Lameziaenonsolo giugno 2020 Diario di una pandemia Salvatore D'Elia

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“Tra me e me, tra me e il mondo, diario di una quarantena” di Salvatore D’Elia

di Antonio Perri

Presentato il libro di Salvatore d’Elia “Tra me e me, tra me e il mondo, diario di una quarantena” edito dalla grafichéditore. La presentazione, nel pieno rispetto delle norme sul di-

novità editoriale “in presenza”, anche se ristretta, dopo la fine del lockdown, nella città di Lamezia Terme. Per Salvatore d’Elia è la prima esperienza da scrittore in solitaria, avendo precedentemente collaborato con

stanziamento, si è svolta nel chiostro dello show room di Elena Vera Stella. La padrona di casa, rimarcando la sua lunga amicizia con Salvatore, si è detta felice di poter ospitare questa

Antonio Saffioti per il libro “Respirare”. Elena Vera Stella, prima di cedere la parola all’autore, ha elogiato la scrittura leggera ma profonda senza essere troppo prolissa, di Salvatore.

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Ha rimarcato il fatto che leggendo le pagine di questo libro/diario si è ritrovata nei racconti di questa quarantena. L’autore, prendendo parola, ha voluto ringraziare tutti quelli che hanno creduto in questa sua opera prima, la prof. Lina Latelli, la presidente de “Il regno della lit web, Ippolita Luzzo, la fotografa Paola Perri che ha curato le foto di copertina e retro copertina, l’editore

Lina Latelli Nucifero, ha voluto essere più specifica, spiegando maggiormente il rapporto dell’autore non solo con la città di Lamezia, ma anche, e soprattutto, con la fede che è un tema ricorrente all’interno del diario. Ippolita Luzzo invece per esprimere il suo pensiero parte dalla sua postfazione, e, prendendo spunto dal giornale “Avvenire” ci ricorda che in questo periodo

Nella Fragale della Grafiché Perri. Salvatore ha raccontato come è nata l’idea di scrivere questo diario e perché racchiudere il tutto in mese che parte dal 25 marzo e si conclude con il 25 aprile: “inizio a scrivere questo diario in un giorno particolare: il giorno in cui si celebra l’Annunciazione del Signore...” Ci ha spiegato che, nonostante le storie raccontate, proprio in quanto diario, sembrino scollegate le une dalle altre, il lettore può comunque percepire un “filo conduttore”.

di pandemia bisogna “resistere, resistere, resistere”! Nella Fragale, editore, ha voluto rimarcare la magia con cui si legge il libro di Salvatore, che per descrivere quello che succede non usa paroloni troppi complessi, ma con semplicità ci apre la porta della sua fede e ci fa riflettere sul “dono che è il sapere scrivere”, la capacità di scrivere qualcosa in cui chi legge si ritrova senza però avere la capacità di esprimerlo. Nei suoi racconti ci parla della sua (e direi nostra Lamezia) di tutti quegli angoli che ama raggiungere cam-

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Associazionismo: ROTARY

Nuova donazione del Rotary Club Lamezia Terme per l’ospedale “Giovanni Paolo II” elettrocardiografo, termometri ad infrarossi e tute protettive, questo è un «ulteriore contributo concreto» rivolto ai medici e al personale sanitario che potranno così continuare ad operare in condizioni di maggiore sicurezza. Con questa ultima donazione il Rotary Club lametino conclude la fase della raccolta fondi avviata all’inizio dell’emergenza coronavirus. “L’impegno del nostro Club a sostegno dell’Ospedale “Giovanni Paolo II “, corroborato dalla solidarietà di

tanti cittadini, si è tradotto in importanti donazioni di strumentazioni medicali che rimarranno a disposizione del nosocomio anche dopo la pandemia e di dispositivi di protezione individuale per la sicurezza degli operatori sanitari. Con questi interventi, in piena coerenza con il dettato del Rotary International - ha evidenziato la presidente Majello- abbiamo dato risposte concrete alle necessità del territorio, e già il nostro sguardo si orienta verso altri bisogni accresciuti da una crisi che non è solo sanitaria ma anche economica e sociale “.

Nuova donazione per il Rotary Club lametino. Nei giorni scorsi, infatti, il club guidato da Natalia Majello, ha consegnato 300 mascherine FFP2 e 100 visiere protettive all’ospedale “Giovanni Paolo II”, che saranno destinati al blocco operatorio del nosocomio cittadino. Significativi apprezzamenti e ringraziamenti per l’ulteriore contributo sono stati espressi dal direttore sanitario del presidio Antonio Gallucci e dal dottore Luigino Borrello. Dopo le precedenti due donazioni che hanno consentito di consegnare 10 caschi respiratori, un monitor multiparametrico, un carrello portamonitor, un

minando e che gli sono mancati durante questo periodo di quarantena. Paola Perri, fotografa, ha voluto ringraziare Salvatore per averla scelta per scattare le foto di copertina. Ha spiegato che, pur non avendo letto il libro, ma facendosi raccontare quello che Salvatore voleva esprimere nelle sue “pagine private” sono riusciti a scattare delle foto ad hoc (una delle quali scattata proprio in uno dei luoghi cari a Salvatore) Tommaso Colloca, avvocato, ha invece commentato spiegando l’utilità di questo diario. Un diario che rimarrà ai posteri, ai Lametini, per sapere cosa è successo nella nostra città in questo 2020 così diverso dai precedenti. Il libro/diario di Salvatore d’Elia “Tra me e me, tra Lamezia e non solo

me e il mondo diario di una quarantena”, può essere acquistato presso l’edicola San Domenico di Giuseppe Cerminara, dove, alla presenza di pochi amici e sempre rispettando le distanze, è avvenuta la consegna “formale” dei primi libri allo stesso Giuseppe che ha invitato tutti a comprare SEMPRE i libri che parlano della nostra città. oppure presso la libreria Tavella a Lamezia TerMe. Oppure si può acquistare presso le maggiori librerie online, su Amazon, ma non solo, presso tutte le librerie associate alle catene Feltrinelli e Librerie.coop, per cui basta andare in una di queste librerie, presenti su tutto il territorio nazionale, ordinarlo e ritirarlo direttamente nella libreria.

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di Maria Palazzo

decide di investire le sue energie per trarre il meglio da quello che poteva sembrare il peggio; o Cordelia, la vedova dell’esilarante, falso macabro, racconto La dentiera.

Carissimi lettori, IL PROFUMO DELL’ALLORO, di Laura Calderini, è il libro che vi propongo questa volta.

Intervista col padre, poi, mi ha riportato indietro nel tempo, a quando io stessa, feci cento domande a mio padre, prima che ci lasciasse… un dialogo che, forse, dovremmo poter vivere tutti, prima che i nostri genitori ci rivolgano l’ultimo saluto: scoprendo, nel bene e nel male, tutte quelle cose che possono restare in ombra, anche in un rapporto stretto, come quello fra padri e figli…

Un volume articolato in novelle, ventuno, per l’esattezza, edito da GRAFICHEDITORE, di Antonio Perri. Scritto in un italiano che conquista ha vinto, infatti, il Primo Premio “Dario Galli” (prima edizione), di Lamezia Terme e ha regalato, anche a me, attimi di evasione e relax, in questi giorni di quarantena, per colpa del coronavirus.

Decisamente, racconti intensi sia pure stilati con garbo, con grazia, mai urlati, eppure mai piatti, anzi incisivi, pur nel loro incedere lento, che consuma il tempo piano piano, affabulando piacevolmente.

Lo stile è descrittivo, al pari dei racconti classici. Ogni narrato si svolge in un’ambientazione suggestiva, che crea una sorta di climax e, dunque, in crescendo, vede, non solo l’evolversi della storia, ma anche dei personaggi, creando quella sorpresa che, nel lettore, genera quasi liberazione nella soluzione del racconto. Pur non trattandosi di gialli, ogni narrazione viene costruita con maestria, tanto da lasciare il lettore con il fiato sospeso, fino alla fine della storia. E ogni volta che si approccia un nuovo racconto, il clima di attesa si rinnova.

Ho quasi ritrovato il gusto narrativo dei romanzi classici, in cui ci si sofferma sulla descrizione, oggi quasi scomparsa negli scrittori contemporanei. E, al tempo stesso, una sorta di modernità, da ricercare, appunto, nella volontà di sorprendere di cui si è già parlato. Il titolo stesso, IL PROFUMO DELL’ALLORO, rimanda a qualcosa di lontano e, al tempo stesso, vicino: che non è nostalgia, ma neppure rimpianto: a volte è un rammentarsi del bello, non come ricordo andato, ma un invito ad immergervisi ancora…

I personaggi, presi spesso al quotidiano, non sono eroi e il carattere narrativo non è didascalico, eppure, ogni protagonista del singolo brano va al di là dell’ovvio e del banale. Ogni personaggio ha qualcosa da dirci, da far rimanere impresso, per farsi ricordare.

Buona lettura e che il tempo di stare in casa, bene impiegato (qual migliore impiego di un libro da leggere?), sia Nata a Roma e residente a Orvieto. Laureata in G lavora in uno studio legale daldi 1987. propizio, non solo all’arricchimento culturale, ma anche La sua vita scorre normale e tranquilla, in un ambiente provinciale altrettanto tranquillo, stimolo per la riflessione. accanto ad un marito e due gatti.

Le sue pubblicazioni: Il girasole e la farfalla - Thyrus 2012

Agenda dei Poeti Milano 2018) “Speciale donna 2019” Menzione di merito Premio Internazionale Letterario ed artistico Giglio blu di Firenze 2019 Menzione speciale Concorso Letterario Nazionale La Quercia del Myr 2019

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... E se tanta letteratura contemporanea di successo risolve o di supereroi che combattono il male nelle sue varie manifestazioni, Laura Calderini resta coi piedi saldamente attaccati alla sua terra; simile a Dora che ritrova la forza per continuare nel ruvido contatto con la quercia farnia, e con la Madre Terra in cui ogni donna naturalmente si riconosce.

Laura Calderini Il profumo dell’alloro – Laura Calderini

2018 (poi abbandonato per sottoscrizione contratto); Primo premio Concorso Letterario Nazionale per poesia e narrativa inedita Lagunando 2018

... Poche rapide pennellate danno vita all’interno di un bar dove Claudio rivede per caso Mario, un ex compagno di evitare l’imbarazzo di un tempo. Mario è diventato ormai Marion, una splendida ragazza sicura di sé. Come nelle novelle di Pirandello, l’antefatto è assente. Il personaggio si trova catapultato al centro di un dramma che, con sapienza letteraria, l’Autrice svela a poco a poco scavando nell’animo delle donne protagoniste dei racconti, ricercando i motivi del loro ‘male di vivere’, del non sentirsi in sintonia con la realtà.

Dario Galli Premio

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Segnalazione di merito 42ª ed. Premio Letterario “Santa Margherita Ligure - Franco Delpino” 2019 Il pinguino con le ali - Montag 2018. Le Disubbidienti del San Zaccaria - LuoghInteriori 2018 Premio Gran Oscar d’Europa Artisti e Letterati 2017 di Viareggio Primo premio Sez. narrativa inedita “Premio Internazionale di poesia e narrativa Europa in Versi 2018” - Casa della poesia di Como

Dalla prefazione di Italo Leone:

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Il segreto di Blanca - LuoghInteriori 2017 Finalista per la sezione Narrativa alla X edizione 2016 del Premio Letterario “Città di Castello” Targa Speciale Premio Stresalibro 2017 Primo premio sez. narrativa 1ª Rassegna d’Arte e Letteratura Omaggio a Viareggio 2018 “La perla della Versilia” Menzione speciale Premio Letterario nazionale Parole in viaggio 2018 Menzione speciale Concorso Letterario Nazionale La Quercia del Myr 2018 Menzione di merito Premio Internazionale Salvatore Quasimodo 2018 Menzione d’onore Premio Parole in viaggio 2018 Menzione d’onore Premio Internazionale di poesia e

La passione per la scrittura, che non le garantisce rende il tutto molto speciale.

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Il profumo dell’alloro

ph. Tommaso Attanasio

Capitale d’Europa” XXII ed. Il profumo dell’alloro – raccolta racconti inedito

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Laureata in Giurisprudenza lavora in uno studio legale dal 1987. La sua vita scorre normale e tranquilla, in un ambiente provinciale altrettanto tranquillo, accanto ad un marito e due gatti. La passione per la scrittura, che non di “scrittrice”, rende il tutto molto speciale.

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Nata a Roma e residente a Orvieto.

Via del Progresso - Lamezia Terme • 0968.21844

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Centro ACAT di Torre del Lago.

