Lameziaenonsolo dicembre2020/gennaio2021 Pietro Raso

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grafichéditore

di Antonio Perri

GRAFICHÉDITORE e le collane

Nuova avventura editoriale per la grafichéditore. Dalla sua nascita ad oggi, la grafichéditore si è fatta strada nel difficile mondo dell’editoria. Una strada non certo facile, soprattutto oggi, con l’emergenza coronavirus che ha imposto al mondo del lavoro (e non solo) uno stop forzato. Dalle prime opere pubblicate ad oggi, la giovane casa editrice, oltre ad aver partecipato al “maggio dei libri” organizzato dalla biblioteca comunale di Lamezia Terme, ha anche partecipato al Salone del Libro di Torino ed è stata invitata presso la Biblioteca Comunale di San Mango, per l’inaugurazione del “Salone Autori di Calabria” ed ha, inoltre, organizzato il “Premio Letterario Dario Galli” (giunto alla seconda edizione) che ha visto l’autrice orvietana Laura Calderini vincere il primo concorso con il libro “Il Profumo dell’Alloro”. Prendendo spunto da un famoso discorso “Italiani popolo di Santi, poeti e navigatori”, si può certamente affermare che anche in Calabria, ed a Lamezia Terme, ci sono tanti autori che meritano di essere conosciuti. L’intento dell’editore lametino è proprio quello di diffondere la cultura lametina e calabrese in generale in tutta Italia. La nuova avventura editoriale della grafichéditore, consiste nella creazione delle “collane editoriali”. Al momento sono 4 le collane ideate e sono: “Ghea” dedicata ai paesi e paesaggi. E’ una collana sul “senso dei luoghi” di cosa rappresentano di come ci rappresentano. Il logo utilizzato per questa collana è una moneta del tesoro di Sant’Eufemia. Il direttore è Antonio Perri. “Mnemosine” dedicata a personaggi ed eventi. E’ una collana sulla storia locale. Il logo utilizzato è un’immagine di Mnemosine. Il Direttore è Vincenzo Villella.

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“Calliope” dedicata agli scritti in generale. E’ una collana per poesie in italiano e dialetto, romanzi, racconti, poemi, lirica, saggistica. Il logo è dato dalla figura di Calliope. Il direttore è Italo Leone “Clio” dedicata a filosofia e teologia. E’ una collana sull’arte del pensare. Il logo è dato dalla figura di Clio. Il direttore è Filippo D’Andrea Vorrei sottolineare che i nomi delle collane non sono stati scelti a caso ma sono tutti collegati fra di loro e non perchè sono tutti personaggi della mitologia greca ma soprattutto perchè legati fra di loro dal filo della famiglia (Θεσμός). Ghea dea primordiale della terra, dall’unione con Urano nacque Mnemosine (musa del ricordo). Calliope figlia di Mnemosine e Zeus ((musa della poesia). Clio sorella di Calliope e figlia di Zeus e Mnemosine (musa della storia). Nella speranza che questo 2021 sia una nuova rinascita per tutti, la grafichéditore cerca nuova linfa vitale con la creazione di queste collane editoriali. Ma nulla di tutto questo sarebbe stato possibile senza gli autori che ci hanno accompagnato e dato fiducia fino ad oggi, per cui il nostro grazie va a loro.

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lameziaenonsolo incontra

di Nella Fragale

Pietro Raso

Buongiorno Consigliere, comincio con il ringraziarla per avere accettato di farsi intervistare e con il chiederle di presentarsi ai nostri lettori, in poche parole, il resto lo scopriremo durante l’intervista. Salve sono Pietro Raso, mi definisco alla soglia dei miei 50 anni un giovane ed entusiasta ingegnere nato con la passione politica... Lei ha vissuto la sua fanciullezza a Gizzeria, come è cambiata nel tempo? Premetto che Gizzeria è costituita da Gizzeria paese, piccolo borgo a 630 s.l.m. e la parte marina costituita da Mortilla, Gizzeria Lido e Marina di Gizzeria. A Gizzeria paese ho vissuto la mia fanciullezza e abito tutt’ora. Gizzeria paese ha subito tante trasformazioni negli ultimi 10 anni dal punto di vista urbano e di servizi, è stata servita dal metano, dalla fibra ottica oltre alla realizzazione di tante opere pubbliche come nuove scuole e nuove strade. Ha subito un grande cambiamento sociale dovuto a un arricchimento sociale e culturale della comunità che ha comportato maggiori libertà, rapporti e servizi; dall’altro però ha subito la perdita delle tradizioni (con l’incapacità di saper conservare questo passato). Io ricordo ancora i bracieri nelle viuzze, le vecchiette che in primavera uscivano di casa e si mettevano al sole raccontando-

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si le varie storie e nello stesso tempo badavano e crescevano i bambini in collaborazione delle vicine. Ricordo la Gizzeria delle feste con i bar del centro pieni degli emigrati che tornavano dalla Germania o dalla Svizzera, la Gizzeria della piazza di sera in cui gli operai uscivano, si incontravano per trovarsi la giornata del giorno dopo, la Gizzeria della domenica mattina quando tutti andavano in chiesa e poi vi era la passeggiata in via Roma . Negli anni 70 si vedevano rientrare la sera dalle campagne gli asinelli con il loro carico umano in sella, i giorni di feste con l’attesa di comprarsi qualcosa di nuovo o il primo giorno di scuola, il catechismo, il mese di maggio. Il tempo pieno a scuola, la mensa dei ragazzi nel refettorio scolastico, interi pomeriggi trascorsi a giocare con le figurine. Adesso questo è un mondo che non c’è più, i ragazzi ormai passano intere giornate collegati sui social, anche se grazie a Internet non c’è più nessuna differenza tra un ragazzo che vive in città o in un piccolo paese. Da piccolo cosa sognava avrebbe fatto da grande? Quando si è piccoli, si sogna di diventare tante cose. Ricordo che volevo fare l’ufficiale nell’esercito. Ha studiato a Pavia dove si è laureato e si è poi abilitato per

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Come sindaco vi sono stati momenti difficili che le hanno causato preoccupazioni? I momenti difficili li ho vissuti col Covid 19, nel mese di marzo quando abbiamo avuto la chiusura totale e abbiamo dovuto attivare l’organizzazione dei servizi comunali di assistenza.

l’esercizio della professione di ingegnere, ha anche vinto una borsa di studio, cosa la ha spinta a candidarsi come sindaco? Da sempre mi è piaciuto partecipare e interessarmi della vita politica, poi per una serie di situazione mi sono trovato a fare l’assessore a Gizzeria fino a candidarmi a Sindaco. Credo che chi ama il proprio territorio e con delle idee per il bene comune, deve fare politica mettendosi in gioco accettando la critica costruttiva. Quanto è difficile fare il sindaco a Gizzeria? Molto difficile se lo si vede come un lavoro, semplice se lo si fa con passione e amore per il proprio territorio. Il sindaco è sempre disponibile perché è il capo della macchina amministrativa e nello stesso tempo la persona più vicina ai propri cittadini. Non ha orario come il semplice impiegato. Nello stesso tempo deve mantenere i rapporti con i consiglieri , con l’opinione pubblica ma soprattutto deve avere idee e portare avanti i propri progetti per la comunità. Quali sono le principali criticità sul territorio comunale di Gizzeria? Il territorio di Gizzeria è un territorio molto complesso è uno dei più grandi comuni del lametino sia come popolazione 5442 residenti ,37,19 Kmq di superficie e circa 10 km di costa con una vasta area di conservazione naturalistica SIC – Natura 2000. Sono presenti inoltre aree montane con quote superiori ai 1000 m s.l.m., un territorio costituito da 4 centri urbani di cui uno Gizzeria, capoluogo che costituisce il centro storico. Queste splendide ricchezze in momenti particolari dell’anno generano delle criticità, come incendi dei boschi d’estate specialmente nelle aree montane, carenza d’acqua d’estate dovute per la maggior parte alle carenze Sorical, aumento popolazione periodo estivo con conseguenza maggiore carico di richiesta di servizi, problemi idrogeologici del territorio molto fragile. Tutte queste criticità negli ultimi anni stanno diminuendo, l’amministrazione comunale ha sempre lavorato costantemente per trovarvi una soluzione.

Ci parli dei progetti realizzati per Gizzeria e di quelli che stanno per essere realizzati. Numerosi sono i progetti realizzati e pensati per Gizzeria, si è iniziato subito dai servizi essenziali, collegamento al depuratore consortile di tutta la rete fognaria di Gizzeria, nel 2011 la raccolta differenziata con l’eliminazione dei cassonetti stradali primo comune della provincia. Realizzazione di pozzi comunali con serbatoi per dare più acqua ai cittadini risparmiando oltre 200.000 di euro l’anno, realizzazione e messa in sicurezza degli edifici scolastici, nuova viabilità, sistema di video sorveglianza, sono stati consegnati i lavori per la realizzazione dell’oasi naturalistica dei laghi La Vota. Sono stati finanziati e sono in progetto numerosi interventi di consolidamento del centro storico totale delle diverse forme di finanziamento oltre i 5.000.000 € progetti che oltre al consolidamento permetteranno di creare nuove piazze nuova viabilità al centro storico. Ultimamente Gizzeria è inserita nei progetti dei Borghi storici per un finanziamento di 1.500.000 e un altro intervento di efficientamento di circa 500.000 sugli edifici scolastici A proposito di progetti, speriamo che il Covid ci lasci per sempre per potere inaugurare la bellissima opera di Maurizio Carnevali, ci vuole dare qualche notizia? L’idea della Piazza è nata con l’intento di mettere in sicurezza una parte del centro storico rendendolo accessibile con la viabilità, sono stati demoliti fabbricati e ruderi abbandonati per allargare la viabilità e nello stesso tempo creare dei nuovi spazi con delle opere d’arte in modo da rendere il centro storico accogliente, vivibile e bello. I centri storici dei nostri comuni calabresi sono e possono diventare dei musei all’aperto, con la mia amministrazione abbiamo fatto due interventi simili e continueremo in tale direzione con altri interventi sperando che il Maestro Carnevale ci dia un suo contributo con le sue opere a impreziosire il nostro centro storico. L’opera del Maestro in particolare rappresenta la rinascita dal Covid ed è rappresentata da Pegaso , un’opera di straordinaria bellezza che arricchisce la piazza progettata dall’Arch. Materazzo Francesco. L’attività economica più importante nel comune a quale settore è legata? Le attività principali a Gizzeria sono l’agricoltura, la coltivazione delle olive e il Turismo. Particolare importanza assume la ristorazione d’eccellenza che abbiamo nel nostro territorio e rinomata in tutta Italia. Negli ultimi anni ha assunto molta importanza le attività legate ai lidi realizzati nella zona dei Laghi su cui continuare l’attività di tutela e sviluppo da parte dell’Amministrazione comunale Quanto ha influito per l’economia di Gizzeria la crescita di questi ultimi anni degli stabilimenti balneari? Per l’economia del paese sono stati molto importanti, Gizzeria è diventata centro della vita estiva con conseguente crescita economica di attività alberghiere e residenziali estive, case vacanze bed breakfast

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vincere con il progetto di legge a cui stavo lavorando in regione e che porterò avanti se sarò eletto nuovamente. L’esperienza di quasi 10 anni come sindaco l’ha cambiata? se sì come e in cosa? Molto positiva mi ha fatto crescere rendendomi più forte e più sicuro di me stesso, sono diventato più pragmatico e consapevole che bisogna progettare e fare senza perdere tempo e non farsi bloccare dall’ingorgo della burocrazia e della politica.

e l’insieme di tutte le attività collegate. Come tante altri piccole cittadine anche Gizzeria, credo, viva una condizione di decremento demografico. Se è così quali azioni ha messo in atto per frenarne lo spopolamento? Gizzeria a differenza degli altri comuni tende ad aumentare la sua popolazione. A distanza di dieci anni la sua popolazione è aumentata di oltre mille abitanti, siamo passati dai 4500 di 10 anni fa abitanti ai 5400 attuali. Ciò è dovuto sia alla buona amministrazione del territorio presenza di un PSC aggiornato che ha permesso la realizzazione di nuove aree residenziali sia alla buona macchina amministrativa che è stata brava a dare risposte efficaci e veloci ai cittadini che hanno investito a Gizzeria. La sua vicinanza a Lamezia e all’Aeroporto ha reso possibile lo sviluppo delle aree urbane nelle aree di Mortilla e Gizzeria Lido. Il centro storico di Gizzeria capoluogo invece ha subito lo spopolamento, si è cercato di combatterlo creando nuove opportunità per chi vive nel centro storico migliorando la viabilità rendendolo più bello facendo dei cartelloni estivi più ricchi nel centro storico per portare turisti estivi e aiutare le attività commerciali, a tal proposito abbiamo incrementato i nostri rapporti con la nostra comunità francese tanti di loro hanno investito comprando abitazioni nel centro storico .Numerosi sono i turisti che popolano e vivono d’estate nel centro storico. Credo che per far rivivere i centri storici sia necessario oltre a migliorare le infrastrutture viabilità parcheggi servizi e necessario portare vita, ciò si può fare recuperando edilizia residenziale. Attraverso l’edilizia residenziale pubblica invece di investire in nuova edilizia sarebbe opportuno recuperare il nostro patrimonio e riportare i bambini nei nostri centri storici ,questa è la sfida da

Leggo che lei è sindaco co fondatore Unione Comuni MA.RE, cosa significa? L’unione dei comuni Mancuso Reventino è stata una bella esperienza di crescita e di scambio di informazioni tra sindaci, si era cercato di realizzare questa unione per essere più forti politicamente a livello regionale e cercare di mettere assieme dei servizi in modo da realizzarli meglio e risparmiare, in questa esperienza ho collaborato con i più bravi sindaci dell’unione, con la maggior parte di loro si è creato un rapporto di amicizia. È anche sindaco capofila Pisl – Costa degli Ulivi e anche sin-

daco capofila Centrale Unica di Committenza CUC MA.RE, ce ne vuole parlare? I Pisl sono stati programmi di investimenti e sviluppo locale previsti nella programmazione comunitaria il comune di Gizzeria, l’ho sviluppato da capofila con gli altri comuni del tirreno catanzarese tranne Lamezia che non poteva partecipare. I lavori dei laghi di cui parlavo prima sono relativi a questa progettazione. Emergenza coronavirus, qual è la situazione a Gizzeria? Credo che ormai si sotto controllo consapevole che la battaglia non è finita e dobbiamo continuare ad avere comportamenti corretti e prudenti E quali sono le prospettive per superarla? Confidiamo nel vaccino. Differenze fra la prima fase e quella odierna? La prima fase è stata più cattiva si conosceva di meno e ci ha colto di sorpresa, noi a Gizzeria abbiamo avuto anche la perdita di un caro amico persona stimata e per bene. La seconda fase lo conosciamo meglio siamo preparati e il virus stesso ha meno carica virale. Il commercio, a causa del Covid19, sta soffrendo molto, la Calabria in modo particolare. Se prima acquistare su internet era un uso diffuso ora pare sia aumentato di parecchio, molti

