LAMEZIAENONOSOLO GENNAIO 2018 NOTARIS

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Lamezia e non solo

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Via del Progresso -

Lamezia Terme

A cura di: Davide e Donatella Galli

Autore: Italo Leone

Autore: Tommaso Cozzitorto

Autore: Elena Pisapia

Autore: Raffaele Gaetano

Autore: Costantino Fittante

Ultimi Libri Pubblicati in ordine di uscita

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Autore: Ciccio Scalise

Autore: Gianni Scardalaglia

NELLE LIBRERIE, NELLE EDICOLE, per info: 333 5300414

Non posso vivere senza libri! recitava così Thomas Jefferson Se anche per te è così,se hai un manoscritto, che sia una raccolta di poesie o di novelle, un romanzo, una biografia, un libro storico, il tuo diario, un libro che parla per immagini o, perchè no, i tuoi ricordi sui Social, e vuoi REALIZZARE IL SOGNO DI VEDERLO STAMPATO, anche con il codice ISBN che ne assicura la presenza nel Catalogo dei Libri in Commercio e cerchi un Editore che ti segua passo dopo passo, che ti aiuti nella stampa cartacea ed in quella digitale, che curi la correzione delle bozze, che ti aiuti nella promozione del libro CONTATTACI: 3335300414

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Lameziaenonsolo incontra

Annibale Notaris

Nella Fragale

Un Imprenditore questo mese, uno di quelli con la I maiuscola, oserei quasi definirlo un “self made man”, nel senso che nessuno gli ha regalato nulla. Quello che è lo deve sono alle sue capacità, alla sua voglia di osare, alla sua caparbietà. Credo che “non arrendersi” sia un suo modo di essere, sia il suo modo di vivere. Sogna in grande perchè è solo così che si realizzano i sogni. Ho cercato di carpirgli qualche segreto ma ... Comunque leggendo fra le righe credo che qualcosa che possa aiutarci potremmo anche trovarla!

Intanto la ringrazio per avere accettato di farsi intervistare e non posso non cominciare se non chiedendole: “come si fa a realizzare i propri sogni?”, collegandomi ad una sua recente intervista nella quale ha dichiarato: “Il mio sogno è sempre stato quello di girare in auto a Milano ascoltando la mia radio in FM. Oggi, finalmente, l’ho realizzato e mi considero soddisfatto”. Non è da tutti potere fare simili affermazioni Grazie a Lei per l’ interesse… la costanza porta alla realizzazione di ogni sogno, perché io credo che il segreto del successo risieda nella costanza con cui si persegue uno scopo. Sono reduce da uno dei miei ormai innumerevoli viaggi a Milano e devo dire che l’ emozione nell’ascoltare in Taxi la mia radio per le vie della città è sempre forte! Questo è stato senza alcun dubbio uno dei miei sogni più grandi divenuto realtà… Lei oggi è editore del Gruppo Radiotelevisivo più grande del Meridione oltre ad esser proprietario di Alberghi ed Hotels, ci dica, ha deciso di intraprendere questo cammino perchè fin da piccolo bazzicava in questo ambiente o perché questo mondo la affascinava? Quarant’anni fa mio padre diede vita a quella che oggi è l’ emittente storica del Lametino, l’attuale Radio Enne Lamezia. Sono cresciuto tra antenne, apparati, dischi, crescendo con gli anni cresceva

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la mia passione per questo mondo straordinario che poi è diventato la mia vita… Ci racconta la sua storia e quali sono le realtà aziendali che dirige oggi? Il mio nasce come gruppo operante integralmente nel settore delle comunicazioni e del marketing, in una struttura operativa bene organizzata, una sede moderna e tecnologicamente avanzata, per poi estendersi parallelamente al settore alberghiero che da sempre mi affascinava e

che mi sta gratificando moltissimo. Punti forza: l’occhio sempre attento alle ultime innovazioni del mercato e

l’avvalermi di risorse umane giovani e dinamiche, responsabili di settore che crescono e si formano nel Gruppo stesso sostenendomi nei vari e complessi progetti. Adn Italia Spa è divenuto il più grande Gruppo radiotelevisivo del Meridione, un gruppo che spazia dal settore radiofonico al settore televisivo: Le Tv generaliste CALABRIA TV sul canale 15 e TELESPAZIO TV sul canale 11- il canale tematico interamente dedicato al wedding MI SPOSO TV sul canale 16 – la televisione tematica interamente dedicata alla musica JUKE BOX TV nata dal format Radio Juke Box sul canale 689 – MATRIX TV ITALIA sul digitale terrestre in Calabria e Sicilia su unico canale 76 CALABRIA NEWS 24 L’Emittente all news del Gruppo sul canale 90. Le radio: Radio Juke Box La prima radio telematica fiore all’ occhiello del Gruppo-Radio News 24 l’emittente d’elite del Gruppo che in pochissimo tempo ha raggiunto ascolti record – Radio Ricordi “ogni brano un ricordo” - Radio Enne Lamezia che ha festeggiato da poco 40 Anni – Radio Italianissima la radio di sola musica Italiana - oltre ad altre importanti emittenti del Gruppo affidate a gestione esterna come Radio Class. Ogni radio un palinsesto differente al fine di abbracciare un target vario e soddisfare a pieno le esigenze musicali degli innumerevoli ascoltatori che ogni giorno ci scelgono e restano sintonizzati fedelmente sulle nostre frequenze (1.000.000 di

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persone ascoltano ogni giorno le radio del nostro Gruppo). Nella mia terra è nato tutto ed ho creato tanto nel corso degli anni, penso sia arrivato il momento di puntare a pieno al Nazionale, una prima esperienza Nazionale è stata Radio Juke Box che oggi copre 38 province con ottimi risultati. I presupposti ci sono per andare oltre e il nuovo anno sarà ricco di nuovi ambiziosi progetti che si stanno consolidando su scala Nazionale, Le do solo una piccola anticipazione: la sede di una delle mie radio al 24° piano di un grattacielo a Milano… le lascio immaginare il resto… Ed è sulla base del mio esser proiettato verso obbiettivi extra Regionali che è nato da poco più di un mese il nuovo progetto Nazionale del Gruppo su unico canale 254, SHOP 24, il canale interamente dedicato alla vendita in diretta, i marchi migliori ai prezzi più convenienti, sul digitale terrestre in tutta Italia e con una copertura di oltre 45 milioni di abitanti. Molti non sanno che da Lamezia Terme vengono effettivamente gestite 29 emittenti radiofoniche e 12 Emittenti televisive tra cui una pluriregionale e una Nazionale Di certo, quando ha iniziato, non aveva la capacità imprenditoriale che ha oggi quindi, probabilmente, ha incontrato gente che la ha aiutata, che ha creduto in lei, che le ha dato fiducia. Quanto sono state importanti? Sicuramente ho avuto modo di incrociare molte persone durante il mio cammino e da tutte ho appreso qualcosa ma i valori, l’ umiltà ed il senso di responsabilità che mi ha trasmesso la mia famiglia sono stati fondamentali. Caparbietà, intelligenza, genialità, lei ha tutto questo, ma anche un pizzico di fortuna ? Gli sciocchi aspettano il giorno fortunato. Ma ogni giorno è fortunato per chi sa darsi da fare…

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Qual è la molla che la mattina la fa alzare? La passione infinita per il mio lavoro Ha ancora sul suo comodino penna e taccuino oppure li ha sostituiti con aggeggio elettronico? Le faccio questa domanda perchè lei una volta mi ha raccontato di credere molto nei sogni, nelle idee che le balzano in testa quando tutto tace e che appunto, quando un sogno o un pensiero le suscitavano un’idea lei per non dimenticarla la appuntava sul notes prima di tornare a dormire, è ancora così? Bhe il mondo delle telecomunicazioni richiede innovazione e tecnologia galoppanti, per cui ho sostituito anche il notes.. Le confermo che le idee migliori mi

C’è uno strumento, talmente utile nel suo lavoro che lei proprio non potrebbe farne a meno? Si ma non si tratta di uno strumento materiale, è la creatività …la creatività è mettere in connessione le cose e questo è fondamentale nel mio settore. Un suo pregio personale che nella sua vita crede abbia potuto aiutarla? La persuasione. Crisi. Parola che fa paura alla maggior parte degli italiani. Anche lei ha paura di questa parola o fa parte d i coloro che pensano che la crisi si combatte impegnandosi ancora di più? La crisi si combatte con l’innovazione. La sua, pur essendo una “grossa azienda”, è quasi a “conduzione familiare” nel senso che i suoi figli lavorano con lei, come è riuscito in questa ardua impresa? I miei tre figli mi sono accanto ogni giorno nella direzione dei vari settori del Gruppo e condivido con loro ogni singolo progetto, SONO LORO IL MIO PROGETTO PIU’ GRANDE. Domenico, Miriana e Francesca sono la forza che mi spinge ogni giorno a creare instancabilmente … Loro sono il mio presente e nel contempo il mio futuro… Cambiamento è certamente una parola a lei cara in quanto di cambiamenti per migliorare ne ha “osati” molti, è così? Si moltissimi, la mia è una realtà in costante crescita ed evoluzione perché tutto ciò che non si modifica muore.

vengono effettivamente durante la notte, ma ormai più che segnarle al mattino mi adopero subito nel metterle in atto il giorno stesso. Ma lei dorme molto? Quanto basta per ricaricarmi e tuffarmi in una nuova giornata produttiva.

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Quanto è importante per lei la figura dell’imprenditore nella nostra realtà lametina? Credo che la figura dell’ imprenditore sia importante in qualsiasi realtà a prescindere, fare impresa oggi è arduo più che mai, non ci si può improvvisare. Il suo giudizio sulla politica italiana?

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Dovrebbe basarsi su scelte serie per salvare l’ Italia... Lei è molto impegnato per il suo lavoro ma, visto che abbiamo parlato di politica, crede che in futuro la vedremo calcare le scene politiche? Che so, come un novello Berlusconi pronto ad impegnarsi per dare una svolta alla nostra Italia? Sarà per il modo sbagliato di concepirla nel nostro Paese, ma non mi appassiona l’ idea di fare politica, preferisco impegnare il mio tempo nel rendermi utile attraverso le mie attività. Cosa è che, imprenditorialmente parlando, non farebbe più e quella che rifarebbe per l’entusiasmo provato? Rifarei ogni cosa perché da ogni cosa e da ogni scelta giusta o sbagliata ho appreso qualcosa di utile per l’ obbiettivo successivo. Qual è il suo giudizio sulle nuove generazioni? Sicuramente i giovani d’ oggi hanno idee e valori differenti dai nostri d’ un tempo, ma possono darci una marcia in più in termini di energia ed innovazione, è per questo che io mi avvalgo della collaborazione di figure giovani e dinamiche.

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Se dovesse dare un consiglio alle nuove generazioni per la scelta del settore da intraprendere, quale ramo consiglierebbe? Turismo, perché è un settore che spalanca le porte a nuovi orizzonti. Ora basta parlare dell’imprenditore, parliamo di Annibale Notaris uomo. Credo sia capitato anche a lei di affrontare momenti bui. Come ha superato questi momenti? Con pazienza e tenacia. Se era grande ciò che hai superato sarà immenso ciò che raggiungerai… Ama viaggiare? Un viaggio che alla fine si è rivelato non solo dilettevole ma anche utile (ai fini lavorativi) c’è stato? Si e non solo uno fortunatamente. Ho sempre amato viaggiare. Penso che viaggiare implica un triplo piacere: l’ attesa, la scoperta, il ricordo. Una sua considerazione su Lamezia Terme? Potrebbe avere delle grandi potenzialità data la posizione strategica e i vari collegamenti. Concludo con la domanda che faccio a tutti, alla Marzullo: La domanda che non le ho fatto e avrebbe voluto le facessi, si faccia la domanda, ci dia la risposta

Quale è la sua ispirazione? La mia ispirazione ? I miei figli. L’ho già detto, lo ripeto: un vero self-made man. Di quelli che in Calabria e, forse anche in Italia, se ne vedono pochi. Un uomo per il quale i valori sono importanti e, quando parlo di valori, non alludo a denaro, gioielli et similia, alludo al rispetto, alla famiglia, al luogo in cui vive. La sua affermazione sui figli che sono la sua ispirazione non fa che rafforzare il mio pensiero. Non siamo negli anni del boom economico, credo che se fosse nato in quegli anni potrebbe figurare fra gli uomini più ricchi d’Italia. Annibale ha sempre guardato oltre ma non ha aspettato che la strada gli venisse spianata, si è rimboccato le maniche e se la è “asfaltata” (per restare in tema di strada) da solo. Magari fra un po’ le sue aziende saranno quotate in borsa! È un uomo geniale, dovrebbe dedicarsi alla politica, forse potrebbe risolvere qualche annoso problema di quadratura di bilanci, E’ determinato, coraggioso ed ha una grande dote: la capacità di salire sul treno quando passa perchè si sa, un treno perso lo è per sempre! La scelta della frase per lui non è stata difficile, anzi, l’ho avuta in mente da quando gli ho chiesto di lasciarsi intervistare, è di Vittorio Alfieri: “Vòlli, e vòlli sèmpre, e fortissimaménte vòlli”, perchè questo fortissimamente volere credo sia il leit-motiv dei suoi successi nella vita pubblica e privata.

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Cultura

Scurchjiulandu, Scurchjiulandu Un libro è un dono, la nascita di un libro è un complesso di tasselli, che sono le idee, i

sentimenti, le intuizioni, all’inizio sparsi nei meandri della mente, ma solo apparentemente, poi, magicamente, ogni cosa va al suo posto, le parole prendono forma, vita, si trasformano in poesie, in novelle, in racconti. Le pagine si susseguono, l’una

dopo l’altra fino ad arrivare al momento in cui, per quel libro, non ne sono necessarie altre, ed anche

la parola “fine”, sia pure non scritta, è lì ed il libro, nato nella mente dello scrittore, è pronto a “vedere la luce”. Così sicuramente è stato per il libro di Ciccio Scalise, parole che ha catturato nel corso degli anni, scrivendole ovunque gli capitava nel

momento in cui esse stesse si impossessavano della mente di Ciccio chiedendogli prepotentemente di essere ascoltate, scritte per essere ricordate.

