LameziaMese Doris lo Moro aprile 2018

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Lameziaenonsolo incontra

Doris Lo Moro

Nella Fragale

Questa è la quarta copertina che le dedichiamo, la prima nel 2003, la seconda nel 2005, la terza nel 2008 e, dopo dieci anni, quest’ultima. Ci incontriamo da lei, chiacchieriamo un po’ prima di cominciare l’intervista. Lei è, come sempre, tranquilla, sorridente, vestita con eleganza, senza un filo di trucco, a parte un velo di rossetto, bella comunque, posso affermare da donna. Passare dal chiacchierio generale alle domande è graduale, avviene quasi senza accorgercene. La definirei una donna cresciuta a pane e politica, ho letto da qualche parte questa definizione ed ho pensato subito a lei. Politica, la sua, quella vera, fatta di passione, di ideali nei quali si crede e che si difendono anche quando farlo può essere una scelta impopolare e, forse, ... economicamente meno redditizia. Cosa ci siamo dette? Leggete e lo saprete Non possiamo non cominciare con la domanda che sicuramente si è sentita fare centinaia di volte: perché ha deciso di ritirarsi dalla scena politica per tornare a fare il magistrato? Lo so che lo ha già detto nell’incontro del 19 gennaio, e se ne è parlato sui mezzi di informazione sia cartacei che on-line ma per coloro che ancora non lo sapessero? Io mi sono sentita soddisfatta del lavoro svolto ma ho pensato che, anche perché si tornava a votare con una legge elettorale che non consentiva ai cittadini di scegliere i propri rappresentanti, non era opportuno ripropormi da candidato ad una Calabria che non va bene, rispetto alla quale, nel mio ruolo politico, avvertivo un senso di impotenza che non avrei colmato in una campagna elettorale, non avrei avuto quella spinta, quella passione che mi ha portato a ricoprire prima il ruolo di sindaco, poi di assessore alla sanità, deputato e senatore. Quello che ho fatto l’ho fatto per passione. Ecco diciamo che la passione si era esaurita. Leggo questo titolo su internet: “Elezioni, solo tre magistrati in Parlamento, finita epoca iniziata con Mani Pulite”. E poi nell’ambito dell’articolo, “…scesi da 18 a tre” ed ancora “Il Pd, dopo un feeling durato oltre trent’anni, ha consumato con Renzi una separazione evidente: niente giudici candidati”, anche lei ritiene che sia stato l’operato di Renzi a causare questa frattura a prescindere poi dalla sua decisione, già presa di non ricandidarsi. Sia io che qualche altro collega magistrato

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non ci siamo candidati di nostra volontà ma non c’è dubbio che il fenomeno registrato dai giornali corrisponde al vero. C’è una delegittimazione dei magistrati in politica che è stata portata avanti in modo molto pesante in questi anni. E non è solo Renzi, è la politica in generale che l’ha causata. Io penso che sia un fatto molto negativo per lo Stato perché, per l’esperienza che ho vissuto, e non parlo solo di me ma anche dei tanti magistrati colleghi che ho conosciuto, ritengo che un magistrato che fa politica, per l’esperienza e le competenze maturate nella professione, può dare un buon contributo. E poi è molto pericoloso che per un verso si è ridotto al massimo il numero dei magistrati e cioè di persone che per fare i parlamentari sono in aspettativa non retribuita e poi invece è aumentato il numero dei lobbisti ed anche degli avvocati che spesso continuano a lavorare a pieno ritmo, con studi che addirittura aumentano la loro mole di lavoro. C’è da chiedersi come possa essere possibile tutto questo ma non è una risposta che può dare una persona in qualche modo interessata. Forse l’unica risposta possibile sarebbe varare quella legge sul conflitto di interessi che in fondo non ha voluto nessuno perché si ipotizzavano divieti non solo per i magistrati. Per quanto mi riguarda mi sono messa in aspettativa non retribuita anche quando la legge non lo imponeva. Anche quando ero sindaco l’ho fatto. L’obbligo di astenersi dall’esercizio del proprio lavoro dovrebbe essere esteso anche ad altre professioni. Ripeto io lo vedo come un fatto molto negativo che ci sia stata prima una stagione dei magistrati ed oggi una stagione senza magistrati. Penso che i partiti dovrebbero

valorizzare le persone aldilà della professione e che ognuno di noi dovrebbe seguire la propria passione e le proprie tendenze e non essere vittima o protagonista di un fenomeno. Prima di parlare ancora dell’importante periodo della sua vita, da poco chiuso, vorrei chiederle: come si sente la mattina quando, uscendo da casa, la meta non è più il senato? Le manca? Da questo punto di vista mi sento molto disinvolta perché più volte ho fatto di questi cambiamenti, ho preso di queste decisioni. La prima volta, quando ho lasciato il Tribunale, ero terrorizzata, quando ho lasciato il comune ero disorientata, uguale cosa per la Camera e, oggi, per il Senato. Ho cambiato più volte e devo dire questo smarrimento di solito è durato poche ore, il tempo di immergermi nell’altro lavoro. Forse non sente nostalgia chi ha altri impegni ed io in questo caso, tornando alla mia professione, ho il dovere di lavorare. Ma per qualunque incarico avuto mi sono impegnata fino in fondo, forse questa è la giusta strategia, impegnarsi fino in fondo e la nostalgia è una questione di pochi giorni. Chi non è a conoscenza delle dinamiche della politica per quanto riguarda i compiti di Senato e Camera, quando un membro della propria città viene eletto, crede, a torto, che possa continuare ad interessarsi principalmente della propria città, mettendola in primo piano sul lavoro da svolgere, senza pensare che lì il ruolo è tutt’altro, riguarda l’Italia intera. E’ così? Ce ne vuole parlare? Colgo l’occasione per chiarire una cosa,

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Molto spesso meno si lavora alla Camera e al Senato più si è presenti sul territorio. A me è successo, anche in momenti molto impegnativi per il Paese, quando per esempio si discuteva delle riforme, di non riuscire ad avere un’ora per me, e di tornare a Lamezia e di trovare moltissimi comunicati stampa di persone che poi magari non erano presenti al Senato ed alla Camera. A volte è la necessità di mantenere il consenso che porta alcuni parlamentari a fare questa politica dei comunicati stampa. Non farne o farne pochi però non significa disinteressarsi del proprio territorio. A volte dipende anche dai ruoli che si ricoprono in Parlamento. Quando c’è necessità bisogna anche farlo perché è vero che lì si rappresenta la nazione ma un occhio al territorio lo si può mantenere, però può essere più o meno facile a seconda dei ruoli che si ricoprono. Per esempio, nell’ultima legislatura, io sono sempre stata capogruppo nella commissione affari costituzionali. Dalla commissione affari costituzionali è difficile rappresentare un territorio perché lì si lavora su riforme, sulla legge elettorale, su argomenti che riguardano l’intera Italia ma quando c’è stato bisogno di sostenere la posizione della Regione Calabria o del Comune di Lamezia Terme, soprattutto se mi è stato richiesto, l’ho fatto sicuramente. Lei ha fatto stampare un opuscolo che riguarda questi 5 anni, spiega i motivi per cui ha lasciato il PD, spiega i suoi “no” a riforme, emendamenti e leggi proposte. Si sofferma particolarmente su alcuni temi che però non sono gli unici che ha affrontato, come si evince leggendo lo stesso opuscolo oppure consultando, su internet, i siti del senato. Leggo su questi 95,6% di presenze nelle votazioni da parte sua … Di certo non è stato un membro del parlamento assenteista, per curiosità ho spulciato fra le schede degli altri membri, pochi arrivano al 90%, ancor meno arrivano al 95% … Quindi al Senato c’è molto assenteismo? Cosa è che non va? La mia presenza è stata del 95% considerando che a volte non votavo perché ero in missione, magari all’estero, per conto del Senato su questioni come la violenza sulle donne, la rappresentanza di genere, quindi sono stata più presente del 95% ma debbo dire che molti possono risultare assenti perché hanno altri incarichi istituzionali per esempio tra le persone che sono meno presenti ci possono essere i presidenti dei gruppi perché fanno spesso delle riunioni che li portano ad essere

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assenti. Quindi questi dati non sono da prendere proprio come oro colato. Se si guarda poi in generale ai parlamentari, è vero, c’è un livello di assenze molto alto che non fa onore a chi pur investito di un ruolo di rappresentanza in luoghi così significativi non vi resta per il tempo che è necessario. Sono stati 5 anni, duri, difficili, che la hanno vista prendere decisioni importanti, per gli italiani e per se stessa, come quella, dopo anni ed anni, di lasciare il PD per diventare membro del Movimento Democratico e Progressista - Liberi e Uguali, dalle sue parole mi pare di avere capito che è stato il modo con cui Renzi ha portato avanti la guida del partito che la ha spinta a fare questo passo, oppure erro? Certamente il mio profilo personale non è da scissionista perché io amo mantenere fede agli impegni presi ma è certo che quello che è successo è qualcosa di grave. La sensazione per quello che è successo, vissuta da dentro il senato, da dentro le Istituzioni, è che in realtà non fossimo noi ad allontanarci dal PD ma che ci fosse proprio un cambiamento genetico che non ci piaceva, proprio nella gestione di questo partito, ed in questo Renzi ha avuto di certo un ruolo da protagonista. Io lo dico senza rancore nei confronti di Renzi con il quale, da capogruppo in Commissione, ho avuto sempre un buon rapporto e devo dire che anche lui lo ha riconosciuto, con gesti che non erano simbolici ma concreti, anche di stima, mi ha riconosciuto competenza, come per la nomina al Consiglio di Stato che ha voluto lui e non gli era stata mai chiesta, che poi è naufragata per altri motivi, ma che c’è stata ed era anche stata deliberata dal Consiglio dei Ministri, quindi non ho rancore verso questa persona ma non c’è dubbio che ha spinto con il suo comportamento il gruppo che viene definito degli scissionisti ad uscire. Lei personalmente come mai ha deciso di lasciare il PD e seguire gli “scissionisti”? Io non avrei potuto abbandonare questo gruppo umano con il quale ho fatto politica anche perché la scissione è maturata su temi su cui io ero protagonista e parlo in particolare delle leggi elettorali a cominciare dall’Italicum, per finire all’ultimo episodio che ha determinato la nascita di Liberi ed Uguali e l’allontanamento dal gruppo del partito democratico del Presidente Grasso, che riguardava l’altra legge elettorale, il Rosatellum per la quale io avevo

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presentato due pregiudiziali di costituzionalità che ho discusso in aula. Quindi ho avuto un ruolo sui temi che hanno pesato di più anche nei contrasti con il PD. Da quel che mi pare di avere capito, aveva già deciso di ritirarsi, non sarebbe stato più semplice rimanere nel PD? magari ne avrebbe potuto trarre vantaggi Se avessi voluto evitare problemi, visto che come giustamente dice avevo già deciso di non fare più politica, sarebbe stato molto più comodo e facile mettermi da parte, mettermi nel gruppo misto piuttosto che partecipare da protagonista ad un’altra storia, ma non è nella mia indole. Ecco all’altra storia ho partecipato nel costituirla, non ho poi partecipato alla campagna elettorale perché, dovendo rientrare in magistratura, era giusto così ma anche perché ho avvertito che quest’altra storia stentava a crescere e a rimanere fedele al percorso che avevamo avviato in Parlamento. Nel suo opuscolo parla della Commissione Parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle intimidazioni. Problema del quale si stava interessando già prima di approdare al senato. Lei dice che l’iter per giungere ad una conclusione per la proposta che ha fatto da senatore a riguardo non è stato lungo, eppure è durato più di un anno, nonostante fosse chiaro che prendere provvedimenti fosse necessario. Come mai i tempi sono così lunghi? La tendenza è di fare durare le commissioni d’inchiesta per l’intera legislatura. Io non volevo, sono stata io che ho scelto di portarla avanti in tempi rapidi, ho voluto una Commissione agile che riuscisse a deliberare a breve scadenza e non ho visto male in questo. Volevo che i frutti, anche per il lavoro della commissione, si raccogliessero nella stessa legislatura perché se avessi optato per i tempi lunghi, anche lasciando delle relazioni, non so chi avrebbe potuto avere l’interesse e la pazienza di leggerle e di portarle avanti. Quindi io ho scelto per tempi brevi anche perché avevo altri interessi, avevo ipotizzato e stavo portando avanti anche la Commissione sul femminicidio. Anche, nell’ambito delle riforme, si era discusso tanto delle commissioni di inchiesta ma l’elemento critico è che durano troppo e spesso non determinano i risultati auspicati. Per me è stato un tentativo di dimostrare che bisognava lavorare in modo più efficace magari

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più breve, naturalmente su argomenti su cui era possibile, ma poi essere conseguenti. Abbiamo presentato 4 progetti di legge, uno di questi è diventata legge dello stato e credo che questo abbia determinato anche dei cambiamenti nel senso che oggi, ma lo vedremo a distanza di tempo quali saranno i cambiamenti, però oggi l’autorità giudiziaria e le forze dell’Ordine hanno a disposizione strumenti maggiori e diversi per colpire questo fenomeno. Ma è tanto difficile presentare una legge e farsela approvare? E’ molto difficile anche perché non sempre i tempi sono maturi, questa legge a tutela degli Amministratori, da me promossa, è stata approvata a tamburo battente perché ci ha creduto molto il gruppo del PD, ci ha creduto Zanda, Grasso. Le Commissioni di inchiesta servono per disvelare cose che non si conoscono. Per esempio l’inchiesta sulle intimidazioni è stata importante perché non solo l’attenzione delle istituzioni è stata portata su questo fenomeno e non solo per le intimidazioni che ci sono continuamente quanto per il fatto che è venuto fuori che in 40 anni erano state uccise 132 persone e nessuno ne aveva mai parlato. E la maggior parte di queste persone erano state uccise perché lavoravano bene per il territorio. L’altro giorno c’è stato un film in televisione sull’Assessore della Puglia uccisa dalla mafia a soli 33 anni, “Una donna contro tutti: Renata Fonte”. Una storia veramente ben ricostruita che parla proprio di queste minacce verso uomini e donne che si spendono per il bene comune e che vengono minacciati e, a volte, pagano con la via. Perché, mi sono chiesta, perché è così facile minacciare? Perché di fronte a questi episodi la gente, anche gli amici, si girano dall’altra parte? Il motivo è che a molte delle intimidazioni la gente non ci crede e in realtà ad operare sul territorio non ci sono solo persone per bene, ce ne sono tante che per bene non sono, allora è giusto che un Magistrato, che le Forze dell’Ordine indaghino sul serio e con tutti gli strumenti perché se queste intimidazioni sono un richiamo ad un assessore, ad un sindaco, ad un amministratore che non mantiene i patti e quindi è compromesso, anche questo deve venire fuori non deve venire fuori solo l’operato positivo delle persone perbene ma deve venire fuori anche l’operato negativo di chi perbene non è. Altro tema a lei caro è sempre stata la donna,

