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Lamezia e non solo

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Premio Nazionale Letterario “Dario Galli” 2a Edizione Scadenza iscrizione: 31 luglio2020

Dopo il successo della 1a edizione torna il Premio Nazionale Letterario “Dario Galli, 2a edizione 2020, promosso da Grafiché Perri Editore di Lamezia Terme per ricordare un illustre poeta nicastrese, Dario Galli che, nelle sue tante raccolte di liriche in italiano e in vernacolo, ha rappresentato mirabilmente la vita, i luoghi, i personaggi della Nicastro del secondo dopoguerra.

La partecipazione al premio è completamente gratuita

1) Il premio letterario è aperto a tutti, scrittori

professionisti ed esordienti, scrittori professionisti ed esordienti, l’opera deve essere UN ROMANZO, una RACCOLTA di novelle o poesie, o altro MA DEVE ESSERE COMPOSTO DA UN MINIMO DI 60 CARTELLE FORMATO A4 per potere poi essere pubblicato.

2) Il premio riguarda INEDITI a tema libero (per inediti si intende

opere mai pubblicate sia in forma cartacea che digitale) e consta di tre sezioni: – saggistica: (nessun ambito escluso) – narrativa: opere inedite di narrativa (romanzo, raccolte di racconti, fiabe, memorialistica, libri per ragazzi) – poesia: in italiano ed in vernacolo

3) La selezione delle opere pervenute sarà sottoposta al vaglio di

una giuria tecnica composta da 6 persone, i cui nomi saranno resi noti al momento della premiazione Essa sceglierà i finalisti per ogni sezione e proclamerà pubblicamente i vincitori.

4) Modalità di partecipazione con invio solo elettronico:

Per partecipare i concorrenti dovranno inviare, a mezzo mail all’indirizzo premiodariogalli@gmail.com2 copie dell’opera, una in formato word e l’altra in formato PDF, accompagnate da un breve curriculum con indirizzo e recapito telefonico. Le opere si possono inviare a partire dall’1 marzo 2020 ed entro e non oltre il 31 luglio2020 (farà fede la data di ricezione della mail). Il materiale inviato non verrà restituito. La partecipazione al concorso costituisce espressa autorizzazione all’uso dei dati anagrafici ai fini delle comunicazioni inerenti al premio stesso. Alla ricezione del materiale sarà inviata conferma all’autore. Riceveranno notifica soltanto i vincitori e gli autori segnalati dalla Giuria. Il premio prevede tre fasi: -il periodo che va dall’1 marzo 2020 al 30 giugno 2020 per la ricezione delle opere -il periodo che va dall’1 luglio 2020 al 30 novembre 2020 per il giudizio sulle opere da parte giuria -il periodo che va dal 30 novembre 2020 al 31 dicembre 2020 per l’organizzazione della cerimonia di presentazione

5) La partecipazione al concorso implica l’accettazione integrale del presente regolamento, senza alcuna condizione o riserva. La mancanza di una sola delle condizioni che regolano la

validità dell’iscrizione determina l’automatica esclusione dal concorso.

6) Ai finalisti verrà richiesta una firma di accettazione e, in osservanza di quanto sopra, la seguente dichiarazione: -Il/La sottoscritto/a (le proprie generalità) dichiara di accettare integralmente il bando di concorso ed autorizza, ai sensi del Regolamento UE n. 679/2016 General Data Protection Regulation – GDPR il trattamento dei propri dati personali connessi al Premio Letterario. Dichiara inoltre, sotto la propria personale responsabilità, che l’opera presentata è originale e inedita, di sua esclusiva produzione, e che egli/ella garantisce che l’eventuale pubblicazione del testo non avverrà in violazione di diritti di terzi. La partecipazione al concorso comporta automaticamente da parte dell’Autore la concessione all’Ente Promotore del diritto di riprodurre le immagini relative al concorso su cataloghi ed altre pubblicazioni che abbiano la finalità di propagandare la manifestazione senza fini di lucro. - allegare un Documento di Identità in corso di validità. LA MANCANZA DI UNO DEI REQUISITI RICHIESTI INVALIDERÀ LA PARTECIPAZIONE AL PREMIO. 7) Premiazione

La cerimonia di premiazione avrà luogo entro il mese di gennaio 2021. I vincitori dovranno ritirare personalmente il premio e presenziare alla cerimonia di premiazione, pena decadenza dal premio. Non si accettano deleghe.

8) I nomi dei giurati, che giudicheranno l’opera, senza conoscere il nome degli autori, saranno resi noti la sera della premiazione. La giuria esaminerà le opere pervenute e determinerà il/i vincitore/i. La giuria potrà inoltre assegnare menzioni d’onore ad altre opere ritenute particolarmente meritevoli. I nomi dei finalisti verranno resi pubblici non meno di dieci giorni prima della cerimonia di premiazione. L’esito del concorso sarà reso noto mediante un comunicato stampa e con mail personale a tutti i partecipanti. 9) L’editore Antonio Perri pubblicherà il manoscritto del vincitore e consegnerà attestati agli altri partecipanti. premiodariogalli@gmail.com 0968 21.844 - 333 5300414 - 392 7606656


associazionismo

di Anna Moricca

Lettere d’amore ai tempi del Coronavirus digressioni e note poetiche, con riflessioni che hanno investigato la complessità di un tempo come quello della pandemia.

Si è svolta il 19 giugno 2020 presso la Sala Napolitano del Comune di Lamezia Terme, alla presenza del Sindaco Avv. Paolo Mascaro, la cerimonia di premiazione del Concorso Nazionale Letterario “Lettere d’amore ai tempi del Coronavirus” organizzato dal Lions Club Lamezia Host presieduto dall’Avv. Anna Moricca, in collaborazione con la Grafichè Editore di Antonio Perri e Nella Fragale e l’Associazione Teatrale i Vacantusi di Lamezia Terme guidata dal Dott. Nicola Morelli e con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Lamezia Terme. Il primo premio è andato ad Aurora Martello, studentessa del Liceo Tommaso Campanella di Lamezia Terme, autrice di una lettera a se stessa, ricca di spunti critici,

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Il secondo premio è andato ad Alfonso Maria di Somma seguito da Letizia Savarese (entrambi studenti del Liceo “De Filippis Galdi” di Cava De’ Tirreni), Stella Roperto (Liceo Classico F. Fiorentino di Lamezia Terme) ed Edoardo Rosato (Istituto comprensivo Ardito Don Bosco di Lamezia Terme). Grande successo anche per gli studenti dell’Istituto Comprensivo “E. Fermi” di Matera, con Sofia Taccardi che ha ricevuto una menzione di merito e i giovani Davide Favoino, Elisa D’Onghia, Roberta De Iudicibus, Gabriella Lasalvia e Valentina Persia, le cui lettere sono state inserite nel volume “Lettere d’amore ai tempi del Coronavirus” edito da Grafichè Editore, con copertina curata dal Maestro Maurizio Carnevali, presentato nel corso della premiazione, insieme a quelle di Anastasia Marrazzo e Filippo Failla (Istituto comprensivo Ardito Don Bosco di Lamezia Terme); di Gabriella Rosato, Francesco Emmanuel Raso, Aurora Duraccio, Mariachiara Torcasio, Giulia Pia Gallo (Liceo Tommaso Campanella di Lamezia Terme); di Pierluigi

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De Fazio - vincitore anche di una menzione di merito - e Salvatore Tomarchio (Istituto Tecnico Economico De Fazio di Lamezia Terme); di Kateryna Odnorih, Francesca Paolillo, Luisa Calenda, Anna e Claudia Adinolfi, Anna Boccitto, Angela Imparato, Gaia Marzano, Paola Rescigno e Ilaria Bisogno (Liceo “De Filippis Galdi” di Cava De’ Tirreni)

particolare in Calabria, Basilicata, Campania, Lazio e Friuli Venezia Giulia.

Emozionante l’intermezzo teatrale, durante la cerimonia, con la lettera di Albert Einstein alla figlia Lieserl, recitata da Sabrina Pugliese, attrice della Compagnia Teatrale “I Vancantusi.

cazione moderna, agevole e istantanea, e quella passata. Nell’era dei messaggi abbreviati e delle simpatiche emoticons, si voleva celebrare l’epoca antica delle missive. Lettere pregne di viva commozione, percepibile mancanza e trepidante attesa. Un periodo storico nel quale la corrispondenza epistolare serviva a stringere un nodo tra l’emigrato e la terra natìa. La partecipazione massiva al concorso in uno al contenuto e al pregio delle lettere pervenute e alla collaborazione preziosa di chi si è prodigato perché l’iniziativa potesse svolgersi, ci consentono di poter affermare con grande soddisfazione e gioia di aver raggiunto quanto prefissatoci”.

La Giuria tecnica del concorso era composta dall’assessore alla cultura del Comune lametino Giorgia Gargano, dalla scrittrice orvietana Laura Calderini, e dal docente e critico letterario Tommaso Cozzitorto. Al concorso hanno partecipato i ragazzi delle scuole medie inferiori e superiori residenti su tutto il territorio nazionale ed in

“L’obiettivo che il Lions Club Lamezia Host si proponeva con l’organizzazione del concorso era quello di sollevare una riflessione e un confronto generazionale. Agli estremi del contraddittorio viene collocata la comuni-

Avv. Anna Moricca Presidente Lions Club Lamezia Host

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Concorso Nazionale Lettere d’amore ai tempi del Coronavirus: Elisa D’Onghia, Matera e Roberta De Iudicibus, Matera attestato di Merito

Il Concorso dei Lions ha avuto un ottimo successo. Il libro, stampato con le lettere scelte fra le tantissime arrivate, ha riscosso molti consensi ma... le bravissime Elisa D’Onghia e Roberta, De Iudicibus, venute a Lamezia per la premiazione, hanno avuto una “piccola delusione”. Le loro lettere non erano nel libro. Può succedere, è successo e ce ne scusiamo, in attesa di riparare all’errore, pubblichiamo sul nostro mensile le loro belle lettere, complimentandoci con loro e sperando di averle fatte felici con questa pubblicazione, come, sia pur piccola, ammenda all’errore.

Lions Clubs International Matera, 20 Maggio 2020 Cara nonna Maria, Distretto 108 YA sono Elisa tua nipote. Ho deciso di scrivertiGovernatore questa lettera, perché la mia insegnante, Nicola Clausi mi ha chiesto di scrivere una “lettera d’amore”. All’inizio io non volevo farlo, perchè ho 11 anniLions e credevo di non conoscere fondo il significato della parola “AMORE”. Club Lamezia aHost Poi ho parlato con la mamma e lei mi ha fatto capire che amare non è solo quando ti batte forte il cuore. Amare per me, oggi, in Presidente Anna Moricca questa emergenza, è rinunciare a te, alle nostre chiacchiere, alla zuppetta di latte col pane con quel goccio di caffè a merenda, la suonata al pianoforte, l’uscita sul balcone per sistemare i tuoi amati fiori e molto altro. Vorrei dirti tante cose, raccontarti di Gianluca. Lui sta bene. E’ sempre allegro e tranquillo. La mattina poi,si sveglia col sorriso ed io non capisco perché: forse sorride semplicemente perché c’è il sole……chi lo sa! La mamma lavora sempre e nei giorni scorsi ha fatto anche il tampone, ma tranquilla: è risultato negativo. Papà impazzisce con noi, che non siamo sempre tranquilli. Alle volte litighiamo ma, alla fine, facciamo pace. Io poi a volte sono triste, perché mi mancano gli amici, i sorrisi degli insegnanti, la mia amata palestra di ginnastica artistica a Monopoli, le gare… E’ tutto molto diverso, la scuola è cambiata, il modo di far lezione, i compiti poi, sono complicati. Non so mai se li ho sbagliati o li ho fatti bene. Prima a scuola, solo osservando l’insegnante, capivo se stavo sbagliando, adesso sono in stanza da sola, davanti ad un computer e non ho più riferimenti. A volte, lo sai, chiedevo a te se ero in difficoltà, ma adesso non posso. All’inizio non capivo perché non potessi correre a casa tua, poi ho realizzato che sei debole e che, pur non volendo, avrei potuto contagiarti e farti star male. Io posso trasmetterti il Covid 19,questo virus così forte, che sta portando dolore e molte lacrime in tante famiglie. Mi ha molto colpito l’immagine dei camion dei militari, che portavano via migliaia di bare dagli ospedali e li trasportavano lontano dalle famiglie, senza che nessuno potesse versare una sola lacrima per il proprio caro. E’ tutto molto triste, nonna. Per questo, ho deciso di non venirti a trovare, ci vediamo fuori dal balcone e comunque, credimi, sono felice. Non vedo l’ora che tutto sia finito, potremo abbracciarti e potrò finalmente accarezzare il tuo viso rugoso, ma sempre bello e sorridente. Comunque, ti chiedo scusa in anticipo, ma questa lettera, ho deciso di consegnartela quando tutto sarà finito, quando potrò venire a casa tua e potrò leggertela di persona. Ti bacio e ti abbraccio e ti dico, che ti voglio tanto bene. Elisa D’Onghia, Matera gggggg Matera, 16 Maggio 2020 Amore mio adorato, tante volte ho pensato di scriverti una lettera che dimostrasse quanto è grande il mio amore per te. Lo sai, non sono brava a riportare il sentimento che provo per te su un foglio di carta, ma ci proverò lo stesso. Oramai ci conosciamo da tantissimo tempo, si può dire che sono cresciuta insieme a te. Ricordo ancora come se fosse oggi la prima volta che ci siamo incontrati. Era una di quelle giornate noiose per me. Eravamo in uno di quei grandi negozi che vendono tutto per la casa e la mia famiglia si affannava alla ricerca di un mobile che riempisse l’unico spazio libero rimasto nel nostro salone. Il tempo per me non passava mai ed ero oramai stanca di gironzolare senza una meta, quando, all’improvviso, mi sono sentita trascinata da una forza e non capivo cosa mi stesse accadendo. Eri lì che mi fissavi da chissà quanto tempo. I nostri sguardi si sono incrociati ed è stato amore a prima vista. Da quel momento siamo diventati amici, compagni di avventura; siamo diventati una cosa sola e non ci siamo lasciati più. Il mio amore per te non è mai mutato, non c’è stata una notte in cui io non ti abbia stretto a me e che non abbia cercato il tuo calore. Solo tu riesci a consolarmi quando ne ho bisogno, solo tu riesci a riscaldarmi con il tuo avvolgente abbraccio nelle notti più fredde e ogni volta che sto male tu ci sei. Ricordo ancora quel giorno in cui sparisti senza che io fossi stata avvisata. Che angoscia! avevo paura di non rivederti mai più. Mi manca ancora il respiro al pensiero di quel momento tragico che ho vissuto. Fortunatamente dopo qualche giorno, rientrando a casa, ti ho trovato di nuovo lì; eri disteso sul letto nella nostra camera che mi aspettavi ed io sono corsa ad abbracciarti. Che gioia infinita la mia in quel momento! E’ stata la fine di un incubo. Senza te non posso stare perché tu mi appartieni. Senza te impazzirei. Tu per me sei la luce che illumina i miei passi. Sei tutto per me! Quando la mattina esco per andare a scuola e ti lascio lì nel nostro letto a dormire, un velo di tristezza ricopre il mio viso e questa tristezza mi accompagna fino a che non rientro a casa e ti rivedo. Il mio futuro lo vedo insieme a te. Io e te insieme per sempre. Sarò felice di presentarti ai miei amici che con gli anni entreranno a far parte della mia vita. Non ci separeremo mai, verrai con me ovunque anche se dovessi andare in capo al mondo, sarai tu e solo tu il mio compagno fedele! Con amore al mio.... CARO PELUCHE CANEMOSTRO!!!!!! La tua Roberta De Iudicibus, Matera

