Lameziaenonsolo incontra dott Ennio Calabria

Page 1



lameziaenonsolo incontra

Ennio Calabria Buonasera dottore, intanto la ringrazio per aver accettato di farsi intervistare, iniziamo con qualche domanda su di lei. Buona sera, certamente Le ha studiato a Lamezia fino alle superiori? Si e mi sono diplomato al liceo classico F. Fiorentino In quale università si è laureato? Mi sono laureato presso l’università di Messina, continuando con corsi di perfezionamento presso gli atenei di Napoli, Firenze , Madrid, Parigi e Master in chirurgia presso l’Università di Catanzaro e Napoli. Cosa ricorda della sua vita universitaria? E’ stato uno dei periodi più belli, non potrebbe essere altrimenti, mi sono laureato nel 1985, le cose erano un po’ diverse da oggi, il rapporto umano e le esperienze sociali erano la normalità, il web non la faceva da padrone, motivo per il quale è stato un tempo di alta formazione non solo universitaria ma soprattutto umana. Quale è stata la motivazione che la ha spinta a diventare Odontoiatra? Sono Odontoiatra per scelta anche se la mia famiglia conta odontoiatri da quattro generazioni. Il motivo sostanziale è che ho sempre vissuto la passione che mio padre metteva nel suo lavoro ed è rimasta mia. Cosa significa oggi fare il suo mestiere? Credo che la mia professione sia tra le più belle in assoluto, soprattutto piena di soddisfazioni. Non immagina cosa significhi ridare il sorriso alle persone che lo avevano perduto. Il sorriso cambia la vita ed è l’anima stessa non della felicità può sembrare esagerato, ma di sicuro del buon vivere. Un sorriso ti aiuta a star bene con te stesso e con gli altri. E come è cambiato l’approccio con il paziente da quando ha mosso i suoi primi passi ad oggi? Nella sostanza nulla, l’obiettivo di allora è

Lamezia e non solo

quello di ora: la salute orale del paziente, in alcuni contenuti ci sono stati dei cambiamenti radicali grazie all’avvento delle moderne tecnologie. L’odontofobia, oggi è meno presente e comunque il paziente viene messo nelle condizioni di essere completamente a proprio agio grazie all’ausilio della sedazione cosciente che consente anche ai pazienti più “paurosi” di fare un’esperienza non solo indolore ma emotivamente serena. Quali sono le nuove esigenze dei pazienti? Intanto il paziente non vuole provare dolore, vuole poter avere una buona masticazione,ma soprattutto vuole un’estetica impeccabile .Nella routine del lavoro quotidiano prima di costruire un sorriso ed una buona occlusione, c’è una progettualità molto articolata che va dalla semplice rilevazione di impronte da studio foto ed esami radiografici, fino alla simulazione del sorriso in modalità digitale. A tal proposito l’uso di scanner intraorali con tecnologia laser ci permette non solo di avere una visione tridimensionale della bocca, ma anche di poter interagire apportando le modifiche e studiandole prima di applicarle nella seduta operatoria, a volte, se necessario, il paziente è partecipe a tutto quello che sarà il suo iter terapeutico in maniera virtuale. Lei lavora con i suoi figli, come questa collaborazione ha cambiato la comprensione delle esigenze e dei rispettivi metodi di lavoro? I metodi di lavoro non sono dissimili, dal momento che per passione più che per dovere mi sono costantemente aggiornato. I figli instaurano una competizione affettiva con il proprio genitore ed io non mi sono tirato indietro. I metodi di lavoro sono cambiati molto rispetto ai miei primi anni di attività, ma sicuramente in alcuni settori della mia professione i miei figli sono un passo avanti. Questo mi dà sì una sensazione di serenità ed assoluta contentezza, ma non le nascondo che vista la natura competitiva del mio DNA e del loro, a volte sono costretto a dare molto di più per stare al loro passo e tutto questo mi costa un po’ di fatica. È stata una loro scelta seguire le sue orme?

Non ho mai proposto a nessuno dei miei figli di fare la mia stessa professione,anzi ho accuratamente evitato sempre l’argomento. Pur tuttavia sia Elena che Gianmarco, dopo aver effettuato i test sia di medicina che odontoiatria , ed averli passati entrambi, hanno comunque deciso di fare odontoiatria anziché medicina. L’unico figlio che invece ha optato per medicina è Daniele, ma ben venga, almeno abbiamo altri argomenti da discutere quando siamo assieme. Nel suo percorso lavorativo ed in quello dei suoi figli quanto è stato importate l’apporto di sua moglie? Nel mio percorso è stata fondamentale, se non avessi avuto una donna con la D maiuscola che ha retto quasi da sola tutta la famiglia e l’educazione dei figli, sicuramente non mi sarei potuto dedicare agli innumerevoli aggiornamenti che in questi 36 anni di attività ho avuto il piacere di seguire. Per i miei figli quindi a parte l’educazione, sono stati seguiti da mia moglie veramente in maniera impeccabile, Lei ha dato loro il senso del rispetto per gli altri, la responsabilità ed il senso del dovere, di cui anche io ero testimonianza diretta con le mie dieci ore di lavoro al giorno. Non solo con le parole ma soprattutto con l’esempio abbiamo inculcato i fondamentali, a tutto il resto hanno pensato loro. Ci riteniamo fortunati perché a volte non basta essere dei buoni genitori, o dei buoni figli, ma si presentano incognite che non si possono prevedere, noi abbiamo seminato in un buon terreno, ma anche il tempo , il clima e tutto ciò che ha ruotato attorno a noi è stato favorevole. A che età consiglia di cominciare a fare i primi controlli? Ed ogni quanto? I primi controlli già all’età di 4/5 anni non soltanto per insegnare loro le tecniche corrette di igiene ,ma soprattutto perché si possono intercettare tante patologie che sfuggono all’occhio del più attento genitore. Un controllo preventivo può attraverso piccoli accorgimenti evitare che i mascellari dei bambini

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 3


fuse a volte si presentano in forma aggressiva ( piorrea) soprattutto quelle giovanili. Ci sono delle componenti genetiche ed altre predisponenti come il diabete, ma una attenta analisi e corretta igiene possono fare molto, meglio se coadiuvate dall’utilizzo di tecnologie di ultima generazione non solo strumentali ma anche farmacologiche. E’ vero che non curarsi, in caso di patologie dentali è un rischio? Si l’infezione causata dai denti definita “focus dentale” può essere pericolosa se non curata. Intanto perché l’antibiotico non riesce a debellarla, è forse l’unico caso in cui nonostante l’uso dell’ antibiotico non arriviamo ad una crescano in maniera inappropriata costringen- cura reale , ma l’unico effetto è quello di far perché abbiamo a disposizione dei farmaci doci in età più adulta a terapie ortodontiche più sparire momentaneamente il sintomo ad esem- anestetici efficacissimi già a basso dosaggio complesse più costose e per assurdo talvolta pio ascesso, gonfiore, dolore, dando l’illusione e soprattutto con tossicità e rischi di reazione avverse quasi vicine allo zero, sia per la gestiomeno efficaci. I controlli periodici vanno effetne del post operatorio che consente al paziente tuati almeno ogni sei mesi,ed in alcuni casi per di trascorrere una convalescenza tranquilla. i soggetti debilitati o con patologie sistemiche La grande novità è che oggi si fa molta più rilevanti anche ogni tre quattro mesi. attenzione alla preanestesia farmacologica, il paziente arriva in studio avendo assunto dei Che consigli può dare sulla prevenzione denfarmaci coadiuvanti, localmente vengono tale? applicati farmaci per non sentire l’infissione Credo che siano poche le persone che sappiano dell’ago ed ancora meglio la sedoanalgesia veramente fare una buona igiene orale. Tutti che è quella pratica con la quale attraverso farsono convinti di esserne capaci ma il più delle maci inalati o endovena si porta il paziente ad volte adottano tecniche di spazzolamento sbauno stato di estrema rilassatezza che predispogliate, o ignorano l’uso del filo interdentale o ne al buon fine tutte le terapie successive. Nel quando lo usano creano solo danni. Tre volte mio studio in caso di pazienti particolarmente al giorno l’uso del filo e dello spazzolino non debilitati, molto anziani o compromessi da paè una cosa comune, ma dovrebbe esser così e tologie gravi ho l’ausilio dell’anestesista Dott. non solo: dovrebbero essere anche usati in maMichele Rubino. niera corretta. Le igieniste nello studio svolgono un gran lavoro di prevenzione oltre ad illu- che tutto sia sparito, ma una volta smessa la strare adeguatamente le tecniche più efficaci. terapia si ha una recidiva che quasi sempre è Quali sono i maggiori timori che le persone più grave. dell’infezione trattata precedente- hanno quando vanno dal dentista? E come Perché è importante fare controlli regolari? mente. Inoltre questa infezione può portare a sono cambiate queste paure dopo il covid? Perché il più delle volte il processo carioso si delle complicanze indirette quali endocardite, Le paure dei pazienti quando si recano in un forma negli spazi interdentali , in maniera sub- nefrite e prostatite nei maschi. Tutti coloro che ambiente medico è sempre quello di contrarre dola e nascosta e solo l’occhio dell’odontoiatra hanno delle patologie sistemiche quali diabete, infezioni crociate ed ora ormai nell’era Covid od un eventuale rx possono vigilare al fine di problemi cardiovascolari, o che fanno terapie 19, i timori sono acuiti maggiormente. Non intercettare il problema ed intervenire riducen- antitumorali, o assumono farmaci per osteo- immaginate il lavoro che viene svolto dalle do al minimo i danni biologici; infatti questa porosi quali bifosfonati o similari, dovrebbero assistenti nell’eseguire correttamente tutte le patologia non è legata al sintomo, quando c’è prima della terapia o comunque nell’immedia- operazioni di disinfezione e sterilizzazione. il sintomo cioè sensibilità al freddo , caldo, to mantenere il cavo orale assolutamente puli- Non immaginate i controlli ed i test che ogni piuttosto che entrambi o dolore, è troppo tardi to e sano per evitare complicanze importanti. studio odontoiatrico deve svolgere con scadenze quotidiane, settimanali e mensili, questo da ed il dente dovrà essere trattato endodonticamente. È bene tenere sotto controllo, almeno Quali sono le novità oggi, rispetto alla gestio- sempre e non solo in era Covid 19. Posso affermare, anche se sono di parte, che l’ambiente ogni sei mesi massimo un anno i pazienti con ne del dolore, per gli interventi? una disarmonia dentale o mascellare predi- Oggi la gestione del dolore è assoluta, sia odontoiatrico è tra i più sicuri in assoluto. sposti a problematiche articolari, cervicalgie , cefalee muscolo-tensive. In questo caso attraverso l’elettromiografia, la registrazione computerizzata dei carichi occlusali “teethan” e l’ausilio degli scanner possiamo registrare le variazioni nel tempo addirittura puntiformi e valutare se il “sistema” bocca del paziente sta virando verso una possibile patologia gnato-posturale; proprio così non immaginiamo quanto la nostra bocca possa condizionare la postura. Infine ma forse tra le più importanti è la valutazione dello stato delle mucose , del parodonto o se preferite delle “gengive”. Le parodontopatie sono molto difpag. 4

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


Come è cambiato il suo modo di lavorare dopo il covid? All’inizio tutta la categoria di Medici ed odontoiatri si sono trovati a fronteggiare un nemico invisibile e sconosciuto, questo ci ha spiazzati ed ha portato ad un potenziamento delle misure precauzionali già elevate. Al posto dei camici monouso abbiamo utilizzato dei veri e propri “scafandri” ed al posto delle mascherine delle maschere antigas.; inoltre abbiamo potenziato i sistemi di aereazione ed aspirazione portando un’aspirazione supplementare per ogni poltrona odontoiatrica. Al posto degli occhiali visiere con protezioni laterali. Queste misure rimangono anche se ridimensionate laddove esagerate ad esempio ora usiamo una doppia mascherina chirurgica ed ffp2 o ffp3 visiera e camici monouso, ma le precauzioni ci sono ora come ci sono sempre state in passato quando i nemici erano i virus dell’epatite B C e HIV .Si è aggiunto il Covid 19 il più pericoloso perché ancora in parte sconosciuto, ma le cose continuano ad essere sotto controllo. La sua categoria, mi pare, è fra quelle a corsia preferenziale per i vaccini. Siete riusciti a vaccinarvi quindi nonostante i tanti problemi? Sì non solo siamo vaccinati ma anche tutto il personale lo è. Che regole per la sicurezza anticovid ha preso per il suo studio odontoiatrico? Le regole sono quelle ormai conosciute da tutti il contatto telefonico con il paziente con anamnesi a distanza .I pazienti accedono in studio con mascherina, disinfezione mani, copricalzari monouso, misurazione della temperatura all’ingresso e per i casi sospetti è stata allestita un’area in un appartamento contiguo dove vengono effettuati i tamponi rapidi. Due sale d’attesa in area chiusa per distanziare i pazienti, che vengono sottoposte a disinfezione con vapore caldo ogni ora ed un terrazzo all’aria aperta di 60mq attrezzato nelle belle giornate per avere una terza area di smistamento. Di pertinenza allo studio una quarta area aperta costituita dal parcheggio macchine per i pazienti in cui vengono trattenuti i pazienti e convocati in studio solo qualche minuto prima dell’appuntamento. Come già detto il riunito operativo è attrezzato con doppio sistema di aspirazione e cappe aspiranti una fissa ed una mobile da impiegare al bisogno. Le stanze

Lamezia e non solo

vengono areate tra un paziente e l’altro.

unico ed eccezionale a beneficio dei pazienti. Condividere cioè la mia esperienza con tutti i colleghi affinchè tutti potessero offrire ai propri pazienti interventi poco invasivi e predicibili. La mia vita professionale con questo ha avuto un senso più profondo, mi sembra di aver reso un servizio migliore per migliorare e portare beneficio a colui il quale dobbiamo garantire la salute : il paziente. L’idea è stata condivisa da autorevoli chirurghi, e da alcune università italiane : Cagliari, Aquila, Salerno, Napoli, Catanzaro ed una straniera Madrid.