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commercianti hanno chiuso le loro attività o stanno per farlo. Come pensa di sostenere quelli che sono decisi a continuare a combattere? Bisogna adattarsi al nuovo regime di mercato, magari conservando le nostre peculiarità di ogni attività e nello stesso adeguarsi ai tempi. Lei è ingegnere e, come tale, ha eseguito molti lavori sia in Italia che all’estero, so che si è dovuto addirittura trasferire a Tripoli per seguire un cantiere, ha anche insegnato, è stato assessore del Comune di Gizzeria, quindi la sua esperienza nel contatto con la gente, con le problematiche non solo personali, è vasta e varia, è questo che l’ha spinta ad entrare in politica? Sì molto perché ho avuto modo di toccare con le mie mani le varie problematiche reali della gente del nostro territorio del mondo del lavoro ho voluto dare il mio contributo. Come mai ha deciso di entrare nelle file della Lega? Ho deciso di entrare nella Lega perché è un partito di centro destra che ha amministrato bene le regioni e comuni ed ha una buona organizzazione di partito. Poi ho visto una trasformazione positiva da Lega Nord a Lega partito nazionale, per consolidare questo cambiamento mi sono avvicinato alla Lega, inoltre la vicinanza del deputato lametino Domenico Furgiuele mi ha ancora incoraggiato a fare questa scelta. Ingegnere, Sindaco, Consigliere Regionale, tutti ruoli importanti ed impegnativi, come riesce a destreggiarsi? Attualmente faccio solo l’attività di consigliere Regionale, sono decaduto da Sindaco il 20 aprile perché incompatibile con l’attività di consigliere regionale e in ogni caso ero a fine mandato. Cerco di mantenermi informato e ai tempi con l’attività di Ingegnere che sarà l’attività che continuerò a svolgere a fine della mia attività politica. Crede che il Governo prima o poi cadrà? Non saprei cosa risponderle, la situazione può variare da giorno a giorno. A breve la Calabria sarà chiamata alle urne per eleggere il nuovo presidente della regione dopo la prematura scomparsa della Santelli. Come si prepara alle nuove elezioni? Credo che il centro destra tenderà a riproporre in grande linee le stesse liste che hanno avuto un ottimo successo con una nuova guida all’altezza della compianta Santelli Quali programmi? Credo che i programmi principali sono quelli di sburocratizzare

la macchina regionale, rendere gli atti e le decisioni più veloci e trasparenti. Spendere bene i fondi comunitari in modo efficienti con degli obiettivi seri. È necessario porsi degli obiettivi da raggiungere in un paio di anni non è possibile programmare nel 2013 e iniziare a spendere nel 2020 come sta accadendo. Puntare sul turismo, agricoltura e creare sinergia tra i due settori, puntare sulle energie rinnovabili e sulla tutela del nostro territorio dal punto di vista ambientale paesaggistico intervenire sui dissesti idrogeologici e fare un programma serio contro l’erosione costiera. Puntare sulle infrastrutture, sulla portualità per rendere la Calabria al passo con le altre regioni. Oltre speriamo che lo Stato, che ha commissariato la sanità, la porti al pari delle altre regioni. Quali saranno le precauzioni che i calabresi dovranno prendere per recarsi alle urne, se ne sta già discutendo? Prudenza e rispetto delle norme di sicurezza Cosa ne pensa di questo nuovo commissariamento a Lamezia? Confidiamo in un buon lavoro, rispetto la sentenza del TAR, anche se trovo ingiusto il commissariamento, il Sindaco, l’Amministrazione Comunale di Lamezia e la città tutta non possono pagare per gli errori degli altri. Lei crede possibile che tutto ciò che è successo in questo ultimo anno, abbia allontanato ancora di più la gente dalla politica? Oppure pensa che questa situazione possa essere una nuova “primavera” per la politica? Questa nuova situazione può essere una nuova primavera. La politica ha bisogno di uomini capaci e volenterosi, ispirati ai buoni valori morali ed etici e non deve esser distante dalle aspettative delle persone per costruire una società nuova e migliore in cui vivere. La politica ha bisogno di uomini che abbiano voglia di fare soprattutto coraggio di fare per il bene comune. Quali sono, secondo lei, le prospettive per il nostro futuro? Trovare nuove idee innovative per rilanciare il nostro paese. Abbiamo parlato solo di “lavoro” ma … Pietro Raso ha del tempo per sé, se sì, cosa fa nel suo tempo libero? Amo passeggiare, viaggiare e leggere. Lei è credente? Sì La Fede quanto aiuta? La fede mi sostiene in ogni passo della giornata, ho una particolare devozione a san Giovanni Battista So che non è sposato, è perché è troppo impegnato o non ha mai trovato l’anima gemella? Altra domanda? Prima dell’ultima domanda ma … Matteo Salvini come è? Persona semplice che ascolta le esigenze della gente Concludiamo questa intervista con un suo messaggio di speranza nel futuro per tutti. La nostra società ha bisogno di Uomini onesti e nuovi che lavorano, tenendo sempre presente quello che è il bene comune, speriamo che questo diventi il motto di ogni nostro rappresentante al di là del colore politico.

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avvenimenti lametini

Seconda edizione del premio letterario per poesie “Un Anthurium nel cuore – in memoria di Francesco”

di Rosalba De Fazio

Dall’1 dicembre 2020 al 1 marzo 2021 sarà possibile partecipare alla seconda edizione del premio letterario per poesie “Un Anthurium nel cuore – in memoria di Francesco” bandito dall’associazione culturale “Un Anthurium per Francesco” e dedicato alla professoressa Valeria Montalto. La partecipazione al concorso è gratuita e aperta ai soli maggiorenni. Sarà possibile aderire con componimenti anche in vernacolo seguendo le indicazioni riportate sul bando che è stato pubblicato sul sito internet dell’Associazione unanthuriumperfrancesco.altervista.org. I componimenti pervenuti saranno valutati da una giuria da tre esponenti del mondo della cultura e del mondo imprenditoriale editoriale. Anche quest’anno, al vincitore sarà consegnato un premio in denaro offerto dal ristorante lametino “Civico 22”, partner e sponsor dell’Associazione e i componimenti valutati fra i migliori saranno pubblicati sulla rivista “Lamezia e non solo”. Lamezia e non solo

Forti del successo ottenuto durante la prima edizione e motivati dai riscontri positivi raccolti in occasione della serata di premiazione tenutasi lo scorso luglio nei locali della tipografia “Grafichè editore”, i soci fondatori dell’associazione “Un Anthurium per Francesco” continuano, da dietro le quinte, a lavorare per mantenere viva l’attenzione verso coloro i quali curano e coltivano l’amore e la passione per l’arte e la cultura, esprimendola attraverso il lavoro e la creatività. Nonostante le difficoltà e le limitazioni del periodo che stiamo vivendo, l’augurio dei soci è quello di riscoprire l’essenziale nella privazione e non smettere mai di meravigliarsi e farsi stupire e commuovere dalla vita. Con questo desiderio si invitano tutti i poeti, quelli in erba e anche i professionisti, ad aderire alla seconda edizione del concorso letterario da poco bandita.

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Sport

ALESSANDRA LUCCHINO CAMPIONESSA DI SCHERMA E ORGOGLIO LAMETINO Simpatia ed entusiasmo i suoi tratti distintivi. Concretamente, ori e titoli vinti in giro per il mondo. Anche un colpo inventato ‘l’accucciata’, poi emulato. Ora vorrebbe insegnare e formare qualche erede “ma senza strutture è impossibile”. di Rinaldo Critelli Si è definita fantasiosa, ma altre qualità quali grinta, determinazione, caparbietà e quelle innegabili tecniche, hanno fatto di Alessandra Lucchino (37 anni il prossimo

aprile) una delle portacolori sportive più vincenti di Lamezia Terme, in giro per il mondo a suon di ori e titoli conquistati! Tutta Lamezia si affezionò a questo talento promettente nelle gare di scherma di Coppa del Mondo ospitate al PalaSparti dal 2006. Lì veniva su una schermitrice di

alto livello, che ha ribaltato ed esaltato nel globo intero l’immagine positiva di una Lamezia Terme che ce la fa. Almeno nello sport. “Sai quante volte – sottolinea con la luce negli occhi Alessandra e con un sorriso contagioso - ho ascoltato l’inno d’Italia sul podio delle vittorie e mi sono emozionata?! Ed ogni volta intervistata da Sky, Eurosport e Rai ho sempre elogiato Lamezia Terme e la Calabria. Io che non ho mai cambiato il mio accento, la mia cadenza perché sono orgogliosa delle mie origini”. Questo è Alessandra Lucchino, cuore di Lamezia! Come fai a non appassionarti ad un ‘personaggio’ così! Che ispira simpatia soltanto a guardarla. L’intervista leggetela tutta d’un fiato: un vulcano di spontaneità! Iniziamo dalle cose belle, ma non mancheranno critica e delusione da parte di Alessandra, a maggio scorso tornata nella sua Lamezia Terme. Indimenticabile l’oro con la squadra di sciabola a L’Avana nel 2003. Poi tanti altri titoli, anche personali, elencati in fondo. Partiamo dagli inizi Alessandra. Piccolina ero appassionata di calcio, giocavo con gli amichetti e tifosa di Roberto Baggio, per questo coi capelli corti mi crescevo il codino. Praticavo tantissimi sport. Poi un giorno con mio padre, all’inaugurazione della Fiat coupè, giocavo con il figlio di un suo amico saltando da una macchina all’altra. L’amico di mio padre, che era il prof. Ruffo (decano della scherma), rimase stupefatto dalla mia vivacità scambiandomi anche per un maschietto e gli disse di portarmi a scherma, che io non sapevo cosa fosse. Da lì iniziò tutto. Iniziò la storia bella vuoi dire… Esatto. Nel 2000 avevo solo 16 anni e – lo racconto per la prima volta – in quel periodo passai alla sciabola per un caso fortuito. A Venezia persi subito una gara di fioretto. Visto però che il rientro era la sera il mio maestro Giuseppe Costanzo mi iscrisse ad una gara di sciabola sperimentale (allora non era consentita alle donne,

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ma il mio temperamento era da sciabolatrice), con l’attrezzatura prestatami lì seduta stante. Ebbene, arrivai in finale, a cui presenziò il Ct azzurro il polacco Zub, che rimase sbalordito da ‘quella ragazzina classe ’84’, cioè io, la più piccola, con colleghe più grandi di 4 anni. Quindi dopo una settimana fui convocata in Nazionale: il primo maestro mi scartò, invece il Ct Zub volle tenermi dicendo che avevo talento. Tornata a casa mi sono allenata col maestro Costanzo e vinsi i campionati italiani giovanili. Dopo tre mesi Zub mi convocò per i Mondiali vincendo quelli Under

20 nel 2000 vicino Chicago. Poi il salto in Nazionale assoluta e nel 2003 vincemmo lo storico oro ai Mondiali de L’Avana. A quale vittoria sei più affezionata? Proprio a quello de L’Avana perché ero esordiente in Nazionale assoluta e avrei dovuto essere la riserva. Invece fui protagonista. Stavamo perdendo con l’Azerbaigian fortissima, noi schieravamo le tre titolari (Bianco, Marzocca e Pagano). Il Ct italiano ormai rassegnato gettò nella mischia ‘la ragazzina’, cioè io che realizzai 20 punti contro la campionessa del mondo uscente. Da lì in poi il Ct mi ha schierato sempre titolare e abbiamo vinto la gara, nonostante la sera prima le mie tre compagne avessero litigato, mentre io facevo la diplomatica (e giù a ridere – ndr). Lamezia e non solo


ni, non abbia strutture idonee per i nostri figli.

Le Olimpiadi di Pechino e Rio un rimpianto per te? Purtroppo sì, troppi infortuni. Fui presente invece alle Olimpiadi di Atene 2004, il Ct mi portò come sparring partner. Fu bellissimo vivere l’esperienza olimpica anche senza l’adrenalina della gara. Che emozione la cerimonia di apertura con la sfilata delle squadre. Quando hai appeso la sciabola al chiodo? A fine 2018. Ma soprattutto dopo Rio 2016 mollai un po’ chiudendo in azzurro. Fu una batosta: mi giocai la qualificazione alle Olimpiadi con una collega e nonostante avessimo avuto risultati uguali il Ct preferì portare l’altra perché più grande e quindi senza altre occasioni rispetto a me. Però io avevo già qualche acciacco fisico e mentalmente non ce la facevo più. Per via dei tanti infortuni? Tantissimi. Gomiti, schiena, adduttori, caviglia. Il primo serio nel 2006: ero numero tre del mondo. Mi dissero che non bastavano 9 mesi. Tutto partì con un’ernia al disco, ed in fase di qualificazione il Ct diceva di tenere duro e così ho aggravato la situazione. In realtà, grazie a mia sorella Annamaria il mio modello di vita e sostenitrice ed a mio fratello Gianmarco, ce l’ho fatta. Dopo 6 mesi terzo posto in Coppa del Mondo, campionati italiani vinti nel 2007. Ancora vicecampionessa italiana per due anni consecutivi, oltre al titolo a squadra e dopo ancora campionessa italiana. Certo risalire la china ‘mondiale’ non era facile. Chiudiamo con le noti dolenti. A Lamezia è arduo praticare la scherma senza strutture. Mi colpì un tuo post critico ma veritiero poco tempo fa. Cosa consigli al sindaco Mascaro? Ci ho parlato ma è da solo. Mi rivolgo anche alla Provincia perché è un peccato come Lamezia Terme, che sforna campioLamezia e non solo

Tu collabori col Circolo Scherma Lametino del maestro Costanzo, dove vi allenate? All’aperto al Parco Impastato fin quando il tempo l’ha consentito. Non abbiamo strutture. A giorni (mentre scriviamo siamo all’8 dicembre - ndr) potremmo usufruire di qualche ora alla struttura interna dello stesso Parco, ma ancora niente. Anche perché il Circolo SL dispone di tanti ragazzini promettenti. Molti genitori portano i figli a fare sport perché è anche un modo per abituarli al rispetto delle regole. Ma se non hai una struttura adeguata loro sono giustamente restii. Sei rassegnata? No, piuttosto arrabbiata. Non c’è solo la Lucchino che ha fatto la storia sportiva di Lamezia Terme. Che, fuori, è conosciuta spesso per cose negative. Invece qui, e trovatemi una città simile, abbiamo avuto campioni di judo, karate, boxe, automobilismo, ginnastica ritmica, pattinaggio. Bisognerebbe dare dignità a loro che hanno dato lustro a Lamezia. Lo ammetto a malincuore: sono tornata da 5 mesi e mi pento per quanto di buono ho detto su questa città. L’idraulico deve fare l’idraulico, la Lucchino può insegnare scherma, l’assessore allo sport deve capire di sport non fare le sfilate di moda.

