Lameziaenonsolo luglio 2019 Arcigay

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totosaff@gmail.com

Un anno di: Arcigay - Ligea - Lamezia Terme

di Antonio Saffioti

Sabato 23 giugno 2018, il consiglio nazionale di ARCIGAY, all’unanimità, approvava la richiesta di affiliazione di LIGEA - Lamezia Terme che da quel giorno divenne, ARCIGAY LIGEA LAMEZIA TERME. Un gruppo di amici che avevano il sogno di creare un circolo LGBTQIA* a Lamezia Terme, un gruppo di persone omosessuali, transessuali, queer, intersessuali e asessuali che si incontrano, si confrontano ed insieme lottano contro l’omofobia e la transfobia e per la difesa dei diritti civili di gay, lesbiche, intersex, trans, queer e asessuali. Un gruppo di amici, punto di riferimento, nella comunità lametina e non solo, di chi s’identifica come omosessuale, intersex, trans, queer o asessuale ma non ha un appoggio, di chi appena arrivato o appena consapevole si sente smarrito, solo o confuso e cerca di vivere pienamente la propria vita, senza paure e timori. Un circolo fatto di persone con un’identità ben precisa, che si mobilitano all’unisono per lottare contro la discriminazione e l’omofobia nella società e nelle scuole, per richiedere ad alta voce diritti civili per il riconoscimento giuridico dei loro rapporti affettivi. Diritti che stanno prendendo sempre più piede in tutto il nostro continente. L’ARCIGAY LIGEA ha la mission di combattere i pregiudizi e dimostrare che siamo tutti persone normali a tutti gli effetti e con i loro affetti. E di reagire tutti insieme contro l’omofobia e la transfobia che spesso riempie le cronache dei giornali e che spesso fa somigliare questo Paese a tanti paesi fondamentalisti che hanno leggi speciali che limitando la libertà di parola e di espressione; istituzionalizzato, di fatto, l’omofobia, proibendo di parlare positivamente di omosessualità ed omoaffettività. Questo è divenuto in un anno di attività IL CIRCOLO ARCIGAY LIGEA - Lamezia Terme. MAIL DI ASCOLTO: arcigayligealameziaterme@gmail.com In quest’articolo, lo confesso, ho un enorme conflitto di interessi: perché mi sono sentito “arcobaleno” fin dall’adolescenza, perché da persona disabile ho da sempre vissuto stigmi e discriminazioni alla stregua della comunità LGBTQIA*. Intorno al 2016 ho voluto tuffar-

mi dentro questa realtà, quella della battaglia per i diritti civili di tutte le persone, dapprima entrando in contatto con i lametini LGBTQIA* e poi partecipando ad eventi sul tema. Ma furono: il PRIDE 2017 di Cosenza e i compagni dell’ARCIGAY LIGEA LAMEZIA, a tingermi definitivamente di arcobaleno facendomi entrare nel mondo LGBTQIA*, come avevo da sempre desiderato: ora sono circondato da persone belle perché varie, come me. Qui mi vengono in aiuto le parole di PIER PAOLO PASOLINI: “I DIRITTI CIVILI SONO IN SOSTANZA I DIRITTI DEGLI ALTRI” “CHI SI SCANDALIZZA È SEMPRE BANALE, MA AGGIUNGO, È ANCHE SEMPRE MALE INFORMATO”

Spesso, avrete sentito la sigla LGBTQIA*. Ogni lettera rappresenta, un’identità differente. Ma cosa significa di preciso? A chi ci riferiamo?

LESBICA: donna che è attratta romanticamente, fisicamente o emotivamente da un’altra persona di sesso femminile; GAY: uomo che è attratto romanticamente, fisicamente o emotivamente da un’altra persona di sesso maschile; BISESSUALE: persona che è attratta romanticamente, fisicamente o emotivamente sia da uomini che da donne; TRANSGENDER: quando l’identità di genere o l’espressione di genere differisce dal sesso biologico/genetico. Persone che hanno iniziato un percorso di transizione (o non vogliono terminare completamente l’iter medico/legale) verso il sesso opposto rispetto a quello di nascita. Se tale percorso è dal maschile al femminile, l’individuo sarà MTF (male to female). In caso contrario, FTM (female to male), TRANSESSUALE colui che già ha compiuto tutto il processo di trasformazione sia medico/chirurgico che legale; DRAG QUEEN: sono artiste, indossano costumi, trucchi, parrucche e accessori molto appariscenti per intrattenere il loro pubblico, TRAVESTITO: una persona che prova piacere nell’indossare abiti tipici del sesso opposto; QUEER: termine generico che abbraccia una varietà di preferenze sessuali, orientamenti e abitudini di coloro che non aderiscono alla maggioranza eterosessuale. Oggi questa parola è utilizzata come sinonimo onnicomprensivo dell’intera comunità LGBTQIA; INTERSESSUALE: persona i cui cromosomi sessuali, i genitali e/o i caratteri sessuali secondari non sono definibili come esclusivamente maschili o femminili; ASESSUALE: persona che non sperimenta l’attrazione sessuale per gli altri e/o l’interesse o il desiderio sessuale; *: indica tutte le nuove e future identità affettive e sessuali.

te le celebrazioni e gli eventi per il PRIDE del cinquantenario dai MOTI DI STONEWALL, del giugno 1969. Viene generalmente considerato simbolicamente il momento di nascita del movimento di liberazione gay moderno in tutto il mondo. Per questo motivo il 28 giugno è stato scelto dal movimento LGBTQIA* come data della “GIORNATA MONDIALE DELL’ORGOGLIO LGBTQIA*” o “GAY PRIDE”. Quella notte, senza un vero motivo, molti clienti dello STONEWALL INN – un bar del GREENWICH VILLAGE, punto di riferimento della comunità LGBTQIA*,vennero perquisiti, insultati, messi al muro. Da quell’irruzione, scaturì la rivolta dei presenti e di tutti i newyorkesi sensibili alla causa LGBTQIA*. Le incursioni della polizia nei bar gay e nei night club facevano regolarmente parte della vita gay nelle città degli USA fino agli anni sessanta, quando cominciarono a essere meno frequenti nelle città principali. Si ritiene che il declino di queste retate possa essere attribuito a una serie di azioni legali e all’aumentata resistenza da parte del “movimento omofilo”. Prima del 1965, l’identità dei presenti al momento della retata veniva registrata dalla polizia e, in alcune occasioni, veniva anche pubblicata sui quotidiani. All’epoca, la polizia usava tutti i motivi che riusciva a escogitare per giustificare un arresto con accuse di “indecenza”, tra cui baciarsi, tenersi per mano, indossare abiti del sesso opposto o anche il semplice essersi trovati nel bar al momento dell’irruzione. John D’Emilio, storico gay statunitense, fa notare che la città era nel mezzo di una campagna per l’elezione del sindaco e John Lindsay, che aveva perso le primarie del suo partito, aveva motivo di chiedere un repulisti dei bar della città. Lo STONEWALL INN forniva pretesti per un intervento della polizia: operava senza licenza per i liquori, aveva legami con il crimine organizzato, e forniva dei “go-go boys” scarsamente abbigliati come intrattenimento. Gli avventori dello Stonewall erano abituati a queste retate e il personale era generalmente in grado di riaprire il bar nella notte stessa o in quella seguente. Cosa rese allora diversa que-

In questi giorni proprio a New York sono iniziaLamezia e non solo

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no lo slogan:

“GAY POWER! NOI SIAMO OVUNQUE!”

sta irruzione, rispetto alle altre?

Molti collegano, i moti del giugno 1969 con la morte, avvenuta una settimana prima, di JUDY GARLAND, un’importante icona culturale in cui si identificavano molti appartenenti alla comunità gay, la canzone: “OVER THE RAINBOW” in italiano: “OLTRE L’ARCOBALENO”

Divenne uno degli inni LGBTQIA*.

Il palpabile lutto per la sua perdita culminò nel suo funerale, il 27 giugno, cui parteciparono 22.000 persone, di cui si stima 12.000 fossero gay. Molti degli avventori dello Stonewall quindi sarebbero stati ancora provati emotivamente quando quella notte avvenne l’irruzione. Questa è la tesi che viene sposata, e quindi resa celebre, dal film Stonewall. In realtà molti dei partecipanti alla rivolta dichiararono ripetutamente in seguito che la morte di Judy Garland non fu il fattore motivante. Approssimativamente all’1 e 20 di notte, molto più tardi del solito, otto ufficiali del primo distretto, dei quali solo uno era in uniforme, entrarono nel bar di Christopher Street. Gran parte degli avventori fu in grado di sfuggire all’arresto, poiché gli unici arrestati furono “coloro i quali si trovavano privi di documenti di identità, quelli vestiti con abiti del sesso opposto, e alcuni o tutti i dipendenti del bar. I dettagli su come ebbe inizio la rivolta variano. Secondo un resoconto, la transgender Sylvia Rivera scagliò una bottiglia contro un agente, dopo essere stata pungolata con un manganello. Un’altra versione dichiara che Stormé DeLarverie, una donna lesbica, trascinata verso un’auto di pattuglia, oppose resistenza, incoraggiando così la folla a reagire. Comunque sia, la mischia si accese in mezzo alla folla, che presto sopraffece la polizia. Intontiti, i poliziotti si ritirarono all’interno del bar. Il cantante Dave Van Ronk, che stava passeggiando nella zona, venne afferrato dalla polizia, trascinato nel bar e picchiato. Gli attacchi della folla non cessavano. Alcuni cercarono di appiccare il fuoco al bar. Altri usarono un parchimetro come ariete per costringere gli agenti a uscire. La notizia della rivolta si diffuse rapidamente e molti residenti, così come gli avventori dei bar vicini, accorsero sulla scena. Nel corso della notte la polizia isolò molti uomini gay e spesso li picchiò. Solo nella prima notte vennero arrestate 13 persone e vennero feriti quattro agenti di polizia, oltre a un numero imprecisato di dimostranti. Si sa comunque che almeno due dimostranti vennero picchiati selvaggiamente dalla polizia. Bottiglie e pietre vennero lanciate dai dimostranti che scandivapag. 4

La folla, stimata in 2.000 persone, battagliò contro oltre 400 poliziotti. La polizia inviò rinforzi composti dalla Tactical Patrol Force, una squadra anti-sommossa originariamente addestrata per contrastare i dimostranti contro la Guerra del Vietnam. Le squadre anti-sommossa arrivarono per disperdere la folla, ma non riuscirono nel loro intento e vennero bersagliate da pietre e altri oggetti. A un certo punto si trovarono di fronte a una fila di drag queen che le prendeva in giro cantando: «SIAMO LE RAGAZZE DELLO STONEWALL

ABBIAMO I CAPELLI A BOCCOLI NON INDOSSIAMO MUTANDE

MOSTRIAMO IL PELO PUBICO E PORTIAMO I NOSTRI JEANS SOPRA I NOSTRI GINOCCHI DA CHECCHE!»

Alla fine la situazione si calmò, ma la folla ricomparve la notte successiva. Le schermaglie tra rivoltosi e polizia proseguirono fino alle 4 del mattino. Il terzo giorno di rivolta si svolse cinque giorni dopo la retata allo Stonewall Inn. In quel mercoledì, 1.000 persone si radunarono al bar e causarono gravi danni. La rabbia contro il modo in cui la polizia aveva trattato i gay nei decenni precedenti affiorò in superficie. Vennero distribuiti volantini con la scritta “Via la mafia e gli sbirri dai bar gay!”. Un momento cardine, dopo il quale cambiò tutto. Soprattutto la consapevolezza degli stessi gay, lesbiche, bisessuali, transgender, queer che rivendicarono con forza i propri diritti.

