Lameziaenonsolo ottobre 2021 Pina Molinaro

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intervista

Pina Molinaro medico oncologo Un cuore dal profondo sentire, una forte volontà, un’intelligenza vigile ed acuta caratterizzano una persona che si è sempre distinta come donna, mamma, figlia, professionista e di cui si intende

tracciare un profilo: il medico oncologo dr. Pina Molinaro. Dopo un’infanzia vissuta a Decollatura, suo paese natale, si è trasferita con la famiglia a Nicastro, dove ha frequentato la scuola media “P. Ardito” e l’Istituto magistrale “T. Campanella”, distinguendosi sempre per diligenza, impegno, interesse e buone maniere. Ha frequentato la facoltà di medicina presso l’Università degli studi di Messina, conseguendo nel 1983 la laurea col massimo dei voti. Nel 1987 ha conseguito la specializzazione in oncologia, branca della medicina dalla quale si è sempre sentita attratta ed interessata, specie nella sfera sella senologia, Contemporaneamente ha curato la sua formazione professionale ed ha arricchito “sul campo” la sua esperienza in vari ambiti: guardia medica, medico fiscale, medicina generale, medico oncologo presso la SAUB di Lamezia Terme. Nel 2000 è risultata vincitrice del concorso a medico ospedaliero ed è entrata a far parte dell’equipe del Dr. Ettore Greco il quale, in quegli anni febbrili e critici, si batteva per la realizzazione di un Lamezia e non solo

reparto di oncologia all’interno dell’ospedale di Lamezia Terme. Con la nomina è arrivata l’opportunità cui la Dr.ssa ambiva da sempre: adoperarsi nella prevenzione, diagnosi e terapia dei tumori in forte ed inarrestabile crescita. Per un ventennio ha quindi lavorato con abnegazione, umanità e competenza accanto al Dr. Greco di cui è stata valido ed insostituibile aiuto. Ha collaborato e collabora in unità di intenti con i medici all’interno del reparto di oncologia, con i medici di altri reparti e col medico competente fornendo sempre valide consulenze, col centro screening diretto dal Dr:ssa Spinelli. All’interno dell’ospedale il lavoro è andato, nel tempo, aumentando di volume ed ancor più nel decorso anno, quando il 01/12/20 l’U.O.C di on-

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cologia è stata potenziata grazie all’introduzione della degenza ordinaria. Oggi il reparto consta di 5 posti letto di degenza ordinaria, di prestazioni ambulatoriali e di Day Hospital. La Dr.ssa, a tale proposito, si mostra molto entusiasta perché sostiene che in tal modo si è in condizioni di offrire cure ed assistenze più appropriate e confortevoli ai degenti che accedono al nostro ospedale, affluendo da tutto il territorio calabrese. Per effetto della quiescenza del dott. Greco, la Dr.ssa Molinaro sta svolgendo con serietà, attaccamento al dovere, passione e competenza l’incarico di primario FF. Presta inoltre la sua opera all’interno del’ASP di CZ presso gli ambulatori di oncologia dall’Ospedale di Soverato e di quello di Soveria Mannelli. E’ riuscita sempre a coniugare il suo impegno ospedaliero con la partecipazione a congressi scientifici a carattere nazionale e regionale anche in qualità di relatore. A tale proposito ricordiamo la trattazione del tema :”Il carcinoma mammario nelle pazienti ultrasessantenni”. Non ha mai mancato di spender le sue energie nell’ambito del sociale: per tre anni ha fatto parte del Consiglio direttivo regionale dell’ AIOM; fa parte dell’associazione “Donne Medico” e, sempre protesa verso gli altri nelle gionate del 4-5 gennaio 2020, per sensibilizzare l’opinione pubblica verso la prevenzione del tumore, ha offerto gratuitamente la sua opera professionale. L’evento pubblicizzato come “gennaio in rosa – la prevenzione è amore e vita” è stato patrocinato dai Comuni di Decollatura e di Soveria Mannelli trovando una risposta ampiamente positiva in entrambi i Comuni dalla Dr.ssa prescelti unicamente per un vincolo affettivo alla sua terra d’origine. Nell’anno in corso si è fatta promotrice della vaccinazione anticovid per i pazienti oncologici, curata ed eseguita da lei stessa e dai suoi collaboratori all’interno del reparto ospedaliero, allo scopo di controllare situazioni spiacevoli o eventuali complicazioni. La sua disponibilità è stata profusa anpag. 4

che verso l’associazione di volontariato “Alice” che, accolta ed incoraggiata dal Dr. Greco è presente all’interno del reparto di oncologia come supporto alle evenienze che di volta in volta insorgono, ma soprattutto come accoglienza dei pazienti in cura e dei loro familiari. La Dr.ssa ha partecipato sempre a quanto l’associazione ha organizzato nel campo della prevenzione dei tumori al seno e nello specifico ha partecipato tra il 2018-2019, come relatore alla campagna di sensibilizzazione svoltasi nelle scuole superiori di Lamezia Terme ed il suo Hinteland, sul tema : “parliamone a scuola” relativamente alla diagnosi precoce.” Successivamente nell’ottobre del 2019 ha partecipato, in qualità di relatrice, alla tavola rotonda avente per tema : il tumore metastatico al seno, organizzato da Alice ed Europa Donna Italia. Non c’è campo o ambito del quale l Dr.ssa non s’interessi ed alla richiesta di quella che potrebbe essere la sua progettualità futura ha risposto: -

Mio desiderio è incrementare e migliora-

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ziose armi contro l’insorgenza delle neoplasie, in stretta collaborazione con l’Associazione Alice che da oltre quindici anni offre la sua opera all’interno del reparto di oncologia. re le attività multidisciplinari con le altre unità operative dell’Ospedale cittadino r con centri di riferimento regionali, al fine di ottimizzare i trattamenti ed evitare la penosa “fuga” dei pazienti verso le strutture sanitarie del Nord, con conseguente riduzione del disavanzo economico-sanitario.

Alla Dr.ssa l’augurio vivissimo di continuare a lavorare on determinazione ed amore, nonché di realizzare, per quanto possibile, i suoi progetti finalizzati ad un migliore funzionamento della sanità pubblica.

- Fare unione con le varie professionalità del territorio, evitando lo scollamento tra Ospedale e periferia, per garantire la continuità assistenziale al malato. - Diffondere l’importanza della prevenzione a tutti i livelli con campagne di sensibilizzazione ed informazione da intendere come pre-

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blaterando

Giuseppe Cotroneo di Anna Maria Esposito

Il personaggio attenzionato dalla sottoscritta è il dr Giuseppe Cotroneo, farmacista per passione, dal sorriso accattivante e spesso ospite di Radio CRT.

Sei figlio d’arte? Si Anna, sono “figlio d’arte” perché anche mio padre è un farmacista. Nell’immaginario, il farmacista è “ colui che dispensa farmaci”, ma il tuo lavoro prevede anche altro? La dispensazione del farmaco, il consiglio e la consulenza continuano ad essere i lati caratterizzanti del nostro lavoro, ma oggigiorno tali attività devono essere affiancate da una grande elasticità mentale e comportamentale per poter assistere i nostri clienti in maniera più completa tramite l’erogazione di servizi sia organizzativi (prenotazione visite) sia diagnostici (telemedicina). Al titolare di farmacia fanno capo anche la gestione economica, imprenditoriale e delle risorse umane dell’azienda, quindi è facile dedurre quanto il nostro lavoro sia delicato ed articolato. La farmacia, soprattutto negli ultimi anni, è diventata una “ farmacia dei servizi”, quali quelli erogati presso la tua? La “farmacia dei servizi” è ormai una vera e propria realtà grazie al lavoro ed agli investimenti effettuati dalle singole aziende sul territorio nazionale, ben prima che la politica concretizzasse quanto detto più volte negli ultimi anni. La farmacia è il presidio sanitario più capillare sul territorio italiano ed il suo sviluppo verso la creazione di veri e propri centri salute, determina delle ricadute positive ed immediate per tutta la popolazione italiana. Nella nostra farmacia eroghiamo diversi servizi in pag. 6

ambito cardiologico, otologico e cosmetico. Prossimamente erogheremo dei nuovi servizi in ambito pneumologico e diabetologico. Farmaco di marca e farmaco equivalente o generico. Cosa cambia, a parte il prezzo, sono davvero uguali? Si Anna, sono assolutamente identici dal punto di vista dei principi attivi. Infatti, i farmaci generici rispetto ai farmaci originali, per legge, devono avere la stessa composizione qualiquantitativa in termini di sostanze attive, la stessa forma farmaceutica e la loro bioequivalenza dev’essere dimostrata da appropriati studi di biodisponibilità. Le uniche differenze posso riguardare alcuni eccipienti che non hanno attività terapeutica ma vengono utilizzati solo per creare le compresse, gli sciroppi ed ogni altra forma farmaceutica in commercio. Molti comuni farmaci da banco adesso si possono trovare anche nei super mercati o nei centri commerciali. Non sarebbe importante la figura del farmacista anche in questi luoghi? La figura del farmacista è obbligatoria sia nei corner farmaceutici all’interno dei supermercati che nelle pa-

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Mi gratifica molto poter risolvere un problema o esaudire una esigenza delle persone che si rivolgono a me ed al mio team. Credo fortemente nella figura del farmacista consulente e partner attivo nella ricerca di benessere della persona. Mi piacerebbe poter viaggiare di più, ma la presenza sul territorio è uno degli aspetti chiave per poter esercitare al meglio la propria professione.

rafarmacie, poiché la vendita dei farmaci deve essere effettuata per legge da colleghi farmacisti. La calligrafia dei medici è spesso incomprensibile a noi utenti, lo è anche per il farmacista? Sì, devo dire che, tranne rare eccezioni, i medici redigono le loro prescrizioni con una grafia decisamente difficile da interpretare. Grazie all’utilizzo diffuso dei computer, oggigiorno le prescrizioni redatte manualmente sono poche rispetto a quelle redatte al pc e ciò determina una maggiore comprensione da parte sia degli addetti ai lavori che dei pazienti e di conseguenza una maggiore sicurezza nella gestione della terapia. Sul campo, unendo la conoscenza all’esperienza, si acquisisce la capacità di leggere correttamente quanto scritto nelle prescrizioni.

