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Lamezia e non solo

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abitavano l solo mondoc

onosciuto dall e donne che le

attraverso gli scatti di

Francesco Caligiuri

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Case che una

La nostra città

volta erano i

Quando l’occhio fa la differenza

Gli eroi sono stanchi e si danno al piccolo commercio

che un n a e n a r ’e c a che nobnbe Guareschi c i d i s n o n E che come dire

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cane,

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Lameziaenonsolo incontra

Costanza e Peppino Quando abbiamo pensato alla copertina del mese di febbraio ci è venuto spontaneo dedicarla all’amore visto che è il mese della festa degli innamorati, dell’amore. Ci siamo chiesti come si potesse collegare ad una persona questo sentimento: impossibile, “innamorati”, bisogna essere in due e quindi ci siano posti una nuova domanda: chi, di questi tempi caratterizzati dal “mordi e fuggi”, dai matrimoni lampo, dalla mancanza di sopportazione, si può definire una coppia innamorata? La risposta è arrivata da sola ed è subito stato chiaro che era quella giusta: una coppia che ha festeggiato le nozze d’oro è quella giusta, è quella che può davvero affermare di essere innamorata, è quella che può essere un esempio per gli altri, è quella che ha affrontato l’amore in tutte le sue sfaccettature, dall’innamoramento iniziale fatto di batticuori e farfalle nello stomaco, all’Amore che li ha portati al matrimonio, all’Amore che è continuato nel tempo e si è fortificato di mille sfumature che hanno fatto la differenza. Abbiamo chiesto a Costanza Falvo D’Urso e Peppino Notarianni, che hanno festeggiato questo bellissimo traguardo, se volessero condividere con noi questo loro lungo percorso “insieme”. Non hanno detto subito di sì, mi sono permessa di insistere soprattutto sottolineando come questo loro matrimonio, bello e lungo, potesse essere un messaggio positivo sull’importanza della famiglia. 50 anni di matrimonio, un traguardo invidiabile, avete una ricetta segreta da potere suggerire ai nostri lettori per la riuscita del matrimonio? No, non sono 50, a settembre saranno 54 anni di matrimonio e non abbiamo nessuna ricetta segreta. Le ragioni principali sono da attribuirsi soprattutto a una buona dose di equilibrio emotivo e di controllo delle reazioni tipiche dei nostri caratteri. Alla base vi è amore declinato nelle varie forme nel corso degli anni, rispetto, educazione familiare basata su identici valori tradizionali, capacità di controllo per superare momenti di difficoltà, rimanendo in silenzio, evitando di rinfacciarsi colpe e difetti con reazioni incontrollate che portano quasi sempre a rotture irrimediabili. Vi guardo e mi sembra impossibile siate sposati da tanti anni, siete giovanissimi, pieni di vita sorridenti e, soprattutto, sembrate felici. E’ merito del matrimonio o viceversa? Cioè il matrimonio è riuscito grazie al vostro modo di essere? No, non siamo giovanissimi né tanto meno giovani. Comunque grazie per il complimen-

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to. Forse è la serenità dei nostri volti, raggiunta dopo tanti anni di esperienze comuni, che ci fa apparire meno vecchi. Accettiamo la quotidianità con quel forte senso di equilibrio che ci appartiene sostenuti sempre da un unico pensiero: una solida unione, una solida famiglia. Senza sogni o progetti irrealizzabili affrontiamo il futuro, cerchiamo il nostro benessere esclusivamente attraverso interessi culturali e la più completa disponibilità nei confronti dei nostri figli e nipoti. Sentiamo di poter dare ancora tanto e di ricevere altrettanto, questo ci rende felici. Cominciamo dall’inizio, per conoscervi meglio, per conoscere anche i retroscena di questa bellissima fiaba, quando e dove vi siete conosciuti? Lui: Costanza aveva appena superato la sua fase adolescenziale quando la incontrai per la prima volta. Ero giovane e già lavoravo e lei aveva ultimato le scuole medie. Una gita in macchina ci fece conoscere meglio e fu la ragazza dei miei sogni. Ricordare quel tempo mi porta emozione e grande nostalgia perché si tratta del periodo sentimentalmente più importante della mia vita e poi il matrimonio mi ha dato tanta felicità e con esso varie gratificazioni. Lei: Ci siamo conosciuti sul Corso Numistrano, Peppino lavorava presso la Concessionaria Olivetti ed io frequentavo spesso la Libreria Borelli che distava pochi metri. I miei coetanei non m’interessavano e Peppino mi attrasse subito. Un segreto? Ci incontravamo nel negozio di amici carissimi, conversavamo piacevolmente, ascoltavamo musica e imparavamo a conoscerci, la differenza d’età si annullava giorno dopo giorno. So che sembra scontato, visto che parliamo di un po’ di anni fa, quando la mentalità riguardo a come la donna dovesse comportarsi era completamente diversa, ma chi ha fatto il primo passo? E per primo passo non intendo la “dichiarazione” ma la “scelta”, nel senso è stata Costanza a scegliere l’uomo della sua vita e a far sì che con sguardi o incontri “volutamente fortuiti” lui si accorgesse di lei o viceversa? Lei Posso affermare, non senza un certo pudore, che ogni qual volta incontravo Peppino i miei sguardi erano tutti per lui. I miei pensieri erano rivolti a lui e cercavo occasioni per farmi notare e stargli vicino. Lui Gli sguardi teneri e ingenui se pure eloquenti di Costanza non mi lasciavano indifferente e anche se molto titubante per la differenza di età cominciai a corrispondere i suoi sentimenti con molta prudenza rispettando la sua naturale riservatezza. Ricordate il primo bacio? Se sì , è vero che le

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sensazioni del primo bacio non si scordano mai? Sì, c’è stato un primo bacio durante quella gita di cui ha già parlato Peppino. Un bacio indimenticabile che mi turbò e nel contempo mi diede conferma dei sentimenti che iniziavano a legarmi seriamente a lui. E poi tanti e tanti ”baci perugina”. Ogni mattina Peppino mi accompagnava fino al cortile del Liceo classico “F. Fiorentino” e mi porgeva due baci perugina. All’uscita era sempre lì ad aspettarmi e insieme leggevamo le frasi d’amore… Ancora oggi per San Valentino mi fa trovare sul mio comodino non due ma tanti baci perugina.

dei rispettivi parenti e amici, don Antonio Maiolo celebrò la funzione religiosa resa ancora più solenne dalla lettura di un telegramma di auguri e benedizione da parte del Santo Padre, Giovanni XXIII. In sagrestia il sacerdote consegnò alla sposa ancora minorenne il certificato di matrimonio con la raccomandazione di esibirlo negli alberghi dove avremmo soggiornato durante il viaggio di nozze. Poi fu offerto, nei saloni del Circolo di Riunione, un ottimo rinfresco sotto il segno della spensieratezza e dell’allegria con la partecipazione di tutti gli invitati, allietati dal complesso musicale alla moda di quegli anni, “I Bruzi”, a sorpresa chiamati da mio fratello Michele.

Chi ha deciso di sposarsi? E quale è stata la reazione delle rispettive famiglie? Eravamo fidanzati già da due anni, dopo la richiesta ufficiale ai miei genitori da parte di suo zio Ugo e del fratello Michele, quando lasciai il Liceo classico e conseguii l’Abilitazione Magistrale per abbreviare i tempi e fissare di comune accordo con le famiglie la data del nostro matrimonio: 8 settembre 1962.

Chi è più romantico fra voi due? No, nessuna sdolcinatezza romantica né moine. Sempre molto riservati e composti soprattutto in pubblico. Diteci qualcosa della vostra storia d’amore che è in cima ai vostri ricordi In cima ai nostri ricordi il primo ballo con musiche di Modugno eseguite dal complesso del maestro Monizza, in una calda e romantica serata estiva sul terrazzo di un locale di Magolà. Serata bellissima immortalata da fotografie.

Sposi giovanissimi, poi i calabresi si sa, maschi o femmine, sono focosi, appassionati, eravate gelosi l’uno dell’altro? LUI Eravamo in viaggio di nozze a Parigi e alle Folies Bergère la mia sposina indossava un vestitino intero verde mare, molto elegante, che le donava particolarmente mettendo in risalto la sua giovinezza e le sue forme, gli sguardi insistenti e significativi accompagnati da accenni verbali di alcuni giovani, compiaciuta la mia sposina in quanto donna, mi indispettirono turbandomi in modo particolare. E’ stato un momento di forte gelosia, sentimento che in verità non avevo mai avvertito prima in maniera tanto forte. Lei Sì, io sono stata molto gelosa. Peppino per lavoro, dopo un anno di matrimonio, si trasferì a Paola e per alcuni mesi, prima che io lo raggiungessi insieme alla nostra prima figlia, visse in albergo. Non conoscevo l’ambiente, mi sentivo spaesata, lontana dai miei solidi affetti, dalle mie amicizie e di contro una realtà nuova, un’azienda con un grande ufficio, collaboratori e una segretaria, dai modi disinvolti e sicuri, per più ore accanto a mio marito, e tante, tante persone che entravano nella nostra vita di sposi.

Si dice che per la buona riuscita di un matrimonio bisogna avere caratteri diversi in modo che quello dell’uno bilanci quello dell’altra, è vero? In verità dobbiamo contraddire questo luogo comune. Nel nostro caso forse la differenza di età ci ha inconsciamente permesso di modificare le differenze caratteriali e di comportarci sempre in pieno accordo e armonia anche nelle decisioni più difficili e importanti. Ci siamo compresi sempre meglio e senza alcuna sopraffazione. Ci sono stati momenti, in questi 50 anni, nei quali avete accarezzato l’idea di divorziare? No, mai, pur avendo votato per il divorzio e litigato qualche volta seriamente. I giovani di oggi ed il matrimonio, le coppie che divorziano aumentano in maniera esponenziale, perchè secondo voi? Perché non riescono ad accettare che la vita coniugale non è fatta solo di gioie ma anche di sacrifici e rinunce, non ricordano la promessa matrimoniale: “in salute e malattia, in ricchezza e povertà”.

