ricchizzi e ppi oru c’è anche il giovane preoccupato, fhu thruvatu nu randi tisoru chissà se domani sarà emigrato. Appartinenti a chista nosthra terra e mbeci mo si throva all’Inghirterra Vecchia Sambiase con le tue chiese Sintiti bbuanu chillu ca vi dicu doni speranza alle nostre attese, c’è puru u castiallu i Fhidiricu offri conforto a chi è sofferente Si cunta ca i sutta ammucciatu offri rifugio a chi non ha niente. fhu fhattu nu passaggiu mbulicatu Suona la campana a sera Ca porta nzina allu Bastiuni e invita la gente alla preghiera. a pocu tiampu i propietà du cumuni

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Vecchia Sambiase, paese mio caro con San Francesco nostro riparo. Vecchia Sambiase ti porto nel cuore e con grande affetto ti affido al Signore. Rosetta Mascaro

Cchi jurnata 'U cielu è tuttu chiusu, a ietta cati cati, stavitive ara casa, ccu stu tiempu, dduve iati?! De surache na pignata, aru fhuocu nu zuccu e castagna, vinu, patate e pipe, Madonna cchi cuccagna! Ma pue te vene voglia mu appicci ‘a ttivu’ e te passa tutta ‘a voglia de chiddhru chi vue tu! Muorti un se sa quantu, disgrazie a non finire, malutiempu, tirrhimuoti, cchi cce vue capire! Signure, de sicuru, chista è vera guerrha, troppu malvagità e vue punire ‘a terrha! Si vue, dacce na tregua ma pue fhare puru e cchiu’, lassa sulu ‘e cose bbone, 'u pue fhare, sulu TU! Pasqualino Mastroianni

FZB Respiro silenzi e lacrime mentre cerco il coraggio e le parole per dirti ancora una volta addio. E nel vento - che sfiora ed agita i rami e le foglie interrompendo il sonno e la quiete di questi alberi che, sotto l’abbraccio tenue e prepotente di un sole arrogante e ferito, ne catturano l’alito ed i raggi anelando libertà e pace, - cerco i ricordi e il profumo dei giorni andati, già vissuti, e ora consumati e smarriti nel tempo che non perdona e non rimborsa. Senza pietà né speranza. Ed io, ancora, immobile e confuso, percorro quest’arido sentiero che mi si para innanzi, rassegnato in un’attesa che ti ha portato via, e non torni Giuseppe Montone

I bambini nascono felici I bambini nascono felici, come raggi di sole illuminano la vita. Si aprono alla gioia e danno amore al cuore. Sono gioielli di pace che appartengono al mondo. Sono aquiloni liberi nel vento che tu lasci volare per imparare a sognare. I bambini sono i fiori del nostro

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giardino che con la loro allegria profumano la vita e fanno del mondo la dimora del loro avvenire. I bambini nascono felici, come le rose fioriscono amore. Paolo Tulelli

Le lavandare di Barisco

Il giallo, il rosso...l’arancione, riempivano di colore i cespugli del timpone... Era un tripudio di colori che docili, s’offrivano ai tiepidi raggi del sole nelle prime ore del mattino. Era, tutt’intorno, un canto, intonato dalle donne in un istante, che s’alzava tenue nel vento, intorno si spargeva armonizzando con l’acqua del torrente che rapido e cristallino si perdeva nella valle, ai piedi del monte Reventino. narrando: storie, avventure, ricorrenze che scorrevano, come il fiume, dalla mente ma dolci al cuore portavano ricordi di primi amori, di teneri sentimenti, vissuti nella vita, momento per momento.. or più non sento quel canto armonioso non più colori pastello di coperte colorate, stese ad asciugare ai piedi del castello non più stornelli di donne innamorate di cavalieri erranti Di spose abbandonate quasi che la vita che un tempo ormai vissuta fosse una ricchezza non più considerata. Tonino Malerba Lamezia e non solo


Notte Attesa notte che liberi la mente dai pensieri e dagli affanni come una madre mi butto tra le tue braccia e tu … mi culli dolcemente e gli occhi chiudo e sogno … Sofferto risveglio lotto aggrappata ad un fragile ramo le braccia mi porgi ancora con ritmo altalenante e plachi l’anima mia finché non sorge il giorno. Bruna Gaudioso

Oltretempo

Vieni dagli alberi, come foglia accarezzi il terreno, come fiore di campo lo adorni. Vieni dal vento che sa di libertà, e di tempo andato, di stelle spente e monti al crepuscolo. Vieni dalle stagioni intrise di sole, di pioggia, di malinconia.