Un consiglio da farmacista ai nostri lettori per godere di buona salute. Mangiare le giuste quantità di cibo avendo cura di alternare sempre la tipologia degli alimenti; fare del movimento possibilmente all’aria aperta; lavorare con entusiasmo ponendosi sempre delle nuove sfide e dei nuovi obiettivi; curare gli affetti, leggere, viaggiare e fare tutto ciò che ci possa far sentire bene. Seguire questi suggerimenti è secondo me il miglior modo per fare prevenzione e vivere in salute. La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non semplicemente l’assenza di malattia o infermità. (Organizzazione Mondiale della Sanità, 1948) Il farmacista oltre alle conoscenze tecniche e professionali deve avere delle spiccate doti umane, io credo che nel dott. Giuseppe Cotroneo coesistano entrambe. Grazie doc e buon lavoro.

Il Covid ha modificato il tuo lavoro? Il lavoro del farmacista, come dicevo prima, è cambiato parecchio negli ultimi 15 anni e nell’era Covid tali cambiamenti hanno subito un’ulteriore accelerazione. La nostra presenza anche nei lockdown più stringenti, ha dato grande supporto alla cittadinanza e la farmacia ha confermato le sue qualità di vero presidio sanitario estremamente efficiente e capillare. In generale i farmacisti italiani hanno dimostrato una grande capacità di adattamento e sviluppo riuscendo in poco tempo a riorganizzarsi ed a creare in alcuni casi delle nuove strutture interne adatte a fronteggiare le esigenze di salute e le richieste dei cittadini (vd tamponi Covid, vaccinazioni, nuovi servizi di autodiagnosi e telemedicina sempre più articolata). Quali sono gli aspetti che ti gratificano di più del tuo lavoro e quelli meno gradevoli? Lamezia e non solo

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Comune di San Pietro a Maida Excursus vitae di

SAN PIETRO A MAIDA Storia, Sapori, Usi e Costumi da scoprire

di Antonio Carchidi. Grafichéditore di Antonio Perri

Nella Fragale: Per noi un libro è come un figlio.

Ed è con questo assunto assai sentito che prende vita il libro di Antonio Carchidi nel corso della sua prima presentazione presso GrafichEditore di Antonio Perri a Lamezia Terme. SAN PIETRO A MAIDA STORIA SAPORI, USI E COSTUMI DA SCOPRIRE è una limpida esposizione della storia sampietrese con tutti gli elementi caratterizzati la realtà locale, dalle tradizioni alla vita quotidiana di ieri ed oggi. Il libro che utilmente insegna il cittadino alunno e arricchisce il cittadino più curioso di scoprire la veridicità di molti accadimenti e appassiona oltre i confini della Locale, è diviso in 5 capitoli disposti secondo un ordine logico rispettivamente comprensivi dei cenni geografici; storici; usi e costumi; chiese, abati e monumenti; giochi, filastrocche e proverbi. In mezz’ora di macchina si arriva sia al mare che in montagna “

È con questo concetto semplice ed immediato del linguaggio collettivo che Antonio Carchidi giovane appassionato di Antropologia e di Architettura presenta la strategica posizione geografica dell’amato San Pietro a Maida, offrendo con questo libro un quadro completo e documentato anche attraverso fotografie, delle tradizioni, gli usi e i costumi, il dialetto, le preghiere, i proverbi, le superstizioni e le chiacchiere in una sola parola

“ la vita di una volta “ dice Carchidi che ci dona la spinta di riflettere per affrontare meglio il nostro presente. La seconda presentazione del libro si è tenuta a San Pietro a Maida. Un vero momento culturale, di tradizioni e di spettacolo allo stesso tempo. Organizzata dall’Amministrazione Comunale Sindaco Domenico Giampà ed i momenti musicali curati dal Maestro Nino Diaco cantautore delle più belle canzoni in vernacolo sampietrese. Nell’occasione l’esposizione di ogni capitolo è stato intervellato

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di Loretta Azzarito

da momenti musicali: “Lu paise mio” e “Li briganti Molea” dalla voce euritmica di Nino Diaco, “La ninna” dalla voce poliedrica di Giusy Maggisano, Tarantella santupetrise Nino Diaco e Giusy Maggisano e dalla descrizione del costume tradizionale a cura della Pro Loco di San Pietro a Maida.

È in questo borgo collinare, della provincia di Catanzaro in Calabria, le cui origini risalgono all’anno Mille, che fin dai primi tempi l’economia è cresciuta grazie all’agricoltura della coltivazione sopratutto di uliveti , vigneti, frutteti e ortaggi, la prima via via sempre più valorizzata al punto di elevare San Petro a Maida come realtà locale a forte vocazione olivicola. Fluida e dettagliata negli appunti storici l’esposizione sul brigantaggio di cui il nostro autore presenta un excursus seguendo un ordine dal generale al particolare qui soffermandosi negli accadimenti sampietresi, ed ecco che riaffacciano in memoria luoghi della locale che nel periodo brigante hanno assunto un riferimento diverso, i boschi e le cavità delle colline usate per nascondiglio, gallerie e cunicoli costruiti dai briganti nel sottosuolo delle montagne, il gigantesco albero di acacia nella zona denominata “sopra il ponte”, a scrivere questa storia i nomi addoloranti di Nicola Papasidero e Pietro Molea. Con la delineazione degli usi e dei costumi, della storia del paese e della lingua dialettale che si evince dal testo, l’autore Carchidi ci consegna un Unicum dice il dottor in filosofia Giulio Davoli, sottolineando il richiamo del libro al Nostos greco: “ San Pietro a Maida si è contraddistinto in passato per il suo flusso migratorio. I migranti che sono partiti in terre nuove hanno conservato intrinsecamente nelle loro menti quella sorta di ritorno. Un messaggio importante dunque che si evince dal libro e che secondo l’etica del fare è un ritorno alle inedite comunità locali, a nuovi progetti socio-culturali concretati tangibilmente all’interno del paese. Non un tempo perduto, ma un modus operandi che affonda le

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radici alla riscoperta della terra, di quei luoghi cui noi facciamo parte “ Per narrare gli usi e costumi Antonio Carchidi sceglie l’ordine cronologico dei mesi dell’anno ed espone con un egregio lavoro sistematico fotografie dei momenti di tradizione: le diverse lavorazioni della carne di maiale a gennaio; l’anticipata fioritura dell’albero di mandorlo a febbraio, la raccolta delle fresche primizie nelle campagne a marzo; le date di feste religiose tradizionali che arricchiscono il calendario nel mese di aprile e maggio, la coltivazione di molti ortaggi a giugno, il felice arrivo dei cari emigrati sampietresi a luglio, l’anima del paese che si sposta nel più bel mare ad agosto, la ripresa del lavoro a pieno ritmo, il rientro degli emigrati e l’inizio della raccolta delle olive, castagne e noci a settembre; la raccolta dell’uva ad ottobre; la semina del grano nei campi di “Corda” e le usanze di commemorazione a novembre; infine dicembre dedicato all’agricoltura e alle date di feste religiose. Ecco che l’esposizione nel libro di Carchidi trova i suoi significativi colori nella descrizione del costume sampietrese “ il vestito di pacchiana”. Documentato con foto, i colori del costume non sono a caso, ma hanno un significato fondato sulla posizione della donna, donzella in cerca di marito, donna sposata, donna vedova, ed ogni capo veniva aggiunto in caso di donna lavoratrice nei campi o nelle occasioni di festa. Il fidanzamento e matrimonio di un tempo erano arricchiti da tanti, ma semplici gesti tradizionali alcuni dei quali sono rimasti vivi oggi. È in questa parte della sua narrazione che il nostro autore riscalda i cuori con i ricordi degli affetti personali: le fotografie del matrimonio dei suoi genitori ai quali dedica i traguardi della sua vita, trasportato da una fede accesa verso Dio grazie a nonna Angela sempre premurosa a coccolarlo con le ghiottonerie tipiche. Carchidi ricorda quei tempi di tradizione fatti di piccole cose, ma di sentimenti caldi di vicinanza con i pochi mezzi a disposizione per una vita di agio e lo fa spiegando gli strumenti di illuminazione, riscaldamento e di lavoro del tempo. Tutto molto più difficile, ma intenso di relazioni umane. Ed a questo punto apre lo scenario agli antichi mestieri sampietresi, affascinando il racconto con minuziosi dettagli ed elevando il lavoro dei personaggi del paese che nel suo libro sono la storia, la storia di un tempo che tra le mura della locale sampietrese resterà sempre viva. In questo minuzioso ed assai limpido lavoro di raccolta delle informazioni, documenti ed esposizione logistica degli argomenti Carchidi arricchisce la sua esposizione con le genti sampietresi che hanno dato un contributo importante nella locale, con gli inediti fotografici di scorci antichi, delle zone storiche e la marina di una volta, con i momenti narrati e documentati da immagini della raccolta delle olive, ciò che qualifica il suo amato paesello, oggi, geograficamente, storicamente ed imprenditorialmente, come città dell’olio di oliva. Una realtà locale che Carchidi presenta anche a Firenze attraverso la sua terza presentazione del libro, in occasione della settimana della cultura. Nell’occasione Antonio Carchidi si racconta come autore e presenta la sua Locale come un punto strategico per il turismo sosteLamezia e non solo