Come è stato il matrimonio? Oggi si tende a fare matrimoni/fiaba che alla fine stancano e scontentano tutti perchè si vuole di tutto e di più, perdendo di vista il motivo per cui ci si è riuniti. Non credo che fosse così anche 50anni fa, credo che, allora, la cerimonia religiosa, lo scambio delle promesse e degli fedi fosse il fulcro del rito, mi sbaglio? Il matrimonio l’abbiamo affrontato senza preparazione ecclesiastica ma con grande condivisione da parte nostra e delle nostre famiglie. Sotto braccio a suo padre Costanza entrò in Cattedrale, addobbata per l’occasione con guida rossa e molti fiori bianchi. Alla presenza dei testimoni,

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Che moglie, che madre, è stata Costanza? Costanza è stata ed è una moglie affettuosa, comprensiva, solerte, disponibile. Dopo il mio pensionamento si è responsabilizzata ancora di più prendendo su di sé l’andamento familiare con puntualità e qualità impensabili. Una madre come poche fin dalla nascita della prima figlia che ha cresciuto a diciannove anni con maturità non comune e attenzione particolare e così gli altri due figli, il maschio,

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rellata di ricordi, di aneddoti, di momenti che hanno segnato la vostra storia insieme? In 54 anni insieme abbiamo avuto una vita segnata da varie situazioni che ci hanno procurato gioie e dolori, delusioni e soddisfazioni. Fra le cose più belle ricordiamo la nascita dei figli, le gratificazioni sul lavoro di entrambi, i lunghi e numerosi viaggi in Italia e all’estero, una vita sociale ricca di amicizie segno di stima e considerazione nei nostri confronti. Vedere i figli crescere, raggiungere la loro autonomia e diventare indipendenti ci ha reso felici.

immensamente da lei desiderato, e l’ultima femminuccia, dopo dieci anni dal fratellino, sempre aiutata in casa da domestiche e baby-sitter. Nello stesso tempo ha continuato gli studi universitari completandoli con la laurea e corsi e concorsi per abilitarsi all’insegnamento in Lettere negli Istituti Superiori. Oggi sono orgoglioso per le sue attività culturali che riesce a condurre con sobria serietà e capacità unitamente ad alcune conferenze tenute su argomenti letterari.

Credo vi siano stati anche momenti dolorosi, questi momenti hanno cementato il rapporto o sono stati fonte di screzi? Durante questi lunghi anni di vita in comune abbiamo attraversato pure vicissitudini che vorremmo dimenticare anche se in verità ne abbiamo ricavato un rapporto più forte e coeso: un grave incidente stradale di Peppino, una richiesta di tangenti dalla criminalità paolana con spari rivolti contro la nostra abitazione e

Che marito, che padre è stato Peppino? Peppino è stato ed è un marito generoso, premuroso, affettuoso, mi ha guidato con consapevolezza in tutte le mie scelte di vita. A lui devo la mia laurea. Quando rallentavo gli studi per qualsiasi motivo mi sollecitava a riprendere i contatti con l’università e mi accompagnava finanche a dare gli esami. Con il suo lavoro ha consentito a me e ai nostri figli una vita agiata. Come padre è stato autorevole e rigoroso, talvolta usava le maniere forti, mai esagerando. Durante la crescita dei figli ha sempre seguito i loro studi, le loro amicizie, la loro educazione e formazione, protegqualche seria malattia fortunatamente superata.

gendoli pure da qualsiasi pericolo, mentre la mia costante presenza serviva da filtro e da sostegno psicologico.

Si usa ripetere il rito religioso alle nozze d’argento ed a quelle d’oro, voi lo avete fatto? I 25 anni di matrimonio, su mia decisione, perché ricorreva il primo anniversario della morte improvvisa di mia madre, li abbiamo ricordati recandoci da soli al Santuario di San Francesco di Paola per ricevere una benedizione da parte di un monaco a noi vicino. Invece una festa per i nostri 40 anni di matrimonio è stata organizzata a Messina da nostra figlia Aura, in un’antica piccola chiesa e in un grande ristorante con la partecipazione della famiglia e dei parenti. I 50 anni li abbiamo festeggiati in crociera lungo il Mediterraneo, per 8 giorni tutti insieme: figli, nipoti, nuora e generi. Nella Cattedrale di Civitavecchia abbiamo ascoltato la Messa e durante l’omelia il sacerdote si è complimentato con noi ricordando l’indissolubilità del matrimonio e il senso della famiglia. Poi il pomeriggio, a sorpresa, i nostri figli hanno organizzato una gran festa sulla nave con la presenza del comandante e dei suoi ufficiali.

Non credo che esistano coppie che non litigano, voi litigate sempre per motivi diversi o litigate sempre per lo stesso motivo, e cioè a causa di un tratto del carattere dell’uno che non piace all’altra e che fa scattare la discussione? Qualche screzio pure importante c’è stato, ma con il buon senso l’abbiamo superato. Il timore che i nostri figli potessero subire conseguenze disarmanti e negative ci ha fatto superare i nostri egoismi. L’unità della famiglia è stata per noi quel valore da non sacrificare per nessuna cosa al mondo. E, in genere, dopo un litigio, chi fa il primo passo verso la riconciliazione? Entrambi, secondo i propri umori 54 anni sono tanti, a parte quello che avete già detto, una car-

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Quanti figli avete? Senza volere attendere del tempo abbiamo deciso di avere subito un figlio e dopo quasi un anno dal matrimonio è arrivata Aurora e la nostra gioia è stata immensa. La vita è totalmente cambiata riempendoci di responsabilità, non eravamo più una coppia ma una famiglia che, dopo circa quattro anni, si è arricchita con la nascita di Antonio e dieci anni dopo, inaspettatamente, con quella di Annagioia. Il nome scelto è la prova di come eravamo felici. La sua nascita completava perfettamente la nostra esistenza. Sono tre figli di cui andiamo fieri ma di cui non siamo abituati a tessere le lodi. Tutti e tre hanno un alto senso del dovere, hanno famiglia e lavoro. Siamo soddisfatti quando sono gli altri a parlarcene bene. Lo sento dire da tutti, lo leggo dappertutto, essere nonni è una gioia che supera anche quella della maternità/paternità, è vero? E se è vero è così per tutti i nipoti o il primo resta sempre il primo? Nel 1988 è nata a Messina da Aura la prima nipote che con mia grande gioia i genitori hanno chiamato come me, Costanza. Una nipote che da piccola ha trascorso molto tempo qui a Nicastro tra le cure mie, del nonno, del bisnonno e degli zii, Antonio e Annagioia. È stato un periodo di vera serenità, la bambina ha riempito i nostri giorni e ci ha aiutato a riadattarci nell’ambiente lametino che avevamo lasciato per 24 anni. Ancora oggi la sentiamo sempre vicina pur se vive, dopo la laurea, tra l’Italia e l’estero. E’ ormai una donna proiettata verso il suo futuro. Nel 1989 è nato suo fratello Nino, bellissimo e vivacissimo fin da piccolo, diventato uno studente eccellente, responsabile e serio nel corso degli anni. Nel 2005 a Lamezia è nato Vincenzo, primo figlio di Antonio e poi nel 2008 Giuseppe e nel 2013 Bruno. Tutti e tre portano, con nostro grande orgoglio, nomi di familiari, sono belli e intelligenti e molto cari. A Patti, in Sicilia, nel 2006 e poi nel 2009 sono nati i figli di Annagioia: Lorenzo e Giorgio, due bimbi straordinari, belli, svegli e capaci di farci sentire il loro affetto anche a distanza. Tutti insieme i nostri nipoti rappresentano per noi nonni la continuità della nostra famiglia, li amiamo tutti nella stessa misura e incondizionatamente. La vostra è una famiglia come quelle di una volta? Una di quelle unite, di quelle che si riuniscono spesso e gioiscono dello stare insieme, insomma la parola “famiglia” è importante per voi? Sì la parola famiglia è ancora molto importante per noi e lo si deduce chiaramente da quanto abbiamo detto. I nostri figli sono legatissimi tra di loro e così i cugini che si cercano e si vogliono bene, i più piccoli hanno come punto di riferimento quelli più grandi: Costanza e Nino. Purtroppo le distanze non ci permettono di incontrarci spesso, ma il telefono e skype suppliscono a questa mancanza e ci sentiamo ugualmente vicini. Per Natale, Pasqua e le altre feste, come si dice comandate, riusciamo a stare insieme, a organizzare pranzi e cene e scambiarci regali, come segno di amore e vicinanza. Che cosa, dopo tanti anni vissuti insieme, vi emoziona nel vostro rapporto? Non so, un gesto, un modo di fare, di dire, qualcosa che è solo vostro e che vi commuove ancora. Sempre e soltanto il ricordo indimenticabile dei primi incontri e quell’attrazione che si è trasformata in un amore intenso da parte di entrambi. Continuare a conversare e a

trovarci ancora d’accordo su tutto ciò che è importante ci emoziona, ricordare il passato ci emoziona ancora di più, desiderare le stesse cose ci emoziona, vedere i nostri figli e i loro figli ci emoziona. Il vivere uno accanto all’altro è l’emozione più grande. L’amore che cosa è per Costanza, e come è cambiato nel tempo? Certo il tempo, com’è naturale, ha modificato i miei sentimenti d’amore verso Peppino. Non è più quella passione travolgente o quel turbamento dei sensi che mi ha portato al matrimonio, ma è un sentimento d’amore che si è sedimentato nei lunghi anni di convivenza diventando maturo e

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inossidabile, un amore che niente può scalfire. Un punto di riferimento di cui non posso fare a meno. L’amore che cosa è per Peppino, e come è cambiato nel tempo? Nel lungo tempo l’amore si trasforma in affetto intenso. La vicinanza alla compagna di una vita diventa indispensabile. Essa è l’aria che respiri e che t’infonde serenità e quella forza di vivere. Terminiamo con una domanda alla Marzullo che facciamo a tutti: La domanda che non vi ho fatto e che avreste voluto vi facessi? Lui: Nel corso della vita hai avuto certamente qualche incontro con altre donne, nessuna di esse avrebbe potuto sostituire Costanza?