Lei è stato anche premiato da Giovanni De Grazia, durante la serata “Lamezia premia se stessa” per la sua generosità durante questo periodo. Ce ne vuole parlare? Non c’è molto da dire, mi sono trovato come è mia abitudine , con una buona riserva di guanti e mascherine e le ho distribuite alle forze dell’ordine che ne erano prive ed a qualche esercizio commerciale gratuitamente. Se non avessi avuto questa disponibilità probabilmente avrei fatto ben poco a volte è solo questione di coincidenze. Si è avvalso della collaborazione di diversi dottori per la stesura definitiva, come è nata Cosa la gratifica di più del suo lavoro a livello questa collaborazione? umano? Cosa invece le risulta più pesante? Hanno collaborato con me i miei figli Elena e Mi gratifica vedere un viso triste e grigio che Gianmarco, il Dott. Alessandro Politelli che è grazie al mio lavoro acquista luce e gioia. Mi come un quarto figlio , l’anestesista Gianfranpiace pensare che in questo modo contribui- co Rocca , l’anestesista Dott. Michele Rubino sco a far star bene le persone. Non mi risulta che è come un fratello , per ultimo ma primo il pesante il lavoro ma quelle persone che no- prof. Amerigo Giudice dell’Università Magna nostante abbiano ricevuto molto da me danno Graecia di Catanzaro. La collaborazione nasce tutto per scontato. sempre per ragione di vicinanza e di interessi comuni e soprattutto quella con il Prof. GiudiLa gente continua ad avere paura del dentista, ce spero sia l’inizio di un nuovo percorso legacredo, un consiglio da dare a chi, appunto, non to ad un brevetto questa volta internazionale di va dal dentista “per paura”? un’impianto ancora più performante ed unico. Vedo la paura nel volto delle persone ogni giorno ininterrottamente, ma mi sforzo non Come trascorre il suo tempo libero? Sempre solo di fare del mio meglio nel lavoro, ma di che riesca a ritagliarsene! mettere a proprio agio il paziente, con il quale Ne ho davvero poco mi piace passeggiare in instauro un dialogo che a volte ci porta a di- giardino da solo, mi apre la mente o andare in scutere su cose lontane da quello che stiamo moto. facendo, così cerco di attuare manovre poco invasive e comunque tali che il paziente qua- Il suo rapporto con la politica? si non si accorge dell’operato. La cosa che mi Nessuno, provo un senso di ripugnanza per un piace di più infatti e quando il paziente mi dice mondo che offende l’intelligenza degli italia“ma ha finito davvero? “Allora capisco che ni. Gli italiani sono un popolo di artisti, geni, tutto è andato come voglio che vada. un popolo laborioso ed intelligente, non può essere rappresentato da una classe politica meCi vuole parlare del libro che ha scritto e che è diocre che ci opprime da decenni: è peggio di stato da poco pubblicato? una dittatura. La frase conclusiva del volume descrive meglio la cosa: “il testo è una sintesi della mia Fa qualche sport? esperienza chirurgico-implantare orientata Ad otto anni ho cominciato con il prof Ruffo a verso la minima invasività, nella convinzione fare scherma in seguito con il prof Colloca palche quanto più il nostro intervento sarà deli- la a volo e palla a canestro poi tennis, calcio, cato e dedicato, tanto più sarà accettato dal sci, penso di aver fatto quasi tutti gli sport ma paziente sia biologicamente che psicologica- ora mi dedico al tennis e fare un po’ di strada mente”. Nel libro sono racchiusi quindici anni in bicicletta ogni tanto, ma proprio ogni tanto. di ricerca personale, supportata da un brevetto italiano da me depositato di un nuovo impian- Ama leggere, magari ascoltando della buona to short “piccolo” che può musica? essere inserito in maniera Amo leggere anche se le mie letture sono depraticamente indolore e so- dicate spesso a testi specialistici. Mi piacciono prattutto in aree dove prima i classici ed i libri di fantascienza. Durante la non era possibile se non con lettura se sono all’aperto non ascolto nulla , se il ricorso a più interventi in un posto chiuso ascolto in sottofondo musichirurgici invasivi e tempi ca classica. di attesa lunghi e costi altrettanto dilatati. Chi sono i suoi autori o cantanti preferiti? I preferiti sono i cantautori italiani ma di ciaCome è nata l’idea di pub- scuno mi piace qualcosa non tutto e comunque blicare questo libro? la musica di ogni genere quasi per niente la L’idea è nata per condivide- musica rap con rare eccezioni, sono controcorre uno strumento che trovo rente, e la Heavy metal. GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 5


Commenti sul libro PROF. VINCENZO PIRAS Decano e direttore del Master in implantologia e della Scuola di Specializzazione in Ortodonzia dell’Università degli Studi di Cagliari.

“Ho avuto il piacere di leggere il libro scritto dal dott. Calabria, ho cercato di mettere da parte la stima per il professionista che conosco da tempo e che apprezzo per la serietà e la competenza per poter esprimere tutto ciò che una lettura attenta e critica mi avrebbe trasmesso. Devo rilevare una trattazione completa di tutti gli argomenti che interessano chi vuole dedicarsi alla materia, ho trovato interessante e molto didattica la scelta di ripercorrere con i capitoli che tratta- no l’anatomia e la fisiologia dell’osso tutti i passaggi che servono per un buon lavoro chirurgico e per una approfondita valutazione fisiopatologica. La classificazione e la trattazione dei materiali da innesto, esposti con intento chiaro e coinvolgente, che mi sembrano il core ed il prodotto caratterizzante del progetto Ho trovato molto interessante e ben esposta la parte generale sugli impianti e sulle tecniche chirurgiche, perché altamente esaustive e come tale da consigliarne la lettura agli studenti di Odontoiatria e a tutti i colleghi che vogliono approcciarsi all’implantologia. Per quanto riguarda in particolare l’impianto frutto della conoscenza e dell’ingegno di Ennio ho da fare due apprezzamenti: ha utilizzato le caratteristiche positive presenti in altre tipologie di impianti, applicando anche la geometria convergente di superficie, e la connessione conica pura (che è scelta una vincente). I tantissimi casi clinici presentati sono certamente di grande interesse e meriteranno una ulteriore focalizzazione mediata da follow up tra qualche anno. Questo sarà certamente di stimolo per una prossima pubblicazione che aspettiamo con interesse Pertanto ritengo questo lavoro molto valido, e, di particolare pregio è l’attenzione, riservata a quella categoria di pazienti che purtroppo sempre di più affolla i nostri studi e le nostre cliniche, quella del paziente ansioso.” PROF. LUDOVICO SBORDONE Professore Ordinario di Malattie Odontostomatologiche - Presidente CD Corso di pag. 6

Laurea Magistrale in Odontoiatria e Protesi Dentaria, Università degli Studi di Salerno.

“Sono lieto dell’invito ricevuto a presentare questo testo che affronta un argomento di estrema attualità ed in continua evoluzione. Il libro sviluppa il tema con completezza affrontando la biologia della tecnica, la terapia chirurgicoprotesica ed il trattamento pre e peri-operatorio. Interessante la esposizione dell’approccio multidisciplinare con particolare attenzione alla valutazione comparativa delle diverse tecniche che l’operatore può avere a disposizione. La iconografia, particolarmente ricca, è sempre curata ed esaustiva. Il testo scorre rapido ed ha la caratteristica di mantenere l’attenzione e l’interesse del lettore sempre vivi e lo guida, con dovizia di illustrazioni, nel percorso della implantologia dai principi di base, attraverso le più recenti acquisizioni fino ai futuribili nuovi scenari non immaginabili soltanto alcuni anni orsono. Evidente, nei casi clinici presentati, l’approccio personale ed appassionato dell’Autore. In conclusione un testo agile ed esauriente che può decisamente arricchire la preparazione clinica del lettore attento.” PROF. GIOVANNI FALISI DDS/PHD Università degli Studi dell’Aquila, autore di oltre 35 articoli internazionali; co-au- tore in tre libri di testo di odontoiatria; relatore nazionale e internazionale.

“Questo libro si colloca in una nuova filosofia della riabilitazione implanto supportata, mancava nella nostra libreria un testo che raccogliesse alcuni concetti sul trattamento GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

dei mascellari atrofici. Sapendo come alcune malattie orali, possano portare alla perdita dei denti e conseguentemente ad un’atrofia, conoscendo le molteplici alternative terapeutiche, la domanda su cosa fare quando l’atrofia è avanzata la risposta risulta alquanto impegnativa. Ma proprio quest’ultima situazione e quella di maggior riscontro nei nostri pazienti che poco si adattano alle protesi convenzionali. Nei casi in cui non sia possibile inserire impianti di lunghezza di 10 mm, comporta la necessità di eseguire interventi di chirurgia additiva non scevri di possibili complicanze, il tutto per poter inserire impianti di tipo standard. Ma il criterio che la durata di una riabilitazione abbia una prognosi lunga e favorevole, il concetto “più lungo è meglio” che fino ad ora è stato il diktat generale dovrebbe essere sostituito con il criterio di predicibilità. Nel libro questo viene completamente modificato adducendo in maniera esaustiva, sia concetti supportati dalla letteratura che da un follow up di tutto rispetto, superando così i luoghi comuni e soprattutto i limiti psicologici nei riguardi degli impianti corti. La saliente e decennale esperienza del Dott. Ennio Calabria permette anche al neofita di guardare all’implantologia come qualcosa di raggiungibile, soprattutto rivedere su un piano critico alcune ipotesi di trattamento che altrimenti non si sarebbero potute prendere in considerazione, accompagnandoci in un nuovo percorso della moderna implantologia. A volte è sufficiente saper cambiare prospettiva per vedere la luce (Dan Brown). La vita ti sorride quando conosci delle persone speciali! Grazie Ennio per averti conosciuto!” DOTT. GUERINO CASO Direttore accademico corsi post-grado Università Cattolica S. Antonio de Murcia “UCAM” - Spagna

“Ho conosciuto Ennio Calabria molti anni fa e, immediatamente, ho avuto la sensazione di avere di fronte non solo un professionista appassionato, esperto e preparato, ma uno che non si accontenta di ciò che offre lo stato dell’arte. Ha creduto fino in fondo nelle sue idee, le ha sviluppate e ne sta raccogliendo i Lamezia e non solo


diocesi Dal 1 maggio i quindici sabati della Madonna di Dipodi al santuario mariano diocesano di Feroleto Antico comunicato stampa S.

D. (Uff.com.sociali Diocesi Lamezia Terme)

E’ stato il vescovo Giuseppe Schillaci ad aprire sabato 1 maggio il ciclo dei quindici sabati della Madonna di Dipodi, in preparazione alla festa celebrata come ogni anno nel giorno della solennità dell’Assunzione. Tutti i sabati, fino al 15 agosto, alle ore 7 la recita del Santo Rosario e alle 7.30 la Santa Messa celebrata da diversi sacerdoti della diocesi lametina. Tema del cammino di preparazione di quest’anno, alcune figure di madri della Sacra Scrittura. “I quindici sabati della Madonna di Dipodi – dichiara il rettore del santuario diocesano don Antonio Astorino - sono l’itinerario, il cammino, la catechesi di una Chiesa che guarda e si prepara alla festa dell’Assunta. In questo tempo di pandemia, Maria indica suo Figlio come soluzione di una situazione di difficoltà. Il cammino della nostra vita non poche volte è segnato da difficoltà. Messi alla prova, cerchiamo, per quanto possibile, soluzioni di vario tipo. Ma non possiamo nasconderci che, di fronte alle grandi e drammatiche domande della vita, le soluzioni umane non reggono. Abbia-

frutti. In questa sua bellissima opera c’è una vita di impegno, di conoscenza e di sacrificio: la vita di Ennio Calabria.” PROF. ANTONIO LANZA Professore a c. di protesi presso Facoltà di Odontoiatria Università di Salerno