Foggia ed alla fine arrivò terza. Da questa sua stoccata, la chiamiamo ‘accucciata’, tutti rimasero colpiti tanto che molti la emularono anche in futuro”. Chapeau campionessa e buon lavoro per forgiarne tante altre! PRINCIPALI TITOLI VINTI DA ALESSANDRA LUCCHINO Medaglia d’oro a squadre ai Campionati del Mondo de L’Avana 2003 Medaglia di bronzo ai Campionati del Mondo di Lipsia 2005 Medaglia di bronzo ai Mondiali Militari di Grosseto 2005 Medaglia di bronzo a squadre ai Campionati Europei di Legnano 2012 Medaglia d’oro a squadre alla Coppa Europa Orleans 2008 e 2009 Medaglia d’oro ai Campionati Italiani Assoluti del 2004, 2005 e 2007 Medaglia bronzo a squadre Europei di Lipsia nel 2010 Medaglia d’argento ai Mondiali di Trapani nel 2013 Medaglia d’argento ai Campionati Italiani Assoluti del 2015 Pubblicate Castillo, Galetti, Sinopoli, Gigliotti, Scardamaglia, Sestito, Forte. continua…

SORPRESA. Chiudiamo col sorriso in tempi natalizi. Abbiamo chiesto al suo maestro Giuseppe Costanzo un aneddoto dei tanti anni sportivi vissuti assieme. Ebbene ci svela il ‘colpo della Lucchino’ inedito ed emulato. “In una gara di Coppa del Mondo Alessandra iniziò a dirmi che avrebbe fatto un’azione particolare. Io la implorai di no. Si era sul 14-14 ed era l’assalto decisivo contro una cinese per entrare nelle prime otto. Ma lei non mi ascolta: indietreggia come se rinunciasse all’attacco mentre avanza la cinese, invece si accuccia piegandosi sulle gambe e mentre l’orientale va a vuoto, Alessandra la tocca e fa il punto decisivo. Eravamo a GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

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amici della terra

Interventi di adattamento al cambiamento climatico PER IMPEDIRE L’ULTERIORE CRESCITA DI NUMERO E DANNI DEI DISASTRI NATURALI

Geologo Mario

Pileggi del Consiglio Nazionale Amici della Terra - geopileggi@libero.it

Con l’inizio del primo anno del terzo decennio del terzo millennio le classi dirigenti del Bel Paese continuano a manifestare l’incapacità di decidere e programmare i necessari interventi di adattamento ai cambiamenti climatici che incideranno molto sulla salute e qualità della vita delle popolazioni. A differenza di quanto viene deciso e programmato nei maggiori Paesi di tutti i continenti, tra le priorità dell’agenda di governo non c’è la rilevante questione climatica con le gravi implicazioni ambientali, socioeconomiche e politiche connesse ai cambiamenti stessi. Significativa la carenza di iniziative adeguate per l’evento storico del G20 presieduto dall’Italia e per la 26a Conferenza delle Parti della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (COP26). Sulle necessarie iniziative e decisioni per gli interventi di adattamento ai cambiamenti climatici e sulla loro rilevanza sulla salute e qualità della vita delle popolazioni, restano spenti anche i riflettori dei media e talk show nazionali sempre accesi su inutili e dannose dispute su vaccinazioni, previsioni e responsabilità dell’evolversi della pandemia.

Riflettori spenti anche su quanto emerge dal recente Rapporto delle Nazioni Unite «The Human Cost of Disasters 2000-2019», redatto dal “Centre for Research on the Epidemiology of Disasters” (CRED) e da ”United Nations Office for Disaster Risk Reduction” (UNDRR), nel quale sono riportati i dati sui numeri dei morti e sull’entità dei danni provocati da eventi disastrosi legati al clima. In particolare dal Rapporto emerge che dal 2000 al 2019 ci sono stati 7.348 eventi disastrosi che hanno causato la perdita di 1,23 milioni di vite umane, colpito una popolazione di 4,2 miliardi di persone e causato danni economici per circa 2,97 trilioni di dollari Molti dei disastri sono dovuti proprio ad eventi legati al clima che hanno colpito 3,9 miliardi di persone, circa il 95% e provocato danni economici per circa 2,2 trilioni di dollari, circa il 74% delle perdite economiche complessive.

Dal Rapporto emerge anche un forte aumento del numero dei disastri legati al clima che nell’ultimo ventennio sono arrivati a 6.681 mentre pag. 10

nel precedente, dal 1980 al 1999 ne risultano registrati 3.656. Questi dati emergono dal database degli eventi di emergenza (EM-DAT) gestito dal Center for Research on the Epidemiology of Disasters (CRED) che registra i disastri che hanno provocato la morte di dieci o più persone; colpito 100 o più persone; provocato uno stato di emergenza dichiarato; o una richiesta di assistenza internazionale.

L’incapacità delle classi dirigenti di considerare la rilevanza della questione climatico-ambientale è confermata dal fatto che il Bel Paese retrocede al 27esimo posto nella classifica dei Paesi per la lotta al contrasto dei cambiamenti climatici. E dalla inadeguatezza del Piano Nazionale Energia e Clima (PNIEC). Non si considera la specificità del BelPaese che emerge dai dati e grafici forniti alla World Meteorological Organization (WMO) e contenuti nell’Annuario dei dati ambientali ISPRA 2020 come l’andamento climatico annuale, sia per quanto riguarda i valori medi di temperatura e precipitazione, che gli eventi meteorologici estremi come onde di calore, precipitazioni estreme, alluvioni, siccità, tempeste di vento, nevicate eccezionali. In pratica si continua ad ignorare che nei prossimi decenni i Paesi dell’Europa meridionale e del Mediterraneo dovranno fronteggiare gli impatti più significativi dei cambiamenti climatici e saranno fra le aree più vulnerabili del pianeta. Dai vari scenari delineati da numerosi studi e approfondite analisi emerge l’aumento di frequenza e intensità degli impatti sull’Europa meridionale. Per i Paesi del Mediterraneo e, in particolare, l’Italia emergono problemi come l’innalzamento del livello del mare, le siccità prolungate, piogge a carattere esplosivo con alluvioni e veri cicloni extra-tropicali, ondate di calore, avanzamento del cuneo salino con perdita di falde di acqua dolce lungo le coste, erosione costiera, aree in desertificazione. Si tratta di impatti rilevanti, in particolare nelle regioni meridionali, su risorse naturali, ecosistemi, salute e condizioni socioeconomiche. D’altra parte, gli studi della Commissione Europea evidenziano che “se gli scenari resteranno immutati, i danni subiti ogni anno da infrastrutture critiche in Europa potrebbero decuplicarsi entro la fine del secolo, a causa dei soli cambiamenti climatici (dagli attuali 3,4 miliardi di EUR a 34 miliardi di EUR). Le maggiori perdite riguarderebbero i settori dell’industria, dei trasporti e dell’energia”. Emerge che per tre cittadini europei su quattro i cambiamenti climatici rappresentano un problema molto grave. I cambiamenti osservati nel clima stanno già avendo ripercussioni di ampia portata su ecosistemi, settori economici, salute umana e benessere in Europa. Nel complesso, le perdite economiche registrate in Europa nel periodo 1980-2016 provocate da fenomeni meteorologici e altri eventi estremi legati al clima hanno superato i 436 miliardi di EUR. La distribuzioni delle perdite nei

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vari Stati membri dell’UE mostra l’Italia in cima alla classica dopo la Germania.

adattamento ai cambiamenti climatici, mitigazione dei cambiamenti climatici, qualità dell’aria e del suolo e benessere sociale. Questa multifunzionalità dovrebbe essere meglio integrata nella valutazione delle opzioni di adattamento, per consentire alle soluzioni di adattamento basate sulla natura di competere a breve termine con altre opzioni basate su infrastrutture più convenzionali, o “grigie”. L’adattamento basato sugli ecosistemi potrebbe essere integrato anche nei meccanismi di raccolta di capitali e di investimento. Sarebbe opportuno tenere conto degli insegnamenti tratti da LIFE (compreso lo strumento di finanziamento del capitale naturale), Orizzonte 2020 e altri progetti finanziati dall’UE nell’attuazione del piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile, promuovendo investimenti in infrastrutture verdi e soluzioni basate sulla natura; -

Nella stessa Relazione della Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio sull’attuazione della strategia dell’UE di adattamento ai cambiamenti climatici sono indicati alcuni dei risultati realizzabili in determinate aree quali: - riduzione del rischio di catastrofi, in particolare per quanto concerne l’integrazione dell’adattamento in metodologie e indicatori, la conoscenza per la valutazione dei rischi e un dialogo più sistematico tra esperti in materia di adattamento e di riduzione del rischio di catastrofi. Sarebbe opportuno considerare anche la sensibilizzazione dei cittadini; - miglioramento dell’integrazione dell’adattamento nella politica marittima e della pesca dell’UE e nelle zone costiere in generale. Anche se le emissioni e le temperature si stabilizzano, i livelli del mare continueranno a innalzarsi. Poiché un cittadino su tre dell’UE vive entro 50 km dalla costa, in assenza di misure di adattamento le persone colpite da alluvioni costiere saranno milioni. Le politiche dell’UE concernenti le interazioni terra-mare nelle zone costiere, come la pianificazione dello spazio marittimo e la gestione integrata delle zone costiere, Orizzonte Europa e il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, come anche le azioni previste dall’agenda della governance internazionale degli oceani, dovrebbero essere meglio preparate per affrontare questa sfida futura. - sviluppo e utilizzo di strumenti per investitori e assicuratori che altrimenti potrebbero non integrare in misura sufficiente l’aspetto dei cambiamenti climatici nelle proprie pratiche di gestione del rischio. Esiste un potenziale inutilizzato di miglioramento nella previsione e nell’analisi del rischio grazie ai servizi climatici e a una migliore condivisione dei dati, dove opportunità di mercato emergenti possono incentivare l’adattamento, in particolare avvalendosi delle informazioni sul clima fornite da Copernicus. La strategia spaziale per l’Europa ha indicato le questioni climatiche tra le principali esigenze emergenti degli utenti; - ricorso a investimenti privati nell’adattamento. Le risorse pubbliche non saranno sufficienti per garantire un’economia resiliente ai cambiamenti climatici. Per attirare anche finanziamenti privati, il piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile prevede di fare chiarezza sul possibile contributo degli investimenti all’adattamento ai cambiamenti climatici mediante una tassonomia degli investimenti sostenibili dal punto di vista ambientale. Questa iniziativa, unitamente al sostegno agli investimenti fornito dal programma InvestEU, apre nuove strade per indirizzare il settore privato verso attività resilienti ai cambiamenti climatici e promuovere una serie di progetti mirati all’adattamento. Idealmente, questa strategia dovrebbe essere accompagnata dalla messa a punto di strumenti quali norme tecniche sulla resilienza ai cambiamenti climatici e analisi costi-benefici che evidenzino i vantaggi economici dell’adattamento; - l’adattamento basato sugli ecosistemi (ad esempio pratiche agricole conservative, infrastrutture verdi, protezione della natura) offre molteplici vantaggi anche in termini di biodiversità ecosistemi, Lamezia e non solo

- promozione dell’adozione e del monitoraggio di strategie e azioni di adattamento locali. È importante integrare meglio l’adattamento nei quadri giuridici nazionali/regionali (quali la pianificazione urbana, territoriale e costiera). L’impegno politico a tutti i livelli di governance pertinenti dovrebbe essere incoraggiato, ai fini del miglioramento dell’assistenza tecnica per le autorità regionali e locali e di maggiori finanziamenti per l’adattamento. Sulla base dei dialoghi multilivello nazionali permanenti in materia di clima ed energia previsti nel regolamento sulla governance dell’Unione dell’energia, il Patto dei sindaci potrebbe contribuire a individuare e condividere buone pratiche nazionali per coinvolgere le città - migliore preparazione delle aree geografiche con specifici problemi ambientali, vincoli naturali o vulnerabilità fortemente esposte ai cambiamenti climatici, come le regioni ultraperiferiche; - promozione della valutazione e della mappatura della vulnerabilità sociale a fronte di eventi di natura climatica, nonché identificazione e coinvolgimento di gruppi vulnerabili ai fini della formulazione di politiche di adattamento eque a tutti i livelli di governance; - rafforzamento dei collegamenti tra salute pubblica e adattamento, in particolare per migliorare la cooperazione intersettoriale in materia di valutazione del rischio e sorveglianza e aumentare la consapevolezza e la capacità del settore sanitario, anche a livello locale, di affrontare i rischi attuali ed emergenti in termine di la salute legati al clima.; - promozione dei collegamenti con le politiche di mitigazione a tutti i livelli di governance. A livello dell’UE, la Commissione intende includere l’adattamento nella sua futura strategia di lungo termine per lo sviluppo a basse emissioni. Mentre l’adattamento garantisce stabilità economica e sociale, il mancato adattamento (o “cattivo adattamento”) inasprisce le disuguaglianze, indebolisce la coesione territoriale e aumenta i rischi per la sicurezza e gli sfollamenti forzati. La gravità e il crescente numero dei disastri provocati da eventi meteorologici estremi evidenziati nel Rapporto delle Nazioni Unite e vari scenari sopra richiamati impongono alle classi dirigenti e ad ogni cittadino a qualsiasi livello di responsabilità di agire concretamente per invertire la tendenza in atto e ridurre impatti e rischi per la salute umana, gli ecosistemi, la biodiversità e i mezzi di sussistenza.