Rispondo di essere stato un uomo fortunato perché è facile innamorarsi più e più volte ma la mia ragazza, la mia fidanzata, la mia sposa e compagna della mia vita è stata certamente e fortunatamente al di sopra di ogni altra. Lei: Ti sei mai pentita di esserti impegnata e sposata giovanissima privandoti così della spensieratezza tipica di quella età? No, questo pensiero non ha mai sfiorato la mia mente. Gli anni sono trascorsi velocemente e la vita matrimoniale e quella professionale mi hanno coinvolto totalmente da non lasciarmi nemmeno il tempo di pensarci ed eventualmente di fantasticare. La mia vita è stata ed è serena, senza rimpianti. Ed anche questa intervista si è conclusa, con Costanza e Peppino abbiamo “attraversato” la loro storia, abbiamo ascoltato tanti aneddoti divertenti, alcuni riportati, alcuni no, li abbiamo riportati indietro nel tempo, facendo loro rivivere ricordi sopiti. Alla domanda “chi di voi due è il più romantico” hanno risposto “nessuno dei due”, invece io credo che lo siano ambedue romantici, un autentico romanticismo fatto, ancora oggi, di sgardi complici, dii sorrisi che hanno accompagnato i loro racconti. C’è una frase che subito mi è venuta in mente pensando a loro, è scritta da un uomo ma, in questo caso si adatta benissimo ad ambedue, semplicemente cambiando una “La” in “Lo”, è di Vladimir Nabokov e così recita: “La guardai, e seppi con chiarezza, come so di dover morire, che l’amavo più di qualunque cosa avessi mai visto o immaginato sulla terra, più di qualunque cosa avessi sperato in un altro mondo”. La dedico alla coppia, agli amici, sperando piaccia loro e ringraziandoli per avere accettato di fare l’intervista e di essere stati così splendidamente sinceri pur nella ritrosia della loro timidezza. Nella Fragale

Un amore così grande...

S

an Valentino... tempo d’amore... bigliettini, rose, regalini, cene a lume di candela, promesse e sguardi... sarà per sempre, intenso-romantico-ricambiato-forte... tutto in una sera, amori da equilibristi, canzone giusta, niente poesie così fuori moda... che vuoi mi debba ricordare Dante o Leopardi, Aspasie non ce ne sono più, Beatrice qualcuna, vuoi mettere una bella mail d’amore, prestampata, meglio delle frasine dei baci Perugina, sono pronte anche quelle per dirti addio, anzi no, stop and go... intanto gli innamorati annegano nella canzoncina di turno, tutta rap, frastornante con tante tante parole, così l’amore diventa più lungo, duraturo, io e te, tu ed io, un noi zoppicante. Intanto stasera tutto è infinito, inconsapevoli figli di Angelica e della Pisana, un tantino Monaca di Monza e D’Artagnan, nipoti di Violetta e Alfredo... Per carità, senza camelie e inutilità del genere, farebbe ridere, inoltre vivremo tanto tanto a lungo, senza gloria del passato, senza vane parole, senza musica, senza... oh grande amore cantava Mina, e pensava, già aveva capito tutto, che se telefonando...sarebbe stato inutile... bisbigliano gli innamorati in una sala accaldata e rumorosa, Casanova è andato a dormire da un pezzo, che stanchezza sentirsi innamorati per sempre, quanto sono impegnativi Romeo e Giulietta, senza treccia e senza balcone, quanto lontana la Firenze-amore del Foscolo, che fregatura, caro Montale, renderti conto di aver amato tua moglie, solo dopo la sua dipartita, anche questo può succedere. Se mi sposi andremo lo stesso in palestra? Si preoccupa la fanciulla...ecco l’amore bello felice infelice misterioso... sempre unico, per davvero... La rosa al centro del tavolo è appassita, che tristezza, intontita, povera rosa, dal frastuono del troppo-amore... fa niente amore... domani te ne mando una bellissima su whatsapp... una natura morta... ma no... platonica realtà... ma no... virtuale amore... ma siamo così vicini stasera, San Valentino... virtuale virtuale... dammi retta amore... Un amore così grande...

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Conferenza organizzata dal Rotary Lamezia Terme in collaborazione con il suo Club Rotaract

LA LEADERSHIP, DAL PENSIERO ALL’AZIONE 23 gennaio 2016 - Il Rotary Club di Lamezia Terme, una interessante conferenza sul tema “Leadership Una straordinaria occasione che ha visto uniti il divisione del tema e nella scelta dell’approccio, a soprattutto ai giovani e alla loro crescita - dentro e aspettano; una occasione che è servita anche ai meno continua di forme e metodi di attuazione e di comusionale e rotariano) per realizzare in armonia ed in storie e valori, di competenze e di talenti, di caratTestimoni privilegiati - amicizie preziose per il Rolificati hanno voluto fare “puro service”, finalizzato zioni, riportando le loro esperienze, quali conoscitocampi di azione - professionale e sociale. Il Presidente del Rotary Club Lamezia Terme “È nostro dovere spingere i giovani ad essere promotori di pensiero positivo, così come è nostro se stessi e per il bene del prossimo. E ai nostri sare come a potenziali rotariani; giovani leader di scolastica a generare un leader. Ma ad essa si deve ligenza scolastica e quella emotiva sta nel passare ciò che etichetta un leader è il suo successo: partirealizzate, dei cammini compiuti, dei risultati otteun’idea in un fatto, un progetto in una realtà. La capacità di fare bilanci è il fondamento della sua Il Presidente del Rotaract Club Lamezia Terme - Etil lavoro preparatorio dei suoi soci, finalizzato agli lavoro che ha generato opportuni quesiti sottoposti cuo dibattito. Francesco Socievole (Past Governor del Distretto Rotary per le zone 12 e 13B e Presidente della ComLeadership nel Rotary. “Il miglior esempio di leamite l’esempio. E questo vale anche nel Rotary, nel a dare il proprio contributo per la buona riuscita dei e condividendo sempre la leadership del merito e mento dall’esperienza passata per spingersi al meMario Romano (Presidente Regionale di ConfinNazionale dei giovani imprenditori del Mezzogiorracconto della sua storia personale di giovane ime la mia famiglia, però, abbiamo fatto sempre leva morali che hanno guidato mio padre nella conduziomia leadership nasce dal confronto e dalla voglia di All’incontro ha partecipato attivamente il Sindaco di durante il dibattito per rivolgere ai giovani messagcrescita professionale - “Nell’esercizio della leader-

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in collaborazione con il suo Club Rotaract, ha organizzato & Management. Vision & Action”. Rotary di Lamezia Terme ed il suo Rotaract Club nella concui è stato dato un taglio sostanzialmente formativo, rivolto fuori dal Rotary, per incoraggiarli ad affrontare le sfide che li giovani, per comprendere quanto sia importante la ricerca nicazione della leadership in ogni contesto (sociale, professintonia traguardi condivisi attraverso la sintesi costruttiva di teri e di stili. tary Club di Lamezia Terme - attraverso i loro interventi quaalla formazione ed informazione delle nostre giovani generari ed interpreti autorevoli della leadership nei loro rispettivi - Raffaella Gigliotti - nella sua introduzione ha affermato parte attiva della società - protagonisti del cambiamento, dovere spronarli a sviluppare abilità e competenze per rotaractiani - in particolare - dobbiamo cominciare a penoggi, rotariani di domani. Non può essere solo l’intelligenza aggiungere l’intelligenza emotiva. La differenza tra l’inteldal pensiero all’azione, dalla “vision” alla “action”. Perché cipio passato, forma verbale delle cose accadute, delle opere nuti. È leader chi sa far accadere le cose, chi sa trasformare sua concretezza è una guida verso nuovi orizzonti. La sua credibilità.” tore Perri - nel porgere il suo saluto, ha riportato ai presenti approfondimenti richiesti dal tema oggetto dell’evento; un ai relatori, e che hanno dato il via ad un interessante e profi2100, Assistente Coordinatore Regionale della Fondazione missione Distrettuale Leadership) è intervenuto sul tema La dership, il miglior esempio di guida è la guida condotta traquale - a tutti i livelli di responsabilità - ciascuno è chiamato service a favore del benessere della comunità, riconoscendo dell’azione. Leader è chi dimostra abilità nel trarre insegnaglio verso le esperienze future.” dustria Giovani Calabria e rappresentate in Confindustria no) ha trattato il tema Leadership e Impresa, attraverso il prenditore. “Non è stato mai facile per me fare impresa. Io sul gioco di squadra, tenendo sempre in conto i valori etici e ne dell’azienda. E nell’associazione, come nell’impresa, la fare sintesi di tutti gli apporti che mi vengono manifestati.” Lamezia Terme - Paolo Mascaro, che è intervenuto più volte gi positivi di incoraggiamento all’impegno sociale ed alla ship è importante adottare sempre comportamenti rispettosi delle regole, aprirsi all’ascolto e fare tesoro delle esperienze, senza, però, mai cedere a nessuna forma di condizionamento.” Le conclusioni, quale sintesi costruttiva dell’evento, sono state tratte da Manlio Paonessa - Assistente del Governatore 20152016 del Distretto Rotary 2100.