La comunità creata dalle organizzazioni omofile dei due decenni precedenti aveva creato l’ambiente perfetto per la nascita del Movimento di liberazione gay. Per la fine di luglio a New York si formò il Gay Liberation Front (GLF), e per la fine dell’anno il GLF comparve in città e università di tutti gli USA. Organizzazioni simili vennero presto create in tutto il mondo: Canada, Francia, Regno Unito, Germania, Belgio, Paesi Bassi, Australia e Nuova Zelanda. In Italia, dove un movimento omofilo che preparasse il terreno non era mai esistito, si dovette aspettare fino al 1971. L’anno seguente, in COMMEMORAZIONE DEI MOTI DI STONEWALL, il GLF organizzò una marcia dal Greenwich Village a Central Park. Tra i 5.000 e i 10.000 uomini e donne vi presero parte. Da allora, molte celebrazioni del gay pride in tutto il mondo scelgono il mese di giugno per le parate e gli eventi che commemorano “la caduta della forcina che si udì in tutto il mondo”. Giunge tardi, ma dal capo della Polizia di New York, il commissario James P. O’Neill, l’ammissione che l’irruzione nella notte tra il 27 e il 28 giugno del 1969 da parte della polizia newyorkese nello STONEWALL INN– fu ingiustificata:

“CIÒ CHE ACCADDE NON SAREBBE DOVUTO ACCADERE. LE AZIONI DELLA GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

POLIZIA DI NEW YORK FURONO SBAGLIATE, CHIARO E SEMPLICE. IL MODO DI AGIRE [DELLA POLIZIA] E LE LEGGI ERANO OPPRIMENTI, E ME NE SCUSO”

Nel pieno del mese del Pride, che vedrà l’orgoglio LGBTQIA* manifestare e celebrare ciò che è stato conquistato sino a qui, una dichiarazione importante, un punto a favore della libertà e dei diritti. Di tutti. Certo le parole di James P. O’Neill non cancellano quei soprusi e la violenza subita dalla comunità LGBTQIA*, ma sono un altro passo verso il raggiungimento di una reale parità. La platea alla conferenza stampa, a queste dichiarazioni del capo della Polizia, ha applaudito. Qualcosa sta finalmente cambiando. LA STORIA DEL MOVIMENTO LGBTQIA* ITALIANO, inizia con:

GIÒ STAJANO (Nato Gioacchino Stajano Starace, conte Briganti di Panico) era nipote del gerarca fascista Achille Starace. Ha raccontato che, bambino, il nonno lo diede in braccio a Benito Mussolini e in quell’occasione fece pipì addosso al duce. Un personaggio eccentrico, geniale, animatore instancabile delle notti italiane della seconda metà del Novecento. Giò è stato il primo gay dichiarato della storia del nostro Paese e una delle prime donne transessuali note alla cronaca. Negli anni Ottanta Giò si fa operare per cambiare sesso a Casablanca e, armata di parrucche e gioielli, continua a infuocare le notti di politici e personaggi dello spettacolo. All’insegna del “pudore democristiano” fu invece l’incontro tra Stajano e Giulio Andreotti nel corso di una serata del Premio Strega: il “Divo Giulio” si intrattenne a parlare con quella che riteneva un’avvenente signora fino a quando Stajano rivelò la sua identità provocando una rapida e intimidita fuga da parte del politico democristiano. Scrittore censurato, attore, pittrice, star dei fotoromanzi piccanti, suora laica: la vita di Giò Stajano è costellata di scandali, è una vita unica che ha come sfondo la storia dei costumi e della sessualità degli italiani. Un percorso complicato, delicato e molto faticoso, fatto sulla pelle di una persona che è nata ben due volte. Apre un locale, ispira Fellini facendo il bagno nella fontana di Piazza di Spagna prima che Anita Ekberg lo facesse nella fontana di Trevi e ottiene una parte nel film La dolce vita (che però, a causa di un litigio con il regista, non fu inserita nella edizione del film per le sale). Negli ultimi anni, la sua ricerca interiore la porta al riavvicinamento alla religione cattolica: dichiara alla stampa di voler entrare in un monastero femminile, ma Lamezia e non solo


di non poterlo fare unicamente a causa del suo cambio di sesso (non riconosciuto come legittimo dalla Chiesa cattolica). Infine trova accoglienza presso le monache di Betania del Sacro Cuore, presso Vische, in qualità di suora laica.

Nel 1971 nasce: FUORI! (o F.U.O.R.I., acronimo di FRONTE UNITARIO OMOSESSUALE RIVOLUZIONARIO ITALIANO) un’associazione, inizialmente di stampo marxista, attiva negli anni settanta e dedita alla lotta per i diritti degli omosessuali. È stata la prima associazione del movimento di liberazione omosessuale italiano fondata nel 1971 a Torino dal libraio Angelo Pezzana insieme ad altri attivisti e operante fino al 1982 L’acronimo era un chiaro riferimento al FHAR francese (Front homosexuel d’action révolutionnaire).d L’associazione pubblicò anche una rivista omonima fino al 1982. Il Fuori! nacque a Torino intorno alla primavera 1971 e fu la prima grande associazione gay italiana, in cui confluì anche il Fronte di Liberazione Omosessuale (FLO) fondato sempre nel 1971 dalla matematica Mariasilvia Spolato. La sua sede principale fu proprio a Torino e all’inizio la lotta dell’associazione per i diritti degli omosessuali era di ispirazione marxista, ponendo la questione omosessuale nel contesto del conflitto classista tra borghesi e proletari. La rottura con tutto quel che c’era stato fino a quel momento era netta e totale. Angelo Pezzana enunciava in un editoriale sul primo numero del Fuori! le rivendicazioni dell’associazione: «Noi oggi rifiutiamo quelli che parlano per noi. [...] Per la prima volta degli omosessuali parlano ad altri omosessuali. Apertamente, con orgoglio, si dichiarano tali. Per la prima volta l›omosessuale entra sulla scena da protagonista, gestisce in prima persona la sua storia [...]. Il grande risveglio degli omosessuali è cominciato. È toccato a tanti altri prima di noi, ebrei, neri (ricordate?), ora tocca a noi. E il risveglio sarà immediato, contagioso, bellissimo.» La prima uscita pubblica di un certo rilievo avvenne il 5 aprile 1972, con la contestazione del I Congresso Italiano di Sessuologia a Sanremo. Successivamente emersero le difficoltà finanziarie del gruppo: nell’estate del 1973 nel decimo numero della rivista prodotta dal Fuori! si annunciava la riduzione del numero di copie con il passaggio a una cadenza trimestrale e si rinunciò alla distribuzione nelle edicole per servirsi soltanto di librerie selezionate; successivamente le uscite diventarono sempre più irregolari. In questa situazione di difficoltà

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Pezzana decise di imprimere un nuovo corso al gruppo passando a una stretta collaborazione politica e organizzativa con il Partito Radicale. Al XIV congresso (straordinario) del Partito Radicale del novembre 1974 a Milano il Fuori! si federò ufficialmente con i radicali sposando quindi una linea riformistica di collaborazione con la classe borghese e non più rivoluzionaria. Mario Mieli, in polemica con questa scelta, abbandonò il gruppo. Lo stesso fecero i membri del Fuori! di Milano costituitisi in Fuori-autonomo che ribadiranno la linea rivoluzionaria e di interlocuzione privilegiata con i gruppi extraparlamentari di sinistra. Il Fuori! si sciolse ufficialmente nel 1982, al congresso di Vico Equense, su proposta di Angelo Pezzana.

Il primo nucleo di quello che poi divenne ARCIGAY si formò a Palermo il 9 dicembre 1980 come ARCI Gay, anche sull’onda emotiva di una manifestazione organizzata a Giarre per un delitto avvenuto circa due mesi prima. Due giovani, Giorgio Agatino Giammona e Antonio Galatola, vennero uccisi il 17 ottobre con un proiettile ciascuno nella testa: le indagini appurarono che a sparare alla coppia di giovani fu il nipote tredicenne di Toni, che sarebbe stato obbligato dai due a compiere tale gesto per sottrarsi alla “vergogna” che la loro condizione di omosessuali, in quel periodo storico, procurava a loro stessi e alle loro famiglie. Quello di Palermo fu, quindi, il primo di una serie di nuclei che incominciarono a sorgere in tutta Italia; tuttavia, l’associazione non esisteva come entità autonoma, ma come estensione della commissione nazionale per i diritti civili dell’ARCI. La promozione di tali nuclei va ascritta all’attività di Massimo Milani, Gino Campanella e di Marco Bisceglia, sacerdote già aderente alla cosiddetta teologia della liberazione, omosessuale lui stesso e precursore del matrimonio gay in Italia, avendo celebrato nel 1975 un’unione religiosa cosiddetta “di coscienza” tra due uomini che ne provocò la sospensione a divinis, in quanto i due erano in realtà giornalisti del periodico di destra il Borghese sotto mentite spoglie, che resero noto in un reportage quanto accaduto. Grazie all’impulso di ARCI Gay e degli attivisti del Fuori!, a Palermo nel 1981 si tenne la prima Festa nazionale dell’orgoglio omosessuale. Nel 1982, sempre a Palermo, si tenne una riunione nazionale dell’ARCI Gay, ritenuta il primo congresso dell’associazione in quanto a esso presenziarono i vertici nazionali dell’ARCI; due anni dopo l’ARCI Gay si pose il problema di istituzionalizzare e stabilizzare la propria presenza in tutto il Paese, cosa questa che portò al primo vertice costitutivo che

si tenne a fine 1984. Per tutto il resto del decennio l’Arcigay si spese in iniziative di vario genere; tra le più rilevanti il convegno del 20 giugno 1986 a Roma, sul tema Omosessualità e Stato; il congresso nazionale del dicembre 1987, che elesse Franco Grillini alla presidenza dell’associazione; varie consulenze legislative a disegni e progetti di legge presentati in Parlamento, tra i primi dei quali vi fu quello del deputato socialista Alma Agata Cappiello del 1988, tendente a regolamentare le unioni omosessuali; altre iniziative riguardarono la regolamentazione delle unioni civili e la disciplina delle fattispecie di discriminazione basata sugli orientamenti sessuali. Nel 1996 l’associazione raccoglie 90.000 firme a favore delle unioni civili, e nello stesso anno, a giugno, si svolge il Gay&Lesbian Pride a Napoli. Durante il congresso di Rimini del 1996 (il VII congresso di Arcigay) l’associazione si divide in Arcigay e Arcilesbica, sancendo la nascita della più grande organizzazione lesbica italiana. Il 13 gennaio 1998, nella Città del Vaticano, lo scrittore gay siciliano Alfredo Ormando si immola, dandosi fuoco per protestare contro l’omofobia della Chiesa cattolica. In quel giorno, Arcigay istituisce la Giornata internazionale contro la discriminazione religiosa antiomosessuale, che dal 2006 si trasforma in GIORNATA PER IL DIALOGO TRA OMOSESSUALITÀ E RELIGIONI. Nel giugno 1998 Sergio Lo Giudice è eletto presidente nazionale dell’Associazione. La presidenza Lo Giudice darà impulso alla nascita di comitati Arcigay su tutto il territorio nazionale, che arriveranno ad attestarsi intorno a 30 e consoliderà la rete di circoli e il numero di tesserati raggiungerà il traguardo di oltre centomila. Nel 2002 l’associazione articola la propria organizzazione in aree tematiche: giuridico, salute, esteri, comunicazione, immigrazione, giovani. Nel 2011 l’associazione contribuisce all’organizzazione dell’Europride che si svolge per la prima volta a Roma, riuscendo ad avere come testimonial Lady Gaga, che partecipa gratuitamente a sostegno delle rivendicazioni delle persone LGBT italiane. Nello stesso anno, in collaborazione con Gay.it, Certi Diritti, Rete Lenford, Agedo, Famiglie Arcobaleno e Arcilesbica riesce a ottenere dopo una lunga mediazione con l’ISTAT che il Censimento per la prima volta segnali anche le coppie di fatto, comprese quelle formate da persone dello stesso sesso. Nel 2012, cambia radicalmente in questa occasione la sua forma organizzativa, divenendo una federazione di associazioni, come previsto dal nuovo Statuto e la didascalia del logo viene cambiata da “Associazione lesbica e gay italiana” in “Associazione LGBT italiana”. Dal 1º gennaio 2014 i circoli Arcigay afferenti al Circuito Ricreativo escono da Arcigay e fondano un’associazione indipendente. Nel novembre 2015, l’Associazione, come previsto dal nuovo Statuto, diventa da “Associazione LGBT” ad “Associazione LGBTI”, includendo l’intersessualità, ad “Associazione LGBTI+”, diventando ancora più inclusiva. Arcigay è attiva nella difesa dei diritti delle persone LGBT anche nel settore dell’immigrazione, del diritto di asilo, dell’integrazione culturale e dell’esclusione sociale. Il WORLD PRIDE 2000 è stata una manifesta-

