Lameziamese novembre 2015

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Il volantino, la brochure, il manifesto, il flyers, Mensile di informazioni varie - anno 23° - n. 15 - NOVEMBRE 2015 Iscrizione al Tribunale di Lamezia Terme n. 609/09 Rug. - 4/09 Reg. Stampa Direttore Responsabile: Antonio Perri Edito da: Grafichè Perri Lamezia Terme - Via del Progresso, 200 Tel. 0968.21844 - e.mail. perri16@gmail.com Stampa: Michele Domenicano Allestimento: Peppino Serratore Redazione: Nella Fragale - Perri Antonio Progetto grafico&impaginazione: Grafiché Perri-0968.21844

Le iscrizioni, per i privati sono gratuite; così come sono gratuite le pubblicazioni di novelle, lettere, poesie, foto e quanto altro ci verrà inviato. Lamezia e non solo presso: Grafiché Perri - Via del Progresso, 200 - 88046 Lamezia Terme (Cz) oppure telefonare al numero 0968/21844. Per qualsiasi richiesta di pubblicazione, anche per telefono, è obbligatorio fornire i propri dati alla redazione, e verranno pubblicati a discrezione del richiedente il servizio. Le novelle o le poesie vanno presentate in cartelle dattiloscritte, non eccessivamente lunghe. Gli operatori commerciali o coloro che desiderano la pubblicità sulle pagine di questo giornale possono telefonare allo 0968.21844 per informazioni dettagliate. La direzione si riserva, a proprio insindacabile giudizio, il diritto di rifiutare di pubblicare le inserzioni o di modificarle, senza alterarne il messaggio, qualora dovessero ritenerle lesive per la società. La direzione si dichiara non responsabile delle conseguenze derivanti dalle inserzioni pubblicate e dichiara invece responsabili gli inserzionisti stessi che dovranno rifondere i danni eventualmente causati per violazione di diritti, dichiarazioni malevoli o altro. Il materiale inviato non verrà restituito.

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Lameziaenonsolo incontra

Michela Cimmino

8.15, minuto più minuto meno. Suona la campanella e come una grande ondata gli studenti del Liceo Campanella, che ormai da diversi anni comprende al suo interno ben 4 indirizzi liceali, si riversano nelle classi. La giornata si annuncia come sempre impegnativa. Non finirà certamente alle 13.20, al suono della campanella dell’uscita. Perché il lavoro, o meglio, la missione di insegnante, non si esaurisce minimamente nel coprire le ore assegnate all’inizio dell’anno nelle diverse classi. Non finisce con la spiegazione, l’interrogazione e le verifiche eventualmente da correggere a casa. C’è l’assemblea di istituto che gli studenti puntualmente sollecitano; ci sono problemi e difficoltà a cui dover dare risposte; c’è la voglia di fare della scuola un luogo di iniziative, di dibattito, di cittadinanza attiva. E Michela è sempre pronta alle nuove sfide! Un punto di riferimento per docenti e studenti che guardano alla scuola non come un luogo dove passare 5 ore, ma come una grande comunità dove si impara ad essere cittadini responsabili, attaccati ai propri doveri ma anche capaci di utopie, di coltivare grandi desideri, grandi speranze e grandi progetti. All’uscita, alle 13.15, il copione si ripete puntualmente ogni giorno: tutti escono, in fretta e furia, mentre Michela resta a scuola perché c’è sempre qualche cosa da fare, c’è sempre un’opportunità

per rendere la scuola un luogo sempre più vivo, sempre più dinamico. E Michela non ha intenzione di perdere nemmeno un’occasione La prima domanda viene spontanea. Dove trovi il tempo e l’energia per fare tutto questo? Me lo domando anch’io tante volte. E soprattutto me lo domanda mio marito, compagno di viaggio di tutte le mie avventure. Il tempo e l’energia per fare tante cose ogni giorno, si trovano cercando di mettere tutto se stessi in quello che si fa. E’ una sorta di capacità innata, che da sempre mi porta a comporre le mie giornate di tanti tasselli, ognuno con la sua singolarità e la sua importanza. In tutte le mie attività, dal volontariato alle iniziative più diverse, cerco di coinvolgere i miei studenti e farli diventare protagonisti. Sono loro a darmi l’energia per fare più cose contemporaneamente, tutte con la stessa passione e con la voglia di realizzare qualcosa di positivo per gli altri. Che significato ha per te l’insegnamento come “missione”, come esperienza che coinvolge a trecentosessanta gradi e 24h su 24? Mi sento privilegiata a essere insegnante. Sono convinta che non sia una professione come tutte le altre, ma una missione centrale per il futuro delle nuove generazioni e di tutta la società. Certamente è una professione poco riconosciuta, oggettivamente sottopagata nel nostro Paese rispetto agli altri Paesi Europei, ma l’insegnamento resta lo snodo cruciale per costruire l’Italia e l’ Europa del futuro. Oggi giorno

dovremmo risvegliare in noi la consapevolezza di avere la responsabilità di formare i cittadini di oggi e di domani. Siamo la principale agenzia educativa, accanto alla famiglia. E’ un dono e una responsabilità! Certamente, se avessi la possibilità di scegliere di nuovo, rifarei l’insegnante. Raccontaci del tuo percorso professionale nel mondo della scuola Io sono arrivata all’insegnamento dopo diverse esperienze lavorative. Per 10 anni ho lavorato a Napoli nel mondo della moda e, mentre già avevo avviato il mio percorso professionale in questo settore, mi sono laureata all’Università Federico II di Napoli nel 1974. A un certo punto della mia vita, come avviene ancora oggi a tanti giovani, mi sono trovata di fronte a un bivio: o restare a Napoli o seguire l’amore tornando nella mia città. Ho scelto di seguire quello che poi sarebbe diventato mio marito. Tornata a Lamezia, ho lavorato per due anni al Comitato regionale del Partito Comunista Italiano, animata da quella genuina passione politica che avevano tanti della mia generazione. Volevamo addirittura dar vita a una tv regionale, che non è mai nata. Agli inizi degli anni ’80 ho sostenuto il concorso a cattedra e nel 1984 sono entrata in ruolo

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Rifaresti tutto nello stesso modo? Certamente. Pur provenendo da un altro ambito professionale, ho subito capito che quella dell’insegnamento era la via giusta, la mia vocazione. Continuo a farlo ancora oggi, con l’amore e la passione dei primi anni, con un atteggiamento da “dilettante” nel significato letterale di questa parola che è quello di trasmettere agli studenti il “diletto”, la voglia di imparare come “vizio” positivo che li accompagni per tutta la vita. E la risposta degli studenti? Da sempre ho stabilito con gli studenti un rapporto straordinario. E’ così dai primi anni di insegnamento. Sono loro che ti danno quella linfa che ti fa sentire sempre giovane, che ti danno la forza di andare avanti, di realizzare cose nuove. Non voglio definirmi una buona insegnante, ma se tanti studenti continuano a mantenere i contatti con me dopo molti anni che sono usciti da scuola, lo colgo come un segno positivo: significa che sono riuscita a lasciare qualcosa di buono, a gettare dei semi e soprattutto a costruire una relazione umana autentica. E’ questo ciò che mi interessa veramente. “Buona scuola”. Tema di grande attualità. Come giudichi i cambiamenti in atto e se a tuo avviso il mondo della scuola lametina è pronto a interfacciarsi alle nuove sfide? Premetto che non mi piace l’espressione “buona scuola”. Io sono alla ricerca della scuola buona, una scuola organizzata su misura per gli studenti, per offrire loro gli strumenti per trovare la propria strada, come donne e uomini, come cittadini, come professionisti nel lavoro. Per quanto riguarda l’ultima riforma varata dal governo, penso che le lotte condotte da una parte del mondo degli insegnanti, pur avendo accesso i riflettori su alcuni aspetti controversi del disegno di riforma del mondo scolastico, si sono rivelate una sconfitta: poco è stato cambiato della riforma del governo! Ora che la riforma è stata approvata, un’opposizione ideologica a oltranza non porterebbe a nessun risultato. Sta di fatto che una grande responsabilità, nell’ambito dell’autonomia, viene affidata ai singoli istituti scolastici. E’ su questa che dobbiamo scommettere! In questo senso, nella nostra città dobbiamo superare certi “campanilismi tra scuole”, soprattutto tra istituti superiori, una sor-