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Concluso progetto “Che Santo E’?” con visita al Museo Diocesano e messa a Santa Caterina Con la visita guidata al Museo Diocesano e la celebrazione della Santa Messa nella Chiesa di Santa Caterina si è concluso il progetto “Che santo è?” promosso dal Museo Diocesano di Lamezia Terme in collaborazione con il Liceo Campanella di Lamezia Terme e l’Istituto Comprensivo “Don Lorenzo Milani”. Collaborazione tra scuola e diocesi nella formazione degli studenti, continuità didattica nel percorso scolastico, spunti per nuove iniziative di valorizzazione del patrimonio storico e culturale della nostra città: questi i punti cardine del percorso che ha avuto inizio a novembre scorso con il corso di iconografia sacra per 10 studentesse del Liceo Campanella tenuto dal direttore del Museo Diocesano Paolo Emanuele, che ha dato la possibilità alle ragazze di conoscere le ricchezze del Museo della Diocesi lametina per poi trasmetterle con metodi didattici innovativi ai bambini della scuola primaria dell’Istituto Don Milani. Dai fumetti manga alle carte da gioco alle più diverse forme di animazione, le studentesse del Campanella hanno insegnato ai bambini a riconoscere i santi presenti nel Museo Diocesano attraverso i simboli iconografici, nel corso di un pomeriggio all’insegna del divertimento e dell’apprendimento nella sala polivalente dell’Istituto Don Milani. Momento culminante del percorso, la visita al Museo Diocesano che ha dato occasione agli studenti di mettere in pratica quanto appreso nelle diverse fasi del progetto: le studentesse delle Campanella hanno illustrato ai bambini le opere presenti nelle stanze del Museo, invitandoli a riconoscere i simboli dei Santi collegandoli agli eventi principali della loro vita. I santi: donne e uomini che, grazie a questo progetto, gli studenti hanno imparato a conoscere non come eroi straordinari ma come persone comuni che hanno messo la loro vita a servizio di Dio e del prossimo. Sotto la guida del direttore del Museo Paolo Emanuele, hanno visitato anche la Biblioteca del Museo Diocesano, ricca di documenti storici, volumi prestigiosi e un innumerevole numero di opere che rappresenta una straordinaria fonte di conoscenza storica per tutta la regione. Hanno accompagnato gli studenti nella visita al Museo, insieme al direttore Paolo Emanuele, le docenti del Liceo Campanella Michela Cimmino e Licia Di Salvo e le docenti dell’Istituto Don Milani” Angelina Stella, Francesca Mazzei, Simona Gigliotti, Vittoria Cerminara, Elettra Schiavone, Sabrina Pileggi e Laura Lucchino che hanno sottolineato ancora una volta il valore di un’iniziativa “che ha dato ai nostri studenti l’occasione di conoscere le straordinarie ricchezze del nostro Museo Diocesano e al tempo stesso li ha spinti a diventare essi stessi promotori del patrimonio storico e culturale presente al suo interno. E’ un’opportunità che risponde a quelle richieste che ormai da anni l’Europa fa alla scuola italiana, in particolare per quanto riguarda la continuità didattica tra i diversi livelli del percorso scolastico e il collegamento tra la scuola e il mondo del lavoro. Questo progetto, che ci auguriamo possa continuare nei prossimi anni, è il primo passo di un percorso di collaborazione tra realtà diverse per far conoscere il patrimonio di questa città e farne un’ occasione di sviluppo e di occupazione”. Lunedì mattina gli studenti delle scuole insieme ai loro docenti si sono ritrovati nella Chiesa di Santa Caterina per la celebrazione della Santa Messa presieduta dal vicario della Diocesi Don Adamo Castagnaro.

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Uniter con

Tiziana Iaquinta Uniter ieri sera, mercoledì 3 febbraio 2016, con Tiziana Iaquinta arrivata da Cosenza a bordo di un monovolume bianco. Bellissimo mezzo che io scorto con mia panda viola fino alla Casa Del Sacerdote, sede dell’Uniter. L’aspettano in tanti. Costanza FalvoD’Urso, vicepresidente, presenta Tiziana ai soci e la lezione ha inizio. Più che lezione Tiziana fa una conversazione di alto livello e nello stesso tempo umana ed avvolge l’uditorio in un unico corale sentire. I soci erano estasiati, nessuno si alzò per allontanarsi, anzi, alla fine non volevano più andare via abbracciati dalle parole di Tiziana. Eppure erano state, le sue, parole forti, complesse. L’argomento era il dolore. Come affrontare il dolore con la nostra fragilità. Non esiste un guardare in faccia il dolore. Ora solo rimozione si attua, ci dice Tiziana, raccontando di una scuola sempre più impreparata alle debolezze viventi nei banchi, raccontando di mamme che non domandano ai figli eppure fanno mille messaggi. Si rimuove l’incontro con il dolore, con le fratture, con le separazioni, con le ferite e si lascia che sia il tempo a lenire. Il tempo non lenisce niente, incancrenisce e nel darci questo avvertimento racconta ancora come abbia lei affrontato il dolore, come sia nato da un dolore grande un libro

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“ Ciao, Caterina” come abbia lei ripercorso sulla soglia la casa appena lasciata dal papà di Caterina, la loro bimba di cinque anni. Nell’impatto con le difficoltà la svolta. Sembra il suo di stasera la continuazione di altro bellissimo momento successo sabato sera con Vittoria De Marco Veneziano, una altra grande testimonianza di svolta. Nel fare della nostra vita materia commista agli studi amati anche le discipline che poi si insegnano vivono e la scuola non è più solo test e codici.

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La farfalla che appare nelle mani di Tiziana, gioco di movimento, ricorda il titolo del libro di Vittoria de Marco Veneziano “ La Farfalla dalle ali spezzate” Nel grande desiderio di rivedere entrambe a Lamezia, nel ringraziarle speriamo di applaudire il monologo, portato sulle scene da Marco Paoli, attore e regista, che si è innamorato del testo “ Ciao, Caterina” io qui, nel mio intervento alla fine ricordo la responsabilità delle nostre azioni di fronte a gioia e dolore in qualsiasi luogo noi ci troveremo. Essere abili alla risposta, qualsiasi sia la domanda che la sorte oppure i nostri simili ci faranno

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Il San Francesco D’Assisi di Francesco Cozza

dal Museo Diocesano lametino a Pechino e New York Partirà alla volta del Today Art Museum of Beijing di Pechino e del Brooklyn Museum di New York la tela del “San Francesco d’Assisi” di Francesco Cozza esposta all’interno del Museo Diocesano di Lamezia Terme. L’opera, risalente al XVII secolo, è stata richiesta al Museo della Diocesi lametina dall’associazione culturale “Oltre Confine”, nell’ambito del tour internazionale inerente il maestro Mattia Preti e il ‘600 italiano che prevede ad oggi due date: a Pechino tra novembre e dicembre 2016, a New York da settembre a ottobre 2017. A darne notizia, il direttore del Museo Diocesano di Lamezia Terme Paolo Emanuele, nel corso di una conferenza sull’iconografia dei Santi Pietro e Paolo, Patroni della Diocesi e della città di Lamezia Terme, tenutasi nella serata di ieri presso il salone del seminario vescovile: un’ occasione di approfondimento e confronto a più voci sull’arte sacra e sulle modalità per promuovere l’immenso patrimonio artistico e culturale custodito all’interno del Museo Diocesano. E’ stato lo stesso direttore del Museo Diocesano a sottolineare l’esigenza di “un modo innovativo per la promozione e la fruizione dei beni culturali nella nostra città. Non basta pagare un biglietto e fare visita a un museo, uscendo subito dopo – ha asserito il direttore Emanuele – ma occorre mettere in rete i musei e le ricchezze artistiche presenti sul nostro territorio. Lamezia si presta molto bene alla realizzazione di un “museo diffuso”, come ci ha sollecitati il direttore dei Musei Vaticani Paolucci visitando il nostro museo l’anno scorso: penso, ad esempio, a una “rete” tra il museo diocesano, le Chiesa di grande valore artistico come la Chiesa di San Domenico, i Palazzi Blasco e Panariti”. Per Paolo Emanuele “chi entra nel Museo Diocesano, deve uscirne conoscendo qualcosa in più della città, cogliendo la profondità del messaggio dell’arte sacra per tutte le persone, di qualsiasi fede e anche per chi non crede. Proponendoci di intensificare la promozione del nostro Museo Diocesano, la Chiesa lametina si inserisce nel percorso tracciato dalla Chiesa Italiana a Firenze: accogliamo anche noi l’invito a riscoprire l’arte come esperienza di nuovo umanesimo e come occasione per annunciare la bellezza del Cristianesimo alle donne e agli uomini del nostro tempo”. Un ricco excursus sull’ iconografia dei Santi Pietro e Paolo, nei diversi periodi storici e nelle diverse rappresentazioni, è stato offerto dallo storico dell’arte Mario Panarello che si è soffermato su diversi particolari che hanno caratterizzato il rapporto di Lamezia con la Cattedrale e i Santi Patroni. Tre diverse cattedrali (normanna, bizantina e barocca) sono sorte sul territorio dell’allora Diocesi di Nicastro e la prima fu consacrata direttamente dal Papa Callisto II, che dimorò 15 giorni a Nicastro, impegnato nella difficile opera diplomatica per riappacificare Ruggero D’Altavilla

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e Guglielmo II. Se per molto tempo la Cattedrale di Nicastro fu situata dove oggi sorge l’Istituto “Maggiore Raffaele Perri”, fu il Vescovo Perrone, dopo il terremoto del 1638, ad avviare i lavori per la costruzione della Cattedrale nel punto della città dove si trova oggi. “Tutti i vescovi che si sono succeduti nei secoli nella nostra Diocesi – ha spiegato Panarello - hanno voluto apportare modifiche alla struttura del Duomo, fino al Vescovo Giambro che incaricò la realizzazione della cupola e della facciata, quest’ ultima progettata dal serrese Giovanni Scrivo tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900”. Per quanto riguarda il legame tra la Cattedrale e i Santi Patroni, lo studioso si è soffermato sui due busti dei Santi Pietro e Paolo presenti in Cattedrale e portati in processione ogni anno, la cui realizzazione fu commissionata dal Vescovo Pellegrini. Si tratta di due opere di grande valore artistico che, oltre a riproporre i tipici attributi iconografici dei due Santi Apostoli come la chiave di San Pietro e la spada di San Paolo, presenta un plastico della città sorretto da un angelo sotto il braccio di San Pietro. Focus dello storico Panarello anche sui due busti di marmo dei Santi Patroni presenti sulla facciata della Cattedrale e sulle caratteristiche architettoniche del Duomo lametino che richiama le peculiarità degli edifici romanici, come ad esempio il gioco dei cassettoni delle cupole che rimanda all’abside del Tempio di Venere a Roma. “L’arte sacra è da sempre il Vangelo dei poveri, è attraverso l’immagine che per secoli la Chiesa ha annunciato la Buona Notizia ai più umili e semplici – ha affermato il Vescovo Luigi Cantafora invitando a guardare alle figure dei Santi Pietro e Paolo come “modelli da seguire, in particolare per noi lametini che li riconosciamo come Patroni. Nei tratti che caratterizzano la loro iconografia, cogliamo quella che è stata la loro vita, la loro testimonianza di Cristo e del Vangelo fino al martirio. Li contempliamo mentre sostengono l’unica Chiesa che contribuirono ad edificare, nelle differenze di stili e di caratteri tra di loro e al tempo stesso nella comunione dell’unica fede, immagine di una Chiesa sempre plurale che si nutre di diversità. Da loro anche noi lametini possiamo imparare il dono della sinfonia, della condivisione degli intenti, del rispetto delle differenze, della comunione nella diversità”. Il Vescovo, insieme alle docenti Licia Di Salvo e Michela Cimmino, ha consegnato gli attestati alle 10 studentesse del Liceo Campanella di Lamezia Terme che hanno seguito il corso di iconografia sacra tenuto al Museo Diocesano dal direttore Paolo Emanuele, nell’ambito del progetto “Che santo è?”. Ha concluso la serata, la visita guidata al Museo Diocesano coordinata dal direttore Paolo Emanuele.