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zione dell’orgoglio LGBTQIA* che si è svolta a Roma (città in cui era in corso il Giubileo cattolico) l’8 luglio 2000. L’idea piacque a tutti i gruppi, sia Arcigay sia di altre organizzazioni, tanto più che il Circolo Mario Mieli, presieduto all’epoca da Imma Battaglia, era riuscito a farsi assegnare dall’Epoa la sede dell’Europride del 2000, per l’occasione ribattezzato “World Pride”. Nelle intenzioni iniziali l’evento doveva essere preceduto da Pride nazionali unitari, che permettessero di accumulare l’esperienza organizzativa necessaria per un evento di massa, cosa che si era inizialmente verificata, facendo registrare un incremento dei partecipanti anno dopo anno. Purtroppo, nel 1998 e 1999 lo slancio unitario era ormai perduto, giungendo ai famigerati “pride separati”. Fortunatamente, dopo l’inequivocabile verdetto del mondo lgbt che aveva “votato coi piedi”, disertando i Pride della discordia, tutti i gruppi avevano dovuto fare un primo passo indietro, ed Arcigay aveva annunciato che il Pride del 2000 a Roma sarebbe stato l’unico in Italia, in modo da riuscire a concentrare le energie. Alla base dei dissensi stava la sorda e pluriennale lotta di potere fra Arcigay nazionale, ormai il gruppo egemone sulla scena politica italiana, e tutti gli altri gruppi, che avevano nel Circolo Mario Mieli di Roma il loro esponente più organizzato.

A salvare inaspettatamente la situazione fu il personaggio meno plausibile: il cardinale Camillo Ruini, che scese in campo, pretendendo espressamente che la manifestazione fosse vietata, e chiedendo a tutti i politici di schierarsi o pro o contro le sue pretese. Fu in questo frangente che il capo del governo, ebbe a dichiarare dapprima che non poteva vietare la manifestazione perché “purtroppo” esisteva una Costituzione che non gliene dava la facoltà, e poi che la manifestazione era “inopportuna”. A fronte d’una polemica che attaccava tutti i giorni il mondo LGBTQIA* dalle prime pagine di tutti i quotidiani e dai telegiornali, i gruppi LGBTQIA* misero infine da parte le lotte per l’egemonia, e finalmente iniziarono a collaborare pienamente alla riuscita dell’evento. Roma si trovò così gremita di manifestanti, in buona percentuale eterosessuali: al momento in cui la testa del corteo arrivò alla meta, la coda doveva ancora riuscire a partire. Per mancanza di tempo, la coda del corteo evitò di girare attorno al Colosseo e deviò direttamente sul Circo Massimo, che risultò gremito all’inverosimile. Quanti furono i partecipanti? Facendo una media delle stime, comprese quelle delle forze dell’ordine, la partecipazione si colloca in una cifra compresa tra le 300.000 e le 500.000. I gruppi LGBTQIA* compresero l’importanza di agire uniti, e misero la sordina alle loro incessanti polemiche, riprendendo la prassi dei Pride nazionali unitari, che da allora ha proseguito senza più interruzioni. Da questo punto il World Pride segna una vera e propria cesura che marca un “prima” e un “dopo”.

Il 29 giugno del 2013 nasce, su idea del comitato Arcigay di Napoli, insieme con i comitati pride di Napoli, Milano, Bologna, Catania, Barletta e della Sardegna, la prima edizione dell’ONDA PRIDE: un sistema che mette rete e unisce i vari pride cittadini, regionali che pag. 6

costruite socialmente. In particolare, la teoria queer rigetta la creazione di categorie ed entità socialmente assegnate basate sulla divisione tra coloro che condividono un’usanza, abitudine o stile di vita e coloro che non lo condividono.

ogni anno vengono organizzati in diverse città e regioni d’Italia. Nel 2015 è stato adottato IT’S HUMAN PRIDE, come slogan per l’Onda Pride in ottica di rivendicazione dei diritti umani. Le città che nel 2017 hanno ospitato per la prima volta la Pride Parade sono state Arezzo, Udine, Cosenza, Reggio Emilia, Sassari, Potenza, Brescia e Alba. Io a chi sostiene che i PRIDE sono una carnevalata, dico che: “…Non bisogna piangere/PERCHÉ LA VITA È UN CARNEVALE/è più bello vivere cantando/oh oh oh ahy, non bisogna piangere/ PERCHÉ LA VITA È UN CARNEVALE7e i problemi se ne vanno cantando…”

Citando: “LA VIDA ES UN CARNAVAL” (in italiano: “LA VITA È UN CARNEVALE”), il brano musicale cantato dalla musicista cubana Celia Cruz, del 1998.

L’orgoglio di essere quel che si è, da parte delle persone LGBTQIA*. La resa del termine inglese pride ha creato in italiano numerosi equivoci attraverso la traduzione più usata, “orgoglio” (che in italiano è anche sinonimo di “superbia”), mentre la traduzione più corretta sarebbe semmai “fierezza”, cioè il concetto opposto alla vergogna, vista come la condizione in cui sono state, e sono tutt’ora, costrette a vivere la maggior parte delle persone appartenenti alla comunità LGBTQIA*. L’”orgoglio” si basa su tre assunti: che le persone dovrebbero essere fiere di ciò che sono, che la diversità sessuale è un dono e non una vergogna, che l’orientamento sessuale e l’identità sono innati o comunque non possono essere alterati intenzionalmente. Approfitto, per fare il mio COMING-OUT: sono politicamente attivo, rifiuto con forza le tradizionali identità e le categorie dell’orientamento sessuale come gay, lesbica e bisessuale. Sono strambo, eccentrico, insolito e spesso sono di traverso diagonalmente rispetto all’universo. Quindi, mi sento e sono: QUEER

QUEER (letteralmente “strano”), dalla fine degli anni 1980, recuperato in senso politico per indicare tutte le diversità sessuali. Lo si trova, comunque, nella lingua inglese con l’uso di “bizzarro”, “strambo” già nel XIX secolo. Negli anni settanta in Inghilterra è equivalente all’italiano “frocio”, ma in Italia passa, proprio a partire da quegli anni, senza la connotazione negativa. La TEORIA QUEER mette in discussione la naturalità dell’identità sessuale e degli atti sessuali di ciascun individuo, affermando invece che esse sono interamente o in parte GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Il termine STUDI QUEER (o in inglese Queer studies) si riferisce allo studio di tematiche relative all’orientamento sessuale o all’identità. Gli studiosi in questo campo per lo più reputano che le persone LGBTQIA* (e, secondo alcuni, tutti coloro che hanno un’attività sessuale non-normativa) siano parte de “L’Altro” e soggetti a discriminazione (o repressione) fisica e psicologica. Pertanto operano nella direzione di un potenziamento di questo gruppo di persone, perché possano promuovere cambiamenti nella società e cultura in cui vivono. Particolare enfasi negli studi queer è posta sull’integrazione tra teoria e pratica, con programmi che promuovono il volontariato, il coinvolgimento della comunità e l’attivismo in aggiunta agli studi e alle ricerche accademiche. Il campo abbraccia lo studio accademico di temi e problemi sollevati nella teoria della letteratura, politologia, storia, sociologia, etica e vari altri ambiti disciplinari attraverso l’esame di identità, vite, storia e rappresentazioni delle persone queer. Ho iniziato ad esprime il mio essere QUEER con il mio taglio di capelli punk e colorato, i baffi alla Freddie Mercury, la musica che ascolto, i miei comportamenti anarchici, stravagante e di rivolta, la mia disabilità ostentata a scopo socio-politico, la mia sessualità indefinita, l’empatia varia, la voglia di valorizzare la diversità, l’amore per tutto il creato ecc. ecc. Per concludere vorrei fare una piccola polemica: “..CHI DICE NON SONO OMOFOBO,MA... E’ UN OMOFOBO, MA NON LO SA..”

N.B. Rime modificate del rapper Willie Peyote. Vi lascio con il FINALE DEL MONOLOGO del film: “IL GRANDE DITTATORE” di CHARLIE CHAPLIN, del 1949:

«..Anna, mi puoi sentire? Dovunque tu sia abbi fiducia nel domani. Anna, le nubi si diradano ed il sole inizia a risplendere. Prima o poi usciremo dall’oscurità per andare verso la luce e vivremo in un mondo nuovo. Più buono, in cui gli uomini si solleveranno al di sopra del loro odio, della loro brutalità e della loro avidità. Guarda in alto, Anna. L’amore umano troverà le sue ali e inizierà a volare con le sue ali nell’arcobaleno verso la luce della speranza, verso il futuro. Il futuro radioso che appartiene a me, a te. Ed a tutti noi. Guarda in alto, Anna. Lassù..». UN AUGURIO a tutti i compagni dell’ARCIGAY LIGEA – Lamezia Terme, attraverso, le parole finali della sceneggiatura del film, mai realizzato da PIER PAOLO PASOLINI: “PORNO-TEO-KOLOSSAL”, del 1975: “NUN ESISTE LA FINE. ASPETTAMO. QUALCOSA SUCCEDERÀ”

Un nuovo corso?

Una nuova “realtà”?

La possibilità di un nuovo impegno?

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Silloge di poesie “Sussurri del Reventino”

di Antonio Perri

Nell’ambito della rassegna “Inchiostri d’Autore”che si è svolta nella Tipografia Grafiche di Antonio Perri,in Lamezia Terme,è stato presentato il libro “Sussurri del Reventino “ di Maria Grazia Paola.Hanno presentato la silloge di poesie il critico letterario Pasquale Allegro e la giornalista Maria Scaramuzzino. “Tutti i luoghi –Scrive l’autrice nella sua premessa-sanno raccontare segreti preziosi,con lievi sussurri,a chi riesce ad essere in sintonia con loro, a chi sa ascoltarli …. Per chi poi in un luogo è nato e vissuto per un periodo più o meno lungo,se ne è dovuto allontanare e poi vi fa ritorno, esso ha una voce inconfondibile e racconta non una,ma mille storie,custodite e nascoste tra le crepe dei muri diroccati “.Il Reventino,dalla parte che si affaccia sul Savuto e sul Tirreno ricorda all’autrice il momento felice della sua infanzia, quando,nonostante i disagi ,nel suo piccolo borgo si respirava aria di serenità in un’atmosfera bucolica. Erano duri i lavori nei campi,il raccolto non era spesso abbondante, ma la musica,il suono di organetto e zampogne, le tarantelle, le feste di matrimoni all’aperto, i colori unici dell’alba e dei tramonti, la vicinanza di affetti,la condivisione di momenti

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tristi e lieti rendevano magici quei giorni destinati a rimanere indelebili nel cuore di tutti. Pochi anni dopo la seconda guerra mondiale, infatti, a causa dell’aggravarsi delle ristrettezze economiche, riprese il grande esodo dell’emigrazione verso le Americhe e Australia. Il Reventino rimase solo, con i suoi casolari abbandonati e con i suoi ricordi. E’ “Tarantella prima di partire “ la prima poesia recitata da Giancarlo Davoli,come apertura dell’evento, accompagnata dalla composizione musicale del compositore / direttore Artistico Canadese Ennio Paola .E’ seguita recitazione di altre poesie,accompagnate dal violino di Debora Stranges.Il critico letterario Pasquale Allegro,ha evidenziato,tra l’altro,la semplicità ed essenzialità dell’autrice,nonché la capacità di usare la prosa con ricercatezza della parola ricca di musicalità,”l‘apertura alle relazioni del sé poetico” , e poi la profondità di sentimento espressa nei brevissimi componimenti haiku . Conclude la giornalista Maria Scaramuzzino: ”l’autrice è riuscita a scrivere un libro che è davvero un sussurro…” “ Alcune poesie presentano veri e propri tratti impressionistici”.