ta di competizione sterile che non ci porta da nessuna parte. Non abbiamo un’azienda tra le mani, non presentiamo un maglioncino firmato o una crema che toglie le rughe: siamo tutti educatori impegnati per il futuro dei nostri ragazzi e il nostro lavoro comune deve essere rivolto a questo obiettivo. Già abbiamo perso un’occasione storica come quella del polo liceale, che si sarebbe potuto realizzare se si fosse stabilita una relazione proficua tra le scuole della città. Per migliorare il mondo della scuola lametina, serve un rinnovato dialogo tra tutti gli istituti scolastici, tra i dirigenti e i docenti, promuovendo occasioni di confronto e collaborazione. Questo mondo della scuola, così variegato e così ricco di proposte, potrebbe essere lievito di nuovi progetti di crescita per la città, colmando dal basso alcune carenze della politica. Una vita tra scuola, associazionismo, mondo della cultura, con una breve parentesi anche di impegno politico diretto. Un breve bilancio Ho vissuto tante e diverse esperienze, tra le quali posso cogliere tre fili conduttori: la gratuità, la voglia di fare sempre qualcosa di buono per gli altri, il coinvolgimento dei miei studenti. Ho fatto e continuo a fare volontariato in diversi ambiti, dal sociale al mondo della cultura, e ogni volta ti accorgi che è sempre più quello che si riceve rispetto a quello che si dà. Quando si è consapevoli di aver ricevuto tanto dalla vita, non si riesce a stare fermi: si ha sempre voglia di fare qualcosa di utile per gli altri. E poi i miei studenti: non c’è iniziativa in cui non li coinvolga per renderli protagonisti. Proprio ieri siamo tornati da una bellissima esperienza alla festa regionale di Slow Food. E tanti progetti nuovi sono già in cantiere, sempre con la stessa voglia di fare e sempre insieme: io insieme alle mie ragazze e ai miei ragazzi. Oggi si parla tanto, soprattutto per le donne, del tema della conciliazione tra la vita familiare e la vita professionale e sociale. Come hai vissuto il rapporto con la tua famiglia alla luce di una vita così attiva e dinamica su più fronti? Ho cercato di fare al meglio la donna, la madre, l’insegnante. Mio marito mi ha sempre supportato in tutto, non perché sia stata io ad imporglielo, ma per una sua sensibilità e un’apertura men-

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tale che lo ha sempre contraddistinto. Le lotte femministe le ho fatte fuori, con il mio impegno civico e politico, mai tra le mura di casa! Con mio marito non ho mai imposto il mio modo di essere, ma c’è sempre stato un grande coinvolgimento, la voglia di camminare insieme e di trasmettere questa nostra esperienza di vita e di amore ai nostri figli. Sul piano della conciliazione tra vita familiare e vita professionale così come su tante questioni cruciali per il mondo femminile, tanto è stato fatto. Ma è anche vero che diritti e conquisti dati per scontati, non sono così concreti nella vita di tutti i giorni. Penso ai tanti casi di femminicidio su cui non bisogna mai abbassare la guardia. Alle mie studentesse cerco di trasmettere la consapevolezza di volersi bene, di non concedersi al maschio padrone, di ribellarsi con coraggio a ogni piccolo segnale di sopraffazione e violenza e di farlo prima possibile. Poi c’è il grande tema della meritocrazia nel mondo del lavoro: non è ammissibile nel 2015 a una donna siano richiesti più titoli per raggiungere le stesse posizioni raggiunte dagli uomini. E’ importante, per affrontare queste sfide, che noi donne ci riconciliamo tra noi. Le peggiori nemiche delle donne tante volte sono le stesse donne. Come abbiamo fatto in passato, solo camminando insieme possiamo portare concretizzare quei diritti conquistati con lunghe e faticose battaglie, senza scontri ideologici, ma camminando e lavorando insieme agli uomini per una società plurale e garante dei diritti di tutti. Se non sbaglio, oltre a due splendidi figli e a un marito, a casa hai anche altri “due amici”. Certo, i miei due cani Fred e Honey. Solo chi ama gli animali, può capire il rapporto che si stabilisce con loro, una sintonia che si esprime con la stessa intensità di quella delle relazioni umane

più vere. Un amore per gli amici a quattro zampe che in questi anni ho messo a servizio di tutti i cani della città, in particolare dei cani randagi e dei cani del Rifugio “Fata”. In una società malata di indifferenza, i cani ci ricordano il bisogno di ognuno di noi di essere oggetto di attenzione, di semplici gesti di amore. Torniamo alla politica, questa grande “scomoda” e antipatica. Tu sei stata candidata presidente della provincia nel 2008 riportando un ottimo risultato in città. Una cosa buona e una negativa che porti con te di quella esperienza Positiva di quella esperienze, fu la possibilità di vivere la politica come servizio appassionato per la crescita della nostra città e di tutto il lametino. La politica come “forma alta di carità”, per dirla con le parole di Paolo VI. Di negativo, non tanto di quella esperienza ma in generale della politica degli ultimi anni: la mancanza di onestà intellettuale da parte di chi aspira al potere e di chi ci arriva; l’assenza di respiro progettuale in chi amministra; l’incapacità di coinvolgimento della gente. E’ chiaro che bisogna fare dei distinguo, guai scadere nell’antipolitica sterile. Ma a me che sono stata donna di sinistra negli anni ’70, manca il respiro ideale di una politica capace di generare coinvolgimento, partecipazione, di rafforzare il senso di comunità. Ma anche di quelle elezioni provinciali e del mio impegno in politica, trattengo il positivo e metto la stessa passione a servizio della comunità in altri modi. E soprattutto lo faccio con i miei studenti che sicuramente danno più soddisfazioni e sono capaci

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di sognare, a differenza di tanti politici Parlare di politica con te non può non fare riferimento a una persona a cui tutta la città è legata: Graziella Riga. Un tuo personale ricordo della parlamentare lametina Graziella Riga è stata la mia professoressa e una maestra di vita. Provenivo da una famiglia di destra e Graziella mi ha aperto nuovi orizzonti, mi ha stimolato la capacità critica e riflessiva sulla realtà. Dopo gli anni della scuola abbiamo vissuto tante esperienze insieme, chiacchierate, scambi di vedute. Graziella non accettò ben volentieri la mia candidatura alle elezioni provinciali nel 2008. Ma il giorno successivo al mio primo comizio in città, ricordo che mi telefonò mentre mi trovavo in gita con gli studenti a Marsala. Mi disse così al telefono: “Tieni duro”. Resta per me una maestra di vita, un esempio di coerenza e di buona politica di cui purtroppo la nostra città si è ricordata troppo tardi. E che per me continua a restare un punto di riferimento. Oltre la dimensione politica, pensi che Lamezia sia una città che aiuta chi ha idee, chi ha voglia di fare e vuole mettere le proprie competenze a servizio della collettività? Proprio nelle scorse settimane ho partecipato con i miei studenti all’iniziativa “Lamezia che vorrei” al Parco Peppino Impastato, occasione in cui abbiamo condiviso le nostre suggestioni e le nostre proposte. Lamezia è una città ricca di risorse “umane”, di talenti nelle diverse arti e discipline. Ci sono tante persone che hanno voglia di fare e molti, con tenacia e intraprendenza, riescono a raggiungere i loro obiettivi. E’ una città che spesso non valorizza il merito, che nasconde i talenti sotto terra, che non offre prospettive a tanti giovani che avrebbero tanto da dare alla nostra comunità. Lamezia che vorrei è una città che si apre, che rompe gli schemi dell’individualismo per camminare insieme, per creare sinergie tra esperienze e competenze. Una città che valorizza il

merito, che offre opportunità a tutti con i criteri di una città moderna, senza scorciatoie e porte d’accesso privilegiato. Sono convinta che insieme ce la possiamo fare a costruire una città così. Lo dobbiamo alla nostra città e alle nuove generazioni di lametini. Cosa suggerisci ogni giorno ai tuoi studenti che purtroppo, nella stragrande maggioranza dei casi, dovranno lasciare Lamezia e la Calabria per realizzare le proprie aspirazioni? Ai miei studenti suggerisco di scommettere per il loro futuro qui, in questa città e in questa terra. Ma prima di tutto, li sollecito con insistenza a credere nel valore insostituibile della formazione e della cultura, i soli strumenti per affrontare le sfide di una società e di un mercato del lavoro che richiede sempre più competenze qualificate e intraprendenza. Li invito a non perdere mai la curiositas, a porsi domande, a interrogare gli altri e a interrogarsi. Ad avere uno sguardo globale, a sentirsi cittadini europei, ma ben radicati nel loro territorio, nella propria città e nella propria terra, a cui guardare non come luoghi da cui scappare ma come risorse su cui investire. Solo così i nostri ragazzi si sentiranno motivati a restare qui non come una scelta sentimentale, ma come un’occasione di crescita per se stessi e per la nostra terra: quante opportunità di sviluppo se i giovani della nostra città, ad esempio, si mettessero insieme in cooperative per mettere a valore le tante risorse naturali, artistiche e culturali, per avviare nuove progetti imprenditoriali investendo nei settori dell’innovazione, delle nuove tecnologie, dell’ambiente…Al tempo stesso, avverto la responsabilità di dire loro di non avere paura di intraprendere nuove strade, di guardare altrove, laddove non dovessero trovare occasioni di lavoro in questa regione. Che si resti qui o si parta, vorrei che i nostri giovani non perdessero mai la voglia di sognare, di buttare il cuore oltre l’ostacolo, di credere in se stessi. E’ la più grande lezione di vita che vorrei che i miei ragazzi portassero con loro per sempre.

