Lameziaenonsolo gennaio 2022 Pasquale Allegro

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Lamezia e non solo


confidenze

Pasquale Allegro di Tommaso Cozzitorto Ricordo ancora il giorno, direi il momento in cui ho conosciuto, diversi anni fa, Pasquale Allegro: si presentò, al termine di una conferenza, un ragazzo dall’atteggiamento timido e riservato, ricco di originale personalità, e da allora è nata una amicizia ricca di affetto e di interessi culturali, complice e nello stesso tempo caratterizzata dall’elemento della libertà, intesa come linfa e arricchimento. Pasquale ha curato l’editing dei miei libri, ne ha scritto le prefazioni, e questo ha fatto sì che lui potesse “far parte” dei miei libri, dandomi una sensazione di grande gioia. Pasquale, nella sua essenza, riesce sempre a commuovermi. Mi commuove il suo modo di guardare alla vita, soprattutto. Ed eccomi con lui per scambiarci qualche Confidenza, da condividere con voi, lettrici e lettori. Pasquale Allegro è nato a Lamezia Terme. Laureato in filosofia, insegnante, collabora con diverse case editrici e scrive per alcuni giornali e webzine. Ha pubblicato la raccolta poetica “Baco da sera” (2018) e il romanzo “La portata dei sogni” (2019).

Pasquale, io noto in te, anche perché ti conosco abbastanza bene, un contrasto tra il tuo vivere il tuo mondo interiore e tutto ciò che esiste al di fuori. Mi sbaglio? Ne parliamo un po’ all’inizio delle nostre Confidenze? Iniziamo con il botto, con un invito al viaggio dentro. C’era da aspettarselo conoscendoti. Fatto sta, le cose sparse fuori mi dicono che la sola via che si può seguire per vivere in sensibilità è vivere qualcos’altro accanto. Hai ragione, a volte mi sento lontano da tante cose, e non è nemmeno un bisogno di sopportare un qualsiasi peso che mi porto dentro, come tutti d’altronde, nessuno è immune dal dolore, ma si tratta, nonostante io sia un tipo abbastanza socievole aggiungo, del fatto che se dovessi scegliere un posto per vivere, sceglierei un angolo in fondo a un abbraccio. Ciò che mi perseguita è l’ossessione di dimostrare, di pensare che se fossi salito su quel treno forse la mia vita sarebbe stata diversa, di presenziare per illudermi di poter cambiare il mondo con due parole. Sono una sorta di guerriero stanco di lottare in tempo di pace, perché di questo si tratta oggi, di dover per forza inscenare una volontà di potenza. Procedo tra la gente e mi tengo uno spazio riservato, a un passo di distanza, con delle mie regole. Hai una bella famiglia. Hai costruito tutto questo dopo un ragionamento profondo o l’amore precede le nostre scelte senza il bisogno di fare molte riflessioni? Grazie Tommaso, sei gentile. Ho costruito tutto questo con amore e con la ragione ovunque fosse necessario seguirla. Si ha una voglia pazza che tutto accada subito ma bisogna attendere istante dopo istante, e non si finisce mai di aspettare. Prima ero innamorato poi sono diventato amato poi amorevole. C’è un rapporto innegabile tra l’amore e il perLamezia e non solo

corso di riflessione che non può mancare, devi sentire che l’amore può tremare, che può essere sul punto di crollare, è questo che ci rende umani, là dove si sente il pericolo di credere solo all’amore si pone rimedio andando in cerca della parte di ossa che lo sostiene. Per mettere su famiglia ci vuole tutto il coraggio del mondo, altroché, e parole capaci di convincerti che è la cosa più importante, e poi tutto l’amore dei poeti, senza alcuna spiegazione possibile. Se io ora scrivo che tu sei un intellettuale, mi smentisci o senti di far parte della “categoria”? Sì, ne potrei far parte, nel senso che sono uno che svolge dei lavori in cui si utilizza solo l’intelletto. Ma nel senso che intendi qui, ho delle remore. Non si sa bene dove finisca un tipo di intellettuale e dove inizi l’altro. Io, per dire, ho un’immagine dell’intellettuale come di colui che disquisisce su tante tematiche con profondità e sensibilità e con un bagaglio culturale non indifferente, di conseguenza me ne tolgo fuori, eccome, se c’è una cosa che temo al mondo è dover esprimere il mio parere su argomenti importanti e cercare di essere convincente, non ho la certezza che tutto mi tocchi, ho solo questa smania di guardarmi in giro, di guardarmi dentro e poi scoppiare a piangere alla ricerca di una parola che ne restituisca luci e ombre. Cerco semplicemente di essere degno del privilegio di esserci. Tu scrivi sia in prosa sia in poesia. Da dove proviene la tua ispirazione? E ancora, l’ispirazione è sempre il motore che dà il via alla scrittura? Può ispirarmi un evento, il momento in cui i dolori si fanno grandi, uno spazio da occupare. Può anche ispirarmi, come capita quando

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viaggio, un luogo o una persona in un atteggiamento particolare. Ma spesso l’ispirazione ha a che fare con i ricordi, è il mio modo di avere qualcuno o qualcosa di nuovo con me, come se fosse possibile, attraverso le parole, definire ciò che il tempo mi ha tolto. Ma non sempre, a volte mi impongo la scrittura, vado di mestiere, come si dice, ci sono molti modi di “dirci” emotivamente e non per forza bisogna aspettare il momento che ci trascende. Tutto può essere un istante per essere scritto, un posto felice per il proprio sguardo. E guardo, e porto via con me le persone e le cose dentro quello che ho guardato. Il momento migliore per scrivere è la notte, quando gli uomini non cercano più destinazioni. Il libro della tua vita? Quello che leggeresti tante e tante volte o vorresti non finisse mai? Domanda delle domande. Uno solo? Libro della mia vita, non perché lo leggerei spesso, mi farebbe troppo male, potrebbe essere “La notte” di Elie Wiesel, scrittore sopravvissuto ad Auschwitz e Buchenwald, dove ha perso i genitori e la sorella minore. Il romanzo è uno dei capisaldi della letteratura dell’Olocausto, una testimonianza atroce, in cui vengono descritti la sua dolorosa esperienza di deportato e il sovvertimento di ogni valore umano che ne consegue, con una prosa frammentata, lieve e delicata. Lo ritengo importante perché mi ha fatto scoprire la capacità della scrittura di narrare l’indicibile, argomento che ho trattato nella mia tesi di laurea. Poi ti citerei “I fiori del male” di Baudelaire, la raccolta di poesia che la mia insegnante di italiano non voleva prendessi in prestito dalla biblioteca perché c’era il rischio che mi influenzasse. Le tragedie di Shakespeare, il suo modo lirico e solenne di mettere in scena la parola. La maggior parte dei libri di Christian Bobin, in cui la prosa e la poesia non si separano, come carne e anima. Tra gli ultimi letti, “Se consideri le colpe” di Andrea Bajani mi ha sussurrato di scrivere quello che ferisce come una parola all’orecchio; la poetica tutta di Pierluigi Cappello, di un’eternità mai faticosa, leggi i suoi versi e pare sia passato il tempo di un soffio. E tanto, tanto altro. La vita è un libro che vale sempre la pena di leggere?

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Direi che la narrazione della vita mi affascina, riempire gli spazi in bianco, ma la vita è dove impari a guardare così, nel modo di assecondare i giorni, anche se non puoi fare nessun passo indietro. E poi ci sono sempre il mare, la pioggia, il cielo, ed esiste la gente, usciamo in strada e ci raccontiamo chi vorremmo essere, e ci sono gli occhi umidi dei bambini, le loro bocche aperte ad ascoltare le storie. Sono un romantico moderno, rimango senza fiato più volte al giorno. La malinconia che ti accompagna è sempre un valore aggiunto per la tua creatività e per la tua vita? Ti ho parlato prima del mio debole per i ricordi. Vorrei nascere almeno una volta in più. Si tratta di avere a che fare con un foglio bianco, vuoi che con gli occhi bassi e il peso di tutte le illusioni addosso non vada a pescare nella malinconia? La vita è una gioia ma è anche una catastrofe, mi sveglio ogni giorno come se fossi alla ricerca di un posto in cui sono stato felice. Non sono triste per indole, per niente, ma la malinconia è un altro passo, potrei pure giocare al creativo motivato raccontandoti dell’importanza di godersi ogni istante della propria vita, ma devo ammettere che quell’istante lo voglio riempire con tutto ciò che non sono. Il segreto della creatività è non smettere mai di rendere indimenticabile un giorno comune, che non deve essere per forza un giorno fantastico, ma uno di quelli in cui si sente la tua voce raccontare magari di un posto sul divano intatto o di un odore perduto sparso per la casa. Mi dai una tua definizione di Arte? Mi pare di non aver fatto altro in questa intervista… Potrei dirti tante belle parole, potrei anche citarti una poesia, una canzone, potrei raccontarti di quando apro gli occhi sul bello della vita, eppure non riuscirei ancora a darti una definizione. Una promessa di amore eterno è pure arte? Scrivere delle frasi come queste, inserite in un giorno qualunque, nella sua limitatezza? Le parole degli scrittori e degli attori, le mani dei mimi e dei musicisti, le gambe dei calciatori e dei ballerini, sono tutti un modo per imparare a rispondere alle domande dell’arte. Non c’è niente di naturale nell’arte, non è il mare, non le lacrime né le reliquie di un santo. Diciamo pure che è un respiro che

