Lameziaenonsolo ottobre 2018

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Lamezia e non solo

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Via del Progresso -

Lamezia Terme • 0968.21844

NELLE LIBRERIE, NELLE EDICOLE, per info: 333 5300414

ISBN 978-88-943125-0-8

€ 10

€ 10 9 788894 312508

Semi di memoria di una famiglia

del Sud delle terre e dell’emigrazione

Filippo D’Andrea –

Ha pubblicato i seguenti libri:

Chiesa Italiana e Mezzogiorno (1991); San Francesco di Paola. Asceta Sociale (1994); Il matrimonio e la famiglia (1995); La formazione sociale e politica nell’Italia Meridionale (1996); Pensieri di un Pastore (1997); Un testimone nel quotidiano. Gianni Renda (1998); Padre Luigi Allevato ed il suo impegno di evangelizzazione (1999); Città per l’uomo. Esperienze e speranze in una splendida e difficile città del Sud: Lamezia Terme (2000); Il matrimonio e la famiglia (2001, 2a ediz. ampliata ed aggiornata); Giovanni Paolo II alla Calabria (2005); I frati minimi a Sambiase (2006); Giovanni De Sensi. Sindaco di Lamezia Terme (2006); Un vescovo e la fedeltà a Dio e all’uomo (2007); Il gioco delle parti. Raffaele Talarico (2009); Eremita Viandante; Laicità e contemporaneità di san Francesco di Paola (2009); Sotto il cielo di Calabria. Memorie di futuro di otto personalità lametine (2012); All’imbrunire. Poesie, preghiere e canzoni (2014); Pensieri della piccole cose. Spiritualità dell’essenziale (2015); Passo dopo passo. Al margine dell’esistenza (2016); Francesco di Paola. Il santo dell’essenziale (2016); Appeso alla luna. Orme filosofiche (2017); Franco Costabile. I tumulti interiori di un poeta del sud (2017); I filosofi lametini. Francesco Fiorentino, Oreste Borrello, Basilio Sposato (2017); Centopoesie. Filosofia e spiritualità (2017); Briciole di senso. Tra filosofia e teologia (2017); Mons. Francesco Maiolo. Sacerdozio, cultura, carità. Tra solidità della Tradizione e prudenza nell’innovazione (in corso di stampa); La gente di Dio (in corso di pubblicazione).

D’a Cista d’u Ciucciu

Filippo D’Andrea

Lauree in Filosofia e Sacra Teologia, specializzazioni in Filosofia, Storia, Psicologia, Pedagogia e Teologia Catechetica; Filosofo consulente; membro della S.F.I. e dell’A.T.I.. Collabora all’Istituto di Storia del Cristianesimo della PFTIM; scrive su: “Prospettiva Persona”. “Bollettino della Società Filosofica Italiana”, “Rassegna di Teologia”, “Itinerarium”, “Vivarium”, “Rogerius”, ecc. Il 1992 ha fondato e dirige il Cenacolo Filosofico di Lamezia Terme e da oltre trent’anni svolge conferenze in ambienti culturali, sociali, scolastici e religiosi.

Tra le sue pubblicazioni: Chiesa e questione meridionale (1991), Francesco di Paola. Asceta Sociale (1994), Il matrimonio e la famiglia (1995), La formazione sociale e politica nella realtà meridionale. Percorsi culturali (1996), Pensieri di un pastore (1997), Un testimone nel quotidiano. Gianni Renda (1998), Jacques Maritain tra filosofia e teologia (1999); Meridionalismo e Federalismo (1999), Città per l’uomo: Esperienze e speranze in una splendida e difficile città del Sud: Lamezia Terme (2000), Padre Luigi Allevato ed il suo impegno di evangelizzazione (2003), Giovanni Paolo II alla Calabria. Parole di speranza alla società e ai cristiani calabresi (2005), Giovanni De Sensi. Sindaco di Lamezia Terme dal 1978 al 1981 (2006), I frati minimi a Sambiase (2006), Un vescovo e la fedeltà a Dio e all’uomo. Mons. Vincenzo Rimedio (2007), Il giuoco delle parti. La scrittura e l’arte di Raffaele Talarico (2009), Eremita viandante. Laicità e contemporaneità in san Francesco di Paola (2009), Sotto il cielo di Calabria. Memorie di futuro in otto personalità lametine (2012), All’imbrunire. Poesie, pensieri, canzoni (2014), Pensieri della piccole cose. Spiritualità dell’essenziale (2015), Passo dopo passo. Al margine dell’esistenza (2017), Francesco di Paola. Il santo dell’essenziale (2016), Appeso alla luna. Orme filosofiche (2017), I filosofi lametini. Francesco Fiorentino, Oreste Borrello, Basilio Sposato (2017), Centopoesie. Filosofia e spiritualità (2017), “Da’ cista du ciucciu”. Semi di memoria di una famiglia del Sud delle terre e dell’emigrazione (2018), Mons. Francesco Maiolo. Sacerdozio, cultura, carità. Tra solidità della Tradizione e prudenza nell’innovazione (2018), Franco Costabile. I tumulti interiori di un poeta del Sud (2018); La gente di Dio (in corso di pubblicazione), Stille di senso. Tra filosofia e teologia (in corso di pubblicazione).

F i l i p p o D ’A n d r e a

Tutto Torna Poesie contemplative, Aneddoti di senso, Pensieri sapienziali

Filippo D’Andrea • Tutto Torna

D’a Cista d’u Ciucciu

Filippo D’Andrea è Filosofo consulente (Master di II Livello all’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”); Lauree in Filosofia (Università degli Studi della Calabria) e membro della S.F.I., ed in Sacra Teologia (Università Pontificia Salesiana) e membro dell’A.T.I.; Specializzazioni in Storia, Psicologia, Pedagogia, Filosofia e Teologia Catechetica. Collabora con l’Istituto di Storia del Cristianesimo della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale. Scrive su: Prospettiva Persona, Bollettino della Società Filosofica Italiana, Rassegna di Teologia, Itinerarium, Vivarium, Rogerius, ecc. Il 1992 ha fondato “Il Cenacolo Filosofico” di Lamezia Terme, e da oltre 30 anni svolge conferenze in ambienti culturali, sociali, scolastici e religiosi.

per pratiche filosofiche

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Filippo D’Andrea

Sul filo della memoria l’autore porta alla luce tanti episodi che offrono insieme la trama di un vissuto fortemente radicato nel cuore e nella mente (…). Trascorrono come in una sequenza fotografica e filmica i personaggi di questo affresco virtuale di una umanità reale (…). Il racconto tutto ti prende, ti affascina, la lettura ti coinvolge” (dalla premessa di Luciana Parlati). Con naturalezza e forza espressiva Filippo D’Andrea ci presenta tanti personaggi che, su scenari sempre cangianti, compongono un mosaico relazionale complesso (…). L’intelligente tessitura letteraria data dall’autore al racconto fa sì che i personaggi sorgano dal testo con la loro pregnante umanità (…). Chissà che con questa metafora dell’esistenza Filippo D’Andrea non voglia indicarci/consigliarci un itinerario interiore dare Umanità all’uomo” (dalla Prefazione di Domenico Enrico Mete).

Dal 2017 svolge Consulenza Filosofica nelle scuole ed al Sistema Bibliotecario Lametino-Caffè Letterario “Chiostro san Domenico” di Lamezia Terme.

€ 12,00

by Giuseppe D’Andrea Via del Progresso - Lamezia Terme

Via del Progresso - Lamezia Terme

13,00 €

Saggio in appendice:

Pratica filosofica e significazione sapienziale dell’esistenza

Tonino Perri e Salvatore Perri jr

Petali di memorie Se un giorno moriremo, padre mio, saremo felici di aver bevuto, insieme, allo stesso calice; di aver fatto qualcosa, noi due soli, che valeva la pena di fare.

Da 40 anni l’Arte della Stampa al tuo servizio

Tipografia

Grafiché di Antonio Perri Via del Progresso Lamezia Terme

€ 1,00

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tel. 0968.21844 - cell. 392 7606656 GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

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Lameziaenonsolo ricorda

Romano De Grazia

Dopo tanto tempo l’ho rivisto durante il premio “Federico II”, nel mese di aprile, quando una standing ovation fu tributata al giudice Romano De Grazia, già presidente onorario aggiunto della Corte di Cassazione, quando ha ricevuto il riconoscimento “Federico II” conferito ogni anno dal Lions club Host di Lamezia Terme, in collaborazione con “I Vacantusi”. Mi commossi fino alle lacrime quando fu accompagnato sul palco. Si vedeva che era provato, stanco, ma ancora un combattente, spiritoso, arguto, con la voce vibrante di calore quando parlava delle ingiustizie, dei soprusi. Un grande uomo che si è sempre battuto non per sè, ma per i diritti di tutti. Commosso di ricevere il premio, deluso per come si era sentito preso in giro dalle Istituzioni, pronto a combattere ancora, senza sosta, senza paura. Mi ero ripromessa di intervistarlo, ne parlai con Deborah, ma ... il tempo è volato ed ha deciso per noi, diversamente. Nessuna intervista quindi, solo un ricordo da parte di chi lo ha amato. Mi resterà per sempre lo scrupolo per questa intervista non fatta, penserò a lui sempre con nostalgia, alla sua risata piena, coinvolgente, al suo orgoglio di marito, padre, nonno, calabrese! Per consolare chi rimane si dice che “non muore nessuno fin quando il suo ricordo rimane vivo in chi li ha amati”, mi piace pensare sia vero, che non si muore ma non solo perchè il loro ricordo alberga in noi ma, soprattutto perchè il nostro ricordo rimane vivo in Loro. Buona nuova vita Giudice Romano De Grazia, ti ho voluto bene anche se non sono riuscita a dimostrartelo e continuerò a volertene!

Deborah De Grazia Un guerriero dal cuore nobile e grande... questo è mio padre, un uomo, un nonno, un marito che ha sempre camminato per il sentiero tortuoso della vita a testa alta e con rettitudine. A volte ha abbassato la testa difron-

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te ai dolori che lo hanno colpito ma che ha sempre trovato dentro di se la forza per andare avanti, trasmettendola a noi tutti. IL NOSTRO FARO NEI MOMENTI PIÙ BUI! UN PADRE che non ha mai lasciato soli i propri figli, i propri nipoti che si è sempre fatto carico dei nostri problemi cercando sempre una via d’uscita, una soluzione. QUANTI SACRIFICI HAI FATTO per noi per donarci serenità e per assicurarci un futuro. Ci hai insegnato a vivere e nutrirci di onestà, di spirito di abnegazione, di legalità e

amore per il prossimo. Sono fiera di essere tua figlia e di portare un cognome così importante che tu, con il tuo esempio di vita, hai reso tale. Anche la tua amata Sofia, Sofia De Grazia, è orgogliosa e sempre lo sarà di avere avuto un nonno, un padre, che è sempre stato al suo fianco e che le ha fatto provare cosa vuol dire l’amore vero di un padre. Papà con quella stessa forza di andare avanti che tu ci hai sempre trasmesso ora dobbiamo continuare la nostra strada da sole, non sarà facile ma io lo so che starai sempre al nostro fianco e che da Lassù ci guide-

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rai. UN GIORNO quando Dio vorrà torneremo a stare insieme e tutto questo dolore per la tua perdita, che da oggi sarà purtroppo il nostro compagno di vita, svanirà in quel abbraccio che finalmente ci unirà per sempre davanti a Dio. Ora riposa papà e sorridimi sempre da Lassù! (questo è il mio primo post che tu purtroppo non leggerai) La vita è gioia e dolori! Sebbene tu fossi ultimamente molto malato non ero pronta papino mio a lasciarti andare così. Te ne sei andato così in una sera come tante mentre eravamo insieme, e in quei brevi e tragici istanti ti ho visto chiudere gli occhi per sempre. Tu mi hai dato la vita, hai riempito la mia vita di amore, di sani principi e grandi valori che solo un GRANDE UOMO come te poteva donarmi, hai accolto mia figlia Sofia (la tua “baroncina”) nella tua vita come una figlia tua, riempiendo la sua esistenza di amore e di tanta serenità...e da Lassù só che continuerai a starle accanto! Non ero pronta papà a lasciarti andare via per sempre, non sono pronta a non poter più pronunciare la parola papà, lo so che sono grande ma io mi sentirò sempre la tua “bambolicchia di cartone”.

