Lameziaenonsolo marzo 2021 L'umanità riparta dal primato della cultura

Page 1


grafichéditore

di Antonio Perri

Cultura e Ricerca: a fianco dell’Ail con Polopoli

“Veduta di Nicastro, 1847”, Museo Diocesano

Via del Progresso - Lamezia Terme • 0968.21844

2021 'U calendariu lametinu «Le lingue romanze ufficiali, come l’italiano, sono in sostanza degli antichi dialetti che, per ragioni varie, hanno raggiunto un particolare prestigio: quanto mastichiamo nella comunicazione, in fondo, poi, nasce proprio dalle parlate locali di Dante, Petrarca e Boccaccio. Oggi, se è vero che i dialettofoni sono minori degli italofoni, corre comunque l’obbligo di ripercorrere all’indietro il fascino di tante nostre storie, fatte d’accenti ed espressioni intraducibili. Rinunciare a questa diglossia è perdere l’intimità col proprio territorio, finendo col distanziarsene; tutto ciò, appunto perché perdita, sarebbe un vero peccato, a mio dire!»

(Francesco Polopoli)

La Grafichèditore ha il piacere di annunciare di aver effettuato un versamento all’Ail, Associazione italiana contro le leucemie-linfomi e mieloma, per espresso desiderio del prof. Francesco Polopoli, con cui è stato preparato quest’anno ’U calendariu lametinu, successo editoriale, la cui parte del ricavato è stata indirizzata, per l’appunto, alla ricerca ematologica. Antonio Perri e Nella Fragale si dimostrano soddisfatti di fronte all’idea di una cultura che non solo è promozione del territorio ma è anche possibilità di impegno a favore del prossimo: l’idea di calendarizzare un contributo sociale nel ventaglio delle loro attività rende più umani – specie in un periodo come questo, in cui il divieto per i contatti pare a tutti una fuga dall’uomo. La casa editrice non si è fermata, anzi ha affermato i princìpi basilari della nostra esistenza: far del proprio meglio, sempre per il bene di tutti. Il dialetto nasce dentro, è lingua dell’intimità, dell’habitat, «coscienza terrosa» di un popolo, sta all’individuo parlante come la radice all’albero; nasce nella zolla, si nutre nell’humus, si fonde nella pianta stessa. È, insomma, l’anima di un popolo» (Marcello D’Orta): il dialetto, per diletto – aggiunge Polopoli – lo abbiamo affidato anche alla beneficenza. Così continua ad essere solido, perché solidale, conclude il linguista, ringraziando la storica tipografia lametina.

NUOVO PUNTO DI RITIRO

PRESSO

Bar il Miraggio Luca Fragale - Via A. Volta, 22 - cell. 339 6953497 - Lamezia Terme


cultura

L’umanità riparta dal primato della cultura di Giuseppe De Marco

Il periodo del covid-19 lo possiamo definire come quella fase dell’umanità in cui gli animi degli uomini si sono assopiti. Le regole stringenti e le negatività della pandemia che stanno attanagliano il mondo intero hanno pian piano eroso quella capacità dell’uomo di rendere la vita degna di essere vissuta e credo che questa mia inclinazione “leopardiana” non è frutto di una visione eccessivamente critica ma pensiero che poggia su basi oggettive e tangibili: gli spazi di formazione, socialità e “fisici” sono stati sostituiti con consumi, intrattenimento, integralmente digitalizzati. La socializzazione è stata rimpiazzata con i social, le comunità di scuola e università con la didattica su piattaforma, i ristoranti e i bar con il food delivery, i cinema e i teatri con Netflix, lo shopping con Amazon, i concerti con le dirette a distanza, lo sport con il workout. Inevitabile è stato l’appiattimento della società dinnanzi a queste regole anti umane imposte dal covid-19 ma in questo contesto di semi chiusura al mondo, nella chiesa “San Benedetto” di Lamezia Terme nel rispetto delle norme anti-virus, vi è stata la presentazione dei 3 libri del professore Tommaso Cozzitorto (intro, una roccia in mezzo alla baia e lameziaenonsolo magazine

Lamezia e non solo

25 anni insieme) evento che mi ha dato la sensazione di un breve ritorno al primato della vita. I libri ci salveranno diceva Galimberti e ora più che mai questa frase ha assunto una valenza maggiore perché è bastata una presentazione di libri, con i giusti ospiti a dar vita a un connubio di riflessioni e idee che hanno fatto scordare per qualche ora il peso del periodo, “salvandoci” da questa apatia generale con la forza degli argomenti, delle riflessioni e della cultura. Tommaso Cozzitorto è nato a Salerno ma vive a Lamezia Terme dall’età di 10 anni, ha conseguito la laurea in Lettere moderne ad indirizzo filologico-letterario presso l’università di Salerno. Sì è abilitato all’insegnamento in materie letterarie, filosofia e storia, storia dell’arte e insegna italiano, storia e geografia nella scuola secondaria di primo grado. Sì occupa di critica letteraria e di arte attraverso conferenze e presentazioni di libri, ha scritto molte prefazioni a romanzi e saggi, collabora al mensile Lamezia e non solo da diversi anni: è stato protagonista nella trasmissione televisiva Confidenze culturali e ha presentato la rubrica Imagine su Ermes TV. Per dieci anni ha curato la rassegna DiMartediCulturando in un noto locale di Lamezia Terme. Nel 2011 ha ricevuto il premio Anthurium città di La-

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 3


mezia terme e successivamente il Norman Academy a Roma, entrambi per meriti culturali. Nel dicembre 2019 ha ricevuto un riconoscimento dal Liceo Scientifico Galileo Galilei di Lamezia Terme nell’ambito del festival della scienza, collabora con ScrepMagazine e ha pubblicato 5 libri : Palcoscenico, Along the way e gli ultimi 3 libri pubblicati nel 2021 protagonisti della presentazione (Intro, Una roccia in mezzo alla baia, Lamezia e non solo magazine 25 anni insieme). Intro lo considero un vero e proprio flusso di coscienza, un libro scritto in prosa in cui l’autore instaura un

di tutti mi ha colpito, un libro che racchiude 25 anni di saggi e articoli scritti da Tommaso, il libro si ramifica nei vari ambiti del sapere: arte, politica, filosofia, matematica, ha parlato di grandi scrittori e personaggi locali, di dadaismo, famiglia e di sentimenti. Da molti spunti di riflessione e ogni articolo è molto coinciso e descrive fatti e personaggi senza omettere nulla, tutti i libri sono editi dalla Casa Editrice Grafichèditore. Ed è su questi libri che si è sviluppata la serata, l’evento coordinato da Nella Fragale ed Antonio Perri è stato ricco di relatori i quali hanno commentato con raffina-

dialogo con il lettore e ricorre spesso la parola “solitudine”, il linguaggio aulico, forbito non intralcia la lettura che rimane scorrevole e piacevole. Uno roccia in mezzo alla baia è una raffinata raccolta di poesie ermetiche e crepuscolari, in cui traspare con forza lo spessore intellettuale e la sensibilità di Tommaso, molto struggenti e pervasive lasciano il segno in maniera indelebile. Mentre lamezia e non solo magazine è quello che più

tezza e professionalità le opere e sono: la professoressa Marina Accordino Pasquale allegro editing , Filomena Cervadoro presidente dell’associazione Maria Cristina di Savoia, il professore Italo Leone, la Professoressa Daniela Magnone, Piera Messinese scrittrice e blogger, Lorenzo Benincasa Dirigente scolastico Istituto Ardito Don Bosco, Teresa Goffredo Dirigente scolastico liceo scientifico Galileo Galilei e l’avvocato Paolo Mascaro.

pag. 4

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


In questa occasione ho avuto anch’io l’opportunità di vestire i panni di relatore, ed ho avuto così la possibilità di esprimere il mio punto di vista su ciò che più mi aveva colpito dei testi, dire i miei pareri e interfacciandomi con un pubblico con cui di certo non ero abituato a confrontarmi ma si respirava un’atmosfera talmente intima e calorosa che mi ha aiutato molto ad esprimermi in maniera fluida e senza “ansia da prestazione”. Don Domenico Cicione Strangis, rettore della chiesa San Benedetto, ha dato un caloroso benvenuto dopo il quale si sono susseguiti le relazioni degli ospiti, è stata una serata in cui i temi dominanti sono stati dottrina del sapere, filosofia e poesia dove gli interventi di spessore non sono mancati e ciò che mi ha lasciato più stupefatto è stata la dimestichezza, la familiarità e l’armonia con cui la presentazione prendeva forma, nessuno di noi ha usato temi già trattati e ogni relatore ha spaziato in maniera eccelsa nei meandri degli scritti di Tommaso dando vita a pensieri molto profondi frutto dell’ intreccio tra l’eredità della lettura dei 3 libri e riflessioni personali, nulla si è accavallato, nulla è stato ripetuto, nulla è stato banale e soprattutto in ogni frase dei relatori si percepiva l’assuefazione e lo stupore che hanno comportato la lettura dei testi. L’avvocato Paolo Mascaro ha concluso la presentazione con un discorso di chiusura, convogliando le riflessioni che sono venute fuori durante la presentazione ponendo l’accento sull’importanza della

Lamezia e non solo

cultura e dello studio nella nostra società, sono seguiti poi i ringraziamenti dell’autore che è parso emozionato e allo stesso tempo compiaciuto della splendida serata e di ciò che i suoi scritti hanno lasciato in ognuno di noi, sicuramente siamo tutti usciti dalle porte della San Benedetto più arricchiti. Dal pubblico si percepiva una forte voglia di sapere: la compostezza, gli sguardi attenti e il silenzio che c’era quando qualcuno prendeva la parola erano segnali chiari di un pubblico immerso completamente in un viaggio piacevole, nessuno si era alzato per andarsene, restarono fino alla fine spinti dalla curiosità e dalla voglia di far i complimenti a Tommaso, complimenti che si affrettarono tutti a fare ad evento concluso, intrattenendo l’autore tra autografi e dediche sui libri che gli invitati avevano appena acquistato. Non convengo con chi afferma che la cultura è noiosa, è che molti uomini di cultura lo sono ma Tommaso, con la sua ironia, con il suo saper scherzare, con il suo sorridere alla vita sfonda questo muro di “noiosità” rendendo piacevole anche il più cupo degli argomenti di letteratura. E se la cultura è il motore della civiltà allora deve ripartire urgentemente per superare questo periodo di crisi e che riparta dai libri interessanti, dai bei convegni e dagli uomini come Tommaso. Affinché la bellezza dei libri sia il vero vaccino contro l’appiattimento dell’animo umano.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 5


scuola

Boom di iscrizioni al Liceo scientifico “G.Galilei di Antonio Perri

Riportiamo un’intervista rilasciata dal Dirigente scolastico del Liceo Scientifico “G. Galilei”, Teresa Goffredo, all’indomani dell’ottimo risultato ottenuto con i numerosi iscritti alle prime classi. Dott.ssa Goffredo, a fine gennaio si sono chiusi i termini di iscrizioni alle prime classi. Alla luce dei brillanti risultati ottenuti, non si può non leggere in lei grande soddisfazione. Secondo lei, quali motivazioni hanno spinto un così alto numero di alunni delle scuole medie a scegliere il suo Istituto? Abbiamo raggiunto un ottimo risultato che conferma la qualità dell’offerta formativa del nostro liceo e l’importanza delle attività e dei progetti su cui stiamo lavorando. I giovani allievi delle scuole medie, sicuramente anche sulla scorta dei brillanti e certificati risultati che gli studenti galileiani ottengono nel mondo e universitario e lavorativo, hanno visto nella nostra scuola un ambiente culturale educativo, molto importante per la loro crescita formativa. Del resto, molto spesso ,la scelta della scuola superiore da frequentare, nasce da una sorta di passaparola tra studenti. Sono quindi i nostri stessi studenti, con i loro importanti risultati, che pubblicizzano l’importanza del liceo

abitazioni. L’attività di orientamento è un momento importante della scuola. Chi sente di dover ringraziare per i risultati ottenuti? Sento di dover porgere i miei ringraziamenti ad un nutrito numero di docenti che, coordinati dalla prof.Ssa accordino, sono riusciti a trasmettere l’idea di una scuola che istruisce e che forma ottimi cittadini di domani. Ma in ognuno ho ammirato la passione, l’ amore per la scuola, lo spirito di appartenenza. Sarà stata proprio la capacità di trasmettere tutto ciò che ha avvicinato tanti giovani e tante famiglie alla nostra realtà scolastica. Un particolare ringraziamento va alle studentesse e agli studenti delle classi prime, che con i loro lavori,soprattutto in lingua latina,hanno dimostrato grande amore per lo studio di questa nuova materia, grande passione per la scuola e senso di appartenenza alla comunità galileiana. Il successo raggiunto è frutto, quindi, di un grande lavoro di squadra.