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associazionismo

Meritato riconoscimento dal Lions Club International ad Ippolita Lo Russo Torchia di Antonio Perri “Il racconto di una lunga esperienza associativa conquistata sul campo”, questo il libro scritto da Ippolita Lo Russo Torchia nel 2018. Un libro che è un viaggio nel tempo e nelle associazioni, un libro che non è un diario personale ma il racconto di quanto, una vita associativa vissuta intensamente, può conquistare per la società e può dare a livello personale, arricchendo moralmente e spiritualmente chi vi partecipa. Il libro ha avuto un consenso di pubblico che è andato oltre il previsto ed ancora oggi è richiesto! Il ricavato, notevole, delle offerte fatte per il volume è stato INTERAMENTE devoluto a vari Enti che si occupano di beneficenza o a parrocchie del lametino e dintorni. Ma, il vero successo del libro non è stato quanto raccolto ma i commenti, gli scritti, le lettere, le testimonianze, le lodi che Ella ha ricevuto da chi ha letto il volume che sono state, per Ippolita, fonte di grande gioia e commozione. Voglio ricordare, per tutte, le parole di Don Guido Mazzotta: “Per il cristiano, come scriverà Agostino, “la stessa carità è la bellezza dell’anima”. Il libro di Ippolita LO RUSSO mi suscita questi pensieri”, cosa aggiungere di più? A distanza di due anni dalla pubblicazione, il Presidente Internazionale del Lions Club International, Jung Yul Choi, ha conferito alla nostra Ippolita il Premio Milestone Chevron, un prestigioso premio che non a molti viene riconosciuto. Le parole scritte dal Presidente nella lettera, qui di seguito riportata non fanno altro che avvalorare l’impegno sociale, ma non fine a se stesso ma, come scrive lo stesso presidente “Dai service di minore entità alle iniziative di più ampio respiro, il tuo servizio di questo anni ha avuto un grande impatto nella tua comunità”. E così è stato e così continua ad essere perchè lei continua ad adoprarsi per il bene degli altri quanto e come può! Complimenti vivissimi e .... al prossimo riconoscimento!

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Il nostro territorio

Gli obiettivi strategici da realizzare per rendere Lamezia Terme una città a misura d’uomo dove sia bello vivere o soggiornare

di Giuseppe Sestito

Nei decenni successivi alla creazione di Lamezia sono mancati alla città un progetto strategico ed una visione d’insieme; si è andati avanti con provvedimenti contingenti che i suoi amministratori pro-tempore hanno preso per gestire i problemi quotidiani. Avere un’idea di città, significa essere in grado di elaborare una programmazione che metta in ordine d’importanza, uno dopo l’altro, i progetti che si ritengono strutturali per le sorti della città stessa. L’idea che anche ai giorni nostri si proceda senza alcuna capacità di programmare le cose da fare ce la dà l’intervista che il sindaco di Lamezia ha rilasciato nello scorso mese di giugno al giornale on-line “Lamezia terzo-millennio”.

reparti dell’intero nuovo hub provinciale Pugliese-Ciaccio-Mater Domini-Giovanni Paolo II e, di conseguenza, l’assegnazione proporzionale sia dei finanziamenti che delle risorse materiali che del personale sanitario. Al fine di realizzare ciò che il quadrunvirato: Santelli, Tallini, Abramo, Cottarelli si era prefissato, l’operazione non è andata in porto e quindi, al di là delle promesse del sindaco catanzarese, Lamezia dovrà accontentarsi di avere un ospedale dotato dei reparti (ed essere destinatario dei finanziamenti) che la legge dispone lo siano tutti i presidi ospedalieri DEA di I livello.

Da lì emerge con chiarezza come la nuova consiliatura sia iniziata senza chiarezza d’idee in testa e, quindi, senza un ordine preciso dei progetti da realizzare. Nonostante l’avv. Mascaro abbia presentato durante la campagna elettorale un infinito elenco, lungo 58 pagine ed infarcito di anglicismi, di “cose” che dice di voler fare, non esiste un ordine prioritario dei provvedimenti, strutturali ribadisco, che predispongano ad una visione ordinata e progressiva del cammino che Lamezia debba intraprendere da oggi in avanti. Per dare risalto alle cose da lui finora compiute, o per comunicare su quelle che ha intenzione di realizzare, il sindaco si abbandona ad una serie di immaginazioni e di sogni.

economiche speciali) nel territorio di Lamezia, di per sé, non significa niente se non ci saranno imprenditori disposti ad investire per impiantarvi delle industrie. Quindi ci andrei piano con il cantare vittoria per avere compiuto il primo passo in direzione di un obiettivo che si presenterà con ben altre e più ardue difficoltà. Sono stati innumerevoli i progetti simili alle ZES che hanno interessato il territorio lametino e che tendevano a facilitare con provvedimenti di carattere fiscale e d’incentivazione di varia natura gli insediamenti industriali. Tra i tantissimi ricorderò le aree di sviluppo industriale ed i poli di industrializzazione deliberati con le leggi n. 634/1957 e nr. 955/1959. La piana lametina fu il primo territorio ad essere scelto in Calabria per allogarvi il polo di industrializzazione, appunto. Per gestirlo fu creato, subito dopo, il Consorzio tra comuni ed altri enti. Alla sua guida, si sono succeduti presidenti dopo presidenti; si sono sprecati soldi su soldi; si sono distribuiti stipendi e prebende di vario genere. Niente da fare; le industrie medio-piccole che avrebbero dovuto riempire il polo non sono arrivate e di esso è rimasto solo il ricordo delle speranze che la sua creazione aveva suscitato.

Il primo sogno che ne agita le notti concerne la sanità con cui il primo cittadino inizia la disamina del suo operare. Rivela di [….] “essere immediatamente intervenuto in ordine alla legge regionale di “manutenzione normativa” che ha abrogato la precedente legge n. 6 del 13/03/19” e si dice altresì certo che il presidio ospedaliero lametino […...] “dovrà in tempi brevi ottenere la riapertura dei reparti di Microbiologia e Malattie Infettive”, oltre a tante altre attribuzioni. Personalmente ritengo, invece, che l’apertura presso il presidio ospedaliero lametino dei reparti di microbiologia e malattie infettive sia una battaglia perduta. Spero, naturalmente, che il mio convincimento sia errato, ma esso si basa sul fatto che il reparto esiste già presso l’ospedale Pugliese-Ciaccio dove sarà approntato un “Centro regionale di malattie infettive”. Il che rende impossibile aprirne un altro, doppione del primo, a Lamezia. Il risultato ottimale sarebbe stato quello dell’integrazione del presidio Giovanni Paolo II con gli ospedali catanzaresi. Questo obiettivo avrebbe di fatto convertito l’ospedale lametino da DEA di I livello (spoke), in DEA di II livello (hub), determinando una ridefinizione di tutti i pag. 8

Anche l’inserimento di 400 ettari da destinare alle ZES (zone

Dopo di che c’è stato il pacchetto Colombo, con l’insediamento della SIR ed altre imprese; più vicine a noi la contrattazione programmata e la creazione delle zone franche. Alla fine, tutti questi tentativi si sono conclusi con un fallimento totale e clamoroso perché di creazione di un sistema di industrie che avrebbe dovuto dare l’avvio ad un processo produttivo, non assistito ed auto propulsivo, nel centro della Calabria non si è realizzato nulla. Si tenta adesso con le ZES mediante le quali sono state delimitate alcune aree a Gioia Tauro (sede di un porto) ed a Lamezia Terme (sede di un aeroporto), che rimarranno 400 ettari di deserto

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se non ci sarà la capacità di attrarre in esse attività produttive. Desta perciò una certa meraviglia leggere che il sindaco immagini di poter realizzare un grande hub regionale dei trasporti ed un porto turistico, per i quali non specifica da dove saranno presi i soldi; penso anche qui che non esista alcuna possibilità che questi sogni possano essere realizzati o, se lo saranno, riguarderanno il lungo periodo. Inoltre, richiama tante altre cose di risibile importanza che denotano però la difficoltà di comprendere quali siano i problemi reali e concreti, strutturali ripeto, di Lamezia per avviare da subito un cammino di graduale progresso che la renda finalmente compiuta. I progetti elencati dal sindaco mi sembrano piuttosto privi di nessuna ricaduta positiva per la città e perciò specchietti per le allodole. 1.Una seria programmazione dovrebbe iniziare con una domanda: da dove si prenderanno i soldi per risolvere i problemi della città e renderla finalmente a misura d’uomo, compiuta e vivibile? È risaputo che due sono le fonti principali: i tributi dei cittadini e i trasferimenti dello Stato. Senza di essi non si va da nessuna parte. Come stanno le cose dal punto di vista finanziario nelle casse del comune? Dalle linee programmatiche che il sindaco Mascaro lesse all’inizio della sua prima legislatura (il programma della presente legislatura letto in data 19 febbraio 2020 non è stato ancora pubblicato nel sito del Comune…), nel giugno 2015, ho appreso che [….] <<nessun intervento serio, che possa definirsi tale, non potrà che concentrarsi sulla riscossione dei tributi comunali che ad oggi, per come si evince dal bilancio consuntivo che da quello di previsione, prevede una mancata riscossione pari al 70%”. In altre parole, ciò significa che, a quell’epoca su cento cittadini di Lamezia solo 30 di essi pagavano i tributi. Mi domando: la situazione di evasione tributaria rivelata dal sindaco permane o a partire da quella data vi è stato posto rimedio perché nei suoi tre anni di sindacato il primo cittadino di Lamezia si è concentrato su questo grave problema per risolverlo? Perché, se la risposta alla seconda parte della mia domanda è negativa, sarà bene sapere che senza soldi non si approda a nulla e ogni immaginazione di progetti da realizzare resta pura fantasia e, appunto, immaginazione. Se a questo si aggiunge che anche i trasferimenti dello Stato sono già ridimensionati, non resta che concludere che la ripetuta novellazione di una Lamezia “bella ed invidiabile” sia solo un sogno destinato a svanire all’alba con il tramonto della luna. Insieme ai tre scioglimenti del consiglio comunale per infiltrazioni malavitose, ritengo che la mancata riscossione dei tributi, che crea una inaccettabile disparità tra i cittadini, sia addebitabile in modo proporzionale a tutte le amministrazioni comunali che hanno governato fino ad oggi la città e costituisca la peggiore vergogna per la nostra comunità. Sorprende tuttavia che nelle sue linee programmatiche il primo cittadino non vi dedichi nemmeno un rigo; così come è sorprendente che nemmeno i partiti ed i movimenti di maggioranza o di opposizione siano abituati a discuterne mai. Né al loro interno, né con manifesta-