nibile, una realtà di tradizioni con un forte potenziale in termini culturali ed economici, con un valido bagaglio storico e antropologico. Nel libro Carchidi fa le sue riflessioni :” La realtà economica di San Pietro a Maida riflette quella che è più in generale la realtà calabrese, un’economia povera, assistenzialistica, con un forte numero di disoccupati, soprattutto tra i giovani, forniti il più delle volte di un titolo di studio”; “ molti giovani sono costretti a lasciare la loro terra per recarsi nelle città del Nord e all’estero, in cerca di quella occupazione che il proprio paese di origine non è in grado di offrire “; c’è da dire anche aggiunge Carchidi che “ l’esasperato individualismo impedisce lo sviluppo dell’associazionismo, importante mezzo per poter produrre di più e creare nuovi posti di lavoro”. “ In questi ultimi anni qualcosa in questa direzione si sta muovendo, sono sorte alcune associazioni nel campo artigianale, sono ancora poche, ma potrebbero moltiplicarsi per far sì che questo paese possa uscire da quella politica assistenzialistica”. La sua passione architettonica è assai espressa nell’esposizione strutturale delle chiese del paese e singole parti caratterizzanti le chiese stesse. Un lavoro questo di Carchidi documentato da molte utili informazioni riportate nel libro e stimolato dalla sua forte passione architettonica. Le ultime pagine sono dedicate alle festività del paese di San Francesco di Paola, San Giovanni, S.S. Madonna del Carmelo accompagnate da foto storiche delle processioni. Le pagine a chiusura del libro scrivono i giochi, le filastrocche, i proverbi e gli spauracchi, questi ultimi inventati dalle mamme per fare dormire i loro piccoli. Tra i proverbi ricordiamo: “ U gabbu cogghi e a’ jestima no” “ Cu fha lu gabbu a’ atri, lu sue privasti ‘ nci torna” ossia Il gabbo colpisce e non l’imprecazione, anch’esso può può ricadere su chi lo prova. Il gabbo ricade sulla propria casa. Chi si scandalizza e si fa beffe degli altri sarà presto anch’egli esposto a beffa. SAN PIETRO A MAIDA Storia, Sapori, Usi e Costumi da scoprire di Antonio Carchidi, oggi non è solo l’emozione di rivivere le tradizioni del passato, ma è anche l’utile strumento di documentazione di molti ragazzi chiamati a fare esposti sulla propria realtà locale.

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inchiostri d’autore

Austerlitz 1805 - La battaglia perfetta Bonaparte aveva vinto l’ultima sua battaglia, Marengo, cinque anni prima. È imperatore da un anno esatto. Da dodici è famoso, da quando emerse il suo talento militare all’assedio di Tolone. Austerlitz è la battaglia conclusiva della sua prima straordinaria campagna militare da imperatore e ne rappresenta il suo capolavoro assoluto: la battaglia perfetta. In Moravia, in quegli ultimi gelidi giorni di novembre non vi era tempo da perdere: occorreva provocare una immediata battaglia con il contrapposto esercito austro-russo coalizzato prima dell’arrivo di altre poderose forze nemiche in rapido avvicinamento. Napoleone doveva farli muovere dal formidabile arroccamento difensivo di Olmutz, e per farlo c’era un solo modo: rovesciare i ruoli, convincere i nemici di non essere le prede, ma i cacciatori. Scommettendo temerariamente su un azzardo, per manipolare la loro percezione e stimolarne efficacemente l’iniziativa, con soluzioni audaci e inconsuete mise in atto una serie di stratagemmi militari, inganni psicologici e astuzie diplomatiche che li indussero – come ipnotizzati – ad effettuare una poderosa manovra offensiva di attacco avvolgente dell’esile destra francese. Manovra in realtà ideata e voluta dal geniale imperatore e ciecamente eseguita dagli alleati esattamente come lui voleva che fosse effettuata. Dal primo all’ultimo colpo di cannone, gli avvenimenti apparvero come se fossero esattamente misurati e dispensati da una forza superiore onnipotente alleata della Grande Armée; ma non vi fu nulla di trascendentale quel giorno, ma solo il risultato di una raffinata calcolata previsione. Riuscendo a deformare il dominio cognitivo e la percezione degli avversari, la battaglia di Austerlitz è considerata ancora oggi come il modello più eclatante della potenza devastante della manipolazione psicologica nella guerra. L’imperatore considerò Austerlitz una vittoria strettamente personale. Non a caso, altra unicità di questa battaglia, non volle condividere la gloria e gli allori della vittoria con nessuno dei suoi marescialli e generali, pur essendosi tutti comportati quel giorno con straordinaria bravura e valore. Non dispensò a nessuno maresciallati o titoli nobiliari di vittoria che usualmente elargiva ai suoi comandanti come riconoscimento al loro valore e a commemorazione di loro grandi imprese militari. Ci furono principi di Wagram, della Moscova, di Essling, di Eckmühl; duchi di Rivoli, di Auerstädt, di Danzica, d’Albufeira, di Castiglione, di Montepag. 10

bello e di Elchingen, ma non ci sarebbe mai stato un principe o un duca di Austerlitz. Il pregio di questo accurato studio, al di là dell’aspetto puramente tecnico-specialistico, consiste nella esposizione chiara e lineare. Ecco, allora, l’importanza, nella prima parte del lavoro, della descrizione dei principi militari propedeutici per la comprensione delle manovre della battaglia. Si delineano poi le caratteristiche degli eserciti in campo, francese da una parte e austro-russo dall’altra. E, ancora, l’illustrazione del grande bluff messo in atto da Napoleone per indurre il nemico a prendere l’iniziativa come lui voleva, e le varie fasi dello svolgersi della battaglia. Andando oltre, vengono esaminati gli errori militari commessi dall’esercito coalizzato e le responsabilità e le conseguenze del pessimo inseguimento dell’esercito sconfitto. Infine, l’autore risponde alla domanda se la battaglia si svolse veramente così come l’imperatore dei francesi l’aveva concepita. Estremamente coinvolgente, il libro non è un arido, freddo e asettico manuale di storia militare, non è un resoconto di cancelleria, una cronistoria diplomatica, una relazione militare. È una narrazione, benché scientifica, che fa sentire il lettore partecipe attivo dell’evento. Gli fa condividere emozioni e sentimenti dei protagonisti diretti della battaglia, sia dei vinti che dei vincitori. Fa percepire l’atmosfera del campo di battaglia prima brumoso e poi illuminato dal sole. Permette, grazie anche ai dialoghi riportati, di farlo identificare con i protagonisti, siano essi i tre imperatori che i generali o i semplici soldati. Fa cogliere, come spettatori che osservano, l’audacia della cavalleria e l’importanza che l’aspetto psicologico aveva nelle cariche, il tremore del terreno, gli squilli di trombe, lo scintillio delle corazze, il roteare delle sciabole, le grida di battaglia, il denso fumo causato dai cannoni e dalle salve di fucileria che tutto avvolgeva come un impenetrabile muro nero. E, ancora, l’ardore delle cariche alla baionetta lanciate al rullio ossessivo dei tamburi e al grido di “Vive l’Empereur”, le urla e i lamenti dei feriti, il coraggio e il valore espresso quel dì dai combattenti, sia dei vincitori che dei perdenti. Nel panorama della storiografia napoleonica questo libro, per la sua completezza, assume un valore indiscutibile: un punto di riferimento imprescindibile per la ricostruzione della verità storica di quella giornata più che epocale.

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inchiostri d’autore

di Franca Maria Mete

Sublimi Dintorni

Grafiche’ presenta a Lamezia nuovi autori. La serata del 9 ottobre ultimo scorso,è stata dedicata ad un libro di poesie SUBLIMI DINTORNI, della COLLANA CALLIOPE, scelta editoriale che Nella Fragale ha accolto con entusiasmo , quasi pari a quello della sottoscritta che ha voluto “far nascere” questa creatura a Lamezia. Non appaia paradossale che Nella Fragale abbia poi assegnato a me il compito di

base delle sue emozioni, ed ha incantato i presenti con la sua dizione piana, elegante. Intanto scorrevano le note di Concato che Luigi Mete, anche musico appassionato ,ha scelto per “accompagnare” le poesie . L’intervento di Angela Davoli ha mosso la parte più profonda dell’attenzione generale, perché ha parlato, nel suo modo elettivo, unico, di Amicizia Vera, della bellezza degli anni giovanili. Chi ha potuto ve-

tratteggiare un breve racconto di come si è svolta questa presentazione: il motivo sta nella semplicità, in quella obiettiva ed essenziale modalità con cui si arriva a comunicare tra persone accomunate dallo stesso amore per le cose- vere e per la cultura. Una serata dunque illuminata da questo scambio- felice , dalla reciprocità tra la poesia, quella semplice, senza rime, ne’metrica, ne’pretese… e quella ben più alta di CHI sa ascoltare, decodificare empaticamente , sentire ed accogliere il cuore e le sue ragioni. C’erano MOLTI AMICI DELLA POESIA! Amici e basta! E questo si è subito palesato perché certe” chimiche” in cui circolano belle energie, rispetto,solidarietà… non accadono per caso. Piera Messinese ha letto poesie scelte sulla

dere in differita la registrazione della serata, avrà notato che i toni, i ragionamenti,le impressioni non sono mai stati celebrativi, mai stucchevoli. Luigi Mete quando ha spiegato come è nata la sua prefazione al libro, ha colpito sì per il trasporto affettivo ma anche per il genuino invito ai lettori, a riflettersi-ritrovarsi nei piccoli paragrafi di vita comune che sono queste poesie. Solo chi c’è stato saprà raccontare meglio della scrivente, “come è stato “ potersi guardare, avvicinare ( ancora in modalità protetta!) e quanto, dopo l’angoscia globale , questa occasione possa valere molto di più! Sì: chi c’era ha ben compreso che queste serate letterarie non celebrano che la nostra capacità di resilienza,la voglia di comunicare, ma cri-

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stianamente, in semplicità. Grazie a Nella Fragale (e alla sua famiglia),per per la visione generosa e magnifica della letteratura, vita e arte di vivere. Grazie a Lamezia perché può vantare una fervida attività culturale, sentita, partecipa ta, valorizzata! Un rilancio vero di valori etici ed estetici, dove alla base di tutto c’è l’amore per il lavoro, l’impegno onesto.Del resto lo scenario che ci ha accolto

,l’officina grafica, sottolinea che il lavoro è necessaria radice del progresso umano. Il FINALE : un ringraziamento reciproco, l’un l’altro , ha siglato la qualità di questo incontro ossia la condivisione del “ portato umano” , le intensità della vita con tutto ciò che di divino contiene.