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Cultura

a palazzo con lo scrittore

di Tommaso Cozzitorto

La Rassegna "A Palazzo con lo scrittore" nasce da una felice intuizione di Raffaele Gaetano, fortunatamente diventata progetto concreto nel mese di giugno appena tra-

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scorso con tre appuntamenti culturali in altrettanti palazzi storici di Lamezia Terme: Palazzo D'Ippolito (Nicastro), Palazzo Saladini ( Bella ), Palazzo Nicotera ( Sambiase ). L'ini-

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ziativa ha previsto degli incontri con importanti personalità della cultura europea, la descrizione storico-artistica dei Palazzi da parte dell'architetto Francesco Volpe per i Palazzi D'Ippolito e Saladini e dell'architetto Dina Caligiuri per Palazzo Nicotera, ex allieva del compianto prof. Natale Proto, un intrattenimento musicale e in conclusione una degustazione di vini di eccellenza. Da sottolineare la gentilezza e il senso di ospitalità oltre alla grande disponibilità dei padroni di casa. Coniugare, anzi fondere, cultura e bellezza è stato un invito a godere e ascoltare interessanti argomentazioni in dimore storiche della nostra città, aperte, per un pomeriggio, al pubblico, sempre Lamezia e non solo

molto numeroso e interessato. I presenti hanno potuto vivere un'esperienza di pura estetica ove i cinque sensi hanno percorso l'incanto dell'ascolto di parole e musica, ammirando affascinanti saloni con opere d'arte e d'arredamento e gustando il vino, simbolo storico di convivialità. Infatti, ciò che da subito ha convinto è stata l'atmosfera che si è creata tra tutti gli astanti sulla scia di un canone armonico di classica bellezza, di ore trascorse e divenute opere d'arte esse stesse. Nel primo incontro presso Palazzo D'Ippolito, Raffaele Gaetano ha dialogato con lo scrittore Silvio Perrella, il quale, attraverso eleganti aneddoti, ricordi e riflessioni ha parlato di alcuni tra i più importanti

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scrittori, poeti e intellettuali dell'ultimo secolo. Nell'incontro successivo a Palazzo Saladini il prof. Antonio Cerasa, neuroscienziato, ha trattato del rapporto tra cervello e opera d'arte, secondo gli ultimi avanguardistici studi delle neuroscienze, cercando di definire la bellezza soprattutto dal punto di vista della sua percezione. Si può giungere ad una definizione di perfezione? Sembra proprio di si. Inoltre, molto interessante, è apparso il rapporto tra bellezza e norma giuridica, una delle ricerche che le neuroscienze stanno producendo negli ultimi tempi. Nel terzo e ultimo appuntamento di questa prima edizione di "A Palazzo con lo scrittore" presso il Palazzo Nicotera sito nel quartiere pag. 10

Sambiase di Lamezia Terme è stato ospite Antonio Forcellino, architetto e tra più noti studiosi a livello mondiale di Leonardo da Vinci. Egli ci ha fatto "entrare" nella complessa personalità di Leonardo analizzando i vari aspetti e interessi del grande scienziato e artista. Questi tre incontri possono considerarsi l'inizio di un viaggio verso la cultura del Bello, in un interscambio emozionale tra pittoresque e sublime, di conseguenza un viaggio verso la gentilezza, la conoscenza, la riflessione critica, la civiltà. " La bellezza è il nome di una cosa qualunque che non esiste, che io do alle cose in cambio del piacere che mi danno" ( Fernando Pessoa, da Fantasie di Interludio ).

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scuola

Gli alunni dell’Istituto comprensivo “Don Saverio Gatti” conquistano il terzo posto al concorso regionale“La Calabria e il paesaggio, un patrimonio da studiare” grazie al poster fotografico sull’Abbazia di Corazzo Importante riconoscimento per gli alunni della scuola primaria “Torchia”di Pianopoli. Gli studenti delle classi quinti B e C hanno infatti ottenuto il terzo posto al concorso regionale “La Calabria e il paesaggio, un patrimonio da studiare”, indetto dalla presidenza del Consiglio regionale della Calabria, grazie ad un poster fotografico dedicato all’Abbazia di Santa Maria di Corazzo, nella frazione Castagna a Carlopoli. A ritirare il premio sono stati gli alunni Giorgia Amodeo, Allegra Saturno, Agostino Guzzo e Ludovica Lucia Fazio (Ludovica Rosato, componente del gruppo, è stata assente perché impegnata in una manifestazione sportiva), accompagnati dai genitori e dalla docente delle classi Maria Laura De Masi, che per l’occasione si sono recati a palazzo “Campanella” a Reggio Calabria. La partecipazione al concorso, dedicato a Fabiana Luzzi, ha previsto la rappresentazione fotografica di un territorio calabrese corredata da testi descrittivi o slogan con la finalità di valorizzarlo e promuoverlo nei suoi aspetti paesaggistici e culturali. Gli studenti di Pianopoli si sono classificati al terzo posto nella Sezione A dedicata alle scuole primarie, grazie alla presentazione del poster fotografico prodotto con la guida delle docenti Romina Di Spena, referente del concorso per l’Istituto comprensivo “Don Saverio Gatti”, e Maria Laura De Masi.

di Antonio Perri

è stato devoluto un assegno di 500 euro da destinare all’acquisto di materiale didattico. I cinque bambini rappresentanti l’Istituto, guidato dalla dirigente Margherita Primavera, hanno ricevuto una medaglia ciascuno e la possibilità di partecipare a un laboratorio didattico inerente al tema del concorso, che si è svolto tra Bagnara e Scilla durante la prima settimana di giugno. Grazie al premio hanno avuto l’occasione di assistere alla costruzione dei muri a secco ad opera degli “Armacatari”, visitare i vigneti terrazzati della zona e trascorrere un bellissimo pomeriggio nel borgo marinaro di Chianalea. Soddisfazione è stata espressa dalla dirigente Margherita Primavera, per l’impegno profuso da docenti e studenti.

Alla cerimonia di premiazione di Reggio Calabria hanno preso parte il presidente del Consiglio regionale della Calabria Nicola Irto, Franca Falduto rappresentante del Miur Calabria e Giampaolo Latella. In particolare, il presidente Irto ha precisato nel suo intervento le motivazioni del tema prescelto, il paesaggio, una materia che è al centro di una convenzione Europea dell’anno 2000, i cui Stati generali si sono tenuti quest’anno proprio in Calabria, precisamente a Tropea. Tale convenzione prevede, tra le tante azioni, quello di sensibilizzare, formare ed educare i giovani ai valori connessi al paesaggio, alle questioni che riguarda Agli alunni delle classi quinte B e C di Pianopoli è la salvaguardia, la gestione e la pianificazione del stato consegnato un attestato di merito e alla scuola territorio.

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arte

MOSTRA COLLETTIVA PRESSO SPAZIOARTE57

di Giovanna Adamo

Quando l’Arte chiama i lametini accorrono numerosi e attenti perché convinti che essa facilita e accelera i processi di socializzazione e di confronto, stimola le idee, il dialogo e il benessere personale e collettivo. Tutto ciò si traduce in sviluppo culturale e sociale che è proprio l’obiettivo dell’AssociazioneArte&AntichitàPassatoProssimo che nella sua GalleriaSpazioArte57, sita in Piazza S. Giovanni 5 a Lamezia Terme,ha allestito una splendida mostra delle opere di 14 Artisti viventi provenienti da formazioni e culture pittoriche differenti. Il taglio del nastro dell’atteso Vernissage è avvenuto il 15 giugno da parte della sen.Bianca Laura Granato ,Segretario della 7ª Commissione permanente (Istruzione pubblica, beni culturali) ,M5stelle,che si è detta entusiasta dell’interessante iniziativa che dà lustro alla città ,da sempre protagonista nel panorama culturale dell’intera regione. Il critico d’arte italo-francese Jeanfrancois Pugliese, da tempo impegnato in un progetto di internazionalizzazione della produzione pitto-scultorica del nostro territorio, ha intrattenuto il folto pubblico con una magnifica Lectio Magistralis , spiegando nel dettaglio le caratteristiche tecnico-espressive di ogni singolo artista, entrando in connessione con ognuno di essi e descrivendo con

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minuziosa analisi le 50 opere tra scultura e pittura presenti nella mostra catalogata, commentate e inquadrate razionalmente all’ interno delle varie correnti artistiche della Storia dell’ arte contemporanea italiana. Ai Sig. Artisti espositori : Michele Straface - Adolfo Atmabodh Magnelli - Angiolina Marchese - Concetta Tridico - Francesco Gravina - Leonardo Corina - Nikolina Marjanovic Scalise - Paola Ecoart Siciliano - Alessandra Calabrò - Elvira Sirio - Imma Lavorato - Andrea Enedra Topa - Melina Palaia Cataldi Arte Valentina Roma,sono state rivolte personalmente parole di apprezzamento anche dall’avv.Paolo Mascaro ,da sempre cultore dell’arte come mezzo di crescita culturale dei nostri luoghi e della nostra terra. I soci dell’Associazione Arte&AntichitàPassatoProssimo SpazioArte57, Graziella Ciliberto, Sergio d’Ippolito, Giuseppe Notaris, Pasquale Petrone e la presidente Giovanna Adamo, hanno espresso la propria soddisfazione per il successo della manifestazione che li incoraggia a proseguire nel percorso di promozione degli artisti nostrani, per contribuire a dare risalto all’immagine della nostra città proiettandola verso nuovi scenari nazionali ed internazionali.

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associazionismo

Con la mostra curata da Silvio Gatto si conclude l’anno sociale del Centro Samarcanda di Salvatore D’Elia

Buona la partecipazione alla mostra promossa dal centro culturale “Samarcanda” in questi giorni, nella quale sono stati esposti alcuni disegni originali di Pablo Picasso, Giorgio De Chirico, Umberto Boccioni, Salvador Dalì, José Molina, Nik Spatari, Michelangelo Pistoletto, appartenenti a una collezione privata. La mostra è stata curata dal critico d’arte Silvio Gatto, che così descrive il percorso ricreato nel centro culturale lametino: “secondo Vasari, il disegno è luogo generatore del genio. Nel Rinascimento ha il suo acme, colonna vertebrale di ogni principio figurativo e progettuale. Nel Novecento mediatore scomodo, oltre la mimesi del reale. Trasfigurazione e sostentamento. Il segno tradisce il concetto, tentativo obbligato di consistenza. Accettazione di compromesso, dannazione della permanenza. Cristallizzazione dell’impossibile. La mina scura è una protesi del pensiero, estremità ultima. A lei il compito più arduo: la sintesi. Dai graffiti parietali il disegno è espressione millenaria efficace e

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necessaria. Perfino nel Novecento con la dissoluzione dell’immagine, la trasfigurazione, l’astrazione e il concettualismo ha un ruolo centrale e di primissimo piano. Il segno diventa mezzo imprescindibile e ancora oggi alfabeto visivo indiscutibilmente valido.” Per le coordinatrici del centro culturale “Samarcanda”, Manuelita Iacopetta e Michela Cimmino, “con questa mostra concludiamo l’anno sociale 2018-19 di Samarcanda e già ci prepariamo agli appuntamenti che si terranno a partire da settembre. Il filo conduttore che da sempre ci contraddistingue è il legame tra arte e creatività e la promozione del territorio insieme a uno sguardo attento sulle problematiche che contraddistinguono il nostro presente. Un centro che aggrega e mette insieme risorse e talenti può essere un piccolo seme per il rilancio per questa nostra città”.