Nella crescita di una scuola, e la sua sta crescendo in maniera esponenziale, quali sono i fattori determinanti? A rendere grande una scuola, come precisavo prima, sono i risultati ottenuti dagli studenti alla fine del quinquennio. A ciò si accompagna anche la possibilità per gli alunni di fare esperienze importanti, anche al di là delle pareti scolastiche. Ogni anno la nostra normale attività didattica si arricchisce con la partecipazione ad attività extra scolastiche, che diventano preziosa occasione per affrontare percorsi formativi che si rivelano poi importanti per il futuro degli studenti. Abbiamo creato percorsi significativi che hanno avvicinato il mondo della scuola alle realtà culturali della città, favorendo una crescita di interessi e competenze delle studentesse e degli studenti. Iniziative formative e attività condivise che, in alcuni casi, sono state rimodulate e calibrate, anche sulla base delle nuove disposizioni, legate all’emergenza covid.

L’ emergenza sanitaria ha rappresentato un grosso problema, per l’obbligo di evitare assembramenti. Si sa che ogni anno si organizzano nelle scuole open day per presentare la propria offerta formativa ai ragazzi delle scuole medie e alle loro famiglie, che li accompagnano in una scelta così importante. Come si è organizzato il suo Liceo? Come dicevo prima, il team di orientamento è stato esemplare per la capacità di reimpostare, in modo esaustivo e creativo, gli open day e gli eventi collegati, sulla base delle nuove normative e durante la gestione di un’ emergenza in continuo cambiamento. Si è trovato sempre il modo, nel pieno delle misure di sicurezza di dar voce ai genitori e agli alunni, ai quali non sono mai mancate le risposte alle tante loro domande.

Ritiene che l’offerta formativa presentata dalla sua scuola, già ricca di per sè, abbia bisogno di ulteriore incremento? Se sì, può darci qualche anticipazione? Il liceo vanta già una ricca offerta formativa. Alcune sezioni sono caratterizzate dal potenziamento di scienze biologiche, di diritto e economia e di inglese. Posso fare una anticipazione sulla richiesta prodotta del liceo sportivo. Purtroppo per quest’anno, vista la particolare situazione in cui versa la scuola tutta, non si è riusciti ad attivarlo. Ma sono fortemente fiduciosa che ciò accadrà in futuro. Consideriamo questo nuovo indirizzo importante per l’intera comunità lametina. Molti ragazzi, interessati a tale percorso sono, infatti, costretti a raggiungere scuole molto distanti dalle proprie pag. 6

E infine, negli ultimi giorni la scuola calabrese ha visto il rientro nelle aule degli studenti, con determinate e severe regole. Come pensa che gli studenti stiano vivendo tale particolare momento? È un momento molto triste per la scuola tutta. Vedere aule vuote, per chi crede veramente nella scuola, rappresenta una continua sofferenza. Come era giusto che fosse, ci siamo dovuti adattare alle varie ordinanze regionali. Dispiace, però, constatare che tanti sforzi di noi dirigenti, al fine di rendere sicure le scuole , sono stati vanificati. Attendiamo fiduciosi che si possa ritornare tutti in presenza, perchè la scuola ha bisogno della presenza degli studenti, perchè possa essere considerata veramente tale. Non dimentichiamo, altresì, che la modalità in dad, rischia di lasciare indietro i più deboli, ma di demotivare i ragazzi , e da noi sono veramente tanti, che da sempre studiano con serietà e impegno.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


scuola

Prevenzione covid efficiente all’Istituto Comprensivo Perri-Pitagora di Lamezia Terme Lamezia Terme, 11 febbraio 2021 – Per avere un sistema efficiente ed efficace ai tempi del Covid è ancora più determinante la sinergia e la collaborazione tra le Istituzioni e i cittadini. In questi, casi per arginare il contagio, è quanto mai indispensabile che l’organizzazione di tutti i soggetti coinvolti al contrasto e prevenzione del Covid sia rapida ed efficace. Così è stato per quanto riguarda un episodio di buone pratiche avvenuto nell’Istituto Comprensivo “Perri-Pitagora” di Lamezia Terme diretto dalla dott.ssa Teresa Bevilacqua dove, come testimoniato dagli stessi genitori degli alunni, il sistema ha funzionato alla perfezione. La testimonianza di Rosario Piccioni, genitore di un bambino che frequenta l’istituto. “Come sapete in questi mesi ho seguito con grande attenzione la problematica del Covid19 all’interno delle scuole – afferma Rosario Piccioni – e spesso, purtroppo, ho dovuto riportare numerosi episodi negativi che dimostravano come il sistema fosse letteralmente in tifi. Oggi, con grandissimo piacere, voglio invece raccontarvi un fatto finalmente positivo di grande efficienza dell’intero sistema. Episodio che tra l’altro ho vissuto in prima persona essenLamezia e non solo

do coinvolta la classe di mio figlio. Istituto Maggiore Perri: martedì alle 9.30 una maestra ci ha contattato dicendo che mio figlio aveva forte mal di testa e che sarebbe stato il caso di mandarlo a prendere. Ovviamente sono andato immediatamente e con mia somma sorpresa una collaboratrice scolastica mi ha detto “ma che sta succedendo in questa classe? Sono usciti già in 6”. Ho chiesto maggiori informazioni a mio figlio e mi ha confermato che alcuni dei compagni avevano mal di pancia e altri mal di testa. Come

potete facilmente immaginare insieme agli altri genitori ci siamo subito allertati: un conto è che nella stessa classe si senta male 1 bambino, un conto 6. Abbiamo interloquito subito tanto con le docenti quanto con la dirigente che frattanto si erano già attivate.

Ebbene sapete cosa è successo? La Dirigente ha immediatamente contattato il Dipartimento Prevenzione dell’Asp. Già alle 13 ci hanno comunicato di presentarci alle ore 15 nella sala Covid dell’Istituto per effettuare i tamponi rapidi con l’ausilio della infermiera d’istituto. Così abbiamo fatto e per fortuna tutti i bambini sono risultati negativi. Se penso a quanto accaduto a novembre e a dicembre in tante scuole cittadine oggi è veramente accaduto qualcosa di importante. Tutte le componenti hanno funzionato alla perfezione come un orologio svizzero!!! Un plauso a tutti: alla Dirigente e alle docenti, al Dipartimento di Prevenzione dell’Asp, all’infermiera scolastica! Le battaglie che abbiamo fatto in questi mesi non erano pretestuose e strumentali o finalizzate ad avere la situazione perfetta. Erano battaglie per avere un sistema efficiente. Oggi sono felice che è stata scritta una bella pagina in questa direzione. Mi auguro che da ora in avanti si continui così... Con questo però voglio sottolineare che finalmente il sistema ha funzionato a dovere e con una velocità impressionante”.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 7


Sport

AMARCORD AMARCORD/A distanza di sette anni dalla scomparsa ricordiamo un personaggio rimasto nella storia del calcio lametino.

NICOLA SAMELE RACCONTATO DAL FIGLIO PASQUALE: “PAPA’ FACEVA CALCIO CON CUORE E PASSIONE” “Direttore sportivo di Vigor Lamezia e Sambiase negli anni ’80-90 inseguì vanamente il sogno dell’unione delle due squadre.

di Rinaldo Critelli

Emozioni, sensazioni, aneddoti: direttamente dal figlio di un personaggio rimasto nella storia del calcio lametino. Gioviale, sorridente e dalla battuta pronta: questo e tanto altro era Nicola Samele, direttore sportivo tra le altre di Vigor Lamezia e Sambiase, passato a miglior vita nel settembre 2014. Sette anni che non lo hanno fatto dimenticare: non passava inosservato Nicola Samele, soprattutto per la sua capacità di fare calcio, in un’epoca quella degli anni 80-90, certo diversa da quella attuale. In questo che vuole essere un suo ricordo piacevole, anche con aneddoti curiosi, abbiamo pensato di farci aiutare da chi lo ha conosciuto meglio di tutti, se non altro per essere uno dei tre figlioli, Pasquale. Gli altri sono Pierluigi e Mirella, oltre alla moglie signora Adriana.

“Papà – inizia Pasquale – era innamorato del calcio e faceva questo lavoro col cuore, con dedizione e con passione. Mi portava spesso allo stadio anche se non sapevo giocare a pallone. Portava anche i miei fratelli, ai tempi del Sambiase al vecchio Savutano, dove ha iniziato a fare calcio. Poi ad inizio anni ’80 passò alla Vigor”. Ricordi una gara con lui? “Due in particolare con la Vigor: forse una delle più brutte quando mi costrinse a stare nel pullman, vidi praticamente la partita da lì. Era in Campania con la Juve Stabia: si creò un clima abbastanza caldo. Un’altra invece col Forio D’Ischia al D’Ippolito, in cui non le mandò a dire all’allenatore del Forio perché si era rivolto male al professor Menniti, allora presidente della Vigor. Ricordo che papà lo allontanò verso l’ambulanza e dal settore Gradinata si alzò un applauso fragoroso, allora c’erano diverse migliaia di persone allo stadio”. Invece raccontaci di qualche derby Vigor-Sambiase? “Rimase malissimo quando in una stracittadina si infortunò Politino Menniti: praticamente padre e figlio giocapag. 8

vano ‘contro’, ma a prevalere fu il grandissimo dispiacere per quanto accadde, tanto che Politino fu operato subito dopo. Ricordo che tutto lo stadio, con le opposte tifoserie, ammutolì in un silenzio surreale. Anche un altro infortunio, meno grave, demoralizzò papà: quello di La Torre a Montevarchi nella gara di Coppa Italia, c’eravamo entrambi. Ebbe un problema alla spalla ed in campo gliela rimise a posto il prof. Menniti. A proposito di Montevarchi, papà usava sempre il suo ‘fiuto’: in quelle gare lo colpì molto Taddei e l’anno dopo lo portò alla Vigor”. Ma com’era il direttore Samele quando tornava a casa? “Se vinceva – sorride - portava qualcosa di dolce a casa. Le sconfitte erano più amare, anche se non perdeva mai l’equilibrio riconoscendo la superiorità avversaria, ma al rientro parlava pochissimo di calcio. Certo quando era alla Vigor conoscevamo già il risultato prima che lui arrivasse poiché a Sambiase non mancava qualche simpatico sfottò”.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


Alla Vigor ritornò a fine anni ’90, al pari del grande Alberto Spelta come allenatore. “Se devo essere sincero fu una parentesi che non amo ricordare. Anche papà era molto titubante nell’accettare. Noi come famiglia lo lasciammo libero nella decisione. I nostri dubbi però, si rivelarono fondati: papà andò via a torneo in corso, non trattato bene, anzi. Ma piuttosto parliamo del suo sogno”. Quello della squadra unica? Ne parlava spesso. “Esattamente. Voleva unire la Vigor ed il Sambiase ma con un progetto comune, ambizioso, lasciando e altre squadre lametine come serbatoi di quella principale che rappresentasse Lamezia Terme. Non si realizzò per quel campanilismo che noi lametini conosciamo bene”. Ad un certo punto tuo padre iniziò a far arrivare diversi calciatori argentini, perché? “Aveva un canale privilegiato: giocatori interessanti e più adattabili al nostro calcio regionale o interregionale. Ricordo quando se ne mise uno in macchina, andai anche io, e lo accompagnammo fino ad Altamura dove firmò un buon contratto con la società pugliese”. C’era qualcosa che non gli andava giù? “Sì, il cosiddetto calcio moderno. Era tifoso della Juventus ma lo scandalo ‘Calciopoli’ gli fece perdere l’entusiasmo per la bellezza del calcio”. Ma se ti chiedessi una gara che gli rimase impressa? “Ti dico subito Villese-Vigor Lamezia (0-1), quella del famoso rigore siglato da Sinopoli. Papà quella domenica non seguì la squadra, rimase a casa. Io ascoltavo la radiocronaca proprio di tuo fratello Saverio. Papà no, ma poco prima dell’inizio, quasi come una premonizione, mi disse: avvisami quando la Vigor segna. Cosa che puntualmente feci a fine primo tempo quando venne assegnato il rigore trasformato da Vito. E lui ovviamente contento”. E dimmi qualcosa del prof Menniti… “Avevano un rapporto splendido, di massima fiducia.