E lui così ha fatto, le ha tirate fuori scrivendole, quando non aveva il suo blocco note accanto, su quello che aveva a disposizione in quel momento: nel retro di uno scontrino, su un tovagliolo, su un foglio usato, su uno scatolo di cerini, ovunque. Il risultato è un libro di poesie in vernacolo che è un inno alla vita, ai sentimenti come l’affetto, l’ironia e perchè no? il dolore! E’ pervaso da una sottile melanconia il libro, che però non disturba, perchè è quella che fa un po’ parte di tutti noi. Leggendo le poesie vediamo trascorrere sotto i nostri occhi la nostra vita, le nostre abitudini, ritroviamo consuetudini sopite che abbiamo il dovere di tenere deste per donarle, come fonte di sapere, alle nuove generazioni. Ha scelto di farlo nascere nella

nostra tipografia, la GrafichEditori e di questo non possiamo che essergli grati. Per una piccola casa editrice la stampa di un libro è un evento che coinvolge tutti, a volte, nonostante la passione e l’amore, qualche refuso scappa ugualmente, ma fa

parte del gioco o forse del troppo amore con cui si guardano quelle parole da non notarne niente altro che non sia la bellezza dei sentimenti che trasmettono. Ciccio Scalise è un uomo particolare, un grande uomo, un Poeta e di poesia è permeata la sua vita. E’ circondato da amore, lo si nota

nell’affetto degli sguardi dei familiari quando si posano su di lui, nella figlia Elisa che lo segue

con premura, nella consapevolezza che anche loro hanno di quanto lui scrive, non qualcosa che è solo dello scrittore ma che appartiene anche a loro che ne sono gli ispiratori. pag. 6

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E’ rispettato come si desume dalle parole scritte da Marisa Mantello nella breve biografia che precede il libro, biografia che ci presenta in modo stupendo l’uomo, il poeta, ne riporto uno stralcio: Il mio intende essere un semplice e affettuoso omaggio a una persona speciale, che possiede doti umane incommensurabili, rare di questi tempi, legato alla mia famiglia da profonda stima e

amicizia. Se è vero che “poeta è colui che dice le cose che tutti sentono e vedono ma che nessuno è in grado di dire”, Francesco Maria Scalise, a mio avviso, è poeta, aggiungo Lametino, e tale deve essere stimato. Bellissime parole che per lui ha speso Vittoria Butera sia nella prefazione al libro che affiancandolo nella serata e facendo precedere ogni lettura di poesia da una breve presentazione che ne ha sottolineato l’importanza poichè pur nel “limite dei confini geografici del dialetto è di notevole interesse per la cultura locale perché salva un patrimonio linguistico che si evolve insieme alla società.” Ed ancora: “Negli spazi temporali delle due epoche, che fanno da sfondo a questo volume, scorrono episodi della vita di Scalise, si aprono squarci felici o dolorosi,

che lui racconta con quel tocco d’ironia che svela l’acquisizione della saggezza”. La serata è stata splendida, la pioggia scrosciante ed impietosa per un po’ ci ha fatto temere che nessuno avrebbe abbandonato il tepore delle proprie case per venire alla presentazione del libro, ma è stata una “falsa

preoccupazione”, i conoscenti, gli amici, sono arrivati, circa un centinaio, nonostante il freddo, i tuoni, l’acqua che cadeva a catinelle, sono arrivati per l’amico Ciccio, ed hanno ascoltato la bella

e brava Luisa Vaccaro presentare, Vittoria Butera introdurre le poesie, Lellè Paonessa e Pino Mete che, come ha detto il poeta sono i “suoi lettori ufficiali” , recitare le poesie con tanta maestria da non farci quasi accorgere fossero in dialetto tanto la loro mimica, la loro gestualità, il loro tono lasciava intuire le parole; a volte le voci recitanti sono state tre, perchè lo stesso Ciccio ne ha declamato alcuni versi. Commozione, quando a recitare la prima poesia, quella che dà il titolo al libro “Scurchjiulandu, Scurchjiulandu”. è stata la nipote di Ciccio, la giovanissima Veronica Rocca. A fine serata mi sono seduta accanto a lui ed abbiamo chiacchierato un po’, parlando di Sambiase, di Gizzeria, di Nicastro e di Lamezia e quando gli ho chiesto come facesse ad essere così bravo lui si è stretto nelle spalle e mi ha detto: “non lo so, a me la terza media la hanno regalata perchè ero già grande e mi serviva e, davvero, me la hanno regalata”.

Ecco chi è Ciccio Scalise, un uomo semplice, dal cuore grande, con una altrettanto grande fede,

che ha molto da dire, da dare, da condividere e, poichè “dialetto è di notevole interesse per la cultura locale perché salva un patrimonio linguistico”, (ripeto le parole di Vittoria Butera), il suo libro, come tutti i libri che parlano della nostra storia locale, dei nostri usi, delle nostre abitudini, dovrebbero stare nella case dei lametini, indipendentemente da chi li stampa.

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Spettacolo

UN RARO LIVE-EVENTO DEGLI SKUNK ANANSIE HA INFIAMMATO IL CAPODANNO DI COSENZA DAVANTI A DECINE DI MIGLIAIA DI FAN

Quello di Cosenza è stato certamente il Capodanno più rock e internazionale d’Italia e, come attestano i dati di affluenza, anche tra quelli di maggior richiamo. Decine di migliaia di persone hanno letteralmente invaso il capoluogo bruzio, arrivate da tutto il sud per assistere ad uno dei rari eventi mondiali dal vivo degli Skunk Anansie, la celeberrima band di Skin (Deborah Anne Dyer), Cass (Richard Lewis), basso e seconda voce, Ace (Martin Kent), chitarra e Mark Richardson, batteria. Il gruppo britannico scelto dal sindaco Mario Occhiuto per il tradizionale Capodanno in piazza, evento segnato da qualche anno da chiari connotati di internazionalità, è arrivato in Calabria nel pomeriggio. Dopo un breve riposo in hotel e l’immancabile sound check, mentre Piazza dei Bruzi e tutto corso Mazzini cominciavano a riempirsi di fans in trepidante attesa, Skin e band hanno atteso l’evento nel Palazzo Comunale che ha fatto da quartier generale. La preoccupazione per un forte mal di gola che ha colpito Skin sin dal mattino si è dipanata alle 00.30 in punto quando, dopo aver scambiato gli auguri con il primo cittadino tra microfoni e strumenti, si è presentata davanti al suo pubblico puntualissima e stracarica di energia. Al centro di un palcoscenico vibrante di luci ed effetti ad alta tecnologia, Skin ha subito manifestato le intenzioni di sfoderare un concerto speciale. “Sono malata, ma sarà lo stesso una notte indimenticabile!”, ha esordito la cantante, mentre le note di “Because of you” cominciavano a infiammare il Capodanno cosentino. Da “You saved me” a “You’ll Follow Me Down”, è stato un concerto

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davvero indimenticabile e dai connotati storici per la Calabria. Una sequenza mozzafiato di successi che hanno scalato le classifiche di tutto il mondo, trasmessi anche su numerosi schermi sparsi in tutta la città, ha fatto da colonna sonora all’arrivo del nuovo anno. Bravissimi tutti, ma una nota speciale va proprio a Skin, che ha offerto una performance di rara energia e potenza, contagiando di rock e vitalità una marea umana esplosa sin dalle prime taglienti note di chitarra, sulle quali si è andata via via intrecciando, in preziosi virtuosismi, la sua voce accattivante e unica. Una distesa di mani alzate ha scandito il ritmo esplosivo e le sonorità originali del gruppo, in un crescendo che ha trasportato tutti nel primo vero evento rock italiano del nuovo anno. Insaziabile degli applausi scroscianti e delle continue ovazioni, Skin si è letteralmente abbandonata all’abbraccio e al calore del pubblico, saltando sulle spalle e sulle teste delle prime file. Davanti al numeroso e attonito servizio di sicurezza, Skin è volata più volte in mezzo ai fan impazziti, scatenando un autentico delirio collettivo. Il successo del Capodanno all’insegna del rock, tra heavy metal e influenze funk, blues, punk rock, reggae e hip hop, voluto da Occhiuto, ha segnato un’altra tappa storica per il Capodanno cosentino, proiettato oramai verso prestigiosi e autentici eventi musicali di elevatissimo livello.

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Un avvenimento straordinario per l’intera regione e per una città, Cosenza, sempre più attrattiva e accogliente, con un riflesso d’immagine sempre più internazionale. “Cosenza è bellissima!”, con queste parole il sindaco si è congedato, dopo aver fatto gli auguri dal palcoscenico, soddisfatto per la grande affluenza di pubblico e l’aver centrato l’esclusiva di un gruppo che ha dato una enorme risonanza all’intero programma di “Buone Feste Cosentine”. Perfetta la macchina organizzativa che ha supportato l’ evento, notoriamente impegnativa per le grandi star internazionali, curata impeccabilmente dalla rodata Show Net di Ruggero Pegna, che si è assicurata la band britannica da Vertigo e 13 Artists Ltd di Londra. Imponente e meticoloso anche il piano di sicurezza coordinato da Prefettura e Questura e quello del traffico, in collaborazione con il Comando dei Vigili Urbani, l’Ufficio tecnico Comunale, l’Assessorato alla Cultura e agli eventi guidato dal vice sindaco Jole Santelli e dal dirigente dottor Giampaolo Calabrese, che ha garantito uno svolgimento sereno fino all’alba. Dopo il concerto degli Skunk Anansie, infatti, le iniziative sono proseguite in varie parti della Città e, in particolare, in Piazza Bilotti trasformata dai dj di Studio54 Network in una gigantesca discoteca. Tra i partner dell’evento anche Audi Zentrum Rende, che ha fornito le autovetture per gli spostamenti del gruppo e LaC Tv.

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50 ANNI LAMEZIA TERME

Cinquanta anni di Storia Lamezia è Imprenditoria. L’Imprenditoria è Lamezia

Ci siamo immersi in un anno di festeggiamenti per celebrare l’Anniversario della fondazione della Città di Lamezia Terme. Anche in questa circostanza i “Denigratori Professionisti”, non hanno perso occasione per polemizzare inutilmente su come, dove e quando … ma soprattutto chi! Ciò nonostante il buon senso prevale sempre lasciando spazio così alle buone e sane iniziative, frutto e sacrificio di una giovane comunità vittima talvolta dell’essere ancora una “Adolescente”. Nato in concomitanza della fondazione della Città di Lamezia Terme, il Bar Bernardi ha festeggiato anche esso l’Anniversario. Cinquanta lunghi ed incredibili anni nello storico edificio nella piazza “Francesco Fiorentino” hanno visto la società trasformarsi, crescere ed imporsi nella intera regione Calabrese con Uomini e Prodotti di eccellenza. Il busto di Francesco Fiorentino è li al centro della piazza che controlla ed annuisce ricordando a tutti che nulla è mai stato facile, ma che i

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sogni si possono realizzare, è solo una questione di Tempo e Fede.

una comunità, di una Città: “Lamezia Terme”.

E’ Tempo e Fede i fratelli Francesco e Salvatore Bernardi dal 1967, proprietari del Bar omonimo, ne hanno profuso, conquistandosi la fiducia dei concittadini ed affermato l’idea di Imprenditorialità all’avanguardia crescendo fino alla seconda Generazione.

Animazione, musica e calorosi abbracci, forti strette di mano tra cittadini dalle comuni origini ma di ritorno da luoghi talvolta lontani, tutti uniti nello spirito dell’essere parte integrante di un paese chiamato “Lamezia Terme”.

Un susseguirsi di successi frutto di impegno, sacrifici ed innovazioni, apportati in cinquanta anni di attività. I Fratelli Bernardi divengono così, rappresentativi della Lamezia che “Lavora e Produce” sempre in trincea, precisi e puntuali, proiettati costantemente al raggiungimento di nuovi obiettivi, supportati dalle Famiglie e circondati dall’affetto e dalla stima dei Cittadini, che definirli clienti è riduttivo … amici ancor più che Ospiti! Il giorno dell’anniversario c’erano tutti, a condividere il successo di una Famiglia che rispecchia i progressi di un luogo, di

Oggi i figli Nicola e Nicolino Bernardi, affiancano i genitori nella gestione di una impresa che in cinquanta anni di attività ha acquisito “Titoli e Riconoscimenti” nella preparazione della bevanda Italiana, sua Eccellenza il “Caffè”. La commozione al taglio della grande torta ha colto tutti i presenti, si è cosi suggellato un traguardo importante a testimonianza della tenacia della imprenditoria Lametina che cresce di generazione in generazione. La targa attualmente esposta all’interno del Bar Bernardi diviene oggi orgoglio della famiglia e dei cittadini tutti … viva Lamezia Terme, Forza Lamezia.

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50 ANNI LAMEZIA TERME

Cinquantesimo anniversario della creazione di Lamezia Terme, la città della Ninfa Terina e della Sirena Ligea. Chiuso per scioglimento Nei festosi giorni successivi alla data del 4 gennaio 1968, allorchè nei tre comuni lametini giunse la notizia che in seguito all’approvazione della legge n. 6 era stata creata Lamezia Terme, nessuno avrebbe potuto immaginare che, a mezzo secolo di distanza, a pochi giorni dal cinquantesimo anniversario della città , il suo Consiglio comunale sarebbe stato sciolto con il sospetto di infiltrazioni mafiose nel suo ambito. Sì da rendere privo del senso originario, oggi, la celebrazione dell’avvenimento. Il motivo per cui, allora, nessuno avrebbe potuto immaginare un esito così infausto, è facile da intuire. Erano tali e tante le potenzialità di sviluppo della nuova città che, nell’animo della gran parte dei cittadini, si stava facendo strada la certezza che l’avvenire di Lamezia e dei suoi abitanti sarebbe stato migliore di quanto non fossero state fino ad allora le condizioni complessive dei tre comuni presi singolarmente.

contrasti di natura politica ed economica che, nella dinamica della vita sociale, sorgono all’interno di ogni comunità politico/istituzionale. Da questa sede baricentrica, i benefici si sarebbero dovuti irradiare ed espandere, conseguentemente, sull’intero territorio, a favore di tutte le genti calabresi. A cominciare dalle due “vexatae quaestiones” (copyright peruginiano) composte dalla indicazione/creazione del Capoluogo della regione con annessa ubicazione della sede istituzionale nonché la scelta della sede dell’Università, che era in procinto di essere creata e per la quale

