Lameziaenonsolo Dicembre 2018 maria francesca corigliano

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Lameziaenonsolo incontra

di -Nella Fragale-Nella Fragale-

Maria Francesca Corigliano

Sempre più le donne che riusciamo ad intervistare, sempre più scopriamo che sono veramente il motore che fa circolare il mondo! Questo mese Maria Francesca Corigliano. Ho avuto modo di incontrarla in diverse occasioni e la sua semolicità, il suo garbato modo di porsi agli altri mi ha colpita e ... la conseguenza non poteva che essere un’intervista, siete d’accordo con me? Laureata in Lettere Moderne con indirizzo socio-psico-pedagogico ed oggi è Assessore alla Cultura, Beni culturali e Istruzione della Regione Calabria, anche se è rimasta sempre nell’ambito della cultura i compiti ora sono ben differenti, ma in pratica cosa fa l’Assessore alla Cultura? Ci vuole parlare di questo suo importante compito? Si, è davvero un compito importante. Nella visione del Presidente la cultura è al centro delle politiche di sviluppo della Calabria. Abbiamo un patrimonio materiale e immateriale ricchissimo e sto lavorando per valorizzarne le specificità in un’ottica di sistema. Al centro abbiamo posto il tema dell’identità. Conoscere, diffondere, valorizzare: queste le parole d’ordine. Pensa che l’essere stata insegnante le sia di aiuto nello svolgere il suo compito attuale, perchè si può dire che lei si è fatta le “ossa” sul campo, nessuno più di una insegnante può capire e sapere le esigenze e le carenze del settore oppure no? Si, certamente mi è di grande aiuto. Avere una visione della scuola maturata al suo interno significa ancorare le scelte di politica scolastica alle esigenze reali. Ma significa anche essere in grado di confrontarsi non soltanto sul piano politico, ma anche sul piano tecnico, con

le strutture amministrative e con i vari attori istituzionali che interagiscono nel settore dell’istruzione Ma lei ha sempre fatto politica oppure è stato l’evolversi degli eventi che la ha portata poi ad interessarsene? Fino al 1997 non mi ero mai interessata di politica, pur avendone respirato l’aria attraverso l’impegno di mio padre che, però, si era concluso vent’anni prima. A dicembre ‘97 Giacomo Mancini, il grande Sindaco di Cosenza, mi chiamò a far parte della sua Giunta perché voleva affidare la delega all’ istruzione ad una maestra elementare e scelse me. La mia esperienza è iniziata così, poi però ha assunto anche una connotazione politica. Come Assessore lei è spesso invitata ad eventi di natura culturale, oltre a dover presiedere agli incontri istituzionale che il suo ruolo prevede, crede che per questo lei sacrifichi parte del tempo che dovrebbe dedicare alla famiglia? E’ una scelta di vita. Il ruolo di assessore, soprattutto in ambito regionale, impone ritmi sostenuti e richiede dedizione totale. Almeno, per me è così. Sacrifico totalmente il tempo libero e quello da dedicare alla famiglia. Posso farlo perché i miei figli sono adulti e hanno le loro famiglie ma mi dispiace molto dedicare pochissimo tempo a mia madre e ai miei nipotini.

Lei ha insegnato, come abbiamo detto, ed ora è sempre nel campo della istruzione, io, guardandomi intorno, senza volere essere accusatoria, ho l’impressione di assistere ad un abbassamento, generale, del livello di istruzione, che risposta si dà? La scuola dovrebbe essere inclusiva, ma rischia di perdere la scommessa fondamentale. Ancora oggi il raggiungimento delle competenze è difficile per i ragazzi che appartengono a famiglie culturalmente ed economicamente disagiate. Sarebbe necessario un modello di tempo pieno che rendesse inutile il supporto della famiglia nei compiti. Ma la scuola è ancora in grado di essere veicolatrice di valori positivi per la società? Certamente. La scuola ha istituzionalmente il compito di veicolare valori positivi, non deve essere lasciata da sola. Il ruolo della famiglia resta centrale, soprattutto nella credibilità dell’istituzione scolastica presso i ragazzi. Ma i principi e valori sono veicolati trasversalmente in tutto il curricolo. Sempre a tal proposito, sui social assistiamo quotidianamente ad un imbarbarimento della lingua italiana che, forse, anche grazie al famigerato “correttore ortografico”, ci fanno


leggere orrori grammaticali che però non vengono corretti, alimentando così quanto detto sopra, lei come vede i social? Come un mezzo un po’ troppo abusato, ma ormai irrinunciabile nel cunicolo per la comunicazione. Il problema non è lo strumento comunicativo, ma l’uso, forse l’abuso che se ne fa. Continuando con i social e sui loro “modididire”, anche l’Accademia della Crusca sta aggiungendo nuovi termini al vocabolario italiano, per adeguarsi ai tempi moderni. Non è che stiamo assistendo alla nascita di una nuova “lingua volgare” che soppianterà quella attuale, come successe ai tempi di Dante? Le lingue sono dinamiche, il cambiamento inteso come espansione è fisiologico. Quello che mi dispiace è l’aver abdicato ad alcune regole ortografiche e grammaticali. E poi trovo insopportabile l’eccesso di contaminazione dell’italiano con la lingua inglese. Oltretutto si creano nuove forme di analfabetismo perché l’inglese non è una lingua tanto diffusa quanto, evidentemente, si pensa. Siamo in argomento, i social sono oramai promotori di eventi, di modi di dire, di vere e proprie campagne mediatiche, visto che siamo donne, parliamo del movimento #metoo. E’ fuor di dubbio che la donna, ancora oggi, è vittima di un certo tipo di società maschilista, ma di questi pentimenti postumi, che vengono buttati in pasto ai media, a distanza di decine di anni, cosa ne pensa? Reale voglia di denunciare o bisogno di nuova notorietà? Mi astengo. Il movimento contribuisce a diffondere la cultura della denuncia e questo è positivo. Rispetto alla scelta postuma, credo sia un fatto intimo, non sono in condizione di valutarne le pag. 4

motivazioni Il linguaggio della televisione e dei media, che propone una donna che pare sempre essere a caccia di avventure, anche quando va a fare la spesa al supermercato, può alimentare la violenza contro le donne? Non ci sono giustificazioni culturali alla violenza contro la donna. Ognuna di noi deve essere libera di scegliere il proprio stile di vita senza il timore del fraintendimento. Certo, però, talvolta i media propongono e alimentano stereotipi mortificanti per la dignità della donna. Ma la violenza è sempre frutto della brutalità del singolo o, peggio, del gruppo.

problemi da risolvere. E un grande impegno di rappresentanza istituzionale in giro per tutta la regione. Almeno quattordici ore al giorno. Ora basta parlare del suo lavoro attuale, le nostre interviste cercano, in genere, di conoscere al meglio la persona, la donna, l’uomo, più che il personaggio pubblico. Che bambina è stata Maria Francesca? Un maschiaccio o una bimbetta dolce che giocava con le bambole? Una bambina molto dolce, malinconica, sempre preoccupata di non dispiacere a nessuno e attaccatissima alla mamma. E cosa pensava Maria Francesca sarebbe diventata da grande? Una professoressa di lettere. E della sua adolescenza che ci racconta? Che ricordi ne ha? E’ stata un’adolescenza breve, mi sono sposata giovanissima. Come era il rapporto con i suoi genitori? Ribelle o sottomesso? I miei sono stati genitori piuttosto permissivi ed io ero molto cocciuta.

Ma le donne sono solidali fra di loro? lo non credo alla solidarietà di genere. La solidarietà è sentimento, abito mentale, consuetudine comportamentale. Può appartenere alle donne e agli uomini. Una sua giornata tipo di lavoro come si svolge? Parto alle 8,00 da Cosenza per raggiungere la Cittadella regionale. Poi tante riunioni, persone da ascoltare, atti da studiare, GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lei è mamma, che mamma è stata per i suoi figli adolescenti? Una mamma “amica” o una mamma, non severa, ma tradizionale? La mamma amica non mi è mai piaciuta. Penso sia un grande errore porsi alla pari con i figli. Sono stata una mamma giovanissima, ma molto presente. Spesso compagna di gioco, molto comprensiva Che vuol dire, per una donna, essere anche mamma? Cambia qualcosa nella donna nel momento in cui diventa madre? Si sposta il baricentro esistenziale. E’ una rivoluzione e penso che sia fondamentale, in questa fase della vita, poter contare Lamezia e non solo


sull’aiuto delle altre donne. La rete familiare è importante per muovere i primi passi nell’universo della maternità senza timore di inciampare. O, quando si inciampa, per rialzarsi e riprendere il cammino. Lei è anche nonna, che vuol dire per una donna diventare “nonna”? Tornare un po’ indietro nel tempo? Per me è stata la scoperta di un tempo nuovo. Amare un bambino nel pieno della propria maturità è un’esperienza meravigliosa. Attraverso i miei nipoti riscopro l’incanto della vita. Non è facile educare un figlio, figuriamoci un nipote o qualunque altra persona con la quale si viene a contatto. Non è facile fare comprendere quella sottile linea di demarcazione che esiste tra il rispetto delle regole della società e la propria indipendenza e, spesso, purtroppo, l’interesse personale viene anteposto a tutto creando situazioni imbarazzanti, ridicole, a volte paradossali, che oramai, quasi accettiamo come un dato di fatto, come il ragazzo che alza le mani sull’insegnante, quando non lo fa il genitore o il posto dei portatori di handicap che viene regolarmente occupato da chi questi problemi non ha. Che ci sta succedendo? Prevalgono l’indifferenza e l’egoismo. E poi il rifiuto delle regole, che sfocia in aggressività di fronte agli ostacoli. Sono venuti meno il senso della vergogna e il sentimento della riprovazione sociale. Oggi tutto è lecito e c’è assuefazione alla devianza. Che miglioramenti si augura nella società per il futuro dei suoi nipoti? Vorrei che si riaffermasse nei fatti l’importanza delle istituzioni, prime tra

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tutte la famiglia e la scuola. E poi una società meno ingiusta, più inclusiva, sia a livello culturale che economico. Soffro molto per la condizione di marginalità in cui vivono oggi tante famiglie. I Comuni e le parrocchie, anche tramite l’associazionismo, fanno quello che possono. Ma penso che lo Stato dovrebbe ritornare ad occuparsi dei bisogni fondamentaIi, primo tra tutti la casa. Senza contare il problema dei servizi sociali, che dovrebbero svolgere una funzione essenziale, ma sono il grande assente nelle politiche di welfare. Oggi si parla tanto di inquinamento, di buco nell’ozono, di rifiuti che saranno convogliati sotto terra, si propone di tutto e di più, si spendono soldi, ma alla fine non cambia nulla, l’inquinamento rimane, le soluzioni sono peggiori del male, vede una via d’uscita in questo? E’ una questione di portata mondiale. Nel piccolo della dimensione regionale, però, si lavora tanto e posso segnalare i risultati soddisfacenti raggiunti in Calabria relativamente alla raccolta differenziata e alla depurazione. L’Italia pare destinata a diventare un paese di “vecchi”, gli italiani fanno sempre meno figli ed anche gli immigrati regolari ci stanno imitando, la famiglia numerosa resterà un ricordo? Uno di quelli da raccontare ai nipoti come di realtà oramai scomparse? Penso proprio di sì. La famiglia numerosa era ancorata ad un’impostazione patriarcale, alla funzione esclusivamente espressiva della donna spesso esclusa dal mondo del lavoro, all’esistenza di ampie reti familiari di supporto e anche, perché no, all’assenza di metodi contraccettivi scientifici. Oggi la società è cambiata e anche il ruolo delle donne. Senza contare che in un Paese con un alto tasso di

disoccupazione e senza una rete pubblica di servizi alle famiglie la procreazione è un lusso che sempre meno coppie potranno permettersi. Ritanna Armeni ha scritto un libro intitolato “Una donna può tutto”, ma è vero? Non ho letto il libro, quindi non riesco a collocare il messaggio di onnipotenza delle donne in un contesto significativo. Sono convinta, però, che la donna è un essere biologicamente programmato come una macchina da guerra. Poi dipende dai percorsi esistenziali. Io so che lei ama leggere, la ho sentita tante volte parlare di libri e discuterne, ma c’è un genere letterario che preferisce? La narrativa e, al suo interno, il romanzo. Psicologico, sociale, di formazione. E il giallo. Fra gli autori contemporanei quale le piace di più? Nell’ambito del giallo Maurizio De Giovanni e Antonio Manzini. Per il resto non ho un autore preferito. In questo periodo sto seguendo con grande interesse i narratori calabresi. E poi, naturalmente i classici. E qual è la musica che ama ascoltare? Mi piace la musica leggera italiana degli anni 70-90. La musica classica solo dal vivo. La religione, anzi, la fede, che ruolo occupa nella sua vita? Sono molto credente. Soprattutto, con l’età, cerco di mettere in pratica il Vangelo nel rapporto con il prossimo. Oggi si sente spesso dire, “sono cattolica non praticante”, ma le due cose sono

