Lameziaenonsolo ottobre 2018

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Via del Progresso -

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LUIGINO MAZZEI DAL “CODICE DI IMPULSI INFORMATIVI” DI ARISTOTELE ALL’EDITING DEL GENOMA

Ultimo libro pubblicato LUIGINO MAZZEI

Dal “Codice di Impulsi Informativi” di Aristotele all’editing del Genoma Con l’innovazione tecnologica e l’ingegneria genomica per realizzare la sostenibilità.

Gli straordinari progressi fatti nel campo della biologia molecolare e della ingegneria genomica dagli anni quaranta del XX secolo fino ai nostri giorni aprono entusiasmanti probabilità nel campo della salute umana, in quello ambientale, agricolo e bioindustriale. Al tempo stesso sollevano inquietudini e preoccupanti interrogativi di natura etica, a cui non ci si può sottrarre, perché riguardano il futuro di ogni essere umano. Con lo studio si ripercorrono le tappe del progresso scientifico da Aristotele a Darwin, da Scrödingher a Watson, Crick e Rosalind Franklin, dal capitolo nero della Scienza sulle agghiaccianti derive eugenetiche e al genocidio praticato dai medici nazisti, al Genoma Umano e all’Editing Genetico fino alla macchina molecolare CRISPRCas9 ed alle relative implicazioni di natura etica. Nell’ultimo capitolo vengono sviluppate le potenzialità di CRISPR in campo medico e in quello ambientale, con il suo realistico contributo alla nuova rivoluzione: la sostenibilità.

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in libreria a novembre

Anna Veraldi

La storia della foglia

Camilla pag. 2

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Lameziaenonsolo incontra

Donatella Bertucci La mia arte è moda: dipingo la silhouette come fosse un quadro...

Una sfilata per celebrare i 30 anni di carriera della stilista e imprenditrice lametina Donatella Bertucci. Parterre delle grandi occasione al THotel per una serata all’insegna dell’eleganza e della raffinatezza. E un testimonial d’eccezione, l’attore Giulio Berruti. Nella sala gremita, uno spazio scenico progetto ad hoc con una passerella illuminata che ospita, al centro, la griffe della stilista “DB”, Donatella Bertucci. In una atmosfera glamour e rarefatta, una voce fuori campo annuncia l’inizio della sfilata sulle note di Barry White. Femminilità. È questo l’imperativo della collezione “DB” per donne chic e seducenti con una punta di fascino retrò, grintose e romantiche capaci di esprimere la loro sensualità. Raffinati capispalla con cappottini avvitati e giacche in eco-fur impreziosite da dettagli di luce indossati su pantaloni skinny o jeans a zampa. Deliziosi miniabiti, tailleur audaci e caldi maglioncini corti su ampie gonne in tulle con pois ton sur ton. E poi i soffici volumi degli abiti lunghi con pizzi, tulle, chiffon illuminati da ricami floreali, paillette e piume. E ancora gli abiti tailor made, su misura, della linea “Solo mio”. Morbidi velluti, pizzi intriganti, plumetis e

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impalpabili organze con applicazioni floreali a rilievo che richiamano figure botticelliane in una palette cromatica che va dal bianco pentelico al nero brillante al rosa cipria fino al red passion. Capi unici che scivo-

lano morbidi come pepli esaltando il punto vita con sottili cinture scintillanti o strutturati a disegnare la silhouette. Décolleté in risalto e l’allure nude look di corpetti che lasciano intravvedere sensuali balconette

rigorosamente total black. Anche le calzature rispondono alle esigenze di questa donna “non convenzionale” che ama sperimentare e sbizzarrirsi con vertiginosi tacchi choc, vezzosi sandali con plumage che fanno tanto Parigi o scarponcini flat per un look bon ton che richiama, in alcune mise, le fantasie dell’infanzia. E cosa dire degli accessori? Cappelli a secchiello, guanti, manicotti e scaldacollo, borse glitterate o in eco-fur in versione zainetto, pochette e tracollina. Un sapiente mix di arte e moda portato in passerella da otto splendide modelle con intermezzi di danza contemporanea magistralmente eseguiti dal ballerino Riccardo Zaccanelli della Compagnia “Artemis Danza” di Parma. Per il finale in passerella la stessa stilista Donatella Bertucci in una sensuale petite robe noire in velluto di seta con scollo a cuore accompagnata dal famoso attore Giulio Berruti, interprete di tante fiction e film di successo. Abbiamo incontrato Donatella Bertucci. Studi classici, una Laurea di Stilista di Moda conseguita nella selettiva Accademia di Costume e Moda di Piazza Navona a Roma e poi, negli Anni ’80, dopo tante collaborazioni con diverse maison di moda la Linea “Donatella Bertucci” che si

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ritaglia uno spazio dedicato nei locali del grande negozio di famiglia ottenendo, fin dall’inizio, un grande successo. Nel 2012 la svolta, con la creazione di una azienda tutta sua e l’apertura di una elegante boutique sul corso principale della città che diventa un punto di riferimento per lo shopping di classe proponendo outfit originali e raffinati adatti per ogni occasione. Donatella quando hai capito che saresti diventata una stilista?

in qualsiasi città italiana certamente più stimolante dal punto di vista delle opportunità in campo professionale, invece sei tornata in Calabria, nella tua città natale, lontana dai circuiti del fashion business e non solo hai portato la tua arte ma hai creato una tua azienda diventando imprenditrice di te stessa. Perché questa scelta? Ho capito che se credi nel tuo lavoro puoi farlo ovunque e, soprattutto, nella tua terra perché ne nasce una valorizzazione reciproca. La mia è

La tua boutique è un piccolo gioiello di classe ed eleganza dove si viene accolte sempre con cortesia e gentilezza. Chi è la donna che sceglie lo stile “DB Boutique”? Tutte le donne sono benvenute nella mia boutique. Le donne entrano curiose ed escono col sorriso magari soltanto per il piacere di aver trovato un accessorio particolare, un bijoux, una borsa… Ci sono teenager e giovani donne e non tutte indossano la

Da adolescente, quando mi divertivo a creare abiti disegnandoli su me stessa. Dopo gli studi classici, ti sei laureata a Roma nell’esclusiva Accademia di Costume e Moda di Piazza Navona. Quali sono state le difficoltà che hai dovuto affrontare e superare all’inizio del tuo lavoro? In realtà mi sono inserita da subito grazie al mio carattere e all’incoraggiamento delle persone che hanno creduto in me. Anche i mie docenti dell’Accademia mi hanno sempre spinta a continuare e a coltivare questa passione - che poi sarebbe diventata il mio lavoro - forse per la mia capacità di interpretare le mie creazioni con sobrietà e con uno stile molto personale. Avresti potuto scegliere di lavorare

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stata una scelta consapevole, magari controcorrente e comunque dettata dalla convinzione che il mio modello imprenditoriale e il mio lavoro, svolto con qualità e professionalità, avrebbero sicuramente impresso una sollecitazione positiva dando lustro a tutta la Calabria.

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taglia 40. Ma noi riusciamo a soddisfare anche le aspettative delle donne che hanno forme più “generose” consigliandole e facendole sentire sempre belle. Il mio lavoro di stilista non si limita a “disegnare” abiti ma anche ad aiutare le mie clienti a scegliere l’abito giusto che sia in grado

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di valorizzarle. La gioia più grande è quando ritornano in boutique soddisfatte dei complimenti ricevuti e del successo riscosso. La tua griffe “DB” coabita in perfetta armonia con altri brand di moda di grande tendenza. Quali sono i criteri che adotti per scegliere le collezioni? Il mio intuito creativo. Un tessuto, un

alla scelta dei tessuti e dei colori. Questo rivela una raffinata sensibilità culturale abbinata a specifiche competenze tecniche. Quali sono le sensazioni che ti deve trasmettere un tessuto? E i colori che ami di più? In una collezione il tessuto deve essere il protagonista assoluto perché è quello che riveste il corpo femminile e quindi deve coniugare bellezza e comfort. Ho sempre riservato una cura particolare alla scelta di tessuti

attingo alle nuance pastello creando look femminili in cui fanno capolino particolari delicati e discreti. Come deve essere la donna che indossa un tuo abito? Bellissima. Se non lo è lo può diventare. Accanto al pret-à-porter, con una intuizione felicissima, hai creato una linea di Alta Moda esclusiva e dal nome intrigante “Solo mio” che racchiude in sé il desiderio di ogni donna. Esatto. Il mio obiettivo era proprio questo: una linea di capi esclusivi di fattura sartoriale per realizzare il sogno di ogni donna. Ogni abito è un capo unico, creato su misura, in grado di esaltare e valorizzare la donna che lo acquista e lo indossa suscitando un forte senso di identità e di “possesso” oltre alla gioia di poter dire “Questo abito è solo mio!”.

colore, un modello mi devono trasmettere delle sensazioni immediate. Non mi soffermo mai a ragionare, pensare, valutare. Mi lascio guidare solo dal mio intuito. E finora credo di aver fatto delle ottime scelte. Ritornando alla tua griffe “DB”, tu riservi una particolare attenzione

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preziosi e pregiati come la seta, impalpabili come il plumetis e l’organza, morbidi e avvolgenti come il velluto capaci di esaltare le forme femminili. I colori li amo tutti. Mi piace giocare con i colori caldi, accesi, vivaci che trasmettono gioia e vitalità ma ci sono momenti in cui si ha voglia di tenerezza, di romanticismo e allora

Cos’è l’eleganza per Donatella Bertucci? L’eleganza è bellezza. Quale capo non dovrebbe mai mancare nell’armadio di una donna? Un abito nero dal tocco particolare, di forte immagine e grande sensualità. A volte c’è tutto ma manca quel must have che fa la differenza.

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C’è un dress code che si dovrebbe sempre rispettare? Sì. Mai indossare ciò che rasenta la volgarità e l’ostentazione. Bisogna avere sempre rispetto per il proprio corpo. C’è qualche grande couturier del passato a cui ti sei mai ispirata? Dior per la creatività e Armani per la classe e la sobrietà.