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ed i suoi interventi a proposito, al senato sono stati molteplici e determinanti. Si stava battendo per fermare i femminicidi poi, per vicissitudini di partito, si è vista sottrarre il privilegio di portarla fino alla fine, non crede che questo possa causare un arresto dell’iter? Parlando del femminicidio la questione è molto complessa. Io ho voluto una commissione di inchiesta, che poi mi è stata sottratta nel senso che nel frattempo c’era stata la scissione quindi il PD ha fatto un accordo con Forza Italia per eleggere un’altra donna come presidente, ed è stato un danno e non perché io avessi diritto a quella presidenza ma perché i compiti della commissione erano stati formulati in maniera coerente con quello che stavamo facendo ed io avrei lavorato, senz’altro, molto più velocemente. Comunque mi sono occupata della parità di genere perché era un tema della prima commissione quindi sul piano istituzionale sono stata relatrice di tutte le leggi che hanno riguardato la rappresentanza politica perché questo era un tema di nostra competenza. Un merito che mi riconosco sicuramente e che voglio condividere è quello di aver fatto una delle leggi sulla rappresentanza di genere a livello europeo più avanzate d’Europa. Si sperimenterà in futuro perché ancora con quel sistema non si è votato ma quella è una legge che, per dirla come una collega che lavorava con me, avrebbe dovuto portare il mio nome. Non l’ho rivendicato quel nome perché ci sono stati troppi disguidi in quella fase ma a mesi di distanza devo dire che il mio apporto è stato determinante. Pare che negli ultimi tempi ci sia stata una recrudescenza nei femminicidi e delle violenze sessuali sulle donne. Lungi dal diminuire, nonostante la massiccia informazione e le numerose raccomandazioni alle donne di denunciare, paiono aumentare. Che chiave di lettura lei dà al fenomeno? Su questo punto specifico sto facendo proprio in questo periodo una riflessione. Molte donne vengono uccise e c’è una ripetitività anche sul modo di uccidere, sugli strumenti che vengono utilizzati, molto spesso il coltello, sui figli che vengono coinvolti e sul fatto che l’autore dell’omicidio spesso si suicidi. Questo mi ha fatto pensare che giochi un qualche ruolo l’emulazione – elemento questo che è anche emerso nel corso dell’inchiesta parlamentare, però, probabilmente fino ad adesso è stata sottovalutato. Allora quando lo Stato decide di alzare il velo su un fenomeno deve poi

essere efficace nel porvi rimedio perché alzare il velo e parlare di una cosa comunque attrae l’attenzione e c’è un effetto emulativo che, anche se minimo, comunque va preso in considerazione. Perché se il rimedio non è efficace si rischia che questo effetto emulativo si faccia sentire. Non sto ovviamente affermando che la causa sia l’emulazione … Più informazione corretta, meno enfasi e maggiore controllo quindi? Sto dicendo che quando si affronta un problema sia esso mafia, sia esso femminicidio, sia esso intimidazione verso gli amministratori, bisogna sapere che bisogna affrontarlo in maniera determinata e in maniera giusta altrimenti si girano le fiction sulla mafia che poi non sai bene se quei ragazzi sono perdenti o vincenti, vengono presentati anche in maniera equivoca, tutto è mafia nulla è mafia. E’ così anche sul femminicidio. Allora io dico che i richiami del Capo dello Stato devono responsabilizzare fortemente il Parlamento e questo tema va affrontato con la dovuta durezza e va affrontato sapendo che bisogna finirla di pensare che quello che succede in un’abitazione privata è un fatto privato! Se all’interno di un’abitazione ci sono due coniugi che vivono la vita normale è sicuramente un fatto privato, ma se all’interno di un’abitazione ci sono prevaricazioni di questo genere e violenze di questo genere è un fatto pubblico non è un fatto privato. Questa è la rivoluzione culturale che dobbiamo operare in ciascuno di noi ma per fare questo ci vuole una legislazione e questo ce l’abbiamo, ma ci vuole soprattutto una discussione, un radicamento dei provvedimenti sul territorio. Devono essere veramente messi in collegamento Prefettura, ASP, scuole, ma in maniera martellante in modo da arginare la violenza. In questi ultimi tempi sono state uccise donne che avevano denunciato i compagni/mariti ma nessun provvedimento era stato preso, con i risultati che sappiamo Bisogna avere un atteggiamento diverso rispetto a quello che si è avuto fino adesso. E’ anche vero che, per esempio, quando è nato lo stalking ci sono state molte denunce. La maggior parte delle denunce sono state denunce serie, di donne che subivano stalking, poi ci sono state una minima parte di donne che ne hanno approfittato per difendersi malamente, tentando di vendicarsi per colpe presunte, con ritorsioni. Purtroppo esiste anche questo

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però un magistrato ha gli elementi per capire se davanti ha una donna che è in difficoltà e nei casi ultimi che sono stati segnalati dai giornali sicuramente si trattava di donne che erano indiscutibilmente da difendere. Quindi serve più coraggio da parte dei magistrati, più determinazione. Sempre a proposito della donna e della sua emancipazione, che ne pensa di Elisa Isoardi che ha affermato, dopo l’elezione di Salvini: “Per amore sono pronta a restare nell’ombra” e, nell’ambito dell’articolo ha ancora detto: “La donna per quanto in vista deve dare luce al suo uomo, e la luce si dà arretrando”, è d’accordo? Secondo lei è dimostrazione di essere “una donna di sani principi. Come ce ne sono ormai poche” come si legge sempre nel suddetto articolo, oppure è un “tornare indietro nei tempi” quando la donna doveva rimanere all’ombra dell’uomo? Non mi pare che stia arretrando molto perché mi è sembrata una ricerca di visibilità anche attraverso l’articolo. Oggi abbiamo tante donne impegnate ed io credo che un rapporto debba essere fondato sul rispetto e sulla collaborazione reciproca quindi è chiaro che se uno lavora di più dell’altro si deve trovare un equilibrio. La verità è che siamo abituati agli uomini che hanno lavori che hanno più visibilità e lavorano di più ma c’è la possibilità di vivere esperienze completamente ribaltate Mi pare che la intervista della signora in questione sia un’intervista discutibile, non mi sembra nemmeno da donna innamorata. Un ricordo, o più di uno, di questi anni da Senatore? Quello che mi porto da quest’esperienza sono i rapporti di stima e di affetto che ho avuto con tantissimi colleghi con i quali abbiamo fatto tanto lavoro. Dall’opuscolo che ho diffuso, dalle cose che abbiamo detto anche oggi, è chiaro che mi dispiace molto che non sia stata la stagione delle Riforme ma sono molto legata alle cose invece che sono state prodotte e che non sono un elenco di cose che ho semplicemente votato ma che ho sentito molto, a parte gli argomenti già citati, il testamento biologico, i minori, il reato di tortura, le unioni civili, il reddito di inclusione. Sono stati cinque anni intensi di impegni che mi hanno coinvolta molto ma anche affaticato. Anche nei momenti più complicati, nella fase in cui si è fatta strada in me la tendenza alla non ricandidatura non ho mai perso di vista che far parte dell’assemblea

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legislativa è un privilegio, un bel ricordo da conservare! Donne al Senato, ce ne sono tante: Maria Elena Boschi, Laura Boldrini, Rosy Bindi, Mara Carfagna, Giorgia Meloni, Emma Bonino, giusto per fare i nomi delle più conosciute, fra le donne citate e quelle che non ho citato ce n’è una che, a suo parere, anche tra quelle che non ho citato, che non dovrebbe ricoprire quel ruolo e qualcuna che, per contro, le pare la donna giusta al posto giusto? Sono molte le donne in Parlamento e molte non sono esenti dai difetti che hanno i politici in generale. Ci sono molte persone che sgomitano, uomini e donne. Nilde Iotti continua ad essere un riferimento anche se troppo lontano. Rosy Bindi ha dimostrato, da Presidente della Commissione Antimafia, che anche un non tecnico, se si impegna, può avere successo in un ruolo che sembrerebbero richiedere precise competenze tecniche. Gli argomenti da lei affrontati nel corso di questi 5 anni sono innumerevoli, così come le leggi che portano la sua firma, con il suo ruolo come Senatore della Repubblica Italiana lei ha consegnato il suo nome alla storia, aldilà di tutto ciò che è stato, ha mai riflettuto su questo? Sì io l’ho avvertito molto, per me è stato un privilegio. Sono convinta che alcuni atti che ho discusso, tipo la pregiudiziale di costituzionalità sul Rosatellum, non resteranno solamente scritti negli atti parlamentari ma che saranno ripresi. Per questo parlo di un privilegio perché poter collaborare a questo livello nella vita di uno Stato è una cosa che mette i brividi. Giornalmente magari non te ne rendi conto fino in fondo ma io per esempio penso ad alcuni interventi che ho fatto, come quello per far sì che i senatori fossero eletti direttamente e non fossero nominati dai consiglieri regionali, che hanno segnato la legislatura e quindi ho avvertito di fare parte della storia parlamentare di questa epoca. Cosa ne pensa delle elezioni di presidenti di camera e senato? 5 stelle alla camera con Roberto Fico e Forza Italia al Senato con Maria Alberti Casellati. Penso che alla fine la soluzione che è stata trovata dai parlamentari sia vincente. Fico è stata persona di cui ho sentito solo parlare bene, è stato nella commissione di vigilanza

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quindi spero che faccia bene. La Casellati che è stata una mia collega poi è stata eletta al CSM adesso poi è tornata al Senato e credo che in questo caso sia un bell’esempio. Anche perché è una donna che ha un curriculum di tutto rispetto, una donna che può far bene. C’erano due donne in lizza per la verità, tutte e due valide, l’altra era molto più giovane io sono molto legata ad Anna Maria Bernini, ma entrambe sono sicuramente donne di valore. Elezioni marzo 2018, il risultato è stato eclatante, un voto di protesta della gente che stanca, vuole un reale cambiamento, Lamezia Terme ha due deputati nelle coalizioni vincitrici, Domenico Furgiuele e Pino d’Ippolito, un suo parere? O un consiglio da dare ai neo eletti? Pino d’Ippolito lo conosco da tanti anni. Il suo rapporto con Grillo credo che risalga ai tempi in cui neanche era in politica. Della sua candidatura prima ed elezione poi non mi sono sorpresa perché il vento era quello. Mi sono molto sorpresa per il risultato della Lega sinceramente è un fenomeno che in Calabria ho capito molto di meno. Sapevo che c’era un’attenzione dei leghisti su questo territorio però pensavo che non sarebbe stato così semplice. Conosco anche Domenico Furgiuele. Speriamo che facciano bene. L’augurio che facciamo ad entrambi è che facciano bene. Naturalmente non so come la Lega possa far bene per la Calabria, considerato lo scarso rispetto del Meridione dimostrato nella passata legislatura. Ci dovrebbe essere un profondo cambiamento. Mi auguro che si verifichi. Stiamo parlando di Lamezia, della sua gente, lei è stata due volte sindaco della città, non posso non chiederle di dirmi la sua su quanto ci è accaduto con questo terzo scioglimento. Di chi le colpe? Non lo posso dire io di chi sono le colpe lo ha deciso chi di competenza, il Ministro dell’Interno, e c’è un giudizio in corso sull’incandidabilità dell’ex sindaco. Io mi limito a dire che è una tragedia per la città e che fino all’ultimo ho sperato che non si verificasse e che spero che almeno la città rifletta seriamente, anche se non sono molto fiduciosa perché era già successo due volte. Già nella campagna elettorale per l’elezione del sindaco io mi sono molto meravigliata quando, nel corso della stessa, cominciavano ad emergere situazioni di arresti e situazioni diciamo così borderline. Penso che ci sia

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stata una grave sottovalutazione ed oggi, più che fiduciosa, ho la speranza che questa volta si capisca come cambiare verso sul serio. Lamezia, e non voglio parlare in concreto di singole persone, ha un difetto molto grosso per chi la guarda da fuori, come una persona che vive a Roma e torna il fine settimana, ha perso il senso proprio delle differenze, infatti si vedono professionisti a braccetto con faccendieri. Quello che accomuna spesso nella borghesia locale le persone è il denaro e questa è una società malata. Io non so qual è la cura ma sicuramente penso che la situazione sia molto compromessa. Altro argomento “dolente” … l’aeroporto, crede che riusciremo a tenercelo? L’aeroporto funziona e quindi non credo si possa perdere. E’ la gestione che non va non l’aeroporto che funziona di suo. Io non solo sono fiduciosa, sono certa che l’aeroporto di Lamezia abbia un destino positivo perché funziona. Dovremmo distruggerlo noi per perderlo e non credo lo faremmo mai. E di questi commissari (uno dei quali si è ritirato) che stanno chiudendo tutto, che stanno immobilizzando la città, cosa ne pensa? Di certo il loro compito non è molto facile nel senso che amministrare una città nella fase di controllo degli atti di verifica, spinge questi commissari ad essere cauti e se un sindaco, un amministratore si prende il rischio di fare aprire un teatro o un palazzetto sulle proprie spalle di certo non lo farà un Commissario. Io spero che trovino una soluzione perché non possono lasciare la città senza impianti sportivi o teatri, Ma più che dare giudizi sui commissari mi auguro che ci sia un livello di tolleranza, rispetto alla loro esperienza e al loro tentativo di lavorare per Lamezia da parte di cittadini. Lamezia “non è una città per giovani”, (parafrasando un famoso film), dico questo perché oramai per i giovani rimanere a Lamezia sembra essere diventato impossibile per la mancanza di posti di lavoro anche se non solo. I giovani studiano fuori e, spesso, rimangono fuori per lavorare, quando addirittura, non si trasferiscono all’estero. Siamo destinati a diventare una città con pochi nicastresi/sambiasini/santeufemesi (non so come dire) e molti immigrati visto che i ragazzi vanno fuori ma il numero dei