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plasma, il resto è aria, è vita. Il tuo rapporto con la fede. Sono un credente, cattolico. Non mi piace precisare di essere un praticante, perché la fede non può essere teorica altrimenti non è fede piena, ma mero idealismo. Si può essere, che so, comunisti, liberali o milanisti senza praticare, ma non cristiani, perché credere non ti divide, è uno sguardo che ti spoglia del mondo e ti restituisce un incontro. Il Dio in cui credo mi invita per intero. Sei un editor. Tra i tanti libri che hai avuto sottomano, quali lasciano una traccia dentro di te, di quale tipologia? Di sicuro romanzi e poesie. La saggistica mi suggerisce dei sentieri, colma la mia ignoranza, ma è tutto un altro percorso. La narrativa svela invece l’incapacità di risolvere la vita rimediando con il trionfo delle parole, il gusto della libertà. Ci sono romanzi, romanzi d’amore, tutti i grandi libri sono scritti per amore, non si scappa, che mi offrono come editor la possibilità di prendermene cura e di guardarmi intorno senza i rumori che mi appartengono, pensare al senso del mondo che mi offre quell’autore. È importante l’esistenza ma mi seduce il racconto che se ne fa, l’insoddisfazione assurda di essere vivo ad esempio senza di lei, l’amata, nell’intimità di una lettera di addio, il modo in cui i poeti fanno scivolare la pioggia sui vetri, le lacrime sui volti. Mi seducono queste cose però quando il loro racconto viene condotto con grazia e levità, magari con una scrittura scarna, tanto di parole ne è ricco il mondo, con il prezzo insostenibile della parresia sociale. Cosa rappresentano gli “altri” per te? Sono un uomo che ha imparato a leggere e a scrivere, e già di per sé sarebbe una grande prova di amore per gli altri. Accade questo: la scrittura è introspezione e anche condivisione. Il ragazzino di cui ora voglio parlarti era sbarazzino ma si guardava sempre intorno, leggeva storie di avventura, collocava gli altri in quelle storie per dare un volto a quei personaggi, ha imparato così a rifugiarsi nella fantasia ma capiva che era una scusa per recarsi lontano, quando gli adulti erano sempre lì a pensare a cose insignificanti come il telegiornale delle otto, le bollette e la spesa. Con tutta la serietà dei bambini ha capito che i sogni valgono un abbraccio e si inseguono quando si è insieme, altrimenti arriva il mondo con la sua luce illogica a mostrarti il vuoto di ogni cosa. C’è tutta una serie di appuntamenti nella vita che la rendono meravigliosa. I luoghi dell’anima. Quali sono i tuoi? Sono i luoghi in cui sono cresciuto, il paese natale di mia madre in cui passavamo le estati, Lamezia e non solo

i vicoli dell’infanzia, le scuole che ho frequentato, la città degli anni universitari, non i vari Macondo che ho visitato nelle pagine dei libri, ma luoghi veri, che mi sono rimasti impressi dentro. Poi c’è sempre il mare, che è sempre un buon posto per restituire al mondo un equilibrio poetico. E i treni, chi l’ha detto che i luoghi devono essere fissi e inamovibili, attraversandolo in treno il mio mondo è cambiato, e alla fine c’è sempre uno spiraglio di viaggio che entra nella mia scrittura. In fondo, i luoghi dell’anima sono lo spazio in cui trascino tutto come un vagabondo e lascio che accadano i ritorni. Le parole costituiscono un mondo affascinante e misterioso per me. Tu cosa ne pensi? Sono luoghi dici? Infatti, quando non ci saremo più, si potrà andare in cerca delle nostre parole e ci ritroveranno. Bastano le parole a fare accadere qualcosa, si cambia la storia, si cambia la geografia, potremmo anche ottenere un abbraccio o una sentenza da due parole accostate perfettamente. Riferendomi a quelle scritte, cerco con le parole di avvicinarmi alla mia verità, forse il segreto della letteratura sta tutto nel far dire alle parole quello che la voce tace, non per pudore, ma per incapacità. La voce esprime, la scrittura imprime, il processo è più profondo. Vedi, probabilmente tutte le opere sono nate da questo desiderio di incidere un solco, di imprigionare il proprio sentire in un castigo desiderato di lettere. È un paradosso, c’è un angolo di libertà in cui ognuno resta ancorato alle parole ricercate per definirlo. C’è qualcosa che vorresti dire e che non ti ho chiesto? Un giorno, magari, vorrei che mi chiedessi a che serve credere in tante cose, all’amore, alla scrittura, alla vita eterna, alle persone, ai sogni, alle promesse, alle correzioni, alle fughe, agli inviti, ai passaggi dall’altra parte, ai voli pindarici, alle porte che s’aprono da sole, ai sorrisi di chi non conosci. Un giorno, magari. Oggi no. L’intervista di Pasquale Allegro è una pagina di letteratura, di prosa e di poesia, di filosofia, di vita. È una intensa esperienza emotiva, è un viaggio nelle vie dell’anima di questo giovane uomo che attraversa l’esistenza senza far rumore e nello stesso tempo con grande forza e coraggio, consapevole della complessità del vivere, riuscendo a tradurre il tutto con animo poetico e con profonda sensibilità intellettuale e culturale. Proprio come le sue poesie e i suoi romanzi. Leggete con attenzione questa pagina di pura Arte. Grazie Pasquale, un abbraccio.

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collana calliope

Don Giulio Fazio e la poesia sapienziale Sono passati poco più di venti anni dalla scomparsa di don Giulio Fazio. Era nato a Feroleto il 7 ottobre 1940 e morì il 25 aprile del 1999. Ricordo bene quel giovane sacerdote dal sorriso triste, un po’ timido e schivo che apparteneva alla generazione di don Pasquale Luzzo e don Vittorio Dattilo, vicini per sensibilità e impegno sociale a don Saverio Gatti. Era la prima generazione di sacerdoti postconciliari e questo fu determinante nel loro apostolato. In una breve biografia di don Giulio si racconta che, piccolissimo, era rimasto orfano di padre, Beniamino Fazio, militare annegato in mare il 28 febbraio del 1942, mentre tornava da Tripoli in licenza premio per vedere il figlio. Giulio fu allevato dalla mamma e dalla nonna che, con molti sacrifici, riuscirono a fare studiare quel giovane volenteroso, consentendogli di frequentare il Ginnasio e il Liceo negli anni cinquanta. Furono anni di formazione e relativa spensieratezza che rivivevano negli incontri con i compagni di Liceo e col professore Eugenio Leone, quando annualmente si ritrovavano per un pranzo; era un gruppo di alunni di più classi sopravvissuti alle frequenti bocciature di quegli anni, e che scherzosamente era definito R.A.S.C.L. Dopo il terzo liceo si fece sentire più forte la vocazione sacerdotale. Frequentò il Seminario; fu diacono nella parrocchia di Gizzeria e, nel luglio del 1964 nella Chiesa di Santa Maria Maggiore a Feroleto, fu ordinato sacerdote. Nel 1965 fu nominato vice-parroco e poi parroco nella chiesa di Sant’Andrea Apostolo di Conflenti, dove rimase fino al 1976, essendo contemporaneamente Rettore del Santuario diocesano di Visora a Conflenti. All’inizio del suo ministero sacerdotale fu anche Assistente Ecclesiastico degli Scout a Nicastro, insegnante di religione nelle scuole superiori e docente nel Seminario minore diocesano. Per non essere finanziariamente di peso a nessuno, come diceva lui, lavorò anche per qualche tempo come segretario alla Scuola Media di Serrastretta e alla Pietro Ardito di Nicastro. L’8 dicembre del 1985 fu nominato parroco della parrocchia di Santa Maria Maggiore in Feroleto Antico e Rettore del Santuario di Dipodi, diventando pastore di anime in quel paesino dove era nato e al quale rimase legato per tutta la vita. L’assenza della figura paterna condizionò l’esistenza del giovane

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di Italo Leone

Giulio e, come per Franco Costabile di Sambiase, determinò quel senso di fragilità rispetto ai coetanei, che poi si tradusse nell’ansia di giustizia e nella critica della società così come era strutturata negli anni del dopoguerra e soprattutto negli anni del benessere economico diffuso e del consumismo. Il prof. Eugenio Leone nel marzo del 2001, per la presentazione della raccolta di poesie Dilettante, a cura di Danilo Scamardì, ricorda che “don Giulio è stato nella sua vita di una coerenza estrema: anche da sacerdote è rimasto quel ragazzo semplice e modesto, buono e generoso con tutti, che i docenti e i compagni hanno apprezzato nelle aule scolastiche. Non a caso, nella immaginetta che lo ricorda sacerdote novello, egli ha voluto identificarsi nel fanciullo balbettante ed umile del profeta Geremia che trova la sua sicurezza nella parola del Signore (Ger. 1,6)”. E Danilo Scamardì, parente e vicino a don Giulio, ricorda che era “di carattere schivo, molto riservato, non si esibiva, non parlava di sé”, soprattutto quando le sofferenze fisiche, che si facevano sempre più intense negli ultimi anni, “hanno fatto sì che apparisse estraneo, introverso o quantomeno non interessato, ai contatti con i concittadini”. La poesia Don Giulio ha pubblicato in vita tre raccolte di liriche tra il 1979 e il 1982: Rucciuli, Serratura dǒ tuttu, Pruverata a lla fhine. I titoli evidenziano chiaramente la progressiva visione pessimistica della realtà: trucioli, segatura e infine polvere. Nel 2001, a due anni dalla morte, fu pubblicata un’altra raccolta di liriche in dialetto (Dilettante) curata da Danilo Scamardì, che aveva avuto accesso al materiale inedito grazie alla signora Lina Fazio, sorella di don Giulio. Tutte le liriche pubblicate sono in dialetto feroletano e presentano di raccolta in raccolta una maggiore difficoltà di comprensione per lessico e complessità di contenuti. Alla luce della storia della letteratura calabrese e lametina l’opera di don Giulio Fazio si inserisce nella produzione letteraria ispirata alla spiritualità cristiana dei calabresi Gioacchino da Fiore e Tommaso Campanella. All’inizio prevalgono i temi esistenziali sull’autenticità dei comportamenti, che ripropongono le tematiche dell’esistenzialismo filosofico, il prendersi cura degli altri e del reale (Heidegger), declinati soprattutto in chiave cristiana come accadeva nei circoli cattolici degli anni sessanta e settanta; il costante esame di coscienza sul proprio operato; l’attenzione al sociale. E se a Lamezia Terme ciò si traduceva in un fecondo dibattito negli ambienti cattolici studenteschi e universitari vicini ad alcuni dei sacerdoti più attenti ai cambiamenti epocali, nei piccoli paesi del lametino il contrasto tra la cultura popolare tradizionale e i comportamenti indotti dalle rapide trasformazioni economiche e sociali diventava sempre più evidente, soprattutto a chi, come don Giulio, era attento alla vita concreta dei compaesani. Feroleto e i suoi abitanti diventarono allora per lui metafora di un mondo sempre più lontano dal messaggio evangelico.