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Perdon a m i p a p à se piango la tua morte, ma non si è mai pronti a perdere le persone che si amano! TI AMO PAPINO MIO, da oggi io e Sofia siamo orfane di un padre/ nonno che ci ha infinitamente amate.️ PER SEMPRE NEI NOSTRI CUORI Maria Teresa De Grazia Caro nonno, Perdonami per non averti scritto prima ma il dolore e la rabbia di averti perso così mi impedivano di farlo.

davo. Tu che mi ripetevi sempre che per me non hai fatto tutto il possibile, io ti dico che I amore che ci hai donato é stato il dono più bello che tu potessi farmi e che io non dimenticherò mai! Quegli occhietti vispi mi mancheranno tanto,così come i tuoi abbracci, ma lo so che tu da lassù ci guiderai e non permetterai mai di sentirci soli e abbandonati. Ti voglio un bene infinito nonno, ora sei diventato insieme a zia Rosangela e a Francesco un altro dei nostri angeli. Tetelluzza tua.

Non ero pronta a lasciarti andare e forse non lo sarei mai stata.

Alberto Spalliera

Tutti ti ricordano come un uomo dai grandi valori che ha portato avanti la sua battaglia con grande coraggio e dedizione come in pochi ormai sanno fare; ti ricordano come un uomo che non si è mai arreso di fronte a nulla ma ha sempre cercato, fino a quando le sue forze lo hanno permesso, di toccare le corde dei cuori di molti giovani.

Eri come un secondo padre, sei sempre stato per me una guida, un faro anche nei momenti più difficili. Fin da piccolo ho ammirato quell’uomo, anzi quel gigante, portare avanti le sue idee di legalità e giustizia senza mai chinare la testa davanti a nessuno e diventare un modello soprattutto per le nuove generazioni spesso disilluse dal fatto

lo oggi però non voglio ricordarti cosi, voglio ricordarti come il mio nonno, quello che quando ero bambina mi diceva che mi avrebbe comprato tutte le giostre del Bar Pino e le avrebbe messe nel nostro giardino, quello che mi riempiva di abbracci e baci, che mi aspettava sempre a braccia aperte e mi salutava con il cuore in gola ogni volta che me ne anGrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

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sei sicuramente il più leale sacerdote; tu l’hai presa come tua sposa legittima l’hai onorata e rispettata fino alla fine incurante dei giudizi altrui. che il mondo non si poteva cambiare . Ho imparato da te cosa significhi essere leale e onesti, ho imparato ad ascoltare il prossimo ed essere a disposizione per chi ne avesse bisogno come tu hai fatto con tutti, indistintamente. Sei sempre stato amorevole ed in questi giorni terribili vedo tanto affetto da parte di tutte quelle persone che hanno avuto il privilegio di conoscerti ed ammirare...Oggi, senza di te, il mondo è più povero ma il cielo ha una nuova stella che possa essere da guida per coloro che credono nella Giustizia. Ora sei di nuovo con tua figlia Rosangela e tuo nipote Francesco.

per te se da sempre hai combattuto con onore per difenderli fidandoti soltanto della tua etica e del tuo giudizio morale. Crescendo vedevo in te non solo un grandissimo magistrato ,ma anche un luminare, un filosofo, un poeta che come unica arma contro le ingiustizie del mondo usava il verbo.

Maria Isabella De Grazia

Sapessi quante volte ti immaginavo in quelle imponenti aule di tribunale nonno, a illuminare tutti con la tua fervida dialettica e con il tuo spirito guerriero, sapessi quante volte ti vedevo in televisione e mi sentivo fiera e orgogliosa di essere la nipote di un super eroe che difendeva il mondo dai soprusi e dalle violenze.

Ti guardavo fin da piccolina come un guerriero con una spada e uno scudo fatto di parole che decantavano giustizia, legalitá e solidarietà, tutti principi di cui ancora non riuscivo a comprendere bene il significato ma che sicuramente avevano un valore importante

Tu mi hai insegnato cosa vuol dire lottare per ciò in cui si crede e da te ho imparato cosa vuol dire passione, dedizione ,sacrificio, ho imparato che nella vita non esistono mezze misure perché tu nonno hai sacrificato la tua vita in nome della dea Dike di cui tu

Ciao nonno

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Ti ricorderò nonno sempre così seduto alla tua scrivania circondato da libri e con la penna in mano a scrivere la storia della legalitá e per me rimarrai sempre un pilastro fondamentale da cui prendere ispirazione. Spero che tu possa leggere queste mie parole dal posto in cui ti trovi ora, tra le braccia di zia Rosangela e di Francesco, e che anche da lassù rivestito della tua limpida toga, tu possa gioire delle vittorie giuste. Ti voglio bene la tua Mabella Sofia De Grazia “mamma capisco cosa stai provando ANCHE IO OGGI HO PERSO UN PADRE” queste papà le parole dette dalla tua amata Sofia, con occhi pieni di lacrime e cuore affranto dal dolore! Sofia con te al suo fianco ha avuto la fortuna di provare cosa vuol dire l’amore vero di un PADRE! Grazie papà mio. LA TUA SOFIA TI PORTERÀ NEL SUO CUORE. GUIDALA DA LASSÙ perché io ora senza te mi sento sperduta!

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inchiostri d’autore

“Il cuscino di traverso e... Pensieri conseguenti” di Enzo Ferrise: fra la forma dei social e la sostanza dell’essere Insegue la forma dei social ma resta fermo sulla sostanza. È questo che si legge fra le righe del libro “Il cuscino di traverso e... Pensieri conseguenti”. A regalare le proprie emozioni, non solo su carta ma anche di fronte alla numerosa platea della tipografia Perri è Enzo Ferrise, l’autore, accanto ad una figura empatica ed egualmente commossa, Albino Cuda. A fare i saluti, la padrona di casa Nella Fragale. Cosa si sussegue fra le pagine del libro, dai colori bizzarri, e dal misto di dialetto locale e italiano, ed ancora dall’utilizzo di una ortografia insolita? Nel variare di stampato e corsivo, emerge un’anima sensibile e inquieta al tempo stesso. Una raccolta di testi nati su WhatsApp in cui l’ invito pare essere quello ad andare oltre l’apparenza. “Enzo Ferrise è grande conoscitore delle regole della retorica e della stilistica - afferma Albino Cuda, volto noto fra gli studenti, docente e preside - le conosce bene al tal punto che può anche permettersi di travolgerle”. Spiega significante e significato Cuda, per mettere a confronto la forma e la sostanza. “Perché è nella sostanza che Enzo Ferrise lievita”. “Eccentrico, bizzarro, narciso, stravagante, polemico, a volte anche acido e rabbioso, ma buono e sentimentale - aggiunge Cuda - Enzo è un uomo che vuole vivere senza falsità e ipocrisia. Quando queste vengono meno si abbandona all’ira ma mai al risentimento”. Nel significante c’è la solitudine, l’amore, l’amicizia. “Enzo ha imparato ad organizzare la sua solitudine”. Sono i sentimenti, le disillusioni, a focalizzare lo sguardo dell’autore su un tempo presente forse troppo bloccato al passato. Ad un passato che non passa, dunque. Assenza che, però, proprio perché non può essere più colmata diventerà presenza. “Un libro inusuale, lontano dal raccontare di sesso, droga e rock and roll - così lo definisce l’autore in cui parlo in terza persona. Questo, di solito, succede quando non sto bene. Ma ho imparato ad apprezzare la mia solitudine. Un uomo solo, stanco di esserlo, ma di certo non un coglione”.

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Nel centro del tavolo, in sala, compaiono prodotti biologici. Grande attenzione viene, infatti, fornita ai dettagli. “Fotografo due uova cotte senza che si siano stropicciate - dice ancora Ferrise - con un peperoncino come decoro. Un chiaro momento di solitudine da postare”. Un chiaro richiamo a questa contemporaneità che paralizza a una dipendenza senza freni, riguardo anche le fragilità umane. Che non sia mai andato fuori moda esprimere sentimenti? Che sia sui social o altrove, e il libro in questione non può che porre l’accento sulla necessità di uno scambio, di un ascolto, di una empatia, senza alcuno scudo. Un modo per salvarsi, per sorprendersi ancora e sognare. V. D. si ringrazia Alessio Guarascio per la gentile concessione di pubblicazione dell’articolo

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inchiostri d’autore

Alla presenza dell’assessore regionale all’Istruzione ed alla cultura, Maria Francesca Corigliano, è stato presentato a Lamezia Terme il romanzo Amori regalati dell’autore calabrese Olimpio Talarico

L’evento, organizzato dalla Grafichéditore, nell’ambito della rassegna “Inchiostri d’Autore”, dedicata ai libri stampati dalla Casa Editrice, ha presentato, eccezionalmente, Olimpio Talarico ed il suo ultimo libro, “Amori Regalati”

di pubblico, composta da molti appassionati di letteratura, oltre che da giornalisti specializzati, docenti e critici letterari. L’AUTORE

A discutere con l’autore l’Avvocato Andrea Parisi e la professoressa Ippolita Luzzo.

Olimpio Talarico, crotonese di nascita, vive e cresce a Caccuri (KR). Dal 1994 vive a Bergamo dove insegna materie letterarie. Ha pubblicato i romanzi “Il due di bastoni” selezionato tra i 19

Felice Iannazzo è stato l’anello di unione per questa insolita in collaborazione che ha visto una numerosa e qualificata partecipazione

finalisti del “Premio Tropea” e finalista del premio Kriterion città di Avellino e “L’assenza che volevo”, oltre alla raccolta di racconti “Racconti fra

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Nord e Sud” Rubbettino editore. Fra gli organizzatori del Premio Letterario Caccuri, è responsabile della sezione Saggistica. Con “Amori regalati” ha vinto la XXIV edizione del Premio letterario Città di Cava de’ Tirreni (2017) e il Premio Carver 2017. Il racconto prende le mosse da Caccuri, il paese natio – raccontato e considerato dall’autore alla stregua di un personaggio in sé, come un amico

dei protagonisti – e verte sul tema di una lunga amicizia nata fra i banchi di scuola, negli anni venti del secolo scorso, di una Calabria povera ma

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forte e genuina; un’amicizia in seguito vissuta fra sparizioni e riapparizioni, in un arco temporale di quasi settant’anni, tra l’Italia, la Germania ed il Sud America. IL LIBRO La storia si dipana in un complesso intreccio narrativo, che attraversa un secolo di dittature e guerre a livello generale, di crimini e cose taciute con riferimento ai personaggi tratteggiati con finezza da psicologo, per mezzo di un’inquadratura romanzesca che si allarga sulle vicende man mano raccontate.

Uno stile narrativo limpido e seducente – quello di Talarico – ancorato a fatti storici realmente accaduti e che contestualizzano la trama, fa vivere i personaggi nella loro verità e ce li regala come veri e genuini nei loro incontri per la vita. L’assessore Corigliano, dopo aver portato i saluti del presidente della giunta regionale, si è soffermata

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sul progetto di Mario Oliverio, inaugurata di recente con una serie di eventi itineranti partiti dai paesini dell’Aspromonte, mirata a definire una narrazione della Calabria che si discosti da quella menzognera che troppo spesso caratterizza la stampa ed i mezzi di comunicazione nazionali, e ciò per il tramite della promozione della letteratura prodotta in loco e fruita a pieno dai Calabresi proprio perché prodotta da chi vive e opera nella stessa terra.