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cittadini non cala. È così, è difficile per i giovani rimanere per la mancanza di occasioni di lavoro. La gente spende per i propri figli fior di quattrini e poi chi gode delle competenze dei nostri figli sono le regioni o le nazioni che li ospitano. Se non capisce la classe dirigente che deve lavorare, a tutti i livelli, per trattenerli, se si continua a fare discorsi generici e non si fa a sufficienza anche sul territorio, le cose andranno sempre peggio. La verità è che Lamezia in questo momento vive una crisi rispetto alla presenza femminile e giovanile che è una crisi calabrese e meridionale. Si rischia di arretrare anziché andare avanti. Non so più di quanti giovani ho saputo che sono fuori e che hanno fatto strada altrove. Si è perso il conto, c’è un’intera generazione che si è sistemata fuori dalla Calabria. Possiamo essere contenti dei loro successi però per la città non è certo positivo. Almeno chi lo desidera, dovrebbe poter tornare. L’augurio che faccio è che ognuno si faccia la propria esperienza ma che possa tornare. Magari qualcuno di loro potrebbe essere il futuro sindaco, un gruppo di loro potrebbe allearsi per il governo della città. Sarebbe una cosa veramente bella. Quando ha salutato i suoi elettori, con l’incontro presso la biblioteca comunale, la sala, anzi, le sale erano strapiene. La commozione era tangibile e, sono certa, più di uno sperava in un suo ripensamento No, non è così che l’ho avvertita io, C’era commozione perché tutti sapevamo che si era concluso un periodo, pieno di successi ma finito. E allora queste cose vanno custodite come dei tesori. Tutti abbiamo avvertito, sapevamo che non c’erano più le condizioni. Quindi secondo me ho lavorato per conservare bene quello che avevo costruito. Non ho e non ho né dato forfait, né abbandonato il campo perché in fondo torno a fare il Magistrato che è stato il mio primo amore dal punto di vista lavorativo, anzi il mio grande amore quindi sicuramente oggi nel sentirmi giudice e non più politico non mi toglie nulla anzi mi fa sentire assolutamente a mio agio. I sogni non appartengono ad una generazione, lei ha un sogno nel cassetto? L’altro giorno ho ascoltato Martin Luther King nel suo “I have a dream”, io ho un sogno … è lui che mi ha ispirato, lui aveva un sogno grande, sognava un mondo nel quale fra bianchi e non bianchi non vi fosse differenza, il mio è stato e

continua ad essere un sogno, ben più piccolo, verso la mia città. Perché bisogna sognare, bisogna essere visionari, avere sogni arditi. Ha in mente di scrivere un libro? Adesso no però non è escluso. Un amico che ha avuto una certa influenza sulla mia vita politica mi ha detto una volta che si scrive quando le esperienze finiscono. Quindi mi piacerebbe scrivere ma non adesso. Adesso devo innanzitutto riprendere in mano il mio lavoro di magistrato. Non dubito che riprenderà il suo ruolo di Magistrato portandolo avanti con la stessa passione con la quale si è impegnata in tutto quel che ha fatto. Afferma con sicurezza che, pur interessandosi alla politica sempre non si impegnerà mai più candidandosi per qualche ruolo. Io credo che a molti dispiaccia questa sua decisione. Nell’incontro del 19 gennaio c’era tantissima gente, le sale erano strapiene, c’erano i curiosi e c’eravamo tutti coloro che la seguono da sempre. Parecchi erano gli occhi lucidi mentre lei parlava di questo suo addio alla scena politica attiva. La commozione di Doris era palese nel tono della voce mentre parlava, mentre rispondeva alle domande, commozione che ha trovato la via del pianto liberatorio quando, fra i tanti, Ivan Falvo D’urso l’ha abbracciata, per salutarla, a fine incontro. Non abbiamo parlato di libri, di hobbies, di tempo libero, di animali, ne avevamo già parlato nelle altre interviste, e poi c’era tanto altro da dire. Come ho avuto occasione di dirle, a microfono spento, in questi anni mi è capitato spesso di sentirla parlare alla radio in macchina (l’unico “luogo” nel quale ascolto la radio) o di accendere la tv e di vederla parlare di problemi politici, non di vederla fare salotto, mi sono sentita orgogliosa, come lametina di avere lei come rappresentante. Anche a lei ho fatto la domanda alla Marzullo e lei mi ha chiesto perché la decisione di intervistarla ... La risposta è semplice, perché lei è un personaggio lametino importante, la si può odiare o amare, di certo non la si può ignorare. La frase che ho scelto per lei è di Edvania Paes, anche se i suoi ospiti non sono pochi, sono tanti, sono un’intera città: “Ho il cuore grande, ma con poche stanze e pochi ospiti; preferisco così. Chi ci entra non si sente soffocare, si sente comodo, si sente a casa.”

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Spettacolo

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Pirandello mon amour Lamezia Terme, 16 marzo 2018, Teatro Comunale Grandinetti. Si chiude con un altro omaggio a Luigi Pirandello la ricca stagione teatrale organizzata dall’Associazione AMA Calabria. In scena “L’uomo dal fiore in bocca e altri strani casi” con Edoardo Siravo, Patrick Rossi Gastaldi (che ne firma anche la regia), Stefania Masala, Gabriella Casali. Un décor minimale curato da Lisa Dori De Benedittis, pochi oggetti di scena ad evocare una stanza/studio con una scrivania ingombra di carte e una dormeuse, i bei costumi di Teresa Acone. Tutti i temi del teatro pirandelliano condensati in un atto unico dalla drammaturgia perfetta. Sei le novelle incastonate l’una nell’altra e inframezzate da alcune poesie dell’autore siciliano “Notte insonne”, “Andando”, “Io sono così”. Edoardo Siravo è Pirandello. Schivo, pudico, con la stessa ansia di vivere, la stessa disperazione, la stessa anarchia, lo stesso esilio, la stessa immensità. Seduto alla scrivania attende di dare udienza ai suoi personaggi che prendono corpo sul palcoscenico, non evocati, ma rivendicando il loro “diritto alla vita”. “È mia vecchia abitudine dare udienza, ogni domenica mattina, ai personaggi delle mie future novelle. Cinque ore, dalle otto alle tredici. M’accade quasi sempre di trovarmi in cattiva compagnia. Non so perché, di solito accorre a queste mie udienze la gente più scontenta del mondo, o afflitta da strani mali, o ingarbugliata in speciosissimi casi, con la quale è veramente una pena trattare. Io ascolto tutti con sopportazione; li interrogo con buona grazia; prendo nota de’ nomi e delle condizioni di ciascuno; tengo conto de’ loro sentimenti e delle loro aspirazioni. Ma bisogna anche aggiungere che per mia disgrazia non sono di facile contentatura. Sopportazione, buona grazia, sì; ma esser gabbato non mi piace. E voglio penetrare in fondo al loro animo con lunga e sottile indagine[…]”. E così l’Amina Berardi del fu Francesco, vedova Vismara protagonista della novella “Piuma” nella cesellata interpretazione di Gabriella Casali percorsa da guizzi di crudeltà fine e soddisfatta, molto malata “In quella vana attesa di morte…” e ridotta “… più fragile di quegli insetti d’estate che, a toccarli appena, son lieve polvere d’oro tra le dita.” Poi la giovane Dreetta di “Pubertà” interpretata magistralmente da

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Stefania Masala, con la follia incollata agli occhi mentre stringe al petto una bambola di pezza, ultimo baluardo della sua infanzia che il tempo si sta portando via insieme alla sua giovane vita. Follia che ritroviamo nel protagonista de “La carriola” dove il dissidio tra vita e forma è fonte di un disagio acuto e lucido, che non si appiana più nelle forme consuete della rispettabilità sociale e conduce l’individuo alla frattura tra la propria identità e la tirannia delle convenzioni. Mentre il Matteo Sinagra della novella “Da sé” ripropone il dilemma tra il volto e la maschera, la tragedia del “vedersi vivere” dove la vita diventa caricatura, un momento di assurda follia, uno scherzo del reale. Con “L’uomo dal fiore in bocca” si arriva invece alla denuncia ironica che Pirandello fa, attraverso il singolo caso, dello sgretolamento delle false verità che l’uomo si costituisce illudendosi di dare significato alla propria esistenza. Qui c’è una visione contemplativa della vita nel suo scorrere, nel suo fluire, nel suo non essere forma, attraverso la trasparenza del dominante pensiero della morte. Una visione che Edoardo Siravo rende con un languore quasi decadente e virate di robusta ironia a cui fa da controcanto la smagata consapevolezza del suo interlocutore Patrick Rossi Gastaldi la cui regia intelligente e discreta è visibilmente sorretta da solide basi culturali e di gusto. Ma, soprattutto, è evidente la vocazione delle creature letterarie pirandelliane a tentare di sfuggire alla pena e alla scontentezza della loro esistenza mostrandosi diverse da quelle che sono, facendosi “personaggi” sopra il palcoscenico della vita. Delle loro parole e dei casi umani, lo spettatore è chiamato ad essere testimone distaccato e insieme partecipe, consapevole della forza rivelatrice e contraddittoria della rappresentazione. Pirandello tende a spingerli fuori dalla pagina, in un destino di autonomia dall’atto creativo dell’autore e dalla scrittura che potrà realizzarsi interamente solo sulla scena. È lui a governarli, amarli, ucciderli mentre la funzione della sua drammaturgia è quella di lacerare le scontate certezze della tradizione e della convenzione, di far tacere eroi ed eroine per dar voce a persone imperfette, esaltate nel loro tormento, senza fornire alcuna risposta rassicurante e definitiva. E risulta altresì chiaro che Pirandello non chiede allo spettatore né il consenso, né l’ammirazione, né l’entusiasmo retorico. Chiede che il dubbio affondi in noi le sue radici fino a trasformarsi in dissenso o in rifiuto. Il suo è un teatro che non pacifica ma instilla un vago malessere, un’oppressione quasi. Nessun senso di liberazione dunque. Ecco perché Pirandello non si può non amare e si può odiare, contemporaneamente.

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“FATTI DI MUSICA 2018” parte con il trionfo di LEVANTE. per la cantautrice siciliana il Riccio d’Argento del festival e una lunga standing ovation Teatro gremito ed entusiasmo incontenibile hanno fatto da cornice al concerto di Levante al Garden di Rende, evento d’apertura di “Fatti di Musica 2018”, la trentaduesima edizione del prestigioso Festival del live d’autore nazionale e internazionale ideato e diretto da Ruggero Pegna, che presenta ogni anno in Calabria alcuni dei migliori spettacoli musicali dal vivo, premiandoli con il “Riccio d’Argento” del maestro orafo crotonese Gerardo Sacco. Nella sezione dedicata alle migliori cantautrici italiane, in questa edizione il riconoscimento è stato assegnato proprio a Levante, per il successo internazionale del tour “Caos in teatro”. Prima di approdare in Italia, infatti, ha fatto registrare il “sold out” in tutte le tappe europee: Barcellona, Madrid, Lisbona, Amsterdam, Londra e Parigi. In questi anni, l’ambito premio è stato consegnato ai nomi più celebri della canzone d’autore, da Gino Paoli a Paolo Conte e Francesco Guccini, da Ivano Fossati a Ligabue, fino a star internazionali come, ad esempio, James Taylor e Mark Knopfler, secondo una linea di elevatissimo spessore artistico che ha contraddistinto le scelte del Festival. In questo unico concerto in Calabria del tour, la trentenne cantautrice siciliana, il cui nome di battesimo è Claudia Lagona, è stata accompagnata dalla sua formidabile band: Alessandro Orefice, tastiere, Alessio Sanfilippo, batteria, Eugenio Odasso, chitarre, Mattia Bonifacino, basso, contrabbasso, Lucia Sacerdoni, violoncello, Tommaso Belli, violino. Da grandissimo live, anche gli effetti visivi e la scenografia, progettati da Camilla Ferrari, light designer e Filippo Rossi, visual designer. Dopo la premiazione e la presentazione della nuova edizione del Festival da parte dell’organizzatore, “Caos”, preludio dell’ultimo album, ha dato puntualmente il via al concerto, con la scena velata dallo speciale sipario in microforato, utilizzato anche come megaschermo 3D per le suggestive proiezioni che hanno arricchito il live. Subito dopo, il teatro è esploso con “Alfonso”, vero super hit dell’esordio, incluso nel primo album “Manuale distruzione”, pubblicato nel 2014. L’energia di Levante ha contagiato immediatamente tutti e il concerto si è trasformato in un’autentica festa della musica, con cori, applausi, dialoghi con il pubblico. Ad accendere gli animi dei numerosissimi fan arrivati da tutta la regione, anche diverse incursioni della cantautrice in platea, capaci di scatenare il delirio del pubblico. L’una dietro l’altra, in un live superbo, che si è ben meritato il riconoscimento di “Fatti di Musica” per qualità, bellezza ed eleganza, prodotto magistralmente dalla Otr Live del calabrese Francesco Barbaro, sono arrivate tutte le perle della già ricca discografia di Levante, da “Diamante” a “La rivincita dei buoni”, “Farfalle”, “Io ti maledico”, “1996 La stagione del rumore”, brano da poco in radiodiffusione, fino a “Non me ne frega niente”, “Tutti i santi giorni”, “Le margherite sono salve” e “Santa Rosalia”, cantate da tutto il teatro

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in un brillare di telefonini e occhi lucidi di felicità. “Gesù Cristo sono io” ha chiuso la prima parte del concerto. Nei bis, richiesti a gran voce da un unico coro, si sono susseguiti altri grandi successi: “Ciao per sempre”, “Duri come me”, gli attesissimi “Pezzo di me” e “Abbi cura di te”, brano tratto dall’omonimo secondo album del 2015, che ha concluso lo strepitoso concerto, con Levante e tutta la band sul boccascena a raccogliere l’ interminabile standing ovation a manzi alzate. “Il mio Festival – ha commentato Ruggero Pegna – non poteva iniziare meglio. Un concerto splendido, in linea con le scelte di questi anni. Un premio meritato, un pubblico che, con il suo entusiasmo, ha fatto da meraviglioso co-protagonista. Levante è presente e futuro della migliore musica d’autore italiana, capace di affascinare, incantare e trascinare il suo pubblico, regalando grandi emozioni. La felicità di tutti, soprattutto dei giovanissimi, è il miglior premio a oltre trent’anni di sforzi per assicurare al pubblico calabrese grandi star, eventi di altissimo spessore artistico, ma anche live bellissimi e innovativi”.” “Fatti di Musica 2018” proseguirà il 6 aprile al Teatro Rendano di Cosenza con l’ eccezionale concerto di Noa, alla quale sarà consegnato il Premio “Un Ponte fra le stelle” per l’impegno a favore dei Diritti Umani. Il 17 aprile, la carovana del Festival si sposterà al Teatro Gentile di Cittanova per il concerto-spettacolo di Massimo Ranieri dal titolo “Sogno e son desto… in viaggio!”, a chiusura della stagione teatrale 2018 dell’Associazione Kalomena. La prima parte di “Fatti di Musica 2018” proseguirà nei giorni 8, 9 e 10 giugno allo Stadio San Vito di Cosenza con la prima assoluta nel capoluogo silano del kolossal musicale Romeo & Giulietta, Ama e cambia il mondo, prodotto da David e Clemente Zard. Già confermato per il 17 luglio al Parco Scolacium di Roccelletta di Borgia, in gemellaggio con Armonie d’Arte Festival diretto da Chiara Giordano, anche l’eccezionale concerto di Caetano Veloso con i tre figli Moreno, Zeca e Tom. Sarà la prima volta in Calabria del celeberrimo cantautore ed anche l’unico concerto al Sud di questo grande tour mondiale. A breve saranno resi noti tutti gli altri appuntamenti del Festival. “Fatti di Musica Radio Juke Box 2018” è un progetto storicizzato della fascia A di grandi Festival Internazionali riconosciuti da Regione Calabria e Comunità Europea, per la Valorizzazione del Sistema dei Beni Culturali e per la qualificazione e il rafforzamento dell’attuale offerta culturale presente in Calabria. I biglietti degli eventi sono disponibili in tutti i punti Ticketone e online su www.ticketone.it, tutti posti numerati. Per informazioni è possibile contattare lo 0968441888 o consultare il sito ruggeropegna.it.