Raccolta inedita di novelle

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letteratura “Omaggio al poeta critico contemporaneo Raffaello Bertoli” 2018 Segnalazione di merito Premio Internazionale Il Convivio 2019 La ragazza dalla pelle d’uovo, inedito, Primo premio romanzo inedito, Rassegna d’Arte e Letteratura 2019 – Omaggio ai 500 anni di Leonardo da Vinci, Premio pittura, scultura, poesia, narrativa, saggistica, mosaico

Vincitore Premio Dario Galli 2019

Per esempio, Marion, in Sorpresa “al caffè”, in bilico fra Marion e Mario; o Claudia, in Il soldatino di piombo, che

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Fermenti Filosofici

Sole d’Arancia di Filippo D’Andrea

Poesie del ritorno

Le poesie sono state scritte tra l’inizio della primavera del 2019 ed il preludio di primavera del 2020. Esse tracciano una biografia del profondo, solo esprimibile con il linguaggio lirico contenente un denso contenuto filosofico-sapienziale. La visione della vita impastata di vissuto, vivo nel presente, e con lo sguardo sull’eterno. Il sottotitolo “Poesie del ritorno”, oltre al significato evidente di una riandare al passato del proprio mondo, vi è anche un passato che risiede nel futuro, anzi si costruisce futuro, iscritto indelebilmente nell’esistenza e costituisce sorgiva dove si attinge certamente con nostalgia ma con la consapevolezza di abbeverarsi per proseguire in avanti. . Sono note da cui sono state composte melodie diverse, difficilmente riconoscibili nelle fonti. Come l’ac- qua che da una brocca con la sua forma viene versata in bicchieri di forme diverse, acquistando anche diversità di sfumature, luminosità e perfino colori. Quell’acqua non è più l’acqua di prima, è acqua nuova. Quest’immagine richiama anche il rapporto dell’artista con la fonte assoluta della bellezza. Infatti, scrive Giovanni Paolo II nella lettera agli artisti del 1999: “Nessuno meglio di voi artisti, geniali costruttori della bellezza, può intuire qualcosa del pathos con cui Dio, all’alba della creazione, guardò all’opera delle sue mani. Una vibrazione di quel sentimento si è infinite volte riflessa negli sguardi con cui voi, come artisti di ogni tempo, avvinti dallo stupore per il potere arcano dei suoni e delle parole, dei colori e delle forme, avete ammirato l’opera del vostro estro, avvertendovi quasi l’eco di quel mistero della creazione a cui Dio, solo creatore di tutte le cose, ha voluto in qualche modo associarvi”. Mentre si scrive con linguaggio sapienziale non posso negare che si prova una certa vibrazione che sembra venga da lontano, un lontano dentro, molto dentro. E si sperimenti che la creatività del poeta porta in vita naturalmente la sua identità visibile ma anche nascosta, la più intima. Infatti, “L’artista... - afferma il papa polacco quando plasma un capolavoro, non soltanto chiama in vita la sua opera, ma per mezzo di essa, in un certo modo, svela anche la propria personalità”. Egli svela se stesso ma anche riceve da una dimensione oltre sé, una sorgente d’altrove, e da qui “egli trova una dimensione nuova e uno straordinario canale di espressione per la sua crescita spirituale”. Ma bisogna aggiungere che il poeta trova nella bellezza il bene, e lo percepisce a partire dalla gioia che gli procura dentro la sua lirica. L’elemento fondante e fondamentale dell’arte è la bellezza, che è espressione visibile del bene, così come il bene è l’essenza etica della vera bellezza. Precisamente Platone afferma che “La potenza del Bene si è rifugiata nella natura del Bello”. Non per niente la cultura greca, di cui siamo impastati tra altro soprattutto come meridionali, oltre che europei, con una stessa parola intende bellezza e bontà insieme: “kalokagathìa”. “La bellezza salverà il mondo!” diceva il grande scrittore russo Fedor Dostoevskij, espressione ri-

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presa da Giovanni Paolo II, coglie il nervo centrale della società contemporanea che ha bisogno più che mai di artisti, e non solo di scienziati e tecnici. La poesia eletta spiritualmente fin dagli inizi della scrittura veterotestamentaria, colta nella sua forma più alta con il Cantico dei Cantici, ha avuto poeti straordinari a partire dal salmista fino ai santi cristiani, i mistici, i teologi come Ilario, Ambrogio, Prudenzio, Efrem di Siro, Gregorio di Nazianzio, Paolino di Nola, Francesco d’Assisi, ecc. La poesia religiosa, preferibilmente detta spirituale, raggiunge un altissimo livello insieme teologico e artistico, saldandosi con l’esistenza come plasticamente afferma Paolino di Nola: “La nostra unica arte è la fede e Cristo è il nostro canto” La poesia, quindi, ha un rapporto speciale con la Trascendenza e con quella tensione insita nell’uomo di ascesi, di andare oltre. Infatti, scrive Giovanni Paolo II: “In quanto ricerca del bello, frutto di un’immaginazione che va al di là del quotidiano, essa è, per sua natura, una sorta di appello al Mistero. Perfino quando scruta le profondità più oscure dell’anima o gli aspetti più sconvolgenti del male, l’artista si fa in qualche modo voce dell’universale attesa di redenzione” Oltre alla simbiosi verificativa tra bellezza e bene, vi è una terza dimensione che si coniugano decisamente: la Verità, Dio. Dunque, attraverso le vie dell’autentica arte gli animi sono rapiti e portati dal sensibile all’eterno. Uno

dei modelli più alti di quest’armonia si trova nella Divina Commedia, in cui Dante Alighieri” afferma

che “il poema sacro, al quale ha posto mano e cielo e terra”. Ma la verità anche nella sua declinazione umana. In questo senso, il Concilio Vaticano II ha colto la funzione ed il valore cognitivi e prospettici delle arti e della letteratura, dove afferma che “Esse si sforzano... di conoscere l’indole propria dell’uomo, i suoi problemi e la sua esperienza, nello sforzo di conoscere e perfezionare se stesso e il mondo; si preoccupano di scoprire la sua situazione nella storia e nell’universo, di illustrare le sue miserie e le sue gioie, i suoi bisogni e le sue capacità, e di prospettare una migliore condizione dell’uomo”. In sintesi, l’uomo ha bisogno della poesia giacché gli consente di affacciarsi sul paesaggio dell’Invisibile. Infatti, l’arte poetica è capace di porsi sull’ineffabile, traducendolo in immagini, emozioni, melodie d’anima capaci di accendere visioni e luce. Infatti, “L’artista è sempre alla ricerca del senso recondito delle cose, il suo tormento è di riuscire ad esprimere il mondo dell’ineffabile” (Lettera agli artisti, 13). Il libro della Genesi recita: “La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’a- bisso e lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque” (Gen 1,2). Lo Spirito è il misterioso artista dell’universo.” (Lettera agli artisti, 15). “Quanta affinità esiste tra le parole “soffio-spirazione” e “ispirazione”! Ecco che “il divino soffio dello Spirito creatore s’incontra con il genio dell’uomo e ne stimola la capacità creativa. Lo raggiunge con una sorta di illuminazione interiore, che unisce insieme l’indicazione del bene e del bello, e risveglia in lui le energie della mente e del cuore rendendolo atto a concepire l’idea e a darle forma nell’opera d’arte. Si parla allora giustamente, se pure analogicamente, di momenti di grazia, perché l’essere umano ha la possibilità di fare una qualche esperienza dell’Assoluto che lo trascende” . Una qualche percezione di vivere momenti di grazia nell’atto della creatività poetica si può cogliere, e si può presentare come dono ricevuto e/o come frutto della scrittura. E precisamente in questo luogo appare nella sua evidenza la cifra del mistero, il richiamo al trascendente che si traduce “invito a gustare la vita e a sognare il futuro” “La bellezza – afferma Giovanni Paolo II – che trasmetterete (voi artisti, poeti, musicisti, pittori, scultori) alle generazioni di domani sia tale da destare in esse lo stupore! Di fronte alla sacralità della vita e dell’essere umano, di fronte alle meraviglie dell’universo, l’unico atteggia- mento adeguato è quello dello stupore. Da qui, dallo stupore, potrà scaturire quell’entusiasmo... (di cui) hanno bisogno gli uomini di oggi e di domani per affrontare e superare le sfide cruciali che si annunciano all’orizzonte” (Ibidem). Lo stupore è ciò che si prova mentre arriva il linguaggio giusto per esprimere pensieri, sensazioni, scenari che giacciono nel profondo o che scaturiscono nel contemplare la natura e la testimonianza, ma anche l’altezza e la profondità di bene, di verità e di bellezza scritti nei fondali dell’essere umano e dove lo stesso stupore diviene porta dell’Infinito.

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Il nostro territorio

Ignorati I responsabili del presidio ospedaliero e gli amministratori lametini. Il capolavoro di Jole Santelli, ispirata da Tallini in combutta con Abramo e Cotticelli.

Il capolavoro di questi primi mesi di amministrazione santelliana, di cui la presidente della giunta regionale può andare fiera ed orgogliosa, è stato confezionato in materia di sanità. In piena esplosione, su scala nazionale, del Covid-19, la Santelli ha cominciato con l’ ignorare il suggerimento che le è venuto da Lamezia Terme di approntare nell’ospedale Giovanni Paolo II un reparto interamente destinato a ricoverare e curare gli eventuali infettati dalla pandemia. Nonostante le sia stato fatto presente che nell’ambito del presidio ospedaliero lametino esistessero dei locali separati dal resto dell’ospedale, fossero da tempo inutilizzati e vuoti e necessitassero unicamente di essere ripuliti, risistemati ed attrezzati per la bisogna, la presidente della giunta regionale ha fatto orecchio da mercante respingendo, di fatto, l’offerta. Preferendo optare, in prospettiva, per Villa Bianca di Catanzaro, i cui locali sono da tempo abbandonati e fatiscenti, allocati al centro della città e perciò raggiungibili con difficoltà, ha preso sotto gamba la disponibilità mostrata dai lametini e della loro indicazione se n’è strafottuta. Penso, ma non ne sono sicuro, che non abbia nemmeno tentato di interloquire con i responsabili sanitari del presidio ospedaliero lametino né con il sindaco della città; questo tentativo le sarebbe potuto servire quantomeno per rendersi conto in cosa consistesse, effettivamente, l’offerta che le veniva inoltrata e se veramente i locali ai quali ci si riferiva fossero congrui rispetto alla necessità della creazione di un eventuale presidio (cittadino, regionale o meno) per la cura degli infetti da Corona virus. A notte fonda, tra il 27 ed il 28 aprile u. s., nel corso della riunione dell’assemblea regionale, Jole Santelli si è mossa d’accordo con il presidente dell’assemblea medesima Tallini ed ha consentito che si approvaspag. 8

di Giuseppe Sestito

se una legge - che pare non fosse nemmeno presente in nessun punto dell’ordine del giorno preventivamente formulato né è passata attraverso l’esame della competente commissione consiliare che, insieme alle altre, ancora non esiste - con la quale viene disposta l’integrazione tra l’azienda ospedaliera Pugliese-Ciaccio e l’azienda ospedaliera universitaria Mater-Domini. L’ideatore e vero deus ex machina dell’operazione è stato il citato Tallini, che in precedenza ha preparato la manovra insieme ad Abramo, sindaco di Catanzaro, e Cotticelli, commissario ad acta per la sanità calabrese. Il bello – o il brutto, fate voi – è che i responsabili del presidio ospedaliero della città lametina, nonché gli amministratori del suo Comune sono stati del tutto ignorati. Tenuti completamente all’oscuro e presi per i fondelli. Perché era stato loro promesso che nella previsione di riformulare la legge di accorpamento delle aziende sanitarie catanzaresi, in sostituzione della precedente n. 6 del 13 marzo 2019, il presidio ospedaliero di Lamezia Terme sarebbe stato tenuto ben presente e trattato con pari dignità (sic!) di quelli catanzaresi. Il 19 marzo 2019, come si è letto nelle cronache dei giornali di questi scorni scorsi, c’era stato un incontro tra alcuni personaggi della sanità regionale ed il sindaco di Lamezia Terme a cui erano state date ampie assicurazioni che in futuro il nosocomio lametino sarebbe stato coinvolto su di un piede di parità (sic!) in un eventuale riassetto della sanità provinciale. Poiché questo non è avvenuto, alla luce del deliberato preso durante la notte fonda 27/28 aprile, mi viene da chiedere: ma il sindaco di Lamezia Terme e l’assessore alla salute della sua giunta non erano stati preavvisati di nulla e di niente si sono resi conto? Non hanno cercato di prevenire ogni mossa in questa materia e tentare di difendere gli interessi della sanità calabrese mediante la richiesta, forte, del coinvolgimento del presidio Lametino? Se dobbiamo dare credito alla dolente nota pubblicata dall’avv. Mascaro il 29 aprile u.s. – ed io non ho alcun motivo per non prestargli fede - in cui il sindaco scrive che <<la relazione (che accompagna la deliberazione con cui si approva l’integrazione dei nosocomi catanzaresi n.d.s.) non dedica neanche un rigo o una sola parola alla soppressione del richiamato comma 4 e non da soprattutto motivazione alcuna, in quasi due fitte pagine, del cambiamento radicale di rotta rispetto a quanto la precedente assemblea elettiva aveva invece con cognizione delibe-

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Lamezia e non solo


rato>> – sono pienamente comprensibili le esternazioni di delusione, rammarico e sconforto, che sgorgano in modo evidente dall’animo del primo cittadino e che egli rende noti attraverso il suo scritto. Anche perché dalla medesima nota, mi sembra che emerga il fastidio che l’avv. Mascaro prova per le dichiarazioni del suo omologo catanzarese, che non cita, il quale tutto preso dall’ebbrezza del successo di poche ore prima, al mattino del giorno seguente ha rilasciato una dichiarazione, che suona beffarda per l’intera popolazione lametina, secondo cui <<Lamezia non verrà dimenticata: dopo l’approvazione della legge, la firma del protocollo e l’individuazione di un dg (direttore generale n.d.s.) unico si aprirà il ragionamento anche con Lamezia>>. Si dovrebbe essere veramente sprovveduti e tonti per credere che a cose fatte, Abramo e Tallini si prenderanno cura della sanità lametina e, finché non verrà il momento per <<aprire il ragionamento anche con Lamezia>>, l’angoscia farà rimanere insonni i due politici catanzaresi. Desidero finire con un accenno, che a me sembra più che opportuno, sulle reazioni che la delibera regionale ha determinato sia in ambito catanzarese che in quello lametino. A Catanzaro inni e canti di gioia le cui note melodiose sono arrivate fino al cielo stellato. Tallini ed Abramo avidamente gongolano e non fanno altro che ricorrere ai termini più roboanti, retorici, ed altisonanti esistenti nel vocabolario italiano per manifestare la loro soddisfazione per il risultato acquisito. Non accorgendosi i due tapini che, andando oltre ogni più ragionevole misura nell’esaltazione degli obiettivi raggiunti, si finisce per umiliare chi si sente fottuto dalle loro promesse non mantenute e risultare, alla fin fine, coll’essere comici, stravaganti e fastidiosi. A Lamezia, al contrario, i commenti sono invece improntati alle solite piagnucolose lamentazioni ed alle accuse avverso i catanzaresi, prevaricatori e cattivi, che anche in questa occasione ci avrebbero penalizzato continuando nelle loro operazioni di spoliazione della nostra città. Non viene in mente a tutti costoro che i catanzaresi, avendo un’idea ed un progetto della loro città, fanno, unicamente e le-

gittimamente, gli interessi del loro territorio; i lametini, amministratori e società civile, viceversa, essendo totalmente privi di una idea ed un progetto per la loro città, rimangono prigionieri di una atavica ed inguaribile incapacità di farli (gli interessi del territorio lametino) con l’aggravante di farsi sfottere e prendere per i fondelli dai rappresentanti della città dei Tre Colli. Penso, per concludere, che i motivi per i quali la legge precedente, n. 6 del 13 marzo 2019 fu “rigettata per evidenti motivi di incostituzionalità”, siano tuttora presenti se è vero che la nuova legge rispetto a quella dell’anno scorso si discosta solo perché non vi contiene l’inclusione del presidio ospedaliero lametino. Allora, il sindaco e la sua amministrazione, comincino a studiare tutte le contromosse affinché la legge giunga all’attenzione del ministro della salute Speranza e del governo, perché a loro sia richiesto un giudizio sul contenuto e se ne faccia una valutazione di merito; si cominci a ragionare dei possibili ricorsi in sede giurisdizionale perché si possa riparare a questa grave mancanza di progettualità strategica del ceto politico catanzarese rispetto ai problemi dello sviluppo complessivo dell’Area centrale della Calabria. Insomma, si cambi registro e si cominci ad affrontare i problemi non accusando i catanzaresi di voler “massacrare Lamezia” e spogliarci di ciò che dovrebbe spettare ai lametini, ma lottando con la schiena diritta ed a fronte alta. Forse non ci siete ancora abituati, ma piano piano vi accorgerete che lottare e meglio che piagnucolare.