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Una delegazione della

Diocesi di Lamezia Terme ha partecipato al V Convegno Ecclesiale Nazionale a Firenze Una Chiesa “inquieta”, che desidera annunciare alle donne e agli uomini di oggi il Vangelo di Gesù, lievito di un’umanità nuova e fondamento di una società che promuove la dignità di ogni uomo, a cominciare dai più poveri. Una Chiesa “in uscita”, che va incontro agli uomini nelle periferie esistenziali del nostro tempo. Una Chiesa che costruisce “piazze e ospedali da campo” per curare un’umanità ferita, per mettersi a servizio degli ultimi, per saziare il desiderio di verità e di amore che abita nel cuore di ogni uomo. Con queste sollecitazioni, è ritornata nei giorni scorsi la delegazione della Diocesi di Lamezia Terme che ha partecipato al V Convegno Ecclesiale Nazionale della Chiesa Italiana, celebrato dal 9 al 13 novembre a Firenze, sul tema “In Gesù Cristo, il nuovo umanesimo” Nella composizione della delegazione lametina, guidata dal Vescovo Mons. Luigi Cantafora, si è voluto rappresentare lo stile con cui da diversi anni la Chiesa di Lamezia porta avanti la sua missione: una comunità ecclesiale in cui sacerdoti, religiosi e laici camminano e lavorano insieme per annunciare, a partire dalla nostra città, che nell’incontro con Gesù l’uomo realizza le aspirazioni più alte del suo cuore, trova la forza per costruire una comunità umana fondata sulla fraternità, la giustizia, capace di accogliere ogni uomo con lo stesso amore con cui ciascuno

di noi è accolto da Dio. Hanno partecipato al convegno: Don Roberto Tomaino, direttore dell’ ufficio liturgico diocesano; Padre Valerio Di Trapani, direttore della Caritas Diocesana; Don Antonio Brando, direttore dell’ufficio catechistico; Suor Caterina Fodaro, religiosa. Per il laicato, Paolo Barberio, membro della pastorale familiare; Salvatore D’Elia, dell’ufficio comunicazioni sociali e cultura. Tra i momenti principali dei cinque giorni del convegno, il discorso ai delegati e la S. Messa presieduta da Papa Francesco nella giornata di martedì 10 e i lavori nei gruppi corrispondenti alle “cinque vie” suggerite dall’esor-

tazione apostolica Evangelii Gaudium: un’esperienza di comunione e sinodalità, che ha dato la possibilità ai delegati di tutte le diocesi italiane di confrontarsi sul lavoro realizzato nelle diverse comunità ecclesiali, dal Nord al Sud del Paese, e sulle nuove piste pastorali da intraprendere. Un monito alla “creatività pastorale”, quello di Papa Francesco alle chiese italiane, che il Vescovo di Lamezia mons. Luigi Cantafora raccoglie come un “richiamo a esser pastori e a porre al centro della predicazione e dell’attività pastorale, l’annuncio del kerigma, Cristo morto e risorto per noi Non ci resta che accogliere il grande contributo che il convegno ecclesiale ci ha consegnato a essere una Chiesa vicina, accogliente, senza potere e con al centro la Parola di Dio”. Da Firenze, per il delegato diocesano don Roberto Tomaino, viene fuori l’immagine di una Chiesa “che si fa domande e sa farsi domande: una Chiesa che sa ascoltare e cercare le risorse della sua missione nella presenza di Cristo e nella sua Parola”. Per Don Roberto “l’esperienza di Firenze ci consegna un metodo, quello sinodale, che riguarda il sapersi confrontare per cercare il ‘miglior bene’ per la comunità ecclesiale. Ora tocca alle singole comunità diocesane farsi carico di una fedeltà creativa a quanto vissuto perché siamo rinnovatori di uno stile di Chiesa che vede ogni fedele appassionato protagonista, della missione di annunciare Cristo”.

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Orlando Vescio

Orlando Vescio, pianista e fisarmonicista. Uno dei piu’ apprezzati musicisti e docenti di musica della nostra città. Da molti anni ormai dedica la sua attività ad un assiduo e proficuo lavoro sulla divulgazione della musica tra i bambini oltre a svolgere una intensa attività musicale che negli ultimi anni lo ha visto protagonista con la sua band Luna Nova nel campo della musica etnico popolare. Passione quest’ultima che lo ha visto anche protagonista nella sua tesi di laurea dedicata alla musica popolare e alla sua evoluzione in musica etnica Lamezia Terme 21 ottobre ore 17, fuori piove, e’ una giornata uggiosa, di quelle che ti vien voglia di stare al calduccio , magari davanti ad un bel caminetto. Il Maestro ci riceve nella sua sala, nella scuola di musica Lamezia. Il contesto e’ molto elegante. Il suo pianoforte a coda nero che fa da contrasto con le pareti color ghiaccio e’ il protagonista assoluto. Su di esse alcune foto che lo ritraggono in situazioni live. Appesa in un angolo , una particolare cornice con una bellissima foto di Massimo Troisi idealmente vicina al suo pianoforte ed alla sua persona. Lui ci accoglie con grande cortesia, e’ una persona sempre sorridente, dai modi gentili, sempre pronto a creare una atmosfera gioviale. Raccontare una figura come Orlando non e’ facile proprio perché e molto versatile e imprevedibile nelle cose che fa. Iniziamo proprio da questo suo modo di essere e a farci raccontare chi e’ Orlando Vescio Mi ritengo una persona felice proprio perché riesco ad essere me stesso sia nella vita privata che in quella professionale. Ho la fortuna di navigare quotidianamente in questo meraviglioso mondo che e’ la musica. Il termine che piu’ si adatta per descrivere me stesso e’ “libertà”. Seguo il mio istinto, amo essere creativo e soprattutto innovativo. Elementi che vanno a confluire però in una personalità che ritengo sia molto razionale Lei suona con uguale disinvoltura il pianoforte e la fisarmonica. Qual’e’ la differenza emotiva che trova nei due strumenti? La fisarmonica e’ uno strumento che

mi piace perché c’e’ un forte contatto fisico con essa. Confesso di considerarlo uno strumento che mi permette di esternare emozioni da regalare al pubblico che mi ascolta. Il pianoforte invece, intimamente, e’ lo strumento che ritengo sia più capace di raccontare quello che sono io. Diciamo che e’ la parte piu’ riservata della mia persona. Queste sue riflessioni si rispecchiano anche sui generi musicali che affronta? Certamente, per me la musica e’ un formidabile mezzo di comunicazione. Affrontare piu’ generi musicali serve secondo me ad avere piu’ chiavi di accesso nel momento in cui devi rapportarti con una società incredibilmente eterogenea. Che tipo di musica ascolti? Diciamo che i miei rifugi musicali sono sempre un po’ gli stessi. Pat Metheny, Chick Corea, Richard Galliano, Ennio Morricone, Pino Daniele. Ovviamente sono sempre attratto e attento a lasciarmi rapire da qualche bel lavoro musicale o dalle canzoni che vanno per la maggiore al momento. In questo hanno grande influenza i miei figli ed i miei alunni! Fra pochi giorni compirai 50 anni. Hai provato a fare un bilancio professionale della tua vita? No, sono troppo proiettato nel futuro per guardarmi dietro. Sono convinto inoltre che ogni esperienza, positiva o negativa che sia, serva a farti essere quello che tu sei oggi. Per mia indole guardo sempre avanti, ho mille idee e progetti in testa da realizzare, alcuni dei quali quasi utopistici. Sono quelli che di solito mi riescono meglio! L’ultimo progetto considerato utopistico che hai realizzato? Aver contribuito a divulgare la musica nelle scuole con progetti che sono stati definiti straordinari. Con il progetto “ Ma che musica maestro” abbiamo introdotto la lirica, la musica etnica e quella pop nelle scuole primarie. I bambini sono rimasti inebriati da cotanta bellezza. Come dice il Maestro Nicola Piovani nel suo ultimo li-