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zioni e convegni esterni. Facilmente, però, se ne capisce il motivo: non solo hanno una fottuta paura di occuparsi del problema, ma questo argomento non crea consenso anzi lo allontana, quindi di esso è meglio starsene alla larga. “Musca e citu”, insomma! 2.Un secondo progetto strategico risiede nella redazione del PSC (piano strutturale comunale), che tracci le linee lungo le quali, ordinatamente, la città possa evolvere nel prossimo decennio, al termine del quale sarà necessario aggiornarlo. Bisogna augurarsi che durante questi cinque prossimi anni l’amministrazione sarà capace di concluderne l’iter. Il ‘dubbio metodico’ è, in questo caso, d’obbligo perché in dieci anni, le due amministrazioni Speranza non furono capaci di farlo. Correlato alla formulazione del PSC c’è l’esistenza di un certo numero di abitazioni abusive. Ignoro quante esattamente siano; si parla di alcune migliaia. Della soluzione di questa situazione, l’amministrazione comunale intende accollarsene l’onere o no? Oppure dobbiamo rassegnarci a vivere in una città “bella e invidiabile” e con un alto tasso di abusivismo edilizio, che è anche in parte all’origine della mancata riscossione di tasse e pagamento di tariffe? 3.Un terzo importante progetto riguarda la risoluzione della baraccopoli di contrada Scordovillo, in cui sono assiepati i rom, che deve essere smantellata. È un problema grave che si trascina da quasi 40 anni. Nella consiliatura scorsa, il sindaco promise solennemente, sui giornali e nel suo programma, che entro dodici mesi, mediante la sua azione amministrativa, si sarebbe venuti a capo di quel difficile problema. Ne sono passati cinque di anni da quelle ‘storiche’ parole e quel rompicapo è ancora là lungi dall’essere stato affrontato e risolto. 4.Un ulteriore progetto “strategico” concerne l’ampliamento e la funzionalità dei servizi. Mi riferisco alla manutenzione periodica delle vie cittadine e strade che collegano i quartieri della città al suo interno ed il centro con le 36 frazioni e case sparse che fanno parte della città; alla mobilità tramite mezzi pubblici pressoché inesistente nell’ambito cittadino, alla gestione del sistema idrico (in diversi quartieri della città spesso manca l’acqua per intere giornate…) ed a quello dei rifiuti che, miracolo, adesso sono comparsi anche su Corso Numistrano finora rimasto indenne da questa pandemia, al sistema della depurazione, allo stato degli edifici scolastici e così via. Perché ritengo la puntuale gestione dei servizi un progetto strategico? Perché il loro efficiente funzionamento riveste un ruolo essenziale in quanto concorre a formare in modo prevalente, se non esclusivo, il contesto di una città e ne facilita l’insediamento delle attività economiche. Un comune non può direttamente creare posti di lavoro; può invece rendere il proprio territorio appetibile per gli investitori locali e nazionali o stranieri. Il territorio di un qualsiasi comune privo di adeguati servizi o con servizi che funziona-

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perché lungo di esso o a pochi passi da esso sono allogati tanti altri beni di notevole rilevanza storico-culturale. [….] “Funzione indispensabile come spazio di socializzazione collettiva” così è stato icasticamente definito il ruolo che, nei due secoli di esistenza, il Numistrano ha svolto. Durante le recenti ricorrenze religiose di Sant’Antonio e dei Santi Pietro e Paolo ne è stata sperimentata la chiusura per alcune ore. Subito si sono levate le proteste di alcuni commercianti e di una sedicente associazione dei consumatori. Credo che l’esperimento vada ripetuto sempre più spesso fino a giungere alla sua trasformazione in isola pedonale come è stato fatto per il primo tratto di corso Giovanni Nicotera. Non sarà una impresa facile perché le resistenze saranno forti e verranno da tante parti. Ma sulla riqualificazione, salvaguardia e rilancio del corso Numistrano, come sulla capacità di dare soluzione agli altri problemi che ho sopra richiamato, si giocheranno il futuro della città e la capacità dei nostri amministratori di convertirla da semplice immaginazione onirica in reale progetto compiuto. no male non potrà mai essere destinazione di processi di sviluppo perché le attività economiche non lo sceglieranno come proprio territorio d’intrapresa. Al contrario, se ne scapperanno via…. 5.Se veramente vogliamo che il nostro territorio costituisca un obiettivo che sia perseguito anche attraverso il turismo culturale, un fattore importante è rappresentato dalla cura, ossessiva mi verrebbe da dire, del patrimonio dei beni che in Lamezia è cospicuo. Non ci si può tuttavia limitare alle sopravvenienze archeologiche di Terina, ai resti del Castello normanno-svevo, alle mura dell’abbazia di Santa Maria di Sant’Eufemia senza investire sul corso Numistrano; non solo perché, di per sé, è il bene culturale materiale più importante e ricco di storia di Lamezia, ma anche

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Conclusione: il mio convincimento è che prima di parlare di Grande Lamezia, o di Conurbazione Catanzaro-Lamezia, o di Città o Area metropolitana, oppure, infine, di Unione di comuni del comprensorio e chi più ne ha più ne metta, dobbiamo più semplicemente tentare di costruire la “piccola Lamezia”, quella in cui adesso ci troviamo a vivere impegnandoci a rafforzare l’identità tra i cittadini delle tre “storiche polarità”, far funzionare, meglio che sia possibile, ciò che già c’è e non funziona o funziona male; ed implementare tutto quello che c’è di positivo e funziona bene. Tanto, le forme di Lamezia, che ho sopra citato, non vedranno mai la luce, resteranno solo esternazioni retoriche di quattro amici seduti intorno al tavolino di un bar.

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I Meridiani: Voci calabresi in serie e parallelo

«I gastìmi»: un genere letterario antico

di Francesco Polopoli

Quest’anno, prima del lockdown, ad Avanti un altro, nella rete del Biscione, un concorrente di nome Giovanni, oriundo dalla Sardegna e di professione pastore, ha rivolto un “augurio”, che tanto augurale non è stato, al noto conduttore del game show Paolo Bonolis. All’apparenza una declamazione nella lingua insulare: di fatto una maledictio, benché de-ritualizzata a fatto giocoso: Frastimo, ma no isco frastimare ca Deus non m’hat dadu su destinu. Males cantas renas b’hat in mare e unzas cantu pesat su terrinu. Su cannau ti tostet su Buzinu manzanu a carre lenta a t’impicare. Minutos cantu zirat su rellozu ti dian issacadas de puntorzu. «Bestemmio ma non so bestemmiare perché Dio non mi ha dato questo destino. Ti scendano addosso tanti mali quanta sabbia c’è nel mare e a quante once pesa il terreno. Domani mattina il demonio ti metta la fune al collo per impiccarti. Ti pungano con un pungolo tanti minuti quanti ne girano su un orologio». Anche nel mondo romano le imprecazioni erano accompagnate da desideri ottativi distruttivi: meglio sarebbe stato non esserne beneficiari. C’era chi incideva, ad esempio, su lamine di piombo il nome del destinatario per poi nasconderlo, bell’e sepolto, in una sorgente d’acqua termale, considerata dalla Vulgata liminare del Regno dell’oltretomba: chissà se dalle nostre parti, magnogreche, tra l’altro, qualcuno, in un passato

lontano, proprio a Caronte, perché no, ha lasciato segni di odi feroci al metallo, forse lo scopriremo un giorno, vedremo più in là, forse! All’interno di questo genere letterario noi lametini abbiamo comunque scongiuri e formulari nello stile della terra sarda. Un esempio? «I gastimi su’ di caniglia, chi si manda si piglia I gastimi su’ di fhitazza (o linazza), chi si manda s’abbrazza». Un effetto boomerang, praticamente, liricizzato in una quartina a rime baciate, pensate un po’! Interpretazione: le bestemmie sono controproducenti. Si fermano al mittente, è certo! Alla pari delle granaglie che ti aderiscono addosso, quantunque dovessi disfartene, o come il setaccio che nella cernita ti lascia il suo ricordino a centimetri quadrati di pelle, quando le proporzioni non dovessero essere maggiori, così è se vi pare… Che è come dire: «la bestemmia gira gira e ricade su chi la tira», «la biastamma gira gira, e tòurna adòs a chi la tira» (Emilia Romagna), «le bestemmie le va, le va; e poi le casca addosso de chi le dà» (Venezia Giulia), «le bramassion le va in qua, le va in là; e po’ le va in culo a chi le dà» (Istria), «gastimi: di caniglia, cu’ li jetta, si li piglia» (Sicilia), «l’accidente, gira gira, torna addosso a chi lo tira» (Toscana), «la bestemmia gira gira la va in testa a chi la tira» (Veneto).

Satirellando e dintorni, stavolta…

La quarantena, a causa del covid-19 ci pone, spesso, di fronte a situazioni che prima ci sembravano paradossali. Vediamo in cucina. Molti non avrebbero mai cambiato gli ingredienti di una ricetta… A dire il vero, al contrario, io li cambio sempre: vuoi per le mie allergie e le mie intolleranze, vuoi perché alcune cose proprio non le mangio: ho una naturale idiosincrasia… Questa mia versatilità mi ha aiutato tantissimo, in questo periodo e così, una sera, avendo le cime di rapa fresche, ma non le orecchiette, ho cambiato la ricetta, sostituendole con gli spaghetti, ricordando che lo faceva anche mia madre, che, le orecchiette, non le amava tanto (come io detesto le farfalle lisce)… È venuto fuori un piatto straordinario che, come si dice oggi, “Cracco spostati”! Provate anche voi e vedrete… Poi mi direte.

CARO CRACCO…

Non avendo le orecchiette, caro Cracco, la pasta con le rape, sembra un pacco! Ma io ci metto gli spaghetti e me ne vo’ saltando sopra i tetti, Lamezia e non solo

tanto è buono, comunque, questo piatto, che mi sembra di volare, tutto a un tratto! I fili ribelli giro intorno alla forchetta e mi accingo a mangiare, in tutta fretta.

Sento che si sparge il profumino: la forma di pasta non arresta il languorino… Infatti, caro Cracco, quel che importa è l’appetito, non pasta lunga o corta!

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personaggi illustri

Valentino De Fazio

L’Uomo, il Medico e lo Scienziato di Antonio Butera

Convegno ed intestazione a Platania del Museo a suo nome.

Valentino De Fazio nacque a Platania il 7 dicembre 1920 dal dott. Basilio De Fazio e da Giuseppina Scarano; qui trascorse l’infanzia sino all’età di 8 anni. Iniziò la scuola elementare e, come natura vuole, assorbì l’imprinting del contesto del paese

natio: la natura lussureggiante con la vallata del Reventino, l’ampia veduta della pianura di Sant’Eufemia sino al mare, le usanze, le voci, i profumi, la familiarità, i giochi della “ruga”: grande scuola di educazione, di vita e di umanità. Nel 1928 il papà fu nominato medico condotto e si trasferì con tutta la famiglia prima a Serrastretta e poi, definitivamente, nella frazione Accaria. Il dott. Basilio De Fazio, a tutti noto come Don Basilio, era considerato un medico di grande valentia, consultato nei casi difficili da tutti i malati del comprensorio lametino. E’ facile

dedurre che Valentino si sia imbevuto dell’atmosfera di una casa frequentata da tanti ammalati speranzosi e grati al padre e che abbia desiderato fin da bambino di emulare l’attività paterna. A me piace pensare, perciò, che non abbia scelto di fare da grande il medico per tradizione (come era di frequente usanza), ma piuttosto per una vocazione maturata ed indotta dal suo vissuto giovanile.

Dopo la scuola elementare, per continuare il ciclo degli studi ginnasiali, dal 1930 al 1935 frequentò l’istituto di Nicastro (ora Lamezia Terme). Valentino viene

ricordato dai suoi compagni di scuola, il prof. Vincenzo Rubino ed il poeta di Platania prof. Felice Mastroianni, come un giovane dotato di intelligenza brillante, sicuramente superiore alla media e con un carattere “aperto, sereno e generoso”, “un giovinetto dall’ampia fronte e dallo sguardo assorto…e splendeva del segreto riverbero della bontà e dell’ingegno di cui noi…parlavamo ammirati…, del vigore e dell’ardore di un’anima eletta e destinata ad un radioso avvenire”. Queste frasi virgolettate non sono di circostanza, ma rispecchiano i sentimenti delle tante persone che lo avevano conosciuto

rimpiangendone la bontà, l’umiltà e la generosità oltre che il suo valore professionale. La sua formazione giovanile si completò a Napoli dove si trasferì nel 1935 per frequentare il Liceo-Ginnasio Umberto I, diplomandosi nel 1937 con il massimo dei voti. Voglio evidenziare che la sua formazione culturale, come avveniva negli studi superiori fino agli anni 60 del ‘900, è stata prevalentemente umanistica, il che sicuramente ha determinato, unitamente ad un’intelligenza vivace e ad un’indole buona e schietta, lo sviluppo di una personalità umana e scientifica originale e peculiare. Verosimilmente (ne parlerò in seguito) tale base culturale è stata un fattore aggiuntivo, se non determinante, per il suo successo accademico nazionale ed internazionale.