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Università della Terza Età e del Tempo libero di Lamezia Terme “Incontri 2018, dedicati alla Cultura Scientifica”

Il Club del libro Accade che un racconto possa non racchiudere in sé l’exploit narrativo che il lettore comune si aspetta come momento di massima tensione al suo interno, tuttavia può comunque fornire tanti spunti e molteplici chiavi di lettura, che lo rendono meritevole di attenzione fino all’ultima riga dell’ultima pagina. E’ il caso dell’interessante opera di Stephanie Hochet, dal titolo falsamente banale “Un romanzo inglese”. L’autrice scrive in lingua francese un’opera che vuol calarsi nella mentalità e nello spirito dell’Inghilterra post-vittoriana, narrando la vita quotidiana al tempo del primo conflitto mondiale: “…vi è un’epoca in cui ogni mattino risveglia promesse di felicità e ogni giorno è foriero di una miriade di possibilità. È tutto lì, a portata di mano, basta volerlo. Basta la vitalità dei corpi per essere felici”, dice Anna Wight, protagonista del romanzo. Al principio – e su ciò concordano tutti i partecipanti al book club - l’opera offre ai lettori una piacevole e rassicurante sensazione di ritorno a casa, alla letteratura classica del mondo britannico dell’epoca in cui è ambientato il racconto: il tempo della letteratura “borghese” di Lawrence, Joyce e anche di Virginia Woolf (uno dei componenti del gruppo di lettura, addirittura, si spinge a dire che quest’ultima, se mai fosse diventata madre, si sarebbe comportata allo stesso modo della protagonista del libro della Hochet). Il personaggio principale, così come anche la persona oggetto delle proprie maggiori attenzioni (George, il bambinaio), usa la letteratura per riflettere sui grandi temi che caratterizzano l’epoca descritta nel romanzo, come il diritto di voto alle donne, le battaglie delle suffragette, il valore della vita del singolo in funzione di un’idea di patria. L’autrice, utilizzando i canoni della letteratura inglese “classica”, spesso ricorrendo a canoni “wildiani” (il personaggio George ne è evidentemente caratterizzato) instilla in Anna Wight l’urgenza di un ordine interiore per contrastare la insoddisfazione e devastazione che la circondano, nonostante quella parvenza di normalità costruita nella fuga dalla capitale in quell’alterità borghese ovattata che perpetua la distinzione sociale tra l’alta borghesia e la servitù, tra “noi” e “loro”. L’arrivo di un bambino dopo anni di vita matrimoniale monotona, è l’occasione

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per Anna Wight di far entrare George nella propria vita, un giovane che mostra da subito di essere capace di comprendere i desideri del bambino, le sue esigenze e le sue prime parole. George, però, dimostra anche la capacità di intuire i pensieri e l’intimità di Anna, riconoscendone (forse lui da solo!) l’anima sensibile e facendo sì che la stessa Anna, con l’arrivo in casa di George, veda aprirsi per se stessa un mondo nuovo, fatto di sintonia e comprensione tra le persone, che finirà con la fine di George… Una fine che da il book club definisce “tragicomica”: George muore per raccomandare ad un’altra persona di stare attento, paradossale. La discussione del gruppo di lettura si arricchisce di ulteriori contributi e, mentre per alcuni il libro è quieto, riflessivo, quasi a segnare un graduale distacco della protagonista dalla propria vita (ne è indicativo il fatto che la narrazione, iniziata in prima persona, proseguita in terza, si conclude con stile quasi storiografico-sociologico), per altri è triste come un mattino d’autunno nella brumosa campagna inglese. Il prossimo appuntamento è stabilito, sempre al Qmè, per il 15 aprile, sempre alle 17:30. C’è però una novità, il tentativo di un esperimento sociologico. I partecipanti all’incontro (come sempre, aperto a tutti) saranno chiamati ad individuare tre aggettivi in generale definitori del genere femminile. La sfida è quella di capire se ogni donna al mondo può ipoteticamente essere definita utilizzando uno dei tre aggettivi generali individuati. Non è chiaro? Troverete maggiori informazioni sulla nostra pagina Facebook! Ad ogni modo, il club del libro dà appuntamento al 10 maggio prossimo a tutti coloro che volessero partecipare all’incontro con Claudio Grattacaso, autore del libro ”La notte che ci viene incontro”. Confrontarsi direttamente con gli autori dei libri di cui si discute nei gruppi di lettura è un’esperienza stimolante in modo spesso inaspettato, soprattutto quando, come capitato di recente al book club nel corso della presentazione del libro di Nicola H.Cosentino, l’autore si stupisce dei significati che la propria opera (divenuta indipendente dall’autore al momento della pubblicazione, come accade per tutte le produzioni artistiche) trasmette ai lettori.

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Il 23 febbraio, l’Uniter ha dato l’avvio a sei incontri programmati di carattere medico-scientifico. L’iniziativa è stata promossa per offrire ai soci e al pubblico presente un’informazione scientifica aggiornata, provvedendo nel contempo alla valorizzazione del patrimonio medico del nostro territorio, e ha riguardato varie tematiche ampiamente trattate dai relatori. Sono stati invitati a svolgere una relazione medici e docenti, specialisti in diverse ti-

pologie di malattie allo scopo di favorirne una più corretta e sicura conoscenza.

In particolare i relatori si sono alternati in diversi giorni con specifiche tematiche e ogni incontro si è avvalso del determinante contributo del dottor Gianni Caruso, componente medico del Direttivo della Uniter. Il 23 febbraio, il dottor Raffaele Di Lorenzo, neurologo, e la dottoressa Lia Pallone, psicologa, hanno affrontato i Disturbi del-

lo Spettro Autistico; il 2 marzo, il dottor Cesare Perri, psichiatra, ha relazionato su: Psiche e dintorni: aspetti evolutivi e regressivi del dubbio; il 9 marzo, il professor Domenico Talia, matematico, fisico e ricercatore dell’Unical, Università della Calabria, ha intrattenuto i presenti su: Sistemi complessi e Evoluzione Artificiale con Automi Cellulari; il 14 marzo, il dottor Giovanni Santo Lio, primario anatomopatologo, ha trattato, approfondendola da più punti di vista, la Storia della Ana-

tomia Patologica come paradigma della ricerca scientifica; il 21 marzo, il dottor Filippo Maria Larussa, dermatologo e infettivologo, Ospedale di Lamezia Terme, ha conferito su: Prevenzione delle infezioni: una lotta secolare a bufale e pregiudizi; infine il 23 marzo, il dottor Michelangelo Iannone, docente e ricercatore del CNR (CZ) , ha conversato con dovizia di particolari su: Dieta Mediterranea e cervello. Tutti gli incontri, tenuti presso la sede della Uniter, in via A. Misiani 4 bis, Lamezia Terme, hanno fatto registrare un notevole successo sia per la numerosa partecipazione e sia per lo scambio di domande e risposte tra pubblico e relatori che ha contribuito a favorire la comunicazione per consolidare una cultura scientifica di base. Lamezia e non solo

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I NUOVI SCENARI PATRIMONIALI DELLA FAMIGLIA IN CRISI: DIRITTI E DOVERI Convegno AIGA Lamezia Terme Venerdì 2 marzo 2018 alle 15:30, presso la sala convegni del Savant Hotel di Lamezia Terme, si è tenuto il convegno dal titolo “I NUOVI SCENARI PATRIMONIALI DELLA FAMIGLIA IN CRISI: DIRITTI E DOVERI”. Si è trattato del primo evento formativo della sezione AIGA di Lamezia Terme tra quelli in programma per l’anno 2018. L’incontro - che ha visto la partecipazione di una platea gremita di avvocati del foro lametino e di diversi fori calabresi, oltre che la presenza di membri delle sezioni AIGA di Locri, Palmi e Catanzaro – è stato dedicato all’approfondimento di tematiche, quali quelle dell’assegno di separazione e divorzio, del mantenimento dei figli e dell’individuazione delle spese straordinarie, certamente molto attuali e dibattute nell’ambito del diritto di famiglia. L’evento ha visto come ospiti e relatrici due autorevoli professioniste, l’avv. Ida Grimaldi - Cassazionista e componente della Commissione Diritto di Famiglia dell’Ordine Avvocati di Vicenza, Delegata Nazionale di Cassa Forense ed autrice e curatrice del volume “Trattato operativo di diritto di famiglia”, edito da Maggioli nel maggio 2017 - e l’avv. Paola Carello – Cassazionista e Presidente della Camera Civile del foro di Cassino, nonché Vice Presidente del Consiglio Distrettuale di Disciplina di Roma. Il convegno è stato introdotto e moderato dall’avv. Elisa Gallo, Tesoriere della sezione AIGA di Lamezia Terme, la quale ha spiegato come l’idea di organizzare tale evento formativo sia nata da una sua collaborazione con l’avv. Ida Grimaldi, esperta di diritto di famiglia ed autrice di numerose pubblicazioni e curatrice di volumi in materia. Il Convegno si è aperto con i saluti dell’avv. Giuseppe Borrello, Presidente

della locale sezione AIGA, e dell’avv. Antonello Bevilacqua, Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Lamezia Terme, che ha patrocinato l’evento. È intervenuta, inoltre, l’avv. Giovanna Suriano, in qualità di Tesoriere Nazionale e membro dell’Ufficio di Presidenza dell’AIGA, nonché l’avv. Nicolina Perri, Presidente della Camera Minorile di Lamezia Terme. Nel corso del convegno, sono stati affrontati i temi dell’assegno di separazione e divorzio e del mantenimento della prole, con particolare riferimento ai recentissimi interventi giurisprudenziali e normativi che hanno inciso in modo profondo sulla natura, sui fondamenti ed i requisiti di questi istituti. Nel corso dell’introduzione, l’avv. Elisa Gallo ha evidenziato come, nel caso in cui la famiglia entri in crisi e si apra un procedimento di separazione e di divorzio, un aspetto centrale venga assunto dalla regolamentazione delle questioni patrimoniali, che costituiscono certamente il piano su cui maggiormente si concentra la litigiosità e la conflittualità delle parti. È facile intuire - e gli avvocati che si occupano quotidianamente di separazioni e divorzi lo sanno bene - che in questi casi, sebbene le predette questioni attengano formalmente al profilo economico, le loro implicazioni non si arrestano esclusivamente al piano prettamente patrimoniale, ma finiscono per involgere anche altri aspetti attinenti alla sfera personale ed esistenziale delle parti, andando quindi ad incidere anche sui rapporti interpersonali tra i coniugi e tra questi ultimi ed i figli. Tali rapporti sono costituiti da un complesso insieme di diritti e doveri reciproci che si intrecciano tra di loro e che trovano il loro fondamento costituzionale negli artt. 29 e

30 della nostra Carta Fondamentale. Col matrimonio, i coniugi assumono non solo l’obbligo reciproco alla fedeltà, alla coabitazione ed alla collaborazione, ma anche all’assistenza morale e materiale. Nel caso di separazione, alcuni di tali obblighi vengono meno (come il dovere di fedeltà e coabitazione), mentre l’obbligo all’assistenza materiale e quindi al mantenimento permane, giustificando quindi la corresponsione di un assegno separativo. Nel caso di divorzio, invece, si determina lo scioglimento del vincolo coniugale e di conseguenza vengono meno tutti gli obblighi che discendono da esso. Pertanto il fondamento dell’assegno divorzile non è più costituito da un dovere di assistenza coniugale, bensì da quello che viene definito come dovere di solidarietà post-coniugale e la possibilità di ottenere il riconoscimento di un assegno divorzile sarà subordinata al ricorrere dei presupposti previsti dall’art. 5 della legge 898 del 1970 sul divorzio. Entrando nel cuore dell’incontro, l’avv. Ida Grimaldi ha affrontato il primo tema, dal titolo “ASSEGNO DI SEPARAZIONE E ASSEGNO DI DIVORZIO NEI NUOVI SCENARI GIURISPRUDENZIALI”. Dopo un excursus sull’evoluzione socioculturale e normativa del diritto di famiglia, sono stati poi illustrati i più recenti orientamenti giurisprudenziali in tema di assegno di separazione divorzio: in particolare, l’avv. Grimaldi si è soffermata sulle innovative sentenze della Corte di Cassazione n. 11504 e 11538 del maggio 2017, con cui è stato superato il precedente consolidato orientamento che ancorava l’assegno di divorzio al parametro del tenore di vita matrimoniale, ed è stato individuato come nuovo parametro per

la determinazione dell’assegno il diverso criterio dell’autosufficienza economica dell’ex coniuge che lo richiede. L’avv. Paola Carello ha poi affrontato il secondo tema del convegno, con un intervento dal titolo “MANTENIMENTO DEI FIGLI E SPESE STRAORDINARIE TRA NORME, GIURISPRUDENZA E “LINEE GUIDA”. Com’è noto, i genitori assumono nei confronti dei figli dei doveri di diretta derivazione costituzionale (art. 30 Cost.), relativi all’istruzione, all’educazione e al mantenimento della prole. Tali doveri costituiscono il contenuto della responsabilità genitoriale, la c.d. vec-