Lamezia Terme era nata, infatti, con lo specifico proposito di sostituire a tre piccoli comuni, poveri e senza alcuna prospettiva degna di rilievo, una grande città incamminata sulla via dello sviluppo. La nuova città della Piana lametina, si veniva a trovare in una posizione baricentrica rispetto alla regione e dotata di un sistema infrastrutturale, in atto o in via di esecuzione, senza eguali altrove nel Meridione. Con la creazione di Lamezia, si era ormai certi di aver costruito lo strumento attraverso cui potesse essere adoperato un nuovo metodo politico, più efficace, per risolvere i problemi di sottosviluppo, arretratezza, emigrazione endemica, povertà di cui, storicamente, erano stati afflitti il Lametino, la Calabria. Si trattava del metodo della globalità per mezzo del quale Lamezia Terme sarebbe stata la sede dove, nel modo migliore e più equo per tutti, avrebbero potuto trovare soluzione i problemi della regione. Non più, dunque, il vecchio, iniquo, rissoso metodo della spartizione tra le tre storiche province, che premiava alcuni, penalizzava altri e scontentava tutti. Ma quello della concentrazione delle risorse strategiche in un unico luogo, baricentrico, della Calabria nel cui ambito avrebbero dovuto essere definite e composte le controversie ed i pag. 10

il CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) aveva indicato, in modo inequivocabile, la Piana lametina come il luogo più adatto dove far sorgere il Campus universitario della Calabria, che avrebbe dovuto rendere un servizio alla comunità regionale, a tutti i giovani calabresi. Sappiamo bene come è andata a finire la faccenda. Per un insieme di circostanze ed avvenimenti, alcuni dei quali esterni ed imprevedibili, indipendenti dalla volontà dei lametini; altri per incapacità del ceto politico che negli anni seguenti alla creazione di Lamezia si è succeduto alla guida amministrativa o ne ha avuto la rappresentanza in sede regionale e nazionale, il decollo di Lamezia non c’è stato. Non c’è stata, soprattutto, la sua trasformazione in una città moderna ed efficiente che potesse svolgere un ruolo funzionale allo sviluppo della Calabria. Pertanto solo pochi di quegli obiettivi/ progetti, di natura interna ed esterna ad essa, che cinquanta anni fa sembravano a GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

portata di mano, o potessero realizzarsi con relativa facilità, hanno avuto conclusione positiva. Sull’inizio della vita politica di Lamezia hanno pesato molto, per esempio, i fatti drammatici di Reggio Calabria. Chi ricorda oggi i risvolti di quegli avvenimenti tumultuosi, con morti e distruzioni, e dell’impatto decisivo che essi ebbero sulla sistemazione del territorio calabrese che sarebbe diventato, in seguito ad essi, come lo vediamo noi oggi? Le avvisaglie che qualcosa di grave stesse per succedere si ebbero nei primi mesi del 1969; le proteste dei cittadini si trasformarono presto in autentiche sommosse e proseguirono per l’intero triennio 1969/70/71. Passati alla storia come la “rivolta di Reggio Calabria”, quegli avvenimenti causarono come conseguenza, nefasta per Lamezia, che le due “vexatae questionaes” cui sopra ho fatto cenno, furono risolte non con l’auspicato (dai lametini) metodo della globalità, ma con quello vecchio e collaudato, cui facevano sempre ricorso i marpioni della politica regionale, della spartizione: Capoluogo e sede della Giunta regionali furono assegnati a Catanzaro; la sede del Consiglio regionale fu attribuita a Reggio Calabria, con il contorno di un complesso industriale liqui-chimico a Saline Ioniche e del Quinto Centro siderurgico nella Piana di Gioia Tauro. L’ Università, il boccone più appetibile e ghiotto, trovò la sua sistemazione nell’ambito della conurbazione Rende/ Cosenza; alcuni ammennicoli di poco conto, tutti destinati al fallimento, furono elargiti anche a Lamezia Terme. Eppure, sul piano della politica amministrativa interna non si era partiti con il piede sbagliato. Subito dopo elezioni del 7/8 giugno 1970, le prime che si tennero a Lamezia Terme, le tre giunte amministrative che si succedettero una dopo l’altra dal 1970, appunto, al 1974, prima che il Consiglio comunale terminasse la sua esistenza l’8 luglio del 1974 allorchè al comune s’insediò il commissario straordinario Raffaele Milizia, furono presi alcuni provvedimenti importanti. Fu individuato, infatti, il Centro direzionale della città (in località Maddamme); fu approvato il Regolamento edilizio, con Lamezia e non solo


annesso Piano di fabbricazione con validità decennale, 1971/81; fu commissionata, e portata a termine dal Centro Ricerche della Scuola Superiore di Genova, la “Ricerca sulla struttura socio-economica del nuovo comune”, che doveva servire quale piattaforma per la redazione del Piano regolatore generale che fu affidata allo “Studio milanese” dell’urbanista Fausto Natoli. L’intesa era che il Piano regolatore dovesse essere pronto ed approvato nel corso del decennio 1971-81, di vigenza del provvisorio Piano di fabbricazione. Un primo segnale però che le cose stentavano a girare come avrebbero dovuto, fu il lunghissimo periodo di tempo, dal 7/8 giugno al 10 ottobre, ben 4 mesi pieni (= 120 giorni), per formare la prima amministrazione comunale. Dopo estenuanti incontri e patteggiamenti, risse e ricomposizioni, propositi e ripensamenti, assicurazioni e rassicurazioni, spergiuri e scongiuri fu trovata la quadra consentendo ad Arturo Perugini di essere il primo sindaco della nuova città. Il suo mandato, a termine, durato dal 10 ottobre al 28 dicembre, fu solo un simbolico atto di omaggio al Pater Patriae. Nei due seguenti mandati della medesima consiliatura, nel ruolo di sindaco si alternarono il democristiano Vittorio Pino Esposito, prima ed il socialista Giuseppe Lelio Petronio, dopo. Il Piano regolatore, di cui sopra ho scritto, non vide mai la luce; tutto restò fermo per quasi tre decenni e furono perdute occasioni preziose. Fu proprio in quel periodo cruciale che la vita di Lamezia s’impantanò. Dovette, infatti, trascorrere oltre un quarto di secolo affinchè, nel 1997 o 1998 non ricordo bene, Lamezia Terme vedesse finalmente completato ed approvato il suo primo Piano regolatore, durante la consiliatura del sindaco Lo Moro. ********************** Oggi, difronte allo scioglimento dell’Organismo comunale rappresentativo della volontà popolare, da più parti: maggioranza, destra, sinistra, centro, e chi più me ha più ne metta, si grida al complotto, al tradimento, alla fine di Lamezia. Simili amenità vengono propalate mentre la stragrande maggioranza della popolazione resta lontana ed inconsapevole, senza alcun interesse per quanto stia succedendo, tanta grande ormai è la distanza che separa la città reale, formata da cittadini normali che cercano quotidianamente di lavorare e sbarcare il lunario, e quella legale, fatta invece da inadeguati amministratori che stentano a formulare un “Progetto per la Lamezia e non solo

città”, realizzarne le politiche e farci vivere tutti un po’ meglio. Nell’assenza totale dei partiti (quelli con la P maiuscola, s’intende), che a Lamezia non esistono o, se esistono, non se ne avverte la presenza, anche io, come il consigliere comunale Piccioni, penso che alcune delle dichiarazioni totalmente prive di significato, arrivino da personaggi politici che rappresentano Lamezia nei vari livelli istituzionali, ma che in questi anni nulla hanno fatto per sviluppare un dibattito sulle condizioni complessive della città, far radicare il valore della politica (anche qui ci si riferisce alla politica con la P maiuscola), indicare soluzioni e mettersi in gioco in prima persona. Se ne sono stati, invece, acquattati ed assenti, lontani dai problemi e dalle sorti di una città, che è anche la loro. Tuttavia, le dichiarazioni arrivano un po’ da tutte le parti. Basta scorrere i giornali cartacei e quelli on-line per accorgersi che si fa quasi a gara a rilasciarle per accusare, mai per mettersi, non dico sotto accusa, ma in discussione; dichiarazioni sventolate da destra e da manca con l’evocazione di pericolose derive per la città che, alla lunga, come per il passato, risulteranno essere prive di fondamento. Si dice da varie parti: “ lo scioglimento è un attentato alla democrazia, è un attacco al cuore della convivenza civile, a Lamezia muore lo stato di diritto, si affossa la città”. Se potessi consiglierei, a tutti coloro che si avventurano in tali previsioni, più prudenza accompagnata dall’invito, non dico di studiare la storia, ma semplicemente informarsi ed apprendere che Lamezia, raccogliendo, purtroppo, la negativa prassi di Nicastro, ha vissuto tutta una serie di scioglimenti. Dal 7/8 giugno 1970 al 15/16 giugno 2015, si sono susseguite dieci consiliature. Di queste ben sette hanno terminato la loro esistenza prima della scadenza naturale, governate nell’ultimo loro tratto, da commissari straordinari. Per tre di esse (1974, 1980, 1986) il Consiglio comunale è stato sciolto o per incapacità di esprimere una maggioranza attraverso cui si potesse formare una giunta comunale in grado di governare la città; oppure per incapacità di quella esistente di risolvere un qualche problema dirimente. Per le altre due (1991, 2002) lo scioglimento si è avuto per infiltrazioni mafiose; per l’ultima (2017) non sono ancora note le motivazioni, ma in attesa ch’esse vengano pubblicate, si è convinti che la motivazione sia la medesima. Anche la settima legislatura, quella del 1998-2003 ebbe termine con un commissariamento straordinario in quanto il sindaco pro-tempore decise di dimettersi in tempo utile per potersi presentare alle successive elezioni amministrative regionali.

Cosa vanno cianciando, dunque, tutti coloro che affermano che a pagare saranno i lametini perché con lo scioglimento del consiglio si affossa la città e se ne compromette lo sviluppo se, a ben vedere, il governo della città, per lunghi periodi di tempo (un paio di decenni, forse??) è stata sempre amministrata da commissari straordinari? A quale sviluppo di quale città si riferiscono tutti costoro? Lamezia continuerà a vivere nonostante tutto; nonostante, cioè che sia stata per lunghi periodi della sua cinquantennale esistenza mal-governata da un inadeguato ceto politico/amministrativo, privo di capacità progettuale. Bisogna, tuttavia, sottolineare che le responsabilità della mancata realizzazione di una città diversa da quella che è, e che, a parole, tutti vorremmo che fosse, non sono solo di un ceto politico/ amministrativo privo di cultura politica ed amministrativa, ma del ceto dirigente, della comunità sociale lametina considerata nella sua composizione complessiva. Responsabilità diffuse da cui nessuno può cercare, giustificandosi, di tirarsi fuori, con considerazioni moralistiche e ad effetto! Scrive testualmente l’ex consigliere comunale Piccioni in un articolo pubblicato alcuni giorni addietro: << Una comunità che cancella i fatti più tragici della sua storia e che non ha il coraggio di affrontare i suoi problemi esistenziali ma trova più comodo volgere lo sguardo da un’altra parte ha perso in partenza ed è destinata a soccombere>>. E don Giacomo Panizza, in una intervista rilasciata a Rai-News 24 lo scorso 23 novembre scorso avverte: <<Il contrasto alle mafie risulta efficace e dunque si può sperare di vincere la lotta contro di esse se non si è soli, se non si rimane isolati. Se la comunità si raccorda intorno all’obiettivo di vincere, la partita può avere un esito positivo>> Io credo che la soluzione dei problemi lametini sia tutto riassumibile con i due concetti su esposti. Non si tratta solo di un più adeguato impegno di partiti ed uomini politici di destra, centro, sinistra. Anche essi sono importanti, ci mancherebbe altro. Soprattutto se sono portatori di programmi, realistici e concreti, che servano a rendere migliore e vivibile la vita della città. Ma soprattutto è necessario l’impegno ineludibile e corale della Comunità sociale attraverso cui, gradualmente ma in modo realistico, si prenda coscienza della gravità del fenomeno malavitoso di cui lo scioglimento del Consiglio comunale costituisce il sintomo. Ribadisco, il sintomo non la causa!

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Il lato grave, più oscuro, è che sia stato possibile per ben tre volte in soli 26 anni, nella nostra città, che le maglie di alcuni partiti, di alcuni candidati o di alcune liste che li affiancano e li sorreggono, siano state cosi larghe, in occasione di elezioni amministrative, da consentire, in modo reiterato, le infiltrazioni della malavita organizzata. E che difronte a questi sconvolgenti fenomeni, la comunità sociale lametina abbia finito con l’assorbire il tutto, come una spugna che lentamente si riempie di liquido, senza alcuna significativa, tangibile reazione. Come se nulla fosse accaduto. Alcuni hanno scritto che la Commissione d’accesso disposta dal prefetto abbia rappresentato un affronto grave per la città. Non sono d’accordo; l’affronto, l’infamia, e tutti gli altri equivalenti sostantivi che sono stati utilizzati per l’occasione, non sono rappresentati né dall’invio della commissione d’accesso nè dalla decisione di sciogliere il Consiglio comunale. Sono rappresentati, invece, dalla presenza della criminalità organizzata e dalla sua pervasiva capacità d’infiltrarsi, di volta in volta, nell’apparato politico/ amministrativo durante la formazione della liste e lo svolgimento della campagna elettorale o, successivamente, durante l’azione amministrativa. Penso che se a Lamezia, anche questa volta come le altre due precedenti, lo scioglimento non servirà ad un esame di coscienza e quindi ad una presa di consapevolezza, collettiva e profonda, che la nostra comunità sociale è caratterizzata, purtroppo, da una diffusa cultura dell’illegalità, che si manifesta con comportamenti piccoli e meno piccoli,

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consapevoli ed incoscienti, ma tutti sostanzialmente tesi a infrangere le regole di una sana convivenza civile, che anche da noi costituiscono il brodo di coltura entro cui vegetano e prosperano la malavita lametina e le zone grigie di complicità e compiacenti appoggi, anche questa volta la lezione non sarà servita a nulla e sarà incombente sempre il pericolo che altre infiltrazioni mafiose con conseguenti scioglimenti potranno di nuovo verificarsi nel futuro.

mafioso in generale come succede annualmente con la manifestazione Trame; ma ad un esame di ciò che è e rappresenta oggi, qui, da noi, a Lamezia Terme, la presenza della criminalità organizzata per conoscerne la dimensione ed il modo di agire, con l’obiettivo di pervenire ad una presa di coscienza collettiva, ripeto, finalizzata al rigetto di ogni tipo di collusione e finalmente tentare di costruire una città civile, democratica, libera da condizionamenti malavitosi.

Dare vita, per esempio, ad un “dibattito continuato” nel tempo, attraverso cui siano coinvolti insieme tutti i partiti, senza distinzioni ideologiche e le varie associazioni, di tutte le colorazioni, esistenti sul territorio nonché tutti i cittadini che vogliano partecipare intorno alla proposta del ministro Minniti del 18 novembre scorso, per giungere a ciò che egli propone e si augura: << E’ venuta l’ora – afferma Minniti - di firmare una sorta di “patto di civiltà”. Tutte le forze politiche che si presentano nelle varie competizioni elettorali si impegnino a non ricercare e a rifiutare il voto delle mafie. E sarebbe bello che questo avvenisse con un atto pubblico, solenne e fondativo di un nuovo rapporto tra la politica e il Paese>>.

Una città, insomma, che rassomigli sempre più a quella ch’era nei sogni di tutti i cittadini che cinquant’anni fa l’abitavano e di tutti coloro che si diedero da fare, in vari modi, per farla nascere. Alle nuove generazioni, la presente e quelle future, spetta il compito, non meno facile del primo, di farla crescere e sviluppare democratica e libera dalla criminalità organizzata. Finalmente!

Un “patto di civiltà”, dunque, per la legalità che possa costituire un primo progetto intorno a cui far maturare nella popolazione lametina il senso profondo della legalità assumendola nei propri comportamenti come valore fondante del vivere collettivo e rigettare collusioni di ogni genere con la criminalità organizzata.

Dalla pinna della sirena nascono le terme di Caronte, come leggenda narra e come è riportato sulle meravigliose monete ritrovate a Terina.