Lamezia e non solo

Veniva a pranzo a casa nostra e viceversa papà da lui”. E dei mitici calcio-mercati all’Eurolido cosa mi racconti? “Intanto in quel periodo soprattutto mamma lo vedeva poco. Io e mio fratello di più invece, visto che collaboravamo con lui per la buona riuscita. Quello era un punto di incontro dove praticamente si facevano le squadre per la stagione seguente. Tantissimi personaggi, tecnici, ds, presidenti non potevano non passare da quel raduno di mercato”. Invece il suo rapporto con gli allenatori? “Aveva legato con tanti, sia alla Vigor con Baroncini e Biagini, che al Sambiase con Gianni Scardamaglia, con cui vinse il campionato storico dei tanti record. Papà aveva grande rispetto dei ruoli, in particolare con quello degli allenatori: solo a loro spettavano le decisioni in campo. A tal proposito fu molto legato anche ad Alberto Pullia, che chiamò un anno al Sambiase e lo salvò dalla retrocessione. Insomma una scommessa di papà vinta”. Un giocatore a cui era legato? “Tanti: Gianfranco Sestito, forse il suo portiere preferito. Poi Maurizio Nisticò ‘pari na molla’, La Torre, i fratelli Silvano, il bomber Tucci. In quegli anni si era creata veramente una famiglia. E poi Procopio, specie quando morì in un incidente papà rimase scosso, avendo perso due fratelli in tali circostanze”. Chiudiamo con un ultimo aneddoto… “Era molto legato ai giovani. L’anno dopo la sua dipartita, un ragazzo di colore incontrò mio fratello sotto casa e rimase malissimo alla notizia. Si trattava di un immigrato talentuoso, che papà prese letteralmente dalla strada e lo mandò a giocare in Puglia. Quella sera venne appositamente per ringraziarlo avendo pure messo su famiglia grazie a quel contratto” * pubblicate Castillo, Galetti, Sinopoli, Gigliotti, Scardamaglia, Sestito, Forte, Lucchino, Rogazzo, Ammirata. continua…

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 9


pandemia

Amore alla vita: Giusy Versace al Liceo Campanella.

Educazione alla fraternità con l’Unitalsi “La vita è un regalo ogni giorno. Nulla va dato per scontato. Dobbiamo dare un senso alla nostra vita. Non esiste una vita perfetta, senza problemi. La differenza sta in come noi decidiamo di affrontare le sfide di ogni giorno e nel senso che scegliamo di dare alla nostra vita” E’ uno dei passaggi della testimonianza di Giusy Versace, atleta paralimpica e parlamentare, intervenuta all’incontro promosso dal Liceo statale “T. Campanella” di Lamezia Terme e dalla sottosezione Unitalsi lametina, trasmesso sulla pagina facebook e sul canale You Tube del liceo, nell’ambito del progetto “A Lourdes, davanti alla grotta, fratelli tutti”, coordinato dalle docenti di religione dell’istituto Lucia Paola, Rosa Palazzo e Maria Pileggi e fortemente voluto dalla Dirigente Susanna Mustari. Giusy Versace, rispondendo alle domande degli studenti, ha condiviso la sua storia, partendo dall’incidente stradale nell’estate del 2005 che le ha fatto perdere entrambe le gambe, raccontando “il dolore lancinante di quelle ore, la paura, la rabbia e poi la rinascita”. “La paura di morire in quel momento-ha proseguito- mi ha fatto capire veramente l’amore per la vita, la volontà di restare aggrappata alla vita con le unghie e con i denti”. La Versace ha ricordato Amelia Mazzitelli, indimenticabile figura dell’Unitalsi calabrese e nazionale, il suo primo a viaggio a Lourdes e il messaggio che dalla grotta “dovrebbe accompagnare le nostre giornate: il senso di fratellanza e l’importanza di donare il nostro tempo agli altri”. Dell’impegno della scuola per una formazione completa dei ragazzi, ha parlato la Dirigente Susanna Mustari per la quale “come istituzione scolastica abbiamo il dovere di educare i giovani a rompere il muro dell’indifferenza e ad accostarsi

pag. 10

di Salvatore D’Elia

all’altro da sé. Missione della scuola è insegnare ai ragazzi a sapersi misurare e commisurare, oltre l’apparente tolleranza. Lourdes è la cattedra dell’insegnamento mariano per chi crede, ma anche per chi non crede è una lezione di solidarietà e di fratellanza di cui sentiamo estremo bisogno in questo nostro tempo”. Un messaggio in linea con quanto ribadito dal vescovo Giuseppe Schillaci per il quale “l’educazione è l’antidoto naturale per far fronte alla cultura dell’io, all’individualismo. Oltre al vaccino contro il Covid, come ci ricorda Papa Francesco, serve un vaccino contro l’individualismo. I principi attivi di questo vaccino sono la fraternità e la speranza” Da oltre 10 anni le docenti di religione dell’istituto superiore lametino, insieme alla sottosezione lametina dell’Unitalsi, danno la possibilità ad alcuni studenti di recarsi al Lourdes sul “treno bianco”, accompagnando gli ammalati guidati dai volontari Unitalsi. Un’ esperienza umana unica, quella vissuta da centinaia di studenti lametini in questi anni, con importanti risvolti sul piano formativo ed educativo, che ha lasciato tracce importanti nel percorso di vita di tanti ragazzi. Sono intervenuti all’incontro il preside Giuseppe Mazza, volontario Unitalsi, il presidente della sottosezione lametina dell’Unitalsi Carlo Mercuri e l’assistente ecclesiastico dei volontari Unitalsi di Lamezia don Isidoro Di Cello che hanno ricordato l’esperienza ultradecennale che vede la collaborazione tra l’istituto superiore lametino e l’associazione. In collegamento da Lourdes, Alessio Costanzo, ex studente del liceo Campanella che attualmente lavora nell’organizzazione del santuario, ha portato la sua testimonianza agli attuali studenti. Tre momenti artistici realizzati dagli studenti del Liceo musicale e coreutico hanno scandito la mattinata con la performance di apertura “Odio gli indifferenti”, coreografia sul testo di Antonio Gramsci e musica di James Arthur curata dal professore Roberto Tripodi, docente di Tecnica della danza contemporanea; la celebre “Halleluia” di Leonard Cohen interpretata da Elena Ovlachi e Carlo Caputi; “Esseri umani” di Marco Mengoni eseguita da Alessandra Falleti. Gli interventi musicali sono stati accompagnati dal coro della classe di canto e dall’ Ensemble strumentale del Liceo Musicale composta da Alessandro Esposito, Andrea Falvo, Samuele Gigliotti, Gabriele Grandinetti e Andrea Lombardo.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


LA CALABRIA, UNA TERRA DA AMARE

Pensieri vista mare di Ginevra dell’Orso

L’altro giorno stavo parlando del più e del meno con una giovane ragazza del mio paese: mi ha lusingato dicendo che le piacciono molto le cose che scrivo su questa regione, e a tale proposito le ho confidato che avrei dovuto scrivere in breve tempo un nuovo articolo. Chiedendomi quale sarebbe stato l’argomento, mi ha spiazzata. “Onestamente non lo so ancora... aspetto l’ispirazione”, le ho risposto. “Potresti scrivere qualcosa sul mare”, mi ha suggerito lei. “Ma scherzi? È stato uno tra i primi articoli che ho scritto. Non so come farei senza la vista mare, mi mancherebbe una parte vitale, alla quale non potrò mai più rinunciare”. “Allora della montagna! Sicuramente non hai scritto delle nostre montagne...”. “Ovvio che si! Anche lei mi è entrata nelle viscere. E non solo: ho scritto anche di chi vive nelle terre alte, dei pastori, della neve, della transumanza, e del fatto che si possa sciare guardando il mare!”. Lei mi ha sorriso. Ricambiando, le ho detto che avevo anche scritto dell’inverno. “Ma forse non della primavera: è la mia stagione preferita, è tutto in fiore”, mi ha detto. “Eh si.. ho scritto anche della primavera, e dell’autunno, di cosa siano le esplosioni cromatiche dei fiori in aprile, della biodiversità, delle querce millenarie. Ho scritto anche del vento tagliente di tramontana e di quando in estate soffia lo scirocco fino a farti strisciare a terra dal caldo”. Mi ha guardato come stesse pensando che alla fine non c’era più niente da dire e ha aggiunto: “Forse potresti scrivere qualcosa su questi piccoli paesi”. “Fatto! Ho scritto anche della magia di queste costruzioni antiche, dei castelli in rovina, delle fiabe e delle leggende. Ho scritto dei megaliti, dei conventi arroccati, delle torri di avvistamento saracene... Accidenti, mi rendo conto di aver scritto tantissimo su questa terra, sui suoi abitanti, e soprattutto su quello che suscita tutto ciò in me”. Lamezia e non solo

“E quindi adesso come farai? Non avrai più niente da scrivere? “Ma no! Ci sarà sempre qualcosa da dire, è inevitabile. Basta solo soffermarsi un po’ a pensare, lasciarsi guidare dall’ispirazione. “Tu però parli sempre bene della Calabria: forse potresti iniziare a raccontare le cose che non vanno. Potresti scrivere qualcosa sulla ’ndrangheta, o dei favoritismi politici. Dovresti parlare di un certo atteggiamento mafioso che si trova dappertutto. Potresti dire che mancano gli ospedali, le strade, le infrastrutture in generale. Lo sai che siamo la regione con più disoccupati

d’Italia? Dovresti dire che qui non c’è lavoro, e che tutti se ne vanno perché non c’è futuro in questa terra dimenticata da Dio! “Hai ragione, potrei farlo. E in effetti avrei articoli da scrivere per almeno una decina d’anni. Le cose che non vanno sono tantissime, e credo siano sotto gli occhi di tutti, ma proprio tutti. Non solo dei calabresi”. Lei ha abbassato lo sguardo, come se provasse vergogna, come se in qualche modo si sentisse partecipe o comunque responsabile di tutto ciò. Guardandola, le ho detto: “Ti voglio raccontare un episodio davvero assurdo che mi è capitato qualche anno fa:

mi ero accorta che qualcuno piuttosto importante aveva in qualche modo ‘rubato’ virtualmente un mio lavoro. Lo aveva preso, aveva tolto la mia firma e aveva messo la sua. Arrabbiata e decisamente contrariata da questo modo di fare, ho scritto un messaggio a questa persona, dicendole che questi furti non solo mortificano il lavoro lungo e prezioso che c’è dietro, ma sono degni di persone che non conoscono la dignità e il senso dell’onore. Gli ho scritto che nel mio piccolo paesino della Calabria, questo gesto lo avrebbe subito insignito di un’ingiuria pesantissima, che si sarebbe portato dietro per sempre. Mi è bastato scrivere che abitassi in un piccolo paesino della Calabria, per far si che questa persona non solo si scusasse togliendo la sua finta firma, ma addirittura rimettesse la mia e diffondesse il mio lavoro tra migliaia di persone. Tanta è stata la paura di qualche ritorsione, che ha preferito ammettere pubblicamente il suo furto. Io ovviamente non volevo fargli né paura né tanto meno minacciarlo. La mia era solo una considerazione ad alta voce”. La ragazza mi ha guardato ancora più affranta:” lo vedi? È questo quello che pensano oramai di noi. Questo te ne dà assoluta conferma”. “Hai ragione: è proprio per questo che non voglio parlare dei lati negativi, perché quelli sono sulla bocca e nei pensieri di tutti. Ma ci sono altrettante persone come te, dal cuore grande e generoso, che amano profondamente questa terra e lavorano in maniera invisibile affinché tutto questo cambi. C’è gente che sta facendo la differenza, che si sente onorata di essere calabrese, e che cammina a testa alta davanti a chi la crede ultima tra le inutili classifiche che si stilano ogni giorno. A me interessa questo. Il resto.. lasciamolo a chi ama vincere facile. Distruggere è di gran lunga più facile che costruire, e a parlare male non si fa alcuna fatica... “Giusto! La penso come te!”