“Non ho mai avuto una grande fiducia negli impianti short. La verità è che ognuno di noi si forma seguendo una scuola, una filosofia e, molto spesso, raggiunta la propria zona di confort, persegue lungo la via tracciata senza deviazioni di percorso. La mia lunga esperienza nell’ambito dell’impronta digitale mi ha fatto toccare con mano questo modo di pensare comune a molti colleghi e, qualche anno fa, mi sono reso conto che, nell’ambito della chirurgia implantare, mi comportavo allo stesso modo: più lungo è l’impianto più sono al sicuro. Quando ho avuto il piacere, e la fortuna, di conoscere Josè Conte e la Maco, avevo iniziato a pormi delle domande sulla effettiva necessità di preferire sempre il “lungo”. È stato in quel periodo che ho conosciuto Ennio Calabria e, travolto dal suo entusiasmo, ho cominciato anch’io, pian pianino, a valutare l’impianto Lamezia e non solo

mo bisogno di Altro e in questi quindici sabati guarderemo a Maria e ad alcune madri presenti nella Sacra Scrittura, per non dimenticare quanto scrive San Francesco d’Assisi nella “Lettera a tutti i fedeli”, invitando i suoi contemporanei ad essere madri del Verbo, come Maria la “Vergine fatta Chiesa”: “siamo madri sue, quando lo portiamo nel cuore e nel nostro corpo con l’amore e con la pura coscienza, e lo generiamo attraverso sante opere che devono risplendere agli altri in esempio” (FF 200). Massimo Cacciari, nel libro “Generare Dio”, scrive che “in un certo modo, tutte le donne che accompagnano Gesù sono Maria”. L’ augurio a tutte le donne è quello di trovare in questi quindici sabati conforto e serenità e, ascoltando le riflessioni dei nostri sacerdoti che si succederanno di sabato in sabato, ogni donna possa trovare risposte alle proprie necessità. La Madonna di Dipodi protegga il nostro Vescovo che inizierà il ciclo dei quindici sabati e tutti noi suoi devoti. Buon cammino”

corto. Distaccandomi dalle mie consuetudini ho ascoltato il dott. Calabria e valutato tutte le sue considerazioni sulla biomeccanica, sul disegno delle superfici e sull’importanza delle connessioni. Le sue intuizioni sulla geometria del profilo, sulla connessione conica ma sopratutto aver perseguito l’idea di progettare un impianto che debba rispondere a delle sollecitazioni specifiche e non semplicemente, come nella maggior parte dei casi, realizzare la versione più corta di un classico impianto bone level. Ennio ha avuto la forza e la determinazione di portare avanti il suo progetto ma, mi preme dirlo, an- che la fortuna di aver trovato un’azienda di valore internazionale che ha messo al suo servizio il suo know how dandogli la possibilità di realizzare un prodotto, l’impianto IM Macon, che rappresenta la sintesi di tutte le migliori caratteristiche già conosciute arricchite di alcune felici ed uniche intuizioni che possiamo ritrovare solo in quest’impianto che rappresenterà, in futuro, uno dei prodotti vincenti della produzione Maco. Per avere successo bisogna innanzitutto credere in ciò che si fa, ed Ennio Calabria ne è la testimonianza vivente”. DOTT. MASSIMILIANO AMANTEA Medico Chirurgo Specialista in Chirurgia Maxillo-Facciale - Responsabile dell’U.O. di Day Surgery della Casa di Cura Calabrodental di Crotone - Direttore Sanitario del Marrelli Health s.r.l. di cui fanno parte Calabrodental e Marrelli Hospital - Svolge attività clinico-chirurgica con particolare riferimento alle attività di Chirurgia Maxillo-Facciale, Chirurgia avanzata dei mascellari, Chirurgia Preprotesica; Implantologia e Patologie dell’articolazione temporo-mandibolare.

“Caro Ennio, con grande affetto e ammirazio-

ne per la tua determinazione e grande capacità di Clinico e di Persona dalle grandi doti umane, ti comunico è per me un onore commentare il tuo bellissimo testo. Ho avuto modo di leggerlo e, seppur avendo fatto nella mia crescita professionale una importante esperienza nella rigenerativa dei mascellari a scopo impiantare, devo dire che un nuovo approccio alle riabilitazioni funzionali dei mascellari non può che passare per una chirurgia minimamente invasiva. Ci troviamo molto spesso difronte a condizioni di atrofie ossee in pazienti Odontofobici, “Fragili” dal punto di vista emotivo o sistemico o difronte pazienti che hanno già avuto fallimenti implantari per cui proporre soluzioni alternative con una minima invasività chirurgica e che consentono di ottenere un ottimo risultato funzionale ed estetico, cosi come tu splendidamente con questo testo mostri, è una strada non solo da percorrere, ma è un solco su cui indirizzare molti colleghi a tutto beneficio dei pazienti. Con stima ed affetto”.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 7


cultura

La Magna Grecia di François Lenormant Un libro per ripensare il nostro rapporto con la storia del territorio di Giovanna De Sensi Sestito

È uscito a gennaio di quest’anno, per i tipi di GrafichÉditore di Antonio Perri, una nuova versione italiana, a cura di Antonio Coltellaro, di quasi tutto il terzo volume de La Magna Grecia di François Lenormant, col sottotitolo Greci e Normanni nel Medio Tirreno Calabrese. Proprio questa moderna denominazione geografica del versante tirrenico da Nocera a Mileto copre l’ampia sezione riprodotta, che descrive il percorso fatto e i luoghi visitati dall’archeologo francese nel 1882, in quella che si sarebbe rivelata come l’ultima sua missione di studio in Italia. Nel primo volume aveva ripercorso e descritto il territorio tra Taranto e il Neto dando grande risalto alle tradizioni mitiche e storiche delle importanti città greche lungo quel tratto di costa ionica e descrivendone le vestigia; nel secondo aveva fatto altrettanto dando amplissimo spazio a Crotone proseguendo poi fino a Squillace e a Ca-

il famoso Charles Lenormant, archeologo e numismatico insigne sotto la cui guida s’era formato seguendolo anche nei vari viaggi in Oriente e in Grecia. Ad Atene il padre morì nel 1859 e il figlio vi rimase a dirigere per alcuni anni gli scavi di Eleusi, prima di andare in Egitto e altrove e ottenere nel 1874 la cattedra di archeologia alla Biblioteca Nazionale di Francia per le sue numerose e apprezzate pubblicazioni. L’anno successivo fondò la rivista scientifica Gazzette Archéologique assieme all’archeologo belga Jean De Witte, socio straniero dell’Accademia delle Scienze di Torino. Nel 1878 compì un primo viaggio di esplorazione complessiva nelle regioni meridionali, Puglia Basilicata e Calabria, accomunate nella denominazione classica di Magna Grecia, col beneplacito del Ministero della Pubblica Istruzione del Regno d’Italia e il sostegno concreto di Giu-

stico e numismatico, visitava per ragioni di studio queste regioni e la Calabria in particolare, diventata finalmente accessibile attraverso il sistema ferroviario, al riparo da lunghi e disagevoli viaggi su carrozze o cavalcature e da possibili agguati di briganti, di cui si erano sempre lamentati i viaggiatori stranieri del Settecento e del primo Ottocento. Lenormant stesso dava atto di ciò al Fiorelli nella lettera del 1881 con cui gli dedicava i primi due volumi dell’opera con le sue riflessioni sulle ricerche svolte nel viaggio del 1878, in segno di doveroso ringraziamento per tutte le agevolazioni e le lettere di presentazione ai funzionari e agli ispettori onorari locali con le quali gli aveva reso possibile realizzare le sue ricognizioni in breve tempo e col massimo di profitto. Duole constatare che, ad un secolo e mezzo di distanza sia ancora vera l’osservazione che faceva Lenormant in quella

tanzaro. Aveva in programma di tornare ancora, per descrivere l’ultimo tratto della costa ionica della Calabria, da Squillace fino allo Stretto, se la morte non lo avesse colto qualche mese più tardi ad appena quarantasei anni. Era stato in Italia la prima volta nel 1856, poco più che ventenne, assieme al padre,

seppe Fiorelli, che era stato l’archeologo di punta della Napoli borbonica, ed era a quel tempo Senatore del Regno d’Italia e Direttore generale dei Musei e degli Scavi di antichità. Era la prima volta che un archeologo di professione, di formazione positivistica, di vastissima cultura e dotato di competenze anche in campo lingui-

lettera al Fiorelli: «…questa esplorazione era una specie di viaggio di nuove scoperte; perché voi sapete meglio di chiunque altro quanto pochi dotti abbiano fin qui percorso la Magna Grecia, ancora oggi infinitamente meno visitata e meno conosciuta della Grecia e dell’Asia Minore». Si augurava, anzi, che il suo libro contri-

pag. 8

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


PARTE I NICASTRO nicastro

“Quando cala la notte e tutto l’antico quartiere di S. Teodoro si addormenta, le fate escono dalle loro grotte di cui sono piene le sponde del torrente Canne e si aggirano intorno ai ruderi del castello e tra gli stretti vicoli, percorrendo poi il corso del torrente per raccogliere fiori, bacche e miele”. 11

buisse «a moltiplicare il numero dei viaggiatori in una delle più ammirabilmente pittoresche e delle più interessanti contrade d’Europa meridionale». Lenormant non cercava solo il pittoresco, come i dotti viaggiatori precedenti, anche se ne sentiva il fascino e non esitava a riproporlo (anche per paesaggi non visti direttamente!), e ciò rende la sua scrittura particolarmente gradevole, come non manca di segnalare nella prefazione al libro Vittoria Butera. S’era reso conto che «la geografia storica e comparativa […] dovesse essere interamente riveduta» per liberarla dalle fantasie erudite degli scrittori del Rinascimento, quali il Barrio e il Marafioti, e aveva perciò ripreso «ab ovo quasi tutte le questioni di topografia e di geografia antica della Magna Grecia, ed a proporne in molti casi delle nuove soluzioni». L’altro aspetto, che rivendicava come un risultato importante e innovativo delle sue ricerche, è la nuova ellenizzazione della regione in età bizantina, del tutto trascurata fino ad allora, in cui ravvisava uno dei risultati più importanti dei suoi studi. Ma non si fermava lì. Il suo racconto informato - per i siti che lo consentissero - si estendeva inoltre dalla presenza normanna e sveva giù giù sino alle rivolte antiborboniche, alle riforme napoleoniche e al governo di Gioacchino Murat, al brigantaggio, finendo per restituire al lettore anche uno sguardo ‘contemporaneo’ sulle condizioni economiche e sociali delle città visitate. I tre volumi del Lenormant si imposero subito come una pietra miliare, un’opera imprescindibile, non priva di inesattezze e di qualche abbaglio, ma da conoscere Lamezia e non solo

ed eventualmente da confutare per tutte le ricerche posteriori, a cominciare da quelle di Paolo Orsi, che fondò la Soprintendenza in Calabria dopo il terremoto di Reggio del 1908 e ripercorse da un capo all’altro della regione i siti descritti dal Lenorman, con ricognizioni e campagne di scavo che hanno dato inizio e solidissimo fondamento alla ricerca archeologica in Calabria. La prima traduzione italiana dell’opera fu fatta nel 1931 dal marchese Antonio Lucifero di Crotone, appassionato egli stesso di patrie antichità, che lo aveva ospitato, accompagnato nelle ricognizioni nel territorio e al promontorio di Capo Colonna e gli aveva mostrato quanto raccolto dai contadini nelle sue terre (primo nucleo del futuro Museo Archeologico). Una seconda edizione rivista e corredata da qualche annotazione è stata pubblicata nel 1976 a cura del figlio, Armando Lucifero, con prefazione di Giovanni Pugliese Carratelli. Nonostante ciò, secolari e inveterate convinzioni di eruditi locali non cessarono per questo di essere riproposte, a dispetto delle dure requisitorie lanciate dal Lenormant e dello sviluppo delle ricerche scientifiche che hanno finito in molti casi per dargli ragione. Anche da questo punto di vista l’opera complessiva conserva tutto il suo valore storico nel riflettere un approccio nuovo nell’orizzonte culturale del tempo, nelle intenzioni scevro da dilettantismo e da gusto puramente antiquario. Il merito di Antonio Coltellaro, non nuovo a traduzione in italiano di testi francesi, oltre che autore di pregevoli ricerche su temi calabresi, è quello di offrire, in questo volumetto agile, con una traduzione più fluente e aderente al testo, la descrizione vivace e godibile del territorio fatta da Lenormant, partendo da Catanzaro, dei centri di Tiriolo, Marcellinara, Nicastro, Sambiase e Nocera, e poi, scendendo lungo la costa, di Pizzo, Monteleone e Mileto, per ciascuno dei quali si sofferma sulle peculiarità archeologiche, storiche, antropologiche di maggior rilievo ai suoi occhi. Non volendo togliere al lettore il piacere della lettura diretta anticipandone i contenuti, mi limito a sottolineare che, a parte l’importante questione topografica relativa all’ubicazione di Terina e di Temesa, che ebbe il merito di impostare per primo in termini sostanzialmente corretti, l’interesse prevalente di Lenormant si incentrava, per Nicastro, sulla sua precoce e decisa opposizione al regime borbonico; per Pizzo sulla sua centralità nelle vicende di Gioacchino Murat; per Monteleone sul già noto valore dei reperti archeologici dell’antica Ipponio recuperati da Ettore

Capialbi e pubblicati da lui e da Teodoro Mommsen, (col rammarico di non avervi potuto avere accesso), e sulla ricca raccolta della famiglia Cordopatri (ora tutti nel Museo archeologico di Vibo); per Mileto sull’importanza delle memorie e delle architetture normanne. Bisogna essere grati ad Antonio Coltellaro e alla Famiglia Perri per questa iniziativa editoriale. Nel volume ritroviamo un territorio che è sotto i nostri occhi, ma di esso ci restituisce la memoria di com’era tanto tempo fa, invitandoci a riscoprirlo per come lui l’ha visto e per come è, a cogliere lo scarto tra i costumi di allora e la modernizzazione intervenuta, tra quanto era allora noto e visibile dei resti archeologici e architettonici e quanto di più oggi sappiamo e possiamo vedere di essi nei musei, nei parchi archeologici o attraverso gli studi specifici. Possiamo valutare quanto la ricerca storica e archeologica ha consentito di conoscere meglio sul piano scientifico, ma anche quanto cammino siamo riusciti a fare, in quasi un secolo e mezzo, in termini di consapevolezza storica diffusa nelle nostre popolazioni del passato più o meno lontano e in termini di capacità di riconoscere e valorizzarne le testimonianze. Possiamo insomma, interrogarci se abbiamo fatto abbastanza… e prendere l’impegno a fare molto, molto di più. Solo così si potrà anche realizzare l’obiettivo che Lenormant si era posto, di attirare nella regione numerosi visitatori colti e interessati alla sua storia oltre che ai suoi paesaggi pittoreschi.