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“Parlare di cinema a scuola è un compito assolutamente fondamentale nella società italiana di oggi.”. (Roberto Bassano, Amministratore Delegato Microcinema, ) Quando si parla di cinema e di ragazzi pensiamo immediatamente a una funzione didattica. Per Derrida il cinema rievoca fantasmi, nel senso che è in grado di materializzare nelle nostre coscienze qualcosa che di base esiste già. L’emozione del cinema è così potente che può essere utilizzata per far passare qualunque tipo di messaggio. Il compito degli artisti e dei cineasti, e degli operatori didattici, è quello di riportare l’emozione in un ambito che comprenda anche il pensiero e la cultura. Si è ottenuto un grande risultato, con l’introduzione della parola “cinema” nel decreto La buona scuola, ma ovviamente siamo arrivati in ritardo, dato che il cinema è già diventato una cosa nuova e diversa rispetto alla forma d’arte che conoscevamo tempo fa. Oggi più che mai c’è un vuoto culturale per quanto riguarda il cinema nel campo dell’istruzione, e questo è il tema dei temi: non possiamo prescindere dalla formazione nel settore dell’audiovisivo. C’è una vera e propria emergenza didattica nei confronti dei nostri ragazzi che consumano quantità gigantesche di audiovisivo, ma non hanno affatto ricevuto una formazione adeguata per poter diventare dei fruitori consapevoli. Solo con un’adeguata istruzione specifica possiamo pensare che il cinema diventi finalmente un asse fondante della nostra società. I ragazzi non riescono più a concentrarsi su un unica esperienza: si vedono nei cinema che rispondono al cellulare mentre scorrono le immagini del film. Il tema dell’educazione è tanto più fondamentale in quanto non riguarda solo la formazione di un pubblico consapevole ma si lega a una miriade di temi antropologici e culturali sempre più attuali. Insegnare il cinema può aiutare a formare degli individui maturi e in grado di saper affermare la propria individualità a scapito di un desolante conformismo che invece sembra attanagliare le coscienze e i comportamenti dei ragazzi di oggi.

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È importante portare il cinema nelle scuole, ma lo è altrettanto portare le scuole al cinema: i ragazzi devono fruire dei film nella loro ambientazione naturale, non in aule scolastiche spesso malconce. È necessario instaurare un dialogo proficuo tra istituzioni scolastiche ed esercizio cinematografico. È fondamentale sapere che in tutti i paesi più importanti del mondo, dagli Stati Uniti alla Cina, si fanno investimenti massicci nel settore culturale e dell’audiovisivo. In Italia, con l’inserimento della parola “cinema” nella Gazzetta Ufficiale, è stato inserito un tassello prezioso in questo mosaico, ma c’è da fare di più. Non si può pretendere che ai ragazzi vengano somministrati dei film insostenibili quando sono adolescenti. Bisogna cominciare a fargli vedere da bambini dei meravigliosi film adatti alla loro età come Il re leone, A qualcuno piace caldo e Indiana Jones per poi continuare una formazione graduale, per arrivare pian piano ai grandi Maestri come Fellini, Kubrick, Bergman…. ll cinema però ha rappresentato per il XX secolo la principale modalità espressiva di tutti i movimenti culturali che in esso si sono sviluppati: è necessario, e fondamentale, che le nuove generazioni si confrontino con esso, e consequenzialmente che gli vengano forniti gli strumenti necessari per farlo. Sono ormai ben dodici anni che lavoro nell’ambito del cinema, e della critica cinematografica: ed è l’esperienza che mi fa capire quanto importante, anzi fondamentale sia, oggi, ripartire da zero per quanto riguarda l’educazione cinematografica. Oggi sono cambiate le modalità di fruizione dell’audiovisivo: non c’è più solo, come dieci, venti anni fa, la sala cinematografica con l’alternativa del piccolo schermo. Oggi la tv ha un ruolo praticamente inesistente nella veicolazione del cinema (è pressocchè impossibile trovare, in prima serata, programmato un film non dico “d’autore” perché è una definizione che non mi piace, ma quantomeno con un’idea di cinema dietro, un film che non

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sia una mera operazione commerciale), le piattaforme digitali da piccolo schermo hanno un target medio-alto (come età), il cinema occupa una piccolissima porzione del tempo dei ragazzi dai dieci ai venticinque anni, internet la fa da padrone, con tutto quello che ne consegueovvero monopolio dei social. È per questo che la generazione nata negli anni ’90, o ancora peggio, negli anni Zero, non ha praticamente nessuna conoscenza della storia del Cinema, dall’ABC più elementare fino alle opere più strutturate e complesse: provate a chiedere ad un ragazzo delle scuole superiori quanti film ha visto, nella sua vita, di Federico Fellini, Pierpaolo Pasolini, Dario Argento (tanto per citare tre dei registi italiani più citati, omaggiati e copiati al mondo). Se va bene, ne conosce fisionomia e nome: nella maggior parte dei casi, non saprà neanche chi sono. Quasi lo stesso discorso vale per i ragazzini più piccoli: conoscono poco e niente i grandi classici di Walt Disney, se li conoscono non sanno assolutamente che fiabe riconoscibilissime come Pinocchio, La Spada Nella Roccia, Biancaneve, sono nate sotto l’influsso della storia dell’arte, della letteratura, delle rivoluzioni culturali e sociali della loro epoca. Il risultato: una assoluta, desolante analfabetizzazione cinematografica e audiovisiva, una totale impreparazione all’audiovisivo, una disarmante mancanza di mezzi per decrittare i codici linguistici della Settima Arte. Tutte cose che dai decenni, ventenni di oggi si riverbereranno sugli adulti di domani. È un’emergenza culturale. È per questo che L’ora Di Cinema assume connotati essenziali, addirittura urgenti: dare l’opportunità a tutti i ragazzi e bambini in età scolare (dalle elementari alle medie fino alle superiori) di approcciarsi al mezzo cinematografico quantomeno per conoscerlo, per sapere che esiste tutto un mondo sconosciuto e bellissimo, dargli l’opportunità di toccare con mano, seppur in maniera necessariamente frettolosa, gli strumenti che potranno servire in futuro per riconoscere, usufruire, godere dell’opera.

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Per capire un quadro o un libro, per arricchirsi dell’arte del pittore o dello scrittore, occorre una preparazione scolastica: allo stesso modo, per capire (e soprattutto conoscere) un film è necessaria la Storia del Cinema. L’ora Di Cinema si propone di proiettare, in matinée organizzate ad hoc, i film più importanti e più belli a tutti i ragazzi: con preamboli e discussioni mirate all’età del pubblico per farli addentrare nella materia, nel film, nella mente e nell’arte del regista. Film lontani dalle classiche programmazioni scolastiche (pur bellissimi, ma inizialmente ostici e fin troppo “duri” e imposti) per far amare a tutti V PER VENDETTA (splendido pamphlet sul totalitarismo e sulle “maschere”, originato da un graphic novel capolavoro nato nel pieno dell’era Thatcher); E.T. (immortale capolavoro che parla col cuore ai cuori di ogni età, importante anche soprattutto per le innovazioni tecniche e stilistiche che ha apportato nei film di fantascienza), IO SPERIAMO CHE ME LA CAVO (film tratto da un best seller che esemplifica il complicato e laborioso processo di passaggio da un medium all’altro -libro/ schermo- e che svela la bellezza e la semplicità della commedia italiana), FANTOZZI (splendido capolavoro figlio del neorealismo e ponte con il cinema comico demenziale moderno, nato dal genio composto di Zavattini e Villaggio); e ancora, PULP FICTION, IL RAGAZZO INVISIBILE, WATCHMEN, IL SETTIMO SIGILLO, MATRIX… tutti film apparentemente di disimpegno, ma che nascondono sotto il vestito importanti messaggi, sottotesti culturali imponenti, essendo contemporaneamente delle pietre miliari, dei punti di svolta del cinema. Ultimo, ma non ultimo, quando possibile le discussioni dopo il film saranno animate dagli interventi telefonici degli autori dei film, personaggi cardine della scena culturale italiana (come Lina Wertmuller per IO SPERIAMO…). Per finire, è obbligatorio sottolineare quanto l’Amministrazione tutta abbia creduto fin dall’inizio nel progetto, sostenendolo in tutti i modi a lei possibili, e promuovendolo: e la cosa non va assolutamente sottovalutata. Perché oggi la cultura non va di moda: i comuni, le amministrazioni, gli enti pubblici in genere, in questi tempi di crisi, se devono tagliare rami secchi, tagliano ovviamente proprio sulla cultura. Non aiutando quel processo rigenerativo che è necessario oggi più che mai.