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naturopatia

OTTOBRE: iniziano i primi freddi!! di Dino Mastropasqua

Il 22 Settembre alle 15.31 quest’anno è entrata ufficialmente la stagione autunnale, questo segna anche l’arrivo dei primi freddi, e con gli sbalzi di temperatura, il nostro corpo viene messo alla prova, pertanto è cosa buona rinforzare le nostre difese immunitarie in modo da poter attraversare indenni la stagione invernale: prevenire è meglio che curare!!!! I sintomi più comuni che cui andiamo incontro sono spossatezza, mal di gola, dolori muscolari e articolari, naso chiuso, tosse, brividi, sudorazione, malessere generale fino ad arrivare alla febbre con eventuali episodi di nausea, vomito o diarrea. Direi che se riusciamo ad evitare tutto questo abbiamo fatto un buon lavoro. Le cause di questi malesseri possono essere o di origine virale o di origine batterica, pertanto è necessario agire su tutti e due i fronti. Partendo dal presupposto che il nostro sistema immunitario è strettamente collegato al nostro intestino, resta logico pensare che un intestino sano contribuisce a mantenere il sistema immunitario efficiente. Proprio per questo motivo se nel mese di settembre non ci siamo attivati per rimettere in ordine la nostra alimentazione dopo gli eccessi estivi, allora è arrivato il momento di darsi una mossa. Quindi una buona disintossicazione ed una alimentazione bilanciata ed equilibrata, utilizzando gli ortaggi e le verdure di stagione che contribuiscono a ripristinare un buon funzionamento intestinale, è il primo passo da compiere. Poi in aggiunta o subito dopo possiamo lavorare direttamente sul rinforzo delle difese in modo aspecifico, quindi a 360°. Uno dei rimedi di elezione è il colostro, il colostro fornisce le immunoglobiline, che rappresentano importanti fattori di protezione. La loro funzione consiste nel proteggere le pareti dell’intestino e l’apparato respiratorio dai microorganismi pericolosi, neutralizzandone anche le tossine. Un altro prodotto molto utilizzato è l’Echinacea, una pianta immunostimolante e immunomodulante, uno dei rimedi naturali più utilizzati per aumentare le difese immunitarie utile a prevenire e curare i sintomi di malattie da raffreddamento. Ovviamente la Vitamina C in questo periodo non deve mancare e per avere anche una protezione dal punto di vista virale tra le tante piante disponibili, una che utilizzo più spesso e che da sperimentazioni del 2016 ha dato risultati eccellenti, è il Cistus Incanus, ormai si trova sotto diverse pag. 12

forme e lo si può trovare sia in erboristeria che in farmacia o parafarmacia. Però oggi vi voglio dare una ricetta un po’ particolare che possiamo fare in casa senza tante difficoltà, gli ingredienti sono, limoni biologici, zenzero biologico e miele di eucalipto. Prendiamo un vasetto da conserve di almeno mezzo litro di capienza, dopo aver lavato accuratamente i limoni e pulito lo zenzero, li affettiamo e li disponiamo nel vasetto facendone degli strati, lasciando almeno un terzo del vasetto vuoto, poi riscaldiamo a bagnomaria il miele, a non più di 40° per renderlo liquido, e riempiamo il vasetto facendo in modo di eliminare ogni bolla d’aria. Questo poi ovviamente chiuso v a messo in frigo ed il primo utilizzo non potrà essere fatto prima di ¾ giorni. Durante l’inverno può essere utilizzato nelle bevande come prevenzione. Resta sempre inteso che in caso di recidive è sempre meglio consultare un professionista. Vi saluto con una interpretazione dell’autunno un pò filosofica trovata in rete; l’equinozio d’autunno segna il momento dell’anno in cui i frutti sono maturi, le foglie cominciano a cadere e il sole tende ad essere sempre meno presente. Si assiste ad una progressiva morte della natura dopo l’espansione e la crescita estiva. E’ il momento in cui le piante vanno in riposo e si raccoglie ciò che è maturato. Tutto questo è una metafora di quanto accade anche all’interno dell’uomo. Si raccoglie ciò che è maturo, non è facile separare la noce dal suo mallo, ma la natura sa come farlo: essa lascia maturare il frutto, il mallo si apre da solo e la noce si libera. Lo stesso dicasi per il bimbo nel ventre di sua madre: esso è strettamente collegato alla madre e non lo si può strappare prematuramente, altrimenti sarebbe la morte per entrambi. Se invece si aspetta, il frutto giunge a maturazione e, a quel punto si può recidere il legame che univa la madre e il bambino. Questa separazione è il simbolo della maturità, l’autunno comporta lasciare andare. Si lascia andare ciò che non serve più (il mallo secco) e ci si apre a nuova vita (la noce). Questo mette un po’ paura perché “lasciare andare” può far pensare che dobbiamo rinunciare a qualcosa di bello e soffrire di conseguenza. Lasciare andare al contrario significa soprattutto far fluire ed aprirci a nuove esperienze

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a riveder le stelle di Edoardo Flaccomio e Flaviana Pier Elena Fusi

L’ORIGINE DELLA PAROLA LA PAROLA È MAGIA QUI LASCIAMO CHE SIA Una parola ed è già magia, se dici Amore seduci chicchessia. Sai che è sentimento e ti arriva il suo profumo come alito di vento. Un colore ti sovviene ed è rosso come il sangue che al cuore appartiene. Una forma particolare, di un abbraccio che sa scaldare. Un’energia ancestrale che crea dal tempo primordiale. Un effluvio di passione, che travolge in qualsiasi condizione. La vittoria della vita, da sempre è garantita, con l’Amore puoi sognare e un mare attraversare. Una parola è magia, di realtà che diventa poesia: travalica i confini e rende amici al di là degli Appennini. Siamo tutti con l’Amore bambini, entusiasti burattini, se a quel suono ci lasciamo andare, con questa parola possiamo realizzare. La nostra essenzialità accende la viabilità: un obiettivo in fronte e vai sicuro verso quell’orizzonte. Metti in bocca le giuste parole, quelle collegate dall’anima al cuore. Sempre lo voglio ricordare, al momento è l’unica cosa da fare, insieme un nuovo mondo all’Amore possiamo accreditare.

BOLLETTINO METEO

Un diario segreto Nasconde un cuore inquieto Di chi vuole ammaestrare Un amore che non sa dove andare Così affida alla solitudine Ciò che poi diviene beatitudine. Una scrittura che pittura Una cucitura sull’anima pura Catartica è la missione Della parola fatta con ammissione Di fragilità e ingenuità Nel diario divengono immensità. Si rilegge per rinverdire E un ricordo vede un rifiorire Ma la distanza mette a posto la danza E quel che è stato Sarà ora in altro modo gustato. Consiglio meteo: se col buio era segreto con la luce diviene lieto.

C’è stato un tempo in cui gli ominidi dovevano essere molto simili ai loro fratelli antropomorfi da cui discendono gli scimpanzé, i gorilla e gli orango tango odierni. Al trascorrere del tempo, la forma cranica è cominciata a cambiare poco alla volta, la mandibola si è ridotta per ampliare la testa che in questo modo ha permesso la nascita dell’area del linguaggio, che risiede unicamente nell’emisfero sinistro ed è una particolarità propria dell’essere umano. I denti hanno cominciato a rimpicciolirsi e lo spazio si è ristretto al punto che oggi, i cosiddetti denti del giudizio, molte volte non spuntano per mancanza di spazio: sicuramente destinati a scomparire nei secoli a venire. Contemporaneamente il pollice si specializzato, la postura è cambiata divenendo più ritta, gli arti superiori si sono accorciati in seguito all’abbandono degli alberi. La deambulazione ha comportato l’allungamento delle gambe. Verrebbe da chiedersi se l’evoluzione biologica sia terminata. La testa umana sta continuando a cambiare e noi non saremo presenti, fra migliaia di anni, quando la corteccia cerebrale sarà ancora più grande e perfetta di adesso. Lo deduco dal fatto che il pensiero, grazie alla razionalità apportata dalla scienza, si sta affinando, sta divenendo sempre più elaborato. Anche dall’altro lato del sapere sta emergendo una specializzazione del pensiero e del linguaggio. Alle parole degli albori dell’umanità, sgorgate per descrivere le proprie intenzioni, i bisogni e l’ambiente circostante, sono seguiti gli alfabeti. Le lettere sono state percepite e descritte in base alla sonorità specifica del sito terrestre da cui emergevano. Queste forme dovevano contenere le leggi della creazione. Sanscrito, Giapponese, Cinese, Arabo, Ebraico, per citarne alcune di superlativa bellezza, celebrano questa incredibile specializzazione attraverso la loro forma. Il Verbo creatore di cui si parla nella Bibbia, altro non è che la rievocazione della potenza verbale che ha dato origine al Cosmo all’interno del quale viviamo da osservatori e spettatori ammaliati. La parola è intesa dagli uomini e riversata nella creazione a titolo di ripetitore divino. PAROLA IN EBRAICO si scinde in PAR, che vuol dire ‘magnificenza’ e ola che significa Dio. Mettendo insieme otteniamo: magnificenza di Dio. Parola in latino deriva da parabola che vuol dire discorso. Il termine parabola, letto da destra a sinistra, diviene ALO BARA P che in ebraico vuol dire, Dio crea bocca. I conti tornano. Edoardo Flaccomio

