Lameziaenonsolo ottobre 2021 daniela magnone

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confidenze

Daniela Magnone di Tommaso Cozzitorto

Mi trovo a scambiare un po’ di Confidenze con Daniela Magnone, amica carissima, apprezzatissima docente, laureata in Scienze dell’educazione e della formazione, una donna dal background personale molto interessante. In alcune occasioni pubbliche si è distinta per capacità comunicativa ed empatia oltre che per preparazione culturale. Daniela, a mio parere, ha saputo fondere, nel suo vivere, astrazione e concretezza, anima e problem solving. Sarebbe una bravissima amministratrice della cosa pubblica, e di questo lei ne ride e si schermisce. Iniziamo la nostra chiacchierata nel suo bel salotto di casa, accogliente, elegante, arredato con gusto ricercato. Su quali principi si basa il tuo essere Donna nella società odierna? Non mi piace pensare ad un astratto e forse mai raggiungibile principio di uguaglianza nella società. Non amo essere considerata uguale ad altri! In quanto donna mi viene spontaneo risponderti che credo nel principio delle capacità, delle competenze e delle qualità inimitabili che ciascuno di noi ha e che coltiva a prescindere dall’essere Donna o Uomo . Chi è il prossimo per te? Sicuramente chi anche solo sfiora il mio animo, in qualunque modo e momento. È la vicinanza emotiva

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che mi porta ad identificare l’altro come prossimo, non certo la sola prossimità fisica. Daniela, sei una insegnante molto amata, oltre che preparata, molto richiesta dai genitori, come pensi di esserti guadagnata questa stima? Intanto, spero di poter continuare a meritarla sempre la loro stima... soprattutto quella dei miei alunni. Essere amata e rispettata dai miei “piccoli” è un grande privilegio. Sinceramente? Non lo so! Faccio il mio lavoro. Il segreto forse è farlo con piacere. Io amo il mio lavoro. Ho avuto nella mia vita un valido esempio: mia madre. Lei, l’insegnante ormai in pensione, è stata ed è ancora oggi per me un modello da emulare sia nella vita privata che professionale. Una maestra che ha sempre guardato ogni suo alunno negli occhi... e questo ha fatto la differenza. Cosa rappresenta la scuola per te, come istituzione e in senso personale. Questi due aspetti della scuola coincidono nella mia vita. La scuola è formazione, è senso del dovere, è sacrificio e conquista. La scuola è l’unica arma per affrontare la propria vita con consapevolezza e padronanza. Ed è questo il messaggio che quotidianamente mi impegno a trasmettere sia i miei figli che ai miei alunni.

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Come vivi e quale importanza dai alla famiglia? La famiglia si costruisce con fatica ma ancor più fatica è necessaria per mantenerla integra . Quando si riesce in ciò è una grande fortuna. Io ho lottato tanto per avere la famiglia che ho e sono stata fortunata. L’ho disegnata nella mia mente e piano piano realizzata. È un percorso che si fa in due con rinunce, sacrifici e naturalmente gioie. Un grazie lo devo a mio marito, compagno e papà sempre presente. Ed un grazie al mio di padre che mi ha trasmesso il vero senso dell’essere famiglia, quella famiglia fatta di cose semplici, di valori solidi e anche di silenzi che molto insegnano.

l’avvocato! Fino a quando però non ho incontrato la psicologia, la sociologia, la pedagogia e la filosofia che mi hanno completamente rapita. Ho divorato libri e manuali di queste materie ma sempre con piacere, per il solo gusto di scoprire i più nascosti meandri dell’essere. Li definirei un valore aggiunto nella professione ma indispensabili nel quotidiano. Fondamentali per approcciarmi agli altri e soprattutto per cogliere alcune sfumature interiori altrimenti non intuibili.

Le gioie e gli “affanni” di una madre nel pieno degli anni duemila? Questa sì che è una nota dolente! Affanni tanti ma anche tante gioie. Non è facile essere madre oggi di due adolescenti e ancor più difficile immaginarseli in un mondo come il nostro, pieno di insidie e di pericoli. Ma preferisco guardare a questi anni 2000 come anni di grande opportunità per i giovani e sogno di vedere i miei figli felici!

Nei momenti di relax preferisci leggere un libro, ascoltare musica, oppure... La parola relax la associo all’inverno. Sembra quasi un controsenso se pensiamo che per un insegnante corrisponde al cuore dell’anno scolastico. In realtà in inverno, complici le condizioni atmosferiche, trovo molte più occasioni per fermarmi. Il mio caminetto acceso, un buon libro e “l’arte” di lavorare con il chiacchierino accompagnano piacevolmente i miei momenti di relax... Se poi ci uniamo un goccio di buon vino il quadro è perfetto!

I tuoi studi psico - pedagogici sicuramente sono importanti nell’ambito della tua professione, ma quanto lo sono anche nella vita quotidiana? Bellissima domanda! Da bambina pensavo di fare

Quale valore dai alla cultura? Mio nonno mi diceva sempre: “ Scuola , scuola, scuola... anche scalzi ma mi raccomando, andate a scuola”. Questo era il grande valore che mio nonno

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riconosceva alla cultura ed è lo stesso che, grazie a lui, ho coltivato anch’io! È riconosciuta la tua eleganza, i tuoi autfit impeccabili e di gusto: quanto è importante l’immagine nella società di oggi? E quanto è importante per te la ricchezza di un mondo interiore? Intanto grazie per i graditissimi complimenti . Non c’è uno studio dietro i miei outfit. È solo il mio stile, ognuno di noi ne ha uno ma nulla di estetico avrebbe senso se non accompagnato dai contenuti. Quando ricevi un regalo inizi a farti un’idea sbirciando la confezione ma speri sempre che le tue aspettative non vadano deluse quando scarti l’involucro! Il gusto del bello estetico va sempre coltivato ma senza trascurare mai il mondo interiore che è l’unico a non sfiorire. Come vivi il tuo rapporto con il tempo? Con serenità! Le prime rughe? Pazienza! I primi dolorini al risveglio? Pazienza! Mi piace pensarmi come una privilegiata. Vivere Il trascorrere del tempo è un privilegio! Ti conosco quale donna di grande equilibrio. È un tuo innato modo di essere oppure lo hai costruito nel corso della tua vita? Non ero così da ragazza. Ero impulsiva, molto istintiva. Gli anni insegnano e l’equilibrio che tu intravedi in me ne è la prova. Cosa ti indigna profondamente del mondo intorno a te? La disonestà! In tutti i contesti di vita mi indigno davanti alla disonestà ... dalla politica, ai contesti professionali, alle amicizie...

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La felicità è pura illusione, è un sogno utopistico o si può essere concretamente felici? La felicità non è utopistica ma neanche completamente tangibile. Ciò che quotidianamente ci avvicina ad essa è vivere alla ricerca di continui e nuovi motivi per sentirci felici. So che sei una donna intuitiva, ma l’intuizione facilita o rende più difficoltosa la vita vissuta? Se dovessi mettere sui piatti di una bilancia le due opzioni forse risulterebbe più pesante il piatto delle difficoltà. Intuire prima degli altri non sempre è un bene! Daniela gioisce per... Di solito gioisco per piccole cose: una tenera attenzione nei miei riguardi, una piccola sorpresa. Non amo le grandi cose ma quelle semplici fatte però con il cuore. Il valore che dai all’amicizia. Con questa domanda mi hai fatto tornare indietro negli anni. Se fossi stata bambina ti avrei chiesto: “ Posso parlarti di Laura la mia amica del cuore? “ Bambina non sono più e allora ti parlo di affinità emotive e intellettuali che accomunano due persone senza neanche volerlo. L’amicizia non è per tutti. Con alcuni rimane conoscenza con altre si evolve! L’amicizia è intuirsi a vicenda, è avere comunanza di intenti, è gioire delle felicità altrui e condividere i momenti di sconforto. Personalmente vado al mare e trovo pienamente il mio elemento, tu, invece dove ritrovi te stessa, il tuo elemento?

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interiore è aperto a pochi. Con quest’intervista però sei stato abile ad aprire uno spiraglio sulla mia vita in modo molto naturale e senza che neanche io stessa me ne rendessi conto. Chapeau!

Un po’ come te anche per me il mare ma un mare in particolare... quello di Amantea. È lì che io trovo il mio elemento. Lo cerco negli angoli più nascosti di questo splendido Borgo Marinaro nel quale mi piace andare ogni volta che posso. Daniela ha un problema: Domani è un altro giorno, ci penserò domani, devi risolvete subito. Quale opzione scegli? Senza dubbio ti rispondo: “Risolvo subito”... o almeno ci provo!

Grazie a te Daniela, della tua gentilezza e della tua disponibilità. Penso sia un gran dono conoscere e confrontarsi con persone così belle d’animo e così perbene. Daniela riesce ad emanare un calore umano tale da farti pensare che la vita è una avventura straordinaria, proprio perchè esistono persone che la sanno colorare di tutte le sfumature di ogni stagione della nostra esistenza. Anche per lei, il mare è il suo elemento, quindi le dedico un verso che ho scritto di recente: “Dopotutto, ho vissuto come il mare...”