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bro bisogna dare la possibilità ai bambini di poter scegliere la loro musica preferita. Lo possono fare solo se a loro viene data la possibiltà di ascoltare tanti tipi di musica. Io con molta umiltà mi associo e la penso come lui. Come riesci a gestire la doppia figura dall’essere musicista e allo stesso tempo maestro di musica? Con assoluta disinvoltura. A volte le due cose vanno a completarsi. Spesso quando mi trovo in qualità di esperto in qualche classe mi piace insegnare la musica facendo il musicista. Cerco di far capire ai bambini che mi stanno di fronte che la musica e’ melodia. La musica e’ molto piu’ semplice e naturale di quanto noi siamo portati ad immaginare. In un contesto iper tecnologico come quello che stiamo vivendo qual’e l’approccio nell’insegnare musica ad un bambino? Questa domanda dovrebbe avere una risposta aggiornata periodicamente! La società in cui viviamo e’ in continua e frenetica evoluzione. Insegnare musica e’ un qualcosa di molto delicato ed e’ per me fonte di continua riflessione. In questi ultimi tempi sto continuamente aggiornando e modificando il modo di rapportarmi con i bambini. Perché vi è l’esigenza di dedicarmi ad un ulteriore aspetto didattico che e’ l’ educazione all’ascolto, quello attivo intendo , ovvero quello capace di creare emozioni Cosa significa per te insegnare musica ad un bambino? E’ un dono, e’ una missione, una responsabilità enorme, e’ una cosa che amo da morire. Sono convinto che facendo bene il mio lavoro posso dare un contributo piccolo, ma positivo per la crescita delle nuove generazioni. Per fare musica bisogna avere particolari attitudini? Io ho una mia teoria, tutti dovrebbero fare

musica. Io non faccio discriminazioni. Non guardo se un bambino e’ portato o meno per suonare o cantare. Non mi sognerei mai di dire ad un bimbo tu non hai qualità , quindi non puoi suonare. La musica e’ anche gratificazione personale e’ crescita interiore nel corpo e nello spirito che non si deve manifestare necessariamente nell’esecuzione di brani virtuosistici. Diffido da coloro che già in partenza vogliono fare selezioni o che osservano la postura su uno strumento già dopo tre mesi come se fosse una questione di vita o di morte!!! Come viene considerata la musica in italia? Questo e’ un discorso lungo e complesso , mi sento di dire che essa dovrebbe essere divulgata tra i bambini il piu’ presto possibile. Iniziare nelle scuole medie a suonare uno strumento per me’ e’ già troppo tardi. Ti va di parlare della tua scuola di musica Lamezia ? Certo. la considero una mia creatura ed e’ lo specchio del mio modo di essere. I docenti che collaborano con me riflettono all’unisono la filosofia dell’accoglienza, del sorriso e della competenza. Molti mi dicono che nella mia scuola si respira una atmosfera familiare. E’ il piu’ grande complimento che mi possono rivolgere. Il fatto che in tanti allievi poi negli anni riescano ad ottenere risultati lusinghieri ne e’ una diretta conseguenza. Sarò di parte ma consiglio sinceramente di portare i vostri figli nella mia scuola! Hai chiamato la tua scuola Lamezia come il nome della città in cui vivi. Che idea ti sei fatta della tua città? E’ una città indecifrabile, non riesco a focalizzarla. Costituita da tantissima qualità ma che allo stesso tempo non riesce ad elevarsi al rango che le compete. Ogni tanto mi viene in mente di scrivere una canzone sulla mia città, ma ancora ad oggi non ci riesco…. Pino Daniele con Napule e’ invece c’e’ riuscito! Un ultimo messaggio a chi leggerà questa intervista? Sdrammatizzate gente! Vivete la vita nella maniera più semplice e genuina possibile. Il complicarci la vita ci porta a non goderla fino in fondo! Questa e’ la mia filosofia.

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Fidapa Sezione di Lamezia Terme Il biennio della Fidapa 2015/2017, alla guida della Presidente Angela De Sensi, si apre con il viaggio a Matera, capitale della Cultura 2019 ed espressione più alta dell’arte rupestre. Il viaggio iniziato da Lamezia, dopo un tratto di autostrada, prevede la percorrenza della statale 106 e a Roseto Capo Spulico, posto sul roccione a picco sul mare è possibile ammirare in tutto il suo splendore il Castrum Petrae Roseti. Federico II di Svevia, nel ristrutturarlo, lasciò impressa sul portale principale del Castrum la Rosa della Famiglia Rosacroce che era la più importante famiglia erede dei templari e la storia del castello è di inequivocabile templarità. All’interno il re volle, impressi sulle pareti,segni esoterici e segni delle tre religioni monoteiste (ebraismo, cristianesimo, islamismo) significando che non faceva distinzione tra religioni e che quindi il Castrum è anche luogo religioso. Il viaggio prosegue lungo la costa ionica e, come da programma,viene effettuata una breve sosta a Metaponto, città che offrì asilo a Pitagora quando questi fu cacciato da Crotone. Uno dei centri più notevoli della Magna Grecia, conserva i resti del tempio di Hera detto Tavole Palatine, tempio esastilo periptero di ordine dorico, innalzato nel VI secolo a.c. La storia di Metaponto e dell’arte greca, descritta dalla segretaria della Fidapa, Francesca Spagnulo, già docente di storia dell’arte, completano la breve sosta. Dopo aver ammirato il tratto costiero costituito da lunghe spiagge sabbiose e dai bassi fondali alternati a tratti di costa più selvaggia con arenili liberi orlati da macchia mediterranea, il viaggio prosegue nell’entroterra in direzione di Matera. Lunghi muretti di pietre che si perdono all’orizzonte nel paesaggio ondulato reso bruno per le arature autunnali. Poi all’improvviso profonde spaccature nel terreno, cave di tufo scintillanti sotto l’effetto del sole:è così che si presenta agli

Viaggio a Matera occhi dei partecipanti al viaggio il territorio materano. Nel pomeriggio la prima visita a Matera. L’avvicinamento teatrale ai Sassi ricordano le parole di Carlo Levi che nel 1952 così descriveva le case: “Nelle grotte dei Sassi si cela la capitale dei contadini,il cuore nascosto della loro antica civiltà. Chiunque veda Matera non può non restarne colpito tanto è espressiva e toccante la sua dolente bellezza.” E si capisce perchè anche questo solo spettacolo di grotte, chiese rupestri e anfratti giustifichino ampiamente questo viaggio. Per il “Vangelo secondo Matteo” Pasolini nel 1964,” sotto il sole ferocemente antico” i Sassi di Matera divennero Gerusalemme. Il regista aveva compiuto sopralluoghi in Palestina dove ambientare eventualmente il suo film, ma trovò un paesaggio profanato dal neo_capitalismo:palazzoni,insediamenti industriali. Fu la cronaca di una delusione. Il presagio di una nuova rivelazione:Matera con case scavate nella roccia fragile, le stradine che s’inerpicano tra un’abitazione e un’altra, una moltiplicazione di finestre, che sembrano feritoie di un’unica grande caverna di massa. Bisogna dire grazie a quel “popolo”che non c’è più, nei Sassi, e che Pasolini raccontò al tramonto, prima dell’ultimo respiro. Speriamo, oggi, che non venga stravolta tanta bellezza! Finita, nel tardo pomeriggio, la visita ai Sassi, ecco un cordiale incontro con la nuova Presidente Teresa Cosenitino e la Past President Lucrezia Annese della Fidapa di Matera. Uno scambio interessante di progetti futuri e un augurio di buon lavoro alle due sezioni. Con la cena in un ristorantino tipico tra i Sassi e il gustare tante specialità del luogo,si chiude una giornata veramente eccezionale. Tutti i partecipanti esprimono piena soddisfazione. La mattina del 25 ecco un gran numero dei partecipanti ancora tra i Sassi per vedere quale metodo di approv-

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vigionamento e distribuzione dell’acqua nelle varie case. Un metodo interessantissimo e ingegnoso, capace di reggere il confronto con la migliore ingegneria idraulica. Altra meta del programma è Altamura e l’incontro intersezione tra le due città con la past-Presidente, dott.ssa Rosanna Galantucci, e la Presidente, ing.Emanuela Vulpio presso il Museo Nazionale Archeologico della città. Insieme e , condotti da una gentile e colta guida, inizia il percorso della visita al Museo con la mostra dalla “Preistoria del cibo. Alle origini del pane, archeologia delle più antiche comunità di

medievale è costituita da “claustri” composti da un vicolo stretto di accesso e da un cortile dove si affacciano tutte le abitazioni. Dopo un lauto e raffinato pranzo, insieme alle fidapine di Altamura, a chiusura di un viaggio interessante che ha soddisfatto tutti, raggiunta la località Lamalunga, attraverso la proiezione di un interessante ed emozionante video, si è appreso che nell’autunno del 1993 alcuni speleologi riuscirono a penetrare in un sistema carsico sotterraneo. La grotta si presentò ricca di concrezioni calcaree con numerosi reperti faunistici fossili. Durante una di queste