Flaviana Fusi

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il mondo di max

...Un po’ di sano umorismo non guasta! Nato il 3 febbraio 1965 a Chivasso in Provincia di Torino. Laureato in Economia e Commercio presso l’Università degli studio di Torino. E’ dottore commercialista dal 1992 ed esercita la professione con studi a Chivasso e a Torino. Da sempre collabora con l’Ordine dei Dottori Commercialisti di Ivrea Pinerolo e Torino ricoprendo anche cariche istituzionali. E’ stato, infatti, Componente del primo Consiglio di Disciplina ed è, da diversi anni, Delegato presso la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei Dottori commercialisti. Da sempre attento al mondo del terzo settore e appassionato di politica che nel passato ha esercitato attivamente nell’area di centro. Si definisce infatti un democristiano nell’anima e per questo rimpiange la prima repubblica E’ Presidente e fondatore dell’Associazione Culturale POLIS CULTURA, che da tredici anni organizza eventi culturali di ogni genere, su tutto il territorio piemontese. Ama l’arte, in particolare, il disegno e la pittura. La passione per il disegno lo ha ispirato alla creazione delle vignette di “Questomondodimax” ( da cui prende il nome la sua pagina Facebook ) con i personaggi di Max ( se stesso), dei suoi inseparabili Ciuk e Ciarlino ( gattina persiana e cockerino realmente esistiti e ormai passati a miglior vita) e dell’ultimo arrivato, Gustavo ( suo attuale vivente fedelissimo beagle).

presso il Circolo dei lettori di Torino con la partecipazione oltre che dell’editore Paola Gribaudo e di Alessandro Meluzzi, anche del direttore di Torino Magazine, Guido Barosio, dell’attore Daniel McVicar e del Prof. Michele Vietti. Ha partecipato con altri 91 autori, con vignette umoristiche sul Covid, alla stesura del libro “CONSIVIDERE “ edito Paola Gribaudo Editore, pubblicato a settembre 2020 e presentato all’Accademia Albertina di Torino. Ha partecipato alla stesura dell’opera di prossima pubblicazione “PROGETTARE IL SOCIALE “, Maggioli editore, con vignette umoristiche ad introduzione dei capitoli. E’ attualmente disegnatore ufficiale della vignetta annuale su Pirandello per le EDIZIONE NAZIONALE DEL FESTIVAL LUIGI PIRANDELLO E DEL ‘900. Nel 2020 si è classificato secondo per la sezione vignettisti al Premio internazionale letterario Città di Sarzana – edizione 2020, con il suo libro, “Un mondo chiuso – Questomondodimax”. Una delle sue vignette estratte dal libro è stata pubblicata sull’Antologia del Premio. E’ attualmente candidato all’edizione 2021 con il “Giornalino di Questomondodimax “ appositamente ideato e disegnato per i bambini ricoverati dell’Ospedale Infantile Regina Margherita di Torino in occasione delle festività pasquali 2021. Il giornalino contiene il suo primo fumetto con la partecipazione dei personaggi di Questomondodimax a cui si è aggiunto il nuovo personaggio Dari, fratello gemello di Gustavo.

A novembre 2019 ha pubblicato il suo primo libro intitolato “Un mondo chiuso Questomondodimax”, con prefazione del Prof. Alessandro Meluzzi, sessantacinquesimo “ librino “della collana DisegnoDiverso ideata dall’editore d’arte torinese, Paola Gribaudo . Il testo raccoglie le riproduzioni di cinquantanove vignette, selezionate tra le numerose finora disegnate, tutte su carta con pennarelli ad acqua. Nel libro, oltre alle vignette, che si ispirano ad una varietà di temi, da banali momenti di vita ad attualità e satira politica, si possono assaporare simpatiche riflessioni, commenti, cenni storici e curiosità di ogni genere. Il libro è stato ufficialmente presentato il 10 febbraio 2020 pag. 14

di Massimo Striglia

Disegna vignette per il settimanale del pinerolese “ IL MONVISO” , saltuariamente per il notiziario on-line “Notizieinunclick “ e per il settimanale chivassese “LA VOCE” e per la rivista “ PALIO MAGAZINE di Torino ” E’ stato ospite a diverse trasmissioni radiofoniche, televisive locali e on line. Ha disegnato la vignetta ufficiale della locandina dell’ Associazione Nazionale Camere Penali in occasione dell’Assemblea straordinaria tenutasi a Verbania dopo la tragedia della funivia del Mottarone Partecipa al Salone del libro di Torino 2021 con “ Momenti d’incontro – L’Avvocato , il Commercialista , il Notaio, scrittori”

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Questomondodimax Max e i suoi inseparabili Ciuk, Ciarlino e Gustavo L’INOCULATO

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parlando di..

Uno, nessuno e centomila. La disarmante attualità di Pirandello-.

La contemporaneità del pensiero pirandelliano è notevole. Dal 1926 ad oggi le sue idee hanno attraversato epoche e trasformazioni sociali e culturali diffondendo la centralità dell’io e delle sue svariate sfaccettature. Mai cosi contingente come in quest’ultimo periodo che, ha messo a dura prova le nostre convinzioni, scuotendo i nostri sentimenti o per lo meno ciò che noi vogliamo sforzarci di credere. Perché, come l’autore stesso afferma: “nulla è fermo, dunque neanche le opinioni degli altri sono le stesse”. E l’uomo non può inseguirle tanto meno cambiarle. “Uno nessuno è centomila” è un classico della letteratrura di tutti i tempi dal significato profondo e particolare, fondamentale per capire le dinamiche dei rapporti tra gli esseri umani e le loro personalità. Il titolo dell’opera è emblematico. “Uno” rappresenta l’immagine che ogni essere umano ha di se; “nessuno” rappresenta tutto quello che il protagonista sceglie di essere alla fine del racconto e “centomila” ritrae chiaramente l’immagine che gli altri hanno di noi. L’uomo, l’essere più complesso e straordinario del creato, in conflitto con sé stesso e con gli altri. Ecco l’attualità dell’opera madre di Pirandello, dentro la quale, riesce a tessere , con straordinaria maestria, le complesse dinamiche dei rapporti tra gli esseri umani e le loro personalità. Contemporanea in un mondo che corre freneticamente in direzioni non sempre ben identificate e che ci fa sorgere numerosi interrogativi, primo fra tutti : Noi, uomini moderni, siamo maschere nude. È uno dei capolavori più complessi ed enigmatici dell’opera pirandelliana, in cui non manca affatto l’umorismo tipico dell’autore, un libro che stimola a molteplici riflessioni. Dalle sue pagine emerge, infatti, come la visione che ciascuno di noi ha di sé stesso e la conseguente impressione che la gente ha di noi non sono immutabili, ma soggette ad una evoluzione costante e inesauribile. Un concetto che viene espresso a chiare lettere già dal titolo particolarmente emblematico. Il protagonista e narratore, Vitangelo Moscarda, si convince, pag. 16

di Antonella Caruso

improvvisamente, che l’uomo non è “uno” ma “centomila”. L’essere umano possiede, quindi, tante diverse personalità quante gli altri gliene attribuiscono. Riuscire a scoprire ciò significa, potenzialmente, diventare “nessuno” almeno per sé stessi. Così ciò che resta è soltanto il poter osservare le multiformi e differenti personalità attraverso le quali lui appare agli altri. Il fattore determinante che innesca la frantumazione dell’io è un episodio apparentemente banale. La moglie di Vitangelo gli fa notare che il suo naso pende leggermente verso destra, aspetto di cui lui non si era mai accorto. La moglie sorride e parla tranquillamente elencando i difetti del marito. Ed è proprio tra il comico e il tragico, tipico di Pirandello, che Vitangelo acquisisce l’intima consapevolezza che nella società, attraverso l’approccio ironico della moglie, un uomo non è “Uno” agli occhi degli altri ma è “centomila” individualità. A questo punto il protagonista rifiuta la propria personalità, la cancella e decide di allontanarsi dalla società e trascorrere il resto della sua esistenza in manicomio, dove potrà essere il signor “nessuno”,in cui riesce a trovare un ambiente sereno e sicuro, al di fuori della società piena di schemi e stereotipi. La società in cui stiamo vivendo noi attualmente dominata dai social e dal mondo digitale, portata a suddividere e schematizzare le persone in scomparti ben definiti. Per cui o sei ‘bianco’ o sei ‘nero’, o sei ‘carne’ o sei ‘pesce’, o sei ‘nerd’ o sei ‘emo’. Secondo Pirandello, ciascun individuo indossa una maschera, con la quale affronta le diverse situazioni che gli si presentano, ma che non corrispondono alla sua reale natura. Questo perché si sente il bisogno di appartenere a qualcosa altrimenti ci si sente emarginati. Ormai viviamo in un mondo in cui siamo costantemente giudicati ed etichettati ;in un mondo in cui ci si deve nascondere dietro a un qualcosa di irreale perché si ha paura di non venire accettati. I social network sono una grande barriera con la quale molte persone si difendono, nascondendosi dietro ad una identità non reale per timore di aprirsi e di mostrarsi. Io penso che la vera sfida consiste nel riuscire a rimuovere questa irrealta’, perché solo in questo modo si riuscirà ad essere felici e liberi dai giudizi degli altri. In conclusione direi : cerchiamo di accettarci per quello che siamo e di toglierci questa maschera e affrontiamo la vita con la nostra personalità. Ci saranno sempre persone che ci giudicheranno, ma starà a noi decidere se abbatterci oppure fare di questi giudizi i nostri punti di forza. “C’è una maschera per la famiglia, una per la società, una per il lavoro. E quando stai solo resti “ nessuno”.