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compatibili? L’adesione alla religione cattolica dovrebbe includere il rispetto di alcune regole anche relativamente alla partecipazione alle funzioni. In realtà non per tutti è così. Ma la compatibilità è affidata alla coscienza individuale. E l’amore che ruolo ha nella sua vita? Esiste ancora l’amore eterno? L’amore ha sempre un ruolo importante nella vita di una persona. Passato, presente o futuro non importa. L’importante è essere capaci di darne e di riceverne. Da qualche parte ho letto che lei si è occupata dei “diritti degli animali” sempre che la notizia sia stata riportata correttamente, che vuol dire? E’ un argomento che mi sta particolarmente a cuore e cerco di introdurlo in quasi tutte le mie interviste. Dal 2002 al 2006, in qualità di assessore comunale di Cosenza nella Giunta Catizone ho esercitato anche la delega ai diritti degli animali. Ho lavorato molto in sinergia con l’associazionismo di settore, dando vita ad un regolamento. E’ stato un gran lavoro per dare in adozione i cuccioli del canile sanitario e per diminuire l’abbandono. E poi stavo pensando a costruire un cimitero degli animali, ma la consiliatura è stata interrotta prematuramente. Concludiamo con la domanda alla Marzullo che facciamo a tutti: La domanda che non le ho fatto e avrebbe voluto le facessi, si faccia la domanda , ci dia la risposta Cosa augura alla Calabria? Di essere una regione libera dal pregiudizio e consapevole delle proprie potenzialità di sviluppo. Il percorso è tracciato:

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agroalimentare, artigianato, cultura e turismo sono gli ambiti trainanti. Negli ultimi quattro anni la Regione ha investito molto in questi settori, offrendo anche nuove occasioni di lavoro. Mi auguro che si prosegua sul percorso tracciato dal Presidente Oliverio. Stampiamo questo giornale da 26 anni, anzi, potrei dire 27, visto che mancano una manciata di giorni al nuovo anno. Ogni mese la prima domanda che mi faccio è: Chi intervisterò il prossimo mese? E, una volta stabilito chi saranno gli intervistati mi chiedo: Cosa domandare loro? E pensi e ripensi e poi a volte vorresti lasciare stare perchè le domande appaiono sempre le stesse e cominci ... ed invece le parole vengono da sole, come in una famosa canzone di Vasco. Alcune sono uguali perchè davvero io lo voglio sapere quale è il cantante preferito della persona che ho di fronte e non c’è modo diverso d chiederglielo, ma poi le altre non lo sono e quindi mi dico: sì, ce la posso fare! A fine intervista succede la stessa cosa, ogni volta mi chiedo se ce la farò a trarre le mie conclusioni cercando di essere obiettiva e si ripete la “magia”, comincio e le dita scorrono da sole sulla tastiera. Lo scorso mese Daniela Rambaldi, questo mese Maria Francesca Corigliano, due donne che si sono sposate giovanissime e che occupano posti prestigiosi nella società che sono riuscite al essere mogli, mamme ed ottime donne in carriera. Che sia proprio il dovere assumersi delle responsabilità in giovane età, vuoi per il matrimonio, vuoi per la maternità alla base di queste donne di successo? Non posso chiederlo a lei che leggerà questa mia riflessione come tutti gli altri ma, certamente la farò alla prossima intervistata se dovessi scoprire che è stata una giovane sposa. Che dire dell’Assessore alla cultura Maria Francesca Corigliano?

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Che è una donna garbata l’ho già detto, aggiungo che è anche intelligente, colta, “alla mano”, con una espressione dolce che la fa subito apparire simpatica anche a chi non la conosce. Poi la conosci e ti rendi conto che è vero, è così, credo che la parola “supponenza” non faccia parte del suo vocabolario, del suo modo di essere. E’ una mamma attenta che, pur avendone la possibilità anche prima, ha deciso di “sacrificare” la famiglia al lavoro solo nel momento in cui era certa che sarebbe andata avanti da sola, forte per quello che ella, mamma, aveva saputo dare. Credo che siano state queste doti a spingere Giacomo Mancini, grande uomo, eccellente Sindaco, a chiamare l’allora giovane insegnante ad affiancarlo nella sua Giunta. Il valore di Maria Francesca è andato via via crescendo ed oggi occupa un posto di grande prestigio, un compito che svolge con passione, riuscendo a lasciare una traccia dei suoi numerosi interventi. La frase per lei mi è venuta in mente prima ancora di arrivare alla conclusione, spero vi si ritrovi. “Non è l’altezza, né il peso, né i muscoli che fanno una persona grande, è la sua sensibilità senza limiti”, è di Martha Medeiros”Sensibilità che Maria Francesca Corigliano ha dimostrato sempre, anche con le parole con le quali ha chiuso questa intervista.

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Spettacolo

Risate italo-albanesi Francesco

Pannofino

inaugura l’ottava edizione della rassegna teatrale Vacantiandu al Teatro Comunale di Catanzaro Catanzaro, 30 novembre 2018. È stato Francesco Pannofino ad inaugurare l’ottava edizione della rassegna teatrale Vacantiandu 2018.2019 che quest’anno, a causa della chiusura dei teatri lametini per le vicende ormai note, è ospitata al teatro Comunale di Catanzaro diretto da Francesco Passafaro. La rassegna, con la direzione artistica di Diego Ruiz e Nico Morelli e la direzione amministrativa di Walter Vasta, fa parte dell’omonimo progetto regionale con validità triennale finanziato con fondi PAC. In scena lo spettacolo Bukurosh, mio nipote scritto da Gianni Clementi e diretto da Claudio Boccaccini con lo stesso, affiatatissimo cast della pièce precedente, I suoceri albanesi, di cui quest’opera rappresenta il sequel ideale. Un interno medio borghese con un dècor sobrio che ospita al centro un divano attorno al quale si dipana l’azione drammaturgica interrotta dal “buio” per i cambi scena sì da creare un insieme di “quadri” sulla famiglia, sul rapporto genitori-figli, sull’amicizia, l’amore, la sessualità, la fede, la diversità, l’integrazione… E in questo luogo, che è spazio di convivialità per eccellenza, si incontrano solitudini, si consumano litigi, amori e abbandoni. E poi risate. Risate che si rincorrono, scompaiono e ritornano segnando gli incontri dei personaggi in una girandola di battute a ritmo serrato. Eppure sono i sentimenti che muovono la storia dando origine a immagini e azioni ricche di freschezza e verità. Un teatro che parte da sé e diventa possibile momento di identificazione e condivisione per gli altri. La penna felice di Gianni Clementi ci regala così, in modo divertente e scanzonato, il ritratto di una famiglia sull’orlo di una crisi di nervi che diventa il microcosmo della nostra società attraversata da pregiudizi, timori e contraddizioni. Grande Francesco Pannofino nel ruolo di Lucio, deputato progressista che si fida e affida la sua nuova campagna elettorale (che si rivelerà perdente) a Corrado, invadente e simpatico vicino di casa, colonnello in pensione, omosessuale, che millanta di essere stato lo spin doctor di Putin! Andrea Lolli ne fa un ritratto costruito intorno all’espansione del proprio ego ma è solo una corazza che serve a nascondere la sua fragilità e le tante delusioni d’amore.

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Esilaranti e irresistibili Maurizio Pepe e Filippo Laganà nei panni di due fratelli albanesi Igli e Lushan, esempi di perfetta integrazione. Sensuale e brillante la Ginevra di Emanuela Rossi, chef di cucina molecolare, moglie devota e madre comprensiva che nel corso della commedia riscopre la propria femminilità grazie ai consigli di Benedetta, una effervescente Silvia Brogi che malgrado l’età ampiamente post-teenageriale riscopre le gioie del sesso. A completare l’universo attorale delle donne, la decisa interpretazione di Elisabetta Clementi nel ruolo di Camilla, figlia di Lucio e di Ginevra. 17 anni, un matrimonio lampo con Lushan, incinta, ritorna dall’Albania perché non può rinunciare al bidet e al wi-fi. Protetta dalla famiglia può continuare a dilettarsi con il cerchio di Itten e a postare outfit su Instagram in attesa di diventare una fashion blogger. Icona della contemporaneità, non si lascia spaventare dalle convenzioni e trascina tutto il suo entourage in questo nuovo assetto sociale. Ma alla fine, sarà la famiglia a trionfare. Una famiglia in perfetto stile metal, pronta a posare per un selfie prima del battesimo del piccolo Bukurosh sotto le ali protettive di Liri (libertà, in albanese), la grande aquila impagliata appesa nel salotto. Una famiglia che ci turba e ci rassicura al tempo stesso. Applausi meritati per tutti e al termine della pièce, come da tradizione, Nico Morelli, direttore artistico di Vacantiandu e Walter Vasta, direttore amministrativo – introdotti dalla giornalista Ketty Riolo – consegnano agli attori la maschera in ceramica, simbolo della rassegna. Attori che hanno saputo essere molto generosi incontrando, prima dello spettacolo, le scuole di teatro della città. Ad apertura di serata, sul palco anche il direttore del Teatro Comunale di Catanzaro Francesco Passafaro e il presidente onorario Paolo Abramo che ringraziano il pubblico presente (tanti anche i lametini arrivati con il bus navetta messo a disposizione gratuitamente dall’Associazione teatrale “I Vacantusi”) e ribadiscono, ancora una volta, che il teatro è riuscito là dove la politica ha sempre fallito: unire idealmente due città e creare sinergie tra associazioni culturali che da anni operano sul territorio per il benessere sociale e culturale dell’intera comunità. Giovanna Villella