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cultura

X Festival della Dottrina sociale della chiesa:

Memoria del futuro Quale futuro per la Calabria,

di Giovanna De Sensi Sestito servazione dei cibi che rimangono di nicchia, asfittici e a rischio estinzione. Qualche promettente segnale di attenzione viene di recente da programmi specifici nazionali ed europei per le aree interne, con opportunità che in Calabria è necessario saper cogliere. C’è poi un paesaggio da custodire meglio di come sia stato fatto nel passato recente, calando l’insegnamento della «Laudato si’» di Papa Francesco nella responsabilità dei cristiani calabresi, che è quella di custodire il pezzo di creato in cui viviamo, con le sue caratteristiche, con i suoi numerosissimi borghi, con le architetture disegnate dai secoli o dai millenni passati, chiese, monasteri, castelli, edifici storici che sono stati riferimento spirituale, morale, civico di generazioni lontane e luoghi intorno ai quali si è organizzata e svolta la loro vita comunitaria.

Saluto il nostro Vescovo, S.E. Mons. Giuseppe Schillaci, tutti gli altri intervenuti e ringrazio il dott. Giuseppe Campisi di avermi coinvolta in questa riflessione sul futuro della Calabria. La dottrina sociale della Chiesa offre da tempo indicazioni puntuali su come ‘vivere’ il Vangelo nelle situazioni concrete della vita, del lavoro, dell’economia, della politica. Due documenti ‘profetici’ li ha ora aggiunti Papa Francesco con le encicliche «Laudato si’» e «Fratelli tutti», che ci invitano alla salvaguardia del creato e alla fratellanza universale e interpellano la nostra responsabilità di cristiani verso quell’angolo di creato in cui ci troviamo e ci impegnano nella sollecitudine verso quanti ci vivono accanto. Intorno a questi due nodi propongo alcune riflessioni sull’intreccio tra la responsabilità della salvaguardia del territorio e delle memorie che la Calabria custodisce e la responsabilità di creare opportunità di lavoro per i giovani per evitare che continuino ad emigrare. Non c’è dubbio che sono soprattutto i giovani di oggi a disegnare il futuro della regione, se potranno restare a vivere ed operare in essa. La salvaguardia del territorio comporta la tutela delle sue specificità ambientali, delle sue capacità produttive, delle sue filiere tradizionali di colture e prodotti, ma anche la salvaguardia del suo patrimonio materiale e immateriale; per farlo occorrono le persone che dispongano di professionalità adeguate con conoscenze e capacità progettuali e manageriali, per riconoscere, conservare, e tramandare le sopravvivenze del passato come memoria del futuro Per fare impresa e creare lavoro la Calabria bisogna imparare ad usare meglio le risorse di cui dispone, e di quelle culturali in particolare, che costituiscono un patrimonio non meno ricco di quello di altre regioni che ne hanno fatto un volano della propria economia. Ancora molti in Calabria ne ignorano la consistenza e ne sottovalutano l’importanza. Tra le nostre risorse ambientali non c’è solo il mare, con una fascia costiera lunga ben 775 km, a tratti colpevolmente deturpata da abusivismo edilizio e messa a rischio dall’inquinamento indotto dalla pessima gestione dello smaltimento dei rifiuti e delle acque. Ci sono anche le aree interne e quelle di montagna, che costituiscono più dei 3/4 del territorio regionale. In esse ricadono Parchi nazionali e regionali, Riserve naturali a carattere nazionale, regionale e locale più numerosi che in qualsiasi altra regione. Al loro interno si conservano preziose specificità di boschi secolari, specie rare, macchia mediterranea , colture specializzate antiche e moderne, ed ancora attività artigianali nei settori del tessile, della lavorazione del legno, della produzione e conpag. 12

In molti di essi si conserva ancora un ampio patrimonio storico-artistico che solo l’occhio esperto sa riconoscere, illustrare e raccontare ai contemporanei. Certo, le città d’arte come Venezia, Firenze, Roma ne hanno in maggiore quantità e di maggiore rilevanza, ma l’articolo 9 della Costituzione italiana non fa distinzione sul grado di importanza dei beni da tutelare, insiste sul valore di testimonianza storica che essi rivestono per le comunità a cui appartengono, perché si tratta di beni ‘meritori’ che riguardano il capitale umano, al pari dell’istruzione, e rappresentano un lascito inalienabile per le generazioni future; sono beni ad utilità crescente, o additiva che arricchiscono le persone e acquistano valore quante più persone ne usufruiscono. Merita ricordare che i beni storico-artistici della nostra regione sono conservati per la maggior parte nelle chiese o nei preziosi Musei diocesani, e passano inosservati sotto i nostri occhi poco abituati a soffermarsi su di essi e a riconoscerne il valore non solo sotto l’aspetto artistico, ma anche sotto quello di muta predicazione, di catechesi con l’arte, che il Magistero della Chiesa da anni invita a riscoprire e valorizzare. E poi ci sono i beni archeologici, non sempre monumentali come altrove per terremoti e alluvioni che hanno sempre afflitto la nostra regione, ma presenti e diffusi pressoché ovunque e con siti di rilevanza internazionale come Sibari, Crotone, Locri e con Parchi archeologici e Musei territoriali statali e civici, che custodiscono, preservano e offrono ai visitatori una campionatura di reperti di valore incommensurabile per la loro unicità; basti ricordare per tutti il Museo di Reggio Calabria. Ci sono ancora archivi e biblioteche, diocesani, civici e nazionali, depositi di storia e di cultura, da rinnovare nell’uso con ricorso alle nuove tecnologie, per renderli sempre meglio fruibili alle nuove generazioni e per non disperderne la memoria, ed anche tutto quel patrimonio immateriale diffuso di tradizioni, riti, canti, consuetudini che nelle aree interne si sono conservate meglio che altrove e continuano ad esprimere un forte tratto identitario per le singole comunità calabresi. Sono dunque tanti e di diverso genere le risorse ambientali e culturali della regione, anche se ancora molti Calabresi ne ignorano consistenza e valore. Risale agli anni ’90 del secolo scorso una più incisiva attenzione ai beni culturali, sollecitata da direttive europee, da regolamenti e normative italiane confluite prima nel Testo Unico dei BB.CC. (1999) e poi nel Codice dei BB.CC. (2004). Anche la Chiesa già nel 1995 l’aveva istituito l’Ufficio nazionale dei Beni Culturali ed emanato orientamenti e direttive al riguardo. A quel tempo risale l’inizio di una mia esperienza diretta in attività progettuali e di formazione nel settore, ispirata dallo sforzo di aprire

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nuove opportunità di inserimento nel lavoro per i nostri giovani laureati. Nel 1997 colsi l’opportunità di un bando dell’allora Ministero del Turismo per creare nell’Università della Calabria il Centro Herakles per lo sviluppo del turismo culturale, finalizzato al censimento del patrimonio culturale della regione in senso lato, alla creazione di percorsi di turismo culturale integrato nelle diverse aree; con un ulteriore progetto europeo e col concorso di altre quattro università europee, lavorammo alla definizione di un profilo professionale specifico in Mediazione e gestione del patrimonio culturale in Europa, e per un decennio abbiamo attivato un Master biennale post-laurea, conseguito da molti giovani calabresi e stranieri. Un altro progetto specifico realizzato tra il 2006 e il 2009 è stato dedicato alla definizione del Distretto turistico nell’Area dell’Istmo, come si stava facendo allora in altre parti d’Italia; ma anche sui distretti turistici la Calabria è ancora alle primissime esperienze: c’è quello dell’Altipiano della Sila e sta nascendo quello dei comuni dello Ionio da Scolacium a Kaulonia ma non mi pare se ne intravedano ancora gli effetti. Negli ultimi vent’anni sono stati attivati nelle università calabresi corsi di laurea triennale e magistrale in Beni culturali, in Architettura e patrimonio, in Scienze Turistiche, in Diagnostica e restauro di beni culturali e altro ancora. Tra quelli formatisi in Calabria e quelli formatisi o specializzatisi fuori c’è ormai un esercito di giovani e ahimè non più giovani che hanno ii profilo professionale di archeologi, storici dell’arte, architetti, restauratori, esperti di turismo, bibliotecari, archivisti, informatici esperti di applicazioni ai beni culturali, con le competenze giuste, e spesso affinate da lunghi tirocini, per lavorare in questo settore e anche per fare impresa in questo settore. Per i vari livelli di formazione lo Stato ha speso e continua a spendere tanto, anche nella nostra regione, ed è un capitale umano che può dare un grande contributo alla Calabria solo che non lo si lasci ai margini costringendolo a ripiegare per vivere su un lavoro da call-center oppure ad emigrare altrove. Solo l’anno scorso sulla piattaforma del Ministero sono stati aperti dei bandi per la registrazione nelle professioni legate ai beni culturali a seconda dei diversi profili e dei diversi livelli di formazione e di esperienza lavorativa, ma l’inclusione negli elenchi non garantisce l’accesso al lavoro e non impedisce ad altri non inscritti negli elenchi di lavorare ugualmente nel settore della gestione dei beni culturali. Grandi opportunità lavorative può offrire a questi professionisti il settore turistico, in costante espansione, in cui l’iniziativa privata ha un campo più largo di operatività. Se ci fermiamo un attimo a considerare in che consista il turismo in Calabria, dobbiamo ammettere che esso è prevalentemente inteso come turismo balneare, fortemente stagionalizzato con un picco tra 15 luglio e 15 agosto, fatto di recettività in grandi alberghi o grandi complessi residenziali in riva al mare nei tratti più suggestivi delle nostre coste, che di solito offrono al loro interno sia una ristorazione di tipo internazionale, sia attività standard di animazione e svago. Fanno anche grandi numeri e molti sono i turisti stranieri che li frequentano, ma il testo della Calabria non li vede, se non quando atterrano all’aeroporto e quando ripartono. Fanno eccezione alcuni centri che si sono attrezzati anche per un’ospitalità diffusa, capaci di offrire una buona qualità di servizi, una ristorazione tipica in piccoli locali bar pizzerie, botteghe di prodotti e manufatti tipici e un’animazione culturale diversificata all’interno del borgo, con itinerari culturali, mostre, sagre, concerti. L’esempio migliore è Tropea, ma ce ne sono anche altri che si sono attrezzati con lungimiranza, come Altomonte da più tempo o Civita negli ultimi anni, o lo stanno ancora facendo come Schiavonea a Rossano-Corigliano. Però sono singole località, non c’è ancora un forte raccordo territoriale di sistema. Anche la destinazione recente in Calabria di fondi europei ai Borghi per riqualificare i territori e favorire un turismo diffuso darà i suoi frutti se contestualmente si lavorerà ad un marketing territoriale serio, che coniughi specificità locali, risorse culturali di un bacino territoriale più ampio e risorse umane disponibili. Da poco la Regione si è dotata della piattaforma TourisCalabria, come Lamezia e non solo

stanno facendo anche singole agenzie di viaggio, per mostrare il ventaglio delle possibili destinazioni turistiche, come raggiungerle, cosa poter vedere o fare. Bene. È importante tuttavia che le opzioni possibili vengano incrementate includendo le aree interne e di montagna e che tutte si dotino realmente di una rete locale organizzata ed efficiente per offrire servizi logistici e culturali di qualità. Esistono buoni esempi riusciti e promettenti di iniziative private locali di valorizzazione turistica di specificità ambientali, come le gole del Raganello, le cascate della Valle del Lao, le Valli Cupe, oppure proposte di percorsi tematici, come il Percorso basiliano che sarà presentato tra poco, o altri percorsi a carattere ambientale e culturale non tematici, come il Cammino Kalabria coast to coast inaugurato da poco, con l’attraversamento guidato delle Serre dallo Ionio al Tirreno. Per la varietà dei beni ambientali e culturali di cui disponiamo nell’intero territorio, percorsi tematici ed esperienze immersive nella natura dei luoghi se ne possono creare tanti altri. Ma per queste iniziative più innovative non bastano le solite guide turistiche o i tour operator tradizionali. Occorrono professionalità nuove: indicate come Destination manager o Travel designer o Travel Organizer, esse evidenziano la necessità di competenze di marketing territoriale per la valorizzazione dei centri storici e delle loro comunità; di capacità manageriali nell’ideazione di percorsi turistici integrati, con mete insolite e di interesse particolare e dell’organizzazione complessiva di viaggio, accompagnamento, narrazione ecc. in modo da accendere i riflettori su paesaggi, folklore e saperi unici, in un processo che sostiene le attività imprenditoriali del territorio, ha un forte valore sociale per le comunità coinvolte in termini di ritrovata identità e produce economia diffusa. Non è vero che con la cultura non si mangia. L’economia della cultura è ormai una scienza insegnata nelle università; è un’economia da saper attivare, non solo nel settore pubblico ma soprattutto in ambito privato. Un’economia che non decolla con l’improvvisazione e l’approssimazione, ma richiede competenza, impegno e capacità di lavorare insieme coinvolgendo più attori, più soggetti, più territori, più persone. Creare nella regione opportunità di lavoro stabile coniugando beni culturali e turismo è una responsabilità precisa che ci interpella come cristiani. Le radici del futuro della Calabria stanno anche qui, nel valorizzare le sue risorse culturali e ambientali per dare un futuro ad esse e soprattutto alle sue risorse umane. Sul come farlo, le proposte operative vanno cucite sui singoli ambiti territoriali alla fine di un processo di studio e di conoscenza approfondita per ciascuno di essi. Mi preme tuttavia sottolineare alcune esigenze di ordine generale: 1. la formazione, che richiede alti livelli di competenza e professionalità. 2. Il reclutamento dei professionisti del settore in base al profilo richiesto che riconosca e premi le competenze specifiche, sottraendolo all’arbitrarietà o a clientelismo dei possibili datori di lavoro, pubblici o privati che siano. 3. la retribuzione delle prestazioni professionali in questi settori, per la dignità stessa delle persone che mettono in campo la loro preparazione e disponibilità per svolgere un servizio alla collettività, ad un pubblico più o meno ampio, al visitatore, al turista. La gratuità va bene per altre attività sociali, qui può essere una eccezione, non la regola. 4. Ne aggiungo una quarta, a mio avviso ancor più importante: la capacità di organizzarsi in gruppi, cooperative, associazioni, imprese per servizi culturali e/o turistici, con profili diversificati e complementari al loro interno, in grado di concorrere a bandi per la gestione delle diverse attività che sempre più spesso vengo offerti all’iniziativa privata in questi settori. Forse è proprio su questo punto che occorre un più incisivo accompagnamento al fare impresa nel settore, e un supporto stabile potrebbe essere offerto da un Laboratorio/ Ossevatorio/Centro (quale che sia il nome da dargli) a carattere regionale ma sganciato dalla politica.