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Quando si realizza una collezione entrano in gioco la creatività e l’originalità. Qual è l’idea fondante di questa collezione 2018.2019? In questo preciso momento storico in cui si avverte una generale tendenza all’omologazione ho sentito la necessità di un ritorno ad una estetica della bellezza. Sono creazioni che esprimono delicatezza ma anche forte personalità, per una donna che ama distinguersi pur rimanendo radicata nel proprio tempo. E comunque ciò

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che sta alla base delle mie collezioni è la capacità di interpretare i capi in chiave sempre inedita mantenendo uno stile fortemente femminile. Per ogni stagione ci sono dei mood e delle ispirazioni differenti ma il leitmotiv è e rimane la cura del “particolare”, del dettaglio unico e inconfondibile. In una mia collezione il particolare non può e non deve mancare altrimenti non sarebbe una collezione firmata “DB”.

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Spettacolo

Conferita la Cittadinanza Onoraria di Oppido Mamertina al produttore e scrittore Ruggero Pegna

L’amministrazione Comunale di Oppido Mamertina, facente parte della Città Metropolitana di Reggio Calabria con deliberazione del Consiglio comunale su proposta del sindaco dottor Domenico Giannetta, ha oggi conferito la Cittadinanza Onoraria al produttore e scrittore Ruggero Pegna. La cerimonia di conferimento si è tenuta questa mattina durante il Consiglio Comunale convocato nella storica Residenza Municipale. Dopo la lettura di un lungo elenco di dati biografici da parte del presidente del Consiglio comunale, Vincenzo Frisina, relativi alle varie attività del promoter, molte delle quali rivolte alla promozione della Calabria, dalla Cultura e di temi socio-umanitari, il Sindaco ha letto la motivazione impressa sulla pergamena del conferimento: “A Ruggero Pegna che, orgoglioso delle sue origini oppidesi, attraverso la sua poliedrica attività nel mondo dello spettacolo, della musica e della cultura, dà lustro alla nostra terra”. Pegna, nella sua attività ultratrentennale di promoter e produttore, ha spaziato dalla produzione di grandi eventi, anche televisivi e internazionali come “la Sera dei Miracoli” per Rai1 al Porto di Gioia Tauro, “La Notte degli Angeli” dedicata a Natuzza Evolo per Rai International a Paravati, il “Tributo a Gianni Versace” con Elton John per Rai2 e Rai International a Reggio Calabria, l’ “Omaggio a Mia Martini” per Rai2 a Lamezia Terme, il “Ponte fra le stelle” per Rai1 a Cosenza, dedicato ai bambini vittime delle violenza, della criminalità e del terrorismo, a centinaia di altri eventi e spettacoli di ogni genere, molti dei quali inseriti nel suo festival storicizzato “Fatti di Musica”. Durante la cerimonia sono state ricordate anche le numerose pubblicazioni che Pegna ha voluto donare alla Biblioteca

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di Oppido, dalle prime raccolte di poesia (“Aspettando la Luna” e “Le Gocce e il paradiso” - Calabria Letteraria di Rubbettino-), al volume di satira “La Pecora è pazza” (Calabria Letteraria), fino ai noti romanzi “Miracolo d’Amore” e “La Penna di Donney” pubblicati da Rubbettino e l’ultimo “Il cacciatore di meduse” , pubblicato da Falco, storia di un piccolo migrante somalo e dei suoi amici miseri e immigrati di tutto il mondo, dedicato alla lotta contro ogni forma di razzismo, per il rispetto di tutte le diversità, vincitore di numerosi riconoscimenti e inserito dalla World Social Agenda tra i 13 libri di sempre consigliati alle scuole sul tema “Migranti e Diritto al futuro”. Dopo la consegna della pergamena, Pegna ha ricordato commosso le origini paterne, legate proprio a Tresilico di Oppido, sottolineando le straordinarie qualità di questa comunità, basate sul culto dell’accoglienza, sull’affetto e sulla grande devozione alla Madonna SS. delle Grazie, apparsa tra il 1835 e il 1837 all’oppidese Rosa Vorluni e venerata nello storico Santuario. Il promoter ha anche sottolineato le bellezze paesaggistiche in cui è immersa Oppido e l’enorme patrimonio storico monumentale e culturale, meritevole di maggiore attenzione e valorizzazione, a cominciare dalla splendida Cattedrale, sede della Diocesi, a numerosi palazzi Signorili, dal Museo Diocesano, ricco di reperti eccezionali, fino alla maestosa Piazza Umberto, tra le più grandi e suggestive della Calabria. Dopo il ricevimento della Cittadinanza, Pegna ha visitato il nuovo “Museo del Traforo”, situato a pochi metri dalla Cattedrale, insieme all’artista Gennaro Repole, anch’egli insignito della Cittadinanza Onoraria, che ha voluto donare le sue straordinarie e uniche Opere apprezzate in tutto il mondo proprio alla Città di Oppido Mamertina.

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inchiostri d’autore

Dal “Codice di impulsi informativi” di Aristotele all’Editing del Genoma

LUIGINO MAZZEI DAL “CODICE DI IMPULSI INFORMATIVI” DI ARISTOTELE ALL’EDITING DEL GENOMA

Inchiostri d’autore è un’avventura cominciata nemmeno un paio di anni fa, quando decidemmo di stampare libri come editori e non come tipografia, una bella avventura che vede i nostri incontri sempre molto seguiti, e la cosa non può che farci piacere. Nel mese di ottobre sono state bel tre le presentazioni, la seconda è stata quella del libro di Luigino Mazzei, “Dal “Codice di impulsi informativi” di Aristotele all’Editing del Genoma”, un libro diverso da quelli stampati fino ad ora, sia come tipografia che come casa editrice, un libro interessantissimo che tratta una materia apparentemente ostica ma che si legge come fosse un romanzo tanto ti prende e ti avvince fin dalle prime pagine.

LUIGINO MAZZEI

Dal “Codice di Impulsi Informativi” di Aristotele all’editing del Genoma Con l’innovazione tecnologica e l’ingegneria genomica per realizzare la sostenibilità.

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E’ un viaggio nel tempo questo libro che Luigino Mazzei ha scritto, “per amore, con amore”, in quanto, come egli stesso spiega nella prefazione, si è innamorato dell’argomento e lo ha studiato, approfondito, sviscerato, documentandosi, leggendo, partecipando ad incontri, convegni, e, negli anni, ha preso appunti, ha scritto, poi ha letto e riletto i suoi stessi scritti, li ha confrontati ed il risultato è il libro che è stato questo splendido libro appena stampato.

Gli straordinari progressi fatti nel campo della biologia molecolare e della ingegneria genomica dagli anni quaranta del XX secolo fino ai nostri giorni aprono entusiasmanti probabilità nel campo della salute umana, in quello ambientale, agricolo e bioindustriale. Al tempo stesso sollevano inquietudini e preoccupanti interrogativi di natura etica, a cui non ci si può sottrarre, perché riguardano il futuro di ogni essere umano. Con lo studio si ripercorrono le tappe del progresso scientifico da Aristotele a Darwin, da Scrödingher a Watson, Crick e Rosalind Franklin, dal capitolo nero della Scienza sulle agghiaccianti derive eugenetiche e al genocidio praticato dai medici nazisti, al Genoma Umano e all’Editing Genetico fino alla macchina molecolare CRISPRCas9 ed alle relative implicazioni di natura etica. Nell’ultimo capitolo vengono sviluppate le potenzialità di CRISPR in campo medico e in quello ambientale, con il suo realistico contributo alla nuova rivoluzione: la sostenibilità.

Sfogliandolo si percepisce la profonda conoscenza che Luigino Mazzei ha della materia e il suo tentare di rendere un argomento “difficile”, facile da leggere per tutti. Egli ci prende per mano e ci porta in questo meraviglioso mondo di alleli, di cellule staminali, embrionali, di clonazione, dna, enzimi, dita di zinco. Ma anche nel mondo della terribile igiene razziale hitleriana, o della stupefacente guarigione di Hassan, un bimbo di sette anni, chiamato “bimbo farfalla”, perché la sua pelle in seguito ad una grave patologia, era diventata leggera, come le ali di una farfalla e si sfaldava, guarito proprio grazie ad un processo di correzione genetica. Nel 2016 Hassan fu dimesso e ora sta bene e fa la vita di tutti i bambini della sua età, gioca, va a scuola, insomma vive! L’editing del genoma è molto importante per assicurare un futuro migliore ma solleva interrogativi di carattere etico che vanno studiati e superati se si vuole davvero migliorare. GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

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C’è ancora molta incertezza e poca informazione sull’argomento. La maggiore preoccupazione è rappresentata dall’uso di applicazioni, nelle nazioni in cui è consentito, non sicure sia nell’ambito medico, sia in quello ambientale che in quello vegetale. La tecnologia CRISPR, (acronimo di Clustered Regulary Interspaced Short Palindromic Repeat, in italiano: brevi ripetizioni palindrome raggruppate e separate a intervalli regolari) è caratterizzata da elevata potenzialità e molteplicità di interventi infatti con essa è possibile attuare con successo una sostituzione o una riparazione in contemporanea di più geni in animali, vegetali e cellule umane,qualcosa di stupefacente quindi, che potrebbe aprile le porte alla cura per molte malattie, permettendoci di sconfiggerle. Il risvolto della medaglia è rappresentato dai tentativi di sperimentazioni particolarmente pericolose che niente hanno a che vedere con la vera scienza come il “doping genetico” per quanto riguarda l’uomo. Purtroppo c’è sempre chi tenta di sfruttare la scienza per scopi di lucro e non a fin di bene ma il progresso non può fermarsi per questo! Sempre riguardo alle possibili incomprensioni sull’uso dell’editing del genoma, in agricoltura, per esempio, c’è confusione, o si gioca su questo, fra Organismi Geneticamente Modificati ed Organismi Geneticamente Migliorati che sono quelli che si ottengono con l’editing del genoma. La confusione c’è e c’è anche chi, come in tutto, ne approfitta per trarne utili personali senza tenere conto di quello che è il bene comune, si pensa, anche in questo importante settore, all’io e non al noi. Questo libro stupisce per il mondo che disvela ma fa capire anche l’importanza della ricerca e come bisogna sostenerla ed aiutarla proprio perchè si possa, per le generazioni future, sperare in un mondo dove le malattie possono essere sconfitte, per tutti, perchè una vita sana è un diritto di tutti! Io ringrazio Luigino Mazzei non solo per avere scelto noi per stampare il libro ma perchè questo libro mi ha aperto, ovviamente in modo parziale, gli occhi su un mondo, per me, fino ad ora sconosciuto

