Lameziaenonsolo dicembre 2019 incontra Teresa Goffredo

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lameziaenonsolo incontra

di Nella Fragale

Teresa Goffredo

Incontriamo questo mese Teresa Goffredo, dirigente scolastica del nostro “Liceo Scientifico”. La scuola, nella società è molto importante, forgia coloro che saranno i membri della futura società e noi, spesso, intervistiamo componenti di questo settore, sia per conoscere la persona che per renderci conto di come evolve la scuola nel tempo. Buongiorno dottoressa e grazie per avere accettato di farsi intervistare. Lei non è alla prima esperienza come dirigente, lo è stata prima del prestigioso Liceo Scientifico Berto di Vibo Valentia, del Professionale Einaudi di Lamezia, dell’Istituto Omnicomprensivo di Pizzo, dell’Istituto Comprensivo “BorrelloFiorentino” e della Scuola Carceraria, sempre a Lamezia. Le esperienze precedenti, in istituti uguali e differenti, la hanno aiutata per questo nuovo incarico? Grazie a Lei per il pensiero che ha inteso rivolgere al Liceo che mi pregio di dirigere. Certamente tutte le esperienze precedenti mi hanno aiutata e formata perché in ogni Istituto ho vissuto momenti particolari e mai uguali che mi hanno arricchito, dal punto di vista professionale ma ancor di più umano. Ho avuto modo di acquisire conoscenze e competenze utili a migliorare il mio ruolo e a farmi crescere sempre più. Prima di diventare dirigente lei è stata anche insegnante. Come cambia il rapporto con gli alunni in questi due differenti ruoli? Fortemente qualitativo nel nostro lavoro è il processo di relazione. L’insegnamento non è solo una trasmissione di conoscenze o di sapere, ma ancor prima la creazione di una relazione: c’è una stretta proporzione tra la qualità della relazione e la trasmissione didattica. Un aspetto essenziale infatti è generare un clima di rispetto reciproco ed è quello che ho fatto come docente e che faccio come dirigente. C’è un aspetto interessante, nel mio nuovo ruolo, non ho del tutto abbandonato la mia iniziale missione:

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quando le classi sono scoperte mi dedico alle sostituzioni e mi ritrovo nei panni di docente! Dunque, continuo nel doppio ruolo con l’entusiasmo del docente, ma nel ruolo di dirigente. E come cambia il rapporto con gli insegnanti quando si è dall’altra parte della barriccata? In una Comunità attenta e partecipe, il porsi su un fronte o sull’altro della barricata, ha un significato relativo, perché ci si sente parte di un tutto. L’entusiasmo iniziale, con il passare degli anni, mi ha fatto riflettere su quanto il dirigente non sia amato incondizionatamente e in particolare, la biava conoscenza del proprio contratto impedisce, ai docenti, una visione serena del rapporto e soprattutto della diversità dei ruoli. Perchè ha deciso di diventare dirigente scolastico? Ho sempre amato la Scuola e gli studenti e mi sembra che da Dirigente si possa dare un contributo più fattivo e costruttivo alla edificazione di un progetto didattico ed educativo e, soprattutto, a formare le generazioni del futuro. Quali sono le attività che un Dirigente Scolastico svolge quotidianamente? Le attività sono tantissime e diversificate. E’ un lavoro impegnativo perché sono responsabile di tutto quello che succede in ambito scolastico e a scuola ci sono molte persone: insegnanti, studenti , segretari e bidelli. In genere si danno delle indicazioni. Il preside vorrebbe che la sua scuola fosse

la migliore, ma a volte ottenere questo è difficile. L’obiettivo primario rimane quello del successo scolastico degli studenti. Cerco di portare avanti le attività quotidiane ma mi occupo anche di progetti che coinvolgono il Territorio e questo entusiasma i diversi attori del processo educativo, ma soprattutto riempie di orgoglio me!. Come è il rapporto con gli alunni del suo istituto? La trattano con timore riverenziale, come accadeva ai miei tempi, oppure si è instaurato un rapporto meno distaccato, più amicale? Non penso che il rapporto alunni– insegnanti o alunni- presidi sia cambiato rispetto agli anni precedenti e che timore reverenziale e rispetto manchino negli alunni di oggi. Spesso si sente dire che oggi i tempi sono cambiati, che i ragazzi sono sempre meno rispettosi e che lo sono ancora meno i loro genitori, pronti a tutto pur di giustificare e difendere i loro figli di fronte a presidi e insegnanti. Io non credo affatto che i genitori siano diventati più arditi così come presidi e insegnanti, al contrario, più succubi e timorosi. Sì, è vero, la cronaca registra episodi di violenza, fisica o verbale, o di eccessiva interferenza dei genitori o di loro ricorsi al TAR nei confronti degli insegnanti, ma queste realtà erano presenti anche venti anni fa quando io ancora insegnavo. Sono, però, episodi isolati perché la maggior parte degli insegnanti conosce il proprio ‘mestiere’ e la grande responsabilità che questo comporta. Nel mio caso specifico gli studenti sono molto rispettosi, si rivolgono a me chiamandomi “Signora Preside”, e io li ascolto con piacere, sono sempre pronta

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ad accoglierli insegnando loro il rispetto delle regole e coinvolgendoli nell’azione educativa della Scuola. Insomma un buon rapporto, soprattutto leale. Nelle scuole superiori arrivano ragazzini timorosi e ne escono i giovani che formeranno la società del futuro. Quanto è difficile rapportarsi con tanti giovani di questa età? Voi li seguite nel loro momento più delicato, durante quei cambiamenti che possono, per svariati motivi, portarli a deviare dalla giusta via, a quali accortezze ricorrete per seguirli nel migliore dei modi? E’ questa la nostra sfida più grande: accogliere studenti in tenera età e formarli per far crescere in loro la consapevolezza dell’espressione della propria persona, dentro alla quale manifestare le proprie passioni, potenzialità e desideri. Dobbiamo accompagnarli in un processo di crescita che non tenga solo conto dei contenuti scolastici, ma attraverso un dialogo franco, privo di pregiudizi, privo di indici puntati, dobbiamo informare e sensibilizzare su diversi temi il tutto, accompagnato da un importante lavoro sullo sviluppo della criticità. Non punire né condannare, ma portare i giovani a capire come solo una coscienza critica, libera, creativa, autonoma possa renderli veramente adulti significativi. In questa nostra opera ci avvaliamo della collaborazione di Istituzioni, Enti e Associazioni esterne alla Scuola , in particolare collaboriamo con la Questura di Catanzaro e in modo particolare con il Commissariato di Lamezia Terme e con il locale Comando dei Carabinieri, in sinergia e con un obiettivo comune: valorizzare le potenzialità di ogni studente, orientarli nella giungla della Società odierna e guidarli verso una crescita eclettica e armonica. Le accortezze sono tante e non esistono ricette preconfezionate perché ogni allievo è diverso e va conosciuto, compreso e guidato. Sempre parlando degli alunni, quando arrivano in quinta e quindi lasciano l’istituto, portano via anche un po’ di lei? Le dispiace sapere che non li vedrà più nelle classi o nei corridoi dell’Istituto? Le studentesse e gli studenti sono gli attori pag. 4

principali della Scuola, i protagonisti indiscussi e riesco a memorizzare i loro nomi e a seguirli anche dopo il conseguimento della meta finale. Molti tornano in occasione delle feste in Istituto per salutare gli insegnanti e il Preside. A noi fa piacere sapere dei loro successi e, pertanto, siamo orgogliosi di aver contribuito al conseguimento dei loro traguardi anche attraverso le nostre azioni. Non vederli significa che stanno attraversando altri corridoi e che sono sulla via per il raggiungimento di mete ostensibili e spendibili nel loro futuro e questo mi riempie di gioia e di orgoglio. La scuola è cambiata rapidamente negli ultimi anni, lei pensa che i cambiamenti siano stati positivi o ha una sua idea di scuola? Ho un’idea di Scuola diversa. Se l’intero apparato scolastico, se il clima culturale e motivazionale che gli studenti respirano a scuola fosse propenso a sostenerli, a infondere fiducia dentro di loro, attraverso un’approfondita conoscenza di motivazioni, competenze, storie personali, io credo che gli studenti sarebbero davvero molto contenti, soddisfatti, e non avrebbero più quello sguardo di cui parlano una serie di articoli, in cui si dice: “Guardano i docenti con questo sguardo sperduto che passa oltre e li attraversa, e nel frattempo sbadigliano”. Quindi una mimica che non lascia sperare nulla di buono in quanto a partecipazione, motivazione, interesse a proseguire nello studio. Spesso sono disorientati, nella Babele di informazioni che giungono da tutte le parti, attraverso l’universo digitale, attraverso i modelli fortemente prescrittivi della sottocultura massmediale, e attraverso una forte pressione familiare che li istiga a cercare futuro attraverso il sogno di una realizzazione straordinaria del sé. Ecco, per fare una buona Scuola basterebbe creare una comunità che, partendo anche dalle varie riforme che non sto a giudicare, potrebbe formare nuove generazioni con una motivazione che deve essere, prima di tutto, in ognuno di noi. Spesso i primi demotivati siamo noi che. Invece. dovremmo infondere quella carica positiva alle nostre studentesse e ai nostri studenti per farli innamorare della Scuola! GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Ha adottato questo tipo di didattica per il Liceo che dirige? Ho provato e ci sto lavorando ma non sono ancora riuscita qui a Lamezia a creare questa comunità scolastica in cui credo fermamente. La comunità è formata da tanti docenti e non è facile cercare di inculcare in loro la “mission” che il Dirigente scolastico nel suo Atto di indirizzo rende manifesta e ne chiede la condivisione. Siamo tanti e di diversa estrazione e formazione e ci vuole tempo. Ma intanto i ragazzi hanno bisogno di un modello e di un progetto scolastico. Sto lavorando per creare questa comunità educante e questo progetto condiviso ma soprattutto per creare un senso di appartenenza che manca ancora in qualche singola monade. Sento parlare anche di prova Invalsi, attribuzione del credito scolastico, criteri di ammissione all’esame, prove ed esiti del medesimo che sono le nuove disposizioni del decreto legislativo per la scuola. Sono già in itinere? E la scuola ha giovato di queste nuove disposizioni? E’ proprio di questi giorni un nuovo scossone e nuovi cambiamenti: non che ci lasciamo intimorire dalle repentine novità! Siamo ormai abituati a stravolgere i percorsi appena sperimentati. Il ministro dell’Istruzione aveva anticipato la scorsa settimana le novità dell’esame di Maturità 2020: ritorno della traccia storica alla prima prova, quella d’italiano, e abolizione del sistema delle tre buste. Ma la rivoluzione dell’esame di Stato che a giugno prossimo si troveranno ad affrontare gli studenti del quinto anno delle superiori non finisce qui. La conferma è arrivata dalla circolare del Miur, pubblicata nel pomeriggio di lunedì 25 novembre, sugli account social del dicastero di viale Trastevere con le prime indicazioni sulle modifiche apportate. Tra queste, sarà necessario per l’ammissione alla prova finale aver sostenuto l’Invalsi durante l’ultimo anno scolastico e il ritorno dell’ex alternanza scuola-lavoro. E prossimamente sapremo il resto…. Fra le tante proposte di legge che i vari partiti stanno presentando, ce ne è una che lei vorrebbe si realizzasse? Credo che bisognerebbe lavorare meglio su quanto già esiste. E’ inutile legare il proprio nome a nuove riforme (è quello che fanno i vari politici), sarebbe sufficiente concentrarsi di più e con maggiore motivazione, sui giovani e cercare di seguirli con attenzione e cura. Ricordando che la Scuola, dopo la Famiglia, è la maggiore Agenzia educativa ma che non può obliare il suo compito fondamentale: la scuola è Lamezia e non solo


studio, conoscenza, cultura, apprendimento dei saperi, ma è anche educazione, teatro di crescita civile e di cittadinanza; è luogo in cui nascono e crescono affetti, sentimenti, è luogo di formazione. Assegnare maggiori poteri ai dirigenti a discapito degli organi collegiali, anche di questo si parla e, spesso ho letto che i Dirigenti Scolastici chiedono questa riforma per riuscire a dirimere le continue diatribe che, spesso si creano all’interno degli istituti. Lei cosa ne pensa? Che ci fosse la voglia di rafforzare il ruolo del Dirigente scolastico nella governance della scuola italiana, lo si era già visto nelle bozze iniziali del documento “La Buona Scuola”, allorquando con qualche metafora si era paragonato il “preside” al capitano di una nave. Il dibattito pubblico, le paure, i timori, si sono innestati su questa immagine, anzi, ancor di più, su quella più simpatica dello “sceriffo”, nume tutelare della legge. Credo, personalmente, invece in una gestione partecipata all’interno della Scuola con tutti i docenti e il personale ATA. Mi rendo conto però che ciò è una chimera e non per colpa dei dirigenti che spesso considerano la condivisione un aspetto essenziale della loro gestione. Succede invece che docenti sempre meno attratti dalla Scuola cerchino nelle lezioni private o in seconde occupazioni, spesso anche libera professione, una gratificazione economica che non trovano nella loro professione e così si crea un rapporto sterile e non condiviso all’interno della comunità con tempi ristretti e risultati non proprio lodevoli. Il Preside si trova in tal modo solo o con una sparuta cerchia di collaboratori che cercano di realizzare imprese ardue con le sempre più misere risorse che sono a disposizione. Da quando lei è dirigente di questo istituto ha apportato delle modifiche? Se sì, quali? Insieme al Collegio dei docenti sono state apportate tante modifiche, è stata ampliata l’offerta formativa in vari ambiti e ciò ha creato una emoluzione anche presso altre Scuola (di cui sono particolarmente contenta) e un notevole incremento degli iscritti (da 714 alunni del 2017 siamo arrivati a 853 alunni nel 2019). In un corso è stato potenziato l’insegnamento delle Scienze, in due corsi è stata introdotta la disciplina Diritto e in altri due sono state incrementate le ore di Lingua Inglese consentendo alle studentesse e agli studenti, alla fine del biennio, di conseguire la certificazione linguistica (livello B1) solo con lo studio curriculare. Da questo anno, in più, è stata introdotta una sezione sperimentale, nell’ambito della già ricca programmazione curricolare, la creazione Lamezia e non solo