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 11


Il nostro territorio

Lamezia Terme: Cinquantatre anni, tra storia e cronaca.

Il ruolo dell’avvocato Arturo Perugini e quello del Vescovo della diocesi di Nicastro, mons. Renato Luisi

di Giuseppe Sestito

(terza parte)

Subito dopo aver preso possesso della diocesi nicastrese, mons. Luisi si trovò difronte ad alcuni problemi di notevole difficoltà, che non intese sottovalutare ed affrontò con decisione. Il primo fu quello di farsi “accettare” dalla comunità nicastrese, religiosa e civile, che non aveva ancora elaborato la pena sofferta per la perdita del suo predecessore, mons. Vittorio Moietta, avvenuta solo cinque mesi prima. La seconda, strettamente legata alla precedente fu quella di “conoscere” gli ecclesiastici dei vari ordini presenti in diocesi: preti, religiosi, suore, ed impostare un piano pastorale e di catechesi che fosse confacente ai bisogni della comunità di cui era diventato il Pastore. Sentì anche il desiderio urgente di rendersi conto dello stato in cui versavano le associazioni cattoliche laicali presenti in diocesi e prendere consapevolezza della consistenza dei vari rami dell’Azione cattolica italiana (ACI) e della Federazione degli universitari cattolici (FUCI) a cui teneva in modo particolare. Per la comprensione di questi primi ed urgenti problemi gli fu di aiuto la collaborazione dei sacerdoti diocesani, soprattutto di due di loro, che per anni hanno incarnato lo spirito e la sostanza della Dottrina sociale della Chiesa nel nostro territorio. Mi pag. 12

riferisco a mons. Francesco Maiolo e a don Saverio Gatti. Mons. Maiolo, persona mite, sapiente e buona, rivestì l’incarico di vicario generale della diocesi per alcuni decenni, fino alla morte avvenuta nel 1969. Sacerdote colto, insegnò religione in alcuni istituti superiori di Nicastro e fu autore di numerose iniziative caritative di vario genere (ricordo qui la Casa di Carità in cui venivano accolti, cresciuti ed educati fanciulli privi di genitori e la Tipografia del Sacro Cuore….) simili a quelle che il Movimento cattolico italiano andava realizzando sul territorio nazionale negli anni della seconda metà dell’Ottocento ed nei primi del Novecento. Per limitarci al Meridione, ricordo che si erano fatti promotori di iniziative simili, in Sicilia, don Luigi Sturzo, che nel 1919 avrebbe fondato il Partito popolare italiano e, in Calabria, don Carlo De Cardona e don Francesco Nicoletti a Cosenza, don Francesco Caporale a Catanzaro, don Maiolo e don Gatti a Nicastro, appunto. Don Saverio Gatti, assistente spirituale diocesano della “Gioventù italiana di azione cattolica” (GIAC), di cui insieme al fratello Gianni era stato nel 1949 il fondatore in diocesi, avrebbe creato, successivamente, la “Comunità Pro Juventute Christiana”, che in seguito avrebbe assunto la denominazione di “Comunità Domus Bethaniae”, e l’ Associazione Guide e Scouts Cattolici Italiani (AGESCI). Insegnò religione nel liceo Fiorentino di Nicastro e, senza risparmiarsi, s’impegnò per l’educazione e la formazione spirituale e morale dei giovani. Fu, inoltre, un punto di riferimento per il soccorso ai poveri ed agli emarginati della società. Nella storia degli avvenimenti religiosi della diocesi, famose sono rimaste le “Sei-giorni” per giovani che ogni estate, la Pro Juventute Christiana, sotto la guida di don Saverio, appunto, organizzava in Sila, a Ciricilla. Molto apprezzata la Sei-giorni del 1964 che ebbe per argomento di studio il Concilio Vaticano II che era in svolgimento. Di quella sei-giorni si pubblicarono gli atti. Notevole efficacia assunsero anche le missioni, dal 1963 al 1965, del “Gruppo missionario”, anch’esso emanazione della GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Pro Juventute Christiana, nei paesi più periferici e marginali della diocesi. Indimenticabili rimangono le visite che don Saverio Gatti, insieme a mons. Renato Luisi, fecero alcune volte, tra il 1966 e l 1967, a Messina, al gruppo di giovani universitari iscritti presso l’Università della città peloritana, che avevo organizzato ed insieme ai quali periodicamente ci riunivamo per pregare e discutere sugli avvenimenti religiosi, sociali e politici di quegli anni le cui fibrillazioni sociali preannunciavano ciò che sarebbe accaduto nel ’68 e negli anni ad esso seguenti. La collaborazione offerta da questi due sacerdoti, voglio ribadirlo, fu preziosa affinchè mons. Luisi superasse le iniziali difficoltà di carattere personale, pastorale e di organizzazione diocesana. Mons. Vittorio Moietta, che nel 1961 era stato destinato dal Piemonte in una diocesi di una regione situata nel Sud più profondo d’Italia, qual era per lui la Calabria, si era premunito portando con sé due formidabili collaboratori: il giovane e dinamico segretario don Carlo Grattarola, a cui conferì anche l’incarico di dirigere il giornale diocesano, che appena entrato in diocesi si apprestò a fondare col titolo di “Orizzonti nicastresi”, il cui primo numero uscì il 23 dicembre del 1961, (la ‘Voce del Vescovo’ amava chiamarlo mons. Moietta….), e l’impareggiabile don Ettore Galbiati, nativo di Barzanò, provincia di Lecco, nella Brianza. Era un sacerdote tuttofare, l’atletico don Ettore, dotato di uno straordinario spirito di iniziativa e di una notevole capacità di risolvere, con il suo ingegno, ogni difficile problema difronte al quale il suo vescovo si sarebbe potuto trovare. Abile sciatore, insieme a lui ed all’indimenticato amico Pino Gallo ce ne andavamo, quando gli impegni lo consentivano, a sciare presso l’unica pista esistente allora in Calabria che era quella di Gambarie d’Aspromonte. Dopo il decesso di mons. Moietta, don Ettore emigrò missionario in Argentina, nella provincia del Neuquén in Patagonia, dove è rimasto per lungo tempo. Da lì, negli ultimi anni della sua vita, passò a Villa La Angostura, una cittadina situata nella parte meridioLamezia e non solo


nale della provincia argentina, nella quale ha concluso la sua esistenza l’11 giugno del 2011 all’età di 85 anni dopo aver speso in quelle contrade patagoniche l’intera sua vita missionaria dedicata al prossimo. Al contrario, mons. Renato Luisi, uomo del Sud, originario delle Puglie, si presentò solo e spoglio davanti alla dolente popolazione lametina che da poco aveva perduto il suo amato Pastore nel quale aveva riposto le proprie speranze, di rinascita materiale oltre che spirituale e dovette impegnarsi a fondo per superare le difficoltà che gli si erano presentate fin dall’alba della sua venuta in Calabria. Oltre a quelle cui ho accennato, alcune altre criticità di cui mons. Luisi si dovette occupare, erano rappresentate dalla riduzione e riorganizzazione delle diocesi italiane; dalle condizioni di precarietà e litigi in cui versava la politica a Nicastro. Nel partito di ispirazione cristiana, la democrazia cristiana, le acque erano turbolente per le continue risse che vi si svolgevano tra le diverse correnti sui programmi politici ma, soprattutto, per l’esplosione delle ambizioni personali che sfociavano in sfrenata volontà di carrierismo e faziosità e, per ultimo, dal progetto della creazione di Lamezia Terme, il cui disegno di legge era stato presentato in Senato dal senatore Arturo Perugini il 30 ottobre del 1963, dopo meno

Lamezia e non solo

di due mesi dalla sua entrata nella diocesi. Accenno a questi aspetti, che potrebbero sembrare estranee alle strette competenze di un vescovo per ribadire che mons. Luisi non era personalità che di fronte alle difficoltà, anche di notevole gravità, girasse la testa dall’altra parte lasciando tutto in balìa degli eventi. Al contrario, spinto dal suo temperamento di essere presente e darsi da fare per la risoluzione dei problemi, non solo religiosi, ma anche sociali della comunità, non aveva alcuna esitazione ad immergervisi per contribuire a trovarne la soluzione. D’altro canto, tutta la vicenda umana di mons. Luisi aveva testimoniato questa sua tenace vocazione a darsi da fare per venire a capo delle questioni che gli si presentavano, anche le più spinose, ed avrebbe continuato a testimoniarla fino alla conclusione della sua vita terrena con l’intervento determinante per la creazione di Lamezia Terme alla fine dell’anno 1967 e con la creazione, come ho scritto nel precedente articolo, di un asilo per 250 bambini dedicato alla Madonna dei Sette Veli nella missione “Candido Mendes” in Amazzonia come vescovo titolare di Catula, nella regione più desolata e povera del Brasile. La riduzione e riorganizzazione delle diocesi italiane consistevano in un problema di cui mons. Luisi era consapevole fin dagli inizi e ne conosceva la storia. Esse affondavano le radici in un passato lontano, fin da prima della firma dei Patti Lateranensi del 1929. In quella congiuntura politica, istituzionale ed ecclesiastica, la questione fu posta con particolare attenzione dal Regime fascista. Mussolini aveva pattuito una riduzione delle diocesi per renderne il numero pari con

le province con l’evidente intenzione di far coincidere l’ “Italia civile” con l’ “Italia sacra”. Non se ne fece nulla per l’indisponibilità del papa pro-tempore Pio XI ad acconsentire a tale accordo. Nel 1964, papa Paolo VI riprese la questione e, parlando il 14 aprile di quell’anno all’Assemblea dei vescovi, sottolineò il perdurare del problema dell’eccessivo numero delle diocesi in Italia e della necessità di ridurlo. Subito dopo, la Commissione episcopale italiana (CEI) costituì un comitato, detto dei “Quaranta” che elaborò un progetto di riduzione tra le 122 e le 118 diocesi. Sviluppato in uno studio di 2800 pagine, il 1° luglio 1968 venne consegnato alla Congregazione dei vescovi i quali lo approvarono con i seguenti risultati: 169 votarono a favore; 51 con riserva; 70 lo respinsero in blocco. Da quanto ha scritto la rivista Jesus nel 1986, che ne ha rivelato tutti i dettagli, <<le pressioni contrarie del governo italiano furono tali per cui quel progetto finì chiuso a chiave negli archivi>>. Conclusione: nessuna diocesi, in Calabria e nel resto d’Italia, fu soppressa o accorpata. La diocesi di Nicastro non fu eliminata e non venne accorpata né a quella di Catanzaro-Squillace né a quella di Vibo Valentia-Nicotera-Mileto non perché fosse stato determinante l’intervento del vescovo Luisi, ma più semplicemente perché il progetto predisposto dal comitato dei “Quaranta” non fu realizzato. Tuttavia, durante la vicenda, dal 1964 al 1968, l’intervento di mons. Renato Luisi, a difesa della diocesi di Nicastro, la sua diocesi, c’era stato, ed era stato, come in ogni iniziativa in cui s’impegnava, deciso, determinato, a tratti duro, come testimonia la corrispondenza, fatta di lettere, relazioni, ricorsi e quant’altro fosse ritenuto necessario, intercorsa tra di lui e la Congregazione dei vescovi. L’intervento di mons. Luisi si fece forte ed incisivo soprattutto dopo aver appreso che il vescovo di Catanzaro, mons. Armando Fares, un prelato privo di autorevolezza, ma autoritario, si era reso promotore di un