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Istruzione

Peppe Millanta: lo scrittore che sa parlare ai bambini Lunedì 8 Ottobre, ore 10:30, Aula Magna dell’Istituto Comprensivo di S. Eufemia L. : gli occhi dei bambini delle classi Quarte e Quinte comunicano l’attesa e la curiosità per un incontro speciale. Aspettano lo scrittore Peppe Millanta, autore di “Vinpeel degli orizzonti”, sua opera prima, ormai pluripremiata in tutt’Italia. Il volume, edito dalla NEO. Edizioni, già letto da qualche alunno, attira l’attenzione con quella sua copertina in cui volteggiano lievi le mongolfiere e i loro sguardi inseguono già fanta-

chitarra e una grossa conchiglia. La Dirigente Scolastica Fiorella Careri introduce il giovane autore e, dopo aver sottolineato come l’incontro si inserisca nelle attività e nei laboratori del Progetto Lettura, si sofferma sulla qualità e sulla facile leggibilità della sua scrittura, su quanto essa sia densa di contenuti e messaggi importanti su cui è bene riflettere fin da piccoli per rendere più ricco il proprio percorso formativo. Da quel momento la curiosità dei bambini, in libera ascesa, incontra la capacità

sie, chiedendosi quali siano gli orizzonti cui il titolo rimanda. Un sottile brusio di voci accoglie l’arrivo di Peppe Millanta (chiaramente uno pseudonimo). Egli, accompagnato dalla blogger Ippolita Luzzo che fin dall’inizio ne ha apprezzato il lavoro invitandolo( di concerto con Mondadori, BookClub, Lector in Fabula) a Lamezia Terme, porta con sé la sua

dell’autore di riscoprirsi bambino e di raccontarsi e raccontare ad essi i suoi sogni e le sue storie senza annoiarli, perché lui sa che “ i bambini si annoiano alle presentazioni dove si parla solo del libro per invitare a leggerlo”. Millanta sa come catturarne l’attenzione: offre loro la grossa conchiglia e li invita ad accostarla all’orecchio e ad ascoltare in essa il

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rumore del mare, ma facendo attenzione a non sovrapporre ad esso il rumore delle proprie voci. Il silenzio è incredibile. Si passano, senza fiatare, la conchiglia, ostentando grande partecipazione. Un po’ come Ned Bundy, il papà di Vinpeel, il protagonista del suo romanzo, ascoltano il mare e noi adulti, con le parole congelate in bocca, ascoltiamo i loro respiri. A Dinterbild, il luogo-non luogo del suo libro, una piccola comunità sospesa nel tempo, dove tutti vorremmo abitare, “ Quelle che Bundy collezionava non erano conchiglie, ma il rumore del mare che avevano dentro. Le storie che portavano. (…) Ogni conchiglia, quando viene tirata fuori dall’acqua trascina il rumore del mare che sta lasciando. Basta una piccola goccia al suo interno e la conchiglia continuerà a raccontare di quel mare per sempre(…) Ogni giorno del mondo aveva il suo mare, e ogni giorno del mare la sua conchiglia, e ogni conchiglia, dentro, aveva la sua storia.. A patto di saperla ascoltare”. E Millanta che sa ascoltare il ritmo che pulsa nei cuori infantili, che sa essere bambino (al punto da giocare ironicamente col suo nome adottandone uno nuovo e vivendolo dentro come si fa con un altro se stesso, con un amico immaginario che gli ha preso un po’ la mano), li coinvolge in un percorso giocoso e affascinante sui sentieri delle emozioni, dei sentimenti che, a volte, loro ( ma anche gli adulti)

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hanno difficoltà ad esprimere. Quegli stessi sentimenti – spiega semplicemente l’autore- sono quelli su cui si costruiscono le storie che poi vengono classificate in generi letterari, a seconda della predominanza dell’uno o dell’altro nella struttura narrativa. E i bambini, sollecitati in un divertente gioco delle parti, indicano le emozioni, i sentimenti e li collegano ai generi ( drammatico, commedia, horror, giallo ecc.) e , operando per gruppi, organizzano un finale diverso per ciascuna tipologia, destrutturando e ricostruendo, in forma originale, quello di una fiaba classica che tutti conoscono. E’ laboratorio creativo di scrittura, strategia metodologica, capacità di leggere l’animo infantile e interagire con i suoi piccoli e attentissimi lettori, conducendoli nei territori della fantasia e dell’immaginazione, in modo naturale; coinvolgendoli nella magia della narrazione e dell’incanto. Non a caso , a Pescara

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ha fondato la “Scuola Macondo”Officina delle storie. E finalmente Millanta ritorna al suo libro, ai suoi personaggi ( ma se ne era mai allontanato?) e alla disponibilità all’ascolto e alla simpatia già conquistatesi presso il suo giovanissimo pubblico;

gnificativi. Ora i bambini sanno che il suo libro è veramente divertente: nessuno dovrà convincerli, perché Millanta è uno scrittore che sa parlare ai Bambini. E non è cosa da poco! Infine, tante domande, una dietro l’altra, dando sfogo ciascuno alle residue

incanta descrivendo e raccontando l’intorno del libro e suoi personaggi per poi entrare nella dimensione teatrale della lettura di alcuni passi si-

curiosità inappagate per poi lasciarsi cullare, come solo il mare e la musica sanno fare, dal suono della sua chitarra e dalla splendida canzone “ Grazie alla vita”(Gracias a la Vida, portata al successo dalla cantante cilena Mercedes Sosa): un inno alla vita, un augurio alla loro crescita gioiosa, in un mondo futuro che sappia dare spazio ai sogni, per scorgere, oltre i confini dell’orizzonte, quell’Altrove in cui riafferrare quell’attimo di felicità che ad ognuno può, inavvertitamente, sfuggire.

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Spettacolo

Presenze record al Centro Commerciale Due Mari per la decima edizione del Lamezia Comics & Co. e per il primo weekend del “superheroes show” Si è conclusa ieri, domenica 16 settembre, la X edizione del Lamezia Comics & Co..., il più importante appuntamento della regione Calabria nell’ambito dei fumetti, dell’animazione, dei giochi di ruolo e da tavolo, dei videogiochi e del fantasy, che quest’anno ha avuto un vero boom di visitatori registrando nelle 3 giornate di evento ben oltre 25.000 ingressi. Un’edizione che resterà nella storia e che ha portato cambiamenti importanti, non solo per la nuova location, ma anche in termini di dimensioni: 3200 mq. di fiera, nr. 50 espositori tra fumettisti, autori, associazioni ed operatori del settore, centinaia di partecipanti ai tornei e ben oltre 40 i partecipanti ai contest organizzati. Una tre giorni in cui visitatori, organizzatori, autori, espositori si sono lasciati travolgere dalla fantasia, anche grazie alla presenza di tanti cosplayer con i costumi da loro stessi creati e ispirati a personaggi dei fumetti, dei videogiochi, dei film e delle serie tv più amate. Ad aggiudicarsi il premio come Miglior Cosplay Assoluto di questa decima edizione è stato il gruppo che ha interpretato “Alice in Wonderland”, mentre il premio simpatia è andato alla piccola Gaia Falvo con la sua “Pollon”. Danila Gravina con “Camilla la vampira” è risultato il migliore cosplay femminile mentre il miglior cosplay maschile è stato quello Tanya Panagia con la sua interpretazione di “Link” personaggio tratto da The legend of Zelda. Il premio Fiorella Folino, miglior artista emergente, che quest’anno ha avuto come tema il simbolo del

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Lamezia Comics la “sirena Ligea”, è andato a Ferdinando De Sarro. Più che soddisfatti gli organizzatori dell’Associazione Attivamente che già venerdì, vista la folla che attendeva l’apertura della fiera, erano visibilmente emozionati ed euforici. “Non posso nascondere l’iniziale timore e le preoccupazioni legate al cambio di location e ad un’organizzazione del tutto nuova, partita tra l’altro in ritardo rispetto al solito, ma i risultati raggiunti con questa edizione hanno abbondantemente ripagato tutti gli sforzi e le fatiche. Sono stati 3 giorni indimenticabili e il calore del pubblico e le soddisfazioni degli espositori ne sono la chiara dimostrazione” – queste le parole di Angelo Grandinetti – Presidente dell’Associazione Attivamente. Tanto divertimento anche all’interno della struttura “Due Mari” con il “superheroes show” che con le statue life size dei supereroi Marvel e Dc e con i live show acrobatici degli stunt man in vesti di super eroi hanno estasiato il pubblico dei più piccoli e non solo. Oltre 60.000 le presenze registrate nel weeekend con un picco di oltre 25.000 ingressi solo nella giornata di domenica. “Sapevamo che questo connubio tra il “Lamezia Comics & Co” e il nostro “superheroes show” avrebbe trasformato il Centro Commerciale Due Mari in un polo del divertimento e siamo molto contenti di aver offerto dei momenti di aggregazione e di gioco alle famiglie”, queste le parole del managment del Centro Commerciale Due Mari.