Satirellando e dintorni, stavolta…

Anche in tempi duri come questi, i tempi del coronavirus, vien fuori, di gran lunga, la vera natura di certa gente che, di solito, riesce a nasconderla fra le pieghe del quotidiano… Ma nei momenti eccezionali, tutto vien rivelato, con palesi reazioni a catena, che risultano ridicole e quanto mai cariche di spunti per la satira.

Così, un banale fatto, da trascurare in tempi normali, diventa grottesco, e particolarmente comico, quando l’emergenza bussa alle porte o fa sentire il suo peso… Satirellare è d’obbligo! AH, AH, AH!

ACIDA-MENTE È inutile che tenti di sviare, ti si riconosce dai monti al mare: sei quella che, credendosi bella, da “giovanotta” era lieta donzella! Or che il tempo, per nulla lieve,

Lamezia e non solo

sui tuoi capelli ha buttato neve, or che i malanni hanno fatto il resto, il tuo fare, invece d’essere mesto, ripudia ogni esemplare tratto: i tuoi lineamenti sono da ratto!

Per cui, acida, ten vai tracontante, ma sei, a dir poco, ruspante! E mentre gallina ruspante fa buon brodo, tu sei pure meno di un uovo sodo!

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Il nostro territorio

La marcia trionfale della sanità di Catanzaro dopo l’integrazione dei suoi ospedali di Giuseppe Sestito Prosegue senza soste la marcia trionfale della sanità catanzarese innescata com’è noto nella notte del 27/28 aprile u.s. con l’approvazione, da parte del Consiglio regionale, della legge in base alla quale ci si propone di dare il via all’integrazione tra l’azienda ospedaliera universitaria Mater Domini e l’azienda ospedaliera PuglieseCiaccio. Da essa, anche tale circostanza è ormai arcinota, è stato eliminato il comma che, nella precedente legge, decaduta per motivi di incostituzionalità, prevedeva che dell’integrazione facesse parte anche il presidio ospedaliero di Lamezia Terme. Tra gli altri commenti strabordanti di soddisfazione per l’obiettivo raggiunto, il presidente Tallini si prende cura anche d’inserire l’informazione ‘urbi et orbi, che <<entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con protocollo d’intesa sottoscritto dal rettore dell’università degli studi Magna Graecia, dal commissario ad acta e dal medesimo presidente della regione Calabria - che ha espressamente voluto che nel documento fosse inserita anche la sua firma – sono definiti i rapporti tra la regione Calabria e l’università Magna Graecia di Catanzaro in materia di attività integrate di didattica, ricerca e assistenza>>. Ma, il programma di lavoro (road map) attraverso il quale ci si prefigge di raggiungere altri obiettivi per realizzare nella città dei Tre Colli la “struttura sanitaria che – sempre a detta di Tallini - sarà la più grande non solo della Calabria, ma dell’intero Mezzogiorno” se non, aggiungo io, dell’Italia e dell’universo-mondo,

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prevede delle ulteriori tappe ben precise. Innanzitutto, l’allestimento di un centro Covid-19 regionale. In un incontro che sarebbe avvenuto tra i responsabili della politica regionale con quelli della sanità catanzarese, in un giorno della settimana tra il 21 ed il 26 aprile, sarebbe stata scartata sia l’ipotesi di riconvertire Villa Bianca a centro Covid, che l’ipotesi alternativa di allestirlo mediante la trasformazione del padiglione “C” del Policlinico universitario di Germaneto. La soluzione sarebbe stata trovata decidendo di utilizzare il reparto di malattie infettive dell’ospedale Pugliese già attrezzato per questa emergenza. Infine, terza tappa del citato programma di lavoro, negli ambienti politico/sanitari del capoluogo della regione si starebbe anche lavorando alla creazione della “Casa della salute”, da collocare nell’ex policlinico universitario “Villa Bianca”, con “annesso centro di riabilitazione pubblica con un investimento destinato a sostenere l’assistenza domiciliare e la creazione delle USCA (unità speciali di continuità assistenziale). Come si vede un progetto ampio e complessivo che chiarisce il senso dei contenuti celebrativi e ne rende comprensibili anche i toni sgangherati, a volte, sia di Tallini (come quello che sopra ho riportato), sia di Abramo per il quale Catanzaro si appresterebbe a diventare la “città della salute” unica, anche per lui, in Calabria e nel Mezzogiorno. Ignora forse il sindaco di Catanzaro che citando il Mezzogiorno lo fa molto a sproposito, perché di esso fanno parte città come Napoli, Bari, Catania, Messina, Palermo Cagliari, che hanno

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un numero di abitanti cinque, sei, dieci, cento volte più di Catanzaro. E pertanto mi sembra strano pensare che il progetto catanzarese possa essere l’unico del Mezzogiorno. Quelle che imprudentemente Abramo si è lasciato scappare dalla bocca sono da considerare parole dal sén fuggite! In relazione a tutto quanto ho finora scritto, è forse utile inserire due considerazioni di natura soprattutto politica. La prima è che ad essere d’accordo con questa sequenza temporale di realizzazioni si ritrova compatto tutto l’apparato partitico/politico di Catanzaro: da Forza Italia e Fratelli d’Italia al Partito democratico, da LeU Articolo Uno alla Lega al Gruppo misto al mondo delle associazioni e dei Movimenti; vedi, per esempio la presa di posizione del Centro di studi politici e sociali “don Francesco Caporale” (di ispirazione cattolica) ad Articolo-Uno-Catanzaro di estrema sinistra, come sempre, del resto, quando si tratta dello sviluppo della loro città. La seconda considerazione è che dalle dichiarazioni degli esponenti politici, da quelli sanitari e della società civile catanzarese emerge che a nessuno viene in mente di citare Lamezia Terme, come degna della benché minima considerazione. Nelle logorroiche esternazioni compiaciute dei politici catanzaresi non solo non vi è alcuna traccia del presunto ruolo di Lamezia Terme in ambito sanitario, come nemmeno negli altri ambiti socio/politici ed economici, per la verità, nell’area centrale della Calabria, ma fa venire a galla

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I Meridiani: Voci calabresi in serie e parallelo

Il sentimento popolare: quando la letteratura si muove sottotraccia

di Francesco Polopoli

Da sempre il cuore della gente assimila motivi ed immagini letterarie, anche laddove non sia rispettato il copyright, facendo un pastrocchio di testi differenti. Qualche esemplificazione, per capirci: CIL IV, 1520 «CANDIDA ME DOCUIT NIGRAS O[D]ISSE PUELLAS ODERO SI POTERO SI NON INVITUS AMABO» Traduzione: «una dalla carnagione chiara m’insegnò ad odiare le ragazze brune;(le) odierò se potrò, sennò (le) amerò a malincuore». Già in quest’iscrizione pompeiana troviamo due autori assemblati (Ovidio e Properzio), senza che lo scrivente se ne sia assolutamente accorto: un po’ dell’uno ed un po’ dell’altro, il tutto grafitato sulle mura pompeiane come uno di quei tanti grafiti urbani, che leggiamo su non poche pareti domestiche della nostra cittadella. Ancora: nella Firenze del Trecento persino il beccaro, il venditore delle carni, come lo chiameremo oggi, ripeteva a menadito i versi della Divina Commedia, a riprova del fatto che non c’è scollatura tra vita e pensiero impaginato. Sarebbe assurdo pensare ad una scrittura slegata dalla realtà di tutti i giorni, quello sì che è inverosimile! È pur vero che qualche nostro scrittore è palesemente snobbante, come Machiavelli, ad esempio: «Venuta la sera, mi ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio; e in sull’uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e ch’io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro e domandarli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro humanità mi rispondono; e non sento per quattro hore di tempo chiaramente come essi abbiano una loro precisa idea della loro città, un progetto che da Germaneto, prima deserto ed adesso “antropizzato”, mira ad urbanizzare, a tappe forzate, l’intero tratto di territorio che dalla località della cittadella regionale arriva fino a Catanzaro Lido. Ed in quella frazione di Catanzaro realizzare tutti quei progetti di cui a Lamezia, priva di un proprio progetto di città, si discute in astratto da decenni: dalla fiera regionale al portoterritorio-mare (waterfront), dal porto turistico alla ferrovia veloce Catanzaro Lido-aeroporto di Sant’Eufemia Lamezia, che è l’approdo che a loro interessa, saltando a piè pari le stazioni di Nicastro, Sambiase come invece sarebbe nei propositi dei lametini. Per cui se le cose stanno come le ho descritte, mi viene da chiedere al presidente del consiglio comunale Peppino Zaffina di che cosa vada a discutere con il suo omologo catanzarese Polimeni se alla prima prova, quella dell’assetto sanitario nell’area centrale della Calabria, il Lamezia e non solo

alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi trasferisco in loro» (dalla Lettera a Francesco Vettori del 10 Dicembre 1513). Tuttavia, forte è il riferimento all’umanità che, volente o nolente, è lì ad umanizzare lo scrittoio del compositore, anche quando sembra infastidito dalla disumanità amorfa di chi lo incontra per strada. E noi lametini, in tutto questo, invece!? «Luni, lunijai Marti e Miarcuri ‘un filai U Juavi pirdivi a rocca U Vennari achjiai. U Shabatu mi pittinai a testa, pilla Duminica ch’era ffesta». Quest’abitudinarietà calendarizzata, data l’interdipendenza tra l’area bruzia e quella partenopea, come comunanza artistico-letteraria, mi fa venire in mente un frustulo leopardiano come parallelo: «Onde, siccome suole, Ornare ella si appresta Dimani, al dì di festa, il petto e il crine». Lì, ne Il sabato del villaggio, oltre alla donzelletta, c’era pure «la vecchierella su la scala a filar». Come non ricordare sui «vignani» di casa (i ballatoi, cioè) le nostre comari della «ruga» per mezzo delle quali sono passate tante gazzettine e «rumanzelle»? Letteratura cittadina raggomitolata ai ferri di lana, già!

ceto politico catanzarese ha ignorato del tutto le richieste evidenziate dai lametini ai rappresentanti istituzionali catanzaresi dai quali avevano ricevuto la promessa, resa pubblica dalle parole dal già presidente del consiglio comunale di Lamezia, Salvatore De Biase - <<…..che al presidio ospedaliero Giovanni Paolo II venisse riconosciuta pari dignità rispetto agli altri soggetti giuridici integrati e che vengano in esso previste adeguate ed elevate specializzazioni nonché un miglioramento dell’offerta formativa ad oggi esistente>>. Al di là delle strette di mano e dei reciproci complimenti, l’incontro non sarà per entrambi i presidenti tempo sprecato o, peggio, una reciproca presa per i fondelli? Esaltato è, invece, il tono con cui si esprime il sindaco Abramo: <<L’integrazione ospedaliera fra Pugliese-Ciaccio e Mater Domini è il più importante punto di riferimento per lo sviluppo di Catanzaro e della sua vocazione di città della salute e della ricerca scientifica, sulla quale stiamo puntando da anni>>. Una città, mi preme

puntualizzare, che asserragliata e soffocata entro le mura dei suoi tre colli, circondata da ponti e super-strade, pur essendo il capoluogo di regione rimane chiusa a qualsivoglia sviluppo urbano e demografico. Ne è prova eloquente la stagnazione dell’aumento della popolazione di Catanzaro che in 48 anni, dal censimento del 1951 al 1° gennaio 2019, è cresciuta solo di 2.781 abitanti (58 abitanti all’anno), passando da 86.284 abitanti nel 1951 a 89.065 nel 2019, pari in percentuale al +3,13%. Nello stesso periodo, per fare un paragone che dimostra con quale ineguale velocità marciano le due città, Lamezia (Nicastro + Sambiase + Sant’Eufemia Lamezia) è passata da 56.018 abitanti nel 1951 a 70.596 nel 2019, con un incremento complessivo di 14.578 abitanti, pari a 304 abitanti all’anno, e al +20,65% su base percentuale. Ho citato i dati dell’andamento demografico perché, a mio parere, più che altri essi dimostrano quali saranno la condizione e il destino delle due città fra 50 anni o, forse, meno.