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Spettacolo

Ad un anno dall’inizio della sua prima esperienza da consigliere comunale nelle file dell’UdC, dopo essere arrivato al ballottaggio con Paolo Mascaro per la carica di sindaco di Lamezia Terme,

di Ruggero Pegna

il promoter e autore Ruggero Pegna traccia il suo primo bilancio.

Il mio primo anno da consigliere comunale è sicuramente positivo, un’esperienza nuova ma interessante, direi addirittura formativa. Ho scelto di aderire all’Udc perché è il partito più vicino alla mia formazione e in Calabria è guidato dal dottore Franco Talarico, un lametino che peraltro ha ricoperto e ricopre ruoli di grande importanza, come quello attuale di assessore regionale al bilancio, politico molto apprezzato dai vertici nazionali. Dopo gli anni trascorsi tra Azione Cattolica e movimento giovanile della Dc, le cariche di dirigente dell’associazione italiana degli organizzatori di musica dal vivo e di componente della Consulta Ministeriale per lo Spettacolo, una storia di eventi e progetti culturali, questo ruolo di consigliere comunale va ad aggiungersi all’impegno profuso per molti scopi: sociali, umanitari, professionali. Mi è stato chiesto all’ultimo istante di rappresentare il centrodestra e ho accettato superando varie perplessità, esclusivamente per mettermi a disposizione di Lamezia, con la mia visione, le mie idee e anche un po’ di fantasia, senza alcun secondo fine personale. Questa è una Città difficile, con un territorio vastissimo. Condivido o dissento sulla base dei miei punti di vista e della mia coscienza, secondo ciò che ritengo utile a Lamezia e non per partito preso o necessità di interpretare la figura dell’oppositore, come qualcuno vorrebbe secondo schemi per me superati, anacronistici e deleteri. In questa direzione, in modo del tutto naturale e per me logico, ho inteso il mio ruolo in termini costruttivi, collaborativi, propositivi. Le mie posizioni, ogni mio voto, hanno seguito il solo ragionamento dell’utilità per la Città, unica da servire. Finita la schermaglia elettorale, a mio parere, bisogna accettarne l’esito e ognuno, fino al termine del mandato, deve concorrere al bene della Città, al di là di sterili divisioni da tifoserie ultras che non producono alcunché di positivo. Questa concezione, in un clima di collaborazione generale, senza litigiosità e cadute dannose anche per l’immagine di tutti, si è tradotta in uno sforzo collettivo a favore della nostra Lamezia, seppure tra oggettive criticità finanziarie e di personale. Ho conosciuto tanti giovani consiglieri, ragazzi e ragazze, di grande pag. 14

competenza, cultura, capacità, animati da vera passione, che hanno dato ogni giorno il loro proficuo contributo. Un lavoro, oserei definire di gruppo, che stava cominciando a produrre risultati importanti: dalla sanità, finalmente posta in modo serio e credibile all’attenzione istituzionale, all’impegno per rimpinguare l’organico di dirigenti e tecnici, fino ai tanti interventi a carattere sociale e a quelli finanziari regionali a

favore del nostro territorio. Anche il rapporto con la Regione è andato oltre ogni steccato, grazie proprio e soprattutto all’assessore regionale al bilancio Franco Talarico, figura di rilievo della politica calabrese che, in silenzio come nel suo stile ma con grande impegno, ha profuso un lavoro costante e concreto per la nostra Lamezia. Un lavoro in linea con i principi e i valori sani di una politica che non fa sterile opposizione, ma lavora unita per il bene della propria Città, peraltro con umiltà e dedizione. E’ certamente merito suo se, in pochi mesi, sono arrivati a Lamezia importanti finanziamenti in varie direzioni: dai 5 milioni di euro per la Sacal, ai circa 3 milioni di euro per la Stazione Centrale di Sant’Eufemia, dai 4 milioni di euro per l’ingegnerizzazione e il rifacimento della rete idrica, a svariate centinaia di migliaia di euro per il campetto polivalente di Savutano. Ed è solo l’inizio, visto il breve tempo di insediamento della giunta regionale. Un impegno sinergico straordinario, a più livelli, in cui il suo ruolo strategico e competente nella giunta regionale, il lavoro serio dell’intera amministrazione e quello compatto del consiglio comunale, possono dare risposte importanti per lo sviluppo e una migliore qualità della vita di questa Città. Mi auguro che le beghe, i personalismi, i colpi bassi della politica meschina e di chi parla troppo spesso a vanvera, lascino spazio al futuro roseo che i lametini meritano.

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l’angolo di gizzeria

Francesco Argento il nuovo Sindaco di Gizzeria

di Michele Maruca Miceli - storico – ricercatore Gizzeria è in festa per il lusinghiero risultato ottenuto da Francesco Argento (classe 1947)che gli ha permesso di essere stato eletto come nuovo Sindaco. Un lungo corteo di auto,camion e tante bandiere lo hanno accompagnato per le strade territorio porgendo saluti e gratitudine a tutti gli elettori. Il corteo partendo dalla sede municipale di via Albania ha attraversato l’abitato di Gizzeria e della vicina Falerna facendo sosta presso il ristorante “San Giovanni”ove è stato offerto un grande rinfresco e fuochi d’artificio. Il lungo corteo ha successivamente proseguito per Marina di Gizzeria giungendo presso il Ristorante “il Pirata” prendendo così parte ad un ulteriore rinfresco per arrivare così, a suon di clacson a Gizzeria Lido e Mortilla. Infine come ultima tappa del percorso si è fatto ritorno a Gizzeria ove nel grande piazzale del Ponte una grande folla di gente lo attendeva per tributargli ancora abbracci strette di mano, una grande annaffiata di prosecco e fuochi pirotecnici. 1999 sono state le preferenze tributategli nella competizione elettorale del 22 Settembre 2020, contro i 660 del Dr Gennaro Trapuzzano pari 25,66%. Quasi un plebiscito, o per meglio dire un mare di voti sono stati ottenuti dalla lista “Gizzeria che Amiamo” pari circa al 74%. La carriera del nuovo Sindaco è conosciuta da tutti. Grande imprenditore del settore autotrasporti a livello nazionale, ultimamente premiato con l’A-

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ward al Merito del 2019 per l’imprenditoria presso palazzo Marino di Milano. Una figura coraggiosa, in grado di affrontare qualsiasi evenienza e nel contempo trasmettere ai suoi dipendenti l’orgoglio e l’appartenenza al suo gruppo industriale, valori indispensabili ad ogni società che vuole crescere e dare servizi sempre più efficienti. La sua figura, sorridente ed accogliente,lo caratterizza ovunque lui prenda parte, sia nel campo della politica amministrativa che sul piano sociale. Sono in primo piano la legalità e la progettualità per il nostro territorio aperto principalmente sia all’agricoltura che al turismo. Progetti iniziati dal precedente Sindaco Raso che ora sicuramente saranno continuati con orgoglio dal Sindaco Argento. Nel 2016 viene colto da un grande lutto per la perdita della cara moglie Clementina Anello,egli stretto nella morsa del suo dolore , trova nella fede religiosa una luce che lo illumina e lo avvicina sempre di più alla chiesa dedicando momenti della sua vita in opere di bene. Francesco Argento, possiamo dire che ha sempre interpretato la politica attivamente, sempre tra la gente ed in mezzo alla gente di Gizzeria, condividendone gioie e dolori. Persona riguardevole, umana e virtuosa, sempre disponibile ad aiutare tutti, ricoprendo varie cariche politiche nel corso degli anni come segue: dal 1995 al 1997 quale vice Sindaco dell’Amministrazione guidata prof. Delfino Umberto. Dal 1997 al 2007 quale vice Sindaco dell’Amministrazione guidata dal dr M. Rosato. Dal 2010 al 2020 quale vice Sindaco dell’Amministrazione guidata dall’Ing. Pietro Raso e dal 20 Aprile 2020 al 22 Settembre 2020 con nomina prefettizia copre la funzione di Sindaco rimasta vacante in quanto il Sindaco vigente Ing. Raso Pietro viene eletto Consigliere Regionale. Il nuovo Sindaco di Gizzeria,giorno 23 Settembre 2020, dopo la proclamazione degli eletti da parte del Presidente del seggio elettorale, cinto dalla fascia tricolore , ha preso la parola e senza esitare ha ringraziato tutti coloro che lo hanno sostenuto, tutti i candidati della lista “Gizzeria che amiamo” confermando che sarà il Sindaco di tutti ed asserendo le seguenti parole:”Siamo stati eletti, la popolazione ci ha scelto, ad essa risponderemo del nostro operato con grande professiona-

lità, responsabilità e soprattutto nel rispetto della legalità. Un pensiero in particolare va a mia moglie che mi ha sostenuto anche da lassù, alla quale dedico la mia affermazione”.

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cultura

La pandemia tra verità e opinione, rischi e opportunità. di Giovanni Martello In alcuni periodi storici irrompono nelle vicende umane degli avvenimenti epocali che segnano uno spartiacque tra il mondo vecchio che sparisce e quello appena nato che comincia ad affermarsi. La pandemia da Sars-Covid-19 è uno di questi avvenimenti epocali che stiamo imparando a conoscere, anche se per capire il nuovo dobbiamo riuscire ad indossare l’abito molto stretto dell’umiltà. E se vogliamo creare nessi fra gli avvenimenti, ovvero saper interpretare ciò che accade, dobbiamo renderci conto che spesso quella che definiamo verità, è solo opinione. Ogni giorno siamo bombardati da opinioni contrastanti fra le quali non riusciamo a raccapezzarci, perché tutte sembrano valide e ciascuna afferma di essere vera. Per questa ragione dobbiamo essere lucidi in questo nostro presente alluvionato da informazioni irrilevanti, tanto che all’epidemia sanitaria, si è aggiunta l’epidemia della comunicazione. Alcuni studiosi, spesso liquidati come catastrofisti o tacciati di essere schierati contro il progresso, avevano già dato delle indicazioni per cercare o, almeno, per tentare di attenuare i pericoli insiti nell’attuale società planetaria, definita società del rischio, arrivata al culmine nel primo ventennio del XXI secolo e figlia naturale di una globalizzazione selvaggia, sempre più orientata verso il profitto individuale anziché verso l’emancipazione e il benessere dell’umanità. Il tedesco Ulrich Beck nel teorizzarla si è sforzato di delineare alcuni scenari di soluzione e indicare delle direzioni. Ha indicato un percorso a più voci, che deve dare spazio a intelligenze diverse, ma unite nel raggiungimento di un unico fine per servire l’interesse del singolo e dei molti, senza distinzioni di sesso, colore della pelle, cultura, etnia e status sociale. Per far ciò dovremo sgombrare le nostre menti dalle facili soluzioni in quanto la società mondiale contemporanea e globalizzata è anche società complessa. Ciò significa che nessuno stato nazionale, nessuna lobby economica, nessuna multinazionale, nessuna politica possono risolvere da soli il grave problema mondiale della pandemia da Covid-19 che da quasi un anno sta inginocchiando il pianeta a livello sanitario, economico-finanziario, culturale e relazionale. Possiamo affermare che all’inizio abbiamo assistito a una cecità di massa. Ancor più grave è stata l’impreparazione dei vari decisori politici, dimostratisi impossibilitati a dare risposte certe, concrete ed efficaci. Voglio credere che il loro sia stato un errore di valutazione del grande pericolo sanitario che incombeva sul pianeta e non un tentativo maldestro per nasconderlo. In ogni caso, la sottostima del problema, voluta o subìta, portava nei diversi stati europei ad autorizzare eventi calcistici, politici, riunioni senza accorgersi del pericolo incombente. Addirittura, fino a qualche mese fa, i cosiddetti negazionisti rifiutavano l’uso delle mascherine e del lock down per difendere gli inviolabili diritti naturali di libertà individuale che nessuno stato o governo può menomare, dimenticando che il diritto alla vita viene prima di tutti gli altri. I negazionisti adducevano ogni tipo di scusa per non rispettare le regole imposte dalle autorità, definite congiure ordite dalla plutocrazia mondiale, dalle multinazionali e da alcuni regimi totalitari. Il non voler rispettare le regole li portava ad abbracciare una strana forma di disobbedienza civile, sfociata nella ribellione incivile e violenta accanto a masse di disoccupati, di teppisti e individui relegati ai margini della società e della norma. Accanto o contro questi, il popolo del web e dei social, nuovo attore politico e mediatico, costruttore di un consenso contraddittorio e portatore di una scienza medica molto personale e utilitaristica, navigava a vista tra scogli di verità effimere che sopravvivevano solo qualche ora per essere sostituite da altre ancora più fugaci che evaporavano spesso in fake news, nuova moda settaria usata per screpag. 16

ditare avversari, scompigliare giochi, creare confusione e - tramite un eccesso di comunicazione, che i social moltiplicano e fanno rimbalzare nelle case e nelle coscienze - costruire chiusure comunicative, cioè incomunicabilità. La pandemia e l’Unione Europea Voglio condividere qualche riflessione su questa importante problematica. Il promesso aiuto europeo per contrastare la pandemia ha ottenuto un grande risultato politico e sociale. Ha fatto, prima tacere, spazzandoli poi via, in un solo colpo, i sostenitori del sovranismo, del populismo e dell’antieuropeismo e di tutti coloro che aderivano all’Europa seguendo il cinico motto thatcheriano e neoliberista: I want my money back, diventato ben presto lo slogan e il principio guida di tutte le nuove entrate nell’Unione. Come a dire: quello che verso nel forziere europeo dovrò riaverlo per intero. A proposito, la Brexit docet. Purtroppo, ciò che non è più possibile recuperare è la generazione più anziana stroncata dalla pandemia e da una sanità impreparata a livello manageriale, spesso collusa con il malaffare. E, sotto questo aspetto, purtroppo per noi calabresi, la cronaca sanitaria riempie i talk show del pianeta. Nei prossimi mesi dovremo assistere alla ricostruzione grazie agli aiuti europei. Le parole magiche di questo periodo sono: Recovery fund e Recovery plan. Il fondo per la ricostruzione impiegherà un mare di denaro (750 miliardi di cui 390 di contributi a fondo perduto e 360 di prestiti), che bisognerà spendere in tempi brevi e in modo efficace. La speranza è che si spenda in modo efficiente e che non si sperperino queste risorse, come si è fatto in passato, in numerose occasioni, rubando il futuro a tutti. Il Recovery fund è l’ultima possibilità per l’Italia di modernizzare il paese e farlo viaggiare alla stessa velocità delle grandi locomotive europee. Abbiamo l’opportunità di rafforzare i settori strategici dell’innovazione, dell’istruzione, della ricerca e della salute. Se ci sfugge questa occasione non avremo più tempo di recuperare e l’Italia, specialmente quella meridionale, si legherà sempre di più all’Africa - con tutto il rispetto per questo immenso e maltrattato continente - anziché al nord Europa. Non è un caso che il Recovery fund sia anche chiamato Next Generation EU. Molti parlano di missione impossibile, morta già prima di nascere, perché hanno già perso sia la speranza che la fiducia. Senza queste non si fa molta strada in una crisi economica ancora più grave di quella attraversata dall’intero pianeta nel 2008. Tutti gli stati europei stanno lottando, perché sono coscienti di essere diventati più poveri e, anche quelli che stanno meglio, i rigoristi, rischiano il tracollo in caso di collasso dell’Unione, il cui effetto domino potrebbe interessare tutto il pianeta. Come ci ha insegnato in questi anni Bauman la solidità moderna non esiste più, siamo immersi tutti in una liquidità, in una relatività senza precedenti. Credo che sia l’occasione di una ripresa vera e della reale possibilità di dare dignità di cittadinanza ai giovani e alle donne e smetterla di riempire i nostri discorsi affermando i loro diritti, senza passare ai fatti e, una volta per tutte, finire di escluderli dal mondo del lavoro e dalle decisioni politiche. Proprio perché il capitalismo selvaggio, liberista e la globalizzazione hanno tradito le speranze di tante persone e dei giovani, in particolare, la svolta epocale della pandemia è l’occasione per ovviare a questo errore di prospettiva e di riparare i suoi danni prima che divengano irreversibili. Dal progresso, dallo sviluppo della scienza e della tecnica abbiamo aspettato, a lungo, il miglioramento delle condizioni di vita, al contrario, gli individui sono stati sfruttati e trasformati in passivi consumatori dei prodotti capitalistici, in “sciami inquieti di consuma-