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Vieni dalla quiete che s’affaccia su laghi di montagna, e che sbrina la pelle di fresco e gocce che scivolan via. Vieni da melodie imparate a memoria in una lenta giornata d’inverno, ché neppure il freddo sa come andar via dalle tue gote, dai tuoi affanni, dal tuo sentir di occhi stanchi. Vengono da altrove le tue mani, che sanno come riportare a riva un pensiero naufragato lontano; come la tua novella anima che si trucca allo specchio, che si distrae per un canto, che sprofonda d’inquietudine, che scolpisce l’impotenza del tempo. Tiziana Curcio

Silenzio

Veglia d’essenza per la sera, nei petali solchi di prigionia per l’anima, la riviera spetra l’aria e l’antico ristora nel respiro d’un gemito. Corrado Pericolo

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Aspettando la sera

E’ l’alba di un nuovo giorno. di Angela De Sensi Frontera

La pandemia della primavera 2020 ha provocato profondi cambiamenti in ognuno di noi, nella società tutta dell’intero mondo. Una esperienza considerata dagli scienziati “un trauma collettivo”, da affrontare con coraggio e decisione utilizzando tutti gli strumenti che le Scienze, umane e naturali, la Politica, l’Economia, l’Etica e la Religione offrono. E’ da avviare un processo che non può essere lasciato al Caso, ma va affidato alle menti migliori, protagonisti del nostro tempo, che hanno in mano i destini degli uomini sulla Terra. Tempo di svolta, dunque, in cui c’è da domandarsi sulle cause, quindi sul perché, ma anche sul come e su come intervenire sull’evento per ridurre i danni e su cosa fare per il futuro affinché non si ripeta. L’autrice, poetando, s’interroga sulle cause, e… fingendo…

fa suo il pensare comune della gente, che attribuisce la calamità mondiale a volere di Dio, che, per emendare l’Umanità, la punisce duramente; altri l’attribuiscono al Caso e/o all’errore umano, compiuto involontariamente da ricercatori, giovani e sprovveduti. Altri ancore alla malvagità umana che, con disegno meditato e frutto di ricerca, vuole distruggere popoli e paesi, per conquistare il dominio mondiale. L’autrice ritiene che, al di là delle cause, l’evento in sé, permesso dalla volontà divina, nel rispetto delle leggi della Natura e della libertà dell’uomo, ha generato un profondo cambiamento nell’essere umano, facendogli scoprire, attraverso l’immane sofferenza, l’amore per l’Umanità. E’ l’alba di una Umanità migliore.

È l’alba di un nuovo giorno. È l’alba, l’alba di un nuovo giorno, quello che porta la quiete. dopo la tempesta.

Dio è vita. Dio è il creatore, ama il mondo e le sue creature.

Morte e dolore ha seminato il virus fra la nostra gente, privandoci perfino dell’ultimo saluto.

È stato il Caso? O volontà umana? Forse...il Caso...

“Dio! Perché tanta tragedia? Fu errore umano, errore fatale? O castigo divino Per l’Umanità emendare? No! Tu, no! Tu sei Dio. E Dio è padre.

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Malvagità umana Fino a questo punto? Da generare indicibile dolore nel mondo intero? Esiste un uomo, senza verità e amore, assetato di libertà e potere, da volere il male fino a questo punto?” Esiste.

Questo non è un uomo. “Dio! Dio padre! Tu solo puoi restituire all’uomo la sua umanità”. Ora capisco il mistero del Natale, Il bimbo nella mangiatoia, Il figlio tuo diletto Venuto al mondo per salvare il mondo, per indicare la via, la verità, la vita, l’amore per l’umanità. È l’alba, l’alba di un nuovo giorno, l’alba di una nuova Umanità.

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riflettendo

Corrispondenze d’altri tempi… di Pierluigi Mascaro

New York, 18 settembre 1936 Adorabile Jane, è da molto tempo che desidero scriverti questa lettera, avere tue notizie, immergermi nella statica attesa di una tua risposta, ma il flusso indomito dei pensieri e degli affanni che incessantemente mi affollano la mente e il cuore, inarrestabilmente rapido e fulmineo per essere impresso sulla carta o cristallizzato dalla voce, non me lo ha permesso. E ti chiedo perdono, per questo. In ogni caso e nonostante tutto, un sottile e dolce ricordo della tua voce graffiante e dal timbro di contralto, del tuo sorriso infervorato, sebbene velato di malinconia, delle interminabili serate trascorse in compagnia a gustare il tuo vino rosso preferito, corposo e denso, che dall’ultima volta non ho più bevuto e dei nostri interminabili ragionamenti, all’apparenza senza alcuna logica di fondo, ha sempre accompagnato i momenti più lunghi e intensi della tanto amata, quanto disperata solitudine, la più fedele e presente compagna di viaggio, specialmente di questi ultimi anni. Mi piacerebbe che nulla fosse cambiato dal nostro ultimo incontro, e invece no, la vita è beffarda, e alle volte anche un po’ infame; fa come le pare, fa sì che tutto cambi al di fuori della nostra volontà e del nostro controllo, in tempi e con modi solo a lei noti, lasciandoci in fondo al cuore un’ingannevole parvenza che le cose rimangano sempre uguali a come le vorremmo. Questo per dirti che tanto è cambiato dall’ultima volta che i nostri sguardi si sono incrociati. Ho amato, detestato e, forse, perdonato. Ho dato, come sicuro ricorderai, libero sfogo alla loquacità che da sempre mi contraddistingue, affidando però alle labbra il discorso più importante e necessario di tutti, che