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Associazionismo

BookClub Lector in Fabula celebra i tre anni dalla sua fondazione di Andrea Parisi Il BookClub Lector in Fabula ha celebrato i tre anni di vita. Per l’occasione, i partecipanti al sodalizio culturale hanno voluto raccogliere una serie di riflessioni, influenzate dall’emergenza sanitaria in corso, che non può non aver ricadute anche sull’impegno intellettuale di ognuno. I pensieri sparsi, di seguito condivisi, sono fioriti spontaneamente nel corso di un incontro utile a tracciare dei bilanci sul triennio trascorso insieme ed a mettere le basi per nuove e stimolanti attività culturali che possano coinvolgere i molti appassionati di lettura presenti sul territorio calabrese. Al tempo del coronavirus, naturalmente, l’incontro è stato “virtuale”, possibile grazie alle più recenti applicazione di videoconferenza, le quali hanno consentito ai componenti del LectorInFabula di sperimentare una nuova modalità di condivisione attiva della loro passione per la letteratura. E durante questo periodo di “tempo sospeso”, per il “portavoce”Andrea Parisi, una delle attività più creative e liberatorie per la mente è, certamente, quella rappresentata dalla lettura. La connessione via web, poi, ha consentito a tutti di esprimere un pensiero, una considerazione, una riflessione intima sul difficile momento di isolamento sanitario in corso. All’incontro virtuale ha partecipato, tra gli altri, Francesca Severino, direttrice del LectorInFabula, spiegando che “un bookclub altro non è che un gruppo di persone. Persone eterogenee che amano leggere. E sono queste persone così diverse tra loro per gusti stili di vita e professioni che lo rendono vivo. In questi tempi cosi incerti dove la vita è diventata più preziosa la nostra bolla si è dovuta rompere e per la prima volta abbiamo dovuto optare un’alternativa al nostro incontro”. Hanno contribuito all’evento virtuale Francesco Calimeri, Francesco Polopoli, Lia Riommi, Gianfranca Bevilacqua, Giancarla Torcasio, Sabrina Funaro, Anna Mottola, Patrizia Talarico, Daniela Fittante, Carla Valle, Marzia Ioculano, Felice Ferraiuolo e Annamaria Persico. Altri appuntamenti attendono il BookClub, primo fra tutti in ordine di tempo il progetto #gruppodiletturaday, per il quale ogni partecipante al club sarà chiamato ad effettuare una brevissima videorecensione (poi condivisa in un circuito letterario che ricomprende gruppi di lettura presenti in tutta Italia) del romanzo “Teresa sulla luna” dell’autore Errico Buonanno. Di seguito la sintesi degli interventi avuti nell’incontro virtuale. Francesco Polopoli, invece, riflette sulla pandemia: “Qual essa sia, parole non ci appulcro”: “Per questo esistono i libri, perché tra le righe storte possiamo procedere dritto al di là di ogni preoccupazione. Il nostro club rientra nella

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cornice di una bella fabula Decameronica, pur essendo fedele al Dantedi’: il photogrammamagistri Calimeri è amenamente e fedelmente trecentesco. Uno psicopompo, sinistrorsum, e quattro telenovellieri, destrorsum, sono la rappresentazione del nostro gruppo di lettura: le stelle che rivedremo in futuro sono i guizzi di luce con cui ci ritroveremo. Con un bel libro tra le mani, che è vita di racconto”. Per Lia Riommi “È difficile scrivere una riflessione in questo tempo sospeso e rallentato... in cui quello che è accaduto appena ieri, sembra avvenuto in un’altra dimensione. Mi mancano molto i nostri incontri, il calore dei saluti, le risate e la curiosità di scoprire dove...in quale mondo quel libro, quell’autore ci aveva condotti. Lo spazio di un pensiero, di un’opinione e di un sorriso”. Secondo Francesca Severino, direttrice del LectorInFabula: “Un bookclub altro non è che un gruppo di persone. Persone eterogenee che amano leggere. E sono queste persone così diverse tra loro per gusti stili di vita e professioni che lo rendono vivo. Ogni commento, ogni recensione ogni risata che nasce nella discussione fa splendere il confronto e la crescita personale. In questi tempi cosi incerti dove la vita è diventata più preziosa la nostra bolla si è dovuta rompere e per la prima volta abbiamo dovuto optare un’alternativa al nostro incontro. Per la prima volta dopo 3 anni non ci siamo visti fisicamente ma “attraverso uno specchio”. Lo abbiamo attraversato e per un attimo siamo ritornati nel rifugio che una volta al mese ci fa evadere dalla quotidianità e dalla sua routine. Non so cosa vuoi leggere da queste considerazioni peraltro sono parole buttate lì così perché non è che ho capito la testa e la coda del tuo articolo e non so dove stai andando a parare...”. Questo il contributo di Gianfranca Bevilacqua: “Non vedo l’ora di abbracciarti, un abbraccio come quello di cui mi hai fatto dono in udienza...sperando che non ricapiti lì”. È il prezioso messaggio che mi ha inviato ieri una Cliente; che mi ha toccato tutte le corde dell’A-

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nima e mi ha fatto sentire, dolorosa, la mancanza del contatto fisico che comunica in un attimo più di 1000 parole, dette, lette o scritte; che mi spinge davvero a un abbraccio virtuale ma fortissimo indirizzato agli Operatori Sanitari; ai Senzatetto multati perché “fuori casa”; agli Animali abbandonati perché ritenuti veicolo di contagio; ai Lavoratori fuori dal decreto “Cura Italia”; a Ciascuna/o di voi; all’Umanità tutta”. Ad opinione di Giancarla Torcasio: “I motivi dei nostri incontri, per quanto possano essere vari perché provenienti da persone singolari, credo possano essere accomunati dalla volontà o esigenza di ritagliare qualche ora fuori dalla nostra normalità. Oggi viviamo con coercizione giorni estranei a noi e, così, desidereremmo poter vivere quei nostri incontri: nella normalità, un tempo straordinario ritagliato come rifugio confortevole; in questo paradosso, una normalità che ci rammenti l’esperienza unica di condivisione e di ricchezza che il nostro Book Club ci offre ogni volta”. Sabrina Funaro, invece, celebra il compleanno del club del libro con un richiamo alle letture condivise nel corso dei mesi scorsi: “Difficili questi tempi in cui sembra di vivere rinchiusi nella Stanza dei lumini rossi (D. Conoscenti), mentre La notte che ci viene incontro (C. Grattacaso) ci costringe a vedere Tutto quello che è un uomo (D. Szalay). Impossibile dire “Addio Fantasmi”(N. Terranova) e vivere un Doppio sogno (A. Schnitzler). “Non avevo capito niente”(D. De Silva) pensiamo delusi. Facciamo allora il Conto delle minne (G. Torregrossa) che il destino ci ha riservato, ripensando con nostalgia agli Amori regalati (O. Talarico). Riflettiamo su Quella metà di noi (P. Cereda) che si aggira silenziosa in una Camera Azzurra (G. Simenon), scrivendo il suo Diario dello smarrimento (A. Di Consoli) con Lessico famigliare (N. Ginzburg). Non sempre Tenera è la notte (F. S. Fitzgerald), ma dovremmo trovare il coraggio di sfidare Il Pantarèi (E. Sinigaglia) e volare via come Vinpeel degli Orizzonti (P. Millanta), osservando con meraviglia Vita e morte delle aragoste (N. H. Cosentino), al ritmo di un Facebook Blues (L. Bettanin) sotto un cielo Giallo banana (G. Di Giamberardino, C. Durante). Affidiamoci allora ai libri e alla fantasia, con l’augurio di vivere come in Un romanzo inglese (S. Hochet), guidati da Circe (M. Miller) verso mondi sconosciuti, sussurrandoci dolcemente: “Fai bei sogni!”(M. Gramellini)”. Anche alla blogger Ippolita Luzzo piace soffermarsi sulle letture consigliate recentemente dal BookClub: “A leggere sono bravi tutti bisogna poi vedere

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cosa farne di quella lettura, sostiene Pereira, e con “Sostiene Pereira” di Tabucchi io ho incontrato il bookclub e ho trascorso ore deliziose durante le quali ci siamo infilati nei libri letti ridendo e scherzando e dando vita ai personaggi. “Abbiamo intercettato gli autori sulla rampa di lancio e li abbiamo invitati quando ancora erano sconosciuti per poi applaudirli vincitori di premi nazionali. Il grande orgoglio di aver scoperto scrittori sconosciuti non deve lasciarci perché è questo il segno connotativo del gruppo o almeno il suo momento più vitale. Chi mai sarebbe potuto andare a Dinterbild se non ci fosse stata in noi quella curiosità imprescindibile che ci ha reso lettori inusuali? Mi auguro che quella molla rimanga in noi in quell’esperimento antropologico e sociologico di cui il nostro gruppo di lettura da sempre vuol rendersi protagonista”. Per Anna Mottola “frequentare il bookclub è lo stato di grazia che cerchi in città: vai lì, ti siedi, incontri persone fantastiche che ti aprono mondi nuovi, si parla di libri, autori vita e vite, esperienze e ricordi, un bel mix condito di sano umorismo, tanto affetto, risate, battibecchi e ascolto, oltre che patate fritte e qualche polpetta… cosa volere di più?”. Aggiunge Patrizia Talarico “Abbiamo viaggiato insieme in giro per il mondo seduti comodamente in poltrona. Abbiamo conosciuto luoghi e persone appassionandoci ed emozionandoci per le loro storie. Ed ora... State comodi, il viaggio continua”. Daniela Fittante fa trasparire un po’ di emozione “ho lasciato la Capitale con dolore, anche per le mancate presentazioni libri di vari autori, ma con voi ho co-

nosciuto un Capitale, di parole vive, di sguardi, di risate, di confronto che in nessuna libreria capitolina ho avuto modo di incontrare. E con voi si sta sempre bene. Grazie”. Stesso sentimento per Carla Valle “Sono felice di stare nel gruppo perché ancora oggi ogni tanto mi sento una straniera e voi mi date la sensazione di essere a casa. Grazie. Che Dio c’a manni bona”. L’opinione di Marzia Ioculano sulla letture è che essa sia “… di norma, un’esperienza solitaria che apporta ricchezza interiore... condividerla con altre persone che hanno la tua stessa passione la rende sublime. L’esposizione dei pensieri e delle sensazioni, che anche solo una frase letta ha suscitato, aiuta se stessi a mettere a nudo la propria anima e permette al prossimo di cogliere la sensibilità che troppo spesso, per pudore, nascondiamo. In questi giorni di pandemia, mi manca questa dolce condivisione, perciò, l’augurio è che tutto finisca presto per poterci sì riabbracciare sentendo di nuovo quel calore che al momento ci è stato negato, ma anche per poterci stringere attraverso l’intreccio di emozioni espresse che solo i libri sanno regalarci”. Felice Ferraiuolo pensa che “Incontrare un gruppo di persone, di amici che condividono una stessa passione (con diverse gradualità), è una di quelle occasioni di cui si deve essere grati a Dio ed alla vita. Un’ “Agorà” letterario dove incontri di idee, opinioni e critiche si sono scontrati nel rispetto reciproco e dove con la speranza che questa “guerra” finisca presto ci si possa di rincontrare…presto. Colgo l’occasione e voglio ringraziare tutti perché pian piano state riaccendendo in me antiche passioni e sentimenti letterari e non solo…. Ieri pensavo al primo libro che ha suscitato in me la voglia di leggere ed era “il permesso” di Mario Lodi, che mi fu re-

galato da mia zia… Grazie!”. Annamaria Persico regala al club del libro un racconto breve: “L’acqua è il mio “elemento”, pensò. Accarezzò quasi voluttuosamente la bianca schiuma profumata di agrumi, poi tolse il tappo e sorrise, mentre la vedeva lentamente scomparire. Aprì di nuovo il rubinetto ripetendo per l’ennesima volta quel gesto con una piccola rotazione del busto e...Omioddio! Si accorse che non c’era più nulla da lavare! Nulla, neanche una tazza, un piattino, nemmeno un cucchiaino... si girò e vide intorno a sé la sua cucina linda e lucida come non mai, in un attimo davanti agli occhi le comparvero le altre camere con le tende e i centrini profumati, mobili e libri senza neanche un granello di polvere. Capì amaramente che aveva già lavato e disinfettato tutto, anche due volte, e non poteva neanche passare di nuovo l’alcol alla porta d’ingresso perché il vicino si era già lamentato della puzza. Allora pianse, si accasciò su una sedia, naturalmente dopo averla pulita con l’amuchina. Calde lacrime le scesero per il viso, “che mi sta succedendo”, si disse “eppure so che dovevo fare qualcosa”... Nel silenzio inquietante di quei giorni strani, squillò il telefono e lesse: xy Book club. Mary finalmente sorrise, con sguardo fiero si tolse il grembiule e lo lanciò dalla finestra. “Sono pronta”, gridò, e si diresse finalmente verso la libreria. (24 marzo, 16* giorno di clausura, Pianeta Terra, Italia)”.

Le perle di Ciccio Scalise

PRIMA D’AMMINAZZARI (Caru sig. Sala, sindacu i Milanu) di Ciccio Scalise Passu assai tiampu a rricurdari, e cchjiù assai ancora, prima i scriviri, ciutii assulutamenti un ndì vuagliu cuntari, a ggenti, sì e qquandu leji, ccià ddì cridiri.

quandu l’Unità d’Italia, cc’anu fhaciutu, è statu u malidittu Piemuntesi all’urdinari, ogni bbeni nuastru, ccù Ggaribardi, s’anu fhuttutu.

Ntrà stì jiuarni, a mmenti mà bbinutu, chillu chi miridiunali hanu truvatu scrittu, quandu, dopu a guerra, allu nordu hanu jiutu, alti porti cc’era nnù carteilu, “Alli terroni un affittu”.

Savoia, u Piemuntesi, cci’avia ddittu, allu suddu, nenti ccià lassari, mù ccì resta ssulu caristia e ppitittu, ogni rricchizza luaru, a mmia là purtari.

E’ statu puru fhacili ricurdari, Lamezia e non solo

Mò, chistu, u sindacu i Milanu, vidi tu, si là ppropriu scurdatu,

e ppì qquantu po’ ppariri stranu, a ttuttu u Suddu ha amminazzatu. Illi, n’anu pututu sempri ciampariari, nua, vidi tu, ù nnì putimu difhindiri, ccì l’amu i dari libbira a nnì mpittari, pirchì, hanu i viniri ccà, a ssì ddivirtiri. Fhorzi, allu sig, Ssala, ccì vulera rricurdatu, cà u Suddu sà mpittatu i menu pirchì, i reguli ha rrispittatu.