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“IN VIAGGIO CON DANTE”: PRESENTATO IL NUOVO SAGGIO DI MARINELLA VITALE

di Giulia De Sensi +

Lamezia Terme - Un omaggio al Sommo Poeta per ricordarlo nel VII centenario dalla sua nascita, quello regalato da Marinella Vitale attraverso il suo nuovo saggio “In viaggio con Dante” Grafiché Editore, presentato al Chiostro Caffè Letterario insieme alla rappresentante della casa editrice Nella Vitale, al professor Italo Leone curatore della prefazione, e al direttore del Sistema Bibliotecario Lametino Giacinto Gaetano, in un evento animato dalle performance della violinista Valentina Fazio. In un momento in cui le iniziative sul poeta della Commedia sono effettivamente all’ordine del giorno, l’opera di Vitale si distingue non soltanto per la puntuale aderenza al testo nella lezione della critica ufficiale, ma anche per l’attitudine singolare, già dimostrata nel lavoro precedente, a legare poesia e attualità, illuminando l’opera più significativa della Letteratura italiana di richiami storici che ci rimandano a temi del presente. Il libro nasce anche questa volta da una serie di 15 post comparsi sul profilo facebook dell’autrice fra il 13 gennaio e il 18 maggio 2021 in cui Vitale, grazie alla propria esperienza pluridecennale di docente, condivideva con i suoi amici e lettori delle piccole perle sulla poetica dantesca. Fra questi Italo Leone il quale, parlando del libro, dice oggi: “Anche noi, guidati da Marinella, abbiamo fatto un viaggio nelle nostre coscienze, in una umanità depressa, in una natura depredata. Proprio come Dante – esiliato nel 1301 per motivi politici, sradicato e senza patria – siamo stati deprivati degli affetti, limitati negli spostamenti, ci siamo interrogati sulla Storia, comprendendo di non sapere abbastanza del nostro futuro”. Quindi un richiamo all’orizzonte cristiano in cui la Commedia è immersa, tema già toccato da Gaetano che, fra le altre molteplici fonti citate durante la presentazione, cita Papa Francesco, il quale definisce l’Opera dantesca “un vero Pellegrinaggio, paradigma di ogni autentico viaggio per giungere ad una nuova condizione d’armonia, di pace, di felicità”.L’autrice sceglie, fra i molti percorsi possibili da illustrare traendo dall’opera segni del presente, quello sulla violenza di genere: cita quindi, dal V Canto dell’Inferno, Francesca, simbolo di delitto d’onore – reato in Italia solo dal 1981 – che rappresenta anche la prima donna della Letteratura Italiana ad essere scelta come protagonista parlante in un’opera di poesia; poi, nel V del Purgatorio, Pia de’ Tolomei, figura lieve ed eterea, anche lei uccisa dal marito, e per motivi futili, in un vero e proprio femminicidio; quindi, nel Paradiso, Piaccarda Donati, “vergine sorella” del guelfo nero Corso Donati, che presi i voti come Clarissa fu rapita dal fratello per farle contrarre matrimonio forzato con un suo compagno d’armi. Un percorso affascinante che rappresenta la semplice anticipazione di un saggio che, secondo Vitale, “racconta una storia che è la nostra storia, quella dell’uomo, che nella sua fragilità cerca la sua strada, attraverso la selva oscura che stiamo toccando con mano”. Lamezia e non solo

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blaterando

La musica ed il canto aiutano ad uscire dalle bruttezze che ci circondano e a volare metaforicamente nell’azzurro del cielo

(Roberto Carlotto già Dik Dik alias Hunka Munka)

di Anna Maria Esposito

La vita a volte è veramente imprevedibile: due auto sconosciute si incontrano in un parcheggio, una Jaguar Etipe rossa e una Corvette Stingray. Ottimo incontro e delucidazioni tra i rispettivi proprietari. Parlando si scopre che sono anche due musicisti, da qui nasce un’amicizia e una collaborazione. Sveliamo l’identità dei soggetti. Roberto Carlotto già Dik Dik alias Hunka Munka, conosciuto per i suoi trascorsi “prog”, e Joey Mauro, musicista, appassionato di strumenti vintage, noto per i suoi brani anni 80. Joey ha avuto l’idea di riportare in auge la musica “progressive” di Hunka Munka. Dopo varie collaborazioni di stampo elettronico e di incursioni nella musica pop anni 80, rivisitando delle demo, risalenti alla fine degli anni 90, si è giunti ad una svolta di matrice progressive italiana. Grazie alla collaborazione di talentuosi musicisti, nasce il vinile “Foreste Interstellari “, disponibili anche in CD e digitale. Nel vinile si possono sentire le tipiche atmosfere che hanno caratterizzato gli anni migliori del prog, dove il sound inglese faceva da traino a quello italiano, rendendo celebri nel mondo gruppi come la PFM, il Banco, i Trip e lo stesso Hunka Munka, targato 1971, con

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il suo LP “ Dedicato a Giovanna G.”. Infatti in “ Foreste Interstellari”, oltre ad una valida sezione ritmica e all’inconfondibile timbro vocale di Roberto Carlotto, possiamo trovare strumenti come il Mellotron, il Minimoog e l’organo Hemmon, pilotati da Joey. I trascorsi di Joey Mauro sono soprattutto nella musica elettronica e in quello che la critica definisce “Italo Disco”, che non è altro che la rivisitazione del pop elettronico americano ed inglese all’italiana. Citiamo qualche titolo come “La dolce vita” di Ryan Paris o “Happy Children” di P. Lion, interpreti con il quale Joey Mauro ha collaborato e prodotto dei grandi successi. Di “Foreste Interstellari “ hanno detto: - “ Carlotto e Mauro hanno costruito questo album come una cattedrale con l’idea di far risuonare le loro tastiere retrò senza porre alcun limite all’eccesso.” - “ Foreste Interstellari è un album clamoroso, di prog sinfonico che sfocia nel pop, con cascate di tastiere e strutture ritmiche imprevedibili. La title-track da sola vale il disco”.

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La nosta storia

Maria Santissima delle Neve in Tiriolo

di Matteo Scalise

Dopo aver illustrato in breve le vicende storiche attorno ai 9 sui 10 totali Santuari mariani presenti nella diocesi lametina (il decimo sarebbe quello dedicato alla Vergine di Fatima presso Soveria Manelli soltanto nel 2017, per questo non ne abbiamo parlato) riteniamo opportuno fare qualche doveroso cenno storico anche di altre tre chiese dedicate alla Madonna che, seppur non abbiano il titolo canonico di Santuario, la venerazione è talmente forte in ambito locale e nei dintorni che il sentire popolare li reputa a tutti gli effetti dei Santuari. Ci riferiamo alle chiese intestate a: Maria Santissima della Neve in Tiriolo, Maria Santissima degli Abbandonati a Colla di Soveria Mannelli e Maria Santissima delle Grazie (ma conosciuta come Veterana) in Lamezia Terme Nicastro. Maria Santissima della Neve in Tiriolo. Scarsissime risultano ancora oggi le vicende storiche relative a questa importante chiesa mariana della diocesi lametina. Le notizie, oltre ad essere scarse, sono fra loro discordanti. Non si conosce il secolo certo di fondazione (c’è chi afferma l’XI o XII secolo, altri il XIV secolo) quale fondazione greco – ortodossa, mentre altri vogliono che essa sia coeva ad una campanella ritrovata nella chiesa che indica la data o 1338 o 1398. Facciamo un attimo un passo indietro: Il culto ufficiale nasce a Roma, precisamente da una leggenda risalente al 5 agosto del 352 dc quando i romani al risveglio si ritrovarono la Città Eterna sotto una abbondante nevicata. L’allora pontefice Liberio e il patrizio Giovanni affermarono che nella notte avessero sognato la Vergine che gli ordinava di costruire una chiesa in suo onore, precisamente sul colle Esquilino dove ancora oggi prospera una delle quattro basiliche papali, Santa Maria Maggiore ove è custodito un dipinto di scuola bizantina ritraente la Madonna, la Salus Populi Romani veneratissima dai Romani. Da questo fatto prodigioso si svilupperà, all’inizio lentamente, poi con più celerità il culto della “Madonna delle Nevi”. La messa e il breviario, oltre che la fissazione ufficiale della Solennità al 5 agosto avvenne però soltanto secoli dopo, precisante nel 1568 per opera del papa domenicano Pio V, colui che portò a termine i lavori del Concilio di Trento, promulgando il Messale e Breviario Romano che saranno in uso fino al Concilio Vaticano II, il quale, devotissimo alla Madonna, volle farle omaggio creando l’Ufficio Proprio di tale memoria. Tornando a Tiriolo, effettivamente nel XI secolo risultano fondati due monasteri greci, denominati però a Sant’Angelo e a Santa Maria. Ora questa Santa Maria potrebbe farci pensare alla nostra Maria delle Nevi ma lo reputo alquanto improbabile Lamezia e non solo