Hotel

chia potestà genitoriale, che si acquista al momento stesso della procreazione - nel momento in cui si mette al mondo un figlio - e che non cessa nemmeno a seguito di rottura del vincolo coniugale per effetto di separazione o divorzio. Anche in questi casi, pertanto, permarranno in capo ai genitori separati o divorziati i doveri di istruzione, educazione e mantenimento della prole. E proprio il tema del mantenimento dei figli e dell’individuazione delle spese straordinarie è spesso terreno di forti contrasti, dal momento che non è raro assistere a casi in cui i coniugi si fanno la guerra per stabilire quali spese siano da conside-

rarsi ordinarie e pertanto rientranti nell’assegno mensile di mantenimento, e quali invece siano da considerarsi extra assegno e quindi ‘‘straordinarie’’, ovvero siano necessarie per far fronte ad eventi imprevedibili o caratterizzati da eccezionalità e occasionalità, e quali vadano preventivamente concordate o meno. Tutto ciò determina rilevanti conseguenze negative, che si riverberano certamente sulla serenità dei figli, spesso tra i principali soggetti a farne le spese. Nel corso dell’intervento si è fatto riferimento alla diffusione di prassi differenti da Foro a Foro in ordine a tali distinzioni, rilevando come più tribunali in Italia abbiano stilato dei protocolli di intesa o delle linee-guida volte a chiarire quali voci di spesa debbano essere considerate straordinarie ed evidenziando la frammentazione che ne consegue e che certamente non facilita la gestione del conflitto familiare. Sono stati quindi illustrati i diversi arresti giurisprudenziali che si sono susseguiti sul punto al fine di chiarire la distinzione tra spese ordinarie e spese straordinarie, nonché la necessità di preventiva concertazione delle stesse. Si è provveduto, infine, ad illustrare le c.d. “linee guida in materia di mantenimento dei figli”, recentemente elaborate dal Consiglio Nazionale Forense - l’istituzione di autogoverno dell’avvocatura – nel tentativo di superare la frammentazione cui si è assistito in relazione al trattamento economico da riservare ai figli. Se ne sono tuttavia evidenziate le criticità ed il carattere non vincolante delle stesse, da cui quindi ci si può anche discostare quando ciò sia necessario al fine di regolamentare al meglio il singolo caso concreto. Il convegno si è poi concluso col saluto dell’avv. Andrea Parisi, Coordinatore regionale AIGA per la Calabria.

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Il nostro territorio

Tre Anniversari a Lamerzia Terme nel 2018: mons. Vittorio Moietta, don Saverio Gatti, il sen. Arturo Perugini In questo 2018, di cui sono ormai trascorsi quasi quattro mesi, oltre al 50esimo anniversario della creazione di Lamezia Terme, ne sono ricorsi anche alcuni altri di personalità lametine che hanno ricoperto un ruolo importante nella storia della nostra città. Ne ricordo tre. Il primo riguarda il 55esimo anniversario della morte di mons. Vittorio Moietta, il vescovo piemontese della diocesi di Nicastro dal 19 marzo 1961, data delle sua ordinazione episcopale in Casale Monferrato, al 1° aprile 1963 (giorno della sua morte). L’attività pastorale di questo grande presule, personalità così vibrante di calore umano e ricca di efficacia comunicativa, racchiusa in appena due anni (quelli della sua vita terrena trascorsa come vescovo nella diocesi nicastrese dal giorno dell’entrata nella sua diocesi il 25 aprile 1961 al giorno della sua morte che ho sopra menzionato, appunto) ha travalicato i decenni, si è incastonata nella storia della città ed è giunta, fino ai nostri giorni, fulgida e incontaminata nella memoria e nella venerazione di coloro che l’hanno conosciuto e ne hanno apprezzato la tempra paolina di grande missionario tra le genti del comprensorio lametino. E’ ricorso, ancora, ed è il secondo che voglio riportare alla memoria, il 35esimo anniversario della morte di don Saverio Gatti (avvenuta il 15 febbraio 1983), sacerdote che per quasi 38 anni ha svolto il suo mi-

nistero presbiterale nella nostra città, educandone generazioni di giovani. In mezzo a loro questo piccolo/grande prete ha testimoniato con coerenza e radicalità, fino all’ultimo giorno della sua vita, la fiducia e l’abbandono nelle braccia della misericordia del Dio di Gesù Cristo in cui fermamente ha creduto, animato da una profonda fede interiore che, quando è sincera ed intensa, come quella di cui lui ha dato testimonianza, smuove veramente le montagne e ne fa sobbalzare le fondamenta. E’ ricorso, infine, il 35esimo anniversario della morte del senatore Arturo Perugini (avvenuta il 6 aprile 1983), importante uomo politico, passato alla storia cittadina soprattutto come colui che riprese, nel 1963, l’idea della creazione di Lamezia Terme attraverso la unificazione dei tre esistenti comuni di Nicastro, Sambiase e Santa Eufemia Lamezia, ne concepì il disegno di legge, lo presentò alle competenti Commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica e ne seguì l’iter legislativo fino alla sua definitiva approvazione. Quest’idea, un sogno, era maturata e si era andata strutturando, attraverso tappe successive, nel seno della società lametino/nicastrese nel corso dei decenni, dopo il suo primo concepimento per opera del senatore Salvatore Renda nella seconda metà degli anni Venti. Ecco perché a me

sembra risibile e banale (oltre che storicamente infondata) rivendicarne, da questo o quello o quell’altro, ancora, la primazia. Per merito dell’apporto determinante di mons. Renato Luisi, altro grande vescovo pro-tempore della diocesi nicastrese dal 1963 al 1968 (anno in cui volontariamente chiese di poter partire come missionario in Brasile) succeduto proprio a mons. Moietta, e del ruolo significativo dei due relatori, l’on. Salvatore Foderaro alla Camera e il sen. Fausto Bisantis al Senato, il senatore nicastrese portò a compimento il progetto di legge n. 6 del 4 gennaio 1968, impegnando, per questo obiettivo, la sua incisiva attività parlamentare. Se don Saverio e il sen. Perugini furono cittadini lametini per diritto di nascita, mons. Moietta, piemontese, nativo di Casale Monferrato, una volta nominato vescovo di Nicastro lo diventò per scelta personale perché fin dall’inizio della sua vicenda episcopale si sentì nostro concittadino a tutti gli effetti. Della nostra gente e del nostro territorio s’innamorò intensamente e per essi s’impegnò con dedizione tanto religiosa che civile….. “CON VOI E PER VOI QUI HO SCELTO DI VIVERE E DI MORIRE……”, scrisse nel suo testamento spirituale. E tenne fede alla sua promessa fino alla morte…… ed oltre! Oggi, infatti, le sue spoglie mortali riposano, tumulate in un monumento marmoreo,

entro la bella Cattedrale della nostra città, fatta edificare dal vescovo mons. Tommaso Perrone sulle fondamenta di quella preesistente dopo che l’originaria era crollata in seguito al terrificate terremoto che aveva colpito il Lametino nel 1638. D’altro canto, uno dei primi atti del sen. Perugini, in qualità di sindaco di Nicastro, fu proprio quello di conferire al Grande Casalese la cittadinanza onoraria e d’intestargli, dopo la morte, una via della città. Questa breve riflessione su Vittorio Moietta, Saverio Gatti e Arturo Perugini, m’induce a pensare che le loro vite, in relazione alla storia della nostra città, per alcuni aspetti si siano assomigliate e che, quasi, un filo rosso le abbia nel medesimo tempo attraversate e tenute, idealmente, legate insieme. Questo legame è, forse, consistito nell’essersi caratterizzate, queste tre straordinarie Personalità, per una intensa ispirazione religiosa e/o civile, averne trasfuso la forza interiore nella loro attività religiosa e/o pubblica ed essere state coerenti con questa impostazione esistenziale. Esse sono apparse, nell’immaginario collettivo lametino, accomunate anche da una ulteriore caratteristica: la capacità di realizzare, con decisione e senza ripensamenti, i progetti che credevano andassero realizzati, e dall’attitudine a parlare all’animo umano porgendo con chiarezza il messaggio in cui tali progetti trovavano concretezza ed in cui loro credevano. Il vescovo mons. Vittorio Moietta e don Saverio Gatti, oltre ad essere dotati di una

grande Fede religiosa che sorreggeva, come ho detto sopra, una altrettanto intensa inquietudine pastorale, non furono certo insensibili alle problematiche sociali, civili, politiche più urgenti e gravi dei loro tempi, che riguardavano soprattutto la Carità, intesa come amore per i più deboli e poveri, gli emarginati e, più in generale, la promozione della città e della più vasta area del territorio di Lametia. L’avvocato Perugini fu l’uomo politico lametino che rappresentò, per alcuni decenni, con ruoli di primo piano, la Democrazia cristiana, il partito dei cattolici italiani che della Dottrina sociale della Chiesa ha fatto, durante la sua quasi cinquantennale esistenza, la fonte che ne ha ispirato le politiche economiche e sociali per la ricostruzione dell’Italia prima e dell’avvio del suo sviluppo, successivamente. Di alcune di queste politiche, concernenti l’ambito territoriale nel quale ha esercitato il suo mandato amministrativo e politico, il senatore lametino fu uno dei promotori e realizzatori. Peccato che in occasione della recente “celebrazione” del 50esimo anniversario della creazione di Lamezia Terme, si sia tentato di far passare, reiteratamente, il falso ed infondato messaggio che Arturo Perugini sia stato l’unico, il solo uomo politico a cui si deve interamente la creazione di Lamezia Terme, (ma, mi domando, sommessamente: cui prodest, alla fin fine??) e non si sia manifestato il minimo senso di “gratitudine” verso il Vescovo, mons. Renato Luisi (ed insieme a lui ver-

so i due parlamentari calabresi, Salvatore Foderaro e Fausto Bisantis) che per la creazione di Lamezia giocò una fondamentale, decisiva partita. E con quanta sapienza politica, la giocò! E quanto efficacemente, la giocò! E si sia taciuto, inoltre, dei due Grandi costruttori di pace e di rinnovamento spirituale, umano e sociale quali furono mons. Vittorio Moietta e don Saverio Gatti. I quali, all’unisono, con gli strumenti a loro congeniali, operarono proprio nel medesimo torno di tempo in cui il discorso sulla creazione di Lamezia stava nascendo ed andava crescendo. Non ci resta che riporre la nostra fiducia e speranza nell’avvenire di giorni migliori. Allorchè uomini culturalmente più preparati e civilmente avveduti, all’altezza di una situazione complessa, consapevoli e conoscitori della storia e della cultura, antiche e recenti del Lametino (ch’è “depositario di una cultura antica di tre millenni….”) e di Lamezia, sappiano cogliere le occasioni che loro si potranno eventualmente offrire per celebrare, con gli strumenti e le modalità più appropriati ed efficaci che si debbono utilizzare in presenza di simili ricorrenze, la creazione di Lamezia e ne sappiano onorare degnamente i suoi innumerevoli figli che, in tanti settori della vita civile, sociale, letteraria, religiosa cittadina hanno profuso la loro scienza e sapienza. La loro santità. A cominciare da coloro che, all’inizio e nel corpo di quest’articolo, ho più volte menzionato.

Satirellando

Nella vita, spesso, ti imbatti in persone: archetipi di strana antichità, su cui, di certo, Molière avrebbe imbastito intere opere teatrali. Non avendo quella potenza letteraria di affabulazione e teatralità, la satira mi si confà, di gran lunga: è incisiva, rapida, tagliente, ma non troppo. Mitiga la mia innata delicatezza femminile, con quel tocco di ruse acuta, che molti, in una donna, non credono sia possibile e che, invece, proprio in noi donne, è più vicina alla precisione di un filo a piombo, a volerla soltanto rivelare… Altro che quote rosa! E par che lo vedi, il tipo a cui la satira è dedicata. Se conosceste il suo volto da girino, vi sbellichereste dalle risate: è, da me, dipinto come in un gran bel quadro…

UN TRACOTANTE

Orsù, via, seduta stante, presto, in riga, un tracotante: lo si ponga alla berlina, perché abbassi la crestina! Or lo vedi passeggiare come al suon delle fanfare: pag. 14

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Lamezia e non solo

Lamezia e non solo

sembra, in capo, abbia un pennacchio, ma non vale manco un cacchio! Per favore, non ridete: quando parla, pare un prete! Dicon viva d’erba medica, per poter fare la predica,

screditando, indiscusso, tutto ciò che chiama lusso: serve lettera papale, pur se compri anche un giornale! Ma guardate ‘sto cretino: ha la faccia del girino!!!

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Il nostro passato

Il matrimonio ‘ncannistrinu

«Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l’occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e a Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire.» (Sandro Pertini proclama lo sciopero generale, Milano, 25 aprile 1945) L’anniversario della liberazione d’Italia (anche chiamato festa della Liberazione, anniversario della Resistenza o semplicemente 25 aprile) è una festa nazionale della Repubblica Italiana che ricorre il 25 aprile di ogni anno.

È un giorno fondamentale per la storia d’Italia ed assume un particolare significato politico e militare, in quanto simbolo della vittoriosa lotta di resistenza militare e politica attuata dalle forze partigiane durante la seconda guerra mondiale a partire dall’8 settembre 1943 contro il governo fascista della Repubblica Sociale Italiana e l’occupazione nazista. Il 25 aprile 1945 è il giorno in cui il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI) – il cui comando aveva sede a Milano ed era presieduto da Luigi Longo, Emilio Sereni, Sandro Pertini e Leo Valiani (presenti tra gli altri il presidente designato Rodolfo Morandi, Giustino Arpesani e Achille Marazza) – proclamò l’insurrezione in tutti i territori ancora occupati dai nazifascisti, indicando a tutte le forze partigiane attive nel Nord Italia facenti parte del Corpo Volontari della Libertà di attaccare

Su proposta del presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, il principe Umberto II, allora luogotenente del Regno d’Italia, il 22 aprile 1946 emanò un decreto legislativo luogotenenziale (“Disposizioni in materia di ricorrenze festive”) che recitava: «A celebrazione della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1946 è dichiarato festa nazionale».

