Lameziaenonsolo bruni giugno

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Lamezia e non solo

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Lameziaenonsolo incontra

Amalia Bruni

Consiglio superiore di Sanità. Come, questo può aiutarla nel suo lavoro di medicoricercatore? Sono stata nominata componente del CS dell’Istituto Superiore di Sanità, che è il braccio tecnico del Ministero della Salute, dalla conferenza stato-regioni. Sulle venti regioni italiane che hanno presentato ognuna il curriculum di un proprio rappresentante sono stati selezionati due medici, una sono io. E’ una esperienza interessante che pur non avendo un diretto riverbero sulla mia attività apre molto la mente e consente esperienze di alto profilo. L’ISS ha compiti di sanità pubblica, di ricerca e sperimentazione ma anche di promozione della salute e di formazione. Come componenti del CS abbiamo la diretta responsabilità nella valutazione delle attività di ricerca dell’Istituto e dei rapporti che l’ISS definisce con tutte le altre istituzioni.

Sono 24 anni che facciamo interviste a personaggi lametini, a volte, a distanza di tempo, torniamo ad intervistarne qualcuno. Così è stato con Amalia Bruni, la intervistiamo oggi, a distanza di 12 anni. Ovviamente la ringraziamo per avere trovato il tempo per noi e, ad onor del vero, ci rimproveriamo per aver fatto passare troppo tempo fra le due interviste. Dodici anni sono troppi, per fortuna è stata solo una nostra pecca perchè il nome di Amalia Bruni brilla nel firmamento delle persone, degli scienziati, famosi in tutto il mondo e, per riflesso, dona luce alla nostra città, della quale si parla, in riferimento ai suoi studi, non per negatività ma per l’esatto contrario. Se non altro diventeremo famosi come la città che ha dato i natali ad una scienziata che il mondo intero ci invidia. Nell’intervista che le facemmo a dicembre del 2004 le chiesi se sei si sentiva più medico, scienziato o ricercatore, lei disse “medico perchè l’essere medico richiude in sè il senso della ricerca e del fare scienza”, è ancora così? Sempre di più… non ho cambiato idea…il medico per curare deve indagare e capire da dove arrivano i problemi (ricerca); studiare per dare risposte e utilizzare le metodologie basate sulle evidenze significa utilizzare il metodo scientifico…

Beta amiloide è una delle proteine il cui deterioramento porta alla demenza. Il risultato delle ultime ricerche fatte da lei ed il suo staff, ha portato a scoprire che, in un ammalato, si può ereditare l’alterazione genetica da entrambi i genitori quando alla base vi sono stati matrimoni fra consanguinei. E’ corretto? Si è corretto. Ovviamente è un fenomeno rarissimo nel campo dell’Alzheimer anzi … per l’esattezza quella che abbiamo descritto è per il momento unica al mondo.

Alzheimer è una parola che fa paura, il nome lo deve al medico che, nel lontano 1906, parlò per la prima volta della malattia, da allora, scienziati, in diverse parti del mondo, studiarono la malattia, senza però mai consultarsi. Grazie ad una paziente che lei aveva in cura, Teresa, che ne era affetta, lei, che già stata facendo studi e ricerche sulla malattia, ebbe, quella che si può definire “un’intuizione”, ovviamente basata sui suoi studi, contattò i colleghi, che in altre parti del modo la stavano studiando, e riuscì a trovare il comune denominatore, dando così il via ad uno studio mirato, cosa ha significato questo per la malattia stessa? Il lavoro di ricerca che abbiamo sviluppato, lo studio delle famiglie con la malattia ereditaria è stato un modello di comprensione della malattia di Alzheimer in generale e ha dato il via alla comprensione degli anelli che compongono le catene della malattia

Differenza fra un ammalato che eredita il gene da un solo genitore e chi lo eredita da entrambi? In questo caso specifico abbiamo potuto stabilire che non c’è alcuna differenza tra chi eredita il gene mutato da un solo genitore o dai entrambi….ma questa è una particolarità Perché ha dedicato le sue ricerche proprio a proprio questa malattia? Come medico credo le siano capitati altri ammalati con altre malattie ugualmente “interessanti” ovviamente nel senso lato della parola, perchè è stata questa che la ha colpita? Intanto va dato rilievo al “caso” ovvero alla “serendipity” come la chiamano gli americani... la malattia in questione si presentava trenta anni fa ai miei occhi assolutamente straordinaria perché all’epoca non esisteva questa conoscenza. Pur essendo molto giovane, avevo già lavorato molto nell’università e non avevo mai visto o sentito di casi così straordinari. L’altro elemento straordinario era che questo

Ha avuto numerosi riconoscimenti, elencarli tutti sarebbe quasi impossibile, recentemente è stata nominata componente del Comitato tecnico-scientifico del

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Nella Fragale

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studio arrivava già “internazionale” perché il prof Foncin della Salpetriere di Parigi chiedeva collaborazione... e io ero assetata di conoscenza e di esperienze forti. Un ammalato di Alzheimer: meglio curarlo in casa o meglio in una struttura specializzata? A casa si può rischiare che la malattia peggiori e che l’ammalato finisca ad allettarsi e, quindi, a peggiorarne il percorso? L’ideale invece è proprio vivere nella casa e nel proprio ambiente.. nei luoghi dove hai vissuto e che sono la tua pelle... ma questo è un discorso generale e a volte teorico... infatti non sempre la famiglia riesce a gestire il proprio familiare a casa, vuoi per stati di agitazione difficili da contenere, vuoi perché le condizioni cliniche sono troppo gravi e allora è necessaria un’assistenza medica importante che non si può ottenere diversamente... ma vorremmo che le RSA che ti accolgono fossero “accoglienti” come la tua casa, gli operatori affettivi come i tuoi figli.

da ormai venti anni pur non arrestando la malattia smussano gli angoli, rendono l’evoluzione meno ripida e dunque in ultima analisi aiutano a migliorare la qualità di vita di pazienti e famiglie. Io però vorrei fare anche un’ altra precisazione: siamo sempre abituati a dire non ricorda più, è disorientato, ha perso questa o quell’altra capacità…dovremmo abituarci invece a vedere il bicchiere mezzo pieno e a capire quante cose ancora il nostro paziente è in grado di fare quanta autonomia è ancora residua. Perchè vede questo gli ridà dignità come persona e permette di imparare a convivere con una patologia che è certamente pesantissima ma che ha necessità di identificare spazi di manovra, spazi di serenità e di accettazione.

Una notizia ansa del 2014, della quale non ho trovato smentita, afferma che “Il digiuno per periodi di tempo regolari potrebbe aiutare a proteggere il cervello contro le malattie degenerative. In particolare non assumere cibo per uno o due giorni alla settimana potrebbe proteggere il cervello nei confronti di alcuni dei peggiori effetti del morbo di Alzheimer, di Parkinson e altri disturbi. Lo afferma uno studio dei ricercatori Usa del National Institute on Ageing di Baltimora presentato all’assemblea dell’Associazione Americana per l’Avanzamento della Scienza (Aaas)” è vera questa notizia? Si, sono studi molto interessanti che sta sviluppando Valter Longo un ricercatore calabrese molto intelligente originario di un paese del reggino... Tuttavia questi sono dati preliminari e vanno presi con le molle... soprattutto se è assolutamente vero che il troppo cibo fa malissimo, è anche vero che alcune indicazioni vanno consigliate e controllate dai medici. Il fai da te è il peggiore consiglio che si può dare…

Ho letto che chi eredita i geni finirà per ammalarsi, anche se, con i farmaci giusti, si può ritardare la progressione della stessa. Possibilità di guarigione ve ne sono? No, non ce ne sono al momento ma sono in corso negli USA trattamenti sperimentali non già per i malati ma per i soggetti a rischio portatori di mutazioni genetiche. Questo è un campo molto importante perché se si dovesse arrivare a fermare bloccare o ritardare la malattia di Alzheimer ci saranno certamente tante speranze anche per le forme, molto più numerose, e non genetiche Alzheimer, SLA, Parkinson, malattie terribili, forse fanno più paura di tante altre, similitudini e differenze. Sono malattie neurodegenerative con una serie di processi comuni e la genetica ha scoperto molti ponti tra queste malattie: ci sono forme genetiche in cui nelle stesse famiglie si presentano forme di demenza e SLA. Ancora forme di Parkinson che evolvono verso quadri di demenza e tante demenze che si complicano con segni parkinsoniani. Questo significa che abbiamo ancora tanta strada da percorrere per capire tante cose, studiare per capire similitudini e differenze….

Cosa deve aspettarsi chi viene colpito da Alzheimer? La malattia è progressiva e noi purtroppo non siamo ancora in grado di arrestarla ma ognuno ha il suo modo di andare avanti. Questo può significare a volte una evoluzione rapida ma nella maggior parte dei casi i quadri sono lenti e noi possiamo assistere il processo di malattia e aiutare malato e famiglia in ogni momento. Un paziente su cui si è effettuata una presa in carico ha certamente una qualità di vita nettamente migliore rispetto a chi non ha neanche avuto una diagnosi. Perché fare la diagnosi è il punto di partenza per curare, trattare i sintomi e contenerli, sostenere il paziente e la famiglia. I farmaci che abbiamo

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Come è riuscita a diventare uno scienziato noto in tutto

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il mondo senza lasciare l’Italia e la Calabria e Lamezia, in favore di mete che avrebbero potuto fornirle maggiori mezzi e fondi per i suoi studi e, sicuramente, maggiore attenzione? Non lo so, non mi sono posta il problema di “dovere o volere diventare famosa”. Io ho solo studiato, sempre, non ho mai smesso, non mi sono fermata mai…ma le nostre peculiarità di malattie, ambienti e il metodo che abbiamo sviluppato per studiarle sono state ritenute degne di interesse e di pubblicazioni …e se pubblichi su riviste di livello internazionale il fatto di vivere in Calabria o a Katmandu o a New York non ha nessuna importanza. Forse mi piace pensare che proprio perché sono rimasta qui sono diventata “famosa”. Da altre parti non avrei avuto... i nostri isolati genetici, il nostro territorio. Che cosa consiglia a una ragazza che voglia iniziare una carriera scientifica? Carriera scientifica nel senso di fare ricerca? allora la risposta è studiare... appassionarsi… e poi ancora studiare… e poi appassionarsi … e poi studiare….. e via così e questo significa … andare in posti seri per la formazione… fare esperienze all’estero…. “Non è la Chiesa che allontana la scienza, sono gli scienziati che hanno eretto un muro artificiale tra loro e la Chiesa. Perché sono ignoranti”, è stata proprio una scienziata, Jacalyn Duffin a pronunziare questa frase che pare proprio una contraddizione, visto che la chiesa, sin dai tempi di Galileo, ha sempre osteggiato la scienza. Il suo parere in merito? Io sono credente e non mi sento affatto in crisi nel mio ruolo di scienziato e di persona di fede. Penso che queste separazioni appartengano al passato o a modi di vedere e sentire sia la scienza che la fede in termini contrapposti che non è... Anzi ho sempre pensato che il padre eterno mi abbia aiutato più di una volta in questo cammino così irto e in un ambiente “non canonico” Se potesse ritornare indietro, rifarebbe quello che ha fatto? La prima risposta a pelle è assolutamente sì …ciò che faccio mi piace tantissimo ma è anche vero che se tornassi a nascere, ovviamente con la consapevolezza di questa vita, forse farei altro...se non altro per la curiosità appunto di fare cose nuove e diverse “Storie di grandi scienziati curiosi del mondo” in questo libro lo scienziato Amedeo Balbi sostiene che è una brillante curiosità fondata sulla consapevolezza di non conoscere a priori “la verità” che spinge gli scienziati a fare ricerca, lei condivide? E come se condivido…Ho sempre detto che il mio modo di procedere è quello di avere davanti un punto interrogativo e cercare di mettere al suo posto un punto esclamativo….. le domande sono il vero motore della conoscenza e la ricerca lo strumento per dare risposte

battute... comunque è noto che l’Italia investe poco in ricerca in generale e tra l’altro anche l’utilizzo dei fondi europei è piuttosto scarso. Questo è molto grave perché è il futuro che viene precluso… noi formiamo moltissimi giovani e poi li regaliamo ad altre nazioni... ovviamente questo significa che le conoscenze e la trasferibilità dei prodotti della ricerca arrivano in territori diversi dall’Italia e questo ha una ricaduta negativa in avanzamento lavoro, tecnologie... ricchezza in generale. Nonostante ciò la qualità della ricerca italiana è altissima, diciamo che facciamo moltissimo con pochissimi soldi… ma se solo potessimo trattenere le persone capaci (stranamente tratteniamo i meno capaci…) questa è una nazione che decollerebbe Cosa significa fare ricerca oggi? Fantastico rispetto a venti o trenta anni addietro… internet ha aperto tanti mondi e ha cambiato in maniera radicale il modo di studiare… e soprattutto ha abbattuto appunto le differenze geografiche… quando io ho iniziato per avere un lavoro pubblicato si andava in biblioteca dell’università, si faceva la richiesta, si doveva tornare. Oggi studi dal cellulare, i lavori sono tutti lì nell’aere... fai progetti parlando via skype e le discussioni sono proprio in tempo reale Ed ora lasciamo da parte la donna scienziato e parliamo della donna, della madre, della moglie Amalia. E’ stato difficile essere tutte queste cose contemporaneamente? La famiglia ha sofferto per il tempo che lei ha dovuto dedicare alle ricerche? Piuttosto laborioso e faticoso direi, non difficile, ma io ho avuto una famiglia straordinaria a fianco; un marito con cui ho sempre condiviso questo percorso di vita e questa passione, la famiglia allargata che ci ha aiutato sempre condividendo i problemi piccoli e grandi….e poi la visione che il lavoro è una parte così importante e ricca di emozioni della vita di una persona che non si pensare che questo “piacere” possa essere riservato solo ai maschi…..se la famiglia ha sofferto bisognerebbe chiederlo a figli e a marito…ma ad occhio sono sopravvissuti tutti e neanche tanto male….forse molto più autonomi rispetto a tanti mantenuti nella bambagia Come è il rapporto con i suoi figli? Ora che sono grandi affettivo, adulto e piacevolissimo ma molto libero e liberante…sono fiera delle loro autonomie, delle loro conquiste… certo quando erano adolescenti non nascondo difficoltà e conflitti come accade per tutti i genitori del mondo a qualsiasi latitudine e longitudine