Nel 1937 si iscrisse a Medicina e Chirurgia all’Università Federico II di Napoli dove si laureò con lode nel 1943. Ma - e qui viene il bello! - durante i suoi studi medici continuò a leggere ed approfondire i classici della letteratura e della filosofia antica. Ed inoltre si mise a studiare privatamente inglese, francese, tedesco e svedese (in pieno regime fascista…) per ampliare la cultura scientifica e poter conoscere le ricerche più avanzate che avvenivano al di fuori del contesto nazionale. Le sue conoscenze linguistiche gli consentiranno in seguito, oltre alla possibilità di leggere direttamente in lingua originale testi scientifici importanti ed attuali senza aspettare traduzioni tardive in italiano, anche di comunicare e collaborare con il mondo scientifico internazionale senza intermediari e senza difficoltà. Sempre a Napoli, immediatamente dopo la laurea, diventò Assistente in Clinica Medica e si specializzò

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nell’ischemia, l’ipertensione polmonare, le cardiomiopatie primitive.

con il massimo dei voti in Radiologia Elettroterapia (1945) e Tisiologia (1947). Ma Valentino De Fazio, seguendo l’aspirazione che aveva già manifestato durante gli studi universitari, si sentiva limitato entro i confini italiani. Nel 1949 vinse una borsa di studio del governo svedese e si trasferì in Svezia diventando Assistente del Servizio di Cardiologia presso l’Ospedale Reumatologico Nazionale di Nynashamn nella Contea di Stoccolma. E qui a me vien da fare due considerazioni. La prima: la fuga dei cervelli è una piaga più antica di quanto si potesse immaginare…; la seconda: la Cardiologia, che come Specialità autonoma in Italia si è cominciata a sganciare, non senza difficoltà, dalla Medicina Interna tra il ’50 ed il ’60, nel mondo occidentale era già “viva e vegeta” fin dagli anni ’30. Ed il nostro Valentino De Fazio si caratterizzava per essere un Cardiologo ante litteram per l’Italia. Durante la permanenza in Svezia, in un momento storico in cui ancora non era diffusa la penicillina e la malattia reumatica produceva gravi danni alle valvole cardiache, si applicò allo studio delle calcificazioni cardiache e ricevette sorprendenti attestati di stima scientifica ed umana da parte di professori e colleghi. Ne cito alcuni: “ha dimostrato di possedere una cultura medica particolarmente solida. Possiede anche ottime qualità morali, è un collega colto e simpatico” (prof. Sundelin, Presidente della Società Svedese di Reumatologia); “ha dato notevoli risultati nel campo scientifico e in quello pratico ... ha conquistato il rispetto e la simpatia dei medici e del personale” (prof. Jonson, Primario di Radiologia dell’Università di Stoccolma; “ha con grande abilità e zelo preso parte ai lavori di ricerca e pubblicato alcuni importanti lavori. Il dott. De Fazio è molto diligente ed è una persona di ottimo carattere” (prof. Nylin, cardiologo di fama mondiale e direttore della Clinica Medica di Stoccolma). Voglio sottolineare che l’ammirazione e la stima dei colleghi svedesi verso

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Valentino De Fazio non proveniva solo dal suo valore professionale, ma anche dal il suo carattere “mediterraneo”, un alieno rispetto alla loro freddezza e seriosità; ciò mi dà l’opportunità di rifarmi a quanto precedentemente raccontato in riferimento alla sua educazione infantile ed al suo sviluppo in gioventù di una personalità gioviale ed umana oltre che interessata alla scienza medica. Nel 1955 rientrò in Italia per prendere la Libera Docenza a Roma in Patologia e Metodologia Clinica (primo classificato su oltre 90 concorrenti). Ma in Italia rimase meno di due anni. Nel 1957 si recò negli USA, a Detroit, dove insegnò alla Waine Univerity Medicina generale, esercitando contemporaneamente il primariato di Medicina interna e di Cardiologia pediatrica. Nel 1958 gli fu conferita la titolarità della cattedra ed il titolo prestigioso di Master of Science, raramente assegnato ad uno straniero. Anche in America ricevette importanti attestati di stima professionale da maestri e colleghi: “profonda cultura, lunga preparazione ed eccezionale abilità… la sua presenza in questo paese sarà di reale utilità per gli Stati Uniti” (prof. Scott, decano dell’Università di Detroit); “cardiologo di cultura e competenza non comuni ed è ben capace di usare questa preparazione per insegnare agli altri” (prof. Clipper, Direttore del Dipartimento di Medicina di Detroit); “uno dei migliori docenti che abbiamo avuto nel Dipartimento di Medicina dell’Università di Detroit” (prof. Kellem, Direttore del Servizio Cardiovascolare dell’Università di Detroit) . L’elenco delle sue pubblicazioni, circa 50, sarebbe molto lungo da riportare. La sua ricerca ha interessato settori e problematiche della cardiologia che sono ancora attualissime: le malattie della valvola aortica e mitralica, l’aneurisma aortico, il cateterismo cardiaco nel bambino e nell’adulto, l’elettrocardiogramma

Valentino tornava spesso in Italia, nella casa di Accaria, perché molto legato alla sua famiglia ed alla sua terra. Per dirla in termini popolari, non si era mai montato la testa: umiltà, simpatia ed affabilità. Per la sua fama da tutta la Calabria arrivavano ad Accaria moltissimi malati che lui visitava sempre con estrema scrupolosità e… sempre gratuitamente! Così lo ricorda, come suo paziente, il poeta Felice Mastroianni, “…l’immagine del medico paziente, soccorrevole ed illuminato…si ripiegò su di me per ridarmi la salute e la fiducia in me stesso… sento ancora il balsamo di quelle mani vivificatrici ed il battito di quel cuore grande (ad Accaria) …riportava il sorriso …e la speranza nel cuore degli uomini che lo avevano atteso” Morì giovanissimo, a Napoli dove era arrivato dagli Stati Uniti per partecipare ad un congresso medico, il 22 ottobre 1960, a meno di 40 anni. I funerali si svolsero ad Accaria con grandissima partecipazione di popolo, di amici e colleghi arrivati da tutta Italia, dalla Svezia e dagli Stati Uniti, paesi in cui evidentemente aveva lasciato un forte ricordo di stima e di simpatia. Serrastretta gli ha intitolato la scuola elementare di Accaria, Platania la nuova scuola elementare costruita nel 1964 e Lamezia Terme, sempre nel 1964, l’Istituto Tecnico Commerciale. Di recente, il 22 febbraio di quest’anno, il Comune di Platania gli ha intestato il Museo di Micologia e Scienze naturali inaugurando anche la mostra di strumenti sanitari, alcuni risalenti al 1850 appartenuti a medici platanesi: Leopoldo Grande medico dal 1871 al 1910, Raffaele Perri, dal 1891 al 1925, Gabriele Cerminara, dal 1926 al 1963, Leopoldo Perri, dal 1926 al 1947 e Raffaele Perri dal 1954 al 1990 (i loro ritratti sono presenti nella mostra). L’esposizione, ideata e curata, con la mia consulenza scientifica, dall’avv. Raffaele Perri, loro discendente, costituirà una sezione permanente dello stesso museo. Tutto il materiale sanitario esposto è stato generosamente donato dalle famiglie Perri e Cerminara. Ritengo che l’istituzione di questa Sezione museale medica nel paese natale di Valentino De Fazio possa costituire un degno ricordo della sua persona che, pur essendo un riconosciuto scienziato di fama internazionale, quando ritornava ad Accaria in occasione delle visite ai familiari si vestiva dei panni del medico di una volta: umile, umano, compassionevole, disinteressato.

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lamezia racconta

L’ARTIGIANATO A NICASTRO, POI A LAMEZIA TERME,RIVISITIAMOLO INSIEME di Francesco De Pino La scelta artigiana è la prima difesa di un popolo sano e psicologicamente libero contro la società dei consumi”. Un modello di vita dove si esalta lo spirito indomito, ribelle, antico e moderno insieme dell’uomo faber, l’artigiano. Nell’ex Nicastro, prima, in gemellaggio con l’agricoltura; in Lamezia Terme, dopo, in gemellaggio con l’edilizia, fino a quando essa è stata “ cinghia di trasmissione”, l’artigianato è stato tanta parte della loro economia creando occupazione, trasmettendo l’arte del “sapere fare”, da generazione in generazione di giovani, all’interno di quella “ bottega”. Una fucina che forgiava all’arte, al “mestiere artigiano”, non disgiunti dai “valori” dell’Uomo, introducendo nella società nuovi imprenditori. Non fu da meno in tanto scenario il ruolo della “maistra”, la moglie del maestro artigiano, che riempiva, rendendola completa, quella preparazione fatta nella semplicità del dare e che faceva l’Artigianato: Famiglia, Scuola, Tradizione, Religione, Arte creativa, Musica. Sì, Religione, perché l’artigiano crede in quello che crea, mentre non mancava all’interno della bottega, dei falegnami in particolare, il quadro della Sacra Famiglia riunita attorno al banco di lavoro; Musica, perché gli artigiani erano elementi della “banda” musicale. Vero, mio maestro di vita, Francesco Coschino, ebanista, ancora, sulla breccia per darci i Tuoi capolavori, unici e dall’arte creativa. Scorrono, mentre scrivo, veloci nella mia mente, accostando nomi, volti e ubicazioni di botteghe nella Nicastro del tempo di: “Falegnami”, ” mastri d’ascia e di “ccetta”, ”sigantini”, “cravunari”, ”varrilari”, ”vuttari”, ”siggiari”, ”rutari”, ”mbastari”, ”sillari”, ”frascari”, “mpagliaturi”; ”furgiari”, “landiari”, ”quadarari”, ”miccanici”, “affilaturi”, ”bricichittari”; “critari” ”pignatari”; “sitazzari”; ”cistari”; ”scupari”; ”curdari”; “sbumbari”; “custulieri”, “maistre ‘i tilaru”, maistre ‘i frangia”, ”maistre ‘i ricamo” “matarazzari”; “muraturi”, “mattunari”, “janchiaturi”, ”funtanieri”; frantuiani”, ” risculari”; ”mulinari”, ”gelatari”, “durcieri”, “ distillaturi”, “lattari”, “casari”; ”furnari”, ”gazzusari”; “carrettieri; rulugiari”; ”scarpari”; ”ritrattari”; ”umbrellari”; “stampaturi”, ”riligaturi”; “candilari”, ”sapunari”; “varvieri”, “parrucchieri“, capillari” ecc. ecc. Non era da meno, ma si aggiungeva:, il tintinnio delle “forge” di “Terraveccha“ quando i martelli, a cadenza alterna, picchiavano sonori sull’incudine su cui era posto il ferro da forgiare; il brulicare fattivo di meccanici in Via Milite Ignoto; quell’odore acre dei peperoncini che le donne “ammaccavano” con lenta cadenza nei mortai per produrre pepe per le “conserve” di pomodoro, là, “intra a ruga di “Cruci”; lo spettacolo pieno di fascino e di laboriosità il mattino presto, incontrare i lavoratori che andavano sul posto di lavoro, silenziosi, determinati con la colazione avvolta accuratamente nello “stiavuccu” preparato con cura dalla moglie sin dalla sera precedente, (pur nel magro salario, quando le feste erano una penalizzazione perché non