Le nostre Confidenze giungono al termine, ti piace più dare o ricevere Confidenze? Assolutamente ricevere. Non riesco facilmente ad aprirmi agli altri con mie confidenze. Il mio mondo

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collana calliope

I poeti del Reventino di Italo Leone

La storia della letteratura lametina comprende un gruppo storico di poeti vissuti nei paesi sparsi intorno al monte Reventino, che tradizionalmente sono definiti i Poeti del Reventino. Michele Pane (Adami,11 marzo1876–Chicago,18 aprile1953), Vittorio Butera (Conflenti, 23 dicembre 1877 – Catanzaro, 25 marzo 1955), Felice Costanzo (Adami di Decollatura 6 aprile 1894 – Ostia antica 13 giugno 1986), rientrano a pieno titolo in tale denominazione sia perché nati in paesi sparsi intorno al Reventino, sia perché hanno pubblicato liriche nei dialetti di quei paesi. Ulteriori elementi che li accomunano sono: la tematica che ripropone il modo di vivere e i sentimenti di un mondo strettamente legato alla terra, caratterizzato da un’economia di sussistenza contrassegnata da una forte solidarietà tra i componenti della propria famiglia e delle famiglie vicine; il tema della emigrazione e la nostalgia del ritorno; una morale basata sulla solidarietà, sulla giustizia e su una bonaria rappresentazione della psicologia e dei comportamenti della gente del paese; l’uso di un dialetto dirozzato dalla grossolanità di alcuni termini e accostato all’italiano scritto, appreso nelle scuole e attraverso le letture di scrittori italiani e latini. Ognuno di questi poeti ha poi trovato un percorso personale, sia nei contenuti che nelle forme espressive, che distingue chiaramente l’uno dall’altro. Nei decenni tra la fine del Novecento e l’inizio del XXI sec. sono entrati di diritto a far parte di questo gruppo altri poeti, che rappresentano il medesimo mondo poetico, sia per essere nati in quel contesto geografico, sia per aver ripreso i temi della tradizione letteraria e l’uso del dialetto letterario dei paesi sparsi intorno al Reventino. Sono poeti come Gaspare Caputo (Martirano 1945), Antonio Coltellaro (Conflenti 1940), Maria Grazia Paola (Conflenti 1946), Raffaele Proto (Soveria Mannelli 1941), che esprimono in forme nuove i motivi di Pane e Butera. Tra questi Maria Grazia Paola di Conflenti ha recentemente pubblicato con la Grafichéditore di Lamezia Terme due inteLamezia e non solo

ressanti volumetti: Haiku e non solo e Viaggiatori del Reventino. Haiku e non solo, sottolinea l’Autrice nella Prefazione, “è una raccolta di poesie che comprende vari tipi di composizioni in forma poetica Giapponese... comprende inoltre componimenti nelle forme e metri della poesia italiana, facilmente individuabili: madrigale, sonetto, versi liberi, versi sciolti, nei quali si alternano ricordi, nostalgia e dipinti della natura.” Maria Grazia Paola pare qui cimentarsi nell’uso di una varietà di tecniche, ognuna delle quali risponde alla necessità di adeguare il verso alla ispirazione prevalente in qualche momento della vita, passando dalla immediatezza dell’intuizione estetica degli Haiku, che lasciano al lettore il compito di cogliere l’emozione e completarne gli spunti offerti dal poeta, alla varietà di ritmi e di metri propri della grande tradizione letteraria italiana. Interessante la lirica Son tornata che, riprendendo il verso ottonario della Canzone di Bacco e di Arianna di Lorenzo de’ Medici, sviluppa i motivi propri dell’ispirazione della Paola, intercalando in alcune strofe due versi dodecasillabi come fossero una svolta in un giro di danza. Viaggiatori del Reventino è una breve raccolta di saggi sul tema del viaggio cui seguono numerose poesie in italiano e in dialetto. “La vita è un viaggio nel quale tutti i viaggi affluiscono. Si viaggia sempre, verso nuovi paesaggi, nuove culture, nuove mentalità, nuove invenzioni... Il viaggio verso sé stessi penso che sia il più importante di tutti i viaggi.” (Premessa) Maria Grazia Paola in questo interessante volumetto mette insieme ricordi d’infanzia, reminiscenze letterarie, riflessioni sulla vita che hanno in comune un luogo preciso della geografia della Calabria: il Monte Reventino e tutti quei piccoli paesi che sono sorti sulle sue pendici, e i cui abitanti ne hanno subito il fascino maestoso. Dall’Odissea di Omero, che è il modello di tutti i viaggi successivi, all’Eneide di Virgilio, al viaggio ultraterreno di Dante, fino all’Ulisse di James Joyce e al viaggio di Adso nel Nome della rosa di Eco, il tema del viaggio consente di raccontare le esperienze più diverse. La Paola, attenta lettrice dei classici latini e italiani, cresciuta nel contesto linguistico conflentese che ha dato alla letteratura calabrese opere importanti in dialetto, ha rielaborato nei suoi versi le tematiche tipiche degli antichi Poeti del Reventino: dal tema dell’emigrazione (il viaggio obbligato di molti calabresi ancora oggi) alla nostalgia per la propria terra natale, al richiamo degli affetti familiari, ai ricordi dei tempi e delle consuetudini della civiltà contadina e pastorale che in Calabria è durata fino a metà degli anni cinquanta del secolo passato.. In questa prospettiva le liriche in dialetto sono, a mio giudizio, quelle più interessanti perché esprimono meglio il mondo interiore di Maria Grazia Paola.

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Sport

AMARCORD

Ospite il combattente instancabile di centrocampo, il “Gattuso” biancoverde VANZETTO: “A LAMEZIA COME A CASA MIA. QUELLA VIGOR ERA FORTISSIMA” “Ho avuto la fortuna di conoscere Ancora che mi allungò la carriera. Alla Vigor andando in di Rinaldo Critelli campo era come se ti trascinassi dentro anche i tifosi, tutto bello ed emozionate”. prio lo scorso 11 ottobre, cambia 22 maglie in carriera, tra le altre Adelaide Chiaravalle, Catania, Catanzaro, Vibonese, Cosenza, Sapri, Cuneo, Ragusa e ovunque lascia ricordi indelebili quanto a professionalità e bravura. Insomma ad uno come Leo non si può non volere bene! Iniziamo e seguiteci tutto d’un fiato…

Valori umani e morali sopra la media oltre che di grande spessore agonistico, fanno di Leonardo Vanzetto uno dei calciatori ex Vigor Lamezia che meglio rispecchia lo spirito di combattente che deve animare chi lotta e suda per la maglia. Leo gioca una stagione a Lamezia, ma è quella indimenticabile del 2003-04, quella per intenderci di Boccolini e Nacho Castillo, di Lio e Rogazzo, di Alessandrì, Tortora, Gaccione, Scorrano e giovani rampanti quali erano allora Pippa, Porpora, Ceriani e tanti altri. Una squadra che non andò direttamente in C, ma grazie ai play off vinti col Modica ci arrivò per altra comunque meritata via. E’ dunque Vanzetto l’ospite di Amarcord di ottobre, ragazzo solare, indomito e passionario in campo, migliaia di chilometri macinati in carriera! Con lui ricamiamo un po’ di quell’annata biancoverde con aneddoti e curiosità. Non prima di aver ricordato che Leo, oggi 52enne pro-

Intanto Leo, uno di Bolzano come sbarca all’Adelaide Chiaravalle prima e Nicastro dopo… “Perché mia mamma è di Marcellinara, quindi ogni estate venivo qui al mare a fare le vacanze. Giocavo nel Conegliano Veneto e dopo un’amichevole con la Reggina dei veneti Mariotto e Bigon, la mia squadra si affiliò proprio alla società amaranto. Quindi 1213 di noi, tra cui si impose soprattutto Massimo Orlando che poi arrivò alla Juve, venimmo a giocare con la Reggina tra Primavera e prima squadra, compreso anche Giulio Spader. Alcuni poi rimasero a vivere proprio in Calabria. Io mi ero già innamorato del Sud visto che ogni estate ero qui, per cui non è stato difficile ambientarmi. Dopo l’Adelaide la Reggina mi mandò in prestito al Catania in C1, che poi mi acquistò a titolo definitivo, disputai tre tornei in C1 con gli etnei, quindi poi in giro per l’Italia in C soprattutto. Smisi a 42 anni vincendo il torneo con la Paolana andando in Eccellenza nel 2011. Mi sono divertito tantissimo”. Annata Vigor, 2003-04, un ricordo così di primo acchito? “Proprio quella formazione forte, con giocatori di grande spessore tecnico e umano, abbiamo creato qualcosa di bello. Io ero reduce da due anni difficili, non sapevo se continuare avendo avuto anche degli infortuni. Poi però si rivelò un anno fondamentale per me: ho avuto la fortuna di conoscere il mio compagno Tiberio Ancora, un grande professionista non solo sul piano calcistico. Curava infatti anche la parte alimentare dandoci, per quei tempi, una cultura anche oltre il calcio in sè. Per me è stato un grande rilancio: quell’anno ero partito con otto tribune, poi invece sono riuscito a ritagliarmi uno spazio, conoscendo sulla mia pelle un calcio diverso. Insomma ero diventato professionista non solo in campo ma anche fuori, perché lì a 32 anni ebbi grande slancio fisico, visto che poi ho giocato fino a 42-43 anni, guadagnando anche dei soldi importanti. Insomma davo il meglio di me, abbinando l’esperienza a questo nuovo modo di benessere psicofisico. Unendo le due cose ho fatto anni in crescendo: il calcio mi ha dato grandissime gioie”. Alla Vigor per te 15 presenze e 1 gol. Eri reduce da esperienze importanti, in piazze blasonate, che differenze hai trovato a

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con gli avversari. E poi a Catania ho avuto Caramanno, uno che a quei tempi portava già un calcio diverso. Iniziava ad impostare dal portiere, non c’erano situazioni casuali, quindi un calcio a quei tempi già innovativo. Lui non guardava la carta d’identità ma l’insieme degli equilibri della squadra”.