Qual è la situazione della ricerca scientifica in Italia? Impossibile rispondere in poche

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Amalia Cecilia Bruni come ama trascorrere il tempo libero, sempre se riesce ad averne? Si il tempo è davvero poco ma mi piace camminare, andare in giro esplorando la nostra bellissima terra che pochissimo conosciamo, e poi un indispensabile giardinaggio…. La lettura, la musica, che ruolo hanno nella sua vita? Leggo per studio sempre ma leggo letteratura e libri vari purtroppo

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pur essendo un fiore all’occhiello non solo per Lamezia e la Calabria. ma per l’Italia tutta, rischia di non potere proseguire le ricerche, dei politici che non muovono un dito per scongiurare questo pericolo. Abbiamo fatto un giro per il Centro di Ricerche, un gioiello dove si svolge un lavoro fatto con passione, dove si studia il DNA, dove si sezionano cervelli, dove si conservano milioni di dati, pronti ad essere condivisi per migliorare la ricerca,

meno di quanto mi piacerebbe….sono sui 10-12 libri l’anno, approfitto dei viaggi aerei frequentissimi e delle soste per leggere…. mi piace però moltissimo, compatibilmente con i miei impegni numerosi che mi portano fuori, partecipare a presentazioni di libri, attività culturali…. Da questo punto di vista il nostro territorio è ricchissimo di iniziative molto belle

Concludiamo con la domanda che facciamo a tutti, alla Marzullo: la domanda che avrebbe voluto le facessimo e non le abbiamo fatto? Si faccia la domanda, ci dia la risposta. Che cosa avrebbe fatto se non avesse fatto il medico? L’architetto…mi piace l’arte e l’estetica, il bello in tutte le sue forme, in tutti i campi.. un architetto dedicato al restauro, al recupero delle strutture antiche abbandonate …mi duole il cuore quando vedo i nostri borghi bellissimi abbandonati soprattutto per incuria, disinteresse, forse, anzi certamente, perché non li amiamo abbastanza…non ne sentiamo il respiro che c’è anche quando sono abbandonati…..il nostro ambiente e tutto quello che circonda è la nostra pelle, dobbiamo volerlo bello, pulito, armonico….. Fare interviste è sempre un po’ difficile, si ha come l’impressione di entrare, sebbene in punta di piedi, in casa altrui. Fare interviste a donne come Amalia Bruni lo è ancora di più perchè nella sua infinita disponibilità, nel suo porsi con semplicità, tu sai che hai di fronte una donna fuori dal comune, una di quelle che sta cambiando il corso della storia per quanto riguarda la medicina e, quindi, un sottile senso di disagio ti pervade nel credere di non essere capace di porre le giuste domande A fine intervista, a “microfono “ spento, s’è parlato d’altro, della sanità in generale, degli ammalati, della situazione “disastrosa” in cui versa l’ospedale lametino, del Centro stesso che,

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dove, sottochiave, sono serbate migliaia di schede, di fascicoli, anamnesi di altrettanti ammalati. Ed allora mi accorgo che è vero che avrei dovuto fare più domande, domande diverse, domande mirate ma … forse questa forse è un’altra storia, è la storia del Centro Regionale di Neurogenetica, dove lavorano uomini e donne che si muovono silenziosi, dove gli ammalati arrivano da tutte la parti, dove l’ammalato è al centro dell’interesse e non un qualcosa di collaterale, ed allora questo incontro si conclude con un appuntamento per settembre, per cercare di capire, per entrare nei meandri dei meccanismi della burocrazia, della politica che, spesso e volentieri, fagocita ciò che dovrebbe essere appannaggio di tutti in favore di pochi. La frase che voglio dedicarle, in chiusura, è della Montalcini, che ha combattuto al suo fianco per il Centro, come lei donna, scienziata, entrambe capaci di scrutare e studiare quel che ai più è astruso ed entrambe sempre e comunque femminili, eleganti. “Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla se non la loro intelligenza.”.

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Teatro: La bevanda libertà

Teatrop: Laboratorio teatrale nelle scuole di Lamezia

Didattica alternativa, chiama questo progetto di teatro la dirigente del Liceo Scientifico Caterina Calabrese. Teresa Bevilacqua, dirigente del Liceo Classico, conferma sul valore pedagogico che da oltre quattro anni le fa scegliere la guida di Pier Paolo Bonaccurso, maestro di teatro e attore premiato a livello nazionale, nonché rappresentante della Cooperativa sociale TeatroP, come regista e direttore del laboratorio di alunni del liceo Classico, già premiati in prove nazionali negli anni passati. Il 13 maggio tocca al Liceo Scientifico fare anteprima al Teatro Politeama con Sogno di una notte di mezza estate. Laboratorio svolto con la collaborazione di Valentina Arichetti. Per la rassegna Teatro Ragazzi, Concorso nelle scuole 2015-2016, gli alunni del Liceo Scientifico di Lamezia Terme ci hanno stupito e deliziato con “The White Side Of The Moon” Il lato bianco della luna, Ipertesto, miscellanea, composto alla maniera di una Enciclopedia Einaudi Anni Settanta, con in mano un PC, le conoscenze e leggendo i link correlati e cuciti dal rigore del significato. Una lettura che volge in bianco, nel senso di luminoso, di possibile riscatto, ogni momento difficile, ogni tragedia. Dal testo, fermo a sangue, vendetta, invidia, gelosia e follia, via verso una decisione di libertà. Gli alunni del Liceo Scientifico hanno iniziato da questo anno, spinti dal suggerimento della loro insegnante di Materie letterarie, Mara Perri, con progetto accolto dalla Dirigente, stamattina in platea a batter loro le mani. Avevo già visto questo testo, in itinere, qualche tempo fa, nei locali del liceo stesso, ma il testo che ho avuto il piacere di applaudire stamattina è cresciuto, gli alunni preparati e padroni della scena, otto ragazze e un ragazzo, una compagnia vera e propria, con costumi e musiche, scenografie e tempi da professionisti. Un testo ottimo, una rielaborazione sensata, uso il termine “sensata” perché è ormai raro vedere testi così ben legati e mescolati, nuovi e antichi, con rispetto della tradizione del grande teatro di Carmelo Bene e insieme Osho e Capossela. Mi piacerà rileggere il testo, mi piacerà seguire ancora questi ragazzi che, con Caterina in scena, si liberano di Petruzzo, liberano il rum dall’uso terribile e solitario dello sballo, dando al teatro, nella finzione, al rum il ruolo di risate dissacranti su un dolore immenso, l’abbandono dell’ amore. Una bevanda che si chiama libertà, liberazione dalle strette maglie del dispiacere, dal sentirsi inadeguati. Nel ballo finale, dove tutti ridono e giocano, poi arriva lei, la saggezza, di celeste vestita, che riprende Shakespeare ed i sogni che si realizzeranno con studio e... respirando. Ogni storia trova la sua soluzione, cambiando, e sono queste le parole del papà di uno degli attori stamattina, nel ringraziare la scuola, dirigente e insegnanti, nel ringraziare Pierpaolo. “ Mio figlio è cambiato, da quando ha iniziato questo corso. Più sicuro, deciso, sciolto.

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Una libertà bevuta che si chiama teatro. Un viaggio nel pensiero con una carrozza fatta di reti con le ragnatele più sottili. Applausi e ancora applausi al teatro per davvero. E dopo gli applausi il dolce e un fiore fra i capelli Liceo Classico in Sogno di una notte di mezza estate Il laboratorio teatrale del Liceo Classico Fiorentino di Lamezia Terme, accompagnato dalla professoressa Olga Sirianni e guidato da Greta Belometti e PierPaolo Bonaccurso, mette in scena il 16 maggio, alla Rassegna Nazionale Scuola e Teatro a Campagna (Sa), dopo aver fatto anteprima al Teatro Costabile della propria città, la commedia di William Shakespeare “Sogno di una notte di mezza estate”. In un bosco costruito con aste di legno, come le asticelle elementari basiche con cui si iniziava la scrittura, leggiamo un testo recitato su un canovaccio sempre antico e moderno. Dalle metamorfosi di Ovidio a Romeo e Giulietta seguiamo gli intrecci di un testo giocoso, nel quale una improbabile aiutante di scena con in mano una cartelletta verde dona le parti al contrario. Piramo, verrà interpretato da una donna e Tisbe, da un uomo con i baffi. Il muro sarà una ragazza vestita di un bianco lenzuolo e lei stessa parteciperà alla vicenda. “Piramo e Tisbe, due fanciulli babilonesi, abitano in due case contigue; grazie alla vicinanza nasce l’amore. Il muro comune alle due case è solcato da una sottile fessura. La crepa viene così usata dagli innamorati per sussurrarsi dolci parole. Dopo essersi a lungo lamentati, tentano di uscire di casa nel silenzio della notte e di incontrarsi al sepolcro del re Nino e nascondersi al buio sotto l’albero” Questo l’antefatto che si snoda poi nelle immagini similari, e nelle parti salienti, alla tragedia Romeo e Giulietta, anch’essa più volte recitata sul palco, con i tempi tecnici di una commedia, suscitando quindi il riso e l’applauso tra gli spettatori. Nel bosco che vede l’uccisione di Tisbe, convinta che sia morto Piramo, gli equivoci si susseguono fra le coppie di innamorati che scambiano il sogno per realtà e confondono amori, alla mercé di un fiore rosso che viene spruzzato sulle loro palpebre addormentate da un dispettoso folletto. La magia. Gli alunni del Liceo Classico si muovono sulla scena e fra gli spettatori con grazia e abilità di attori già smaliziati, dimostrando di aver interiorizzato la disciplina dei gesti, della mimica, della postura richiesta dal contesto. Fra inseguimenti e colpi di scena, un testo del seicento prende forma nel 2016 con la freschezza immutabile dei classici, che non hanno tempo, perché sono di ogni tempo. Da Ovidio al mito ellenistico, dal teatro che Shakespeare donava al suo pubblico al nostro tempo, in cui è la scuola a dar vita al teatro.

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Fidapa Sezione di Lamezia Terme

La Fidapa a sostegno dei talenti al femminile “I talenti delle donne: una risorsa per lo sviluppo sociale, economico e politico del nostro Paese”, è il tema della mostra-esposizione che si è svolta a Palazzo Nicotera a Lamezia Terme nell’ambito della manifestazione culturale “Il maggio dei libri” organizzata dall’Amministrazione comunale e curata dall’assessore al ramo Elisa Gullo. Promotrice dell’iniziativa, che ha avuto nell’inaugurazione della mostra e nella tavola rotonda i momenti salienti, è stata la Fidapa di Lamezia Terme attraverso la discussione di un tema nazionale trattato da tutte le vice presidenti di sezione. Nell’incontro di Palazzo Nicotera i lavori sono stati presieduti e coordinati dall’avvocato Enza Galati, vice presidente di sezione. Ancora una volta la Fidapa ha inteso rivolgere la sua attenzione e sensibilità a tematiche di forte valenza sociale e culturale. “Il tema di oggi, scelto a gran voce dalle nostre sezioni, ci offre - ha affermato l’avvocato Enza Galati - un’ulteriore opportunità di confermare la capacità delle Donne di fare la vera differenza e di come sia possibile, per passione e per talento, creare momenti di eccellenza al femminile nei vari campi, nonostante tutti gli ostacoli legati all’universo Donna”. “Insieme - ha aggiunto la vice presidente di sezione, avv. Enza Galati - esploreremo il talento femminile, ovvero