per il semplice fatto che gli Ortodossi, con la Scisma d’Oriente già avvenuto nel 754 dc non avevano alcun motivo per fondare un monstaero alla Vergine con un appellativo di venerazione usato dai cattolici! Pertanto ritengo che il culto della Madonna della Neve debba essere posticipato ad una delle due date del XIV secolo (1338 o 1398), seppur restando insoluto il mistero riguardo le domande riferibili a chi, quando e perché introdusse il culto a Tiriolo. Sicuramente questo culto avrà ritrovato forza allora sia dopo la creazione dell’Ufficio Proprio per volontà papale nel 1568, e sia magari su impulso dei Domenicani che nel frattempo (siamo nel 1575) a Tiriolo fondarono il loro Convento dedicato a Maria Santissima delle Grazie quando vescovo di Nicastro era quel Giovanni Antonio Faccchinetti che diverrà poi papa Innocenzo IX. La Chiesa , insignita del titolo di Collegiata (avente cioè a reggerne la cura pastorale un arciprete coauditore di un piccolo Capitolo) e sede della Forania di Tiriolo, sarà stata certamente danneggiata in occasione dei devastanti terremoti del 1638 e 1783, sicchè l’espetto architettonico odierno è frutto della ricostruzione operata a fine XVIII secolo. Anche la statua lignea, di scuola napoletana, è datata 1744 e fu commissionata dall’allora arciprete Tommaso Torchia per sostituire la più antica devastata da un fulmine. Fu proclamata la Madonna della Neve ufficialmente Regina di Tiriolo nel 1953 per volontà dell’allora papa Pio XIII tramite l’allora metropolita della diocesi nicastrese, monsignor Giovanni Ferro, arcivescovo di Reggio Calabria (dal 2001 invece l’odierna diocesi di Lamezia Terme è suffraganea della arcidiocesi di Catanzaro – Squillace) presenti l’allora sindaco di Tiriolo avv. Antonio Caiola, l’arciprete Domenico Maria Cervasi e il vescovo di Nicastro monsignor Eugenio Giambro. Nel 1994, l’allora vescovo di Lamezia Terme monsignor Vincenzo Rimedio ha unito in una sola parrocchia la Chiesa Matrice della Madonna della Neve con la chiesa delle Grazie (parrocchia autonoma dal 1958). La festa a Tiriolo avviene il 5 agosto, preceduta da una participata Novena che attira anche fedeli da altri paesi del comprensorio di Tiriolo. Gli ultimi tre giorni è presente anche una importante fiera. Attuale parroco della Parrocchia “Maria Santissima della Neve e delle Grazie” è don Bogdan Fedorowicz. Attualmente in Calabria si venera Maria Santissima della Neve anche a Santa Caterina dello Ionio (CZ), nel Vibonese a Zungri, Laccaropoli, Mandaradoni di Limbadi, Mesiano di Filandari, a San Giovanni di Sambatello (frazione di Reggio Calabria) e nel cosentino presso Bocchigliero, Camporegio, Sangineto, Altavilla di Lappano, marina di Schiavonea (frazione di Corigliano – Rossano), Verbicaro e Buonvicino.

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lameziaeuropaspa

Lameziaeuropa: Inaugurato il Centro Servizi Inaugurato nell’area industriale di Lamezia Terme presso la sede di Lameziaeuropa il Centro Servizi per le Imprese. Presenti insieme al Sindaco di Lamezia Terme Paolo Mascaro ed al Presidente della Lameziaeuropa Leopoldo Chieffallo il Sottosegretario al Sud e Coesione Territoriale on. Dalila Nesci, il parlamentare Domenico Furgiuele, il Vescovo di Lamezia Mons. Giuseppe Schillaci, i consiglieri regionali Amalia Bruni e Pietro Raso, il professore Giuseppe Nisticò, i sindaci del comprensorio lametino, amministratori locali, imprenditori. Dopo la benedizione del Centro da parte del Vescovo Mons. Schillaci si è proceduto con una visita della struttura, a disposizione delle imprese e delle istituzioni, e con la illustrazione in più tappe all’interno delle varie sale riunioni del Centro anche attraverso la proiezione di video del MASTERPLAN DI SVILUPPO dell’area 2021 – 2027 con tutti i progetti in corso tra cui gli Studios Televisivi della Film Commission Calabria, gli interventi per la messa in sicurezza della SS18 definiti con Anas e Regione Calabria per 11 milioni di euro, i progetti di ricerca del Distretto Matelios, il Centro Internazionale di Ricerca della Fondazione Dulbecco il cui progetto è stato presentato dal Prof. Nisticò al Ministero del Sud per un finanziamento di circa 28 milioni di euro, il progetto Waterfront e Porto Turistico promosso con capitali interamente privati da Coipa International.

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di Tullio Rispoli

Al termine della giornata da parte di tutti i partecipanti istituzionali è stata espressa la volontà di un impegno corale a lavorare tutti insieme per realizzare, sulla base di quanto evidenziato dal Sindaco Mascaro e dal Presidente Chieffallo, un Patto Istituzionale con il Governo e la Regione Calabria finalizzato a definire una strategia di intervento organica e mirata che permetta di effettuare in tempi brevi scelte strategiche e concrete per costruire nuove opportunità di sviluppo per il futuro legate alla realizzazione di tutte le iniziative contenute nel Masterplan di Sviluppo dell’Area 2021 – 2027 e alla concreta attuazione della ZES Calabria.

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Spettacolo GRANDE SUCCESSO PER IL “CALABRIA FEST TUTTA ITALIANA 2021” AL TEATRO CILEA DI REGGIO CALABRIA IN DIRETTA STREAMING SU RAI RADIO TUTTA ITALIANA. APPLAUSI E PREMI PER I “TOP OF THE YEAR” di Ruggero Pegna

Grande successo per la “tre giorni” reggina del “Calabria Fest Tutta Italiana”, il Festival italiano dal format originale e innovativo dedicato alla Nuova Musica d’Autore, che si è concluso ieri sera nella splendida cornice del Teatro Cilea di Reggio Calabria, organizzato dall’Associazione Culturale ArtMusic&Co presieduta da Giusy Leone, con media partner ufficiale Rai Radio Tutta Italiana, la conduzione e consulenza musicale di Gianmaurizio Foderaro di Radio Rai, la direzione artistica di Ruggero Pegna e la collaborazione di Palco Reale. Dodici le migliori nuove proposte e rivelazioni dell’anno presentate e premiate con il “Premio Top of The Year” di Rai Radio Tutta Italiana: Verdiana, Matteo Faustini, Federica Marinari, Avincola, Ainè, Davide Shorty, Manitoba, Cassandra, Maninni, Napoleone, Barreca e Gaudiano, quest’ultimo primo tra le Nuove Proposte del Sanremo 2021, ma tutti protagonisti dei principali festival e talent italiani. Dopo l’apertura con Kram, il reggino Rosario Canale vincitore lo scorso anno, tutti si sono esibiti con mini live di quindici minuti ciascuno. Tre gli attesi e applauditissimi super ospiti di questa edizione: Ermal Meta, che ha ricevuto il “Premio Assomusica” dell’Associazione Italiana Organizzatori e Produttori di Spettacoli dal Vivo per il Miglior Live, la splendida Arisa, premiata dal Sindaco ff Carmelo Versace della “Città Metropolitana” di Reggio per il grande successo popolare e, in conclusione, Federico Zampaglione dei Tiromancino che ha ricevuto il prestigioso “Premio Siae” per i Migliori Testi. Tanti i momenti da incorniciare, dal divertente siparietto di una scatenata Arisa, vincitrice di Ballando con le Stella su Rai1, che ha costretto Foderaro ad un balletto fuori programma, ai simpatici racconti di Federico Zampaglione, che ha ricordato le sue origini calabresi. Grazie alla formula e all’utilizzo delle più evolute e tecnologiche modalità di video trasmissione in dab (digital audio broadcasting), con diretta streaming sulla pagina facebook ufficiale di Rai Radio Tutta Italiana, è stato registrato un record Lamezia e non solo

di visualizzazioni e interazioni con il pubblico che ha seguito l’evento anche dall’estero, promuovendo la Calabria e, al contempo, valorizzando la nuova musica italiana. Un dato che continua a crescere anche a Festival concluso, proprio grazie alla media partnership della moderna piattaforma Rai che consente la visione in qualsiasi momento. Per tutti i protagonisti, oltre agli applausi convinti in teatro, migliaia di commenti positivi e reaction sui principali social. Un’edizione speciale voluta fortemente e realizzata in modo impeccabile nonostante le difficoltà legate al Covid, come hanno sottolineato Ruggero Pegna e Giusy Leone, che hanno anche rimarcato l’importanza per la Calabria di un Festival così prestigioso, di enorme risonanza e impatto mediatico, ringraziando il Presidente della Regione Roberto Occhiuto e l’Assessore al Turismo Fausto Orsomarso per il prezioso sostegno. Il Sindaco ff del Comune di Reggio Paolo Brunetti e l’Assessore alla Cultura Irene Calabrò, da parte loro hanno voluto sottolineare l’importanza di un evento di questa portata per la promozione del ricco patrimonio paesaggistico, storico e di beni culturali della Città dello Stretto, peraltro ben evidenziato dal videoclip “Anima Autentica” della Living Camera Film, che ha fatto da affascinante sigla alle tre serate. Ieri sera anche il breve intervento del dottore Massimo Martino, direttore del Centro Regionale Trapianti, Cellule Staminali e Terapie Cellulari del Grande Ospedale Metropolitano BianchiMelacrino-Morelli di Reggio, autentica eccellenza nazionale. Il Calabria Fest Tutta Italiana è tra i “Grandi Eventi 2021” della Regione Calabria ed ha avuto il Patrocinio di Città Metropolitana, Comune di Reggio, Assomusica e Siae, oltre al riconoscimento del Ministero della Cultura per il Settore “Festival di musica contemporanea e d’autore”. Le serate del Festival saranno racchiuse in tre speciali che a breve saranno trasmessi da Rai Play.