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 13


Satirellando e dintorni

Passato i primi due mesi di questo nuovo anno, affrontato con gli occhi del disincanto, vorrei continuare con occhi disillusi. E, per non risultare patetica, come tutte le disillusioni, invece di satirellare normalmente, stavolta, mi sono messa a parodiare. Adoro Marco Masini: le sue canzoni, dal fondo, spesso, ironico, da buon toscanaccio, mi fanno riflettere sulle vicende della vita, specie quella che, per quasi quaranta volte, manda a quel paese tutti. Non scandalizzatevi se vi dico che è proprio una delle mie canzoni preferite, nel panorama musicale italiano degli ultimi tempi, perché è vera, coraggiosa e… come si dice

oggi… passatemi il termine, cazzuta! Ma non parodierò quella: è già di per sé una parodia dell’esistenza di chi si sente arrivato… E, poiché, ultimamente, a gente che non si distrae più dalla vita normale, causa di Maria Palazzo covid, sono rimaste solo le ciacole velenose, io rispondo così: da LE RAGAZZE SERIE, di Marco Masini, a LE PETTEGOLAZZE, di Maria Palazzo! Mettete su il karaoke e cantate, cambiando le parole! AH,AH,AH!

LE PETTEGOLAZZE Le pettegolazze, non ci sono più: non dettano più leggi, da quei loro “igloo”! Le pettegolazze, emigrano ormai: lasciano la piazza e il “senti, tu lo sai?”! Le pettegolazze dicono di me che sono altezzosa, quasi come un re! Ma non me ne frega, con felicità:

staremo tutti bene, via la loro viltà! E cicalecci vari del “chi sta con chi”, a rosari, non sentirò più, ma che goduria! Un silenzio raffinato, riposo sconfinato, calma e più nessuna furia! CORO: Le pettegolazze… Le pettegolazze

non sono come me: io spero che crepino, coi loro clichés! Si facciano vedere: un dottore servirà, ma di quelli bravi, che lezioni lor darà! CORO FINALE: Le pettegolazze non sono come me! Le pettegolazze, è vero, non sono come me!

vi è tornato sopra anche papa Francesco. Nel prossimo ed ultimo articolo prenderò in esame la mediazione, non andata a buon fine, con cui mons. Luisi tentò di ricomporre l’unità nel partito della Dc nella prospettiva delle elezioni amministrative del 1965, le ultime che si tennero a Nicastro, e con quali personali interventi, si suppone, sia riuscito a determinare la creazione di Lamezia Terme dopo aver fatto riemergere l’articolato di legge sulla unificazione dei tre comuni dagli archivi delle due Camere dove stava rinchiuso. ******** Fotografie 1 - Mons. Renato Luisi 2 - La Cattedrale di Bovino (a sx) e quella di Lamezia Terme (a dx) 3 - Mons. Vittorio Moietta insieme a don Ettore Galbiati 4 - Il numero delle diocesi nelle regioni italiane 5 - Candido Mendes, la provincia brasiliana dell’Amazzonia dove visse mons. Luisi 6 - Il Neuquén, in Patagonia, dove don Ettore Galbiati esercitò la sua attività missionaria

suo “progetto” per cui la diocesi nicastrese sarebbe dovuta essere accorpata ad una più vasta, che andasse dal Tirreno allo Jonio, e che comprendesse, oltre che CatanzaroSquillace anche le diocesi di Santa Severina, Crotone e Nicastro, naturalmente. Ma, ripeto, l’iniziativa del papa Paolo VI non andò a segno e, di conseguenza, non se ne fece nulla, tanto che quel problema si trascina fino ai giorni nostri e, di recente, pag. 14

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


I Meridiani: Voci calabresi in serie e parallelo

L’Affascinu e il fascinus: un modo latino e lametino Qual era la causa attribuita ai mali che colpivano gli antichi Romani, soprattutto quelli che capitavano ex abrupto, improvvisamente, cioè!? Per i nostri progenitori era molto facile trovarsi vittime di una malia o di un’influenza negativa, chiamate in causa anche per spiegare malattie di cui all’epoca era ignota l’eziologia: uno dei grandi spauracchi della Roma antica era il cosiddetto fascinus, per la vulgata, il malocchio, un influsso malefico che si riteneva venisse trasmesso a parole, con dei gesti particolari oppure semplicemente con uno sguardo. Responsabile l’oculus malignus, “l’occhio maligno”, convinti che potessero esistere persone dotate di occhi deformi o incantatori, capaci di lanciare malefici con una semplice “adocchiata”. Questo potere talvolta veniva attribuito anche a intere famiglie, come apprendiamo leggendo il settimo libro della Naturalis Historia di Plinio il Vecchio, ove si dice che “in Africa esistono, secondo Isigono e Ninfodoro, famiglie in grado di lanciare il fascinus e che con le loro lodi riescono a uccidere gli armenti, seccare gli alberi, far morire i neonati. Isigono aggiunge che persone di questo genere ci sono anche tra i Triballi e gli Illiri, e sono capaci di lanciare il fascinus anche solo con lo sguardo e riescono a far morire coloro che fissano a lungo, soprattutto se lo fanno con occhi adirati”. Ciò detto, non sappiamo con sicurezza da dove derivi fascinus: c’è chi ritiene che abbia a che fare con il sostantivo latino fascia (“fascia”, come a dire che è un sortilegio che avvinghia e intrappola chi lo riceve). Ad ogni modo, la parola “affascinare” discende dal ciceroniano fascinare, derivativo di fascinus e complementare al lemma it. “fascino”. Il significato originario “malia, influenza malefica che si ritiene possa emanare dallo sguardo degli invidiosi, degli adulatori” è condiviso anche dal vocabolo latino, ma “fascino” ha successivamente originato una connotazione metaforica che indica “potenza di attrazione e di seduzione”. Catullo usa questa voce nel carmen VII, dove asserisce di avere un desiderio di tanti baci da non poter essere contati dai maliziosi né “fascinati” dalle malelingue. E l’affascinu, in tutto questo, cosa avrebbe a che a fare!? Bè, il legame c’è: il retaggio classico è evidente, dire! Seguitemi attraverso una testimonianza… «L’affascinu è l’invidia (l’uacchjiu) ed anche l’apprezzamento che colpisce le persone, gli animali e le cose. Chi ne è colpito soffre di dolore di testa, di inappetenza e nei casi più gravi di vertigine e vomito. Gli animali, come gli uomini, soffrono di inappetenza e, nei casi più gravi, se non vengono curati, rischiano la morte. L’affascinu verso le cose: casa, automobile, verso il lavoro che si svolge. Per le cose si temeva l’affascinu, che si poteva manifestare nel non potere portare a termine un’opera (casa) iniziata, di subire danni alla cosa posseduta o di perdere un lavoro tanto aspirato e conquistato. Avverso, contro l’affascinu, meglio dire per non essere colpiti, Lamezia e non solo

di Francesco Polopoli

Johanne Christiano, Tractatus de fascinatione, Nuremberg, 1675

si legavamo ai bambini ed agli animali ‘i zagarelli russi, alle cose si legava e si lega ancora un panno dello stesso colore, oltre ai consueti scongiuri: corni, ferri di cavallo ecc. L’affascinu ‘u carmava zza Franciscuzza, che recitava parole sante ed incomprensibili. Se la persona era affascinata, chi carmava cuminciava ad “alari” (sbadigliare). Cchjiù alava e cchjiù era forti l’affascinu. Mia zia era ‘a mastra: d’affascinu, ppi cunzari ‘i costicialli caduti, aggiustari gambi a vrazza, fhari ‘i siringhi; insomma, era l’antesignana infermiera specializzata in riabilitazione motoria ed altro nella scienza medica tradizionale. Aveva ereditato tale maestria dalla madre, mia nonna. Per potere apprendere l’arte du carmu, bisognava recitare le parole, che servivano ppi carmari, a notti ‘i Natali (se ricordo bene!). Noi nipoti, sotto, sotto, dicevamo che la zia era ‘na magara. Io la definirei magia bianca o suggestione. In tutta franchezza aggiungo che le parole du carmu alliggiriscìanu: ‘i duluri ‘i capu, ‘i viarmi (dolori di pancia dei bambini) ed altro. Chi t’affascinau lu cori ci scantau, ccu lu cori e la menti e l’affascinu un é nenti era quanto sentivo dire» (Francesco Domenico Mete). “Chi t’affascinau lu cori ci scantàu, ccu lu cori e la menti e l’affascinu un é nenti”: strofa lirica di una prece popolare parallela alla devozione cristiana; molto verisimilmente, il Santo interlocutore, sebbene si conservi in segreto il segreto dell’orazione, per precauzione (non si sa mai!), era il nostro san Vincenzo… Oltre ai misteri eleusini, quelli lametini, per chi ancora conosce questa formula antichissima…

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 15


l’angolo di gizzeria

Il Dott. Vittorio Rosato a 100 anni dalla sua nascita di Michele Maruca Miceli - storico – ricercatore A 100 anni dalla nascita del dr. Vittorio Rosato avvenuta il 09 febbraio del 1921, Gizzeria, suo paese natale non poteva trascurare la fulgida figura di medico e Sindaco che guidò il paese verso la rinascita in concomitanza con il boom economico nazionale. Erano tempi duri, tempi di fame, tempi in cui il popolo cercava lavoro, tempi di emigrazione verso nuovi continenti. Egli, alla guida della sua piccola amministrazione, si prodigò con tutte le sue forze affinché il nostro paese cambiasse volto realizzando opere pubbliche a tutto spiano e che tutt’ora ne sono la testimonianza di un passato radioso. Il dr Rosato, medico chirurgo, umanista e Sindaco esemplare ha ininterrottamente retto la vita Amministrativa del paese dal 1960 al Giugno 1980. Si laureò all’Università di Napoli nel 1948 in medicina e chirurgia. Scelse veramente per vocazione la professione di Esculapio, esercitando la libera professione di medico fino a quando la salute glielo consentì. Dal 1949 al 1954, Vittorio Rosato svolse mansioni di medico condotto nel Comune di Gizzeria e dal 1959 al 1980 presso la Cassa Mutua Artigiani di Lamezia Terme, diventando successivamente, direttore della SAUB n.9. Tra gli incarichi politici ricoperti ricordiamo, oltre a quello di consigliere di minoranza della Democrazia Cristiana, quello di segretario politico della D.C. di Gizzeria, quello di Sindaco della stessa cittadina, quello di Dirigente Provinciale e Regionale della D.C., quello di vice Presidente della Comunità Montana, del Nucleo industriale per la Piana di Lamezia e soprattutto di vice Presidente del Consorzio Aeroportuale di Lamezia Terme oggi trasformatosi in SACAL. Come primo cittadino del Comune di Gizzeria, in venti anni di “cose” ne fece molte. Promosse numerose opere pubbliche: dal consolidamento del centro abitato, all’elettrificazione rurale delle contrade; dalla sistemazione della rete viaria e creazione