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quella preziosa qualità di cui le donne, unitamente alla sensibilità, sono dotate, capaci, se valorizzate in termini etici, economici, artistici ed umani, di produrre molteplici benefici per l’umanità, soprattutto in questo triste periodo, dominato dalla continua perdita dei valori e delle speranze, ormai in caduta libera”. “La Fidapa, dal canto suo, continuerà - ha sottolineato l’avv. Enza Galati - la sua preziosa opera di valorizzazione del mondo femminile in ogni ambito umano, partendo in particolare tra le proprie adepte, individuando e incoraggiando i talenti culturali, artistici, umani e sociali, di cui nei decenni passati si è avuta continua ed indiscutibile prova”. Non ha fatto mancare il suo sostegno alla mostra-esposizione la vice presidente distrettuale, insegnante Giusy Porchia, mentre la presidente di sezione, Angela De Sensi Frontera, ha relazionato su “creatività e psicoanalisi”, argomento ampiamente trattato nel volume “Compiti evolutivi e gestalt integrata” da lei pubblicato. Hanno partecipato i talenti, socie della Fidapa di Lamezia Terme: Adriana Adamo, Aurora Agostini, Graziella Cantafio, Assunta Ionà, Chiara Macrì, Rina Minardi, Luciana Parlati, Ines Pugliese, Nella Scaramuzzino, Rosa Silipo, Eleonora Sirianni, Rosetta Vecchi. (continua sul prossimo numero)

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PREMIO ROTARY CLUB LAMEZIA TERME “VALTER GRECO” - II EDIZIONE

Eugenio Mercuri ESEMPIO STRAORDINARIO DI COMPETENZA PROFESSIONALE E DI SPICCATA UMANITÀ PER IL FUTURO DELLE NOSTRE NUOVE GENERAZIONI Al Prof. Eugenio Mercuri - lametino, Dirigente Responsabile dell’Unità di Neuropsichiatria Infantile all’Ospedale Gemelli di Roma - il Premio Rotary Club Lamezia Terme “Valter Greco” 2016. La cerimonia, svoltasi a Teatro Umberto, alla presenza di molte autorità rotariane e di un pubblico numerosissimo, è stata introdotta dal Presidente del Rotary Club Lamezia Terme, Dr.ssa Raffaella Gigliotti. “Il Premio - per come prevede il regolamento - viene attribuito a personalità originarie della città di Lamezia Terme e del suo comprensorio, che si sono distinte nel campo della ricerca scientifica, della tecnica, dell’arte, della cultura umanistica, dell’economia e del sociale, delle professioni e dei mestieri in genere, e che svolgono la propria attività, funzione o professione, con impegno, dedizione e altruismo. Così lo aveva pensato il nostro past president Valter Greco nel suo anno di mandato presidenziale, così lo abbiamo realizzato e voluto a lui dedicare, perché sia per noi tutti un appuntamento costante nel ricordo di un rotariano praticante, di un professionista apprezzato, di un uomo generoso, di un amico eccezionale. Il Rotary Club Lamezia Terme - ha sottolineato la Dr.ssa Gigliotti - rivolge questo premio a personalità che costituiscono “un esempio” di competenza professionale e di rigore morale - valori fondamentali nell’appartenenza al nostro sodalizio, perché l’uomo sia sempre al centro del servizio e del cambiamento; l’uomo che si dona per servire la collettività; l’uomo che porta - con umiltà - alla società che lo circonda, la propria saggezza ed il proprio tempo a beneficio del prossimo. Un premio all’uomo, ma anche alla sua città e a ciò che di più bello essa sa esprimere, perché si dica sempre di una Lamezia Terme positiva, ricca - di storie e di cultura; perché si parli sempre dei suoi talenti più apprezzati.” E ha concluso - “L’uomo per gli altri, l’attaccamento alla sua terra e alle sue origini, la qualità delle competenze nel servire il prossimo: da queste volontà nasce il Premio Rotary Club Lamezia Terme “Valter Greco” e queste volontà - con convinzione e con amore - il nostro Club continuerà a portare avanti, per rafforzare l’essenza autentica di service per il suo territorio, per dare luce e voce ad una città straordinariamente bella, accogliente e degna d’essere valorizzata.” A condurre egregiamente la manifestazione la giornalista RAI Claudia Bellieni, che con professionalità e raffinatezza ha dialogato con il Prof. Mercuri; un dialogo semplice e profondo, attraverso il quale Mercuri si è raccontato, come uomo e come medico; un dialogo intenso, dal quale sono emerse la sua modestia e la sua saggezza, la sua umanità infinità verso il prossimo e la sua conoscenza specialistica nella ricerca scientifica rispetto al suo ambito di lavoro. “Sono onorato di ricevere questo Premio dalla mia città - ha detto Mercuri - nella quale torno spesso, perché ad essa fortemente legato, dalle radici e dagli affetti. Lo ritengo proprio per questo un Premio speciale, ma anche per l’uomo a cui è dedicato, verso il quale ho sempre provato sentimenti di stima e di affetto, nati durante gli anni degli studi universitari; anni in cui io e Valter Greco condividevamo il desiderio di migliorarci e di crescere insieme, uniti dalla passione per la medicina e per la ricerca scientifica.” Il Presidente del Rotary Club Lamezia Terme ha letto la motivazione formulata dalla Commissione (composta da Raffaella Gigliotti, Domenico Galati, Felice Iannazzo, Rodolfo Inderst, Pietro Moraca, Caterina Restuccia, Claudio Sdanganelli): “La sua incessante attività di ricerca scientifica e l’alto valore specialistico della sua professione medica - svolte in Italia ed in Europa da quasi

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trent’anni, per la cura delle malattie neuropsichiatriche infantili - qualificano Eugenio Mercuri tra i migliori figli della città di Lamezia Terme. Abilità e passione per il Suo lavoro, amore per il prossimo, capacità di ascolto e dono del conforto nell’assistenza dei piccoli pazienti a cui la Sua operosità quotidiana si rivolge, caratterizzano la Sua personalità, aderente all’essenza autentica dell’uomo, motore di un impegno che promuove azione a servizio di altri esseri umani. Testimone di eccellenza della Sua città, a cui è rimasto sempre fieramente legato, Eugenio Mercuri è esempio straordinario di competenza professionale e di spiccata umanità per il futuro delle nostre nuove generazioni.” La consegna del Premio è stata affidata al Governatore Nominato del Distretto 2100 Luciano Lucania, che ha detto “Questo Premio suscita in me grandi emozioni, come rotariano e come medico, perché è un riconoscimento al valore umano e professionale verso chi serve quotidianamente la collettività, verso chi vive le sofferenze dell’altro; un premio che vuol fare del ricordo di un rotariano esemplare una occasione speciale, per conoscere le eccellenze espresse dalla nostra terra, dalla quale auspichiamo non vadano mai via i nostri figli migliori.” Il Premio è stato realizzato dal Maestro orafo Eugenio Rocca di Lamezia Terme. È un’opera unica, che associa il simbolo del Rotary International - la ruota a 24 denti - a una icona della città - la mitica sirena Ligeia, la melodiosa. La ruota è in terracotta ed è stata realizzata nel laboratorio Figulus da Franco Serratore; la Ligea è in argento brunito e sbalzato a mano.Alla manifestazione è intervenuto anche il Sindaco di Lamezia Terme, Paolo Mascaro, che nel porgere un omaggio al Prof. Mercuri - a nome dell’Amministrazione Comunale, ha esternato parole di condivisione verso il Premio. “È un Premio che esalta il valore dell’uomo e della sua terra, dei tanti lametini che vivono e lavorano lontani da questa città, ma che ad essa restano sempre fortemente legati; è un Premio che pone il giusto risalto alla memoria di un uomo e medico, che a Lamezia Terme ha dato tanto, e che merita di essere ricordato”. Il Prof. Mercuri ha partecipato, nella stessa giornata in cui ha ritirato il Premio, al mattino, sempre su invito del Rotary Club Lamezia Terme e suo Club Interact Lamezia Terme- Reventino, alla Conferenza “I rischi della rete per le nuove generazioni. Bullismo e Cyberbullismo”, presso il Liceo Scientifico Galileo Galilei di Lamezia Terme. Dopo i saluti del Presidente del Rotary Club Lamezia Terme - Raffaella Gigliotti, del Presidente dell’Interact Club Lamezia Terme-Reventino Martina Maura, ed il saluto del Dirigente Scolastico - Caterina Calabrese, ha introdotto i lavori Carmela Dromì (RC Lamezia Terme - Presidente della Commissione Distrettuale Nuove Generazioni). Relatori autorevoli - insieme al Prof. Mercuri, il Procuratore della Repubblica di Lamezia Terme - Domenico Prestinenzi e la psicologa Sofia Ciappina (RC Palmi). Ha concluso i lavori Marcellino Amato, Delegato Interact del Distretto Rotary 2100. La conferenza - rivolta agli studenti delle prime classi del Liceo - ha favorito l’acquisizione della consapevolezza che un uso non ponderato del web può costituire un rischio di esposizione a pericoli di ordine personale e sociale. Finalità dell’incontro è stata quella di fornire elementi utili a prevenire, riconoscere e difendersi dal bullismo e dal cyberbullsimo, oltre che scoprire un giusto modo di rapportarsi attraverso i social media.

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Stalking Quando le attenzioni diventano persecuzioni :

La situazione penalistica ex art. 612 bis cp

Il 19 Maggio presso il CRAC Centro di ricerca per le arti contemporanee si è tenuto un incontro con la Dottoressa Francesca Iannazzo, nell’incontro è stato affrontato il tema sullo stalking. Il termine “Stalking” deriva letteralmente dall’inglese “To Stalk”, ovvero fare la posta alla preda tale nome è strettamente connesso al comportamento attribuito allo stalker. In italiano, la definizione più corretta di stalking è: “sindrome della molestie assillanti”, che altro non è che un uomo-cacciatore che studia, osserva, pedina la sua preda in attesa del momento propizio per catturala o aggredirla, intromettendosi nella vita della vittima in modo prepotente e suscitando in lei stati di preoccupazione, timore, ansia. Dunque lo Stalking è identificabile come “un insieme di comportamenti ripetuti ed intrusivi di sorveglianza, di controllo, di ricerca di contatto e comunicazione,telefonate , sms, e-mail, raccogliere informazioni sulla vittima, Costituisce stalking anche la diffusione di dichiarazioni diffamatorie ed oltraggiose a carico della vittima, ed, ancora, la minaccia di violenza, non solo nei suoi confronti, ma anche rispetto ai suoi familiari, ad altre persone vicine o contro animali che le siano cari, tuttavia lo stalking viene qualificato come un crimine per così dire, “soggettivo”, cioè che viene descritto dalla percezione che la vittima ha di essere molestata. Per parlare di stalking non deve necessariamente verificarsi un danno alla salute sotto il profilo del danno biologico, ma è sufficiente che si verifichi una alterazione del normale equilibrio psico–fisico della persona offesa anche senza sfociare in una vera e propria patologia lo stalking è un reato dalle forti implicazioni psicologiche: un suo elemento fondamentale è proprio il carattere della serialità e della continuità dei comportamenti molesti, che per essere considerati tali devono essere ripetuti nel tempo. Tuttavia queste azioni possono trasformarsi in vere e proprie forme di persecuzione quotidiane difficili da individuare e arrestare, violano la privacy, e inducono all’esasperazione,comportamenti che privano della propria libertà nei confronti di una vittima che risulta infastidita e/o preoccupata da tali attenzioni e comportamenti non graditi fino a costringersi in una prigione soffocante. Questo fenomeno conosciuto appunto con il nome di stalking vede due soggetti, la vittima che subisce gli atti molesti e dall’altra parte c’è una seconda persona detta “stalker”, che intanto, può essere chiunque uomo o donna, con la quale la vittima ha avuto un qualunque tipo rapporto, infatti, il persecutore o stalker può essere un estraneo, ma il più delle volte è un conoscente, un collega, o un ex-compagno o ex-compagna che agisce spinto dal desiderio di recuperare il precedente rapporto o per vendicarsi di qualche torto subito. Tutto ha inizio da una delusione o da una rottura in cui una delle due persone si sente respinta,dunque la relazione cambia, diventando forzata e il normale svolgimento della vita quotidiana viene condizionato, principalmente attraverso l’ansia e la paura creando dunque vi è un procurato “perdurante e grave stato di ansia e di paura”;un ingenerato “fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di una persona al medesimo legata da relazione affettiva”; una