agricoltori della Puglia centrale”. Continuando si è ammirata la sezione arcaico_classica(tra VIII e V sec. a.c.) illustrata attraverso l’esposizione di ceramiche e manufatti di produzione indigena e d’importazione greca rinvenuti nei contesti tombali del territorio: vasi a decorazione geometrica, notevoli ceramiche attiche a figure nere e a figure rosse. Interessante il corredo di una tomba del II sec. a.c. composta da gioielli in oro e pietre preziose. Il cuore della città è la magnifica Cattedrale fatta edificare da Federico II di Svevia tra il 1232 e il 1245 ,ma ricostruita nel 1316 a seguito di un terremoto. Tra le 4 basiliche palatine in Puglia, è in stile romanico pugliese arricchito da notevoli elementi quali il portale e il rosone. All’interno un presepe in pietra. La caratteristica della struttura urbana della città

esplorazioni gli speleologi si imbatterono in un ritrovamento senza eguali:un importantissimo reperto paleoantropologico,oggi noto come “ Uomo di Altamura”. Si tratta di uno scheletro umano con tratti morfologici arcaici ricoperto da formazioni calcitiche che si trova a una profondità di 12 metri in fondo ad una galleria lunga circa 60 metri. E’ uno scheletro intero in ottimo stato di conservazione, la cui datazione consente di collocare l’Uomo di Altamura tra le forme di preneandertaliani. E’ ormai pomeriggio inoltrato. Soddisfatti, arricchiti di tutto ciò che di interessante si è visto in questi due giorni, s è fatto ritorno a Lamezia ringraziando chi ha programmato e organizzato questo viaggio. Francesca Spagnulo

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Visita ufficiale di Giorgio BottA

Governatore del Distretto 2100

IL ROTARY CLUB DI LAMEZIA TERME ACCOGLIE IL SUO GOVERNATORE

È Giorgio Botta, ingegnere chimico ed esperto di management aziendale, il Governatore del Distretto 2100 del Rotary International, che venerdì scorso si è recato in visita ufficiale al Club di Lamezia Terme. “La visita del Governatore - ha detto nel messaggio di benvenuto il Presidente Raffaella Gigliotti - ha sempre l’indiscutibile fascino della grande riunione di famiglia, di una famiglia consapevole - al suo interno - delle sue diversità professionali e di opinione; consapevole della ricchezza degli apporti che queste differenze anagrafiche, esperienziali e caratteriali costituiscono, quale patrimonio del club e della sua storia nel tempo. L’incontro col Governatore rinnova una straordinaria intesa, un patto tra il Club e la nostra famiglia rotariana più grande nel Distretto, nel segno della solidarietà, che ci unisce e poi ci unisce agli altri e ci rende più umani.” Ed ha concluso “Il Rotary non chiede a noi rotariani l’impossibile, ma ci dà la possibilità di inserirci con fierezza e larghezza mai immaginate, nella conoscenza, nella stima, nell’amicizia di quel meraviglioso spazio ideale che è il consorzio umano, e che ci fa sentire - concretamente - un dono nel mondo e per il mondo.” Il Governatore Botta, che guida il distretto rotariano più grande d’Italia - comprendente Calabria, Sicilia e territorio di Lauria, ha evidenziato l’importanza che il Rotary si esprima sempre, nei ter-

ritori in cui è presente, in modo concreto e coerente. “La nostra identità - ha detto, ricordando il messaggio del Presidente Internazionale Ravi Ravindran - “Siate dono nel mondo” - deve essere caratterizzata dalla semplicità e deve basarsi sui nostri valori fondamentali; deve essere chiara e semplice sia per i soci che per il nostro pubblico esterno”. Ed ha aggiunto “il Rotary mette a disposizione tempo, talenti e competenze, per migliorare la vita delle comunità, nelle quali diventa sempre più necessario lasciare traccia tangibile del passaggio dell’azione rotariana.” Rivolgendosi ai rappresentanti dei Club Rotaract ed Interact di Lamezia Terme, che hanno partecipato numerosi ai lavori dell’assemblea (guidati, rispettivamente, dal Presidente Ettore Perri e dalla Vice-Presidente Veronica Astorino) ha sottolineato quanto sia importante che la componente generazionale più giovane della famiglia rotariana cresca col supporto e la vicinanza del proprio Club padrino, camminando e comunicando tutti insieme un unico Rotary del fare e dell’agire. Al Governatore Giorgio Botta il Club ha fatto dono di un opera d’arte realizzata interamente a mano dalla ceramista lametina Graziella Cantafio; un’opera unica, che interpreta in maniera originale - attraverso l’artigianato tipico locale - il logo del motto internazionale.

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Altrove Ovvero di associazione in associazione Da sempre l’uomo ha sentito la necessità di condividere i propri interessi con gli altri, credo sia questo il motivo per cui nascono tanti gruppi di persone che di riunscono per portare avanti un discorso comune, che si chiamino Circoli, Associazioni, Gruppi, che siano affiliati ad altri gruppi, che siano onlus, che discutano di cultira, di politica, di mamme, di donne, di razze, di ballo, di religione, ldi animali, di volontariato, o scopo è sempre quello: stare insieme. E quanta importanza hanno nella società queste associazioni, quanta economia muovono, quanto lavoro fanno e fanno fare, anche la più biccola delle associazioni è, per la cittadina, nella quale sorge, una sicura fonte di lavoro e conseguente guadagno. Lamezia ne è ricca, ha sedi nazionali ed internazionali di Associazioni famose, ed ha sedi prettamente lametine che potrebbero, perchè no, un giorno diventare la sede centrale di altre sedi sparse su tutto il territorio. Ed oggi vogliamo parlare dell’associazione Altrove perchè ci incuriosisce il nome, perchè ci incuriosisce e ci piace come si muove e, per ultimo, ma non per importanza, perchè è una associazione lametina DOC. In un mondo dove le associazioni non mancano, femminili, femministe, eterogenee, a sfondo religioso , culinarie, ecc ecc come mai hai avuto l’idea di creare una nuova associazione? La storia di Altrove è la storia di due grandi amicizie, quella tra me e Francesca Tedesco e quella tra me e Alberto Badolato. Con Francesca insegniamo insieme da oltre un decennio nelle carceri e con Alberto condividiamo l’amore per l’arte, la poesia e la letteratura. Il sogno mio e quello di Francesca era quello di fondare un’associazione di volontariato che, fra le tante finalità sociali e culturali, avesse lo scopo di far conoscere al mondo esterno le problematiche relative alle carceri

anche attraverso la divulgazione dei pensieri e degli scritti dei detenuti, mentre con Alberto sognavamo di creare un luogo di aggregazione che proponesse attività culturali quali mostre d’arte e di fotografia, convegni, dibattiti. Associazione Altrove, molto bello il nome, evoca pensieri positivi, come il potere trovare “il posto che non c’è”, altrove, come mai hai scelto questo nome ? -Il nome Altrove è stato scelto da un mio alunno, un giovane ergastolano al quale io e Francesca stavamo raccontando il nostro progetto di fondare un’associazione Il nostro giovane amico ci disse che, conoscendoci e conoscendo soprattutto il nostro modo di comunicare, era sicuro che avremmo creato qualcosa di nuovo e di diverso, qualcosa d’altro… un “altrove “…disse proprio così e a me vennero subito in mente le parole di una poesia di Pessoa … Andiamo via, creatura mia, via verso l’Altrove. Lì ci sono giorni sempre miti e campi sempre belli.” L’associazione è aperta a tutti oppure, a tuo avviso, è indirizzata ad una determinata fascia di persone, accomunata da età magari o da interessi comuni, o dal lavoro Altrove è un luogo di aggregazione ed incontro per “ giovani di tutte le età “ ; abbiamo soci dai 25 anni di età a 60 e più che svolgono professioni molto diverse; vi sono artisti, medici, insegnanti, musicisti , tutti accomunati dalla voglia di dare un contributo , relativo alle proprie competenze ed interessi, per arricchire culturalmente non soltanto i soci ma tutti coloro che vogliono partecipare ai nostri incontri. Ogni nostro evento è infatti aperto a tutti coloro che desiderano partecipare ; basta soltanto collegarsi alla pagina Facebook oppure al nostro sito www.associazionealtrove.tk/ per essere aggiornati per tempo . Abbiamo scelto questo sistema, accanto al passaparola, perché ci sembra pratico, veloce ed informale, caratteristica quest’ultima che ci contraddistingue . In che anno è nata?

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E’ nata nella mente dei soci fondatori agli inizi del 2011 e si è concretizzata ufficialmente nel Dicembre dello stesso anno con la stesura dello statuto e con la registrazione presso l’Agenzia delle Entrate.