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Associazionismo

Attivamente

L’Associazione Culturale al festival culturale de “I giardini delle Esperidi” a Zagarise A distanza di sole due settimane dal successo della decima edizione del “Lamezia Comics & Co…”, l’Associazione Culturale Attivamente, organizzatrice della manifestazione, è già all’opera con la sua attività di promozione ludicoculturale in Calabria. Lo spostamento dal Chiostro San Domenico di Lamezia Terme agli spazi fieristici antistanti il Centro Commerciale “Due Mari” non ha scoraggiato i tanti appassionati che hanno preso d’assalto la prima grande manifestazione del fumetto in Calabria con ben oltre 25.000 presenze totalizzate durante le tre giorni. Soddisfatta di questo importante risultato, l’Associazione Culturale Attivamente riparte alla grande continuando a costruire reti

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nel territorio. Il 27 settembre, infatti, sarà presente al Festival culturale de “I giardini delle Esperidi” che, dal 27 al 30 settembre 2018, vedrà teatro, escursioni, letteratura, storie di accoglienza e ospitalità, gastronomia, musica e arte in tutte le sue forme, in un viaggio itinerante tra i paesi di Zagarise, Sersale, Taverna e il Parco Nazionale della Sila. Tra i racconti di una Calabria che cambia e si evolve, vi è, quindi, anche la storia di un gruppo di ragazzi che oggi fanno parte di “Attivamente” e che, poiché grandi sognatori, si fanno spazio e portano avanti, in una terra difficile e probabilmente avversa al mondo fantastico che essi cercano di raccontare, progetti ambiziosi come

quello del “Lamezia Comics & Co …”, la cui prossima edizione prevista dal 13 al 15 settembre 2019 è già in cantiere. I ragazzi dell’Associazione Culturale Attivamente si racconteranno e racconteranno al pubblico de “I giardini delle Esperidi”, la propria storia, la storia di quell’esperienza che li porta insieme a spendersi per il proprio territorio e a dar vita ad una fiera correlata al mondo del cinema, del fumetto, del disegno, del manga, dell’anime e del cosplay. L’ appuntamento è quindi alle ore 11.00 del 27 settembre al Museo Marz di Zagarise, in un suggestivo Festival che propone la riscoperta dei luoghi e le esperienze culturali che in essi nascono.

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politica

La montagna ha partorito il topolone In occasione della sua prima vera prova di governo, la montagna (l’esecutivo giallo-verde) ha partorito non il solito, innocuo, topolino, ma un grosso, pericoloso, topolone (il NoDef = Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza) Vediamo perché si tratta di un topolone, grosso e pericoloso. Il topolone, pardon il Def, è costituito da un cospicuo ammontare di spese, per lo più correnti, da una parte, e da entrate, o coperture, dall’altra, che sono rappresentate, per due terzi, da debiti e da un condono fiscale. Si fa presto ad enumerare le spese: 12,5-miliardi per disinnescare l’aumento dell’IVA; 10-miliardi per il cosiddetto reddito di cittadinanza (in realtà un’ampia distribuzione di mance); 7/8-miliardi per disintegrare parte della cosiddetta legge Fornero; 4/5-miliardi per spese indifferibili (missioni militari all’estero) e l’aumentata spesa per gli interessi in seguito a rialzo dello spread; 2,5-miliardi per ampliare la flat-tax sugli autonomi e tagliare al 15% l’IRES sugli utili re-investiti. Bisogna, inoltre, aggiungere: l’aumento delle pensioni minime a 780 euro; il fondo per risarcire i risparmiatori coinvolti nelle crisi bancarie ed eventuali, altri ammennicoli. Un bel malloppo di spese, non c’è che dire, di circa 40-miliardi. Anche redigere la lista delle entrate (coperture!!) è molto semplice. I due pilastri sono costituiti da 27/30 miliardi di debiti, che derivano dall’aumento del rapporto deficit/pil dallo 0,8% tendenziale (fissato dal precedente governo) al 2,4% (triennale) fissato dai Dioscuri, Di Maio-Salvini; e da 5 miliardi (??) che dovrebbero sgorgare dal condono fiscale (pudicamente chiamato pace fiscale). Ed inoltre: 3-4 miliardi rastrellati facendo ricorso alla spending-review con tagli ai ministeri e alle tax ex-penditueres; altri miliardi arraffati tramite il preannunciato taglio delle pensioni che si collocano al di sopra dei 4.500 euro, nonchè le entrate che potranno derivare dalla gara in corso sulla telefonia 5G ed altre ancora provenienti da varie ed eventuali. Dopo aver letto la lista delle entrate e delle uscite viene in mente una serie di domande. 1.ritoccare la legge Fornero? Non è un azzardo? Non si rischia di compromettere la sostenibilità dei conti e del bilancio dell’ INPS causandone l’implosione? Il suo presidente, Tito Boeri, non lo ricorda a questi governanti un giorno si e l’altro pure? 2.porre l’asticella al 2,4% accumulando debiti? Non si corre il rischio di avere un debito pubblico in continua crescita, diventare un Paese sempre meno affidabile, di cui gli investitori non comprano più i titoli di stato, e fare la fine di una repubblica delle banane (Argentina, Venezuela….) che passa da un default (fallimento) all’altro? A questo proposito è autorevolmente intervenuto anche il Presidente Mattarella per ricordare, innanzitutto ai Dioscuri, che la Costituzione prescrive il pareggio di bilancio ed il pag. 14

contenimento del debito; 3.pace fiscale? Non è un condono che favorisce i ricchi evasori a danno dei poveri e di chi le tasse le paga? Succulenta manovra per il popolo, direbbe Luigi Di Maio, che elimina la povertà dei... ricchi... 4.spese per investimenti produttivi a carattere strutturale? Nisba…..Non se ne vede nemmeno l’ombra; 5.provvedimenti a favore del Meridione? Esiste il Meridione per il governo giallo-verde? Che cosa è il Meridione per i penta-stellati se non un serbatoio di raccolta di voti...? E per i leghisti, se non un’area periferica abitata da esseri umani un po’ al di sopra dei “negri” africani? Si potrebbe continuare all’infinito con la lista delle domande. Dico solo che l’impianto di questo Def rischia non solo di mandare a farsi fottere il governo (e non me ne dispiacerebbe affatto), ma con esso anche l’Italia. Ed assistere al declino del mio Paese, che va sempre più a ramengo per responsabilità e colpa di un governo di sovranisti/populisti, analfabeti ed incompetenti, mi fa piangere sinceramente il cuore. Un’ultima considerazione riguarda quel povero cristo di Giovanni Tria, la foglia di fico dietro cui tentano pudicamente di nascondersi Di Maio e Salvini, i veri autori del documento di economia e finanza... Cosa continua a farci al ministero dell’economia se tutto l’impianto del Def, che aveva predisposto, è stato gettato nel cassonetto e sostituito con un altro che i Dioscuri stavano preparando, in disparte e a sua insaputa, con obiettivi affatto diversi da quelli del ministro dell’economia mentre lui rilasciava interviste dicendo di voler fissare il rapporto deficit/pil al 1,8%? Con quale faccia e coraggio si recherà, di volta in volta, a Bruxelles per illustrare e difendere, in sede europea, i contenuti di un Def per la cui elaborazione lui non ha per nulla concorso. Non sarebbe più dignitoso che si dimettesse per tornare al suo lavoro di valente docente universitario di economia? Evidentemente, l’aver assaporato l’ebbrezza della comodità che si prova seduti su di una poltrona di ministro, induce, persino il mite Giovanni Tria, a scartare ogni ipotesi di abbandonarla.

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Spettacolo

DOPO IL GRANDISSIMO SUCCESSO DI PUBBLICO DEL “LOVE TOUR 2018”

THEGIORNALISTI

ANNUNCIANO CHE TORNERANNO SUL PALCO NEL 2019 CON NUOVE DATE UNICA TAPPA IN CALABRIA IL 3 APRILE A REGGIO A un mese dall’inizio del “LOVE Tour 2018”, prosegue il successo dei THEGIORNALISTI, la band capitanata da Tommaso Paradiso, pronta a tornare nei più importanti palazzetti d’Italia dal 21 ottobre. Dopo il tutto esaurito delle date di Milano, Roma, Bari, Firenze, Padova, Napoli, Vigevano e Montichiari, a grande richiesta la band annuncia il proprio ritorno live a marzo 2019, per portare il “LOVE Tour” a Jesolo, Eboli, Acireale e Reggio Calabria e ritornare a Bari, Milano, Firenze e Roma. L’unica data in Calabria è, quindi, il 3 aprile al Palacalafiore di Reggio organizzata dalla Show Net di Ruggero Pegna nell’ambito della XXXIII edizione di “Fatti di Musica”, lo storico festival del Miglior Live d’Autore. I biglietti saranno disponibili su ticketone.it dalle ore 10 di lunedì 1 ottobre e nelle rivendite autorizzate Ticketone dalle ore 10 del 4 ottobre. Dal 21 settembre, “LOVE”, il nuovo album dei THEGIORNALISTI, è disponibile nei negozi in cd e vinile, nei digital store e in streaming. Il disco è stato anticipato dall’uscita dei singoli “Questa nostra stupida canzone d’amore” (doppio disco di platino digitale) “Felicità puttana” (doppio disco di platino digitale) e “New York”, brano attualmente in altissima rotazione radiofonica. “LOVE” da pieno sfogo al talento autorale e compositivo di Tommaso Paradiso che, insieme al produttore Dario Faini, ha dato vita a undici brani pop e contemporanei, destinati a diventare veri e propri inni generazionali. Tommaso Paradiso, Marco Antonio Musella e Marco Primavera, formano i THEGIORNALISTI a Roma nel 2009. Si autoproducono i primi due dischi, nati e scritti nel salotto di casa. Così, a settembre 2011 esce “Vol.1” e qualche mese più tardi pubblicano “Vecchio”. Il cambio di rotta avviene alla fine del 2013, quando la band fa uscire “Fuoricampo”, disco prodotto Lamezia e non solo

da Matteo Cantaluppi che riscuote un ottimo successo di critica e pubblico. A novembre 2014 sono impegnati nel “Fuoricampo tour”, che li vede esibirsi in tutta Italia. Nel 2015 Paradiso firma la sua prima importante collaborazione: è coautore di “Luca Lo Stesso”, il singolo di Luca Carboni in vetta alle classifiche airplay. Straordinari i loro numeri. Nel 2016 i THEGIORNALISTI pubblicano “Completamente Sold Out”, certificato Disco d’Oro, conquistando grandi consensi e ricevendo diversi premi, tra cui quelli ai Rockol Awards, al Coca Cola Onstage Awards e ai Wind Music Awards, oltre al riconoscimento di PMI come migliore rivelazione dell’anno. “Senza” ha raggiunto il 1° posto della classifica Viral 50 Italia e il 5° della Viral 50 Global di Spotify. Il singolo “Pamplona” di Fabri Fibra feat Thegiornalisti ha conquistato subito l’airplay radiofonico e il Disco d’Oro Digitale. “Riccione” è il singolo che in meno di una settimana raggiunge il milione di views su Youtube ed

entra in top 20 dell’airplay radiofonico come più alta nuova entrata della settimana. Il brano conquista anche il Triplo Disco di Platino e diventa il vero tormentone dell’estate: 1° posto dell’airplay radiofonico, 1° posto nella classifica iTunes, secondo posto nella classifica Top 50 Italia di Spotify, oltre 16 milioni di streaming, oltre 60 milioni di views su Youtube e vince il premio “Rtl 102.5 Power Hits – PMI” come singolo indipendente più suonato dalle radio nell’estate 2017. Lo scorso 21 marzo è uscito il singolo “Questa nostra stupida canzone d’amore” (doppio disco di platino digitale), brano che, insieme a “Felicità puttana” (doppio disco di platino digitale) e “New York”, ha anticipato “LOVE” (Carosello Records), il nuovo album della band pubblicato il 21 settembre. Tutte le informazioni sulla data di Reggio Calabria sono disponibili allo 0968441888 oppure ai siti wwww. ruggeropegna.it, www.vivoconcerti. com, www.ticketone.it.