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La guerra dei Roses

'La guerra dei Roses', pochi, credo, non abbiano visto la trasposizione cinematografica di questo famoso romanzo di Warren Adler con Michael Douglas, Kathleen Turner, bellissimo film che ti lascia, alla fine, l’amaro in bocca. C’eravamo tanto amati, potrebbe essere il sottotitolo di questa “tragicommedia” perchè così è. I Rose, Jonathan e Barbara, si conoscono giovanissimi, si innamorano follemente e si sposano. Lei ha dei sogni nel cassetto che accantona per essere una buona moglie e mamma, consentendo così al marito, avvocato, di conseguire una brillante carriera. Sono belli, giovani e ricchi, hanno una casa favolosa che Barbara arreda con gusto riempendola di oggetti d’arte ma … quando i figli sono oramai grandi, Barbara decide di tirare fuori il suo sogno nel cassetto. E’ una cuoca eccellente e vuole diventare una grande ristoratrice, aprire un servizio di catering di alto livello. Ne parla con Jonathan ed è l’inizio della fine, lui non accetta che lei si dedichi ad altro che non sia la loro casa ed il suo lavoro, la vuole vicina nelle cene di rappresentanza, lei tanto bella e raffinata. Ed è così che il fastidio verso il coniuge subentra all’amore, fastidio che presto si trasforma in rabbia e poi in odio. Ed è un rinfacciarsi continuo sui sacrifici che ognuno crede di avere fatto per l’altro, è una serie di dispetti che li portano a vivere scene da incubo, cattiverie senza fine, sollecitate anche dai rispettivi avvocati, fino all’apoteosi finale, lui sabota la balaustra della scala e cerca si farla appoggiare ad essa sì che cada, cosa che avviene ma … si sa … il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, cadendo Barbara si aggrappa all’enorme e bellissimo lampadario, tra l’altro oggetto di contesa fra i due, e poi precipita, aggrappata ad esso, pag. 8

proprio su Jonathan. Bravissima Ambra, che abbiamo applaudito altre volte, che bene ha saputo interpretare la giovane adolescente, follemente innamorata e la donna matura, decisa a ritrovare la propria identità, bravissimo anche Matteo Cremon, nel ruolo di Jonathan che sembrava non capire le esigenze della donna che amava e soffriva perchè pur ritenendosene ancora innamorato non voleva lasciarle realizzare i propri sogni, Ugualmente bravi i due avvocati che avevano a cuore, più che la buona risoluzione del divorzio dei loro assistiti, il riempire il proprio portafoglio. Che dire? Un inizio con il botto! Un unico rammarico, non avere potuto assistere a questa rappresentazione nel teatro della nostra città. Sarà anche vero che il tutto potrebbe sembrare un gemellaggio con Catanzaro, che potrebbe aiutare a superare rancori serpeggianti e mai sopiti, ma è pur vero che l’Ama Calabria, così come i Vacantusi, hanno dovuto patire parecchio ed hanno avuto un grande coraggio a portare avanti i loro progetti cercando di offrire il massimo comfort a chi, da Lamezia, vuole recarsi a Catanzaro, per vedere gli spettacoli, offrendo loro, non solo il pullman gratuito ma anche i dolcetti durante il tragitto. Quindi un plauso agli attori ma anche e soprattutto agli organizzatori che, pur nella coscienza delle perdite enormi sia per la capienza del teatro che ha meno posti, sia per la spesa dei pullman che ogni sera accompagnato gli spettatori al teatro, non si sono fermati. La città di Lamezia ha risposto sostenendoli? Diciamo in parte, forse non capendo che di fronte ai giochi di potere chi organizza, poco può.

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Pensaci Giacomino! Non ha deluso nemmeno la seconda serata del cartellone 2018/2019 dell’Ama Calabria. Pensaci Giacomino di Luigi Pirandello, interpretata magistralmente da Leo Gullotta, affiancato dai bravissimi Liborio Natali, Rita Abela, Federica Bern, Valentina Gristina, Gaia Lo Vecchio, Marco Guglielmi, Valerio Santi e Sergio Mascherpa con la regia di Fabio Grossi. Una storia semplice ma attuale allora come oggi, basata sull’invidia, sul falso perbenismo, frase abusata ma che rende perfettamente l’idea. E non importa in che anno sia ambientata la storia perchè nulla è cambiato ed il parlar male e farsi gli affari altrui è sport molto in voga ancora oggi. La novella, in perfetto stile pirandelliano, con il lieto fine, fu scritta nel 1915 ed è uno spaccato di vita che, nella novella è ambientato in Sicilia, ma è storia, è accadimento, che potrebbe avvenire a Roma come a Milano, a Trapani come a Firenze In una scuola siciliana il professor Toti, vecchio e privo di ascendente sugli scalmanati alunni deve combattere non solo con loro ma anche con il Preside che, ritenendolo privo autorità, gli suggerisce di andare in pensione. Il professore, amareggiato per la situazione e per sentirsi maltrattato dallo stato che gli dà uno stipendio da miseria, decide di prendere moglie e la vuol prendere giovane per fare dispetto proprio allo stato perchè la moglie giovane sarebbe sopravvissuta a lui vecchio e lo stato sarebbe stato costretto a pagarle la pensione. Per questo decide di chiedere in moglie la giovanissima figlia del bidello della scuola nella quale insegna, Lillina. I genitori sono felici di questa richiesta e apprezzano e lodano il prof. ma, quando la ragazza va a parlare con il Professore si scopre una tragica verità, la fanciulla aspetta un bimbo da Giacomino, giovane disoccupato

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senza nè arte e nè parte. Tragedia … pianti ed urla dei genitori che si avventano sulla ragazza scacciandola da casa Toti, lungi dal preoccuparsi e ritirare la richiesta, accoglie la ragazza fra le sue braccia e la sposa ugualmente dicendole che lui sarà un padre per lei ed un nonno per il bambino e che Giacomino avrebbe continuato a frequentarla poichè avrebbe trovato le porte aperte, E così fu, dopo il matrimonio, ed anche dopo la nascita del figlio l’idillio fra i due ragazzi continua e, fino ad un certo punto, tutto procede bene, Oltretutto Toti riceve una bella eredità e convince la banca a dare lavoro a Giacomino. Ma si sa, chi non vede la trave nel proprio occhio ma riesce a vedere la pagliuzza negli occhi altrui, e così i “perbenisti” additano i tre come peccatori, li criticano. I genitori di lei ripudiano la figlia e non vanno a trovarla, la sorella di Giacomino lo tormenta convincendolo, alla fine, a non recarsi più da Lillina, grande peccatrice agli occhi della società. Il buon Toti, accorgendosi dell’assenza del ragazzo e della infelicità della ragazza, dopo la visita del prete, che tenta di convincerlo a firmare una carta nella quale nega che Giacomino abbia rapporti con Lillina, si reca a casa della sorella del ragazzo, con il bambino e, saputo che si è fidanzato lo minaccia di andare il banca per farlo licenziare e di andare dalla fidanzata per raccontarle tutto. Il ragazzo si pente ed abbraccia il figlioletto. Il sipario si chiude sulla famosa frase: Io lo farò! E per impedirti il matrimonio son anche capace di farti cacciare dalla Banca! Ti do’ tre giorni di tempo. Pensaci, Giacomino! Pensaci! Una standing ovation per un Leo Gullotta che ha portato sul palcoscenico un Toti estremamente umano, coinvolgente, unico, bravo, bravo e bravi tutti!

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Eventi

“Speciale Premio Anthurium 2018” in memoria del Presidente Francesco Ruberto, consegnati i riconoscimenti “Sulla scia delle precedenti edizioni, lo ‘Speciale Premio Anthurium 2018’ ha avuto lo scopo prioritario di diffondere il culto dei valori morali, sociali, civili e culturali, individuando persone fisiche o giuridiche che con le proprie iniziative, il proprio impegno, le proprie opere di alto valore contribuiscono o hanno contribuito alla crescita umana e socio-culturale della Calabria e della Città di Lamezia Terme”. Così la professoressa Giuditta Crupi, ha introdotto la serata dedicata allo “Speciale Premio Anthurium 2018” in memoria dello storico Presidente Francesco Ruberto. La serata è stata organizzata dall’Associazione “Via degli Ulivi-Franco Costabile” della Presidente Franca Isgrò e dalla famiglia Ruberto in occasione del trentesimo anniversario del Premio Anthurium e del cinquantesimo anniversario dell’istituzione del Comune di Lamezia Terme. Un pensiero particolare è andato al compianto Presidente Francesco Ruberto e a coloro i quali hanno collaborato con lui in questi decenni per la realizzazione di un importante appuntamento culturale che si è contraddistinto per la presenza di qualificate e autorevoli espressioni della nostra società, provenienti da tutti i settori: accademico, scientifico, sociale, giudiziario o letterario. Contributi importanti come quello di Rita Levi Montalcini, Cesare Ruperto, Nicola Gratteri e tanti altri ancora, testimoniano il significativo apporto sociale e culturale dato alla nostra comunità dal dott. Francesco Ruberto. La passione e l’amore verso il territorio hanno animato la sua attività e caratterizzato anni indimenticabili. La serata è iniziata con la proiezione di un video che ha reso omaggio ai trenta anni del Premio Anthurium ed ai cinquant’anni dalla istituzione del Comune di Lamezia Terme durante il quale Sergio Rapisarda ha recitato la poesia “Identità” del fratello Enzo. Uomo di scienza, di spiccata cultura e fortemente impegnato nelle attività sociali il dott. Enzo Rapisarda ricevette per decisione del Presidente della Giunta Regionale dell’epoca, Agazio Loiero, il premio denominato “Identità Calabria” a testimoniare un forte senso di appartenenza alla propria terra. Quel senso di appartenenza che ha, appunto, caratterizzato da sempre il Premio Anthurium e che ha contraddistinto anche lo Speciale Premio Anthurium 2018. Il Premio Anthurium alla Memoria, il Premio Anthurium Lamezia nel Cuore ed il Premio Anthurium Calabria nel cuore presentano questa particolare connotazione. “Con i premiati di quest’anno - ha aggiunto la professoressa Crupi intendiamo dare un segnale forte di appartenenza e ribadire che il lavoro fatto in questi anni da mio marito, il Presidente Francesco Ruberto, ha messo in evidenza l’immagine migliore della Calabria e della nostra Città di Lamezia Terme, quella che ci appartiene”. La professoressa Crupi ha aggiunto: “Ringrazio sentitamente tutti coloro i quali sono oggi presenti e tutti coloro i quali hanno contribuito alla realizzazione di questo Premio” Subito dopo sono stati assegnati i premi, delle bellissime sculture realizzate dell’artista calabrese Antonio La Gamba. Il “Premio Anthurium alla Memoria” è stato assegnato alla professoressa Albina Barilaro Scarpino fondatrice dell’Associazione Polisportiva Dilettantistica “Gascal” che “ha introdotto e valorizzato nella città di Lamezia Terme la ginnastica artistica con passione e dedizione, nel corso di una lunga carriera che conta oltre cinquant’anni di attività” ed all’On. Salvarore Foderaro “deputato al Parlamento, che presentò il 3 novembre del 1963 alla Camera dei Deputati il Disegno di Legge per l’unificazione dei tre ex comuni di Nicastro, Sambiase e Sant’Eufemia, iter parlamentare ripreso nel 1967 sino all’approvazione avvenuta il 4 gennaio del 1968 mediante decreto del Presidente della Repubblica”. A ritirare i rispettivi premi Francesco Scarpino e Battista Foderaro. Il “Premio Anthurium Lamezia nel Cuore” è andato al professore Vincenzo Villella “storiografo e saggista di indubbia fama, che con la sua trentennale attività di ricercatore ha saputo recuperare la memoria storica cittadina e dei paesi del circondario lametino” ed alla professoressa pag. 10