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attualità

MIMMO LUCANO

LA LEGGE, LA POLITICA E LA MORALE. IL LAICO E IL CRISTIANO di Franco Cimino

Vorrei che fosse consentito a un uomo che ama le istituzioni e l’autorità che le rappresenta rispetta, quale io mi sento, di dirsi sorpreso, esterrefatto, turbato, preoccupato, dalla sentenza che il Tribunale di Locri ha emesso nei confronti di Mimmo Lucano, il sindaco di quella Riace che voleva proporsi come città greca dell’accoglienza e della democrazia. Chi mi conosce sa che io non mi sono mai “ iscritto” al partito sorto spontaneamente nel nome di Lucano trionfante. Dell’uomo, cioè, che per un paio d’anni ha avuto un successo politico e una popolarità, non solo in Italia, che pochi, qui e altrove, hanno avuto. Una popolarità che l’ex sindaco non ha mai voluto sfruttare a fini personali o per facili carriere politiche. Io non sono un giurista, non sono nel processo, non conosco le carte di quello che si è appena concluso dopo circa due anni di svolgimento e, giustamente, nel giorno in cui si sarebbe dovuto concludere, non potendo la Giustizia, come invece lamentano in tanti quando ne sono interessati, sintonizzare il proprio orologio con quello della politica. In più ho fiducia nei magistrati, sia inquirenti che giudicanti, che hanno avviato l’iter processuale nei confronti dell’ex sindaco, oggi chiuso al primo responso. Le sentenze si accettano, ma non è vero che non si discutano, anche quando sono definitive. Io che pure le accetto e le rispetto, non posso non constatare una sorta di discrepanza fra i tredici anni e due mesi più la restituzione di cinquecentomila euro dei fondi impiegati, inflitti a un amministratore , che può aver sbagliato nella gestioLamezia e non solo

ne amministrativa violando pure la legge, ma che non si è mai messo un soldo in tasca, e i tanti corrotti nella politica. Quelli, in particolare, che rubano risorse pubbliche, scambiano denaro con favori illeciti, e quelli che hanno fatto la tacita alleanza con quei mafiosi, che se la cavano sempre con pene assai miti. È una discrepanza, questa, che accresce la sfiducia dei cittadini verso le istituzioni in generale e la Giustizia, in particolare. Specialmente, dopo gli spiacevoli fatti che hanno riguardato la Giurisdizione calabrese negli ultimi anni. Di Mimmo Lucano, ho sempre pensato che sia una persona bella, un cristiano senza religione che ha posto l’uomo al centro della Politica, la più alta forma di carità. In questa sua visione ha svolto il lavoro più difficile e rischioso, aiutare i più deboli, gli emarginati, quelli che Francesco chiama gli scarti umani, gli esseri umani più poveri dei poveri. Quelli che non hanno nulla, né lavoro, né casa, né patria, e la famiglia lasciano lontano o la perdono nel mare della speranza. Tra le realtà abbandonate vi sono anche i luoghi. In Calabria sono le terre abbandonate, bruciate dal fuoco e indurite dall’emigrazione. E i paesi, quelli interni, che non sono sui monti e non sulle colline e il mare però lo guardano da un semplice affaccio. E che, come gli alberi d’autunno,

spogli di anime e di persone, soffrono di solitudine. Lucano, non so se volutamente o perché spinto da quello spirito cristiano recondito, ha cercato di mettere insieme scarti umani e scarti urbani, povertà dei derelitti e povertà del territorio, solitudine delle persone e solitudine dei paesi, culture negate e culture abbandonate. In qualsiasi parte del mondo, tutto questo sarebbe stato considerato progetto politico o una qualche forma di santità. Qui, da noi, è stato segnato come velleità fallita, presunzione dell’ignoranza rozza. Ambizione sfrenata moralmente fragile. Spero, invece, che un giorno, la Calabria non solo riconosca il bello di questa persona, ma si riconosca in questa idea della vita fortemente sostenuta dalla persona fattasi sindaco. Spero pure che, presto, davvero presto, anche la Giustizia lo assolva dei reati ascrittigli, perché troverà la prova che non sono stati commessi.

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territorio

I SANTUARI MARIANI DELLA DIOCESI LAMETINA

Madonna di Porto Salvo in Sambiase di Lamezia Terme (8 puntata) IOggi sita su Viale Gaetano Salvemini, a metà strada fra il centro dell’ex comune di Sambiase e la frazione Caronte ove prosperò per secoli la millenaria Badia dei S.S. Quaranta Martiri (vedi mio articolo sul numero 66/2020) immersa in un paesaggio oggi parzialmente urbanizzato ma da sempre agreste, caratterizzato dalla presenza di coltivazioni intensive di uva, olivo, alberi da frutta, ortaggi negli antichi fondi agricoli chiamati Chiusa, Fondachello, Felicetta, San Sidero e Zupello e irrogati dal fiume Bagni. E’ in questo contesto agreste che al principio del XVIII secolo nacque il Santuario del Porto Salvo. Sulle origini e motivazioni storiche che hanno voluto la sua edificazione ancora oggi non ne abbiamo certezze se non la data di fondazione, il 1726, mentre esistono almeno tre leggende che ne vorrebbero spiegare l’origine e che analizzerò dopo la loro narrazione. La prima vuole che il Santuario sia frutto della soddisfazione di un voto alla Madonna contratto da un ricco feudatario del Lametino, un certo Franceschino Gregoraci, il quale dal ritorno in nave da Napoli ove si era recato ad omaggiare il nuovo vice re, giunto in prossimità del golfo di Sant’Eufemia venne colto da tempesta furiosa, tant’è temette seriamente per la sua vita. Sicché, mosso da grande fede, guardando al Cielo scorse una stella luminosissima ove intravide una immagine femminile che gli infuse subito serenità e certezza di salvezza. Subito associò quella visione al volto della Santa Vergine (la Stella Maris), sicché promise di costruirle un Tempio qualora fosse sopravvissuto al naufragio. Salva la vita, iniziò la fabbrica della chiesa che purtroppo andò a rilento fin quando un non ben chiaro nuovo miracolo dette la necessaria accelerazione al cantiere affinché fosse conclusa l’opera. La seconda leggenda afferma che il Santuario sia la conseguenza di un ringraziamento collettivo da parte di diversi proprietari terrieri dove oggi sorge il Luogo Sacro, i quali, vittime delle esondazioni periodiche del fiume Bagni che puntualmente devastavano i loro Fondi agricoli vanificando intere annate di lavoro, all’ennesima piena, avvenuta in una notte furiosa e accompagnata da pioggia scrosciante, invocarono la Madre di Dio affinché i danni che avrebbero ritrovato il giorno successivo non fossero molto gravi. Invece, con somma sorpresa, il giorno successivo non trovarono i consueti allagamenti e devastazioni ma, al contrario, nei pressi del Canale usato solitamente per l’irrigazione ritrovarono una Croce di ferro in stile greco-bizantino (forse proveniente dalla Badia dei S.S. Quaranta Martiri) che, associata alle loro preghiere alla Vergine, fu interpretato come miracolo sicché eressero con la Croce rinvepag. 18

di Matteo Scalise

nuta una specie di Cona Votiva, primo nucleo del futuro Luogo Sacro. La terza e ultima leggenda vuole che il Santuario sia un’opera voluta da uno o più briganti che nel periodo del Decennio Francese (1803-1813) avevano trovato rifugio nei boschi attorno al sito del Santuario quali Monte Sant’Elia, Bosco Amatello, Caronte per ringraziamento di non esser stati arrestati dalle ronde Napoleoniche, mentre un’altra versione afferma che i briganti, a Santuario già edificato, impossibilitati a frequentarlo come gli altri di giorno, la notte si recassero davanti il portone e tolto il pittoresco cappello omaggiassero così la Santa Vergine, cosa che ripetevano la mattina presto successiva, prima di ritornare a nascondersi nei boschi dintorno. Riguardo le leggende sopra esposte c’è da dire questo: della prima si è messa in dubbio l’esistenza stessa del Franceschiello Gregoraci, poiché tale famiglia giunse a vivere a Sambiase nel XIX secolo. Ma, al di là di questo, poiché la leggenda afferma che il Gregoraci andò ad omaggiare il vice re insediatosi a Napoli mi fa pensare che: • il vice re omaggiato potrebbe essere stato, poiché il vice reame austriaco a Napoli iniziò nel 1720 dopo del Trattato dell’Aia e il Santuario esiste dal 1726, o Carlo Borromeo Arese (vice re dal 1710 al 1713) oppure Wirich Philipp von Daun (vice re dal 1713 al 1719). • Il Gregoraci, sia stato lui o meno effettivamente a recarsi a Napoli per omaggiare il nuovo vice re, mi fa pensare che non dovesse essere semplicemente un ricchissimo proprietario terriero ma anche un potente esponente politico del Comprensorio lametino affinché fosse ammesso alla Corte di Napoli per conoscere il vice re. Infatti si doveva essere una persona avente un certo peso politico per poter andare a Napoli ad omaggiare il vice re, altrimenti se fosse stato un semplice proprietario terriero non avrebbe avuto molto senso questa sua “visita istituzionale”. • Sulla seconda leggenda suppongo che ci possa essere un fondo di verità. Infatti sono moltissimi gli episodi storici a noi giunti da documentazione coeva del fatto che nel Lametino le piene dei fiumi, in mancanza di argini o comunque di una serie di tecnologie utili a farlo restare nel suo letto naturale, unito al disboscamento selvaggio alle foci dei torrenti, nel corso dei secoli scorsi devastarono non solo questo Sito ma anche molte altre località vicine come a Sambiase, a causa del Cantagalli, o a Nicastro, ciclicamente funestata delle esondazioni dei fiumi Canna e Piazza. Quindi, se effettivamente l’en-