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Rubrica di Antonio Saffioti totosaff@gmail.com

ANTICHI MESTIERI PRIMA PUNTATA Nei prossimi numeri, mi occuperò a puntate, di antichi mestieri. Partirò dal lavoro del BRACCIANTE, perché oggi purtroppo ancora in voga, poiché praticato, da migranti disperati e “schiavizzati”, con paghe orarie di 3 euro, da caporali criminali e senza scrupoli. Quindi, introdurrò l’articolo, con un’analisi del caporalato, piaga di ieri e di oggi. Infine, concluderò, con il mestiere del mio caro nonno paterno, Antonio, il CONTADINO.

CAPORALATO, PIAGA DI IERI E DI OGGI

Il caporalato è un fenomeno apparentemente antico che caratterizza tuttora le campagne italiane. Non solo quelle meridionali, dove esso sembra più appariscente, ma anche quelle del Centro-nord del Paese. Credevamo che tale metodo di ingaggio della manodopera si fosse attenuato nel tempo, invece è tornato negli ultimi quindici-venti anni in forme particolarmente virulente. Ci sono delle differenze sostanziali tra il caporalato del passato e quello “globalizzato” dei giorni nostri. Come è stato possibile? Ci sono delle differenze sostanziali tra il caporalato del passato e quello “globalizzato” dei giorni nostri. Quest’ultimo si è adeguato e adattato ad alcuni radicali processi sociali in atto, in particolare l’erompere dei flussi migratori; e ha prodotto in molti casi una degenerazione dello sfruttamento in schiavismo. C’è un profonda differenza tra i braccianti di oggi e quelli di ieri, quelli di Giuseppe Di Vittorio e di Placido Rizzotto, quelli che hanno lottato per l’imponibile di manodopera, hanno partecipato alle occupazioni delle terre e si sono scontrati contro condizioni di lavoro e di vita inique. Un tempo i “braccianti” condividevano con il caporale il medesimo orizzonte sociale e culturale, la medesima lingua, le medesime contrade (non sempre, come vedremo nell’ultimo paragrafo, eppure in buona parte è stato così). Pur schierati su versanti contrapposti, appartenevano allo stesso paese, o comunque alla stessa provincia, alla stessa regione. Pertanto venivano a stabilirsi con il caporale, e quindi con il proprietario terriero alle sue spalle, dei rapporti di forza codificati. Certo, c’erano la fame, la malaria, la mortalità infantile, i soprusi, il sotto-salario, la repressione sistematica di ogni moto pag. 16

di ribellione... La “civiltà contadina” è stata anche questo, e non voglio affatto minimizzare un cumulo di violenze peraltro vittima di oblio nell’Italia contemporanea. Tuttavia oggi accade qualcosa di profondamente diverso. I braccianti stranieri, soprattutto quando stagionali, percepiscono le nostre campagne come una “terra di nessuno” con cui non hanno niente a che spartire: una terra di cui non condividono la lingua, non conoscono le leggi scritte e quelle non scritte. Anche quando si insediano nelle borgate e nei casolari intorno ai paesi, non c’è alcuna forma di inclusione con il loro tessuto urbano e sociale.

U BRACCIANTI - BRACCIANTE U Braccianti, chi lavorava a giornata, fatigava a jurnata, era pronto ad ogni chiamata e a recarsi in qualunque posto, con mezzo proprio e dotato dei necessari attrezzi di lavoro: falce, zappa, pala, forbici, ecc. Lavorava a giornate per un numero di ore imprecisato, mai inferiore ad otto; espletava ogni sorta di attività connessa alle diverse colture agricole. Il lavoro era duro, lungo e faticoso, fatta eccezione di brevi pause per mangiare, un pezzo di pane con un pomodoro, o una cipolla, o un uovo sodo, o un po’ di verdure cotte la sera avanti e bere un po’ d’acqua e qualche bicchiere di vino. Il tutto portato da casa dentro una borsa di tela o di paglia. Anche se la fatica era quasi disumana, specialmente d’estate, il compenso era modesto; purtroppo i braccianti non potevano reclamare, altrimenti non si sarebbe presentata una nuova “chiamata al lavoro”. I più fortunati riuscivano a trovare dei lavori stagionali presso qualche grosso proprietario terriero. Quando si doveva effettuare la mietitura del frumento, lo sfalcio dell’erba, la raccolta delle olive, zappature della vigna, raccolta dell’uva, ed altri lavori per i quali era necessario un certo numero di persone, la selezione (scelta) si faceva la domenica mattina in Piazza, che rappresentava una sorta di ufficio di collocamento a chiamata

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diretta. Il “padrone”, accompagnato dal massaru, dopo aver fatto un giro di ricognizione, si avvicinava al prescelto e guardandolo negli occhi, gli diceva “Tu cala.”, oppure gli toccava la punta della scarpa con la propria; l’operazione si ripeteva fino al conseguimento del necessario numero di operai. I dettagli “contrattuali”, erano affidati al massaru. Talvolta l’operazione veniva eseguita dal capurali.

nell’agricoltura, con la conseguenza di una bassa produttività dei terreni. Quello del contadino era un lavoro duro e faticoso, soprattutto nei mesi estivi, dove i raccolti e la preparazione dei terreni per le successive semine, impegnavano gli uomini e le bestie bovine ad ore di lavoro senza possibilità di tregua. Nei mesi invernali c’era spazio per dedicarsi a lavori di manutenzione o di necessità: si riparavano i carri, si pulivano i fossi, le siepi, si potavano gli alberi da frutto e nei giorni piovosi si fabbricavano cesti in vinco o in canna, si accudivano gli animali posti nelle stalle. Con la primavera cominciavano le prime fienagioni, si innalzavano i pagliai da fieno e si provvedeva a seminare tutte quelle piante che avrebbero dato dei frutti nel corso dell’estate. Il periodo di maggior lavoro, era il momento della mietitura e battitura del grano, il quale, una volta maturo, si tagliava a mano e si legava a fasci, una volta trasportati a casa (con il carro trainato dai buoi) venivano sparsi per l’aia e battuti (con una pertica di legno di circa due metri alla cui estremità veniva attaccato, per mezzo di strisce di cuoio, un altro pezzo di legno di circa 50 cm) per separare i chicchi dalle spighe. In un secondo momento ci si facevano passare i buoi sopra.

U CONTADINU - IL CONTADINO Il contadino era una persona impiegata nel settore agricolo come coltivatore della terra, specializzato nella coltivazione di frutta, verdura e cereali in base alle caratteristiche climatiche e del terreno. Nei nostri territori, la popolazione era per la maggior parte contadina e spesso allevava animali da cortile o bestiame. Svolgeva la propria attività come proprietario, e nella maggior parte dei casi come affittuario o dipendente di un proprietario terriero. Era ed è uno dei mestieri più antichi del mondo e i raccolti nei campi, nei frutteti, nelle vigne e negli orti , il latte e la carne prodotti dall’allevamento di bestiame, erano i prodotti per cibarsi e in parte per rifornire mercati e botteghe con la prospettiva di ricavarne del denaro. Nei tempi antichi lavoravano a mezzadria (da un termine di latino tardo che indica colui che divide a metà) , un contratto agrario d’associazione con il quale un proprietario di terreni (chiamato concedente) e un coltivatore (mezzadro), si dividevano (tipicamente a metà, ma in realtà il contadino ripagava due terzi del raccolto) i prodotti e gli utili dell’azienda agricola (podere).

Quando si alzava il vento, il contadino con una pala faceva saltare le spighe in aria con un movimento che separava i chicchi dalla pula (buccia). In seguito il grano veniva lavato, asciugato al sole e portato al mulino ad acqua un sacco per volta,. Nel secondo dopo guerra, il grano veniva trebbiato con la trebbia mossa da un motore a vapore. Una persona gettava i fasci sulla trebbia dove c’era un ragazzo che tagliava la legatura dei fasci e li porgeva ad un’altra persona che provvedeva a infilarle nell’apposita apertura della trebbia. Poi venne l’odierna mietitrebbia per trebbiare più velocemente il grano. In base alla quantità del raccolto, il contadino aveva la speranza di un anno senza privazioni, abbondante, oppure di stenti e di fame. Con rese terriere che difficilmente superavano i tre quintali per quintale seminato, anzi in alcuni terreni collinari non si superavano i due quintali e mezzo, una volta levata la semente, pagata la decima e fatto a metà con il padrone, al contadino rimaneva ben poco. Mentre un tempo essi costituivano la maggioranza dei lavoratori, oggi costituiscono una minoranza: altamente meccanizzati, tutti i lavori li svolgono con macchine super tecnologiche, tanto che del vecchio mestiere non rimane che il ricordo degli anziani.