Lamezia? “Quel gol lo segnai, era il 2-1, al Cosenza in campo neutro a Crotone, vincemmo 3-1. A Lamezia trovai un ambiente familiare come un grande paese, quindi conosci le persone anche sul piano umano e affettivo e andando in campo era come se ti trascinassi dentro anche i tifosi. Era tutto bello ed emozionante, provavi le stesse sensazioni che ha un tifoso nel seguire la propria squadra. Abbiamo avuto la fortuna di avere un presidente come Alfredo Mercuri che fece grandi investimenti, quindi ci ha dato la possibilità di essere protagonisti in un campionato importante qual era la D in quei tempi. Non siamo riusciti a vincerlo direttamente, ma con i play off è stata comunque una grande cavalcata”. In campo eri instancabile, un moto perpetuo, c’è un giocatore a cui ti ispiravi? “Direi Gattuso, le caratteristiche sono quelle, l’ho ammirato molto anche per la grinta e la passione tutta calabrese che ci metteva”. Un aneddoto, una gara che ricordi con piacere? “Quella dei play off a Modica. Stavamo soffrendo perché si giocava davvero colpo su colpo, e dal possibile svantaggio ci siamo trovati, con due giocate, avanti 2-0. E’ stato qualcosa di inaspettato che mi porto ancora dentro. In me si formò una specie di corazza, lì ho capito che ho avuto davvero l’onore di giocare con giocatori forti. Penso al grande Castillo che un po’ di storia l’ha fatta poi in Serie A”. Nella tua pur giovane carriera di allenatore tra Sersale, Cutro e Scalea, ti porti dietro gli insegnamenti di qualcuno? “Mi ha segnato tantissimo Santosuosso, l’ho avuto ad Albanova, Battipaglia e Terzigno. Tre anni di grande insegnamento: come teneva lo spogliatoio lui, nessuno, aveva carisma. Ognuno deve essere se stesso ma lui l’ho cercato di emulare. Era amico dei calciatori e diventava un padre, ma nello stesso momento sapeva richiamarti avendo i giusti modi per farlo. Io lo temevo perché aveva grande personalità: si faceva sentire e rispettare, anche Lamezia e non solo

Oggi invece sei vice di Mimmo Giampà al Città di S.Agata in D nel girone del Lamezia: come ti trovi? “Benissimo, mi piace il ruolo per il carattere che ho io: ovvero voglia di crescere e confrontarmi con situazioni nuove. Voler fare l’allenatore significa anche imparare e mettersi sempre alla prova, senza mai presunzione. Ho trovato un allenatore che ha giocato in Serie A come Giampà, un professionista maniacale, uomo di campo, perfezionista. Un allenatore che ne sentiremo parlare, se lo merita come uomo e per quello che dà per questo sport, non lascia niente al caso. Non può non arrivare”. Cosa pensi del calcio lametino attuale? “Sono molto legato ai tifosi biancoverdi ed al mio vecchio presidente Mercuri. Rispetto per tutti, dico soltanto che chi sta investendo soldi di tasca propria per un bene che è di tutti, merita anche lui rispetto. Dall’esterno quello che posso capire è che i tifosi non la sentono propria questa nuova squadra, però bisogna riconoscere che in questo difficile e storico momento economico c’è uno che ha messo soldi ed è difficile trovarlo in giro. Diciamo che sta dando anche lustro ai lametini, a Lamezia: sono venuti a giocare calciatori importanti, che magari hanno calcato anche categorie superiori, quindi professionisti. Magari talvolta si eccede con la rabbia e non si è lucidi nel capire che forse è un bene comune, perché nel calcio presidenti e calciatori passano ma il calcio lametino rimane sempre dei tifosi”. Chiusura. Il campionato che ricordi con più piacere, e dove ti sei trovato meglio? “Sarà perché mia mamma è di Catanzaro, ma le esperienze più belle sono state Lamezia e Catanzaro. Nulla toglie a Cosenza o Vibonese dove ho pure giocato, oltre a Reggina e Rossano, però quelle anzidette è dove mi sono sentito più a casa mia. Anche se ovunque sono stato è stato apprezzato il mio modo di giocare, quindi mi hanno gratificato molto le varie piazze ed i tifosi. Il calcio mi ha dato emozioni, gioia, mi ha realizzato anche come uomo e quindi sono grato a coloro che hanno avuto fiducia in me, dandomi la possibilità di creare una certa solidità e tranquillità che mi sta accompagnando pure adesso”. Buona fortuna Leo, combattente nato ma soprattutto uomo vero! * pubblicate Castillo, Galetti, Sinopoli, Gigliotti, Scardamaglia, Sestito, Forte, Lucchino, Rogazzo, Ammirata, Samele, Sorace, Rigoli, Pagni, Zizza. continua…

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amici della terra INVERTIRE LA TENDENZA AL PEGGIORAMENTO DELLA QUALITÀ ACQUE MARINE PER MIGLIORARE

SALUTE DI TIRRENO E JONIO E VALORIZZARE LE SPECIFICITÀ DEL PREZIOSO PATRIMONIO COSTIERO Sui 716 km di costa disponibili sono più di 653 chilometri le spiagge naturali certificate balneabili in Calabria. Una quantità notevole che supera l’insieme di sette regioni: Veneto, Emilia Romagna, Friuli, Abruzzo, Marche, Molise e Basilicata. E, purtroppo, non adeguatamente tutelata e valorizzata perché i dati ufficiali della classificazione della qualità delle acque di balneazione evidenziano un generale peggioramento: aumenta la lunghezza delle aree con acque marine classificate di qualità “Scarsa” e diminuisce quella delle acque classificate di qualità “Eccellente”. In pratica si accentua la tendenza al peggioramento della condizione di salute dei mari certificata a partire dal 2017 dall’Agenzia regionale per l’Ambiente. Negli ultimi 4 anni nella sola Provincia di Cosenza c’è stata una riduzione di circa 40 Km della lunghezza complessiva delle aree con acque classificate di qualità Eccellente; dai 205.793 metri del 2017 si è scesi a 165.393 metri di quest’anno.

Geologo Mario Pileggi del Consiglio Nazionale Amici della Terra

geopileggi@libero.it

quest’anno con l’85% in netta controtendenza rispetto all’andamento nazionale ed europeo che ha visto aumentare la percentuale delle acque classificate di qualità eccellente. Oltre alla riduzione della percentuale delle acque di qualità eccellente gli stessi dati Arpacal evidenziano che la lunghezza complessiva delle aree con acque classificate di qualità scarsa, che nel 2020 era pari a 15,122 metri, è aumentata fino a 17.508 metri nell’attuale stagione balneare 2021 con percentuale del 3,5% quasi doppia a quella nazionale 1,81%. Dei 671.031 metri di costa adibiti alla balneazione monitorati nella Regione, oltre a quelli classificati di qualità eccellente e scarsa, 47.293 metri sono stati classificati di qualità buona e 15.408 metri sono stati classificati qualità sufficiente.

Il peggioramento emerge dagli allegati al Decreto regionale per l’annualità 2021 sulla classificazione delle acque di balneazione. Il grave ritardo della pubblicazione del Decreto, già evidenziato nel maggio scorso su questo giornale, ha impedito la tempestiva informazione e individuazione della qualità delle acque marine in ogni tratto di spiaggia e, quindi, ai cittadini interessati di chiedere di conoscere e rimuovere le cause di tale peggioramento.

Altra grave inadempienza regionale in materia di controllo delle acque di balneazione è l’assenza di qualsiasi informazione e dato di analisi e monitoraggio delle acque interne come avviene in tutte le regioni dove sono presenti laghi e fiumi con aree adibite alla balneazione. Significativa in proposito la mappa della localizzazione dei punti di prelievo e della qualità delle acque adibite alla balneazione nel BelPaese contenuta nel Report EU di giugno 2021 dell’Agenzia europea dell’ambiente; nello stesso Report sono indicate le 5.520 aree adibite alla balneazione e monitorate dalle Agenzie regionali per l’Ambiente nel BelPaese e che comprendono 4.848 aree costiere marine e 672 aree interne.

Il ritardo della Regione nel divulgare i risultati di tutte le analisi di ognuno dei punti di prelievo delle 630 aree adibite alla balneazione continua nonostante l’annuncio ufficiale del 7 luglio dell’Assessore al Turismo: “Mostreremo i dati scientifici e racconteremo quanto sia balneabile il mare calabrese” riportato sul Portale web della stessa Regione.

Nonostante i ben noti laghi della Sila e delle altre montagne e colline calabresi e dei circa mille corsi d’acqua presenti in Calabria, nel Decreto sulla classificazione delle acque di balneazione della Regione non è riportato alcun dato sulla qualità delle acque interne perché non è stato adibito alla balneazione nessun tratto di lago o di corso d’acqua.

Dai dati resi noti si conferma che la lunghezza delle aree con acque classificate di qualità eccellente nell’attuale stagione balneare è pari a 590.732 metri complessivi; nel 2020 era di 594.841 metri, nel 2019 era di 614.683 metri e nel 2017 era di 620.543 metri. La rilevante e progressiva riduzione di circa 30 Km delle aree con acque di qualità eccellente degli ultimi 4 anni ha fatto scendere la Regione sotto la media nazionale del BelPaese. Nel 2017 la percentuale delle aree con qualità eccellente della Calabria era al 93% e superava di molto la media nazionale e quella della Comunità europea. È scesa al 92% nel 2018 ed al 91% nel 2019. La percentuale è ulteriormente scesa all’88,55% nel 2020 e ancora peggio

Ritardi e scarsa attenzione per la condizione delle acque di balneazione anche da parte Ministero della Salute per il permanere delle carenze informative del Portale Acque già evidenziate e per la mancata pubblicazione del Report annuale sull’andamento dell’intero del BelPaese.

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Riguardo le criticità e le aree sottoposte a divieto di balneazione va ribadito, come ripetutamente evidenziato dall’Arpacal, che “continuano a persistere in aree antistanti foci di fiumi e/o torrenti che risentono anche delle perturbazioni piovose, o in zone collocate nelle strette vicinanze di depuratori mal funzionanti” e riguardano alcune decine dei 112 comuni costieri monitorati.

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e quest’anno si abbassa ancora di molto sotto la media nazionale. La lunghezza complessiva della costa dell’insieme dei 36 comuni costieri del Tirreno e dello Jonio della Provincia di Cosenza è di 227.900 metri dei quali 22.107 metri non adibiti alla balneazione e, per vari motivi, con divieto di balneazione permanente. In corrispondenza dei 205.793 adibiti alla balneazione e monitorati con analisi mensili, la classificazione della qualità delle acque per l’apertura dell’attuale stagione è la seguente: 165.393 metri di qualità Eccellente, 27.938 metri di qualità Buona, 8.929 metri di qualità Sufficiente. La lunghezza delle aree con acque classificate di qualità Scarsa risulta complessivamente di 3.533 metri. Nella stessa provincia le aree con acque classificate di qualità scarsa e non balneabili per l’inizio dell’attuale stagione balneare sono localizzate nei seguenti comuni: Pertanto si può e si deve agire subito per invertire la tendenza al peggioramento e avviare un generale miglioramento della qualità delle acque del Tirreno e dello Ionio utilizzando anche le risorse del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). La rilevantissima disponibilità di aree balneabili esistenti e l’aumento delle presenze turistiche nella Regione per le restrizioni dell’emergenza Covid-19, imponevano e continuano ad imporre la necessità di informare e far conoscere sia la qualità delle acque marine sia le specificità del patrimonio costiero diffuso lungo le coste bagnate dal Tirreno e dallo Ionio meridionali. Specificità rare come la natura e quantità delle spiagge naturali formate da frammenti di rocce di tutte le ere geologiche e che documentano la nascita ed evoluzione del paesaggio dell’intera Penisola e degli insediamenti umani dell’intero Belpaese; gli assetti idro-geomorfologici che consentono la presenza e lo sviluppo della più grande varietà di habitat e forme di vita in ambiente acquatico e terrestre; la grande varietà di prodotti enogastronomici sempre più apprezzati in tutti i continenti; i numerosi e antichi giacimenti storico-archeologici di tutte epoche. Lo stato di salute dei mari all’apertura della stagione balneare in ogni Provincia Continua la progressiva riduzione del numero di aree con acque classificate di qualità eccellente si rileva nella Provincia di Cosenza dove la lunghezza complessiva è scesa a 165.393 metri rispetto ai 168.372 metri del 2020 e ai 205.793 metri nel 2017. In pratica la provincia di CS fa registrare un calo di oltre 40 km. La percentuale che nel 2017 era del 94,05% era già precipitata all’81% nel 2020 Lamezia e non solo