A trarre le conclusioni dell’incontro è stato Andrea Parisi, studioso di comunicazione e social media, il quale ha rimarcato l’importanza dei nuovi mezzi di diffusione telematica delle informazioni, evidenziando come un uso proficuo degli stessi abbia portato a Lamezia Terme la presentazione di un’opera che, non inserita nei più importanti canali distributivi dell’editoria nazionale, sarebbe rimasta sconosciuta al pubblico locale.

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Associazionismo

Il Club del libro La letteratura non è un’esperienza che si esaurisce tra le pagine. Più si impara a condividere ciò che leggendo metabolizziamo e più si diventa lettori consapevoli. Il book club nasce anche per questo e a questo deve molto del suo successo. Gli incontri con l’autore rappresentano, in questo processo, un tassello indispensabile e non solo perché le competenze di uno scrittore sono diverse e complementari rispetto a quelle dei semplici lettori, più o meno impegnati o consapevoli, e contribuiscono a trasmettere l’amore per le storie e per la lettura, o ad accrescerlo in chi già è appassionato di racconti scritti. Il club del libro, nel solco di una tradizione recente ma allo stesso tempo già consolidata, prosegue su questa falsariga, incontrando Peppe Millanta domenica 7 ottobre alle 18:00 presso il chiostro di San Domenico. L’opera di cui si discuterà, visionaria ed a tratti spiazzante, si intitola “Vinpeel degli orizzonti”. Ogni storia che incontriamo è l’inizio di un viaggio, una grande occasione per confrontarsi con emozioni e pensieri nuovi e l’incontro con Millanta offre un’ulteriore occasione: porsi quelle stesse domande insieme a chi, quelle storie, capaci di interrogarci, le ha create. Create, con tutta probabilità, proprio per porsi domande e cercare un senso attorno ad esse. Incontrare l’autore di un libro che abbiamo amato è come, dopo aver gustato un buon piatto che ci ha emozionato, poterne parlare con lo chef, scoprendo come ha scelto gli ingredienti, in che modo li ha abbinati, quanta fatica c’è voluta tra l’idea e la realizzazione e rappresenta, senza alcun dubbio, una sorta di percorso circolare dal quale possono nascere lettori critici e consapevoli, e non semplici consumatori di libri (questa è, tra le altre, una delle ambizioni del Book Club LectorInFabula). L’attivazione dell’amore per la lettura è possibile se il fruitore del testo riesce nell’intento di sentirsi partecipe e attore allo stesso tempo, parte viva del processo narrativo: quale miglior occasione, a tal fine, dell’incontro con l’autore, utile a scambiare con chi ha scritto sentimenti e sensazioni scaturiti dalla lettura dei suoi romanzi, perché porre domande sulla storia - ma anche sulla vita dell’autore - è un passaggio formativo che emoziona e lascia il segno. Ma affinchè l’incontro con l’autore possa essere di massimo beneficio per i “consumatori di cultura” serve preparazione e consapevolezza. Infatti, pur nell’intento di andare oltre il libro, mantenendo la spontaneità dell’incontro, è necessario non scordarsi che si tratta di un momento di scambio a 360 gradi, godibile quanto più dell’opera stessa si sia stati in grado di discutere con altri appassionati che abbiano già letto la stessa opera. Il club del libro, quindi, prima dei vari incontri con gli autori, crede sia opportuno discutere dell’opera “in privato”, per poi essere in grado di trasferire all’autore anche un’emozione collettiva ispirata in tutti i partecipanti al club del

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libro. L’organizzazione degli incontri con gli autori è un impegno gravoso, ma svolto con passione infinita dal Book Club, che vede in tali attività un importante momento di crescita sociale della propria realtà territoriale, generando contatti, incontri, conoscenze da cui possono scaturire idee, progetti e collaborazioni per nuove attività. Comunque, essendo la passione per la letteratura il motore del club, tali attività hanno registrato fino ad ora un buon successo proprio perché “quelli del club del libro” i libri li leggono, prima di presentarli, non sono presi da smanie di protagonismo o, ancora peggio, non pensano minimamente a fare spoiler della trama, proprio per il fine inclusivo che ha sempre contraddistinto il Book Club LectorInFabula e che ha permesso la partecipazione alle sue attività anche a persone che non avevano avuto modo di leggere le opere trattate prima delle varie riunioni. E la volontà di includere quanti più appassionati alla lettura possibile porta il Book Club a pubblicizzare i propri eventi soprattutto sui social network, facilmente consultabili da chiunque. Così come facilmente raggiungibili sono le sedi degli incontri, come il chiostro di San Domenico per la presentazione del libro di Millanta. In breve la trama: “Un pugno di case gettato alla rinfusa. Una comunità sospesa nel tempo. Una strada da dove non arriva più nessuno, e nessuno ricorda più dove porti. Questo è il paese di Dinterbild, il luogo dove si rifugia chiunque abbia paura, lontano dal mondo e da ciò che può fargli male. Tra di loro c’è Vinpeel, l’unico bambino (in realtà poi ne arriva un altro, anzi un’altra) della bizzarra comunità e l’unico che, vedendo una notte alcune luci misteriose all’orizzonte, decide di voler andar via e scoprire cosa c’è al di là del mare e di Dinterbild. Tra i suoi mille tentativi, conosceremo gli stravaganti abitanti, le loro paure, i sogni, le aspirazioni” (cit.). La storia nata dalla penna di Peppe Millanta (scrittore esordiente e anche musicista) è ambientata in un non-luogo (parto della feconda fantasia dell’autore) e tuttavia agganciata alla realtà, come i sogni. Quel che fanno tutti gli abitanti di Dinterbilt è “difendersi” dalla memoria, quella memoria che nella vita di tutti ha il compito di tramandare ma che comporta, di conseguenza, una bella dose di sofferenza e incertezze. Le immagini più evocative, che arrivano immediate al lettore sono sicuramente quelle del padre di Vinpeel, Ned Bundy, che passa tutto il suo tempo a scrivere messaggi che poi infila in una bottiglia e, dopo aver osservato per ore il mare, si decide a lasciarli in balia delle onde non prima di aver individuato un particolare momento, come se aspettasse l’onda giusta, quella che di certo avrebbe recapitato il messaggio (cit.). Come sempre, l’invito a partecipare agli incontri del club del libro è aperto a tutti, soprattutto a quelli che non hanno letto il libro.

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medicina Alla XII Settimana Internazionale della ricerca Phenomena 2018 la psicoterapeuta lametina Mariannina Amato riceve il primo premio La soddisfazione della premiata per un riconoscimento non atteso innanzitutto ai giovani, ha dato grandi soddisfazioni e il riconoscimento del 1° premio alla lametina la psicoterapeuta Mariannina Amato , a conferma della sua capacità professionale, avendo già raccolto diversi riconoscimenti, a livello nazionale , ed europeo.

La XII edizione della “Settimana Internazionale della Ricerca Phenomena” svoltasi a Napoli, con i propositi di promuovere la realtà scientifica e culturale de Mezzogiorno nei circuiti nazionali ed internazionali attraverso esperienze e testimonianze rivolte

Nata nel 2006, la Settimana Internazionale della Ricerca, fin dall’inizio, ha avuto come finalità il dialogo tra discipline diverse sui temi più avanzati della ricerca scientifica e dell’innovazione culturale ed ha visto coinvolte, anche nelle precedenti edizioni, numerose Università italiane e partner internazionali consolidati. Tra questi,

alcune prestigiose università straniere quali Harvard University e la Sorbonne, senza dimenticare l’University of the Arts of London e la United Arab Emirates University. «La notizia mi è giunta inaspettata», ha dichiarato la Amato, «e, avendo coincidenze di impegni, non sono potuta andare a Napoli per il ritiro di persona di questo importantissimo premio, che suggella e corona anni di impegno, sacrifici, e studi su tematiche che mi hanno sempre affascinato, riguardanti la mente umana».

Satirellando SATIRELLANDO

Esistono nel mondo vari tipi. Uno di essi è la iena: falsa combattente, fiera solo sulla scena. Messa in satira, tale figura, acquista in beltà e fierezza, ma, nella realtà, è solo l’ombra di se stessa…

La iena Come sotto luna piena, ecco avanza lei: la iena! Davanti fa il salamelecco, ma, poi, dietro, dà di becco; è alla moda, quanto basta, par non mangi mai la pasta, sempre a dieta, sempre attenta, lei procede lenta, lenta, come sotto i riflettori: Lamezia e non solo

a contraddirla, son dolori! Quando parla, ogni concetto, ha il sapore d’un verdetto, basta sol che alzi un braccio: finiscon tutti al tavolaccio! Ovviamente è una “galera”: stai dalla sua o è bufera se fai sempre il tuo dovere, le gira male e ti volta il sedere,

sa tradir col sorrisino, chi le sta molto vicino… Ma un “tallone d’Achille” l’annienta, crolla, al buio, a luce spenta, ha paura della tenebra, notte scura, dentro, le penetra: “Gran colosso dai piedi d’argilla!”! Questo è il responso della Sibilla!

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Il nostro territorio LETTERA AD UN AMICO

Partito democratico, emigrazione ed immigrazione, la politica dei nazionalisti/sovranisti Caro amico, l’articolo che di recente hai pubblicato affronta degli argomenti di natura politica e sociale piuttosto complessi che meritano di essere sottoposti ad un serio confronto dialettico in modo che se ne possano approfondire gli aspetti e coglierne bene le molteplici sfaccettature. Ti voglio perciò dire, qui, come la penso io in merito ad alcuni temi cruciali che hai sollevato nel tuo scritto. 1. Cominciamo dal partito democratico. Quando, 10 anni fa, fu fondato, io – di tradizione familiare popolare sturziana e democratico cristiana degasperiana - facevo parte della Margherita ed ero molto critico rispetto a quel progetto che ritenevo difficilmente realizzabile per la difficoltà che intravedevo d’integrare la cultura e la tradizione comuniste con quelle dei cattolici democratici che avevano militato nella Democrazia cristiana. Le alterne vicende del partito, fino ai giorni nostri, mi avrebbero dato ragione. Consentimi, a questo punto, prima d’inoltrarmi nel discorso che sto sviluppando, di accennare ad un pezzettino di “storia”, non politica, ma ideale, della mia famiglia. Mio padre, calabrese e lametino, aderì al Partito popolare di don Luigi Sturzo nel 1920, a ventuno anni, mentre si trovava in Veneto (dove il Movimento cattolico, fondato nel 1876, era molto forte….), nell’ospedale di Verona, per curare le ferite contratte nelle trincee del Carso durante la guerra 1915/18, per la quale era partito a 18 anni, non ancora compiuti. Era infatti nato nel 1899 e fece parte di quei reparti di soldati, appartenenti all’ultimo contingente abile alle armi, di cui l’Italia poteva disporre, che ci consentirono, dopo la batosta subita dal nostro Paese a Caporetto, di vincerla. Alla fine, per il valore, l’abnegazione e l’apporto di quegli imberbi ragazzi nelle ultime tre decisive battaglie combattute tra la fine del 1917 e la fine del 1918, furono denominati e passarono alla storia come “I RAGAZZI DEL ‘99…” Provenendo dalla tradizione sturziana, capirai bene che fu conseguenziale, per mio padre ed i membri della mia famiglia, aderire, nell’immediato secondo dopoguerra, ai valori, alle idee ed ai programmi della Democrazia cristiana di De Gasperi che del Partito popolare sturziano era il naturale erede e continuatore ideologico e politico... Riprendendo adesso il discorso momentaneamente interrotto,