Vincenzina Siviglia Purri “che ha messo al servizio della comunità le sue competenze in materia di ricerca storica, portando avanti con dedizione l’attività dell’Associazione Archeologica Lametina”. Il “Premio Anthurium Calabria nel Cuore” è andato alla “Fondazione Trame”, “una realtà del territorio che ha portato alla luce, attraverso la propria attività che culmina nel ‘Festival Trame’, che si svolge ogni anno a Lamezia Terme nel mese di giugno, tematiche importanti che segnano profondamente le nostre terre, mirando alla sensibilizzazione dei cittadini”. Ha ritirato il premio il presidente della “Fondazione Trame” Armando Caputo. Durante lo “Speciale Premio Anthurium 2018”, in cui tradizione e innovazione si sono fusi in un perfetto connubio, è stata premiata Maria Vittoria D’Augello, vincitrice del contest fotografico #LAMEZIATERME50, fortemente voluto e ideato da Felicia Villella, coadiuvata da Federico Falvo e Chiara Strangis. Il contest è stato realizzato in collaborazione con il canale IgersLameziaTerme di Instagram. Importanti contributi alla serata sono stati offerti offerti dal gruppo musicale degli Accademia, che ha le sue radici nella storia del pop calabrese e nazionale degli anni ’60. Albino Cuda, Marianna Esposito, Massimo Naccarato hanno eseguito il brano “Il sole non c’è più”, mentre Toni Quattrocchi, altro esponente del gruppo, ha chiuso la serata con la recita musicale della poesia di Franco Costabile “Per altri sentieri”. Da segnalare, inoltre, i contributi del Maestro Michele Francesco De Fazio, chitarrista che vanta numerosi concerti di musica classica, il quale si è esibito nei nei brani “El tremolo” (A. Barrios Mangorè) e “Le Départ” (Napoléon Coste), di Gaetano Montalto, tra i soci fondatori dell’associazione “Ragazzi in Gamba” che ha recitato le poesie “”Eranu i matinati” di Salvatore Borelli, “A puisia” di Giovannino Borelli e “Via degli Ulivi” di Franco Costabile e di Laura Montuoro attraverso la lettura degli estratti del romanzo da lei scritto “Quando fioriscono le mimose”. Lo “Speciale Premio Anthurium” ha confermato ancora una volta, attraverso i premiati ed i contributi dei partecipanti, l’alta qualità di uno degli appuntamenti culturali più longevi del territorio calabrese.

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Arte

Antonio Saladino

Lo scultore del tempo

Trasformo stamattina le strofe della canzone A muso duro di Pierangelo Bertoli, “ canterò le mie canzoni per la strada ed affronterò la vita a muso duro un guerriero senza patria e senza spada con un piede nel passato e lo sguardo dritto e aperto nel futuro” con lo sguardo fisso nel passato, lo canticchio per un po’ e poi mi accorgo che la strofa originale rende di più il significato della mostra di Antonio Saladino.

Reperti Contemporanei, curata da Teodolinda Coltellaro, al Museo Marca di Catanzaro dal 24 Novembre 2018 al 19 gennaio 2019, sembra proprio creata da un guerriero senza patria e senza spada, con un piede nel passato e lo sguardo dritto e aperto nel futuro. Uno sguardo di pace. Antonio,”Lo scultore del tempo”, come La scultura del tempo. Mi regala questa definizione Orazio Garofalo, un grande video-artista. Nel cinema di Tarkovskij la logica dell’azione intende essere una scultura del tempo, “una serie di eventi, i quali, a loro volta, ineriscono a delle circostanze obiettive, che appartengono allo spazio - o, come affermerebbe Wittgenstein, ad una serie di stati di cose, i quali formano i contesti o le situazioni entro cui il tempo stesso

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si svolge, con il suo ritmo mutevole.” Il tempo, questo sconosciuto e questo luogo abitato da noi, sembra bianchissimo e in pace nelle sculture di Antonio, sembra armonia, equilibrio e luce, sembra bellezza e ordine, un ordine che stia a governare ogni espressione. Da una conversazione di Paolo Lago con Paolo Landi, come sopra, prendo questo stralcio “Ed è forse la “zona” una sapiente scultura del tempo, una sua iconizzazione e una sua stasi. La “zona” è il tempo che non scorre più e si ferma, tremando della propria angoscia e della propria solitudine.” Nelle opere di Antonio in mostra, nell’intera mostra, vi è pace e serenità, si entra in un non luogo, diventato in quel momento il giardino delle muse. Una stasi del tempo bello, fermo nel suo momento di perfezione. Nel ritornare alle immagini della mitologia, Il classicismo in fondo era questo tentativo dell’uomo di fermare il tempo, con la creta, con i colori, di fermare la perfezione e guardarla come se fosse ciò che siamo. “Dove si guarda è ciò che noi siamo” ha scritto una mia amica, facendo in letteratura quello che ha creato Antonio Saladino: Contenitori di terracotta dai contenuti sorprendenti, dai nomi conosciuti. Le ciotole di Venere, Apollo, Zeus, Narciso, Reliquie, Rotoli di Scrittura critica. Sembrano in fila a chiedere udienza ad un re immaginario gli abitanti di questa mo-

stra: Il portatore di nuvole, la portatrice di gioielli, il portatore di scarti, la portatrice di urna, il portatore di angeli, tutti in fila davanti alla Vanitas. Ricordando Qoelèt, c’è un tempo per tutte le cose, un tempo per demolire e un tempo per costruire.”Mi sono accorto che nulla c’è di meglio per l’uomo che godere delle sue opere, perché questa è la sua sorte. Chi potrà infatti condurlo a vedere ciò che avverrà dopo di lui?” Sarà la Vanitas da omaggiare? mi chiedo io sorpresa dal mio stesso vaneggiare. Ho abitato la mostra tutto il tempo dell’installazione, dell’inaugurazione, del gioco, con i coloratissimi pezzi del Custode di tavolette, ed ogni tavoletta era un bozzetto, una storia, un racconto, un pezzo di noi, del nostro immaginario. Ciò che noi conserviamo è ciò che noi vorremmo che si conservasse in eterno: l’efebo di Mozia, le tombe etrusche, le sette meraviglie del passato, le ninfe, il mito. Stiamo sul mito del nostro interrogarci, stiamo nel rispetto e nella cura della terra, della creta, stiamo e staremo se ci prenderemo cura. Le opere di Antonio Saladino ci rimandano al monito tranquillo del saggio che guarda nel passato per regalarci come ultima spes la luce, La portatrice di luce, alla quale è dedicata la mostra di Reperti contemporanei. Ippolita Luzzo

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per la difesa della costa dai fenomeni di erosione e dagli effetti dei cambiamenti climatici Con l’approssimarsi dell’inverno, dopo i danni e la perdita di vite umane per le prime piogge d’autunno di cui ci siamo occupati nel precedente numero di “LAMEZIAenonsolo”, sorge spontanea una domanda. Dove e come si sta operando per prevenire distruzioni delle spiagge e danni alle opere antropiche per le inevitabili mareggiate che nei primi mesi del nuovo anno colpiscono la fascia costiera del lametino? Sono previsti o in corso di realizzazione interventi idonei ad attenuare gli effetti del moto ondoso e delle prossime mareggiate o si continuerà con le solite lamentale e i soliti post con immagini e video dei danni dopo la mareggiata? Non sono note ai cittadini le risposte a queste domande da parte delle classi dirigenti che, insieme ai più noti “mezzi di informazione”, continuano a non mostrare interesse ad accendere i fari sui temi dell’erosione dei litorali e della tutela e valorizzazione delle preziose risorse della fascia costiera. Evidentemente si preferisce diffondere la falsa idea di un equilibrio climatico e ambientale improvvisamente “turbato” da cosiddetti eventi eccezionali ed imprevedibili “calamità naturali” per continuare a coprire il malgoverno del territorio, le speculazioni del passato e le scellerate politiche di rapina e saccheggio delle risorse naturali. Chi non ha interesse per il bene comune preferisce oscurare i dati della storia della Terra e dell’Uomo che documentano in ogni luogo del Pianeta l’assenza di un equilibrio climatico fin dall’origine della stessa Terra e dalla comparsa dell’Uomo. E non rendere note le sempre più numerose e dettagliate conferme scientifiche sugli effetti delle continue variazioni e oscillazioni climatiche con l’alternarsi di periodi più caldi a periodi più freddi. L’assenza di memoria storica e dei necessari interventi di adattamento ai mutamenti climatici ha impedito e continua ad impedire alle classi dirigenti di ben governare e agire per il bene comune anche riguardo al prezioso patrimonio di risorse naturali della fapag. 12

scia costiera. Si continua a non considerare, ad esempio, che l’attuale linea di riva, che separa il mare dalla terra ferma è diversa da quella del passato e che continuerà a cambiare anche nel futuro. E che molti danni alle opere antropiche si potevano evitare considerando i processi di evoluzione morfologica dei litorali ben documentati sia nei libri di storia che nelle rocce e morfologie dello stesso territorio. Significativi in proposito i rilevanti processi di cambiamento del paesaggio e distribuzione degli insediamenti antropici dei più recenti periodi climatici più freddi come la “Piccola Era Glaciale e di quelli più caldi del Basso Medio Evo e Romano. In particolare, sulle continue modifiche del paesaggio costiero con rilevante avanzamento ed arretramento della linea di riva è da considerare che, nelle zone a Nord e Sud del Golfo di Sant’Eufemia, le acque del Tirreno battevano direttamente sulle scarpate di arenarie che ospitano gli antichi centri storici di Amantea e Tropea. È ampiamente documentato che, mentre le acque marine erodevano la base della Rupe di Tropea, “dalle finestre prospicenti sul mare, ancora a memoria d’uomo si poteva pescare” e che per accedere alla chiesa di Santa Maria dell’Isola bisognava traghettare con la barca. All’inizio del secolo scorso sotto le stesse finestre di Tropea invece dell’acqua marina si potevano osservare terreni coltivati ad ortaggi. Le spiagge attuali, in pratica, si sono formate per il notevole accumulo di materiali alluvionali trasportati, nei secoli più freddi e piovosi della Piccola Era Glaciale, dai tanti corsi d’acqua come il Savuto, l’Amato e l’Angitola. Alla dinamica evolutiva della linea di riva in corrispondenza del settore centrale del Golfo Sant’Eufemia hanno contribuito anche i rilevanti fenomeni bradisismici ben descritti dal massimo studioso della Geologia della Calabria prima della realizzazione delle rilevanti opere di bonifiche della Piana di Sant’Eufemia. GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