- Fuscaldo in due aree denominate “150 MT SX Torrente Maddalena” della lunghezza di 1082 metri e “150 MT DX Torrente Maddalena” della lunghezza di 305 metri; - Paola in tre aree denominate “300 MT SX C.da Petraro” di 260 metri, “300 MT Canale Fiumarella” di 180 metri e “200 MT S. Canale prosp. Depuratore” di 372 metri; - Praia a Mare in due aree denominate “50 MT SX Canale Fiumarella” di 777 metri e “50 MT DX Canale Fiumarella” di 408 metri; - San Lucido nell’area denominata “150 MT SX Torrente S. Como” di 149 metri. A questi divieti temporanei delle aree destinate alla balneazione si aggiungono gli altri divieti permanenti di balneazione posti per inquinamento in corrispondenza delle foci dei corsi d’acqua e per altri motivi come le aree portuali, industriali ecc. della lunghezza complessiva di poco superiore a 20 chilometri. La Provincia di Reggio Calabria con 202,9 chilometri di costa ha adibito alla balneazione e monitorato complessivamente 186.765 metri rispetto ai 187.493 metri del 2020. Per il 2021 dal totale della costa monitorata non è stata calcolata l’estensione dell’area denominata “Spirito Santo” nel comune di Scilla perché non idonea alla balneazione per cause diverse all’inquinamento e antistante il porticciolo turistico. La lunghezza complessiva dei litorali certificati di qualità eccellente per l’attuale stagione balneare è di 157.715 metri; era 160.088 metri pari a 85,38% nel 2020 mentre nel 2019 era di 167.076 metri pari all’89,11%; nella stagione 2018 era di

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alla scorsa stagione balneare quando era di 560 metri come nel 2019. Sulle criticità nella stessa Provincia le due aree classificate di qualità scarsa con divieto di balneazione temporaneo sono nel comune di Nicotera ed è denominata “200 MT a DX F. Mesima” di 560 metri e in quello di Ricadi con l’area denominata “1400 MT. Sud Torre Marina della lunghezza di 1313 metri.

166.892 metri, l’89,01% dei litorali adibiti alla balneazione nella stessa Provincia. La lunghezza complessiva delle aree classificate di qualità scarsa per l’attuale stagione balneare è 12.102 metri in aumento rispetto al 2020 quando era di 9.719 metri pari al 5,18 % mentre nel 2019 era di 9.773 metri pari al 5,21% e nella stagione 2018 era di 10.286 metri pari al 5,49% . Questi dati evidenziano una ulteriore riduzione della lunghezza dei litorali classificati di qualità eccellente rispetto alla stagione balneare 2017 quando risultava di167.859 metri pari all’89,92%. Le aree interessate dalle criticità e acque classificate di qualità scarsa sono distribuite nei seguenti comuni: Brancaleone con l’area denominata “I.D. Brancaleone” di 1668 metri e l’area “Pontile” di 1069 metri; San Ferdinando con l’area denominata “Delta Mesima” di 369 metri, Gioa Tauro con l’area denominata “Pontile N.” di 651 metri; e 200 M. PETRACE di 867 metri; Montebello ionico con l’area MUSA S. Elia di 1.757 metri; Reggio Calabria con le aree in gran parte localizzate corrispondenza del centro urbano e denominate: “Catone–Bar Reitano” di 905 metri, “Gallico – Limoneto” di 1009 metri, “Circolo Nautico” 1094 metri, “Lido Comunale Pontile N.” di 544 metri, “Lido Comunale Pontile S.” di 169 metri, Pellaro – Lume” di 1371 metri, “500 M N TOTT. Annunziata” di 592 metri. Nella Provincia di Vibo Valentia in corrispondenza dei 70.143 metri di costa adibita alla balneazione la lunghezza complessiva dei litorali certificati di qualità eccellente per l’attuale stagione balneare è leggermente aumentata a 60.2893 metri rispetto al 2020 quando era di 59.962 metri pari all’85,49% di quella monitorata; nel 2019 era di 62.928 metri pari al 89,71% dei litorali adibiti alla balneazione; una lunghezza superiore a quella complessiva del 2017 che era di 59.500 metri. La lunghezza complessiva dei litorali certificati di qualità scarsa è invece di 1.873 metri e più che raddoppiata rispetto pag. 12

Sui 113,9 chilometri di costa disponibili nella Provincia di Crotone sono adibiti alla balneazione e monitorati complessivamente 108.868 metri. I risultati delle analisi e le classificazioni effettuate dall’Arpacal per l’inizio dell’attuale stagione balneare certificano di qualità eccellente le acque in corrispondenza di 107.873 metri in crescita rispetto al 2020 quando risultava 106.467 metri di litorali pari al 97,79%; in netto miglioramento rispetto ai 100.068 metri di litorali pari al 91,92% della stagione balneare 2019, e anche rispetto alla stagione balneare 2017 quando la lunghezza complessiva delle spiagge con acque di qualità eccellente risultava di 102.859 metri con il 94,48%. In nessuna area adibita alla balneazione nella Provincia di Crotone si è rilevata criticità e classificazione di qualità scarsa e sufficiente. La lunghezza delle aree classificate di qualità buona risultano complessivamente di 995 metri. Sui 102.600 metri di costa della Provincia di Catanzaro le aree adibite alla balneazione, nell’insieme dei 25 comuni costieri, raggiungono la lunghezza complessiva di 99.462 metri. Per l’attuale stagione balneare, l’Arpacal ha certificato tutte le aree di balneazione del Tirreno e dello Ionio catanzarese di qualità eccellente. Sulla qualità del Tirreno lametino e del Golfo di Sant’Eufemia va detto che le immagini con acque di colore verde e le ripetute lamentele, in particolare sui social, dei bagnati sono apparse in contrasto con la classificazione di qualità eccellente. Nella precedente stagione 98.546 metri risultavano classificati di qualità eccellente e 916 metri classificati di qualità buona. E nella stagione balneare 2019 la lunghezza delle aree classificate con qualità eccellente risultava di 97.854 metri e gli altri 1.608 metri erano stati classificati di qualità buona. La percentuale delle acque di qualità eccellente nella Provincia raggiunge il 100% rispetto al 99,08% del 2020, al 98,38% della stagione 2019, al 98,15% del 2018 e al 97,30% della stagione balneare 2017. Un progressivo miglioramento e di particolare rilevanza se si considera che la disponibilità delle spiagge di questa sola Provincia supera quella dell’insieme di 4 Province come Rimini, Trieste, Ferrara e Forlì. Sui litorali della stessa Provincia di Catanzaro i vari divieti di balneazione permanenti, posti sia in corrispondenza delle foci dei corsi d’acqua e canali inquinati sia nelle altre aree portuali ecc. con divieti per motivi diversi, raggiungono complessivamente la lunghezza di poco superiore ai tre chilometri.

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I Meridiani: Voci calabresi in serie e parallelo

Dante ed il dialetto lametino di Francesco Polopoli

Premesso il disappunto del Sommo Fiorentino per il vernacolo calabrese, fatta salva, da parte sua, la lingua della Scuola poetica siciliana, non possiamo, tuttavia, non mettere in evidenza i dantismi nel repertorio vernacolare del nostro Sud, lametino compreso. Solo qualche esempio per dire quanto il dialetto sia una Divina mente, popolare sì, ma codificato divinamente! Allumàri (accendere il lume, la candela od il fuoco): dal latino “lumen”, continuato nel francese “allumer”. Si trova, come verbo, in un bellissimo Canto del Paradiso: Quando colui che tutto ’l mondo alluma de l’emisperio nostro sì discende, che ’l giorno d’ogne parte si consuma, lo ciel, che sol di lui prima s’accende, subitamente si rifà parvente per molte luci, in che una risplende. Quindi, quando “allumàmu facìmu ’na Cummèddia”. pretesti sciocchi!” Assittàri (sedersi): dal latino “adseditare”, intensivo di “sedere”: anche un francesismo da “s’assetter”. Strano a dirsi ma è anche un verbo dantesco (Inf. Canto XVII): I’ m’assettai in su quelle spallacce; sì volli dir, ma la voce non venne com’ io credetti: ‘Fa che tu m’abbracce’. Già me lo immagino il Sommo poeta ben assittato… Ordimu vizzi: macchinare, preparare, tramare in segreto qualcosa di illecito. [dal lat. ordiri «cominciare a tessere» e comunem. «cominciare, dare inizio a qualche cosa»]

Dal latino “scandere” (salire, ascendere, da cui il nostro termine vernacolare col significato traslato di “impennate”): “Lo ben che tutto il regno che tu scandi Volge e contenta” (Dante). Cimitriàri: “perdere tempo”. «Metafora pigliata dalla geometria, arte di misurare la terra: perché uno quando misura la terra fa riflessione, e considerazione» (Vocabolario siciliano etimologico, italiano e latino dell’Abate Michele Pasqualino da Palermo, anno 1785). Dante, qualche volta, ’u geometra s’ha fattu: e ’nda nisciutu ’a Cummedia. “Qual è ‘l geomètra che tutto s’affige per misurar lo cerchio, e non ritrova,

C’è l’esplicita allusione al fatto che l’ordito sia solo uno dei due elementi che costituiscono la tela, per formare la quale occorre aggiungere la trama: Poi che, tacendo, si mostrò spedita L’anima santa di metter la trama In quella tela ch’io le porsi ordita (Dante).

pensando, quel principio ond’elli indige,

Trama, la parola chiave! Un sostantivo che è anche l’imperativo di chi trama. Dante ci richiama alla virtù, per cui sono fiducioso che alla fine si possano rivedere le stelle.

l’imago al cerchio e come vi s’indova”.