La mezzadria, garantiva al proprietario del fondo una congrua rendita senza bisogno di grandi investimenti. Mentre il contadino, aveva il rischio, di trovarsi dall’oggi al domani, senza terra da coltivare e dover elemosinare così il lavoro a giornata, andando ad ingrossare le fila dei braccianti. Ciò, costituì a lungo un freno all’introduzione di metodi imprenditoriali Lamezia e non solo

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Il nostro territorio

Il matrimonio ‘ncannistrinu Il matrimonio (‘ncannistrinu), corrisponderebbe , secondo quanto ci spiega il prof. Raffaele Lombardi Satriani, al matrimonio clandestino e rappresentava la corruzione popolare celebrando il matrimonio senza pubblicazioni e senza l’approvazione del parroco. Verso il 1808,furono parecchi i matrimoni celebrati con questo rituale che ritraeva le sue origini dal celebre romanzo di A. Manzoni “I Promessi Sposi” - Questo matrimonio, rappresenterebbe l’ultima spiaggia, dei giovani sposi, i quali impossibilitati dalla burocrazia ecclesiastica a coronare il loro sogno d’amore, per fatti scoperti durante le dovute pubblicazioni, ricorrevano alla forma clandestina pur di vedersi riconoscere la loro unione. Due compari disposti ad aiutare i giovani sposi comparivano al momento opportuno, in sacrestia, per distrarre l’attenzione del curato con altri problemi, permettendo così, con la complicità della notte, ai giovani sposi di apparire improvvisamente pronunciando la fatidica formula questo è mio marito, questa è mia moglie, alla presenza del curato e dei due testimoni e convalidare così, il loro matrimonio a tutti gli effetti. Se riuscivano a completare le frasi, il matrimonio doveva essere trascritto sui registri e riconosciuto a tutti gli effetti. La chiesa, intervenne per frenare questo continuo dilagare e anche per salvaguardare la sacralità e la solennità del rito e per esercitarne il suo predominio. Si racconta, infatti, che in alcuni era invalsa l’idea di invitare il curato in casa propria, simulando la necessità di aver bisogno dell’estrema unzione, e sempre alla presenza di due testimoni pronunciare poi, le fatidiche frasi. Anche se i racconti ancora esistono, i

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ricordi risultano alquanto labili e sbiaditi dal tempo, circa questo matrimonio, senza pompa, confuso col matrimonio affrettato, e sfociato nella fhujitina degli innamorati. A Gizzeria, a tal proposito, si racconta che Don Gasparru ….nobile, blasonato, dell’epoca, ebbe una relazione con “Mariuzza” giovane e bella del luogo, questo le promise che avrebbe regolarizzato al più presto il matrimonio, ma il tempo passava ed ella pur di nascondere la sua gravidanza, indossava sempre la gonnella sciolta anziché raccolta sulla coda. La gente, accortasi del suo stato, sparlava, e a chi voleva documentarsi circa la condizione civile della ragazza, veniva risposto ironicamente che era maritata “ncannistrinu”. Il tempo,così passava e dopo la nascita del bambino don Gasparru si sposò veramente, ma con una nobile del paese, così Mariuzza, rimase sola, con un figlio da sfamare. Pertanto, il termine ‘ncannistrino, viene ricordato per evidenziare una situazione familiare di convivenze clandestine e con figli illegittimi. Secondo altri, “ncannistru” voleva significare un matrimonio contro voglia, cioè, una donna costretta a sposare per necessità un uomo indesiderato. In altri paesi, del lametino, si raccontava, che ncannistru fosse il matrimonio “npina e vita” cioè il matrimonio che regolarizzava l’unione clandestina di due persone, quando uno dei due coniugi stesse sul punto di morire. Un rito necessario, celebrato d’urgenza alla presenza di due testimoni, per presentarsi con la coscienza pulita al cospetto di Dio, legittimandone la prole e trasferendo alla moglie dignità e diritti prima inesistenti.

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Sport

ROYAL TEAM LAMEZIA, PRECAMPIONATO INTENSO ED ORA L’ESORDIO A ROMA E’ stato un settembre di preparazione intensa per la Royal Team Lamezia, che ha lavorato sodo per l’esordio nel suo primo storico torneo di Serie A contro l’Olimpus, a Roma il 7 ottobre. Al momento di andare in stampa (primi di ottobre), la Royal è reduce dal secondo triangolare amichevole in Basilicata contro Bernalda e Molfetta. Ciò dopo gli altri test del 16 settembre a San Giovanni in Fiore (vittoria per 13-2 (gol di Saraniti, Fragola (3), Nasso (2), Rovito (4), Furno, De Sarro, Kale) e il triangolare di Cefalù contro Castellamare del Golfo (pareggio a reti bianche) e Ragusa (sconfitta per 2-1, gol di Furno). A Bernalda invece, vittoria della Royal contro le locali per 6-0 (gol di Saraniti (2), Di Piazza, Rovito, Kale (2), e sconfitta 3-2 col Molfetta (con gol di Fragola e Saraniti). Al di là del risultato però, che lascia il tempo che trova, occorre considerare il lavoro fatto nelle 5 settimane di preparazione, oltre alle problematiche varie che si sono avute a livello fisico. A turno infatti hanno accusato acciacchi vari: Cacciola, De Sarro, Di Piazza, Kale, Giuffrida. Spesso lo staff tecnico si è trovato in difficoltà negli allenamenti non potendo disporre delle unità necessarie anche per provare determinate situazioni di gioco. Tant’è, alla fine con impegno e dedizione si è cercato di sopperire a tali problematiche, anche per defezioni per altri motivi, che in preparazione seppur da mettere in conto influiscono sul lavoro giornaliero. E così ad una prova di grande intensità, entusiasmo e belle trame di gioco nella prima uscita stagionale di San Giovanni in Fiore, ha fatto riscontro un triangolare a Cefalù alquanto sottotono. Sicuramente in Sicilia avrà influito la preparazione alquanto intensa in quei giorni e così si è palesata più di qualche lacuna. Niente a che vedere col triangolare in Basiliana a fine settembre. A Bernalda mister Ragona ha iniziato a testare quello che potrebbe essere il quintetto dell’esordio a Roma in almeno 3/5, ovvero Giuffrida, Fragola, Rovito, Furno e Kale. Ovviamente sono poi entrate tutte, tranne Cacciola e De Sarro, alle prese con acciacchi fisici recuperabili per Roma, e nella gara conclusiva col Molfetta ci si è imbattuti, ma era cosa nota, nella bravura di Tiziana Liuzzo. Il portiere ha praticamente salvato l’impossibile, capitolando solo due volte su oltre 15 conclusioni nello specchio da parte della Royal, che ha perso immeritatamente 3-2. A proposito della brasiliana Kale merita un discorso

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a parte: arrivata dopo la prima settimana di preparazione (quando si sono aggregate anche Nasso, Cacciola e Furno per problematiche varie), ha subito impressionato per qualità tecnica e velocità nei primi allenamenti. Tutto confermato poi nel test contro la Sangiovannese. Doti tecniche innegabili, Kale può e deve essere l’arma in più per questa Royal tutta cuore e sacrificio. Giocate d’alta classe e assoli che sicuramente divertiranno il pubblico lametino, si spera al PalaSparti. Come quelle mostrate anche a Bernalda e sottolineate da Ciccio Solito consulente di mercato della Royal Team e ds del Bernalda: “Ho apprezzato le giocate della Kale, ma anche di Saraniti e Nasso. E’ stato un torneo fatto di rispetto, amicizia e passione con gare di alto livello agonistico. Auguro a tutte e tre le squadre di raggiungere i propri obiettivi, ovviamente spero nella salvezza della Royal a cui certo non mancherà cuore e sacrificio. Una collaborazione nata per la grande amicizia con la famiglia-Royal, in particolare col presidente Nicola Mazzocca e la moglie Claudia Vetromilo”. A proposito del Palasport lametino, al momento di andare in stampa, non è dato sapere se i lavori richiesti ed inseguiti per 9 lunghi mesi, sicuramente sono iniziati ma forse non finiti. La speranza è che la Royal se non nella prima gara interna del 14 ottobre col Kick Off Milano, possa disputare al PalaSparti quello del 28 ottobre contro Breganze. “Ci siamo – ammette non senza emozione il presidente Nicola Mazzocca – abbiamo lavorato tanto e sotto diversi aspetti per questo per noi storico torno di Serie A. Siamo tutti consapevoli che ci sarà da lottare con ardore e grinta su ogni campo. Proveremo con tutte le nostre forze a salvarci, consapevoli che almeno 6-7 squadre sono inarrivabili. Dovremo lottare in ogni gara e su ogni pallone, sopperendo con cuore e sacrificio al migliore spessore tecnico di talune avversarie. Ma la speranza è anche quella di offrire lo spettacolo della Serie A, dove rammento che si gioca per lo scudetto (!), al pubblico lametino nella sua casa naturale, il PalaSparti!”. Sulla stessa lunghezza d’onda mister Ragona: “Dobbiamo migliorare tante cose, ma in questo mese ho visto graduali progressi. L’esordio con l’Olimpus? Andremo a Roma contro una squadra rinnovata ma forte, certo ce la giocheremo comunque a testa alta, e contro tutti assolutamente, mettendoci tanta grinta e determinazione”.

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Sport

Vigor: 1° Ottobre 1919, una data da non dimenticare

Anni di ricerca per ricostruire una storia che ci è molto cara; tante notizie, tanti aneddoti, tanti numeri ma mancava sempre qualcosa. Si è discusso per decenni con versioni diversificate, controverse e, forsanche, fantasiose, non solo sul mese ma sulla reale autenticità di quello che era l’anno di Fondazione dell‘U.S. Vigor. Martedì 11 settembre 2018 si è messo finalmente il sigillo sulla fatidica data di nascita della gloriosa società di calcio nicastrese.