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Il nostro territorio

L’ occupazione delle terre in Calabria nell’immediato secondo dopoguerra di Giuseppe Sestito Negli anni dell’immediato secondo dopoguerra, la situazione italiana, anzicchè migliorare per la fine del conflitto, era andata peggiorando per il succedersi di avvenimenti drammatici sia al Nord che al Sud. Nelle regioni settentrionali, dalle città e paesi della Valle del Po a quelli del “triangolo rosso” dell’ Emilia-Romagna, continuavano ancora i postumi della guerra civile in quanto i partigiani comunisti, non avendo smobilitato né consegnato le armi, si erano abbandonati, come ha ampiamente documentato Giampaolo Pansa nel suo arcinoto libro: “Il sangue dei vinti”, ad una caccia al fascista non più giustificata né dalla conclusione della guerra, ormai vinta dalle truppe anglo-americane, nè dalla fine cruenta della dittatura e dall’occupazione nazista. Appropriandosi di tutti i meriti della guerra di liberazione (alla quale, sebbene in numero minore, avevano invece partecipato anche cattolici, socialisti, azionisti, repubblicani, liberali, monarchici, ecc.), diversi dirigenti e gruppi di partigiani comunisti si erano messi in testa un disegno eversivo a lungo preparato: sostituire alla dittatura nera del Regime fascista, quella rossa del Regime stalinista. Per raggiungere tale scopo, sarebbe stato necessario eliminare anche chi eventualmente vi si sarebbe potuto opporre. Per questo la guerra, anche dopo la resa di fascisti e nazisti, sembrava non dovesse finire più. Il disegno di conquista comunista fallì per svariati motivi che qui non è il caso di ricordare. Nel Meridione, invece, dove la guerra partigiana non c’era stata, i fermenti di malessere e di ribellione erano cominciati addirittura a

guerra ancora in corso, subito dopo il passaggio delle truppe alleate anglo-americane, che sbarcate in Sicilia, avevano risalito la penisola. Nell’autunno/inverno del 1943/44 si era verificata, infatti, in Calabria una serie di moti spontanei di occupazione di terre, che avevano di mira per lo più il latifondo incolto ed improduttivo, da parte di consistenti gruppi di contadini esasperati per le condiziopag. 14

ni di miseria ed abbrutimento nelle quali erano costretti a vivere. Queste prime ribellioni appartenevano alla specie delle jacqueries, esplosioni collettive di rabbia, improvvise e politicamente immotivate, ma estremamente pericolose, che lo sfruttamento e le vessazioni cui erano sottoposti braccianti e contadini poveri avevano reso non infrequenti nelle regioni del Mezzogiorno, compresi la Calabria ed in comprensorio lametino. Ricordo che l’on. Pasquale Poerio, dirigente comunista calabrese, durante una conferenza tenuta a Lamezia negli anni ‘70, che aveva come argomento la materia che qui sto trattando, accennò alle sommosse degli anni 1920/21 che scoppiarono repentinamente nella nostra Sambiase ad opera di una moltitudine di contadini scontenti ed esasperati, che ritenendosi vessati dalle tasse sui terreni - la famigerata “fondiaria” - avevano improvvisato una rivolta e, dopo aver occupato il Municipio, ne avevano devastato ed incendiato alcuni uffici. A cominciare da quello indiziato come responsabile di tutte le vessazioni cui negli anni erano stati sottoposti e quindi il più famigerato: l’ufficio addetto alla riscossione delle tasse e tributi, appunto. Il Partito comunista italiano aveva per primo intuito il pericolo dei moti, acefali ed incontrollati, dei braccianti e contadini poveri del 1943/44 e, per timore che le loro ribellioni potessero degenerare verso èsiti senza alcuno sbocco politico, decisero di mettersi alla testa della protesta del popolo contadino, soprattutto bracciantile e salariato, organizzandone e dirigendone il movimento che era andato spontaneamente costituendosi in forme via via sempre più estese. La strategia comunista si era andata sviluppando così: al Nord industrializzato, sede di opifici con la presenza di una ragguardevole classe operaia, il Partito comunista si caratterizzava come essenzialmente operista; al Sud, dove l’economia era prevalentemente, se non esclusivamente, agricola e le fabbriche erano pressocchè inesistenti, puntava invece a conquistare l’egemonia sui contadini poveri ed i braccianti. La prospettiva politica era co-

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stituita dalla saldatura tra questi due tronconi che avrebbe consentito al forte partito della sinistra – che dopo la svolta togliattiana di Salerno stava costituendosi in forme sempre più strutturate e centralistiche – di vincere le elezioni ed insediarsi stabilmente al governo del Paese. Queste almeno erano, all’epoca, le aspettative della dirigenza e del popolo comunista. D’altro canto Antonio Gramsci nei Quaderni dal carcere, trattando della “Questione meridionale” (anche da lui definita “una questione nazionale”) non aveva individuato proprio nell’alleanza tra operai del nord e contadini del sud la chiave di volta non solo per il riscatto del Mezzogiorno dai suoi mali endemici, ma anche per la conquista del potere in Italia? Anche se, bisogna aggiungere, prima che ne scrivesse l’intellettuale sardo, era stato Gaetano Salvemini ad elaborare una simile strategia di alleanza tra gli operai del Nord d i contadini del Sud finalizzata dal meridionalista pugliese in funzione della redenzione delle genti meridionali e dello sviluppo del Mezzogiorno d’Italia. Lungo questa linea politico/culturale gramsciana, comunque, decisero di procedere i comunisti italiani nel Mezzogiorno. Inviarono in Calabria, quale segretario regionale, il giovane e talentuoso dirigente nazionale Mario Alicata, coordinarono le azioni dei vari “Comitati per la terra”, rifondarono la “Federterra” (aprile 1946), tennero a Bologna la “Costituente della terra” (21 dicembre 1947) e cominciarono a ordire la trama di un disegno che aveva come fine quello di assumere la guida politica ed organizzativa delle occupazioni del latifondo abbandonato ed incolto, al grido di due “parole d’ordine” che fecero ben presto fortuna e che, in quegli anni, riecheggiarono in ogni contrada del Mezzogiorno: “Sciopero alla rovescia”, il primo; “La terra a chi la lavora”, il secondo. Questa volta, dirette dai dirigenti meridionali del Pci, le occupazioni degli anni 1945-1950 in Calabria presero di mira principalmente il Marchesato di Crotone ed i territori contermini dove il latifondo esisteva in forme estese. Ad alimentare, inoltre, il movimento delle occupazioni delle terre, che dalla Calabria si era diffuso anche altrove, contribuirono i “famosi” decreti Gullo, dal nome del comunista calabrese, di Cosenza, on. Fausto Gullo, che in quegli anni faceva parte dei governi di coalizione ciellista in qualità di Ministro dell’Agricoltura e Foreste ed aveva come sottosegretario lon. Antonio Segni. Da lì a poco, l’esponente politico sardo, democristiano, lo avrebbe Lamezia e non solo

sostituito alla guida del medesimo ministero, guidato però dal leader della Democrazia cristiana Alcide De Gaspetri, ed avrebbe realizzato quella “Riforma agraria” che sarebbe passata alla storia con la denominazione di “Legge Sila “ e “Legge Stralcio”. I decreti Gullo furono concepiti con l’intento di dare una prima, immediata risposta alle giuste rivendicazioni contadine e bracciantili perché tutti i partiti che costituivano il governo di emanazione del CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) si erano ormai resi conto che le richieste contadine erano fondate e che le rivolte e le occupazioni delle terre ne costituivano le manifestazioni più eclatanti ed esasperate. Tra l’ottobre del 1944 e l’aprile del 1945, ne furono emanati sei, il più importante dei quali era il decreto n. 279 del 19 ottobre 1944, dal titolo: “Concessioni ai contadini delle terre incolte”. All’art. 1° recitava: “Le associazioni dei contadini, regolarmente costituite in cooperative o in altri enti, possono ottenere la concessione di terreni di proprietà privata o di enti pubblici che risultino non coltivati o insufficientemente coltivati in relazione alle loro qualità……”. E, all’art. 5, aggiungeva: “……la durata della concessione non può oltrepassare i quattro anni agrari. …”. Nella storia della legislazione agraria italiana, le disposizioni del ministro Gullo non erano una novità assoluta e quindi non costi-

tuivano una decretazione originale. Infatti, nel primo dopoguerra, ad opera del ministro dell’Agricoltura Achille Visocchi, fu emanato un analogo decreto, il numero 1633 del 2 settembre 1919, attraverso il quale si “attribuiva ai prefetti la facoltà di assegnare in occupazione temporanea, sino a un massimo di quattro anni, terreni incolti o mal coltivati a contadini organizzati in associazioni o enti agrari legalmente costituiti” ed aveva come beneficiari, in primis, i combattenti e i reduci dalla prima guerra mondiale. Tuttavia, i decreti Gullo ebbero un impatto immediato ed imprevisto nella situazione socio-politica di quel momento e anzicchè spegnerla costituirono un ulteriore motivo per rinfocolare la protesta che, in breve tempo, divampò estendendosi ad altri paesi della Calabria (per esempio nei paesi delle piane di Rosarno e Sibari) e ad altre regioni del Mezzogiorno (Lazio, Puglie, Basilicata, Sicilia ecc.).

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Spettacolo LA BAND “REGIONE TRUCCO” DI IVREA VINCE IL “CALABRIA FEST – TUTTA ITALIANA”, FESTIVAL DELLA NUOVA MUSICA ITALIANA, IN DIRETTA RAI PLAY E RAI RADIO TUTTA ITALIANA. DELIRIO FINALE PER CLEMENTINO CHE INFIAMMA LAMEZIA TERME di Ruggero Pegna Autentico trionfo per il “Calabria Fest – Tutta Italiana”, il Festival della Nuova Musica Italiana, che si è svolto per tre giorni nello splendido e accogliente centro storico di Nicastro a Lamezia Terme, organizzato dall’Associazione Culturale Art-Music&Co, con la direzione artistica e organizzativa di Ruggero Pegna, insieme a Rai Radio Tutta Italiana diretta da Gianmaurizio Foderaro, impeccabile conduttore e anchorman delle tre serate, e all’Assessorato alla Cultura della Regione Calabria. Il “Calabria Fest Music Award” come Migliore Nuova Proposta dell’anno di Rai Radio Tutta Italiana, rete ufficiale del Festival, consegnato dall’assessore regionale alla Cultura Maria Francesca Corigliano e da Giusy Leone, presidente di Art-Music&Co, è stato vinto dalla band Regione Trucco di Ivrea che, nella finalissima di ieri sera, ha superato al fotofinish le Sorelle Prestigiacomo di Trapani, classificate al secondo posto. Ex equo al terzo posto Camilla Miconi arrivata con la sua band da Macerata e il duo Enrico Cuomo & Chiara Vescio di Lamezia. Alle semifinali delle due serate precedenti erano arrivati anche Zarat di Napoli, Pika DFM di Altomonte, Angelo Frontera di Como e Mava di Lecce. A quest’ultimo è andato il Premio Siae per il Miglior Testo scelto dalla Direzione Nazionale della Società Italiani degli Autori