PARTE III

PIZZO parte iii - capitolo i - pizzo

Cara Carolina del mio cuore, l’ora fatale è arrivata, morirò con l’ultimo dei supplizi. Fra un’ora tu non avrai più marito e i nostri figli non avranno più padre. Ricordatevi di me e tenetemi sempre nella vostra memoria. Muoio innocente e la vita mi è tolta da una sentenza ingiusta. (Joachim Murat - La vera storia della morte violenta del Re di Napoli - Vincenzo Villella - Grafichéditore 2019)

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

79

pag. 9


scuola

Ricordando Rosanna Cataudo di Anna Rosa Il liceo Galilei piange la scomparsa della docente e avvocato, Rosanna Cataudo. Per quanto se ne conoscessero le ormai precarie condizioni di salute, la comunità scolastica intera, alla triste notizia, non può che provare sgomento, tristezza infinità e, perchè no, anche una certa rabbia, poco cristiana, forse, ma giustificata dal profondo amore che tutti nutrivano per lei. Sempre gioiosa, sempre disponibile con tutti, svolgeva quotidianamente il suo lavoro con senso del dovere, con spirito di abnegazione, con amore verso gli alunni . Non faceva mai trapelare le sofferenze a cui un maledetto male la sottoponeva ormai da anni. Anzi, il sorriso e la disponibilità verso gli altri, accompagnavano ogni suo gesto. Giunta presso il Liceo nel 2006? ....le veniva assegnata la cattedra di Diritto, disciplina di potenziamento, che, grazie al suo carisma e professionalità, incontrava favore crescente non solo tra gli alunni frequentanti, ma anche nelle scelte dei futuri alunni dell’Istituto. Evidenziatasi, sin da subito, per le sue capacità relazionali, nonchè per quelle professionali, il Collegio dei docenti le assegnava l’incarico di Referente per la Legalità e Referente per le attività di prevenzione e contrasto al bullismo e cyberbullismo. Compito svolto sempre con cura, ma soprattutto per amore degli studenti, per i quali riusciva ad organizzare eventi di straordinaria importanza per la loro formazione didattico-educativa. Diverse sono state le occasioni, dentro e fuori le pareti scolastiche, che hanno visto la docente guidare i suoi alunni in importanti percorsi di crescita. Frequenti sono stati gli incontri, con i massimi esponenti della lotta alle mafie , affinché da voci autorevoli, gli studenti capissero, cosa significhi, veramente, combattere la delinquenza organizzata , laddove le organizzazioni mafiose prendono il sopravvento, sostituendosi allo Stato. E in questo percorso di Educazione alla legalità, in occasione della giornata della memoria del 23 Maggio 2018, in cui si ricorda il sacrificio degli uomini dello Stato morti nella lotta contro le mafia, gli studenti hanno trovato in lei una guida autorevole partecipando all’evento della “Nave della legalità”. Tutti quegli studenti che hanno avuto il privilegio di incontrarla nel loro percorso liceale, non potranno, quindi, non avvertire la mancanza della loro docente, così presente nella crescita del loro bagaglio educativo e culturale . Spinto da profondo e inalterabile affetto e per dare l’ultimo saluto alla amata Rosanna, il Liceo, con una messa celebrata dal Vescovo, Sua Eminenza Giuseppe Schillaci, presso la Chiesa Matrice di Sambiase, si è stretta, al dolore dell’ intera famiglia e soprattutto alle due splendide figlie, su cui si riverserà l’amore provato per la loro splendida madre. Sentimenti di dolore e amore profondo per la cara professoressa Rosanna traspaiono nelle parole di tutta la comunità scolastica.

“Sin da piccoli ci hanno insegnato il bene e il male, la gioia e il dolore. ma quest’ultimo non lo si capisce fino in fondo se non lo si prova veramente. Cara professoressa Rosanna, è quello che accade a noi tutti , riuniti qui stasera per un momento di preghiera nel ricordo di una persona splendida, da cui il Signore ha voluto ci separassimo. La scuola,la Tua scuola che hai sempre inondato con la tua bellezza, col tuo sorriso, la tua gioia di vivere, piange la tua prematura morte,che ti ha strappato dalle braccia della tua splendida famiglia, ma anche di tutti coloro che ti hanno amata. Del resto, non era poi così difficile amarti. Bastava starti vicino, parlare con te, condividere momenti di lezione , mai noiosi, sempre così interessanti, accattivanti, perchè fare un’ora di lezione con te significava soprattutto crescere. E ognuno di noi ha a mente non solo le tue dissertazioni di Diritto, ma anche le tue lezioni di vita, quando ricorrevamo a te, alla tua onestà intellettiva, in caso bisognassimo di un suggerimento, di un consiglio. E tu, sempre amabilmente, ma con l’autorevolezza che ti apparteneva e da cui eravamo affascinati, hai sempre trovato le parole giuste per aiutarci, ma anche farci riflettere su errori da noi commessi. Di te ci mancherà proprio tutto questo. Tutta la comunità scolastica del Galilei piange al pensiero che non sarai più con noi: la scuola non potrà più avere al suo interno, una docente che col suo agire la impreziosiva quotidianamente. Ma sappiamo che ,anche se fisicamente non sarai con noi, la tua presenza accompagnerà la nostra vita scolastica e ogni volta che faremo il tuo nome e penseremo a te, sono certa che tu vuoi lo si faccia con un sorriso, quello tuo, quello bello, generoso che rimarrà stampato nei nostri cuori per sempre. Per noi tutti ti sei allontanata solo fisicamente, ma nulla cancellerà in ognuno di noi il ricordo di una persona straordinariamente bella, quale tu sei stata. Grazie per tutto ciò che ci hai regalato in vita, sappiamo che sarai sempre al fianco de lle tue bambine e chiedi al Signore di dare la forza alla tua famiglia e a tutti coloro che hanno avuto il privilegio di conoscerti, di sopportare un così immenso dolore.” (GLI STUDENTI E LE STUDENTESSE)

“Cara Rosanna, meravigliosa collega, da tutti profondamente amata. E’ veramente difficile per noi, che abbiamo avuto il privilegio di lavorare con te, accettare la tua prematura e insopportabile scomparsa. Vivo è il ricordo del tuo arrivo nel nostro liceo, quando con la leggiadria che ti apparteneva, ti facesti notare per la capacità di relazionarti con tutti noi, con il sorriso sempre stampag. 10

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


Aspettando la sera

Sulla famiglia e società Al tempo del Covid 19

Non è certo tempo di bilanci essendo ancora troppo convolti nella pandemia anche a causa della globalizzazione, che ci tiene tutti connessi nello spazio e nel tempo. E’ comunque tempo di iniziare a valutare a quali risorse attingere, e quindi potenziare, se vogliamo essere veramente resilienti. A mio parere l’istituzione che più di tutte ha retto e ci ha salvato in questo particolare momento storico è stata la famiglia e deve continuare ad essere la famiglia. Perché? Che cosa è la famiglia? La “ Familiaris consortio”, l’Esortazione Apostolica di Giovanni Paolo II, la definisce “Intima comunità di vita e di amore”. Per la Psicologia sociale è il più piccolo “sistema vivente ” in continuo divenire, che garantisce la trasmissione della vita da una generazione all’altra e la cultura per la sua tutela. “Cellula della società”, elemento costitutivo primo della società stessa, come la cellula per il corpo umano. “Restare a casa” per evitare il contagio, imposto con la forza cogente del diritto, è stata la sfida più forte che la famiglia potesse accogliere ed affrontare in questa particolare pericolo collettivo. E ha dovuto rispondere, volente o nolente, con tutte le sue energie, con le sue regole e creandone di nuove, con le sue virtù, prima fra tutte la pazienza, con la sua organizzazione e riorganizzazione continua, con la sua forza di coesione, di creatività e di rigenerazione. Qualche famiglia. certamente per la presenza di fragilità al suo pato sul tuo bellissimo viso. Nulla del tuo comportamento, sempre volto alla solarità, faceva presagire il grande fardello che portavi. E anche quando ci hai partecipato della tua terribile malattia, lo hai fatto infondendo in noi quella serenità ,necessaria, a tuo stesso dire, nell’affrontare le grandi difficoltà che la vita ci riserva. Sei stata per noi maestra di vita, per la dignità con la quale affrontavi ogni giornata lavorativa e chi ti conosceva bene, ne comprendeva anche i tuoi grandi sforzi fisici, quando con estrema fatica e soffe-

Lamezia e non solo

di Angela De Sensi Frontera

interno, non ha retto alla sfida e ha ceduto. Ma ha chiesto aiuto, continua a chiedere aiuto alle istituzioni competenti, e ha affrontato la crisi anche in piena pandemia. E non si è arresa. Cosa rende così forte la famiglia rispetto alle altre istituzioni sociali? L’amore che circola all’interno di essa e fra le diverse generazioni; la sua missione: il servizio alla vita. Quando la famiglia, divenendo ciò che è, comunità di vita e di amore, è chiamata dall’emergenza non solo a trasmettere la vita, ma a salvaguardarla, diventa un baluardo, una potenza straordinaria, un punto di forza per la società tutta. E’ così è stato in questa pandemia, in particolare il riconoscimento va alla famiglia italiana, che è stata educata dalla Chiesa Cattolica all’amore. Da sottolineare “L’amoris laetitia” di Papa Francesco. La famiglia è un sistema autopoietico, auto generativo, capace di mettere le proprie energie e competenze per la crescita dei figli, per la loro educazione, per la crescita della coppia genitoriale, per la cura e l’investimento nei legami sociali. Si parla di generatività familiare, che deve essere alimentata dalla circolarità dell’amore. (Sul sistema autopoietico vedi: Maturana Humberto e Verela Francisco , “L’albero della conoscenza”, Garzanti 1987). In questo particolare momento di tragedia collettiva la famiglia ha saputo stare al passo con l’evolversi degli eventi, a mettersi in relazione propositiva e in modo funzionale con le altre agenzie educative, la scuola in particolare, aggiornandosi con i sistemi informatici, e in particolare con la Sanità, sapendo anche attendere e soffrire in silenzio, riorganizzandosi continuamente e rispettando tempi e priorità. Il governo deve prendere atto di queste enormi potenzialità che rappresenta la famiglia ed investire su di essa proteggendola e promuovendola; è possibile così accogliere l’appello di papa Francesco di aiutare le famiglie a percorrere il cammino di “graduale sviluppo della capacità di amare”, il cammino dell’ “amoris laetitia”.

renza non volevi mancare ai tuoi impegni con gli studenti che hai amato e che ti hanno amata. Dicevi che eri spinta, non solo dal grande amore per il tuo lavoro, anche dalla necessità di sentirti viva, attraverso di esso. E con questo spirito anche di abnegazione, hai contribuito alla crescita formativa del nostro Liceo, dei nostri studenti, occupandoti di legalità, promuevendo tanti incontri in cui emergevano anche le doti di grande e stimato avvocato quale eri. E al nostro avvocato, come ci piaceva chiamarti, ricorrevamo nei momenti di bisogno, certi di trovare sempre in te una risposta onesta a tutte le nostre richieste. Ma non sarà solo l’insegnante, l’avvocato che ci mancherà. Sarà il volto di una donna, esempio di forza e generosità che tanto avrebbe potuto ancora darci. Ci hai fatto dono della presenza delle tue meravigliose figlie, che, alunne di questa scuola saranno da noi tutti protette e seguite. E’ una promessa che, cara Rosanna, hai voluto che noi ti facessimo, quando ci hai detto “vi affido le mie figlie”. Attraverso loro, noi continueremo ad amarti, e sentirti sempre viva tra di noi.” (LA DIRIGENTE SCOLASTICA, IL CORPO DOCENTE E IL PERSONALE ATA)

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 11


Sport

AMARCORD

L’ex allenatore biancoverde ha rischiato la vita alle prese col Covid RIGOLI: “ALLA VIGOR ESONERO INSPIEGABILE. CHISSA’ UN GIORNO FINIRO’ QUEL LAVORO LASCIATO A META’…” Reduce dalla battaglia vinta col tremendo Covid, il tecnico siciliano a cuore aperto induce alla riflessione al di là dei meri aspetti sportivi di Rinaldo Critelli Quella che vi stiamo per raccontare non è una semplice storia di sport. E’ storia di vita. Di vittoria della vita. Di forza del bene sul male. 20 gennaio, 10 febbraio, 18 febbraio. Due date, le prime, che Pino Rigoli non dimenticherà facilmente. La terza, da persona perbene e superiore, l’ha già invece archiviata. Senza rancore. Nella prima data scopre di essere positivo al Covid. Nella seconda esce dal pericolo di vita. Nella terza viene esonerato, ancora in Ospedale, da allenatore dell’Fc Messina. Ovviamente vi racconteremo pure dell’annata 2009-10 con Rigoli allenatore di quell’ambiziosa Vigor Lamezia in D. Non possiamo non partire però dal dramma vissuto dal tecnico di Raccuja, in un’intervista che conserveremo sempre con noi, da cui trarre forza e coraggio! Sempre!