D’altra parte, i risultati delle più recenti ricerche geoarcheologiche evidenziano la presenza di varie superfici antropizzate ed urbanizzate sepolte da vari metri di Sedimenti Alluvionali e Dune che confermano l’alternarsi di periodi più freddi e più caldi rispetto all’attuale. Va ribadito che specificità e dati esistenti sulle rocce bagnate dai nostri mari rendono lo stesso patrimonio costiero unico in tutto il Mediterraneo; oltre ad una grande varietà di preziosi aspetti naturalistici ed ambientali, sulle rocce che formano le nostre coste sono impresse le più ampie e remote testimonianze della nascita ed evoluzione sia del paesaggio terrestre sia degli insediamenti umani; testimonianze di grandissimo interesse scientifico e sempre più oggetto di visite, ricerche e studi dai maggiori centri di ricerca e università del Pianeta. Oltre al recupero della memoria storica, per la tutela e valorizzazione delle preziose specificità delle nostre coste, c’è la necessità di diffondere la pratica della legalità e il rispetto dell’Ambiente e delle norme vigenti; in particolare, di quelle sulla qualità delle acque di balneazione e del Piano Stralcio Erosione Costiera (P.S.E.C.) dell’Autorità di Bacino della Calabria. Agire nel rispetto delle norme vigenti è richiesto alle classi dirigenti responsabili del Governo e controllo del Territorio e anche a tutti i cittadini interessati al bene comune. Sono da rispettare le linee guida del P.S.E.C in materia di assetto e gestione della fascia costiera allo scopo di: assicurare la prevenzione dai pericoli di erosione e di inondazione da mareggiata; impedire nuove situazioni di rischio secondo i principi dello sviluppo sostenibile, della pianificazione integrata della zona costiera e del controllo della qualità degli interventi; concorrere alla tutela e alla valorizzazione dei tratti di costa aventi valore paesaggistico, naturalistico ed ambientale, promuovendo la riorganizzazione, il ridisegno, la riqualificazione ed il recupero dei tratti Lamezia e non solo


costieri urbanizzati, al fine di garantire la riconnessione funzionale tra l’entroterra e la costa dove sono più evidenti casi di discontinuità morfologica, preservando i caratteri e le qualità specifiche. Si deve perseguire la salvaguardia dell’incolumità delle persone e delle attività economiche, l’integrità delle infrastrutture e delle opere pubbliche o di interesse pubblico, degli edifici, dei beni, degli insediamenti di valore storico, architettonico, ambientale, naturalistico, paesaggistico e culturale dal rischio di erosione costiera favorendo, al contempo, la fruizione pubblica e l’utilizzo turistico e ricreativo della fascia costiera, nonché la corretta e sostenibile utilizzazione delle aree del demanio marittimo. E individuare:

le aree a differente pericolosità da erosione costiera e le relative norme di attuazione; le azioni finalizzate alla mitigazione ed alla eliminazione delle condizioni di rischio, nonché alla tutela ambientale del sistema costiero; le linee guida per la progettazione delle opere strutturali di difesa costiera; le prescrizioni, i vincoli e le norme d’uso finalizzati alla prevenzione di possibili effetti dannosi derivanti da interventi antropici. A proposito prescrizioni e i vincoli finalizzati alla prevenzione di possibili effetti dannosi derivanti da interventi antropici è da evidenziare la tendenza a porre blocchi frangiflutti in vari tratti dei litorali lametini in erosione. Blocchi che richiamano alla memoria il masso

di 20 metri cubi, del peso di 50 tonnellate spinto da onde di tsunami a circa 3 metri sopra il livello del mare sempre sul Tirreno calabrese. Valutazione e analisi sull’assetto del territorio costiero, come il fenomeno erosivo e le opzioni di adattamento, non possono non tener conto delle previsioni di variazione del livello del mare e degli impatti del cambiamento climatico al fine di decidere in modo corretto se e quali azioni e interventi potranno essere utili e durare sufficientemente o avranno bisogno di manutenzioni e correzioni nel tempo, essere sostenibili e condivisi.

Mario Pileggi

Geologo del Consiglio Nazionale di “Amici della Terra”

Le perle di Ciccio Scalise

NA LEZZIONI I VITA Nà lizzioni i vita mà ddunatu, nà pirsuna chi ppì ccasu aju ncuntratu, siccomi povarella avia ccadutu, m’ajiu abbicinatu ppimmu ajiutu. Cumu a manu cci’ajiu prujiuta, chistu ncazzatu ù llà bbuluta, e ggastimandu mà ddiciutu, pirchì i cazzi mia umm’avia ffaciutu. Scusati ajiu dittu, m’aviti i pirdunari, s’ajiu vinutu a bbì mpurtunari, Lamezia e non solo

iu sulu nà manu v’avia pprujiutu, ppimmu v’azati c’aviavu cadutu. Nduvi sugnu o un ssugnu, sunu cazzi mia, vuagliu sapiri cchì ttì ndì fhutti a ttia, mò vì mu ti ndì vai, e llassami sulu, e ppì ffavori và piglialu ntrò culu. Lisciu e bbussu caru zziu, a ffari nculu Vi ccì mandu iu, ca i cazzi mia mi sacciu fhari, e lluacu nterra ppì mmia putiti ristari.

Nà bella lizzioni i vita ajiu avutu, pirchì i cazzi mia ù mm’ajiu fhaciutu, si nterra nù cauci cci’avessi mminatu, fhorzi chillu m’avessi rringrazziatu. “Ricordati amicu, bbeni un ffari, si a ngratitudini u rriasci a ssuppurtari”. 28/12/2012

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Associazionismo

Natale 2018 all’Uniter Nel salone dell’Uniter di Lamezia Terme, addobbato come un piccolo teatro con il tavolo dei relatori che è diventato lo sfondo desertico della Palestina, la grotta di Betlemme e infine il colle della crocefissione a Gerusalemme, Augusta Caglioti ha rivelato le sue doti di regista e interprete. Rielaborando il testo di un racconto di Erri De Luca, La faccia delle nuvole, Augusta ha messo in scena una Sacra Rappresentazione, una forma di teatro popolare che nel Medioevo raccontava con le parole della gente comune la storia di Gesù. Con la collaborzione di due giovani attori, Luisa Vaccaro (Miriàm) e Roberto Panzarella (Josèf), alcuni giovani settantenni dell’Uniter si sono messi in gioco e hanno vestito i panni dei tre Re Magi (Nando Caligiuri, Gianni Caruso, Lucio Leone) e di un pastore (Francesco Vescio) con splendidi vestiti di scena e una sincera partecipazione al dramma umano di una famiglia non comune. Augusta Caglioti, voce narrante che introduceva di volta in volta le scene, ha posto in risalto la diversa prospettiva con cui De Luca racconta una storia che da duemila anni è diventata parte fondamentale dell’immaginario collettivo del mondo occidentale. Dai dialoghi emerge la figura di un giovane Josèf innamoratissimo della fidanzata Miriàm, il quale per amore di lei accetta di credere al racconto dell’angelo dell’Annuciazione e cerca di sfuggire alla maldicenza dei compaesani, salvando col matrimonio la fanciulla dalla lapidazione prevista dalla legge. Josèf è da questo punto di vista il primo cristiano della storia, il primo che abbandona la Legge ebraica per un atto di fede e di amore. Ma sono state evidenziate anche implicazioni sociali legate all’attualità: una famiglia costretta a fuggire dalla propria terra per le persecuzioni del potere (Erode) sfuggendo ai posti di blocco con gli stratagemmi di Miriàm; una famiglia di immigrati clandestini che ritorna in Palestina; una famiglia di meridionali (gli antenati di Josèf erano del Sud della Palestina) che va a vivere a Nazareth, a Nord, e si caratterizza con la parlata napoletana di Josèf e le simpaticissime battute del pastore (Francesco Vescio) in un calabrese doc. E la rappresentazione si colora di umanità con un Josèf che cerca nel volto del bambino somiglianze col proprio volto e con una Miriàm che lo rassicura e lo aiuta ad accettare di essere padre per realizzare un disegno che trascende gli schemi sociali che gli uomini si danno per vivere insieme. Il volto di Gesù diventa così quello dei bambini di tutti i tempi che, per crescere e realizzarsi, devono allontanarsi dal volto del padre e assumere su di sé un progetto di vita che appartiene solo a loro. E’ un volto che varia, mutevole come la faccia delle nuvole, e che porta con sé la speranza di un mondo migliore. E’ con questo augurio natalizio, davanti a un pubblico attento e numeroso, che l’Uniter offre un ulteriore contributo della sua attività volta alla socializzazione, all’approfondimento culturale, al dialogo fra generazioni.

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Associazionismo

Il Club del libro Uno dei tratti distintivi di cui il club del libro, sin dalla sua nascita, ha voluto ammantarsi, è quello della flessibiità di approccio ai generi letterari più vari. Non poteva mancare la lettura, dopo quasi due anni di vita, di un’opera che la critica letteraria del secolo scorso avrebbe tout court definito “un giallo”. Il bel libro scritto a quattro mani da Giovanni Di Giamberardino e Costanza Durante si presenta al potenziale lettore con un titolo del tutto singolare “Giallo banana” e con una copertina post-moderna ammiccante al falsamente classico. Va da sé che, senza le osannanti critiche rinvenibili sulla rete, credo che ben pochi acquisterebbero l’opera in libreria, unicamente sulla base dei due presupposti di cui sopra… Ed invece “Gialllo banana” è quasi un bestseller, che mette d’accordo critica e grande pubblico. In effetti, riguardo all’editing ed alla promozione, c’è ben poco da dire, a parte la constatazione di un impegno editoriale ineccepibile, come di consueto quando si parla della collana “I Neri”. Tuttavia il successo del lavoro dei due autori restituisce un senso di stabilità, di una accoglienza non effimera da parte degli appassionati, con ciò dimostrando che la scelta narrativa della coppia Di Giamberardino – Durante risponde ad un’esigenza di mercato che ha sempre riscosso grande successo in Italia, a partire dalla collana, edita da Mondadori nella prima metà del secolo scorso, che ha fornito la definizione caratterizzante del genere stesso. In ogni caso, “Giallo banana” è un romanzo moderno, addirittura contemporaneo: le scene descritte sono facilmente immaginabili dal lettore, che personifica i tipi umani descritti rifacendosi alle sit-com più in voga della TV, così da avere la sensazione di deja-vu quando legge del maggiordomo Gelasio (che ricorda un po’ l’ironico Alfred di Batman o l’altero maggiordomo di “Tata Francesca”) o del protagonista Vittorio Maria (a volte svampito come il protagonista del “Principe di Bel Air”). Ed infatti il racconto pare snodarsi in una sequenza di scene da serial o sit-com televisive e consente al lettore la possibilità di interrompersi ad un certo punto e riprendere il filo narrativo saltando ad una qualsiasi pagina successiva. Il racconto, poi, è agevole a leggersi (ed a comprendersi…), tanto da poterlo definire anche come “quel libro che ti porti in borsa”, anche se spesso un limite degli autori potrebbe rinvenirsi nella ricerca della battuta ad ogni costo o nella ricerca di nomi verosimili per gli innumerevoli personaggi citati. Ciò nonostante, il dosaggio narrativo si presenta ben calcolato, anche e soprattuto nel tratteggiare i protagonisti, primo fra tutti l’anti-eroe Vittorio Maria, a suo agio nelle ambientazioni ormai kitsch delle residenze della decaduta nobiltà romana, ormai un topos delle analisi sociologiche più in voga nei talk-show televisivi, i cui opinionisti immancabilmente