ed Editori, consegnato dalla dottoressa Angela Nicolazzo. Il Premio Assomusica (associazione italiana organizzatori e produttori di spettacoli di musica dl vivo) per la “Miglior Performance Live” è stato assegnato ancora ai Regione Trucco e consegnato dal promoter associato Gianluigi Fabiano e dallo stesso Ruggero Pegna, tra i fondatori dell’Associazione. Il Premio Social Web di Radio Tutta Italiana “per la comunicazione social” è stato attribuito al duo Enrico Cuomo e Chiara Vescio, più votati sulle piattaforme social. Infine, il Premio dello sponsor Paradiso Group è stata consegnato da Ferruccio Paradiso a Pika DFM. Come è noto, alla finalissima del Calabria Fest sono arrivati gli otto vincitori delle selezioni nazionali per artisti e band iniziate lo scorso marzo, tra centinaia di proposte pervenute a Rai Rai Radio Tutta Italiana e ad Art-Music&Co, In attesa del verdetto della giuria, capitanata dal noto scrittore, critico musicale e conduttore Rai Dario Salvatori, sul palco è salita la prima super ospite Chiara Galiazzo, tra i più radiodiffusi del momento con il nuovo brano inciso insieme a J-Ax. Con la sua bravura e la sua eleganza ha incantato tutti, strappando lunghi applausi. Dopo le premiazioni con i riconoscimenti creati per il Calabria Fest dal celebre maestro orafo Gerardo Sacco, anch’egli presente a Lamezia, il rapper Clementino ha chiuso col botto l’intero festival, mandando letteralmente in delirio le migliaia di giovani che hanno gremito all’inverosimile il maestoso Corso Numistrano. Con la sua energia, saltando da una parte all’altra e perfino fin sotto

il palcoscenico, ha infiammato la notte lametina, regalando un live davvero spettacolare e un’atmosfera entusiasmante e magica. Perfetta l’organizzazione dell’evento e straordinario il successo, sia dal vivo, sia grazie ai numeri record registrati dalla diretta Rai attraverso le sue rete digitali e social, in particolare Rai Play e Rai Radio Tutta Italiana, curata dal responsabile web delle reti digitali Rai Flavio Bianchi e dal suo staff a Lamezia Davide Lonardi e Angelo Terracciano, con la regia video di Enrico Pulice. Di grande impatto l’allestimento, con l’imponente struttura scenica voluta da Pegna, che si è avvalsa della scenografia di Francesca Ferraiuolo della Entopan e da un eccezionale gioco di luci ed effetti ad alta tecnologia realizzati dalla ChecK Sound di Antonio e Tommaso Paparo, con il coordinamento tecnico di Giacinto Lucchino. “E’ stato un grande Festival, con una cornice eccezionale di pubblico! Una soddisfazione immensa dopo mesi di lavoro e la cura meticolosa di ogni dettaglio”, sottolineano Ruggero Pegna, Gianmaurizio Foderaro e Giusy Leone, che hanno ringraziato l’Assessorato alla Cultura della Regione per aver inserito il progetto tra i Grandi Festival Storicizzati, la Direzione delle Concessionarie Paradiso Group per il prezioso supporto, gli Uffici Comunali. “Un grazie sincero – dice Pegna – anche al Comando dei Vigili Urbani e al Commissariato di Polizia, in particolare al dottor Francesco Morelli, per la preziosa collaborazione che ha consentito la perfetta riuscita della prima serata.” Nel Villaggio Musicale sono stati presenti per tre giorni anche i volontari dell’Associazione Lamezia Rifiuti Zero che si occupano dei punti di raccolta differenziata dei rifiuti nell’ambito della loro campagna per la sensibilizzazione ambientale. Dopo il grande successo, l’appuntamento col Calabria Fest, vero grande evento, è d’obbligo alla prossima edizione.

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Associazionismo

di Gianfranco Turino

Ero un dipendente della compagnia di navigazione Itavia(IH) SpA, oggi un pensionato di 75 anni; il mio tempo, come quello di altre 1200 persone circa,e’ durato dal 1969 al 1980, chiuso in quel drammatico 27 giugno sulla fossa di Ustica dove il nostro dc9 ITIGI, volo IH870 da Bologna a Palermo,finiva abbattuto in un imprecisato gioco di guerra in cui tutti erano implicati, amici e nemici,ma nessuno ha mai voluto ammettere le proprie responsabilità tacendo su 81 morti e circa 1200 esseri umani cancellati dai registri del lavoro, questi ultimi andando a formare un ipotetico scenario dimenticato. Noi dipendenti: impiegati, tecnici, operai e piloti, professionisti preparati capaci anche d’inventare il volo attivando l’iniziativa personale, per una compagnia che faceva concorrenza al gigante aereo del monopolio: l’Alitalia, dopo quel nefando 27 giugno siamo diventati anime perdute alla ricerca di se stessi e di un futuro qualunque, ma che ci permettesse di tornare a vivere e sperare. La nostra è stata una fine ingiusta, voluta, progettata e consumata da un potentato politico che aveva, o cercava di avere, i

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Itavia

propri interessi anche nel volo privato. Per continuare l’attività, alla società sarebbero bastati 70 milioni, gli furono rifiutati in una riunione parlamentare infuocata in cui un ministro minacciò i far cadere il governo definendo il comportamento degli onorevoli “cretinismo parlamentare”a nulla valse la battaglia per la ripresa di alcuni democristiani e di tutto il MSI, decisi a far tornare le ali biancorosse nel volo. Fummo costretti a vederci chiudere le porte in faccia con una frase striminzita ovvero “la Compagnia cessa l’attività’ per esaurimento delle scorte economiche”, ironia del destino, a giugno 1981, gli organi dello stato inventavano una società di navigazione aerea sotto il nome di Aermediterranea (Linee Aeree mediterranee sigla BQ) dal costo di 400 milioni per assumere parte del personale Itavia, rotte e aeromobili e il Sud e le isole; una società durata due anni per poi essere conglobata nel gruppo Alitalia, facendoci transitare da prima all’Ati (BM) per finire poi in Alitalia (AZ). Ho sempre cercato di mettere sulla carta le nostre sensazioni di lavoratori,il terrore del futuro senza

una certezza, la paura del nulla, la mancanza di risorse economiche,i sei mesi di cassa integrazione straordinaria, poche lire in un mare di disperazione che non bastavano neppure a sostenere la giornata familiare, con conti da pagare che si accumulavano, a volte in quel periodo, anche costretti ad un solo pasto giornaliero; volevo farlo contro tutti coloro che scrivevano di battaglie aeree, di ipotesi strane, di cedimenti strutturali e di bombe a bordo, molto lontani dalla realtà e dalla verità che partiva e finiva con un missile, nelle calme acque di Ustica. Ogni volta, iniziavo a scrivere e poi cancellavo tutto per i troppi ricordi, alla fine, come pensionato, ho trovato il coraggio di superare la mia rabbia e la tristezza per quello che avevo perduto, con il mio libro ho inteso ricordare a tutti la nostra odissea che, dopo quasi 39 anni, è ancora priva di una verità, partendo dal singolo per rappresentare i 1200 dello scenario dimenticato. Gianfranco Turino

Presidente di Calabria Sociale Associazione Calabria Sociale Natura,Ambiente,Ecologia, Cultura,Turismo Presidenza Regionale

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poetesse lametine

La voce confessionale della poesia: pensieri, parole, opere (senza omissioni, però!) della Professoressa Luciana Parlati

di Francesco Polopoli

‹‹Picati di i mia››: così li chiama lei, la cara professoressa Luciana Parlati, mentre ne ricostruisco il sermo cotinianus, che appaio alle nugae di Catullo. Addirittura?.. mi direbbe: mi sembra di sentirla col suo inconfondibile piglio ironico. In fondo anche quelle erano ‹‹inezie letterarie›› elevate a potenza comunicativa: ce lo ha insegnato, nel proporre l’autore Veronese; ergo, non mi sbaglio! Il suo stile, perciò, dal cascame del Classico, riprende quella stessa immediatezza poetica: ‹‹classicheggiante è››, prof., me lo lasci dire! E già mi pare di sentirla sorridere, se non altro perché credo di averci azzeccato. Quando Camilleri dice del dialetto che ‹‹è la lingua degli affetti, un fatto confidenziale, intimo, familiare›› mi sembra proprio di ascoltarla: per di più in una splendida premessa testuale che, a parer mio, è un’ode civile all’idioma lametino, la Nostra aggiunge un termine bivalente di grande considerazione. Tra il lirico e drammatico in una voce duale, direi! ‹‹Privata››, trovo per iscritto, ripetendola: se nel senso aggettivale è strettamente personale, in quello participiale fa intravedere un timore imminente, come minaccioso peccato capitale. Quello di potersi privare di una tradizione immateriale, che appartiene al serbatoio inconscio di tutta una comunità ed è inenarrabile! Mi scusi la forma viciniore all’anacoluto: la proposizione si fa volutamente acefala solo al pensiero di una perdita ereditaria. ‹‹Currenti calamo››, avrebbero detto i Latini, giustapposta per l’occasione. Ora «una sorta di bilinguismo è da tempo consustanziale alla fenomenologia linguistica»: rinvio la considerazione a Dante a solo titolo di documentazione. Il dualismo – esposto nel De vulgari eloquentia – tra il parlar materno che si riceve per natura, oralmente, informalmente, e il latino che si apprende artificiosamente per formalizzarlo istituzionalmente è la riprova di come la diglossia ci segua come destino da secoli di storia. Oggi l’italiano svolge il ruolo di lingua grammatica, laddove il dialetto quello di parlata naturale: né più e né meno, quindi! Di questo bel binomio Giacomo Noventa si compiace persino in un suo struggente epigramma: «Parché scrivo in dialeto…?/ Dante, Petrarca e quel dai Diese Giorni/ Gà pur scrito in Toscan.// Seguo l’esempio». A lui risponderebbe la Parlati, parlando in lametino: lei che ha un cognome declinato al plurale, poi, è maggiormente deputata al plurilinguismo. Lei può: del resto, ‹‹nomen, omen›› (un nome, un destino!); vale lo stesso anche per un ‹‹cognomen››, mi sia consentito, a questo punto! Che dire, poi, della sua silloge poetica? Amo le panoramiche a tutto tondo che fa della nostra città: Corzu Numistranu, Caru Corzu miu!, ‘U paisi pag. 18

miu, per fare degli esempi. Una terna versificata che dà le parole persino alle pietre. Nel contempo mi ritrovo in quei quadretti sodali o familiari in mezzo ai quali, nel nostos di tutti, ciascuno assapora un paesaggio d’animo. Tuttavia, c’è una toto-poesia dove fa letteralmente tredici nel numero di sillabe: vincente è il metro di Sant’Antonio nella tredicina a lui dedicata e non poteva essere altrimenti, già! Qui la nostra ‹‹mater et magistra›› sconfina liberamente dalle regole dell’endecasillabo per seguire il ritmo delle sue intime orazioni: il v.3, poi, com-bacia, dopo una rima baciata, in un bacio di fede rivolto al Santo Patrono nicastrese, fateci caso, dopo aver letto il testo, che riporto qui di seguito, proprio in occasione della festa antoniana. A tridicina Ohj cumu è bellu, ogni annu di matina i primi ‛i giugnu fhari ‛a tridicina!, e jiri a pedi a prigari a Sant’Antoni, ‛u prutitturi nuastru, povaru e squazuni. E l’aria ‛ntuarnu è fhrisca e profumata, ti sianti leggia dintra e assicurata ca ‛u santu sta aspittandu puru a ttia, ‛na binidizioni ti duna e accussì sia. ‛Ntr’ a gghiasa ancora si sentinu cantari da ‛a tridicina i canti di‛ na vota, e su’ speciali, e llu cori s’allarga a ricurdari di quandu, nninni, viniamu ccà a circari ‛a grazia, vistuti puru nua ‛i monachjallu, e lli gigghji ci purtavamu, e lli cira ci allumavamu e…aspittavamu, e llu Santu, doppu ‛a prucissioni accumpagnàvamu, e, doppu i sbumbi, ‛i zotti, ‛a fiaccolata, fhinia la fhesta, passava la nuttata, ma dintr’ ‛u cori, ‛a memoria n’è ristata. Cos’altro aggiungere? Tra i versi succitati ritrovo l’ispirazione e l’aspirazione di tutta una testura sociale: melodia o poesia, fa lo stesso nella somma totale di questa sequenza ritmata: a ben vedere dal belvedere di tutto il nostro territorio c’è una sonorità che ha ancora una chiave di violino nello spartito musicale del vernacolo nostrano. La professoressa ci dà il la…e noi non possiamo non accogliere il suo messaggio, per ricomporre a livello orchestrale la triuna unità di questo paese, da poco, over 50, d’età.