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alterazione delle proprie abitudini di vita. Il primo Stato a promulgare una specifica legge di contrasto allo stalking è stato la California, nel 1990. Per quanto riguarda il nostro Paese, invece, sino all’entrata in vigore del d.l. 23 febbraio 2009 n.11, il legislatore italiano non criminalizzava tale reato come autonoma fattispecie di reato: l’unica fattispecie richiamabile a meno che il comportamento persecutorio non fosse degradato in altri delitti quali, ad esempio, la calunnia (art. 368 c.p.), la minaccia (art. 612 c.p.), le ingiurie (art.594 c.p.), ecc. era quella prevista dall’art. 660 c.p., rubricato Molestia o disturbo alle persone, in virtù del quale “chiunque, in un luogo aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a 616 euro”. Trattasi, pertanto, com’è evidente, di una mera contravvenzione sanzionata con pena alternativa e, di conseguenza, anche oblazionabile ai sensi dell’art. 162 bis c.p. Se ne deduce facilmente la poca efficacia deterrente della norma stessa e della relativa sanzione. Invero, per circa un decennio, sono stati all’esame del Parlamento italiano diversi disegni di legge aventi come obiettivo la tipizzazione della fattispecie di cui si discute, sul modello delle legislazioni straniere. Da ultimo, il Consiglio dei Ministri aveva approvato, il 22 dicembre 2006, il d.d.l. 2169 recante Misure di sensibilizzazione, prevenzione e repressione contro le violenze e le discriminazioni ai danni di soggetti deboli.Invero, nella prassi giudiziaria giornaliera, la mancanza di una norma incriminatrice ad hoc, non consentiva di tutelare in maniera adeguata le vittime di atti persecutori, in particolar modo nei casi in cui le condotte moleste poste in essere erano prive, in senso stretto, di componenti minacciose e violente .Nel 2008 il Governo, su iniziativa del Ministro delle Pari opportunità e di quello della Giustizia, ha presentato un d.d.l. recante Misure contro gli atti persecutori. Ebbene, tale d.d.l. è stato, infine, incluso nel d.l. 23 febbraio 2009 n. 11, recante per l’appunto Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori, convertito nella legge 23.04.2009 n.38. Con il decreto legge 23 febbraio 2009 n.11 “Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori”; convertito dalla legge 23 aprile 2009 n.38, è stata, finalmente, introdotta all’interno del codice penale la previsione del così detto reato di stalking, dall’entrata in vigore della legge sullo stalking, gli atti persecutori sono diventati a tutti gli effetti un reato ben definito, punito con condanne da sei mesi a quattro anni di reclusione., ed è emerso un fenomeno dalle dimensioni allarmanti, portando alla luce centinaia di richieste di aiuto da parte delle vittime, i dati sono sempre più allarmanti perché si calcola che il 55% dei casi di stalking avviene nella relazione di coppia e il 15% sul posto di lavoro. . Sebbene le vittime dello stalking siano soprattutto donne, è in crescita il numero di uomini che subiscono atteggiamenti persecutori femminili. In Italia lo stalking è considerato reato di “atti persecutori”. L’art. 612 bis c.p., al primo comma, punisce la con-

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dotta di chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita con la reclusione da sei mesi a quattro anni, salvo che il fatto non costituisca più grave reato. Ai sensi del secondo comma, inoltre, la pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa.Il comma successivo prevede un aumento della pena fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992,n. 104, ovvero con armi o da persona travisata. In genere la procedibilità è a querela della persona offesa, con termine per la sua proposizione di sei mesi (anziché di tre mesi, come per quasi tutti gli altri reati). Può, tuttavia, procedersi d’ufficio, quando il fatto viene commesso nei confronti di un minore di età oppure di una persona con disabilità (l. 104/1992) nonché quando il fatto viene connesso con altro delitto per cui debba procedersi d’ufficio. Il reato è altresì procedibile d’ufficio quando il soggetto sia stato ammonito ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 8 del d.l. n. 11/2009, convertito in legge n. 38/2009. Secondo questa recente normativa, infatti, fino a quando non viene proposta querela per il reato di stalking, la persona offesa ha facoltà di esporre i fatti all’autorità di pubblica sicurezza, avanzando richiesta al questore di “ammonimento” nei confronti dell’autore della condotta. La richiesta avanzata viene quindi trasmessa, senza ritardo, al questore, il quale assunte ove necessario le informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, nel caso in cui ritenga l’istanza fondata, ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento. Dopo tale ammonimento, una eventuale ulteriore condotta persecutoria renderà il reato, come testé evidenziato, procedibile d’ufficio. Per cercare di fronteggiare al meglio il fenomeno, sono stati creati strumenti più significativi e sempre più vicini al problema, a tal proposito c’e la direttiva 2012/29 Ue in materia di diritti, assistenza e protezione della vittima di reato, attuata nell’ordinamento interno con il DLgs 212/2015. Una direttiva, corredata da provvedimenti satellite, che va certamente nella direzione di un rafforzamento nella tutela delle vittime di reati attraverso una chiara posizione dell’offeso. In questo contesto si è inserito anche il legislatore nazionale con una serie di interventi settoriali, attuati spesso con lo strumento del decreto legge, fino a creare una vero e proprio «arcipelago normativo nel quale non è sempre facile orientarsi». Le vittime possono querelare subito lo stalker o chiederne prima l’ammonimento., purtroppo raramente le vittime reagiscono e denunciano le violenze subite, ritenendo spesso non sufficienti le misure precauzionali e limitati gli interventi di prevenzione o peggio ancora, in molti casi accade che nella vittima si innesca una forma di rassegnazione rispetto a tali vessazioni o si affida al tempo con la speranza che lo stalker si rassegna , il più delle volte la vittima tende a sottovalutare il pericolo. Sono state identificate delle tipologie di stalker in base ai bisogni che spingono tali soggetti a porre in essere atti di questo tipo: Il risentito: colui che è spinto dal desiderio di vendicarsi per un danno o un torto che ritiene di aver subito e, per tale motivo, cerca la vendetta; Il bisognoso d’affetto: è il molestatore motivato dalla ricerca di attenzioni e di una relazione che possa riguardare sia l’amicizia che l’amore ed il cui rifiuto dall’altra parte viene negato e reinterpretato; Il corteggiatore incompetente che tiene un comportamento oppri-

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mente ed esplicito e quando non riesce a raggiungere i risultati sperati diventa anche aggressivo; in genere questa tipologia è meno resistente nel tempo ma tende a cambiare la persona da molestare;

Il respinto: colui che diventa persecutore a seguito di un rifiuto. generalmente è un ex che mira a ristabilire la relazione o a vendicarsi per l’abbandono; Il predatore: si tratta del molestatore che ambisce ad avere rapporti sessuali con una vittima pedinandola, inseguendola e spaventandola. La paura, infatti, eccita questo tipo di stalker che prova un senso di potere nell’organizzare l’assalto. Il comportamento di stalking è caratterizzato da tre elementi che lo distinguono da condotte simili: lo stalker agisce nei confronti di una persona che è vittima in quanto legata a lui da un rapporto affettivo basato su una relazione che può essere reale, ma anche solamente immaginata; lo stalking si manifesta in una serie di comportamenti basati sulla comunicazione e/o sul contatto e caratterizzati dalla ripetizione, insistenza e intrusività; la pressione psicologica legata al comportamento dello stalker crea nella vittima uno stato di allerta, emergenza e stress psicologico, stati d’animo che possono essere sia percepiti come intrusivi, sgradevoli e fastidiosi sia legati a sentimenti quali l’angoscia, la preoccupazione e la paura per la propria incolumità Che cosa si dovrà dimostrare per provare lo stalking? La vittima dovrà dimostrare di aver patito uno stato di ansia e/o di paura tali da compromettere la propria regolarità e talvolta indurla a mutare le proprie abitudini per far fronte alle nuove, spiacevoli, condizioni esistenziali. Non deve dunque verificarsi un danno biologico inteso come patologia essendo sufficiente una alterazione del normale equilibrio psico-fisico della persona offesa. La giurisprudenza ha definito il delitto di atti persecutori, di cui all’art. 612 bis del codice penale, come un “reato di evento alternativo” e, affinché si possa realizzare, non è essenziale “il mutamento delle abitudini di vita della persona offesa” ma è sufficiente accertare, in sede giudiziaria che il grave comportamento incriminato sia stato idoneo a creare un “perdurante e grave stato di ansia e di paura”, un “fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di una persona al medesimo legata da relazione affettiva” o “una alterazione delle proprie abitudini di vita”. Qual è il primo atto per potersi difendere? Il fenomeno genera spesso un forte senso di oppressione e ad una perdita dei poteri di controllo che inibiscono la vittima dal denunciare e dalla consapevolezza che difendersi si può ma occorre denunciare l’aggressore. Si tratta infatti di un reato procedibile a querela (ossia mediante la denuncia dei fatti da parte della persona offesa) con un termine per la proposizione di 6 mesi che diviene “irrevocabile” in presenza di gravi minacce ripetute, ad esempio con armi. Tuttavia è data alla vittima la possibilità di revocarla negli altri casi davanti all’autorità giudiziaria. A tutte le Donne diciamo; Non siate sole. Mai. Esiste una legge e persone che vi tutelano e sono qui per tutelarvi. Non abbassate la guardia. Reagite! La debolezza vostra è un potente alleato del vostro potenziale carnefice. Non permettete a nessuno di rubarvi la libertà. Denunciate, fatevi assistere. Non abbiate paura. Mai. La vita è una e non dovete permettere a nessuno di rubarvela. In alcun caso. Uno stalker è solo una persona “malata” e come tale va curata. Si alimenta delle debolezze altrui come la paura. Ecco, toglietegli i viveri e la sua debolezza sarà ben più grande della vostra paura iniziale.

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ulli E PUP “viaggio nel mondo delle prepotenze giovanili”

Il Bullismo nuoce alla società in modi devastanti, sfavorisce lo sviluppo sociale ed economico, alimenta l’aggressività e la criminalità. Un paese moderno non può e non deve tollerare tutto questo. Si parla di bullismo quando qualcuno fa il prepotente o cerca di fare del male ad altri in diversi modi, sia verbalmente sia fisicamente. Il bullismo è un malessere sociale fortemente diffuso, sinonimo di un disagio relazionale che si manifesta soprattutto tra adolescenti e giovani, ma sicuramente non circoscritto a nessuna categoria né sociale né tanto meno anagrafica. Colpisce maschi e femmine, bambini, adolescenti e giovani. Il bullismo si evolve con l’età, cambia forma, ed in età adulta lo ritroveremo in tante, troppe prevaricazioni sociali, lavorative e familiari. Oggigiorno è presente molto il Cyberbullismo: diffusione di messaggi ingiuriosi, attraverso la divulgazione di sms o e-mail nelle mailing-list o nelle chat. Pubblicazione in internet di foto o filmati che ritraggono prepotenze o in cui la vittima viene denigrata. È importante guardare il bullismo da tre diverse prospettive: quella della vittima, quella dello spettatore, quella dell’autore della violenza. La vittima. Particolare importanza va data al problema del silenzio, che spesso accompagna il fenomeno del bullismo: la possibilità di parlarne, di socializzare esperienze e opinioni, di condividere ansie e preoccupazioni, costituisce infatti il primo, ineludibile, passo verso il superamento del problema per la vittima. Lo spettatore. Si tratta di quei ragazzi che assistono all’episodio di bullismo e che possono dar luogo a differenti comportamenti. In alcuni casi più fortunati, intervengono a difesa della vittima. In altre situazioni più frequenti, possono scegliere una delle seguenti tre strade: 1. si alleano col bullo e diventano suoi complici; 2. si allontanano più o meno velocemente; 3. osservano passivamente, senza intervenire in alcun modo. Il bullo o la pupa. Si comporta in modo aggressivo nei tuoi confronti, ti picchia, ti prende a calci, ti sputa, ti dà dei morsi, prende le tue cose. Ti insulta, ti fa fare cose che tu non vorresti fare, ti fa sentire uno stupido, ti fa stare male. Ti provoca, ti scrive biglietti offensivi, mette in giro bugie su di te. Minaccia di picchiare te o qualcuno a cui vuoi bene. L’ intenzione del bullo è quella di spaventare, di mettere paura, perché in questo modo si sente grande e forte, vuole che gli altri pensino che è potente, che ha successo, che tiene tutto e tutti sotto controllo. In realtà spesso è una persona che ha delle difficoltà, che non sta bene con se stessa e con gli altri. Quali sono le caratteristiche dei bulli e delle pupe? - Pensano che la prepotenza paghi - Sono aggressivi ed impulsivi - Si compiacciono della sottomissione degli altri - Fare i prepotenti è coerente con l’immagine di potente o di duro - Sembra una cosa divertente - Hanno livelli relativamente bassi di empatia - Il pregiudizio li porta a credere che alcuni tipi di persone si meritino di essere prevaricati - Una generale ostilità verso gli altri

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- Sono stati influenzati da “modelli” aggressivi - La vittima è percepita come se avesse provocato il trattamento negativo - Una monotonia cronica a scuola - Il raggiungimento dell’obiettivo desiderato è considerato più importante dei brutali mezzi impiegati per ottenerlo - Lo considerano parte della loro condizione, per essere sempre stati trattati come alunni particolarmente problematici Quali sono le caratteristiche delle vittime? - Ansiose ed insicure, spesso caute, sensibili e calme. - Se attaccati, reagiscono chiudendosi in se stessi o, se si tratta di bambini piccoli, piangendo. - Talvolta soffrono anche di scarsa autostima ed hanno un’opinione negativa di sé e della propria situazione. - Sono caratterizzate da un modello reattivo ansioso o sottomesso, associato, soprattutto se maschi, ad una debolezza fisica, modello che viene rinforzato negativamente dalle conseguenze dei comportamenti sopraffattori. Il bullismo nasce da alcuni preconcetti come la confusione nei valori sociali ed educativi, la mancanza di contatto e di contenimento, la precocizzazione di comportamenti pseudo adolescenziali, lo spirito di emulazione di modelli trasgressivi, la perdita di autorevolezza delle figure adulte e la svalutazione dei compiti educativi della scuola. La vittima di bullismo inizia così a sviluppare una serie di sintomi: - Insoddisfatto di se stesso - Abbattimento del tono dell’umore o sentimenti di tristezza - Insonnia - Poca voglia di uscire - Non mangia nello stesso modo di prima, mangia troppo o troppo poco - Mal di testa - Sensazioni di nausea e mal di stomaco - Rifiuta di andare a scuola o di fare le cose che faceva prima La scuola, palestra di apprendimento per la vita, nasconde, nel suo tessuto di relazioni tra coetanei, una cultura di violenza poco presa in considerazione dagli adulti. Infatti le sfide più grandi che i ragazzi e le ragazze devono affrontare non sono tanto le interrogazioni o gli esami, ma i processi di inserimento nel gruppo dei coetanei e l’intreccio di relazioni con gli adulti-insegnanti. I bulli e le loro vittime vivono ogni giorno delle fragilità quotidiane. E’ necessario che ogni adulto sia in grado d’ascoltare i bambini, in modo tale da percepirne attraverso i loro tanti linguaggi, spesso incomprensibili, le richieste di aiuto, di cura e di protezione. Sarà l’interazione tra l’adulto e il bambino che permetterà lo sviluppo di una buona comunicazione in grado di far crescere ambedue nelle loro rispettive competenze e superare le possibili difficoltà. Dott.ssa Maria Mirabelli Psicologa clinica e forense Studio: viale Michelangelo, 25 - Lamezia Terme Cell. 339.5919310