di un Progetto Pilota, unico nel nostro territorio, che si svilupperà nell’arco del quinquennio, prendendo avvio sin dal primo anno. Prevede il potenziamento delle materie scientifiche ed è rivolto agli studenti che manifestano particolare predisposizione per le materie scientifiche e soprattutto interesse per un percorso scolastico che abbia come sbocco la scelta di facoltà universitarie ad indirizzo medico-sanitario e biologico. Nell’ambito del Liceo Scientifico utilizzando la quota di autonomia, è stato pensato un modello innovativo di didattica che è partito dal primo anno in una sola sezione. Il Consiglio di classe, appositamente costituito, pronto a sperimentare nuove metodologie, lavorerà utilizzando una particolare attività laboratoriale in seno al potenziamento di discipline, già caratterizzanti il normale indirizzo Scientifico, atte ad offrire agli studenti strumenti, conoscenze e competenze per un loro eventuale ingresso in facoltà universitarie di area sanitaria.” Il progetto nasce grazie alla collaborazione con il FISMU (Federazione Italiana Sindacato Medici Italiani) . Il segretario nazionale dr. Francesco Esposito ha aderito, con entusiasmo, all’invito della Scuola. Educare gli studenti, lungo un percorso pluriennale, alle professioni sanitarie costituisce un elemento culturale e scientifico necessario. FISMU metterà a disposizione medici esperti per preparare gli studenti alle prove selettive d’ingresso al mondo universitario e sarà pronta a supportare le esigenze didattiche che si presenteranno nel corso del percorso progettuale. So che è una dirigente vulcanica, in continuo movimento, alla ricerca di partecipazioni ad eventi o creazione degli stessi, che possano catturare l’attenzione degli alunni e portarli a studiare con piacere ma, soprattutto, con profitto. Come ci riesce? Legge, si documenta per stare al passo con i tempi o, anche, viene ispirata dal quotidiano? Basta osservare le studentesse e gli studenti e dialogare con loro. Spesso le idee nascono proprio da loro e dal loro bisogno di creare una Scuola nuova e svecchiata dai “contenuti cattedratici”. Siamo di fronte a nativi digitali e pertanto dobbiamo andare verso

il futuro di taglio digitale. Lo scorso anno, ad esempio, dialogando con i rappresentanti degli studenti e con il Consiglio d’istituto, il cui Presidente Avv. Pietro De Sensi ha subito instaurato con me un ottimo rapporto collaborativo e di condivisione, è nata l’idea del RED CARPET, la festa finale per salutare gli studenti del quinto anno e premiare tutte le eccellenze che nel corso dell’anno avevano ottenuto riconoscimenti e premi. E’ stata una serata meravigliosa: le ragazze in abito lungo e i ragazzi in giacca e cravatta insieme a docenti e genitori hanno ringraziato tutti noi del lavoro svolto e trascorso una piacevole serata danzante tutta dedicata a loro. Ci sono delle innovazioni che lei spera di riuscire a realizzare? Ho provato ad introdurre il Liceo Sportivo, un indirizzo che è assente sul Territorio e che priva gli studenti di una grande opportunità. Purtroppo l’Amministrazione Provinciale di Catanzaro non ha dato approvazione. Riproveremo il prossimo anno nel replicare la richiesta, fiduciosi che la politica possa offrire tutte le opportunità al territorio lametino che tanti atleti forma . Il suo istituto si può definire un punto di partenza sia per l’università che per il mondo del lavoro? Sicuramente si! La Fondazione Agnelli anche questo anno lo ha confermato. I dati di Eduscopio che sono visibili a tutti lo attestano. Un nuovo importante riconoscimento per l’Istituto lametino, in costante crescita dimensionale, che l’anno scorso è stato valutato dalla Fondazione Agnelli come il migliore istituto di Lamezia Terme, il secondo liceo scientifico della provincia di Catanzaro e il terzo nella regione. E anche per questo anno si è confermato primo sul territorio e secondo nella provincia di Catanzaro. Un ottimo punto di partenza per il futuro dei giovani. Senza cultura non c’è futuro, si sente ripetere spesso … ma la scuola oggi fa cultura? La Scuola, ribadisco, è una grande Agenzia Educativa che, con grandi sforzi di molti docenti di buona volontà e, aggiungo di dirigenti, crea cultura in senso lato e non trascura il sociale. Sottolineo che cultura e scuola sono un binomio inscindibile. Nel procedere lungo questa via, dobbiamo avere ben presente il nostro obiettivo: quello di costruire una scuola inclusiva che abbia come scopo la formazione complessiva della persona, intesa anche e soprattutto come cittadino consapevole, e non più solo lo sterile insegnamento nozionistico. Quindi cultura di ampio respiro. La Scuola si impegna per riuscire in questa missione e le eccellenze che ci sono costituiscono la prova di tante buone pratiche di cui spesso

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si parla poco. Durante l’anno scolastico trascorso, ad esempio, tutti i nostri studenti che hanno sostenuto i test di medicina li hanno superato brillantemente e sono oggi nei più importanti Atenei italiani. Ciò è prova di quello che il Galilei fa! Si parla spesso, riferendosi alla scuola della sua funzione “educativo formativa”, in cosa consiste? La Scuola riveste una grande importanza: è un percorso lungo e continuo che inizia a sei anni e assume il senso impegnativo di aiutare i ragazzi a conoscere se stessi, a capire il mondo che li circonda per arrivare a tracciare,in modo autonomo, un proprio percorso di vita. Tutte le discipline concorrono a questo percorso di formazione ed è proprio in questo che risiede l’aspetto più significativo della sua funzione (anche di più difficile attuazione): la forza del nostro Istituto sta appunto nel sapersi confrontare con il mondo esterno e nell’utilizzarlo come risorsa, educando e formando i cittadini di domani. Nel mondo dell’etere per avere notizie non si ricorre più alle enciclopedie ma si apre un motore di ricerca, si batte la parola nella barra e poi si dà l’invio ed ecco che si aprono decine di pagine, è stato così anche inserendo il suo nome, Teresa Goffredo. Decine di pagine legate alla scuola, anche legate all’uso dei mezzi che internet mette a disposizione come youtube. Ne deduco che lei ritiene utile l’utilizzo di strumenti tecnologici a scopo didattico, è esatto? Le tecnologie digitali hanno cambiato radicalmente la società attuale e con essa gli usi e i costumi degli individui e di conseguenza anche la didattica e l’universo scolastico sono stati coinvolti in un processo di ristrutturazione del sistema di insegnamento e apprendimento che hanno posto l’accento sull’integrazione delle tecnologie e degli strumenti digitali per la trasmissione delle conoscenze. Con la cultura digitale sono stati modificati tutti gli aspetti tradizionali. E’ divenuta evidente la necessità di riorganizzare il vecchio sistema basato sulla trasmissione delle conoscenze attraverso testi e lezioni frontali per integrare nel nuovo sistema educativo le tecnologie digitali. Ma a mio parere il mondo pag. 6

della Scuola beneficia di questa innovazione e rende più coinvolgente la didattica in quanto coinvolge maggiormente gli studenti. La flipped classroom è senza dubbio uno dei metodi di insegnamento più innovativi. L’insegnamento capovolto si propone come un modello di sperimentazione che ribalta il sistema tradizionale basato sulla spiegazione in aula da parte del docente, sulla fase di studio individuale dell’alunno a casa e su un momento di verifica e interrogazione in classe. Ma senza dimenticare il libro di testo! Quali sono le criticità delle scuole di oggi? Ritengo che sia meglio parlare dei punti di forza : sono davvero numerosi. Le criticità forse sono legate prevalentemente a mancanza di fondi. Credo infine che ,se si vuole cambiare la scuola bisogna cambiare la mentalità e la sensibilità di chi la scuola la dirige e la porta avanti tutti i giorni in aula. Se non si incide sulla mentalità degli adulti, non ci sono le condizioni per aiutare i giovani a crescere e a inserirsi in modo propositivo nella società. Scuole del nord e scuole del sud, ma c’è davvero tanta differenza fra alunni di pari classi fra nord e sud? Non credo assolutamente che siano diversi gli alunni; sono meravigliosi al nord, al centro e al sud. Forse ciò che è diverso va ricercato altrove ma non certo nei ragazzi! Quali prospettive ha, oggi, la scuola italiana? Ovviamente, non bisogna cadere nella retorica del rimpianto! La Scuola può avere un progetto alternativo che da un dialogo con il nostro tempo vigili sul profilo degli studenti di oggi, differenti rispetto a quello del passato; detto ciò è in grado comunque di integrare i necessari ripensamenti e mostrando agli studenti la possibilità di più punti di vista differenti, li aiuti a emanciparsi: a non subire passivamente la società. Un’altra idea di scuola può ad esempio puntare sulla costruzione di una comunità che si interroghi sui significati; su una concezione profonda della storia, che sappia collocare il presente e comprenderlo nelle sue tensioni. Una Scuola che si interroghi sempre. GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

Si legge che le responsabilità della scuola in generale, quindi sia dei dirigenti che dei professori, sia aumentata ma non è stato così per gli strumenti che servirebbero per rendere la scuola “inclusiva”, è vero? La nostra scuola rimane la scuola di tutti e di ciascuno come definita dall’articolo 3 della Costituzione: la scuola non può essere cambiata con operazioni che calano dall’alto, per imposizione. La scuola può essere innovata solo da coloro che la abitano e la vivono ogni giorno, dirigenti e docenti: sono loro che devono acquisire le competenze e la responsabilità di realizzare la trasformazione di una istituzione in difficoltà. La politica ha un compito specifico e determinante da assolvere: garantire le condizioni e le risorse perché questo difficile processo si avvii e realizzi. Per questo si deve lavorare con il contributo cooperativo di e tra tutti i soggetti che vivono nella scuola. I bambini, i ragazzi devono essere accompagnati e accompagnarsi nella realizzazione della propria irripetibile crescita umana, attraverso l’incontro con la cultura e nella costruzione del proprio modo di affrontare il mondo. L’efficacia del fare scuola BENE ha come perno centrale l’attività degli allievi che l’insegnante predispone, segue e sostiene offrendo strumenti e allestendo situazioni di apprendimento adeguate. Si può in tal modo tracciare la strada per una Scuola inclusiva. Quali sono le caratteristiche di una “scuola inclusiva”? Il concetto di “scuola inclusiva per tutti gli alunni” si sta diffondendo sempre più negli ultimi anni. Oggi la più grande sfida della scuola è quella di garantire a tutti gli alunni una didattica universale, accessibile, capace di valorizzare le differenze e i punti di forza di ogni singolo componente del gruppo classe. Possiamo considerare la didattica inclusiva sempre più come uno stile d’insegnamento, un orientamento educativo e didattico quotidiano che si prefigge di rispettare e valorizzare le differenze individuali presenti in tutti gli allievi, con una particolare attenzione alle situazioni in cui tali differenze creano consistenti barriere all’apprendimento e alla partecipazione alla vita sociale. Ritengo che il Liceo sia una Scuola inclusiva, una Scuola che fa sentire ogni persona protagonista appartenente all’ambiente ma con la propria individualità dove il valore dell’uguaglianza va ribadito come rispetto della diversità. Don Milani docet! Come si sono inseriti, sempre che ve ne siano, gli stranieri ed i disabili? Il Liceo accoglie tutti senza difficoltà, Lamezia e non solo


riallacciandomi alla risposta precedente, una Scuola inclusiva è: quella che combatte l’ “esclusione”: la diversità, in tutte le sue forme, dunque, viene considerata una risorsa e una ricchezza, piuttosto che un limite, e nell’ottica dell’inclusione si lavora per rispettare le diversità individuali. L’idea di inclusione deve basarsi sul riconoscimento della rilevanza della piena partecipazione alla vita scolastica da parte di tutti i soggetti, ognuno con i suoi bisogni “speciali”. Come è il rapporto genitori-insegnanti? Credo che un buon processo di apprendimento debba essere favorito da una buona relazione genitori-insegnanti. Recenti ricerche hanno dimostrato come tale relazione sia fondamentale nel sostenere il successo scolastico per gli alunni. Nonostante ciò sia ormai evidente, in realtà si fa poco in questa direzione: spesso la scuola si pone come un luogo distaccato nei confronti delle famiglie. Tali difficili rapporti devono essere affrontati partendo dalla convinzione che, sia a livello organizzativo sia individuale, la relazione scuola-famiglia costituisce una dimensione sulla quale occorre investire perché produce vantaggi a tutti i livelli, ma soprattutto perché favorisce negli alunni apprendimento e benessere. In tale direzione da due anni è stato avviato un dialogo costruttivo con i genitori a cominciare dalle prime classi: nella formazione delle prime classi, sono state, sempre rispettate le indicazioni delle famiglie e ciò ha creato un clima di benessere tra gli alunni che conservano i loro compagni, a volte il gruppo classe, ma soprattutto nelle famiglie. Stiamo ancora lavorando per sollecitare maggiormente le famiglie in un processo di creazione di solidarietà tra docenti e famiglie. Diventare complici per il bene dell’alunno e per contribuire ad orientarlo. Parliamo ancora delle attività del liceo “Galilei”, per esempio il progetto”Premio Scuola Digitale 2019”, ce ne vuole parlare? Il Premio Scuola Digitale è una iniziativa del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, che intende promuovere l’eccellenza e il protagonismo delle scuole nell’apprendimento, incentivando l’utilizzo delle tecnologie digitali nel curricolo, secondo quanto previsto dal Piano nazionale per la scuola digitale, e favorendo l’interscambio delle esperienze nel settore della didattica innovativa. Il Liceo Scientifico “Galilei” di Lamezia Terme è stato selezionato come istituto capofila per la Provincia di Catanzaro per la selezione provinciale. La Scuola ha già provveduto a pubblicare l’avviso per le Lamezia e non solo

scuole secondarie di primo e secondo grado, nominato la Giuria seguendo le indicazioni del MIUR e si appresta ora a organizzare la manifestazione di premiazione. Tutte le Scuole della Provincia potranno candidare progetti che propongano modelli didattici innovativi e sperimentali, percorsi di apprendimento curricolari ed extracurricolari basati sulle tecnologie digitali, prototipi tecnologici e applicazioni, nei settori del making, coding, robotica, gaming e gamification, progetti di creatività digitale, di utilizzo delle nuove tecnologie per inclusione e accessibilità, STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica), di sviluppo sostenibile del territorio attraverso le tecnologie digitali. I progetti finalisti saranno presentati dagli studenti stessi nell’ambito di un’iniziativa organizzata presso il Liceo Galilei in febbraio. Al termine di tutte le presentazioni sarà scelto dalla giuria il progetto vincitore per ciascuna sezione a livello provinciale, che sarà ammesso alla successiva fase regionale. Il progetto vincitore a livello regionale per ciascuna sezione parteciperà alla sessione finale nazionale del Premio. Un vanto per la Scuola ma soprattutto una grande opportunità per la Provincia di Catanzaro.