La ricorrenza venne celebrata anche negli anni successivi, ma solo il 27 maggio 1949, con la legge 260 (“Disposizioni in materia di ricorrenze festive”)[6], essa è stata istituzionalizzata stabilmente quale festa nazionale: «Sono considerati giorni festivi, agli effetti della osservanza del completo orario festivo e del divieto di compiere determinati atti giuridici, oltre al giorno della festa nazionale, i giorni seguenti: [...] il 25 aprile, anniversario della liberazione;[...] »

Da allora, annualmente in tutte le città italiane –specialmente in quelle decorate al valor militare per la guerra di liberazione– vengono organizzate manifestazioni pubbliche in memoria dell’evento. La tra gli eventi del programma della festa c’è il solenne omaggio, da parte del Presidente della Repubblica Italiana e delle massime cariche dello Stato, al sacello del Milite Ignoto con la deposizione di una corona d’alloro in ricordo ai caduti e ai dispersi italiani nelle guerre. Per concludere 2 frasi celebri dedicate a questa ricorrenza civile: i presidi fascisti e tedeschi imponendo la resa, giorni prima dell’arrivo delle truppe alleate; parallelamente il CLNAI emanò in prima persona dei decreti legislativi, assumendo il potere «in nome del popolo italiano e quale delegato del Governo Italiano», stabilendo tra le altre cose la condanna a morte per tutti i gerarchi fascisti, incluso Benito Mussolini, che sarebbe stato raggiunto e fucilato tre giorni dopo.

«Arrendersi o perire!» fu la parola d’ordine intimata dai partigiani quel giorno e in quelli immediatamente successivi.

Entro il 1º maggio tutta l’Italia settentrionale fu liberata: Bologna (il 21 aprile), Genova (il 23 aprile) e Venezia (il 28 aprile). La Liberazione mise così fine a venti anni di dittatura fascista e a cinque anni di guerra; la data del 25 aprile simbolicamente rappresenta il culmine della fase militare della Resistenza e l’avvio effettivo di una fase di governo da parte dei suoi rappresentanti che porterà prima al referendum del 2 giugno 1946 per la scelta fra monarchia e repubblica – consultazione per la quale per la prima volta furono chiamate alle urne per un voto politico le donne – e poi alla nascita della Repubblica Italiana, fino alla stesura definitiva della Costituzione.

Fra poco sarà il 25 aprile. Una data che è parte essenziale della nostra storia: è anche per questo che oggi possiamo sentirci liberi. Una certa Resistenza non è mai finita. (Enzo Biagi)

Il matrimonio (‘ncannistrinu), in alcuni era invalsa l’idea di invitare ma il tempo passava ed ella pur di corrisponderebbe, secondo quanto ci il curato in casa propria, simulando la nascondere la sua gravidanza, indossava spiega il prof. Raffaele Lombardi Satriani, necessità di aver bisogno dell’estrema sempre la gonnella sciolta anziché raccolta al matrimonio clandestino e rappresentava unzione, e sempre alla presenza di due sulla coda. La gente, accortasi del suo la corruzione popolare celebrando il testimoni pronunciare poi, le fatidiche stato sparlava, e a chi voleva documentarsi Un mondo diegustose matrimonio senza pubblicazioni senzaspecialità frasi. Anche se i racconti ancora esistono, circa la condizione civile della ragazza, l’approvazione del parroco. Verso il 1808, i ricordi risultano alquanto labili e sbiaditi veniva risposto ironicamente che era furono parecchi i matrimoni celebrati con dal tempo, circa questo matrimonio, senza maritata “ncannistrinu”. Il tempo, così questo rituale che ritraeva le sue origini pompa, confuso col matrimonio affrettato, passava e dopo la nascita del bambino don Fragrante spianata farcita con prosciutto e mozzarella dal celebre romanzo di A. Manzoni “I ed e sfociato nella fhujitina degli innamorati. Gasparru si sposò veramente, ma con una una dorata panatura Promessi Sposi” - avvolta Questoinmatrimonio, A Gizzeria a tal proposito, si racconta nobile del paese, così Mariuzza, rimase rappresenterebbe l’ultima spiaggia, dei che Don Gasparru ….nobile, blasonato, sola, con un figlio da sfamare. Pertanto, giovani sposi, i quali impossibilitati dalla dell’epoca, ebbe una relazione con il termine ‘ncannistrino, viene ricordato burocrazia ecclesiastica a coronare il loro per evidenziare una situazione familiare “Mariuzza” giovane e bella del sogno d’amore, per fatti scoperti durante luogo, questo le promise che avrebbe di convivenze clandestine e con figli le dovute pubblicazioni, ricorrevano illegittimi. Secondo altri, “ncannistru” regolarizzato al più presto il matrimonio, alla forma clandestina pur di vedersi voleva significare un matrimonio contro riconoscere la loro unione. Due compari voglia, cioè, una donna costretta a sposare Prodotto da friggere disposti ad aiutare i giovani sposi per necessità un uomo indesiderato. In Pronto forno (F) comparivano al momento opportuno, in altri paesi, del lametino, Conservare a -18°Csi raccontava, che sacrestia, per distrarre l’attenzione del ncannistru fosse il matrimonio “npina e Shelf life 12 mesi curato con altri problemi, permettendo vita” cioè il matrimonio che regolarizzava CODICE PESO PEZZI PER CARTONI così, con la complicità della notte, ai l’unione clandestina di due persone, CONFEZIONE PRODOTTO UNITARIO CARTONE PER PALLET giovani sposi di apparire improvvisamente quando uno dei due coniugi stesse sul PANCSP 4,5 Kg 150g 30 108 pronunciando la fatidica formula “questo punto di morire. Un rito necessario, FPANCSP 4,5 Kg 55g 90 108 è mio marito, questa è mia moglie”, alla celebrato d’urgenza alla presenza di due presenza del curato e dei due testimoni testimoni, per presentarsi con la coscienza SENZA GRASSI e convalidare così, il loro matrimonio a pulita al cospetto di Dio, legittimandone IDROGENATI tutti gli effetti. Se riuscivano a completare la prole e trasferendo alla moglie dignità e le frasi, il matrimonio doveva essere diritti prima inesistenti. trascritto sui registri e riconosciuto a tutti gli effetti. La chiesa, intervenne Michele Maruca Miceli per frenare questo continuo dilagare e Gizzeria Cz anche per salvaguardare la sacralità e Storico-Ricercatore la solennità del rito e per esercitarne il delle tradizioni popolari suo predominio. Si racconta, infatti, che

Spianata in Carrozza

FESTA DELLA LIBERAZIONE, ANNIVERSARIO DELLA RESISTENZA O SEMPLICEMENTE 25 APRILE

Si dice che è una festa che dovrebbe unificare gli italiani. Ci sono dei connazionali con cui non mi sento unito; se in alcune parti d’Italia si può immaginare una propensione naturale alla pulizia etnica, io non mi sento unito. Se trovo un sindaco che immagina di dover punire dei bambini per stigmatizzare l’atteggiamento delle loro famiglie, io non mi sento unito a quel sindaco. Se c’è chi pensa che l’omofobia, il razzismo, la xenofobia, la mitologia negativa del diverso, siano ingredienti con cui convivere, io non mi sento di unirmi a chi pensa che l’intolleranza sia un fatto naturale. (Nichi Vendola)

Ed è subito festa

Il termine effettivo della guerra sul territorio italiano, con la resa definitiva delle forze nazifasciste all’esercito alleato, si ebbe solo il 3 maggio, come stabilito formalmente dai rappresentanti delle forze in campo durante la cosiddetta resa di Caserta firmata il 29 aprile 1945: tali date segnano anche la fine del ventennio fascista. pag. 16

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Sport

Sport

Panoramica con la first lady della Royal Team Lamezia. “Ragazze non mollate!”

Maria Giovanna Quattrone vince la coppa a La Thuile

CLAUDIA VETROMILO

“IL MEGLIO DEVE ANCORA VENIRE!”

“Il Napoli non molla? Neanche noi! Riporteremo grandi manifestazioni a Lamezia” Royal Team Lamezia nuovamente in vetta, precisamente dopo il 6-0 in un PalaSparti sempre vitato al pubblico, contro il Vittoria lo scorso 25 marzo, approfittando del primo dei due consecutivi del Napoli, che aveva scalzato la squadra di Ragona dal primo posto tre settimane prima. Una Royal in ripresa dopo il periodo opaco di febbraio, culminato col tonfo interno di inizio marzo contro il Palermo. Quindi la sosta per la Final Four di Coppa Italia, a cui la Royal non ha partecipato dopo i due pass delle edizioni di Pesaro ed in casa a Lamezia, battuta in finale dal Sandos. Quindi la ‘resurrezione’ prima ad Ottaviano, dove un’ottima Royal ritornata agli antichi livelli di concretezza, spirito di sacrificio e voglia di vincere, ha calato il poker con doppietta di Losurdo e gol di Manitta e Fragola. Alla vigilia della trasferta di Taranto l’8 aprile (al momento di andare in stampa) che potrebbe essere fondamentale per staccare il Napoli, ancora a riposo per l’ultimo personale turno di stop, abbiamo ascoltato la presidente Claudia Vetromilo. La moglie del presidente Nicola Mazzocca è come sempre concisa ma egualmente diretta ed esaustiva, cercando di caricare le sue calcettiste per queste ultime quattro gare di campionato. Sta a loro comprendere come ci sia in palio qualcosa in più di un ‘semplice’ – si fa per dire – salto nell’olimpo del futsal. Di mezzo c’è (ci sarebbe) anche il loro futuro professionale che sicuramente avrebbe il giusto, meritato e legittimo riscontro in caso di epilogo positivo. Presidente Vetromilo, iniziamo dalle cose belle. Dopo un brutto periodo a fine marzo la Royal è tornata in vetta agganciando il Napoli e alla ripresa c’è la possibilità di staccarlo. Sembra rivedersi la Royal della prima parte del torneo? “Sembra di sì, lo spero sicuramente, soprattutto per i sacrifici fatti in questa stagione, ma non solo” Sempre cose belle: contro il Vittoria, prima della sosta pasquale, sono ritornate al gol Linza e De Sarro, e si sono confermate in zona-gol atlete dello spessore di Losurdo (25 gol) e Primavera (19), e ad Ottaviano s’è rivista la Royal d’un tempo. C’è da essere ottimisti, anche se Napoli non molla? “Anche noi non molliamo ovviamente. Il torneo entra nel vivo e mi

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auguro che riusciamo ad essere all’altezza del compito che ci aspetta”. Ti aspettavi questi alti e bassi della squadra: prima parte ottima, poi il calo dalla sosta di Natale… “Ad essere sinceri mi aspettavo un calo ma non così, la pausa di Natale non ci ha giovato, tutta colpa dei panettoni”. A differenza degli altri anni, Ragona ha mantenuto ‘salda’ la panchina nonostante qualche turbolenza: da donna perché tante ‘problematiche’ nel calcio femminile, non che il maschile sia esente? “Le squadre femminili sono sempre più difficili rispetto al maschile. Se voi maschi litigate dopo un po’ fate pace e scordate tutto. In generale le donne sono più difficili da gestire, per cui agli allenatori serve molta più pazienza che nel maschile. Un plauso va a Ragona che è stato eccellente perché nonostante qualche problematica anche qui, ha cercato di mantenere almeno in campo un equilibrio”. Anche quest’anno la società presieduta da te e da Nicola Mazzocca non ha lesinato energie e risorse per consolidare il futsal femminile in città. Ed i risultati soprattutto in campionato, con la Royal mai scesa dalla prima o seconda posizione, si stanno vedendo. La città come ha risposto? “La città ha risposto bene, il calore dei nostri tifosi si sente ovunque, purtroppo però dopo gli ultimi avvenimenti che portano alla chiusura del palazzetto dello sport è la squadra a risentirne. Essere caricate prima di una partita dal loro tifo è qualcosa di ineguagliabile, è il sesto uomo (donna) in campo”. Ho scritto spesso che i cicli di una squadra inevitabilmente finiscono, ma da 5 anni a non finire è invece la passione che voi Presidenti avete fatto nascere in città attorno al futsal, basti vedere il PalaSparti pieno – pensiamo soltanto alla Final Eight dell’anno scorso, ma non solo - quando vi si poteva accedere. Cosa pensi al riguardo? “Sono ottimista: riporteremo manifestazioni dello spessore Final Eight molto presto a Lamezia Terme. Qui non si molla nulla!”. Dulcis in fundo: al terzo tentativo microfono aperto alla squadra, cosa ti senti di dir loro per questo rush finale? “Che il meglio deve ancora venire, non mollate!!!”.

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Lamezia e non solo

La giovane atleta lametina Maria Giovanna Quattrone si conferma per la terza volta vincitrice alla 59° edizione dei Campionati Nazionali UISP di Sci Alpino, specialità slalom gigante, svoltisi a La Thuile (AO) dal 5 al 10 marzo. L’atleta quattordicenne, residente a Lamezia Terme e tesserata con lo Sci Club Acri “Enrico Mangano” del presidente Giuliano Molinari, ha conseguito una triplice vittoria nelle gare in calendario nella Settimana Neve UISP 2018 portando lo Sci Club al 6° posto nella speciale classifica a squadre. Giorno 6 marzo ha vinto lo

slalom parallelo assoluto, sconfiggendo in finale l’atleta Inchingolo Vincenza dello Sci Club “PoliUisp10” di Milano. Notevole anche il successo riportato giorno 8 marzo nella prova di slalom gigante della “Gara dell’Ospite”, categoria Allievi Femminile, in cui ha battuto l’atleta Sveva Appella dello sci club “Tre Pietre” di Firenze, con il ragguardevole tempo di 49:20, miglior tempo nelle categorie femminili, e sesto tempo in assoluto. Sabato 10 marzo si è tenuta la più impegnativa delle gare in programma: lo slalom gigante dei campionati nazionali UISP 2018; prova resa particolarmente insidiosa per la presenza di neve fresca e nebbia lungo il tracciato. Anche questa gara e’ stata brillantemente superata dall’atleta lametina che e’ giunta prima, sempre nella categoria Allievi Femminile, con il tempo di 1:01:35. Gran-

de entusiasmo ha accompagnato la premiazione della giovane Maria Giovanna Quattrone, tenuto conto dei grossi sacrifici da lei affrontati per potersi allenare in una regione in cui gli impianti sciistici non abbondano. Un particolare ringraziamento va a Giuliano Molinari, presidente dello Sci Club Acri “Enrico Mangano”, per i consigli, il sostegno e l’incoraggiamento di cui è sempre stato generoso.