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Lamezia e non solo


poetesse lametine

di Francesco Polopoli

Ines Pugliese

Ines Pugliese è nel novero di quelle nostre donne lametine che evocano il futuro dalla bellezza ancestrale delle memorie: lo fa attraverso il garbo di una prosa scorrevole o di una poesia concentrata, fermandomi al “dicunt” dei carissimi suoi estimatori, me compreso; ciò che la contraddistingue come cifra stilistica, a mio avviso, è una particolarissima brevitas, che sa di esprimibile pure in un qualche guizzo figurativo presente, di qua e di là, tra le sue pagine. Entrerò nel tronco d’un albero e ascolterò le parole del vento, leggo nella sinossi di “Molto dopo la mezzanotte”: in effetti, dialogando inter-testualmente con lei, è facile farsi avvolgere dalle trame del suo canto. Naufragar ci è dolce, potremmo dire, parafrasando un grande Uomo: perché no?! Partendo dalla consapevolezza di un presente spoglio di passato, la nostra poetessa ha l’ardire e l’ardore di mostrare il volto di una generazione ancora mischiata alla sua cittadella. Il tutto nel nome della poesia: è un sentimentalismo tardo-romantico, il suo, combattivo contro l’oblio involvente della modernità. Di queste testimonianze abbiamo sempre più bisogno per

arginare i peccati di cittadinanza, ascrivibili a tutte quelle dimenticanze incivili, che si proiettano in avanti senza guardarsi all’indietro. Per quanto mi riguarda, ho il piacere di leggerla tutte le volte in cui mi descrive il Golfo di Sant’Eufemia a forma di grande conchiglia, mentre se ne sta seduta sotto l’ombra delle acacie saline, a mirare il groviglio algoso delle capigliature della nostra Ligea, oppure in tutte quelle altre situazioni in cui si fa tutt’una con la nostra città in cerca di antichi ricordi cui farsi ricondurre. Non solo. Ho la sensazione che il suo cuore umano sia ancorato alla terra natia persino quando ormeggia altrove: è il caso di Messina, o di Lampedusa, che rilegge nello spirito genetico dell’accoglienza magno-greca. Colpisce, infine, a chiusura del suo testo, un episodio di violenza femminile, intorno a cui l’animo della narratrice presta fortemente attenzione, fino a farlo diventare titolo della sua produzione. Perché? È lecito chiederselo. Semplice: per sottolineare l’impegno solidale contro tutte le aggressioni di genere. Ed in questo tocca veramente l’acme, lasciatemelo dire!

l’angolo di ines di Ines Pugliese

Come nuvole grigie Come nuvole grigie vaghi ora nell’aria. oh giorni che fuggite via lasciate almeno il profumo dei ricordi pag. 19

Poesie

Si fa sera..

un raggio di sole sull’albero azzurro obliquo si posa. l’ ibisco racchiude i suoi petali in un bozzolo d’oro. GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

il giorno s’attenua lasciando rugiada sull’erba smeraldo. la luna girando nel cielo gioca col tempo. le ombre vagando trattengono il fiato. Lamezia e non solo


Sport

LA LIBERTAS LAMEZIA FA INCETTA DI TITOLI di Rinaldo Critelli giorni: dopo Rende, la prima vittoria tre giorni dopo a Palmi, e podio completato la domenica successiva con la ‘dura’ Panoramica lametina, seconda. Poi oltre un mese di riposo e quarta prova a Crotone: qui la Libertas è arrivata terza; mentre lo scorso 23 iE’ una storia ultratrentennale quella della Libertas Atletica Lamezia fondata nel lontano 1985 dal Dott. Salvatore Materazzo, prematuramente scomparso, e da Gregorio Sesto attuale presidente. Una storia ricca di successi, sia di squadra che individuali, con tanti campioni che hanno impreziosito questi 34 anni di onorata storia. Gli ultimi successi proprio la scorsa stagione: Libertas Campione Regionale Master sia di corsa su strada che di cross e quarto posto ai campionati nazionali assoluti di Alberobello di corsa su strada distanza 10 km, su duemila società partecipanti. Più recente il secondo posto ai campionati regionali Master di Cross svoltisi a Cetraro il 18 marzo scorso. L’attuale stagione vede invece la Libertas Lamezia, al momento di andare in stampa a fine giugno e dopo la sesta prova del Gran Prix regionale (la stranotturna di Catanzaro), in seconda posizione con alle spalle della K2 Cosenza e terza l’Hobby Marathon di Catanzaro. Non sono mancate le problematiche in questa stagione per la Libertas Lamezia, con atleti anche di punta assenti per motivazioni diverse. E così la squadra lametina, nel frattempo reintegrata da nuovi atleti, ha cercato di tenere botta ad iniziare dalla prima prova del Gran Prix regionale a Rende disputatasi il 28 aprile scorso, giunta terza. Un inizio alquanto dispendioso dal punto fisico-atletico con ben tre gare in nove pag. 20

giugno a Castrovillari i lametini sono arrivati secondi. Prima di andare in stampa è andata in scena la Stranotturna di Catanzaro: Libertas, anche qui con varie defezioni, s’è piazzata al secondo posto dopo i padroni di casa dell’Hobby Marathon. Insomma un campionato che è entrato nel clou e riprenderà ora con la gara di Frascineto il 20 luglio, precedentemente rinviata; quindi a fine agosto Marina di Sibari (il 31), Palmi (29 settemGrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

bre), San Costantino Calabro (27 ottobre). “Quest’anno purtroppo abbiamo dovuto fare i conti con diverse defezioni – spiega il presidente Sesto – per cui siamo costretti a rincorrere la K2. Certo daremo battaglia fino alla fine, consapevoli che la corsa per noi è sì una sorta di competizione ma anche un modo per ritrovarsi e stare insieme. Ogni nostro atleta rispettando i propri impegni fornisce il suo contributo in termini di impegno e sacrificio. Cito alcune delle tante vittorie nelle varie categorie individuali ad iniziare da Maggisano e Curcio, al rientro in gara sulla 21,097 km ad Agropoli il 31 Marzo con un eccezionale crono: 1ora, 15 minuti e 59 secondi; da Bernardi e Brancatelli, ai vari Guzzo, Isabella, Cristiano, Falvo, Dattilo, Zarola, Fazio, Andricciola, Ferraro, Godino, i fratelli Critelli”. Senza dimenticare il pluridecorato di titoli regionali Antonio Bruno, aggregatosi a torneo in corso. Da registrare inoltre l’ottima perfomance ai Campionati Regionali di staffette Master “4x400” svoltisi a Siderno a settembre scorso, in cui i 4 staffettisti-Libertas: Carlo Isabella, Vincenzo Falvo, Federico Brancatelli e Antonio Guzzo hanno stabilito il nuovo record regionale per la categoria SM55 con il crono di 4.38.83. Encomiabile il sempreverde 63enne Antonio Zarola: lo scorso 25 maggio ha partecipato alla regina delle ultramaratone, la 47^ edizione della “100 km del Passatore” che attraversa l’Appennino tosco-romagnolo da Firenze a Faenza. Su 2965 atleti Zarola ha fatto registrare il tempo di 12 ore 32 minuti, risultando 19^ Lamezia e non solo


Sport

La legione straniera del calcio italiano di Vincenzo De Sensi

Questo calcio, pieno di contraddizioni, abbandonato dal pubblico, che affonda nei debiti, che alimenta, suo malgrado, la più ottusa violenza e che d'incanto ritrova gente, riaccende lo spettacolo e dimentica i coltelli e le botte...e tutto questo grazie anche a un mito: lo straniero. Si nega una professionalità made in italy, mentre i mali sono altrove, ci sono pochi dirigenti preparati ed abbondano invece gli sponsor, il giocatore è visto come un robot, in un'ottica mercantilistica, che umilia la sua professionalità, anche se è vero che essa "deve" forse venir meno, almeno un poco, per fare spazio al collettivo, e, soprattutto si guarda allo straniero come ad un punto di riferimento, ad un passaggio obbligato per dar fiato ed ossigeno alla squadra in campo e sugli spalti, ad un fiore all'occhiello che gratifica il club che ha potuto acquistarlo e che penalizza la squadra che non ha potuto permetterselo... e qui dovremmo interrogarci tutti: come è possibile giudicare il loro contributo al di fuori del rettangolo verde? Un contributo non solo come giocatori ma come uomidi categoria su 159 e 676 esimo su 2675 giunti al traguardo, insomma una top performance. E ha già collezionato nel 2019 ben due “6 ore”, a Putignano e Acaya (Le), e prossimamente Curinga. Al pari di Federico Brancatelli (cat. M55) che ai Campionati Italiani master di 10mila mt outdoor in pista ad Abbadia San Salvatore (Siena), ha fatto registrare un eccezionale 37:26” valsogli il 5^ posto generale e il nuovo record calabrese che resisteva da 10 anni (38:46”). Senza dimenticare il 3^ posto di categoria ai campionati nazionali assoluti di Alberobello 10 km, a settembre 2018. E anche il titolo di campione regionale di cross a San Giovanni in Fiore sulla distanza di 6 km il 17 marzo scorso. In campo femminile la Lamezia e non solo

ni, come esempi di vita per i compagni di squadra e per i tifosi che li seguono tutte le domeniche soffrendo ed esaltandosi, nè più né meno come in campo. Vogliamo dunque risolvere le questioni "in casa", oppure chiedere aiuto all'esterno, aprendo o tenendo sprangate le frontiere? Si, se veramente scopriamo uomini-giocatori in grado di dare lezione di professionalità. No, certo, se l'esterofilia (o avrei dovuto dire esteromania?) è un passaggio obbligato. No, se ci si deve affidare alla sorte, o ai quattrini, anche perchè abbiamo i giovani da aiutare nel processo di maturazione e dobbiamo salvaguardare quelle grandi palestre di vita e di sport che si chiamano vivai, in cui impariamo a rispettare l'avversario, a conoscere la realtà, a scoprire la vita di comunità, con i suoi immancabili sacrifici, ma l'augurio che faccio IO sportivo, che possa imparare a conoscere meglio questi nostri compagni della domenica, a capirli, valutarli, comprenderli e, perché no a giustificarli.

Libertas ha fatto i conti con una partecipazione alle gare sempre più sparuta rispetto al passato, ma l’atleta Saveria Sesto, vice Presidente della Libertas, ha colto un ottimo “argento” ai Campionati Nazionali indoor svoltisi al Palaindoor di Ancona nella 3 km di marcia nello scorso febbraio, portando lustro come da tanti anni fa alla Libertas, alla Città di Lamezia Terme nelle varie

competizioni agonistiche a cui partecipa in giro per l’Italia.