non ho avuto l’ardire di pronunciare. Ti confesso che spesso me ne faccio una colpa, ma poi mi convinco che, in fondo, un bacio è magari il modo migliore, quando si tratta di esprimere la ferma e convinta volontà di affidare il proprio cuore, senza riserva alcuna, a chi si ama oltre ogni immaginabile misura, e allora mi autoassolvo, ma poi, quando torno ad immergermi nella cascata dei pensieri, fin quasi ad annegarvi, torno a crucciarmi, silenzioso e pavido. Che vuoi farci, Jane, mi conosci fino in fondo, sai che è questa la mia natura. Un paio di settimane fa, ho trascorso un pomeriggio di fine estate sulla spiaggia, a Long Beach. Faceva molto caldo, ma il vento tirava assai forte. Sono rimasto, meditabondo, ad osservare il volo a bassa quota di un gabbiano, aveva un aspetto composto e dignitoso, ma un’aria tremendamente fiacca, sarà di certo stato un esemplare anziano. Ad un certo istante, ha disteso le ali e, mantenendole fisse, ha incominciato la discesa a terra con una lentezza tale da confondersi quasi con l’immobilità. Non ti nascondo che ho anelato profondamente che questa docile quiete potesse appartenere, anche solo per un istante, al mio animo, ma tu che mi conosci come pochi al mondo, Jane, puoi immaginare quanto utopico fosse questo desiderio. Non è a questo che sono destinato. L’irrequietezza, l’incertezza, l’insonnia e una certa malcelata dose di ossessività mi sono sempre appartenute e, con ogni probabilità, mi accompagneranno fino alla fine dei miei giorni, e io ti ringrazio di averle sempre accettate e comprese – cosa non facile e per nulla scontata – tutte insieme. A presto, ad un giorno, o forse, chi lo sa, a mai più. Con sincero affetto e profonda gratitudine, tuo Aaron.

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recensioni

Le vittime di Giovanni Calvino. Valentino Gentile, eretico antitrinitario, decapitato a Berna nel 1566 di Vincenzo Villella

Il libro sul pensatore calabrese del XVI secolo Valentino Gentile scritto da Vincenzo Villella - storico apprezzato per i suoi studi inerenti soprattutto la realtà calabrese e meridionale - è sostenuto da una documentazione scientifica ineccepibile ed una robusta acutezza critica. L’eretico sciglianese rispetto al cattolicesimo ed al calvinismo relativamente al dogma della Trinità e non solo, appare teologo libero e coraggioso fino a rimetterci la vita con la decapitazione nel 1566 a Berna da parte della Chiesa calvinista. L’autore, con maestria intellettuale e profondità di analisi, fa scoprire un personaggio sconosciuto in Italia ed in Calabria, meno in Europa ed America, che rivela una statura intellettuale ed umana degna di essere valorizzata e studiata, oltre che collocata tra le figure più nobili della storia del pensiero del Sud ed europeo. Il libro si muove ad ampio raggio nel dissenso dottrinale del periodo, toccando il pensiero d’importanti teologi e sviluppando il percorso formativo del “secondo Serveto” nei suoi rapporti col radicalismo europeo, facendo scoprire la profezia di un precursore del principio di tolleranza, di libertà religiosa e di coscienza. Villella pone Valentino Gentile accanto agli altri grandi filosofi meridionali come Campanella, Bruno e Telesio di cui era forse allievo, ma pure a Galilei e, ovviamente, a Serveto riuscendo ad offrire un panorama interessante dell’intolleranza da parte dei diversi fronti chiesastici del ‘500. Questo teologo “avido di novità”, come lo definisce Roberto Bellarmino, non arresta la sua ricerca di fronte al pericolo della vita, giacché era uno “spirito ardente, inquieto”, come lo descrive Jules Bonnet, e fin da fanciullo aveva “rivolto l’animo allo studio delle pag. 20