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il salotto di piera

La notte si illumina di speranza

di Piera Messinese

Il giorno dedicato al culto di Santa Lucia è il 13 dicembre. È una festività cristiana che ricorda Lucia martire, vittima delle persecuzioni di Diocleziano. La sua figura è legata a molte tradizioni e leggende. Si narra che Lucia aiutasse i cristiani nascosti nelle catacombe di Siracusa e che camminasse sempre con una corona di candele per illuminare il suo tragitto. E’ considerata la protettrice della vista. La notte di Santa Lucia è la più lunga dell’anno, la festa della luce che abbatte le tenebre. Un tempo, per un errore dovuto al calendario, il solstizio d’inverno coincideva con la festa di Santa Lucia. Per tale motivo si affermava che il 13 Dicembre, giorno destinato a Lucia martire, fosse la notte più lunga. Era considerato, pertanto, il culmine invalicabile della notte e la vittoria della luce sul buio. Così, un giorno, ho ricevuto la telefonata di Tommaso Cozzitorto che mi invitava ad aderire ad un progetto ideato da lui stesso e da Orietta Biondi. Naturalmente, ho dato la mia piena disponibilità. Sopraggiunta la sera di giorno 13, mentre mi recavo nella Chiesa di San Benedetto, mi sentivo particolarmente emozionata. Appena varcato il portone, si presentò dinnanzi ai miei occhi uno spettacolo meraviglioso: le luci spente e il silenzio che governava l’assemblea accorsa numerosa per partecipare all’evento. Un arcobaleno di colori si irradiava dal presbiterio fino alla volta della Chiesa. pag. 12

C’erano tutti gli ingredienti per vivere un incontro speciale con Dio, un’attesa magica che ha regalato ai presenti un soffio di luce. La serata è stata presentata da Tommaso Cozzitorto il quale ha lasciato che fosse Don Domenico Cicione Strangis a salutare la folta platea soffermandosi sul senso di quella meditazione e sulla necessità per un cristiano di affidarsi alla speranza. Giuseppe De Marco, giovane di grande profondità di animo, ha fatto un intervento bellissimo esprimendo il suo pensiero sul concetto di solidarietà. Rosy Falvo ha dato la sua originale interpretazione della poesia “Ama la vita” di Madre Teresa di Calcutta. Filomena Cervadoro ha parlato dell’aspetto sociale dei Convegni di Cultura Maria Cristina di Savoia. Luisa Vaccaro, Assessore allo Spettacolo, ha intrattenuto una simpatica chiacchierata con Tommaso sulla bellezza della condivisione, sul senso della luce. La voce di Fulvio Donato ha incantato tutti con i suoi momenti musicali permeati di emotiva intensità: “Panis Angelicus” e “Ave Maria”. Daniela Magnone insieme ai suoi ragazzi della speranza ha narrato la favola delle 4 candele suscitando forti emozioni: voce, mimo, i fiori degli alti valori del Natale portati da alcuni bambini. Il mio intervento è stato un racconto testimonianza della conver-

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sione di un uomo. Lo avevo incontrato tempo fa in Chiesa e si era aperto a me raccontandomi del buio che aveva avvolto la sua vita e della luce di speranza che aveva da poco ritrovato ritornando nella Casa del Padre. La Scuola di danza “RuskaJa” della maestra Sefora Caimano ha presentato tre balletti di complessa realizzazione in cui i ballerini e le ballerine si sono dimostrati interpreti validi e preparati. Dulcis in fundo, il Coro della Chiesa di Maria SS. delle Grazie che ha interpretato il brano che ha dato il titolo allo spettacolo, “Questa notte non è più notte”, la canzone di Santa Lucia e un canto natalizio creando il giusto clima che la serata richiedeva. Nel finale è intervenuto Paolo Mascaro, Sindaco della città di Lamezia Terme, il quale ha elogiato l’iniziativa considerandola di alto valore etico. È doveroso un ringraziamento ad Andrea Giovanni Cefalá per la realizzazione della elegante locandina. Un plauso va certamente fatto per l’organizzazione e il coordinamento della serata che sono stati opera dell’impegno profuso da Orietta Biondi. Quando l’assemblea ha abbandonato la Chiesa, ciascuno ha fatto ritorno alla propria casa ed ha portato nel cuore un messagTestata Giornalistica Di tutto un po’ - lamezia e non solo anno 30°- n. 80 - gennaio 2022 Iscrizione al Tribunale di Lamezia Terme dal 1993 n. 609/09 Rug. - 4/09 Reg. Stampa Direttore Responsabile: Antonio Perri Edito da: GRAFICHÈditore Perri Lamezia Terme - Via del Progresso, 200 Tel. 0968.21844 - e.mail. perri16@gmail.com Stampa: Michele Domenicano Allestimento: Peppino Serratore Redazione: Giuseppe Perri - Nella Fragale - Antonio Perri Progetto grafico&impaginazione: Grafiché Perri-0968.21844

Le iscrizioni, per i privati sono gratuite; così come sono gratuite le pubblicazioni di novelle, lettere, poesie, foto e quanto altro ci verrà inviato. Lamezia e non solo presso: Grafiché Perri - Via del Progresso, 200 -

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gio di letizia, oltre alla forte consapevolezza che solo una stella potrà guidarci verso la luce. È la speranza. Non dobbiamo mai lasciarci vincere delle ombre. “Spes contra spem”, la speranza contro ogni speranza come diceva Paolo di Tarso. Sperare con determinazione, coraggio, costanza e pazienza. La speranza non si vede, ma è presente. Spesso non è facile vivere di speranza. Ma bisogna crederci perché la speranza non delude mai, perché la sua àncora è la fede, vera, autentica che fa delle nostre vite punti di luce, minuscoli frammenti della Luce Infinita, Eterna, Onnipotente

88046 Lamezia Terme (Cz) oppure telefonare al numero 0968/21844. Per qualsiasi richiesta di pubblicazione, anche per telefono, è obbligatorio fornire i propri dati alla redazione, e verranno pubblicati a discrezione del richiedente il servizio. Le novelle o le poesie vanno presentate in cartelle dattiloscritte, non eccessivamente lunghe. Gli operatori commerciali o coloro che desiderano la pubblicità sulle pagine di questo giornale possono telefonare allo 0968.21844 per informazioni dettagliate. La direzione si riserva, a proprio insindacabile giudizio, il diritto di rifiutare di pubblicare le inserzioni o di modificarle, senza alterarne il messaggio, qualora dovessero ritenerle lesive per la società. La direzione si dichiara non responsabile delle conseguenze derivanti dalle inserzioni pubblicate e dichiara invece responsabili gli inserzionisti stessi che dovranno rifondere i danni eventualmente causati per violazione di diritti, dichiarazioni malevoli o altro. Il materiale inviato non verrà restituito.

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parlando di..

Blacaman Il fachiro calabrese che ipnitizzo’il mondo Pietro Aversa, in arte Blacaman, era nato a Castrovillari in provincia di Cosenza il 23 febbraio 1920. Si racconta che lasciò il suo paese molto giovane. Ancora bambino segui’un circo che passava proprio da lì. Da quel momento ebbe inizio la sua incredibile storia. Imprevedibile, esuberante, mago, fachiro era in grado di ipnotizzare qualsiasi essere vivente, dai leoni alle galline, dai coccodrilli fino agli uomini. Un uomo affascinante dalla folta capigliatura riccia e dallo sguardo selvaggio e impenetrabile. Carismatico e misterioso;un vero e proprio fenomeno tanto da competere con il mito di Houdini. Il suo personaggio ispirò diversi scrittori tra cui Gabriel Garcia Marquez nel racconto “Blacaman el bueno, vendedor de milagros”. Soprannominato ‘u zingaru’ iniziò la sua carriera in questo circo prima come tuttofare poi come escapologo. Da li in poi la sua vita fu costellata di successi e trionfi in tutto il mondo. Cominciò con numeri di prestigiazione e fachirismo per poi darsi all’ipnosi sugli animali con uno stile fortemente indu’. Immagini e filmati in mezzo a decine di coccodrilli completamente disinteressati alla sua presenza e animali feroci in balia del suo potere,non hanno alcuna spiegazione logica. Per ciò che riguarda il fachirismo, oltre ai suoi numeri classici e propri di quest’arte, tra cui l’ingolo di una spada, la camminata sui carboni ardenti e la rottura sul petto di un macigno (sdraiato su centinaia di vetri rotti), saliva a piedi nudi su una scala fatta di spade affilatissime, in cima alla quale si impiccava con l’ausilio di un gancio, rimanendovi sospeso per molto tempo. Tra i numeri più conosciuti e incredibili del suo repertorio, vi fu la sua sepoltura, esperimento durante il quale sfidava la morte per asfissia. Si presentava nelle “plazas de toros” per farsi seppellire e fino all’ultima esibizione dei toreri, rimaneva sotterrato per mostrarsi vivo e vegeto quando lo disseppellivano. Si pag. 14

di Antonella Caruso

esibi’ per molto tempo in America latina attorno alla metà degli anni ‘20 e tornò in Europa girando molte capitali riscontrando successo ovunque a suon di tutto esaurito. Durante la crisi del “vaudeville”, ipnotisti, fachiri ed artisti che offrivano intrattenimenti macabri e morbosi, riuscivano ad ottenere più ingaggi rispetto a prestigiatori ed artisti con repertori più classici. Il caso di Blacaman fu molto significativo ed i suoi successi lo tennero sulla cresta dell’onda per molto tempo, tanto che apri’ perfino un proprio circo il”Blacaman circus “. Al top della sua carriera fu perfino attore a Hollywood a fianco delle stelle del momento girando un film da protagonista dal titolo” You Can’t Cheat an Honest Man” a fianco alla sua assistente Koringa. Giro’ il mondo in lungo e in largo tanto da essere definito un nomade, tra Mosca, Varsavia, Stoccolma, Istanbul, Il Cairo, Buenos Aires, Santiago del Cile, Argentina, Venezuela, Cina e molti altri paesi dove non mancò di far parlare di sé. Arrivò anche a tenere conferenze davanti a 200 medici, dimostrando quanto i suoi esperimenti fossero autentici e non frutto di trucchi illusionistici. Vi furono molti imitatori che provarono a cavalcare l’onda del suo successo, incluso un finto figlio, un mitomane o probabilmente un impostore che tentò di arricchirsi con la sua immagine Stabilitosi in Venezuela durante la seconda guerra mondiale,

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le sue origini italiane gli crearono non pochi problemi poiché il paese era schierato con gli alleati e cominciava a sequestrare tutti i beni di coloro che avevano origini nei paesi nemici. Si dice che durante una grave crisi, non potendo più mantenere il circo composto da innumerevoli bestie, andò in fallimento e cominciò a vivere facendo il meccanico. Qualcuno conclude più semplicemente dicendo che si ritirò nel 1946,un po’ per problemi di salute, un po’ perché il dopoguerra non fu un periodo prospero. Ambigua è perfino la data della

sua morte, 1949 o 1956 a Caracas. Certo è che non era un personaggio qualunque. Qualcuno disse che lui sapeva leggere, ma non i libri. Sapeva leggere la gente, i segni che la gente si porta addosso, posti, odori, rumori, e soprattutto, sapeva leggere i sogni, le passioni e le speranze. Ammirato dal mondo con attonita sorpresa, Blacaman fisicamente portava tutti i segni della razza indiana :statura media, robusta e nervosa, colorito olivastro, naso schiacciato, voce cavernosa, capelli neri, lunghi e crespi. Un occhio vivo, penetrante. Applaudito da milioni di persone, fu per un breve periodo uno degli uomini più ricchi al mondo. Oggi è un mito leggendario che merita di essere conosciuto e apprezzato. Ma più di tutto... calabrese.