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nesima piena non produsse quella volta seri danni ai proprietari terrieri del Luogo, non era strano che essi avessero collegato la cosa ad un intervento divino e di conseguenza si fossero sentiti in dovere di omaggiare “il miracolo” con la costruzione di una Cona Votiva. • La terza leggenda infine sembra piuttosto inverosimile, poiché i briganti, anche mettendo caso fossero sinceri devoti alla Madonna, con la vita che conducevano, fra rapimenti, ricatti, estorsioni e fughe continue per sfuggire alla cattura o dei francesi oppure decenni dopo dei piemontesi, non avessero tutto questo tempo né per omaggiare la Madonna né, addirittura, di poter edificare un Santuario! Analizzato le leggende ora lasciamo spazio alla storia. Edificato questo Luogo Sacro dedicato alla Madonna del Porto Salvo (cioè del porto sicuro, in cui il Gregoraci ha trovato la salvezza), secondo il primo documento storico che ne cita l’esistenza, redatto nel 1769 dal Visitatore Apostolico monsignor Paolino Pace, si afferma che la Chiesuola esistesse dal 1726, voluta dall’allora vescovo di Nicastro monsignor Domenico Angeletti, e fosse “extra muros”, cioè fuori dal centro abitato, facente parte dalla Parrocchia della chiesa Matrice di San Pancrazio, il cui Arciprete ne aveva delegato la gestione alla Congrega della Immacolata. Tale chiesuola era stata munita di un Beneficio per il mantenimento del Clero che vi si recava nel celebrare la messa (allora ogni Sabato) costituito da terreni agricoli, due mulini e un trappeto per la spremitura delle ulive, oltre che, a devozione dei confinanti proprietari terrieri, di una porzione annua in farina e olio d’oliva. Oltre queste informazioni, poco si sa degli anni successivi, se non che miracolosamente non fu atterrata dai devastanti terremoti del 1783, 1905 e 1908, che la Cassa Sacra (17841796) non toccò il Beneficio che, invece, fu perso con le leggi eversive della proprietà ecclesiastica volute dai Francesi (1806 - 1811) ma che non impedì però ai devoti di prodigarsi per dare qualcosa, utile a pagare il clero che vi celebrava le sacre funzioni. Fu miracolosamente non toccata neanche dallo sgancio delle bombe su Sant’Eufemia da parte degli Alleati durante il 1943. Dal 1955 la chiusuola è sotto la cura pastorale dell’Ordine dei Minimi di San Francesco di Paola, richiamati a Sambiase dall’allora vescovo di Nicastro monsignor Vincenzo Maria Iacono che gli affidò sia il Santuario Francescano che la MaLamezia e non solo

trice, l’Addolorata, le chiesuole della Immacolata e Annunciata e quindi anche Porto Salvo. Furono i Minimi a portare avanti il progetto per elevare la chiusuola a Santuario diocesano. Tale sogno divenne realtà il 15 settembre 1989, quando era vescovo di Lamezia Terme monsignor Vincenzo Rimedio, oggi emerito e capo della comunità dei frati padre Giovanni Cozzolino. Nel 2000 Porto Salvo fu sede dove lucrare le indulgenze in occasione del Giubileo voluto dal papa san Giovanni Paolo II. La festa si svolge la seconda domenica di settembre, iniziando da un Triduo di preghiera dal venerdi, giorno in cui la mattina l’immagine della Santa Vergine è portata in processione dalla chiesa di San Francesco a Porto Salvo. Bisogna ricordare che una volta la chiesuola era aperta sia durante la festa e sia ogni sabato per le messe votive alla Santa Vergine e soprattutto la domenica delle Palme per la benedizione dei ramoscelli di ulivo. Oggi la messa è celebrata, oltre ai giorni di festa, ogni domenica pomeriggio. Durante il Triduo era uso un tempo la processione delle Verginelle, bambine aventi età fra gi 8 e 10 anni che, vestite di bianco, portavano un omaggio floreale alla Madonna intonando antiche preghiere devozionali nel dialetto d’origine. Importantissima era soprattutto la Fiera, che richiamava vicino alla chiesuola molti commercianti dall’hinterland sambiasino e dove si vendeva di tutto, dagli animali da cortile, ai prodotti agricoli, manufatti artigiani per ogni uso (i zagarelli) oltre che i venditori di cibo già pronto e vino (celebre la vendita dei fichi d’india) che creava un clima di festa perdurante anche la notte dove restava gente che, o andava in chiesa a fare preghiera e penitenza (a nuttata) oppure, al suono di organetti, chitarre e fisarmoniche si lasciava andare ai balli tradizionali (tarantelle) dove spesso c’era la possibilità per i giovani di conoscersi e imbastire futuri matrimoni.

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eventi LA RASSEGNA “A PALAZZO CON LO SCRITTORE” DI RAFFAELE GAETANO SI CONCLUDE A LAMEZIA CON

CATENA FIORELLO di Annamaria Davoli Originale e interessante Rassegna ideata dal Prof. Raffaele Gaetano, che ha offerto l’opportunità a Lamezia e dintorni, d’incontrare la poesia di qualche grande poeta italiano, ammirando alcuni palazzi storici calabresi dove sono avvenuti gli incontri. Questi, svoltisi tra mobili pregiati, opere d’arte e giardini, frammisti di Arte, Filosofia, Letteratura e degustazioni di prodotti tipici, sono stati molto visionati e apprezzati. La Rassegna, consistente in tre appuntamenti, ha avuto come protagoniste altrettante ville storiche calabresi, che hanno per l’occasione aperto le porte al pubblico, offrendo un itinerario intellettuale che ha via via assunto la forma del racconto e del ritratto. Il primo incontro svoltosi a Soveria Mannelli, ha visto protagonista Giacomo Leopardi e la scrittrice Fabiana Cacciapuoti, grande studiosa del poeta, che ha evidenziato, insieme a Raffaele Gaetano, i grandi temi del pensiero Leopardiano. Il pubblico è rimasto in silenzio, catturato dal linguaggio fluente e dalla ricchezza e profondità degli argomenti. L’artistica eleganza di Palazzo Marasco si è accordata all’armonia dei versi suscitando emozioni che sia il pubblico, sia i proprietari della villa hanno mostrato apprezzare. Ha fatto seguito la visita del palazzo e della vicina Chiesa di San Giovanni Battista, affidata alla storica dell’arte Giuliana De Fazio. Il 7 settembre, al secondo appuntamento, è stato il turno di Villa Cefaly Pandolphi in Acconia di Curinga, che ha visto protagonista la poesia di Dante e lo studioso Giuseppe Conte, poeta raffinato e vincitore di prestigiosi premi. Egli interagendo con Raffaele Gaetano ha tracciato un originale itinerario dantesco riallacciandolo ai contenuti del suo ultimo romanzo dal titolo Dante in love. La storia di Villa Pandolphi si è così accordata elegantemente con la grande letteratura,

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suscitando forti emozioni. L’apprezzamento del nutrito pubblico e della padrona di casa, Anna Maria Cefaly Pandolphi, è stato inevitabile, così come il plauso finale. La rassegna ha proposto poi la visita guidata all’ interno della Villa, grazie allo storico dell’arte Pietro Perugino, cui ha fatto seguito la degustazione di vini prelibati delle Cantine Ippolito del 1845. Il terzo appuntamento tenutosi il 28 settembre presso il Seminario Vescovile di Lamezia Terme, ha concesso l’opportunità di visitare il Palazzo, il Museo Diocesano e le sue opere d’arte, nonché la storica Biblioteca. Come ha sostenuto il Prof. Raffaele Gaetano Quest’’esperienza è in grado di suscitare ricordi ed emozioni colmandole di senso “ . La rassegna, è stata patrocinata dall’Associazione Nazionale “Dimore Storiche” e si è resa possibile grazie al sostegno di alcune aziende che credono in progetti culturali innovativi: Arpaia, Credito Centro Calabria, Forgest, Mercadò. L’incontro ha permesso al pubblico d’incontrare l’esuberante e bravissima artista Catena Fiorello, indiscutibile protagonista della serata. Catena, sorella di Rosario e di Giuseppe Fiorello, presentatrice, attrice e cantante, è anche tra le più amate e note scrittrici italiane, puntualmente ai primi posti delle classifiche di vendita con i suoi libri, da cui sono nati molti film di successo. Catena Fiorello è entrata in scena salutando il pubblico e Raffaele Gaetano. Già era previsto che il suo arrivo fosse dovuto alla presentazione del suo nuovo libro Amuri, ma in realtà sono stati la sua bravura, la simpatia e l’umorismo noto a tutti a rendere la serata divertente e per nulla una ‘presentazione-testo’. Ella infatti non ha commentato un testo in senso classico, bensì ha fatto ‘cabaret’. Catena ha scherzato col

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pubblico, ha interloquito coi presenti e tutti l’hanno ascoltata divertiti, applaudendo. Il romanzo Amuri parla della storia di una famiglia e anche di amore, il grande amore di Catena per la sua terra, la Sicilia e in particolare si parla di Alicudi. Ella ha origini siciliane e col suo umorismo sa conquistare il pubblico. Oltre ad essere scrittrice, è anche autrice e conduttrice televisiva e lo si vede da come padroneggia la scena e gestisce perfettamente i tempi sul palco. “Non vi illudete, Amuri non parla di ‘amuri’, nel senso di innamoramento” ha subito esordito. “Il romanzo parla della storia di una famiglia e anche di amore”. Parla di Alicudi che lei nel libro chiama Arcudi, rivelandone alcuni dettagli. Nell’isola esistono soltanto le cose essenziali e da poco tempo. L’elettricità, è arrivata soltanto nel 92, non esistono strade, ma soltanto scalini e gli abitanti sono 80 in totale, in inverno. Le persone si conoscono tra di loro dal numero dello “scalino” in cui abitano. Non esistono parrucchieri, negozi, biblioteche, esiste solo una scuola con due alunni, c’è solo un medico e c’è un affittacamere. Soltanto le cose principali, importanti. Ma quali sono poi, in realtà, le cose veramente importanti, chiede Catena al pubblico? Ed è proprio qui, ad Arcudi, che la protagonista del romanzo decide di tornare, qui, dov’è ambientato il romanzo. Catena parla del suo libro intensamente, e tutti l’ascoltano rapiti, durante questo racconto del viaggio della protagonista. Racconta, canta, rapisce l’attenzione dei presenti, tutti attenti, interessati, assorti, giovani, e adulti. E alla fine della presentazione, tutti l’hanno ringraziata, chiedendole l’autografo sul libro acquistato e Catena ha ringraziato tutti per l’ospitalità e l’attenzione ricevuta.