di Filippo D’Andrea

buone arti e delle scienze, per la felicità dello ingegno desto ed acuto”, come afferma Salvatore Spiriti. Il “libero pensatore” della diocesi di Martirano era esegeta, filologo, grammatico, letterato, filosofo, teologo, pedagogo, molto vicino all’umanesimo biblico di Erasmo da Rotterdam, ma anche all’ermeneutica filologica scritturistica di Lorenza Valla. Ciò lo fa approdare ad una sorta di “razionalismo esegetico” ovvero a conoscere il vero significato delle parole per comprendere la verità della Parola di Dio attraverso un ragionevole e sereno, razionale e libero approfondimento analitico dell’apparato storico-linguistico del testo biblico. Villella opportunamente disegna anche il profilo umano dello Sciglianese facendolo conoscere molto da vicino e consentendo di intuire i suoi profili tipicamente calabresi. Il linguaggio scorrevole e abbordabile del volume facilita la lettura e la comprensione a tutti i tipi di lettori, mentre la ricchissima bibliografia e l’articolazione dettagliata delle fonti archivistiche confermano la solidità della ricerca e l’alto profilo del ricercatore. In conclusione, credo che un sentimento di gratitudine deve animare la comunità calabrese verso Vincenzo Villella, instancabile studioso che ha saputo donare un ampio e serio contributo alla conoscenza della storia meridionale ed alla peculiare identità calabrese.

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Comune di San Pietro a Maida

Rassegna del Libro II Edizione

di Loretta Azzarito Il Comune di San Pietro a Maida in quel di Agosto apre la sua seconda stagione della Rassegna del libro con il primo nuovo appuntamento di Parole in Sala e presenta il libro “La Leggenda del platano di Vrisi” del Professore Franco Fruci. Ad introdurre e moderare la discussione l’assessore alla cultura Loretta Azzarito che ha affermato l’importanza di fare sentire viva la promozione, lo scambio e la divulgazione culturale nei termini di sicurezza previsti anche in questo particolare momento. La scelta della Leggenda del Platano di Vrisi, come primo appuntamento centra il rinnovato desiderio che ciascuno di noi potrebbe acquisire recandosi a visitare a pochi chilometri da San Pietro a Maida, un albero di imponenza storica ed emotiva e di riscoperta dei luoghi, con uno spirito diverso, probabilmente quello che l’autore del romanzo ha voluto regalarci. Un romanzo aggiunge Azzarito che fin dalle sue prime pagine ha la capacità di creare una dimensione affascinante tra realtà, narrazione storica e fantasia, con il suo protagonista Wadiah, monaco armeno, grande miniatore, condotto dal Caso, presso il monastero di Corda sulla collina di Curinga, a difesa dei deboli e dell’umanità sottomessa al sistema feudale, ma che dal viaggio di ritorno dalla terra natia porta con sé quel piccolo platano che scriverà la sua gigante storia. Da qui l’ulteriore merito all’autore Franco Fruci per aver saputo riconoscere alla paternità del platano, che realmente ci incanta, quel carattere forte attraverso il quale l’impossibile diventa possibile. Il Sindaco Domenico Giampà nei suoi saluti ha evidenziato la bellezza del libro nella parte in cui rende possibile la riappropriazione del proprio patrimonio culturale. Scrivere un romanzo dice il Sindaco, parlando delle grandi attrazioni turistiche del proprio paese, farlo con uno stile raffinato e descrivendo minuziosamente usi e tradizioni della propria realtà locale fa sì che l’autore assuma anche le vesti di chi egregiamente ha saputo contribuire a promuovere il