Mister Rigoli come si è accorto di avere il Covid? “A Messina facevamo i tamponi settimanali: il 20 gennaio risulto negativo, al contrario di 4 nostri calciatori. La notte però avverto sintomi di freddo e pensavo ad un raffreddamento, invece dal tampone successivo divento positivo. Faccio 10 giorni di isolamento in albergo, ma la situazione peggiora. Mi portano al Policlinico di Messina che sentenzia: polmonite bilaterale interstiziale”. Ha temuto il peggio? “Stavo male ma non me ne accorgevo più di tanto. E’ stata la mia famiglia a temere perché i medici l’hanno chiamata dicendole di prepararsi al peggio. Io ero cosciente, capivo di star male perché non mi facevano alzare dal letto e per 3 giorni sono stato con il casco dell’ossigeno. Quello è stato il momento più difficile. Poi c’è stato tutto il post con 20 giorni in ospedale, con la speranza di migliorare e vedere che la malattia stava regredendo”. Quindi il Policlinico di Messina le ha salvato la vita, si ricorderà sempre quei medici ed infermieri… “Assolutamente sì, li ho già ringraziarti pubblicamente, sono state persone straordinarie”. In tutta questa ‘tragedia’ anche il brutto e incredibile esonero: pag. 12

come l’ha appreso? “Mi hanno chiamato dopo la sconfitta ad Acireale (persa 2-1 – ndr), dicendomi che la società aveva deciso di fare altro. Io non c’ero da cinque partite (in panca il vice Criaco – ndr), ma è un tasto che non voglio toccare. Certo mi ha sorpreso, non mi aspettavo tante cose, non solo questo”. Dopo questa sua esperienza di vita vera, cosa direbbe ai negazionisti? “Di accertarsi prima di negare tutto, perché io e la mia famiglia l’abbiamo vissuta in modo drammatico. Non posso elencare e ringraziare tutte le persone che hanno pregato per me, chiamandomi e dimostrandomi vicinanza. Io ho vissuto non solo la mia esperienza, ma anche quella di tante altre persone in ospedale che stavano malissimo. E dei miei amici di Belpasso che non ce l’hanno fatta. I negazionisti parlano perché quando non ti capita personalmente sei portato a dire che il Covid non esiste, ma purtroppo non è così”. C’è un santo particolare a cui ha rivolto le sue preghiere? “In quei momenti pensavo alla mia famiglia, loro e tutti miei amici hanno pregato per me. Personalmente sono fedele a Padre Pio”. E’ stata la sua partita più difficile e l’ha vinta? “Sì, non avevo mai sofferto se non un menisco ed un’appendice a 23 anni. Non ero mai stato in un ospedale né in un’ambulanza, è davvero stata la partita più difficile”. Passiamo al calcio giocato. Stagione 2009-10: Rigoli approda all’ambiziosa Vigor Lamezia. Alla 14/a giornata dopo il pareggio (1-1) con l’Hinterreggio l’esonero, con 28 punti in 14 gare. Poi Giacomarro, 6 punti in 5 gare. Quindi torna Rigoli, 16 punti in 11 gare. Ultime 4 gare affidate a Gigi Marulla. Mister Rigoli perché quell’esonero a inizio dicembre? “Non so, ed eravamo a tre punti dal Milano (31) capolista. Ero arrivato a Lamezia con tanto entusiasmo, lo stesso anche da parte della società. In verità era stata costruita una squadra non proprio

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


in linea su quello che avevo chiesto: compassata a centrocampo e lenta. Certo davanti avevamo costruito qualcosa di importante con Madonia, Chiricò, Cosa, Lattanzio, oltre a Mangiapane, Lio, Cordiano. L’esonero è stato magari dettato dalla troppa voglia della società di voler tornare subito nel professionismo, perché l’anno prima si era retrocessi e poi si era costruita una squadra importante. A me aveva chiamato Danilo Pagni, solo che lui non era presente perchè impegnato anche a Taranto, mentre alla Vigor c’era Maglia che gestiva un po’ tutto ma era alle prime esperienze. Secondo me è andato troppo dietro ai calciatori, facendosi condizionare. Ricordo che in quel periodo si mettevano in discussione Chiricò e Madonia, tanto è vero che dopo il mio esonerò mandarono via Madonia, poi arrivato in Serie B”. Ci dica un giocatore promettente di quella Vigor? “Intanto la squadra era una macchina da gol, mancavano 2-3 cose da sistemare e sarebbe diventata imbattibile. Direi sicuramente Chiricò: prendemmo un giovane sconosciuto, poi arrivato alle soglie della B e poteva farla ad alti livelli. Invece qualche gestione o sua decisione sbagliata non l’hanno portato a giocare in Serie A. Quell’anno mi chiamò l’allenatore Drago del Crotone in B ma Chiricò scelse di andare a Latina ascoltando il suo procuratore, e fece male. Al contrario chissà, forse oggi sarebbe in A perché ne aveva le qualità”. Ricordo un Modica-Vigor nell’anno di Boccolini e Castillo, con lei allenatore del Modica che destò un’ottima impressione… “Giocavamo bene. Ho lavorato 4 anni lì ed alla fine arrivò la promozione in C. Quell’anno era il terzo quando poi la Vigor vinse i play off, mentre salì direttamente il Rende. Ricordo un Lamezia fortissimo ma noi l’abbiamo messo in difficoltà: la differenza la fecero Castillo, Tortora e tutti gli altri”. Dopo Lamezia, anche panchine importanti di C per lei? “Molto dopo. Intanto tornai in D. Lamezia doveva essere l’anno della consacrazione per me ed invece quelle scelte si rivelarono infelici, anche per mie responsabilità anche se alla fine brucia perché eravamo solo a tre punti dalla prima. Cambiarono allenatore ma dopo 5 giornate mi richiamarono perché il mio sostituto aveva pareggiato quasi sempre in casa, io invece le avevo vinte tutte al D’Ippolito. Sul finire fui esonerato di nuovo perché sono successe cose che è meglio non dire, ma non riferite alla società che, anzi, nella persona dell’avv. Mascaro si è sempre comportata correttamente ed in modo eccelso. Certo sulla gestione sportiva le cose non sono andate come mi aspettavo”. Quindi esperienze con Catania, Sicula Leonzio e Viterbese in C. “Si, prima un anno fermo per la morte di mio padre, poi sono ripartito dall’Eccellenza: prima a Ragusa con record ancora attuale di punti (84 su 90) andando in D. E poi Agrigento, vincendo il campionato, facendo la finale play off nazionale con la Correg-

gese, che se avessimo avuto disponibile il campo saremmo saliti in C. Poi parentesi ad Agropoli e ritorno ad Agrigento salvando la squadra in C. Quindi Catania, Leonzio, Rende e Viterbese, qui poche gare ma soprattutto la prestigiosa vittoria della Coppa Italia in finale contro il Monza di Galliani e Berlusconi. Devo ringraziare sempre il ds Danilo Pagni che mi chiamò anche a Viterbo, dopo Lamezia: c’è una stima reciproca”. Del pubblico lametino cosa ricorda? “L’ho sempre paragonato a quello del Catania, grande passione e calore. I tifosi vivevano la squadra per tutta la settimana. Ero venuto al D’Ippolito da avversario vedendo il campo strapieno, mi auguro che a Lamezia si possano rivivere quei momenti perché alla fine ho tanti amici da voi e vengo appena posso. Fino all’altra sera mi sono sentito con Angelo Sorace, so che collabora con la Vigor e mi fa piacere che gente seria come lui ed il dg Martino stanno cercando di riportare Lamezia dove merita, oggi meriterebbe un posto tra i professionisti”. Quanto merito c’è nella scelta degli allenatori nel calcio attuale? “Ad alti livelli tanto. In C e mezza serie B non è per meritocrazia che si va avanti”. Se la vorrebbe giocare lei una carta in B? “E’ sempre stato il sogno allenare in B. Col Catania ci ero andato vicino ma anche lì ci sono state problematiche che ancora oggi si portano dietro”. C’è una sua foto su FB con i vari Cannavaro, Crespo, Oddo, Stramaccioni, Galli. Immagino a Coverciano? “Sì: esperienza bellissima: a parte la formazione ed il confronto con questi campioni, questi sono dotati di grandissima umiltà. Tanto che alla fine abbiamo stretto amicizia con Cannavaro, Grosso Inzaghi e altri. Oltre ad essere stati Campioni del Mondo sul campo gli ho detto che lo sono anche fuori, ancora oggi ci sentiamo e mostrano tanta disponibilità. Consentimi un’ultima cosa…”. Prego… “Un saluto a tutto il popolo della Vigor, io so che c’è una società che ha le idee chiare e mi auguro che la Vigor possa ritornare più forte di prima, senza avventurieri”. E speriamo che lei un giorno possa tornare e portare a termine quel lavoro… “Con grande piacere”. Un abbraccio mister Rigoli! * pubblicate Castillo, Galetti, Sinopoli, Gigliotti, Scardamaglia, Sestito, Forte, Lucchino, Rogazzo, Ammirata, Samele, Sorace. continua…

Lamezia e non solo

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 13


società

1 Maggio: non esistono attività “non essenziali” di Salvatore D’Elia

Sospese tutte le “attività non essenziali”. Da un anno abbiamo familiarizzato, volenti o nolenti, con moti di protesta o con stanca rassegnazione, con questa espressione strettamente correlata a chiusure, lockdown, zone rosse. Esistono delle attività essenziali, alle quali giustamente è stata sempre garantita la possibilità di esercitare, ed attività “non essenziali”. Eppure le stesse attività essenziali, per “vivere”, hanno bisogno delle cd attività “non essenziali”. Un esempio lampante, estendibile, ci viene proprio dalla tipografia che consente di stampare questo giornale ogni mese, che non si è fermata neppure un istante in oltre un anno di emergenza sanitaria. Una tipografia può lavorare se c’è qualcosa da pubblicizzare e promuovere, dagli eventi culturali alle iniziative commerciali; in altri termini, se c’è un certo dinamismo della vita culturale, sociale ed economica. Altrimenti le macchine restano ferme, fanno l’ordinario mentre la spada di Damocle di un futuro incerto incombe su titolari e dipendenti. Torniamo allora alle attività “non essenziali” per cercare di capire, per effetto di un circuito vizioso, l’impatto sulle attività “essenziali”. Secondo un’indagine dell’Osservatorio di Impresa Cultura Italia-Confcommercio, in collaborazione con Swg, sui consumi culturali degli italiani nel 2020, il Covid-19 i consumi di beni e servizi culturali si sono dimezzati (-47%) passando da 113 euro di spesa media mensile per famiglia di dicembre 2019 a circa 60 euro a dicembre 2020. In Italia, con un calo medio dell’occupazione del 2,9 %nell’intero settore dei servizi, il settore culturale ha perso il 10,5 % delle posizioni lavorative. Le ore lavorate sono diminuite del 14,9 %contro un -8,9 % nei servizi. Si tratta del peggior calo registrato, dietro a quello del settore turistico. L’impatto sull’occupazione è senz’altro maggiore se consideriamo l’altissima percentuale di lavoratori autonomi presenti nel settore culturale e che, come dimostrano i dati Istat sull’occupazione totale, sono tra le tipologie più colpite (-2,58 % per gli autonomi contro un -0,03 %tra febbraio e ottobre tra i permanenti, senz’altro anche per effetto del divieto di licenziamento introdotto dal governo). La sospensione degli eventi e delle manifestazioni culturali ha impattato direttamente sulla condizione già precaria dei lavoratori dello spettacolo, quel grande popolo pag. 14

“dietro le quinte” che nelle scorse settimane ha manifestato con i bauli neri nelle grandi piazze italiane. Lavoratori, già precari prima, nella più totale incertezza sul presente e sul futuro oggi. Guardando al contesto europeo, secondo studio condotto da Ernst & Young per conto dello European Group of Societies of Authors and Composers (GESAC), emerge come l’arte sia stata letteralmente devastata dalla pandemia, con perdite fino al 90% per lo spettacolo e fino al 76% per la musica. Perdite che ovviamente sono calcolate al netto delle dirette conseguenze sull’indotto, dalla ristorazione alle strutture ricettive, con perdite occupazionali drammatiche proprio tra quelle categorie di lavoratori più precarie. Andiamo a un’altra attività “non essenziale”, o meglio, così più volte etichettata nell’ultimo anno. Secondo un’indagine realizzata da IFO International Fitness Observatory, la perdita economica del settore delle palestre ammonta a 2 miliardi di euro con oltre 200 mila professionisti ritrovatisi da un giorno all’altro senza un lavoro stabile. Anche in questo caso, si tratta di professionisti in larga parte precari e tutelati solo da forme di sostegno introdotte ad hoc per l’emergenza pandemica (ristori e sostegni). La separazione tra attività “essenziali” e “non essenziali”, tra garantiti, meno garantiti e non garantiti per nulla, è uno degli aspetti più deprimenti dell’emergenza sociale ed economica collegata alla pandemia. Non c’è attività “non essenziale” per chi vive di quell’attività professionale: questo è un dato assodatato e impossibile da non condividere. Al tempo stesso non c’è un’ attività che possa definirsi non essenziale per la comunità in senso lato: sul piano strettamente economico, perché ogni attività economica ha un indotto produttivo ad essa connesso; sul piano esistenziale e sociale, perché non dovrebbe essere neppure lontanamente immaginabile un individuo o una comunità quasi allo stato di natura, bisognosa solo di nutrirsi e curarsi, riconducendo tutto il resto al non essenziale. Di fronte a uno straordinario e variegato patrimonio di professioni perse per sempre nell’ultimo anno, ricondotte a cuor leggere nell’alveo delle “non essenziali”, i discorsi e i proclami del 1 maggio di quest’anno, oltre la retorica, hanno raggiunto da parte di tanti le alte vette dell’ipocrisia e il punto più basso della compassione sociale.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


I Meridiani: Voci calabresi in serie e parallelo

Da Nord a Sud siamo figli dei Romani: a testimoniarlo è anche la filastrocca!