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tori”, concentrati nella continua ricerca di oggetti e prodotti da acquistare e con i quali cercano di colmare il loro vuoto esistenziale. La catastrofe pandemica è un prodotto del capitalismo selvaggio. Gli esperti sanitari dicono che la pandemia era stata predetta ben prima della sua comparsa. Le prove generali erano state fatte nel 2005 con la Sars, ma i decisori politici anziché imparare dagli errori precedenti e attrezzarsi per prevenirla, si sono affidati alla buona sorte o addirittura alla immunità di gregge, convinti che il virus fosse meno letale. Se i governanti fossero stati più previdenti, avrebbero risparmiato vite umane e una crisi economico-finanziaria che ha bruciato risorse inimmaginabili, tali da impoverire il pianeta. Al contrario, si sono inchinati a spietati e inumani imperativi economici in cui non c’è profitto nel prevenire una catastrofe futura. La pandemia ha dimostrato - per rimanere sul territorio italiano, ma possiamo estendere simili considerazioni a tutto il pianeta - che la prevenzione medica costa molto e che lo Stato ha preferito tagliare nella sanità e investire in altri settori ritenuti maggiormente strategici anziché in quelli fondamentali della salute, della istruzione e della ricerca. Queste “motivazioni economiche” si sono dimostrate miopi e perdenti perché le somme di denaro occorrenti per frenare o, almeno, controllare una pandemia, per tentare di sostenere tutti i settori produttivi e sociali ed evitare il crollo sono enormi e per lo stato italiano insostenibili. Addirittura, per evitare i numerosi tracolli nazionali è dovuta intervenire l’Unione Europea. Il Recovery fund, riprendendo precedenti documenti europei, mette l’accento sulla decarbonizzazione, cioè sul passaggio dall’uso dei combustili fossili alla green-power, formata, in primis, dall’energia eolica e solare che potrebbero essere prodotte senza inquinare. Dobbiamo essere capaci di immaginare un nuovo mondo che sia al servizio dell’umanità. Dovremo saper scegliere governanti che abbiano a cuore il futuro dell’umanità, ma bisogna che tutti ci impegniamo per raggiungere questo fine che è di pace, di solidarietà, di rispetto e di difesa dell’ambiente. Il mondo stava già cambiando, ma il Covid ha accelerato questa metamorfosi facendo fare un salto di quindici anni. Il mondo così come l’abbiamo conosciuto non esisterà più. Stiamo già cominciando a vivere in una società ex consumistica che sta riducendo i consumi, gli spostamenti all’essenziale e, pur senza volerlo, ha ridotto le emissioni nocive e l’inquinamento grazie all’uso molto limitato delle automobili. Forse una delle positività della crisi che stiamo vivendo è la novità. Purtroppo, la novità si accompagna al male che stiamo ricevendo da parte di un virus sconosciuto e letale come mai. Dalla crisi sta già emergendo il nuovo che proprio per questo fa paura, ma offre anche possibilità impensabili. Siamo all’alba di un nuovo mondo, che porta un diverso modo di vivere, in cui dobbiamo cominciare subito a trovare i punti di orientamento e capire che dovremmo coabitare con criticità molto grosse che ci abituano all’inatteso, così come i teorici della complessità hanno sempre predicato. Ci siamo resi conto dell’importanza di avere una cultura ecologica molto più attenta e raffinata che in passato, nella quale dovremo impegnarci come singoli e come comunità. Dovremo essere artefici del cambiamento, e ricordare sempre che tutto ciò che succede sul pianeta dipende sempre dall’azione umana; non a caso la nostra epoca è definita quella dell’Antropocene, l’epoca in cui l’attività umana ha sconvolto il pianeta. Gli sconvolgenti eventi naturali, le alluvioni, i maremoti, gli smottamenti, le siccità e le carestie che arrivano continuamente sul pianeta comportano grandi fughe, esodi e migrazioni scomposte di uomini e di animali e con questi anche di virus che si diffondono in tutto il mondo, diventato ormai sempre più piccolo, grazie alla velocità degli spostamenti. Non dimentichiamo che il virus del Covid-19 parte da una metropoli cinese, creata dal nulla, ai margini di una foresta e quindi in una coabitazione forzata tra l’uomo e gli animali selvatici che, purtroppo in questo caso, si portano appresso il virus. A Wuhan si è realizzato lo spill over, il salto di specie, il passaggio del virus da animale a uomo. Lo stesso salto lo abbiamo visto Lamezia e non solo

in Danimarca con i visoni e sta emergendo in Brasile con i maiali. Gli insegnamenti di questa pandemia sono tanti. Senza ritenermi un catastrofista o, addirittura, un futurologo, il primo è quello di aver cura di noi stessi e dell’ambiente. Questa crisi ci abitua ad affrontare meglio le pandemie che, sicuramente, arriveranno nei prossimi decenni e, forse, a prevenirle. A livello sanitario, il vaccino dovrebbe riportarci alla normalità ed è quello che speriamo tutti. La normalità così come l’abbiamo finora intesa non ritornerà più. Gli esperti ci avvisano che altri virus forse più letali del Sars-Cov sono in agguato e potrebbero sterminare l’umanità. A livello lavorativo alcune professioni spariranno, molte muteranno. Dove sarà possibile, aumenterà lo smartworking che permetterà a tante persone di lavorare da casa. Eviteremo di spostarci e quindi d’intasare mezzi pubblici e strade e diminuiremo l’inquinamento. Riscopriremo la colazione e le nostre cucine casalinghe e spenderemo meno soldi nei bar, nei ristoranti, in tassì. Questo significherà una sofferenza maggiore per i locali pubblici. Alcune professioni spariranno se non sapranno adattarsi al cambiamento, ne arriveranno nuove, adesso impensabili. Ad esempio, per costruire una casa basterà usare una stampante 3D grande quanto una stanza gestita da qualche operaio e tecnico che l’alimentano e controllano. Voglio essere meno rassicurante, un po’ duro per essere più chiaro. Non è che il mondo cambia, di colpo, per motu proprio. Stava già cambiando, il Covid ha solo accelerato il passaggio e ci sta facendo fare questo salto in avanti. Sicuramente, dovremo rivedere il nostro modo di stare con gli altri. Molti progetti li svilupperemo in team, ma a distanza. Dovremo sempre più abituarci a concerti e a partite, ovvero a eventi che si svolgeranno solo online. Questo significherà che avremo treni, aerei, autobus meno affollati ma ridisegnati per prevenire le pandemie. Chissà forse i piccoli centri potranno rivitalizzarsi rispetto alle grandi città, perché offrono, al contrario di queste, migliori qualità di vita e di relazione. “Piccolo è più bello”, potrebbe diventare il nuovo slogan. La storia fa capire il passato e tenta d’insegnare all’umanità a non fare gli stessi errori. Possiamo dire che l’umanità, come la scienza e la vita imparano dai propri errori. Ma la perfidia e la stoltezza dell’uomo, in alcuni casi, sono così profonde e solidificate che egli riesce a ripetere lo stesso errore. Platone nella Repubblica e nel Timeo faceva reincarnare l’anima tante volte per secoli fino a quando non diventava così pura da poter stare vicino a Dio, all’Idea del Bene. Non abbiamo la possibilità della metempsicosi platonica per disintossicarci della nostra umanità ed essere più simili a Dio, a noi rimane il dubbio, l’incertezza, ma anche la volontà e la libertà di scegliere tra il bene e il male. E non è poco. Cartesio affermava che il buon senso è una dote comune a tutti gli uomini, nella mia modestia aggiungo che gli uomini hanno, però, un grande difetto di memoria. Tendono a dimenticare e rimuovere gli avvenimenti passati. Finita l’emergenza, scatta un meccanismo di difesa che li fa ritornare alla normalità, considerando quasi insensato preoccuparsi del futuro e ricercando il vero senso della propria esistenza nella sola preoccupazione per il tempo presente. La storia non è escatologia, non è predizione o futurologia. Il futuro lo costruiamo nel presente, e in quel momento non è più futuro. Questo è il concetto che c’insegna il paradosso del tempo di Sant’Agostino. Nel presente ogni persona spende la propria esistenza, al di là di essere credenti o meno e di sperare in una vita che vada oltre la morte. Per queste ragioni, dovremmo immaginare la nostra esistenza come un viaggio fatto assieme ad altre persone. Alcune di queste ci sono più care e vicine, altre di meno. Ma dobbiamo avere la consapevolezza che la nostra esistenza è legata a quella di altri viaggiatori che occupano la stessa grande astronave terrestre che naviga da migliaia di anni in sconfinati oceani di avvenimenti. La maggior parte dei viaggiatori sono ignari del perché di questo viaggio e non sanno in che direzione stanno viaggiando e verso quale meta. Al contrario, solo pochi conoscono e cercano la rotta per raggiungere la meta e portare tutti in salvo. Sta a noi scegliere tra la beata e leggera incoscienza e la dannata e pesante conoscenza.

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riflettendo

Scegliere la vita:

le parole di Papa Francesco

di Pierluigi Mascaro

Credo che le parole pronunciate dal Santo Padre Francesco durante l’omelia di domenica 22 novembre 2020, nell’ambito della celebrazione eucaristica con la consegna della Croce della Giornata Mondiale della Gioventù, contengano degli spunti di riflessione assolutamente illuminanti, per cattolici e non. In particolare, il Papa invita noi tutti a non rinunciare ai grandi sogni, ossia a non accontentarci del dovuto, a non restringere i nostri orizzonti, parcheggiandoci ai lati della vita, ma a correre verso traguardi alti, con gioia e audacia. La missione di ogni uomo sulla Terra – evidenzia Francesco – è realizzare i sogni di Dio in questo mondo; e come si realizzano i progetti che Dio ha per noi nel mondo terreno? Attraverso le opere di misericordia, capaci di arrivare al fulcro dei nostri sogni più grandi. Ebbene, per realizzare grandi sogni, non si può prescindere dal compiere grandi scelte. Scelte banali portano ad una vita banale, scelte grandi rendono grande la vita, e il Signore sembra quasi non giudicare, Egli si basa sulle nostre scelte, dando dispiego a quanto forse di più grande ci abbia mai donato: il libero arbitrio. Tramite questo dono immenso, il Signore fa sì che diveniamo quello che scegliamo, nel bene e nel male, ma in ogni caso ci indica la via maestra per rendere grande la nostra vita, e cioè la via dell’amore: la bellezza delle scelte dipende pag. 18

dall’amore. Se viviamo chiusi e indifferenti – afferma con intima convinzione il Santo Padre – restiamo paralizzati, ma se ci spendiamo per gli altri, diventiamo liberi. Il segreto della vita è che la si possiede, adesso ed eternamente, soltanto donandola. Spesso, però, il timore, l’insicurezza, i tanti perché senza risposta ci mandano in crisi, rendendoci incapaci di compiere le scelte pensate per noi dal disegno divino: a questo proposito, è utile ricordarci l’etimologia greca del termine “crisi”; esso deriva infatti dal verbo κρίνω che, in disparte dall’accezione negativa che ha assunto nel linguaggio comune, significa discernere, giudicare, valutare; dunque, compiere scelte. Mi piace quindi pensare che, quan-

do ci troviamo in crisi, non abbiamo già compiuto le scelte sbagliate, ma siamo nel momento temporalmente antecedente del compimento della scelta, quello dell’esercizio del libero arbitrio che il Signore ci ha donato, liberi di sbagliare, di imparare dagli errori, così da far meglio le volte prossime. GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

E quale può essere l’auriga del libero arbitrio dell’uomo, se non l’amore? L’amore ci spinge a passare dai perché ai per chi, dal perché viviamo al per chi viviamo, dal perché ci capita questo al per chi possiamo fare del bene: come scriveva Alessandro Manzoni al capitolo XXXVIII de I Promessi Sposi, “si dovrebbe pensare più a far bene, che a star bene: e così si finirebbe anche a star meglio”. Ma l’amore – replica Papa Francesco – è oggi più che mai oggetto di una grande illusione: sembra qualcosa da vivere a colpi di emozioni, mentre amare significa soprattutto dono, scelta, sacrificio. Saper scegliere nella società contemporanea vuol dire non farsi addomesticare dall’omologazione, non lasciarsi anestetizzare dai meccanismi dei consumi che disattivano l’originalità, saper rinunciare alle apparenze e all’apparire. Scegliere la vita è lottare contro la mentalità dell’usa-e-getta e del tutto-e-subito, dirigendo l’esistenza verso il traguardo del Cielo, verso i sogni di Dio. Scegliere la vita significa decidere di vivere, non di vivacchiare. Scegliere la vita vuol dire passare dal chiederci cosa ci va di fare, assecondando tutte le voglie e le pulsioni più effimere, al domandarci cosa ci fa bene, indirizzando l’esistenza verso i più elevati valori interiori e di comunità.