Non mi riferisco, però ad un “dibattito continuato” concernente il fenomeno

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* * * * * * * * * * * * * * * * * Logo per il 50° di Lamezia Terme di Simona Ponzù Donato Concept La sirena Ligea, che versa vino e olio, prodotti doc che distinguono il territorio lametino, lo rendono speciale.

Il capitello greco su cui siede la sirena rappresenta le origini del territorio. L’acqua, con i corsi che bagnano Lamezia e si riversano nel golfo, i capelli si dividono in 3 ciocche, 3 appunto come i comuni originari.

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Ritrovarsi l’angolo di tommaso

Ritrovarsi dopo dieci anni con i propri ex allievi è stata un’emozione intensa e profonda. Rivedere giovani donne e giovani uomini dopo averli lasciati poco più che adolescenti riempie l’incontro colmo di significati di vita. È stato un invito poco programmato a casa di una delle ex alunne: arrivo ed erano tutti lì di fronte a me. Abbracci, sorrisi, stupori, gli occhi pieni di gioia. Ognuno recava in dono il proprio vissuto, portava esperienze positive e negative, portava la vita e la costruzione, tutto intriso di speranza... Eccoci intorno ad un camino a raccontarci il passato, il presente, il futuro... eccoci a guardarci negli occhi per leggere tutto ciò che non si è detto in una atmosfera di poesia pura. Ero il loro prof e ho capito che le esperienze Autentiche restano per sempre dentro noi stessi in qualunque posto del mondo possiamo trovarci a vivere. Il camino acceso era il simbolo e la sintesi del nostro ritrovarci

Ed io paragonavo tutto alle più belle pagine lette nel tempo mentre stavamo scrivendo alcune pagine del libro della nostra vita: feeling ed empatia si avvertivano nell’aria pregna di Natale. Poi è giunto il momento delle foto, una particolarissima scattata con una polaroid, una foto vintage, emozionante ascoltare il rumore della foto in procinto di essere sviluppata. Alla fine ho pensato “com’è bello il mio lavoro!” Che non è neanche lavoro ma parte integrante della mia vita, si, in questi momenti mi rendo conto della magia dell’essere prof! Mentre andavo via, lasciando giustamente che i ragazzi continuassero la festa tra di loro, li ho guardati dalla scala e commosso li ho abbracciati tutti, annotando ogni aspirazione da loro espressa e sentendomi parte di loro e loro parte di me ho avvertito quella gioia che solo i sentimenti positivi sanno dare: ecco il mio meraviglioso incontro con la terza A Ardito 2007/2008! Grazie!

Con questi versi di Leopardi porgo gli auguri di Buon anno a tutte le lettrici e a tutti i lettori di Lamezia e non solo. Un affettuoso augurio di buon 2018 alla cara Nella e tutta la sua famiglia. Buon Anno! Tommaso Cozzitorto

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il parere del pedagogista

L’importanza della “separazione-individuazione”

nell’adolescenza e la “cura” della famiglia Quando una famiglia inizia a “scoprire” che il proprio figlio entra nella fase adolescenziale si trova a dover affrontare una criticità che le richiede una ristrutturazione interna faticosa e complessa. Ristrutturazione che deve avvenire a molti livelli e che richiede un particolare sforzo, non solo per ripristinare una certa funzionalità familiare, ma anche perché ciò avvenga nel minor tempo possibile. L’adolescenza comporta un progressivo cambiamento fisico e psichico, una graduale percezione della realtà, una incessante sete di autonomia e una continua ricerca di un’identità: un grosso carico che, inevitabilmente, ricade sulla famiglia. Questa deve assumersi, in modo quasi esclusivo, il peso emotivo e relazionale che diventa sempre più oneroso sul piano psicologico con l’intensificarsi della fase evolutiva in questione. In questo periodo è importante che la famiglia sia accompagnata nell’accettazione dei repentini mutamenti del figlio adolescente e nella ricerca delle informazioni relative all’adolescenza; e inoltre aiutata a prefigurarsi eventuali necessità future del figlio che insorgeranno e che richiedono un’organizzazione familiare specifica e un cambiamento considerevole nelle relazioni familiari. Questo richiede una maturità interna e un equilibrio non sempre facile da raggiungere.

e a conservare le proprie caratteristiche morfologiche e fisiologiche contro gli squilibri che possono essere determinati da variazioni interne/ esterne. Nel nostro caso, l’adolescenza non è solo un’esperienza personale del giovane, ma è una fase che si colloca all’interno di un contesto relazionale; la famiglia, in larga misura i genitori, vive questo cambiamento del loro membro come qualcosa di perturbante l’equilibrio, in negativo o in positivo, che ha costruito e concretizzato. Nasce attorno all’adolescente una sorta di sofferenza relazionale e comunicativa che, spesso, impedisce la scoperta di nuove risorse interne al sistema famiglia. Se il corpo, la psiche, la spinta verso la differenziazione, l’autonomia del figlio adolescente sono comunicazione, diventa importante sapere come e a chi essa viene indirizzata e individuare le strategie dialoganti che la famiglia mette in atto per superare questa fase di disagio, fisiologico e normale.

I genitori sono particolarmente disturbati nel riscontrare che le modalità relazionali da loro utilizzate, prima dell’età adolescenziale, devono essere inevitabilmente modificate in funzione dei nuovi e diversificati bisogni del proprio figlio.

Se consideriamo il primo aspetto e cioè la rottura di un equilibrio costituito, i cambiamenti più importanti prodotti sono: il passaggio dalla dipendenza alla indipendenza, o almeno il tentativo, del figlio adolescente che tende alla trasformazione in soggetto autonomo e indipendente; sconvolgimento delle regole, del funzionamento, dei ritmi e delle priorità nella vita quotidiana; crisi della maturità o, come definita da Erikson, “crisi della mezza età”3, con sensazione dei genitori di perdita del ruolo oppure sofferenza dei disagi di tale situazione, vivendo in modo depressivo la “sindrome del nido vuoto”4.

Alcuni conflitti connessi al passato possono emergere proprio per l’elevato stress a cui queste famiglie sono sottoposte. Solo i familiari che riescono ad adattare la propria modalità interattiva alle mutate caratteristiche del giovane mantengono un livello di soddisfazione relazionale discreto. Quelli che, viceversa, non adeguano le proprie modalità comportamentali al decorso di tale fase evolutiva, sono più in difficoltà ad espletare i compiti di vicinanza necessari. In pratica, la famiglia e i membri che la compongono si influenzano e si condizionano reciprocamente, in un rapporto di interdipendenza, creando un continuum relazionale. Importante è sottolineare come i membri di una famiglia sono tanto più indifferenziati quanto più sono dipendenti l’uno dall’altro; al contrario, essi sono tanto più autonomi e liberi quanto più sono differenziati. Come osserva Galimberti: ”la buona riuscita del processo di differenziazione della famiglia di origine dipende infatti anche da come i genitori hanno, per così dire, ‘metabolizzato’ gli eventi relativi alla propria uscita dalle rispettive famiglie di origine e da come essi stessi regolano e modificano le distanze relazionali”1. Per comprendere meglio il tutto si utilizza concettualmente un costrutto definito “omeostasi familiare”2, per indicare, in generale, la tendenza dell’organismo a mantenere il proprio equilibrio 1 C. Galimberti, “Il giovane adulto e la sua famiglia d’origine tra vincoli e possibilità”, in E. Scabini, P. Donati (a cura di), La famiglia “lunga” del giovane adulto, “Studi interdisciplinari sulla famiglia”, Vita e Pensiero, Milano1988, pp. 120-155. 2 D.D. Jackson, “The question of family homeostasis”, Psychiatric Quart. Suppl., 31, 1957, cit. in G.B. Cassano, P. Pancheri, L. Ravizza (a cura di), La clinica dell’ansia, vol. II°, Il Pensiero Scientifico Editore, Roma 1992, pp. 139-140.

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Allora la domanda di fondo é: “cosa rappresenta l’adolescenza per la famiglia intesa come sistema?”. La risposta assume un duplice aspetto e significato: un evento nuovo stressante, che sconvolge il sistema famiglia; un tentativo di ristabilire l’equilibrio omeostatico.

Nel sistema familiare l’adolescente trova le conferme e le disconferme del suo atteggiamento, e del suo essere ambivalente, perché da una parte vuole essere una persona indipendente ed autonoma, con l’idea di essersi fatto da solo e di “separarsi”, dall’altra ha un non manifesto, ma profondo, bisogno di appartenenza, di dipendere dalla famiglia e chiede, sotto ogni forma, aiuto. Pertanto la famiglia è il luogo di apprendimento importante, di sostegno per vivere intensamente la magica esperienza dell’adolescenza. È il posto in cui “l’adolescente normale nella famiglia normale è ribelle (…). Saranno piuttosto i ragazzi passivi, remissivi e sottomessi, bloccati e inibiti nella loro protesta, che desteranno le preoccupazioni del clinico (…). L’aver interiorizzato i propri modelli genitoriali (…) consente un migliore distacco e un’efficace separazione e stabilizza e rafforza i processi di identificazione. L’eccessiva ed imitativa accettazione dei modelli parentali ci mostra una difficoltà di interiorizzazione(…), tanto da non permettere un’efficace individuazione e separazione nel sistema familiare(…); mentre una ribellione e un rifiuto troppo marcati e violenti ci mostreranno con quanta paura e angoscia l’adolescente tenta di liberarsi dalle caratteristiche relazionali del mondo 3 M. Malagoli Togliatti, R.G. Ardone, Adolescenti e genitori, Carocci, Roma 1993. 4A. Palmonari, Psicologia dell’adolescenza, il Mulino, Bologna 1997.

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infantile (…)”5. Non sempre gli obiettivi, le aspettative dei genitori stimolano e influenzano in modo gratificante e ottimale il rapporto con i ragazzi. “Da Vivì e Danilo, ci si aspetta che si comportino e si atteggino secondo i nostri schemi e i nostri criteri. Ognuno di noi ha un suo mondo interiore composto da emozioni, sentimenti, motivazioni, esperienze personali, valori, ecc. che ci permette di parlare del proprio essere, di proferire la parola io, di parlare di se stessi e della propria realtà interna ed esterna; un ‘campo’ che in lungo e largo abbraccia l’insieme di emotività, sentimenti ed esperienze vissute in prima persona. Anche i tanti Danilo e Vivì percepiscono ed interpretano il mondo circostante in modo soggettivo, secondo una logica prettamente personale, secondo un modello percettivo che può essere in contrasto con il senso comune, con la nostra logica e con quella di altre persone. Non potremo, forse, mai sapere cosa avvertono, pensano e vogliono i figli adolescenti con i quali desideriamo relazionarci, rapportarci se non si comprende quanto sia importante la considerazione del loro punto di vista soggettivo e percettivo, se non si abbandona la convinzione dell’aspettativa che essi devono vivere in funzione dei nostri obiettivi e finalità, anziché per quelli che appartengono a loro. (…) Accettare i propri figli non significa considerarli attraverso la propria convinzione, modificare la loro soggettività e realtà solo perchè sia in perfetta sintonia con le nostre idee ed aspettative”6. A causa non solo della complessità adolescenziale, ma alcune volte anche della problematicità, dell’inefficacia dei genitori e della famiglia, il sostegno familiare e psicoeducativo deve assumere molteplici forme e non può limitarsi a interventi relativi a un solo fattore, a un solo componente, a un solo livello o “sottosistema”. La sua realizzazione deve avvenire mediante un insieme di interventi che comprendono tutto il contesto familiare e i suoi importanti sottosistemi: quello genitoriale e quello filiale. Il sentimento di integrazione nella famiglia è ben presente nell’adolescente, tuttavia questo sentimento diminuisce regolarmente in funzione dell’età, mentre nello stesso tempo aumenta il sentimento di differenziazione nei confronti dei genitori. Ed è proprio attraverso questa nuova capacità che i genitori, ieri idealizzati, ora vengono visti come “colossi di Rodi con i piedi di argilla”, vengono messi in discussione7. La conflittualità tra l’adolescente e i propri genitori è intesa da Lidz come un processo del tutto normale e “la violenza della rivolta è spesso un indice della pressione necessaria per rompere i legami che uniscono l’adolescente ai genitori piuttosto che la misura della sua ostilità nei loro confronti”8.

5 A.M. Nicolò Corigliano, L.A. Ferraris, “Famiglia e adolescenza”, in M. Malagoli Togliatti, U. Telfener (a cura di), Dall’individuo al sistema, Boringhieri, Torino 1991, pp. 156-157. 6 R. Crescenzo, Appunti di Quotidiana Pedagogia (a colloquio con genitori e giovani), Edizioni Boopen, Napoli 2009, pp. 3-4. 7R. Crescenzo, Appunti di Quotidiana Pedagogia, etc., cit., p. 5. 8 Th. Lidz, “The adolescent and his family”, in “Adolescence: psycho-

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Per l’adolescente è importante convincere se stesso e, soprattutto, i propri genitori, che egli non è più un bambino e che quindi le relazioni vanno modificate e il loro rapporto riformulato. L’adolescente vuole e deve comprendere i propri sentimenti all’interno di sé (individuazione), capire quali sono i propri confini esterni, il senso dell’autonomia, i propri interessi, le conoscenze, e ridefinire i legami affettivi e sociali alla luce dei molteplici cambiamenti psicofisici sopraggiunti: una dura prova che lo porta a scontrare il forte desiderio di crescita, di autonomia con il senso di abbandono e la paura di allontanarsi dalla famiglia (separazione). Quando egli ha difficoltà ad acquisire un’identità ben definita si trova in uno stato di confusione dei ruoli, che consiste nel passare da un’identificazione all’altra, provando e sperimentando ruoli sociali diversi, in una sorta di nomadismo generatore di ansie profonde. Un disorientamento che può sfociare nella scelta di una “identità negativa” che poggia su tutte quelle identificazioni e quei ruoli che, in certi stadi critici di sviluppo, erano stati presentati ai ragazzi come indesiderabili o pericolosi9. È proprio in questo periodo di crisi che, con maggior rischio, può iniziare un’organizzazione del sé e dell’identità in termini devianti. I comportamenti rischiosi per gli adolescenti sono una componente quasi fisiologica ed essenziale della “crisi” per fare “ingresso nella vita adulta”, mettersi alla prova, conoscersi e esplorarsi: un rito di iniziazione per il quale il rischio diventa sfida e ricerca di eccesso10. Manifestazioni di questo genere possono essere vissute all’interno dell’ambiente di vita dell’adolescente come vere e proprie forme di devianza, come attacco alle regole del vivere civile, e possono essere la causa scatenante per l’adolescente di successivi più gravi disadattamenti, talvolta esercitati all’interno di aggregazioni giovanili ad alto rischio. Egli esplora le diverse possibilità che gli vengono proposte e dopo si impegna a realizzare il ruolo scelto. Alcuni ragazzi hanno la possibilità di esplorare a lungo le diverse alternative; altri, invece, non hanno questa possibilità in quanto “(…) non hanno consumato la rottura che dà accesso all’autonomia (…) si troveranno in una situazione di inferiorità rispetto ad altri”11. Si aggiunga anche la tendenza della nostra società a disconfermare l’adolescente nel suo desiderio di essere adulto. Ciò favorisce le sue insicurezze e il suo mancato sviluppo dell’autostima e della capacità di saper affrontare la frustrazione e i disagi che ne conseguono senza farsi travolgere dallo scoraggiamento12; oppure produce un mancato sviluppo del “sé reale”, per cui l’adolescente non matura la capacità di reagire alle sfide della realtà con atteggiamento assertivo e manifesta condotte da “falso-sé”13. Così mentre alcuni realizzano un processo di sintesi personale dell’identità, gli altri non iniziano per nulla tale esplorazione e, per diventare adulti, si affidano passivamente all’identificazione con persone per loro significative (far parte di un gruppo a rischio che si struttura attorno alla riduzione ad uno stato di sottomissione e dipendenza ad un “leader” o “capetto”), determinando una vera e social perspectives” (G. Caplan,S. Lebovici, Ed) Basic Books, New York, 1969, cit. in D. Marcelli, A. Braconnier, Adolescenza e Psicopatologia, vol. II, Masson, Milano 1995, p. 375. 9 E. Erikson, Gioventù e crisi d’identità, Armando, Roma 1974. 10 R. Crescenzo, Appunti di Quotidiana Pedagogia, etc., cit. p. 26. 11F. Dolto, “Adolescenza. Esperienze e proposte per un nuovo dialogo con i giovani tra i 10 e i 16 anni”, in Disagio giovanile, famiglia, comunità, pedagogia per il territorio, CLEUP, Padova 2000, p. 95. 12 Corso nazionale di aggiornamento “I fenomeni della devianza e della marginalità nella società contemporanea e il contributo dell’IRC”, sintesi della relazione a cura di L. Perla, Campora San Giovanni 10-12 novembre 2008, p. 5. 13 J.F. Masterson, Il sé reale. Relazioni oggettuali, psicologia del sé, psicologia evolutiva, Astrolabio, Roma 1997.