IL BULLISMO E’ UN REATO, DENUNCIATE PENALMENTE E CIVILMENTE I BULLI. pag. 12

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Dal Bullismo ai reati sul web: La Polizia di Stato incontra gli studenti del Campanella Bullismo, pornografia online, incidenti stradali. Dai banchi di scuola al web, dai rapporti quotidiani con i coetanei alla strada, i pericoli a cui vanno incontro i giovani di oggi e le misure per contrastarli e prevenirli sono stati al centro dell’incontro organizzato questa mattina dal Liceo Campanella in collaborazione con il Commissariato della Polizia di Stato di Lamezia Terme, la Polizia Stradale e l’Associazione Nazionale Polizia di Stato guidata dall’Ispettore Gennaro Pileggi. Filo conduttore della mattinata, che ha visto protagonisti gli studenti di tutte le classi del Campanella, la diffusione della cultura della sicurezza, per portare i giovani a percepire le Forze dell’Ordine come persone a cui poter rivolgersi in ogni momento, in un gioco di squadra con le famiglie e la scuola. Di bullismo e dei nuovi cyber-reati, ha parlato agli studenti il Sostituto Commissario Maria Gaetana Ventriglia, responsabile dell’ufficio anticrimine del commissariato di Lamezia Terme, che ha definito i giovani bulli “i potenziali delinquenti di domani” e quelli che osservano senza fare nulla per soccorrere le vittime o magari ridendoci su “sono gli indifferenti, coloro che domani si gireranno dall’altra parte di fronte alla violenza e alle varie forme di illegalità”. La Ventriglia ha messo in guardia i giovani dell’istituto superiore lametino “dal bullismo che viaggia su whatsup e su Internet, sulla diffusione di screenshot di conversazioni private e immagini riservate veicolate per diffondere pettegolezzi e calunnie che possono determinare gravi danni psicologici sulle vittime, fino all’abbandono scolastico se non addirittura a conseguenze ancora più gravi, come apprendiamo quotidianamente dai mezzi di informazione”. Non sottovalutare gli episodi di bullismo, ma denunciare subito, anche solo parlando con gli adulti o recandosi dalle Forze dell’Ordine: queste le indicazioni agli studenti per contrastare il bullismo sul nascere da parte del Sostituto Commissario. La Ventriglia ha lanciato l’ allarme sui reati legati al web, in particolare il cosiddetto “sexting”, “che anche qui a Lamezia sta facendo registrare un numero sempre più elevato di casi. Consiste nell’inviare o ricevere o condividere testi, video o immagini relativi alla vita sessuale delle persone. Può accadere ad esempio che un’immagine “intima”, inviata da un ragazza a un ragazzo, venga poi fatta girare sulla rete senza il consenso del diretto interessato. Oppure l’istigazione alla

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pornografia minorile, con adulti che chiedono a minorenni di inviare foto osé in cambio di denaro. La risposta a questi rischi connessi al web per i giovani non è rinunciare alla Rete, ma fare attenzione e denunciare al primo segnale di pericolo”. Di sicurezza stradale ha parlato il Sostituto Commissario Francesco Manzo, Comandante della Polizia Stradale di Lamezia Terme, sottolineando che “gli incidenti stradali rappresentano la prima causa di morte tra i giovani tra i 14 e i 29 anni escludendo le malattie”. “E’ inaccettabile – ha spiegato Manzo agli studenti – che un numero di persone pari a interi quartieri di grandi città come Milano o Roma ogni anno perda la vita sulla strada, per cause che nel 60% dei casi sono ricollegabili ad errori umani. Per questo occorre diffondere una cultura della prevenzione e soprattutto una cultura della vita, a partire dalle scuole”. Soddisfazione per la collaborazione tra il Liceo Campanella e la Polizia di Stato è stata espressa dal dirigente Giovanni Martello per il quale “la prima cultura da diffondere tra i giovani è quella della vita, dell’amore alla vita, che spinge a rifiutare ogni forma di illegalità non solo come atto di obbedienza a delle norme imposte, ma soprattutto come gesto di amore per se stessi e per la comunità in cui si vive”.

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ROYAL, OTTIMA STAGIONE. ORA L’OBIETTIVO E’ MIGLIORARE! Il patron Mazzocca: “Ci riproveremo. Un plauso a staff, squadra, pubblico e sponsor” Mister Carnuccio: “Le assenze nella semifinale di ritorno ci hanno frenato”

di Rinaldo Critelli CALCIO A 5 FEMMINILE/SERIE A E’ andata dunque in archivio la prima stagione in Serie A per la Royal Team Lamezia. Bilancio più che positivo per la squadra lametina della presidente Claudia Vetromilo e del patron Nicola Mazzocca. Da matricola la Royal è arrivata a sei punti dal Bisceglie promosso, ironia della sorte gli stessi punti lasciati negli scontri diretti contro le pugliesi. Dunque seconda classificata sbaragliando una nutrita concorrenza, in primis Palermo e Siracusa che col Martina erano partiti per vincerlo il campionato. Lungimirante patron Mazzocca nelle previsioni alla presentazione della squadra: ‘arriveremo tra le prime cinque’, rispetto a quel volare basso da parte di mister Tulino. Dunque si è andati ogni più rosea aspettativa: ben 14 vittorie (equamente divise in casa e fuori), 1 pareggio e 5 sconfitte, questo il ruolino della Royal che ha ben superato anche le dimissioni di mister Tulino. Con l’avvento di mister Carnuccio la squadra è sembrata avere una marcia in più. Ovviamente non è in discussione la bravura di Tulino, a cui la Royal ha sempre tributato il giusto e legittimo riconoscimento per la promozione in Serie A e per tutto quanto ha fatto nei quasi due anni di collaborazione con la società lametina. Paolo Carnuccio ha dato una marcia in più: nonostante qualche passaggio a vuoto, il tecnico-avvocato ha subito iniziato con tre vittorie di fila, compresa quella a Palermo a fine girone di andata valsa il biglietto per le Final Eight di Pesaro. Ecco, nelle Marche è andata in onda (è proprio il caso di dire, visto lo streaming degli ottavi di finale) la ‘favola-Royal’, che ha entusiasmato tutti nella gara contro la Thienese. Che, lo si rammenta, ha poi vinto la Coppa Italia. Un turbinio di emozioni in streaming mondiale a cura della Divisione Calcio a 5 che, al sol ricordo, vengono ancora i brividi riavvolgendo il nastro della memorabile rimonta con i gol di Leone, Loiacono (2), Marrazzo e Fragola per il 5-5 finale, per poi essere ‘beffati’ alla lotteria dei rigori. E poi i play off promozione: quando il più sembrava fatto con l’exploit in casa della Pmb Roma (1-2), ecco il crollo nel ritorno (sconfitta per 4-1) e sogno-promozione rimandato. Lo ha già annunciato il patron Mazzocca. “La delusione non si può smaltire in breve tempo, lo farò il prossimo anno a maggio se riuscirò a vincere il campionato”. Molto chiaro il patron che però aggiunge: “Purtroppo c’erano troppe ragazze acciaccate nella gara di ritorno. Inoltre dopo essere andati in svantaggio non abbiamo avuto la giusta reazione. Non mi è piaciuta l’arrendevolezza che ho visto prima della fine del match: nel calcio a cinque c’è la possibilità di fare tre gol in 40 secondi ed invece a cinque minuti dalla fine ho visto che tutti erano con le braccia ai fianchi. Certo regalare atlete del valore di Mirafiore, Marrazzo e Pota non è poco: stiamo parlando delle prime due che facevano parte del quintetto base. Tuttavia la stagione resta positiva: giungere a soli sei punti dal Bisceglie, fare i play off promozione ed essere eliminati dalle Final Eight da imbattuti sono grandi risultati. Sono soddisfatto della grande annata: sappiamo tutti che eravamo partiti per una salvezza tranquilla, in effetti abbiamo fatto risultati eccezionali rispetto alle previsioni”. Intanto è già futuro. “Esatto – conclude Mazzocca – ci siamo già rimboccati

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le maniche per un progetto serio: ora lo voglio vincere il campionato. Ma serve l’aiuto della città di Lamezia che debbo ringraziare per l’affetto e la partecipazione massiccia la domenica al PalaSparti: così tanto pubblico per il calcio a cinque, compreso il ritorno contro Roma, non l’ho mai visto in tutta Italia, se non con la Nazionale, la Ternana e Montesilvano. Ringrazio lo staff, la squadra, il pubblico e gli sponsor, oltre all’assessore Angelo Bilotta sempre disponibile per ogni esigenza. Noi ci riproveremo!”. Ovviamente deluso anche mister Carnuccio (si va verso la riconferma per l’anno prossimo) che sintetizza: “Abbiamo avuto prestazioni non all’altezza dello standard personale e di squadra e del trend avuto nell’ultima parte di stagione dovuto a problemi di natura fisica o contrattempi che si sono manifestati nella settimana che ha preceduto e durante la stessa partita di ritorno. Aggiungiamo anche la squalifica della Mirafiore e l’infortunio della Marrazzo (operata poi ai crociati, tanti auguri! – ndr) e quindi non si poteva fare di più. Più che deluso, c’è rammarico e rabbia, che intervengono quando accadono alcune situazioni a cui non puoi rimediare per cui è molto più lunga da smaltire”. E alla domanda su cosa si può fare per migliorare, Carnuccio spiega: “Quanto fatto è già un torneo ad alti livelli. Questa riflessione deve essere fatta non solo dall’allenatore ma anche dalla società, per capire che tipo di obiettivo si possa raggiungere. Un plauso voglio farlo allo straordinario seguito di pubblico: è un patrimonio importante che non va disperso con obiettivi sempre migliori e adeguati ai programmi”. E sui propositi di vittoria finale del patron Mazzocca, mister Carnuccio conclude: “Fa piacere l’obiettivo della società perché non doveva finire in questa maniera. Se dovessi essere io l’allenatore mi farei certamente trovare pronto, anzi cercherei di dare qualcosa in più perché si può sempre migliorare da parte di tutti, lo meritano la società, le ragazze, i tifosi e tutti quelli che ci hanno seguito”

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chi non lo ama Il Calcio logora

Vincenzo De Sensi

A sinistra, si è sempre considerato, ufficialmente, il calcio come oppio dei popoli, la partita come puro sfogo dell’alienazione contratta nella settimana lavorativa, il tifo come manifestazione di fanatismo irrazionale e barbarico. Per anni l’intellettuale, il militante, l’uomo di cultura appassionato di calcio È stato costretto a nascondere il quotidiano sportivo le pieghe di “Le Monde” o dell’Espresso. Al massimo poteva fare della sociologia, ma il tifo. In realtà questi ultimi tempi, gratta gratta, si è scoperto per fortuna, anche negli insospettabili, una irresistibile propensione verso la palla rotonda, il prato verde, La rete che si gonfia. Il football è amore, passione, emozione. Ma è anche una scienza: con le sue leggi, la sua tradizione, una forte e radicata cultura. Si può essere tifosi col cuore col cervello. Per questo “il calcio è una scienza da amare”. Intellettuali, uomini politici, giornalisti, cantanti, racconto il loro amore senza veli, senza infingimenti ma con una tendenza alla storicizzazione, alla lettura in trasparenza del rapporto tra evoluzione del football-sviluppo di nuovi comportamenti di massa. Si confessa una passione ma si eleva il calcio alla dignità del fenomeno culturale, effimero come una partita di 90’ ; permanente come un 4-2-4 o un modulo WM.