pag. 16

di nuove strade, alla costruzione dell’acquedotto; dalla sistemazione delle strade delle diverse contrade, alla costruzione dei plessi scolastici sia nel capoluogo che nelle frazioni di Pelio e Mortilla; dalla costruzione del mattatoio e del lavatoio pubblico, alla costruzione delle case per i lavoratori, alla realizzazione del campo sportivo regolamentare, si prodigò inoltre all’esproprio del terreno per l’installazione della pompa di benzina e del tanto desiderato monumento dei caduti. Indimenticabile fu il suo impegno contro l’abusivismo costiero del nostro mare, se si pensa che su 6 km di spiaggia furono censiti dai carabinieri della locale stazione ben 551 costruzioni. Si potrebbe allungare ulteriormente l’elenco delle opere realizzate dal dr. Rosato ma non è necessario poiché ogni gizzeroto ricorderà sempre il suo operato, la sua grande personalità, il grande senso di altruismo di un uomo morto prematuramente che tanto avrebbe ancora potuto fare per il suo paese. Fece ritorno alla casa del padre il 07 Aprile 1983 dopo essersi allontanato dalla vita politica per problemi di salute, lasciando un mondo di amici e di estimatori increduli per la sua dipartita. Un lungo corteo funebre mosse con la bara coperta dalla bandiera della Democrazia Cristiana, portata a spalla verso la chiesa di San Giovanni Battista. Lungo il tragitto,in piazza dei Martiri, fu fatto un emozionante elogio funebre da parte del segretario provinciale della D.C. Franco Cimino. Scroscianti applausi e pianti chiusero una mesta cerimonia funebre per il compianto dr Rosato. L’Amministrazione Comunale, a ricordo di un grande medico, di un grande statista e uomo politico, nella seduta del 3 Dicembre 1998 deliberò che il grande piazzale del Ponte da lui fortemente voluto e realizzato in parte assieme all’annesso anfiteatro ne portasse il suo nome. Anche noi del Centro Studi Ricerche e Tradizioni Popolari di Gizzeria in questa centenaria ricorrenza dalla nascita abbiamo voluto ricordare e trasmettere a quanti non lo conobbero la grande figura carismatica del nostro conterraneo dr Rosato Vittorio che fece della politica un impegno costante di rinascita e di cambiamento per tutto il paese.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


l’angolo di falerna

Inaugurazione di una statua in onore di San Giuseppe a Castiglione Marittimo seppe Ruberto che ne ha poi curato anche tutti i dettagli organizzativi, è stata proposta a Don Biagio che sin da subito, considerato che tra l'altro dall’8 dicembre 2020 all’8 dicembre 2021 sua Santità Papa Francesco ha proclamato l'anno dedicato a San Giuseppe, ha dato la sua benedizione all'iniziativa. All’evento hanno aderito, con assoluto entusiasmo, tutte le 39 persone che nel piccolo borgo medievale di Castiglione portano il nome del Santo (Giuseppe e Giuseppina - Pino e Falerna - Giorno di Festa nella piccola Comunità di Castiglione Marittimo dove il 7 marzo, alla Presenza di sua Eccellenza Mons. Giuseppe Schillaci - Vescovo della Diocesi di Lamezia Terme, che ha officiato la Santa Messa con Don Biagio Palmeri e Don Antonio Peppino Stranges, la Popolazione ha festeggiato, nel rispetto delle norme anti covid, l'inaugurazione di una statua in Onore di San Giuseppe. L'iniziativa - informano in una nota - nata da un'idea dell'Architetto GiuPina - Peppe e Peppa - Peppino e Peppina - Giusy e Giosy) le quali si sono autofinanziate per la realizzazione della Statua da custodire nella Chiesa principale del paese. "Quest'anno si è svolta solo la cerimonia religiosa - dice l'Arch. Ruberto - ma grande è la speranza e l'entusiasmo che l'anno prossimo in occasione dei Festeggiamenti di San Giuseppe, che ricorrono il 19 marzo, possa svolgersi una festa con la Processione del Santo per le vie del Paese come già avviene da sempre per San Foca Martire e Sant'Antonio Abate". Lamezia e non solo

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 17


territorio

I SANTUARI MARIANI DELLA DIOCESI LAMETINA

Madonna della Salvazione in Jacurso

(terza parte)

di Matteo Scalise

L’origine del luogo sacro si confonde fra storia e leggenda. Sito attualmente in una località periferica rispetto al paese e denominata “Seminario “ perché nel 1652 le rendite di tale Fondo agricolo furono assegnate al mantenimento di 8 studenti nel Seminario di Nicastro per volere dell’allora vescovo di Nicastro Giovanni Tommaso Perrone (1639 – 1677) . Fino a tale data però il Fondo agricolo serviva al mantenimento di un Convento retto dall’Ordine Carmelitano, li presente dal 1576 col nome - unico in Italia ancora oggi - di “Convento della Consolazione” che era direttamente soggetto al Priore del Convento carmelitano sito nel già Monastero di Sant’Elia Vecchio di Curinga (vedi mio articolo sul n. 69/2021 “Santuario del Carmelo in Curinga”). Soppresso l’Ordine Carmelitano nel 1562 per volere di papa Innocenzo IX (novembre 1591 – febbraio 1592), il luogo sacro divenne parrocchia col nome di “Romitorio della Beata Vergine del Carmelo”, i cui registri iniziano dal 1690. I Carmelitani, quando nel 1576 si insediarono in tale luogo si ritrovarono una statua della Vergine detta “della Consolazione” e anche “Madonna greca” la cui datazione pare sia fra il 1590/98. L’epiteto “Madonna Greca” ci fa supporre che il culto a tale immagine sia antecedente alla presenza degli stessi Carmelitani, e quindi attribuibile alla presenza dei monaci greco – bizantini nel lametino e soprattutto, dall’XI alla prima metà del XVI secolo presso il Monastero di Sant’Elia Vecchio nella vicinissima Curinga i quali dunque iniziarono tale devozione che i Carmelitani, subentrati successivamente, si prodigarono a continuare e accrescerla nella popolazione. Questa antica immagine, oggi non più in uso, fu soggetta a restauro per ben due volte; una prima nel 1892 per iniziativa di Pietro Drosi da Satriano (CZ) e una seconda negli anni Ottanta del secolo scorso dall’allora parroco don Vittorio Penna. Danneggiato il Santuario in occasione dei devastanti terremoti del 1638 e 1783, sarà riedificato grazie al contributo in denaro e di giornate di lavoro della popolazione locale. Al fine di gestire pag. 18

e organizzare efficacemente ogni anno la festa nel 1893 fu fondata la Confraternita laicale (Congrega) “Congregazione di Maria Santissima della Salvazione”. Nel 1905 il Santuario fu ancora una volta danneggiato dal devastante terremoto di quell’anno. Nel 1960 fu incoronata per la prima volta la nuova immagine della Madonna della Salvazione dall’allora vescovo di Nicastro Vincenzo Maria Iacono (1955 – 1961) il cui 50° anniversario, nel 2010, fu ricordato solennemente dal Comitato organizzatore con la realizzazione di due oggetti sacri in oro (un Calice per la Messa e una corona del Rosario per l’immagine della Madonna) da parte del maestro orafo Michele Varrese di San Pietro a Maida (CZ) e il restauro delle corone della Madonna preventivamente fatte benedire dall’allora papa Benedetto XVI (2005 – 2013). Il decreto vescovile che ufficializzò il titolo di Santuario per la parrocchia della “Madonna della Salvazione” fu emesso il 28 agosto 2002 per volere dell’allora vescovo di Lamezia Terme Vincenzo Rimedio (1982 – 2004). Prima di parlare dello svolgimento della festa accenniamo brevemente alle leggende sorte sulla edificazione del Santuario. Esse sono essenzialmente due; la prima afferma che nella seconda metà del XVI secolo un giorno i Padri Carmelitani videro vicino il loro Convento una bellissima ragazza intenta a raccogliere pietre che, rispondendo alla loro domanda sul perché facesse ciò, affermò che servivano ad edificare la sua casa. Ciò fece credere loro che tale ragazza fosse in realtà la Madonna e pertanto edificarono il Santuario e commissionarono l’immagine sacra avente i lineamenti di tale

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

bellissima ragazza, mentre la seconda leggenda afferma invece che, una volta giunta la statua della Madonna commissionata dai Padri Carmelitani a Jacurso, gli abitanti di Curinga, colpiti dalla sua bellezza, decisero di rubarla per portarsela nel loro Convento, ma, durante il trasporto, avvertirono una tale stanchezza che furono costretti a fermarsi per riposare. Poggiarono la statua su una pietra e si addormentarono. Al loro risveglio la pietra assunse forma di sedile (ancora oggi visibile in località “La pedata de la Mula”) mentre la statua era sparita, perché ritornata nel Santuario dov’era destinata a stare. Attualmente nel Santuario sono dunque conservate tre immagini della Madonna; sull’Altare Maggiore v’è la statua più recente della Madonna della Salvazione (1960); sulla navata sinistra v’è l’immagine della Madonna del Carmelo (portata dai Carmelitani) e sulla navata destra v’è la statua della Madonna della Salvazione più antica, quella detta “greca”(1590/98). La festa cade ogni anno l’ultima domenica di luglio, preceduta da una solenne Novenario. I devoti provengono sia dal lametino che dal vibonese. Il sabato della Novena l’immagine sacra è incoronata solennemente (le diverse corone sono fatte da secoli con gli ori donati dai fedeli in segno di devozione e ringraziamento) mentre il popolo intona canti tradizionali, la banda musicale suona inni solenni e si sparano fuochi pirotecnici. E’ uso che le donne di Jacurso in questo periodo di festa preparino il dolce tipico detto “Vutureja” in forme antropomorfe per impetrare alla Madonna la salute dei cari per cui sono preparati appositamente i dolciumi. La domenica della festa, durante la messa solenne della mattina, l’Amministrazione comunale offre un cero votivo alla Vergine in segno di devozione e filiale affetto, mentre il pomeriggio, alle h 18,00 inizia la solenne processione per le vide di Jacurso che si conclude verso le h 22,00 con lo spettacolo pirotecnico e l’esibizione di bande musicali (festa civile). Attuale parroco della Parrocchia – Santuario “Madonna della Salvazione” in Jacurso è don Giuseppe Gigliotti, che è parroco anche della Chiesa Matrice di San Sebastiano Martire. Lamezia e non solo


comunicato stampa

Tribunale di Lamezia Terme siglato un Protocollo d’intesa per la nomina del

“Curatore speciale del minore”

Un importante traguardo è stato raggiunto ieri al Tribunale di Lamezia Terme ove è stato siglato un Protocollo d’intesa per la nomina del “Curatore speciale del minore” nei casi de potestate o di gravi conflitti genitoriali che permetterà, ai Soggetti aderenti, di attingere dall’istituendo relativo elenco che verrà predisposto dalla Camera Minorile e tenuto presso l’Ordine degli Avvocati di Lamezia Terme in cui confluiranno professionisti con solida formazione professionale in un ambito, quello minorile, estremamente delicato e che richiede specifiche competenze. Per rendere esecutivo il protocollo è stato predisposto dalla stessa Camera Minorile il “I corso di formazione per Curatore speciale del minore” che ha visto la partecipazione di avvocati dell’intera penisola oltre a quelli dei Foro lametino alcuni dei quali, su richiesta, verranno inseriti nell’elenco in presenza del duplice requisito previsto dal protocollo: attestato della formazione specifica ed iscrizione all’Albo degli Avvocati da almeno sei anni; professionisti che avranno il compito di occuparsi del minore tenendo in considerazione soltanto “the best interest of the child”. Hanno sottoscritto Il Protocollo l’Avv. Maria Di Terlizzi Presidente della Camera Minorile di Lamezia Terme “Stefano Marasco”; l’ Avv. Dina Marasco Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Lamezia Terme; la D.ssa Teresa Chiodo Presidente del Tribunale per i Minorenni di Catanzaro; la D.ssa Emma Sonni Presidente facente funzioni presso il Tribunale di Lame-