Scandìasciu: pretesto sciocco, uscita infelice, impennata, scusa poco attendibile, motivazione poco convincente. “Ti ’ndi nìasci ccu ’sti scandìasci!” “Te ne esci con questi

Insomma, nel festeggiare l’anniversario dantesco, anche l’idioma lametino risponde all’appello con un bel prosit!

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tal era io a quella vista nova: veder voleva come si convenne

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di Maria Palazzo

Carissimi lettori, archiviata definitivamente l’estate, eccomi di nuovo qui, a parlarvi di un altro dei miei libri preferiti. Un libro che coincide con uno degli incontri più significativi, in campo culturale, della mia vita. Il libro è FORTE RESPIRO RAPIDO e l’autore, che ho incontrato, è Marco Risi. Non avrei mai potuto pensare che avrei incontrato il figlio del regista che, da bambina, mi aveva fatto entusiasmare con i suoi capolavori… Durante la mia infanzia, le trasmissioni Rai non iniziavano prima di mezzogiorno. In estate, quando non si andava al mare di mattina (perché mio padre amava le ferie in estate già molto inoltrata e si andava, dunque, al mare, solo nel pomeriggio), io incollavo il mio naso alla TV, grazie ai film trasmessi dalla Fiera Campionaria di Messina. Grazie a questa iniziativa, credo di essermi fatta una gran cultura nel campo del cinema. Mia madre, appassionata di film anni ‘50, di cui conosceva quasi tutto, non appena le rivelavo il titolo, mi parlava degli attori, dei registi, del periodo in cui i film erano stati trasmessi in sala. E io assorbivo, come una piccola spugna, ogni piccola goccia di quel mondo… Sì, i miei registi preferiti, per l’Italia, erano proprio Dino Risi e Vittorio De Sica. Il primo per l’ironia intelligente dietro la commedia (erano le parole di mia madre, che si stampigliarono, in forma indelebile, nel mio cervello) e il secondo, per i caratteri, come se fossero tratti da una nuova Commedia dell’Arte (sempre mia madre).

impatto con la recitazione di Nino Manfredi… E, via via, tutti: ricordo Il sorpasso e Il mattatore e mia madre che mi istruiva sui grandi interpreti del cinema italiano… E veniamo ad oggi… Nell’arco di un anno, ho incontrato ben due volte Marco Risi, regista di pregio, dal lavoro alacre, ma anche dal multiforme ingegno. Di lui, rispetto al padre, mi ha sempre colpito il non lasciare nulla al caso e il suo esser capace di cercare strade non sempre battute. Pur essendo celebre figlio d’arte, si discosta completamente dai modelli paterni, pur avendone inalato l’arte profonda. Non sono una persona che si lascia intimidire dalle grandi personalità e dai personaggi di spicco, ma Marco Risi mi ha trasmesso grandi emozioni. Soprattutto quell’avvertire profondo di essere di fronte ad una intelligenza fuori dal comune, silenziosa, ma tenace. E, parlando, quella naturalezza che trasporta la mente, senza che tu te ne accorga, verso grandi lidi. Marco Risi non è enfatico, ma acuto, sembra leggerti dentro e sapere già di cosa parlerai, le domande che gli farai, quel che vuoi sapere della sua vita e del rapporto col suo illustre padre, eppure non ti sovrasta, ti lascia spazio, si chiede, perfino, se puoi stupirlo. Come se fosse sempre in attesa di qualcosa, per coglierne l’essenza. Anche quando riflette e in quel scrive, io ritrovo quell’atmosfera, in cui nasce l’aspettativa di una rivelazione. Nel parlare delle sue esperienze di vita o lavorative, proprio questo, ti avvince, ti trasporta. Rispetto a papà Dino, che narra descrivendo in immagini, Marco attira misteriosamente in un mondo di cui vuoi scoprire i segreti…

Non vorrei sbagliarmi, ma il primo film che vidi, di Dino Risi, fu La nonna Sabella, con Tina Pica. Poi Pane, amore e…, ricordo Operazione S. Gennaro, che mi fece gustare il forte pag. 14

Non è una tecnica: è il suo GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

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modo di giostrare con la realtà, nel cinema, come sulla carta. Quel suo sapersi destreggiare, cogliendo aspetti inusitati del reale, te lo fa sentire vicino, ti apre nuovi orizzonti, persino nel tuo quotidiano… Nel libro, che pure vuole essere un vago omaggio all’ombra lunga di suo padre, raccontato come uomo, oltre che come artista o affetto familiare, ritroviamo la capacità di astrarsi dal narrato, come se non fosse la sua stessa vita, quella che mette in scena, nei vari capitoli. La sua esperienza di figlio è percepita dal lettore, come partecipato, nonchalant, distacco, pur senza scadere mai nella inverosimile distanza o nella noncuranza simulata. Tale riservatezza piace al fruitore dell’opera, che vi trova tenerezza mai eccessiva, mista a quell’acume sagace, tipico dei Risi, che scandaglia l’animo umano, con infinito rispetto. I 51 capitoli del libro sono concepiti e costruiti in forma breve. Attraverso la brevità del respiro rapido, il lettore è condotto, in forma incalzante, attraverso il racconto di un’esistenza, senza infingimenti. Tale racconto è appassionante: chi legge è trasportato col narratore, in forma sincronica. Non si avverte, infatti, la distanza tipica fra chi assembla l’opera e chi la assapora. Eppure, la diacronia è presente nel confronto parallelo fra Dino e Marco e nella loro evoluzione, attraverso il tempo e le vicende. Sullo sfondo, né troppo lontano, né troppo vicino, gli avvenimenti d’epoca, impreziositi da aneddoti e pause riflessive.

un po’, la voglia di sceneggiare, di mettere carne al fuoco e legna da ardere, per alimentare la sacra fiamma della curiosità… Nel primo incontro, presso il Teatro del Grillo di Soverato, Marco Risi mi instilla la volontà di conoscerlo meglio, attraverso quel che scrive, oltre che attraverso ciò di cui parla. Nel secondo incontro (mi chiede se ho letto il libro e si meraviglia del fatto che io abbia voluto ascoltarlo ancora), presso il Complesso S. Giovanni, di Catanzaro (Masterclass fortemente voluta da Gianvito Casadonte, Direttore Artistico del Magna Graecia Film Festival, quest’anno giunto alla sua diciottesima edizione), a me sembra di conoscerlo da secoli. FORTE RESPIRO RAPIDO me lo ha reso amico e racconto ai giornalisti presenti della sua opera, mentre egli annuisce compiaciuto. Ormai anche Marco, come fu per Dino, è entrato nel novero degli autori che, per me, contano. Avrei voluto scrivere del suo libro molto prima, ma solo ora, dopo averlo meditato e interiorizzato, sono riuscita a districarmi meglio fra le varie emozioni e commozioni che mi ha suscitato. Spero di incontrare ancora Marco Risi e mi auguro che continui a mettere per iscritto le sue esperienze, perché non di disperda il meraviglioso patrimonio culturale e personale che sa, così abilmente e, oso dire divinamente, trasmettere. Mentre noi ci ritroveremo il prossimo mese, con una nuova avventura letteraria…

Un libro concepito come un film? Assolutamente no. I meccanismi sono completamente diversi, ma resta,

Satirellando

Non mi piace l’umiltà confusa con la contrizione: quel fingere di stare indietro, per stare ancor più avanti, senza rischiare nulla. Ma non mi piace neppure la tracotanza, che non ha nulla a che fare con la fierezza o la si- di Maria Palazzo curezza di sé. La linea è sottilissima e io, satirellando, voglio invece farla diventare linea di demarcazione, con chiarezza. Ah, ah, ah! Buon divertimento. DARSI IMPORTANZA

Darsi troppa importanza, esclude ogni costumanza: è come una mattanza, per, poi, star sempre in vacanza! C’è qualche discrepanza, però, nella baldanza: Lamezia e non solo

una specie d’incostanza, senza titubanza, di una certa rilevanza, nella insignificanza, che non è mai abbastanza! Così, ho poca tolleranza,

e provo ripugnanza, verso tale tracotanza, quindi attuo lontananza, senza sorellanza, senza fratellanza, da chi fa sua ridondanza!

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il salotto di piera

di Piera Messinese

La porta del cuore

Quale immagine evoca nella nostra mente la parola chiusura? La prima cosa che mi viene incontro tra i pensieri è un luogo stretto, angusto, dove l’aria è irrespirabile. Un luogo dove non ci sono aperture, appunto chiuso, non ci sono vie di fuga. Un luogo senza neppure uno spiraglio di luce che filtra. Un muro invalicabile. Sarà capitato a tutti un momento nel corso del cammino della nostra vita in cui ci siamo fermati perché avevamo capito che bisognava non tergiversare più. L’eventualità di chiudere iniziava

ad essere una certezza e una necessità. Tante volte ci avevamo provato, ma senza buoni risultati perché, dubbiosi e tormentati, ci sentivamo con la mente da una parte e il cuore dall’altra. Ci sarebbe stato tempo per analizzare incongruenze, contraddizioni, perplessità, affondando il dito nella piaga, ma era come se un lampo avesse di colpo illuminato il nostro cielo interiore, come se da lì a poco, un violento temporale si sarebbe abbattuto sulla nostra esistenza. Le speranze che vacillavano e la chiara consapevolezza che da quel momento in poi tutto sarebbe stato messo in discussione, non poteva scivolare nella indifferenza più totale. Ma è pur vero che è sempre il cuore a gestire le situazioni complicate. Sa bene se deve prendere tempo, se è il caso di concedere una tregua alla ragione, tenendola a bada. Quando si chiude, ci sono cose che rimangono dietro quella porta. E mai nulla sarà più come prima. Si riparte da soli, con un bagaglio di ferite e delusioni. È vero, altresì, che le chiusure non sono tutte uguali. Quelle porte sbattute in faccia, fortemente serrate, a volte, lasciano la tentazione di voltarsi e sbirciare, se esiste anche una remota possibilità di mantenere la porta socchiusa. Ma tutto dipende sempre dal cuore.