aderii al Pd con le mie idee di cattolico democratico, sociale e popolare. E con tale patrimonio ideale vi sono rimasto. Mi sono inserito, quindi, nel Pd provenendo dalla corrente politico/ culturale democristiana, non dalla corrente politico/culturale comunistico/marxisiana. Ed oggi, la mia permanenza in questo partito è per ciò che ha fatto e fa e dice Matteo Renzi, non per un Pd diverso, se a dirigerlo dovessero essere persone, per esempio, come Speranza, Emiliano, Boccia, Cuperlo, Fassina, D’Attorre, e così via... Il tuo richiamo, quindi, alla vicenda di D’Alema, quand’era presidente del consiglio, che decise un blocco contro un barcone di albanesi che tentavano di entrare in Italia, non mi riguarda né mi appartiene; sia perché a quel tempo il Pd non esisteva ancora, sia perché, ripeto, vi ho aderito in seguito partendo dalle mie posizioni cattolico/democratiche, non comuniste. 2. Il fenomeno immigrazione/emigrazione è un fenomeno epocale, “biblico”, che riguarda paesi e territori non solo dell’Europa, ma del mondo. Pensa che Trump appena eletto manifestò l’intenzione di costruire un muro – come quello famigerato di Berlino o peggio - tra gli Stati Uniti e il Messico per impedire l’immigrazione dei messicani nel paese nord americano. Per quanto concerne l’Italia e l’Europa non sarà certo con le politiche xenofobe e sovranistico/nazionaliste di Salvini che lo si potrà risolvere. Questo, il furbastro leghista lo sa benissimo, ma preme sull’acceleratore ”prima gli italiani, no all’ingresso degli immigrati africani” perché è consapevole che quel problema genera negli italiani paura, rancore, odio, frustrazione, xenofobia... Forse tu hai dimenticato che durante la campagna elettorale il caporione leghista promise di espellere, se avesse vinto le elezioni e governato, 600mila emigranti che già si trovano in Italia. Salvini ha avuto una buona affermazione elettorale, governa, ma finora non ha espulso un solo immigrato perché l’espulsione presuppone un accordo bilaterale con il Paese di origine del profugo. Ed il leader leghista sa perfettamente che con nessuno, o con pochissimi, dei governi africani l’Italia ha stipulato accordi che regolamentino questa materia. La sua politica si riduce essenzialmente a degli annunci, come quelli pubblicitari, a cui, come allocchi, moltissimi italiani credono fino a votarlo. L’ho scritto in tempi non sospetti, ed ora mi ripeto. L’immigrazione africana verso l’Europa è un fenomeno complesso; va gestito e governato nel migliore dei modi perché implica problemi gravissimi di salvataggio di esseri umani in mare; di accoglienza ed integrazione di persone; comporta problemi di riassetto sociale d’interi territori... Non può quindi essere un problema, lasciato in carico ad un solo paese europeo, l’Italia o qualsiasi altro; se ne deve occupare l’Unione Europea nel suo complesso. Nota la coincidenza, però... Il furbastro carrocciano si guarda bene dal ricordare che il Trattato di Dublino II (…..

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allora si chiamava Convenzione di Dublino, non Trattato….), che ribadisce il “principio di responsabilità permanente del paese di primo approdo dei migranti”, fu approvato proprio da un governo di centro destra, presieduto da Berlusconi ed imbottito di leghisti... Tuttavia, per questo aspetto, Salvini esprime una considerazione sensata. E’ l’Europa che deve farsi carico di quella che va assumendo sempre più i contorni di un’autentica tragedia. Ma, guarda caso, lo scorso mese di agosto si è incontrato con Orban, il capo del governo dell’Ungheria, con un passato da comunista/ stalinista, ma adesso convertitosi e diventato fascista. E, tuttavia, rimasto impregnato di una cultura da dittatore. I due si sono fatti vicendevolmente i complimenti, sono stati prodighi di reciproche pacche sulle spalle; si sono mostrati soddisfatti degli apprezzamenti dell’uno verso l’altro e del patto anti-Europa che hanno ipotizzato per un futuro che loro immaginano non tanto lontano. Orban ha rinnovato a Salvini la sua amicizia, ma si è guardato bene dal promettergli solidarietà perché il capo del governo ungherese è il capofila dei Paesi Visegard che di accoglienza e di recepimento della richiesta salviniana di solidarietà fattuale con l’Italia nella distribuzione degli emigranti in Europa, non ne vogliono assolutamente sentir parlare... Bel cul-de-sac in cui s’è cacciato il capo leghista. 3. Per venire, più specificatamente, all’Italia io penso che noi dovremmo essere il popolo che più di ogni altro al mondo dovrebbe dimostrare capacità di aiuto, accoglienza, integrazione, “amore” verso i profughi dall’Africa e dal vicino Medio Oriente. Quasi tutti i Paesi del nostro continente, Italia compresa, hanno invaso e sottomesso l’Africa, l’hanno depredata delle sue risorse, le hanno rubato le sostanze ed i beni, l’hanno massacrata, scarnificata, ridotta in schiavitù ed alla fame ed al sottosviluppo. Noi, europei ed italiani, dovremmo chiedere perdono all’Africa per come ne abbiamo desertificata la vita e privata persino della speranza; chiederle perdono, come fa papa Bergoglio con i fenomeni di pedofilia che coinvolgono alcuni (pochi o molti che siano) preti della Chiesa cattolica. Caro amico, parte della ricchezza che oggi noi ammiriamo nelle più sfavillanti capitali europee dell’Inghilterra, Francia, Belgio, Olanda, Germania, Italia, Spagna, Portogallo ecc. grondano sangue; sangue africano, perché sono state edificate con la riduzione in schiavitù degli Africani; con le ricchezze prelevate dall’Africa, depredate al Continente nero. 4. E come dimenticare o sorvolare sull’emigrazione italiana? Noi siamo stati per secoli un Paese di straccioni emigranti; poveri, affamati, diseredati, analfabeti, ignoranti come oggi lo sono gli Africani; ramenghi per i cinque continenti. In milioni, gli italiani hanno popolato, nel corso di decenni, i Paesi di tutti i continenti. Portandovi la loro miseria nerissima, ma anche la loro genialità, il loro saper fare, la loro voglia di riscatto e di costruzione di un futuro migliore.

In alcuni di essi: Stati Uniti, Sud America……. abbiamo portato, al seguito degli emigranti siciliani, napoletani, calabresi il regalo più “bello”, più “appetibile”, più “lucroso” che potevamo offrire: vi abbiamo esportato la MAFIA, la ‘NDRANGHETA, la CAMORRA. Ce ne dovranno essere “grati”, quei popoli, per l’eternità…….In queste scorse settimane ho seguito alcune puntate della fiction televisiva: <<La Vita promessa>>. Ebbene, in quel filmato vi è delineato in modo sintetico, ma efficace, il processo di affermazione di alcune cosche di mafiosi, provenienti dalla Sicilia, nelle città americane all’epoca della grande depressione degli anni 1929 e seguenti. Ecco perché a me pare inconcepibile che possano esistere degli italiani meridionali, che possano condividere le idee del razzista-xenofobo Salvini. Nella predicazione salviniana, ieri erano i meridionali (ladri, sporchi, puzzolenti, pavidi, sfruttatori, parassiti, a cui non piace lavorare, che ingoiano e si abbuffano dei contributi dei settentrionali, per cui sarebbe meglio che Vesuvio ed Etna li spazzassero via……), i paria dell’Italia a cui bisognava dare addosso e sulle spalle dei quali far cadere tutto il rancore e le frustrazione dei settentrionali per averne il consenso elettorale (gli abitanti della bossiana “patria padana”….ricordi o no…?.....); mentre oggi, per “estorcere” anche i voti dei meridionali sono gli immigrati africani il bersaglio dell’odio salviniano/leghista, contro cui vengono aizzati, come famelici cani assatanati, tutti gli italiani. Scappino da guerre o emigrino per cercare di edificare un futuro migliore per loro e le loro famiglie, gli immigrati africani vengono indicati dai leghisti come coloro che ci tolgono il lavoro, stuprano le donne, rendono insicure le nostre città, minacciano la tranquillità degli italiani, uccidono ecc. ecc….. Stanno, insomma trasformando l’Italia dall’Eldorado che era prima che venissero loro nell’Inferno in cui è diventata oggi a causa della loro crescente presenza. E questo, mentre in tutto il Meridione, ed ora anche nel Settentrione (finalmente??), imprenditori, piccoli e grandi negozianti di ogni genere ecc. pagano mensilmente il pizzo, senza dire una parola, salvo eroiche eccezioni, alla mafia, alla ‘ndrangheta, alla camorra contro cui lo xenofobo Salvini, ministro degli interni e garante della sicurezza degli italiani, finora ha balbettato (ha ‘ncaccagghjiatu, si direbbe in dialetto lametino….) solo qualche frasuccia ma senza prendere nessun fattuale provvedimento per contrastarle... Ma noi, pazientemente, aspettiamolo che giunga la primavera giallo/verde che, a detta dei Dioscuri, ci risolverà tutti i problemi di qualsivoglia natura... Alla fine dovrà pur arrivare questa primavera…. come, negli anni ‘50 – tu non lo ricordi, io si! - sarebbe dovuto venire Stalin ...”ha dda venì Baffò”! Si gridava per le strade e nelle piazze d’Italia. Ma quell’evento fu aspettato invano perchè non si realizzò mai. Succederà così anche con la primavera giallo/verde?

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riflessioni bibliche

NICODEMO L A R I N A S C I TA

di Fernando Conidi

IL PERCORSO Nicodemo si era recato da Gesù di notte. Lontano da occhi indiscreti, egli intendeva trovare la risposta al suo dilemma interiore sulla figura di Gesù che, con le sue opere e le sue prediche, aveva messo in bilico la formazione farisaica su cui egli aveva basato la sua vita. Il dilemma interiore di Nicodemo nasceva dalla contrapposizione tra Gesù, che a lui appariva come un uomo di Dio, e il Sinedrio che invece lo condannava, ritenendolo un millantatore, un falso profeta. Sacerdoti, scribi e farisei, vedevano in Gesù un nemico del popolo, uno che metteva a rischio soprattutto il potere che scaturiva dalla loro posizione privilegiata nella gerarchia delle classi giudaiche. Nicodemo era un dottore della legge, membro autorevole del Sinedrio; su questa sua posizione egli aveva costruito le basi della sua esistenza. Ma la figura di Gesù, le sue prediche e le sue opere, lentamente, stavano disgregando le sue convinzioni sulla dottrina farisaica. UN UOMO GIUSTO Nicodemo era un uomo giusto e si rendeva conto che le opere di Gesù e le sue predicazioni aprivano un varco alla speranza umana e alla fede, che invece erano state spazzate via dai precetti giudaici che non servivano Dio ma la vanità umana. L’interpretazione della legge giudaica, da parte dei farisei, era asservita ai loro desideri di ricchezza e di potere e non alla giustizia di Dio. LA SCELTA Tutto ciò aveva determinato in Nicodemo la volontà di cercare la risposta giusta ai suoi dilemmi interiori, basati soprattutto sulla figura di Gesù, amato dal popolo, ma ardentemente odiato dal Sinedrio e da tutta la classe dei farisei. L’interrogativo più importante per Nicodemo era se Gesù poteva essere più di un semplice profeta, addirittura l’Unto del Signore, il Messia che tutti attendevano.