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Cesare

2 figlie e 3 valigie Si conclude con una commedia brillante Cesare, due figlie e 3 valigie l’edizione 2015/2016 della rassegna teatrale “Vacantiandu – Città di Lamezia Terme” con la direzione artistica di Nico Morelli, Walter Vasta e Sasà Palumbo. In scena il 1° e il 2 giugno, al Teatro Comunale Grandinetti, la Compagnia de “I Vacantusi” diretta dal regista Giovanni Carpanzano. La scelta, quest’anno, è caduta su un’opera francese, Oscar, scritta da Claude Magnier che, nell’adattamento italiano, è diventata Cesare, due figlie e 3 valigie visto che la storia gira intorno alla figura dell’industriale Cesare De Filippis il quale, nell’arco di una sola giornata, scopre di essere stato derubato da un suo impiegato che vorrebbe sposare sua figlia la quale non è sua figlia, o meglio, lo diventerà più tardi, mentre la vera figlia si finge incinta per poter sposare l’autista del padre e, al centro della vicenda, tre valigie che vengono continuamente scambiate dando luogo a un fuoco di fila di gag dinamiche e vivacissime, con un finale a sorpresa. Pur mantenendo il ritmo del vaudeville alla francese, con meccanismi di precisione e attori coinvolti in situazioni frenetiche, l’adattamento in lingua italiana, con innesti in vernacolo calabrese, ha saputo tener conto della realtà locale mantenendo il legame con l’opera originale attraverso il personaggio di Rita Doré, la sarta stilista che parla con un pomposo accento francese intercalato da modi di dire popolari che rendono brillante e giocoso il ruolo di Rosellina Aiello in un fuoco incrociato di entrate e uscite che culmina con una virata improvvisa, un cambio di registro sottolineato dalle note di Psycho. Audace ed eccentrica l’interpretazione di Sabrina Pugliese che, fasciata in un una tutina sadomaso (un omaggio alla Barbarella di Jane Fonda?) o in versione bon ton (sempre su tacco 12 con plateau), traccia ghirigori nell’aria con un frustino le cui sonore sferzate, oltre ad annunciare ogni sua entrata in scena, vengono vibrate, di tanto in tanto, sulle spalle di qualche malcapitato. Memorabile la sua Geltrude De Filippis. Blesa e altera, litiga continuamente con una “S” inceppata che raggiunge il culmine nella scena della lettera scivolando continuamente sullo “stesso ceto sociale”. Vera “domina” della casa, sensibile al fascino maschile, seduttrice candida e ironica sarà l’unica a mantenere la giusta distanza dal bailamme di equivoci preservando l’immagine sociale della famiglia. Si conferma caratterista a tutto tondo Angela Gaetano che ci regala la

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figura di Caterina, una cameriera sciancata che diventerà baronessa. Una interpretazione magistrale, dinamica, divertente, di “corpo” e di “cuore”. Per l’intera durata dello spettacolo recita simulando una vistosa zoppia che non le impedisce di attraversare il palcoscenico usando vari mezzi di locomozione e rovinando in cadute e capitomboli che si concludono con il tormentone “Non mi sono fatta niente”. Originali le scene dietro il divano dove scompare e compare misteriosamente e “vero pezzo di teatro” il duetto con Cesare, basato su un equivoco linguistico che sancisce la sua bravura anche come attrice “di parola”. Vezzosa la Susanna di Daniela Muraca. Dispettosa e urlante come una scimmia, avvolta in una nuvola di tulle come quelle bambole di ceramica sedute sul letto e alla ricerca di un marito “purché sia”. Deliziosa la scena in slow motion sulle note de Il tempo delle mele con il fidanzato Oscar , autista/tronista, nell’interpretazione tenera e buffa di Nunzio Santoro. Graziosa e femminile Isabella, mentitrice per amore, a cui Rita Scalzo sa infondere in giusta misura dolcezza e fermezza, e ancora l’interpretazione pudica ma appassionata di Tina Mancuso nella parte di Sofia. E poi c’è l’industriale Cesare De Filippis, un vero parvenu nella vivace interpretazione di Nico Morelli, che riempie la scena con una furibonda carica grottesca che si materializza in facce buffe, occhiatacce, sputacchiamenti e inseguimenti fino al parossismo da tarantolato durante una seduta di pedicure. Un animo da mandrillo che diventa mansuetudine bovina al cospetto di Donna Geltrude che lo domina con piglio marziale. A lui è demandato il registro basso dell’intera pièce, quel vernacolo calabrese, che cala la commedia nella realtà locale con lazzi, frizzi e battute dove “ogni riferimento a uomini e a cose realmente esistiti NON è puramente casuale”. A fargli da spalla un caricaturale e colorato Walter Vasta nel ruolo di Antonino Pica con bretelle e un improponibile parrucchino a caschetto che tanto ricorda un personaggio da fumetto. Apparentemente servile e servizievole, dietro la bonarietà di superficie, cela un’abile scaltrezza e un’agilità da monellaccio cresciuto in strada. Eppure la sua purezza di sentimenti per Isabella, lo riscatta da qualsivoglia forma di venalità an-

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nullando i cattivi pensieri sulle sue ruberie. Gustoso e spregiudicato il pedicurista Filippo di Paolo Morelli, che sulle note di Hot stuff di Donna Summer, si prodiga in uno striptease alla “Full Monty” strappando gridolini di gioia a Geltrude e a sua figlia Susanna. E su tutti, 3 valigie che vanno, vengono, si moltiplicano, si scambiano, si lanciano, si inseguono, si perdono, si cercano, si ritrovano, si abbracciano come fa Arpagone con la sua cassetta ne “L’Avaro” di Molière. Elegante, luminosa, funzionale all’intera pièce, la scenografia realizzata da Ennio Stranieri tutta giocata sulle nuance del color nocciola e del bianco con decori geometrici policromi e una bellissima vetrata in stile liberty sulla quinta di fondo a far da raccordo tra l’interno e l’esterno. Al centro una macchia di colore con il divano-letto arancione e, sulla quinta di destra, un tavolo da colazione pieno di leccornie attorno al quale si consumano i drammi d’amore e le questioni di lavoro dei personaggi che, colti da attacchi di improvvisa bulimia, si ingozzano di biscotti e danno vita a gag esilaranti giocate su parole “ingoiate” e gestualità iperbolica. Così il cibo diventa il surrogato alimentare di un vuoto da colmare, di una mancanza che ogni personaggio, in modo più meno consapevole, avverte e cerca di riempire. La regia attenta di Giovanni Carpanzano è un sorvegliato adattamento, in termini più “mediterranei”, di un testo che nella versione originale mantiene una certa algida distanza. Le scene, le battute, le entrate e

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le uscite, le corse si trasformano in un delicato e perfetto meccanismo ad orologeria che esige precisione, concentrazione, rispetto dei tempi e gestione millimetrica dello spazio scenico. Una orchestrazione efficacemente diretta e resa possibile dall’affiatamento del gruppo di attori che nei dialoghi briosi, nei loro gesti scattanti e beffardi, nella scoppiettante girandola di equivoci e di scambi di identità, irretiscono il pubblico con effetti mimici e gestuali. E un plauso particolare va alla Compagnia teatrale de I Vacantusi che, ancora una volta, ha saputo mettersi in discussione, allontanandosi dalle classiche produzioni che costituiscono il repertorio trito ma rassicurante delle compagnie filodrammatiche, osando e scommettendo su un un testo (quasi) interamente in lingua italiana di un autore contemporaneo. I Vacantusi, in questi anni di attività, sono cresciuti, hanno acquisito maggiore consapevolezza del loro “essere” attori trasformando quello che era un “diletto”, un “passatempo” in un “lavoro felice” perché frutto di una scelta e di una responsabilità. Ed è proprio il senso di responsabilità che guida l’artista-amatore e lo impegna in uno sforzo di qualità che egli legge come esigenza prepotente anche del “suo” pubblico ma che può, e deve essere, condizione imprescindibile per intercettare quella fetta di spettatori radical-chic che hanno sempre avuto un atteggiamento di snobismo pseudo-intellettuale nei confronti delle compagnie amatoriali. Ad maiora!

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Dalla Pro Juventute Christiana alla Comunita’ Bethania Nell’estate del 1964 lo studio dei temi del Concilio Vaticano II in corso di svolgimento: il momento forse più alto di una storia ecclesiale e civile esemplare ed irripetibile. Il mattino dell’ 11 ottobre 1962, 2.778 tra vescovi, arcivescovi, patriarchi, abati, cardinali, sfilarono sotto le volte degli austeri palazzi vaticani in processione e al canto del “Veni Creator” per accedere nella Basilica di San Pietro, prendere posto negli scranni che vi erano stati appositamente costruiti e partecipare al Concilio Vaticano II che stava per incominciare. Tra i padri conciliari che procedevano cantando c’era anche, sofferente per la grave malattia che lo aveva da poco colpito, Mons. Vittorio Moietta, il grande vescovo casalese della diocesi di Nicastro, che fra qualche settimana si sarebbe dovuto recare a Milano per essere sottoposto ad un dolorosissimo intervento chirurgico rivelatosi, in seguito, purtroppo, tutt’altro che risolutivo. Il grande Presule sarebbe infatti morto il 1° aprile dell’anno seguente. Al Concilio erano stati ammessi a partecipare, per la prima volta, anche consulenti laici. Ed erano stati invitati ad assistervi i rappresentanti delle chiese cristiane non cattoliche; di coloro, cioè, che in seguito sarebbero stati denominati “Fratelli separati”. Il XXI Concilio nella storia della Chiesa si aprì con un’allocuzione di Giovanni XXIII, (Gaudet Mater Ecclesia, Gioisce la Madre Chiesa), rimasta celebre per i suoi contenuti, che rispetto al passato, risultarono subito fortemente innovativi. Nel suo discorso il Papa tracciò le linee programmatiche che si sarebbero dovute seguire nei decenni avvenire. Che si possono così sintetizzare: la Chiesa deve trovare modi nuovi, più adeguati ai tempi moderni, per annunciare il Vangelo; non deve lanciare anatemi e scomuniche; non deve condannare più nessuno. La Chiesa deve cercare l’unità dei cattolici tra di loro e la massima unità possibile con le altre chiese cristiane, ortodosse e riformate. Ed inoltre deve ricercare “l’unità basata sulla stima ed il rispetto che, verso la Chiesa cattolica, nutrono coloro che seguono forme di religione non ancora cristiane.” Programma che sarebbe stato recepito quasi integralmente dall’Assemblea conciliare ed al quale, la Chiesa è rimasta sostanzialmente fedele in questi oltre cinque decenni. Anzi, ne ha aggiornato e verificato lo svolgimento dei contenuti con la celebrazione dei Convegni ecclesiali decennali di Roma ’76, Loreto ’85, Palermo ’95, Verona ’06. Il Concilio, dunque, durato poco più di tre anni (ottobre 1962-dicembre 1965), si sviluppò in quattro sessioni ed elaborò un numero imponente di documenti che riguardano gli aspetti della vita ecclesiale ed anche quelli della società civile. Furono approvati, difatti, quattro Costituzioni, tra cui ricordiamo, per la loro importanza, la costituzione dogmatica “Lumen gentium” e quella pastorale “Gaudium et spes”; nove Decreti, tra cui “Unitatis redintegrazio” sull’ecumenismo ed “Apostolica actuositatem” sull’apostolato dei laici; nonché tre Dichiarazioni, tra le quali spicca la “Dignitatis humana” sulla libertà religiosa. Nel frattempo, a Nicastro, fin dal 1958, in seguito ad un campeggio estivo che si era tenuto in luglio nei locali del seminario del comune di Decollatura, era stato costituito, per iniziativa ed impulso di don Saverio Gatti, una comunità di giovani denominata “ Pro Juventute Christiana” – antecedente storico della futura “Comunità Bethania” – che si prefiggeva di testimoniare, nel proprio ambiente di vita, il Vangelo avendo come proprio programma quello di realizzare quattro momenti fondamentali, contrassegnati da impegni di carattere sia comunitario che individuale. Per prima cosa la riflessione sulla Parola di Dio, attraverso incontri settimanali, per un approfondito confronto col

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Vangelo. Seguiva il secondo momento della partecipazione alla liturgia eucaristica o ad altre forme di preghiera come, per esempio, il ritiro spirituale a cadenza periodica di alcuni mesi, l’ora di adorazione mensile e, nelle occasioni ritenute più opportune, le veglie di preghiera. Come terzo momento, quello delle attività pratiche effettuate, per lo più verso l’esterno quali le missioni tra i giovani dei paesi della diocesi (e proprio per questo in un primo momento la comunità fu denominata Gruppo missionario Pro Juventute Christiana); la costruzione di un Centro permanente consistente in una apposita struttura da edificare in un luogo opportuno (che in seguito, quando sarebbe stata costruita, nel comune di Platania, fu denominata Domus Bethaniae), la pubblicazione di un ciclostilato periodico circolante all’interno del Gruppo, denominato Comunità. A questi compiti di carattere collettivo, ciascun giovane della comunità ne aggiungeva, a sua scelta, degli altri con valenza individuale o realizzati in gruppi più piccoli come, per esempio, il servizio nella carceri, la donazione del sangue, l’assistenza materiale ai più bisognosi. Con particolare interesse fu accolta la proposta della diffusione dei libri della casa editrice La locusta, promossa da Gennaro Anania. Attraverso la lettura dei libri pubblicati da quella minuscola editrice vicentina fu offerta la possibilità, ai giovani che desideravano approfondire la propria cultura di conoscere i contenuti del Personalismo cristiano, presenti negli scritti degli intellettuali e scrittori francesi quali Jacques Maritain ed Emmanuel Mounier, ed inoltre argomenti di carattere religioso e civile di altri scrittori quali, per esempio, il sacerdote paleontologo, anche lui francese Teilhard De Chardin (il Darwin cristiano lo definì Mario Gozzini) , l’americano Thomas Merton, autore de ‘La Montagna delle sette balze’ e per questo definito il Sant’Agostino del XX secolo, nonché gli italiani don Primo Mazzolari, Arturo Paoli, Carlo Carretto, padre Giulio Bevilacqua, Giuseppe Lazzati, Nazzareno Fabbretti, Giorgio La Pira. Voglio qui ricordare che gli scritti concernenti il Personalismo cristiano e L’Umanesimo integrale di Maritain e Mounier avevano cominciato a circolare in Italia alla fine degli anni Trenta e ad essere divulgati in Italia e quindi ad essere conosciuti da un pubblico più vasto nell’immediato dopoguerra. Facendo riferimento a quegli scritti, durante l’ultima fase del ventennio fascista, si era educata e formata, nei circoli dell’Azione cattolica, della FUCI e dell’Università cattolica di Milano, un’intera generazione di giovani cattolici. Ed ai contenuti di quei medesimi scritti si sarebbero ispirati i giovani politici italiani della Democrazia cristiana, per formulare, proporre e fare approvare dall’Assemblea costituente, tutta la prima parte della Costituzione italiana. Quella concernente i ‘Principi fondamentali’ (artt. 1-12) e ‘Diritti e doveri dei cittadini’ (artt. 13-54) che ancora oggi fanno dire a tanti che la nostra Costituzione è la più bella del mondo. Ed infine, ultimo momento che caratterizzò le attività della Pro Juventute Christiana, che con il passare del tempo andava sempre meglio strutturandosi, dato il carattere perseverante della sua illuminata guida ch’era don Saverio, fu l’impegno ch’essa dedicò allo studio dei problemi sociali, civili e politici più rilevanti di quella vivace stagione culturale costituita dagli anni Sessanta, così pregna di fermenti