Le perle di Ciccio Scalise

CUMINCIU I TIA Guardandu u mari, stamatimna dicia, c’avia nnà gula randi mù scrivia, mà, un ssapia ddì chini ncignari, pirchì vulia ssulu e ssulamenti, chjiatari. Muglierma, mi vidia chi mbaschiava, e a rripitizioni mi dumandava, mà cchì ttiani, lassa fhuttari iu scriviri, guarda u mari e llà ggenti chi ccì vidi jiri. Tù sì llà cumpagna da vita mia, mò cuminciu e cchjiatu a ttia, ogni ccosa chi mi vulessi mmangiari, un ttiani mmai tiampu i mà cucinari. Si ti ciarcu nù suchiciallu piccanti, icica un ssù mangianu tutti quanti, pag. 16

si ti ciarcu nù spezzatinu minutu, icica stà gula i ca..u, i nduvi mà bbinutu. Si ti ciarcu dua gnucchiatti i patati, icica un ppua fhari ciantu cucinati, si ti ciarcu nù stufhatu i ciarbella o crapuzza, icica un mmà cucini cà tutta a casa pua ti puzza. Nsomma, ppì ogni ggula mia, nà crisi vidi tù ti pia, fhigli e nniputi, tuttu puanu circari, cà truavi tiampu e rrobba ppì cciù fhari. Alla fhini pua, chista è llà virità, parrandu e sbruffandu, chillu chi vuagliu mì fhà.

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avvenimenti lametini

Un Anthurium per Francesco di Rosalba De Fazio

Anche quest’anno, l’associazione culturale “Un Anthurium per Francesco”, ha scelto di proseguire nell’impegno di promuovere arte e cultura e non ha mancato a due importanti appuntamenti, ormai fissi. Il primo appuntamento è stato la serata di premiazione della “Seconda Edizione Concorso Letterario Anthurium nel cuore – in memoria di Francesco”, tenutasi lo scorso 29 maggio nel piazzale esterno della GrafichèEditore. L’evento, emozionante conclusione della seconda edizione di un concorso nato con l’intento di valorizzare e far

tecipanti sono stati presi per mano e condotti, con garbo e vivacità, da Luisa Vaccaro, in una serata densa di ricordi ed emozioni, ma mai di tristezza, nel ricordo di Valeria e Francesco e nel loro modo leggero e scanzonato. Arte, poesia ed emozioni sono stati protagonisti ed hanno dominato la scena grazie alle parole dei poeti e degli ospiti che hanno condiviso, con i presenti, ricordi e riflessioni. Primo fra tutti Don Domenico Cicione Strangis, amico di Francesco Ruberto, che ha invitato a non farci sorprendere e spaventare dal cambiamento e dalla

conoscere numerosi poeti in erba provenienti da tutta la regione, è stato dedicato alla professoressa Valeria Montalto, scomparsa prematuramente e figlia del socio onorario Gaetano Montalto. I componimenti pervenuti, alcuni anche in vernacolo, sono stati valutati da una giuria composta da Nella Fragale, imprenditrice ed editrice, nonchè padrona di casa; Tommaso Cozzitorto, professore amante della scrittura e della letteratura e Giovanni Mazzei, vincitore della prima edizione del concorso. Pubblico e par-

modernità, ma a saperli interpretare e leggere attraverso la lente della fede e della cultura. Don Peppino Ferraro, rappresentante della Diocesi di Lamezia Terme, va oltre i saluti di circostanza e, dopo aver porto i saluti del Vescovo, Mons. Schillaci e del Vicario generale, don Pino Angotti, si rivolge ai più giovani affinché, guidati e stimolati dagli adulti, si dedichino all’arte e alla cultura, non dimenticando che quest’ultime possono essere forme di celebrazione del mistero di Dio e che è proprio a Dio che

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dobbiamo “ricondurre il nostro agire”. L’esempio di ciò è Mons. Maiolo al quale è dedicato un concorso nazionale di poesie proposto, da più di 30 anni, dallo stesso don Peppino nelle scuole. Sentimenti di gratitudine, commozione ed emozione sono stati espressi da Rossella Aiello, presidente del Soroptimist Club di Lamezia Terme. La Aiello ha voluto sottolineare la sua ammirazione nei confronti di Giuditta Crupi, presidente dell’associazione “Un Anthurium per Francesco”, donna la cui tenacia ha permesso di realizzare quest’evento. Gli interventi e i contributi hanno arricchito la serata, senza, però, prendere la scena alle poesie, celebrate e declamate dalla soprano Enza Mirabelli e dalle coinvolgenti note del violino della giovane Debora Strangis. Le poesie presentate sono state 11, ovvero le prime 10 classificate, ma con un ex-aequo. La poesia vincitrice del primo premio del concorso è “Cristo con violino”, del Toscano Da-

tra sentimenti ed emozioni vive e mai nascoste. Il secondo appuntamento dell’associazione culturale è stata la seconda edizione dell’evento di premiazione “Anthurium nel cuore”, tenutasi lo scorso 17 luglio nel Complesso Interparrocchiale “San Benedetto” di Lamezia Terme. L’evento, condotto da Luisa Vaccaro, è stato dedicato a Dante Alighieri, di cui ricorre il settecentesimo anniversario. Il professore e storico Lucio Leone che ha condotto i presenti in un viaggio fra Inferno, Purgatorio e Paradiso danteschi, spiegando quei versi attraverso i quali, il sommo poeta, riconobbe la terra Calabra come fertile luogo di espressione culturale. Gli stesi versi sono stati declamati da Raffaele Paonessa, regista del gruppo teatrale “Giovanni Vercillo”. Con leggerezza e maestria, il professore e socio onorario Gaetano Montalto ha declamato alcune terzine dantesche in vernacolo lametino. Con emozione e gioia, la presidente Giuditta Crupi e i

vide Colacrai, non presente fra il pubblico, ma raggiunto telefonicamente. La seconda poesia classificata è “L’antico avia ragiune”, di Pietro Dastoli e la terza “Universo”, di Enzo Cavaliere. A tutti gli 11 poeti arrivati in finali è stato consegnato un attestato di partecipazione. A conclusione dell’evento, è stato presentato il libro di Gaetano Montalto “Schegge di Vita” pubblicato dalla “GrafichéEditore” e dedicato a Valeria. Italo Leone e Marinella Vitale hanno ripercorso i punti focali del libro, un viaggio tra i ricordi di gioventù e uno struggente presente,

soci dell’associazione hanno voluto condividere un pezzo di un cammino intrapreso con il desiderio e l’ambizione di proseguire nel dare spazio e luce alle eccellenze della nostra terra lametina e di Calabria, attraverso le diverse forme di espressione quali la cultura, l’arte, la musica e la poesia. Quella del 17 luglio non è stata una semplice manifestazione, limitata in un determinato momento e luogo, ma un’occasione di condivisione di vita e cultura, religione e scienza. I riconoscimenti sono stati consegnati a persone e realtà

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che operano con passione, dedizione e professionalità per divulgare e condividere sapere e scienza, valori e esempi di vita. Il primo riconoscimento, “Un Anthurium nel Cuore – Alla Memoria”, è stato conferito a Padre Giovanni Vercillo, sacerdote nell’Ordine dei Minimi di San Francesco di Paola, ricordato dal prof. Filippo D’Andrea e dal regista Paonessa, per il suo carisma umano, spirituale e civile. “Un rivoluzionario nell’amore ed un anticonformista per eccellenza, capace di sfidare le realtà più ostiche, dalla delinquenza al carcere, educando tanti giovani al rispetto ed alla speranza, aiutandoli a credere in sé stessi, con il crocifisso non sul petto ma nel cuore”. A ritirare il premio è stato il fratello del sacerdote, Paolo Vercillo, commosso e grato alla comunità lametina che continua a portare avanti il ricordo e gli insegnamenti di padre Giovanni. Il Premio “Un Anthurium nel Cuore – Per Lamezia”, è stato consegnato alla Caritas Diocesana di Lamezia Ter-

un gruppo di operatori e volontari e Vescovo di Lamezia Terme, Mons. Giuseppe Schillaci, che ha ricordato la necessità di vivere “il valore dell’insieme, con sincerità, nella perfetta combinazione di fratelli”. Il Premio “Un Anthurium nel Cuore – Sezione Scienza” è stato donato allo scienziato lametino Salvatore Chirumbolo, biochimico clinico all’università di Verona, sintesi perfetta di fede e solidarietà, che è riuscito, con la semplicità delle parole, a rendere comprensibili concetti complessi, riuscendo, durante la confusione vissuta nel periodo di piena emergenza Covid, a portare chiarezza con il sorriso e la semplicità. Lo scienziato è stato premiato da Nella Fragale. Il quarto premiato è stato Orazio Coclite, giornalista vaticanista cui è stato assegnato il Premio “Un Anthurium nel Cuore – Per la Calabria” a la cui voce, nota a tutti, comunica il messaggio evangelico nelle case di tutto il mondo. I premi e i riconoscimenti della serata sono state realizza-

me, come segno di gratitudine e riconoscimento di per ciò che l’equipe, la “squadra”, fa nel suo “guardare all’altro con sguardo generoso e braccia aperte” e per il servizio di prossimità e vicinanza svolto soprattutto durante la grave crisi pandemica. A premiare è stato il già sindaco, avv. Paolo Mascaro che ha constatato ed evidenziato gli alti valori umani e morali della Caritas, evidenziandone la capacità di operare sul territorio, a fianco delle istituzioni e per la collettività. A ricevere simbolicamente il premio sono stati il vicedirettore, il Diacono Ubaldo Navigante,

te dall’artista vibonese Antonio La Gamba. La musica del maestro Eugenio Aiello e la voce del Soprano, Enza Mirabelli, hanno reso ancora più suggestiva una serata ricca di arte, storia, cultura, ma soprattutto di umanità e impegno civico, conclusa con il conferimento del titolo di soci onorari dall’associazione culturale Un Anthurium per Francesco, a Nella Fragale ed Enza Mirabelli.