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Gesù discute con i Farisei

UN LUNGO TRAGITTO Finalmente, Nicodemo, tra l’ansia e il timore di essere visto e giudicato dai farisei, era giunto dove si trovava Gesù con i discepoli. Quel lungo tragitto sembrava non dovesse finire mai, tanta era la tensione che, affrettatamente, lo conduceva verso quell’agognata risposta. Finalmente poteva parlare con il Maestro e chiarire ogni suo dubbio. L’ora per decidere sulla sua vita era giunta; lontano da tutti, adesso poteva parlare direttamente con Gesù e ascoltare senza timore cosa avrebbe risposto quell’uomo di Dio alle sue domande. DAVANTI A GESÙ Nicodemo si trovava davanti a Gesù, scrutava il suo volto e poi quello dei discepoli, che avevano lasciato tutto per seguirlo; di sicuro loro avevano avuto la certezza che a lui ancora mancava. Nicodemo cercava nei loro volti, nelle loro espressioni, una risposta, un accenno di accettazione della sua presenza. Quegli uomini avevano già scelto; dai loro occhi traspariva una sicurezza che Nicodemo non aveva, e che interiormente ammirava, sperando che essa fosse un segno di conferma della sua scelta di cercare quella risposta certa su Gesù e sui suoi insegna-

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menti. I discepoli avevano lasciato ogni cosa per seguire il Maestro; in lui avevano riposto tutta la loro vita e la loro speranza. Anche Nicodemo, adesso, si trovava davanti alla scelta più importante della sua vita. Nel buio di quella notte, egli doveva trovare la luce che illumina il cammino verso la verità. Durante il tragitto in cerca di Gesù, egli aveva avuto il tempo di riflettere, ansimando per la risposta che avrebbe voluto avere, e che forse avrebbe sconvolto tutta la sua vita. Nicodemo era disposto a tutto, anche a buttarsi dietro le spalle quella vita che lo aveva visto sedere in mezzo ai farisei nel Sinedrio, come dottore della legge, per emettere giudizi senza speranza e senza giustizia. Egli non desiderava più appartenere a quel mondo, fatto d’ingiustizie e ipocrisie. Nicodemo adesso era solo con se stesso, si era divincolato da quei pesanti cardini attorno a cui ruotava la sua vita. GIUDICE DI SE STESSO Era quello il momento in cui doveva essere giudice di se stesso, e giudicare la sua stessa vita, non quella di un altro. Il percorso che Nicodemo aveva fatto sino ad allora era quanto gli potesse servire per capire. I suoi ragionamenti, le sue riflessioni erano venute fuori da un turbamento interiore che lo aveva reso infelice. Aveva assistito troppe volte alla falsa giustizia umana, che opprimeva i miseri e frodava del diritto i deboli del popolo, servendo i ricchi e i potenti (Isaia 10, 1-2). Egli amava la verità, ma la verità che lui cercava non era mai stata seduta accanto a lui nel Sinedrio, piuttosto l’aveva intravista nelle prediche di Gesù, nelle sue parole, nei suoi miracoli, che guarivano l’anima prima di guarire il corpo. IL DIALOGO CON IL MAESTRO Ma quel Rabbì era o no il Messia tanto atteso? Questa era la domanda principale di cui Nicodemo voleva conoscere la risposta. Quel Gesù tanto cercato, adesso, era davanti a lui. Il momento per quella

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riflessioni bibliche risposta era arrivato, finalmente! Nicodemo inizia il dialogo con Gesù, dicendo: “Rabbì, noi sappiamo che tu sei un dottore venuto da Dio; perché nessuno può fare questi miracoli che tu fai, se Dio non è con lui”. Così, con quella domanda, che lasciava trasparire la volontà sincera di capire di più, Nicodemo si apre a Gesù, ammettendo di sapere che egli è un uomo di Dio. Ma, nello stesso tempo, con quel “noi sappiamo” rivela la sua formazione farisaica, la sua posizione di membro del Sinedrio, di cui ancora non si era svestito. Ma Gesù non si scompone, accetta la sua affermazione come espressione della volontà di capire. Così, conoscendo il suo cuore, e la vera domanda che Nicodemo avrebbe voluto porgli (Gv 2, 25), gli risponde: “In verità, in verità ti dico che se uno non è nato di nuovo non può vedere il regno di Dio”. Gesù rispondendo non rivela se stesso, come avrebbe voluto Nicodemo, ma la condizione essenziale per entrare nel regno di Dio, per salvarsi. A questa risposta, Nicodemo rimane interdetto e, non comprendendone il significato, chiede ancora: “Come può un uomo nascere quando è già vecchio? Può egli entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e nascere? ”. Nicodemo, dottore della legge, preparato alla scuola dei farisei, interpreta le parole di Gesù come volessero indicargli una rinascita fisica dell’uomo, e i suoi dubbi aumentano ancora di più. Ma Gesù, a questa ulteriore domanda, risponde in modo indiretto, dicendo: “In verità, in verità ti dico che se uno non è nato d’acqua e di Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quello che è nato dalla carne, è carne; e quello che è nato dallo Spirito, è spirito. Non ti meravigliare se ti ho detto: ‘Bisogna che nasciate di nuovo’. Il vento soffia dove vuole, e tu ne odi il rumore, ma non sai né da dove viene né dove va; così è di chiunque è nato dallo Spirito”. Davanti a queste parole Nicodemo sembrava aver compreso cosa Gesù volesse significare, infatti, pur se meravigliato, gli dice: “Come possono avvenire queste cose?”. Ma Gesù gli risponde: “Tu sei maestro d’Israele e non sai queste cose?”; palesando quanto gli insegnamenti farisaici, costruiti sulla base della legge giudaica, ma lontani dai veri insegnamenti della legge Lamezia e non solo

Nicodemo all’incontro con Gesù

di Dio, fossero inefficaci per comprendere la verità. Infatti, coloro che in Israele venivano definiti “Maestri”, erano più incapaci degli altri di comprendere le sacre scritture e le parole di Gesù, poiché pur conoscendo la legge giudaica, non ne possedevano la vera interpretazione. Trasgredivano, infatti, i comandamenti di Dio in nome della tradizione, insegnando dottrine che erano precetti di uomini (Mt 15, 1-9). Aggiunge Gesù a Nicodemo: “In verità, in verità ti dico che noi parliamo di ciò che sappiamo e testimoniamo di ciò che abbiamo visto; ma voi non ricevete la nostra testimonianza”. FALSITÀ E ABILITÀ DEI FARISEI Il falso zelo per la legge giudaica, l’attaccamento alle tradizioni e l’interesse per il potere personale avevano reso i farisei sordi e ciechi ai richiami di Gesù. Essi non si convertivano neanche davanti alle evidenze della potenza di Dio, che Gesù manifestava apertamente nei miracoli. In loro non vi era amore per la verità, né la volontà della conversione. Commettevano ogni ingiustizia, ed erano abili nell’eludere i comandamenti di Dio, per tutelare la loro posizione sociale (Mc 7, 8-9). Erano avvolti in morbide vesti, ma il loro cuore era di pietra, così come il loro spirito che rifiutava il Signore. LA CONVERSIONE Nicodemo, pur essendo un fariseo, era un uomo buono, onesto, in grado di fare discernimento. Sarà capace, infatti, di prendere quella decisione di cambiare la sua vita, di abbandonare ciò su cui l’aveva costruita per camminare a piedi scalzi sulla strada della verità che Gesù gli aveva

lasciato intravedere quella notte. Nicodemo, in quella stessa notte, era rinato, era passato dalle tenebre alla luce di Cristo, rinascendo una volta per tutte nel cuore e nello spirito. Con quella decisione Nicodemo perderà tutto il potere accumulato nel tempo, gli amici e i parenti che condividevano con lui l’appartenenza alla classe dei farisei, ma riavrà se stesso, rinnovato e rinato nel Vangelo di Cristo. Sarà lui, dopo la morte di Gesù, assieme a Giuseppe d’Arimatea, a prenderne il corpo per deporlo nel sepolcro, avvolgendolo in bende e ungendolo con oli aromatici. Completerà con questo gesto la via verso la verità, riconoscendo in Gesù, il Cristo, l’Unto del Signore, il Messia che da tanto tempo il suo cuore attendeva.

Deposizione - Michelangelo Merisi da Caravaggio - Pinacoteca Vaticana, Città del Vaticano

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Rubricando di… psicologia

Il cibo degli dei

… e continua il nostro viaggio in compagnia di una delle principali figure intellettuali del pensiero psicologico e psicoanalitico Carl Gustav Jung avanza delle critiche notevoli nei confronti dei capisaldi portanti avanti dal suo maestro Freud, prima tra tutte l’eccessiva importanza data alla sessualità come base della personalità dell’individuo, a scapito della dimensione culturale caratteristica di ogni uomo. Jung reinterpreterà il concetto di libido attribuendogli una valenza aspecifica e generalizzata, e non più mera energia sessuale. L'energia psichica ha un carattere progressivo e regressivo, una è diretta verso l'esterno, l'altra resta stagnante all'interno. Entrambe devono partecipare alla dinamica psicologica. In questo senso cessa la divisione e l’opposizione tra estroversione e introversione della libido. In questo senso la libido è connessa strettamente ai simboli che sono i veri mediatori di energia psichica e permettono l'interazione tra la coscienza e l’inconscio. Il cibo appartiene alla sfera libidica, è legato all’ inconscio personale e quindi è suscettibile di fare affiorare ricordi infantili che abbiamo realmente vissuto e che ci fanno comprendere le sensazioni passate, legate all'esperienza del cibo nel suo significato più ampio: di relazione, di affettività, di gioia ma anche di quel "caos" probabile che ha inciso sul divenire di ognuno di noi. Il cibo ricrea il contatto nella sua valenza simbolica col nostro passato personale: coi nostri nonni, col gusto di ricevere ma anche con l'intolleranza a guastare ciò che ci veniva offerto. In questo senso, il significato simbolico dell'inconscio personale si ritrova nella nostre vicissitudini evolutive. Jung non è volto a caratterizzare l'ambivalenza della libido, ma più semplicemente il nutrimento o l'insoddisfazione verso esso e in ogni caso il modo in cui abbiamo metabolizzato le esperienze del cibo, cioè l'esperienza di relazione vitale. A livello dell'inconscio collettivo invece si modifica sensibilmente il significato del cibo. Esso ha un significato transpersonale, va oltre la storia della nostra vita e si porta dietro le emozioni, la cultura, la varietà di significati che la simbologia del cibo veicola a questo livello. Pertanto, il riferimento a Jung si rivela necessario perchè probabilmente ci permette di comprendere l'esperienza del cibo come declinazione storica, culturale e vissuta nelle più profonde aree della nostra vita psichica. Non è da sottovalutare che pag. 16

l'inconscio collettivo, rapportandosi a quello personale, ha un carattere compensatorio e prospettico. Nel caso della simbologia del cibo si può dire che esso produce significati relativi all'abbondanza ma anche alla compensazione. Il cibo è libido e quindi compensa e trasforma. L'inconscio collettivo è prospettico quindi addita e traccia processi in divenire in cui, in una certa misura, il cibo riveste una sua rilevanza. E pur operando un salto storico di secoli giungo , con calabra fierezza, a scrivere di colui che nacque a Stilo, l’illuminato Tommaso Campanella ( 1568-1639 ), poeta, filosofo, teologo e riformatore,al quale per dirla con De Santis “Nessuna parte dello scibile gli è ignota […] è un primo schizzo di enciclopedia, un primo albero della scienza. Dovunque fissa lo sguardo, vede o intravede cose nuove”. Anche i frutti e gli alimenti non sfuggirono alla sua sete di sapere. Nel misterioso e affascinante Medicinalium iuxta propria principia libri septem (1635) esplora le virtù del peperoncino, in senso terapeutico e di efficace persuasione erotica, dando così inizio ad una singolare farmacopea erotica che influenzerà l’alimentazione , la medicina e l’alta gastronomia. Nel convento domenicano di Nicastro , dove il filosofo di Stilo soggiornò, a proposito dei limones neocastrenses scrive “E in Nicastro vidi con più meraviglia cedri fatti a guisa di membro e altri di cunno con tanto magistero quanto nell’uomo e nella donna” ( Teti, 1995). Anticipazioni intriganti , corrispondenze di piacere e emozioni che disegnano il profilo e l’identità dei popoli , che narrano idee e pratiche sociali , implicazioni simboliche e nutrizionali. Ma non possiamo fare a meno di volgere lo sguardo oltralpe che a Belley, ai piedi delle Alpi, in particolar modo a Anthelme Brillat –Savarin (1755-1826), magistrato, politico e gastronomo francese che deve la sua fama all’opera La fisiologia del gusto in cui le sue “meditazioni di gastronomia trascendentale” non si fermano al cibo, ma vi disegnano intorno un intero universo. A caratterizzare la sua scrittura di intellettuale gastronomo le citazioni, gli aneddoti GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