comunicati stampa

Un presepe “speciale”… nel Tribunale di Lamezia Terme Anche quest’anno il Centro di Salute Mentale di Lamezia Terme, in accordo con la Direzione Aziendale dell’Asp di Catanzaro, ha voluto offrire alla città un presepe realizzato dai pazienti che frequentano i laboratori espressivi-riabilitativi attivi presso il CSM. Come sottolinea la Dr.ssa Rossella Manfredi, Direttore del Centro di Salute Mentale dell’ASP di Catanzaro, quest’anno abbiamo voluto esporre il nostro lavoro nel Tribunale di Lamezia Terme proprio per evidenziare come anche in questi spazi, in queste aule, si consuma il dramma della sofferenza dei nostri pazienti. Spesso la malattia mentale porta a disturbi del comportamento con la compromissione della capacità di critica e di giudizio e possibili conseguenti condotte di reato. L’equipe del CSM continua a farsi carico della cura di questi pazienti sostenendoli nel tempo nel difficile iter a cui spesso vanno incontro. Questa realtà oggi è sempre più presente nei nostri servizi dopo la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari che ha sancito il principio della cura a quello custodiale. Questi pazienti vivono doppiamente l’emarginazione sia per lo stigma “malattia mentale” sia per la condizione carceraria di esclusione dalla vita socialeLamezia e non solo

affettiva dei propri territori. Ma nelle aule del Tribunale si opera anche nel decidere le forme di tutela giuridica alla fragilità dei nostri pazienti. Questa esposizione del presepe in questi luoghi vuole fare luce su questo spaccato di cura non scevro di particolare complessità, nodi giuridici e di tutela da sciogliere.

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a riveder ... le stelle di Edoardo Flaccomio

di Flaviana Pier Elena Fusi

COLLABORAZIONI DIPLOMATICHE E IMPRENDITORIALITÀ A TINTE ROSA Buongiorno a Flaviana Pier Elena Fusi, direttore editoriale di Biblios edizioni e direttore di Talk City Tv social network per Veneto e Lombardia. Il tuo cognome mi riporta alla mia terra d’origine: Bagolino provincia di Brescia. Buongiorno maestro, nostro sommo poeta Innocente, nostro perché sono orgogliosa di identificarmi con la tua terra natia. Sono figlia di un bagosso e conosco bene quei luoghi dell’alta Valle Sabbia che tanto ci parla di sabiduria la conoscenza e la saggezza detta con un termine spagnolo. Il mio cognome è tipico di quella zona e lo trovo affine a quanto io sono. Mi sento fusa col nome e coi fatti nei luoghi che tracciano la storia della mia anima, tanti quanti sono le mie vite. Le energie che arrivano dagli spiriti a guardia dei luoghi spiritus loci secondo i latini e che invoco ogni volta che giungo in un posto nuovo: anzi non ho bisogno di invocarli, li percepisco chiaramente e leggo i segni che mi inviano. Mi nutro di quelle energie che mi delineano come cittadina del mondo. Mi piace comunicare e conoscere culture diverse, oserei dire che per me è necessità. Convinta che i suggerimenti che arrivano da zone nuove, sono artefici del cambiamento a livello personale, di intima evoluzione. Tutto ciò che una mente creativa porta a compimento, deriva da qualcosa che è effettivamente già stato creato e che esiste per merito di qualcuno, pertanto la curiosità è vera risorsa per la mente. Le emozioni creano e portano verso qualcuno o all’interno di se stessi? Nascono dalla voglia di conpag. 16

frontarmi senza gareggiare. Non ho mai ambito alla competizione, sono per lo scambio costruttivo che mi porta a scoprire me stessa attraverso qualcuno diverso da me. Quello che mi spinge ad avvicinarmi al mondo maschile, è la voglia di scoprire. Lì trovo le risposte che cerco e quando mi fermo a guardare dentro me stessa, vedo più chiaramente. La diversità mi completa. Bello questo pensiero, in effetti siamo diversi, ma individui differenti a prescindere dal genere, cosa ne pensi? Certamente concordo. Siamo isole emozionali che si creano secondo cultura e latitudine diversa. Ho sperimentato, lavorando all’estero, che quel detto popolare che sostiene che” tutto il mondo è paese” ha ragione solo in parte. Ogni cultura risponde alle proprie esigenze che pongono le persone in vario modo rispetto a se stesse, al ruolo che hanno nella società e in quello specifico ambiente culturale. Sono convinta che conoscere altri popoli dia modo di affinare le competenze personali a tutti i livelli. Costruiamo noi stessi attraverso le relazioni e più gli altri sono distanti da noi, più le nostre capacità si implementano. Facilitare le relazioni diplomatiche tra le delegazioni di realtà comunali italiane con quelle spagnole, per esempio, mi ha dato la possibilità di capire le mie potenzialità. Agevolare il gemellaggio tra comuni di stati diversi, è simile al coltivare un’amicizia: entrano in azione le personalità e gli entusiasmi. La capacità è data dalla

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mediazione per arrivare ad intenti che accomunano. Mi è servita l’esperienza di una vita intera dedicata all’impresa. La mia prima partita IVA l’ho aperta all’età di ventiquattro anni. Ho creduto sempre nei miei collaboratori, è la squadra che vince. È il gruppo quello che oggi mi fa essere ciò che sono nell’incarico che da poco ho assunto in Talk City Tv social network. Certamente il bagaglio culturale va di pari passo con quello esperienziale. Presentiamo questo progetto che mi vede impegnato in prima persona. Talk City è una Tv social nata a Roma e che sta sviluppando la sua rete su tutto il territorio italiano. Una dimensione che attraverso i social si propaga in ogni città, parlando direttamente al contesto di quella specifica zona. L’editore Corrado Orfini mi ha scelta per sviluppare il suo progetto in Veneto e Lombardia. A questo scopo mi sono circondata dei conduttori migliori, inteso che sono professionisti altamente qualificati di un settore tematico. Ognuno si occupa di ciò che sa e che ha sperimentato sul campo per tutta una vita, pertanto chi meglio di te potrebbe condurre un talk sulla poesia o sulla letteratura? È possibile assistere alla diretta live sui canali social: facebook, linkedin, instagram e you tube. Facile rivedere la puntata in qualunque momento si voglia, visitando il sito ufficiale di Talk City, trovando l’intero palinsesto della programmazione.

mente felice. Lavorare sospinti dalla passione è quanto di più bello si possa fare. Prerogativa degli artisti e direi di chi ha inteso il vero senso della vita. Nel mio libro dal titolo: Realtà sincroniche pubblicato da Biblios, ho compreso meglio da dove mi arrivano queste qualità. Ritieni di aver capito il senso della vita? Sono certa che si vive con lo scopo di evolvere la nostra anima. La passione è il motore che permette all’amore di creare. Dobbiamo sperimentare attraverso di esso per raggiungere il massimo livello. Questo ci è richiesto dall’universo per esistere. Bisogna dunque anelare alla perfezione per avere un mondo migliore, è questo secondo te lo scopo della vita? Possiamo solo aspirare alla santità come anime che potenzialmente creano bellezza. La perfezione è raggiunta dal creato attraverso le regole perfette stabilite fin dalla sua origine. Leggi Universali perfettamente giuste e inserite nella Natura. La vita deve necessariamente essere in sintonia e seguire l’Ordine naturale delle cose affinché l’universo continui ad esistere. Tutto ciò che va contro natura concorre alla distruzione: tesi facilmente dimostrabile osservando lo scempio che ci circonda e che avviene ogni giorno sotto i nostri occhi ormai ciechi.

Ti ringrazio per ciò che mi attribuisci, la mia striscia è un momento piacevole che mi dà la possibilità di incontrare vecchi e nuovi amici. Bravo Innocente, qui il virtuale apre le porte del reale, di quella realtà che vogliamo far accadere attraverso lo spazio che sondiamo con l’anima. Le emozioni che imprimiamo nell’etere come conduttori del programma ci veicolano nelle vite degli altri, fanno conoscere ciò che siamo e ci riportano le sensazioni del pubblico attraverso i loro commenti immediati: scrivono di getto, spontaneamente dandoci riscontro di quello che stiamo comunicando.

Cosa possiamo fare per permettere al nostro pianeta di continuare ad esistere? Siamo tutti responsabili e chiamati ad agire in fretta. L’unica cosa da fare è aiutarci reciprocamente e stare in linea con le Leggi naturali. Le anime risvegliate sono quelle che ora hanno il compito di traghettare il mondo verso una nuova coscienza, lontana da stantie concezioni che ci hanno accompagnato fin qui. Non si tratta di dare origine a nuovi movimenti politici o professare un nuovo credo, unicamente si richiede a tutti di agire secondo amore: unica energia capace di produrre vita e bellezza.

La scrittura è creazione? Certamente, più che creazione è dipingere la realtà che vogliamo navigare. Ho scritto libri e ho reso possibile una realtà concreta. La collaborazione con la casa editrice Biblios di Edoardo Flaccomio Editore è realtà lavorativa importante anche per altre persone. Sono fiera e orgogliosa dell’incarico di direttore editoriale, uno stimolo continuo che mi rende immensa-

- Grazie Flaviana della disponibilità, aspetto belle notizie, anche se posso dire nostre notizie dato che abbiamo grandi appuntamenti che ci vedranno nuovamente insieme. - Ben detto maestro, è onore per me essere al tuo fianco nelle prossime occasioni pubbliche, che avremo modo di raccontare al mondo strada facendo. Grata a te rivolgo un affettuoso saluto a tutti i tuoi lettori.