di Francesco Polopoli

Ennio, immaginato da Raffaello nelle stanze Vaticane

Gli studiosi di letteratura popolare, a partire dal 1700, hanno raccolto in antologie le filastrocche che fino a quel momento erano state tramandate solo oralmente da madre a figlio e che, nella maggioranza dei casi, sono tuttora tràdite in dialetto. Circa le origini testuali il dibattito resta aperto: secondo alcuni la ripetizione di determinati suoni nasce dai rapporti che si stabiliscono tra madre e figlio fin dalla nascita. I bambini, infatti, ripetono, duplicandole, le sillabe che la mamma pronuncia per avviare l’apprendimento del linguaggio (mamma, pa-pa, coc-co, pap-pa, ecc.). In questa specie di gioco di affettuose relazioni prendono forma delle catene di suoni che diventano uno degli elementi costitutivi di questo piccolo genere sub-letterario. Altri, invece, affermano che queste composizio-

ni derivino da antiche formule magiche, forse dai responsi ambigui degli indovini, da vecchi riti e cerimonie andati perduti col tempo e perciò, oggi, incomprensibili. Al di là della genealogia mi piace rilevare un parallelismo tra Nord e Sud del nostro Paese, facilitato anche dal fatto di essere vissuto in terra orobica tra Milano e Bergamo anni fa: Ti che te tachet i tac, tacum i tac a mi, mi tacat no i tac a ti: tacheti ti i to tac ti che te tachet i tac! Traduzione: Tu che attacchi i tacchi attacca i tacchi a me, non (devo essere) io (ad) attaccare i tacchi a te: attaccateli tu i tuoi tacchi tu che attacchi i tacchi! Qui abbiamo un’altercatio tra ciabattini: un ironico scontro verbale, che un buon lametino avrebbe chiuso, come vicenda, chiudendo nel cassetto queste benedette calzature: O Turù, tira tu tira tira ’u tiraturu ca s’un tiri ’u tiraturu ’u tiraturu ’un si tira. O Salvatore, tira tu Tira tira questo cassetto

Anche perché, se non lo tiri tu, da sé non si tira da solo. Quando leggo d’un fiato queste produzioni, penso allo stesso effetto dei versi enniani. O Tite tute Tati tibi tanta tyranne tulisti (in italiano «O Tito Tazio, tiranno, tu stesso ti attirasti atrocità tanto tremende!») è una frase latina appartenente agli Annales del poeta Ennio (Ann. 104 Skutsch), giunti ad oggi in modo frammentario:si tratta dell’apostrofe rivolta a Tito Tazio, forse da Romolo quando ne apprese la morte. Il verso è citato dalla Rhetorica ad Herennium (4, 12) come esempio da condannare, a causa dell’abbondanza eccessiva di consonanti e la conseguente esasperazione di allitterazioni che ne pregiudicano la raffinatezza. Quello di Ennio è quasi uno scioglilingua: anzi, un tautogramma dal momento che è un verso le cui parole sono incipienti con la stessa consonante. Più o meno come il nostro lametino: O Turù, tira tu…. Insomma, volente o nolente, le radici restano quelle: siamo tutti latini, quando comunichi-amo… Amo, come il significato di Roma, letta all’incontrario… Roma-Amor in tutti i paesi d’Italia, allora!

Satirellando e dintorni

Una volta per tutte, sempre satirellando, mi piace bacchettare i petulanti. Ovvero quelli che pretendono di insegnarci la vita…Ah,ah,ah! Satirellate con me, buona lettura e, magari, chissà, anche buona memoria per declamare l’ultima parte della satira, a chi si atteggia a maestrucolo, nella vostra quotidianità…

FRIZZI E LAZZI Mi piace la cultura, ma non sono intellettuale, rispetto tutti, finché non prendo male, quel che molti, con gran festa, vorrebbero impormi di lor testa! Che ognuno pensi a modo suo, non mi fa effetto, basta non mi voglia ossequiosa a suo diletto! Pazienza ho, ma proprio non sopporto, Lamezia e non solo

di Maria Palazzo

le speranze promesse “a babbo morto”! Se vorrai, con me, esser un po’ amico, ascolta attentamente quel che dico: non dirmi mai ciò che devo fare e non darmi nulla da rimuginare: sono nata libera come imparai di già, da mia stirpe, dal babbo e da mammà.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 15


blaterando

Massimo Striglia,

Dottore Commercialista, Fondatore e Presidente dell’Associazione Culturale Polis Cultura, Scrittore, Vignettista. Democristiano. di Anna Maria Esposito

Il 2020 è stato un anno difficile per tutti, ma in particolare per voi commercialisti, una categoria che in questo momento è sempre più al servizio dell’amministrazione Finanziaria? Quali le previsioni per il 2021?

no da sempre, puoi farci un’analisi del quadro politico italiano?

Sì. è vero. Democristiano da sempre. La politica mi ha sempre appassionato fin da giovane. Negli anni tra il 2008 e il 2011 fui Segretario provinciale torinese dell’UDC, inizialmente sotto la guida di Michele Vietti, leader piemontese fino a che non andò a ricoprire la carica di vicepresidente del CSM. Nel 2011 fui eletto Consigliere comunale nella mia città dopo essermi candidato a Sindaco. Fuoriuscito poi dall’UDC che, a mio parere non rappresentava più il mio ideale di centro, diventai Segretario regionaLa pandemia ci ha reso le dei Centristi per l’Europa, movimento centrista fondato ancora più sudditi dell’amministrazione finanziaria. Più dagli amici Pier Ferdinando Casini, Gianpiero D’ALIA e adempimenti (poco remunerativi e in certi casi anche Gianluca GALLETTI anch’essi fuoriusciti dall’UDC. Alle gratuiti ) correlati all’assistenza nel compilare istanze di ultime elezioni politiche, su loro suggerimento, fui cacontributi, continue normative da leggere e da interpre- polista per CIVICA POPOLARE - LORENZIN al proportare, proroghe che arrivano a scadenze ormai avvenute, zionale per la Camera dei Deputati ma non fui eletto. meno incassi a causa della crisi di molti clienti, più spese Attualmente sono iscritto a Italia Viva grazie ad un rapper adeguare gli studi alle precauzioni da Covid, più dif- porto di stima e amicizia con il Presidente Ettore Rosaficoltà ad interloquire con i funzionari degli uffici pubblici to, ma seguo la politica come semplice osservatore. Se impiegati in smart working, difficoltà a partecipare alle devo esprimere un’analisi del quadro politico italiano, mi udienze presso le Commissioni Tributarie o presso i Tri- limito a dire che i veri politici con la P maiuscola sono bunali, per chi si occupa di procedure concorsuali o con- sempre meno. Il crollo dei partiti della prima repubblica, sulenze tecniche.Per il 2021, personalmente, non vedo (che avevano comunque una scuola di politica con valori miglioramenti. Anzi… radicati, a prescindere dal rispettivo colore politico) per lasciare spazio alla nascita di partiti azienda o di partiti personalizzati, che hanno ragione di esistere solo se in Hai ricoperto delle cariche istituzionali. Democristia- grado di trovarsi un leader carismatico, ha pian piano trasformato la politica in una comLO STIVALE QUASI GIALLO LO STIVALE QUASI GIALLO petizione di tipo calcistico con l’intento di rincorrere un sistema bipolare che poi, però, non si è mail realizzato. Infatti anche se il Centro moderato del partito in cui credevo che è stato protagonista per tutta la scena politica della seconda repubblica tentando di ostacolare questo bipolarismo muscolare non ha ottenuto il successo sperato, un inaspettato populismo e dei movimenti anti casta lo ha comunque reso irrealizzabile creando altri poli. Ciò però ha solo portato in parlamento l’incompetenza, l’arroganza, la mancanza di prospettiva strategiche e la totale sfiducia nei confronti della politica. Oggi lo scenario è preoccupante, a maggior ragione per il periodo in cui ci troviamo la c.d “ mossa del pag. 16

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


Come concili l’essere vignettista, politico e operatore sociale? Lavoro molto, dormo relativamente poco e in qualche modo adoro esprimermi, con le idee e con il disegnare i miei personaggi.Il lavoro di commercialista mi obbliga ad essere sempre aggiornato su ciò che accade nel mondo. Le vignette mi consentono di esprimere concetti con ironie e anche con un po’ di sale. Gustavo amico di vita e personaggio fisso delle tue vignette. Perché?

BENVENUTI AL SUD cavallo renziana” ha rimesso in gioco il centro e ha reso possibile la carta DRAGHI con aspettative vincenti. Ma la partita che si sta giocando è estremamente difficile e condizionata da un sistema mondiale difficile da comprendere.Personalmente, sono molto preoccupato per cosa ci riserverà il futuro. Fondatore e Presidente della Polis Cultura, che mette insieme tante persone, anche note, che operano in settori completamente diversi, quali gli obiettivi di questa Associazione? Gli obiettivi sono sempre stati: fare rete di “sapere” tra gli associati che occupano i più svariati ruoli nella società civile, dall’imprenditore, al professionista, all’artista ecc. per realizzare eventi di cultura generale. È un modo di generare cultura. POLIS CULTURA Ha l’onore di avere fra i soci personaggi famosi come Alessandro Meluzzi, Michele Vietti, Alberto Fortis, Ezio Gribaudo che danno un valore aggiunto. L’associazione, da me fondata nel 2006, ha organizzato moltissimi dibattiti, serate a tema, concerti, mostre di arte. Cultura a 360 gradi. Cultura è anche enogastronomia. La Polis Cultura ha istituito un premio per aziende vinicole del territorio piemontese e nazionale. Un vino calabrese ha buone probabilità di aggiudicarsi tale premio? Siamo giunti alla quarta edizione che, Covid permettendo, si svolgerà, come per le precedenti edizioni, a luglio; speriamo in presenza. Una giuria presieduta da un nome importante in tema di vini, Lamberto Vallarino Gancia, seleziona ad ogni edizione due aziende: una piemontese e una di un’altra regione. Calabrese? Perché no? sicuramente la giuria lo prenderà in considerazione. Lamezia e non solo

Perché adoro gli amici pelosetti. Fanno parte della mia vita. Ora nella mia vita c’è Gustavo, un beagle adorabile. Gli altri personaggi, sempre presenti, Ciarlino e Ciuk erano prima con me nella vita ma ora so sono solo più nelle vignette. E come le vignette di Jacovitti, in cui non mancavano mai salami sparsi qua e là nelle mie non manca mai la presenza dei pelosetti. Ho creato anche un fumetto dove compare un quarto personaggio peloso, Dari, uno dei tre gemelli (reali) di Gustavo. Il Covid è un momento fertile per il vignettista: scandali mascherine, canti sui balconi, decreti vari, vaccini strani ed altro. È triste dirlo ma il Covid e le sue conseguenze ispirano, Sui temi legati al COVID sto scrivendo il mio secondo libro. Però cerco sempre di occuparmi anche di altri temi. Giusto per non dimenticare che esiste anche la vita normale. Quale vignetta regali oggi ai lettori di “Lamezia e non solo” Vi regalo due vignette. La prima esclusiva per Voi intitolata BENVENUTO AL SUD, mentre la seconda l’ho disegnata per un settimanale del mio territorio piemontese, LA VOCE, pubblicata il 27 aprile, ma essendo ispirata all’Italia nella sua interezza, mi sembra giusto regalarla anche a voi. Si intitola LO STIVALE QUASI GIALLO. Grazie per la tua disponibilità e per le tue mirabolanti vignette che ci hai regalato.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 17


lameziaeuropaspa

Distretto MATELIOS: Transizione Ecologica. La Regione Calabria punti sull’idrogeno di Tullio Rispoli

Il Distretto MATELIOS, consorzio pubblico – privato operante nella R&S da diversi anni in Calabria, presieduto da Gaspare Ciliberti del gruppo RINA, ha chiesto alla Regione Calabria di candidarsi ad ospitare il Centro nazionale di alta tecnologia per l’idrogeno previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), nonché come HYDROGEN VALLEY al fine di raggiungere il duplice obiettivo di verificare le applicazioni di alcune tecnologie e ammodernare le infrastrutture del territorio quali i porti e le ferrovie. MATELIOS, Distretto Tecnologico sui Materiali Avanzati per le Energie Rinnovabili, di cui fanno parte imprese, centri di ricerca, università e Lameziaeuropa, creato nel 2013 per lo studio e lo sviluppo di materiali e tecnologie avanzate per la realizzazione di sistemi di produzione di energia da fonti rinnovabili, attraverso il vicepresidente Riccardo Barberi ed il coordinatore Ermelando Tolino, nel corso di alcuni incontri avuti sulla tematica con l’Assessore Regionale Istruzione, Università, Ricerca Scientifica e Innovazione Sandra Savaglio ha comunicato la massima disponibilità a supportare l’azione regionale nell’interlocuzione istituzionale col Ministero della Transizione Ecologica. Al di là di motivazioni di carattere generale, inerenti la produzione di energia verde da fonti rinnovabili (eolico, fotovoltaico, idroelettrico etc), e la posizione baricentrica rispetto alle grandi linee dei gasdotti mediterranei e alle altre regioni del Sud interessate, la Calabria vanta una specifica expertise, non soltanto nell’ambito di ricerca tecnologica per la produzione di idrogeno verde, ma soprattutto nel campo della ricerca sui materiali e sui componenti destinati all’immagazzinamento e alla distribuzione dello stesso. Sono infatti già presenti sul territorio dotazioni infrastrutturali e competenze che mettono la Calabria in una posizione di leadership tecnologica italiana nel settore del trasporto, stoccaggio e distribuzione dell’idrogeno a basso costo. È infatti presente in Regione una “dorsale” Reggio Calabria - Lamezia Terme – Cosenza di infrastrutture pubblico-private pag. 18

all’avanguardia in Europa costituita da laboratori delle principali università ed enti di ricerca che hanno sviluppato un solido legame con imprese del settore dei materiali e dispositivi avanzati per l’energia. In particolare Il laboratorio DeltaH di Cosenza, dedicato alla qualifica dei materiali per lo stoccaggio e il trasporto di idrogeno, nato in sinergia fra CSM-Rina e l’Università della Calabria, è una facility unica in Italia e sta già operando con tutti i produttori mondiali di equipment. La possibile trasformazione dei principali porti calabresi in green port (in particolare l’hub di Gioia Tauro e il nuovo porto turistico che verrà realizzato a Lamezia Terme promosso da Lameziaeuropa e da investitori internazionali) grazie all’idrogeno potrà essere favorita dalla possibile disponibilità di idrogeno presente sul territorio nonché dalle tecnologie e dalle competenze già presenti a livello locale. Discorso analogo potrà essere fatto per il sistema ferroviario locale in quanto il trend tecnologico dei prossimi anni è di rendere questi sistemi di trasporto ecologici ed efficienti dal punto di vista energetico puntando sull’idrogeno. L’idrogeno del futuro, economico e compatibile, sarà prodotto da fonti rinnovabili ed in Calabria vi è una forte presenza di impianti di produzione di energia rinnovabile mediante fotovoltaico, idroelettrico, eolico. Lo storico problema dell’intermittenza derivante da un utilizzo intensivo delle energie da fonte rinnovabile potrà essere risolto mediante lo stoccaggio energetico con produzione di idrogeno; ciò consentirà non solo di razionalizzare l’attuale surplus energetico da fonti rinnovabili della Calabria, ma anche di far diventare la Regione stessa un fornitore di idrogeno green per tutti i possibili utilizzi, da quelli domestici a quelli industriali.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