Lo scoop è scaturito in maniera sorprendente durante la Presentazione del Primo Trofeo Baccari, organizzato dalla Vigor 1919, tenutasi nella Piazzetta “Michele Grandinetti” di Lamezia Terme. A tirar fuori il prezioso e storico documento, per un coup de theatre indimenticabile, è stata la signora Felicia Baccari, figlia del leggendario fondatore Pietro Carlo Baccari, che nel 1919 aveva appena 19 anni, invitata per l’occasione dall’ufficio stampa della nuova società biancoverde e dal Comitato 1° Secolo di Vigor.

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La signora Felicia nell’occasione ha portato con sé un documento, gelosamente custodito per tanti anni, che altro non era che il tesserino FIGC di Pietro Carlo Baccari, con tanto di foto e firma olografa, oltre a quella dell’allora Presidente Giovanni Nicotera, del Segretario Cianflone e la fatidica data d’iscrizione, nonché la definizione di “Socio Fondatore”. La data è quella del 1° Ottobre 1919. Nei giorni seguenti la Signora Felicia è stata protagonista della prima puntata di un programma televisivo di Giuseppe Zangari ed Antonio Scalise, andato in onda proprio il 1° Ottobre, giorno di inizio del 100° anno di fondazione, in cui ha svelato alcune curiosità e tratteggiato il profilo personale di suo padre: “Era un padre presente, attento, ideale. Aveva una irrefrenabile passione per il pallone che all’epoca da queste parti era pressoché sconosciuto. Forse i cittadini lo giudicavano in maniera particolare appunto perché ignari di questo sport. Lui con i fratelli Alfredo e Antonio ha gio-

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cato diversi anni, ma quando ha smesso, il suo chiodo fisso era sempre la Vigor e si dava da fare per trovare risorse per mandare avanti la squadra”. Testimonianza di quest’ultimo passaggio una lista di nomi, più di 120, contattati personalmente da Pietro Carlo Baccari per avere un sostegno alla sua amata Vigor nell’anno 1946. Tante le foto che raccontano dell’epoca pionieristica del calcio cittadino ma tanti anche gli appunti olografi su calendari, risultati e regolamento interno dell’U.S. Vigor. Una passione irrefrenabile che non sempre è stata ripagata da risultati e soddisfazioni, anzi spesso fu chiamato al capezzale della sua beneamata perché non era in buona salute.

Carlo Pietro Baccari non è stato solo il fondatore ma anche l’animatore, amministratore, magazziniere, vivandiere (famose le sue colazioni prima della partenza della squadra per le trasferte nell’Alimentari Florio sul Corso Numistrano), nonché un formidabile atleta.

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Le perle di Ciccio Scalise

CALABRIA, (SCANUSCIUTAf E BBISTRATTATA’) A Calabria è bistrattata, di genti chi un cc’è mmai stata, di chilli chi anu liutu cosi dù passatu, e ppenzanu cà sempri i chilla manera, ha rristatu. Si tutti stì signori, prima i scriviri, piessiru a machina o apparecchjiu e bbinessiru a bbidiri, tuttu, propriu tuttu s’avessiru i rimangiari, e ppì ssempri ccà, vulessiru puru ristari. Truvessiru ancunu tamarru sé, mà, ggenti uspitali, ccù ggintilezza e ccurtisia, senza guali, truveranu mangiari e bbinu i prima qualità, e ccosi chi nissuna parti du mundu, canusci ed’ha. Truveranu ottuciantu chilometri i prajia i mari, averanu sulu u mbarazzu i vidari e scartari,

In definitiva, lui era la “Vigor”.

Chi lo ha conosciuto, e giocato insieme, lo descrive come calciatore dotato di un dribbling formidabile e di un senso della posizione innato oltre che ad un tiro preciso e potente. Il classico calciatore che può ricoprire tutti i ruoli con la stessa efficacia. I fratelli Baccari avevano appreso il gioco del “u fubbilli” (espressione dialettale del Football) nel Convitto Umberto I° di Spoleto dove erano stati spediti dalla famiglia per studiare (il quarto fratello, primogenito, era rimasto a casa per dare manforte nel lavorare un appezzamento di terra di famiglia). Al loro ritorno erano un po’ scherniti dalla popolazione a vederli prendere a calci una “palla

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truveranu muntagni dù mari, a ppurtata i manu, di nduvi un ssì muticheranu cchjiù, nà vota chi ccì vanu Truveranu puru a Sila, randi, picciula e mminzana, ccù nnù parcu chi, ppì llù ggirari ccì vò nnà simana, ccù llaghi, fhunivivi, risturanti e ttratturii, nduvi ppì mmangiari si trovanu, sulu e bberi, liccardii. Truveranu Calabrisi ggentili ed’educati, amanti i tutti chilli chi ccà sunu arrivati, ccù ttantu rispettu e amicizia ppì tutti quanti, cosa chi teni ppuru, ancunu cc’è, mianzu trastullanti. A Calabria è bbella, è, teni ttanti fhigli mportanti, sunu straviati sé, ma cumu puanu, tornanu tutti quanti. 01 ottobre 2018

i pezza” ma pian piano il nuovo giuoco si fece largo con tante squadre che videro la luce. Virtus, Libertas, Pro Patria, Firrujina, Giovinezza, Garibaldi, Stella Romana, Tevere, Fiume sono solo alcuni dei nomi delle nuove squadre sorte negli anni ’20, ogni rione aveva la propria squadra, il proprio spazio, la propria identità. Negli anni queste squadre chiusero i battenti ed “i pallisti” confluirono nella Vigor. Certo non c’era ancora il D’Ippolito o il Provenzano così ogni spazio libero in città, la cementificazione selvaggia era ancora di là da venire, era utilizzato da “i pallisti” e trasformato in un campo di calcio. Quando i tempi furono maturi si pensò ad un campo vero e proprio che si

decise dovesse sorgere nell’area di Piazza d’Armi (ora Piazza Mazzini), così chiamata perché utilizzata spesso dai militari di stanza in città, che con l’aiuto di qualche privato fu recintata con tavole di abete.

La squadra creata da Baccari vinceva e dominava ovunque sbaragliando gli avversari con estrema facilità. Nacque così il nomignolo, che qualcuno le volle affibbiare, di “Tifone” a voler simboleggiare che la Vigor era una valanga che travolgeva tutti e tutto, un vento impetuoso che trascinava via ogni ostacolo, una vera forza della natura. Ci sarebbe da scrivere un libro …. e non è detto che non si scriva!

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Carissimi lettori,

adoro leggere: una cosa che sapete da tanto… Ma raramente mi imbatto in libri o storie avvincenti, che non riescono a farmi staccare dalle pagine.

Ho letteralmente divorato “GLI INTRUSI”, di Antonio Cannone.

La storia è ben congegnata, gli intrecci si snodano fluidi, il linguaggio scorre, alternando ardite costruzioni verbali e lunghi dialoghi che dànno spazio alla riflessione.

L’insolito uso, fra il presente e l’imperfetto dell’indicativo nella narrazione, crea un’alternanza perfetta che indica primi e secondi piani, come l’occhio di una telecamera attenta sul ciak, si gira… E non solo: crea l’effetto incalzante proprio del cinema, che si trasferisce fra le pagine. Fatto quanto mai originale, dato che, in genere, tale effetto si costruisce con una consecutio temporum classica e una descrizione lunga. Al contrario, con l’alternanza dei verbi, l’effetto risulta immediato.

L’atmosfera apocalittica, dunque, non si percepisce solo dalle descrizioni, che sono minime e ad effetto, ma da un linguaggio narrativo poco convenzionale. Ciò stupisce e, dopo il primo impatto, fa ritrovare immersi completamente nella storia, come in un film in 3D. La tecnica, ovviamente voluta dallo scrittore, di non facile organizzazione, ma di fruizione assoluta, diventa il filo conduttore invisibile, senza che il fruitore stesso se ne renda conto: ci si ritrova fra le strade, smarriti, in una città vicina e lontana al tempo stesso, non bene identificata, ma percepita come nostra. Nella devastazione generale di un posto che si affanna a sentire come distante, il lettore viene catturato inesorabilmente. Catturato, ma non risucchiato: egli avverte, in sottofondo, la sua indipendenza dal tempo e dallo spazio delle pagine, ma nel contempo, ne è coinvolto fino all’inverosimile. Esattamente come in un film a cui si aggiunge la visione in terza dimensione: difficile venirne fuori senza un preciso atto di volontà.

dato il contesto informatico della trama (realtà che tutti temiamo e di cui si parla, ormai, seguendo schemi e pregiudizi obsoleti), ma una fabula futuristica senza precedenti, il cui fine non è moralistico, ma risvegliante. Alla maniera di George Orwell vuol dar spazio all’umano più intimo; alla maniera di Dan Brown (autore che non amo particolarmente, ma che ha il pregio di mettere in luce varie realtà) punta i riflettori su ampie visioni, solitamente trascurate, alla maniera di Heinrich Bohl (Premio Nobel per la letteratura 1972) sa descrivere la desolazione dei quartieri cittadini, in modo intuitivo e non pedante. Il tutto condito con un tocco di Blade Runner e Io sono leggenda, per l’atmosfera, cosa che non guasta affatto, pur non descrivendo la vicenda personale di un Salvatore o di un Eroe…

Tra cronaca, sceneggiatura e racconto, il libro appassiona e rapisce.

La schiettezza dell’autore, che usa dialoghi in lingua corrente e senza filtri, rivela una passione profonda per la trama scelta e il suo tema, che mette al centro l’Umanità e i suoi reali bisogni. Antonio Cannone, infatti, scrive per dettami del suo sentire interiore e non vanagloria narrativa, né per bisogno di scrittura o esigenza espres-

Il fatto che manchi l’ovvia sentenza sul mondo social, ma venga, comunque esposta la simpatia al mondo sociale, crea solidarietà fra chi legge e chi scrive, senza quel fastidioso effetto di straniamento che si prova ascoltando individui che criticano, pur essendo completamente immersi in esso e da esso sommersi dall’interazione col mondo web. Tale solidarietà sfocia, finalmente, in sane riflessioni e non nelle tipiche, sciocche espressioni asfittiche del pour parler.