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nome del paese in cui è nato ed ha costruito i ne affascinante, nella ricerca delle citazioni claslegami più importanti della propria vita. siche e latine e nell’uso del dialetto spontaneo. Il contenuto del libro, dice Monteleone, è una L’ assessore alla cultura del Comune di Curinga leggenda in cui si intrecciano in modo raffinaMaria Sorrenti ha mostrato grande orgoglio per to, la storia ed il mito e assume elementi storico il compaesano Franco Fruci per avere scritto reali per gli avvenimenti e per i personaggi. Le un libro che nel rendere protagonista il platano emozioni conclude il Prof.re Monteleone sono piantato mille anni fa nella sorgente di Vrisi è sempre quelle che il lettore percepisce. stato capace altresì di regalare emozioni nuove a cominciare sottolinea l’assessore dalla poesia Il Prof.re Franco Fruci, autore del libro, dopo che apre le prime pagine e fa parlare in una sorta aver ringraziato tutti i presenti, i relatori per le di personificazione vitale l’albero gigante. attente analisi e l’amministrazione comunale per la scelta del romanzo alla rassegna del libro Relatori per eccellenza il Professore Giuseppe sampietrese, presenta il protagonista, Wadiah, il Gallo autore di Arringheide ed il Professore Pie- grande miniatore, condotto dal “Caso”, che tutto tro Monteleone coautore di “ Stretta la foglia e governa, dalle montagne dell’ Hayastan al monalarga la via”. stero basiliano di Corda sulla collina di Curinga. Il Professore Gallo sottolineando un richiamo La vicenda, dice Fruci, si svolge nella Calabria del libro al Nostos greco spiega come l’autore istmica, sulle terre della circoscrizione bizantina Fruci riporti, con la formula tedesca “Sehn- di Maida e dintorni e trova espressione nel prosucht”, effettivamente alla mente quello che i cesso di sostituzione del monachesimo orientagreci definivano il ritorno dal viaggio di Ulisse, le con quello latino che consolida il potere dei si riparte per ritornare nella propria terra di ori- normanni attraverso l’introduzione di un sistema gine. Un desiderio irraggiungibile, un sentimen- feudale simile a quello dei grandi regni europei, to nostalgico, aggiunge il Prof.re Gallo, quale in conseguenza della quale, la vita dei villani, potrebbe essere anche quello di libertà assoluta servi della gleba, passano di mano da un padroconosciuta durante all’infanzia, alla quale si vor- ne all’altro come le bestie e le cose. rebbe tornare. Nella storia del monaco Wadiah, In questo clima aggiunge l’autore il pellegrinagprotagonista assieme al Platano del romanzo, gio terreno del protagonista, vissuto con il cuore precisa Gallo, l’autore Fruci ripropone lo sche- stracolmo di sehnsucht e abbagliato da un amore ma di un nostro possibile nostos, in quanto Wa- asincrono accolto in nome della bellezza che per diah alla fine dei suoi giorni ripete all’interno del lui ha potere divino, si conclude in un posto dal Mediterraneo l’Odissea di Ulisse, perché ritrova quale si può vedere il mare, accanto a uno stecco l’Armenia della sua infanzia e della sua gioven- grigiastro che tutti oramai chiamano il platano tù, ma è una terra di disgregazione perché invasa di Vrisi.” dagli arabi e musulmani. Infine conclude il prof. re Gallo il monaco Wadiah trova le proprie radici La serata è stata arricchita dai momenti musicali in un pollone di platano, lo raccoglie, lo porta del Brutium Sound, dalla voce di Michela Diacon sé verso la sorgente e lo trapianta, facendo co e diretti dal cantautore sampietrese Maestro avvenire il miracolo, la poesia e l’esistenza uma- Nino Diaco che in sinergia con gli usi e tradiziona si riscatta. ni, minuziosamente descritti nel romanzo, hanno donato alla discussione la forza di esprimere Il prof.re Pietro Monteleone ha individuato la la necessità di mantenere salde quelle tradizioni sua più alta impressione, emotivo e non raziona- che culturalmente identificano il nostro territole, nello stile e nella lingua, nella puntualizzazio- rio.

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eventi

RENZO & LUCIA IL MUSICAL di Annamaria Davoli

Si è svolta il 18 agosto alle 21,30 presso l’ abbazia benedettina in Lamezia Terme, la prima di tre serate del Musical dedicato ai “Promessi Sposi”: Renzo & Lucia “ diretto da Roberto Panzarella, insegnante di Lamezia Terme, appassionato di teatro e musica, musicata dalla bravissima pianista e compositrice Barbara Panzarella, co-autrice di musiche e testi insieme a Costantino Vetere. L’iniziativa è partita dall’ Associazione GALA, acronimo di Giovani Artisti Lametini Associati da lui fondata dodici anni fa, che ha come obiettivo far rivivere in chiave musicale i capolavori del patrimonio letterario italiano, trasformandoli e arricchendoli affinché divengano un momento di crescita umana e culturale per il pubblico e in special modo per i giovani che possono, così, essere accostati alle ricchezze artistico-letterarie da cui sono oggi, spesso lontani, a causa degli smartphones. Altra peculiarità dei G.A.L.A., è rappresentare gli spettacoli in scenari naturalistici di grande pregio e bellezza, dalla cornice storico-artistica suggestiva. Nel 2013, infatti, il ‘Parco Mitoio’ di Caronte, permise la rappresentazione del “Viaggio di Dante”, ispirato alla “Divina Commedia“ in uno scenario suggestivo e straordinariamente correlato alla sceneggiatura del testo dantesco di “Renzo & Lucia” è stato invece l’antica abbazia benedettina in Sant’ Eufemia Vetere, sito storico-archeologico, nonché palcoscenico naturale, già adibito da molti anni a eventi teatrali di grande rilievo. Entrando in scena, Roberto Panzarella ha salutato e ringraziato i presenti, l’ Assessore alla Cultura, dott.sssa Giorgia Gargano e La Dirigente Scolastica dell’ Istituto “Luigi Einaudi” prof.ssa Rossana Costantino, precisando che il musical è stato preparato con grande volontà pag. 22