Sport

INTERPRETAZIONE CRITICA DI UNA PARTITA DI CALCIO di Vincenzo De Sensi Il gioco del calcio-football, o soccer in inglese, è una sorta di mistero agonistico attraverso il quale si nobilitano quelle che un tempo erano le mani posteriori dell'uomo. Il suo fascino viene forse dalla sfericità della palla, che per essere sempre e dovunque in perfetto equilibrio si trova in certo modo a mimare la prodigiosa armonia dei mondi. L'arte che nobilita il gioco consiste nel muovere la palla con dolce o energica violenza e nel padroneggiarla dopo averla domata, nell’indirizzarla docile e quasi spenta a un compagno che si smarca per riceverla; forte invece, e possibilmente viziata di effetti, verso l'ultimo custode della porta avversaria. Il significato emblematico del calcio é comune a tutti i giochi di squadra: La porta e il sesso della madre, d'una sorella o di una sposa: La difendiamo accanitamente se è nostra; La insidiamo per profanarla se é degli antagonisti. Il fine del gioco è dunque il goal, che significa obiettivo o meta. Nessun dubbio che il successo universale del calcio derivi dal suo mistero, che si arricchisce di (o annulla in) aspetti sempre nuovi, dunque sorprendenti. L'agonismo di due squadre sottoposte al rispetto di una norma e di chi è delegato a farla osservare, l'arbitro, si traduce in atti infiniti, in gesti armoniosi o violenti, in difese o profanazioni che immediatamente si colgono nel risultato, diciamo nell'atto finale, ma vengono preparate con il continuo studio di moduli, forme, schemi, artifici singoli e collettivi, di invenzioni già preparate o estemporanee, estrose o pacate, argute o maligne. Salvo il rispetto per le arti ben più sublimi della musica e della poesia, una partita di calcio va interpretata criticamente secondo cultura e sensibilità di chi se la gode o la soffre, alla stregua d'una sinfonia o d'un poema. I gesti e le forme di una partita costituiscono il repertorio dei suoi protagonisti ma non solo quello: ne esprimono in realtà anche l'intelligenza e il coraggio, la lealtà e il sacrificio. E poiché di scientifico non sembra esservi nulla, e invece vi è molto!, nell'impostazione tattica di una partita, la componente casuale influisce Lamezia e non solo

sul gioco attraverso forme spesso non volute, erronee e tuttavia producenti. La palla si muove secondo figure geometriche più o meno padroneggiate da chi la sta giocando: talvolta si libera e libra incontrollata, tal altra obbedisce a traiettorie sghembe che il vento o un impatto non prevedibile influenzano fino al mero capriccio. Sta nello spettatore avvertito la percezione di quello che è voluto o casuale, oppure voluto e casuale insieme. La partita di calcio è una lunga trama il cui eros viene immediatamente colto nei suoi aspetti più evidenti e comuni. Di qui l'enorme popolarità del gioco e del tifo che esso determina negli spettatori.

Ma come una sinfonia o un poema, anche la partita può offrirsi in mille e uno aspetto diverso a chi la segue con gli occhi, il sentimento e la ragione. Quasi sempre l'obiettività è inficiata dal sentimento di parte, dalle convinzioni che altri discutono e perciò vengono difese da noi con accanimento particolare, e per questo accanimento si forza la vista di marcature, spostamenti, gesti i quali esprimono gli schemi preferiti. In campo si muovono e agiscono venticinque personaggi a proprio modo protagonisti o comprimari. Il loro movimento può essere premeditato o estemporaneo, adeguarsi a schemi noti o del tutto nuovi: sia perchè tali li vuole una squadra o perché li consente, forzatamente, la sua avversaria. Analizzare di volta in volta i gesti atletici e fonderli poi in una visione il più possibile reale e sintetica è impresa molto difficile. La gran parte di essi viene dimenticata per la loro stessa labilità, per il susseguirsi addirittura frenetico degli spunti, dei fatti, dei contrasti e delle intese. La palla trascorre o vola da una porta all'altra. Le sue traiettorie si disegnano nella retina mentre il frastuono cresce o dilegua. E' assodato che la preghiera agisce telepaticamente in modo e misura quasi sensibili: figuriamoci la forza d'urto (sic) di migliaia e migliaia di occhi attenti, di cuori eccitati, di cervelli caldi! La partita è un dramma agonistico completo. Confido che almeno si apprezzi, la mia fedeltà, a uno sport che ho smesso di praticare da tempo ma che sempre mi ha fatto e mi fa delirare. Ho cominciato a soffrirne dall’adolescenza. Il mio primo tifo si è acceso per la Juventus. Il calcio è il gioco più bello del mondo per tutti quelli che amano il calcio purtroppo, o per fortuna, non sempre amare il calcio significa capirlo. Può anche succedere, Dio ne guardi!, che conoscendolo sempre meglio si apprezzi sempre un po’ meno: è però certo che, se resta bello e buono anche agli occhi di chi lo capisce, allora non esiste gioco al mondo che valga il calcio, lo così la penso.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 19


SANTI E BEATI

SAN GIUSEPPE DA COPERTINO L’ELEVAZIONE DELL’UMILTÀ

seconda parte

di Fernando Conidi

Continua la breve storia di uno dei santi più umili della Chiesa cattolica. San Giuseppe da Copertino è la rappresentazione reale di come l’umiltà di cuore, di per sé, sia già santità. Purtroppo quest’ultima molte volte è nascosta alla vista degli uomini che, pur avendo occhi per vedere tutto, vedono solo ciò a cui sono interessati. Dio si manifesta soprattutto elevando gli umili che gli sono fedeli, perché nessuno è più simile a Cristo di colui che ama nell’umiltà del suo cuore. L’umanità di questo mondo schiaccia gli umili diseredandoli, Dio li esalta e pone i loro piedi sulla testa dei superbi.

LA STORIA Nonostante l’apparente scarsità di doti intellettuali e di una cultura adeguata, fra Giuseppe, con l’aiuto dei frati, si preparava duramente per accedere al sacerdozio. Dopo aver ricevuto gli “ordini minori” il 30 gennaio 1627, e il suddiaconato il 27 febbraio dello stesso anno, si predispose per il diaconato. Gli aspiranti diaconi dovevano sottoporsi a un esame di valutazione, dimostrando di saper leggere adeguatamente, cantare e spiegare il Vangelo, e fra Giuseppe, con grande difficoltà, era riuscito a imparare a memoria il brano più breve dell’anno liturgico: “Beato il ventre che ti ha portato…” (Lc 11, 27).

San Giuseppe da Basilica di Loreto

Un aiuto provvidenziale La Divina Provvidenza gli venne in aiuto, poiché all’esame, quando il vescovo di Nardò, mons. Girolamo De Franchis, aprì la Bibbia a caso, capitò proprio il brano che fra Giuseppe aveva imparato, e così, con il plauso del vescovo, superò la prova, ricevendo il diaconato; era il 20 pag. 20

marzo 1627. Anche al successivo esame di ammissione al sacerdozio, il Signore gli manifestò il suo aiuto. Infatti, il vescovo di Castro, mons. Giovanni Battista Deti, dopo aver esaminato i primi quattro candidati, che superarono brillantemente la prova, doveva esaminare anche fra Giuseppe, ma, distratto da una notizia personale pervenutagli improv-

sacerdote il 28 marzo 1628. Dopo l’ordinazione rimase al convento della Grottella, dove celebrò la sua prima messa.

Verso la strada della santità Man mano che il tempo passava, dimostrava sempre di più di essere ricco di carismi, al punto che molti pellegrini ricorrevano a lui per i loro bisogni fisici e spirituali. Il 4 ottobre 1630, in occasione della solennità di san Francesco, mentre si trovava in chiesa, vestito con il piviale, si sollevò in volo davanti a tutti fino al pulpito. Tra i doni che il Signore gli aveva concesso, le estasi e le levitazioni erano quelli che più mortificavano e confondevano fra Giuseppe che, non sentendosene degno, cercava in ogni modo di tenerli nascosti, ma ciò era praticamente impossibile. A volte, bastava solo la lettura della Bibbia o un’immagine religiosa per farlo andare in estasi. Nel 1634, sotto l’ordine del padre provinciale, visitò alcuni conventi della provincia religiosa, per incrementare la devozione e la preghiera. La voce dei fatti straordinari che avvenivano intorno a fra Giuseppe si diffuse, e molti, credendolo già santo, lo andavano cercando e lo seguivano, tagliuzzandogli i vestiti per farne delle Copertino si eleva in volo alla vista della reliquie; il clamore di tutto ̶ Ludovico Mazzanti (1686-1775) ciò arrivò fino a Roma.

visamente e convinto dell’eccellente preparazione di tutti gli esaminandi, allargò il giudizio positivo anche a lui, senza sottoporlo all’esame. Fra Giuseppe interpretò quell’episodio come un miracolo, quale dimostrazione da parte del Signore di una particolare predilezione per lui, che lo stimolerà a proseguire verso la strada della santità. Fu ordinato GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Al Tribunale del Sant’Uffizio Il 26 maggio 1636, monsignor Giuseppe Palamolla, vicario apostolico, inviò al Tribunale del Sant’Uffizio di Napoli un formale atto d’accusa nei confronti di fra Giuseppe. Il 21 ottobre 1638 egli lasciò Copertino, assieme a fra Ludovico, per recarsi a Napoli, dove era stato chiamato con l’accusa di “ostentazione di santità” Lamezia e non solo


SANTI E BEATI

Teca contenente il corpo del santo - Basilica di San Giuseppe da Copertino, Osimo (AN)

e “abuso della credulità popolare”. Durante il tragitto si vide affiancato da un frate che cercò di consolarlo. Più tardi chiese a fra Ludovico chi fosse quel giovane confratello, ma sentendosi rispondere che non vi era stato nessuno con loro durante il viaggio, rimarrà sempre convinto che quel frate fosse sant’Antonio di Padova. Fra Giuseppe a Napoli superò ogni prova, poiché la sua condotta era ineccepibile. Fu anche obbligato a celebrare la messa nel Monastero di San Gregorio d’Armenia, e lì, davanti a tutti, si alzò in volo tra lo stupore di chi intendeva accusarlo e che invece si ritrovò a venerarlo. Piena assoluzione, ma allontanato da tutti Il processo a suo caricò continuerà comunque fino al 18 febbraio 1639, quando sarà emessa una sentenza di piena assoluzione, ma gli sarà imposto il trasferimento in un piccolo convento, dove rimanere appartato e lontano da tutti. Così, non potendo tornare al convento della Grottella, il 25 aprile, assieme a fra Ludovico, si diresse ad Assisi, dove giunse il 30 aprile. Qui i frati gli avevano riservato tre stanze, dove doveva rimanere come recluso, ma durante la messa, che celebrava nella cappella del noviziato, levitava davanti a tutti, susciLamezia e non solo

tando rispetto e ampia venerazione. Così la sua popolarità, invece di diminuire, aumentò, nonostante egli cercasse in ogni modo il nascondimento. Durante le sue molte ore di preghiera, chiedeva al Signore che nascondesse a tutti le sue estasi, per le quali provava un umile senso di mortificazione; ma il Signore non lo accontentò, esaltandolo ancora di più proprio per la sua grande umiltà. Rimase nel convento di Assisi per quattordici anni. Il 23 luglio 1653, dopo la messa, inaspettatamente, si ritrovò davanti all’inquisitore generale dell’Umbria, che gli annunciò il suo immediato trasferimento verso una destinazione che doveva rimanergli ignota. Così, affranto dal dispiacere, dopo uno sguardo all’amata Assisi, partì con la carrozza che era andata a prenderlo. Alla fine del viaggio, si ritrovò al convento dei cappuccini a Pietrarubbia, nelle Marche, dove doveva rimanere nascosto. Ma la voce si sparse ugualmente e molta gente affluiva al convento alla ricerca del “frate dei miracoli”. Quel periodo a Pietrarubbia terminò una mattina in cui vide presentarsi il vicario generale del vescovo di Urbino, presentatosi per condurlo in un altro luogo, che non era autorizzato a rivelare. Fra Giuseppe davanti a questo nuovo trasferimento non si scompose,

sicuro della Divina provvidenza. Il 28 settembre 1653 fu accompagnato al convento dei cappuccini di Fossombrone, nelle Marche. Vi rimarrà per qualche anno, come segregato, fino a che papa Alessandro VII, sollecitato da devoti e amici di fra Giuseppe, non decise di porre fine alle misure restrittive nei suoi confronti, destinandolo a una nuova dimora: il convento di San Francesco a Osimo, dove giunse il 10 luglio 1657. Qui trascorrerà gli ultimi anni della sua vita, isolato dai fedeli e dal resto del mondo, ma mai privo dei suoi voli estatici. L’ultimo volo, ma verso il Cielo Il 18 settembre 1663, quindici minuti prima della mezzanotte il suo volto s’illuminò e, con uno dei suoi soliti sorrisi di piena gioia, lasciò questo mondo per dirigersi, questa volta, in volo oltre le mura di questa umanità, incontro al Signore e verso le braccia di Maria Santissima a cui anelava sin da bambino. Il 24 febbraio 1753 fu dichiarato beato da Benedetto IV. Il 16 luglio 1767 fu canonizzato da Clemente XIII. Lode a Cristo e a Maria Santissima