, gioia di stare insieme, conditi da tanta allegria, buonumore e risate in quantità. Durante Assembra….menti abbiamo conosciuto molti nuovi amici con i quali si è instaurato un bel rapporto di collaborazione

Ha una sede? La sede operativa, inaugurata nel giugno 2012, si trova in Via Lissania 18 , in un locale completamente ristrutturato e messo a disposizione a titolo gratuito da mia mamma Vincenza Attanasio , che ha sempre amato la lettura, il cinema , il teatro e la musica classica. Nella sede, arredata in prevalenza con mobilio e vecchi oggetti della mia famiglia , vi sono buona parte dei libri di mia mamma , libri che lei ha letto e riletto varie volte per “gustarli meglio” come è solita dire. Inoltre, fanno bella mostra di sé due splendidi velieri , inviati in dono da alcuni ex detenuti che hanno voluto dimostrarci il loro affetto e la loro riconoscenza ed una bellissima strega, realizzata in cella da un ergastolano con carta, colla e stoffa … ovviamente è superfluo aggiungere che tutti questi oggetti sono per me molto più preziosi di un pezzo di antiquariato. Nel corso degli anni abbiamo acquistato un computer, un proiettore ed attualmente possediamo tutto ciò che ci permette di svolgere al meglio le nostre attività.

Ed i progetti per l’anno in corso? Le idee non ci mancano di sicuro !!!!!!!! Abbiamo in progetto la presentazione di alcuni volumi , una mostra fotografica, un corso di degustazione di vini, gli Assembra…..menti oltre a tutto ciò che ci verrà in mente durante l’anno sociale. Il bello di Altrove è che i nostri progetti sono suscettibili di variazioni e ad essi se ne aggiungono via via altri che decidiamo in corso d’opera.

Vi ho seguiti un po’ lo scorso anno ed ho potuto constatare che siete molto prolifici come realtà: vuoi parlarci delle attività più rilevanti, quelle che hanno riscosso maggiore successo, dello scorso anno? L’anno scorso è stato molto ricco di eventi, tutti ugualmente belli e ben riusciti. Abbiamo organizzato due eventi artistici che ci hanno dato molta soddisfazione ; si tratta della mostra di Madeleine O’ Neill “ Shadows and Lights “ e di quella di Alberto Badolato e Maurizio Carnevali “ Mito e Materia “ , curate entrambe dal critico d’ arte Miriam Guzzi. La mostra “ Mito e Materia “ è stata inaugurata all’ aperto nell‘adiacente Lissania Garden , con la collaborazione del locale “ Trani a gogò “ che si trova nello stesso palazzetto dove ha sede Altrove. Gli incontri sull’educazione alimentare, tenuti dai giovani soci Alma Battaglia, Claudia Cavalieri e Giuseppe Furgiuele , sono stati seguitissimi per l’attualità degli argomenti e per i consigli dispensati dagli esperti in relazione alla dieta mediterranea e alla lettura delle etichette alimentari. Un’ attività della quale andiamo fieri e che riproponiamo ogni anno è “ Assembra…menti “ , laboratorio di idee e parole in libertà. Lo scopo degli incontri è questo : ognuno, partendo da un tema che viene proposto di volta in volta, sempre molto generico, potrà esprimersi liberamente, senza artifici o condizionamenti. Gli ingredienti richiesti sono : voglia di comunicare

A proposito di attività, c’è un comitato che decide cosa fare o le decisioni sono collettive, un po’ come “ad alzata di mano”? Altrove, come dicevo prima, è un’associazione con un regolare statuto pertanto vi è un direttivo, rinnovabile ogni triennio, costituito dal Presidente, carica attualmente ricoperta da me, il vicepresidente che è Francesca Tedesco, il segretario che è Alberto Badolato, i consiglieri che sono Francesco Vescio ed Annamaria Serratore, oltre al tesoriere che è Vincenzo Carere. Il direttivo ha il compito di raccogliere, analizzare ed approvare le proposte , oltre a far rispettare il regolamento interno Come si mantiene Altrove? I nostri lettori, volendo, come possono contribuire a sostenere l’Associazione? Altrove non ha molte esigenze e si mantiene esclusivamente con le quote dei soci e con contributi volontari che possono essere inviati sul conto corrente dell’ Associazione, il cui numero è indicato sul nostro sito. Non abbiamo alcun contributo pubblico né lo abbiamo mai richiesto perchè un’altra peculiarità che ci contraddistingue è quella di metterci a disposizione degli altri in maniera gratuita . In tal modo siamo liberi da qualsiasi vincolo o condizionamento perché , ricordando un’altra strofa della poesia di Pessoa “ non abbiamo bisogno di una nave, creatura mia,ma delle nostre speranze finché saranno ancora belle, non di rematori, ma di sfrenate fantasie. Oh, andiamo a cercare l’Altrove” Bene, allora, da questo mese noi ci terremo in contatto con l’associazione e pubblicheremo, potendo, gli eventi futuri, parleremo di quelli avvenuti e chi avrà voglia di partecipare, non dovrà fare altro che recarsi presso la sede e, volendo, iscriversi.

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I termini di prescrizione applicabili dopo la notifica della cartella di pagamento

Conclusa la pausa estiva, sono ripresi gli appuntamenti con il Caffè Giuridico organizzato dall’AIGA – Associazione Italiana Giovani Avvocati-, sezione di Lamezia Terme. Il 15 ottobre, presso i locali dell’elegante locale “Il Borghetto”, si è svolto l’incontro dei giovani avvocati lametini sul tema: “I termini di prescrizione applicabili dopo la notifica della cartella di pagamento”. Ospite del “Caffè” una nutrita delegazione dell’Unione Giovani Dottori Commercialisti di Lamezia Terme, la cui guida, in qualità di Presidente, è affidata al dott. Leopoldo Bilotti. L’Avv. Andrea Parisi, Presidente dell’Aiga di Lamezia Terme, ha avuto modo di sottolineare l’importanza della presenza dei giovani commercialisti all’incontro –inerente a una tematica, peraltro, comune a entrambe le categorie professionali-, ed ha evidenziato la rilevanza di una collaborazione tra le due Associazioni, volta a creare percorsi di formazione e di crescita condivisi. Il dott. Bilotti, dal canto suo, nell’esprimere il ringraziamento ai Giovani Avvocati per l’invito al Caffè Giuridico, ha manifestato piacere e disponibilità a tracciare un trait d’union tra la sezione lametina

dell’Unione Giovani Dottori Commercialisti –costituitasi nel luglio 2015- e la concittadina sezione dell’Aiga. L’incontro di formazione, tenuto dall’avv. Giuseppe Borrello, si è focalizzato sugli orientamenti giurisprudenziali recentemente attestatisi in punto di prescrizione dei crediti a seguito della notifica delle cartelle esattoriali, con particolare riferimento alle sentenze emesse in argomento dalla Suprema Corte di Cassazione tra il 2014 e il 2015; la tematica è stata, peraltro, occasione per discutere di ulteriori nuovissimi arresti di legittimità legati al contenzioso con l’Agente della Riscossione, ed in specie a quelli relativi alla impugnabilità degli estratti di ruolo e alla giurisdizione in tema di fermo amministrativo e ipoteca giudiziale. L’incontro, come da tradizione, si è concluso con il momento conviviale dell’aperitivo, durante il quale, peraltro, i membri dell’Aiga e dell’Unione Giovani Dottori Commercialisti hanno avuto modo di conoscersi, confrontarsi e gettare le basi di una auspicabile sinergia.

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Bau Fashion 2015 Si è svolta il 25 ottobre, presso il Parco Peppino Impastato, la sfilata Bau Fashion 2015 Una sfilata amatoriale, interamente dedicata agli amici a quattro zampe, organizzata dal Rifugio Fata ONLUS. Il Rifugio fata è una associazione onlus per la protezione animali ed è anche sede, per Lamezia Terme, della Lega Nazionale per la Difesa Del Cane. L’invito era aperto a tutti i possessori di cani al costo di dieci euro. Soldi che sono stati devoluti interamente al Rifugio Fata, che da anni svolge attività di sensibilizzazione nella società per favorire una trasformazione culturale atta a recuperare sul territorio un drammatico randagismo. La sfilata ha avuto molto successo, iscritti circa 40 cani che hanno avuto tutti una bella medaglia per la partecipazione, oltre ad i premi per i primi tre classificati di ogni categoria. La sfilata si ripeterà anche il prossimo anno e, siamo certi, avrà molti più partecipanti. Per la sfilata parlano le immagini, voglio invece spendere qualche parola per il Rifugio che ospita circa 150 cani senza avere alcuna sovvenzione pubblica permanente, ma basandosi sulle donazioni che gli stessi soci ed i sostenitori erogano e, come si può facilmente intuire, non possono bastare per affrontare tutte le spere che si devono affrontare, ed è per questo che si organizzano piccole smanifestazioni, come lotterie, vendite di gadgets, e la stessa sfilata, per raccogliere i fondi necessari per il mantenimento degli ospiti. In un mondo in cui gli animali sono ammessi persino negli ospedali per la loro capacità di aiutare l’amico “uomo” c’è sempre, invece, chi li ritiene esseri umani inferiori privi di sentimenti, da trattare bene o male a seconda del momento, e c’è poi la specie peggiore, chi li ritiene “oggetti” da esibire e da buttare quando “vecchi”, quando “non ritenuti alla moda”, quando hanno “stancato perchè hanno esigenze anche loro”, basta fare un giro per il Rifugio per rendersene conto, cani di tutte le razze e di tutte le taglie, di tutte le età, di tutti i colori, con un unico comune denominatore: UN “EX” PADRONE, ci starebbe bene un aggettivo accanto a questa parola, che preferisco non aggiungere, ma anche semplicemente definirli PADRONI, nel vero senso della parola, può rendere l’idea, si è padroni di un oggetto NON di un essere vivente. Ci si può approcciare al Rifugio in tanti modi, facendo volontariato, adottando un cane che si va a prendere per farlo passeggiare o che si va a trovare semplicemente per fargli una carezza, portando al Rifugio i propri figli per abituarli al rispetto verso gli animali, facendo donazioni, ed ecco, nel caso di voler aiutarli con una donazione, piccola o grande che sia, informazioni utili:

paypal rifugiofata@libero.it postepay Evolution 5333 1710 1807 9570 oppure IBAN IT05I0760105138253639553647 Ass FATA BNL Lamezia Terme, IBAN: IT03P0100542840000000000271-SWIFT/BIC: BNL II TRR CONTO CORRENTE POSTALE INTESTATO A LEGA NAZIONALE DIFESA DEL CANE sez. Di Lamezia Terme C.C.3256513

RIFUGIO FATA tel. 340 59 10 203

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Stagione Teatrale a Lamezia Terme Finalmente torna una stagione teatrale a Lamezia Terme, grazie al Sindaco Paolo Mascaro e alla determinazione del gruppo “I Vacantusi” che, nonostante le difficoltà ha deciso di rischiare per proporre alla città, che da sempre ama il Teatro, una stagione fruibile e vivibile in ogni rappresentazione, che accontenta un po’ tutti. Una stagione “colorata” perchè ogni tipo di rappresentazione è caratterizzata da un colore, il ROSSO per la prosa, l’AZZURRO per il comico, il GIALLO per il vernacolo, il VERDE per gli eventi extra abbonamento, che si è fatta in quattro, perchè appunto, propone quattro tipi di scelta, per cui ognuno può scegliere a quale rappresentezione partecipare. Così la definiscono gli organizzatori, completa ag-

giugo io perchè grazie a questa scelta, che vede alternarsi la prosa, con nomi di rilievo del panorama teatrale italiano come Nicola Pistoia, Laura Freddi, Lina Sastri, a nomi, forse meno noti, ma ugualmente di rilievo, del teatro in vernacolo e comico, come la Compagnia “Enotrio Pugliese”, la Compagnia “Hercules”, la Compagnia “Amici del Teatro” e la stessa compagnia “I Vacantusi”, si può, finalmente, godere di una stagione che offre un ventaglio ampio di scelte, come si faceva tempo fa, quando anche due serate della stessa rappresentazione, al Teatro, erano poche , per soddisfare il pubblico lametino. Il Teatro Grandinetti e il Teatro Politeama faranno da cornice alle rappresentazioni Una piccola scaletta degli eventi per poi, come d’uso, scriverne di più a rappresentazione avvenuta Nella Fragale

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IDENTICHE MINIERE DI RAME ALLE DUE ESTREMITÀ NORD E SUD DELLA PENISOLA LA GRANDE DISPONIBILITÀ DI GIACIMENTI, ANCHE DI ORO, E LE ANTICHE MINIERE PER LA CRESCITA DEL TURISMO E DELL’OCCUPAZIONE

Un recente e originale contributo, finalizzato alla valorizzazione del rilevante e prezioso patrimonio di risorse disponibili nel Sud del BelPaese, è rappresentato dal libro “La terra dei recinti” scritto dal giovane imprenditore eretico Massimiliano Capalbo. “Un libro scritto per sfatare molti luoghi comuni, demolire pregiudizi e false credenze, che hanno impedito fino ad oggi ai giovani meridionali di progettare il proprio avvenire.” Nella stesso libro l’autore prova a rispondere alla domanda delle domande, ovvero: perché il Sud Italia non riesce a trasformare in valore le risorse che possiede? E tra le molte risorse possedute ma poco note o ignorate dagli “orsi” meridionali ci sono quelle della specificità geologiche e dei giacimenti minerari che alimentano la ricca biodiversità del territorio. Risorse, ampiamente sfruttate e saccheggiate dai colonizzatori di ogni epoca. E che, da sempre, hanno condizionato e continueranno a condizionare in modo rilevante le condizioni socio-economiche e la qualità della vita delle popolazioni umane. Sulla rilevanza del prezioso patrimonio di rocce e minerali del territorio Calabrese, sono da riproporre all’attenzione i risultati e dati del Censimento dei Siti Minerari Abbandonati dal 1870 al 2004. Resi noti dal Ministero dell’Ambiente, i dati del censimento, tra l’altro, riportano 29 miniere a cielo aperto e 31 in sotterraneo. I minerali estratti nei 60 siti rilevati sono: Zolfo 17, Feldspati 16, Caolino 7, Mica 7, Marna da cemento 6, Minerali del Manganese 5, Salgemma 3, Lignite 3, Lignite xiloide 2, Pirite 2, Silicati idrati alluminio 1, Barite (Baritina) 1, Fosforite 1, Limonite 1, Quarzo 1, Molibdenite 1, Grafite 1, Arsenopirite 1, Cinabro. Questi sono solo pochi esempi della grande varietà dei giacimenti minerari sfruttati e disponibili nella regione. Varietà documentata da dati storici e anche ricerche recenti.
Sono significativi, ad esempio, i provvedimenti e Decreti del Ministero del Ministero delle Attività Produttive per le aree indiziate per la ricerca mineraria operativa che comprendono sia la provincia di Cosenza per i minerali di oro, piombo, zinco e rame sia i comuni di Bivongi e Pazzano della provincia di Reggio Calabria per i minerali di molibdeno.

Geologo del Consiglio Nazionale “Amici della Terra”

Altri dati, di grande interesse e utili per il recupero della memoria storica sulle risorse minerarie e per individuare le potenzialità della più complessiva specificità geoambientale della Calabria, sono contenuti nelle varie pubblicazioni scientifiche del Responsabile del Corpo Reale delle miniere d’Italia e scienziato di fama internazionale Ing. Cortese. Particolarmente significativi, in proposito, sono i dati relativi: a) alla provenienza della preziosa materia prima delle note porcellane Ginori di cui ci occuperemo nel prossimo numero; b) alle identiche caratteristiche delle miniere di rame localizzate a Sud di Reggio Calabria e nella zona della Vetta d’Italia nel comune di Predoi della regione Trentino Alto Adige. Sulla eccezionale identità delle miniere di rame, (primo metallo estratto e sfruttato dall’uomo primitivo ), esistente alla due estremità Nord e Sud della penisola, la massima autorità dell’epoca in campo minerario, dopo molti anni di ricerche e studi scrive: “trovate poco a Sud di Reggio, le vestigia di una fonderia di rame; ... scoperte delle gallerie strettissime, capaci di dar passaggio ad un suolo uomo, scavate a scalpello. In esse si trova del carbonato di rame verde, depositato da acque che vengono dal di sotto dei sovrastanti terrazzi dell’Aspromonte..; il deposito e le gallerie sono identici a quelli trovati a Caserme (Kasern) nella Valle Aurina dell’Alto Adice, che scende dalla Vetta d’Italia, e le gallerie sono, certo, della stessa epoca.” In pratica le due estremità Nord e Sud della penisola sono fatte dalla stesse rocce. Rocce ben diverse per natura ed epoca di formazione delle rocce che formano la Catena appenninica. La grande varietà di minerali della calabria è connessa ai vari ambienti che caratterizzano l’intero Arco Calabro dove, tra l’altro, esistono: mineralizzazioni prealpine con metamorfici a solfuri (pirite, calcopirite, galena blenda, arsenopirite, pirrotina), magnetite ed a grafite; mineralizzazioni alpine (barite, cinabro, galena, calcopirite, torio, manganese zolfo, salgemma, lignite) che interessano le Unità Ofiolitiche, di S. Donato ed i sedimenti dei depositi miocenici. In pratica, i giacimenti minerari più interessanti risultano distribuiti proprio all’interno di particolari tipi di rocce ed assetti geostrutturali come sono quelli che costituiscono l’Arco Calabro-peloritano caratterizzato anche dalla ben nota attività sismica.
Meno noti invece e spesso colpevolmente trascurati sono i numerosi ed importanti giacimenti minerari che, come i terremoti, sono connessi alle condizioni geostrutturali ed ai processi geodinamici che caratterizzano il territorio della regione. Alla gran varietà di litotipi esistenti (in Calabria sono stati individuati oltre 200 tipi di rocce) ed ai fenomeni di sollevamento tettonico cui è sottopostala regione, sono, infatti, associati importanti «ambienti geodinamici» che presiedono alla formazione degli accumuli di minerali utili.
La Calabria, quindi, oltre ad essere la regione a più alta sismicità, è anche una delle zone d’Italia più ricche di depositi minerari metallici e litoidi. D’altra parte sulla disponibilità ed utilizzazione di giacimenti minerari nella regione, come per gli eventi sismici, non mancano i dati che ne documentano l’attività nel passato remoto e recente della storia calabrese. Basta ricordare, ad esempio, l’intenso e diffuso sfruttamento minerario che seguì alla colonizzazione greca e, partire dal Medio Evo, le secolari attività di sfruttamento delle miniere d’argento di