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caritas

Caritas diocesana di Lamezia Terme comunicato stampa

La solidarietà non conosce confini e vacanze. In questi giorni, infatti, sono stati numerosi i gruppi di volontari che hanno offerto parte del loro tempo alla Caritas diocesana per rendere un servizio nei confronti di chi e’ meno fortunato e si trova in difficoltà. “In questo periodo particolarmente difficile ha dichiarato il direttore della Caritas, don Fabio Stanizzo –, che ha visto anche aumentare le povertà con un incremento di richieste, abbiamo registrato tanta solidarietà da parte di aziende che hanno offerto viveri e da parte di gruppi e/o di singoli cittadini che si sono fatti prossimi con chi e’ meno fortunato e che noi ringraziamo. Si tratta di gesti importati che assumono una rilevanza particolare an-

che per il momento di difficoltà che si registra nel mondo”. Oltre al Rotary club, infatti, sono state numerose le aziende che hanno rifornito le dispense della Caritas diocesana aderenti alla “associazione culturale enogastronomia revolution” (Azienda agricola Agria di Lamezia Terme; Masseria i Risi di Lamezia Terme; Apicoltura Galati di Curinga; Panificio Pascuzzo di Parenti, in provincia di Cosenza; chef Luca Caligiuri, “Osteria degli artisti” di Lamezia Terme; panificio Enzo Torcasio di Lamezia Terme; caffè Campisi di Lamezia Terme). s.m.g.

Le perle di Ciccio Scalise

ANZIANI di Ciccio Scalise

Tutti, un ssapimu, cchi nnì riserba llù dumani, un ssapimu echi nnì riserba llù prossimu minutu, ppì cchistu, averamu aviri cchjiù rrispettu ppìll’anziani, ppì cchillu c’anu passatu, ppì cchillu c’anu fhaciutu. L’anzianu, mentri a vita scurria, pinsava a ccumu putia ffari, ppimmu alla gginirazioni chì, appriassu vinia, puacu o nenti, ntrà vita, ccì putia mmancari Lamezia e non solo

.Fhatigava Ila terra e Ila rispittava, sapiandu cà i Ilà, u mangiari vinia, a saggizza di cchjiù rrandi,l’appricava, supra ogni ccosa chi ogni jjiuarnu fhacia. Mò, chi nua simu divintati anziani, amu i diri ca simu stati fhurtunati, quanti cumpagni nuastri unn’anu vistu u dumani, quanti giuvinialli un ccì sunu mmai arrivati. Anzianu è statu sempri, nù rifherimentu, tutti, parianti e nnò, sì cci’anu rivurgiutu

anu datu cunsigli, anu datu nù ncuraggiamentu, e ccù ssaggizza, quanti guai anu risurbutu. Nù pocu cchjiù ddì riguardu, di generazioni novi, si miritera, fhussi nnù vili, fhussi nnù cudardu, chini a unu sulu ndì murtifhichera. Pinsamu nù pocu, oji, cchi ssuccidera, si n’anzianu, fhigli e nniputi, un mmantinera.

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spettacolo

“Grazie all’onorevole Wanda Ferro per il suo intervento a favore dei produttori e organizzatori di spettacoli dal vivo” Sentiamo il sincero desiderio di ringraziare l’onorevole Wanda Ferro per il suo ordine del giorno regolarmente approvato, con cui il Governo si è impegnato alla destinazione di adeguati ristori ai produttori e organizzatori dei principali festival di ogni regione, sulla base delle graduatorie degli ultimi bandi regionali. Ci fa piacere constatare che il nostro appello dei giorni scorsi sia stato subito recepito da una figura politica di grande sensibilità, da sempre impegnata, anche nei precedenti ruoli di assessore comunale e presidente della Provincia di Catanzaro, a promuovere e sostenere il mondo della Cultura e dello Spettacolo dal vivo. In un momento in cui produttori e organizzatori di grandi eventi e Festival rischiano la chiusura delle loro imprese e la fine di prestigiosi progetti, l’onorevole Ferro ha correttamente sottolineato tutte le molteplici valenze e ricadute di un settore fondamentale per la crescita umana e culturale e la valorizzazione dei territori, ma anche per l’occupazione, la promozione, i riflessi commerciali sul vasto indotto. Ci auguriamo che, alla luce del disastro economico prodotto

dalla pandemia, che ha praticamente azzerato i fatturati di questo comparto producendo perdite ingenti e incolmabili, si vogliano quindi concretamente accordare sostegni adeguati a tutti i produttori e organizzatori di festival storicizzati riconosciuti dalle amministrazioni regionali, in quanto aggiudicatari di bandi pubblici nell’ultimo triennio, in modo che possano superare il difficile momento e ripartire con le nuove

edizioni già dal 2021. Auspicando che l’appello raccolto a livello nazionale, sia ugualmente compreso e fatto proprio dai vertici dell’Amministrazione regionale, cogliamo l’occasione per porgere al nostro pubblico composto da persone di ogni età, ma soprattutto di giovani, i nostri migliori auguri, con la speranza di poterci al più presto ritrovare dal vivo a far festa.

Francescantonio Pollice (Agis Calabria) Gianluigi Fabiano e Ruggero Pegna (deleg. Assomusica)

associazionismo

Natale in corsia di Alina Caruso

Non è mancata anche in questo anno così difficile la visita dell’Associazione Culturale e Musicale Le Belle Arti presso il reparto di pediatria di Lamezia Terme. I membri dell’Associazione sono stati accolti dal primario Mimma Caloiero e dai suoi operatori sanitari. Il presidente dell’associazione Alina Caruso ha sottolineato che appena sarà nuovamente possibile gli allievi de Le Belle Arti porteranno di nuovo la loro musica nel reparto di pediatria. Un anno diverso, un anno difficile, ricco di emozioni diverse e di tante paure. I bambini del reparto, anche se solo dalle proprie stanze, hanno potuto ascoltare la musica di Babbo Natale e del suo elfo, e hanno potuto gioire e sentirsi come a casa. Un’esperienza diversa ma molto significativa pag. 20

per tutto l’ospedale della città di Lamezia Terme che sta vivendo un momento difficilissimo. E’ bello pensare che medici e personale ospedaliero, oltre alla loro grande professionalità, offrano ai loro pazienti anche esperienze così speciali e uniche.

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comunicati stampa

Docente lametina partecipa con la sua creazione di sand art al Global Teacher Prize 2020 Si chiama Rachele Strangis, è di Lamezia Terme, è un’artista di sand art e insegna Arte e Immagine nelle scuole secondarie di I grado. Il 3 agosto 2020 viene contattata sul suo profilo Instagram dall’organizzazione del premio Global Teacher Prize, la Varkey Foundation, e invitata a partecipare al concorso con un suo lavoro realizzato con la sand art e ispirato a uno dei 10 professori più bravi al mondo selezionati per l’edizione 2020. Tra i dieci finalisti, scelti tra oltre 12.000 candidati provenienti da più di 140 paesi in tutto il mondo, figura anche un italiano, Carlo Mazzone, professore di Informatica all’ITI “Lucarelli” di Benevento. Il professore Mazzone è stato scelto per la sua capacità di creare strumenti moderni e idee didattiche innovative in una terra bellissima, quella del Sannio, ma bisognosa di attenzioni e di speranza. La professoressa Strangis lo omaggia con un lavoro di sand art che sintetizza, attraverso le immagini che nascono quasi magicamente dalla sabbia manipolata abilmente dalle sue mani, i temi della conoscenza e della creatività tanto cari a Carlo Mazzone. “Fin da piccola amavo disegnare e colorare. – dice Rachele Strangis – Disegnavo e coloravo ovunque. Dopo il diploma all’Accademia delle Belle Arti ho pensato di condividere la mia passione con altre persone e ho creato l’Associazione Artis che mi ha permesso di aprire una scuola di pittura. Ed è proprio all’inaugurazione di una delle mostre realizzate con la scuola che è nato in me il grande desiderio di disegnare con la sabbia. È un’e-

mozione fortissima esibirsi in pubblico creando le immagini direttamente davanti allo spettatore. Amo la sand art perché è come una danza. I movimenti delle mani riescono a creare emozioni esattamente come le immagini che realizzano. Sono stata particolarmente orgogliosa di partecipare a questo importante premio omaggiando un collega italiano, anche perché attraverso la mia opera dedicata al prof. Carlo Mazzone ho voluto idealmente ringraziare tutti i colleghi italiani e non che svolgono il loro lavoro con passione, spirito di abnegazione e senso di responsabilità, specie in questo particolare momento storico interessato da una pandemia globale, nei confronti di tutte gli studenti e le studentesse che rappresentano il futuro del mondo a ogni latitudine.” Il 7 ottobre 2020 l’Associazione Varkey Foundation annuncia, attraverso il video di presentazione di sand art realizzato da Rachele Strangis sulle note della musica del grande M° Ennio Morricone, il professore Carlo Mazzone come uno dei 10 finalisti aspiranti al titolo Global Teacher Price 2020 considerato il premio Nobel dei Docenti. La cerimonia di premiazione virtuale del Global Teacher Prize 2020 che mette in palio 1 milione di dollari per la realizzazione di progetti didattici, si è svolta il 3 dicembre in diretta live dal Museo di Storia Naturale di Londra con la conduzione dell’attore inglese Stephen Fry e ha visto come vincitore il professore Ranjitsinh Disale dall’India.

poetando

Le poesie di Rosario Muraca Omologazione del presente Sei rimasta per lungo tempo nei miei pensieri. Poi ad un tratto, come se qualcuno avesse spento l’interruttore della tua immagine, sei scomparsa, portandoti lontana dalla mia mente. In qualche parte di mondo ora sei è difficile che io possa saperlo. Ma, quando i vermigli della sera giungono al punto capillare del tramonto, tu ricorri nel mio presente a concordare le nuove stagioni della vita. Eppure molte volte mi affiora il desiderio di rivederti, di sentire la tua voce omologata al silenzio delle parole, il tuo linguaggio aulico e sincero. Posso soltanto sperare che un giorno ci incontreremo; chissà in quale lontano punto dell’universo, chissà in quale tempo. E, al punto Lamezia e non solo

in cui si fonderanno le nostre comuni esistenze, formeremo qualcosa di diverso per il nostro avvenire. Ma ora la tua immagine è lontana: forse è il grido che oltrepassa il silenzio notturno, oppure la nuova similitudine della perfezione che si intravede sul finire di ogni tramonto marino. Sogno americano Quante volte hai sognato di percorrere la storica Route 66 che da Los Angeles porta a Chicago. La leggenda è finita; ma, quei 3666 chilometri, definiti da Steinbek la madre di tutte le strade, condivisi da Kerouac, li hai voluti percorrere entrando anche tu nella mitica leggenda.

E la sera eri stanca. Ti sedevi sconfitta sui cunicoli carichi di vecchi ricordi, consacravi il mito dell’America che tanto avevi sognato. On the Road era la tua esperienza, e le forze fisiche stentavano come le parole, la tua era il prossimo orizzonte, il lungo rettilineo che separa l’Arizona dal New Mexico, il Texas dall’Oklahoma. Non avevi che appena vent’anni, che ti ammiravi dietro infiniti orizzonti che percorrevano la tua stessa strada. Rincorrevi il mito americano: custodito ora in una stanza tappezzata di vecchie foto della Beat Generation.

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medicina

Accompagnare i malati terminali: un viaggio fatto di coraggio e competenze di Lucia

Muraca - Medico SIMG CALABRIA - Comp. Diret. Sc. SIP - sezione regionale Calabria-

Il 2010 segna una svolta, almeno a livello legislativo, nella lotta al dolore nel nostro Paese. La legge n.38 concernente le Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore, è una legge davvero innovativa anche nel confronto con il panorama legislativo europeo. In Italia per la prima volta, attraverso questa legge, si tutela e si garantisce l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore a favore del malato con malattia inguaribile o affetta da patologia cronica dolorosa, nell’obiettivo di assicurare il rispetto della dignità e dell’autonomia della persona umana, il bisogno di salute, l’equità nell’accesso all’assistenza su tutto il territorio nazionale, la qualità delle cure e la loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze. Viene sancito quindi, per la prima volta, il “diritto al non soffrire” ed il conseguente “dovere” da parte di tutte le figure sanitarie coinvolte, di agire a tutela di questo principio. Nella definizione stessa di “cure palliative”, presente all’art.2, si stabilisce che queste debbano essere rivolte non solo alla persona malata ma anche al suo nucleo familiare, a sottolineare la necessità della presa in carico globale del paziente, garantendo sia il sostegno sanitario che socio-assistenziale. Alla luce della legge 38 ed a distanza di 10 anni dalla sua entrata in vigore, Non si più pensare al trattamento del dolore confinato allo specialista, bisogna che i medici di medicina generale si occupino del dolore. Al medico di famiglia, come per gli altri operatori, spetta il compito difficile dell’accompagnamento nell’ultimo capitolo dell’esistenza, nello specifico ambito delle cure palliative, egli sposta l’attenzione dal guarire al “prendersi cura”, con particolare attenzione ai sintomi e alla qualità della vita. Nessuna altra professione sopporta altrettanto peso in quei momenti. Il medico di famiglia che assiste un malato terminale assume la responsabilità professionale non solo del paziente ma anche di tutta il suo nucleo familiare. Egli più che trattare la malattia si prende cura della persona. La sua specializzazione è centrata sul paziente, basata sull’evidenza, focalizzata sulla famiglia, orientata ai problemi. Il lavoro del medico non è solo quello di assicurare salute e sopravvivenza, ma è permettere il benessere che ha a che fare con le ragioni per cui uno desidera essere vivo. Nella fase terminale della vita si possono trattare i sintomi che limitano la qualità della vita della persona malata, si può anzi si deve trattare il dolore, si può avere garantita una sedazione quando i sintomi sono ingestibili e intrattabili, si può garantire una morte senza sofferenza. Si può avere cura della persona nella sua totalità, avendo attenzione per la sua dimensione fisica, sociale, psicologica e spirituale. Il campo delle cure palliative ha preso forma negli ultimi decenni con pag. 22