e passione da parte di tutti e che, a causa del periodo di ‘lock-down’ ha rischiato di fermarsi. Fortunatamente la sinergia delle forze ha prevalso, così che il pubblico potesse fruire di un’originale e bellissima rappresentazione. Attraverso recitazione, canto, musica e danza, lo spettatore è stato proiettato nell’ Italia del ‘600 lombardo, nei meandri più profondi dei personaggi manzoniani, caratterizzati da virtù, passioni, errori e fragilità, in un viaggio catartico nel “ guazzabuglio del cuore umano” che, nel corso della coinvolgente interpretazione delle vicende personali, porta a Dio, dinnanzi all’imponente luce della divina provvidenza, o meglio della “ Provvida sventura” che, allora, come oggi è l’unico senso possibile della Storia stessa. Sulla terra è un avvicendarsi continuo di eventi e situazioni incomprensibili alla ragione, dove regna sempre la fede nel progetto di una volontà superiore, che per alcuni corrisponde all’idea di Dio, per altri ha il volto della Natura o semplicemente della Vita. Al musical, hanno partecipato diverse parti sociali: (attori, ballerini, cantanti, musicisti, appassionati d’arte e letteratura, artigiani, ecc...), spinte da: talento, curiosità desiderio di cultura. Il set completo era composto da settanta persone, compresi scenografi, costumisti e tecnici. Il cast costituito da attori non professionisti

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animati da entusiasmo e passione per il teatro, preparatisi adeguatamente e sapientemente durante un lungo lavoro di prove, hanno offerto il meglio di sé. Il pubblico è stato sorpreso, nel secondo atto, dall’arrivo dei Lanzichenecchi a cavallo, che hanno cavalcando tra i presenti. Proporre “Renzo e Lucia” in chiave odierna, è stato indubbiamente attuale: Attuale oggi come allora, la prepotenza dei potenti nei confronti dei più deboli e, fortunatamente il valore del perdono e la possibilità di redenzione offerta a tutti. Sempre presente è la forza dell’ amore, in grado di vincere ogni avversità. Portare in scena questo musical in un momento così difficile, ha offerto a tutti speranza e fiducia. E’ stata un’ ottima occasione per dare un impulso al territorio ricco di talenti: alcuni di essi giovanissimi (under 25): Giada Perri (Lucia), Costantino Vetere (Renzo) Maria Pia Di Leo (Agnese ), Rosario Cittadino ( frà Cristofaro ) Benito Pugliese (l’ Innominato) Giancarlo Davoli ( l’ avvocato Azzeccagarbugli ). Le musiche graditissime e i testi scelti con cura, hanno permesso al musical di riscuotere un gran successo: il pubblico, infatti ha accolto con ripetuti applausi ogni scena e il recital è stato a replicato in tre serate: 18, 19 e 20 agosto alle 21,30.

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lamezia racconta Globalizzazione e competitività per non essere esclusi 1^ PARTE.