Lamezia e non solo

zia Terme; il Dr. Salvatore Curcio Procuratore capo della Procura della Repubblica di Lamezia Terme; la D.ssa Alessandra Ruberto Procuratore della Repubblica presso la Procura Minorile di Catanzaro; il Dr. Beniamino Calabrese per la Procura Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Catanzaro; il Dr Domenico Introcaso per la Corte d’Appello di Catanzaro; il Dr. Pasquale Pupo, Segretario generale e Dirigente settore servizi alle persone per il Comune di Lamezia Terme i quali hanno, da subito, manifestato grande sensibilità nel cooperare per la gestione comune tra tutti i Soggetti che, a diverso titolo, gravitano intorno al minore. Parole di ringraziamento sono state rivolte dalla Presidente della Camera Minorile alla sua Vice Presidente Avv. Caterina Berlingieri per aver predisposto e coordinato il gruppo di lavoro per la stesura del Protocollo che, ad oggi, rappresenta uno dei pochi esempi di Protocollo presenti sull’intero territorio nazionale. Il traguardo, oggi, raggiunto è soltanto l’inizio di un percorso ancora lungo ma necessario per occuparsi con competenza di minori in situazioni particolarmente delicate ma esso è, altresì, un vanto per essere stata la Camera minorile lametina tra le prime ad organizzare un corso di formazione per Curatore speciale del minore e, grazie alla oramai consolidata collaborazione tra Magistratura ed Avvocatura Lametino/Catanzarese, a predisporre un Protocollo, certamente, di grande aiuto per tutti i soggetti cooperanti.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 19


Radio CRT

LIBER ABBACI ABECEDARI e RICETTE: Sono le maschere veli di diaspore, caratteri umani che celano vulcani Approfondimenti della puntata in onda sulle frequenze di Radio CRT,

LIBER ABBACI di Flaviana Pier Elena Fusi PRELUDIO Lo specchio appare chiaro, non La maschera parrebbe sovrumana, non proprio una cosa nostrana, invece è più attuale di quanto si potrebbe pensare. Parlo del relativismo sociale, che Pirandello ha voluto narrare: quella maschera che ogni giorno si può cambiare e che fa avvicinare a qualcosa che vogliamo rappresentare. Questa è la puntata andata in onda sulla radio già qui annunciata. Radio CRT è l’emittente che trasporta il lunedì. Tengo compagnia ad Anna Maria, la giornalista e conduttrice che nel programma è un po’ come Euridice. Ideatrice della trasmissione, espone ciò che propone. Il suo cognome le viene in aiuto, Esposito è monito risaputo. Mi piacerebbe a voi raccontare, altre cose del nostro viaggiare, ma al punto devo arrivare e qui di seguito lo vado a mostrare.

BOLLETTINO RADIOMETEO, di Flaviana Pier Elena Fusi LE MASCHERE Sono le maschere veli di diaspore minerali ed elementi spargono altrimenti caratteri umani che celano vulcani. Usa la maschera la gente che al mondo non vuol rivelare niente qualcuno è incupito nel suo sogno proibito. La fantasia tiene per sé non vuol rivelare il vero sé ritiene gli altri non degni di verità e sdogana qualcosa che nemmeno lui sa. La maschera per guarire può restare a riscoprire qualcosa che giù in fondo potrebbe aiutare a cambiare il mondo. pag. 20

Consiglio radiometeo: tutta l’Umanità è una maschera, si sa, ma quello che ora ti dico, è che toglierla regala un bene infinito.

ABECEDARI di Edoardo Flaccomio La maschera è la prima pelle, proviene dal passato più remoto. Un retaggio quasi impossibile da eliminare, deriva dall’attacco e dalla difesa, dall’agguato e dalla fuga, dall’aggressività e dalla sessualità. La maschera è senza espressione, gli occhi e la vitalità sono assenti: simboleggia il cervelletto, ereditato dall’epoca istintiva della terra, quando i virus presero il sopravvento sui cristalli. Col tempo sono diventati insetti: istinto che vola o che sta in terra, nelle formiche. La maschera è l’ultima pelle prima dell’esterno, è indossata per nascondere ciò che appartiene al sonno dei millenni. Consola, ma allontana dalla verità e di amore non parla. A volte si ride dietro di essa. MAS-CHE-RE MAS: disdegnare, aborrire, detestare, dice la lingua divina affacciata al bacino Mediterraneo. Conosciamo così il primo parere dell’Ordine Celeste. CHE: lettera ebraica ‫ה‬, il ramo destro simboleggia l’INTERNO, il ramo sinistro, quello più corto, rappresenta l’ESTERNO. Il tratto orizzontale superiore è la fusione dei due opposti spaziali: trascendere l’opposizione strutturale è il capolavoro da effettuare. Togliere la maschera è un gran morire nella nudità, simile alla cacciata dal Paradiso terrestre, il PARDES. Per questo motivo si continua ad indossarla, a illudersi che essa ci copra. Quelle rare volte che la togliamo, il sorriso diviene macabro rituale, un mostrar denti alla freddezza del FUORI: La Maschera ci tiene DENTRO.

POESIA INEDITA di Flaviana Pier Elena Fusi scelta dal poeta contemporaneo INNOCENTE FOGLIO e inserita nella sua puntata di RAI SCUOLA. La Vita non accetta maschere. È spontaneità, fluidità, corteccia cerebrale parlante, occhi luminosi e innamorati. Lo dice la sillaba RE, iniziale del glifo ebraico per eccellenza: reisc (‫ ;)ר‬lettera che Indossiamo maschere rimanda immediatamente alla corteccia cerebrale parlante ROSC Per rubare alla vita Ciò che non ci vuole elargire. di Berescit, prima parola della Genesi. Il cervelletto, detto anche D’istinto e di sopravvivenza Complesso rettile, è superato e inglobato dalla neocorteccia, che detiene il potere della parola e della Conoscenza. Gettare la maDi rabbia e di pudore schera è la realizzazione finale. Di voglia e di bellezza Le vere maschere, quelle tribali prodotte da artigiani della SapienRiempiamo la carne e la mente za, sono un ponte fra questo mondo e l’altro, fra la terra e l’oltreNell’attesa che giunga cosmo. Aprono alla magia dell’esistenza, intrappolano la ragione nell’incantesimo della Verità.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


RICETTE: NON SOLO VERDE di Anna Maria Esposito

RICETTE: DE GUSTIBUS NON DISPUTANDUM EST di Chefdomenico

Il radicchio rosso Il radicchio rosso è uno dei componenti della dieta mediterranea. Le sue origini, che sembrano essere orientali, non sono del tutto certe. Viene importato in Italia nel XVI secolo, epoca in cui comincia ad essere coltivato su larga scala. È nelle campagne venete che i contadini lo cuocevano per far fronte ai loro bisogni alimentari. Ed è proprio in quelle zone che vennero inventati i primi piatti a base di questo prezioso ortaggio e che oggi vengono riscoperti. Al gruppo del radicchio rosso appartengono i rinomati Rosso di Verona, il Rosso di Treviso ed il Rosso di Chioggia. Per molti secoli il radicchio ha rappresentato una sorta di cibo per i poveri. Era già conosciuto dai Greci e dai Romani che gli attribuivano proprietà curative nei confronti dell’insonnia. Plinio il Vecchio nel suo libro Naturalis Historia lo cita definendolo un alimento amico del fegato che aiuta a depurare il sangue oltre ad essere un valido aiuto per l’insonnia. Il radicchio è un alimento molto leggero e digeribile, composto per la maggior parte da acqua e fibre, ma è ricco anche di nutrienti come vitamine, soprattutto la C, la k, quelle. del gruppo B e potassio. Le sue foglie contengono antociani, sostanze colorate, che lo rendono un ottimo antiossidante, capace di proteggere la pelle. Dietro al suo gusto amarognolo si nascondono molte proprietà benefiche per la salute: analgesiche antiossidanti, dimagranti, depurativi contrasta il diabete, giova alla salute delle ossa per il suo contenuto in vitamina K e al cuore. Il consumo di radicchio è sconsigliato a chi soffre di calcoli, disturbi alla colecisti e ulcera gastroduodenale, a causa della secrezione gastrica stimolata dal caratteristico sapore acido. Questo ortaggio contiene nichel, perciò i soggetti che sono intolleranti a questo metallo dovrebbero evitare di consumarlo. Grazie alle sue proprietà antiossidanti e anti-aging idratanti e nutritive, il succo viene utilizzato in cosmesi per la preparazione di prodotti mirati per la cura della pelle e dei capelli. Il radicchio rosso si rivela straordinario pure per la realizzazione di oli e shampoo specifici, che daranno nuova luce a qualsiasi tipologia di barba maschile già dalle prime applicazioni.

Spezzatino di pollo alla moda tribale

Maschera viso anti-age al radicchio rosso

Ingredienti: 7 foglie di radicchio rosso ½ cetriolo 1 cucchiaio di farina Preparazione: mettere in un mixer il cetriolo ed il radicchio lavato e tritato grossolanamente. Frullare, passare al setaccio per separare la polpa dal liquido. Riporre la polpa in una ciotola, aggiungendo un cucchiaio di farina per addensare il composto. Mescolare bene per renderlo omogeneo e poterlo spalmare sul viso, evitando le zone perioculari e della bocca. Lasciare in posa per 10 minuti e sciacquare. Rinfrescare il viso con dell’acqua di rose. L’effetto illuminante è garantito. Dopo la bellezza ci vuole la gaiezza e quel languorino bisogna quietarlo un pochino. Per riprendere a lavorare, un sano pranzo è utile fare, così vi voglio segnalare la ricetta dello Chef qui abituale, come la maschera anche la ricetta è tribale.

Lamezia e non solo

Ingredienti: Pollo Zenzero fresco Curry Radicchio rosso Peperoncino Vino bianco Olio extra vergine di oliva Sale q.b. Rosolare la carne tagliata a pezzi in un po’ d’olio. Unire lo zenzero mondato e tagliato a tocchetti, il curry e il peperoncino. Sfumare con vino bianco. A metà cottura, aggiungere il radicchio rosso tagliato sottilmente, coprire e ultimare la cottura. Salare a piacere prima di servire. Buon appetito Anna Maria Esposito - annadilucerna@libero.it Flaviana Pier Elena Fusi - flavianafusi@gmail.com Edoardo Flaccomio - edoardoflaccomio@libero.it

Specchio In stelle che scintillano solitarie Dietro veli di seta E Paradisi colorati. È la bocca di Luna che ti somiglia Gli occhi verdi degli smeraldi Il tuo ventre Che danza. È la malinconia del sole in inverno Fuggito tra i capelli Tua L’onda di grano che lo riflette. Edoardo Flaccomio