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rubricando di psicologia

Le “carezze educative”: emozioni e apprendimento di Maria Teresa Di Benedetto Siamo degli stupefacenti esseri umani e le emozioni fanno parte della vita di tutti noi, ci accomunano. Evidenze neuroscientifiche dimostrano come le emozioni abbiano un ruolo molto importante anche in ambito scolastico e si riflettano sulla qualità dell’apprendimento degli alunni. Infatti, l’intelligenza e l’apprendimento funzionano al meglio quando si è felici. L’insegnante ha un compito non facile in questo senso: il suo ruolo non deve esser quello di far ridere i suoi studenti, ma deve piuttosto porsi come mediatore di benessere nell’apprendimento di cose complesse. Il grande decisore non è la ragione ma la parte emotiva Daniela Lucangeli, psicologa, esperta di disturbi dell’apprendimento e docente universitaria di Psicologia dello Sviluppo, è molto conosciuta, anche sui social network, per la sua innovativa idea di insegnamento basata sulle emozioni positive. L’esperta, con una lunga ed eterogenea formazione alle spalle, in seguito al conseguimento del dottorato in Neuroscienze, ha compreso che “il grande decisore non è la ragione ma la parte emotiva”. È infatti essa a determinare l’apertura o la chiusura difronte a determinati stimoli. Se imparo con gioia e curiosità, ricordo con gioia e curiosità La professoressa sostiene: “Il modello prevalente oggi è ancora: io-insegno-tu-apprendi-io verifico. Il risultato è un apprendimento formale, formalizzato e passivizzante. Le nozioni si fissano nel cervello insieme alle emozioni. Se imparo con curiosità e gioia, la lezione si incide nella memoria con curiosità e gioia. Se impaTestata Giornalistica Di tutto un po’ - lamezia e non solo anno 27°- n. 56 - luglio 2019 Iscrizione al Tribunale di Lamezia Terme dal 1993 n. 609/09 Rug. - 4/09 Reg. Stampa Direttore Responsabile: Antonio Perri Edito da: GRAFICHÈditore Perri Lamezia Terme - Via del Progresso, 200 Tel. 0968.21844 - e.mail. perri16@gmail.com Stampa: Michele Domenicano Allestimento: Peppino Serratore Redazione: Giuseppe Perri - Nella Fragale - Antonio Perri Progetto grafico&impaginazione: Grafiché Perri-0968.21844

Le iscrizioni, per i privati sono gratuite; così come sono gratuite le pubblicazioni di novelle, lettere, poesie, foto e quanto altro ci verrà inviato. Lamezia e non solo presso: Grafiché Perri - Via del Progresso, 200 -

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ro con noia, paura, ansia, si attiva l’allerta. La reazione istintiva della mente è: scappa da qui che ti fa male. La scuola ancora crea questo cortocircuito negativo”. La colpa, dunque, è attribuibile a motivi di carattere neurologico e non ad aspetti motivazionali o ideologici. A scuola c’è necessità di più “carezze educative” La Lucangeli, certa che non si possa insegnare ciò di cui non si faccia esperienza, parla di “carezze educative” utili sia ad educare i bambini che a formare gli adulti in quanto “ogni alunno ha diritto di esprimere le sue potenzialità al massimo. La didattica non deve dare a tutti la stessa cosa ma a ciascuno la migliore, in base alle sue possibilità. Un cervello in età evolutiva non può adattarsi a un metodo unico per tutti”. E continua “Ho incontrato insegnanti immensi, ma la scuola oggi è in una bolla. Non c’è corrispondenza tra ciò che dice e ciò che fa. Chiede l’accomodamento dei bambini a se stessa, ai programmi, alle burocrazie. Invece vorrei che si accomodasse ai bisogni degli alunni. Vorrei che laddove ce n’è uno che fa fatica, ci fosse un insegnante che lo aiuta, non che lo giudica”. Secondo l’esperta, infatti, c’è l’urgenza di riacquisire il diritto di sbagliare, per non vivere l’errore con il senso di colpa e con la paura di non poter più modificare ciò che è stato sbagliato perché “noi siamo stati educati all’idea che è difficile modificare le cose che non vanno. Per modificare l’atteggiamento emotivo, non si può far a meno di reimparare le emozioni warm, calde, perché sono le chiavi di accesso all’anima, alla persona viva e profonda”. 88046 Lamezia Terme (Cz) oppure telefonare al numero 0968/21844. Per qualsiasi richiesta di pubblicazione, anche per telefono, è obbligatorio fornire i propri dati alla redazione, e verranno pubblicati a discrezione del richiedente il servizio. Le novelle o le poesie vanno presentate in cartelle dattiloscritte, non eccessivamente lunghe. Gli operatori commerciali o coloro che desiderano la pubblicità sulle pagine di questo giornale possono telefonare allo 0968.21844 per informazioni dettagliate. La direzione si riserva, a proprio insindacabile giudizio, il diritto di rifiutare di pubblicare le inserzioni o di modificarle, senza alterarne il messaggio, qualora dovessero ritenerle lesive per la società. La direzione si dichiara non responsabile delle conseguenze derivanti dalle inserzioni pubblicate e dichiara invece responsabili gli inserzionisti stessi che dovranno rifondere i danni eventualmente causati per violazione di diritti, dichiarazioni malevoli o altro. Il materiale inviato non verrà restituito.

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Lamezia e non solo


di Maria Palazzo

distendermi. Un’altra caratteristica della lettura estiva, per me, è quella di leggere tre o quattro libri contemporaneamente, a seconda dell’umore. Le biografie, quando sono più attenta (l’estate scorsa ne ho fatto una scorpacciata: ho letto le biografie di Giancarlo Giannini, Phil Collins, Stewart Copeland, Andy Summers, Tullio Solenghi, e altre), i racconti, la sera, letteratura sotto l’ombrellone e poesia mentre cucino o faccio colazione. In questo periodo sto leggendo la biografia del grande attore di teatro, Umberto Orsini: Sold out.

Per la letteratura, Liala e Dumas romanziere. Scatenatevi come volete. Leggere è inventare un mondo, attraverso altri, ma passando da se stessi: le scelte che facciamo sono indice di ciò che siamo e ciò che amiamo e, persino, di ciò che vogliamo approfondire. Un’altra bellissima, oltre che buona, abitudine, sarebbe quella di scambiarsi le impressioni su ciò che si legge. Ma senza pregiudizi: molti sorridono sarcasticamente ai libri che gli altri amano, ma, se si scava un po’, ci si accorge che quella gente non legge affatto! Sentitevi liberi e, leggete, leggete, leggete, ma senza limiti e senza barriere: con la lettura, nulla ha confine… BUON DIVERTIMENTO E BUONA ESTATE.

Carissimi lettori, ormai siamo in estate. Molti leggono in questa stagione, perché dicono di avere più tempo… Io credo che leggere non sia un passatempo, ma una buona abitudine, quindi non vi tartasserò con la petulanza di invogliarvi a leggere qualunque cosa, sotto l’ombrellone! Sarebbe assurdo! Vi scandalizzerete, ma io, in estate leggo pochissimo: ovvero, leggo, in maniera diversa; con la mia solita abitudine di leggere, prima di spegnere la luce o quando sono completamente rilassata, mentre in inverno, la lettura è il leitmotiv delle mie giornate, un imperativo categorico del mio intelletto. Quindi, d’estate, leggete, ma se siete dei lettori assidui, non vi stancate. In estate leggo le biografie, oppure racconti, poesie e romanzi della letteratura amata in età infantile o giovanile: mi aiuta a rinfrancare il cervello e a Lamezia e non solo

Poi i racconti di viaggio di Alexandre Dumas padre, in italiano (lo lessi in francese, per la tesi di laurea): Viaggio in Calabria. Poesia: autori vari, ma, in questo periodo, soprattutto, Apollinaire. GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

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La parola alla Psicologa

Alessitimia: le emozioni sconosciute di Valeria Saladino

L’alessitimia, dal greco “Alexis thymos”, letteralmente significa “non avere parole per le emozioni”. E’ la difficoltà di esprimere verbalmente le emozioni, oppure: “senza parole per le emozioni”; è l’ incapacità di utilizzare la parola per la comunicazione affettiva e difficoltà di impiegare le parole per esprimere e per raccontare quello che si sta provando. Le persone alessitimiche hanno difficoltà nell’ identificare i propri sentimenti e a comunicare agli altri le proprie emozioni. L’alessitimia si manifesta attraverso una serie di difficoltà rispetto a: · identificare, descrivere e interpretare i propri e gli altrui sentimenti; · distinguere gli stati emotivi dalle percezioni fisiologiche; · individuare quali siano le cause che determinano le proprie emozioni; · utilizzare il linguaggio come strumento per esprimere i sentimenti, con conseguente tendenza a sostituire la parola con l’azione fisica. Studi recenti hanno considerato l’alessitimia un disturbo dell’elaborazione degli affetti che interferisce con i processi di auto-regolazione e riorganizzazione delle emozioni. Questo potrebbe spiegare la tendenza dei soggetti alessitimici ad assumere alcuni comportamenti compulsivi quali: l’abbuffarsi di cibo, l’abuso di sostanze o il vivere in modo perverso la sessualità per liberarsi dalle tensioni causate da stati emotivi non elaborati. Solo apparentemente ben inseriti nella società, i soggetti alessitimici assumono una postura rigida, presentano processi immaginativi coartati e tendono ad avere esplosioni di collera o di pianto incontrollato e, se interrogati sui motivi di queste manifestazioni, sono incapaci di dare spiegazioni. Questo perché i soggetti alessitimici, pur mostrando una normale attivazione fisiologica in presenza di emozioni, hanno ridotte capacità di riorganizzare gli elementi che caratterizzano la loro esperienza corporea in una rappresentazione mentale intrapsichica. Studi e ricerche dimostrano che l’alessitimia è uno dei fattori di rischio per diversi disturbi sia fisici quali coronaropatie, ipertensione, disturbi gastrointestinali che psicologici: anoressia e bulimia nervosa, depressione, disturbi d’ansia. Caratteristiche alessitimiche sono state individuate anche in pazienti con: dipendenza da sostanze, disturbo post-traumatico da stress, pag. 24

depressione. Da quanto finora detto emerge che l’alessitimia delinea un fenomeno molto articolato, risultato della compresenza di fattori genetici, neurofisiologici, intrapsichici, nonché di modelli di comunicazione familiare e fattori socioculturali. Quanto più una persona è consapevole delle proprie emozioni, tanto più riuscirà ad essere empatico. Il retaggio culturale che spinge ad insegnare più favorevolmente agli uomini capacità pratiche piuttosto che affettive, sembra spiegare il loro maggior numero tra i soggetti alessitimici rispetto alle donne. I soggetti alessitimici possono mostrare una ridotta capacità a provare emozioni positive come gioia, felicità, amore; ridotta capacità di empatizzare con gli altri, tendenza all’isolamento e a restare soli. Il funzionamento mentale di tipo alessitimico si associa ad uno stile difensivo immaturo. Una caratteristica dei soggetti alessitimici è data dal fatto che, in situazioni di stress e di conflitto, essi non percepiscono il disagio sul piano psicologico, ma lamentano soprattutto sintomi somatici con attuazione di comportamenti inadeguati. L’ uso di uno stile immaturo si associa spesso a tipo di strategie di coping inadeguate che compromettono un appropriato adattamento sociale. I risultati di trattamenti psicologici appropriati per tale disturbo prevedono apprendimento di strategie di coping come attività, pianificazione, sfogo emozionale, reinterpretazione, crescita e umorismo. Tali stili di trattament possono risultare appropriati alla gestione emotiva dell’evento e alle situazioni stressanti, perché consentono una valutazione complessiva dell’ evento e un miglior adattamento nelle situazioni stressanti.

Dr.ssa Valeria Saladino psicologa

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Lamezia e non solo


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