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I Meridiani: Voci calabresi in serie e parallelo

Francesco Gaspare La Scala: lo studioso sambiasino amante dei rebus di Francesco Polopoli

Lo studioso, un sambiasino Doc, come amava presentarsi, aveva ultimato la stesura di un lavoro di recupero linguistico, accumulatosi in uno studio pluriannuale attento e paziente. Il testo, Scavi archeolinguistici, per l’appunto, è stato editato quasi in contemporanea con la scomparsa del carissimo fratello Benito: in pochi mesi l’uno e l’altro se ne sono andati per sempre, lasciandoci increduli. Eppure Francesco s’era promesso di scendere per un incontro d’autore sul libro appena conclusosi malgrado le difficoltà di salute, insorte a pochi mesi dalla fine del 2019. «Caro», mi scrivesti, «ho scoperto improvvisamente di avere un ospite che mi darà molto filo da torcere. Una neoformazione al polmone. Grande sorpresa per me. Accetto di buon grado la nuova compagnia. Combatteremo insieme. Sei il solo a saperlo. Sto lavorando sull’ermeneutica delle nostre strutture poetiche dimenticate o nascoste dal superficialismo. Presto ci vedremo per la presentazione del libro, compatibilmente con le cure. Un abbraccio». Di lui si ricorda coralmente l’amore pervicace nei confronti del nostro territorio: diceva sempre di credere nella bellezza della nostra cultura e di lavorare per farla risplendere. Ed è un testamento spirituale così elevato da non lasciare orfani chi lo ha stimato. Che dire poi del suo legame con Franco Costabile, di cui era fiero continuatore nel ceppo familiare come cugino di primo grado. Per quanto apprezzasse la copiosa messe di studi sul poeta della Miraglia, nutriva una certa resistenza e diffidenza di fronte ad interpretazioni del tutto gratuite sul poeta ermetico di Sambiase. «Ho la sensazione», diceva, «di trovarmi di fronte ad un decadimento manierista privo di speranze che si serve di un buon nome per portare avanti tematiche fiacche o plagi conditi di finta epicità». Mancherà la sua voce: era un pag. 14

magistero impeccabile, glielo riconosciamo tutti! E noti dolenti sono pure queste righe epigrafiche, incapaci di tessere un profilo che possa rispecchiare la caratura della sua persona: le radici della propria terra erano un tutt’uno con le radici delle parole che scavava con dovizia e pregio rarissimi, chi potrà dimenticarlo? Come lo voglio ricordare? Anche con i suoi rebus sambiasini, avete capito bene, certo che sì! Prima di presentarli, chiariamo in cosa consistano dal punto di vista logico-ricreativo. Beh, è un gioco enigmistico classico costituito da una vignetta che il solutore deve interpretare per ricavarne una frase risolutiva. Non sono mai stati delle banalizzazioni, ci tengo subito a precisarlo, figuriamoci per lui! I rebus, infatti, ebbero un successo in Francia attorno al XVII secolo, mentre in Italia già nel 1548, papa Paolo III decise di patrocinare la pubblicazione di un libro per “imparare a scrivere” per mezzo di essi, all’epoca definiti “cifre figurate”. Un rebus nel 1861

Comunque, senza andare per le lunghe, la loro struttura ludica rimanda all’etimologia rivelante e rivelatrice: l’ablativo latino di res (= cosa) suggerisce che la frase è espressa con le cose, ossia con gli oggetti presenti nella scena figurativa. In questa sede soprassiedo sull’uso traslato del termine, limitandomi a dire semplicemente che la parola “rebus” è anche metafora di una situazione intricata e di difficile interpretazione: in questo senso Antonio Tabucchi ha intitolato Rebus un suo racconto, e Ian Rankin ha chiamato Rebus il protagonista dei suoi romanzi polizieschi. Questo lo scrivo en passant, perché il nostro autore, di fatto, sic et simpliciter fa solo i lavori da Settimana enigmistica, utilizzando il suo pezzo forte, che è il vernacolo lametino. Vediamolo in campo a far campeggiare la lingua dei nostri nonni e non solo, fortunatamente

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Soluzione: Fhurnila ccu stu rìapitu. La frase significa “Smettila con questa lamentela continua!”, ovvero ‘finiscila con questo ritornello’, intendendolo come lamento continuo e sfiancante, un asolfa, praticamente! Nella vignetta ci sono i forni “fhurni”, le cuciture “custuri” e le api “api”. Questi sono i termini che vanno combinati con le lettere indicate per formare la frase richiesta.

Soluzione: V’acca-tta-ti ‘nu- piatti-ni-strittu e, quindi, V’accattati ‘nu piattini strittu

Soluzione: V-a Cu-r-cati e, quindi, Va Curcati

Soluzione: Cum-’è fh-unda-na si-ra-stilla-ta e, quindi, Cum’è fhunda na sira stillata E qui il genio si è superato: per quanto mi concerne, è il primo lametino ad avere adattato il latino al la(me)tino, servendosi della matrice originaria per farci imbarcare sui lidi del dialetto. Il tutto con un quiz: Allegria, avrebbe acclamato il compianto Mike Bongiorno col suo storico telegame! Che dire, il Bis sambiasino è nato, mediaticamente, proprio col nostro Francesco Gaspare! Sei di Sambiase se è il facecanale del suo share!

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scuola

Il Liceo Galilei, in un momento tanto duro e difficile, si è attivato per garantire il diritto allo studio, attraverso le modalità della didattica a distanza.

di Teresa Goffredo

In queste settimane di diffusione di un virus sconosciuto che semina morte e angoscia, l’Italia si è fermata. Si è fermata l’economia ,si è fermata la produzione, si è fermato lo sport, ma soprattutto si sono fermati i rapporti sociali .Il governo italiano, il primo paese europeo a dover fronteggiare l’ emergenza sanitaria, tra le norme previste per il contenimento della diffusione del virus, ha deciso la chiusura delle scuole e delle Università. I docenti si sono dovuti , da subito, confrontare con una realtà, quella della scuola a distanza, che necessita della conoscenza di metodiche digitali che, non si può nascondere, almeno in Italia, rappresentano ancora esperienze sporadiche. Eppure, dinanzi alla richiesta del Ministero di evitare che il processo didattico- educativo, attraverso la didattica a distanza, non subisse un freno, tutta la Scuola italiana ha risposto. Ma viva è la consapevolezza, però ,che le tecnologie e le didattiche digitali possono contribuire efficacemente al dialogo educativo, ma non potranno mai sostituire la ricchezza della relazione educativa che si realizza nelle aule di scuola, alla presenza di docenti e studenti. L’istituzione scolastica tutta, attraverso il lavoro di Dirigenti e docenti, ha voluto trasmettere il messaggio che una scuola chiusa non è solo un edificio chiuso. La scuola rafforza la sua missione educativa, che non si ferma di fronte a questo terribile nemico sconosciuto, quale è il virus, ma al contrario, rilancia un importante e significativo messaggio di fiducia, proprio perchè rivolto ad un mondo giovane, anche giovanissimo. Nella nostra regione, nella nostra città gli Istituti scolastici tutti hanno risposto positivamente ,anche se nella fase iniziale, sono mancate indicazioni precise del Ministero soprattutto sull’utilizzo di piattaforme universali di e-learning accessibili a tutte le scuole. Si sono configurate iniziative diverse per ogni scuola e persino per ogni docente, ma unanime è stata la disponibilità dell’intera comunità scolastica. Anche il Liceo Galilei, in un momento tanto duro e difficile, si è attivato per garantire il diritto allo studio, attraverso le modalità della didattica a distanza. Gli insegnanti garantiscono ai loro studenti non solo il loro sostegno emotivo, ma, supportati dal docente animatore digitale, prof. Orlando, anche la loro opera nel nuovo contesto di insegnamento-apprendimento. Il tutto avviene con l’attivazione della Piattaforma G Suite, tra le più innovative e complete a disposizione. Grazie alla collaborazione di un team di docenti, che affianca giornalmente il Dirigente scolastico, Teresa Goffredo, la vita scolastica non ha subito arresti , non solo per quel che riguarda l’aspetto propriamente didattico, ma anche per quelle attività previste per l’arricchimento del normale percorso di studi Lamezia e non solo

proprio dell’Istituto. Si pensi all’evento del “Dantedì” giornata di celebrazione della figura di Dante, voluta dal Ministero dei Beni culturali. Attraverso il lavoro attento dei docenti, gli studenti, seppur a distanza ,ma vicini virtualmente, hanno condiviso sul web letture di passi significativi del poema dantesco, immagini e commenti, rappresentazioni teatrali. Molteplici i lavori presentati sulla figura di Dante, che mai come in questo tragico momento, è apparso oltremodo attuale, se si pensa alla sensazione di smarrimento provato dal poeta. Smarrimento nelle sue molteplici espressioni, che è diventato il tema portante del concorso interno alla scuola, #Andràtuttobene, diretto a tutti gli studenti del Liceo che, attraverso varie sezioni (racconto, fotografia, disegno, poesia), racconteranno la nazione in questo periodo, così fuori dal normale. “Non sarà tanto la gara in sè ad avere importanza – queste le parole della Dirigente – quanto la partecipazione attiva dei ragazzi, il loro coinvolgimento in un progetto, Ma il Liceo non ha dimenticato le scelte universitarie che, a breve gli studenti delle quinte classi dovranno operare. I referenti dell’orientamento in uscita, coordinati da Teresa Goffredo hanno intessuto contatti con prestigiose facoltà universitarie, creando momenti di particolare valenza formativa. Ospite e relatrice di un primo incontro in videoconferenza è stata l’ingegnere aereospaziale Aloisia Russo che, con la sua presenza carismatica, ha fatto intendere ai numerosi studenti collegati dalle propri dimore, come lo spazio sia più vicino a noi di quanto si possa immaginare e che ogni ambito della nostra vita (la fisica, la matematica, la medicina ) ,interagisce con le scienze dello spazio. Come ribadito dall’ingegnere Russo, l’eclettismo della scuola italiana, ed in particolar modo i licei ,permettono ai futuri maturati di poter accedere senza particolari problemi alle facoltà aereospaziali. Il secondo incontro, sempre in videoconferenza, sempre in tema di orientamento in uscita, ha visto la presenza di un team di docenti della prestigiosa Università della Bocconi. Nel corso dell’evento è stata presentata l’offerta formativa dell’Università, evidenziando il suo posizionamento nella classifica dei vari atenei mondiali. Sono state presentate le diverse partnership con altre Università, i vari corsi di laurea, con tutte le loro caratteristiche. Particolare attenzione ha suscitato l’organizzazione dei test di ammissione che, alla luce degli ultimi tragici accadimenti, ha subito un significativo slittamento. A queste importanti iniziative, ne seguiranno altre, motivate, soprattutto, dall’interesse degli studenti che stanno dimostrando, con soddisfazione dell’intero corpo docente, che il liceo continua con passione il suo cammino di formazione.

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IL VOLTO SPIRITUALE DELLA CALABRIA

CATERINA BARTOLOTTA TE M PI D I CONVE R S ION E di Fernando Conidi

UNA TESTIMONIANZA DI FEDE Continua l’intervista a Caterina Bartolotta su questi tempi. In un mondo dove la speranza di una vita socialmente accettabile sembra affievolirsi, la testimonianza di fede di una delle più grandi mistiche esistenti ci aiuta a ritrovare la fiducia, a guardare a questa vita come a un’opportunità per testimoniare la fede in Cristo nella nostra quotidianità, come Lui ha chiesto (Lc 21, 13). Il fedele che non si smarrisce, che vive guardando davanti a sé con la giusta fiducia nel Signore, trova sempre una risposta negli avvenimenti. Davanti alla tragedia delle guerre, degli abomini e delle desolazioni di questo mondo, dove a pagarne le conseguenze sono soprattutto i più deboli, sbocciano come rose le apparizioni della Madonna.

anni. Questo lungo periodo, come ha detto Caterina, sta per terminare: “La Madonna mi ha detto che le apparizioni sono alla fine”. Quando termina un periodo, ne inizia subito un altro; i messaggi che ha ricevuto Caterina ci prospettano un futuro pieno di pace e prosperità. La venuta di Cristo, che il mondo attende da duemila anni, è alle porte. Questo che stiamo vivendo – dice Caterina – è un tempo di grazia, che ci viene concesso per la nostra conversione e la nostra salvezza; bisogna fare attenzione a non sprecarlo perché dopo sarà troppo tardi.

Intervista - seconda parte rebbe servire se stesso e anche Dio. Ma vorrebbe ottenere il potere su questa terra di poter decidere tutto, mettendo Dio al secondo posto. Vorrebbe che Dio servisse l’uomo in tutte le sue cose. La superbia del maligno mette questi pensieri nella mente umana, e la cosa peggiore è che l’uomo ascolta il male invece di dare ascolto a Dio. Ciò che succede nel mondo, infatti, lo dimostra.

Quali speranze per l’umanità? L’uomo confida in se stesso; il progresso della tecnica, la capacità di poter dominare i popoli hanno portato l’uomo a pensare di poter fare a meno di Dio. Se solo si avesse la capacità di discernimento, quella vera, si capirebbe che tutto ciò di cui siamo circondati viene da Dio, che noi stessi siamo sue creature. L’uomo, invece, si ferma DIO NON ABBANDONA davanti al potere che gli viene L’UOMO dato in questa vita, senza rifletGli avvenimenti di cui sentiamo tere veramente. La testardagparlare ogni giorno sembrerebgine umana si contrappone bero portare l’umanità verso il alla misericordia divina. L’uomo fallimento, ma nelle apparizioni dimostra ogni giorno di voe nei messaggi della Madonna ler proseguire verso la strada è necessario trovare il giusto della vanità, della ricchezza, sostegno morale e la giusta fidel potere materiale, ma tutto ducia, per animare con fervore questo, davanti a Dio, è iniquila fede verso il Signore, che ha tà. La speranza è nella croce di promesso di non abbandonarci mai e di essere con noi tutti i Emografia di Caterina Bartolotta: una croce sormonta un Cristo, che ha perdonato i suoi ostensorio con all’interno le lettere “JHS” stessi carnefici. Ma non c’è algiorni fino alla fine del mondo cuna salvezza senza pentimen(Mt 28, 20). È importante non lasciarsi to; l’uomo che non si pente, nonostantraviare dagli eventi, dalle notizie che L’INTERVISTA te il perdono, non si salva! suscitano scalpore e abbattono le nostre difese spirituali, e non permettere Caterina, l’umanità sembra troal maligno di far affievolire la nostra varsi davanti a un bivio: una stra- Perché pur essendo stato perdofede. In questo contesto è necessario da conduce al materialismo più nato non dovrebbe salvarsi? Ci invece animarla attraverso la preghie- puro e l’altra verso la spiritualità spieghi meglio questo concetto. ra, seguendo le direttive della Chiesa che apre alla fede. Lei cosa pensa L’uomo che pecca e non si pente non può salvarsi. La motivazione è semplie percorrendo le strade di fede che di questo? il Signore ci fa conoscere. Le appari- Penso che l’umanità si trovi da molto ce: egli non dona il suo cuore a Dio, zioni della Madonna a Caterina Barto- tempo davanti a questo bivio e non si anzi continua a peccare. Il perdono e lotta avvengono da oltre quarantasei è ancora decisa, perché l’uomo vor- la misericordia di Dio, pur potendo es-

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IL VOLTO SPIRITUALE DELLA CALABRIA sere concessi, non servono a chi non li desidera. Il peccatore che ama la trasgressione, il peccato, difficilmente si pente e, quindi, continua a peccare e, cosa ancora più grave, a odiare Dio e tutte le sue creature. Lei crede che se Dio aprisse le porte dell’inferno alle anime dannate loro inizierebbero a fare del bene? No! Perché se fossero state buone non si troverebbero lì. Il Signore conosce i cuori di ognuno; l’ho detto molte volte: anche il peggiore peccatore, se si pente, Dio lo salva.

perché sono tutti importanti e molto significativi. Ma se con la sua domanda vuole intendere quale messaggio è più importante per l’uomo, beh, credo che sia quello dell’amore di Dio per l’uomo. In esso è racchiusa la vera speranza di salvezza, perché davanti al male del mondo, a questa umanità che ancora, dopo migliaia di anni, uccide, se non avessimo la speranza dell’amore di Cristo, saremmo perduti per sempre. Gesù si è lasciato crocifiggere per amore, così quella speran-

nessun dolore umano potrà mai essere più grande di quello vissuto da Gesù e dalla Madonna. Dietro quel dolore c’è la nostra salvezza.