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propria distorsione del processo identificatorio.

nessuno sviluppo di senso critico.

La condizione naturale del giovane adolescente è quella del gruppo dei pari, ed è proprio all’interno di quest’esperienza che egli impara a mettere in discussione se stesso con gli altri, a confrontarsi ed affermarsi. L’adolescente che si sottrae allo svolgimento di questi importanti compiti evolutivi rinuncia ad avere una relazione paritaria con gli altri: condizione essenziale di maturazione ed equilibrio emotivo e di acquisizione dell’identità sociale.

L’incontro con i genitori, dunque, deve costituire l’oggetto di un colloquio, di una relazione, di un confronto e discussione sociale. Se si vuole dare aiuto e sostegno ai genitori, non possiamo circoscrivere e ridurre le loro domande a problemi mediante una soluzione oggettiva, ma anche attraverso l’implicazione di una “soggettività genitoriale” che li conduca a discutere con se stessi e con altri, che dia loro la possibilità di ricercare insieme un modello di azione educativa.

In questa fase evolutiva si assiste alla richiesta di un diverso equilibrio relazionale che consenta nuove forme di individuazione per ciascun membro della famiglia.

Il “tecnicismo addestrativo” da solo non basta17. L’aiuto ai genitori deve “canalizzare” potenzialità e risorse latenti degli stessi, per poter iniziare un percorso formativo che fronteggi con responsabilità pedagogica la loro costante preoccupazione pratica della quotidianità: percorso inteso come il “traduttore” tra le esperienze soggettive e il contesto, tra lo sviluppo familiare privato e quello sociale, in cui il dialogo deve mirare al raggiungimento di nuovi atteggiamenti e comportamenti – a un livello di discussione comune (genitori fra loro, genitori con i figli, genitori con le istituzioni), sintonizzandosi sulla stessa lunghezza d’onda per iniziare un rapporto dialogico sulla “quotidianità vissuta” – e deve permettere di avvicinare i genitori per conoscere il loro progetto di relazione, famiglia, vita18.

Nelle famiglie problematiche gli adolescenti percepiscono chiaramente contesti familiari meno uniti emotivamente, hanno una chiara visione dell’aspetto conflittuale della comunicazione, che sembra trovare scarsa possibilità di confronto e negoziazione tra i membri della famiglia “disfunzionale o multiproblematica”. Un contesto che presenta un vero e proprio “caos comunicativo”, determinante spesso “un clima di notevole confusione nelle sequenze interattive (…) dati i numerosi interventi disordinati di più membri nella stessa discussione, che hanno l’effetto di squalificare chi parla in quel momento”14. Esiste una confusione di confini generazionali, una incapacità di trovare adeguate soluzioni per le esigenze che si presentano loro. La percezione dell’altro si basa sull’incomprensione, che “(…) ha radici nell’esperienza del sé e i limiti che hanno i membri della famiglia nel vedersi l’un l’altro come esseri umani sono in realtà i limiti dell’esperienza del sé”15. Il carattere di rigidità delle relazioni familiari sembra essere quello più determinante per una crescita evolutiva deviante dell’adolescente. Infatti, nelle “famiglie rigide” la preoccupazione fondamentale è quella del “mantenimento dello status quo”, nessun cambiamento è accettato in quanto non sussiste il bisogno e la necessità di “muovere le acque” anche al cospetto di mutamenti adolescenziali dei figli che, inevitabilmente, mettono in discussione l’individualità dei singoli componenti del sistema famiglia16. Un siffatto sistema familiare fa emergere la rigidità della sintomatologia espressa dai giovani, con conseguente fallimento del processo di separazione-individuazione dell’adolescenza, che li porta a modellare, alterare e condizionare il mondo interpersonale attraverso comportamenti antisociali e le trasgressioni di tutte le regole e i limiti proposti dal mondo degli adulti. L’acquisizione dell’identità deve fronteggiare diversi ostacoli. La iperprotezione della famiglia non facilita il superamento delle identificazioni infantili e l’esplorazione d’alternative possibili di scelta, con conseguente rallentamento dello sviluppo dell’autonomia e di tutto quello che può realizzarsi al di fuori del contenitore ovattato e protettivo della famiglia. I contesti familiari fortemente poveri di stimoli non permettono al giovane di individuare le alternative da esplorare e di conseguenza lo spingono a definire la propria identità in modo precipitoso e superficiale, senza 14 M. Malagoli Togliatti, L. Rocchietta Tofani, “Famiglie multiproblematiche. Dall’analisi all’intervento su un sistema complesso”, in Disagio giovanile, famiglia, comunità. Pedagogia per il territorio, CLEUP, Padova 2000, p. 109. 15 A.Y. Napier, C.A. Whitaker, “The family crucible”, New York: Harper & Row,1978, cit. in G.B. Cassano, P. Pancheri, L. Ravizza, La Clinica dell’ansia, vol. II°, op. cit., p. 136. 16 S. Minuchin, Families & family therapy, President and Fellows of Haward College, 1974, cit. in G.B. Cassano, P. Pancheri, L. Ravizza, La Clinica dell’ansia, vol. II°, op. cit., p. 138.

Sostenere e impegnare dal punto di vista educativo i genitori significa dare un grande risalto alla costruzione di un “patto pedagogico educativo” con i figli, che metta al centro dell’azione educativa una proposta e alternativa valoriale affinché si metta in gioco, quotidianamente, l’adolescente, la sua intelligenza creativa e critica, che faccia scoprire, metabolizzare e interiorizzare, gradualmente, valori universali. Un “patto” da fondare sul dialogo, sul rispetto dell’altro, sulla capacità di ascolto, sulla considerazione e stima, sul confronto con se stessi e con gli altri e sulla pazienza e globalità dell’aiuto. L’intervento di aiuto educativo viene così inteso come azione all’interno della famiglia, come un “reale ascolto della persona in difficoltà (sostegno emozionale); un contributo (….) atto a suscitare il senso di appartenenza (…); un aiuto nella comprensione degli eventi (…) (sostegno informativo); una collaborazione (…) e un’offerta di risorse materiali (sostegno strumentale)”19; un processo di consulenza in cui si aiuta il sistema famiglia a descrivere e leggere la sua realtà e a individuare ed esprimere i problemi. Vedendo la famiglia come struttura attiva e portatrice di risorse proprie, con la quale si può concretizzare un progetto comune e condiviso di potenziamento e cambiamento, per costruire e consolidare atteggiamenti fondanti un “dialogo autentico”20, tenendo in forte considerazione le risorse interne della famiglia stessa. Più praticamente, l’aiuto ai genitori e la “cura” del “sistema famiglia” deve indirizzarsi, inizialmente e principalmente, verso l’approccio conoscitivo della famiglia e del/i problema/i vissuto/i all’interno della stessa. Cosa sta accadendo in famiglia? Quale situazione si stava verificando prima dell’emergenza del problema? In che modo hanno reagito i componenti della famiglia? A chi si sono rivolti per circoscrivere il problema? In che modo è stato affrontato? Domande che hanno 17 R. Crescenzo, relazione Scuola genitori: “Aiutarsi fra genitori ad essere meglio genitori”, A.GE. (Associazione Genitori Italiana), Rossano (CS), 2003. 18 R. Crescenzo, relazione al Convegno sul tema: “Famiglia: quale futuro?”, Castrovillari (CS),1996. 19 M.P. Gardini, M. Tessari, L’assistenza domiciliare per i minori, NIS, Roma 1992, p. 36. 20 G. Milan, “Il disagio come problema pedagogico”, in Disagio, lavoro di cura e relazione d’aiuto, pedagogia per il territorio, CLEUP, Padova 2000.

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una certa valenza per l’intervento educativo, in quanto ampliano il campo per ricevere tante e diverse risposte a differenti livelli, senza tralasciare l’inclusione di sistemi sociali e istituzionali. Dunque, il sostegno/aiuto ha bisogno di informazioni a vari stadi, come la conoscenza della “risposta reale data” da ogni singolo componente; la valutazione e la conoscenza della “differenziazione della percezione” di ciascuno (in che modo vivono, vedono e considerano il problema dal punto di vista soggettivo); la conoscenza/informazione del modo in cui, singolarmente, vengono valutati gli “atteggiamenti e i comportamenti”. Infine, non meno importante, è la conoscenza della “dinamica interpersonale del contesto famiglia” per comprendere il suo funzionamento e in che modo influisca sulla individuazione e risoluzione del problema: interazione nella famiglia, fra famiglia e figlio nel gruppo, nella società, nelle istituzioni, ecc.21. La finalità del sostegno alla famiglia è quello di rafforzare, e in alcuni casi cambiare, il sistema relazionale al suo interno e di ridare competenza e sicurezza ai genitori. La famiglia deve “vivere” la sua esperienza educativa e relazionale in modo tale che i genitori e i figli rivedano i loro comportamenti, riproponendosi e rimettendosi in discussione per il miglioramento dei rispettivi sottosistemi, stabilendo dei “confini” che consentono la differenziazione all’interno del sistema famiglia e che permettono il contatto fra i componenti e gli altri22. Mediante tale intervento di sostegno

21M. Silver, R. Liebman, “Family oriented treatment of cildren and adolescents”, in R. Michels, JO Jr Cavernar, et al., eds. Psychiatry. Basic Books, New York, 1988, cit. in G.B. Cassano, P. Pancheri, L. Ravizza, La Clinica dell’ansia, vol. II°, op. cit., pp.140-141. 22 S. Minuchin, B. L. Rosman and L. Baker, “Families and family therapy”, in “Psychosomatic families: anorexia nervosa in context”, Cambridge, Massachusetts, Harvard University Press, 1978, cit. in G.B.

educativo, si stimola tutto il contesto-famiglia, e non solo i genitori, a esprimere opinioni, alla partecipazione, alla condivisione del problema in modo di appropriarsi, con maggiore facilità e con concreta esperienza, della capacità di valutare se stessi e l’intero sistema in cui agisce e si relaziona. L’intervento deve essere volto all’attuazione di piani educativi necessari a stabilire rapporti meno conflittuali nel “contesto famiglia” e con i propri figli; una conflittualità, è bene ricordarlo, che è insita nella dinamica relazionale e psicoaffettiva dell’adolescente, per cui “(…) è normale per un adolescente avere per un tempo piuttosto lungo un comportamento incoerente ed imprevedibile (…), di amare i suoi genitori e di odiarli, di rivoltarsi contro di essi e di dipendere da essi (…); è necessario lasciargli il tempo e la libertà di trovare da sé la propria strada. Piuttosto sono i genitori ad avere bisogno d’aiuto e di consigli”23. E’ fuori dubbio che un tale sostegno deve andare nella direzione di un potenziamento della famiglia, della sua azione educativa e progettuale che valorizzi le capacità individuali, vivifichi il coraggio di agire con responsabilità verso se stessi e verso il nucleo familiare, che esprima valori per contribuire alla fortificazione del contesto famiglia. Aiutare e sostenere i genitori, nel lungo e tortuoso percorso educativo, significa anche formare, intendendo con ciò il miglioramento delle capacità nascoste dei genitori, delle loro sopite qualità di educatori dei propri figli, tenendo sempre presente l’importanza dell’aspetto contenutistico. Cassano, P. Pancheri, L. Ravizza, La Clinica dell’ansia, vol. II°, op. cit. 23 A. Freud, “Adolescence, Psychoanal. Study Child”, trad. in L’enfant dans la psychanalise, Gallimard, Parigi, 1976, I° vol., cit. in D. Marcelli A. Braconnier, Adolescenza e Psicopatologia, vol. II°, Masson, Milano 1995, p. 374.

Tutto questo può accadere solo quando i genitori hanno la possibilità di parlare della propria realtà, di esprimere le proprie idee ed opinioni in merito all’educazione. Di essere educati ad intessere un dialogo con i propri figli, di riuscire ad esplorare il loro mondo interiore per comprendere il loro percepire la realtà. Per fare ciò è importante iniziare un dialogo attraverso il loro linguaggio, le loro emozioni, i loro sentimenti, mettersi dal loro punto di vista. Farsi coinvolgere nelle analisi, nella idee, nel loro fantasticare, fargli vivere questo momento con atteggiamento di apertura a questa loro esperienza. Fargli capire che si è lì per ascoltarli, per condividere la scoperta di valori morali e per indirizzarli verso anche un’analisi delle regole che vanno rispettate. Bisogna acquisire la capacità di aiutarli a rendersi indipendenti da noi, dai nostri schemi, non solo un giusto e traboccante amore genitoriale, ma la costruzione di un rapporto con una persona, individuo che cresce e matura, da alimentare, da conservare per un soddisfacente, continuo e duraturo successo. Incoraggiamento all’indipendenza, all’autonomia significa infondergli fiducia in se stessi, farli sentire capaci, rispettati, considerati, apertura autentica verso loro come persone capaci di assumersi delle responsabilità per coinvolgerli nel dialogo, per modificare la collocazione dei propri figli: da oggetto dei dialoghi a soggetti attivi e competenti interlocutori. Questo e tanto altro, può migliorare i rapporti con i figli adolescenti e la sua vita dinamica, esplodente… né da bambino né da adulto.