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finiscono per richiamare il film “La grande bellezza”. Per quanto riguarda trama e ambientazione dell’opera, merita ricordare le prime pagine, dalla cui lettura ben si comprende il tono che caratterizzerà il racconto fino alla fine. Ogni mattina il protagonista, dall’altisonante nome di Vittorio Maria Canton di Sant’Andrea, quarant’anni e un metro e novanta per centodieci chili, “… poco prima che Gelasio – o meglio Anatoli, il maggiordomo dallo sguardo siberiano così elegantemente ribattezzato – metta piede nella sua camera da letto, indossa la giacca da camera, finge di sistemarsi una chioma fluente che non ha, monta un rudimentale capestro e, con una smorfia cupa, infila la faccia nel cappio. Ogni mattina Gelasio non si lascia impressionare dal gesto e, con aria indifferente, lascia la colazione ed esce dalla camera, mentre Vittorio Maria si lancia a pancia sotto sul letto. I finti suicidi sono, per il principe di Sant’Andrea, un’innocua esibizione quotidiana, e tuttavia sorgono da un’anima dolorosamente afflitta dalla vita in comune con una vecchia zia malevola che non manca mai di chiamarlo «Vittorio Maria», scandendo con cura il suo secondo nome; da una casa le cui pareti sono decorate dai segni dei quadri mancanti – l’unica fonte di guadagno rimasta all’illustre casato.” (cit.) La svolta della vita di Vittorio avviene allorchè, inaspettatamente ma non tanto (da appassionato di enigmistica e della serie TV “La signora in giallo”) decide di trasformarsi in un improbabile investigatore, intento a disvelare i retroscena di un omicidio che scuote il piccolo mondo del jet-set romano, fatto di moderni paparazzi, tronisti, partecipanti ai reality-show e nobiltà alle prese con problemi economici che ne mortificano il blasone. Gli espedienti narrativi ricordano molto i classici del genere, compreso il classico finale con la scena nella quale vengono riuniti tutti coloro che, potenzialmente, potrebbero essere sospettati dell’omicidio o di un qualche favoreggiamento in relazione al suo verificarsi. Comunque, anche i personaggi costruiti più in ombra dagli autori, presentano in sé non solo angoscia e frustrazione, ma anche una certa ansia da riscatto. Il prossimo appuntamento del book club LectorInFabula è previsto per il 23 dicembre, sempre alle ore 18:00 presso il Qmè, con il libro “Non avevo capito niente” di Diego De Silva, edito da Einaudi. Anche senza aver letto il libro, gli appassionati di letteratura saranno ben accolti da tutti gli appartenenti a LectorInFabula, diventato ormai un gruppo di appassionati collegato a tanti altri gruppi simili attivi in Calabria e nel resto del paese. Ma di questo vi racconteremo laprossima volta!

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Istruzione

La panchina dell’amore negato Una installazione degli alunni dell’I.C. Don Milani contro la violenza sulle donne Una panchina, dei palloncini rossi a guisa di cuore, dei segnalibri con il nome delle donne vittime di violenza, un numero di telefono 1522 per denunciare ogni forma di sopruso. POSTO OCCUPATO. E quel vuoto simbolico si riempie improvvisamente di senso mentre un angolo della vecchia Villa comunale della città si trasforma in un piccolo palcoscenico a cielo aperto per parlare di femminicidio. Protagonisti gli alunni della Scuola secondaria di I grado Don Milani. Aurora, Azzurra, Anna, Elena, Elisea, Francesca, Giada, Giorgia, Georgiana, Miruna, Morena, Silvia, Valentina, Antonio, Benedetto, Cesare, Danilo, Donato, Fabio, Francesco, Giuseppe, Luigi, Robert prestano la loro voce a chi voce non ha più. I nomi di Adele Bruno, Fabiana Luzzi, Maria Rosaria Sessa, Danieli Roveri, Federica Ventura, Rosanna Laurenza, Renata Rapposelli, Chiara Matalone… sono scanditi in successione come in un freddo bollettino di guerra. 149 donne uccise nel 2016. 123 donne uccise nel 2017. 70 donne uccise, ad oggi, nel 2018… Ma da queste giovani voci si alza un grido di speranza “Un uomo che maltratta una donna solo perché può apparire più debole e fragile di lui non è un uomo ma un vigliacco!” “Un uomo non può togliere la libertà a una donna!” “Basta femminicidio. È sbagliato!” “Bisogna avere il coraggio di parlare e denunciare.

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La vita è troppo preziosa per trascorrerla nella violenza e nel silenzio”… Un cartellone con tre farfalle reca scritto “Le sorelle Mariposas volano per sempre sulle ali della libertà”, mentre i versi di Alda Merini diventano una sorta di preghiera laica, una dichiarazione d’amore di una donna A tutte le donne di ogni latitudine “Fragile, opulenta donna, matrice del paradiso / sei un granello di colpa / anche agli occhi di Dio / malgrado le tue sante guerre / per l’emancipazione. / Spaccarono la tua bellezza / e rimane uno scheletro d’amore / che però grida ancora vendetta / e soltanto tu riesci / ancora a piangere, / poi ti volgi e vedi ancora i tuoi figli, / poi ti volti e non sai ancora dire / e taci meravigliata / e allora diventi grande come la terra.” E ancora il celebre testo di Paola Cortellesi “Mi chiamo Valentina e credo nell’amore…” nella versione rivista, corretta e recitata, in maniera deliziosa, da Silvia, Giada, Anna, Valentina. Una performance che ha fatto emozionare tutti, preparata con cura dalle professoresse Monica Guido, Gabriella Borrello e Giovanna Costanzo in collaborazione con tutto il corpo docente. Una occasione per riflettere sul lato oscuro dell’amore e sui diritti delle donne. Donne alla ricerca di un progetto di felicità. Donne che credono ciecamente nell’amore e vogliono vi-

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vere la loro “favola bella”. Donne che si fidano e affidano la propria vita all’uomo che amano rimanendone vittime. Ma l’universo maschile è popolato di uomini che non amano le donne, ne rivendicano solo il possesso. Amore malato, amore criminale, amore patologico, amore cattivo. Violenza travestita da amore. Tematiche sociali di stringente attualità che la scuola ha il dovere morale di affrontare fornendo ai ragazzi gli strumenti critici per leggere la realtà e le basi di una sana “educazione sentimentale” che deve partire dal “rispetto della persona e dei diritti delle donne, contrastando gli stereotipi di genere che sono alla base di una visione distorta della società. Perché solo la sensibilizzazione dei giovani attraverso la cultura della non violenza può fermare questa tragica scia di vittime”. L’adesione alla Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne, istituita dall’ONU in ricordo dell’uccisione avvenuta il 25 novembre 1960, delle tre sorelle Mirabal che si opposero al regime del dittatore dominicano Rafael Trujillo usando il nome in codice Mariposas, ha coinvolto l’intero Istituto comprensivo Don Milani. La scuola secondaria di I grado di Platania e la scuola primaria di S. Teodoro hanno infatti dedicato degli spazi con l’allestimento del POSTO OCCUPATO e l’installazione delle scarpette rosse che, da simboli femminili per eccellenza, sono ormai diventate icone di violenza a ricordare il tanto sangue ingiustamente versato. Nutrita la partecipazione delle famiglie degli alunni e grande la soddisfazione espressa dal dirigente scolastico Francesco Vinci e dai docenti che hanno lavorato al progetto. Anche il Soroptmist Club di Lamezia Terme da sempre impegnato in iniziative per far conoscere il fenomeno, riflettere e dire basta alla violenza in ogni sua forma, ha voluto esprimere la propria vicinanza e nella mattinata del 24 novembre le socie Giuseppina Mazzocca e Sabrina Curcio hanno visitato insieme alla professoressa Giovanna Costanzo e ad alcune alunne della Scuola secondaria di I grado la “panchina dell’amore negato”. Lamezia e non solo


Istruzione

Una passeggiata nella storia per gli alunni della Scuola secondaria di I grado Don Milani Un’uscita didattica che è stata una vera e propria passeggiata nella storia per gli alunni della Scuola secondaria di I grado Don Milani di Lamezia Terme che ha sede nella struttura in cui erano ospitati il Museo Archeologico Lametino e la Casa del Libro Antico. Le aule, i laboratori e la biblioteca dove oggi si svolgono le lezioni sono, infatti, gli stessi dove un tempo si potevano ammirare antichi libri e preziosi reperti archeologici. Gli stessi libri che hanno incantato le ragazze e i ragazzi accompagnati dalle professoresse Monica Guido, Giovanna Villella, Giovanna Costanzo, Immacolata Giampà, Gabriella Borrello, Ilenia Flamingo ed Enrica Leone. Un modo per far conoscere loro i luoghi della storia e della memoria, guidando il loro sguardo, invitandoli a indugiare su un particolare, a vedere con occhi nuovi posti noti ma non conosciuti perché si deve cominciare fin da piccoli ad amare, apprezzare e rispettare la propria città. Dall’antico quartiere di S. Teodoro, dominato dai ruderi del castello Normanno-Svevo, attraversando Via Garibaldi e poi Corso Numistrano si arriva davanti al settecentesco Palazzo Nicotera-Severisio dove oggi si trovano la Casa del libro antico e la Biblioteca Comunale. Guidati dalla signora Tiziana, gli alunni visitano la struttura che vanta una collezione libraria di oltre 2500 volumi composta principalmente dai fondi librari dei conventi dei Cappuccini e dei Domenicani di Nicastro e dei Frati Minimi di Sambiase con testi che vanno dal Medioevo al Rinascimento. Opere di teologia, filosofia, patrologia,

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storia ecclesiastica ed esegesi, ma anche frammenti di codici manoscritti greci e latini e le cinquecentine impreziosite dalle xilografie realizzate dai celebri torchi di Manuzio, Giunta, Giolito, Froben e Plantin. L’attenzione degli alunni viene catturata dai due incunaboli della seconda metà del XV secolo con le postille scritte a mano dal filoso Tommaso Campanella che dal 1586 al 1588 dimorò proprio a Nicastro nel Convento domenicano. E poi i due mappamondi lignei, quello terrestre e quello celeste, i diletti, antichi segnalibri che ricordano i kirigami e un esemplare di ventiquattresimo, il libro più piccolo posseduto dal patrimonio librario. Una breve pausa nel cortile del Palazzo e la visita prosegue nei locali della Biblioteca comunale intitolata al prof. Oreste Borrello e ubicata al piano nobile. Si attraversano le varie sale affrescate: la sala con il dipinto su carta che celebra la gloria della nobile casata con l’effige della Vittoria alata sul carro e la simbologia legata al mondo contadino a ricordare le origini della famiglia, la sala da pranzo con frammenti sulle pareti che riproducono la Sila, la camera da letto con un bellissimo affresco raffigurante l’ora della toeletta della baronessa ritratta in un medaglione accanto alla sua dama di compagnia e poi il salone delle feste intitolato alla memoria del giornalista Giuseppe Perri. Dopo una interessante introduzione sul metodo di catalogazione dei libri si passa alle varie sezioni suddivise in Filosofia e psicologia, Religione, Scienze sociali, Linguaggio, Scienza, Tecnologia, Arti e attività ricreative, Letteratura, Storia e

geografia. Al ritorno, una sosta davanti al complesso monumentale di S. Domenico nella omonima piazzetta dominata dalla splendida facciata della chiesa seicentesca con un grande dipinto della Madonna del Rosario, incorniciato da stucchi, sotto il quale è lo stemma marmoreo dei principi d’Aquino, feudatari di Nicastro e benefattori del Convento domenicano. Il Convento, dove dimorò Tommaso Campanella, oggi ospita al piano terra il Caffè Letterario e al primo piano il Museo Archeologico Lametino. Attiguo al Convento, il Teatro Umberto, un piccolo teatro all’italiana conosciuto anche come Pidocchietto che conserva ancora la bella intestazione in stile liberty e poi la statua che riproduce la Sirena Ligea che con la sua voce melodiosa fece innamorare Ulisse e il cui mito è profondamente legato alla storia del nostro territorio. Si ripercorre Corso Numistrano con una veloce sosta davanti alla gioielleria del maestro orafo G.B. Spadafora noto per aver riprodotto le figure tratte dal Liber figurarum dell’abate florense Gioacchino da Fiore quali il draco magnus et rufus, l’albero della vita, i cerchi trinitari. Uno sguardo alla maestosa facciata della Cattedrale dei S.S. Pietro e Paolo, patroni della città e l’ultima sosta davanti alla statua di Federico II, opera dell’artista lametino Maurizio Carnevali che ritrae l’imperatore con un falcone posato sul braccio destro rivolto in direzione del “suo” castello. La passeggiata è finita. Si rientra in classe con un sorriso. È stata proprio una bella giornata!