Fonte: “Il Segno del soprannaturale”, n. 364, ottobre 2018, Edizioni Segno - Autore: Fernando Conidi

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 21


riflessioni

S. O. S. Scuola, per una Società in cammino di Alberto Volpe Per una volta tanto facciamoci distrarre dalla pur preoccupante condizione epidemica e pandemica, che invade, coinvolge e penalizza fortemente senza limiti e confini, geografici e sociali, per rivolgere la nostra riflessione a quel settore fondante della civiltà e progresso di un Popolo, qual è la Istituzione scolastica. L’occasione, ma non meno che pretesto, mi vien data dal film “Il professore cambia scuola”, offerto ieri sera (15 aprile) da quella programmazione radiotelevisiva di RaiTre, già apprezzabile canale nazionale pubblico per i servizi di Report con Sigfrido Ranucci, e di Presa diretta con Riccardo Iacona. Dunque il film, del regista Olivier A. Videul, oltre a richiamare alla mia memoria la ultratrentennale carriera di docente in tutte e tre i gradi scolastici, con inalterato interesse quella produzione filmica viene a confermare l’importanza vitale della Istituzione educativa pubblica nella prospettiva formativa ed evolutiva di una Comunità sociale. E’ particolarmente positivo che quel settore artistico accenda i propri riflettori sulle problematiche tipiche ma anche storiche del momento che afferiscono la Scuola. E, certo, quelle che Scuola e studenti stanno attraversando da circa due anni, con incertezze e lezioni a distanza, non contribuisce a ridare sicurezza e concretezza alla funzione intrinseca di essa Istituzione. Funzioni ed operatività che troppo spesso sono state sottovalutate dalla Politica, la quale, ora con figure ministeriali scarsamente adeguate ed ora con disinvolti tagli finanziari, hanno finito per svilire e mortificare proprio nella sua specifica finalità la Istituzione formativa statale. Già di suo la Scuola ha nelle sue precipue dinamiche quella di attrezzarsi per superare criticità “portate” dai soggetti

pag. 22

fruitori scolastici. E, per l’appunto, sono quelle problematiche focalizzate dalle movenze del cast oggi particolarmente acutizzate da una conflittualità evidente tra componenti scolastiche e realtà extrascolastiche. E le leggi prodotte da certa Politica nulla ha fatto per dirimere le tensioni che nel tempo si andavano manifestando. La stessa classificazione di tipologia di istruzione all’interno della Istituzione (pensiamo alle scuole professionali) non ha certo agevolato una serena e paritaria crescita della popolazione scolastica. Quel Prof che, nel film, voleva imprimere una “svolta” nella sua carriera professionale e proveniente da un Istituto parigino blasonato, ha dovuto “fare i conti” e scontrarsi con le criticità ed i pregiudizi propri di un liceo delle banlieue. Oggi che la forbice economica tra le classi sociali è ancor più larga e divaricata per via del fermo lavorativo , dovrebbe spingere e favorire la tendenza al dialogo e all’ascolto dei soggetti più “deboli”, per non dichiararsi sconfitti come operatore formativo e come Stato sociale di diritti. Proprio l’obiettivo che ha inseguito quel Prof parigino, che pur deluso in qualche sua legittima aspettativa personale, ha vinto la battaglia di far condividere tra i suoi allievi la convinzione delle individuali potenzialità, come soggetti e promotori di diritti, leve di progresso e di solidarietà nella Comunità di appartenenza. Vorremmo che si affermasse sempre più la progettualità educativa della massima Istituzione di uno Stato per la conservazione del proprio vivere democratico che la storia ha sedimentato e che nessun silente e mascherato autoritarismo, politico-finanziario, dovrà poter cancellare.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


scuola USO E ABUSO DI SMARTPHONE E TABLETS:

QUANDO NASCE LA DIPENDENZA? COME EVITARLA? di Annamaria Davoli Negli ultimi decenni ci siamo esposti, i giovanissimi particolarmente, alle nuove frequenze della luce blu, che provoca danni inevitabili agli occhi: alla retina e cristallino. I disturbi riportati frequentemente dopo una giornata trascorsa davanti ad un terminale sono, infatti, irritazione, disidratazione e affaticamento oculare. Sia per ragioni di lavoro, di studio, sia per svago, si trascorrono ormai troppe ore al giorno dinnanzi gli schermi informatici di computers, tablets e smartphones e le conseguenze le pagano non soltanto i nostri occhi, ma anche la nostra postura, schiena, collo e muscolatura di braccio e spalla destra, nonché la capacità di concentrazione, di apprendimento e di socializzazione dei giovanissimi, che molto spesso li preferiscono a una chiacchierata tra amici, a una partita di pallone. La protezione per gli occhi potrebbero essere delle lenti appositamente trattate, che schermano la luce blu. Ma come proteggere i giovanissimi dalla ‘dipendenza’ da Smartphones e tablets oramai indispensabili per loro? Troppe ore davanti agli schermi compromettono delle cose importanti: attenzione, concentrazione e apprendimento e sonno; anche il sonno ne risente facilmente se poco prima di addormentarsi si sta a contatto con gli schermi digitali. Ma quando si può parlare di vera e propria “dipendenza”? Alcuni studi hanno sondato sugli aspetti positivi e negativi legati all’utilizzo dei dispositivi digitali tra i ragazzi, riguardo i consigli utili per i genitori e i campanelli d’allarme da non sottovalutare, affinché una abitudine utile non divenga una dipendenza. È questo infatti il principale e peggiore rischio cui vanno incontro adolescenti e preadolescenti, ormai sempre più precoci nell’uso di smartphone e tablet

sempre più dipendenti. Si è discusso riguardo la diffusione e l’uso delle tecnologie digitali, ma soprattutto anche sui possibili rischi dell’iperconnessione, che provoca inevitabilmente isolamento sociale e vera e propria dipendenza. In alcuni paesi come in Corea, la dipendenza da smartphone è riconosciuta come una vera e propria patologia così come quella dall’alcol o dalla droga – l’8,4 degli adolescenti ne è affetto. E in Italia? Le nuove tecnologie sono in rapidissima ascesa tra i giovanissimi.

Secondo dati Istat del 2018 l’85% degli adolescenti tra 11 e 17 anni utilizza quotidianamente il telefonino, il 72% naviga su internet tutti i giorni; la percentuale è è aumentata del 20%, infatti soltanto 4 anni fa era del 56%. Come devono agire, dunque, i genitori con i propri figli troppo dipendenti dagli smartphones? Quali consigli dare loro?

Quali sono i campanelli d’allarme a cui prestare attenzione? Occorrerebbero principalmente fiducia, dialogo logo e regole chiare e precise; mantenere sempre una comunicazione efficace con i propri figli, perché un buon rapporto contribuisce a favorire un uso corretto delle tecnologie digitali. È indispensabile comunque, stabilire soprattutto “regole” e limiti chiari nell’utilizzo di tali strumenti: Non utilizzarli mai a tavola, mentre si fanno i compiti, a meno che non siano di aiuto per lo studio, mai nei momenti in cui la famiglia è riunita, mai prima di andare a dormire. “Regole” che, comunque valgono principalmente per i genitori che dovrebbero essere i modelli d’insegnamento. Genitori e pediatri dovrebbero inoltre fare attenzione ad alcuni campanelli d’allarme tra i quali i frequenti mal di testa, mal di schiena, le modifiche nei ritmi del sonno, lacrimazione e bruciore degli occhi, mancanza di interessi e incapacità di staccarsi dallo smartphone. Occorrerebbe inoltre far spesso dei controlli medici o pediatrici, per approfondire questi aspetti, interrogando i ragazzi sulla loro vita e i loro interessi, incoraggiandoli a coltivare le relazioni sociali e informandoli sulle possibili conseguenze di un uso improprio dello smartphone. Sarebbe Fondamentale creare una collaborazione sinergica tra genitori, scuole e pediatri con l’obiettivo di sostenere e proteggere bambini e adolescenti dall’uso improprio e dall’abuso delle tecnologie informatiche, per preservare e migliorare sia l’aspetto della memoria, della concentrazione e quindi dell’apprendimento, sia quello affettivo e socio-relazionale, facendo un uso corretto di tali strumenti e migliorandone l’efficacia. Evitando in tal modo di divenire vittime della ‘arida’ tecnologia, bensì artefici della creativa e scientifica modernità.

NUOVO PUNTO DI RITIRO

PRESSO

Bar il Miraggio

Luca Fragale - Via A. Volta, 22 - cell. 339 6953497 - Lamezia Terme Lamezia e non solo

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 23


di Maria Palazzo

Carissimi lettori, in passato, avevo letto per voi, i libri ameni della scrittrice Danila Comastri Montanari, che hanno per protagonista Publio Aurelio Stazio, senatore dell’antica Roma. Oggi ve ne suggerisco un altro, del 2016, che potrete trovare anche nella collana Oscar Mondadori. NEMESIS è un romanzo che prevede sempre una trama gialla. Ma, stavolta, la trama si complica: l’intreccio è molto complesso, l’intrigo è amplificato e il colpevole non è uno solo… La trama è avvincente. Come sempre, la Comastri Montanari infarcisce la storia con un folto numero di personaggi, un po’ per confondere il lettore, un po’ per creare l’atmosfera concitata dell’Urbe antica. E poi, dell’Urbe, ricrea anche il quotidiano, ovvero non solo la vita dei ricchi patrizi, ma anche il clima dei mercati, delle taverne, delle rivendite di qualsiasi mercanzia. Tali che, l’antica Roma ci sembra una metropoli odierna, coi suoi problemi di traffico, di mancato rispetto delle regole e delle leggi, ma anche di tutto ciò che, della capitale di un impero, può esserci utile, per comprendere gli usi e i costumi dell’epoca. E’ proprio questo il pregio di questi romanzi: il farci trasferire nell’Urbe, come se il tempo non fosse mai trascorso… Dati i tempi lontani, la narrazione non è mai politicamente corretta. Si parla di schiavi, di mercanti, di legionari e gladiatori, delle donne di alto e piccolo lignaggio

e delle leggi a riguardo; degli uomini e del loro compito, non sempre all’altezza del bravo cives romanus… Il tutto illuminato dal modo epicureo e razionale di affrontare la vita, tipico del senatore Stazio. Accanto a lui, l’immancabile Castore, una specie di Watson ante litteram, ma molto astuto e scaltro, l’amica Pomponia e tutta la progenie adorante di donne stregate dal fascino di Aurelio… La lettura di Nemesis risulta particolarmente complicata, come piace ad ogni lettore di gialli, in modo da rendere difficile lo scioglimento finale. Stavolta, non si tratta di trovare il colpevole di un delitto, ma anche di ricercare la causa prima di tutto l’intreccio. In questo romanzo, essa risale al passato, alla distruzione di un villaggio, pare per opera di alcuni legionari. Ed è una donna, Nemesis-Medusa, ad assumersi il compito del fatale punitore. Ma non intendo dirvi altro. Il tutto è condito dalla maestrìa della scrittrice, che non trascura alcun particolare. Danila Comastri Montanari fornisce al lettore, all’inizio della narrazione, la legenda dei personaggi, elenco prezioso, per orientarsi, come avviene nei testi teatrali. Inoltre, fornisce ancora, a fine racconto, il glossario dei termini latini utilizzati, per una migliore comprensione del testo e per la tanto amata immedesimazione, così cara al fruitore dell’opera… Il resto è tutto da leggere. Poi mi direte. Buon divertimento. Quest’ultimo è assicurato. Parola.

Le perle di Ciccio Scalise

U MPIARNU LAMITINU U mpiarnu Lamitinu, unn’è, cumu mò n’assuciazioni, è ppurtroppu n’amaru distinu, cuminciatu ccu ll’unifhicazioni. St’abbenimentu lungimiramti, unn’è statu propriu bbombulutu, speci di Pruvinci, sì ennò cumpinanti pirchì u puteri s’anu vistu pirdutu. Si daveru succidia, pag. 24

chillu chi u fhundatori si pinsava, tuttu u mundu vidia, ntrà sta chjiana, cchi ssì criava. Mbeci, Riggiu, Cusenza e Ccatanzaru, cumu s’anu vistu piriri, anu minatu nzema, fhorti e pparu, ppimmu un nni fhanu partiri Puru certa leggi e ppuliticanti, c’avimu e cc’avimu avutu,

anu sirbutu tutti quanti, mù saccu ad’llli anu tinutu. E’, ntrò mpiarnu simu stati, n’anu fhattu puru mbrigari, i cosi ancora un ssù ccangiati, ni sdirrinanu sì circamu i ni sullivari. Alla leggi e alli pulitici, vuagliu ricurcari, cà spata Divina dà Giustizia, puru supra d’llli ha ddi calari

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.