diffusione della cultura della salute e alla prevenzione dei rischi derivati dall’utilizzo dei prodotti contraffatti, il Ministero per lo Sviluppo Economico (MISE) e il Consiglio Nazionale Anticontraffazione (CNALCIS) in collaborazione con la Direzione Generale per lo studente, l’integrazione e la partecipazione e l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli hanno promosso quest’anno nelle scuole la partecipazione alla prima edizione della “Giornata per la lotta alla contraffazione” che ha avuto luogo il 29 ottobre 2019. Il Liceo “Galilei” ha aderito alla lodevole iniziativa e, oltre alla giornata iniziale (il 29 ottobre) ha iniziato un percorso di formazione con personale specializzato appartenente dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli – Ufficio delle Dogane di Catanzaro. Il percorso ha visto impegnate tutte le classi seconde con varie attività di carattere di ampio respiro, azioni di sensibilizzazione, informazione, formazione, analisi, prevenzione e contrasto del fenomeno contraffattivo, con il pieno coinvolgimento di soggetti esperti operanti sul territorio. Una ulteriore esperienza formativa per il biennio.

In un’epoca in cui i giovani amano “chattare” o “navigare” lei è riuscita a riportare gli alunni a scuola anche al pomeriggio, come ha fatto? Alla base di tutto c’è l’interesse per una determinata attività didattica: la motivazione è il motore di ogni cosa! Bisogna creare un’alternativa valida che costituisca un reale interesse e li distolga dalla rete. Far capire che stare troppo connessi è inutile, com’è inutile raccontare tutto di se, invitando a coltivare i propri ‘spazi segreti’. Anche lo sport, su cui puntiamo, costituisce una valida alternativa e i Giochi Sportivi studenteschi riescono ad attrarre e distogliere lo studente dai social conseguendo anche ottimi risultati: la nostra squadra lo scorso anno è arrivata in finale nazionale.

E se le dico Dubai, lei cosa mi risponde? Chiara, una nostra studentessa che ha terminato gli studi lo scorso anno, grazie ad una candidatura ad un Hackathon organizzato a Bologna, ha superato la fase nazionale e partecipato alla fase internazionale a Dubai, accompagnata da una docente del Liceo. Chiara ha vissuto così, insieme all’insegnante, una grande esperienza formativa che sicuramente farà parte del suo bagaglio culturale e anche io, mi sono sentita orgogliosa di aver contribuito a questa favolosa avventura.

Ci vuole parlare della giornata della lotta alla contraffazione alla quale l’Istituto ha partecipato? Nell’ambito delle iniziative volte alla

E per finire, prima di parlare un po’ di lei vogliamo dire qualcosa sul Festival delle Scienze che tra le attività per incentivare l’orientamento è un’ottima vetrina? Il Festival è realizzato dagli studenti e dai docenti del Liceo Galilei: un’idea coraggiosa e innovativa. Per un maggior coinvolgimento e per meglio rendere il momento unico e formativo, abbiamo inteso partecipare l’ esperienza con le Istituzioni e le Autorità della città

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di Lamezia Terme e della provincia anche come momento di condivisione con gli attori presenti del Territorio. Quest’anno il Festival è dedicato al grande Maestro Leonardo da Vinci: un genio assoluto, l’emblema della ragione, ma anche di quella creatività incontrollabile insita nel genere umano che lo porta a superare tutti i propri limiti. Il 2019 è l’anno di Leonardo da Vinci: il 2 maggio del 1519, l’artista fiorentino moriva ad Amboise, in Francia. Cinquecento anni dopo, sono state aperte ufficialmente le celebrazioni per il 500esimo anniversario della morte di Leonardo da Vinci. Anche in ragione di questa importante celebrazione, la storica vocazione formativa e didattica del Festival si rafforza con il maggior investimento di sempre nel settore educativo e formativo. Tutte le attività programmate intendono rivolgersi all’intero Territorio. In quante giornate si articolerà quest’anno e che cosa prevede il programma? Anche per il corrente anno le attività saranno distribuite in cinque giornate con interessanti laboratori e attività didattiche ma anche un concorso fotografico e tornei sportivi. Da Lunedì 16 a Venerdì 20 dicembre si svolgerà un’intera “settimana scientifica” dedicata agli studenti delle scuole secondarie di primo grado, con un ricco e diversificato programma, denso di incontri e di laboratori di altissimo livello qualitativo. A dar avvio alle attività sarà il Prof. Francesco Sabatini, linguista, filologo e lessicografo, Presidente onorario dell’Accademia della Crusca. Il programma dettagliato è in fase di definizione. Perché ha deciso di organizzarlo? E’ un’attività che la Scuola aveva già adottato negli anni prima del mio arrivo e poiché le buone pratiche devono essere portate avanti, ho continuato, in sinergia con il Collegio a programmare le successive edizioni: siamo giunti alla quarta edizione e credo che sia diventata un momento che entusiasma tutti. E’ rivolto a tutta la Comunità e, in maniera particolare, ai ragazzi delle scuole secondarie di primo grado che hanno modo di vedere e toccare con mano le quotidiane attività didattiche. Se dovesse dare un consiglio ai giovani che stanno per finire il quinquennio, cosa

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direbbe loro? Di Studiare, amare la Scuola, sfruttare ogni occasione di formazione offerta dalla Scuola. E cosa direbbe invece se dovesse dare un consiglio a chi deve iscriversi alle scuole superiori, per indurlo a scegliere questo istituto? Il Liceo scientifico è la Scuola che forma lo studente e il futuro cittadino, oltre ad offrire le basi adeguate per proseguire gli studi all’Università, è l’unico liceo che offre una preparazione veramente completa. Lo scientifico propone un curricolo molto equilibrato, nel quale il “blocco” tradizionale della formazione umanistica, con letteratura e lingua italiana e straniera, latino, storia, filosofia, storia dell’arte e disegno è bilanciato da una formazione scientifica (matematica, fisica, biologia, chimica), superiore, per quantità di ore di lezione ed estensione di programma, ad ogni altra scuola. Ma soprattutto il Galilei ha contribuito in questi ultimi anni a innovare la didattica e puntare molto sul digitale. Ora basta parlare del suo lavoro, parliamo un po’ di lei, che bambina era Teresa Goffredo? Tranquilla, serena e ubbidiente. Teresa da bimba sognava di diventare un’insegnante? Spessissimo e amavo ripeterlo a quanti me lo chiedevano. Come passa il suo tempo libero? Il poco tempo libero lo dedico ai miei figli e appena posso “divoro” libri. Digitale, oramai è una parola di uso comune, oggi si “legge” anche digitalmente, lei preferisce leggere sfogliando una rivista, un quotidiano, un libro o preferisce fare scorrere le pagine su uno schermo? Mi piace sfogliare le pagine di un libro, voltare le pagine e sentire l’odore della carta ma spesso scorro anche le pagine su uno schermo: l’importante è leggere! Cinema, teatro, tv, cosa preferisce? Se avessi tempo, il teatro insieme al cinema non mi dispiacerebbero. Guardo poco la tv.

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Che tipo di musica ama ascoltare? Ogni genere, compresa la musica più attuale. Il suo rapporto con la Fede? Credente, la fede c’è e non è solo un fatto dottrinale. Non è comunicabile; è un’esperienza interiore. Non posso descrivere il rapporto che ho con Dio. Mi impegno però ad attuare il Vangelo nelle azioni quotidiane ma ovviamente sono … umana! C’è una domanda che non le ho fatto e che avrebbe voluto le facessi? Ha davvero indagato vari campi: professionali e personali… spero soltanto di aver trasmesso l’idea di una Scuola nella quale credo fermamente e che ritengo una parte importante della mia quotidianità! La cosa più difficile, alla fine di ogni intervista, è “trarre le conclusioni”, a volte mi chiedo se non sarebbe meglio, come si fa in genere, chiudere sull’ultima domanda ma poi credo sia un doveroso omaggio a chi si è messo in gioco, lasciandosi intervistare, comunicare le mie sensazioni. Ho incontrato Teresa Goffredo in una mattina di fine novembre nel suo ufficio presso il Liceo Scientifico Galilei. Erano le 10 circa e gli studenti erano nelle loro aule, quindi un piacevole silenzio ci circondava. Nelle vetrine, lungo i corridoi, esposti tantissimi lavori fatti dagli studenti, oltre a numerosi attestati e coppe. Mi riceve con un sorriso cordiale, gentile e aperta al dialogo. Una domanda si, sa, tira l’altra e la conversazione è stata lunga e piacevole. Abbiamo parlato di scuola, di innovazione di cambiamenti, ma anche di social, insomma, per parafrasare il primo titolo del nostro mensile, “di tutto un po’”. Teresa Goffredo è una donna dinamica, decisa, forte, sa quel che vuole e sa come ottenerlo. Attenta, preparata, pronta a cogliere il meglio per offrirlo alla sua scuola, per migliorarla, per interessare i giovani, coinvolgerli, interessarli, renderli consapevoli. La frase, fra le tante che il web ci offre, è di Dacia Maraini, scrittrice che amo. “Prima di tutto il buon esempio. Chi guida deve comportarsi meglio degli altri, altrimenti perde ogni autorevolezza.” E credo che il buon esempio lei lo dia, mi è bastato osservarla mentre si raffrontava con insegnanti, alunni, collaboratori che, di tanto in tanto bussavano alla porta dell’ufficio per qualche comunicazione. Di certo gli studenti del Liceo Scientifico, grazie alla loro dirigente ed al corpo insegnante sono in buone mani e lasceranno l’istituto pronti ad affrontare la vita. Lamezia e non solo


il significato delle parole

Tiziano Ferro, Margherita Toffa, Mihajlović e Pino Saffioti.

Un augurio di coraggio per il 2020

di Salvatore D’Elia

che finisce, di un capitolo della vita che si chiude, di un tempo che cambia e non sarà più come prima. “Vai, Nadia, vola libera”. Sono le parole di Margherita Toffa sussurrate a sua figlia Nadia poche ore e pochi attimi prima che quella “guerriera”, a cui tutta Italia ha guardato come un punto di riferimento, si spegnesse in un letto di ospedale, dopo una lotta La parola “coraggio” ha nella sua radice il cuore. Chi ha coraggio, non è un impavido che non teme nulla o che disconosce debolezze e fragilità. Coraggioso è chi “ci mette” il cuore, chi agisce con il cuore. A pochi giorni dal Natale e a poche settimane dal nuovo anno, ho voluto mettere insieme alcune parole e soprattutto alcune storie legate da questo filo conduttore: il coraggio, non degli eroi senza macchia e senza paura, ma degli “eroi del quotidiano” che mettono il cuore di fronte a convenienze e a calcoli matematici. Mi hanno colpito alcune settimane fa le parole di Tiziano Ferro che, nel presentare l’ultimo album, ha parlato del suo passato e delle lotte contro il proprio senso di inadeguatezza, il bullismo dei ragazzi e degli adulti e le discriminazioni fatte passare al suono di “si scherza…”. “Oggi – ha detto il cantautore di Latina - faccio quello che ha detto Meryl Streep quando ha ricevuto l’Oscar: ‘Fai arte del tuo cuore spezzato’, anche se c’è sempre quell’ombra; ho imparato a superare le offese e a scrivere canzoni”. Ci vuole coraggio per non rispondere all’odio con altro odio, all’offesa con altra offesa. Ci vuole coraggio per sorvolare. Ed è un grande atto di coraggio quando rispondiamo alle bassezze che tante volte segnano i rapporti umani non rinchiudendoci in noi stessi e covando rancore, ma nelle forme superiori della scrittura e dell’arte, che ogni cosa eleva e sublima. Ripartire dalle proprie ferite come atto di coraggio. Scrivere e tirare fuori ciò che si ha dentro come atto di coraggio, contro il silenzio a cui tante volte ci costringiamo.

condotta fino all’ultimo contro il cancro. Lo ha rivelato mamma Margherita in una bellissima intervista a “Domenica In”. Ho pensato e ripensato al coraggio di mamma Margherita. Con lo stesso coraggio con cui una madre dona la vita, una madre dice alla propria figlia “adesso vola”, accogliendo un disegno che non si può cambiare. Non è forza d’animo, non è rassegnazione. Non è accettazione acritica del destino. E’ il coraggio di chi agisce con il cuore. Ci vuole coraggio ad accettare la vita che improvvisamente ti mette uno stop dove non te lo aspettavi o una svolta laddove pensavi di poter tirare dritto. E’ la preghiera, religiosa o laica, che ciascuno di noi dovrebbe elevare ogni mattina: dammi il coraggio di stare al mio posto, dammi il coraggio di accettare e di vivere questa ora e questo tempo. Il coraggio dell’oggi. Il coraggio di

lottare per cambiare le cose ma anche di accettare quelle cose che non si possono cambiare perché non dipende da noi. E poi c’è il coraggio di mostrare la fragilità, le lacrime, la rabbia di chi “si è rotto di piangere e non ha più lacrime”. Lo ha fatto poche settimane fa Siniša Mihajlović, tecnico del Bologna, nel corso di una conferenza stampa nella quale ancora una volta ha parlato della sua battaglia contro la leucemia, della quale non ha voluto nascondere nulla ai tifosi e al pubblico sin dalla comparsa della malattia, nel luglio 2019. “Non mi sono mai sentito un eroe, aver coraggio non vince queste malattie, e voglio dire a tutti quelli che stanno passando la stessa esperienza che non si devono sentire meno forti se affrontano la malattia in

modo diverso, non c’è da vergognarsi ad avere paura, essere disperati, piangere, l’unica cosa che non devono perdere mai è la voglia di vivere”. E poi il coraggio del “giorno dopo giorno”. Che per me è personificato da Pino Saffioti. E’ uno dei messaggi chiave del libro “Respirare”, di Grafiché Editore, che abbiamo scritto insieme ad Antonio. Pino me lo ha raccontato con semplicità e noi con semplicità lo abbiamo scritto così: trovarsi preparati a quello che può succedere e, al tempo stesso, accogliere la vita giorno dopo giorno. Accogliere. Che ha un significato ben diverso dal “prendere le cose come vanno”, che invece rimanda al non senso e al non prendere la vita sul serio . Accogliere è vivere e vivere fino in fondo. Vivere il tempo che ci è dato, la vita che ci è donata, le persone che incrociamo lungo il cammino. Un Buon Natale e un buono 2020 di coraggio.