Lamezia e non solo

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PRIMA CLASSIFICATA Cristo con violino dedicata a Baris Yazgi1 [Sono] il primo giorno di scuola di un piccolo uomo che ha vergogna a parlare2 Sento l’onda che veglia sull’incontro dei miei ultimi batticuori con le sue variazioni d’azzurro dove non c’è ritorno, il mio nome che si allunga in pentagramma per quelle creature che attendono il cielo, l’orizzonte che sconfina nel vuoto prima di essere nostalgia, sento il giorno che non ha rotta e l’istante in cui sospeso come una goccia lascio farmi sogno. Sono un Cristo che ha per croce un violino, le sue corde il mio pane quotidiano, la sua voce il mio perdono, leggero come polline di conchiglia mi lascio trascinare dove le stelle marine sono fiori che cantano l’amore e il mondo è uno schizzo che ha smesso di bruciare, capovolto nella tela d’ombra che scintilla e ovattato come il desiderio di una carezza che desiderio resta. Sento il mio corpo liquido, senza sartiame, e assoluto, quasi una lacrima che scivola sui polpastrelli del mare mentre il sole dipinge il suo raggio con cui mi trafigge e mi ritrovo sposo senza promessa e senza vestito, un albatro di bruma che si tende oltre l’onda, dove i ricordi non sono ancora nati e gli occhi tacciono, mentre le dita predicono un’eco della mia terra. Davide Rocco Colacrai SECONDA CLASSIFICATA L’anticu avia ragiune! Nu sbundu de fhorisia matinata, doppu chi si passaru lu signale e si trovaru tutti a l’adunata, trasiru ‘nta la casa cumunale. L’uscìari quandu vitte si cristiani A tutti a ‘nna vota, assai s’appagaru; 1 Baris Yazgi – un ragazzo curdo di 22 anni – è stato ritrovato nelle acque che bagnano l’isola di Lesbo abbracciato al suo amato strumento, il violino, dopo che l’imbarcazione di fortuna sulla quale viaggiava è affondata. Il sogno del ragazzo era quello di raggiungere il Belgio per iscriversi a una scuola di musica e imparare a suonare alla perfezione il violino. 2 Sono anni che ti aspetto, Fabrizio Moro

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n’ta li capidhi s’azziccau li mani e suitu lu sindicu chjamau. “Lestu, dassati sordi de cuntare! Li tamarri arrivau e su’ cc’avanti; dicitimi qual’ede lu de fhare, ca parenu ‘ncazzati e sunu tanti.” Cu li vrazza ligati, risolutu, supa la porta cumpariu dicisu lu sindicu. “Su ccà pemmu vi ascutu!” suadando ‘nta la mpigna tutti, tisu. “Caru cumpare, vinnimu ccà a bui Ca seriamente avimu de parrare. De ‘sta vita no’ nda potimu cchjui; de ‘sta manera no’ ssi po’ campare, De sule a sule tuttu fhatigamu: piccioli, randi, fhimmini e ‘nimali, ma quando pe’ mangiare n’assettamu mancu d’acqua su chjini li bocali. L’annu lu gelu, l’acqua o l’asciuttura, ni fhutte la fhatiga de li vrazza e quando mu cogghjmu vene l’ura ni resta ‘nta li mani…chista mazza!” “Ni cacciati, cumpà, nu ‘rande rimu! E allura curta curta è la ‘mbasciata. De vui, si b’è possibile, volimu du’ vuati la raccolta ‘nta l’annata “’N culu,” pensau lu sindicu, “chi truanu! Chi corpu de dubuatti mi iettaru! Ma guarda tu! De mia chissi chi buanu! E mode cuamu fhazzu mu riparu!” La varva si grattava chjanu chjanu cercando pemmu nesci de lu ‘mbruagghju; pensava a la promisa de lu ranu fhatta metire a’ postu de lu giugghjiu. L’uacchj li s’appicciaru all’intrasutt “L’aricchj tutti quanti scancarati! Chidhu chi bui circatiè priastu fhattu! Li guai pe’ tutti vui su’ terminati! Sentiti buanu chidhu chi dich’io: la via ‘a mu ‘nd avanzi è menu amara, ca de aguannu chi bbene, si bo’ Dio, du vuati vui l’inchjti li granara” “Viva, viva lu sindicu” gridava a bucca chjna tutta chidha gente. Cu ciangia de la gioia, cu zumpava; “tarminau la miseria ‘nsicarmente!” Nu viacchju scopananatu, povariadhu! appoiatu a lu muru, de ‘na banda, doppu chi si carmau chidhu riabbiadhu a lu sindicu fhice na domanda: “Scusatimi, ma nui simu turduni! Cumpatiscìti, ma cuamu fhacimu pe du’ vuati mu inchjmu li casciuni? Chissu de vui volisse mu sapimu!” Lu sindicu guardaru tutti ‘nsema Li festeggiati cu’ l’aricchj tisi. “Vi dicu cuamu cacciu ‘sa postèma: GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

l’annu si fha de vintiquattru misi!” Atri gridati ed atru scialamiantu fheceru pemmu trema lu palazzu “O catanannu! Tu no’ ssì cuntiantu de chidhu chi bi dissi ca vi fhazzu!” lu cazzijau lu sindicu arrabbiatu e appriassu li fhorisi “Ade ragione! Pecchì tu no’ festiji. Sì nu ‘ngratu! Tu no’ capisci chista bona azione!” “Mancu ‘na ddramma aviti de cerviadhu! Ragiune avia l’anticu, mente fhina” Affriggiutu parrau lu vecchjariadhu, “Pe li cunni non c’è na medicina!” Pietro Dastoli TERZA CLASSIFICATA Universo Limpidissime sorgenti d’acqua sgorgano dalla nuda terra suono di vite nascoste chiome frondose respiro dell’erba (manto che copre il mio cuore) in un’improvvisa sintesi creativa rinasco alla luce del sole radici inespresse cercano nella dolcezza di lontani richiami antiche melodie di voci sperdute nel cosmo. Enzo Cavaliere FINALISTE PARIMERITO “… Caramelle il tuo sorriso” Fosti libellula, quando la primavera avevi in viso e …caramelle il tuo sorriso. Il fiorire della vita, lo passasti in compagnia dei tuoi pattini a rotelle: volteggiavi, roteavi, poi … volasti nell’estate. Piroette colorate, tanti battiti di mani, un inchino alla platea e …caramelle il tuo sorriso. Nel bel mezzo dell’estate arrivò anche l’amore, ma lentamente da farfalla, … divenisti un aquilone. Fosti madre nei tuoi sogni! E quei pattini a rotelle, non potesti regalare: con la sabbia dentro il cuore e due lacrime silenti, sigillasti in una scatola i tuoi sogni colorati. Poi l’inverno all’improvviso: il ricordo del tuo corpo, si sedette su due ruote! Ma il tuo uomo innamorato, Lamezia e non solo


ti teneva a sé legato: dando sempre al suo aquilone, quella voglia di volare e … caramelle al suo sorriso. Aniello Dell’Aversana U tiampu di i vagni I nanni e puru mamma mia, mi cuntavanu. quandu alli tiampi luaru, alla marina si jia. A matina priastu tuttu priparatu, ccu llu ciucciu prontu carricatu. Da Bella allu mari unn’era na passiata, e l’annacu da carretta aiutava l’ammasunata. Ma appena si sintia ddiri –guagghjù ca alla vesta a campana amu arrivatu-, ogniunu subitu era risbigghjatu. Pirchì camina ca ti camina, orammai a marina era bbicina. Ppi stari tutti nziami all’umbra. l’uamini fhacianu na bella ciambra. I guagghjuni fhujianu lestu nthra mari, e chi un sapia natari, alla scumarata avia di stari. Sutta l’uacchj di i mammi ccu lla vesta, a fhari a rota a chilli fhigghj mpesta. U vagnu tantu assai un putia durari, e tutti fhora i l’acqua a s’asciucari. Supra arina vruscenti, ad ura chi t’adduni, s’ampravanu cuverti e tuvagghjami. Di i cisti si cacciava llu mangiari, E nthro stujavuccu già sapivi chillu ca thruvavi. Pani i casa ccu llu calaturu, pipi e mulingiani allu salaturu. Na fhrittata i cipulli o di patati. cucinata di setti matinati. L’acqua dinthra a vozza, bella fhrisca, ca i cannarozza a ogni culluni rimprisca. U miluni misu sutta arina vagnata, a si mantiniri fhriscu alla mangiata. Ppi n’athru vagnu, thri uri ad aspittari, e a passari u tiampu , si thruvava u cchi fhari. Chi jucava a stacci, ccu lli pethri chjatti, e chini mbeci si fhacia na partitella alli carti. Scurzutumbuli senza tuccari a capu nterra, e fhujuti jucandu all’acchjappatella. Thruvandu l’acqua scavandu fhossa ccu lli manu, u tiampu passava chjanu chjanu. N’athru vagnu fhinarmenti si putia fhari, e pua tutti lestu a si priparari. Nu catu d’acqua duci u ciucciu abbivirava, ca a sthrata ppi lla casa l’aspittava. S’arrivava ch’era l’umbruliata, ed avia passatu puru sta jurnata. Ppi na prossima vota chisà quandu cciabbacava, ma tandu eranu tiampi ca ccu pocu si cci accuntintava. Antonietta Muraca Questo nostro amore Se i tuoi occhi, maturi Limoni fossero Lamezia e non solo

acerbi e veri come le mie lacrime, spremuta d’arance, reggenti, precarie, il mio cuore, pesca matura, fin’ora in balìa delle tue delicate dita, pera zuccherina, cibo mortale di secche labbra, uva passita, balbettanti ancora oggi il tuo nome di sconosciuta. Questo nostro amore rimane macedonia confusa fra giorni acerbi, cupi di melanconia. Matteo Scalise Fiore di primavera (a Franco Costabile) Calabria: sole e mare: stranieri e bagnanti.

Ggira lla vuci. C’è da’ cumpagnìa chini chjanu s’abbicina a prigari, grida nn’amicu, n’atra i chjanti amari dispera, una s’annaca e mutichija.

Calabria mafiosa: racket e lupara: marchio di qualità.

Changi, ppicchì? Picchì stu tristi cantu? Cchi tt’aspittavi? Cumu eramu nenti nenti n’atra vota simu e scurdamu

Uomini e fatiche: Calabria onesta. Calabria disoccupata: valigie ed emigranti.

ca ’ntr’ u divinu nenti nduvu jamu, contraddizioni aspri, duluri, stenti un su’ cchjù; sulu paci e Gioia tantu. PierPaolo Sacco

Calabria infelice: lacrime e speranze.