Eppure l’uomo sembra non preoccuparsene della salvezza, sembra non amarla, forse non comprenderla veramente, non esserne consapevole. Sì, è vero. L’uomo non comprende veramente il messaggio della salvezza. Se si rendesse conto veramente delle conseguenze del peccato, il Purgatorio sarebbe vuoto. La carità e l’umiltà che vaPerò, al di là di una vera conlore hanno nella salvezza? sapevolezza della salvezza, La Madonna mi ha insegnato l’uomo fa una scelta precisa. che non bisogna giudicare. Il Cioè non possiamo giustificaSignore giudica tutto e tutti. re l’uomo dicendo che non sia Nella salvezza, nel mio piccolo, perfettamente consapevole del mi permetto di dire che la cavalore della salvezza, perché rità e l’umiltà hanno un valore egli è comunque consapevole molto importante. La carità ce della scelta. Il più delle volte, l’ha chi ama davvero; l’umiltà l’individuo pecca sapendo di è frutto della consapevolezza peccare. Quindi sa di comdella grandezza di Dio e della piere la volontà del male e piccolezza dell’uomo. Chi è non quella di Dio, eppure lo fa umile è consapevole di esseugualmente. Quello che manca re una piccola creatura di Dio, all’uomo è l’amore per Dio e quindi rimane al suo posto e per se stesso. Se amasse venel suo cuore non fa entrare ramente Dio non peccherebbe, la superbia. La carità è sorella neppure se amasse veramente dell’umiltà. Potremmo dire che se stesso, perché il peccato ha sono le due gambe che portano alla salvezza. Caterina, durante la Settimana Santa, in una foto degli anni ‘90 sempre le sue conseguenze. È strano e difficile da comprenInteressante questa metafora. dere, eppure l’uomo, pur conoscendo za è divenuta realtà per tutta l’umanità; Chi è umile è sempre apprezzato dal chi crede in Lui sarà salvo. Questa è la le conseguenze del peccato, per il Signore, perché il timor di Dio è sem- certezza della fede, che non deve mai piacere della trasgressione continua pre nel suo cuore. Chi ha la carità venire meno. Senza la croce di Cristo a peccare ugualmente. Faccio sempre mette in pratica l’amore fraterno. L’a- non ci sarebbe alcuna salvezza, e la un paragone: l’uomo che commette un more è la fonte di tutte le cose perché croce viene sempre dall’amore di Dio: reato e paga con la prigione, teoricaprocede da Dio. Chi non ama non ha l’amore che salva, e salva per sempre. mente, una volta uscito di prigione non carità e né umiltà. Chi è umile non si La Madonna, come creatura, esiste dovrebbe delinquere più, invece, molribella a Dio, mentre chi non lo è divie- per l’amore di Dio. Senza la Madonna, to spesso, continua a farlo. Fa un po’ ne preda della superbia e, prima o poi, senza quel suo “Sì” non saremmo sal- parte della natura umana questa amsi ribella, come ha fatto il demonio. La vi, perché Lei è la corredentrice dell’u- bivalenza. Infatti, su questa terra nescarità e l’umiltà rendono il cuore uma- manità. Nessun amore è più grande di suno è veramente santo e tutti siamo no degno del Signore e lo avvicinano quello del Signore e della Madonna, peccatori. Dio conosce bene la natura a Lui. Ecco perché dico che sono le così come il dolore e la sofferenza dell’uomo e sa che senza la sua misedue gambe della salvezza. umana non potranno mai essere su- ricordia nessuno potrebbe veramente periori al dolore della croce di Cristo salvarsi. Qual è il messaggio più significa- e a quello provocato dalla spada che tivo che la Madonna le ha comu- ha trapassato l’anima della Madonna, Continua sul prossimo numero nicato in questi anni? come profetizzò Simeone (Lc 2, 35 Non possiamo dare un valore specifi- N.d.A.). Gesù è stato ucciso davanti Fonte: “Il Segno del soprannaturale”, n. 382, aprile co a ogni messaggio della Madonna, agli occhi della Madre Santissima, 2020, Edizioni Segno - Autore: Fernando Conidi

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dal blog

Intervista a Teodolinda Coltellaro nell’arte e con l’arte contemporanea

“Noi siamo ciò che costruiamo. L’arte ci può aiutare ad essere migliori. Il futuro è davanti a noi e ci indica la strada da percorrere” Copio da lei e da una sua relazione all’Uniter tenuta a Dicembre 2019, per iniziare una conversazione inusuale in tempi di pandemia e di disagio. Teodolinda Coltellaro vive nell’arte fin dall’infanzia, e dai suoi racconti mi appare con la penna in mano, proprio come a lei diceva sua madre “Sei sempre con la penna in mano”, e dotata di una grande curiosità. Mi piacerebbe proprio incontrare qui quella bimba e poi ragazza e studentessa in pellegrinaggio quasi per le vie dell’arte. Ma di questo ci dirà lei Teodolinda: Certo, la curiosità è la molla necessaria alla conoscenza. Io sono sempre stata molto curiosa e desiderosa, ansiosa perfino, di ampliare le mie conoscenze. C’è stato un periodo in cui dicevo a me stessa che “ un libro letto era un libro in meno da leggere”, quasi volessi appropriarmi di una parte dello scibile umano. I libri scolastici in alcuni casi erano un male necessario poiché mi annoiavano con la loro struttura stantia, alcuni diventavano invece fertili stimoli sulla strada della conoscenza. Frequentavo molto le biblioteche. Alla De Nobili a Catanzaro consumavo da studentessa le mie ore libere dalle lezioni. Poi, per un certo periodo, ho frequentato la biblioteca di Curinga che, non a caso, Gianfranco Manfredi in un suo articolo sulla rivista della Regione, definiva “ un piccolo Beaubourg”. Stampava anche una rivista grazie ad un bibliotecario illuminato, Sergio Prinzi, che ricordo con immenso piacere. Ma la mia passione per la lettura è sempre andata avanti di pari passo con la scrittura. L’amore per la parola, per lo spessore significativo dei segni, per il suono, il colore della parola, mi ha sempre spinta a perfezionarne l’uso, ad assaporarne la valenza sostanziale di senso e significato. Di pari passo si è sempre più radicata dentro di me la passione per l’arte dei nostri tempi e così, gradualmente, la scrittura è diventata scrittura d’arte, strumento d’analisi delle opere, racconto, ispirato per certi versi, dell’arte contemporanea. La mia cara mamma, vedendomi sempre indaffarata a scrivere, mi diceva in tono di affettuoso rimprovero “ Sempre con la penna in mano!”. Poi, col tempo, è diventato il suo motto orgoglioso “ E tu basta che hai la scrittura!”, così come per un certo tempo mi apostrofava con “ Basta che hai la pittura! “, già consapevole di quanto per me fossero entrambe, la scrittura e l’arte, materia essenziale del mio vivere. Assisteva alle mie peregrinazioni tra musei e mostre d’arte, al mio viaggiare per riempire il mio sguardo di opere, al mio organizzare mostre, al mio continuo andare a Taverna, pag. 18

di Ippolira Luzzo

dove avrei contribuito alla nascita del Museo Civico. E così, perdurando la passione e il mio sperdermi nell’arte, mia mamma se ne fece una ragione e sempre più spesso si intratteneva con i miei amici artisti che volentieri ne assecondavano le feconde narrazioni del mio universo domestico. Ippolita: E dalla curiosità la nascita delle tue molteplici espressioni nell’arte come scopritrice di talenti, come curatrice di mostre e come animatrice di Musei e di progetti attinenti al visivo. Mi riferisco all’esperienza dei Pezzi artistici esposti nel centro storico di Lamezia e che dovrebbero essere restaurati. Un tuo progetto fra tanti, vero? Teodolinda: Ti riferisci, nello specifico, a “Un Muro di storia”, un progetto ideato proprio per Lamezia Terme, per il suo centro storico. È stato, infatti, realizzato, su un muro portante della scuola “Don Milani”. È costituito da 17 pannelli in ceramica realizzati da altrettanti artisti ceramisti, lametini e di altre regioni italiane, attraverso cui è possibile percorrere visivamente e leggere frammenti esemplari, pagine emblematiche di storia e microstoria, sia territoriale che regionale. Esso ricompone fatti, episodi che hanno costruito nel tempo la storicità dei luoghi e che appartengono alla storia collettiva. Purtroppo, molti lametini non ne conoscono l’esistenza e il valore artistico-storico. Ma, soprattutto, la cosa che più fa male è il suo completo abbandono, il suo graduale deterioramento. La stessa materia costitutiva dei moduli in ceramica (ognuno misura un metro quadrato) sta lentamente disgregandosi, sottoposta a disfacimento inesorabile. Sarebbe urgente un intervento di risanamento del muro e di restauro e messa in sicurezza delle opere di grande valore artistico. Ippolita: Noi ci facciamo promotori di riportare a chi può e deve di intervenire affinché “Un Muro di storia” venga restaurato e inserito fra i percorsi artistici da visitare a Lamezia. Ce lo auguriamo. Sappiamo altresì del tuo impegno nel Marca, molte le mostre da te curate e fra le ultime quelle di Caporale e Saladino, così come so di mostre progettate e per ora ferme per l’emergenza virus. Possiamo anticipare qualcosa dopo avere da te un excursus in sintesi della tua attività al Marca? Teodolinda: Del MARCA (ormai considerato il più prestigioso museo regionale, riconosciuto a livello nazionale), fin dalla sua istituzione, sono componente del Comitato Scientifico e dal direttore artistico attuale, Rocco Guglielmo, sono stata nominata direttore della collana editoriale del Museo “I quaderni del MARCA”. Al MARCA ho curato, in contemporanea con altri miei progetti in altre istituzioni regionali e nazionali, nu-

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merose mostre, anche quelle di artisti lametini. Attualmente sto lavorando alla mostra antologica di un altro grande calabrese, Max Marra. È stata programmata per il 6 giugno prossimo, ma non credo sia possibile rispettare i tempi, considerata l’attuale situazione. Contestualmente altri progetti, anche editoriali, momentaneamente, giocoforza, sono in stendby. Al momento lavoro a ciò che posso, ovviamente, portare avanti da casa. Ippolita: Da remoto, ormai così sembra sia la forma per dire che si lavora da casa. A me da remoto evoca subito un tempo fiabesco. E un luogo altrettanto fiabesco. Pur con le difficoltà del momento dunque procedono i tuoi lavori e aspettiamo altre pubblicazioni. Ci farai conoscere intanto le tue precedenti pubblicazioni e gli incontri straordinari che hai fatto nel campo artistico Teodolinda: Certamente. È questo il mio desiderio. Sto lavorando ad un mio libro di interviste a maestri dell’arte contemporanea internazionale, ad una monografia di una grande artista internazionale e ad altre ricognizioni analitiche su artisti di cui promuovere l’opera. Ma tante altre sono le idee e i progetti in essere; anche e soprattutto progetti espositivi da realizzare nella regione. I miei incontri sono e sono stati il nutrimento perfetto della mia anima. All’inizio dei miei percorrimenti nei territori dell’arte, sognavo di incontrare i miei idoli che erano, naturalmente, grandi artisti che avevo “ incontrato” nei libri, nei miei anni di “studio matto e disperatissimo”. Poi man mano, alcuni di questi “grandi dell’arte” ho avuto la fortuna di incontrarli nel dispiegarsi del mio cammino di critico e non c’è stata cosa più bella per me, più gratificante. Così, dai calabresi illustri Savelli, Rotella, Guerrieri, a Oppenheim a Staccioli, a Buren alla mitica Giosetta Fioroni e tanti altri. Così anche per i maestri calabresi attuali Berlingeri, Violetta, Gallo, Marra e altri il cui cammino creativo si è incrociato col mio, fino a diventarne amica. Mi ricordo di Savelli che appena arrivava da New York mi chiamava e io mi precipitavo a Pizzo a riabbracciarlo e a perdermi nell’essenza sublime della sua Arte. Che dolore quando è morto! Mi sembrò di aver perso un componente della mia famiglia allargata e allo stesso modo è stato per Guerrieri, Lia Drei, Staccioli, Mendini. Averli conosciuti, essermi avvicinata al loro universo e essermi nutrita della loro arte è stato per me fonte di arricchimento continuo, a livello umano prima ancora che professionale. Spesso con il rammarico di averli considerati “ immortali” e di non aver raccolto fino in fondo la sostanza più preziosa del loro essere artista. Ippolita:Sono sempre molto sorpresa di quanto sia sconosciuto il lavoro di artisti e critici nel proprio paese e anche tu a quanto sembra dopo gli inizi hai preferito lavorare fuori da Lamezia Terme. Vogliamo raccontare a conclusione del nostro incontro come sia stato possibile che non ci siano state opportunità oppure che non ci sia stata la volontà finora di creare a Lamezia occasioni organiche, vista la