storici , i consigli e l’importanza della memoria che percorrono il suo lavoro fino a farlo diventare un caposaldo in tale genere e modello per la letteratura culinaria successiva. Una scrittura/ nicchia di curiosità che mette nel contempo in evidenza l’aspetto sociale del cibo, piuttosto che esclusivamente quello edonistico , e che ci restituisce , proprio per queste meditazioni, una ri-visitazione delle funzioni del cibo e del convivium assegnando all’opera una modernità di grande interesse per gli studiosi del settore , e non solo. Ecco una delle meditazioni di BrillatSavarin: “Nel considerare i piaceri della tavola sotto i più diversi aspetti, m’ero reso conto da tempo che in questo campo c’era da fare qualcosa di meglio di un semplice libro di cucina, e che molto si poteva dire su funzioni così essenziali e che influiscono così direttamente sulla salute, sulla felicità e persino sugli affari”. E ancora un altro salto di qualche secolo e giungo nel nostro tempo per ringraziare una donna che con la sua scrittura ha contribuito alla stesura di questo mie riflessioni , anzi ha fornito, insieme alla mia innata curiosità sull’argomento, la determinazione a ricercare, approfondire, a fare della tematica il lavoro finale del mio percorso triennale. Parlo di Giuseppina Torregrossa , scrittrice siciliana che ha fatto della cucina e del cibo luogo di memoria, relazioni , introspezione. Nobilitandone e riscattandone l’immagine, spesso trascurata, privata del suo ampio segmento culturale; quasi sempre dominio pubblico e lavorativo di genere maschile che difficilmente ne ha letto , col cuore e con la mente , lo spazio umano in cui crescono emozioni, sentimenti, in cui si delineano saghe familiari che raccontano la storia, una storia di appartenenza e identità , uno spaccato antropologico e sociologico che va ben oltre la mera esecuzione di ricette , di effimero e superficiale edonismo. E questo è merito, ancora una volta, delle donne (Simonetta Agnello Horby, Stefania Aphel Barzini , Stefania Bertola , Laura Mancinelli), tante, che hanno declinato la letteratura su un cifra esistenziale di fondaLamezia e non solo


Associazionismo

Il Cenacolo filosofico

alla sua ventiseiesima edizione (1992-2018) E’ ripartito, da giorno 6 ottobre, l’appuntamento mensile della storica e ormai collaudata rassegna culturale, curata dal professore Filippo D’Andrea, teologo e docente di storia e filosofia nei licei, autore di innumerevoli pubblicazioni. I temi, strutturati per ogni incontro, sono moderati secondo quella caratteristica, che ne è metro di successo in tutti questi anni. Il cenacolo è un convivio di relazioni nel gusto di un’interazione viva tra chi parla e chi prende la parola, per poterne riparlare. L’idea è, appunto, quella di offrire spunti, perché si possano trapiantare in ulteriori riflessioni: un lessico contadino che pare funzionare. D’Andrea apre l’edizione all’insegna del pensiero gioachimita, mettendo in rilievo lo slancio della Terza Età, il Tempo dello Spirito, a partire da una Regione, dove tutto si può, per Spirito, e a ragione. Viene presentato il professore Francesco Polopoli, docente di latino e greco presso il Liceo Classico di San Giovanni in Fiore, nonché membro del Centro internazionale di studi gioachimiti e socio fondatore dell’Associazione mentale importanza e di incontro con l’altro, ambito che era necessario riscattare dal ruolo di diminutio cui era stata finora relegata. “Lollo dammi la manna” -- disse Maricchia - “ la manna , come polverina magica, fu lasciata cadere tra le gambe di Romilda […].Quando nasceva una bambina , la famiglia Gelardi usava mettere la manna tra le gambe della neonata, una sorta di rito propiziatorio. Era quello, secondo loro, il vero tesoro di ogni donna, e bisognava addolcirlo […]. E, se non bastava la manna, si aggiungeva il miele, una goccia sulle manuzze, una sulla vuccuzza, una sullo[ …]” (Torregrossa , Manna e miele, ferro e fuoco) E allora anche descrizioni tali diventano tenerezza , poesia memorativa e raccontano la storia di secoli , e di ora. Di relazioni , credenze, tradizioni, dinamiche di gruppo che ci consegnano la storia e la sua lettura. E nell’altro intrigante romanzo dell’autrice, protagonista è il caffè“ Il profumo si diffuse leggero come una carezza , poi si fece più forte, solido, Manna e miele, ferro e fuoco, quasi un abbraccio, infine l’aroma divenne un grumo di nostalgia dentro ai loro cuori. Roberto insinuò la mano in quella di Viola , lei lo guardò di sottecchi – Non c’è caffè senza amore- sussurrò lui” (Torregrossa , 2014). E ancora "Il conto delle minne dev'essere pari: due seni, e Lamezia e non solo

“Il cammino di Gioacchino da Fiore”. Varii sono i punti di attualizzazione del pensiero florense. Gioacchino porta, a tutti gli effetti, una dose di ottimismo in tempi di crisi: in un mondo che va allo scatafascio, l’idea di una palingenesi rigenerativa e di una rifioritura di tempi spezza, infatti, l’apocalittica politica in direzione di un cambio di pagina, tarato sui bisogni di tutti, e migliore. L’immagine del fiore, poi, è servita per sottolineare il valore della prossimalità: i fiori, dice l’abate di spirito profetico dotato (Dante Alighieri), sono vari e variegati e si includono senza escludersi dalla bellezza del Creato. Il prof. D’Andrea, a chiusura del dibattito interlocutorio, vivo e partecipe, così come numeroso, per la presenza d’uditorio, ha evidenziato la geografia spirituale della nostra Calabria nel nome di tutte quelle personalità meridiane che non smettono di dare lustro ad un’identità spesso schiacciata da pregiudizi.

due dolci, per ogni fanciulla" raccomanda nonna Agata alla nipote Agatina mentre impastano le cassatelle a forma di seno, le minne appunto, per la festa della santa di cui entrambe portano il nome”.“Ero grata a mia nonna per le sue attenzioni , i piccoli gesti affettuosi,le carezze leggere, gli incoraggiamenti non richiesti, i complimenti a non finire che abbisognano ai bambini per crescere sicuri e sviluppare la fiducia nella vita” (Torregrossa, La miscela segreta di casa Olivares). E , così, dal profumo della miscela di casa Olivares e dall’ impertinente ciliegina sulle minne/cassatelle siciliane, si apre un scenario di umanità, che ci disvela profili identitari di sublime bellezza, di intensità emotiva, di gioia e dolori, di pace e di guerra, di amori , sensualità e erotismo; in una Sicilia che, sin dalla notte dei tempi, ha fatto del cibo luogo privilegiato di incontri , di miti e di riti , di voti e preghiera, di credenze e tradizioni. E concludo con un’ode alla mia terra, la Calabria, terra d’amore e di follia. Ode alla soppressata Oh soppressata degli Enotri vanto che ammaliasti forse più di Lighea il valoroso Ulisse quando pié posò su terra calabra tra Brutii , barbari e altre genti ancor

di animo in animo addolcisti i cor Amor, estasi, passione ardente, eroici furori, tremori, palpitii anche tu pulsavi di un sol fremito che la natura tutta percorrea Oh soppressata degli Enotri vanto … Terra amara e amata, dolce, piccante e rossa tutto concentri tu dentro al tuo scrigno trasmetti impeti e tocchi con le tue grazie il cor Oh soppressata degli Enotri vanto E una lacrima lenta, furtiva, densa scorre ancor a mitigare l’antico dolore Mai strazio di umana carne o di popolo più dolce fu Oh soppressata degli Enotri vanto … E tu, fanciulla, dalle gote rosse dai seni rigogliosi e dolci fremiti , tu a lei guardi con infinito amor E tua è la sua lacrima Che è sapor d’amore e di follia… Godi ,fanciulla mia, e più non ti privar

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( Michela & C. )

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“Contemplazione filosofica.

Teoria e tecniche del Contemplativo” di Ran Lahav prefazione e traduzione di Filippo D’Andrea1 1 Filippo D’Andrea, laureato in Filosofia all’Università della Calabria, dove si è anche specializzato in Filosofia,

Psicologia, Pedagogia e Storia; laureato in Teologia alla Università Pontificia Salesiana in Roma; Master in Counseling Filosofico all’Università “Tor Vergata” di Roma; infanzia in Australia e di madre lingua inglese, ha frequentato l’Istituto Universitario Orientale di Napoli. Autore di innumerevoli libri di filosofia e teologia e tiene conferenze in Italia.

La filosofia contemplativa di questo volume riflette sui temi fondamentali dell’esistenza a partire dalla profondità interiore. Contemplare filosoficamente porta al di là degli schemi mentali verso un nuovo realismo cognitivo. Quando contempliamo gli scritti dei grandi filosofi del passato partecipiamo al grande coro dell’umanità e viviamo l’incontro con le coordinate fondamentali della realtà umana. Questo pamphlet è una guida pratica e teorica per la contemplazione filosofica, destinato ai contemplativi sia esperti che principianti, ai filosofi e non. Spiega principi generali, concetti base e una significativa varietà di tecniche pratiche. L’idea di tradurre questo libro mi è venuta man mano che lo leggevo ed appena ho comunicato questa mia volontà a Ran Lahav, l’ha accolta con grande entusiasmo e fratellanza. Capitolo dopo capitolo, inviavo il testo in italiano e l’autore rispondeva con parole di entusiasmo e gratitudine: questo atteggiamento mi ha fatto capire che il suo profilo umano è degno della sua immagine di filosofo conosciuto a livello mondiale. Il lavoro di traduzione mi ha riempito dunque di soddisfazione perché ho avuto modo di conoscere Ran Lahav non solo come uno dei più grandi filosofici consulenti ma anche per essere un grande uomo. Ran Lahav mentre lavorava da filosofo e neuropsicologo nelle università americane e israeliane incontra nel 1992 Shlomit Schuster che gli parla della pratica filosofica affascinandolo ed inizia a studiarla e praticarla. Nel 1994 con Lou Marinoff promuove il primo congresso mondiale in Canada, nella città di Vancouver, ed il 1995, assieme a Maria Tillmans, cura il libro “Essays on Philosophy Counseling”, che costituisce riferimento fondamentale e strumento di conoscenza della consulenza filosofica in pag. 18

America del Nord. In pochi anni la sua figura viene accostata al fondatore delle pratiche filosofiche, il tedesco Gerd Achenbach, ma con un taglio diverso, avendo Lahav intuito che la grande maggioranza dei consulenti filosofici coglie come elemento principale l’orizzonte di comprensione dei consultanti, la loro “concezione del mondo, della vita, del sé, della moralità”.1 E ciò si evince dal senso che danno alle cose, alle scelte, ai comportamenti, a tutta la sfera della loro esistenza attraverso una “comprensione vissuta”, secondo il concetto lahaviano.2 Scrive infatti Lahav: “la comprensione vissuta è qualcosa di cui la persona non è necessariamente conscia. Ma non è nemmeno qualcosa di inconscio, perché non è una struttura psicologica che risiede nella mente della persona. E’ piuttosto il significato, la conseguenza o la logica dell’atteggiamento della persona verso la vita”.3 Egli definisce la filosofia “una ricerca senza fine, uno sforzo di apertura creativa a nuovi orizzonti”4 e su questa linea il filosofo consulente accompagna i suoi consultanti “a scoprire diversi significati che sono espressi nel loro modo di vivere e ad esaminare criticamente quegli aspetti problematici”,5 in un percorso significante che mira ad avvicinarsi al terreno profondo dell’esistenza, giacimento del senso più alto e sorgente della vita buona, luminosa di verità e spendente di bellezza. Questo è il territorio fonte della saggezza, ovvero 1 Ran lahav, Un quadro concettuale per la consulenza filosofica, in Idem, Comprendere la vita, Apogeo Ed., Milano 2004, p. 12. 2 Ran Lahav, Philosophical Counseling and Taosms. Wisdom and lived philosophical understanding, in Journal for chinese philosophy, 23(1996). 266. 3 Ran Lahav, Che cosa c’è di filosofico nella consulenza filosofica?, in Idem, Comprendere la vita, p. 137. 4 Ibidem, p. 142. 5 Ibidem, p. 18.