E ci vuole coraggio ad avere consapevolezza di qualcosa Lamezia e non solo

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Il nostro territorio

Elezioni amministrative a Lamezia. Perché ha vinto Mascaro…

di Giuseppe Sestito

E’ inutile girarci intorno e cercare attenuanti; l’avv. Paolo Mascaro ha vinto le elezioni e perciò non mi sembra che colgano nel segno coloro che citano la bassa propensione dei lametini a recarsi a votare come una delle cause che abbia concorso a determinarne la vittoria. L’astensionismo c’è ormai da anni e penso che nel futuro si presenterà in dimensioni prevedibilmente crescenti. Io sono stato candidato in anni in cui l’affluenza alle urne toccava, e spesso superava, punte del 90%. Quei tempi sono ormai dietro le nostre spalle. Da anni, dappertutto in Italia, le basse percentuali di elettori che si recano a votare non rivelano più delle modalità di comportamento sorprendenti e fuori dal comune. Anche perché le condotte astensionistiche sono in parte “influenzate” da esempi che vengono dall’estero dove una bassa percentuale di votanti è normale e nessuno se ne lamenta. Negli Stati Uniti, per fare un richiamo banale, con una percentuale di votanti inferiore al 50% viene eletto il presidente del Paese più potente e ricco del mondo. Bisogna dunque farsene una ragione; oggi, i cittadini non sentono il loro diritto di recarsi alle urne come se dovessero adempiere ad un imperativo morale. In assenza di motivazioni politiche forti e, al contrario, venendo a conoscenza di litigi interminabili tra i partiti e nei partiti, che in ritardo arrivano impreparati alla vigilia delle votazioni, come è successo a Lamezia, pur in presenza di uno scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni malavitose, la disaffezione a recarsi alle urne non può che aumentare. Gli elettori si sentono sempre più psicologicamente liberi di recarsi o no a votare senza dover rendere conto a chicchessia, salvo che alla propria coscienza. E, forse, nemmeno ad essa! Comunque, il mio convincimento è che anche con una massiccia affluenza alle urne Mascaro avrebbe vinto. Anzi, lo avrebbe fatto, forse, con una percentuale più alta. Sia al primo turno che al ballottaggio. Piuttosto, all’indomani della conclusione della campagna elettorale per le amministrative di Lamezia, mi sembra utile, dal punto di vista dell’analisi politica, chiedersi perché ha vinto Paolo Mascaro ed abbiano perso gli altri competitori e cercare di comprenderne le ragioni. Ritengo che il successo dell’avvocato lametino sia dovuto, certo, a meriti propri; ma anche a gravi demeriti altrui. Vediamo quali sono stati i primi e quali i secondi. Mascaro ha sempre contestato il provvedimento di scioglimento del pag. 10

Consiglio comunale per infiltrazioni della criminalità organizzata; anzi in certi momenti ha negato ch’esse ci fossero state; non ha cambiato idea nemmeno davanti all’evidenza della sentenza del Consiglio di Stato. Pertanto, a partire dal novembre del 2017, non ha fatto altro che preparare la sua rivincita. Sia in senso psicologico che operativo. E lo ha fatto con una frenesia ed una voglia di “vendetta” fuori dal comune. Ha continuato ad essere presente tra la gente in tutti i passaggi dell’iter amministrativo e giurisdizionale che si è concluso con lo scioglimento. Ha cercato di confutare la decisione del ministero degli interni, ha presentato ricorso al TAR del Lazio, che gli ha dato ragione e lo ha riammesso al vertice dell’amministrazione comunale, ed infine ha sparato a palle incatenate contro la sentenza del Consiglio di Stato che, ripetutamente, ha definito come ingiusta. Cosicchè la maggioranza dei cittadini che

si è recata a votare, dandogli il 38,89% al primo turno ed il 68,9% al ballottaggio, ha dimostrato di credere a lui e non a tutti gli altri: politici locali ed istituzioni amministrative o giurisdizionali che fossero. Nell’ora del redde rationem elettorale, insomma, la maggioranza dei cittadini ha ritenuto fondata e vera la sua propaganda vittimistica e si è schierata con lui. Nel corso della campagna elettorale, facendo ricorso ad un linguaggio verbale che spesso è andato sopra le righe ed è risultato oltre misura auto-incensatorio e veemente, ci ha messo il carico da undici, accusando non meglio precisati avversari che sarebbero stati colpevoli, a suo dire, di aver ordito un complotto per massacrare Lamezia e schiacciare lui e tutti i progetti con cui ha tentato di far rinascere e crescere la città. E tuttavia, anche in relazione a questo aspetto, la maggioranza dei cittadini che ha votato ha creduto a lui e non alla litania sullo scioglimento con cui hanno continuato a bascularsi tanti dei suoi avversari. E’ stato l’unico, infine, fra i sei candidati, GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

che abbia presentato “un progetto di città” con una pubblicazione di 50 pagine, in cui ha esposto, con un linguaggio a tratti simile a quello avvocatesco ed in forma fantasiosa ed inverosimile, idee e programmi che sono riassunti sotto il titolo: “Il senso di un impegno per una Lamezia bella, viva e solidale”. Il contenuto di queste 50 pagine può piacere o meno; si può essere d’accordo o in disaccordo con tante proposte politiche e sociali e progetti attraverso cui viene promessa la realizzazione di una Lamezia lanciata verso lo sviluppo, il progresso senza limiti e la bellezza fantasmagorica, in tutti i settori dell’esistenza cittadina, ma resta un fatto che lui ha offerto alla cittadinanza la sua proposta programmatica, gli altri no. Ma l’avv. Mascaro ha vinto anche per la mancanza di visione strategica e di cultura politica delle formazioni della sinistra (Pd e ‘Lamezia bene comune’) che non sono riuscite a dare vita ad una coalizione forte e compatta. Invece di elaborare anche loro un “progetto di città” e formulare un programma realistico ed incisivo per realizzarlo, si sono sedute ad un tavolo trascorrendo il tempo alla ricerca della persona che avrebbe dovuto essere il candidato a sindaco. Mettendo l’aratro davanti ai buoi, e cioè partendo dalle persone e non dal programma, non solo hanno fallito nel tentativo di formare alcun cartello elettorale, ma hanno finito per litigare, accusandosi vicendevolmente. In preda al panico per il tempo che velocemente scorreva e stava per scadere, il Pd ha finito per affidarsi ad un candidato, che sarà pure un ottimo imprenditore, ma che è risultato sconosciuto alla maggior parte dei lametini. Ho seguito la campagna elettorale del dr. Guarascio e ne ho tratto l’impressione che il suo sforzo, teso a proporsi come personaggio politico efficace per l’amministrazione di Lamezia, fosse positivo e promettente. La candidatura guarasciana portava con sé, però, la debolezza ch’essa fosse la conseguenza di una improvvisa “genialata”, a cui il Pd è stato costretto a ricorrere perchè era rimasto impantanato nella paradossale situazione di non essere riuscito ancora a trovare, a due giorni dalla scadenza delle liste elettorali, il candidato che avrebbe dovuto guidarle. Il ricorso ad un candidato esterno al partito, sconosciuto, ripeto, dalla stragrande maggioranza dei cittadini, me compreso, che in questa città vivo ed opero da sempre, ha reso evidente il drammatico ritardo con cui esso era arrivato all’appuntamento elettorale. Ci si era illusi che l’imprenditore cosentino avrebbe risolto tutti i problemi ed invece il fallimento è stato completo e la frustrazione atroce per l’intero comparto di Lamezia e non solo


sinistra. La responsabilità, è ciò che penso, non è né di Guarascio né del segretario del Pd locale Antonio Sirianni, bensì del partito, lametino e provinciale, nel suo complesso ed affonda le sue colpe nel passato più remoto e recente. Per quanto riguarda ‘Lamezia bene comune’ neanche il buon risultato del 10,9%, conseguito al primo turno, è riuscita a nascondere la delusione dei suoi seguaci per come si è conclusa la loro vicenda elettorale né a fugare la preoccupazione della scarsa incisività politica che, in seguito alla scelta dell’ “aureo isolamento elettorale”, il movimento avrà nel prossimo consiglio comunale. Da nessuno finora è venuto uno straccio di analisi politica, approfondita, per individuare le cause del disastro e proporre qualcosa di sensato e di “rigenerativo”. E su questo vuoto politico siderale, le sinistre hanno cominciato a sperare che il prossimo verdetto della Cassazione possa decretare la incandidabilità del loro avversario. Non essendo state capaci di batterlo sul terreno dello scontro politico, perché succubi dei veti incrociati, cominciano a sondare gli arùspici per cercare di prevedere il pronunciamento dei giudici della Suprema Corte e trarne delle fantasiose conclusioni. Come se il verdetto, nel caso fosse a loro favorevole, potesse rimediare alla carenza di capacità organizzativa, al vuoto di cultura politica e all’assenza di leadership che sono stati all’origine della complessiva disfatta

Lamezia e non solo

elettorale e non, invece, a far aumentare a dismisura il marasma in cui verrebbe a trovarsi la città. Anche la coalizione di destra (FI, Udc, FdI) è uscita sconfitta perché anche in questo caso il candidato è stato trovato all’ultimo momento; conseguenza, anche qui, come per il Pd, di una “genialata” tirata fuori, come il coniglio dal cilindro, all’ultimo momento. Fallito il tentativo di indurre Mascaro, che “testardamente” ha voluto ripresentarsi con le sue due liste, a fare un passo indietro o due passi di lato, i tre partiti hanno offerto la candidatura all’ing. Ruggero Pegna, nella speranza che la notorietà dell’imprenditore lametino potesse proiettare, con la forza di una catapulta, quella coalizione alla vittoria. Ho seguito anche Pegna nei suoi interventi sui giornali, nei comizi e nelle tv, e ne ho tratto il convincimento che se la sua candidatura fosse stata preparata per tempo e non improvvisata, le sue possibilità competitive sarebbero state maggiori. Ma la mia impressione di osservatore è che gran parte dei voti della Lega lametina e di Forza Italia, sia andata a Mascaro. A rendere plausibile la mia sensazione (che ogni giorno di più si va trasformando in certezza) che parte dell’elettorato forzista e leghista abbia votato per Mascaro, non per Pegna, lo dimostra la rilevante differenza di preferenze tra il candidato sindaco e le sue due liste; inoltre, basta leggere le dichiarazioni rese, appena conosciuto l’esito elettorale, dai vertici politici locali dei due partiti. Oltre ad

esprimere gli auguri “più sinceri”, si dicono disponibili ad ogni forma di collaborazione con il nuovo sindaco (beninteso, in nome del bene comune di Lamezia e dei lametini…..) e fanno capire di essere pronti a salire sul carro del vincitore……. per non rischiare di rimanere a terra, a bocca asciutta. A Mascaro è andata anche parte dei suffragi dell’elettorato di sinistra che nelle varie consultazioni degli anni scorsi ha votato per l’ex piddino Peppino Zaffina e per Milena Liotta. L’ex assessore dell’amministrazione guidata da Speranza, passato repentinamente, con intuito volpino, dal Pd alla corte di Mascaro, è sempre risultato eletto, come in questa tornata, con una notevole quantità di suffragi. In questa consultazione i suoi voti, si sono trasferiti, insieme a lui, dal Pd al sindaco. Allo stesso modo, i voti dell’elettorato di sinistra che Milena Liotta ha saputo intercettare per essere eletta nelle liste del Pd di cui ha fatto sempre parte, questa volta, lei assente, sono andati, io ritengo, all’avvocato lametino delle cui liste la figlia faceva parte. Conclusione: anche questi voti ex democrat, pochi o molti che siano stati, hanno recato il loro contributo alla vittoria dell’avv. Mascaro in entrambi i turni della vicenda elettorale lametina. Adesso rimaniamo in attesa che il sindaco Mascaro cominci a governare e, come ha promesso, lo faccia anche bene…… per il bene della città.