La globalizzazione di Francesco De Pino La globalizzazione dei mercati ha portato cambiamenti profondi e repentini con effetti devastanti per quanti non riescono a tenerne il passo, più che le stesse guerre, quando lo scontro era, sì, cruento, ma con i belligeranti contrapposti. Guerre che, pur sempre, avevano finalità espansionistiche dai risvolti economici, ma per “dichiararle” si cercava il “casus belii”. Ammoniva, spesso, il mio professore di lettere, l’indimenticabile Ugo Gigliotti,: ” La guerra di Troia non è stata fatta per gli splendidi occhi di Elena, ma per la conquista da parte dei Greci dei Dardanelli ”. Allora, come ora, punto nevralgico di scambi e di fiorenti commerci, militarmente, strategici e non solo: tutto il Medio Oriente è “appetibile” perchè ricco di petrolio e, così, le cronache tristemente raccontano. Gli Stati Europei dell’Ottocento con i “matrimoni di Stato” evitavano gli scontri armati e, così, eravamo appagati le “mire” recondite dei potenti al trono. La globalizzazione dei mercati dei giorni nostri, diversamente dalle guerre di ieri è, sì, incruenta, ma provoca destabilizzazione in quelle realtà che non hanno le “gambe” per sostenere quel ritmo incalzante. Gli stessi governi nazionali subiscono i suoi cambiamenti che rendono difficile la programmazione non potendo essi ipotizzare scenari futuri, anche, di medio termine, tanto sono mutevoli e inarrestabili. Le attività economiche sono costrette a essere costantemente e molto innovative se vogliono mantenere la competitività necessaria, mentre sono messe dinanzi a nuove forme di partecipazione dai nomi sempre nuovi e lontani da tradizioni e culture, e che danno vita al mercato globale, sapientemente guidato dalle multinazionali: Offshoring (produrre fuori NDR), che può degenerare nelle famigerate delocalizzazioni dove l’uomo che lavora diventa “cosa”; inshoring (produrre in casa, ndr); partenership. La produzione è, così, frammentata nei vari continenti, dove maggiormente sono presenti: alta specializzazione, ma con condizioni di lavoro variegati da cui: a) mano d’opera a basso costo; b) diversa la fiscalità, per cui dalla globalizzazione, se si subiscono i ritmi, si acquisiscono commesse, parimenti si subisce la concorrenza sleale, da penalizzare la nostra occupazione. Paradossalmente, il rispetto della legalità (Diritto del lavoro e Previdenziale, alte aliquote fiscali) nel mercato globale, penalizza, subendo una concorrenza sleale. Pr cui rivedere l’operare da parte dello Stato una necessità. Scrivevo, il 4 settembre u.s. sui Social:” Una società liquida, la nostra: mancano i riferimenti, lo Stato dia l’esempio: Incominci a togliere al sua burocrazia, militare e civile, e a quella del Parastato (INPS, INAIL ecc) il “budget”.Si avvicinerà il Cittadino “ Dominus” alle Istituzioni e le Istituzioni al Cittadino “ Dominus”. C’è necessità di tanto rapporto. Questo un primo passo”. E sì, perché si avrebbe la certezza, almeno, si spera, della “Terzietà” (DPCM del 2-07-2002), perché verrebbero meno quell’interesse e necessità di ” budget”! Noi stessi, piccoli mortali di periferia (pur se nel mercato globale non esiste spazio, quindi, non dovrebbero esserci periferie), coLamezia e non solo

stretti necessariamente a essere “Operatori della conoscenza”, perchè necessitati a essere super specializzati in un divenire delle specializzazioni professionali che non conosce soste se vogliamo mantenere la nostra presenza. Essere costantemente “operatori della conoscenza” Guai a essere incapaci a raccogliere quelle sfide perché vuol dire auto escludersi da un processo economico, dal navigare in quel grande mare aperto dagli orizzonti senza confini che richiede sempre nuovi strumenti di partecipazione. Tanto determina, in modo irreversibile, la caduta dei vecchi posti di lavoro per essere sostituiti, sempre più, da altri nuovi e complicati che richiedono sapere, flessibilità. Non è da meno la “robotizzazione”, con il “robot” che sostituisce il ”robot”. Perciò non c’è posto per quanti sono scarsamente dotati, o peggio, si adagiano sugli allori, sui diritti acquisiti, oppure, considerano il lavoro, soltanto, retribuzione in questo divenire che non conosce pause. Gli stessi titoli di studio perdono efficacia, se l’aggiornamento costante è messo in soffitta. Vero è che tra gli argomenti del giorno c’è quello di toglierne il valore legale. Mai, come adesso, è attuale il monito di Dante: “Fatti non foste a vivere come bruti, ma a seguire virtute e canoscenza”. Ovvero, essere costantemente operatori della conoscenza oggi, più che mai, una necessità indispensabile per le nostre aziende se vogliono “costruire” competitività e, così, non essere escluse dal mercato. La Scuola, mai come adesso, assurge a cattedra cui si chiede, diversamente dal passato, un insegnamento dinamico, una programmazione che prepari alla flessibilità creativa, all’adattamento mirato e variegato, al lavoro cangiante. Quanta è diversa la nostra società da quella dei nostri padri, quando, intere generazioni appartenenti a una stessa “stirpe” praticavano nei secoli lo stesso mestiere di cui si conservava, gelosamente, il “segreto” tramandato, soltanto, da padre in figlio all’infinito; con le giornate cadenzate dall’inarrestabile cammino del sole, e la luna, la “candida luna”, così, come cantata dal Leopardi. Tempi che furono, dove la vita riservava sapori e valori, appagando, pur nelle ristrettezze vissute con la dignità, retaggio dei poveri, di quanti vivono nella dignità del lavoro reso come servizio all’uomo. I Governi nazionali perdono la propria autonomia. In questo scenario i governi nazionali perdono la propria autonomia operativa e, con essa, parte della propria potestà statale. E se nel passato recente erano le borse, ora è la globalizzazione senza confini che ne condiziona l’economia. Così, i correttivi legislativi, le innovazioni, le sussidiarietà si rendono indispensabili se si vuole che l’apparato produttivo nazionale possa competere e accrescere, nello stesso tempo, il Prodotto Interno Lordo (Pil) da cui si rileva lo stato di ricchezza di una nazione. Un concetto economico, in parte, disatteso dai Governo Nazionali, mentre si dimentica che l’azienda è l’unica “sede” dove si gioca la “partita” del lavoro da cui il PIL ne trae giovamento, non è da meno la burocrazia che la gambizza, asservendola! (continua).