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l’angolo di ines

La coperta all’uncinetto

di Ines Pugliese

E' ancora li, seduta accanto alla finestra, curva su una striscia di tela bianca che da sopra le ginocchia scende fino a terra. Un punto dopo l'altro, a volte incrociato, a volte doppio. Va su e giù con un leggero uncinetto nella mano destra, mantenuto da solo due dita. E... va. Mi incanto a guardarla, lei non si ferma, va veloce. ...Deve finirla questa coperta prima che la guerra avanzi ed il filo non arrivi più. Si disperava mamma quando la trama bianca veniva interrotta per forza maggiore:-Il treno che portava il filo bianco a cordoncino, non arrivava, era stato bombardato e con il filo s'erano perse tante merci, compresi i passeggeri. Erano gli anni 40, un conflitto mondiale sconvolgeva il mondo e le famiglie vennero private da coloro che ne erano sostentamento. ..Tre punti bassi... una catenella, tre punti bassi ,una catenella e poi sui tre punti bassi tre punti alti, catenella, due pippiolini e così via... Intanto il cielo a volte veniva oscurato dalla presenza di centinaia d'aerei pronti a lanciare bombe su ponti, ferrovie, abitazioni, scuole, chiese. …Un punto alto, un punto basso, due catenelle: bisognava fare un quadrato con delle foglioline ai quattro lati, e poi al centro un altro piccolo quadrato con quattro foglioline che formavano un fiore. Lavorava la mia mamma. La coperta doveva essere regalo di nozze per la figlia maggiore che ero io ...E a me fu regalata il giorno delle nozze. Ma quando arrivò il momento con la coperta stesa sul letto nuziale, che tristezza! Mancava la persona più importante: mio padre che dalla guerra non tornò più. Oggi è primavera; sono trascorsi tanti anni voglio posare sul mio letto la candida coperta: un punto alto due punti bassi ...e gli anni sono volati. Il filo si è un po' consumato, in silenzio nel fondo del baule, si è formato sulla fogliolina un piccolo buco, prendo l’ago l’infilo e ad una ad una riprendo le foglie sdrucite mentre nel cuore arrivano le note di una canzone: tutte le sere sotto quel fanal, presso la caserma ti stavo ad aspettar…./Anche stasera aspetterò e tutto il mondo scorderò/…con te Lily Marlen. Testata Giornalistica Di tutto un po’ - lamezia e non solo anno 29°- n. 77 - ottobre 2021 Iscrizione al Tribunale di Lamezia Terme dal 1993 n. 609/09 Rug. - 4/09 Reg. Stampa Direttore Responsabile: Antonio Perri Edito da: GRAFICHÈditore Perri Lamezia Terme - Via del Progresso, 200 Tel. 0968.21844 - e.mail. perri16@gmail.com Stampa: Michele Domenicano Allestimento: Peppino Serratore Redazione: Giuseppe Perri - Nella Fragale - Antonio Perri Progetto grafico&impaginazione: Grafiché Perri-0968.21844

Le iscrizioni, per i privati sono gratuite; così come sono gratuite le pubblicazioni di novelle, lettere, poesie, foto e quanto altro ci verrà inviato. Lamezia e non solo presso: Grafiché Perri - Via del Progresso, 200 -

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Sento qualcosa di caldo che scivola sul mio viso, sono lacrime mamma, sono gocce di dolore conservate per tutti questi anni. La guerra finì nel settembre del 43 con l’armistizio di Badoglio, finì per modo di dire, perché fu proprio allora che, con la “Resistenza”, la guerra diventò più cruenta. La lotta Nazista apparve per la prima volta più assurda che mai, nessuno voleva continuare una guerra che si credeva terminata. Napoli combattè quattro giorni di seguito contro i nazisti che volevano prolungare la guerra e rastrellavano i popolani per le vie e fucilavano chi si rifiutava. E chi può dimenticare la vicenda di una ragazzina ebrea che viveva in quello scorcio del 43 i suoi ultimi giorni in una soffitta di Amsterdam braccata dalle SS nell’Europa occupata? E chi può dimenticare le prime razzie di ebrei, le stragi perpetrate a Meina dove interi gruppi familiari rifugiatisi nei paesi della riviera del lago Maggiore, furono massacrati e gettati nelle acque dai nazisti? Ma, questa è un’altra storia. Un punto basso, un punto alto... E la guerra finì, ma la coperta rimase a metà perché il filo non si trovava più. Ci vollero altri anni per completarla ma alla fine con la frangia fatta dalla signora “riggitana” la coperta fu pronta per le mie nozze. Lungo la frangia di fili bianchi scorrono tanti fiori, sono quelli che oggi dedico a te mamma: mamma amorosa, preziosa, generosa. Mamma che in tutti questi anni è rimasta nel mio cuore e vi rimarrà fino all’ultimo respiro. Tutto è stato, le voci del tempo sono lontane, velate, ma non tanto da non capire più l’altezza profonda dei ricordi e lo scorrere sottile dei giorni. Ora la luna mi sembra più pallida la sua voce più lontana ma la tua immagine è presente in ogni ora del giorno e della notte. Nelle stanze segrete del cuore si costudiscono cose incomprensibili, voci strazianti: quelle del dolore e quelle della solitudine. Nei deserti del tempo oltre la vita, attende sorella morte. (Luigi Mannone)

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diocesi

Ordinazione presbiterale di don Francesco Benvenuto comunicato stampa S.

D. (Uff.com.sociali Diocesi Lamezia Terme)

“Abbi cura, in particolare, dei più poveri, di coloro che non hanno niente e nessuno”. Questo l’invito che il vescovo della Diocesi di Lamezia Terme, monsignor Giuseppe Schillaci, ha rivolto a don Francesco Benvenuto nel corso della celebrazione eucaristica durante la quale il giovane diacono è stato ordinato presbitero. Un momento di forte commozione, quello vissuto nella Cattedrale lametina, giunto al termine di una giornata importante per la Diocesi di Lamezia Terme, iniziata con la visita del cardinale Konrad Krajewski, elemosiniere del Papa, che ha presenziato alla riapertura del dormitorio “Querce di Mamre”, e nel giorno in cui ricorreva il decimo anniversario della visita di papa Benedetto XVI come ha ricordato lo stesso Schillaci nell’omelia: “Ci lasciamo guidare da questo momento di gioia per la nostra Chiesa – ha detto il Vescovo ad inizio della sua omelia - , che ricorda i dieci anni della visita di Papa Benedetto XVI nella nostra Diocesi”. “Guarda – ha aggiunto Schillaci rivolgendosi a don Francesco - i fratelli e le sorelle che sei chiamato a servire con il ministero. Fallo con gioia e passione, soprattutto nei momenti più difficili che non mancheranno. Guarda coloro che il Signore ti affiderà. Ama e fai amare la Chiesa. Ama e fai amare i più piccoli, i più poveri. Ama i tuoi confratelli presbiteri. Ricerca la fraternità con tutti per non rischiare di correre invano. Dobbiamo camminare insieme. Fai di Cristo il vero tesoro”. Da qui l’invito a farsi raggiungere dallo sguardo di Cristo perché “l’uomo che non si lascia raggiungere da questo sguardo è un uomo che pensa su sé stesso, che non fa altro che costruire ponti su sé stesso. Un uomo che è preoccupato di sé, che, in fin dei conti, non si affida a Dio. Caro Francesco, questo sguardo d’amore tu hai sentito qualche giorno ed è lo sguardo che stasera ti fissa e che sentirai tutte le volte che ti lascerai raggiungere dal Signore, dallo sguardo che non pensa a possedere, ad avere, ma soltanto a dare. Caro Francesco, non dimenticare questa dimensione. La via la conosci: è quella dell’amore del prossimo. Gesù è venuto a dare la vita per tutti, per noi e per tutti. Non si tratta di prestigio, di onore, ma solo di servizio”.

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Spettacolo Nico Morelli, Presidente dei “Vacantusi” omaggia

Giovanni Garofalo,

nuovo Presidente del Tribunale di Lamezia Terme Visita di cortesia, nei giorni scorsi, del Presidente dell’Associazione teatrale “I Vacantusi” di Lamezia Terme, Nico Morelli, al nuovo Presidente del Tribunale della città della Piana Giovanni Garofalo, già Consigliere della Corte di Appello di Catanzaro e poi Presidente di sezione e giudice al Tribunale di Cosenza. Nell’occasione Nico Morelli, oltre a formulare gli auguri di buon lavoro per il nuovo, prestigioso incarico, ha omaggiato il Presidente Garofalo con la maschera, simbolo della rassegna teatrale “Vacantiandu” di cui Garofalo è da sempre sostenitore e appassionato spettatore. Già nel 2018, Giovanni Garofalo era stato ospite nella rassegna teatrale lametina in qualità di Presidente del Lions Club Lamezia Host. L’incontro ha, inoltre, offerto l’opportunità a Nico Morelli di invitare ufficialmente il Presidente Garofalo all’apertura della nuova stagione teatrale “Vacantiandu… in anteprima” che si svolgerà nel Teatro Comunale Grandinetti e nel Teatro Costabile di Lamezia Terme da gennaio ad aprile 2022. L’Associazione teatrale “I Vacantusi” risulta, infatti, beneficiaria di un finanziamento, come da bando della Regione Calabria nell’ambito della selezione e il finanziamento di Interventi di Distribuzione Teatrale - Programma di Azione e Coesione (PAC) Regione Calabria 2014-2020, Azione 6.7.1 con il progetto dal titolo “Vacantiandu… in anteprima”. Il progetto prevede un cartellone ricco di eventi tra cui 11 spettacoli teatrali con nomi famosi della scena teatrale italiana e compagnie di teatro in vernacolo oltre a una serie di iniziative collaterali con proiezioni, incontri letterari e workshop. La scelta artistica degli spettacoli privilegia il genere comico/ brillante, in risposta alla richiesta di evasione e leggerezza da parte del pubblico, senza rinunciare, tuttavia, ai contenuti e alla qualità̀ degli allestimenti. Il Presidente Garofalo, ringraziando Nico Morelli per il gradito omaggio, ha avuto parole di elogio per l’attività dell’Associazione teatrale “I Vacantusi” ed ha auspicato una celere ripresa delle attività culturali nella città di Lamezia Terme ribadendo che la riapertura dei teatri cittadini può contribuire alla ripresa di quella socialità che l’emergenza pandemica ha bruscamente interrotto e che è necessità di ogni essere umano. Lamezia e non solo

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