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l’angolo di gizzeria

Calandariu e Jazzaria

di Patrizia Pallone

Sarà presentato in data 21 Dicembre 2019 nella Chiesa dell’Annunziata del borgo antico di Gizzeria il tanto atteso “Calandariu e’ Jazzaria 2020” edito dalla magistrale tipografia “Grafichè” di A. Perri di Lamezia Terme. Un ricco compendio dialettale che nasce nel 1999 da un idea del geniale ricercatore storico Michele Maruca Miceli e che si protrae fino ai giorni nostri. Un periodo lungo ricco di storie, di tradizioni popolari, di proverbi, di invettive, di aneddoti e di racconti accanto al braciere. Michele Maruca Miceli aveva visto bene, nel intraprendere questa avventura, dato che col suo calendario aveva voluto proiettare nel mondo la voce storica del suo piccolo paese, trascrivendo meticolosamente, come una volta in un linguaggio antico, consono al nostro centro storico di Gizzeria, ricordi dell’ illustre passato e dei suoi grandi personaggi. Gizzeria, ove il tempo segna ancora le sue ore dalla vetta di un vecchio campanile che si protrae verso l’azzurro mare del golfo di Sant Eufemia. Una paese ricco di sole, di mare, di vento e di tanta gloria che nel lontano 1860 ,con la costituita Unità d’Italia, poté vantarsi di grandi eroi,quali il nostro patriota Tenete Antonio Miceli, che con grande coraggio e ardimento alimentò i moti carbonari e fu fondatore della “Giovane Italia di Gizzeria, e del valoroso Maggiore garibaldino Alessandro Toia che non esitò a partire dal molo di Quarto di Genova per prendere parte volontariamente

alla spedizione dei MILLE. Questo è sempre stato l’intento di Maruca Miceli nel produrre questo calendario poiché ha sempre ritenuto il nostro piccolo borgo come una fonte inesauribile di vissuti che lo hanno reso unico nel tempo. Lo ha voluto realizzare, anche con il desiderio di incrementare nei nostri giovani la voglia di voler condividere con la sua generazione, l’amore e la ricerca continua della nostra storia affinché nulla venga tralasciato o dimenticato. Pertanto a quanti vorranno tuffarsi nel passato pur vivendo il presente diamo appuntamento a Gizzeria per discutere e parlare della lingua e cultura dei nostri padri.

Associazionismo

Iniziative del Soroptimist Club di Lamezia Terme contro la violenza di genere: 16 giorni di incontri con gli studenti, convegni e installazioni in città

Ha preso il via lunedì, in occasione della “Giornata contro la violenza sulle donne”, il periodo di sensibilizzazione portato avanti dal Soroptimist club di Lamezia Terme, nell’ambito della programmazione nazionale e del protocollo d’intesa stipulato con il Miur, per far conoscere il fenomeno, riflettere e dire basta alla violenza in ogni sua forma, e che coinvolger’ tutte le scuole cittadine. In particolare, sono state realizzate delle locandine con lo slogan “Decido io” distribuite nelle scuole, nei locali frequentati dai giovani, nei negozi del centro e, sempre con lo stesso slogan, è stato realizzato un banner itinerante che, per 16 giorni, sarà ospitato da tutte le scuole superiori del lametino. Il banner sarà portato in ogni scuola da una delegazione del club che incontrerà i ragazzi per presentare loro il progetto “Orange”, che prevede 16 giorni di attivismo nell’ambito della campagna di sensibilizzazione contro la violenza di genere. Tutte le scuole, la Polizia di Stato, l’Arma dei Carabinieri, il Tribunale e il Comune sono stati invitati ad aderire al progetto “Orange” illuminando di arancio i propri edifici. “Saremo impegnate in numerose iniziative nelle scuole - ha spiegato la presidente del club Concetta Giglio - perchè crediamo che pag. 12

le istituzioni scolastiche abbiano un ruolo importante nell’educazione al rispetto del genere”. In particolare tutti gli istituti sono stati invitati a realizzare il “Posto Occupato” e a dedicare a questa giornata momenti di riflessione comune; per le scuole secondarie di secondo grado è previsto per venerdì 29 novembre alle ore 9 all’Ipssar “Einaudi” un incontro sul “Codice Rosso” per parlare dei risvolti giuridici, medici e psicologici con le socie Rachele Iovene, Lucia Greco e Sabrina Curcio. Nel corso dell’incontro verrà presentata ai docenti la pagina “Al fianco delle donne” realizzata dal Soroptimist sul sito “Scuola channel”, come utile strumento di formazione all’interno delle classi. Per le scuole primarie e secondarie di primo grado è stato proposta un’attività collegata al “Goal 5” dell’Agenda 2030 (“Parità di GrafichÉditore di A. Perri - & 0968.21844

genere – Raggiungere l’uguaglianza di genere e emancipare tutte le donne e ragazze”) per lo sviluppo sostenibile dell’Onu. Ciascuna scuola potrà realizzare iniziative artistiche da condividere con la città nella mattina del 10 dicembre 2019 al Chiostro di San Domenico, in occasione del “Soroptimist Day”, durante il quale sarà realizzato un allestimento con gli ombrelli di colore arancio. Sabato 30 novembre alle ore 18 al Chiostro San Domenico è previsto invece il convegno “La tutela delle vittime vulnerabili prima e dopo il codice rosso” al quale relazioneranno il sostituto procuratore Giuseppe Falcone, il presidente dell’Ordine degli avvocati Dina Marasco, il commissario di Polizia Tania Ventriglia, la psicologa giurista Luisa Mellace e la presidente di sezione della Corte di Appello Gabriella Reillo. L’incontro, che sarà moderato dalla socia e magistrato Francesca Garofalo, sarà accreditato con due crediti formativi. Il club lametino ha infine organizzato, insieme ai vari club cittadini, la terza edizione del progetto “Siamo tutti con te”, un progetto destinato ad aiutare donne vittime di violenza attraverso un aiuto concreto al “Centro Demetra”. Lamezia e non solo


scuola

Vescovo Schillaci al liceo Campanella: “non io ma i giovani attireranno altri giovani nella Chiesa di Lamezia” di Salvatore D’Elia

Riferendosi ai recenti cori razzisti allo stadio di Verona, il presule ha invitato gli studenti del Campanella a “coltivare la fraternità, a lasciar venir fuori attraverso la scuola il bello che è in ciascuno di voi”. Alle domande sul ruolo della Chiesa, Schillaci ha evidenziato che “la missione della Chiesa non è proporre sé stessa, ma una Parola più alta: Gesù Cristo. Come ci insegna il Concilio: come Cristo, così la Chiesa”.

“Non sarò io a portare i giovani nella chiesa lametina, ma saranno i giovani ad attirare altri giovani”. Così il vescovo di Lamezia Terme Giuseppe Schillaci ha risposto a una studentessa del liceo Campanella di Lamezia Terme nella sua visita di cortesia all’istituto superiore lametino dove questa mattina è stato accolto dal dirigente Giovanni Martello, dai docenti e da tanti studenti che per la prima volta hanno avuto occasione di incontrare il pastore della Chiesa di Lamezia.

Ad organizzare l’iniziativa, introdotta dalla performance degli studenti del liceo musicale e dell’orchestra del Campanella e dal balletto di alcuni studenti del liceo coreutico, le docenti di religione Lucia Paola, Maria Pileggi e Rosa Palazzo e la docente Licia Di Salvo. Il dirigente Giovanni Martello, nell’accogliere il vescovo Schillaci, ha sottolineato “l’impegno della nostra scuola da sempre nella formazione anzitutto umana dei nostri giovani. Da anni, molti dei nostri studenti rinunciano al viaggio d’istruzione per andare a Lourdes con l’Unitalsi, accompagnati e seguiti passo dopo passo dalle loro docenti di religione, per vivere un’esperienza unica di crescita umana e spirituale, nel volontariato accanto a chi soffre”.

Un monito da parte del presule agli studenti a “ricercare la bellezza e ad allontanare il brutto che si manifesta sotto tante forme”, nel corso una conversazione profondamente umana che ha toccato temi che coinvolgono da vicino la vita dei giovani lametini. “Lasciatevi interpellare da ciò che unisce, ricercate l’armonia. Armonia non significa annullare le differenze: non siete fotocopie gli uni degli altri. La scuola vi aiuta a tirare fuori l’originalità di ciascuno di voi, non da contrapporre ma da collocare accanto a quella degli altri, come in un’orchestra. Chi vuole andare veloce, va da solo. Ma chi vuole andare lontano lo fa insieme agli altri”.

l’angolo di tommaso

di Tommaso Cozzitorto

Riflessioni

Sto ascoltando una bellissima canzone di Ornella Vanoni: Bisogna imparare ad amarsi... Se riflettiamo bene, nonostante apprendiamo sempre nuovi metodi per alimentarci in modo sano, per rimanere giovani il più a lungo possibile, fare attenzione a non mettere qualche chilo in più, leggere libri edificanti su come auscultare il nostro spirito, eppure tutto questo non contribuisce ad amarci di più. Ci manca, spesso, quella visione dell'oltre noi stessi, quello sguardo costruttivo e benevolente verso ciò che ci circonda, il modo più profondo per abitare noi stessi e di conseguenza ospitare gli altri nella nostra anima; non si può lucidare continuamente la vetrina di un negozio e lasciare la Una opinione pubblica intellettualmente onesta non può formarsi dove regna la confusione: accade che molti, per affermare i propri interessi inquinano la libera e sana circolazione delle idee, corrompono il positivo pluralismo delle informazioni, esprimono un retrivo e ipocrita perbenismo, diffondendo confusione e spacciando per originalità soltanto vuoto conformismo. La banalità la fa Lamezia e non solo

polvere all'interno, non si può sorridere in modo solo esteriore mentre il nostro cuore è chiuso con un doppio lucchetto. Dovremmo essere capaci di fare del nostro cuore una casa aperta e accogliente per poter ospitare coloro che suonano il campanello. Il nostro cuore dovrebbe avere pronta una camera anche per quelli che hanno colorato la nostra vita e che ora non vivono più visibilmente con noi, dovremmo dire loro: non è vero che non avete più la vostra casa, il nostro cuore lo sarà per sempre, finché anche noi, un giorno, abiteremo il cuore di chi vorrà ospitarci. È necessario imparare ad amarsi, ora, qui.

da padrona, inutili allarmismi costruiti sul nulla diventano slogan, la menzogna viene venduta per messaggio culturale e civico. In questo modo il gioco democratico non ha senso e significato, si perde il valore intrinseco del concetto di democrazia. E quanto viene strombazzato il concetto di legalità, quanto viene svuotato, depotenziato nel suo alto senso etico e culturale. La caccia alle streghe non

ha mai prodotto delle buone pagine di Storia; un pensiero diverso dal nostro è una ricchezza se si porta avanti un ragionamento, se il tutto può basarsi sul confronto invece di scegliere lo scontro e costruire il nemico a tavolino. Storicamente le dittature non amano il formarsi di una opinione pubblica consapevole e libera, non rispettano le scelte di una maggioranza, inculcano paure immotivate: vogliamo diventare una democrazia autentica oppure una democrazia mascherata? Italia, Calabria, Lamezia, meditiamo.

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Spettacolo

Vacantiandu. Originale allestimento di “Uno, nessuno e centomila” della Compagnia Piccolo Borgo Antico di Lipari di Giovanna Villella Lamezia Terme, 23 novembre 2019. Ancora un altro successo per la rassegna teatrale Vacantiandu 2019.2020 con la direzione artistica di Diego Ruiz e Nico Morelli e la direzione amministrativa di Walter Vasta che quest’anno ospita, per la prima volta in Calabria, il Gran Premio del Teatro Amatoriale Italiano. La manifestazione è organizzata a livello nazionale dalla Federazione Italiana Teatro Amatori (FITA) e, per questa edizione, si avvale della collaborazione organizzativa della compagnia teatrale I Vacantusi e del patrocinio della Regione Calabria. Il secondo appuntamento con il Gran Premio Teatro Amatoriale Italiano ha portato in scena, al Teatro Comunale Grandinetti di Lamezia Terme la Compagnia Piccolo Borgo Antico di Lipari (Sicilia) con lo spettacolo Uno, nessuno e centomila di Luigi Pirandello, regia di Tindara Falanga.