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di una filosofia che lavora sull’uomo in un itinerario di discernimento della personale visione della vita, in un camminare più profondo ed elevato, più ampio ed analitico. In tale paesaggio la pratica filosofica coltiva un’ermeneutica del mondo che si rinnova permanentemente: un cammino che si affaccia oltre il proprio regno interiore per cercare domini lontani, di frontiera. Qui Lahav matura il convincimento della filosofia come viaggio oltre la persona6 e per questo concetto offre al consultante materiale di lettura e meditazione per un approccio personale in momenti fuori dalla seduta dialogica. Un altro aspetto da tenere presente secondo Lahav è che lo stile personale della propria esistenza esprime la visione della vita non pensata e quindi inconscia: la pratica filosofica consente di rendersene conto esaminando l’agire, i progetti, le emozioni, gli aneliti ecc. In una battuta: il proprio modo di vivere rivela la propria visione della vita. Il filosofo della consulenza è il filosofo della coscientizzazione, il filosofo dell’autochiarimento, giacché si orienta alla comprensione delle dinamiche di senso dentro il pensare dell’uomo che vive la sua esistenza e ne determina il corso o ne subisce gli effetti, spesso senza sufficiente consapevolezza. Il filosofo del discernimento esistenziale dipinge l’affresco di tutte le coordinate dell’esistere, nell’intento di accompagnare il consultante ad esaminarsi, ad approfondirsi, ad individuare e distinguere, a confrontarsi e riorganizzarsi la vita e, in questo laboratorio interiore, a rimisurare i dilemmi perché collocati in un nuovo paesaggio intimo che offre un diverso metro ed una differente bilancia. In questo scenario si apre la vita al respiro della saggezza che solo la filosofia dalla e della vita può regalare. FINE PARTE I - continua al prossimo numero 6 Ran Lahav, Philosophical Counseling as a Quest for Wisdom?, in Practical Philosophy, 4, 1(2001), 6-18.

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Il parere del pedagogista

Una madre, una donna in difficoltà “Buongiorno sono la mamma di 2 bimbi di 8 e 7 anni siamo in un periodo delicato xke ho deciso di separarmi dal padre dei miei figli. Il problema é che il padre non accetta la cosa e ne risentono i bimbi tanto che il grande con me si ribella in tutto dai compiti al cibo alle chiacchierate giornaliere dicendomi bugiarda non mi costringere cose da lui mai dette. Il piccolo invece tutto sommato si comporta bene e vede che il fratello grande é cambiato. Vorrei sapere come comportarmi con lui xke le sue reazioni mi fanno davvero soffrire il suo comportamento peggio ancora aiutatemi”. Gent/ma signora e madre, Innanzitutto conviene ricordare sempre che, a prescindere dalla delicatezza e dalla sensibilità dei genitori che decidono di separarsi, il bambino è comunque coinvolto in queste dinamiche, visto che la separazione dei genitori porterà inevitabilmente ad una serie di molteplici cambiamenti nel contesto familiare. E’ fuor di dubbio che l’età del minore al momento della separazione, la sua personalità, la capacità di resilienza, il livello di conflittualità coniugale, le modalità con cui i genitori gestiranno la separazione, sono tutti fattori che incidono sul modo di reagire alla nuova condizione familiare. Per una valutazione della vulnerabilità del bambino c’è bisogno di analizzare l’interazione tra fattori di rischio e fattori protettivi presenti nel suo ambiente familiare e sociale (es. elevata conflittualità; forte distacco da uno dei due genitori; alta autostima o bassa autostima del bambino, ecc.). In età scolare, come nel nostro caso, la separazione dei genitori generi vissuti di insicurezza, imbarazzo, un senso di perdita e incapacità legati alla mancanza di una guida, di una figura (madre o padre) che stia al suo fianco, lo aiuti e lo riconosca. Nei casi di pessima gestione della separazione compaiono con una certa frequenza nel bambino somatizzazioni, umore depresso, difficoltà scolastiche e di socializzazione. Altro aspetto, da tenere in debita considerazione, è quello che Suo figlio Lamezia e non solo

si sta avvicinando alla fase evolutiva preadolescenziale che può comportare maggiore rischio di sviluppare condizioni di disagio psicoemotivo in caso di separazione genitoriale. L’allontanamento di uno dei due genitori dovuta ad una separazione gestita negativamente, conflittuale e non accettata da uno dei coniugi (come nella fattispecie), in questo particolare momento evolutivo più che in altri può condurre a problemi d’ansia, abbassamento del tono dell’umore, problematiche comportamentali. Non sono infrequenti scambio dei ruoli in cui il figlio si schiera con il genitore percepito come fragile ed emotivamente bisognoso (una sorta di alleanza emotiva con il genitore che viene rifiutato dall’altro) e cerca di sostenerlo, con agiti che vanno a discapito della propria incolumità di crescita e benessere psicoevolutivo. Torna utile ribadire che non è tanto la separazione in sè a determinare disagi nei figli, quanto piuttosto i fattori emotivi, cognitivi, relazionali presenti dentro la famiglia, che possono essere elementi di protezione o di scompenso emotivo – affettivo, oppure di rischio. Allora, è necessario ricordare che i genitori separati, o prossimi alla separazione, hanno un ruolo e compito importante nel sostenere ed aiutare i figli alla comprensione ed adattamento alla nuova condizione familiare. In particolare per cercare di ridurre i possibili segnali di disagio sarebbe importante:

1. essere chiari con i figli e spiegare quello che sta succedendo, evidenziando che loro non sono responsabili della separazione; 2. garantire una relazione significativa e continuativa tra ciascun genitore e i figli anche dopo la separazione (maggiore dialogo e comprensione che conduca alla tutela dei minori); 3. mantenere aperto il dialogo e la disponibilità di entrambi; 4. mettere in cattiva luce l’altro genitore (es. che è stato violento quando non è vero, che non ama più i figli, ecc.); 5. essere disponibili a sintonizzarsi emotivamente con i minori e con il loro eventuale disagio, ascoltandoli e invitandoli ad esprimere i loro vissuti. Laddove si ravvisino segnali di disagio nei figli o ci si renda conto di essere in difficoltà nel gestire la propria separazione, è bene ricordare che se si è falliti come coppia coniugale, non si può smettere di essere coppia genitoriale, comunque è sempre possibile chiedere aiuto a figure professionali specifiche, deputate tanto al sostegno di Suo figlio e, nondimeno, alla vostra funzione genitoriale in fase di separazione.

Raffaele Crescenzo

Pedagogista –ambiti di intervento/aiuto: Pedagogia Familiare–Pedagogia della Salute Pedagogia e Psicologia dell’adolescenza Contatti: creraf@libero.it Cell. 3479712654

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Sport

Danilo Pileggi Un nicastrese all’Olimpo del calcio

Cresciuto nelle giovanile di: Alma Mater-Juventus club e Nuova Bella.

Dopo undici campionati di serie A. due di B e tre di C, intraprende la carriera di allenatore .

Si trasferisce giovanissimo ad Alessandria in serie C dove disputa due campionate1975-76 e 1976-77.

Centrocampista, m 1,82, kg 74

L’anno seguente passa Torino in serie A dove disputa un campionato 1977-78. Passa all’Ascoli in sere A 1978-79. Ritorna a Torino nella stagione seguente. Nella stagione classica l980-1981 passa al Bologna disputando due campionati di serie A 1980-81 e 1981-82 ed uno di B. Ottobre 1982 passa al Cagliari in serie A. Nella stagione 1983-84 ritorna a Torino dove disputa cinque campionati dal 1983 -1984 al 1987-88 in serie A. Ottobre 1987 passa a Barletta in serie B. L’anno seguente 1988-89 passa all’Avellino in serie B. Anno 1990-91 tesserato dalla Vigor Lamezia. Nazionale under 21 e nazionale olimpico.

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PILEGGI Danilo - 18-1-1958 Nicastro (CZ)

Esordio in A: 12-3-1978 - Torino-Bologna 2-0 1975-76 Alessandria C 4 — 1976-77 Alessandria C 32 2 1977-78 Torino A 1 1 1978-79 Ascoli A 25 — 1979-80 Torino A 12 — 1980-81 Bologna A 30 1 1981-82 Bologna A 23 2 1982-83 Bologna B 6 — ott. 82 Cagliari A 20 2 1983-84 Torino A 26 — 1984-85 Torino A 17 — 1985-86 Torino A 9 — 1986-87 Torino A 10 1 1987-88 Torino A — — ott. 87 Barletta B 29 1 1988-89 Avellino B — — 1990-91 Vigor Lamezia C 84 —

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Sport

Storica impresa del Tennis Club Soveria Il circolo di Soveria Mannelli ottiene la promozione in D1 In questa ultima domenica di settembre, sui campi da tennis comunali di Soveria Mannelli, si è disputata la finale play-off tra l’ASD Tennis Club Soveria e il Circolo Tennis Crucitti valevole per la promozione in D1. Dopo 11 ore interminabili, 3 singolari e 2 doppi, l’ASD TC Soveria ha ottenuto la vittoria nel doppio di spareggio. La sfida non parte nel migliore dei modi per il circolo di casa infatti Gennaro Cardamone si arrende al reggino Stefano Alvaro dopo un match durato più di 3 ore e 30 minuti. Nel secondo match Emanuele Portafoglio batte Luca Pellabruni e riporta la sfida in parità. Nel terzo singolare il giovanissimo Sergio Cerra non riesce a vincere contro Andrea Sarica e il CT Crucitti si porta sul 2-1. A questo punto la squadra di Soveria è costretta a vincere il successivo match con la speranza di portare la sfida al doppio di spareggio. Qui si compie il primo capolavoro: la coppia Sergio Cerra-Emanuele Portafoglio vince in due set contro la coppia Stefano Alvaro-Andrea Sarica, mai sconfitti finora. Sul risultato di 2-2, la squadra di casa ci crede ancora e davanti ad un pubblico numerosissimo e motivatissimo, si va al doppio di spareggio. Scende nuovamente in campo la coppia Sergio Cerra-Emauele Portafoglio che, dopo aver annullato un match point nel secondo set, va a

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trionfare nel terzo set portando così a casa il punto che vale la promozione in D1. Il pubblico presente che ha sofferto ma sperato fino all’ultimo insieme alla squadra, esplode di gioia e la felicità di tutti è incontenibile. Il percorso fino alla vittoria è stato quasi perfetto: su 8 incontri disputati il TC Soveria ha perso solo una sfida contro il TC Quintieri. È doveroso menzionare tutti i componenti della squadra che hanno compiuto questa incredibile vittoria: Gennaro Cardamone, Antonio Cerra, Emanuele Portafoglio e i due ragazzi Giuseppe Pascuzzi e Sergio Cerra. Per un piccolo centro come Soveria Mannelli è un risultato grandissimo,molto gratificante e frutto del duro lavoro della scuola tennis del circolo, e della continua attività amatoriale e federale. Grazie alla crescita esponenziale dei più giovani e al miglioramento dei meno giovani è stato possibile compiere questo miracolo sportivo a riprova che nel nostro circolo l’attività federale non ha nulla da invidiare ai più rinomati circoli calabresi. Da segnalare infine che per la prima volta a Soveria Mannelli un circolo tennis ha ottenuto una promozione D1 con solo componenti soveritani DOC.