A pag. 170, leggiamo, infatti: “… si trattava ora di ragionare con la propria mente, senza schemi predefiniti o imposti da un pensiero unico” ed è questo, a mio parere, l’invito, ovvero, come leggiamo, di seguito, alla pag. 171, il voler rigenerare “le virtù come quella di dialogare, di essere critici e dubbiosi su ogni argomento e su ogni circostanza!” e, ancora: “dedicare anche un solo frammento della giornata a meditare”, per impedire la deriva di un vivere senza senso. Seguendo, certamente il fascino di una tecnologia dilagante, ma senza seguirne il trascinamento inconsapevole.

Credo che GLI INTRUSI non dia consigli, ma indirizzi, attraverso la sua affabulazione, allo sguardo consapevole sull’habitat e sul moment historique che stiamo vivendo. Non è solo parafantascienza, ma anche realismo: ossimoro illustrativo di attualità e possibilità. Due cose apparentemente inconciliabili che si incontrano e, in alcuni punti… coincidono.

Un volume perfetto per chi, leggendo, non abbia solo voglia di distrarsi o semplicemente di evadere, ma anche di destreggiarsi fra le intricate strade dell’intreccio e… uscirne migliore. Buona immersione...

GLI INTRUSI non è un romanzo sentenzioso, come si potrebbe immaginare, pag. 22

siva. Ciò non solo avvicina alla storia, ma anche all’autore che, pur narrando in forma extradiegetica e impersonale (oltre che cinematografica), viene percepito come presente e quasi guida (mai invadente) a chi si addentra, sempre più, fra le pagine.

Alla prossima. GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

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Istruzione

LA SCUOLA: CULTURA E SPERANZA Secondo la Costituzione Italiana, l’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro, che promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. E’ importante essere a conoscenza che Sapere e Cultura siano beni essenziali e, grazie ai quali i giovani, cittadini del domani, potranno essere liberi e vivere meglio: La vita non avrebbe lo stesso valore senza Conoscenza, Interessi Culturali o Desiderio di Ricerca. Purtroppo oggigiorno si fa uso eccessivo e spesso inadeguato di: mass media, smartphones, cellulari e si legge poco, a discapito della Cultura. L’intera società a sua volta, non è affatto formativa ma, al contrario, è un invito al consumismo, alla fuga dal mondo reale verso un mondo virtuale. E’ importante sottolineare che la Cultura Europea ha le sue radici nell’Umanesimo, in cui tutte le istituzioni, compresa la Chiesa, diedero il proprio contribuito; tale movimento culturale, tendeva alla riscoperta della bellezza classica, dei classici latini e greci in antitesi con “i secoli bui” del Medioevo. Qualche secolo prima San Domenico s’istruì, oltre che dalle Sacre Scritture, anche dal “ libro della carità” che, a suo parere, insegnava ogni cosa. La ricerca del bene e l’amore potrebbero essere la giusta strategia per il buon esito degli studi, portando alla Conoscenza e, in particolare, ai diritti fondamentali dell’uomo che sono tre: 1. Diritto alla cultura: Che si prefigge di tutelare il sapere umano, benché purtroppo in molti Paesi non sia possibile l’accesso a tale bene o troppo spesso ci si lasci trascinare da modelli di vita superficiali che spingono a inseguire un successo vano e superfluo, l’idea che lo studio sia inutile se non garantisca un lavoro immediato, sminuendo così il sacrificio. In realtà lo studio è utilissimo, perché crea uno spirito analitico e

critico, per far sì che non prevalgano dei falsi obiettivi che potrebbero distrarci dalla nostra conoscenza e per dar senso alla nostra vita. Grazie al Sapere e alla Conoscenza i giovani avranno maggiore capacità di analisi e saranno in grado d’individuare i propri obiettivi, opportunità, ostacoli, strategie da mettere in atto e soprattutto, d’ innescare i filtri adeguati per interpretare i differenti linguaggi positivi o negativi dei Mass-Media e dell’intera società, per potersene difendere o trarne beneficio. 2. Diritto alla pace. Anche questo è un diritto fondamentale per l’ intera umanità, affinché la pace prevalga sempre sulla guerra. E’ necessario ricordare che l’ Unione Europea si è costituita per tutelare il diritto alla pace evitando violenze fra i popoli e nuovi conflitti mondiali 3. Diritto alla speranza. Sono molti al giorno d’oggi a soffrire di depressione, di solitudine o ansia . Occorre dunque far sì che tutti conoscano il proprio diritto alla speranza: E’ il diritto a non essere assillati dalla paura e dall’odio, di crescere liberi dal timore del futuro incerto, di sapere che nella vita esistono realtà positive per cui val la pena vivere, di credere nell’ l’amore vero, non in quello “usa e getta” e che il lavoro non è un’ utopia, ma un traguardo da raggiungere per ognuno. Sarebbe positivo e sarà considerato tra gli obiettivi principali della Scuola, far sì che ogni aula scolastica divenga un luogo di speranza, dove si possa lavorare per un futuro migliore, dove si possa imparare ad essere responsabili di sé stessi. La scuola offre la conoscenza e tante opportunità . Chi sarà in grado di coglierle potrà essere libero e artefice del proprio futuro: Ogni ragazzo potrà diventarlo.

Via del Progresso - Lamezia Terme • 0968.21844 Lamezia e non solo

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Alimentazione luoghi comuni e false convinzioni

tare la digestione. In tutte le altre situazioni, anzi mangiarla a fine pasto è importantissimo in quanto facilita l’assunzione di ferro e l ‘apporto di vitamine e sali minerali, molecole attive, particolarmente utili per elevare il benessere e il sistema immunitario.

Questo articolo ha lo scopo di sfatare alcuni “miti’’ che spesso influenzano in modo sbagliato le nostre abitudini alimentari. Iniziamo con il più classico mito che si sente durante l’estate: Mangio molto ananas perchè brucia i grassi! Partiamo dal presupposto che non esiste un alimento in grado di bruciare i grassi, ma solo l’attività fisica ci aiuta a ridurre il grasso in eccesso, ovviamente abbinata ad una sana alimentazione. Ma allora come mai è nato questo mito? Che cosa ha di vero? L’ananas è un frutto tropicale costituito dall’86 % di acqua, calcio potassio fosforo, zuccheri semplici, vitamina A e C. Per 100 g contiene 57 kcal, 10 g di zuccheri semplici e 1 g di fibra. Certamente è un frutto poco calorico ma non avendo molta fibra e una buona quota di zuccheri semplici non consiglierei di consumarne più di una porzione al giorno da 150 g. Una caratteristica dell’ananas è la bromelina, un’enzima presente soprattutto nel gambo del frutto. Studi scientifici hanno dimostrato che nell’uomo la bromelina è in grado di svolgere un’azione anti infiammatoria, ridurre gli edemi ad esempio in caso di cellulite. Infatti molti integratori e farmaci sono a base di bromelina. La bromelina , essendo un’enzima ,è in grado di rompere le proteine quindi facilita la digestione. E’ per questo consigliato dopo un pasto proteico come carne pesce e uova e può essere utilizzato per ammorbidire la carne, utilizzando il succo in padella durante la cottura, o facendola macerare nelle ore precedenti. Sicuramente quindi è un frutto che ha moltissime proprietà che ci aiutano nel clima estivo anche ad assumere una buona quota di acqua, ma non è certamente la scelta più salutare consumare solo ananas. Variare la frutta ci aiuterà a accedete a tutti i micronutrienti di cui abbiamo bisogno. Al secondo posto tra i miti più frequenti troviamo che: La frutta a fine pasto va evitata in quanto rallenta la digestione. Questa affermazione è vera esclusivamente per quelle persone che hanno problemi di flatulenza, gonfiore addominale legati alla fermentazione degli zuccheri, causata dalla flora intestinale. La frutta, come tutti gli alimenti ricchi di fibra, solo di pochissimo potrebbe rallenpag. 24

Lo zucchero di canna è più salutare dello zucchero bianco! Questa convinzione che si è diffusa negli ultimi anni credo sia dovuta all’idea che lo zucchero di canna sia completamente diverso dalla zucchero bianco. La verità è che la differenza non esiste, le calorie sono identiche 390 kcal per 100 gr. Quindi se pensate di sostituirlo nel caffè perché è meno calorico, vi sbagliate di grosso! A questo punto qualcuno potrà dirmi che è più salutare , ma anche qui state prendendo un abbaglio! Lo zucchero di canna è prodotto sia dalla canna che dalla barbabietola, ed è sottoposto a tutti i processi di raffinazione come lo zucchero bianco, tranne l’ultimo stadio della decolorazione , stadio industriale ma che avviene attraverso processi non nocivi per la salute di cui non rimane traccia nel prodotto finito. Quindi in generale la soluzione sarebbe ridurre lo zucchero che sia bianco o di canna abituando il palato a sapori più amari. La margarina è meno grassa del burro – Per rispondere confrontiamoli. Il burro contiene il 99% di lipidi, 1 % carboidrati e 758 kcal per 100 gr. La margarina contiene il 100% dei lipidi e 760 kcal per 100 gr. E’ chiaro che a livello lipidico e calorico sono quasi uguali. La margarina contiene però acidi grassi ‘’particolari’’ che in alcuni casi possono risultare dannosi per il nostro organismo. Bisogna quindi preferire il burro utilizzandolo con moderazione. La mozzarella è un alimento magro: Falso – La mozzarella di mucca contiene il 30% di proteine, il 69 % di lipidi, 1 % di carboidrati e 253 kcal per 100 gr . La mozzarella di bufala contiene invece il 23% di proteine, il 76% di lipidi e 288 kcal per 100 gr. La mozzarella pur essendo meno grassa di altri formaggi, contiene un’alta percentuale di lipidi e anche di colesterolo per questo motivo è buona norma non eccedere nel consumo. Chi mangia bene vive meglio: Esatto!! Uno stile di vita sano con una dieta varia ed equilibrata insieme ad un’adeguata attività fisica contribuiscono al benessere fisico!!

Alma Battaglia

Biologa Nutrizionista Vice presidente SIPS - delegazione Calabria FB Centro Nutrizione Sport Salute

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