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ed avvenimenti di ogni genere, durante la quale non solo era in pieno svolgimento, come abbiamo già visto il Concilio, ma stavano anche maturando i germi del sommovimento giovanile, che dopo alcuni anni sarebbe esploso, con effetti per alcuni versi devastanti, passando alla storia come la rivoluzione della cultura e del costume italiani del Sessantotto. Lo studio con cui i giovani della Pro Juventute approfondivano taluni argomenti oggetto del loro interesse religioso, ecclesiale, culturale, civile, sociale, politico, incideva in modo abbastanza positivo sulla formazione della loro personalità cristiana tanto che, a partire dal 1961, la sua dirigenza decise che, oltre al normale periodo di tempo dedicato durante l’anno, fosse opportuno dedicarvi anche una fase, per così dire, straordinaria, di una settimana durante ogni estate, di solito durante i mesi di luglio o agosto, in una località delle nostre colline non distante da Nicastro (in seguito però il luogo preferito sarebbe stato la Sila piccola e, precisamente, la località denominata Ciricilla). Nacquero così quelle che poi sarebbero passate alla storia della nostra Chiesa locale come le Sei-giorni sociali di studio ed approfondimento di un particolare ed attuale problema dal contenuto, come sopra ho detto, religioso/ecclesiale o sociale. La prima Sei-giorni si tenne nell’estate del 1961 nell’edificio scolastico di Adami di Decollatura ed ebbe come argomento di studio la Mater et Magistra, la prima Lettera enciclica di Giovanni XXIII, con la quale il Pontefice introdusse, nella Dottrina sociale della Chiesa, il tema della socializzazione. Il grande papa bergamasco ne trattò ampiamente tanto che, con il passare dei decenni, la socializzazione ha finito per costituire la pre-condizione dello sviluppo di quell’evento totalizzante che attualmente si è imposto nel mondo col nome di globalizzazione. Per lo stile di Papa Giovanni non era, d’altronde, irrituale intervenire nel dibattito intra ed extra ecclesiale con le sue “incursioni” creative. In precedenti interventi aveva già coniato alcuni nuovi concetti che sarebbero rimasti celebri e che tutti, in seguito, avrebbero utilizzato quali, per esempio: la distinzione tra l’errore e l’errante, la ricerca di ciò che unisce, tralasciando ciò che divide ecc. Nell’estate del 1962, si tenne la seconda Sei-giorni, il luogo preferito (la location, si direbbe oggi con termine inglese più chic!) fu la più accogliente (si fa per dire) Colla, frazione di Soveria Mannelli e l’argomento prescelto lo studio del Marxismo-comunismo-leninismo in tutti i suoi aspetti: filosofici, sociologici, economici, politici. Ricordo due “conversazioni” che mi rimasero impresse per la loro efficacia e chiarezza: L’Economia marxista, trattata da Gennaro Anania, e la Lotta di classe, trattata da Fortunato Rettura. Nell’estate del 1963, alla terza Sei-gioni, fu studiata la seconda grande enciclica giovannea, la Pacem in terris, che il Papa aveva meditato di scrivere in seguito alla grave vicenda che il mondo aveva vissuto nell’autunno del 1962, nei giorni che sarebbero passati alla storia come quelli della crisi dei missili di Cuba durante i quali l’umanità corse il rischio di sprofondare nella voragine di un olocausto di dimensioni planetarie e definitivo perché, questa volta, nucleare. Nell’estate del 1964, mentre il Concilio Vaticano II era entrato nella fase conclusiva sotto la guida di Giovanni Battista Montini, diventato papa con il nome di Paolo VI in seguito alla morte del suo predecessore, la dirigenza della Pro Juventute Christiana decise di affrontare lo studio delle tematiche conciliari. Dal 13 al 20 luglio, sempre a Colla di Soveria Mannelli, per sei giorni, oltre cento di quelli che affettuosamente i cittadini nicastresi avevano cominciato ad indicare come “i giovani di don Saverio” si cimentarono nel compito, abbastanza temerario per l’elevatezza degli argomenti trattati, di “studiare

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ed approfondire” in corso d’opera (work in progress, si è soliti dire oggi) i problemi che in quel momento la Chiesa stava, faticosamente e non senza contrasti tra gli stessi Padri conciliari, discutendo nel tentativo di superare le difficoltà legate alla loro approvazione. Lo si fece con grande serietà. La preparazione fu portata a compimento nel mesi dell’invernoprimavera del 1964 ed impegnò i giovani della comunità in discussioni e confronti sui temi conciliari per diversi pomeriggi e sere di alcuni mesi. Alla fine, però, a conclusione della Sei-giorni, i frutti che ne derivarono furono veramente straordinari in termini di incidenza di una religiosità più autentica nella società nicastrese. La Comunità Pro Juventute aveva consapevolezza di essere in linea con quanto si stava deliberando nel Concilio e di essere all’avanguardia, insomma. Si decise, perciò, di stampare, con gli scarsissimi mezzi di cui allora si poteva disporre, un opuscolo ciclostilato (la cui foto compare nel corpo di questo articolo corredata anche da quella che ritrae don Saverio con chi scrive) che contiene gli atti di quella Sei-giorni, che circolò non solo tra i giovani della Pro Juventute, ma anche tra la popolazione del Lametino. Sicchè fu proprio a partire da quel momento che la comunità della Pro Juventute Christiana s’impose definitivamente all’attenzione della più ampia società civile nicastrese e lametina, oltre che di quella ecclesiale, diventandone lievito per la sua crescita religiosa e civile. Mi piace concludere questa breve rievocazione di quell’indimenticabile stagione ricordando i temi che nella citata Sei-giorni furono trattati ed i nomi dei relatori a partire dal primo giorno, il 13 luglio 1964. “Che cosa dice la Chiesa di sé stessa” fu l’argomento di apertura sviluppato dal compianto Giovanni De Sensi. Seguirono “I laici popolo di Dio”, relatore Giuseppe Séstito; “L’Ecumenismo: frontiera avanzata della Chiesa”, relatore Francesco Mercuri; “Armonizzare il primato della Verità con il primato della Coscienza”, relatore Fortunato Rettura; “Spiritualità dei laici nella realtà del Concilio. Consacratio mundi”, ralatore Antonietta Tripodi; “I mezzi di comunicazione di massa”, relatore Giuseppe Gallo. (Per ravvivare la memoria di eventuali lettori che, giovani come noi, ci seguivano a quei tempi, voglio ricordare che i relatori sopra citati erano allora correntemente conosciuti con il diminutivo dei loro nomi: Giannetto De Sensi, Pino Séstito, Franco Mercuri, Nino Rettura, Ninella Tripodi, Pino Gallo.) La Sei-giorni (ma i giorni di studio, in realtà, furono complessivamente otto) visse anche lo svolgimento di una seconda, conclusiva, sessione che impegnò le intere giornate del 19 e 20 luglio per esaminare il “Consuntivo di un anno di attività missionaria e prospettive per un impegno futuro”, in cui non solo furono sottoposti a revisione critica le attività della Pro Juventute ed i metodi utilizzati nelle missioni svolte nell’anno precedente, ma ci si confrontò con altri Gruppi ecclesiali del resto d’Italia e dell’Europa che avevano vissuto esperienze simili sul piano missionario ed avevano risposto al nostro invito. E, cioè: “Gioventù studentesca” di Milano (così chiamata prima che la si denominasse Comunione e Liberazione); la “Legio Mariae” dell’Irlanda; la “Pro Civitate Christiana” di Assisi; la “Mission de France” di ciò che restava dell’esperienza dei preti-operai di Francia; la “J.O.C. – Jeunesse Ouvrière Chrétienne – Gioventù Operaia Cristiana” del Belgio; la “J.A.C. – Jeunesse Agricole Chrétienne – Gioventù Agricola Cristiana” di Francia. Fra i giovani della Comunità Pro Juventute di Nicastro e quelli di alcuni di questi Gruppi-associazioni si sviluppò un fecondo dialogo, seppure a distanza, che sarebbe continuato negli anni futuri. Precisamente fino a quando un male, invincibile e crudele, non portò via, e per sempre, il nostro insostituibile padre, maestro e guida, don Saverio Gatti.

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CARISSIMI LETTORI, è già dal profumo del libro nuovo, che avverti le emozioni che una storia può darti... Ma, stavolta, non si tratta di un romanzo, di un racconto o di un’invenzione, ma di vita vera. MAI AVERE PAURA, di Danilo Pagliaro, con Andrea Sceresini, Edizioni CHIARELETTERE, Milano, è, in fondo, il diario di bordo della nave esistenziale di Pagliaro, col suo bagaglio di esperienze nella Legione Straniera. Ho letto molto sulla Legione, perché il suo fascino, la sua storia, il suo eroismo, inchioda su pagine scritte da eroi. Ho letto le poesie dei Legionari, perché in tanti, fra scrittori e poeti, hanno militato all’ombra del motto LEGIO PATRIA NOSTRA. Ho letto le memorie di Susan Travers, l’unica Legionaria regolarmente immatricolata nel Corpo, ma leggere del passato è un po’ come creare un effetto di straniamento col presente, come se tutto restasse racchiuso in un tempo ormai andato.. Invece, nel libro di Pagliaro, scorre la vita vera della Legione, oggi. Danilo Pagliaro si arruola nella Legione, nel 1994. Cosa ci si aspetterebbe da un libro che narra la vita in Legione? Battaglie, rambate, miraggi, gloria e aspro odore di polvere da sparo? No, nulla di tutto questo. La vita. Di un uomo. Di un Legionario. Mai pentito. E’ forse questa la frase chiave, che poi è anche il sottotitolo del volume: “Vita di un legionario non pentito”. Una vita, piena di emozioni, che racconta il suo credo, le sue speranze, la sua difficoltà e la gioia di vivere, fra gli alterni momenti in cui si affonda o si risale. Sembra strano, ma non troviamo traccia di eroismo, nelle sue righe. Abbiamo sempre vissuto, se così si può dire, la Legione, di riflesso, atttraverso film spettacolari e testimonianze ridondanti, ma scoprire che ora sia un Legionario vero, nostro contemporaneo, nostro connazionale (Danilo Pagliaro è veneziano), a regalarci uno spaccato di questo specialissimo Corpo dell’Esercito Francese, a metterci di fronte alla Vita, esattamente per come essa è, nella Legione, ha qualcosa di altrettanto speciale... Le mythe légionnaire trova, così, spazio per rinvigorirsi, per non avvizzire nel passato, per comprendere, fino in fondo. Perché la Legione non è così lontana da noi. In Legione si lavora. Seriamente. Per la difesa. Per l’efficienza, per essere pronti ad ogni emergenza, contro ogni sopraffazione. Mi ritrovai, tempo fa, a discutere con alcune persone poco accorte e sentii scandire un aggettivo oltremodo offensivo per la Legione: mercenari. Mancò poco che non mi scagliassi contro quell’affermazione infelice. La Legione Straniera, voluta da Luigi Filippo di Orléans, arruola, oggi come allora, personale di nazionalità non francese, ma è inquadrata nelle file dell’Esercito Francese. Sfila, col