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di Maria Palazzo

Carissimi lettori, innanzi tutto, Buon Anno. Iniziamo le nostre nuove letture con una scrittrice a noi cara. Alessia Gazzola ha ripreso il filone de L’ALLIEVA, regalandoci ancora emozioni con un libro che aspettavamo da tempo. LA RAGAZZA DEL COLLEGIO ci fa ritrovare i cari, amati protagonisti: Alice Allevi e Claudio Conforti. Dopo una lunga pausa, impiegata scrivendo altri libri, la Gazzola si dedica ancora alla coppia Allevi-Conforti ed è come ritrovare due cari amici. Claudio e Alice tornano da New York, con nuove idee, nuove emozioni e un altro caso da seguire. Il romanzo, questa volta, tratta temi delicati. Una ragazza, che frequenta un collegio viene uccisa e non sarà facile, stavolta, trovare il colpevole. La vicenda è intricata e colma di sorprese. In tutto ciò, si sviluppa sempre la vita di coppia dei due protagonisti, il cui rapporto si intensifica, nella speranza di un erede…

sempre a non appesantire, appunto, la sua narrazione. Ciò regala chiarezza, comprensione degli intrecci e nessuna dispersione. Ci si affeziona ai personaggi, si simpatizza con le vittime e, verso i carnefici, si prova una rabbia sincera, contro l’ineluttabilità del Destino. Fra i due poli opposti, si scava, con l’autrice, per comprendere i moventi e le motivazioni. Ma, in fondo, si resta affascinati da ogni personaggio, perché viene sempre descritta la personalità che si cela dietro ognuno di loro. In apparenza, i romanzi della nostra narratrice, sembrano lievi, ma, in essi, si celano, spesso, riflessioni sulla vita, che ci consentono di meditare. Alice Allevi è una di noi: un po’ meno lo è il mitico Conforti, ma, in entrambi, noi lettori cerchiamo la volontà di trovare strade nuove di sopravvivenza, contro la banalità. La serie televisiva ci ha aiutato a visualizzare i personaggi, con le straordinarie interpretazioni di Lino Guanciale e Alessandra Mastronardi e noi speriamo di ritrovarli anche in TV.

Procedere dolcemente verso un nuovo percorso di lettura è davvero salutare. Non trascurate il suggerimento…

Quello che faranno, penseranno, vivranno, sarà affar vostro e… tutto da leggere. Mi piace Alessia Gazzola.

E che questo anno sia propizio e meraviglioso, pur con tutte le problematiche che si affacciano al suo nascere, dati i tempi. Che sia un anno che ci porti speranza e sconfitta del virus…

Il suo narrato è scorrevole, la sua prosa è limpida. E’ un piacere leggerla, perché, pur non rimanendo mai in superficie, non scade nella pesantezza tipica del genere giallo. Pur nella dovizia di particolari, la Gazzola, infatti, riesce pag. 18

Come inizio d’anno, Alessia Gazzola ci dà nuovi spunti di lettura, ma anche di curiosità.

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riflessioni

Vergogna! di Alberto Volpe

Non v’è chi, nel corso del proprio arco vitale, non abbia provato quel profondo e amaro turbamento interiore (e magari con manifestazione esterna di rossore in viso), appunto abitualmente conosciuto e detto come “senso della vergogna”. Turbamento e riprovazione che sottintendono la violazione di buone maniere, come di un buon costume, piuttosto che di regole e leggi dettate da una Comunità perché questa per il doveroso rispetto dei suoi componenti possa dirsi “civile”. Beninteso, quel tipico sentire, può scaturire dalla riprovazione per colpa “delle umane voglie”, come direbbe Dante. Quindi per disonore di sé. Ma la sensazione di smarrimento può essere causata da comportamento o situazione che suscita un giudizio sfavorevole, di disprezzo e di condanna. Va da sé che quel giudizio fa riferimento e viene commisurato a criteri e valutazioni universalmente recepiti, per educazione o per codificate disposizioni di legge. Una diversa impostazione ci farebbe trovare nella condizione,ancora dantesca, di quella “nave senza nocchiero in gran tempesta”. Né, in tal caso, il “nocchiero” potrebbe essere scambiato con il despota, il tiranno, il dittatore o moderno talebano. Dunque, chissà quante volte, a voler andare indietro nella memoria dei meno giovani, abbiamo avuto occasione di sorprenderci a pronunciare quel termine riprovevole per la nostra condotta: l’aver risposto male ad un parente, per esserci presentati con uno strappo al vestito, per non aver saputo rispondere alla domanda dell’insegnante di scuola, per essere portatore di una forma di handicap più o meno invalidante. Senza dimenticare il senso di vergogna che si provava in una famiglia quando un parente veniva colpito da condanna con carcere. E magari si poteva finire ristretti nella cella di sicurezza per furto di una gallina o di una macina di grano, e per via di uno stato di necessità, stante la condizione di povertà. Tutti contesti, questi, che a volerli confrontare con le moderne trasgressioni e violazioni, in tutti i settori della vita produttiva e relazionale a noi contemporanei hanno finito per dare una dimensione sbiadita ed eufemistica al valore di colpa della Vergogna originaria. Non che, per legge, essa sia stata derubricata. Ma di fatto, è divenuta tale e tanta la mole dei comportamenti umani nella rappresentanza e gestione, della conduzione famigliare come della vita istituzionale, che il tutto suggerirebbe di non doverci più di tanto vergognare. Eppure i cosiddetti “scandali” (almeno quelli che vengono alla luce, Lamezia e non solo

grazie anche alle intercettazioni telefoniche ed ambientali, ma non meno al coraggio dei soggetti-vittima) sono non solo all’ordine del giorno, ma da essi non sono esenti ambienti che per secoli non dovevano suscitare neppure sospetti. Pensiamo al fenomeno della pedofilia ecclesiastica, piuttosto che allo smodato uso del denaro delle più alte sfere ecclesiastiche. Sul che solo il coraggioso e rischioso intervento pontificio degli ultimi anni ha squarciato il velo. Non meno grave quanto diffuso è il comportamento opportunista e indebito dal punto di vista del giusto profitto colpisce il mondo delle istituzioni pubbliche, che sia a livello comunale, provinciale, regionale o parlamentare, e pure delle rappresentanze sindacali. Le collusioni, le complicità e le interessate omertà dei rappresentanti nelle istituzioni democratiche, lungi dall’essere garanti del rispetto delle regole e della finanza pubblica, tendono invece a dare il peggiore esempio opposto della funzione cui sono chiamati. Certo, non mancano testimonianze di “sensibilità” (magari postume alla loro scoperta) alle dimissioni di ministri, scoperti per il solo sospetto di relazioni extraconiugali o di infedeltà istituzionale. Cosa che avviene nel Governo della Gran Bretagna,ormai exit europea. Molto più raramente, oseremmo dire quasi mai propria sponte, avviene nel resto dei Paesi europei, ed in particolare nella Patria di Dante e di De Gasperi, o di Sturzo. Anzi, pericolosamente, sembra che il fenomeno vada radicalizzandosi, con sempre “stupore” (alias vergogna) da parte dei contribuenti. Una sorta di conformismo alla spudoratezza a quel cattivo spettacolo di una Società sempre più liberista e sprezzante delle regole. Gli applausi spocchiosi di un Parlamento ad un decreto legge Zan, sono sintomatici del progressivo disallineamento e diseducativo atteggiamento della funzione democratica rappresentativa. Quando ambizioni smodate e carrierismo politico si sposano con il disinvolto uso del denaro dei cittadini contribuenti, il risultato non può che essere una sempre più indignata disapprovazione del popolo sovrano, che ha ragione di sbottare con la condanna della Vergogna. Come se ne esce ? Intanto con la condanna della ipocrisia. E poi con la coscienziosa consapevolezza della società civile alla rivendicazione dei diritti, che sono l’esatto contrario dell’accettazione della promessa dei ricattabili favori.

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Sport

L’Arbitro di Vincenzo De Sensi

Raramente elogiato, nel migliore dei casi ignorato, troppo spesso maltrattato, se non peggio, l’arbitro di calcio è senza dubbio il personaggio di centro, o comunque uno dei cardini dello “sport più bello del mondo”. Come e perché si diventa arbitro? Quali sono i suoi rapporti con i giocatori e con le società sportive? Quali sono i rischi per un arbitro alle prime armi? Sino a che punto le altre componenti del calcio collaborano con l’arbitro? E la

voce “arbitro” c’è scritto: “Arbitro, dal latino arbitru(m) e di etimologia Incerta”. E poi, riferendosi all’arbitro sportivo: “Ufficiale di gara incaricato di far osservare il Regolamento tecnico e le norme federali, oltre che di giudicare i vari casi di infrazione riscontrati durante lo svolgimento di una competizione e di convalidarne il risultato”. Poniamoci una domanda non casuale, ma al contrario pertinente ed Importante: chi è l’arbitro?

famosa “moviola” televisiva che ruolo ha assunto ai fini di un sereno giudizio sull’operato degli arbitri? Non manca il famoso Regolamento, che tutti credono di conoscere ma pochi nella realtà hanno almeno una volta letto. Un manuale prezioso, quindi, sotto l’aspetto tecnico. Chi è l’arbitro in genere e quello di calcio in particolare, visto che proprio dell’arbitro di calcio stiamo per occuparci? Sul vocabolario della lingua italiana alla

É un semplice appassionato, ai danni del quale tutto è permesso, oppure un tesserato della Federazione Italiana Gioco Calcio con una sua personalità giuridica ben definita? Sulla personalità giuridica dell’arbitro, su quello cioè che rappresenta allorché è nell’esercizio delle sue funzioni, I pareri sono stati e continuano ad essere controversi. Prima di tutto ci si deve chiedere: l’arbitro può es-