Il sole

Uliveti ed aranceti: Calabria contadina. Calabria lontana: nostalgia nel cuore: suicidio di poeta.

Paolo Tulelli

Diuturno dolore Diuturno dolore fecondi le mie angosce: torrenti impetuosi mormorano ed echi struggenti si ascoltano nella brughiera. Diuturno dolore che mi tarpi le ali, lì mi attente il cielo infinito che più lontano si proietta senza colore: se c’è un Dio mi perdoni, la mia anima di è disfatta prima del corpo. Diuturno dolore in possesso delle mie carni tormenti fino alla gogna annientando ogni desìo in un sonno infinito! Rocco Giuseppe Tassone Chiamami col tuo nome Non amarmi per pietà,

Sonetto3 del lutto e della gioia Sìanti, cupa cupa a litanija Di paternuasti e amari mistiari, «disperu mia» «ha murutu». I cari Preganu e llu priaviti. A vavija

Vino e tressette: Calabria in osteria.

Calabria: terra mia: fiore di primavera.

né per sorda compassione. Non lasciarmi per paura, né per cieca battisoffia. Abbracciami piuttosto in silenzio, non parlare; assapora la malinconica essenza del mio amore e sfiorami appena con i tuoi occhi e con il tuo sorriso. “Chiamami col tuo nome”, ed io sarò con te. Thomas Cosco

Sei il prezioso dono Divino per la vita di nostra madre terra e delle sue creature. La sorgente naturale inesauribile di luce e di calore, per il nostro intero pianeta. Quando, all’orizzonte, spunta l’alba, appari tu, lentamente, nel cielo infinito, con i tuoi stupendi raggi luminosi, regalandoci, per tutto il nuovo giorno, uno spettacolo meraviglioso. La tua preziosa ed eterna esistenza rallegra il cuore e l’anima di ogni essere umano. Al calar della sera, ci presenti, puntualmente, all’orizzonte, il tuo straordinario tramonto, con l’immenso cielo che, misteriosamente, si dipinge di infiniti e splendidi colori accesi. E noi, allietati dal tuo commiato serale, amo a trascorrere una notte serena, in attesa della nuova alba all’orizzonte. Vito Antonio Villirillo

3 Il sonetto è estrapolato da un ipersonetto inedito, dunque fa parte di un ragionamento più ampio. Pertanto, chi scrive spera comunque di non offendere la sensibilita di Valeria, Francesco e le famiglie.

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Aspettando la sera

Grazie, padre Dante di Angela De Sensi Frontera

Riflettendo sulla più grande opera di Dante, “La Divina Commedia”, ho provato un grande sentimento di gratitudine verso il sommo poeta, poeta vate, che ha svelato l’uomo a se stesso e il mistero della vita umana. All’opera eterna s’avvicina l’adolescente di oggi, con la guida del suo professore di lettere, con diffidenza e una certa resistenza, convinto che nulla ha d’apprendere da un poeta che giunge da così lontano. Con questo animo, ricordo, certamente più innocente e ingenuo, mi avvicinai io, appena quindicenne, alla lettura…e poi…al puntuale e faticoso studio della Divina Commedia, in quanto allieva della 1°B del Liceo Classico Francesco Fiorentino di Lamezia Terme. Ma…meraviglia delle meraviglie…mi si aprì un mondo, lo splendido mondo dell’Umanità. In quell’anno scolastico, dove tutto era nuovo, ma anche tutto vecchio, contemporaneamente infatti si studiava Omero in greco e Dante in volgare, lo studio della Divina Commedia fu quello che mi appassionò più di ogni altro, merito anche della prof. ssa Tambato, prima, e… poi della

prof. ssa Luigina Parlati, che magistralmente me l’hanno spiegata e fatta amare. Compresi poi…di aver provato nella lettura e meditazione di quei versi l’autentico “piacere estetico” e in qualche passo il “sentimento del sublime”. Oggi? Dall’altezza dell’esperienza culturale e umana accumulata, con gli occhi ormai disincantati dinanzi alle vicende belle e brutte della vita, rimango invece “ancora incantata” dinanzi alla smisurata grandezza di Dante, che nello scrivere l’opera sembra si sia avvalso di più arti, oltre che della Poesia, anche dell’Architettura nel delineare la struttura dell’intero sfondo, nell’Inferno certamente della Scultura, nel Purgatorio della Pittura, e nel Paradiso la parola, diventata luce, ha creato ed espresso perfino l’invisibile. Descrivere l’amore che genera la vita, solo Dante poteva farlo. Ecco i suoi versi: “Nel ventre tuo si raccese l’amore, /per lo cui caldo ne l’eterna pace/così è germinato questo fiore” (Par.XXXIII 7-9). Grazie, padre Dante.

Grazie, padre Dante

Padre Dante!

Come ascendere

ci hai donato.

Con la tua poesia

al grado massimo di santità

Così l’amore e gli amori

l’uomo ci hai fatto conoscere

ed elevarci fino a Dio

abbiamo appreso,

nella sua debolezza

ci hai svelato;

al primo posto

e nella sua grandezza,

con versi armoniosi,

l’amore per il Sommo Dio.

l’Umanità tutta

impressi col cesello

Grazie padre Dante.

fino ai più alti livelli di dignità

nei nostri cuori,

partendo dagli infimi gradini.

il senso della vita

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riverberi

A Paolo di Augusta Caglioti

poso io su te una dura pietra.

A Paolo Sei andato via come flebile soffio di vento, fratello mio! Sei andato via in silenzio, discreto, coerente. Ti hanno pianto tutti oggi dentro e fuori le case. Hanno pianto pure le amate strade del paese e intonato per te un peana.

Albergherai per sempre nel tempio che hai costruito paziente in ogni cuore. E il tuo quattro di denari darà inizio a un nuovo gioco.

Lasciami accesa una fiammella mostrami solo il giusto sentiero.

Ma al risveglio incontro la verità e contro di lei o per lei combatto.

Perle

Silenzio

Mi immergo spesso nel fiume carsico della memoria.

Ho sentito oggi un grande rumore. Il rumore del tuo silenzio. Nel sonno stanotte ho avvistato una luce.

Ne riprenderò qualcuna per regalare al mio viso altra luce in attesa di una luce nuova.

Ho imboccato una via col fardello delle mie intermittenze e delle mie incongruenze. 25/ 9/2021

Bugie 23/9/2021

Lamezia e non solo

Me ne racconto tante nell’appagante sonno.

8/10/2021

Noi, dietro a te, faro luminoso, continueremo a navigare.

Rallenta il concitato battito cuore mio. Se non puoi

Cancella i ricordi cancella il dolore. Non addentrarti in buie caverne.

Ne pesco alcune perle e le inserisco nel sottile castone della vita.

È solo apparente la tua dipartita.

Rallenta

qualcuna nei duri tratti di questo presente.

Non amo le bugie. Sono spesso capri espiatori e nascondono piccole o grandi sconfitte. Me ne racconto

Senza titolo Nello straripante fiume della memoria policrome tessere del nostro mosaico volteggiano. Splendono come schegge di sole e mi abbagliano.

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riflessioni

Parità di Genere: un miraggio di civiltà di Alberto Volpe

Quanti anni sono trascorsi da quel 1946, allorché alle donne veniva riconosciuto il diritto di voto, fino ad allora prerogativa democratica esclusiva del genere maschile. Indubbiamente quella fu una conquista, da cui non si può tornare indietro. Ma intanto quante altre, di tappe democratiche e civili, bussano alle porte di uno Stato che vuole non solo apparire ma anche essere moderno ed avanzato. Non che fino ai nostri giorni il secolo che viviamo non abbia fatto segnare punti a favore del gentil sesso, “complice” inseparabile della storia umana. E’ sotto gli occhi di tutti la presenza (o copresenza ?), talvolta anche preponderante, al femminile in ruoli assolutamente pensabili diversamente affidabili al genere maschile. Pensiamo alla presenza nelle diverse forze armate e militari dello Stato, ma anche in Magistratura e in Corte Costituzionale, non meno che a presidenza delle Camere del Parlamento. Non passerà molto che potrebbe affacciarsi una figura femminile “pronta” a salire al Colle. Eppure quanta strada ha da conquistarsi ancora quel Genere femminile nella società moderna, quale principio essenziale di una effettiva, e quindi non solo nominale e filosoficamente acquisito, parità di genere ! Prescindendo dal grave quanto quotidiano fenomeno del cosiddetto femminicidio, ritenendo lo stesso come retaggio di una subcultura di predominio maschile, c’è da prendere atto che difficilmente il binomio parità e potere riescono ancora ad incontrarsi e non siano viste come parallele ferroviarie destinate a non incontrarsi. Una panoramica del mondo globale ci rivela che troppi pregiudizi, troppi ancoraggi

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col passato, troppe ambiguità e reticenze frenano quell’auspicabile processo di liberalizzazione della donna che possa ambire ad una sua giusta collocazione nel prosieguo evolutivo e solidaristico della specie umana. Molto opportunamente la giornalista e scrittrice palestinese , Rula Jebreal, nell’esaminare il fenomeno del cambiamento della donna, ammonisce ed invita ad “agire prima che le differenze diventino disuguaglianze”. Cioè, prima che le difficoltà rendano più complicato il percorso delle bambine e delle ragazze, bisogna che nelle famiglie nasca e si consolidi poi nella Scuola la tendenza a quel “Cambiamento che meritiamo” (così il titolo dell’ultimo libro della Jebreal). E, certo, che la violenza sulle donne è un virus aggressivo persistente, spesso letale, che si nutre di silenzio, omertà e ignoranza. Il che si cura con la verità, la giustizia e le parole. In un siffatto scenario di necessaria mutevolezza un ruolo pressoché determinante hanno proprio le donne di ogni età, le quali, nel prendere pur coscienza della loro “diversità” dal genere maschile, non scambino l’immagine per sostanza, il libertinaggio, il trash, il volgarismo, la sigaretta o la bottiglia di birra per strada, come liberalizzazione e libertà di pensiero. Stereotipi maschilisti e sessisti si vincono con la non-violenza dall’altra sponda, così conquistandosi il “tavolo delle trattative” nei vertici politici, come in quelli aziendali o sindacali che siano. In una parola: farsi guardiani della parità, attraverso una rete di dialogo e di sussidiarietà. E domani sarà un altro giorno !

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