La regia della Falanga offre una lettura metateatrale del testo pirandelliano. Un testo nato come romanzo, l’ultimo di Pirandello, e adattato alla scena entro la cornice dell’atto unico. Il décor, nell’arrangiamento scenografico di Mia Caleca, è un luogo metafisico, una scatola nera popolata da personaggi, voci, maschere e specchi dalle cornici rosse che, come occhi indagatori, catturano, deformano, creano illusione. L’idea registica evidenzia la tematica della frantumazione dell’io e del fallimento esistenziale del protagonista Vitangelo Moscarda, alias Gengè, che si fa “uno e trino” con Alessio Vinci, Bartolo Fonti e Adriano Lo Nardo i quali, indossando le mezze maschere, sanno dosare ironia, riflessioni profonde e provocazioni tragicomiche diventando, nella loro disperata ricerca della propria identità, ognuno “voce” e “coscienza” dell’altro prima di rifugiarsi nella follia come scelta di libertà, ultimo gesto di ribellione alle vuote convenzioni sociali. “Ho scelto questo artificio registico perché ognuno degli attori che interpreta Gengè riesce a dare al personaggio uno spessore e una personalità che non si riusciva a trovare in un unico interprete”, così la regista Tindara Falanga che, lavorando per moltiplicazione e sottrazione, ha saputo restituire l’intima natura teatrale del testo. pag. 14

E la Pazzia si materia nel corpo e nella voce di Gianluca Veneroso che ha offerto al pubblico una interpretazione poliedrica, sapientemente intessuta di gesti, di espressioni facciali e di registri polifonici padroneggiati con maturità e sapienza attoriale. Ben delineati anche gli altri interpreti maschili Claudio Biviano (banchiere Firbo), Daniele Russo (banchiere Quantorzo), Giuseppe Salpietro (padre di Dida) mentre l’universo femminile è stato affidato a Milena Cincotta che ci regala una Dida salottiera e sensuale e a Tiziana Lauricella nel doppio ruolo di Anna Rosa, amante di Gengè e di serva della Pazzia. Una menzione speciale per la scelta dell’immagine della locandina che riprende il celebre dipinto di Edgar Ensor L’intrigo che, con la sua folla di maschere e volti, ben si attaglia alle tematiche della pièce pirandelliana. La Compagnia Piccolo Borgo Antico di Lipari con Uno, nessuno e centomila rappresenta la Sicilia, seconda tra le 14 regioni italiane selezionate a partecipare alla 5° edizione del Gran Premio del Teatro Amatoriale Italiano. Nata nel 1992 dall’incontro di pochi amici appassionati di teatro e costituitasi giuridicamente nel 1996, la Compagnia è da sempre guidata dall’abile e versatile Tindara Granata. Ha all’attivo molte produzioni che vanno dal teatro classico a quello contemporaneo e, da oltre venti anni, gestisce la rassegna Maschere di Dionisio, una vetrina per presentare i propri lavori ma anche una occasione per proporsi in progetti e rassegne nazionali e internazionali in luoghi diversi dal proprio territorio di appartenenza. Lo spettacolo è stato valutato da una giuria composta da sette giurati con competenze specifiche a diverso titolo nel settore i quali, nel Gran Galà finale del 29 marzo 2020, assegneranno 8 premi: Miglior spettacolo, Miglior attore/attrice protagonista, Miglior attore/attrice non protagonista, Miglior allestimento, Miglior testo e Miglior regia. Al termine della rappresentazione, il consueto omaggio della tradizionale maschera, simbolo della rassegna Vacantiandu, ideata dal graphic designer Alessandro Cavaliere e realizzata dal maestro Raffaele Fresca, che il direttore artistico Nico Morelli e il direttore amministrativo Walter Vasta hanno consegnato alla regista Tindara Falanga.

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Spettacolo

Vacantiandu. Applausi a scena aperta per la

“Filumena Marturano” di Archivio Futuro di Napoli

di Giovanna Villella

Lamezia Terme, 3 novembre 2019. Prosegue con successo la rassegna teatrale Vacantiandu 2019.2020 con la direzione artistica di Diego Ruiz e Nico Morelli e la direzione amministrativa di Walter Vasta che quest’anno ospita, per la prima volta in Calabria, il Gran Premio del Teatro Amatoriale italiano. La manifestazione è organizzata a livello nazionale dalla Federazione Italiana Teatro Amatori (FITA) e, per questa edizione, si avvale della collaborazione organizzativa della compagnia teatrale I Vacantusi e del patrocinio della Regione Calabria. Il primo appuntamento con il Gran Premio Teatro Amatori italiano ha portato in scena, al Teatro Comunale Grandinetti di Lamezia Terme, Filumena Marturano di Eduardo De Filippo, regia di Peppino Colace. La regia di Colace ha offerto una lettura rigorosa del capolavoro eduardiano. La scenografia, firmata da Giovanni Balzano, ha ricreato in modo fedele l’ambiente borghese di casa Soriano con minuziosa cura dei dettagli. Il rapporto esterno/ interno è stato risolto con l’installazione, sulla quinta di fondo, di un grande schermo retroilluminato su cui venivano proiettate delle immagini per dilatare lo spazio scenico, creando nuovi ambienti e simulare profondità, guidando lo sguardo degli spettatori all’esterno. Potente e commovente l’interpretazione di Ornella Girimonte che ha dato voce e lacrime alla protagonista. La “sua” Filumena è una donna moderna con lo spirito da guerriera. L’inganno a cui ricorre per riprendersi ciò che la vita le ha sottratto è in realtà provocazione e rivolta nei confronti di quell’uomo, Don Mimì Soriano, che non ha mai saputo apprezzare il suo amore incondizionato e sofferto. Ed pag. 15

è proprio sulla diade Filumena/Domenico che si sviluppa il lavoro registico di Colace il quale, con felice intuizione, rappresenta i due mondi sociali incarnati da Filumena e da Don Mimì, ponendo i due protagonisti, nel primo atto, a distanza siderale in una sorta di monolitica staticità. Eppure quel vuoto che si nutre di rancori, ripicche e rivendicazioni via via si riduce. Don Mimì Soriano, nella lucida e misurata interpretazione di Mario Troise, rinuncia al suo delirio di onnipotenza in un corpo

finito e inizia un viaggio introspettivo che lo porterà ad una conversione del cuore. Il pianto finale di Filumena è pianto di riscatto e di libertà. Riscatto sociale e libertà di essere finalmente donna e madre legittimamente accettata e riconosciuta. Incisive e ben delineate le interpretazioni di tutti gli altri personaggi che contribuiscono alla coralità della commedia. Irresistibile la vis comica di Rosalia (Elena Maggio) a cui fa da perfetto contraltare l’indolente umorismo di Alfredo (Gianni Vano) mentre l’affettata eleganza di Diana (Vicky Colace) si interfaccia con la plebea sensualità di Lucia (Ilaria Troise). Ben disegnati i personaggi dei figli: il riservato e compito Umberto (Errico Piccolo), il semplice e cordiale Michele (Ben Maggio), il distante e supponente

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Riccardo (Raffaele Cosentino). Gustosa l’interpretazione dell’avvocato Nocella (Franco Londino), molto gradevoli le fugaci apparizioni dei garzoni (Peppino Colace e Dalila Di Marco) e di Teresina la sarta (Annamaria Colace). La Compagnia Archivio Futuro di Napoli con Filumena Marturano rappresenta la Campania, prima tra le 14 regioni italiane selezionate a partecipare alla 5° edizione del Gran Premio del Teatro Amatoriale italiano. Lo spettacolo è stato valutato da una giuria composta da sette giurati con competenze specifiche a diverso titolo nel settore i quali, nel Gran Galà finale del 29 marzo 2020, assegneranno 8 premi: Miglior spettacolo, Miglior attore/attrice protagonista, Miglior attore/attrice non protagonista, Miglior allestimento, Miglior testo e Miglior regia. Al termine della rappresentazione, il consueto omaggio della tradizionale maschera, simbolo della rassegna Vacantiandu, ideata dal graphic designer Alessandro Cavaliere e realizzata dal maestro Raffaele Fresca, che il direttore artistico Nico Morelli e il direttore amministrativo Walter Vasta hanno consegnato a Peppino Colace.

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IL VOLTO SPIRITUALE DELLA CALABRIA

CATERINA BARTOLOTTA IL FENOMENO DELLE EMOGRAFIE di Fernando Conidi

ESPERIENZE IMPORTANTI Le manifestazioni mistiche, quasi sempre, sono accompagnate da fenomeni straordinari, alcuni dei quali stimolano la fede, ma anche la curiosità, specialmente in chi sente il bisogno di approfondire la propria esperienza. Vi sono dei momenti, nella vita di ognuno di noi, che hanno il potere di cambiare la nostra esistenza. Può avvenire, infatti, che alcune circostanze particolari ci spingano a prendere una decisione che cambierà la nostra vita. In realtà, sappiamo bene che ogni esperienza è assimilabile a una porta, davanti alla quale possiamo prendere la decisione di passare oltre, oppure di entrarvi. La conversione di un individuo, molto spesso, passa per una di quelle porte che aprono a esperienze spirituali inimmaginate o, superficialmente, giudicate come non necessarie per la propria vita; salvo accorgersi, dopo essere entrati, di quanto quella nuova esperienza colmasse un vuoto importante della propria vita interiore. Questo è ciò che è accaduto a molti di coloro che hanno conosciuto Caterina Bartolotta, mistica calabrese. LE RIVELAZIONI PRIVATE La dottrina della Chiesa, in merito alle rivelazioni private, specifica, nel suo catechismo: “Il loro ruolo non è quello di migliorare o di completare la rivelazione definitiva di Cristo, ma di aiutare a viverla più pienamente in una determinata epoca storica”. Non si potrebbe negare, quindi, che esse – ove trovino riscontro nella verità e, quindi, siano collocate in un contesto inoppugnabile – costituiscano uno stimolo straordinario per vivere più pienamente la fede. La stessa storia umana racconta

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Caterina, all’età di dieci anni, mostra una delle prime stimmate, a forma di croce, formatasi sul palmo della mano destra

La parete dove appariva la Madonna, con i segni delle emografie lasciati da Caterina – Settingiano, anno 1975

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come santi, beati e mistici siano stati – e lo siano ancora – un legante spirituale importante tra la dimensione umana e quella ultraterrena, alimentando la consapevolezza che Dio non è mai lontano dalla creatura umana. Le rivelazioni private possono essere definite come un importante corollario spirituale, che, pur non essendo essenziale per la nostra fede, costituisce una prova che Dio manifesta sempre la sua presenza, gratificando l’uomo con segni e fenomeni straordinari che alimentano l’entusiasmo verso una fede che oggi, purtroppo, nella società moderna, viene bistrattata e, sempre di più, ritenuta come

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IL VOLTO SPIRITUALE DELLA CALABRIA non indispensabile. In un mondo che tende a dimenticare Dio, il Signore, attraverso la Chiesa e i veri mistici, continua la sua opera di conversione e di salvezza.

LA STORIA IL FENOMENO DELLE EMOGRAFIE È venerdì, 8 novembre 1973, Caterina si trova nella stanza da letto dei genitori, dove avviene l’apparizione della Madonna. Improvvisamente, avverte come una presenza nella stanza, si gira di scatto e davanti a sé vede Gesù. Non lo aveva mai visto prima, ma la presenza del Signore, anche se improvvisa, non la spaventa. Caterina lo guarda, è radioso, emana una luce che lo illumina e lo circonda, e, mentre lo guarda, il suo cuore si riempie di gioia. Il volto di Gesù è sofferente. Egli le mostra le sue mani piagate, sanguinanti, dove sono impressi i segni delle stimmate, e, guardandola, le dice: ”Mi dai un po’ di aiuto?”. Lei, porgendogli la mano, risponde subito: “Sì”. Caterina pensava che Gesù volesse sorreggersi a lei, invece le tocca il dorso della mano e immediatamente appare su di esso una ferita, che inizia subito a sanguinare. Lei non si spaventa, vede che anche Gesù sanguina. In quel momento non sa darsi una spiegazione, osserva quel sangue venire fuori dal dorso della sua mano destra. La sensazione è forte, le era sembrato che un chiodo si conficcasse nella carne; adesso quella ferita brucia e lei sente dolore. Si vedono distintamente i lembi della pelle sanguinanti. Subito dopo, Gesù scompare, ma la stimmata rimane visibile, e lo resterà per molti giorni. Caterina ha compiuto da pochi giorni dieci anni di età. Dopo quel primo episodio, durante la Quaresima, in particolare nella Settimana Santa, lei ha le stimmate del Signore. Il sangue forma sulla sua pelle segni di croci, ostensori, cuori, scritte e vari simboli di carattere religioso. Le emografie appaiono su varie parti del corpo: sulle mani, sui polsi, sulla fronte come corona di spine,

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Caterina con le emografie sul viso e sui polsi - anno 1978

Caterina con le emografie sui polsi - anno 2010

sul petto in corrispondenza del cuore, sul costato, sui piedi e anche sugli occhi, come lacrime di sangue. Nel piccolo paese di Settingiano (CZ), alcuni, vedendo le stimmate, gridano al miracolo, altri, ancora increduli, rimangono stupefatti e confusi. Quei segni sono un fenomeno soprannaturale, osservato da moltissime persone, venute da ogni dove. Molte di loro ritornano a casa con la conversione nel cuore, altre, invece, incapaci di comprendere il fenomeno, si abbandonano a facili e superficiali giudizi. Quelle stimmate assumono un valore che cristallizza la storia di Caterina Bartolotta, facendola rientrare tra i più giovani stigmatizzati della storia delle manifestazioni mistiche. Caterina, su indicazione della Madonna, nei giorni in cui si manifestano le stimmate, poggia le braccia, le mani, sulla parete delle apparizioni, lasciandovi impressi i segni delle emografie, come testimonianza di quanto avvenuto, il più delle volte, in presenza di molte persone. Dal 1973, ogni anno, il fenomeno delle stimmate si ripete, come segno della passione di Cristo per la conversione e la salvezza dell’umanità. Fonte: “Il Segno del soprannaturale”, n. 349, luglio 2017 - Edizioni Segno - Autore: Fernando Conidi

Particolare delle emografie sui polsi di Caterina

Per approfondimenti:

https://www.caterinabartolotta.it

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scuola

TUTELATA E GARANTITA L’AUTONOMIA DELLA DON MILANI: PLAUSO DEL DIRIGENTE SCOLASTICO ALL’AZIONE DELLA PROVINCIA di Pasquale Maria Natrella