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sere considerato alla stregua di un “Pubblico Ufficiale”, come per intenderci l’autista di un autobus urbano, un ferroviere o un Vigile Urbano? La risposta a nostro avviso è affermativa. A prescindere infatti dalla passione e dal dilettantismo, l’arbitro è un “Giudice Unico” chiamato a pronunciarsi in novanta minuti sulle centinaia di piccoli episodi che, messi insieme, danno luogo ad una partita di calcio. Partita, va sottolineato, che si svolge alla presenza del pubblico, per cui l’arbitro sembrerebbe espletare una pubblica funzione. C’è anche da tener conto che l’arbitro dipende dalla Federazione Italiana Gioco Calcio, a sua volta inquadrata nel massimo organismo sportivo italiano, il CONI. Il CONI è un Ente Pubblico e quindi conseguentemente l’arbitro proprio le funzioni di Pubblico Ufficiale riveste. Questo del resto è stato anche riconosciuto da numerose sentenze in varie sedi giudiziarie. Tra l’altro nella sentenza: “L’arbitro è un tesserato dell’Associazione Italiana Arbitri, a sua volta inquadrata come settore nella Federazione. A parte tutto, l’arbitro sia Inflessibile nel referto in modo che ai pubblici incivili venga data una salutare lezione. I provvedimenti degli Organi Disciplinari sono del resto sempre, e giustamente, severi anche se è doloroso che a pagare le conseguenze del teppismo debbano essere le società. D’altro canto quale diversa soluzione si potrebbe adottare? Noi siamo sull’argomento drastici e daremmo sino a due o tre anni il DASP a quei tifoLamezia e non solo

si che, con regolare recidività, provocano incidenti che coinvolgono l’incolumità dell’arbitro e non solo. L’arbitro è uno sportivo ed un appassionato che la domenica garantisce la regolarità di una partita con II fedele fischietto a portata di mano. È Indispensabile pertanto far si che l’arbitro possa operare in assoluta tranquillità. L’arbitro è un Giudice, sportivo si, ma sempre Giudice. Deve prendere decisioni in frazioni di secondi e lo fa secondo coscienza. Poi la sera della domenica gli arbitri della serie A vedono vivisezionate le loro decisioni nella televisiva “Moviola” della Domenica Sportiva. Si tratta di un esame impietoso perché le fasi dell’azione di un presunto rigore non concesso o di un gol annullato o discusso, vengono ripetute al rallentatore tre, quattro, cinque volte, alla ricerca di una verità che il più delle volte rimane opinabile. AII’arbitro si prospettano circostanze che richiedono decisioni pronte ed immediate. Ebbene solo se l’arbitro è un buono psicologo il suo compito risulterà facilitato. Un arbitro, per essere più chiari, deve intuire al volo i contorni nei quali deve operare, e cosi si trarrà sicuramente fuori e senza problemi anche da frangenti delicati. L’arbitro ad esempio non può trattare nella stessa maniera tutti i giocatori. Ce ne sono alcuni che richiedono la massima severità, altri che si possono calmare con un semplice gesto. Eroismo e viltà sono parole grosse, ed infatti non appartengono al vocabolario dell’arbitro; ma l’arbitro, se non ha l’obbligo di fare. L’arbitro dev’essere valido fisicamente e tecnicamente, ma anche psicologicamente. Ci sono momenti nei quali proprio la psicologia più elementare risolve situazioni non facili. L’elasticità nel prendere le decisioni, o nell’assumere determinati atteggiamenti, è dettata anche da una buona dose di psicologia (cosa del resto importante pure per gli allenatori). Psicologia è in fondo buon senso ed agli aspiranti arbitri infatti si insegna a tenere in una tasca dei pantaloncini il Regolamento e nell’altra il buon senso. L’arbitro ha il dovere di presentarsi in campo in perfette condizioni fisiche. Se è infatti fondamentale conoscere il Regolamento e saper trattare con dirigenti, allenatori e giocatori, è altrettanto importante che l’arbitro sia in grado di seguire con riflessi pronti lo svolgimento della gara. E per far questo deve potersi spostare con prontezza, correre, non far trasparire sintomi di stanchezza, essere sempre lucido anche per non avere tentennamenti allorché prende una decisione. L’arbitro è inserito nel mondo del calcio come tutte le altre componenti, dirigenti, giocatori, giornalisti, gli stessi tifosi. Non è insomma un personaggio a sé stante. Ci si chiede ad esempio il perché all’arbitro sia proibito esprimere le proprie opinioni al termine di una partita. Intanto va chiarito che l’arbitro, come tutti i cittadini della nostra Repubblica, ha diritto di parola. Se gli viene richiesta un’intervista può rilasciarla, ma prima deve chiedere l’autorizzazione al Settore.

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Sport

17 nuovi arbitri per la Sezione AIA di Lamezia Terme

di Gianfranco Pujia

La sezione AIA di Lamezia Terme ha immesso nel proprio organico 17 nuovi arbitri, di cui ben 5 donne, che nella giornata di Giovedì 16 Dicembre hanno superato gli esami che si sono tenuti nei locali sezionali, nel pieno rispetto della vigente normativa in materia sanitaria. La Commissione esaminatrice, presieduta dal Componente del Comitato Regionale Calabria Giacomo Bruzzano, e composta dal Presidente di sezione Gianfranco Pujia e dai Componenti Antonio Guerrise Responsabile del corso e Franco Pisani Arbitro Benemerito, coadiuvati dal Segretario sezionale Mattia Roperto, hanno sottoposto i 17 corsisti al consueto test regolamentare superato con ottimi risultati. A seguire i candidati hanno affrontato il colloquio orale con la commissione esaminatrice dimostrando una conoscenza ottimale del regolamento del gioco del calcio, con grande apprezzamento da parte del Presidente Pujia che ne ha elogiato la voglia e lo spirito di

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apprendimento. Piena soddisfazione viene espressa soprattutto per essere riusciti a rinforzare in modo consistente il gruppo, nonostante il durissimo periodo che la nostra realtà sta affrontando e in un contesto in cui riuscire ad avvicinare un sempre maggior numero di ragazzi all’Associazione è l’obiettivo che il Presidente Nazionale Alfredo Trentalange si è prefissato sin dal suo insediamento. Ai colleghi neo-immessi: Gabriele Caruso, Davide Liparora, Ferdinando Mendicino, Mario Pio Bonavita, Davide Gagliardi, Benedetta Gaetano, Riccardo Baronello, Francesco Gigliotti, Simone Mendicino, Kristian Olivadoti, Filippo Renato Failla, Giulia Bevilacqua, Luca Pio Villella, Antonio Cerra, Morena Palmieri, Alessia Ruberto, e Anna Torcasio un caloroso Benvenuto da tutti gli associati lametini con l’augurio di un percorso arbitrale pieno di ogni soddisfazione!

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riflettendo

Strappare lungo i bordi by Zerocalcare di Pierluigi Mascaro Di recente mi è capitato di vedere su Netflix, quasi per caso, “Strappare lungo i bordi”, la serie tv del fumettista Zerocalcare. Mi è sembrata davvero moto bella, ma soprattutto intelligente. I dialoghi e soprattutto i monologhi del protagonista raccontano, in un simpatico dialetto romanesco, le storture ed i problemi della società contemporanea, specialmente delle giovani generazioni, come il difficile rapporto con la scuola, il per nulla scontato inserimento nel mondo lavorativo, le conflittualità dell’amore, ed anche la morte. Il costante ossimorico rapporto tra il registro linguistico scelto e la levatura delle tematiche trattate nelle diverse puntate della serie fanno riflettere lo spettatore senza appesantirlo, fanno pensare e sorridere assieme, e perché no…talvolta strappando anche qualche lacrimuccia.

sonalità del protagonista, introverso, protettivo e geloso del suo privato (a detta dell’autore in un’intervista per Repubblica). Il simpatico e parlantino animale non smette mai di fare da alter ego ai monologhi di Zero o di essere uno dei fondamentali interlocutori dei suoi dialoghi, dispensandogli sempre profonde riflessioni e saggi consigli, affidati al caloroso registro linguistico romanesco. L’armadillo sembra la rappresentazione dell’anima di Zero, fido compagno di viaggio sempre presente a far emergere un punto di vista alternativo delle cose, tanto del bene quanto del male. Una serie tv da vedere, per chi non lo avesse ancora fatto!

Lo “strappare lungo i bordi” che dà il titolo alla serie allude al percorso che ognuno di noi vuole o prova a seguire nella vita, ma nella sigla il protagonista non riesce a seguire i bordi nello strappare l’ immagine di un culturista, la cosa non gli viene bene diciamo, ma alla fine riesce a ricavare esattamente la propria sagoma: questo a significare che spesso fattori esterni condizionano la nostra esistenza, c’è a chi piace chiamarli “caso” e a chi “destino”, ad altri “provvidenza”, che molto spesso rendono noi e chi e ciò che ci circonda ancora più belli e positivi, o semplicemente noi stessi, che è la cosa più bella. Basta solo crederci, avere fiducia ed impegnarsi, anche con un pizzico di disillusione, come il nostro Zero. Assai peculiare è la personificazione della coscienza di Zero, rappresentata da un armadillo, un animale che rispecchia la per-

Satirellando

L’inizio di questo nostro 2022 è caratterizzato dalla corsa alle dosi vaccinali. Io non sono da meno. Già fatta terza dose e chissà quante altre dovrò farne… A questo punto, anche sul vaccino, decido di satirellare, giusto per… non crollare!

di Maria Palazzo

TERZA DOSE Un tempo, con “vaccino”,

con tranello sempre al varco,

per Dante sempiterno,

intendevo proveniente da “vacca”,

è già cotta la frittata

ma io non voglio pagar tributo:

ora, come cagnolino,

e non abbiam più frecce all’arco!

se ‘sta dose più non basta,

faccio dosi come far cacca!

Ora Omicron, prima Delta,

troverò altro rimedio:

Sono già alla terza dose,

queste sono le varianti:

non farò l’iconoclasta,

non lo so, cosa mi aspetta:

precipitiamo, anche alla svelta,

dosi a iosa, senza tedio!

fioriranno, se son rose,

nei gironi sottostanti!

ma, sempre con gran fretta,

Vedo il virus come l’Inferno,

andiam verso nuove ondate,

a forma di grosso imbuto,

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BUON 2022.

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QuestoMondodiMax

Max e i suoi inseparabili Ciuk, Ciarlino e Gustavo

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di Massimo Striglia

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