Sport

Pasquale De Fazio si distingue nella corsa campestre

In questa prima fase della stagione sportiva 2018 si è messo in luce il giovanissimo atleta lametino Pasquale De Fazio, portacolori dell’ATLETICA AMICA in tutte le manifestazioni di cross della categoria cadetti, che ha partecipato conquistando così il diritto di rappresentare la Calabria ai Campionati Italiani Cadetti di corsa campestre che si sono svolti a Gubbio nel mese di marzo. Il risultato dell’arduo impegno nazionale non è stato secondo le aspettativa ma ha arricchito l’atleta di un’esperienza fortemente motivante per il proseguo della stagione sportiva su pista. L’atleta lametino seguito dal prof Felicetto ha centrato l’importante obbiettivo solamente dopo pochi mesi di preparazione, salendo sul podio in “tutte le fasi regionali di cross, Cosenza, Lamezia, Crotone e Palmi, confermando un stato di forma che gli ha permesso di essere selezionato dai tecnici regionali per la rappresentativa per i campionati Nazionali. Per pasquale le medaglie conquistate e la qualificazione nazionale in una specialità difficile come la corsa campestre non sua (predilige le corse veloci su pista) è stata un’autentica sorpresa. Meno sorpreso di tutti il tecnico Gaetano Felicetto che ha seguito sul campo i suoi progressi giorno dopo giorno durante gli allenamenti che Pasquale svolge con puntigliosità e passione. Si preannuncia per l’atleta lametino una seconda parte di stagione su pista scoppiettante dove Pasquale saprà evidenziare le sue doti atletiche di autentico sprinter. Prossimi impegni, Cosenza Campionati regionali di staffette ei campionati regionali individuali. Un sincero in bocca a lupo e complimenti dà parte di tutto lo staff tecnico dell’Atletica Amica con la convinzione che il ragazzo possa presto far parlare di sé e dare lustro all’Atletica giovanile calabrese, con risultati e traguardi sorprendenti.

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Fermenti Filosofici

Istruzione

“La cultura rende l’uomo più uomo”, Giovanni Paolo II.

“Ciak.. un processo simulato per evitare un vero processo”

In questo articolo intendo trattare dei contenuti emersi nell’ultimo incontro del Cenacolo Filosofico di marzo ed affido il resoconto al mio alunno Domenico Caparello, come nel numero precedente. -Come primo sabato di ogni mese, si è svolto l’incontro del Cenacolo Filosofico, presso il Chiostro di San Domenico, gentilmente ospitato dal Sistema Bibliotecario Lametino e dal suo direttore il dott. Giacinto Gaetano. Così come da oltre 20 anni, il professore D’Andrea ha condotto l’incontro in un intreccio di tematiche e stili poetici che hanno evidenziato la ricchezza culturale e letteraria che caratterizza la nostra terra. Il tutto arricchito da stupende musiche: quali “Gabriel’s Oboe” di Ennio Morricone, “Nuovo Cinema Paradiso, Colonna Sonora” di Ennio Morricone, “My Way” di Frank Sinatra, eseguite all’oboe e alla pianola dai maestri Enza Pagani e Maria Giovanna Stella, entrambe diplomatesi presso il conservatorio “Fausto Torrefranca” di Vibo Valentia, la prima in Oboe, la seconda in Pianoforte, ottenendo ambedue distinzione per aver accompagnato la messa presieduta da Sua Santità Benedetto XVI in occasione della sua visita in Calabria nell’ottobre del 2011. L’incontro viene introdotto dal professore D’Andrea ponendo le coordinate culturali e storico-letterarie e presentando i poeti e relatori: Diego Ferraro, Direttore del Coro di Feroleto Antico e laureato in Chitarra; Fiore Isabella, insegnante specialista di scuola Primaria, autore di poesie, nelle quali emerge la quotidianità della sua vita; Peppino Scalzo, docente di Squillace e poeta; Ines Pugliese, insegnante elementare e poetessa che, come ha scritto il prof. D’Andrea in una prefazione di una raccolta poetica: “concepisce la poesia come vita, slancio vitale, istinto d’amore, impulso di desideri, di sentimenti, tocco rapido e melodia concisa, una memoria personale che passeggia malinconica nei territori del proprio passato”; e Luciana Parlati, professoressa di lettere di liceo, nonché poetessa. Dopo la breve introduzione, è stata immediatamente data parola al giovane Ferraro, evidenziando come il Cenacolo sia luogo di valorizzazione dei giovani locali che meritano riconoscimento culturale, permettendo ancora una volta, come già successo in passato, a giovani menti di esordire in una discussione pubblica. Il direttore di coro, Ferraro, ha subito evidenziato il ruolo del “cantastorie” nel corso dei secoli, il quale per intrattenipag. 20

mento riusciva a fondere cultura e musica, accompagnando così la cantata con degli strumenti musicali, in particolare la chitarra battente. È stato quindi approfondito l’aspetto tecnico dello strumento sottolineando che comunque nei secoli non è stato abbandonato, ma anzi tutt’oggi, in determinati ambienti, rappresenta un apprezzatissimo elemento di accompagnamento musicale. Infine sono state messe in evidenza le varie tipologie di “canzoni”, eseguite dai cantastorie, che per l’appunto potevano avere diversi fini, fra i quali informativi, quanto piuttosto lirici o di sdegno e dispetto, ma soprattutto d’amore. Dopo l’intervento di Ferraro, il Professore D’Andrea, ha presentato il poeta Fiore Isabella, nativo di Gabella, sulla collina sambiasina, sottolineando la significatività sapienziale ancora presente nelle frazioni montane di Lamezia Terme, ove il tempo non è fortunatamente riuscito ad annientare l’identità delle radici e le antiche tradizioni. Isabella ha esordito con una poesia, “Mio Padre”, dedicata al padre defunto, mettendo in risalto il sentimento condiviso di dispiacere e vuoto che si percepisce quando una persona cara ci abbandona definitivamente, pensando a quello che si sarebbe potuto fare, a quello che si sarebbe voluto sapere. Le tematiche dell’abbandono, della morte, e della sofferenza egli riesce ad aprire donando forma di poesia di scavo. Ines Pugliese sceglie di mostrare ai presenti un video preparatole dal prof. Emilio Vescio con varie sue poesie, tra cui “Resta”, “Tropea”, “A San Francesco di Paola”, che dedica al professore D’Andrea, studioso e autore di vari volumi sulla figura del Santo calabrese. Poesie, come dice D’Andrea, colme di “finezza, dolcezza, levità, preghiera...”. Peppino Scalzo, docente e poeta, interviene parlando della figura del poeta capace di spostarsi ovunque con la sua immaginazione. Le tematiche trattate sono state di varia natura, si è passati dall’amicizia, evidenziando come siano pochi i veri amici ma molti i mercenari, sino a giungere alla “tecnica”. Infine due poesie, particolarmente intense, dedicate ai figli deceduti di due sue colleghe. Sono poesie ha detto il prof. D’Andrea che esprimono “garbo, autoironia, affondi di umanità, cenni spirituali e filosofici...” Infine, Luciana Parlati, che sottolinea l’imGrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

portanza del dialetto, la lingua familiare dell’infanzia, che porta in mente ricordi lontani, quali la “vrasèra”, i banchi a scuola di legno scheggiati, o il calamaio e l’inchiostro. La prima poesia, intitolata “Ci aiju vulutu beni”, dedicata ad alunni, colleghi, e futuri docenti, ripercorre quella che è la carriera scolastica della Parlati, sottolineando le emozioni, gli stati d’animo, che solo gli ambienti scolastici possono suscitare. “Oi chi giostra” e “Tutti i prescia”, evidenziano quella fretta che accompagna ormai la vita quotidiana. Nelle poesie della Parlati, molto presente è il tema della vecchiaia, come in “Settanta” e “Pensione”. È forte il tema della solitudine a cui dedica la lirica “Sula”. Il prof. D’Andrea, a sorpesa, lascia la conclusione dell’incontro al Dott. Cesare Perri (già relatore presso il Cenacolo Filosofico, il 13 Gennaio 2018, con la tematica, “Psicoterapie e farmaci, tra menzogne e verità”) che oltre a sottolineare la vastità culturale dei contenuti, degli stili, delle tematiche, dei poeti e delle loro poesie, ha voluto evidenziare l’importanza della poesia, come un qualcosa dove talvolta l’animo umano trova sollievo, e conclude quindi, affermando come dal suo punto di vista, la poesia, è veramente poesia, quando raggiunge l’allusività, ovvero la capacità del lettore, di rispecchiarvisi, identificando se stesso. Tornando a casa, una domanda mi girava in testa: ma “cos’è la poesia?”, Italo Calvino scrive: “La poesia è l’arte di far entrare il mare in un bicchiere”; ma forse non è abbastanza, la poesia è un qualcosa che va oltre, si instaura un legame fra il poeta e la poesia stessa. Si può leggere, può piacere, emozionare, ma ogni poesia, ha un segreto recondito, sentimenti, emozioni, stati d’animo, che solo il poeta sa, e noi lettori,

con gli alunni del liceo “Campanella” e del Comprensivo “Perri-Pitagora” E’ giunto alla quarta edizione il progetto “Ciak... un processo simulato per evitare un vero processo”, un percorso di educazione e sensibilizzazione alla legalità ideato e organizzato dal Tribunale per i minorenni di Catanzaro, con la collaborazione dell’Ufficio Scolastico Regionale, promosso dal Centro Calabrese di Solidarietà e finanziato dal Ministero della Giustizia - dipartimento giustizia minorile e di comunità centro giustizia minorile per la Calabria, dall’Associazione Nazionale Magistrati (Sezione Calabria), dalla Regione Calabria, dal Garante dei diritti dell’infanzia e adolescenza della Regione e dalla fondazione Carical. Al progetto hanno aderito il Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria, i Tribunali ordinari di Castrovillari, Cosenza, Lamezia Terme, Locri e Paola e le Camere minorili di Catanzaro, Cosenza e Lamezia Terme. Il progetto, che in quest’ultima edizione ha raccolto l’adesione di più di 80 istituti scolasti calabresi

di primo e secondo grado, è articolato in quattro fasi. Punto centrale è la simulazione di un processo penale minorile effettuata in una vera aula giudiziaria, in cui i ragazzi partecipano in veste di attori con la collaborazione, la supervisione e la presenza di giudici togati, onorari, avvocati e personale esperto in tematiche psicologiche e sociali. Il calendario delle simulazioni è iniziato il 20 gennaio scorso e si concluderà il 19 maggio presso i diversi Tribunali per i minorenni e gli Ordinari della regione Calabria.

Tema centrale del processo simulato è il cyberbullismo, a cui il copione più importante del progetto è dedicato. La vicenda di Gaia, una ragazza vittima di cyberbullismo, diventa l’occasione per avvicinare gli studenti non solo alle principali tematiche del diritto penale, ma anche per farli riflettere sull’utilizzo dei principali strumenti di comunicazione (Whatapp e facebook), e su argomenti centrali per una crescita sana quali l’amore, l’amicizia, la socializzazione e il perdono. La quarta e ultima fase si conclude con una giornata celebrativa in cui, alla presenza di tutte le scuole partecipanti, si premieranno i migliori prodotti multimediali preparati dai ragazzi coinvolti nel progetto. Il 10 marzo 2018, alle ore 9.30 inizieranno le simulate del progetto “Ciak 4” presso il Tribunale Ordinario di Lamezia Terme, dove saranno protagonisti gli alunni del Liceo “Tommaso Campanella” e dell’istituto comprensivo “PerriPitagora” di Lamezia Terme.

possiamo solo provare a lasciarci travolgere da tanta ricchezza interiore, e farci guidare nel percorso che il poeta ha percorso. Il prossimo incontro sarà con il prof. Carmine Matarazzo, ordinario della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale e direttore dell’Istituto di Scienze Pastorali nello stesso Ateneo, che parlerà sul tema “Educare all’umano “ su cui ha pubblicato numerosi libri attraversando filosofi, teologi e poeti. La mattina di sabato 7 aprile 2018 sarà all’Istituto Tecnico Industriale ed il pomeriggio al Cenacolo Filosofico. Lamezia e non solo

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La parola alla Nutrizionista

Il benessere nel piatto Carissimi lettori, il libro, di cui vi parlerò questa volta, è scritto con gran precisione, acume giornalistico, fedeltà agli avvenimenti, eppure non è affatto un mero resoconto: è scritto col cuore, nonostante narri di un fatto di sangue, di un evento storico dolorosissimo per la città di Lamezia. IL CASO AVERSA TRA RIVELAZIONI E MISTERI, di Antonio Cannone, è un volume che, nei fatti, fa rabbrividire e, nell’intento, rende orgoglioso ogni lametino. Nell’introduzione, l’autore scrive: “Questo libro vuole essere una testimonianza. Una testimonianza piuttosto tragica […] che guarda avanti, riflettendo, però, su ciò che si è consumato […]” (cfr.pag.13 del libro). E ancora, a pag. 14: “Una vicenda […], una storia che lascia tanti punti interrogativi e che questa pubblicazione intende, in qualche modo, documentare”. E’ questo, infatti, lo scopo del libro:non far calare il sipario e non permettere che il velo della memoria diventi spesso. Conoscevo benissimo i coniugi Aversa. Abito nello stesso stabile in cui hanno vissuto. Le nostre famiglie si stimavano come in parentela. Mia madre era collega, persino nella stessa disciplina, della signora Lucia: spesso, incontrandosi, si confrontavano. Mio padre mi parlava di questo suo amico investigatore, quando ero ancora troppo piccola, per capire la differenza fra un Maigret e un poliziotto vero e, il giorno in cui lo incontrai, rimasi davvero abbagliata, non tanto dalla sua, pur imponente, figura, ma dal suo sorriso e dal fatto che mi strinse la mano come a una persona adulta, dicendomi: “Buon giorno, Signorina”. Avevo intorno ai dieci anni: poco tempo dopo, ci trasferimmo nello stabile dove abitava la sua famiglia e scoprii che la collega con cui mia madre si confrontava, fosse sua moglie.