L’l’IC Don Milani, ubicato nel centro storico di San Teodoro, per il prossimo anno scolastico non sarà accorpato alla Manzoni. Ed è subito esultanza nella comunità scolastica che, da qualche anno a questa parte, lotta con tutte le forze per mantenere l’autonomia e far riconoscere la sua realtà di scuola che attua una specificità pedagogica legata ai principi e alla metodologia della scuola di Barbiana e di Don L Milani. L’Istituto Don Milani aveva espresso il proprio parere sfavorevole all’accorpamento e in sede di deliberazione collegiale aveva chiesto alla Provincia che venisse riguardato il Piano di Dimensionamento in direzione anche “di un riequilibrio della rete scolastica stabilizzando e consolidando tutte le istituzioni presenti sul territorio, rafforzando quelle più deboli per poter garantire solidità e sancire presidi di legalità su realtà socialmente disgregate e disomogenee.” Il Dirigente Scolastico Francesco Vinci e il suo staff, la Presidente del Consiglio di Istituto, Annita Vitale, hanno subito intrapreso il dialogo con la Provincia ritenendo importante far comprendere al proprio interlocutore le peculiarità della propria scuola e del contesto in cui è inserita che comprende anche una territorialità montana nel Comune di Platania, soggetta a naturale calo demografico come tanti altri paesi del comprensorio. “C’e stata da subito, dice il Dirigente, un’apertura all’ascolto e alla collaborazione da parte del Presidente Abramo e del vicepresidente Antonio Montuoro che ha presieduto il Consiglio per il dimensionamento scolastico e che ha colto il ruolo che la scuola svolge quale presidio di legalità e dello Stato e di rappresentanza delle

istituzioni nel centro storico e come polo culturale e sociale nella città di Lamezia. In particolare, ci ha colpiti la volontà di voler risolvere i problemi nel miglior modo possibile soprattutto nel riconoscere il lavoro che l’Istituto Don Milani ha sempre svolto e continua a svolgere per quanto riguarda la sua “mission” di accoglienza e inclusione e per la sua Offerta formativa che ha sempre rappresentato un fiore all’occhiello nel territorio applicando una didattica altamente coinvolgente, innovativa, aderente alla realtà e pedagogicamente eccellente con risultati sugli allievi riconosciuti negli anni. A tal proposito, continua il Dirigente, proprio in questi giorni l’Istituto ha organizzato un interessante corso di formazione per i docenti sulla “Metodologia e l’applicazione della didattica milaniana” con un allievo di Don Milani, il prof. Edoardo Martinelli e in collaborazione con l’Università della Calabria interessata alle modalità di “fare scuola, di proporre modelli alternativi al nozionismo ma più aderenti al contesto, mantenendo la motivazione all’apprendere e la vivacità dei ragazzi di oggi, dando loro gli strumenti , “la cassetta degli attrezzi “ e cioè un metodo di studio per affrontare le sfide del futuro”. Riconfermando l’autonomia alla Don Milani, il Consiglio Provinciale ha ritenuto di condividere e sostenere le peculiarità di una scuola sempre orientata a mantenere la propria identità pedagogico-didattica e sociale e che ha il coraggio di “fare la differenza” in un mondo che accelera e non riflette sui valori umani ma crea disuguaglianza, aggressività , individualismo e competizione.

riflessioni

Parole e gesti sono pietre ? di Alberto Volpe Un interrogativo, questo, opportuno e sempre attuale, che richiama l’’omonimo (“le parole sono pietre”) romanzo del torinese Carlo Levi. Una metafora che viene troppo spesso dimenticata quando si tratta di analizzare, appunto, con una dimensione sociologica parole e gesti di soggetti e gruppi, o masse organizzate. Ancor più si ravvisa una opportunità interpretativa, e non solo linguistica, dal mondo della cultura, per le implicanze strette con una etica ed una attinenza severa con la Storia, quest’ultima codificata nella Costituzione italiana. E, proprio partendo da quanto un attento utente dei social ha potuto ascoltare, penso abbia destato grande attenzione alle affermazioni pronunciate da quel capo-ultras, Roberto Fiore, ma non solo, che con molta nonchalanche definisce come goliardia il saluto romano in manifestazioni pubbliche, sportive e non solo. E, a rincarare la dose, ammira come “coraggiosi” quei gruppi che quel tipico saluto e cori dello stesso segno accompagnano il prima e il dopo-partita, come il corteo funebre di un loro “compagno”. Dunque, dobbiamo uniformarci, omologarci e rimanere indifferenti ad un uso così ostentatamente sommario e sbrigativo di termini e parole inneggianti magari ad un dittatore criminale come Hitler ? Né meno superficiale dal punto di vista semantico è rubricare la coraggiosità dei singoli che si avvalgono della forza trainante del “gruppo”. Tutta una letteratura specifica è, invece, illuminante rispetto ad una implicita pericolosità di simile conpag. 18

nubio psicologico. Potenza della parola, in quel caso che vorrebbe far passare minimizzato il rischio della violenza, che è il passo successivo a quello del fanatismo. Violenza che, puntualmente, le cronache compaiono nelle cronache, sportive e non, fuori e dentro gli stadi, facendo passare in second’ordine una originaria caratteristica di “sportività” di competizione dentro uno stadio, e di sano tempo domenicale per famiglie sugli spalti. Un rapporto sempre più stretto, come dimostrano ricorrenti indagini giudiziarie, tra violenze degli ultras, ‘ndrangheta e spaccio di droga (prevalentemente di estrema Destra, il quadro che ne viene fuori non può essere ancora una volta derubricato come semplice ed innocente fanatismo. Né si possono ritenere fatti e fenomeni sporadici casi di vero e dichiarato razzismo quelli come quello di Luca Traini a Macerata che, per presunta vendetta di un omicidio, non esita ad uccidere un uomo di colore. Allora la questione assume importanza rilevante ed inquietante sotto l’aspetto sociologico e costituzionale, atteso che, accanto ad una “libertà associativa, garantita da una legge (la n. 645 del 1952), non va assolutamente sottovalutato, l’aspetto altrettanto rilevante, del pericolo di apologia del fascismo. Tenere “alta la guardia” su tale versante, significa fare un buon servizio a salvaguardia della Costituzione, non meno che prevenire una mediocrazia al potere.

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giovani e dintorni

La “generazione smartphone”: relazioni più connesse o più confuse?

di Pierluigi Mascaro

È proprio vero, l’era del web ha davvero profondamente modificato la maniera in cui si percepisce se stessi, gli altri, nonché il mondo circostante. Ma in meglio o rovinosamente in peggio? E’ questo il quesito che dobbiamo porci! Ritengo che l’odierna generazione, la cosiddetta “dello smartphone”, inciampi ripetutamente ed in maniera quasi non più percettibile in un colossale equivoco di fondo, vale a dire l’idea di una completa e totale identificazione tra l’”io comunicativo” presente in ciascun essere umano e gli svariati mezzi di comunicazione che oggigiorno l’inarrestabile avanzare del progresso tecnologico mette a disposizione di tutti noi. Proviamo a chiarire meglio siffatto concetto, soltanto all’apparenza di particolare complessità. Innanzitutto, nell’ambito di ogni esercizio intellettuale generalmente inteso, dal più semplice al più articolato, risulta di primaria e basilare importanza la ricerca e la elaborazione di un certo numero più o meno ingente di informazioni, attività, queste, ormai sempre maggiormente delegate agli elaboratori informatici. Ma attenzione! Come la stessa scienza dell’informatica da diverso tempo insegna, la qualità e l’efficienza di un output prodotto da un database informatico sono direttamente proporzionali a quelle dei corrispondenti input immessi dall’uomo nell’elaboratore; se questi ultimi sono insufficienti o non abbastanza coerenti e coordinati tra loro, l’output prodotto dall’elaboratore sarà conseguentemente di scarsa qualità e spendibilità pratica. Alla luce di questa argomentazione, si può pacificamente affermare che il web ha sicuramente facilitato i metodi di reperimento dei dati e delle informazioni, diminuendone notevolmente i tempi di elaborazione,

ma restano sempre e comunque i processi cognitivo-comunicativi umani il motore primo ed imprescindibile di qualsivoglia attività intellettuale. Gli strumenti informatici intervengono a coadiuvare questo motore, ma mai a sostituirlo, identificandosi con esso. E veniamo ora all’ambito delle relazioni umane, prendendo in considerazione, in maniera specifica, il tema dell’applicazione per smartphone Whatsapp e le conversazioni che tramite esso è possibile intrattenere, in tempo reale, ma pur sempre dietro lo schermo di un telefonino. “Che bisogno c’è di vederci in piazza o al cinema, quello che dobbiamo dirci possiamo scrivercelo su Whatsapp!”, si sente, ahimè, sempre più spesso dire tra i più giovani, ma anche tra gli adulti. Certo, è innegabile che il livello zero della comunicazione, che si sostanzia in quelli che potremmo definire “messaggi testuali standard”, può esplicarsi perfettamente, anzi in maniera molto più rapida e diretta, mediante i sistemi di messaggistica web; tuttavia, la comunicazione umana non può e non deve arrestarsi al livello zero! Come già aveva intuito Sant’Agostino moltissimo tempo prima dell’avvento dell’era del web, la comunicazione è costituita non soltanto da messaggi verbali e/o testuali, ma anche e soprattutto dagli sguardi, dai silenzi, dalle espressioni del volto e dalle movenze del corpo, perché molto spesso è mediante la comunicazione non verbale e non testuale che le menti e gli animi umani si connettono in maniera autentica e profonda, attribuendo finalmente un senso completo e compiuto alla comunicazione stessa. E come può avvenire tutto ciò dietro il freddo e statico vetro temperato di uno smartphone?

eventi

UN MONDO A COLORI di Annamaria Davoli

Si è svolta a Lamezia Terme presso il “Chiostro Cafè Letterario” in Piazzetta San Domenico, una coloratissima e originalissima mostra “Un Mondo a Colori” allestita dall’ artista e poetessa Daniela Pullieri. L’ artista è nata a Novi ligure, dove la madre calabrese e il padre pugliese si erano trasferiti per motivi lavorativi. Qui frequentò la scuola primaria e parte della secondaria, insieme al fratello e alla sorella. Quando i genitori decisero di ritornare in Calabria, a Lamezia, Daniela proseguì i suoi studi. Sposata dal 1991, ha 2 figli. Ama scrivere poesie in rime: Ha già composto e pubblicato infatti i 2 Lamezia e non solo

volumi di “ Le parole del mio cuore”. Attraverso le rime ella ama esprimere le emozioni suscitate da persone e/ o situazioni particolari. Coltiva l’ hobby di dipingere su pietre di mare o su piastrelle: In precedenza questo era per lei un semplice passatempo, divenuto poi un vero e proprio hobby: Ella sceglie sulla spiaggia

le pietre che ritiene migliori e più adatte per il suo lavoro ‘ artistico’, le disegna a mano libera, fiori, animaletti, coppie di animali), colora con pennarelli indelebili, fissa i colori con vernice acrilica trasparente spray e glittera con colla glitter, dando vita a meravigliose opere, che le consentono di allestire originali mostre che, grazie ai loro vivacissimi colori, alla loro luce e brillantezza suscitano allegria nei visitatori, così com’ è potuto accadere visitando quest’ ultima, recentissima, inusuale e molto fantasiosa, tenutasi presso il Chiostro.

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di Maria Palazzo Carissimi lettori, siamo giunti alla fine degli anni ’10. Inizia un nuovo decennio. E quale migliore sorpresa che chiudere dicembre con un bel libro che, poi, ci porti negli anni ’20? Ho scelto, questa volta, una insolita biografia. Mi ha colpito tantissimo il titolo: Perché parlavo da solo, di Paolo Bonolis. Giudichiamo tutti, il noto conduttore, dall’aria scanzonata, dalla battuta facile e dall’eloquio fluido. Invece lo ritroviamo attento, riflessivo e per nulla dedito allo scherzo. Due volti di una stessa medaglia… Lo riroviamo, a volte, persino timido e incerto, come chi, di solito, osserva la vita non da un punto di vista non privilegiato, ma come immerso in una realtà non sua. Da qui, apprezziamo mille cose: il suo gusto per il viaggio (sarà per sfuggire al logorìo della vita moderna, tanto per utilizzare una nota battuta pubblicitaria?); la fondamentale passione per la lingua italiana (un modo di sentirsi più sicuri in ambienti non facili?); la riflessione profonda, che non lascia spazio alla superficialità… Paolo Bonolis ci appare come un misto di ridanciana e sana ironia, ma anche di profonda saggezza, quasi al limite della pedanteria, specie quando il pensiero è rivolto al futuro delle nostre generazioni: lo riscopriamo nostalgico nel ritorno alle memorie del passato, quasi fosse più anziano di quel che realmente è… Non manca, però, la sua verve tipica e la capacità di alleggerire

l’aria, qualora si appesantisse, con aneddoti esilaranti (un’altra delle sue passioni). Ciò che troviamo immutato, in lui, è l’arte del suo raccontare e raccontarsi: accattivante, come sempre, nella sua magistrale affabulazione. In alcuni capitoli, osserviamo una narrazione in forma di pseudodiario, in altri, essa è libera e procede spedita, senza soste riflessive. In fondo, questo volume, infatti, non è da ritenersi né un vero e proprio racconto di sé, né un’autobiografia classica, tutto è nello stile di Paolo: una conversazione con i suoi lettori, col suo pubblico, un racconto che possa illuminare, di sé, anche quelle parti che, di solito, restano in ombra… La lettura, dunque, risulta piacevole: velata, quel tanto che basta, dalla naturale malinconia che pervade tutti coloro che, di solito, osservano la vita, cogliendone il lato comico. La scrittura è intelligente e non annoia. Nei momenti in cui si adombra un po’ di più, non manca mai quel guizzo che la riporta a spumeggiare di nuovo… Immergersi in questo suo modo di scrivere, che è anche un modo di essere, è, a parer mio, comunque, un’esperienza. Un modo per scoprire lati nascosti di un uomo e, forse, anche di se stessi… Augurandovi di divertirvi leggendo, così per come mi sono divertita io (pur non senza commuovermi, a volte), vi lascio i miei più cari e affettuosi AUGURI per tutte le feste natalizie e che il nuovo anno e il nuovo decennio portino solo promesse di gioia duratura.