l’obiettivo di applicare questo tipo di pensiero all’assistenza ai pazienti prossimi alla morte. Il medico di famiglia, prima figura di riferimento per il paziente che deve ricorre alla Cure Palliative, gioca un ruolo fondamentale nel modello di continuità assistenziale auspicato dalla Legge 38/2010, anche come trait d’union nei confronti delle atre figure professionali. I compiti del medico specialista e del medico di medicina generale sono diversi ma assolutamente complementari e quindi è necessario capire, ciascuno per le proprie competenze e con i propri strumenti, come garantire il massimo delle cure possibili, ma personalizzate paziente per paziente. La Medicina Generale, per sua stessa natura, è destinata a farsi carico di gran parte della gestione di questo problema. È l’unicità della figura del Medico di Medicina Generale, capace di contestualizzare il malato e la sua sintomatologia nell’ambito più ampio delle relazioni familiari e sociali e di interfacciarlo con le caratteristiche di personalità specifiche di ciascuno, che lo rende l’operatore più adatto a prendersi carico di questa problematica. Chi, come me, sceglie di essere un medico sa bene che il compito più importante da realizzare ogni giorno al fianco di chi soffre è quello di offrirgli un rapporto umano, fatto di competenze e sollievo. Solo così, si può sostenere ed aiutare veramente chi è stato colpito dalle dure prove della vita, in particolare la malattia, e rispettare pienamente la sua dignità umana. Madre Teresa di Calcutta diceva che «Chi nel cammino della vita ha acceso anche soltanto una fiaccola nell’ora buia di qualcuno, non è vissuto invano». E sicuramente l’ora più buia per un essere umano è quella della fase terminale della vita, soprattutto nella sofferenza del distacco. Se prossimi all’essere umano morente, vicini al suo letto, noi medici sapremo essere persone competenti nel lenire le sofferenze e competenti a preservare, fino alla fine della vita, il riconoscimento e il rispetto della dignità, potremmo affermare di aver acceso quella luce nell’ora buia di cui parlava Madre Teresa. Sembra di poter concludere che mai come in questi tempi urge che i saperi si intreccino, si confrontino, si uniscano per il benessere globale del paziente. Accompagnare i malati terminali in questo ultimo viaggio fatto di coraggio e competenze deve diventare parte integrante dell’assistenza medica perché l’assistenza alla vita non può prescindere dall’assistenza alla morte, perché una morte senza dolore non è solo un dovere etico di ciascun medico per evitare le altrui sofferenze, ma è un imperativo clinico!

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LA CALABRIA, UNA TERRA DA AMARE

Se la Calabria fosse una donna di Ginevra dell’Orso

Se la Calabria fosse una donna, sarebbe sicuramente una sorta di Cenerentola; inizialmente bistrattata, umiliata, mortificata dinnanzi a tutte le belle e nobili donne del regno. Ma basterebbe conoscerla un po’ e portarla al ballo più prestigioso del Re, per lasciare ipnotizzati e folgorati tutti i partecipanti. Se fosse una donna, sarebbe certamente alta, proprio come i suoi 800 chilometri di costa balneabile, e magra, considerando che il punto più stretto tra un mare e l’altro è di soli 30 km... ed è anche il punto più stretto di tutta Italia. Certamente sarebbe una donna in forma e piena di salute: forte, energica e molto saggia. Tutti avrebbero da ridire sulla sua povertà, sulla sua completa mancanza d’interesse verso l’industria, ma lei avrebbe la risposta pronta: onestamente, con tutto quello che si legge sui disastri ambientali, sullo smog, sulla cementificazione, sulla qualità dell’aria e dell’acqua, è veramente un limite essere poco sviluppati a livello industriale? TANTA BELLEZZA Se la Calabria fosse una donna, la prima cosa a spiccare sarebbe la bellezza, rivestita da un verde imperante e un blu cobalto in cui scegliere di perdersi. In un così piccolo pezzo di terra, lambito da due differenti mari, sorgono ben 3 parchi nazionali, tra cui quello del Pollino, che è il più grande in Italia. Non da meno, c’è anche un parco regionale, quello delle Serre, ricco di una biodiversità imbarazzante. All’interno di questi ambienti naturali e a tratti primordiali, vivono da lunghi secoli alcuni tra gli alberi più remoti del pianeta, come Demetra, la quercia più vecchia al mondo, con i suoi 934 anni di età, e Italus, il pino loricato più anziano di tutta Europa, che ha “solamente” 1230 anni. Questi giganti custodiscono e proteggono da nord a sud il cuore pulsante di questa regione, che irradia di luce e

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brillantezza luoghi ancora tanto verdi e integri, come fossero stati creati da pochi giorni. Sarà un caso che crescano proprio qui? PROFUMO DI AGRUMI Se la Calabria fosse una donna, la sua pelle profumerebbe di fiori di agrumi: è in queste terre che cresce il miglior cedro del pianeta, ricercato dai rabbini che si radunano ogni anno, già dal 1200, sul litorale tirrenico per festeggiare l’avvenimento religioso più importante tra gli ebrei.

Passando sul versante Ionico, troviamo un altro agrume considerato unico: il bergamotto, l’essenza di tutti i profumi esistenti in commercio. Certamente non sono solo gli agrumi a essere delle star del regno vegetale; c’è la liquirizia di Rossano, la cui radice è considerata la più pregiata in assoluto, la cipolla di Tropea, la patata silana, il fico dottato, ecc. Tutte eccellenze di cui si sa troppo poco, spesso volutamente da parte dei media: ma sicuramente, se la Calabria fosse una donna, non amerebbe stare sotto le luci dei ri-

flettori. La sua timidezza, figlia dell’umiltà, è conosciuta un po’ da tutti. ARIA E ACQUA E... Eppure ci sono dati così sconvolgenti che dovrebbero magnificare questa terra: basti pensare che una ricerca del 2010 ha scoperto che si trova in Sila l’aria più pulita d’Europa! Considerando che senza aria non si vive, questo dato dovrebbe diventare tra le priorità vitali della vita sul pianeta. Idem l’acqua: siamo una regione con un patrimonio idrico immenso. Basti guardare tutti i fiumi e le fiumare che solcano i confini tra un paese e l’altro per accorgersene. Se la Calabria fosse una donna, amerebbe sicuramente gli animali: non solo quelli comuni e noti a tutti, ma anche quelli più sconosciuti, che esistono solamente qui... e da nessun’altra parte. Uno tra tutti è lo scoiattolo nero, che ha deciso di crescere tra le vette delle montagne del Pollino. Ma non è l’unico, perché anche il mondo degli insetti ha specie endemiche, e ogni anno se ne scoprono di nuove: considerando le numerose estinzioni sul pianeta, queste sono notizie che rincuorano gli animi. Ovviamente non si vive di sole eccellenze e primati: ma in quanti possono vantare numerosi monumenti ciclopici, come ad esempio i Megaliti di Nardo di Pace o i Giganti di pietra di Campana? Avere qualche numero, capita a molti; ma averne così tanti, è piuttosto raro. Se la Calabria fosse una donna, si potrebbe parlare di lei in centinaia di modi: non solamente per la sfacciata bellezza, ma per la sua cultura, la sua saggezza, la sua conoscenza in campo filosofico, matematico, astronomico, archeologico.. e chissà cos’altro. In realtà, se la Calabria fosse una donna, avrebbe tantissimi buoni motivi per vantarsi e io vorrei dirle questo: tiratela di più, è arrivato il tuo momento.

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di Maria Palazzo Carissimi lettori, per questo mese, vorrei sottoporre alla vostra attenzione, due splendidi libri, che possono tenervi buona compagnia, durante le feste. Uno dei pochi vantaggi del lockdown è quello di regalare più tempo casalingo e, spero, che tutti ne approfittino, per leggere qualche libro in più (che non fa male) … A Natale, come è logico, si riflette molto di più sulla famiglia, sui grandi valori, sui buoni sentimenti. Ciò, per molti, rappresenta uno stereotipo, ma, a mio avviso, non è così. Credo, infatti, che il mese di dicembre, con la sua festa culminante, sia simbolo, oltre che speranza, per non cadere troppo in preda alla fretta che contraddistingue la nostra società occidentale. Dicembre è un po’ il mese della lentezza, il mese in cui i ritmi, specie negli ultimi giorni, diventano meno frenetici e ci viene consentito (se non viziamo anche le feste con lo stress che ci anima di solito) di dedicarci un po’ a noi stessi e alla nostra anima… In questo anno desolante, che sta per finire, e in cui abbiamo visto di tutto (e, persino, il peggio, di tutto), è stato pubblicato un bel libro di Rita Dalla Chiesa, IL MIO VALZER CON PAPÀ, che si aggiunge a quello pubblicato, nel 2017, dai suoi fratelli, Simona e Nando, CARLO ALBERTO DALLA CHIESA: UN PAPÀ CON GLI ALAMARI (che comprende pure qualche contributo della stessa Rita). Non vi nascondo che mi è stato difficile leggere i libro separatamente. Ho voluto sperimentare un tipo di lettura che, di solito, viene considerata estrema. Non è per tutti, perché la maggior parte delle persone, amano leggere un libro dopo l’altro. Ma io, spesso, a meno che non si tratti di romanzi dalla narrazione molto intensa, ho sempre amato sperimentare vari tipi di lettura. Così ho iniziato a leggere, contemporaneamente, i due libri, dando voce, ora al primo, ora al secondo. La lettura rallenta, non è più incalzante, ma ne beneficia un racconto corale dei tre fratelli, che hanno un modo simile, ma allo stesso tempo diverso, di raccontare il papà. Inoltre, essendo il punto di vista diverso, data anche l’età differente dei tre, si viene a contatto con un’ampia visione della famiglia Dalla Chiesa, che risulta piena e sfaccettata. Ammiro molto questa famiglia, rimasta unita dopo la perdita della madre, ma ancor più dopo la tragica scomparsa del padre. Conobbi Nando Dalla Chiesa, per la prima volta, presso l’ISTITUTO GRAMSCI, di Firenze, nel 1984, in occasione della pubblicazione del suo libro DELITTO IMPERFETTO, pubblicato a meno di due anni, dalla tragica scomparsa del padre. All’epoca, ricordo che abitavo ancora in un pensionato gestito da suore, il famoso S. Gregorio, che aveva degli orari di rientro serale, per le ragazze: ero solo al mio secondo anno di Università. Io e alcune mie amiche ottenemmo un permesso speciale, per rientrare più tardi del consentito: l’evento era imperdibile. Fu incredibile ritrovarsi faccia a faccia con i baffoni che allora portava Nando Dalla Chiesa. Sembravano occultargli il viso completamente e lo invecchiavano di molto. Parlava con una pacatezza infinita e ciò mi comunicò serenità, ma anche molta tristezza. Il lutto, per la scomparsa tragica del padre aveva dato, alla stessa Italia, un volto molto triste. Quando andammo a stringergli la mano, provai un senso di sconforto infinito, ma anche tanto calore da quelle mani sofferenti, che celavano, dietro alla letteratura e alla politica, un dolore molto profondo. pag. 24

Incontrai, invece, Simona Dalla Chiesa, partecipando, come inviata dell’allora rivista amatoriale DI TUTTO UN PO’, all’ inaugurazione della Caserma dei Carabinieri di Lamezia Terme, evento a cui fui personalmente invitata dall’allora Comandante, Capitano Roberto Zuliani e dal Sindaco Doris Lo Moro. Ebbi modo di conoscere in quell’occasione anche il Maestro Vincenzo Borgia, direttore della Banda dell’Arma dei Carabinieri. Fu come un ritrovare qualcosa di Nando, ma con minore tristezza. Il volto di Simona era luminoso: una grande donna, molto affabile e dalla tenerezza infinita, di cui mi ricoprì, con simpatia, comprendendo bene la mia devozione alla storica Benemerita. Non ho mai conosciuto personalmente Rita, invece… La vidi solamente all’aeroporto di Lamezia, con Fabrizio Frizzi, nell’estate del 1989. Molto bella. Erano magici, per me, Rita e Fabrizio, ma allora non avevo il coraggio di ora, di rendere omaggio ai personaggi noti. Ricordo che li ammirai, da lontano, ed oggi che Fabrizio non c’è più, mi pento tantissimo, di non essermi avvicinata… Spero di avere l’occasione di conoscere presto Rita, che seguo, in Tv, da sempre, perché il calore che questa donna comunica, non ha paragone… Tornando ai libri, il fascino di essere immersi nelle vicende intime della famiglia, ci discosta dal Generale come figura storica. È già un gran privilegio essere ammessi nella famiglia di un Carabiniere, toccare con mano l’educazione e la forza che emana dai figli. Lo dico per tutti i Carabinieri e figli di Carabinieri che ho conosciuto nella mia vita. Trasmettono fiducia e profondità d’animo. E i Dalla Chiesa sono il compendio di tutte le famiglie, ove ci sia un Carabiniere. Leggendo i due libri, abbiamo modo di vedere, non solo la luce viva dei personaggi istituzionali, ma la penombra, ancora più valida, di ciò che gli alti valori radicano nel cuore. Nei figli di queste famiglie, sia pure dopo un evento tragico, per servizio o per altre cause, per dedizione o per motivi differenti, resta sempre un’intensa speranza, che qualunque cosa derivi sempre dall’Amore. Non vi è mai rassegnazione, ma fierezza interiore: forza che non giudica, dolore che si tramuta in accoglienza verso gli altri, fortezza d’animo, che è di esempio… Mi sono commossa molte volte, leggendo le pagine scritte dai tre fratelli Dalla Chiesa, non solo pensando alla loro vita e al loro papà premuroso, ma pensando alla vita di tutti coloro che, amando l’Arma, amano anche la famiglia. La narrazione, in entrambi i libri, scorre, è vero, come un romanzo e, che vogliate leggere prima un volume e poi l’altro, o leggerli quasi all’unisono, non perderete mai la magìa, suscitata da ogni singola frase. È come una danza, proprio come quel valzer di Rita, col papà. Un ballo con la Vita: con la sua pista da ballo e i suoi casqué, ma anche con tutte le figure di danza che ci vengono concesse. Una goccia nell’immenso mare dell’Esistenza… Buona lettura, quindi, come sempre, perché sia una danza anche la vostra Vita. Con tutti gli auguri che questo Natale 2020 possa portare, per dimenticare un anno difficile, davvero tanta SPERANZA rinnovata.

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