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Stagione Teatrale “Flebowsky, Storie di ordinaria corsia” a Lamezia Terme

Storie di ordinaria corsia di Fabrizio Blini ha ispirato la rappresentazione teatrale titolata “Flebowsky, Storie di ordinaria corsia” La vita dell’ammalato vista attraverso gli occhi di un “vero ammalato”. Di un uomo che si è visto costretto a vivere, una parte della sua vita, da “ricoverato”. Ed ecco che racconta, con sottile ironia, la vita che scorre nelle corsie dei vari ospedali, per i quali ha grande valore il famoso detto “Ogni mondo è paese”, perchè sia che si trovi al Nord che al Sud, che si trovi in America o in Africa (ovviamente in senso molto, molto, lato) i problemi sono sempre quelli: da una parte gli ammalati, con le loro fragilità, con le loro ipocondrie, con i loro malanni, con la loro solitudine, la paura dell’ignoto, della morte; dall’altra medici ed infermieri, oramai assuefatti al dolore, che forse, proprio per questo, non riescono a capire i bisogni delle persone che hanno davanti, che avranno tutti le stesse manie, ma non sono le stesse persone, quindi non sanno cosa è stato risposto ad altri ed allora rifanno la stessa

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domanda alla stessa persona, e si viene così a creare un circolo vizioso che, spesso, porta all’incomprensione, La soluzione? semplice: venirsi incontro, sorridere e sorridersi, e tutto diventerà più semplice, più vivibile, anche in un posto dove tutto “va al contrario”: la “camera ardente” è una sorta di cella frigorifera, le corsie ma non sono fatte per le corse, ai semafori ci si ferma con il rosso ma, al pronto soccorso, si passa solo con il bollino rosso. Magistrale l’interpretazione di Nicola Pistoia, che, pur essendo stato ospite con un altro suo lavoro, della nostra cittadina, non aveva avuto l’opportunità di calcare il palcoscenico del nostro bellissimo Teatro Grandinetti d è rimasto particolarmente coplito sia dal teatro che dal calore del pubblico. Parimenti bravi Ketty Roselli ed Armando Puccio, che interpretando, alternativamente, le varie figure che attraversano le corsie ospedaliere, medici, ammalati, visitatori, infermieri, hanno suscitato ilarità e scroscianti applausi.

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Stagione Teatrale “Il Dieci di ogni mese” Cabaret Fatto in casa a Lamezia Terme Partendo da questo sottotitolo, “cabaret fatto in casa”, si è dipanata la storia del “dieci di ogni mese”. Una letto, un cucinino, un salotto, una casa appunto, si è aperto su questa scena il palcoscenico del teatro Grandinetti e da lì un susseguirsi di scenette, di gags, di situazioni tragicomiche che hanno fatto ridere di vero cuore il pubblico presente. Chicco Paglionico, reduce dal successo di Zelig, Andrea Monetti e Francesco D’Antonio di Zelig Off e Komicamente, un trio fenomenale che, in chiave ironica, ha portato sul paolcoscenico, quel che accade, in genere, a tre amici che condividono la stessa casa. I

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problemi diventano “comuni”, per cui ognuno partecipa alla vita dell’altro, dell’amico che lavora all’Ikea ed ogni sera, al rientro, racconta, esasperato, lo svolgersi della sua giornata con clienti che fanno sempre, invariabilmente, le stesse domande, oppure dell’amico che, cerca l’amore on-line e poi, invariabilmente, prende la fregatura, tornando a casa con le pive nel sacco, perchè la ragazza bellissima si è poi rivelata una buggerata ed anche dell’amico che, non avendo lavoro, rimane in casa a preoccuparsi del bilancio e dei problemi di condominio e, quando arriva il 10 di ogni mese ...

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Stagione Teatrale Vecchia sarai tu! a Lamezia Terme

Potrebbe sembrare, il solito spettacolo alla ricerca della facile emozione su un argomento trito e ritrito: i vecchi e gli ospizi. Basta poco però per ricredersi, il ritmo che incalza, la vecchia che diventa una donna di mezza età con le sue fragilità e poi ancora una giovane ragazza alla ricerca della propria identità in un mondo che pare avere omologato tutto e tutti. Che dire? Uno spettacolo che potrebbe definirsi poesia, con il lieto fine di cui tutti abbiamo bisogno, ed alla fine il sipario si chiude con: -la donna anziana che, costretta suo malgrado in un “ospizio-lager” dove gli “ospiti” sono legati al letto o costretti alla sedia a rotelle, alla fine convolerà a giuste nozze; -la nuora di mezza età che, nonostante le sue fissazioni sulla bellezza, sul cercare di apparire più giovane di quello che è, nonostante giustifichi l’aver messo la suocera nell’ospizio con scuse banali (ma poi non tanto, visto che il primo a disinteressarsi della madre è proprio il figlio), poi raccomanda alla figlia di andare a trovare quella nonna che ha fatto molto per lei;

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-la giovane ragazza che non ha tempo per niente e per nessuno, in un mondo che scorre troppo velocemente, alla fine si commuove leggendo la lettera che l’eterno innamorato ha mandato alla nonna e si riscatta, andando a prenderla per riportarla nella sua casa e permetterle di sposarsi. E concludiamo con qualche considerazione su Antonella Questa, definirla bravissima non le rende onore: un palcoscenico, una sedia, un quadrato di stoffa, questi i protagonisti della pièce teatrale, oltre a lei, naturalmente, niente altro, eppure lei, Antonella Questa, ha saputo “trasformarsi” da vecchia a donna di mezza età a ragazza, senza dover cambiare trucco, abito, parrucca, solo con la postura del corpo, solo con l’espressione del viso, solo utilizzando il magico pezzo di stoffa che diventava ora scialle, ora stola, ora foulard. “Animale da Palcoscenico”, questo termine, oramai abusato, mi sembra il più giusto per lei. Quindi Grazie ad Antonella Questa per questa “satira poetica” dei tempi nostri e grazie ai Vacantusi per averla portata a Lamezia Terme.

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Il linguaggio del

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per il riscatto dell’arte

e la formazione dell’uomo Il progetto di costituzione dell’ associazione “Movieland Productions” ha avuto due momenti propiziatori di grande interesse sorti grazie all’intuizione del regista e sceneggiatore lametino Domenico Isabella, dell’attore di origine Calabrese Pino Torcasio e del tecnico operatore Tommaso Floro Candido: il primo momento coincide con la scoperta, attraverso la produzione di tre video-poesie, del mondo descritto nei suoi versi dal poeta Franco Costabile, che segna in modo indelebile gli stati d’animo di quella parte del popolo calabrese senza voce e senza speranza, in cui l’occhio della macchina da presa ha testimoniato, raccontandolo, il travaglio di una terra simbolo dell’abbandono; il secondo momento matura nel corso della lavorazione del cortometraggio dal titolo: “E se un giorno tutto cambiasse...” Un cortometraggio che, nel solco della tradizione del “cinema sociale”, ha voluto ripercorrere, in estrema sintesi, il dramma dell’alcolismo . Ma al di là del tema oggetto del cortometraggio, è maturata in loro la consapevolezza che ogni sensibilità, capace di produrre occasioni di incontro, debba proporsi in modo sistematico e non occasionale, per dare un senso alla vita in una fase delicata della storia del nostro tempo. L’ Associazione, infatti, in ragione di questa tensione educativa e culturale dei soci fondatori, ha previsto, tra le sue finalità principali, la formazione di giovani, attraverso l’organizzazione di corsi specifici di recitazione cinematografica e di dizione, dando, in tal modo, voce ad un mondo sommerso di artisti, e non solo, che, puntando sulla disponibilità a comunicare anche con il linguaggio dell’arte, potesse concorrere ad abbattere il muro che separa la Calabria e il Sud dalla valorizzazione delle sue risorse e dal riscatto dei cittadini dal silenzio e dalla rassegnazione. Il primo corso di formazione, ancora in fase di svolgimento,

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basato sull’acquisizione di abilità recitative è condotto da Barbara Pasqua, una splendida professionista del settore, che è riuscita, per le modalità di conduzione e le strategie didattiche innovative, a creare motivazioni al lavoro comune e alla costante interazione artistica e comunicazionale tra i corsisti. Una vera e propria edificazione, attraverso lo strumento della creatività e dell’arte filmica, di un ponte tra la solitudine e la comunione civile, in cui gli stili di insegnamento sono rivolti al consolidamento del livello di autostima e al rigetto di ogni forma di relazione asimmetrica tra chi insegna e chi impara, che sovente ha arrecato, e continua ad arrecare, danni inestimabili ai discenti della scuola unidirezionale e autoritaria. Dal 7 febbraio partirà il corso di “dizione”, che, al di à del carattere tecnico del percorso formativo condotto da Tania Romeo, esperta di tecniche linguistiche ed abile professionista del cinema e del teatro, confermerà l’approccio mite ai contenuti di apprendimento e alle modalità di acquisizione delle abilità espressive. C’è una ragione particolare che motiva un impegno così importante: la perdita progressiva, nella società odierna, dell’uso della parola e, di contro, l’opportunità di rinvigorirne il valore comunicativo, coniugandola con l’immagine, in uno sforzo di rappresentazione del vissuto con la mediazione dell’arte. L’esperienza, che si protrarrà fino a maggio 2016, contribuirà alla crescita artistica dei singoli corsisti rendendoli costruttori attivi di un’ipotesi di lavoro che non si esaurirà con i corsi in fase di svolgimento e di imminente attivazione, ma sarà propedeutica ad un’esperienza più complessiva di formazione integrale della persona.

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“Il dissesto idrogeologico è causa di un impoverimento di risorse e di rischi per le popolazioni.