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essendo lavorate, non erano pagate; le ferie una chimera; la tredicesima per qualche chilo di pasta) e in quella penombra, tra notte e primi albori, si salutavano l’un l’altro, sereni e augurali. In questa realtà di “fatika”, che per alcuni “Mastro don Gesualdo”del tempo era “costruire” ricchezza indebita, mentre procurava disagi e povertà diffuse (così come oggi quando “nessuno paga nessuno”, mentre si fallisce per “ crediti non riscossi” perché portano allo stato d’insolvenza, così da perdere quanto realizzato nel tempo, per cui i drammi dei suicidi, delle intemperanze drammatiche che le cronache raccontano, incomprensibili a quanti vivono nell’”agio” parassitario, oppure, nel “Palazzo” da “Proci”,o, nella “burocrazia” che asserve). Facevano da contorno: “i putighi du vinu”, ristoratrici dopo una giornata di duro lavoro, un rito andare “dduvi” “i Coriverdi” (erano tre osterie), “u Ciualu”, “a Razioni”, “u Carabiniari”, “Acitaru”, “a Bionda”, “Chirumbolo”, “A Brigadera”, “Donna Chicchina”, “U fatturi”, “U Maggiori”, “D’Agostino”, “Totariellu u raju”, “a Malagrana”, Sazizzu”, “Chirumbulo” e tantissime altre, per gustare il solito “vintino” (1/5 di litro di buon vino d’uva); barbieri, sarti, calzolai che al lunedì, giorno di riposo settimanale delle categorie, era canonico per loro “visitarle” e, in speciale modo, subito dopo S. Martino, individuare le botteghe private di coldiretti presenti nei rioni S. Lucia, Conciapelle, San Teodoro le quali, per insegna, esponevano un ramo di ulivo, detta “frasca”, con un lanternino, per gustare “u muscatiallu” appena spillato dalla botte; i “pignatari che esponevano per la vendita i loro manufatti in creta ( “vozze”, “lincelle”,”salaturi”,“carusialli”, vasi ornamentali, ecc. ecc..) nel ricco mercato ortofrutticolo di Piazza Mercato dove i protagonisti erano “ i ricatteri”, eccellevano per professionalità i “Riacci”, con le bancarelle che si snodavano attorno alla caratteristica e accogliente “pescheria”, mentre tutt’intorno i negozi di Amalfitani, (Amatruda, Amato, Pietro “a calatella”, il bazar di “Iovine”dagli odori esotici da inebriare e dagli arredamenti d’epoca”), completavano con la loro eccellenza di servizio. Un’economia che si faceva in un rapporto sinergico tra agricoltura e artigianato coinvolgendo i paesi limitrofi, mentre nelle fiere l’orizzonte diventava regionale. Mestieri della tradizione che si gemellavano, parimenti, con l’edilizia, appena avviatosi il boom del settore (1960), alimentato dalle rimesse degli emigranti. Fu un fare di servizio pieno d’arte dove l’uomo faber si esaltava nella sua creatività con manufatti che, l’estro innato, rendeva sempre diversi, l’uno dall’altro, unici. Molti di essi diventavano momenti vivi di Fede e d’incontro con Dio (crocefissi,statue ecc.) perché la Chiesa calabrese favorì con il mecenatismo tanto facere creativo. Il solo in Calabria, ahimè, mentre i “ricchi” pensavano ad accumulare la “roba”: i “mastri don Gesualdo”, descritti magistralmente dal Verga e dal “Verismo”. Oggi, paghiamo in

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economia tanta mancanza culturale che altrove dette luogo al “Rinascimento” Italiano che permette alle regioni del Nord e del Centro di essere offerta turistica, economia artigiana avanzata, export, guardare all’uscita dal tunnel della crisi in atto, certi della ripresa immediata a regime, mentre ci fa leggere il nostro “divario” dal contesto nazionale che una politica, quella priva di sana ambizione e la burocrazia che asserve, hanno accentuato. Ma non siamo stati da meno noi cittadini quando abbiamo operato con lo scarso civismo; distrutto da “cavallette” domenicali la Natura generosa; abbrutito il paesaggio con l’abusivismo; operato solo nei diritti, quasi mai nei doveri. Né siamo stati da meno da elettori con il nostro voto di “scambio”per favori, quel “do ut des” che ha “democraticamente” accantonato le figure sane e capaci pur presenti nel nostro contesto lametino e calabrese, o se eletti, abbiamo dato consensi risicati che toglievano “forza” a quel facere propositivo. Ma, il ruolo dell’artigianato ai giorni nostri non sarà diverso da quello dell’ex Nicastro anche se in scenari di mercato diversi; nella crisi recessiva in atto; nella mancanza di un sistema industriale responsabile per non avere saputo creare filiere e/o fenomeni produttivi collaterali. Certamente, l’illecito utilizzo delle agevolazioni della L. 488/92 da parte di pseudo imprenditori, oppure, il ricorso a Patti territoriali, a Fondi strutturali senza risultati vanificando le finalità volute dal legislatore nazionale e dall’UE, oggi si fanno pesantemente sentire. Non è stata da meno quell’agricoltura “previdenziale”, giammai produttiva, perché “costruita” per riscuotere indebitamente indennità INPS, per cui il “facere” artigiano resta solo dinnanzi al mercato globalizzato, con la prospettiva di sostare in quello marginale, anche, quando la crisi uscirà dal tunnel. Un’altra verità,leggendo il passato, va rilevata: l’economia calabrese, lametina, se pur fragile, è stata prodotta da operatori artigiani semplici, a bassa scolarità, mentre noi professionisti non siamo stati “valore” aggiunto,perché potevano e dovevamo dare. Oggi, saremmo sicuramente meno fragili nell’affrontare il mercato vero. A Lamezia Terme ad oggi operano 351 aziende artigiane con 978 occupati, di cui ben 105 aziende con 325 occupati nel produttivo;173 aziende nel servizio con 427 occupati;73 aziende con 226 occupati nell’edilizia i cui imprenditori sono giovani perché c’è stato un rinnovo generazionale. Un testimonio passato da padre a figli dall’alta scolarità. E tanto aiuta, non soltanto perché imprenditoria giovane con un trascorso aziendale da consolidare, ma con un domani tutto per loro, così come immensa prateria da coltivare. Per cui innovazione, partenariati, reti d’impresa saranno i punti di forza, una necessità che quella scolarità rende possibile se pur premessa da rinvigorire con la formazione, l’aggiornamento costante, la legalità nell’operare.

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eventi

Il percorso delle tre Abbazie di Giovanni Mazzei Il percorso delle tre Abbazie è il nome che ho voluto attribuire a un particolare giro storico, naturalistico e culturale che ho compiuto il 12 giugno scorso. La data non è casuale, infatti, in quella data ricade il compleanno della mia fidanzata, e per festeggiare tale ricorrenza abbiamo deciso di regalarci una giornata particolare, diversa, lontana dai ritmi frenetici e dalle solite convenzioni (spesse volte false e ipocrite) dei rapporti umani. Prima tappa del nostro percorso è stata Taverna, paese natìo del cavalier calabrese: Mattia Preti. Il borgo di Taverna si raggiunge facilmente viaggiando in direzione nord da Catanzaro e svoltando a sinistra dopo aver oltrepassato san Pietro in Magisano. Taverna è un paesino delizioso, il suo centro è ricco di storia ma al contempo vitale, è uno scrigno di palazzi nobiliari, chiese antiche e balconi fioriti. La vegetazione montana ingloba tutto ciò che l’uomo ha realizzato, ricordando come la dea natura vegli sempre sui suoi figli umani. Dopo aver fatto colazione e aver potuto saggiare anche la cortesia e la simpatia delle persone del luogo, ci siamo immediatamente diretti verso il museo. Il museo ospita oltre a Preti una sezione contemporanea, dove poter ammirare le opere di molti nostri compaesani lametini, tra i quali ricordo, visto che ci accomuna una lunga amicizia, Tonino Caporale. L’essenza di Mattia Preti pervade Taverna e ancora di più il suo museo, ma dove concretamente è possibile palpare la presenza artistica del pittore calabrese è senz’altro la chiesa di San Domenico (inclusa nel tour del biglietto museale). In questa splendida chiesa è possibile ammirare svariate pale d’altare tutte recanti la firma del massimo esponente delle arti figurative in Calabria, il quale ha anche realizzato un suo celebre autoritratto incluso in un affresco. Il mio racconto deve essere per forza breve per potervi illustrare le altre tappe, e anche perché sarebbe impervio descrivere le emozioni che suscita l’arte, dico solo che Taverna dovrebbe essere tappa obbligatoria per chiunque ami la Calabria. Dopo Taverna la nostra destinazione è Villaggio Mancuso, nella Sila piccola. Prima di raggiungere la montagna però nel nostro itinerario c’era Peseca. L’abbazia di Santa Maria di Peseca, abbazia basiliana della quale restano pochi ruderi. Fondata dai monaci italo-greci tra il X e l’XI secolo, era affiancata da una chiesa che è andata completamente distrutta. Fu fondata nel 970 d.C. da Monaci bizantini, in seguito al ritrovamento ritenuto miracoloso da parte degli abitanti della vicina Taverna, di un’icona della Vergine con in braccio un Bambino. Al momento resta integra una porzione di parete; immersa nel verde con lo sguardo che affaccia sul mar Ionio: un’oasi di pace infinita, uno degli angoli più belli della Calabria. Ripreso il cammino siamo arrivati a Villaggio Mancuso, a circa 1500 m di altitudine; qui abbiamo pranzato con tagliatelle ai funghi porcini e

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salsicce arrosto con patate fritte: il tipico cibo silano! Abbiamo visitato il Parco nazionale della Sila – Centro visite Monaco, dove in una natura curata benché incontaminata, abbiamo passeggiato costeggiando uno splendido laghetto, riposato in un assortito roseto e poi ammirato degli stupendi daini. Ripreso il cammino abbiamo costeggiato in macchina il lago delPassante, laghetto artificiale che sa però far realmente gioire gli occhi, prima di effettuare una rapida visita al Mabos ovvero Museo d’Arte del bosco della Sila, il quale si sviluppa nel comune di Sorbo San Basile (Cz). Un museo innovativo, che mette in relazione arte contemporanea e natura, in un percorso che si snoda attraverso culture posizionate nel bosco. Ulteriore tappa e seconda abbazia del nostro percorso è l’abbazia di Corazzo nel territorio di Castagna, nel comune di Carlopoli. La strada per arrivarci dalla Sila piccola catanzarese è tortuosa, isolata e immersa nella natura, vari sono stati i capi di bestiame che abbiamo ammirato molto vicino alla nostra vettura e sbalorditive sono state le ginestre fiorite che si affacciavano sulla nostra strada con un giallo gioioso e spettacolare. L’abbazia di Santa Maria di Corazzo è un’abbazia fondata dai benedettini nell’XI secolo in prossimità del fiume Corace in Calabria, ricostruita successivamente dai cistercensi nel XII secolo, danneggiata una prima volta dal terremoto del 27 marzo 1638 e ancora dopo dal disastroso terremoto del 1783. Da qui passo l’abate Gioacchino, ed è molto emozionate ammirare le mura, a basilica, e immaginare la vita dei monaci in questi luoghi. Certo forse sono solo fantasticherie, illusioni, ma – come recita un cartello in legno di fronte l’abbazia – “è vietato calpestare i sogni”. Il proseguo del percorso ci ha ricondotti nel territorio dell’hinterland lametino, proponendoci nomi e luoghi a noi più noti. Soveria Mannelli, Decollatura e Platania, poi Nicastro, fiancheggiando l’antico castello Normanno-Svevo. Il nostro percorso non era ancora completo. Prima di tornare a Sambiase, per spegner le candeline e tagliare la torta, avevamo ancora un’abbazia da visitare: la nostra. L’abbazia benedettina di Santa Maria di Sant’Eufemia, situata in località Terravecchia di S. Eufemia Vetere. Fondata da Roberto il Guiscardo nel 1062 sui resti dell’antico monastero bizantino di Hagia Euphemia di Neòkastron, ed intitolata a S. Maria, rappresenta una delle prime fondazioni religiose edificate dagli Altavilla in Calabria. Col tempo, intorno all’Abbazia Benedettina di Sant’Eufemia s’insediarono case di contadini e artigiani creando un piccolo villaggio dove fiorì poi il commercio e l’artigianato. Fra queste rovine millenarie abbiamo ammirato il sole tramontare: i suoi rossi raggi lambire la storia più importante di Lamezia Terme e concluso così uno splendido itinerario, un compleanno da ricordare.

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Progetto Waterfront Lamezia e Porto Turistico: Consegnati da Lameziaeuropa e Coipa International agli Enti sottoscrittori del Protocollo d’intesa gli elaborati tecnici dello studio di fattibilità

Sulla base di quanto stabilito il 18 dicembre scorso alla presentazione del Masterplan Generale del Progetto Waterfront Lamezia e nuovo Porto Turistico, nonostante le difficoltà legate a Covid 19, nel corso di due brevi incontri di lavoro sono stati consegnati da parte di Coipa International agli Enti sottoscrittori del Protocollo d’Intesa gli elaborati tecnici riguardanti lo studio di fattibilità. Alle iniziative coordinate dal Presidente della Lameziaeuropa spa Leopoldo Chieffallo, insieme all’amministratore delegato di Coipa International Vito Favorito Sciammarella, hanno partecipato tra gli altri l’Assessore Regionale Franco Talarico, il Sindaco di Lamezia Terme Paolo Mascaro, il Presidente della CCIAA di Catanzaro Daniele Rossi, il generale Aloisio Mariggiò Commissario di Calabria Verde, il commissario Corap Fernando Caldiero, il presidente della Fondazione Terina Gennarino Masi. Da parte di tutti i rappresentanti delle istituzioni è stato espresso apprezzamento per il lavoro svolto fino a questo momento in maniera condivisa da parte di tutti gli Enti coinvolti nel progetto di sviluppo e per la forte e concreta determinazione di Coipa International a portare avanti il lavoro sulla base degli impegni e delle linee guida del Protocollo d’Intesa sottoscritto tra settembre e dicembre 2019. In particolare l’Assessore Regionale Talarico ha confermato l’impegno della Regione Calabria a promuovere a livello istituzionale il progetto anche a garanzia degli investitori internazionali ed a migliorare il sistema infrastrutturale e viario dell’area industriale anche attraverso lo svincolo autostradale di accesso diretto. Il progetto rappresenta una grande opportunità di sviluppo economico ed occupazionale per l’intera Calabria e con la realizzazione del

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di Tullio Rispoli

porto turistico, in stretto rapporto con l’aeroporto internazionale, permette di valorizzare l’area industriale di Lamezia Terme quale hub logistico strategico intermodale. Il Presidente della Camera di Commercio Rossi ha evidenziato la valenza non solo calabrese, ma almeno per tutto il Mezzogiorno d’Italia del progetto che può rappresentare, per come concepito, una leva importante per lo sviluppo intersettoriale in ambito edilizio, commerciale, ricettivo e turistico. Il Generale Mariggiò commissario di Calabria Verde ha spronato le istituzioni presenti ad andare avanti con determinazione per realizzare quanto previsto ed ha evidenziato la possibilità attraverso il progetto di recuperare la pineta litoranea dell’area industriale e di creare un punto di approdo portuale importante per i flussi turistici internazionali lungo la costa tirrenica calabrese. Il Sindaco di Lamezia Terme Mascaro, nel ringraziare Coipa International per aver rispettato in pieno i termini previsti, ha evidenziato che il progetto è molto ambizioso e da esso partirà un nuovo sviluppo per tutta la Regione Calabria che esplicherà le sue infinite potenzialità finora rimaste inespresse. Finalmente, dopo 50 anni di attesa, il sogno del porto turistico a Lamezia può diventare realtà. E’ un’opera al servizio dell’intera Calabria che in sinergia con l’aeroporto internazionale può trasformare radicalmente il destino dei nostri territori. Prossimo step operativo, dopo una valutazione preliminare del progetto presentato da Coipa International, l’avvio della fase di evidenza pubblica p r e v i s t a ai sensi dell’art.183 comma 15 del Dlgs n° 5 0 / 2 0 1 6 P r o j e c t Financing del Codice degli Appalti.