Breve biografia di Raffaele Crescenzo Pedagogista -Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza – Distretto Sanitario di Castrovillari(CS) -. Perfezionamento in “Pedagogia per il Territorio” presso Università degli Studi di Padova –, in “Educazione degli Adulti (Postgraduate Course in Lifelong Learning)” presso Università degli Studi di “ROMA TRE” –, in “Psichiatria di Consultazione e Clinica Psicosomatica” presso Università Cattolica del Sacro Cuore di ROMA –. Giudice onorario del Tribunale per i minorenni di Catanzaro. Ha pubblicato, in precedenza, “Pensieri” nel 1995, “Parole in chiaro scuro” nel 1997 – Edizioni Prometeo -, “Appunti di quotidiana pedagogia” nel 2009, “Accanto alla famiglia del malato” esperienza di un “Centro Ascolto” in un Servizio di Assistenza Domiciliare Integrata nel 2010, “La Famiglia e l’Emotività Espressa” e “Dolore e Sofferenza” – Coautore, Viaggio nel dolore e nella sofferenza nel 2010, “La sanità vista dall’amico Gedeone” nel 2011-, “Temi di fine vita”, Coautore, nel 2012; “Cura e Umanità in sanità” nel 2014. Collabora con diverse riviste online come autore di articoli. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI / BIBLIOGRAPHICAL REFERENCES - Corso nazionale di aggiornamento “I fenomeni della devianza e della marginalità nella società contemporanea e il contributo dell’IRC”, sintesi della relazione a cura di Perla L., Campora San Giovanni 10-12 novembre 2008. - Crescenzo R., 2003, relazione Scuola genitori: “Aiutarsi fra genitori ad essere meglio genitori”, A.GE. (Associazione Genitori Italiana), Rossano (CS).

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del 7/07/2003.

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Lamezia e non solo


Associazionismo

Le atlete della Cofer Lamezia aderiscono all’iniziativa del Soroptimist club e indossano in campo la maglia arancione contro la Violenza sulle Donne Le atlete della Cofer Lamezia hanno aderito all’iniziativa “Orange the Soroptimist world” promossa dal club lametino del Soroptimist che prevede 16 giorni di attivismo nell’ambito della campagna di sensibilizzazione contro la violenza di genere. Per questo motivo, le atlete hanno indossato, prima della partita del campionato di serie B2 di pallavolo che si è disputata al palazzetto dello sport di Pianopoli, la maglietta colore arancione per dire no alla violenza sulle donne e simbolo anche della speranza e della rinascita. Anche quest’anno, infatti, il Soroptimist club presieduto da Lucia Greco ha realizzato l’iniziativa promosso dalle Nazioni Unite: nell’ambito di tali iniziative, che hanno preso il via il 25 novembre e si concluderanno il 10 dicembre, il club ha anche “colorato” di arancio il complesso monumentale San Giovanni e il palazzo dei Servizi sociali su corso Numistrano. Le 16 giornate di sensibilizzazione hanno preso il via con un

incontro che si è svolto nell’auditorium della scuola media Pitagora, alla presenza del sostituto commissario di polizia Maria Ventriglia, del comandante della Compagna dei carabinieri tenente colonnello Roberto Ribaudo, della presidente del Cles Anna Fazzari, della dirigente scolastica dell’istituto “Perri-Pitagora” Teresa Bevilacqua e dalla presidente del club Lucia Greco. Un momento di confronto sul tema della violenza contro le donne, nel corso del quale sono stati forniti i numeri dei femminicidi in Italia: 84 dall’inizio del 2017. Presenti anche tantissimi studenti della scuole lametine, che hanno partecipato attivamente attraverso poesie e racconti sul tema della violenza di genere. A chiudere la manifestazione il gruppo della Nadd Accademy che ha portato in scena la performance “Anna”.

Satirellando

Non tutti sanno usare i social: spesso, invece di essere un puro divertimento, si finisce per trovarvi covi di vipere, piccole mine vaganti e grosse mine anticarro... E, ovviamente, parte la satira, in automatico!

Alla vita non bastava la realtà che ci ammaccava: ci serviva anche la rete, con i suoi “scherzi da prete”! Per fuggire dal TG, la salvezza era FB, ma un dubbio, ohibò, mi assale: che la trappola sia mortale! Ti senti condizionato per ogni tuo bel fiato e se vuoi respirare, devi pure sgomitare! Non è un posto diverso dove stare a tempo perso: Lamezia e non solo

Social Social

c’è sempre quel qualcuno, odioso e inopportuno, che ti fa la sua battuta velenosa alla cicuta! Se metti “mi piace”, ti trovano rapace; coll’arrabbiato non vivo: la figura è di aggressivo; col cuoricino, cerco, certo, un amorino; con il piagnisteo, siam persino un po’ sul reo; con il meravigliato,

si affidan tutti al fato; e con l’allegrone, sei già carne da cannone! Se, poi,non scrivi niente, ectoplasma sei: indecente! Io vi chiedo, per favore, testa sgombra a tutte odore: FB non è che un gioco: attizzare meno il fuoco. Divertitevi a chattare, ma non state ad “ammorbare” regolatevi, di fatto, per non dare più di matto!!!

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tifoso? Ebbene sì, lo confesso! Sport

Tifoso? Ebbene si. Lo confesso alla fine degli anni cinquanta essere tifoso della juventus era quasi una provocazione. A chi sfotteva dicendomi che tifavo la squadra di agnelli rispondevo che era la squadra degli operai della fiat (almeno di quelli meridionali) e che anche Togliatti era incorso nella stessa «deviazione». Le contraddizioni dentro il nostro cervello e in seno al popolo di tifosi di sinistra: la partita come festa pacifica e innocente o come bagno collettivo di imbecillità? Lo sport come alienazione? Il calcio come ideologia negativa? Uno pseudo-gioco che canalizza le energie in senso aggressivo-masochistico? Un rito vuoto che si burocratizza ad immagine delle grandi imprese? L’industria del divertimento calcistico sviluppata per tenere sotto controllo il tempo libero delle masse? Un gioco che allontana dalla realtà quindi spoliticizzante? Mi sono chiesto a volte come mai uno rimane tifoso della stessa squadra pur sapendo che, stagione dopo stagione, cambiano i suoi giocatori, i risultati e un po’ tutto. Quando ci sono ragioni di campanile tutto è chiaro. Ma nel caso della juve? È soltanto la sua intimità con il successo? Non credo. C’è un fascino sottile, un’atmosfera, uno stile, insomma quello che con gergo commerciale si dice un’immagine, inconfondibile, perfezionata con gli anni, tramandata con le generazioni. La juve è una squadra che non recrimina, non se la prende (salvo rare e condannate eccezioni) con l’arbitro o con la sfortuna; non abbandona i suoi campioni quando hanno un periodo di declino e dà loro il tempo di recuperare; il cambio dell’allenatore è una rarità e non corrisponde mai, o quasi, alle esigenze dello scaricabarile quando le cose vanno male. Insomma juve vuol dire efficienza ed eleganza, fiducia in se stessi, capacità di durare. Juventus come gioventù, ma una gioventù da adulti più che da teen-agers. Una partita è rimasta nella mia memoria. Una splendida vittorIa

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per 4 a 1 sulla Lazio da parte della juve di Charles, Sivori e Boniperti della partita contro la Lazio. Ricordo anche, quando si era sul 4 a 1, i giochetti di Sivori che palleggiava di testa e di piede in mezzo a tre laziali, faceva passare la palla in mezzo alle gambe di un avversario, la recuperava, ricominciava a palleggiare come se si trovasse sotto il tendone di un circo, suscitando nel pubblico laziale un sentimento complicato di odio e di amore. Il calcio non è un oppio dei popoli ma uno dei giochi più belli che l’uomo abbia mai inventato. È una straordinaria combinazione di organizzazione collettiva e di esaltazione dell’estro individuale. Il successo può dipendere dalla preparazione meticolosa come dalla fortuna più sfacciata. Non mi ha mai convinto la sbrigativa condanna di certi ambienti «sinistresi» o, peggio, di certi intellettuali, i quali, scambiando cause per effetti, considerano il calcio come una terribile malattia sociale. La televisione sta distruggendo il rito pubblico e popolare delle partite allo stadio. Invece di andare al derby con gli amici il lavoratore si siede davanti al televisore con rate ancora da pagare, nel divano con rate da pagare, viene assalito da una gran voglia di sfasciare il televisore e da una grande nostalgia del derby. Ottantamila gremiscono il catino dell’olimpico, che ribolle di grida, lazzi, parolacce, ironia, beffe, violenze verbali dialettali: una grande festa popolare, un grande incontro fra uomo e uomo, uno scontro allegro fra nemici che diventano amici. Ferdinando Gabeira nel suo fortunatissimo “Che ti succede compagno? racconta la delusione sua e dei suoi compagni per il fallimento di uno sciopero generale a Rio de Janeiro: nel luogo indicato dai volantini per dar vita a una manifestazione (era un primo maggio) i pochi coraggiosi furono travolti da una folla che accorreva festosa allo Stadio Maracanà per esaltarsi con le gesta di Pelè ma, pur rimanendo identica la passione per il calcio, qualche anno più tardi gli operai brasiliani hanno dimostrato di saper scioperare e scendere nelle strade anche a rischio di finire in galera obbligando il regime militare a promettere una «apertura democratica».

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Sport CALCIO/UISP

FIORENTINA 10 BIS CAMPIONE D’INVERNO

La novità è il ‘piccolo’ Borboruso vice capolista, suggestiva frazione centro vicino Soveria Mannelli Sono ripresi con rinnovato entusiasmo e partecipazione i campionati di calcio UISP (Unione italiana sport per tutti). Reduci dall’ottimo successo del’ultima stagione culminata con le finali e le relative premiazioni nello splendido scenario del Villaggio Bahja di Paola, i vertici regionali con Giuseppe Marra presidente Uisp Calabria, Mario Marrone Presidente Uisp Calcio Calabria, Fabio Roberti, responsabile Uisp Territoriale Catanzaro e Provincia e Vibo Valentia e Franco Arcuri dirigente Uisp si sono messi di buzzo buono per organizzare al meglio anche l’attuale stagione. E in particolare il calcio a 11 ha visto nello scorso mese di dicembre la fine del girone di andata. Ben tredici le società partecipanti, con la new entry Borboruso (frazione del comune di Pedivigliano in provincia di Cosenza, a due passi da Soveria Mannelli) e Piazza San Rocco di Girifalco. Le altre squadre sono Lamezia Golfo, campione regionale in carica nelle finali di Paola e quest’anno per volontà del presidente Patrizio Gemello rinnovata in toto nella rosa dei giocatori e con uno spirito prettamente amatoriale; quindi Fiorentina 10 Bis di Soverato, Amatori Pianopoli (con la presenza di vecchie glorie del calcio lametino e non solo quali Salerno, De Sensi, Madia), e ancora Marcellinara, Amaroni, Conflenti, Real Girifalco, Amami Amato, Miglierina, Migliuso, Casa dello Sport del dinamico presidente Bentivoglio. E, a rappresentare la provincia di Vibo Valentia, la Vigor Old Boys di Sant Onofrio e il Filadelfia. II titolo di Campione d’inverno se l’è aggiudicato la Fiorentina 10 Bis del presidente Pipicelli: un cam-

mino pressoché regolare per i soveratesi, imbattuti con ben 27 punti e vittorioso (per 2-1) nel match-clou contro il Pianopoli nell’ultima gara prima della sosta Natalizia. Ma la vera sorpresa del campionato è la simpatica società del Borboruso (nella foto nel match contro la Fiorentina 10 Bis) del presidente Pino Bonacci. La squadra cosentina, che rappresenta poche centinaia di abitanti nel comune di Pedivigliano, oltre agli ottimi risultati che sta ottenendo visto il secondo in classifica, in compagnia del più quotato ed esperto Pianopoli, è una società che rappresenta tutta la bellezza della sua frazione, e con al seguito molti tifosi e tanta sportività. Insomma è il giusto spot per un Ente di promozione sportiva qual è la Uisp. Per la cronaca a tutto dicembre sono state giocate ben 60 gare, realizzate 197 reti e 207 subite con nessuna gara rinviata. Altra particolarità, già sottolineata da queste colonne nello scorso giugno, tutte le gare sono dirette da terne arbitrali complete di assistenti della sezione di Catanzaro, ottimamente diretta dal responsabile Giovanni Tolomeo e dalla sezione di Reggio Calabria con Luigi Cilione responsabile regionale arbitri Uisp. La stagione in corso è la conferma che la Uisp, con il responsabile-calcio Fabio Roberti, cerca di dare la possibilità a chi vuole divertirsi di farlo con professionalità ed una organizzazione impeccabile, senza perdere mai di vista l’obiettivo dell’aggregazione e socializzazione tra persone che vogliono divertirsi, facendolo tirando per quanto possibile soltanto un calcio ad un pallone ed in piena armonia con l’avversario.

Sport

NUOTO MASTER: ARVALIA LAMEZIA PARTE CON IL BOTTO Il circuito Super Master FINCALABRIA ha visto svolgersi domenica 3 dicembre il 1° trofeo “Città tra i due mari”. Alla manifestazione che si è svolta presso la piscina provinciale di Catanzaro Lido (loc. Giovino), in vasca coperta da 25mt, 6 corsie, hanno partecipato circa 200 atleti. Le gare si sono svolte tutte alla domenica: al mattino 400 SL - 50 RA - 50 FA - 100 MX - 100 SL mentre al pomeriggio 200 SL- 50 DO - 100 RA - 50 SL - 100 DO. All’evento, a cui hanno partecipato atleti provenienti da tutta la regione, ha gareggiato anche l’Arvalia Nuoto Lamezia, con 25 atleti della squadra Master. Per l’evento c’era grande attesa, considerato che era la prima uscita stagionale della squadra dopo l’arrivo del Mister Borracci, più volte campione italiano assoluto e primatista nazionale, nonché allenatore federale di Nuoto e Pallanuoto, a cui è stata affidata la guida della squadra. I risultati raggiunti non hanno tradito le attese. Diverse sono le medaglie conquistate dai singoli atleti, d’oro, argento e bronzo Canino Mattia 100SL e 50SL, Grande soddisfazione è stata espressa da parte di tutti i componenti della Società e soprattutto dal Mister Borracci, contribuendo tutti insieme a Lamezia e non solo

creare un clima di amicizia, sportività e di giusto agonismo che non guasta. Già da lunedì nuovamente a lavoro per i prossimi impegni. Giovedì 7 dicembre tutta la squadra insieme alla dirigenza si ritroverà in un locale per festeggiare l’avvio della stagione e farsi gli auguri. Che dire, essendo in clima natalizio Arvalia Nuoto Lamezia non poteva farsi mancare una partenza col botto, che fa ben sperare in una stagione ricca di soddisfazioni per tutti.