Intervenire per ridurlo è opera di grande valore sociale” Il Presidente della Repubblica Mattarella, nel suo breve intervento nella sede della Regione Calabria, agli amministratatori locali e parlamentari presenti ha detto che: “Il dissesto idrogeologico è causa di un impoverimento di risorse e di rischi per le popolazioni. Intervenire per ridurlo è opera di grande valore sociale. Da questo impegno può nascere lavoro e i benefici ricadranno su ogni comparto della vita sociale.” Va evidenziato che la dissennata politica di cementificazione dei decenni passati ha favorito il dissesto idrogeologico causando impoverimento delle preziose risorse (acqua potabile e termale, suoli, coste, giacimenti minerari, ecc) e la crescita dei rischi geologici per le popolazioni. La cementificazione e sottrazione di suoli è stata estesa anche nelle aree sottoposte al Vincolo Idrogeologico, con tagli di versanti e restringimento degli alvei dei corsi d’acqua. Sulla rilevanza della cementificazione nella regione va considerato che la superficie urbanizzata nel 1957 era complessivamente pari a 86.894.200 metri quadrati. In poco più di quaranta anni si sono urbanizzati ben 412.453.200 metri quadrati. Più di 5 volte di quanto ereditato dai millenni precedenti. E nel 2006 la superficie urbanizzata era arrivata a 499.347.400 metri quadrati. Sui 716 Km di costa della regione sono stati urbanizzati 12 chilometri di superfici dunari. Sulle dimensioni della sottrazione di suolo per scopi edilizi a Lamezia Terme sono indicativi i dati sul fenomeno dell’abusivismo che emergono dalle statistiche degli ultimi tre condoni edilizi. Dati definiti sorprendenti negli stessi elaborati del PSC redatti per conto del comune di Lamezia Terme. E, nei quali, tra l’altro, si legge: “I tre condoni, quello introdotto dalla Legge 47 del 1985, quello del 1994 e quello più recente del 2004, segnalano in modo chiaro la rilevanza del fenomeno. Nel complesso le pratiche amministrative conseguenti alle domande di condono, accolte ai sensi di legge in misura pari a oltre il 90% del totale, si attestano su una soglia di circa 17.000 unità, per una superficie utile complessiva non lontana dalla misura cospicua dei 2,2 milioni di mq, che salgono dunque verso i 2,4-2,5 milioni di mq, considerando anche le domande non accolte. Anche nel caso drammatico dell’abusivismo edilizio, si è trattato pur sempre della mobilitazione di risorse di mercato investite nei processi della produzione insediativa, a testimonianza

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di una forte vitalità se non di prolungati dinamismi dell’economia locale, e insieme di cospicue capacità di accumulazione e di tenuta del risparmio privato delle famiglie.”

Geologo del Consiglio Nazionale Associazione Amici della Terra

Rilevantissimi anche gli effetti prodotti delle opere pubbliche e,o con finanziamenti pubblici realizzati in tutta la regione Calabria su aree instabili e terreni soggetti a fenomeni di liquefazione. In proposito, tra l’altro, va ricordato che in una relazione del Procuratore Regionale della Corte dei Conti, per l’inaugurazione di anno giudiziario Calabria del passato, si legge: “ Un fenomeno gravissimo di danno erariale su cui l’ufficio svolge attività istruttoria riguarda le opere pubbliche progettate e non realizzate, realizzate parzialmente, realizzate non utilizzate e di cui il filone relativo ai depuratori costituisce una fattispecie particolare.” …“Si va dalle dighe agli ospedali, ai villaggi, ricostruiti a distanza di ventisei anni dalle alluvioni che li danneggiarono gravemente, di Nardodipace, Cardinale e Centrache, relativamente ai quali l’attività istruttoria si è conclusa e l’ufficio sta valutando i risultati, al fine dell’eventuale emissione di inviti a dedurre nei confronti di ipotetici responsabili di danno erariale, mentre sono ancora in corso gli accertamenti per altri comuni danneggiati dall’alluvione del 1973.” Sono da ricordare i dati sulle aree a rischio frane e alluvioni riportati in formato cartaceo e digitale e disponibili in ognuno dei 409 comuni della regione. Si pensi, ad esempio alle mappe della “Valutazione delle Piene in Calabria” dell’Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica di Cosenza e del Gruppo Nazionale per la Difesa delle Catastrofi Idrogeologiche. E ai dati riportati nelle relazioni e nelle tremila Carte del Piano Stralcio per L’Assetto Idrogeologico della Regione Calabria del 2001. In particolare, è da ricordare che nelle carte del PAI sono state individuate e delimitate ottomila frane e centinaia di punti e chilometri quadrati di attenzione per il rischio idraulico. E, non può essere ignorato che circa la metà delle 5.581 aree a rischio frana individuate, nelle Carte del PAI, risultavano a rischio elevato R3 e molto elevato

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e costruito con criteri di resistenza sismica e sicurezza inferiori a quelli attualmente ritenuti necessari.

R4 dove esiste cioè la possibilità di perdita di vite umane. Sulla rilevanza e gravità dei rischi ai quali sono esposti le popolazioni e il territorio calabrese non si può continuare a fare come gli struzzi e ignorare le recenti parole del Presidente della Repubblica e le preoccupazioni espresse e dai massimi responsabili istituzionali. In proposito va considerato che nella veste di capo della Protezione Civile nazionale, il prefetto Gabrielli ha dichiarato di aver gli incubi al pensiero dei danni del terremoto in Calabria. E che il primo Responsabile della Missione contro il dissesto idrogeologico “Italia Sicura” del Presidente del consiglio dei ministri, Erasmo D’Angelis ha detto di non dormire la notte al pensiero del rischio alluvione in Calabria dove i fiumi sono “bombe ad orologeria”. Riguardo il rischio sismico la Calabria, oltre a possedere il patrimonio edilizio più degradato d’Italia, è la regione a più elevata sismicità e l’unica regione d’Italia con tutti i territori comunali compresi in zona sismica di prima e seconda categoria. E che tra i 261 comuni classificati di prima categoria e più elevata pericolosità sono compresi quattro capoluoghi di provincia e il territorio di Lamezia Terme con più di 70.000 abitanti. Così come si trascura il fatto che i territori di 114 dei degli stessi comuni a più elevata pericolosità, compreso Lamezia Terme, solo da pochi anni e, comunque, dopo la costruzione di gran parte del patrimonio edilizio esistente, sono stati classificati a più elevata pericolosità. E, quindi, che lo stesso patrimonio edilizio non abusivo e realizzato nel rispetto delle norme vigenti, è stato progettato

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E, in merito al lavoro che può nascere dagli interventi per la riduzione del dissesto idrogeologico, come sottolineato dal Presidente Mattarella, sono da richiamare alcuni dati, riportati nel volume “Il Caso Calabria – quale progetto di alternativa al degrado?” edito da Gangemi. I dati si riferiscono agli spazi di occupazione, di reddito e di risorse che si possono aprire con l’attuazione di una seria politica di difesa del suolo. Il dato si riferisce alle previsioni occupazionali relative alla realizzazione, di un Piano di Intervento Pubblico su un bacino idrografico di 193mila ettari e comprendente interventi di: sistemazione dei corsi d’acqua; consolidamento delle pendici; opere di approvvigionamento idrico a scopo potabile e per uso irriguo; opere stradali; miglioramento dei pascoli; opere per energia elettrica. Questi interventi, anche se essenzialmente di tipo conservativo e riferiti ad una situazione di bacino grosso modo assimilabile alla fascia centrale della Calabria compresa tra il Savuto e l’Amato, consentirebbero Un’occupazione di 8,9 giornate per ettaro. Questi stessi dati riportati al 50% del suolo collinare e montano dell’intero Paese, e cioè a 4 milioni e mezzo di ettari, danno una potenzialità di oltre 40 milioni di giornate lavorative; giornate di lavoro che andrebbero, tra l’altro, a vantaggio proprio delle zone interne dove, com’è noto, più drammatica risulta la crisi occupazionale. La convenienza, oltre che sociale, è anche economica; alcuni Piani di Assetto Territoriale approvati dal F.I.O. nel secolo scorso, dimostrano, infatti, che gli interventi sul territorio comportano tassi di rendimento annuo che arrivano fino al 30% e non solo come mancato danno, ma anche come valore aggiunto creato, sia in termini di occupazione che per l’attività delle imprese, per periodi di 15 o 20 anni. Come si vede la valutazione dei benefici apportati dagli interventi di riassetto idrogeologico non può essere quantificata soltanto con i costi della ricostruzione delle opere danneggiate o distrutte dagli eventi catastrofici, ma deve essere determinata sulla base degli effetti che derivano dal più razionale uso del territorio e dal relativo incremento dell’occupazione, della produttività e quindi anche della qualità della vita.

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Chi di voi sa dirmi cosa sia un grammelot? Secondo il Premio Nobel Dario Fo, un grammelot è: “Un gioco onomatopeico, articolato arbitrariamente, ma che è in grado di trasmettere, con l’apporto di gesti, ritmi e sonorità particolari, un intero discorso apparentemente compiuto. In questa chiave è possibile improvvisare, o meglio, articolare grammelot di tutti i tipi, riferiti a strutture lessicali le più diverse”. L’etimologia di grammelot è un miscuglio fra le voci francofone grammaire, mêler, argot o, più semplicemente, potrebbe derivare dal verbo, sempre francese, grommeler (bofonchiare, borbottare indistintamente). In teatro, gli attori usano questo esercizio fonetico per scioglierela lingua e pronunciare meglio le parole delle loro parti di scena. Fra i nostri attori-autori, oltre a Dario Fo, è stato sempre Gigi Proietti, il promotore assoluto dei grammelot, utilizzati con ironia e anche per fare divertire il pubblico, svewlando qualche segreto che gli attori usano dietro le quinte. Ed è proprio di Gigi Proietti che, stavolta, vogliamo parlare. Egli, nel suo simpaticissimo libro: DECAMERINO, (già divertente parodia del più famoso DECAMERONE del grande Giovanni Boccaccio), a pag. 105, fa un divertentissimo esempio di grammelot: “Mi sciolgo la lingua con un grammelot, poi ripeto tre volte PIETRO POTRA’ PROTEGGERLA. Provateci anche voi. E’ molto più difficile di TIGRE CONTRO TIGRE.” L’esercizio, una volta eseguito, diventa divertentissimo e dà enormemente la dimensione del teatro, ma anche della vita: cose senza senso che acquistano un senso e tanto senso comune che perde senso... Tutto il libro, in effetti, si articola su questo: sulla curiosità che instilla nel lettore, pagina dopo pagina. Una sorta di narrazione nella narrazione, di teatro nel teatro. DECAMERINO, in perfetta sintonia con lo stile del grande Maestro Proietti, è un racconto non apologetico del teatro. E’ un narrare e narrarsi con ironia, mai misconoscendo il grande significato del Teatro, ma senza dargli un’importanza maggiore di quella che ha. Senza sminuire e senza