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l’angolo di tommaso

Giovanna e Stefano Rocca Una serata elegante, una serata di successo, una serata all’insegna del bello, una pagina di Storia per la città di Lamezia Terme. Mi riferisco alla festa che i fratelli Giovanna e Stefano Rocca hanno organizzato nella loro gioielleria sul corso Numistrano in occasione dei 120 anni di attività. In un clima di autentica serenità, tanta tanta bella gente è accorsa all’evento tra musica di sottofondo, un ricercato buffet ma soprattutto per ammirare il percorso storico che i titolari hanno allestito:

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foto d’epoca, esposizione di preziosi gioielli d’inizio secolo fino ai nostri giorni, compresi quelli creati in pezzi unici da Giovanna e Stefano. Quella sera ho avvertito che qualcosa di importante si stava compiendo: un bilancio della Storia della gioielleria fino ad oggi e l’inizio della scrittura di nuovi capitoli per il futuro. Un momento vissuto nel giusto equilibrio tra profondità e leggerezza alla presenza della memoria storica rappresentata dalla Signora Rocca, madre di Giovanna e Stefano; tra me e

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me mi piaceva pensare ai tanti ricordi che in quel momento sicuramente affioravano nella mente della Signora. Ho avuto anche il piacere di assistere ai preparativi la sera precedente, tra trepidazione, entusiasmo, timori, commozione: su ognuno dei presenti mi sembrava di leggere il proprio pezzetto di storia. È stato un momento davvero importante per la nostra città, specialmente per il momento critico che sta vivendo attualmente.

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l’angolo di annamaria

MANUEL SIRIANNI:

“IL BAMBINO IRRAGGIUNGIBILE” ISTITUTO COMPRENSIVO FIORENTINO LAMEZIA TERME

Si è svolto il 6 Novembre alle 16,30 all’Istituto Fiorentino di Sambiase-Lamezia Terme, l’incontro col 17enne Manuel Sirianni, di Catanzaro, ragazzo autistico “non verbale” ma pensante che ha presentato il suo libro “ Il ragazzo irraggiungibile”, nell’ambito degli appuntamenti del progetto “Libriamoci” . Presenti il dirigente Scolastico L. Benincasa, la docente Vicaria M.Giovana Aloisio, la madre di Manuel Oceania Paone, la psicologa e logopedista Riccarda Alcaro che hanno dibattuto, la docente Tonia Brancia ha narrato brevemente la storia di Manuel, e molti docenti e studenti. Il giovane scrittore che fin dall’infanzia ha cercato di comunicare, ha vissuto in silenzio per nove anni perché il suo corpo glielo ha impedito. Fortunatamente i genitori e la fede lo hanno aiutato, ma soprattutto la logopedista Riccarda Alcaro, incontrata alle scuole elementari, che propose per lui il metodo della “Comunicazione Facilitata” , grazie alla quale egli è migliorato, dimostrandosi disponibile all’ascolto. Molto importante è stata per lui la scrittura, che gli ha permesso di esprimere le sue emozioni. Caratteristica di Manuel è la sua profonda sensibilità, così da bambino i suoi miglioramenti nel tempo non si valutavano attraverso le parole, ma attraverso i pensieri. Quel che rende i “non verbali “ più sensibili rispetto ad altri è il pensiero. Così come ha affermato Manuel, chi non è in grado di parlare non è detto che non possa comprendere. Nel testo si può notare la felicità di un bambino che avendo opportunità sociali limitate ha cercato di creare in sé le piccole gioie e soddisfazioni per sopravvivere: E’ un bambino ricco di sogni, fantasie, e dialoghi immaginari che gli hanno dato e gli danno la forza per andare avanti e raggiungere i suoi obiettivi. Per pag. 19

comunicare, ora utilizza la tastiera del computer. Grazie a ciò ha scritto il suo primo libro: “Il bambino irraggiungibile” edito da Bompiani, scritto da un “un ragazzo autistico non verbale ma pensante” , pone un punto interrogativo alla nostra visione delle cose. Così come ha spiegato Manuel, molti credono che parlare e capire siano la stessa cosa, invece così non è. Infatti non parlare non significa non capire, bensì, capire molto meglio rispetto ad altri, il tutto però senza potersi esprimere, rimanendo imprigionati nel proprio pensiero e a volte subendo delle condanne ingiuste perché fatte contro i più deboli. Il pensiero anziché la voce è stato per lui il mezzo di comunicazione e di espressione. Frequenta il Liceo Classico a Catanzaro e certamente dimostra molta maturità e umanità, sostenendo che, su questa terra nessuno possa essere superiore agli altri, né possa giudicare gli altri, ma che tutti debbano avere la serenità e l’umiltà di accettare una realtà diversa da quel che appaia. Il libro, frutto di un’ autentica emotività

e di un percorso e di esperienze di vita. Nel suo libro con l’uso esagerato delle maiuscole vuole cambiare la visione del mondo del lettore pur di fargli comprendere che il reale non è ciò che appare ma ciò che E’. Manuel vuole distinguersi dalla generica categoria definita col termine ‘autismo’, precisando in qualche modo di appartenere invece a quella definita “non verbale”. Egli ha imparato a esprimersi grazie all’uso della tecnica della Comunicazione Facilitata, ovvero grazie all’uso di una tastiera e ad una “guida” . Il testo narra le sue difficoltà nell’esprimersi e nel comunicare, fin dall’infanzia e lo fa in modo molto toccante e commovente. Si rivolge ai lettori col la preghiera o l’esortazione sostenendo che l’affetto sia l’unico metodo per guarigione e ch’egli sia sempre stato desideroso di coccole e di attenzioni. In realtà tutti le amano, per quanto non sempre sian capaci di ammetterlo. Il problema risiede nella difficoltà di esprimere le proprie emozioni. Se non provassimo emozioni non saremmo umani, bensì minerali, per tale motivo non dobbiamo provare disagio o timore nell’esprimere le nostre emozioni. Probabilmente ci spaventa qualcosa d’ignoto e d’indomabile; quello delle emozioni è un mondo inesplorato che si teme, proprio perché sconosciuto: Se imparassimo a conoscerlo vivremmo meglio . Son poi intervenuti gli studenti consegnando a Manuel alcuni loro Doni: Dei Disegni e delle Parole Colorate: Le Parole componevano delle frasi di benvenuto che lo hanno Salutato e Ringraziato. L ’insegnante Vicaria Maria Giovanna Aloisio ha concluso l’incontro con i Saluti e i Ringraziamenti.

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Sport

Fucine di campioni Il centroavanti ha solo otto anni? Non importa se c’è la stoffa a differenza del passato in cui l’oratorio era quasi l’unica fucina di giocatori, le società si sono attrezzate con centinaia di osservatori che tengono d’occhio i ragazzi più dotati fin dalla tenera età. Non hanno deciso di sostituirsi ai parroci. Anzi l’oratorio è sicuramente ancora oggi la fucina più produttiva di calciatori specialmente al sud. Grosse società si sono attrezzate per far crescere in casa i campioni del domani. Anche la scuola e le società più piccole

svolgono una parte di grande rilievo nella ricerca e nella maturazione dei giovani calciatori. Già la scuola negli anni è profondamente cambiata non tutte ma le più progredite si sono date da fare e 1’attività sportiva è diventata parte integrante dell’insegnamento. Ad alcune scuole che accolgo ragazzi fin da piccoli, dalla prima elementare, campionato di calcio interno e le sfide interscolastiche sono da tempo una realtà.

Arvalia continua a mietere successi! Il mese di dicembre si è aperto senz’altro in positivo per la Arvalia Nuoto Lamezia, che ha dimostrato ancora una volta di essere in continua crescita e di avere intenzione di migliorarsi sempre più. La società che gestisce la Piscina Comunale lametina è stata impegnata nel 5° Trofeo Furfaro – Trofeo Propaganda 1^ Tappa Campionato Invernale, svoltosi Sabato 1 Dicembre presso la Piscina Apan (RC) e Domenica 2 Dicembre 2018 presso il Centro Sportivo Parco Caserta (RC), conquistando il 3° posto di Società Propaganda. Diversi i nuotatori lametini che hanno conquistato il gradino più alto del podio: nella mistafetta 4x25 stile libero esordienti c sono

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stati Valeria Turtoro, Riccardo D’Ippolito, Daniel Lico e Giorgia Bisurgi a meritare la medaglia d’oro. Bronzo per Desire Perri, Pino Cuda, Felicia Conace e Domenico Strangis nella staffetta 4x25 mix esordienti. E ancora oro per Giulia Cianflone, argento per Fabiola Currado, Amelie Signore, Giorgia Bisurgi, Valeria Turtoro, Daniel Lico, Flavio Cozzoli, e bronzo per Antonio Lento e Francesco Gallo che hanno regalato delle performance natatorie davvero convincenti. Ma lo scorso weekend è stato piuttosto articolato per la Arvalia, che ha altresì gareggiato con estremo entusiasmo presso la Piscina Giovino di Catanzaro Lido, dove si è disputato il 2° Trofeo ‘Città tra i due mari’ di Nuoto Master, e anche a Vibo Valentia, dove si è svolto il concentramento di pallanuoto propaganda nel corso del quale i piccoli allievi della Arvalia sono riusciti a ottenere ottimi risultati pur essendo alla loro prima esperienza. Su tre gare, infatti, i giovanissimi nuotatori lametini hanno avuto la meglio sia contro la Cosenza Nuoto che contro il Vibo Ipponium, regalando grandissima soddisfazione alla loro fiera società. Sono stati 11 ragazzini dai 9 ai 12 anni gli artefici di questo nuovo trionfo: Francesco Muraca, Kevin Fava, Giuseppe Mascaro. GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lorenzo Muraca, Raffaele Bianchi, Cristian Strangis, Domenico Furci, Battista Buongiovanni, Luca Moraca, Pietro Perri ed Emmanuele Salatino. In generale, un risultato positivo per l’intero movimento propaganda calabrese che, specie per quanto riguarda la pallanuoto, mancava sullo scenario sportivo regionale. In particolare, un risultato davvero positivo per la Scuola Nuoto lametina e per il settore propaganda – di nuoto e pallanuoto - nato come una piccola realtà che sta dimostrando che con caparbietà, tenacia e lavoro i riconoscimenti non tardano ad arrivare e che con questo week end si unisce al progetto agonistico della società Arvalia Nuoto Lamezia.

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Sport

la Royal continua a lottare Ritornate Corrao e Primavera

E’ proseguito con una vittoria e quattro sconfitte il campionato della Royal Team Lamezia da metà novembre scorso, ultimo numero di Lameziaenonsolo.