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Spettacolo

VACANTIANDU: consegnati i riconoscimenti alle compagnie calabresi nell’ambito del premio regionale

Bronzi di Riace

Grande successo di pubblico e di spettacolo in occasione della terza edizione del prestigioso premio “Bronzi di Riace” che si è svolto, per il terzo anno consecutivo, al teatro Grandinetti di Lamezia Terme. Per l’occasione sono stati consegnati i riconoscimenti alle migliori compagnie teatrali amatoriali calabresi per il migliore spettacolo, le migliori scenografie, i migliori attori, i migliori costumi. La manifestazione, organizzata dalla Federazione Italiana Teatro Amatoriale (Fita) Calabria, da “I Vacantusi” e dalla Regione Calabria, e inserita nell’ambito del progetto regionale “Vacantiandu”, ha registrato la presenza di ben 14 compagnie della Fita, selezionate da 54 compagnie partecipanti al concorso. Tanti i riconoscimenti assegnati: a premiare Michele Spataro, Giuseppe Minniti e Consolato Latella della Fita, Nico Morelli e Walter Vasta de “I Vacantusi” e numerosi altri esponenti istituzionali. Il premio speciale è andato al regista lametino Francesco Pileggi per l’opera “Le sirene non tirano i rigori” della compagnia “Il teatro che non c’era” di Filadelfia. Altro premio speciale per l’attore Alfredo Perciaccante della compagnia Canaglioni di Cassano allo Ionio, mentre come miglior attrice caratterista è stata scelta Rita Gallo, della compagnia Acquania di Curinga. Il premio come miglior attore protagonista è andato ex aequo a Franco Piscitelli (compagnia “La matassa”) e Alfredo Lavorato (compagnia “I tinti”). Un altro premio ex aequo per la miglior attrice protagonista è andato ad Assunta Spirlì (“La bottega del sorriso”) e a Luisa Vaccaro (“Compagnia Vercillo”) per la commedia esilarante “La fortuna con la C maiuscola”; miglior attore non protagonista Giovanni D’Ippolito sempre della lametina compagnia “Vercillo”. Premio come migliore attrice protagonista

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a Maria Rosetta Torchia della compagnia Migliarinese; miglior attore protagonista Gabriele Profazio del gruppo “I Carma” di Reggio Calabria per lo spettacolo “1861 La brutale verità”. Nel corso della cerimonia, la giuria ha attribuito il premio relativo al migliore spettacolo, che rappresenterà la Calabria nel circuito nazionale, a “1861 - La brutale verità” della compagnia Carma di Reggio Calabria. Presente alla manifestazione anche l’ex sindaco Paolo Mascaro al quale è stato consegnato un attestato quale ambasciatore nazionale della Fita. Numerosi infine i premi per la commedia “I promessi sposi” tratto da “I Promessi sposi. Opera moderna” di Michele Guardì, con la collaborazione di Natale Princi. L’opera è stata rappresentata con gran successo, durante la serata, dal gruppo teatrale “Terzo millennio” di Sant’Eufemia D’Aspromonte. “I promessi sposi” sono stati premiati per i migliori costumi, la miglior scenografia, la miglior regia. Il regista del gruppo Francesco Luppino, ispirandosi al capolavoro di Alessandro Manzoni, ha raccontato la storia di Renzo e Lucia attraverso scene cantate, recitate e ballate allineate allo stile del musical e impreziosite dalle scenografie, dalle coreografie e dai costumi realizzati da componenti del gruppo “Terzo Millennio”. “Obiettivo della manifestazione – hanno spiegato gli organizzatori – è quello di valorizzare le tante realtà teatrali amatoriali della nostra regione, favorendone la crescita culturale e turistica insieme alla formazione della coscienza civile e sociale. Il teatro, infatti, assolve al compito di educare e formare portando sulle scene le vicende della società con le sue variegate rappresentazioni ora umoristiche e comiche, ora drammatiche e tragiche”.

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Spettacolo La Cena del Cuore al Centro Commerciale Due Mari per festeggiare il Natale insieme ai più bisognosi.

Una serata per vivere il senso profondo della famiglia e della solidarietà

“Il Natale ci dice che non siamo soli” – è con questo messaggio di S.E. Mons. Luigi Antonio Cantafora, Vescovo della Diocesi di Lamezia Terme, che si è aperta giovedì sera la “Cena del Cuore” organizzata e offerta dal Centro Commerciale Due Mari per il secondo anno consecutivo e rivolta ai più disagiati per celebrare insieme il Natale e diffondere un senso di condivisione fraterno, di famiglia e di appartenenza. Ospiti della serata circa 70 persone provenienti dalla Caritas di Lamezia Terme che in un clima di festività, serenità e amicizia hanno riempito il lungo tavolo imperiale allestito nella galleria al secondo piano del Centro Commerciale Due Mari addobbato a festa. Gli ospiti hanno cenato con i prelibati piatti preparati dagli operatori del food court e serviti dai volontari, professionisti e persone che lavorano nel centro. Con il sottofondo lieto della musica e le mille luci che in questo periodo festivo rendono magica l’atmosfera del centro tutti insieme hanno potuto trascorrere una serata all’insegna della solidarietà vivendo profondamente il sentimento della famiglia: una famiglia riunita attorno a un tavolo che festeggia come da tradizione il Natale. Ed è proprio di tradizione che ha parlato Mons. Cantafora, accompagnato dal vicedirettore della Caritas Diocesana Don Claudio Piccolo Longo, nel suo

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intervento di apertura per salutare e augurare b u o n e feste a tutti gli ospiti presenti. “Il Natale ci dice che non siamo soli, che Dio è sceso in mezzo a noi – ha detto si è fatto carico di noi. E per sentire il Natale bisogna avere il cuore nel passato, nella tradizione. E la nostra tradizione è che Dio è sceso e si è fatto carico di noi. Solo con lo sguardo rivolto al nostro passato possiamo volgerci al futuro. In questo momento così difficile per il mondo – ha concluso – il Natale ci mette nel cuore la certezza che c’è qualcuno tra di noi che può fare veramente qualcosa di nuovo”. La serata è un tripudio di sorrisi nonostante tutto, nonostante la crisi, nonostante i tempi difficili, nonostante spesso la solitudine. Una serata speciale vissuta insieme che mette in risalto le storie di chi ha fatto migliaia di chilometri per lasciare la propria terra in guerra, di chi ha dimenticato cosa voglia dire scartare un regalo o ancora di chi ogni giorno vive come un invisibile perché non viene neanche sfiorato dalle centinaia di occhi che si incontrano in città. Ad augurare loro di trascorrere una serena festa anche da parte di tutti gli operatori che si sono prodigati per la riuscita della cena la Direttrice Marketing del Centro Simona Notarianni. In questo clima conviviale e festoso anche il dott. Antonio Domenico Mastroianni, Amministratore del Centro Commerciale Due Mari, ha voluto spiegare il significato della serata.

“San Luca ci dice di non invitare a cena i parenti, gli amici perché loro possono invitarti nuovamente e tu avere un contraccambio. Contrariamente, ad una cena invita i poveri, gli ultimi, i disagiati perché loro non potranno invitarti. In questo spirito nasce l’idea della Cena del Cuore dedicata a voi per il secondo anno. Noi in realtà – ha sottolineato Mastroianni - non siamo in grado di offrirvi nulla se non questa cena, ma voi siete in grado di offrirci una grande ricompensa, che è il vostro sorriso, la vostra gioia. Ed è questo l’unica cosa che ci sta veramente a cuore. Non potevamo vivere la festa delle feste da soli, quindi grazie di riempire il nostro cuore questa sera che sarà ancora pieno di solidarietà da parte del Centro Commerciale affinché questo non sia un punto d’arrivo ma un cammino teso verso gli altri. Insieme a voi questa sera vogliamo vivere il senso straordinario della vita – ha concluso”. Il Sindaco di Maida Salvatore Paone ha inoltre ricordato l’importanza e la serietà da parte di una realtà come il centro commerciale di ospitare gli ultimi, i più bisognosi con l’augurio e la speranza che la nostra regione e la nazione tutta si muova e riesca a mettere in campo politiche di integrazione, di accoglienza e quindi di crescita di tutta la comunità del nostro territorio. Dopo la cena la serata si è conclusa con canti e balli che hanno allietato gli animi dei presenti e regalato un momento di allegria e spensieratezza che, ci si augura, possa accompagnare per tutti il Natale.

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Fermenti Filosofici

“Note di verità su don Lorenzo Milani Una giornata con Sergio Tanzarella, autorevole biografo del prete di Barbiana nel 50° della morte Invece di scrivere una recensione al libro di Sergio Tanzarella (docente di storia della chiesa alla Pontificia Università Gregoriana ed alla Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, nonché presidente dell’Istituto di storia del cristianesimo della stessa facoltà) dal titolo “Lorenzo Milani. Lettera ai cappellani militari. Lettera ai giudici” (Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2017, pp. 170), preferisco muovermi in libertà con uno stile letterario tra il diario e la scrittura giornalistica, ma sul crinale di una lettura di valore scientifico dello studio critico di Sergio Tanzarella sui testi milaniani, unita alle conferenze che ha tenuto sabato 4 novembre 2017 a Lamezia Terme (mattina per le scuole di ogni ordine e grado, il pomeriggio al Cenacolo Filosofico, aperto a tutta la città) nell’ambito dell’evento per il 50° della morte di don Milani, promosso dal Cenacolo Filosofico e del Sistema Bibliotecario Lametino diretto da Giacinto Gaetano, in collaborazione con l’associazione culturale dello spettacolo “Emozionote” di Firenze, presieduta da Chiara D’Andrea, la rivista “Prospettiva Persona” diretta da Attilio Danese e Giulia De Nicola, l’Istituto d’Istruzione Superiore “Leonardo da Vinci” diretto da Fiorella Careri e l’Istituto Comprensivo “Don Milani” di Lamezia Terme. Ma ritenendo di contestualizzare il tutto nell’orizzonte complessivo della giornata vissuta in amicizia. Sono andato a prendere il professore alla stazione di Lamezia Terme Centrale. Era un po’ stanco - aveva fato lezione alla Gregoriana fino al pomeriggio -, ma contento di rivederci e di essere venuto a parlare in Calabria di don Milani. L’ho portato in una trattoria di vecchi sapori popolari a Gabella. Un borgo con un panorama mozzafiato sulla piana di Lamezia Terme, sullo sfondo la punta di Tropea-Capo Vaticano ed al centro del golfo il cono della Stromboli e le altre isole Eolie. Sentivo dentro la contentezza di poter passare un po’ di tempo con un caro amico ed un intellettuale di alto valore scientifico, un ricercatore coraggioso, un uomo di spirito fine dentro una visione profetica. Nei due incontri lametini ha trattato la figura di don Milani facendola sentire molto vicino, vivo, vero, capace di aprire spazi di coscienza e consapevolezza, quasi come se avesse allungato la sua parola ed il suo respiro fino ai nostri giorni ed i nostri territori marginali, come sono ritenuti quelli del sud del Sud. La mattina, partendo dall’Istituto TecnicoTecnologico Industriale dove insegno e con una ventina di alunni scelti per la natura del convegno, come una spedizione di esploratori e con in testa Sergio Tanzarella, Giacinto Gaetano ed una giovane docente, Federica Crea, venuta apposta dal suo paese nel sud della Calabria, Galatro Terme, abbiamo attraversato tutta Nicastro, centro burocratico-commerciale di Lamezia, percorrendo corso Nicotera coi suoi palazzi del boom economico, corso Numistrano con i suoi palazzi nobiliari del sette-ottocento, e via Garibaldi del periodo precedente, fino a quasi sotto il Castello

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normanno-svevo dal cortile dell’Istituto comprensivo “don Milani”. Un bell’incontro cogli alunni dalla primaria alle superiori per oltre 2 ore. Il prof. Tanzarella si è mosso con un linguaggio discorsivo, narrativo e piacevole, adatto a tutti. Da oltre 10 anni la figura di don Milani è molto dibattuta in tutta Italia, e – ha detto Tanzarella - è in assoluto la figura più abusata, violentata della nostra storia del Novecento. Citata da chi non lo ha letto, e con citazioni delle volte, per assurdo, non scritte da lui. La raccolta di tutti i suoi scritti ed epistolario è durata 7 anni, e si è arrivati a pubblicare, con la Mondadori, la sua opera omnia di tremila pagine, curata insieme a F. Ruozzo, A. Canfora e V. Oldano. Si è fatto il restauro delle lettere, giacché mentre si ritrovavano sono state pubblicate su quotidiani e venivano ritoccate erroneamente da giornalisti e scrittori. Sono state anche ritrovate altre lettere. Perfino una lettera scritta ad Ignazio Silone. Sono stati scritti centinaia di libri, centinaia di tesi, migliaia di articoli, ma poi alla prova dei fatti, le fonti nessuno è andato a cercarle, afferma Sergio Tanzarella. Un particolare singolare: don Milani amava anche disegnare e molte sue lettere sono con disegni. Certo vi è un certa “emergenza milaniana”, riferita all’autenticità della sua letteratura. L’opera omnia, in due volumi, è composta da 1106 lettere, di cui 129 inedite. Lettere familiari, amici, lettere pubbliche, ai cappellani militari, ecc. “Esperienze pastorali” è l’unico che veramente ha scritto come libro, e c’ha messo 10 anni perché lo ha sottoposto a tante persone, per un confronto molto ampio. La scrittura di don Milani carezzava, era il talento trasferitogli dal padre che era chimico e tradusse Kafka in Italia. Parlava con franchezza, come santo Stefano, e con una forza espressiva straordinaria. In particolare in 2 interviste: un gruppo di studenti che lo va a trovare dopo la pubblicazione della lettera ai cappellani militari e la lettera ai giudici; e con bambine di scuola media, parlando di danza. E’ sua la parola: “Nonviolenza”, parola unica, non separata ma attaccata, frutto dei suoi lunghi e sentiti studi. A proposito della “Lettera ai giudici”, vi è un lungo apparato di note nel libro del curatore. Sergio Tanzarella racconta che don Milani era duro nei confronti di coloro che andavano a perdere tempo solo per curiosità, per vedere cosa faceva quel prete famoso. Infatti, appena si rendeva conto che volevano fare salotto, li metteva alla porta. Il fondo delle 20 lettere alla sorella è inedito. E quella datata 25 febbraio 1959 è una lettera straordinaria in cui si trova un pensiero forte e profetico di Milani. “Cara Elena, - scrive don Milani - sono contentissimo che tu ti sposi, e non ho nessun motivo di meravigliarmi o dolermi che tu lo faccia al Comune. Esser religiosi, essere cristiani è una fortuna non un obbligo. Mi può dispiacere che non abbia questa fortuna, non che tu compia un atto in armonia con quello che pensi.” E’ il principio della libertà di coscienza, - afferma Tanzarella - pronunciato da