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presenza di tanti ottimi artisti e la tua grande esperienza nel campo? Teodolinda: Premetto: Lamezia è nel mio cuore. Non si sono create le condizioni perché io potessi realizzare nuovi progetti pur avendone io proposti. Vorrei tanto avere la possibilità di creare qualcosa di sostanziale nel mio territorio. Anche perché l’arte visiva contemporanea di qualità è comunque presente in esso. C’ è, infatti, è c’è stato sempre un grande fermento creativo. Ci sono artisti che stimo e che lavorano ponendo attenzione a ciò che, nel settore della ricerca linguistica specifica, si produce e si sperimenta nel resto d’Italia. Ma spesso non ci sono o non si vogliono trovare le giuste sinergie a livello istituzionale per coinvolgimenti di più ampio respiro, che travalichino i limiti del circuito cittadino, proiettando l’operatività locale in una dimensione più ampia, nazionale. Certo, allorché l’interesse è solo epidermico, o legato a questioni di appartenenza politica, di clientela, di tornaconto personale, ed eventuali proposte non abbiano come primo elemento progettuale prioritario la divulgazione artistica di qualità e la crescita culturale specifica della comunità, sarà difficile che io dia il mio apporto di critico. Ultimamente, come tu sai, sto lavorando con privati ad una idea molto bella e coinvolgente. Spero si concretizzi, anche perché le persone all’origine del progetto sono della migliore caratura umana e professionale Ippolita Luzzo Nata a Gizzeria (Catanzaro), Teodolinda opera a Lamezia Terme come critico d’arte contemporanea. Con il suo intenso lavoro critico ha contribuito alla nascita e alla crescita qualitativa del Museo Civico di Taverna. È componente del Comitato Scientifico del MARCA – Museo delle Arti di Catanzaro e direttore della collana editoriale Quaderni del Marca. Collabora con quotidiani, riviste e periodici di arte contemporanea. Nel suo percorso di esegesi visiva ha incontrato alcuni dei più importanti artisti contemporanei, dai quali ha ricevuto note incondizionate di stima e apprezzamento. Savelli (il Maestro del bianco), scrivendo di lei, sottolinea “l’ammirazione per il suo interesse verso l’estetica viva e la sua intensa ricerca diretta a sviluppare e a donare agli altri una coscienza dell’arte contemporanea”. Francesco Guerrieri scrive: “Coltellaro è nota tra i critici italiani d’arte contemporanea per le sue grandi capacità analitiche, per l’elevato livello culturale e per l’alta poeticità dei suoi scritti. Come ho già scritto in un’altra occasione, è un critico d’arte-poeta, che appartiene, cioè, a quella tradizione che vide nascere la critica d’arte tra i poeti francesi della fine dell’Ottocento e del primo Novecento. Questo vuol significare che sa analizzare, scavare, incidere, alla ricerca del senso dell’opera per poi prendere il volo nei cieli alti della poesia” Il suo lavoro di critico, oltre che in numerosi musei, biblioteche e archivi museali nazionali e internazionali è documentato presso l’Archivio Storico della Quadriennale Nazionale di Roma.

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Sport

AMARCORD. Aneddoti ed episodi curiosi: è una lunga inedita confessione quella del record-man di presenze con la Vigor Lamezia. FRANCO GIGLIOTTI: “Per amore della vigor ho giocato anche in porta”. “Che bello tutta la Vigor al mio matrimonio nel 1987. Samele mi acquistò per soldi e dei…palloni” Dici Gigliotti e vien fuori inevitabilmente Vigor Lamezia! Per raccontare le gesta a tinte biancoverdi del mediano per antonomasia non basterebbe un libro. 57 anni il prossimo 24 agosto Franco, oggi salumiere alla Conad, è un fiume in piena. Inizi con la Juventus Club di Vincenzo De Sensi; trafila con la Vigor fino all’Under 18 con allenatore Coclite e Lillino Galeno. Quindi, a 17 anni senza timori, la partenza per Novi Ligure alla Novese in D voluto da mister Bonafin, e grazie a Tonino Vitale. L’anno dopo il militare a Napoli, giocando lì in provincia, quindi il ritorno alla Vigor per 8 stagioni, ultima gara il 19 giugno del ‘94 in Cerveteri-Vigor 0-1 (gol di Salerno). “Quando tornai mi volevano tutti ma arrivò prima il compianto Nicola Samele: mi acquistò dalla Novese per soldi e dei palloni…, era la stagione 80-81 dopo lo spareggio-promozione con Morrone e Siderno. Rimasi fin quando la Vigor la rilevò Amatruda per poi tornare nel ‘93. Quindi mi chiamò Pasquino a Matera (3 anni), poi Messina, Taranto (promossi in C2 col bomber Aruta e Iaconi allenatore) Cirò Marina, Chioggia, Martinafranca e Rende (altra promozione in C2 con Petrucci allenatore e Mirabelli ds), per compagno Mirarchi presidente della LND calabrese. Ultimi anni nel Nicastro, salendo in Promozione. E poi allenatore nelle giovanili della Vigor ed attualmente vice di Salerno alla Vigor di Eccellenza”. Ma il record-man di presenze con la Vigor sei tu o Lio? “Ricordo un’intervista sul Giornale di Calabria di tuo fratello Saverio in cui scriveva 300 presenze. Dopo feci ancora sei anni con la Vigor per cui fate un po’ i conti, ho superato le 500 presenze”. Una gara che ricordi con più piacere? “Con la Battipagliese vinta 1-0. Quella dell’ombrello che la ricordano tutti, segnò il caro Elio Grassi, scomparso da poco. Un grande. E poi un’altra nel napoletano in cui marcavo Gambino, mi ripeteva che mi affogava in campo. Marcavo sempre i più forti: Pasquale Marino nell’Akragas (attualmente guida l’Empoli), Grande col Gela, Cinquegrana con la Palmese, Viscidi, Lucidi della Battipagliese”.

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di Rinaldo Critelli

Sei nato mediano? “Sì, ma quando c’era Canetti mi spostò terzino destro. Ho un altro record a Lamezia: ho indossato tutte le 18 maglie. Ho fatto anche il portiere, a Siracusa: stavamo 1-1, venne espulso Torre e in porta ci andai io negli ultimi 20 minuti. Gara infuocata, mi bersagliarono da tutte le parti ma riuscii a mantenere la porta inviolata”. Hai avuto tanti allenatori, chi ti ha insegnato di più? “Marcello Pasquino. Era il mio carattere, e soprattutto una persona umana che apprezzava chi aveva grinta e carattere. A lui piaceva molto la Vigor nonostante le invettive che riceveva durante i derby col Sambiase e non solo. Mi chiamava ‘Franchinì’ e una volta a Matera mi disse, ‘se andassimo io e te alla Vigor con quel pubblico la porteremmo in B’. Lui era innamorato della Vigor. Ricordo anche Baroncini che aveva fatto la Serie A, in quel periodo del cambio Adelaide-Vigor, nella prima gara che facemmo 1-1 con il Latina di Caso, mi diede la fascia di capitano appena 23enne”. Un compagno che ricordi con piacere? “Antonio Gatto, Mimmo Perri, Vito Sinopoli e Rosario Salerno che ho pure cresimato e giocato insieme a Matera, Messina e con la Vigor”. In ritiro partivi riserva ma puntualmente dopo 2-3 gare ti prendevi il posto da titolare... “Confermo, gli allenatori apprezzavano la mia duttilità. Magari arrivavano tanti nomi blasonati, ma in fin dei conti c’era bisogno anche di chi corresse”. Aneddoti? “In un derby a Crotone, con 7-8mila spettatori, segnai il gol del momentaneo 1-1. Ebbene nessuno riusciva a fermarmi durante l’esultanza, compreso il dottore Menniti. Per dieci minuti correvo all’impazzata. L’allenatore era Facco, con loro c’erano tra gli altri

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Sport: ARVALIA

ARVALIA: LA RIAPERTURA È VICINA Da Massimiliano Rosolino ad Amaurys Perez, da Matteo Cinquino ad Emanuele Mauti, sono diversi i campioni del mondo del nuoto che hanno sostenuto in questa fase pandemica la piscina comunale “Salvatore Giudice” con videomessaggi di speranza rivolti agli atleti della Arvalia Nuoto Lamezia, costretti anche loro al lockdown che ha inibito – tra le tante cose - ogni attività agonistica. Prevista per maggio la ripartenza per le piscine di tutta Italia, tanta l’impazienza degli amanti dell’acqua, ma l’impianto di via G. De Sensi dovrà attendere ancora prima di poter riaprire le porte agli appassionati, ovviamente con le dovute misure di sicurezza a cui l’intero staff sta assiduamente lavorando. A spiegare la situazione un po’ particolare che sta coinvolgendo la società, proprio la direttrice amministrativa, Carmen Mazzei: «Abbiamo intavolato una concertazione con la Pubblica Amministrazione, in particolare nella veste del sindaco Paolo Mascaro, per cercare di risolvere le questioni prettamente burocratiche relative alla gestione della piscina comunale, che sono diventate ancora più gravi e onerose in questa fase di emergenza Covid-19 – ha spiegato, annunciando che la riapertura dell’impianto è prevista tra due settimane - presumibilmente per giorno 8 giugno riprenderanno tutte le attività, quindi non soltanto la parte agonistica». Un nuovo inizio che, però, ha bisogno dei migliori presupposti: «Sappiamo bene tutti quanto particolare sia la situazione della piscina, a causa

di un contratto che presenta molte problematiche (come l’affidamento alla società di 4 vasche da parte del Comune, di cui 2 sono però inutilizzabili). Abbiamo sempre ricevuto un riscontro positivo dalla parte politica nella persona del sindaco. Il problema è che poi quella volontà non va a coincidere con le tempistiche della parte dirigenziale, che dovrebbe concretizzare l’input inviato dal primo cittadino. Sono 5 anni che procediamo a rilento e siamo in attesa di provvedimenti bu-

rocratici risolutivi dei problemi contrattuali, che ora, più che mai, risultano gravosi in una situazione di così grande difficoltà. Noi vogliamo essere fiduciosi e confidiamo nel buon lavoro della parte tecnica e nella determinazione dirigenziale per far sì che la Arvalia possa continuare a garantire il proprio servizio, che è un servizio pubblico, specie in questo periodo, in cui riteniamo sia ancora più importante per tutti far sentire la

propria presenza». Nonostante la pandemia ancora in corso, infatti, la società non ha alcuna intenzione di tirarsi indietro rispetto ai propri utenti, anzi: «Stiamo già collaborando con una rete di associazioni del territorio per l’organizzazione dei centri estivi cittadini, che sono stati presentati il 18 maggio nella sala “Napolitano” del Comune. Già in quell’occasione si è fatto presente quanto questa collaborazione con l’Ente abbia particolare rilievo, dal momento in cui saranno varie associazioni del territorio a svolgere questo servizio dedicato ai bambini, che per mesi sono stati costretti a stare chiusi nelle loro case. Questi centri potranno servire loro a tornare pian piano alla propria normalità, facendoli riabituare a quel sano stare insieme che a lungo è mancato soprattutto ai più piccoli, in vista di settembre, quando potranno finalmente tornare tra i banchi di scuola». Infine la direttrice ha concluso: «Se finora la macchina burocratica, nella veste dirigenziale, ha potuto by-passare il problema, auspichiamo che ciò non accada più e che in tempi brevi, dopo lunghi anni di attesa, e in questa situazione particolarmente critica per tutti, venga colta la potenzialità di un servizio come il nostro. La volontà da parte del sindaco ci è stata ribadita più volte, ora speriamo che la stessa venga concretizzata anche dalla parte tecnica per risolvere in maniera definitiva i problemi che attanagliano l’impianto. Intanto, ci tengo a ribadire che l’8 giugno noi riapriremo con tutte le nostre attività».

Ortolini e Drago. Quindi la gioia nel 1987, primo anno di C2 con Zurlini allenatore: tutta la Vigor venne al mio matrimonio. C’era anche tuo fratello Saverio, per me una persona speciale, alla squadra ci teneva tanto”.

aveva portati lui. Però in quel periodo anche Ranieri aveva problemi coi senatori. Per lui erano tutti uguali e se in una gara faceva giocare un giovane rispetto ad un esperto e beh lo spogliatoio non gradiva, ricordo bene questi episodi”.

La Vigor più forte che hai visto? “Quella di Tascone, ‘86-87, ma anche quella dell’anno prima quando meritavamo già di vincere, ma perdemmo con la Rifo Sud. Dal presidente Ventura sono stati anni indimenticabili”

E i derby col Sambiase? “Tutti belli, con passione e grande pubblico. Una volta in viaggio dall’Eurolido a Sambiase: loro erano mille ad aspettarci in strada e ci hanno scosso il bus. Il più bello sicuramente è stato quello vinto 1-0 in casa loro, segnò Di Spirito all’88’. Non ti dico l’accoglienza che abbiamo avuto, trovammo gente nello spogliatoio. Ne pagò le conseguenze il nostro Ferraiuolo”.

Ed il presidente che ricordi? “Diversi: GB Ventura, il prof. Menniti e il giudice Amatruda, anche lui ci teneva pure alla Vigor, era come Pasquino”. A proposito, ma quindi Claudio Ranieri andò via per una fronda della squadra? Puoi dirlo, tutto ormai è in prescrizione… “Sicuramente Tascone l’hanno voluto i napoletani, visto che li

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Non posso non chiederlo a te: quando rinascerà la Vigor Lamezia? “Quando tutti metteremo da parte tutto quest’orgoglio e le storie tra società e tifosi Serve unità: tifosi, dirigenti e squadra”.