stessa città, “città di frontiera, come spesso è stata definita Lamezia Terme” [pag.13 del testo] … Ho sofferto molto nel leggere il libro di Antonio Cannone e, nello stesso tempo, un tale coraggioso, impressionante e minuzioso lavoro, mi dà speranza. Che quella vicenda, che ci spaccherà il cuore per sempre, non venga sepolta dal tempo e dalle scartoffie e faccia emergere, non solo la fulgida figura di Salvatore Aversa, poliziotto intuitivo, rispettoso della legge fino alla fine, paterno con i giovani e anche con gli adulti, ma anche la nostra forza di lametini. Ho sofferto nel ricordare la sua scomparsa e , leggerne i crudi, spietati, reali particolari non è da meno. Il libro si snoda attraverso il racconto puntuale dei fatti, ma anche i dialoghi tratti dai verbali giudiziari, riguardanti i condannati. E’, quest’ultima, la parte più dolorosa, drammatica e quanto mai angosciante. Ma è proprio la pubblicazione di quei verbali che rende prezioso il lavoro di Cannone: lo innalza, sia pure col lutto nel cuore, a testimonianza viva, lavoro scientifico di tutta la tragica vicenda. Vi troviamo, all’interno, il ricordo dei netturbini Pasquale Cristiano e Francesco Tramonte, trucidati selvaggiamente e le controversie vicende che riguardarono Rosetta Cerminara e, infine, il costesto storico italiano dell’epoca. I resoconti della stampa del tempo e

La struttura del volume, a mo’ di saggio, ma anche di scrittura incalzante, come ogni analisi che indaga sui fatti, mi ricorda il giornalismo di Émile Zola: puntuale, ricco di particolari, descrittivo, ma mai freddo. L’equilibrio di questa nutrita relazione informativa sul caso Aversa è la chiave per una corretta disamina dello stesso. Per quanto doloroso sia, quello di Cannone è un atto dovuto, che egli rende alla sua città, vagliando con interesse, ma anche con profonda emozione, ogni piccolo dettaglio che aiuti i lettori, non solo a riflettere, ma a non dimenticare e che indirizzi coloro che vogliano (e possano) approfondire, studiandone i legami, a non smettere di far luce su quello che, a pag. 245, viene definito come “uno dei misteri più tenebrosi della storia del potere in Italia”. Non solo per fascino giornalistico narrante, ma per amore del vero.

Antonio Cannone, a 26 anni dalla violenta scomparsa dei coniugi Aversa, da uno dei delitti più atroci del nostro panorama storico italiano, riprende in mano il bandolo della ingarbugliatissima matassa e invita a non fingere che nulla sia successo, perché l’ombra dei giusti, che si sacrificano contro il potere oscuro, non sia ignorata.

Che questo saggio sia fiaccola su questa nostra ferita lametina, mai rimarginata e sia di aiuto a chi non intende permettere che il buio completo avvolga la Storia. Con questo spirito, che intendo, al pari di tutti loro, tenere sempre alto, auguro a voi una buona lettura e un ad maiora semper va a chi lavora alacremente, perché nulla finisca in quel dimenticatoio senza luce, che non onora alcuna Nazione.

Credo di aver provato un vuoto incolmabile, dopo la sua scomparsa e quella di sua moglie. E un senso di minore sicurezza, nella mia GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Oggi il cibo e l’alimentazione sono al centro della nostra vita, intorno ad essi ruotano molti comportamenti simbolici, sociali, spirituali e psicologici. Ritrovarsi con gli amici al ristorante o in pizzeria rappresenta un momento importante di convivialità, passare le festività a tavola insieme alla propria famiglia oltre che ad avere un valore spirituale ha anche un valore simbolico. A volte però capita che dopo ci si ritrova appesantiti e in colpa per avere esagerato. Nasce così il meccanismo di rinuncia e dieta. Ci si mette a dieta per rimediare al danno rinunciando al piacere della buona tavola. La soluzione sarebbe quindi rinunciare a tutte le prelibatezze per vivere più a lungo e senza patologie? Ovviamente no, la chiave per rimanere in salute è quella di avere un’alimentazione equilibrata e varia. Oggi anche chi lavora nel settore del food si è reso conto che è fondamentale servire al cliente dei piatti gustosi ma anche salutari. Per fortuna oggi gli chef e i pasticceri del futuro pensano alla nostra salute cercando di creare dei piatti buoni ma bilanciati. Tutto ciò grazie alla Nutrizione Culinaria, una branca della Nutrizione applicata alla cucina e alla pasticceria. Ma sicuramente da soli non si va da nessuna parte il binomio perfetto è l’unione tra nutrizionisti chef e pasticceri, per creare dei piatti per tutte le esigenze dal bambino all’anziano, dal malato alla persona sana. Il nutrizionista grazie alle sue compe-

E’ innegabile che, per molti aspetti in ombra, molti fatti della nostra Storia rimangano irrisolti: non per questo è giusto far calare il silenzio del tempo.

Ammiro Antonio Cannone e lo ringrazio, per aver riaperto, a piene pagine, un capitolo, in fondo, mai definitivamente chiuso, così come stimo i figli di Salvatore Aversa e Lucia Precenzano, per la loro forza d’animo e la loro dignità e anche per non essere mai voluti andar via dalla propria terra.

Salutava anche da lontano con il suo salut papal a mano aperta e, se incontrava per strada me o altri miei amici, chiedeva spesso se andasse tutto bene. Un giorno disse persino, a me e ad altri, riuniti: “Va tutto bene? Ho a cuore i ragazzi. Se c’è bisogno di me, ci sono sempre”…

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due dirette interpretazioni del caso, da parte dell’avvocato Armando Veneto e del giornalista Gianfranco Manfredi, che non tralasciano di porsi vari interrogativi.

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tura. Sapere che basta salare l’acqua prima di inserire la verdura e cuocerla con poca acqua per pochissimo tempo renderà i nostri piatti ricchi di benessere. L’arte culinaria ci insegna anche nuove metodiche come la cucina sottovuoto riproducibile a casa grazie a speciali vasetti e un forno a microonde o cuocendo i vasetti nell’acqua bollente. Con il vaso cottura si possono creare piatti in pochissimi minuti e grazie a poca acqua e in assenza di ossigeno si mantiene l’integrità degli alimenti. Oltre al breve tempo di cottura, si può conservare questi alimenti per molto tempo in frigo. Grazie alla Nutrizione culinaria ho potuto conoscere la Pastychef Giulia Frank dalla quale ho imparato una buonissima ricetta ‘’ ciambella di nome ma non di fatto’’. Tra gli ingredienti troviamo l’olio di girasole alto oleico, un olio ricchissimo di acido oleico, acido grasso monoinsaturo presente nell’olio di oliva con effetti benefici sulla nostra salute. La particolare presenza dell’acido oleico rende l’olio di girasole più stabile alle alte temperature con una durata fino a 24 mesi rispetto ai 18 mesi dell’olio extravergine d’oliva. Oltre all’olio alto oleico troviamo l’eritritolo e l’inulina. L’eritritolo è un dolcificante acalorico che possiamo utilizzare come sostituto dello zucchero mentre l‘inulina è una fibra solubile naturale che si estrae da cicoria o dal topinambur, insapore che possiamo aggiungere nei nostri piatti per avere uno sconto sulle calorie. Ciambella di nome ma non di fatto!

3 125 g 100 g 36 g 100 g 300 1 bustina 100 g

tenze scientifiche è in grado di spiegare che cosa sta accadendo nella padella o nel forno quando cuociamo una lasagna o un dolce ma anche l’importanza di pesare gli alimenti perché le misure ‘’occhiometriche’’ potrebbero rendere il piatto sbilanciato in zuccheri e grassi. Fondamentale è conoscere i metodi di preparazione in quanto essi possono influire notevolmente non solo sul sapore ma anche sul contenuto nutrizionale. La cottura ad esempio potrebbe inattivare delle vitamine sensibili al calore come ad esempio la vitamina C e alla dispersione di sali minerali nell’acqua di cotLamezia e non solo

INGREDIENTI

Uova Latte parz. scremato Olio alto oleico Inulina Zucchero Farina 00 Lievito Eritritolo

Dividere tuorli e albumi. Montare gli albumi finché non fanno più schiuma. Aggiungere in più passaggi lo zucchero e poi l’inulina. A parte montare i tuorli con l’eritritolo e aggiungere l’olio e il latte lentamente. Montare aggiungendo la farina e il lievito. Inglobare in 3 passaggi gli albumi. Ungere una taglia da 24-26 cm. Cuocere in forno a 180 C per 40-45 minuti.

Alma Battaglia

Biologa Nutrizionista Vice presidente SIPS delegazione Calabria FB Centro Nutrizione Sport Salute

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La parola alla Psicologa

RAPPORTO TRA SUOCERA E NUORA: ACCOLTE O RESPINTE? L’altra sera incontrando la mia amica Paola Gallo, giornalista, tra una chiacchiera e l’altra, mi chiede la tematica del mio prossimo articolo. Rispondo che ci stavo pensando, allora Paola mi dice: “Hai mai scritto qualcosa sul rapporto suocera/nuora?”. Riflettendoci, mi è subito venuto in mente il film Quel mostro di suocera. In effetti, il rapporto suocera-nuora è uno tra i rapporti familiari più difficili da gestire. Quando una madre cresce un figlio immagina sempre il meglio per lui, lo vede diventare grande, ma non lo è mai abbastanza; la madre pensa che nessun’altra donna potrà mai volergli bene come ha fatto lei. Allora ecco che quando il figlio si approda verso la propria autonomia, tessendo una relazione affettiva stabile con la propria donna, iniziano le prime difficoltà familiari. Quando ci si innamora non esiste altro che il rapporto a due, escludendo il mondo esterno. Man mano che il rapporto di coppia cresce, si inizia a relazionarsi anche con il resto della famiglia del/ la proprio/a partner: suoceri, cognati, zii, nonni, ecc. La nuora, inizia a pensare come relazionarsi con la suocera: “le piacerò, sarà invadente, sarà possessiva, condizionerà il rapporto di coppia?”. La suocera, invece, quando il figlio le presenterà la fidanzata e si rende conto che è veramente innamorato della propria ragazza, inizierà a pensare: “Saprà renderlo felice? Saprà prendersi cura di lui come ho fatto io in tutti questi anni?”. Ottenere il piacere da parte della suocera spesso diventa un compito non arduo…. semplicemente impossibile! Per non parlare del “primo impatto” con la “nuova mamma”! Se a pelle non la si convince diventa un’impresa farle cambiare idea. Spesso ci si chiede “Come mai si crea un rapporto non semplice suocera – nuora?”. La ragione di fondo la si può trovare in un solo concetto, quello dell’appartenenza. Per una madre è molto difficile affidare il proprio figlio ad un’altra donna, un‘estranea che non conosce il proprio “pargolo” si metterà in mezzo tra di loro, andando a recidere il cordone ombelicale madre/figlio. La suocera vive un grosso conflitto, vedere il figlio felice ed innamorato da un lato, sentirsi abbandonata e sostituita dall’altro lato. Allora ecco che scatta la “faida” tra suocera/nuora; iniziano i malumori, i dissapori, i dispettucci, le battutine sarcastiche creando un disequilibrio all’interno delle dinamiche familiari oltre che a quelle di coppia. Perché la coppia, in un primo momento, sembra che con la presenza dell’amore riesca ad attutire i colpi, ma nei momenti di piccole crisi e litigi ci si colpisce tirando in ballo anche la presenza della suocera…dandole sempre più potere distruttivo anche di fronte alla sua assenza fisica. Un altro elemento che incide negli screzi di coppia, è quando la pag. 24

fidanzata/moglie si aspetta che sia il partner a dover gestire la propria madre tenendola a freno e dicendole di farsi da parte. Allora io mi domando: “Quale uomo prenderà mai la decisione di scegliere tra le due donne più importanti della propria vita?”. La risposta che mi viene spontanea è: nessuno o comunque in pochi. Non si può pretendere che un uomo debba scegliere tra la compagna o la madre. Sono due tipi di affetti diversi, complessi ed entrambi importanti. Allora come affrontare il problema qualora si dovesse verificare un conflitto tra suocera e nuora? E’ auspicabile che la nuora impari ad affrontare la suocera da sola, cercando di mettere un freno alle sue parole e alle sue azioni; in questo caso si mostrerebbe sia fermezza che tenacia. Inoltre, è importante coinvolgerla nelle piccole cose facendola sentire utile nella vita del figlio, e se proprio non ci si riesce a trovare delle strategie più pacifiche, è utile non cadere nella tentazione di “strangolarla”. Ancora, la suocera potrebbe evitare di sottolineare ogni cosa che la nuora fa al figlio diversamente da come avrebbe fatto lei, ciò aumenterà ancora di più il conflitto tra loro. Le madri non siamo immortali e sapere che il proprio figlio ha accanto una donna che lo ama dovrebbe tranquillizzarci. Le suocere invadenti non piacciono molto, mentre quelle disponibili sono sempre apprezzate. In realtà non esiste una formula giusta, una pozione magica che possa magicamente risolvere i problemi, soprattutto se di natura psicologica, ma esistono la sensibilità, il buon senso, la buona volontà che possono darci un grande aiuto in questo senso. Sembrano concetti banalissimi ma se la suocera non ti troverà perfetta, eppure noterà che fai di tutto per rendere il vostro rapporto il più armonioso possibile, è probabile che con il tempo voglia tenersi stretta una donna che fa tutti questi sacrifici per suo figlio (Pierluigi D’Alessio, 2016). Infine, è importante mettere da parte i pregiudizi dell’una verso l’altra, ricordando di valorizzarsi reciprocamente, perché c’è un punto in comune imprescindibile, indipendentemente dai caratteri e dalle diverse personalità di ognuna: amare lo stesso uomo, figlio o marito che sia, ma in maniera differente.

Dott.ssa Maria Mirabelli, psicologa clinica e forense Info: mariamirabelli@libero.it 339.5919310

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