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un prete nel 1959, quando non era nella Chiesa una opzione possibile”. “Del resto – scrive il prete di Barbiana - non sei ancora morta, ed avete tanto tempo davanti a voi, per invecchiare, rinfurbire, ripensarci”. “Anche sugli affetti più cari, don Milani, chiusi i convenevoli passa alla sostanza – dice Tanzarella cioè i bambini. Infatti, chiede alla sorella ed al cognato, che sono docenti, quando verranno a fare visita di fare qualche lezione di fisica e chimica”. Dal 1954 al 1967 è stata la scuola popolare di Barbiana. La sede di 100 abitanti in case molto sparse era precisamente una punizione del cardinale di Firenze. “Chi parla di Milani,- e rappresenta con evidenza qualsiasi potere o interesse -, o non lo ha studiato o è in malafede”, afferma categorico Sergio Tanzarella. Infatti, “don Milani è una persona pericolosissima per il potere”. Un altro aspetto interessante sottolineato dal prof. Tanzarella è quando afferma che “la vera conversione di don Milani non è quando si fa prete, ma quando incontra la realtà miserabile degli operai della periferia di Firenze, schiacciati dai padroni, che lavorano a nero, il sabato, la domenica, che sono analfabeti.”. “Don Milani comprende che non può essere prete, se non permette prima a coloro ai quali dovrebbe annunciare Gesù Cristo di capire la sua lingua, innanzitutto, e di diventare essere umani e cittadino. Questi sono i pilastri della conversione di don Milani. E’ una conversione che lo rende pericolosissimo, perché è un prete che non fa l’oratorio ma che fa la scuola”, racconta con forza Sergio Tanzarella. “Se io andrò via da Barbiana, andrò via soltanto da certosino”, esclama don Milani. Aveva capito fino in fondo la sua vera vocazione proprio in quel posto lontano dal mondo. Una lettura importante per la verità storica è affermare che a seguito della visita riabilitativa di papa Francesco di quest’estate, nella stessa giornata in cui ha visitato la tomba di don Primo Mazzolari, altro prete scomunicato, la figura di don Milani diventa estremamente edulcorata, cioè totalmente diversa dalla realtà della sua persona, del suo sacerdozio e della sua testimonianza. Sergio Tanzarella riporta puntualmente un frammento della lettera tormentatissima del 9 gennaio del 1964 , cosa che si evince dalle tantissimi cancellature, indirizzata a don Benzi, che aveva raccolta la prima intenzione di don Milani a farsi prete. Don Milani, infatti, scrive a don Benzi: “Caro don Benzi, quando l’ultima volta che ero da lei mi disse di scriverle una importante lettera, indovinava un desiderio che portavo da diversi mesi, e cioè di farle sapere qualcosa di me per il debito che ho con lei, ed anche per la rabbia che ogni tanto mi ribolle di tutto quello che lei non sa e che l’avrebbe fatta agire diversamente 9 anni fa. 9 anni (quando viene trasferito a Barbiana) ero un prete innocente e religioso, lei invece pensava chissà cosa avessi fatto se raccontava che io stesso chiesi, per chissà quale masochista autopunizione, l’infamia, il confino in un deserto e prati-

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Sanità l’Ambulatorio per la diagnosi e cura dell’epilessia dell’ospedale di Lamezia Terme riconosciuto come

Centro di eccellenza da Lega Italiano Cura Epilessia L’Ambulatorio per la diagnosi e la cura dell’epilessia dell’ospedale “San Giovanni Paolo II”, dopo 17 anni di attività in questo delicato settore, ha avuto il riconoscimento come Centro di eccellenza da parte della Lega Italiana contro l’epilessia con certificazione LICE fino al 2020. Ad ufficializzare l’importante attestazione è stato il Direttore Generale dell’ASP di Catanzaro dott. Giuseppe Perri nel corso della conferenza stampa tenutasi a Lamezia Terme e organizzata appositamente per l’occasione, alla presenza anche del Direttore Sanitario aziendale dott.ssa Amalia De Luca, della responsabile dell’Ambulatorio di epilessia dott.ssa Caterina Ermio e del Direttore Medico di Presidio Dott. Antonio Gallucci. Sono inoltre intervenuti per l’occasione il presidente dell’Ordine dei Medici della provincia di Catanzaro dott. Vincenzo Ciconte, il vicario del vescovo di Lamezia Terme Mons. Tommaso Buccafurni, la presidente delle pari opportunità della Provincia di Catanzaro Avv. Elena Morano Cinque, la dottoressa Maria Flavia Frisone neuropsichiatra infantile. Nel corso dell’incontro, che è stato moderato dal giornalista Pasqualino Natrella addetto stampa dell’Asp di Catanzaro, ci sono state tre toccanti testimonianze di genitori che hanno in cura i propri figli nell’ospedale “San Giovanni Paolo II” di Lamezia Terme. Si tratta di un centro d’eccellenza, il terzo in Calabria, riconosciuto dalla Lega italiana contro l’epilessia, la patologia coinvolge numerosi pazienti che spaziano in un arco di età riconoscibile da 0 a 90 anni. Questi ultimi, affetti da tale condizione neurologica, hanno bisogno di supporti mirati e il potenziamento dell’ambulatorio rappresenta un luogo su cui contare per i tanti lametini ed anche per i pazienti provenienti da tutta la regione. In Italia una persona su 10 soffre di epilessia e i pazienti affetti hanno bisogno di supporti mirati, ecco perché l’apertura dell’ambulatorio proprio a camente lo spretamento”. “Ridotto contro la mia volontà e vocazione, allo stato laicale e di un maestro, lei ha ignorato perfino questa mia povera arte chissà per quale superficialissima informazione in epnosi e dittatura appiattitrice d’anima. Queste due suoi granchi sono le cose che faccio fatica ad ingoiare, lei poi sa bene che il comportamento della curia contro di me è semplicemente criminale”. Il Papa andando a Barbiana ha riconosciuto un errore gravissimo che la chiesa giuridica ha compiuto da vivo e da morto: una persecuzione senza fine. Un aspetto che merita di essere evidenziato sulla personalità di don Milani è che “dava alle cose il loro nome, rinunciava agli eufemismi”. Ogni cosa deve essere denunciata per quella che è! Sono d’accordo, da pedagogista, con Tanzarella quando afferma che “non esiste un metodo Don Milani, ma un’esperienza che può ispirare altre esperienze”. La percezione di Barbiana da parte di don Milani era di sentirlo come un “carcere”, come tra altro ha scritto. Ma ci stava. Non si muoveva da quel an-

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Lamezia Terme rappresenta un’àncora per i tanti che sono stati costretti a compiere lunghi viaggi per sottoporsi a visite specifiche. Il presidente dell’Ordine dei Medici Vincenzo Ciconte ha lodato il risultato ottenuto dalla struttura lametina, che testimonia come l’Azienda “potenzia i servizi presenti, unendo le forze e continuando un percorso di miglioramento”. Il direttore generale dell’Asp Perri ha elogiato “l’impegno di tutto il settore di Neurologia, sintomo che in questo ospedale c’erano e ci sono ancora professionisti seri che per molto tempo non sono stati messi in grado di poter offrire percorsi di miglioramento organizzativo e delle prestazioni. La criticità più importante è la mancanza di personale, ed in questa fase di possibile rischio di blocco del turnover bisogna che le istituzioni guardino al futuro”. La dott.ssa Ermio ha spiegato il percorso vissuto dai pazienti e dalle famiglie che convivono con questa patologia. “I pazienti effetti da epilessia – ha evidenziato – necessitano di un supporto dedicato e l’apertura dell’ambulatorio rappresenta il passaggio di un percorso in atto avviato da diversi anni. Il prossimo obiettivo sarà quello di far diventare questo ambulatorio un centro di riferimento regionale. L’auspicio è quello di poter avere nuove attrezzature e personale per migliorare ancora di più l’offerta di cura”. Il direttore sanitario aziendale Amalia Maria Carmela De Luca ha sottolineato come nel territorio dell’Asp sono presenti circa tremila pazienti affetti da questa patologia, per questo l’ambulatorio “potrà svolgere un gravoso compito, sperando di poter adeguare anche le risorse per personale e strumentazione”. Il direttore medico di presidio Gallucci ha sottolineato come l’ospedale lametino abbia delle “potenzialità cliniche enormi, così come settori pronti alle necessità delle utenze”.

golo fuori dal mondo. Infatti,quando lo invitavano per fare qualche incontro, rispondeva che non era un prete da salotto, e che doveva stare lì. Egli esprime in questo senso, un radicale valore della responsabilità. Responsabilità concreta, verso persone, luoghi e situazioni reali, immediati. Alcuni amici lo vanno a trovare anche con un certo coraggio, dato il clima ecclesiastico ed ecclesiale verso di lui, come Padre Ernesto Balducci e don Divo Barsotti. Un passo cruciale per capire lo stato d’animo del prete di Barbiana si svela così: “I poveri abbondantemente, sono quelli che mi hanno fatto dimenticare tutti voi e il suicidio. Sono stati i miei confessori, i miei direttori spirituali, i miei maestri, il mio Dio”. Con tali parole, afferma Sergio Tanzarella, “crolla totalmente quello spiritualismo clericale”. Don Milani deve essere riletto nella verità, con coraggiosa verità, se no si commette un ulteriore crimine verso la verità storica e della sua figura e testimonianza crocifissa a causa della gerarchia ecclesiastica e da un certo clero. Don Milani non deve essere

riabilitato, semmai i persecutori, non le vittime, afferma Tanzarella. “La lettera ad una professoressa” – continua il presidente dell’Istituto di storia del cristianesimo - è scritta da don Milani e dai suoi ragazzi su suggerimento del più grande maestro Mario Lodi, che il presidente della Repubblica Napolitano non volle fare senatore a vita, scegliendo un industriale, non un altissimo modello di educatore”. “Se vuoi trovare Dio in un posto…” devi scegliere un posto. E “ti ritroverai credente senza nemmeno accorgertene” scrive don Milani. Il testamento di don Milani nel marzo 1966: “L’arte dello scrivere è la religione, il desiderio di esprimere il nostro pensiero e di capire il pensiero altrui è l’amore”. E questo prete toscano “ha servito in piedi”, secondo l’espressione di un l’altro grande prete del Novecento don Primo Mazzolari, visitato il 21 giugno 2017, lo stesso giorno, da papa Francesco.

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La parola alla Psicologa

DIFFERENZE COMUNICATIVE NELLA COPPIA Nella coppia non vi è un vincente o un perdente ma si vince o si perde in due. Andare d’accordo significa avere una buona comunicazione nella coppia. Cosa significa comunicare? Prima di tutto imparare ad avere rispetto per se stessi e per la persona che si ha al proprio fianco. Spesso quando vi sono divergenze di veduta o di opinioni, si cerca di sopraffare l’altro convincendolo delle proprie ragioni, se non si riesce allora scatta il conflitto ed il contrasto. Si arriva così alla sconfitta di entrambi e non alla vittoria dell’uno sull’altro, come si potrebbe erroneamente pensare. La coppia è fatta da due persone singole con bisogni, aspettative, interessi e desideri diversi e, fin quando prevarranno solo gli interessi personali, non si riuscirà a percorrere la stessa strada che porterà alla crescita emotiva, all’amore ed alla felicità della coppia. Riuscire ad esprimere se stessi all’altra persona e, trovare quest’ultima a sapere ascoltare con empatia, è indice di una sana comunicazione. Una buona comunicazione è un rimedio allo stress emotivo e relazionale della vita di coppia. Riuscire a prendere delle decisioni insieme sulle cose importanti come l’acquisto della casa, l’educazione dei figli ed il lavoro è il modo migliore per sentire di essere importante per qualcuno oltre che condividere dubbi e paure. Comunicare vuol dire essere rassicurati, supportati e protetti, significa fidarsi dell’altro e lasciarlo libero di fare la scelta migliore per la coppia. Non dimentichiamo che, la coppia formata da, un uomo e una donna hanno diversi modalità di pensieri e di comunicare, non bisogna ragionare

che l’altra persona la pensi come noi o che senta ciò che noi sentiamo. Inoltre, spesso si dà per scontato il fatto che se l’altro ci ama farà quello che noi vogliamo. Ma ci sono delle differenze tra i due sessi, con degli schemi e dei modi di percepire il mondo discordanti. Conoscere queste differenze è utile per ridurre i conflitti nei rapporti con l’altro sesso. Spesso quando una donna vuole esprimere le proprie emozioni tende ad adoperare metafore, superlativi e generalizzazioni che gli uomini interpretano alla lettera. Gli uomini fraintendono il significato e tendono a reagire negativamente, perché a differenza delle donne i maschi sono abituati a trattare “le parole dette” come mezzo di comunicazione dei fatti e delle informazioni senza troppi giri di vocaboli. La donna è meno diretta nel chiedere le cose e questo porta l’uomo a non capire ciò che vuole creando confusione e distorsione.

La coppia può trovarsi in un momento di stallo, in una fase di crisi in cui non sa da che parte andare, entrambi i partner insoddisfatti ed a volte rassegnati, dove è più semplice mollare piuttosto che parlare tra di loro e combattere per superare l’ordinaria quotidianità che diventa usurante. Il modo migliore per conoscersi è comunicare e chiedere, così da essere chiari e da potersi confrontare nel migliore dei modi, senza false ipotesi e conclusioni errate. Imparare, così, a gestire i conflitti sia della coppia sia del singolo individuo per riuscire a muoversi in piena libertà ed autonomia. A volte è necessaria una terapia di coppia che aiuti entrambi a capire dove volere andare e come fare senza distruggere l’altro o se stessi, assumendosi ognuno le proprie responsabilità. Dott.ssa Maria Mirabelli, psicologa clinica e forense, psicoterapeuta.

Per la donna l’amore va dichiarato, mentre per l’uomo va dimostrato…così la donna aspetta un “ti amo” da parte del compagno e l’uomo attende che la partner compia

Testata Giornalistica - anno 26°- n. 38 - gennaio 2018 Iscrizione al Tribunale di Lamezia Terme n. 609/09 Rug. - 4/09 Reg. Stampa del Direttore Responsabile: Antonio Perri Edito da: GRAFICHÈditore Perri Lamezia Terme - Via del Progresso, 200 Tel. 0968.21844 - e.mail. perri16@gmail.com Stampa: Michele Domenicano Allestimento: Peppino Serratore Redazione: Giuseppe Perri - Nella Fragale - Antonio Perri Progetto grafico&impaginazione: Grafiché Perri-0968.21844

Le iscrizioni, per i privati sono gratuite; così come sono gratuite le pubblicazioni di novelle, lettere, poesie, foto e quanto altro ci verrà inviato. Lamezia e non solo presso: Grafiché Perri - Via del Progresso, 200 88046 Lamezia Terme (Cz) oppure telefonare al numero 0968/21844.

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azioni concrete, quando ciò non accade entrambi rimarranno delusi, probabilmente non lo esprimeranno e quindi ecco che inizia a nascere il malessere taciuto che poi esploderà di fronte a delle banalità, destabilizzando il/la proprio/a partner. Dire “ti amo” al proprio partner e poi essere assenti nei momenti importanti equivale a mentire, ad essere incoerenti.

Contatti: mariamirabelli@libero.it 339.5919310

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