Satirellando

Nel periodo che precede le Feste natalizie, si esce di più e si caso, alcune femminucce si sentono maeosservano di più le persone. Molte ostentano eleganza e, ov- stre ancor più! Invece è così bello essere viamente, noi donne siamo maestre, in questo. Nulla di stra- naturali… no: anzi, se la festa è dentro noi, la manifestiamo anche fuori Ogni volta che qualcosa stona, ormai lo sadall’intimo del cuore… Il problema sorge nell’esagerazione, pete, io non riesco a resistere dal divertirmi, nel voler mettersi in mostra a tutti i costi, ostentando… In quel satirellando… FEMMINUCCE Conosco alcune femminucce,\ sempre coi tacchi, mai con babbucce\ che, pur di primeggiare,\ bestemmierebbero sull’altare!\ Il loro corpo diventa saetta\ con cui colpire in linea retta:\ non importa chi abbian davanti\ scherzan coi fanti e pure coi santi!\ Se sei con loro non c’è redenzione,\ conta solo un’arma: la seduzione!\ Non sono mai rilassate:\ occhi di fuoco, guance incipriate;\ i lor movimenti son tutti studiati:\ ridopag. 20

no poco e con sorrisi tirati,\ perse tra scollature e belletti,\ visi lucenti, nasi perfetti.\ L’ideale è l’uomo, nella tela di ragno:\ bacerebbero ogni rospo dello stagno,\ son certe di scagliare infallibili dardi,\ con i loro ineludibili sguardi…\ Dietro tutto ciò c’è insicurezza\ e paura, celata nell’ebbrezza\ del voler, per forza, accalappiare\ ogni persona che le possa osannare,\ invece bramerebbero, a tonnellate,\ tutte le gioie dell’essere

amate,\ ma forse non credono di meritarlo\ ed è questo il loro dannato tarlo! Che tutte le Feste vi siano propizie e siano colme di felicità e che possiate attrarre con naturalezza, senza strafare e senza indurre gli altri a satirellare troppo.... AH, AH, AH!Da parte mia, io vi porgo i miei più cari auguri.

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CHE RULLO LA ROYAL, FERMATA SOLO DA MOLFETTA E FASANO Teresa Serrano: “Invito i tifosi: anche noi donne sappiamo giocare a calcio!” di Rinaldo Critelli E’ una Royal Team Lamezia col vento in poppa quella che, dopo la prima sconfitta all’esordio, ha messo in fila bene otto vittorie di fila. Un cammino pressochè regolare che ha visto la squadra di mister Carnuccio superare Nuceria, i due Taranto, Grottaglie, Sarno, Irpinia, Salernitana e Rionero. Dopo una tale scorpacciata di gol e risultati, ecco il secondo stop stagionale a Fasano contro la capolista, che invece fino allo scontro diretto dell’8 dicembre le aveva vinte tutte, issandosi in vetta avendo battuto anche l’altro incomodo, il Molfetta. Un percorso fatto di sacrificio e sudore quello della Royal Team, che ha premiato il lavoro del tecnico Carnuccio e della sua squadra che ha lavorato sodo al PalaSparti. Migliorando sia l’intesa tecnica tra i reparti e sia lo stesso assemblaggio, che nelle prime giornate era naturalmente messo in discussione dal dovuto rodaggio. La squadra infatti si presentava rinnovata in larghi settori, avendo riconfermato solo cinque atlete della scorsa stagione. L’applicazione settimanale della squadra ha fatto sì che si mettessero infila ben otto vittorie, di cui cinque in casa e tre fuori. Finalmente il riaperto PalaSparti ha potuto applaudire le ragazze biancoverdi, in gol con Serrano (5 gol), Lavado, Valladares, Primavera con quattro, Moreno e De Sarro con 3, Gatto e Polizzi con uno. Al momento di andare in stampa resta una gara sia per il 2019 che per il girone di andata, sarà quella di metà dicembre in casa contro il Lauria. Si spera di brindare con una vittoria, ben conoscendo il valore delle lucane che schierano le ex Losurdo, Sabatino e Ierardi. Poi si riprenderà nel 2020 e precisamente il 12 gennaio ospitando al Pala Sparti il Molfetta. Soddisfatto finora il tecnico Paolo Carnuccio, soffermatosi nell’analisi di questo girone di andata, eccetto la gara con Lauria, sui progressi della sua squadra. “La crescita di cui parlavo nelle scorse settimane si riferisce al miglioramento collettivo della condizione fisica. In tal caso è normale che aumenti anche il minutaggio per un maggior numero di calciatrici. Quindi portarne 10-11 ad alzare a rotazione il proprio minutaggio in ogni gara significa trovare le giuste soluzioni in qualsiasi situazione di gioco, indipendentemente dall’aspetto mentale che deve essere migliorato, e mi riferisco alla gestione del match in tutti i momenti”. Sul fatto poi che il discorso Lamezia e non solo

primo posto sia ad appannaggio di Fasano, Molfetta e Royal il tecnico spiega: “Bisogna attendere la fine dell’andata perché potrebbero esserci anche delle sorprese. Al momento è così, sappiamo che il Molfetta è attrezzato per vincere il torneo, cosiccome il Fasano ha grandissime individualità. Noi cresceremo e poi vedremo al giro di boa”. E proprio dopo lo scontro diretto a Fasano nel giorno dell’Immacolata Carnuccio è alquanto obiettivo. “Intanto il Fasano ha meritato di vincere, ma una premessa è d’obbligo: incontrare la squadra più forte senza Lavado (ceduta il 6 dicembre alle sarde del Mediterranea - ndr), Gatto e De Sarro, con Serrano e Furno in condizioni non perfette, ha pesato. Ciò facendo però i complimenti al Fasano, squadra forte con più carattere e personalità, ma ciononostante l’abbiamo comunque messa in difficoltà, e però proprio la loro personalità riusciva a risolvere le difficoltà che gli creavamo. In più si sono confermati i nostri problemi nel fare gol. Ora nessun dramma pensiamo al Lauria sapendo che c’è da migliorare sperando di recuperare le infortunate e poi c’è tutto un girone di ritorno da giocare”. Positiva finora la spagnola Teresa Serrano da Malaga dopo un inizio in sordina. Per lei cinque gol di pregevole fattura, in particolare gli ultimi a Taranto ed in casa contro Rionero. Rilancio di Radu ed esterno destro no-look da far stropicciare gli occhi. “Sentivo il portiere vicino e con un po’ di fortuna ce l’ho fatta. Qua mi sto trovando benissimo, anche se fa più freddo rispetto a Malaga – sorride -, grazie al mio procuratore Stefano Facchini mi trovo qui, anche perchè mi hanno parlato bene della città e della squadra. Ho trovato un ottimo gruppo, mi trovo bene con loro e sono felice. Il torneo è molto competitivo, ci sarà sempre da lottare ma noi stiamo andando bene, lo dice la classifica e speriamo continui così. All’esordio a Molfetta abbiamo sbagliato varie cose ma era normale, c’era bisogno di assemblaggio essendo arrivate dopo noi spagnole. Col tempo sta andando meglio perchè ci siamo conosciute in campo e i risultati si vedono. Finalmente si gioca PalaSparti dopo i problemi passati, è sempre importante giocare in casa propria, perché i tifosi ci sono sempre vicini. Per me è stato bello vedere alla prima partita in casa tanti tifosi che ci hanno sostenuto. Ne ho sentito parlare bene e li invito a sostenerci sempre. E’ bello non solo il calcio dei maschietti ma pure noi donne sappiamo giocare a calcio”.

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La parola alla Psicologa

BAMBINI PLUSDOTATI: L’INTELLIGENZA COME DIFFICOLTA’ di Valeria Saladino Bisogna fare molta attenzione a non confondere il bambino plusdotato con un bambino che avrebbe solo un potenziale intellettuale elevato. Il bambino plusdotato, rispetto ai pari, mostra o ha le risorse per mostrare un’abilità sorprendente in un determinato momento e in specifiche aree, considerate di rilievo nella propria cultura di appartenenza. Più semplicemente è un bambino che si distingue dai pari per un potenziale superiore, manifestato in alcune specifiche aree e in momenti diversi, anticipati, rispetto al target di sviluppo. Per esempio ci stupisce leggendo a tre anni senza che nessuno glielo abbia insegnato o esegue calcoli matematici complessi a cinque. E’ un bambino che ottiene un punteggio di Quoziente intellettivo superiore a 130 ai test d’intelligenza standardizzati; è curioso, ha idee bizzarre, molto creative, possiede un’ottima memoria e percepisce ogni dettaglio, ma spesso all’apparenza risulta poco attento o deconcentrato. Proprio per questo motivo, il più delle volte si attribuiscono a tali comportamenti disturbi che in realtà non c’entrano nulla con i soggetti in questione. Mentre lo sviluppo cognitivo è più avanzato rispetto al gruppo dei pari, lo sviluppo emotivo dei bambini plusdotati risulta uguale a quello degli altri bimbi e ciò provoca dentro di loro un grande disagio, poiché non riescono ad elaborare a livello emotivo la loro “maturità cognitiva”. Proprio per questa ragione tali bambini, non rendendosi ancora conto della propria superiorità, non vogliono mostrare le proprie abilità per il timore di essere derisi e di divenire vittime di episodi di bullismo da parte dei coetanei. Per paura di essere emarginati o ridicolizzati, spesso si chiudono in se stessi e questo comportamento può portare al disadattamento che, se non riconosciuto ed affrontato, può, nei casi peggiori, sfociare nella depressione. A distinguere spesso un bambino plusdotato, è la grandissima curiosità orientata su più fronti e manifestata con la tendenza continua, rispetto ai coetanei, a porre tante domande,

a esplorare l’ambiente intorno a sé e alla incessante ricerca di risposte ai propri interrogativi. Sono bambini che rispetto ai pari, acquisiscono rapidamente nuove nozioni, riescono a ragionare in modo astratto precocemente (ad esempio a 3 anni mostrano una chiara percezione del tempo), a pensare in modo deduttivo e trarre inferenze da ciò che osservano, possono, per esempio, magari già a 2 anni, osservare dove compare e scompare il sole e si chiedono chi si muove tra terra e sole, amano imparare e arricchire il bagaglio di conoscenze, manipolando le informazioni anche in modo complesso, mostrando ottima memoria e competenze verbali. Tuttavia non tutti i bambini plusdotati sono uguali, ognuno ha le sue caratteristiche, i suoi punti di forza e le sue criticità. Possono essere pessimi ascoltatori, a volte non riescono a gestire il tempo ed organizzarsi, vivono un senso di giustizia altissimo, che li conduce molte volte a eccedere nelle polemiche e a perseverare negli errori. Possono essere fortemente individualisti e mostrano difficoltà nel collaborare, delegare e condividere. La scarsa fiducia in se stessi è un altro elemento tipico di questi bambini e può essere un forte fattore di rischio per stati depressivi, isolamento e ansia. Non tollerano l’inattività e la mancanza di sfide, si annoiano spesso e velocemente, sono eccessivamente critici per il desiderio di controllare sé stessi e gli altri, con il rischio di rimanere delusi dall’imprevedibilità del mondo. A volte è evidente il disequilibrio tra lo sviluppo cognitivo e quello emotivo e relazionale. In queste situazioni il funzionamento sociale del bambino può essere compromesso, con ripercussioni sul comportamento e l’autostima, offuscandone il potenziale. Ecco perché il riconoscimento precoce di queste peculiarità da parte di genitori, insegnanti e contesto sociale è fondamentale

Spettacolo

di Giovanna Villella

Up&Down con Paolo Ruffini: quando il Teatro è felicità

Lamezia Terme, 6 novembre 2019. Tutto esaurito al Teatro Comunale Grandinetti per lo spettacolo Up&Down di e con Paolo Ruffini e gli attori della compagnia Mayor Von Frinzius, regia di Lamberto Giannini e inserito nel cartellone della rassegna teatrale Vacantiandu con la direzione artistica di Diego Ruiz e Nico Morelli e la direzione amministrativa di Walter Vasta. Uno spettacolo non convenzionale, divertente, commovente e irriverente che ha coinvolto il pubblico - da protagonista - in una girandola di risate, emozioni, battute fulminanti, dialoghi surreali. Una festa che inizia, a sipario chiuso, con il lancio di grandi palloni rossi in platea che rimbalzano tra gli spettatori per la gioia di tutti e prosegue sul palcoscenico con un immenso Paolo Ruffini mattatore brillante, capace di vis comica e sensibilità e i suoi “ragazzi” speciali straordinariamente normali che tra gag, siparietti, canti e balli mettono in scena la loro originalità e loro forza esistenziale. Ruffini li affianca amorevolmente sul palcoscenico, li racconta nel gesto, nel suono del loro nome: Erika, Andrea, Simone, Davide, Giacomo, Federico… Ragazzi che sanno dare il “tu” alla vita riuscendo a creare, al di là dell’indubbio valore artistico della performance, spazi di significato perché “siamo tutti diversamente abili, diversamente normali e normalmente diversi”. Ruffini guarda con ironica straniazione all’attualità e alle sue manifestazioni mediatiche esortandoci ad essere “più sociali e meno social” e poi conduce una brillante e intelligente forma di provocazione parlando di bontà, felicità, bellezza, parole “rivoluzionarie” che il nostro cervello si sta disabituando a riconoscere e creando una tensione sinergica tra teatro e vita. Dalla narrazione del quotidiano, rielaborata in chiave comica, scaturisce la risata che sconfessa la frustrante classificazione tra normalità e anormalità e fa riflettere sulle

iniquità che albergano nell’uomo contemporaneo indifferente alla bellezza e impermeabile alla felicità. Sono queste le vere inabilità/disabilità che nulla hanno a che vedere con il numero dei cromosomi. “Non sapete cosa vi perdete ad essere normali” dice Erika, bellissima nel suo luccicoso abito di paillettes rosso, con la consapevolezza di chi guarda in faccia la realtà, la chiama con il proprio nome e ne esce vincente, contro quella cultura ipocrita e caritatevole che genera il pregiudizio. Uno spettacolo necessario - lontano dalla forza omologante dello show business - questo di Paolo Ruffini e dei suoi fantastici ragazzi che ha saputo accendere i cuori degli spettatori prolungandosi in un grande e affettuoso abbraccio che il pubblico lametino ha riservato a tutta la compagnia nel foyer del teatro dopo una standing ovation e 10 minuti di applausi. Uno spettacolo che ti lascia un sapore dolce in bocca e la voglia di ritornare a teatro.


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