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La nostra storia

di Matteo Scalise

Le Abbazie del lametino, centri di spiritualità e di produzione economica

Quasi tutti noi abbiamo reminiscenza dai nostri studi storici scolastici del sorgere, all’inizio del Medioevo, di grandi complessi ecclesiastici quali furono le Abbazie (anche dette Badie) o Monasteri, rette da potenti Ordini Religiosi, le quali, per molto tempo e con alterne fortune divennero dei veri presidi non solo di fede e spiritualità ma anche economici, determinando le vicende storico- politiche del territorio in cui erano presenti e sui cui avevano una particolare influenza in termini di sfruttamento delle risorse agricole da cui ricavano immenso benessere economico. Anche in Calabria ci furono molti esempi simili, soprattutto nel Lametino. Oggi, pertanto, vi parlerò sempre per sommi capi delle vicende di gloria e oblio di quattro importanti centri religiosi ed economici che hanno arricchito il nostro comprensorio nei secoli scorsi di un immenso e purtroppo non ancora valorizzato circuito turistico –culturale di testimonianze storico – architettoniche preziose ed uniche. I quattro complessi monastici, come vedremo, avranno in comune molti elementi come l’origine da un complesso monastico ortodosso, lo sviluppo economico importante da trasformarle in un organizzato ed efficiente feudo agricolo, la decadenza causata per l’incorrere della pratica della Commenda e la fine prodotta dai terremoti del 1638 e 1783. Abbazia di Sant’Eufemia: sita attualmente in località Terravecchia, sullo stradone che da Lamezia Terme Sambiase porta a Gizzeria Marina, di fronte all’area archeologica di Terina (vedi mio articolo presente sul n. 62) e a pochi metri precedente il Bastione di Malta (vedi n. 61), nasce sui ruderi di un preesistente monastero basiliano per volere del normanno Roberto il Guiscardo nell’anno 1062 il quale, avendo stretto un patto di alleanza col Papato in cambio del riconoscimento pontificio della sua conquista militare del Meridione d’Italia s’impegnava a fondare diocesi e abbazie che favorissero il ritorno al cattolicesimo delle popolazioni calabresi fino a quel momento cristiane ortodosse e fedeli quindi al Patriarca di Costantinopoli. A progettare l’imponente struttura fu posto l’abate benedettino Roberto di Grantmesnil il quale usò come modello di criterio estetico architettonico l’Abbazia madre di Cluny. L’opera quando fu terminata si rivelò vasta e imponente: furono edificati oltre alla chiesa abbaziale (ove erano conservate diverse e preziose reliquie quali - fra le tante – una ciocca di capelli pag. 22

di Sant’Eufemia vergine e martire), diverse fabbriche ad uso dei monaci come le stanze di clausura, la cucina, il refettorio, il chiostro, la sala capitolare e soprattutto lo scriptorium, dove furono scritti e conservati per secoli preziose opere di carattere teologico e liturgico come Commentari, testi dei Vangeli e dei Padri della Chiesa scritti sia in greco che in latino. Tutta la struttura era difesa da imponenti mura perimetrali. Alla difesa fisica del complesso furono aggiunte anche immunità e prerogative giurisdizionali da parte sia del condottiero normanno che da sua nipote la contessa Emburga affinché il complesso monastico fosse indipendente sia da un punto di vista politico, religioso che economico. Quindi l’Abbazia divenne nei fatti una vera e propria baronia, una lucrosa azienda agricola di carattere feudale soggetta soltanto al Sovrano e al Papa e fu dedicata a Santa Maria Genitrice di Dio pare per voto del Guiscardo come ringraziamento per la riuscita della impresa di conquistare l’intera Calabria. Come già accennato le proprietà terriere della Abbazia erano vastissime, partivano da Sant’Eufemia e giungevano fino ai confini della Sila e compresero anche per un certo periodo il possesso feudale dei casali di Sambiase e Nicastro (quest’ultima solo per metà partendo dal Castello Normanno di cui ho parlato già nel n.60) e che saranno svincolate dalla giurisdizione abbaziale solo nel 1231 per opera dall’imperatore Federico II che in cambio dette ai Benedettini il porticciolo sito nell’attuale Nocera marina. I monaci sfruttarono al massimo le loro proprietà anche attraverso una cura costante dei terreni soggetti a periodiche bonifiche affinché fossero possibili la coltivazione intensive (grano, albero da frutta, viticultura e olicultura) e per l’allevamento e il pascolo di ovini, caprini, maiali a cui erano legati i diversi jius quali il pagamento di una tassa per la raccolta della legna, per la macellazione degli animali, per la raccolta dei frutti spontanei, ect. Tutto questo fu possibile grazie alla presenza di coloni che dall’Abbazia ricevevano sostentamento e protezione, soprattutto contro le continue incursioni dei Saraceni. Questo enorme potere economico creò non pochi contrasti di carattere giurisdizionale nel corso dei secoli soprattutto con le altre Abbazie vicine (S. Maria di Corazzo e S.S. Trinità di Mileto) con i vescovi (per il mantenimento e ampliamento della loro mensa vescovile) e i feudatari di Nicastro. Al massimo del suo splendore nella abbazia di Sant’Eufemia vi erano

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Sport: ARVALIA

ARVALIA: #DISTANTIMAUNITI La voglia di fare squadra, al di là di ogni competizione natatoria, traspare nitidamente dagli occhi del team della Arvalia Nuoto Lamezia. Giovani atleti e vari membri dello staff hanno, infatti, dimostrato il forte desiderio di esserci gli uni per gli altri, anche in questo momento di grande emergenza rappresentato dalla pandemia del Covid-19, attraverso la partecipazione alla campagna lanciata dal ministro per lo Sport e le Politiche Giovanili, Vincenzo Spadafora, e promossa da diverse eccellenze del mondo sportivo. Stretti tutti in un unico abbraccio virtuale, #DistantiMaUniti, con sorrisi che brillano di speranza, di coraggio e di quel forte desiderio di farcela a superare questa delicatissima fase, da veri sportivi che non si scoraggiano neppure nei momenti più bui, gli atleti e lo staff della piscina comunale “Salvatore Giudice” hanno voluto offrire il proprio contributo con un gesto simbolico, emblematico del forte spirito di gruppo che lega la società, ma rivolto un po’ a tutta Lamezia Terme, grande squadra che deve combattere col supporto di ciascuno di noi questa terribile battaglia, per uscirne vittoriosa. Perché è così che sarà. Lo si legge in quegli occhi sorridenti, un po’ malinconici, ma colorati di positività. In quegli occhi che guardano al futuro con speranza, in attesa di poter presto tramutare quell’abbraccio virtuale in uno reale.

100 monaci, molti dei quali divennero vescovi nelle diocesi siciliane. L’Abbazia politicamente fu sempre filo Normanna, poi fedele agli Svevi discendenti di Federico II e infine agli Aragonesi. Attorno al 1282 l’Abbazia però cambiò ordine religioso e al posto dei Benedettini subentrarono l’Ordine Militare di Malta col consenso papale. I Gioanniti resero l’Abbazia un semplice priorato e con loro iniziò la lenta decadenza di questa importante istituzione. Infatti venne meno l’aspetto spirituale mentre restava saldamente quello economico. Le grosse rendite annue che produceva l’Abbazia (i Benefizi) infatti facevano gola sia alla Santa Sede che ne percepiva un canone annuo (ogni 1 novembre, festa di Ognissanti) e sia ai diversi Balì (superiore dell’Ordine) che oltre al titolo e alla rendita (la commenda) non importava loro nulla della cura spirituale cosicché quasi nessuno mai risedette a Sant’Eufemia, delegando la gestione ordinaria ai Piori e sub affittando i terreni di proprietà della Abbazia a feudatari laici i quali sfruttarono il più possibile i coloni che vi lavoravano. Alla decadenza spirituale del complesso monastico dette il colpo di grazia il devastante terremoto del 1638 che rase al suolo l’intera struttura. L’ultimo Balì, il piemontese fra Signorino da Gattinara fondò per i coloni superstiti l’attuale frazione di Sant’Eufemia Vetere dove nella chiesuola dedicata a san Giovanni Battista (patrono dell’Ordine) fu traslata la reliquia di Sant’Eufemia, mentre gli arredi liturgici preziosi (paramenti sacri, calici, pissidi, Lamezia e non solo

messali, ect) e i manoscritti di cui ho parlato all’inizio di quest’articolo furono portati a Roma presso la Santa Sede o presso la sede centrale dell’Ordine sull’Isola di Malta e a Cipro e molto soprattutto rimase sepolto e oggi totalmente scomparso (pare vi fosse una cripta addetta appositamente alla conservazione dei preziosi). Dal 1638 in poi i ruderi furono preda della incuria generale, sommersi dalle frequenti piene del vicino fiume Bagni mentre le rendite derivanti dalle sue proprietà continuarono ad essere percepite dal Balì fino a quando, a causa del devastante terremoto del 1783, tutti i beni ecclesiastici furono riuniti nella Cassa Sacra istituzione voluta dai Borboni per raccogliere fondi per la ricostruzione post sismica – che vendette il patrimonio acquisito spesso a prezzi stracciati a poche famiglie facoltose del Nicastrese le quali continuarono a sfruttare i loro coloni fin quando il regime feudale non fu abolito dai francesi nel 1806. Dalla prima metà del XIX secolo in poi e fino agli inizi anni Duemila l’area della Abbazia fu di proprietà privata che ignorò completamente la presenza dell’importante sito storico fino a quando non fu acquistato dal Comune di Lamezia Terme che, grazie a fondi economici ad hoc, commissionò una campagna di scavi che fecero riemergere le mura perimetrali e parte dell’area presbiterale. Attualmente però, per ritardi di natura burocratica e diverse altre vicissitudini, ciò che resta visibile della Abbazia di Sant’Eufemia non è fruibile al grande pubblico.

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La parola alla Psicologa

ASPETTI PSICOLOGICI DELLO SMART WORKING di Valeria Saladino

AL TEMPO DELLA PANDEMIA

Già da diversi anni si parlava di implementare lo smart working nonostante lo scetticismo di alcuni, ma l’arrivo della pandemia ne ha reso obbligatorio l’utilizzo per molti. Mentre prima il lavoro in smart working poteva essere percepito come uno “stacco” dalla routine, durante il lock down è diventato parte integrante del “confinamento”, contribuendo a rendere i giorni tutti uguali tra loro e ad alimentare in alcune persone un crescente stato d’ansia. In poco tempo, ci siamo dovuti adattare a svolgere il nostro lavoro da casa e a rinunciare, almeno temporaneamente, alla nostra quotidianità lavorativa, caratterizzata anche dai contatti con i nostri colleghi. Molte persone che non lo avevano mai fatto prima si sono ritrovate sprovviste degli strumenti necessari ad affrontare una modalità diversa di lavoro, totalmente impreparati. Una formazione adeguata degli smart worker sarebbe stata la conditio sine qua non, ma il lock down ha cambiato in tempi rapidi le nostre vite impedendoci di organizzare al meglio le nostre attività. Sognavamo uno smart working nella nostra abitazione, anche confortevole, contrapposto a un fuori stancante e spesso anche lontano, ma ci siamo ritrovati confusi, senza orari e in isolamento. Ovviamente, anche la mancanza di attrezzature adeguate e l’allestimento di uno spazio working da casa ha certamente un peso notevole. Inoltre, probabilmente le aspettative che avevamo rispetto a questo modo agile di lavorare si sono rivelate molto di distanti dal reale. Lo sconvolgimento della routine, sia lavorativa che personale, ha richiesto da parte nostra maggiore flessibilità, accettazione, pazienza e gestione

dell’incertezza. La vita privata e casalinga è stata invasa dagli impegni di lavoro, dai meeting, dalle videochiamate e dalle lezioni virtuali, sconvolgendo le abitudini e togliendo tempo al riposo e allo svago. Alcuni elementi psicologici hanno sicuramente influenzato il nostro approccio. L’impegno emotivo e cognitivo legato allo smart working è notevole, comunicare con il nostro capo potendo dedurre dal suo viso pensieri e impressioni non è sicuramente paragonabile a capire di quale umore sia attraverso una telefonata. E così come chi aveva ansia da prestazione o paura di sbagliare e di doverlo dire, non viene sempre favorito dalla protezione della propria stanza perché l’uso di strumenti informatici comuni consente a tutti di vedere cosa stai facendo e il monitoraggio è continuo. Il luogo dove lavoriamo è anche carico di emozioni, sia positive che negative ma quando la sera lasciamo la nostra postazione, il nostro ufficio, formalmente quel tempo e quello spazio vengono chiusi e questo ci consente di dedicarci mentalmente ad altro. Per chi già prima faceva fatica a staccare dalle preoccupazioni legate al lavoro, lo smart working in tempo di pandemia ha reso questa situazione molto difficile da gestire: non c’è mai uno stop! I confini quindi non sono solo quelli dell’orario di lavoro, ma anche lo spazio fisico rappresentava una barriera importante nel confine tra lavoro e vita privata, tra casa e luogo di lavoro. Gli strumenti che

Testata Giornalistica Di tutto un po’ - lamezia e non solo anno 28°- n. 63 - giugno 2020 Iscrizione al Tribunale di Lamezia Terme dal 1993 n. 609/09 Rug. - 4/09 Reg. Stampa Direttore Responsabile: Antonio Perri Edito da: GRAFICHÈditore Perri Lamezia Terme - Via del Progresso, 200 Tel. 0968.21844 - e.mail. perri16@gmail.com Stampa: Michele Domenicano Allestimento: Peppino Serratore Redazione: Giuseppe Perri - Nella Fragale - Antonio Perri Progetto grafico&impaginazione: Grafiché Perri-0968.21844

Le iscrizioni, per i privati sono gratuite; così come sono gratuite le pubblicazioni di novelle, lettere, poesie, foto e quanto altro ci verrà inviato. Lamezia e non solo presso: Grafiché Perri - Via del Progresso, 200 -

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oggi dobbiamo utilizzare per interagire con colleghi, clienti, richiedono schemi di interazione differenti, che necessitano di un tempo di adattamento. Il tono della voce, lo sguardo, l’immagine filtrati da microfono e telecamera alterano il naturale corso della conversazione al quale siamo abituati. Il cervello viene sottoposto a stimoli differenti: i vari volti di una videochiamata di gruppo, le interruzioni causati dalle instabilità di connessione, e l’esposizione continua al proprio volto sembrano richiedere più concentrazione rispetto ad una naturale conversazione dal vivo. Stiamo imparando un nuovo modo di relazionarci, di comunicare, non solo di lavorare. L’utilizzo delle tecnologie facilità sicuramente il lavoro e i contatti con i colleghi, ma essere costantemente connessi e raggiungibili può portare molto stress nella nostra vita poiché la mente è costantemente stimolata. Infine, lavorare a distanza ci pone in uno stato di isolamento che a lungo andare risulta negativo per il nostro umore e per i rapporti sociali, con conseguente diminuzione della produttività.

88046 Lamezia Terme (Cz) oppure telefonare al numero 0968/21844. Per qualsiasi richiesta di pubblicazione, anche per telefono, è obbligatorio fornire i propri dati alla redazione, e verranno pubblicati a discrezione del richiedente il servizio. Le novelle o le poesie vanno presentate in cartelle dattiloscritte, non eccessivamente lunghe. Gli operatori commerciali o coloro che desiderano la pubblicità sulle pagine di questo giornale possono telefonare allo 0968.21844 per informazioni dettagliate. La direzione si riserva, a proprio insindacabile giudizio, il diritto di rifiutare di pubblicare le inserzioni o di modificarle, senza alterarne il messaggio, qualora dovessero ritenerle lesive per la società. La direzione si dichiara non responsabile delle conseguenze derivanti dalle inserzioni pubblicate e dichiara invece responsabili gli inserzionisti stessi che dovranno rifondere i danni eventualmente causati per violazione di diritti, dichiarazioni malevoli o altro. Il materiale inviato non verrà restituito.

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