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esaltare il palcoscenico, DECAMERINO è una sorta di novella che si autonarra. Il sottotitolo scelto da Proietti è “NOVELLE DIETRO LE QUINTE” e, all’inizio, ci si aspetta che lui, come di solito fa, racconti aneddoti, episodi, macchiette. In effetti, tale sembra, in apparenza: una raccolta di quadretti scenici. Ma in essi non c’è più soltanto il bisogno di raccontare e raccontarsi, ma anche quello di aprirsi al mondo. Le quinte del teatro si spalancano, narrano di storie, personaggi, poesie. Troviamo versi: ironici, seri, accorati, scherzosi. Troviamo riferimenti molto colti alle opere teatrali e ai grandi autori della scena. Troviamo, non solo i personaggi che animano il tutto quando si apre il sipario, ma anche quelli che si muovono come ombre dietro le quinte. Molte volte Gigi Proietti è stato definito popolare, per il suo modo di avvicinare il pubblico e la sua carica naturale e la sua capacità di improvvisazione. Ma in questo volume, dietro la facile lettura posta dal grande attore con simpatia, si celano riferimenti coltissimi e spregiudicati. Il personaggio protagonista, tale Giubbileo, con due B, alla maniera romanesca, fa l’occhiolino a Jack Kerouac, Gregory Corso, per esaltare la strada come percorso, via, cammino, imprescindibili, per un’esistenza che si rispetti... I riferimenti a Shakespeare sono ironici, ma fanno capolino spesso e i versi, a metaà fra il dialetto e la lingua italiana, non sono affatto popolareschi... Proietti, che di solito non perde mai l’occasione di scrivere, questa volta ha lavorato ad un piccolo capolavoro. DECAMERINO è un testo in prosa, ma anche poesia e teatro nel teatro, mescolando tutti i generi letterari. Ed è, a parer mio, il compendio di tutto ciò che fa, di Proietti, un uomo e un artista completo. Non si legge d’un fiato, nonostante la narrazione incalzante: è bello da meditare, da gustare e approfondire ogni riferimento, ma è proprio questa la bellezza di quest’opera. Leggerla, oltre che un piacere e un divertiumento, risulterà un’esperienza. Che risulterà indimenticabile. Buona lettura.

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Lamezia e non solo


Singolo del lametino

Marco Santoro dedicato agli otto ciclisti

E’ stato dedicato agli otto ciclisti lametini il singolo di Marco Santoro, nato e vissuto a Lamezia e cresciuto artisticamente a Bologn,a che è uscito il 27 gennaio in anteprima su Fanpage.it, che anticipa il primo Ep dell’artista lametino dal titolo “La piccola bottega di Khaoloud”, in uscita nella prossima primavera. Il dolore della tragedia di quella mattina del 5 dicembre 2010 e la ferità dell’assenza si contrappongono nella parole e nella musica di Santoro all’amore, alla passione per la bici, alla voglia di andare avanti, alla speranza. Ed è così che il ciclista, mentre percorre l’ultimo tratto di strada fino al traguardo, gli ultimi attimi di una vita che da lì a poco sarà falciata senza pietà, con le sue parole consola e dona speranza agli altri. Parole che sono preghiera e meditazione sul valore della vita, sull’amore che tutto guarisce, sulla speranza che rinasce sempre oltre il buio del dolore e della morte. “Un addio prematuro narrato in una canzone che vuole essere delicata, dolce e dolente, una preghiera di speranza raccontata da colui che ha avvicinato il naso alla conchiglia e ha subìto il profumo del mare, per poi depositarla fra le onde perché si confondesse con esso”, così Marco Santoro descrive il suo primo singolo, che nasce da una profonda riflessione sul dolore che ha stravolto quella mattina di dicembre la vita di tante famiglie lametine e un’intera città, chiamata a interrogarsi sul senso della vita per ritrovare insieme, oltre la sofferenza e la rabbia, le ragioni della speranza. Un arrangiamento gentile di pianoforte e archi, con un cameo al Theremin di Vincenzo Vasi che ha ricreato nell’esecuzione le voci degli angeli. La regia del video, che sarà visibile in anteprima su fanpage.it il prossimo 27 gennaio e dal giorno successivo su YouTube, è di Lyda Patitucci e la produzione esecutiva di Salvatore Santoro

Lamezia e non solo

CANTAFORA Vicini a chi è colpito dalla malavita LA MAFIA È SCOMUNICATA

“In questi giorni sembra che sia ripresa la spirale della violenza in città. Siamo vicini a chiunque è colpito dalla malavita. A costoro, ricordiamo che la mafia è scomunicata. Verrà il Giudizio di Dio e avrà misericordia solo per chi avrà seminato opere di pace”. Lo ha detto il Vescovo di Lamezia Terme Luigi Cantafora celebrando in Cattedrale il Giubileo dei Missionari della Misericordia. Accogliendo in Cattedrale i 500 missionari delle parrocchie della Diocesi lametina che hanno varcato la Porta Santa, il Vescovo ha meditato come “per raggiungere questa Chiesa, voi avete camminato sulle strade di Lamezia. I vostri passi erano passi di penitenti in cerca di misericordia e grazia. Ma altri uomini camminano sulle nostre strade e non cercano misericordia, cercano violenza, seminano odio e vendetta. Non sono tanti, ma vogliono fare rumore”. I missionari della Misericordia saranno protagonisti nel tempo di Quaresima delle Missioni della Misericordia, nelle quali incontreranno le famiglie delle comunità parrocchiali per annunciare e testimoniare la Buona Notizia della Misericordia del Padre, dell’Amore di Dio che salva e guarisce ogni uomo.

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La donna Misteriosa Il fiume scorreva lento, le canne tagliate lungo i margini, avevano creato un letto vagante alle anatre multicolorche di solito sguazzavano nell’ acqua. L’ autunno aveva coperto di giallo gli alberi che facevano di sentinelle al luogo reso misterioso dalla nebbia che rendeva ogni cosa quasi irreale. Alla distanza da qualche metro dal fiume, esisteva una piccola casa,metà diroccata, con i muri di pietra,un portoncino di legno che stava in piedi a malapena, una piccola finestra con una inferriata arrugginita, e in alto, un terrazzo piccolo anch’esso, ma bellissimo. Un rampicante l’ aveva quasi sepolto e i colori d’ autunno davano al luogo un qualchè di caldo, di dolcemente addormentato, di misterioso, di magico. La gente che passava non degnava d’uno sguardo la casa.Era lli da tanto tempo...da quando, nessuno lo sapeva. Tutti credevano che la casa fosse disabitata,invece di notte si sentivano strani rumori. I più vecchi sapevano che li dentro viveva una presenza strana: -Una donna vecchia, vecchia, vecchia ,vecchia e vecchia che non usciva mai da casa, per cui nessuno l’aveva mai vista. Altri invece dicevano che non era del tutto vecchia e nemmeno brutta... Una volta, uno straniero, aggirandosi attorno alla casa aveva spiato dentro da un buco che si trovava nel muro e aveva visto qualcosa di stupendo: -Una donna bellissima, alta, bionda, con i capelli ricci che le coprivano le spalle, gli occhi d’acqua marina, una bocca morbida e fresca come un frutto appena colto Pettinava i suoi capelli distrattamente, con fare lento e languido, come se aspettasse qualcuno Ma appena la donna si sentì osservata divenne vecchia e brutta come una strega. L’uomo spaventato scappò via e non si avvicinò più a quella casa E.... i giorni passarono, le lune si alternarono, venne il gelo, colpì il suo cuore che diventò di ghiaccio. Teneva questo cuore in uno scrigno d’argento, al buio.Nessuno poteva vederlo, nessuno toccarlo.A volte il cuore, da solo, sollevava il coperchio per ascoltare il canto degli uccelli, ma una forza misteriosa lo richiudeva subito e nemmeno una nota\riusciva ad attraversare il metallo, per cui il povero cuore rimaneva muto e triste. Una notte però avvenne un miracolo, il coperchio dello scrigno rimase aperto e il cuore fu pervaso dal dolce canto degli uccelli. Repentinamente smise i suoi abiti logori e vecchi, indossò un bellissimo vestito azzurro, pettinò i suoi lunghi capelli biondi e scappò in giardino per unirsi al loro canto. E... miracolo della natura:-I petali dei fiori che erano sugli alberi, ad uno ad uno si posarono sulle sue vesti e divennero diamanti al luccichio delle stelle. La donna sembrava impazzita dalla gioia, si mise a correre sull’erba, si arrampicò sugli alberi, adornò i suoi capelli di bacche e foglie e si mise a danzare. Danzò tanto da non accorgersi che l’alba era già spuntata, allora rientrò velocemente in casa, si guardò allo specchio e ahimè, si rivide nuovamente butta e vecchia. Ahimè, non si sa per quale misterioso prodigio la sua giovinezza si alternava alla sua vecchiaia, nè si seppe mai se quel misterioso viandante che aveva spiato nella sua casa fosse stato il suo principe azzurro, perchè lei non ne parlò con nessuno. Una sera danzando, un raggio luminoso si posò sul suo cuore che spa-

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ventato si rintanò di nuovo nello scrigno per non uscirne mai più. Le sere passarono una dietro l’altra piene di malinconia e di tristezza. Una notte mentre si trovava in giardino per la sua soita passeggiata, sentì una voce uscire dal tronco di un albero: Vieni , vieni, resta con me, danzeremo insieme e saremo felici! Si girò intorno e non vide nessuno. Allora spaventata rientrò in casa e il suo cuore restò rinchiuso nello scrigno d’ argento, perchè ancora una volta non era riuscita a riconoscere la voce misteriosa. Così, lei, è ancora la’, ad aspettare qualcuno o qualcosa che non arriverà mai... Aspetta nella piccola casa accanto al fiume, senza un sorriso, senza una lacrima.

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Lamezia e non solo


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