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l’angolo di tommaso

riflessioni poetiche Il mondo mi rappresenta, il mondo ci rappresenta... cambio il tempo del verbo, il mondo dovrebbe rappresentarci. Guardiamoci intorno e fermiamoci qualche minuto

insoddisfazioni, in un castello di superficialità e illusioni. Il risultato è un vuoto senza precedenti. Inoltre viviamo nella contraddizione di essere più o meno consapevoli delle gravi

Il problema è quello spazio vuoto tra la mente e il cuore... per fare una breve ma intensa riflessione: ciò che ci circonda sembra colorarsi sempre più di un senso di estraneità. Si è andata costruendo una società che falsamente ci vuole far credere sia modellata per rendere felici e soddisfatti gli esseri umani, un enorme supermercato che stimola la nostra avidità, le nostre frustrazioni, le nostre

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problematiche che invadono il nostro tempo: eppure la forza della pubblicità, dei finti dibattiti televisivi, del tutto-è-unprodotto ha un potere ipnotico capace di addomesticare il gran pubblico di cui è popolato il globo terrestre. La felicità, chimera, perenne promessa diventa un sogno sempre più disperato... almeno sognarla

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di notte questa felicità, spesso è difficile anche questo. È una enorme vetrina piena di luce accecante il nostro vivere, una luce però, a pensarci bene talmente falsata che il buio è costantemente presente all’orizzonte.

Immagina Immagina un attimo Di autentica allegria, Invece di un’alba senza luce, Di un tramonto Spazzato via dalla noia. La fatica di esistere...

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poetando

Le mie poesie Cala la bruma… Cala la bruma su questa notte scura in cui pure la luna fa fatica e le figure diafane, trasfigurando, non hanno più contorni. L’orologio della Torre, incastonata nel Solenne, ha stabilito ch’io ritorni: cosi’ m’appresto, inerme e senza orme, verso i confini della Valle. Poche vivide faville di una torcia rischiarano il mistero dei ricordi levigati dal Tempo e dalla Mente: le avrei chiamate Vita se solo avessi saputo. Oggi che il Tempo è divenuto muto sono lacrime di cristallo d’un rimpianto aguzzo come stalattite che solcano le rughe d’un Tempo consumato senza essere mai speso. Sull’ albero del Pianto Sull’albero del pianto t’ho visto cogliere grappoli d’amore e come in una vendemmia trasformarli in vino. T’ho visto riporre nel granaio grandi messi e d’un ruscello conservare l’acqua. E mentre danzavano le ore del destino di tutto farci dono perché dopo la notte avessimo un mattino. Sulle montagne del Dolore t’ho visto rubare i raggi al sole

ed alla luna il suo candore e poi di tutto farci dono mentre al poeta dettavi le parole perché memoria non sia una lacrima aguzza come stalattite ma un angelo del cielo che venga ad asciugarci il viso. Dolce sorella Portami con Te dolce sorella in quell’eternità che più vita non muta. Col tuo mantello nascondimi al Dolore chè non mi sia più ombra e nel guado che con Te mi accingo a superare lascia svanire la memoria chè m’impedirebbe di volare. Sarò cosi’ come un gabbiano che guarda da sopra il mare; che nel suo volo verso il sole non sentirà più il sapore aspro del suo sale. Sarò come la luna, tra mille pianeti e mille stelle, in uno spazio senza confini e il tempo più non avrà misura. Sarò come un fiore che per crescere si offre al sole senza paura poi d’appassire perché questo vivere cosi’ è già morire. Eternità Come onda che alla spiaggia giunta al mar languida torna e si riforma, questo navigar perenne e inquieto in questa umana vita, che appena sfiora il Tempo, assai m’è di duol cagione. Almeno finchè io che sono solo Idea o Sogno

Testata Giornalistica Di tutto un po’ - lamezia e non solo anno 26°- n. 47 - ottobre 2018 Iscrizione al Tribunale di Lamezia Terme dal 1993 n. 609/09 Rug. - 4/09 Reg. Stampa Direttore Responsabile: Antonio Perri Edito da: GRAFICHÈditore Perri Lamezia Terme - Via del Progresso, 200 Tel. 0968.21844 - e.mail. perri16@gmail.com Stampa: Michele Domenicano Allestimento: Peppino Serratore Redazione: Giuseppe Perri - Nella Fragale - Antonio Perri Progetto grafico&impaginazione: Grafiché Perri-0968.21844

Le iscrizioni, per i privati sono gratuite; così come sono gratuite le pubblicazioni di novelle, lettere, poesie, foto e quanto altro ci verrà inviato. Lamezia e non solo presso: Grafiché Perri - Via del Progresso, 200 -

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non tornerò al Gran Segreto che mi generò per questo ed in tal guisa finchè il Tempo in Eternità non muta. L’impronta Aver vissuto oltre gli affanni con la memoria poi sfatta dagli eventi o solo in tempo d’un’Impronta che importanza vuoi che sia se poi di te resterà Idea o Fantasia. A mio padre Al tempo dell’uva e a quello del grano; alla pioggia che più orma non lascia; al profumo di zagare che il dolore stordisce; agli alti pini che il vento scuote; a quella luna che vanitosa nel fiume si specchia ed in cielo riposa e a quella nebbia si’ dispettosa che danzando nel cielo un po’ la nasconde, la lascia andare e poi la riprende; alla mia vela che per la brezza trema nel mare in cui oggi la mia anima rema; alle conchiglie sul bagnasciuga lasciate orfane delle tue parole quando a te tendevo le mani, oggi uomo e ieri bambino, come ad una quercia o una sequoia; alle campagne non rese più allegre né dai colori di ieri, oggi vestiti di nero, né da lievi farfalle o dal canto dei grilli; a quella stella, mille anni e mille ancora lontana ma che da oggi già brilla nel mio domani; al bacio della terra ch’è li’ che t’attende e all’arcobaleno che sopra si stende; io chiedo asilo da questa sera in cui un gabbiano ha cominciato il suo volo in quell’Eternità ch’è andata solo a dormire.

88046 Lamezia Terme (Cz) oppure telefonare al numero 0968/21844. Per qualsiasi richiesta di pubblicazione, anche per telefono, è obbligatorio fornire i propri dati alla redazione, e verranno pubblicati a discrezione del richiedente il servizio. Le novelle o le poesie vanno presentate in cartelle dattiloscritte, non eccessivamente lunghe. Gli operatori commerciali o coloro che desiderano la pubblicità sulle pagine di questo giornale possono telefonare allo 0968.21844 per informazioni dettagliate. La direzione si riserva, a proprio insindacabile giudizio, il diritto di rifiutare di pubblicare le inserzioni o di modificarle, senza alterarne il messaggio, qualora dovessero ritenerle lesive per la società. La direzione si dichiara non responsabile delle conseguenze derivanti dalle inserzioni pubblicate e dichiara invece responsabili gli inserzionisti stessi che dovranno rifondere i danni eventualmente causati per violazione di diritti, dichiarazioni malevoli o altro. Il materiale inviato non verrà restituito.

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La parola alla Psicologa

Cos’è l’ADHD (Sindrome da Deficit di Attenzione e Iperattività) Il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, o ADHD, è un disturbo evolutivo dell’autocontrollo. Esso include difficoltà di attenzione e concentrazione, di controllo degli impulsi e del livello di attività. Questi problemi derivano sostanzialmente dall’incapacità del bambino di regolare il proprio comportamento in funzione del trascorrere del tempo, degli obiettivi da raggiungere e delle richieste dell’ambiente. Sono quei bambini che troviamo nei treni, alle scuole, alle feste dei bimbi e che si mostrano continuamente agitati, che non riescono mai a stare fermi. Quando questi bambini iniziano a frequentare le scuole, il comportamento problematico diventa un vero e proprio ostacolo al conseguimento degli obiettivi personali, tanto più se le insegnanti si trovano impreparate nella gestione dello stesso: si alzano continuamente dal loro posto, danno fastidio ai compagni, non riescono a svolgere i compiti assegnati e finiscono spesso per cambiare banco, classe e talvolta scuola. Il loro profitto scolastico proprio per la ridotta capacità di concentrazione è spesso scarso o comunque sufficiente e difficile è il loro rapporto con i coetanei, ma anche con gli adulti per la grande impulsività. La loro difficoltà viene percepita dai genitori e dagli insegnanti ma spesso, nel nostro paese, la diagnosi viene completamente misconosciuta. Sicuramente i genitori sono abituati a vedere come le altre persone reagiscono al comportamento del bambino iperattivo: all’inizio, gli estranei tendono ad ignorare il comportamento irrequieto, le frequenti interruzioni durante i discorsi degli adulti e l’infrazione alle comuni regoli sociali. Di fronte alle ripetute manifestazioni dell’assenza di controllo comportamentale del bambino, queste persone tentano di porre loro stesse un freno all’eccessiva “esuberanza”, non riuscendoci, concludono che il bambino sia intenzionalmente maleducato e distruttivo. In realtà questi bambini non hanno nessuna colpa, né tanto meno i loro genitori che invece vengono spesso additati come incapaci a svolgere bene il proprio ruolo di educatori. E’ necessario che tutte le persone, che interagiscono con i bambini con ADHD, sappiamo vedere e capire le motivazioni delle manifestazioni comportamentali di questi ragazzini, mettendo da parte le assurde e ingiustificate spiegazioni volte ad accusare e ferire i loro genitori, già tanto preoccupati e stressati per questa situazione. Chi presenta questo tipo pag. 24

di problemi può manifestarlo in diversi modi: ·

scarsa cura ai dettagli ed errori (a scuola o a lavoro) dovuti a disattenzione;

·

poca attenzione nei compiti o anche nei giochi;

·

tendenza a non seguire le istruzioni o a non terminare le proprie attività (scolastiche, lavorative o domestiche);

·

evitamento di compiti che richiedono impegno attentivo;

·

perdita di oggetti necessari per le proprie attività;

·

sbadataggine; · difficoltà a rimanere fermo, anche in situazioni in cui ci si attende che stia tranquillo;

tendenza a correre e arrampicarsi (soprattutto nei bambini) in contesti inappropriati; ·

· ·

un parlare eccessivo; impulsività (risposte precipitose senza lasciar terminare le domande, difficoltà ad attendere il proprio turno, interruzione degli altrui discorsi e comportamento invadente).

Nei bambini queste difficoltà molto spesso portano a scarso rendimento scolastico, peggioramento delle relazioni con i coetanei, rimproveri da parte degli adulti, senso di inadeguatezza, ansia e demoralizzazione, che a loro volta accentuano i problemi di base. Se il bambino risponde ad una serie di criteri clinici ben definiti dal mondo scientifico la loro è una vera patologia organica e come tale meritevole di una precisa terapia. Solo con l’ausilio di una giusta terapia i bambini cambieranno radicalmente il loro modo di vivere e tutti, genitori, insegnati, compagni ma soprattutto il bambino, potranno finalmente cogliere la bellezza di una vita “normale”. Dr.ssa Valeria Saladino

Psicologa Referente per la Provincia di Catanzaro della Società Italiana di Promozione della Salute (S.I.P.S.)

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