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scuola

CINQUE ANNI INSIEME

La V del Liceo Scientifico di Chiaravalle con sei 100 e lode e quattro 100/100 Ormai giunti al termine del nostro percorso presso il liceo scientifico IIS “E. Ferrari” di Chiaravalle Centrale, noi studenti della V ALS, volgendo nostalgicamente lo sguardo al passato, ripercorriamo un cammino di crescita, che ci ha segnati profondamente. Anni intensi e memorabili resisteranno certamente al tempo, nel piacevole ricordo di un processo evolutivo che ci ha cambiati e forgiati: ricorderemo ogni singolo attimo condiviso, ogni emozione vissuta, gioie e timori all'ordine del giorno. Sembra ieri, infatti, che noi ragazzi vi entrammo per la prima volta. Ad accoglierci? Colei che di lì a poco sarebbe stata la nostra insegnante di scienze motorie per i prossimi tre anni. Come dimenticare quegli attimi pieni di ansia, di paura, ma di certo emozionanti per l’inizio di un nuovo cammino. La sensazione di vertigine iniziale è stata colmata però dall’affetto e dal legame che fin da subito si è creato e instaurato con i nostri insegnanti: abbiamo formato una grande famiglia. Noi adolescenti attraversiamo momenti più o meno felici, molte volte situazioni difficili che ci sentiamo incapaci di affrontare. Quegli stessi momenti sono stati il più delle volte condivisi insieme: è ciò che ci consola. Perché è così che si fa in una famiglia, luogo in cui ciascun ragazzo, in quanto tale, cresca, si diverta e sia libero anche di soffrire e manifestare la propria sofferenza (e in questo sia supportato). Non bisogna mai perdere la sensibilità e il lato umano delle cose. L’evidente differenza che separa un grande istituto dal nostro è il senso di umanità che distingue noi ragazzi e professori: la consapevolezza che dietro alla figura dell’alunno o dell’insegnante

c’è una persona che affronta la vita di ogni giorno. La scuola, infatti, non può e non deve essere semplicemente nozionistica (gli alunni non sono certo sacchi da riempire), ma deve aiutare a crescere e fornire i valori e i complementi per la vita. Non dimentichiamo, poi, le nostre guide, i nostri insegnanti, che ci hanno accompagnati in questo percorso tenendoci per mano, fino a condurci al punto in cui ci ritroviamo a dover fare una scelta di vita. Giunti al termine di questi cinque anni, è ora il momento di spiccare il volo, di protendere lo sguardo al futuro, nella consapevolezza che ogni istante trascorso sarà per sempre parte integrante di noi,

perché, come diceva Nelson Mandela, "il ricordo è il tessuto dell'identità". Queste nostre parole sono volte a farvi gustare in maniera indiretta l'esperienza all'interno del Liceo Scientifico di Chiaravalle Centrale da chi questa esperienza l'ha vissuta sulla propria pelle e a pieno. Potremmo definirla come un processo di "svezzamento": il

termine in sé è significativo, ma vogliamo offrirvi alcune immagini che meglio ne facciano intendere il senso. Dalla paura dei primi giorni nella scuola, lo spaesamento iniziale, la diffidenza si arriva alla fine, attraverso gioie e dolori, a provare un'estrema voglia di volare alto individualmente, e non di certo perché i timori iniziali si saranno rivelati fondati, ma perché il desiderio di libertà, di indipendenza, è insito al percorso e lo renderà persino più piacevole. Il liceo da noi frequentato è come una sorta di grande albero, dalle forti radici, il quale, se pur dispiacendosi di abbandonarei propri fiori, sa che questi devono produrre frutti ed è felice perciò di aver contribuito alla loro realizzazione. I fiori, se non è ancora chiaro, siamo noi alunni che, dopo aver trascorso degli anni a far parte di un albero così accogliente e pieno e della cui unità abbiamo pure goduto, ora sentiamo urgente il bisogno di splendere nella nostra singolarità e intraprendere ognuno un sentiero ancora sconosciuto. Nonostante ciò sia innegabile, la memoria sempre ci riporterà al lavoro straordinario e al contempo umile delle radici, che non fecero sfoggio dei propri sforzi, ma sempre ce la misero tutta per offrire sostentamento ai propri fiori. Adesso noi, così ansiosi di migliorarci e migliorare il mondo, di dargli nuovi frutti e colori, vogliamo ringraziare queste radici per i loro preziosi insegnamenti, "perché, anche se gli anni passano, alcune guide ti segnano per la vita". Ab imo pectore, gli alunni della V ALS, a.s. 2019/2020.

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randagismo

Una città a quattro zampe Riflessioni sul comunicato stampa dell’Amministrazione comunale sul randagismo di Michela Cimmino

Riflessioni sul comunicato stampa dell’Amministrazione comunale sul “ randagismo” Una problematica che certamente sta a cuore a molti di noi, in special modo agli animalisti che, più propriamente, ci piace definire umanisti . E non c’è da torcere il naso su questa affermazione se partiamo dall’assunto secondo cui la liberazione animale e la liberazione umana debbano andare di pari passo, in quanto il senso civico di una comunità è direttamente proporzionale all’attenzione al mondo degli animali , in termini di diritti, etica , politica ,questione ambientale Due mondi che sono uno, che si intersecano a dispetto di uno antropocentrismo e “specismo” che arrecano danni pesantissimi a quell’homo sapiens che ne ha la responsabilità. Si evince con sempre maggiore urgenza, per offrire un mondo migliore a tutti gli esseri viventi, la necessità di allargare la considerazione morale agli animali, e non solo a quelli di affezione Ma si avrà occasione di affrontare a 360° un argomento che richiede riflessioni e competenze, spazio e luogo idonei per farlo. Quel che oggi chiama in causa il nostro pensiero, da cui la necessità di esprimere il nostro sentire , nasce dalla nota stampa dell’amministrazione comunale lametina che, certamente rompe il silenzio su un aspetto finora trascurato , forse perché ritenuto di secondaria importanza. Diamo sicuramente merito al sindaco, alla giunta, alla consigliera D’ Amico che ha da sempre avuto a cuore il problema, alle associazioni e volontari che hanno eventualmente collaborato alla stesura -ripeto sicuramente meritevole - ma ciò non ci esime dal voler fornire, e non per sterile critica, eventuali integrazioni nel rispetto e tutela degli animali ,del decoro urbano , dell’attenzione ai comportamenti dei cittadini , da perseguire severamente in caso di infrazioni nell’applicazione rigorosa delle regole, avulse da discriminazioni di fondo. Gli ultimi raccapriccianti episodi di maltrattamenti e uccisioni di un’intera colonia di gatti ha prodotto tale sdegno da non poter restare in silenzio oltre. La voce chiara e forte dell’amministrazione è senza dubbio un deterrente a fatti di tale nefandezza, episodi incivili e criminali che rimandano l’immagine di una città che non corrisponde al nostro senso civico. Anche se il cammino è ancora lungo la città sta rispondendo alle regole , con eccezioni che non devono ferire la generosità , i tanpag. 18

ti interventi di sensibilizzazione dell’associazionismo e di movimenti con la più ambita prospettiva di un rivoluzionario cambio di punto di vista: l’attuazione di un ripensamento generale non solo dei rapporti tra umani e animali ma tra gli stessi uomini. Non è un azzardo se dico quanto un atteggiamento “specista”, il pregiudizio umano di superiorità tra gli esseri viventi di cui abbiamo avuto misura in questa fase di isolamento, è in analogia con pregiudizi discriminatori quali il razzismo , il sessismo… E , allora, qualora fosse necessario, ribadiamo che il rispetto per gli animali è tassello fondamentale per la civiltà di un popolo. Il nostro punto di vista parte da una priorità che non può più essere rinviata. Dalla teoria alla prassi, ora urge concretamente avviare una campagna di sterilizzazione, a tappeto sul territorio, che riducendo il numero di cucciolate faciliterebbe gli interventi. Sarebbe produttivo organizzare un corso di formazione a vigili urbani e volontari per far sì che possano meglio fronteggiare a livello operativo il randagismo, nel pieno rispetto di regole e competenze. Il comunicato stampa prevedeva inoltre un punto che ci è sembrato lesivo dei diritti degli animali, il divieto a dar loro del cibo che, involontariamente e nelle teste malsane dei responsabili del fatto di cronaca di cui ho fatto menzione, può aver fatto da incoraggiamento ad un comportamento di questa crudeltà. Ben venga chi si prende cura dei cani e gatti senza padrone, porta loro croccantini o altro, purché abbia cura di pulire e mantenere il decoro e la salubrità dei luoghi. Pertanto dar da mangiare agli animali per strada non dovrebbe essere perseguito con atti amministrativi se si provvede ad avere cura della città e non creare problemi ai vicini. Un ultimo aspetto non considerato, al fine di evitare sepolture fai da te in luoghi poco consoni, è prevedere un cimitero per animali d’affezione. Sarebbe un altro passo di grande civiltà per Lamezia , e anche per il suo circondario, dato il numero sempre più elevato di famiglie che hanno a cuore i loro amici e desiderano garantire loro una dignitosa sepoltura . Michela Cimmino ‹ Lucia Zangari

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La nostra storia

Le Abbazie del lametino, centri di spiritualità e di produzione economica (II parte)

di Matteo Scalise

Monastero di Santa Maria del Carrà: situato nel territorio boscoso ancora oggi detto “contrada Carrà” e ricadente attualmente fra i comuni di Maida e Cortale, il monastero del Carrà fu fondato verso il 1150 in un sito dove già preesistevano monasteri basiliani quali S. Elia, S. Costantino, S. Pietro e S. Parasceve (poi latinizzato in Santa Venere) che in seguito furono incorporati nelle proprietà terriere dell’abbazia di Sant’Eufemia, da parte di monaci basiliani (ortodossi) che ricercavano la completa solitudine, monaci la cui provenienza da altro monastero, in ambito storico, ancora oggi è discussa. Fatto sta che questa nuova unità religiosa in breve tempo divenne un vero e proprio feudo agricolo in cui si lavorava, grazie all’interessamento dell’imperatore Federico II che dichiarò parte della proprietà del monastero “foresta regia” in cui si dilettava ad andare a caccia, le rinomate e lucrose colture della canna da zucchero e del gelso oltre alle altre attività agricole- pastorali già elencate nel paragrafo riguardante l’Abbazia di Sant’Eufemia Questa ricchezza faceva gola alle vicine diocesi di Squillace ma soprattutto a quella di Nicastro che tentò in ogni modo di renderla soggetta alla sua giurisdizione, ma inutilmente poiché dal 1166 la Santa Sede la pose sotto la sua diretta dipendenza. Tale scelta del papato impedì quindi che i monaci del Carrà potessero essere costretti dal vescovo di Nicastro ad abbandonare la liturgia ortodossa per quella latina, oltre che a perdere la gestione autonoma del loro ingente patrimonio economico. I vescovi di Nicastro s’inventarono di tutto, lo stesso, per avere le mani sul Carrà, come ad esempio accusando l’Abate del monastero di vessare i suoi monaci. Diversi papi ordinarono numerose inchieste tramite delegati papali che sortirono l’effetto contrario e cioè che non solo le accuse mosse dai vescovi nicastresi si rivelarono false, ma per tutelare ancora di più l’autonomia del Carrà richiesero al papa di elevare l’Abate di Sant’Eufemia della dignità episcopale (Abate Mitriato) cosicché nessun’altro vescovo potesse rivendicare alcun tipo di giurisdizione (sia temporale che spirituale) sul complesso monastico (1219). Risolto il problema dell’autonomia di governo, il Carrà cominciò ad avere quello economico. Infatti per tutto il Duecento e Trecento con fatica riuscirà a versare il canone annuo spettante alla Santa Sede. Il colpo di grazia per la definitiva decadenza del complesso monastico fu però l’affido della commenda, cioè il versamento delle ricchezze prodotte (i Benefizi) ad un Abate