S’è partiti dal recupero di Roma contro l’Olimpus lo scorso 14 novembre: vittoria delle romane per 3-0, ma la Royal ha continuato a sprecare sotto rete sulla falsariga delle gare precedenti. Di fatto la seconda gara di mister Carnuccio e poco tempo per preparare le due gare (esordio a Grisignano). S’è proseguito con il match contro la quotata Florentia a Pentone, dopo Vibo si ritorna nel palasport-promozione dello scorso aprile. Lì si è iniziata ad ammirare una Royal in palla, determinata, grintosa che applica i dettami di mister Carnuccio. Certo “per arrivare al risultato c’è bisogno ancora di tanto lavoro”, sottolineava proprio l’allenatore-penalista di Catanzaro. Infatti si è perso 5-1, ma sul 2-0 il gol di Furno (una leonessa che si imporrà tra le titolari a suon di grande ardore e combattività in mezzo al campo) sembrava riaprire la gara, invece veniva messa in cassaforte dalle toscane grazie a qualche errore difensivo lametino. Ma ‘il risultato’ di cui parlava Carnuccio arriva la settimana dopo: a Fano, una Royal incerottata senza Fragola, Rovito e Gatto si impone con grande cuore e sacrificio per 3-2 (sotto 1-0), con un inizio ripresa strepitoso grazie ai gol di Saraniti e doppietta di Kale, finirà 3-2 per la Royal e si sale a 6 punti in classifica. Si ritorna ‘in casa’, a Rogliano per ospitare le campionesse d’Italia della Ternana! Ebbene sì: dopo Vibo e Pentone ecco il trasferimento nella provincia di Cosenza! Uno scandalo senza precedenti: il 27 dicembre s’è ‘festeggiato’ l’anno di chiusura del PalaSparti. E di notizie certe sulla sua riapertura, con i lavori già ‘consegnati’ a novembre, non c’è traccia né notizie. E mentre a Lamezia succede anche che la terna commissariale del Comune sfratti l’Unione ciechi da una struttura, continua il calvario per la Royal Team a peregrinare per la Calabria in cerca di un campo. Contro la Ternana si perde 4-0 contro uno squadrone che, però, la Royal limita bene soprattutto nella ripresa subendo solo un gol. Nel primo tempo invece tanta sfortuna ed anche un’autorete di Di Piazza, con i soliti errori difensivi ed i soliti gol falliti sotto porta. E si arriva alla prima sosta del 9 dicembre, con la Royal che si prepara per l’anticipo a Cagliari (si sarebbe dovuto giocare il 23 dicembre) di mercoledì 12 dicembre. Anche in terra sarda arriva una sconfitta (3-2, gol di Saraniti e Kale) quanto mai immeritata, con

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la Royal brava sempre a pareggiare i conti ma non ad evitare un’altra sfortunata autorete stavolta di Rovito (decisiva) e con errori difensivi banali. Anche un palo colpito da Di Piazza e diversi gol falliti. Al momento di andare in stampa, si arriva alla trasferta di Bisceglie domenica 16 dicembre, contro una squadra a centro classifica. Quindi dopo la settimana di allenamenti, sciogliete le righe per la Royal che si è ritrovata il giorno di Santo Stefano in vista del match ‘interno’ contro Montesilvano, con tutta probabilità ancora a Rogliano. MERCATO. Già a novembre inoltrato aveva lasciato la Royal Nasso (un gol a Napoli) passata al Rossano, mentre poi capitan Fragola è stata ceduta al VisioRay Catanzaro sempre in C. La Royal ha inteso ringraziare entrambe, in particolare il suo ex capitano per i quasi 4 anni passati insieme, costellati da tanti successi. In entrata tre calcettiste: le ex Stefania Corrao e Concy Primavera reduci dalla Torres Sassari in A2 e la promessa cosentina Maria Siciliano (16 anni). Atlete di grande professionalità e attaccamento alla maglia biancoverde le due siciliane: difensore Corrao abile in marcatura e seconda parte della scorsa stagione a dir poco strepito-

sa; bomber navigata invece Primavera, autrice di ben 23 gol nella trionfale stagione che ha condotto la Royal in Serie A. E 5 le reti realizzate alla Torres di cui una in Coppa Italia. “Siamo felici di ritornare a casa – dicono all’unisono – perché per noi la Royal è come una seconda casa. Arriviamo con grande determinazione per contribuire a raggiungere l’obiettivo voluto dalla società, la salvezza”. E tifoseria lametina ovviamente contenta del ritorno di Corrao e Primavera, di cui hanno apprezzato impegno e abnegazione. Maria Siciliano, doti tecniche di tutto rispetto arriva dai tornei giovanili maschili dove ha mostrato virtù non sfuggite al presidente Nicola Mazzocca sempre attento in tal senso, con l’ausilio nella fattispecie di Pietro Mercuri, mental coach della Royal. Per lei esordio in distinta già a Bisceglie. Insomma la Royal non molla nulla in ottica-salvezza, e lasciando il 2018 anno storico vista la promozione, spera in un 2019 con altri traguardi importanti, augurando Buone feste a tutti i suoi tifosi.

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Satirellando

Siamo in pieno clima natalizio e, per questo mese, ho deciso di non satirellare: di fare omaggio, ai lettori della mia pungente e ilare rubrica, con una rima più affettuosa. Non temete: tornerò a pungere, ma anche chi satirella ha bisogno di un po’ di ambìto riposo, per le Feste, giusto? AUGURI DI CUORE.

G

NATALE IN ALLEGRIA “Chi vuol esser, lieto sia”, attendiam il Natale in allegria: il Magnifico mi perdoni, il furto di rima, fra balli e suoni, è per un nuovo anno che sia felice e rubo pure, a Dante e a Beatrice, il pensier d’una “vita nova”, che non ci metta sempre alla prova!

Per una volta testi nel cassetto ogni satira di sicuro effetto: auguro a tutti le feste più belle, che si sentano, subito, “a pelle”. Predisponiamoci alla contentezza, e tutto arriverà come carezza, bandiam malumore e malinconia: che tutto sia gioia, stupore e… così sia.


La parola alla Psicologa

Cosa ci occorre davvero per aumentare la nostra autostima? L’autostima può essere definita come l’insieme dei giudizi valutativi che una persona ha di se stessa, un prodotto che scaturisce dal confronto con gli altri, probabilmente commisurato ai successi ottenuti e alle aspettative in merito ad essi. Non sono solo i fattori individuali, interni alla persona, ad influenzare l’autostima, quanto piuttosto il confronto che la persona fa con l’ambiente che lo circonda. Per comprendere appieno come scaturisce l’autostima, bisogna far riferimento a due costrutti fondamentali: il sé reale e il sé ideale. Il primo corrisponde ad una visione quanto più possibile oggettiva delle proprie caratteristiche, competenze e abilità. Tutto ciò che siamo insomma. Il se ideale, invece, corrisponde a ciò che l’individuo vorrebbe essere, sotto qualsiasi punto di vista: fisico, professionale, caratteriale. L’autostima scaturisce quindi dai risultati che la persona sperimenta, confrontati con le aspettative ideali: maggiore sarà la discrepanza tra ciò che si è e ciò che si vuole essere, minore sarà la stima di se stessi. Per ridurre questa discrepanza l’individuo può ridimensionare le proprie aspirazioni, e in tal modo avvicinare il sé ideale a quello percepito, oppure potrebbe cercare di migliorare il sé reale. Possedere un’alta autostima significa invece saper riconoscere, in maniera realistica, di possedere pregi e difetti e impegnarsi a migliorare le debolezze apprezzando i punti di forza. Non accettare un difetto, qualunque natura esso abbia, è l’anticamera della sofferenza. Frustrazione, bassa autostima, depressione sono il frutto, spesso, della non accettazione di noi stessi e dei nostri difetti, della tendenza alla perfezione a qualunque costo. Un’antica storia cinese può aiutare, chi scrive chi legge, a guardare ai proprio difetti cambiando prospettiva.

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“Un’anziana donna cinese aveva due grandi vasi, ciascuno sospeso all’estremità di un palo che lei portava sulle spalle. Uno dei vasi aveva una crepa. Mentre l’altro era perfetto, ed era sempre pieno d’acqua. Alla fine della lunga camminata dal ruscello a casa, quello crepato arrivava sempre mezzo vuoto. Per due anni interi andava avanti così, con la donna che portava a casa solo un vaso e mezzo d’acqua. Naturalmente, il vaso perfetto era orgoglioso dei propri risultati, ma il povero vaso crepato si vergognava del proprio difetto, ed era avvilito di saper fare solo la metà di ciò per cui era stato fatto. Un giorno il vaso crepato parlò alla donna lungo il cammino: “Mi vergogno di me stesso, perché questa crepa nel mio fianco fa sì che l’acqua fuoriesca lungo tutta la strada verso la vostra casa. La vecchia sorrise: “Ti sei accorto che ci sono dei fiori dalla tua parte del sentiero, ma non dalla parte dell’altro vaso? Ho sempre saputo del tuo difetto, così ho piantato dei semi dal tuo lato ed ogni giorno, mentre tornavamo, tu li innaffiavi. Per due anni ho potuto raccogliere quei bei fiori per decorare la tavola. Se tu non fossi stato come sei, non avrei avuto quelle bellezze per ingentilire la casa. Ognuno di noi ha il suo difetto particolare… ma sono solo le crepe e i difetti che fan si che le nostre vite siano così interessanti e gratificanti.” La sfida allora per aumentare l’autostima non è quella di trasformare un difetto in pregio, di nascondere le nostre imperfezioni e di pretendere da noi stessi cento volte in più rispetto alle nostre capacità. La vera sfida è quella di saper riconoscere che dalla nostra vita, proprio come quella del vaso rotto, può scaturire qualcosa di utile e che anche con le nostre fragilità potremmo decorare e profumare il sentiero che attraversiamo, per noi stessi e per gli altri.

Dr.ssa Valeria Saladino

Psicologa Referente per la Provincia di Catanzaro della Società Italiana di Promozione della Salute (S.I.P.S.)

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I piedi da sinistra: Antonio Saladino , Anna Cracco, Giuseppe Barba Castagnaro , Davide Gambarotti, Foti Anna Maria (segretaria). Seduti da sinistra: Valentino Di Rende, Giuseppe Colosimo Grintosi, preparati, pronti ad ascoltarti e, soprattutto, a consigliarti, sono i Family Banker lametini ai quali ho posto qualche domanda:

Mediolanum, la banca costruita intorno a te, e quel TE sta ad indicare il singolo cliente? Esatto Banca Mediolanum, che è più di una banca tradizionale e molto di più di una banca on-line, mette il cliente al centro in base alle sue esigenze e obiettivi di vita, cercando di costruire le soluzioni più innovative per soddisfarne le esigenze in modo personalizzato Nella foto, fatta per fare gli auguri natalizi ai vostri clienti, siete tutti Family Banker, una figura nuova ed innovativa che sicuramente ha contribuito al successo della banca. Ma che fate voi come Family Banker? Il FamilyBanker è un professionista di nuova generazione che ha la preparazione e le competenze di un direttore di banca ma anche quelle di un professionista dell’investimento ed offre assistenza e consulenza personalizzata nella gestione del risparmio e degli investimenti, occupandosi di tutti i servizi bancari tradizionali, per esempio valuta insieme al cliente il conto corrente più idoneo, le carte di credito, il mutuo più conveniente, il fido più adeguato pag. 24

Ma quale è, oggi il vostro approccio vincente? Chiudere gli sportelli e spostare le attività nel mondo digitale è una tendenza sempre più frequente. L’aspetto vincente del nostro approccio consiste nell'abbinare il meglio del modello tradizionale di banca, che privilegia il rapporto con una persona di riferimento, e il meglio della banca online, che consente al cliente di svolgere attività in libertà, ovunque e in ogni momento. È una relazione in cui i protagonisti sono la banca e il cliente Un consiglio da dare a chi ci legge? Rivolgetevi ad un Family Banker per progettare e pianificare finanziariamente la vostra vita.

Ufficio dei Consulenti Finanziari Via Adda,5 - Lamezia Terme (Cz)

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