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 21


riflessioni

Money, money, money. Soldi, soldi, soldi. Solidarietà, addio? Il motivo musicale, che ricorda le esibizioni canore che vanno da Betty Curtis a Mohmmood, a Renato Zero, può essere tranquillamente il filo conduttore del ragionamento che vogliamo proporre in questa sede ai nostri cortesi lettori, per una riflessione sul sistema delle relazioni sociali che ci vede tutti in qualche modo imbrigliati e senza possibilità sostanziale di poterne rimanere fuori. Già: il denaro ! Quella moneta di scambio di una forza-lavoro che apparentemente amorfa e senz’anima, invece un’anima ce l’ha per essere frutto dell’ingegno e della passione di donne e di uomini, ricordiamolo, microcosmo straordinario e mistero di un universo complesso e meraviglioso che proprio quel soggetto umano è stato preposto a governare, a migliorare, certamente servendosene. Quel denaro, o altrimenti detto anche moneta, una volta sprezzantemente definito sterco del diavolo, oggi è divenuto motivo e espressione di censo e di status sociale. Quel “vile” denaro, forse solo agli occhi delle categorie più deboli di una Società, certamente e segnatamente per i senza tetto e per gli emarginati clochard, sì, quella carta moneta, oggi trasmutata in carta di credito, ha assunto un valore che va oltre i confini del lecito e dell’umano sentire. Lamentiamo tutti, quando la cronaca giudiziaria solleva le polveri non più sotto il tappeto, e non più solo per i profitti macroscopicamente illeciti delle multinazionali, lamentiamo tutti sbalorditi i “danni” che riesce a causare nella fitta rete delle relazioni interpersonali ed interfamiliari. Ancora più laceranti diventano nella considerazione degli occupanti un condominio, non meno che gli abitanti di un cosiddetto tranquillo borgo, quando alla base di un matri o patricidio ed anche di un fratricidio ci sia l’avidità per il dio denaro. Sembra che abbiam fatto ormai assuefazione al “mercato” e compravendita del parlamentare da parte pag. 22

di Alberto Volpe

di un dominante soggetto politico. E fino alla più recente soluzione della provocata crisi del Governo Conte. Quel tipo di sbocco che ha avuto appunto la crisi, con la costituzione di una maggioranza tanto ampia da confinare sul campo della opposizione una sola forza politica, e tale da farsi definire con i più coloriti appellativi, non è sfuggito ai più fini “palati” commentatori essere stata determinata da un interesse smodato di andare a gestire e quindi mettere le mani su quella montagna di denaro pubblico altrimenti conosciuta ormai come Recovery plan o fund. Senza dimenticare il rilevante fenomeno della corruzione e della evasione fiscale che, nel pubblico piuttosto che nel privato, domina la scena delle varie inchieste giudiziarie, con il coinvolgimento e “decapitazione” di personalità appartenenti alle più svariate istituzioni cardine del nostro ordinamento democratico. Ma anche a voler quantificare il volume degli interessi ed appetiti alimentati dai prodotti antianemici? È certo che il buon costume, la correttezza, la legalità ancora reggono. Ma sembra stiano messe ai margini se non alla berlina. E il bene comune, tanto invocato e di cui molti figuranti politici si riempiono la bocca ? Tristi interrogativi che danno la dimensione di quanto faccia fatica quell’insegnamento di Papa Francesco che formalmente attraverso le sue Encicliche, ma non meno che nelle udienze settimanali ricorda e richiama la necessità di sentirci “Fratelli tutti”, e verso i meno fortunati rivolgere la nostra attenzione. Più laicamente, basterebbe ricordarsi sempre che il denaro è un buon servitore, ma è anche un cattivo padrone, ad esso vedendo sacrificare affetti e sentimenti intramontabili.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


il naturopata consiglia

Primavera CONSIGLI PER AFFRONTARLA AL MEGLIO di Dino Mastropasqua

La primavera è la stagione ideale per fare un importante lavoro di disintossicazione sul fegato, organo deputato a importantissime funzioni fisiologiche. Utilizzando la saggezza della Medicina Tradizionale Cinese (MTC) è possibile fare una correlazione e una risonanza tra costituzione della persona, organi e apparati, stagione, emozione predominante ed altro ancora. Questo ci permette una conoscenza molto profonda di come funzioniamo. Il fegato è la ghiandola più grande del corpo umano e svolge un ruolo fondamentale nel metabolismo dei carboidrati e dei lipidi. Esposto ad una grande varietà di attacchi che vengono spesso dal cibo, esistono diversi rimedi naturali per curarlo e mantenerlo in buona salute. Attraverso l’utilizzo di piante specifiche è possibile proteggere la salute del fegato, prevenendo e migliorando anche il trattamento e il decorso di malattie importanti, Dal fegato dipendono processi fondamentali per la vita, quali il metabolismo dei nutrienti, la digestione dei grassi e la disintossicazione dell’organismo, grazie al filtraggio e alla neutralizzazione di sostanze nocive, agenti inquinanti e altre molecole potenzialmente pericolose. Utilizzando rimedi naturali mirati è possibile trarre vantaggi e benefici per manifestazioni frequenti quali stanchezza cronica, sonnolenza post-prandiale, cattiva digestione, alito cattivo e stitichezza. Il fegato interviene nel metabolismo dei carboidrati (sintesi del glucosio e demolizione dell’insulina e di altri ormoni); delle proteine (converte l’ammoniaca in urea); dei lipidi (sintesi del colesterolo e dei trigliceridi); svolge una serie di processi, come la produzione di fattori di coagulazione; funge da deposito per numerose Lamezia e non solo

sostanze, tra cui il glucosio (come glicogeno), la vitamina B12, il ferro e il rame; contiene numerose cellule specializzate del sistema immunitario che agiscono da “filtro” nei confronti degli antigeni; e infine ha la funzione fondamentale di rimuovere le tossine e altri elementi nocivi dal sangue. Inoltre il fegato è l’organo bersaglio della rabbia, pertanto per una buona disintossicazione è utile agire anche sotto questo aspetto.

Alcune delle piante utili a disintossicare il fegato sono le seguenti, si possono utilizzare singolarmente o anche sotto forma di rimedi composti: Cardo mariano il principio attivo del cardo mariano è la silimarina, (Silybum marianum), è tra i più efficaci per migliorare la funzionalità epatica: favorisce la disintossicazione dell’organismo, facilita la rigenerazione delle cellule del fegato, contribuisce a schermare quest’organo dagli effetti nocivi dei farmaci, dai danni provocati dal fumo e da altre sostanze pericolose. Carciofo Grazie alla cinarina contenuta nel carciofo è utilissimo in caso di fegato grasso e in tutte le circostanze in cui sia necessario ricorrere a un buon depurativo epatico. L’acido clorogenico e alcuni flavonoidi contenuti nelle foglie del carciofo favoriscono infatti la mobilizzazione dei grassi,

promuovono l’escrezione della bile da parte del fegato e riducono il colesterolo in eccesso. Tarassaco o Dente di leone La radice di tarassaco (Taraxacum officinale) possiede proprietà depurative e antinfiammatorie, stimola la funzionalità biliare, epatica e renale, cioè attiva gli organi emuntori (fegato reni pelle) adibiti alla trasformazione delle tossine, nella forma più adatta alla loro eliminazione (feci, urina, sudore). Contiene alcoli triterpenici (tarasserolo), steroli, vitamine (A,B,C,D), inulina e sali minerali che conferiscono alla pianta proprietà amaro-toniche e digestive. Queste sostanze hanno anche proprietà purificanti, antinfiammatorie e disintossicanti nei confronti del fegato, favorendo l’eliminazione delle scorie (zuccheri, trigliceridi, colesterolo e acidi urici). Per non dimenticare la parte emozionale (Rabbia) è utile lavorare con i Fiori di Bach specifici per questa emozione così fortemente impattante, pertanto i più indicati in questo caso sono il Beech N 3 – Holly N 15, ovviamente ogni individuo è differente dall’altro ed il parere di un professionista per centrare al meglio i rimedi sarebbe consigliato, ma già con questi semplici consigli è possibile ottenere degli ottimi risultati.

Dino Mastropasqua Naturopata mail: drmastropasqua@gmail.com facebook: Dr Mastropasqua cell.: 339 534 9119

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

pag. 23


riflessioni

La Chiesa oggi Non si tratta della Chiesa universale ma di questa nostra che è in Calabria e soltanto di qualche connotazione. Si possono rilevare aspetti positivi o meno, ma si può affermare che il lavoro pastorale possibile è presente in tutte le Dodici Diocesi, nonostante l’attuale situazione pandemica. L’aspetto positivo risulta la proposta del Vangelo rilanciata dagli ultimi Sommi Pontefici. La Chiesa, nel suo insieme, si è sentita chiamata ad annettere l’importanza e l’interesse dovuti al messaggio evangelico. Così si ritorna alla Missione svolta da Cristo nella terra di Palestina, dove miracoli e annunci della “Buona Novella” si sono intrecciati, meravigliando i presenti. Altro aspetto positivo risulta la vicinanza concreta ai poveri: dove vi è qualche bisogno spirituale e materiale, la Chiesa di Calabria, si rende presente in conformità con l’esempio di Cristo. In presenza del “coronavirus”, i poveri sono aumentati, e anche l’industria e l’economia sono in difficoltà. Non deve mancare la speranza nel Signore e in quelli che si sono impegnati ad operare per il vaccino. Sono da tempo un Vescovo emerito di Lamezia Terme e l’interesse per la Chiesa non si mette da parte. Ecco qualche connotazione presente in me prima della Testata Giornalistica Di tutto un po’ - lamezia e non solo anno 29°- n. 70 - marzo 2021 Iscrizione al Tribunale di Lamezia Terme dal 1993 n. 609/09 Rug. - 4/09 Reg. Stampa Direttore Responsabile: Antonio Perri Edito da: GRAFICHÈditore Perri Lamezia Terme - Via del Progresso, 200 Tel. 0968.21844 - e.mail. perri16@gmail.com Stampa: Michele Domenicano Allestimento: Peppino Serratore Redazione: Giuseppe Perri - Nella Fragale - Antonio Perri Progetto grafico&impaginazione: Grafiché Perri-0968.21844

Le iscrizioni, per i privati sono gratuite; così come sono gratuite le pubblicazioni di novelle, lettere, poesie, foto e quanto altro ci verrà inviato. Lamezia e non solo presso: Grafiché Perri - Via del Progresso, 200 -

pag. 24

presenza del Covid 19. Ora condivido tutti i disagi che incontrano nel loro Ministero i Vescovi e i Parroci: è come costretta la libertà d’azione pastorale. Ma tornando al tempo precedente la pandemia, mi accorgevo di una Chiesa che poteva essere più viva, più evangelizzante. Parte dei parroci si rivelava piuttosto appiattita su sé stessa (più da funzionari che da missionari). E il clima di fraternità tra Sacerdoti lasciava a desiderare in più Diocesi. Scrivo chiaramente: la Chiesa ha una particolare sofferenza: non avere tutti i Sacerdoti, giovani e anziani, “uomini spirituali”. L’essere spirituali porta ad un’intensa comunione con Cristo, ad una affinità di pensiero, di affetti con Lui. Porta a vincere le suggestioni interne ed esterne. Porta inoltre a coltivare l’essere più che l’avere, che può creare schiavitù. Alcuni si dimostrano più protesi all’avere, che può creare schiavitù e non all’essere che è libertà, perfezione. Da Vescovi, da Parroci, da Sacerdoti, da Diaconi e da Popolo di Dio siamo chiamati ad amare con tanto cuore, con tanta fede la Chiesa: la Madre si ama in questo modo e si onora volendola sinceramente bella e pura, come l’ha resa con il suo sangue Gesù. † Vincenzo Rimedio Vescovo emerito 88046 Lamezia Terme (Cz) oppure telefonare al numero 0968/21844. Per qualsiasi richiesta di pubblicazione, anche per telefono, è obbligatorio fornire i propri dati alla redazione, e verranno pubblicati a discrezione del richiedente il servizio. Le novelle o le poesie vanno presentate in cartelle dattiloscritte, non eccessivamente lunghe. Gli operatori commerciali o coloro che desiderano la pubblicità sulle pagine di questo giornale possono telefonare allo 0968.21844 per informazioni dettagliate. La direzione si riserva, a proprio insindacabile giudizio, il diritto di rifiutare di pubblicare le inserzioni o di modificarle, senza alterarne il messaggio, qualora dovessero ritenerle lesive per la società. La direzione si dichiara non responsabile delle conseguenze derivanti dalle inserzioni pubblicate e dichiara invece responsabili gli inserzionisti stessi che dovranno rifondere i danni eventualmente causati per violazione di diritti, dichiarazioni malevoli o altro. Il materiale inviato non verrà restituito.

GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Lamezia e non solo


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.