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esterno che non risiedeva nel monastero, per cui la cui guida religiosa fu quindi delegata anche qui al Priore. Con questa situazione agli Abati commendari non importava nulla del monastero in sé, interessava loro soltanto riscuotere la rendita. Il Monastero così cadde ancora di più in povertà e l’immensa proprietà terriera e le sue pregiate produzioni furono date in affidamento a feudatari laici che non poche volte espropriarono ed usurparono i beni del Carrà in modo illegale, mentre le diocesi confinanti di Nicastro e Squillace pian piano cominciavano anche loro ad occupare porzioni consistenti della proprietà del monastero. Gli abati commendari furono nei primi tempi nominati fra i superiori di altri monasteri basiliani, un paio di volte ricoprirono la carica i vescovi di Squillace e di Martirano, molte altre volte furono nominati sacerdoti di altre diocesi calabresi e infine la commenda fu donata ad una serie di Cardinali. Nel 1560 divenne Abate commendario il cardinale Guglielmo Sirleto, originario di Guardavalle, il quale lo ricordiamo soprattutto perché con lui cominciò la spoliazione parziale dei beni librari e liturgici del Monastero (che annoverava bolle Papali, contratti, privilegi, Atti di varia natura, Evangelari miniati, scritti patristici, ascetici, agiografici, un Trattato di medicina e tanto altro) che furono inviati ad arricchire la costituenda Biblioteca Vaticana di cui Sirleto era stato nominato bibliotecario da parte di papa Innocenzo IX (al secolo Marcello Cervini, già vescovo di Nicastro). Sirleto poté fare ciò anche perché per diverso tempo vescovo della confinante diocesi di Squillace fu suo nipote Fabrizio Sirleto il quale si mosse in accordo con lo zio per recuperare qualcosa dell’immensa massa fondiaria che veniva meno alla diretta dipendenza della diocesi squillacense. Il cardinale Sirleto poi costrinse la comunità monastica del Carrà ad abbandonare definitivamente la liturgia Ortodossa in favore di quella Cattolica. La spoliazione del patrimonio culturale e la completa latinizzazione del Carrà ne segnarono la inevitabile fine. Nonostante il devastante terremoto del 1638 il Monastero, forse poco danneggiato, continuava a fornire rendita sia all’Abate commendario che ai laici usurpatori. Nel 1783 coll’ennesimo devastante terremoto il Carrà fu definitivamente raso a suolo e l’anno successivo i pochi beni ancora ad essa appartenenti furono venduti all’asta tramite la Cassa Sacra. Calò il silenzio sul Carrà fino a quando nel 1847 papa Pio IX informò il vescovo di Nicastro Nicola Berlingeri di aver nominato Abate commendario del Carrà un certo Celestino Maria Cocle, col compito di recuperare i 140 ducati annui di rendita che ancora esso produceva e di tentare di recuperare molti beni non pervenuti alla Santa Sede a causa di illecite usurpazioni. Il papa informò il vescovo di Nicastro poiché nei fatti ormai da tempo il territorio dove sorgeva il Carrà era stato annesso totalmente alla diocesi nicastrese. Oggi del Carrà forse esiste qualche muro totalmente celato alla nostra vista dalla fitta vegetazione.

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IL VOLTO SPIRITUALE DELLA CALABRIA

CATERINA BARTOLOTTA TE M PI D I CONVE R S ION E di Fernando Conidi

LA PRESENZA DI DIO Questa è l’ultima parte dell’intervista a Caterina Bartolotta su questo difficile momento che l’umanità sta attraversando. Il mondo intero è in subbuglio. La pace e la serenità, specialmente in questo periodo, sembrano sempre più un sogno e sempre meno una realtà. Il mondo appare pervaso come da forze misteriose e giochi di potere, che intrecciandosi lo rendono facilmente vittima e nello stesso tempo carnefice. All’orizzonte non si profila nulla di buono, ma, nonostante tutto, la speranza riposta in Dio e nella sua Chiesa resiste ancora agli attacchi che vengono sferrati continuamente da ogni direzione. Davanti a questo sfacelo sociale e umano, tra guerre, pestilenze, povertà e fenomeni naturali di un clima sconvolto dalle attività umane, che smuovono l’intero pianeta, la domanda di ogni individuo, che rifletta serenamente, è: “Dov’è Dio in tutto questo; siamo stati da Lui abbandonati a noi stessi?”. La controdeduzione a tale domanda è però di altro genere; la risposta è che se da una parte il mondo sembra precipitare sempre di più verso l’abisso più profondo della disumanità e della perdita della fede, dall’altra i segni della presenza divina sono sempre più evidenti. Purtroppo, gli occhi del mondo sono puntati verso il benessere materiale, e i segni che Dio concede non suscitano la curiosità e l’interesse delle masse. L’individuo sta divenendo sempre più meccanico, un essere “riaggiustato” per seguire le logiche dei “mercati sociali”, dove in vendita, oramai, si trova di tutto, specialmente ciò che impedisce all’uomo di prendere coscienza di sé ed essere consapevole della presenza di Dio. RISCONTRI SORPRENDENTI La mia esperienza con Caterina pag. 20

Bartolotta dura da qualche decennio; le ricerche e gli studi condotti fino ad ora hanno sempre avuto riscontri sorprendenti. Perché dove c’è conoscenza prende vita anche la coscienza, e la consapevolezza si concretizza con la sua limpida e continua presenza. Alla domanda, quindi, su un’incerta presenza di Dio, è necessario rispondere che la consapevolezza della sua presenza è il frutto di una ricerca che non è per nulla affannosa e difficile, spe-

Immagine della Madonna della Purificazione, così come appare a Caterina Bartolotta, realizzata dall’artista Giuseppe Grembiale di Tiriolo (CZ) nel 1974

cialmente in questi tempi. Difatti, le manifestazioni divine, i segni, sono innumerevoli in tutto il mondo, ma rimangono isolati e nascosti, compressi e sotterrati dal disinteresse generale, della quasi totalità dei media, dove l’informazione, in taluni casi, viene formattata secondo criteri che seguono direttrici prestabilite e obbligatorie, che sono lontane dalla dottrina cristiana. In Calabria,

Intervista - terza parte

la figura di Caterina Bartolotta è forse meno conosciuta che nelle altre parti d’Italia. La Calabria, storicamente nota per essere stata la patria di santi e mistici, mostra ancora una volta il lato oscuro dell’indifferenza a quella spiritualità che l’ha vista in passato divenire una delle terre culla della fede e della cristianità. Pur avendo accanto una mistica di grande valore, molti calabresi sono rimasti assuefatti dai problemi politico-economici e sociali, che pervadono la mente rendendola incapace di pregare e di dirigere gli sforzi verso la propria rinascita spirituale. UNA STELLA LUMINOSA Davanti a questo dilemma continuo e globale, all’orizzonte di questa umanità e in questo preciso momento storico s’intravede una stella luminosa, splendente, una guida sicura per noi tutti, marinai di questo mondo, verso un porto sicuro. È Lei, la Madonna, con le sue apparizioni, le sue raccomandazioni, le sue promesse, le sue preghiere e le sue mani protese in un abbraccio sublime e salvifico. In esso troveremo l’agognata pace e la nostra speranza non sarà disattesa, perché la Madre di Cristo ci condurrà verso la salvezza del Signore. È nella venuta di Cristo, infatti, che l’umanità ripone la vera speranza di liberazione da un mondo che smercia abomini e desolazioni, invece che pace e serenità. Apriamo, quindi, il cuore a questa vera speranza. Alziamo le braccia verso il cielo, con la preghiera nel cuore, perché il Signore ha promesso che non ci abbandonerà e sarà con noi ogni giorno fino alla fine dei tempi. Nessuna paura dunque e nessun timore, perché, come dicono i mistici di tutto il mondo, il Signore è alle porte e l’umanità troverà finalmente quella pace che da migliaia di anni ancora attende con la speranza nel cuore.

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IL VOLTO SPIRITUALE DELLA CALABRIA Chiudiamo questa intervista con un’ultima domanda: per la conLa Madonna le ha parlato molte versione cosa serve, cosa ci è volte della necessità della conutile? Serve capire che Dio esiste. Questo versione, prima che sia troppo avviene con l’esperienza. L’uomo si tardi, prima della venuta del Siconverte attraverso la preghiera e gnore, ma l’uomo sembra vivere camminando lungo il cammino della senza preoccuparsene. fede. Ognuno ha un percorso persoGesù e la Madonna mi hanno dato nale, alcuni hanno la fede già da picmolti messaggi che servono per coli, altri invece la trovano da grandi. stimolare le persone a cercare la Il seme della fede è nel nostro cuore, salvezza, perché questa vita non è ma ha bisogno di essere curato per eterna. Molti hanno fede, ma crescere e germogliare. Chi tanti, troppi si lasciano prenguarda oltre le cose terrene di dere dalle preoccupazioni questo mondo è spinto a certerrene e dai benefici per il care Dio. La Chiesa in questo loro corpo, e non pensano ha un grande compito, peralla salvezza dell’anima. Sono ché è la nostra guida. Ma la pochi, molto pochi quelli che vita stessa è la nostra scuola. si domandano come mai le Se cerchiamo Dio, con amore apparizioni della Madonna nel e sincerità, Egli si farà trovamondo sono molte e, sopratre, e allora il nostro cuore si tutto, perché appare da così convertirà e la nostra salveztanti anni. Questi sono i temza sarà assicurata. Anche una pi del Signore. Gesù me l’ha persona atea può trovare Dio, detto tante volte che il suo perché il Signore è misericorritorno è vicino, ma non tutti dioso e può convertire i cuori ascoltano il suo richiamo alla più duri. Infatti, la Madonna, fede. La Madonna instancain tutti questi anni, ha conbilmente appare per condurcesso tanti segni anche a chi ci alla salvezza, ma ognuno non credeva, perché un uomo si preoccupa delle sue cose che ha un cuore sincero, ma e fa orecchie da mercante. che non crede all’esistenza di Dio, quando invece lo trova, Però il tempo glorioso di Dio, diventa un grande credente, in cui saremo liberati dal maliun vero uomo di fede. Invegno, è proprio questo. Caterina, durante la Settimana Santa, in una foto del 2010 ce chi non crede in Dio, ma non ha interesse per l’amore e ama Caterina, certamente ci sono è certamente di Dio la responsabile cose che vengono dal male, non molte profezie sulla venuta del lità delle guerre e di tutto il resto; è si convertirebbe neanche davanti a Signore, ma non ne conosciamo l’uomo che uccide ancora, non certo i tempi, né potremmo conoscer- Dio. La venuta del Signore deve es- un miracolo, perché ama il male e li. Che cosa può dirci di questo? sere vissuta con trepidante attesa, non tutto ciò che proviene da Dio. Il Dico ciò che Gesù e la Madonna perché finalmente la bestia, il ser- cammino è difficile, ma, con l’aiuto di mi permettono di dire, e cioè che è pente antico sarà messo in catene Gesù e della Madonna, anche il più bene che l’uomo si converta, perché e non nuocerà più al mondo. E con grande peccatore che si pente viene perdonato e si salva; questo è il vero il Regni dei cieli è vicino e noi non lui tutti coloro che compiono il male e grande amore di Dio, che cancelconosciamo il giorno e l’ora in cui e amano fare il male. Dopo la nascita la tutti i peccati di una vita a colui il Signore scenderà sulla terra per di Cristo, credo che il passaggio più che si pente veramente col cuore. giudicare tutti. Però possiamo giudiimportante per l’umanità sia proprio Invito tutti a una profonda riflessiocare i tempi, perché è Gesù stesso ne sulla necessità di convertirsi in e anche la Madonna a dire che que- la sua seconda venuta perché sare- questi tempi difficili. Sappiate tutti sto è un tempo di grazia concesso mo liberi; finalmente la terra e tutti i che la Madonna e il Signore hanno all’umanità per la sua conversione. suoi abitanti vivranno come nel para- un amore immenso per noi e non ci diso terrestre. Chi non desidera queQuesto posso dirlo. abbandoneranno. Neanche noi però sto è colui che è preso dalla vita terdobbiamo abbandonare Loro. FaMi è capitato di parlare con per- rena, che è attaccato alle cose della cendo questo saremo tutti salvi, per sone che temevano la venuta di terra, oppure non ha abbastanza sempre. Gesù, era come se si oppones- fede da capire che la vita terrena è sero a questo evento, come se solo un passaggio, che è l’altra vita, Fonte: “Il Segno del soprannaturale”, n. 382, aprile 2020, Edizioni Segno - Autore: Fernando Conidi rappresentasse per loro non quella eterna, a essere importante.