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suo passo particolarissimo, per la Parade del 14 luglio, lungo tutti gli Champs-Élysées, fino a giungere l’Arc de Triomphe, dove viene accesa la Fiaccola al Milite Ignoto. La Francia e l’Europa devono molto alla Legione e, ultimamente, la Francia la vede schierata per prima, nella lotta al terrorismo internazionale. La Legione Straniera difende anche le Basi Aerospaziali d’ Olremare. E parte per prima, dal territorio europeo, in caso che la Francia mandi contingenti militari nelle zone calde del mondo. Non dimentichiamo il suo intervento nella Prima Guerra del Golfo, e in tante missioni, in cui occorrano uomini molto preparati e ben addestrati. Attraverso MAI AVERE PAURA, impariamo a distinguere la fierezza, dalla superbia, l’orgoglio vuoto e smisurato, dall’abnegazione. Danilo Pagliaro parla di sé e della sua vita, non trascurando i dettagli emotivi intimi del suo vissuto esistenziale. Il suo messaggio, a parer mio, è chiaro: inquadrare il Legionario come uomo, non come supereroe, nonostante l’eroismo indiscusso della Legione stessa. La conoscenza è fondamentale per comprendere, appunto, uno dei Corpi più mitici e leggendari di ogni tempo. Il quale, pur rappresentando, in parte, la Leggenda per eccellenza, deve la sua fama all’ardimento e al credo della sua formazione. Danilo Pagliaro ci fa capire come un’emozione iniziale possa trasformarsi in professione, passando attraverso l’addestramento formativo e prove non facili, ma dal profondo significato. E’ contro ogni forma di rambismo, Pagliaro, convinto che la vita in Legione debba essere al servizio di una vera Pace e di una vera Libertà, contro ogni visione esaltata, ma a favore di ogni percorso esultante. Nel titolo stesso del libro, MAI AVERE PAURA, è racchiuso anche il senso di qualsiasi esistenza. Perché ogni vita è una lotta. Così la vita in Legione è percepita come lotta contro ogni forma di prevaricazione e violenza. E, per finire, Pagliaro è, forse, il primo, in Italia, a far conoscere tutto del Corpo stesso. Oltre che la vita di caserma e in missione, rende noti tutti i passaggi dell’arruolamento, gli indirizzi, le fasi dell’arruolamento, la sede delle varie caserme, i vari Reggimenti e le loro dislocazioni, persino i numeri degli uomini che li compongono. E ancora, le Tradizioni, le Feste e i giorni in cui il pubblico può incontrare, dal vivo, la Legione, come il 30 aprile, giorno di rievocazione della storica e gloriosa Battaglia di Camerone, in cui la Legione rischiò il totale annientamento. Quel giorno, le caserme si aprono alla gente. Con affetto, con lealtà. La Legione non è una Società Segreta e, di segreto, non ha nulla. Bando ai misteri, dunque, pur sapendo che il fascino della Legione, risiede proprio nel suo mistero. Un mistero che non ha origine dal segreto, ma dal mito dell’ardimento, come ogni corpo militare che abbia combattuto per difendere una Patria o un Ideale. Il mistero racchiuso in quel motto: “Legio Patria Nostra”, che ha per Patria tradizionale e territoriale, la Francia, ma per Patria ideale e da difendere, il Mondo intero... BUONA LETTURA.

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Ugo Foscolo, non solo poeta

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ltre all’immortale attività di Poeta, Ugo Foscolo si occupò anche di indagine critica la quale si caratterizza soprattutto per lo studio attento dello stile e del linguaggio, legando strettamente la sua produzione poetica e quella critica. Tra i saggi da lui prodotti si possono menzionare quelli sulla Divina Commedia, sul Decamerone, sull’origine e l’ufficio della letteratura, i Quattro saggi sul Petrarca. Questi ultimi sono forse i più riusciti infatti si alternano e si fondono erudizione, gusto della poesia e del linguaggio, studio psicologico dell’anima del poeta. Il Foscolo è un rinnovatore della critica letteraria ed è fra i primi ad accogliere le dottrine del Vico: libertà della fantasia poetica, poesia come libera creazione del sentimento del poeta, rifiuto dell’arte quale imitazione della natura. La critica del Foscolo è particolarmente psicologica. Egli asserisce che il critico deve nutrirsi delle passioni degli uomini, deve cercare nel poeta l’uomo, i problemi, le ansie della vita perchè tra poesia e vita vi è una stretta relazione, un intimo senso. Da tutto ciò il suo giudizio su Dante risulta ancora oggi in parte valido: “ In tanta moltitudine di episodi e di scene

d’infinità diversa nella lunga azione della Divina Commedia, il primo, unico, vero protagonista è il Poeta. Dante, oltre che rappresentare mondi ignotissimi alla natura esistente, vi si mostra l’unico creatore, e vuole apertamente ed opera sì che ogni pensiero e ogni senso connesso a quelle rappresentazioni sia destato e creato da lui”. Concludendo, come nella poesia anche nella critica Ugo Foscolo compie uno sforzo potente di fede per superare la visione continua dell’affluire del tutto ( cose, ideali, speranze ) nel nulla e rimanendo saldo nella propria religione dei Miti, afferma sul nulla i valori spirituali dell’agire umano, dando ai suoi saggi critici e agli uomini-poeti da lui trattati uno svolgimento umano e spirituale di ampio respiro, una critica ancora oggi caposaldo della nostra formazione culturale e ideale.

Caritas, 4 posti per volontari del Servizio Civile al Centro Interculturale “Insieme” . Domande fino al 30 giugno Si potranno presentare fino alle ore 14 del 30 giugno 2016 le domande per partecipare al bando del Servizio Civile Nazionale emanato dal Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale, che vede finanziati in Italia 145 progetti proposti da Caritas Italiana. Tra questi, il progetto “In viaggio…”, promosso dalla Caritas Diocesana di Lamezia Terme e dal Centro Culturale “Insieme”, che darà la possibilità a 4 volontari per 12 mesi di intraprendere un percorso di formazione e di arricchimento umano e professionale. Il progetto, rivolto alle persone immigrate e ai profughi, punta a incrementare il servizio già svolto quotidianamente a Lamezia dal Centro Interculturale “Insieme” per rispondere in maniera sempre più efficace e tempestiva alle richieste di persone di lingua, nazionalità e culture diverse che risiedono nel territorio lametino quali il disbrigo di pratiche burocratiche, processi di integrazione, accompagnamento nella ricerca della casa, inclusione sociale e lavorativa, richieste di informazione e aiuto nell’ambito dei diritti alla salute con specifico riferimento alla prevenzio-

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ne e benessere della salute delle donne straniere. Filosofia del progetto è quella di fare “rete” tra associazioni, enti e istituzioni per favorire percorsi di inclusione ed autonomia delle persone che da altri Paesi giungono a Lamezia che, secondo recenti dati Istat, è divenuta la città più multietnica della Calabria. Tutte le informazioni relative al bando e alla modalità di partecipazione si possono consultare sul sito di Caritas Italiana (sezione “Cosa vuoi fare tu” – Servizio Civile - Bando volontari servizio civile 2016) o sul sito del Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale http://www. serviziocivile.gov.it/. Le domande potranno essere presentate fino al 30 giugno alle ore 14. Per informazioni contattare Rosanna Liotti al numero 320.1983281 o Valentina Costantino al numero 0968.448203 o recarsi nei locali del Centro interculturale Insieme (lunedì-mercoledì-venerdì dalle ore 9.00 alle ore 13.30 e martedì-giovedì dalle ore 14.30 alle ore 18.30) in piazza d’Ippolito, 7 (accanto seminario vescovile).

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RIFUGIATI DIRITTO INTERNAZIONALE CONVENZIONE DI GINEVRA Si definisce ‘rifugiato’ un individuo che, per ragioni politiche, economiche e sociali, sia costretto ad abbandonare lo Stato di cui sia cittadino e dove risieda, per cercare rifugio in uno Stato straniero. (Diritto d’asilo. Diritto internazionale. Tra il 1921 e il 1927 Il Consiglio della Società delle Nazioni adottò una prima risoluzione riguardo i rifugiati, giungendo alla costituzione di un Alto commissariato per i rifugiati. Al termine della seconda guerra mondiale, le potenze alleate crearono l’ UNRA ( United Nations Rehabilitation relief Agency) ¹ che si occupò fino al 1947 del rimpatrio dei prigionieri di guerra e di determinate categorie di rifugiati. Dopo l’istituzione delle Nazioni Unite, l’ Assemblea generale di tale organizzazione trasferì le competenze dell’ UNRA e dell’Alto commissariato istituito nel 1939 all’ Organizzazione Internazionale per i Rifugiati, con mandato limitato fino al 1952. Allo scadere di tale termine, l’Assemblea generale diede vita nel 1949 all’ Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. La Convenzione di Ginevra sui rifugiati. - Il quadro della disciplina internazionale è stato completato dalla Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 sullo status dei rifugiati. Questa è stata successivamente integrata tramite un protocollo aggiuntivo adottato a New York nel 1967, che ha anche definito la nozione di rifugiato dal punto di vista del diritto internazionale. In base a tale disposizione, per rifugiato si intende la persona che si trova fuori del paese di cui è cittadino (se apolide, del paese di residenza abituale), temendo di essere perseguitata per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, e che non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di quel paese. Questi sono i requisiti che individuano la figura del rifugiato politico. La Convenzione di Ginevra, infatti, era nata per affrontare il problema dei rifugiati in Europa dopo la seconda guerra mondiale. Ma subito dopo la decolonizzazione il fenomeno dei rifugiati si è manifestato soprattutto fuori dall’Europa: Guerre civili, lotte armate, calamità naturali e situazioni di povertà insostenibile hanno provocato un nuovo flusso di rifugiati dalle zone di crisi dell’Africa, dell’Asia e dell’America latina verso i paesi industrializzati. La Cancelliera Angela Merkel e vertici Ue dal Papa: «Serve slancio nuovo per l’Europa: Costruire ponti e abbattere muri»

Nella “Sala Regia” del Palazzo Apostolico Vaticano, si è svolta la cerimonia per la consegna del premio ‘Carlo Magno’ a Papa Francesco. Hanno partecipato, oltre al premier italiano M. Renzi, la cancelliera tedesca A. Merkel, i presidenti di: Commissione europea J.C.Juncker, del Parlamento europeo M. Schulz, del Consiglio europeo D.Tusk, l’Alto Rappresentante per la politica estera europea F.Mogherini, il re di Spagna Felipe VI, il granduca Enrico di Lussemburgo,ed altre autorità. Papa Francesco ha ricevuto il premio ‘Carlo Magno’ per il “suo grande impegno a favore della pace, della misericordia, della comprensione in una società europea di valori.” Egli ha inteso ricordare che l’Europa ha il compito,rispettando gli ideali dei padri fondatori, di concretizzare i principi di pace e libertà, diritto e democrazia e solidarietà” . Rivolgendosi alle autorità europee, ha invitato tutti a “ costruire ponti e abbattere muri”. Ha chiesto inoltre di ‘aggiornare l’Europa, di generare un nuovo umanesimo basato su tre capacità: la capacità di integrare, la capacità di generare, e la capacità di dialogare”. ¹ Agenzia per il soccorso e la riabilitazione delle Nazioni Unite. Francesco ha lanciato un appello per un’economia che “investa sui posti di lavoro” e favorisca “coalizioni non più soltanto militari o economiche ma soprattutto culturali ed educative”. In particolare, la cultura del dialogo, ha chiarito il Papa, significa guardare lo straniero, il migrante, come un soggetto da ascoltare, da considerare e da apprezzare. Egli ha spiegato perché in Europa si debba garantire a tutti l’accesso alla terra, al tetto per mezzo del lavoro , invitando ad un maggior impegno affinché questi diritti vengano riconosciuti dall’Unione Europea.

Mensile di informazioni varie - anno 24°-n. 22 - GIUGNO 2016 Iscrizione al Tribunale di Lamezia Terme n. 609/09 Rug. - 4/09 Reg. Stampa Direttore Responsabile: Antonio Perri

Le iscrizioni, per i privati sono gratuite; così come sono gratuite le pubblicazioni di novelle, lettere, poesie, foto e quanto altro ci verrà inviato. Lamezia e non solo presso: Grafiché Perri - Via del Progresso, 200 - 88046 Lamezia Terme (Cz) oppure telefonare al numero 0968/21844. Per qualsiasi richiesta di pubblicazione, anche per telefono, è obbligatorio fornire i propri dati alla redazione, e verranno pubblicati a discrezione del richiedente il servizio. Le novelle o le poesie vanno presentate in cartelle dattiloscritte, non eccessivamente lunghe. Gli operatori commerciali o coloro che desiderano la pubblicità sulle pagine di questo giornale possono telefonare allo 0968.21844 per informazioni dettagliate. La direzione si riserva, a proprio insindacabile giudizio, il diritto di rifiutare di pubblicare le inserzioni o di modificarle, senza alterarne il messaggio, qualora dovessero ritenerle lesive per la società. La direzione si dichiara non responsabile delle conseguenze derivanti dalle inserzioni pubblicate e dichiara invece responsabili gli inserzionisti stessi che dovranno rifondere i danni eventualmente causati per violazione di diritti, dichiarazioni malevoli o altro. Il materiale inviato non verrà restituito.

Edito da: Grafichè Perri Lamezia Terme - Via del Progresso, 200 Tel. 0968.21844 - e.mail. perri16@gmail.com Stampa: Michele Domenicano Allestimento: Peppino Serratore Redazione: Nella Fragale - Perri Antonio Progetto grafico&impaginazione: Grafiché Perri-0968.21844

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