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di Maria Palazzo

Carissimi lettori,

il 2020 non sarà ricordato con molto buonumore, ma, per fortuna, possiamo annoverare anche delle luci che illuminano il buio. Una di queste è l’uscita di un libro che incanta. ROSSINI. LO STRAVAGANTE, di Maria Primerano, rappresenta la speranza che la cultura non si fermi, neppure quando la Storia non ci favorisce. Un saggio? Un romanzo? Un racconto? L’autrice stessa lo definisce un Ghiribizzo poetico musicale tra chiacchiere sfrappole e bugie… Attesissimo, e subito premiatissimo, il libro suscita interesse, curiosità, appartenenza. Sì, leggendolo, sentiamo che, come italiani, il genio di Rossini, ci appartenga profondamente. Ogni capitolo, ben contrassegnato, come capita nelle narrazioni eccelse di Maria Primerano, scorre guidandoci attraverso i meandri della vita del protagonista e ci fa attraversare suggestioni di parole, fra cui si intravedono partiture musicali eccelse. L’autrice si serve di un linguaggio a cavallo fra prosa e musica, inseguendo il cosiddetto crescendo rossiniano, favorendo, gradualmente, l’aumento delle emozioni, esattamente come Rossini, nella sua musica, favorisce il dinamismo del suono, vertiginosamente crescente, che porta all’enfasi esplosiva dei finali memorabili. Ogni capitolo nasce con discrezione, si snoda fluidamente, fino a concludersi con una sorpresa che affina, nel lettore, la voglia di proseguire il viaggio. La narrazione di Maria Primerano non prefigura tecniche di cattura dell’attenzione del lettore, ma mette lo stesso nelle condizioni di voler apprendere, stimolandone la curiosità, più che l’interesse mero, per la storia in sé. Consapevolmente, ma velatamente, la scrittrice, indica un percorso, che illumina, di volta in volta. I personaggi escono sempre da quinte teatrali inaspettate e il lettore non vi assiste, come davanti a un film, ma ne viene coinvolto, come sul palco di un teatro interattivo. Dapprima, ci si trova come immersi nella cultura, quasi sorpresi di essere assorbiti da un mondo insospettabile, poi, pian piano, ci si abitua al fatto che quel mondo possa appartenerci e si giunge alla fine del narrato, come se si fosse pag. 24

parte della storia. È questa, una delle caratteristiche della scrittura di Maria Primerano: un modo di coinvolgere chi legge, non solo attraverso la narrazione, ma anche attraverso il gusto di scoprire. Cosa non facile, quest’ultima, dato che, sempre di più, il lettore gradisce evadere, anziché apprendere e comprendere… Ma la nostra scrittrice, padroneggiando le emozioni e gestendole deliberatamente, crea, piuttosto che costruire, una fruizione singolare e completa di ciò che elargisce raccontando. Il lettore percepisce, prova, assapora, fa esperienza di tutto, dall’interno. Si direbbe che l’autrice funga, al tempo stesso, da guida e da regia di una messa in scena che travalica le dimensioni classiche spazio-temporali, per assurgere ad una magìa tutta sua, di comunicazione. Ove si dimentica tutto ciò che è canonico, per crescere, rossinianamente parlando, avanzando in una dimensione che non ha più confini. È un’esperienza sinestetica, dunque, leggere di Rossini, attraverso Maria Primerano: un viaggio che partirà con la lentezza di chi osserva per non dimenticare nulla, per poi avvolgere il nastro dell’esperienza, quasi rocambolescamente, come se Rossini stesso ci prendesse per mano. L’itinerario esplorativo rimarrà indelebile, non solo nella memoria, ma nel ricordo di sapori, odori, profumi, sensazioni, ma anche sogni, se vogliamo, perché, trasportati direttamente nel mondo rossiniano, potremo vivere, un’unicità immersiva, che ci fa addentrare nelle cose, rimanendone completamente avvolti e catturati. Affondando in tale dimensione, senza mai annegare, non sprofonderemo, ma ne usciremo rinati. Che sia, per tutti voi, come lo è stata per me, una lettura, non solo coinvolgente, come vi è stato annunciato, ma anche penetrante, in cui possiate ritrovare, attraverso musica (ovvero il desiderio di riascoltare Rossini) e parole, il vostro vero sé, ossia quello che Rossini amava far riemergere: profondo e leggero al tempo stesso e, soprattutto, inebriante, come la vita vissuta al massimo, ma leggiadra, come le famose bollicine di una bottiglia di Champagne…

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