L’INTERVISTA

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una liberazione, ma un problema. Qual è il modo giusto per vivere la venuta di Cristo? Per chi crede veramente, la venuta del Signore è liberazione. Da millenni l’umanità attende di essere liberata dal maligno. La causa della desolazione, delle guerre e di tutti gli sconvolgimenti che stanno avvenendo a livello mondiale, è sicuramente il maligno, ma anche l’uomo che segue i suoi disegni malefici. Non

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Sport A colloquio col maestro-allenatore autore di ‘Vigor Lamezia 100 di storia’.

GIANNI SCARDAMAGLIA: “I RAGAZZI MI HANNO STIMOLATO A STARE IN CAMPO”

di Rinaldo Critelli

Trentuno anni di attività fanno di Gianni Scardamaglia uno degli allenatori più longevi’ di Lamezia Terme, mentre competenza e preparazione gli sono riconosciute fin da inizio carriera. Al di là delle categorie, nel ‘maestroallenatore’ Scardamaglia emerge quell’apprezzata indole didattica capace di appassionare parimenti alunni e giovani calciatori delle squadre, quelle lametine tutte, che ha allenato. Con Scardamaglia partiamo dalla pandemia che ha stravolto la vita di tutti, compresi i bambini, universo che conosce bene… “L’isolamento era necessario – inizia Scardamaglia -, certo i bambini soffrono a loro modo, perché non riescono a concepire una vita senza scuola, maestre, compagni e vita all’aperto. I genitori spero si siano goduti ancor di più i figli. In quei momenti è stato importante fargli esprimere con libertà la propria creatività: quindi lasciarli mettere a soqquadro la stanzetta o il salotto, giocando con i vestiti di mamma e papà, un po’ come facevamo noi da piccoli. Fargli scaricare energie fisiche, con percorsi attraverso camere e corridoio: salti, capriole, ballo, battaglie coi cuscini. Ma ovviamente non trascurando i compiti”. Dopo vari libri sulle sue esperienze scolastiche e su Lamezia Terme, ecco a dicembre scorso ‘Vigor Lamezia 100 anni di storia’. Quanta fatica per un lavoro così analitico e preciso? “Immane, nonostante l’aiuto della bibliografia esistente, “Sul Campo tra gli Ulivi” di Adriano Macchione e “Protagonisti”, dove ho ripreso la storia della Vigor curata con Giuseppe Zangari. Le foto storiche le ho reperite dagli amici Russo, Rochira, Iannello, Costantino e altri; dal web e da giocatori storici della stessa Vigor come Giovanni Grandinetti. Ho impiegato tre mesi per scrivere e ricostruire il tutto”. Quali riscontri nelle edicole: la gente, i tifosi, hanno apprezzato? “Nei primi due mesi vendite alla grande, poi un fermo per il lockdown. Mi ha fatto molto piacere la telefonata di mister Sconzo (82 anni!) da Palermo che non conoscevo, abbiamo dialogato tanto: mi ha colpito gentilezza, preparazione e grinta. Mi ha pregato di salutare caldamente tutta la tifoseria biancoverde e tanti suoi ex allievi. Altri calciatori mi hanno chiesto il libro: da Maurizio Dolce da Torino a Giovanni Bonaccorso da Palmi; poi un collezionista da Rossano, una guardia carceraria da Mirto, un tifoso da Melbourne e due da Parigi. Un giovane imprenpag. 22

ditore australiano, Peter Linch, invece mi ha pregato di inviargli il libro e la maglia della Vigor Lamezia perché ha gli stessi colori della squadra di football americano di cui è presidente”. Un episodio curioso, un aneddoto del dopo-presentazione? “Un piacere la telefonata dei presidenti Ventura e Anastasio, oltre ad allenatori, giocatori e tifosi assenti quella per il maltempo. Poi tanti complimenti, la richiesta dove comprare il libro o segnalare che mancava la loro foto. Ringrazio i presenti di quella sera, tra gli altri Giovanni Di Cello, Sinopoli, Gigliotti, Lio, Gatto, Pulice, Natale Rettura, Mimì Vitalone”. Corso a Coverciano nel 2005 tra gli altri con Conte, Carrera, Nela, Breda, ed osservatore per la Samp (in foto con l’allora ds Paratici oggi alla Juve), concorda sulla necessità di fermarsi ovviamente… “Il fatto che anche il calcio si sia fermato ha evidenziato la gravità del momento. Poi è stato giusto riprendere: specie in Calabria lo sport ha finalità sociali che coinvolge migliaia di addetti e tifosi”. Il giocatore, collega, ds e pres a cui siete più legato? “Gianni Rivera, mentre Attilio Cirillo e Fernando Miletta tra i miei compagni. Tonino Vitale tra i grandi. Da allenatore citerei tutti i ragazzi che ho avuto (l’elenco è davvero lungo – ndr) perchè mi hanno stimolato a stare in campo per tanti anni. Tra gli allenatori ho imparato molto da Baroncini, Sereni e Sasà Leotta. Tra i ds Enzo Saladino, che mi ha dato l’opportunità di cominciare e il grande Nicola Samele, che grave perdita: con entrambi all’Adelaide abbiamo vinto tutto! Tra i presidenti: Michele Amatruda, Rocco Alfano, Ciccio Calidonna, Antonio La Gamba, Angelo Scardamaglia”. La stagione o partita memorabile? “Tante, ne cito tre: Allievi Catanzaro-Adelaide 1-4; in C2 Vigor-Cavese 1-1 e Montalto-Sambiase 0-2, l’anno che vincemmo la Promozione col Sambiase, a fine di quella gara ricordo l’abbraccio con Samele che restò completamente bloccato con la schiena. Aneddoto? Con la Vigor ricordo che schierai Mimmo Nosdeo punta centrale e rimase sbigottito: vincemmo 2 a 0 e sapete chi segnò la doppietta? proprio Mimmo, vincendo il titolo regionale”.

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Sport

LA PALLA VOLA. L’UOMO RESTA, IL CLUB È L’UOMO di Vincenzo De Sensi

Forse solo le storie future renderanno pieno omaggio agli impegni che la JUVE Lamezia ha saputo assolvere negli anni settanta- ottanta del calcio giovanile lametino. C’è stata una «bellezza» calcistica, nel corso degli anni settanta-ottanta, che è appartenuta tutta alla pedata lametina ed il marchio bianconero è riuscito a contrassegnarla con innumerevoli patenti di nobiltà, ponendo non solo un freno a certa decadenza della “scuola” lametina, ma offrendo vie di uscita, termine di paragone,modelli di comportamento, in campo e fuori. Sempre fedele alla tradizione ed all’immagine stilistica che deriva da questa tradizione, la Juve Lamezia si è offerta come specchio di una società umana, di uno spirito agonistico disciplinato ed esemplare. Ha prodotto “calcio reale “in anni in cui il “calcio parlato” tendeva ad una sproporzionata deflagrazione. Ha fornito pochissime occasioni d’intervento alla giustizia sportiva. Ha accumulato vittorie nelle varie categorie, tornei, maratone, ha sostenuto prove in tutta la Calabria con un puntiglio ed un doverismo che meritano massimo rispetto. C’è una «bellezza» juventina che è fatta di pudore, di ritrosia, di educazione, di riserbo, anche se sul campo tutti i bianconeri sanno combattere a denti stretti; ma aldilà della carica sportiva rimangono queste lezioni esemplari, amate persino dagli avversari, che sempre hanno riconosciuto nella Juve Lamezia un punto di riferimento, un magistero calcistico e societario. Per assurdo vorremmo dire, anche senza la

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caterva di campionati e di allori conquistati in quegli anni, l’insegnamento bianconero sarebbe ugualmente valido; per dignità, per vocazione realistica, per integerrima interpretazione dello spettacolo sportivo. Non per nulla, la “scuola” juventina viene vagheggiata anche da coloro che hanno dovuto abbandonarla; non esiste atleta che, vestendo altra maglia, non ricordi con affetto “questa” Juventus ed il momento da lui vissuto, nel club lametino. Chi ha attraversato gli anni settanta-ottanta seguendo le imprese del calcio giovanile lametino non può mettere in solaio i ricordi di tanta avventura. Lo stile è l’uomo, diceva un filosofo. Ma lo stile, con undici ragazzi che corrono su un campo, è anche una scelta di fondo, è anche una sfida alle facilonerie ed ai comportamenti caotici del nostro vivere attuale. E’ quasi impossibile, dovendo scrivere una pagina per una società di calcio giovanile non far ricorso ad aneddoti, nomi, frangenti ed occasioni tipici; solo il “modello Juve” lo consente, perchè il “modello Juve” aldilà dei risultati, è una figurazione amalgamata, è un prototipo. Puoi girare la Calabria e dire “Juventus Lamezia”. Anche questa è una lezione di misura, un metodo di paragone con il vivere. La palla vola, l’uomo resta, il club è l’uomo. Aldilà di vittorie e sconfitte rimane quel timbro, quella «bellezza» che diventano un segreto ma anche una maniera di essere ed una certezza di essere ed una intelligenza di essere.

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La parola alla Psicologa

SOMATIZZAZIONE DELL’ANSIA: CAUSE E RIMEDI di Valeria Saladino L’ansia si può esprimere anche attraverso dolori fisici che non hanno una reale origine organica: si parla in questi casi di ansia somatizzata. Per somatizzazione si intende un particolare processo psico-fisico che porta una persona a manifestare in una parte del proprio corpo organicamente sana un dolore, come risposta inconscia ad un’alterazione del proprio equilibrio psicologico. L’ansia è un correlato psicofisiologico degli stati di stress in cui corpo e mente si alleano per cercare di far fronte a una situazione emergenziale che richiede tutte le risorse

possibili. Quando però l’ansia diventa patologica, spesso è difficile da gestire e può innescare somatizzazioni importanti che, se non riconosciute come tali, possono causare ulteriore paura e preoccupazione innescando un circolo vizioso che è bene interrompere al più presto recuperando la tranquillità di sentirsi nel corpo. La somatizzazione dell’ansia si presenta normalmente quando la nostra ansia, protratta per lunghi periodi, si esprime attraverso dolori fisici che non hanno in realtà apparenti cause organiche ma piuttosto sono rappresentazione di una condizione psicologica alterata. I problemi psichici vengono espressi attraverso disturbi dell’umore, del comportamento e a volte attraverso disturbi fisici. Così l’ansia, i pensieri sconnessi o ossessivi, lo stress, o altre forme di problemi psichici si possono riversare sul corpo creando, solo per citare alcuni esempi, i seguenti sintomi: vertigini, nausea, problemi

Testata Giornalistica Di tutto un po’ - lamezia e non solo anno 28°- n. 64 - luglio 2020 Iscrizione al Tribunale di Lamezia Terme dal 1993 n. 609/09 Rug. - 4/09 Reg. Stampa Direttore Responsabile: Antonio Perri Edito da: GRAFICHÈditore Perri Lamezia Terme - Via del Progresso, 200 Tel. 0968.21844 - e.mail. perri16@gmail.com Stampa: Michele Domenicano Allestimento: Peppino Serratore Redazione: Giuseppe Perri - Nella Fragale - Antonio Perri Progetto grafico&impaginazione: Grafiché Perri-0968.21844

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di coordinazione muscolare e degli arti, perdita di memoria a breve termine, gastrite e bruciori di stomaco, colon irritabile, affanno e sensazione di respiro corto, sensazione di oppressione toracica, tachicardia o palpitazioni, disturbo del sonno. Come curare? Il primo passo è certamente quello di rivolgersi al proprio medico per escludere cause organiche, prima di intraprendere un percorso terapeutico. La terapia seguita servirà ad arrivare alla radice del problema, cercando di lavorare sui comportamenti, le emozioni e i pensieri, per cercare di sciogliere il nodo mentale (e fisico) che si crea a causa di questi problemi. Contemporaneamente alla terapia e per cercare di stare meglio nell’immediato, si possono provare diversi esercizi e tecniche di rilassamento e meditazione, per rilassare i muscoli e calmare la mente. Questi esercizi permettono di calmare l’ansia e di rilassare i muscoli, portando così beneficio sotto entrambi i punti di vista dell’ansia somatizzata. Dr.ssa Valeria Saladino Psicologa e Psicoterapeuta

88046 Lamezia Terme (Cz) oppure telefonare al numero 0968/21844. Per qualsiasi richiesta di pubblicazione, anche per telefono, è obbligatorio fornire i propri dati alla redazione, e verranno pubblicati a discrezione del richiedente il servizio. Le novelle o le poesie vanno presentate in cartelle dattiloscritte, non eccessivamente lunghe. Gli operatori commerciali o coloro che desiderano la pubblicità sulle pagine di questo giornale possono telefonare allo 0968.21844 per informazioni dettagliate. La direzione si riserva, a proprio insindacabile giudizio, il diritto di rifiutare di pubblicare le inserzioni o di modificarle, senza alterarne il messaggio, qualora dovessero ritenerle lesive per la società. La direzione si dichiara non responsabile delle conseguenze derivanti dalle inserzioni pubblicate e dichiara invece responsabili gli inserzionisti stessi che dovranno rifondere i danni eventualmente causati per violazione di diritti, dichiarazioni malevoli o altro. Il materiale inviato non verrà restituito.

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