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Longobucco e S. Donato nella provincia di Cosenza. L’intesa attività mineraria nella regione ed in particolare nelle ultime due località citate è, tra l’altro, documentata da Vincenzo Padula che scrive: “Al 1701 alcuni ottennero in feudo le miniere di S. Donato, di scavare fino alla circonferenza di 20 miglia. Se ne prese possesso a maggio del 1705. Saggi felici. Da 3 cantaia e 3 rotoli si ottennero 67 libbre e1/2 di rame perfettissimo. L’anno appresso si scopersero 2 grotte, e nel dicembre si aprì la fonderia. Per più anni vi lavorarono 100 forzati sotto la sorveglianza d’Austriaci. Era direttore uno Jusquall. Si ottennero oro, argento, mercurio, rame, cinabro. Si lavorò fino al 1736; e si cessò per rivolgimenti politici, l’infedeltà degli impiegati e l’ingordigia del duca di S. Donato”. E poi “Carlo VI ne tentò le marine e vi trovò argento, piombo, cinabro oltre marino in terra di Umbria. Carlo VI mandò da Boemia il chimico Khez, e si fanno monete col motto: “Ex visceribus meis”, d’argento. Il primo 5 grana di argento fu fatto con quello di Longobucco>”. “Nell’editto di re Roberto del 1333 concernente la Sila è detto che la regia corte riserbava si il diritto su una miniera di ferro, che era aperta.” Nel secolo scorso, gli anni a cavallo della seconda guerra mondiale rappresentano un periodo di discreta attività estrattiva dei minerali presenti nella regione: oltre due milioni di tonnellate è la produzione di minerali non metallici (grafite, baritina, feldestati, etc.); ancor più significativa è la quantità (50 mila tonnellate) di minerali metallici, come ad esempio ferro, rame, manganese, estratti in soli dieci anni; e la produzione d’idrocarburi, nel solo periodo compreso tra il 1950 ed il 1969, è stata calcolata intorno al milione di metri cubi. Questi dati dimostrano dunque come quello attuale rappresenti uno dei periodi di minore utilizzazione delle risorse minerarie disponibili. Il salgemma del Crotonese, il quarzo di Serra S. Bruno ed i feldespati del Vibonese, costituiscono i pochi e più significativi esempi di giacimenti minerari attualmente utilizzati, e neanche pienamente, nella regione. Mentre si registra il minimo dell’attività di valorizzazione delle risorse minerarie, paradossalmente, i risultati di ricerche eseguite nel biennio ‘80-’81 con moderne tecniche d’indagine dalla RIMIM dell’ENI, oltre a confermare l’esistenza dei giacimenti già noti, hanno permesso l’individuazione di nuove aree di grande interesse geominerario su tutto il territorio della regione. Nel settore settentrionale, ad esempio, zone di grande interesse sono risultate quelle di Normanno-Verbicaro-Sangineto per una superficie di 352 km2, dove è stata rilevata la presenza di piombo, bario, rame, tungsteno ed altri minerali utili.

Nel settore centrale è stata individuata un’area di 50 kmq (zona Catanzaro-Nocera-Amantea) con accumulo di vari minerali tra cui mercurio, stagno berillio, molibdeno. E, nel settore meridionale sia sull’Aspromonte che nella zona Stilo-Bivongi-Mammola, oltre ai minerali sopracitati per la zona centrale, le ricerche hanno accertato la presenza di altri minerali quali tormalina, ferro arsenico, uranio. Se si considera che quelli sopra citati sono solo alcuni degli accumuli di minerari metallici d’interesse economico ed industriale di individuati e che molto più lungo è l’elenco dei cospicui giacimenti non metallici presenti nella regione, si ha l’idea del grande patrimonio di risorse minerarie disponibili in Calabria. L’utilizzazione e la valorizzazione di questo grande patrimonio, e di tutte le altre geo risorse (litominerarie agricole, idriche, energetiche, geositi..), sono stati finora impediti dall’incapacità dei governi nazionali e regionali di attuare una politica di organico approvvigionamento e di razionale utilizzazione delle materie prime minerarie. Incapacità e responsabilità della “partitica” che si è tentato di nascondere attribuendo la grave crisi del Sud e in particolare della Calabria all’assenza di risorse naturali. Così come si continua a sottovalutare che sulle rocce del territorio del Sud sono impresse le più ampie e remote testimonianze della nascita ed evoluzione del paesaggio terrestre del Mediterraneo e degli insediamenti umani; testimonianze di grandissimo interesse scientifico e oggetto di studio da parte di centri di ricerca e università di tutti i continenti. Questi e gli altri dati che caratterizzano il patrimonio geologico dei vari comuni della regione sono stati e continuano a essere ignorati o sottovalutati da molti amministratori locali incapaci di governare e valorizzare le specificità dei propri territori comunali e, quindi, di evitare i processi di degrado e d’inquinamento, ai quali sono connessi molte frane e aree a rischio inondazione Alla consapevolezza di come non sia la natura, in particolare quella geologica, ad essere sfavorevole e causa dei mali della Calabria, deve accompagnarsi la capacità di porre il territorio e le sue risorse come pietre miliari per lo sviluppo della società calabrese e del “percorso per uno sviluppo strutturale sostenibile e autopropulsivo”. Un percorso che alcuni giovani imprenditori eretici del Sud intendono percorrere utilizzando le innumerevoli risorse umane, naturalistiche, storico-paesaggistiche, archeologiche, culturali, agricole, artigianali, ecc presenti nel territorio. Consapevoli, come evidenziato nella “Terra dei recinti” di M. Capalbo che “Il Sud ha, oggi più di ieri, molte più potenzialità, molte più carte da giocare rispetto al Nord. Questo suo ritardo oggi si è trasformato in un vantaggio. Se, come registriamo quotidianamente, la tendenza è quella a ritornare alle cose autentiche (il cibo, il paesaggio, la cultura, l’arte, e così via) il Sud ha davanti grandi prospettive economiche e sociali.” Per i giovani disoccupati calabresi si può e si deve trovare lavoro nella propria regione non meno ricca di minerali e risorse naturali di quei paesi del Nord Europa e delle Americhe nei quali le passate generazioni sono state costrette ad emigrare. (Prima Parte)

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IL SALTOZOPPO OVVERO LA SETA DI AGNESE Conversando con Gioacchino Criaco, scrittore di Calabria

Lamezia Terme, 8 novembre 2015. Incontriamo Gioacchino Criaco alla Sagio Libri, di domenica pomeriggio. L’autore di “Anime nere” (Rubbettino editore), da cui è stato tratto l’omonimo film diventato ormai un cult, presenta il suo ultimo romanzo “Il saltozoppo”, edito da Feltrinelli. L’evento è stato organizzato da Savina Ruberto, libraia colta, attenta e sensibile alla “buone letture”. La libreria è piena di gente, siamo seduti su sgabellini colorati, addossati agli scaffali, in attesa di ascoltare l’autore che viene brevemente e garbatamente introdotto da Savina. Gioacchino sulle prime è quasi schivo ma il suo modo di raccontare affascina e coinvolge il pubblico attento, partecipe e curioso...

La storia e la leggenda, la guerra e la tregua, l’amore e la morte. Le Aquile e i Lupi: i Therrime e i Dominici. Due famiglie, due popoli. L’Onorata Società calabrese e la Società del Cielo e della Terra cinese. Una Calabria antica e una Milano “da bere”. Alfonso e Silvestro, ad aprire e a chiudere il cerchio della storia (e della vita). E, su tutti, un geco, una ninfa e un cucciolo nati altrove ma trapiantati in quel fazzoletto di terra rossa e grassa, abbeverata dalle acque dell’Allaro, a vivere come l’Émile di Rousseau e a trovare nella natura, nelle cose e negli uomini i loro maestri. Una trama di cronaca che si intreccia su un ordito a metà tra favola e mitologia. L’incipit del libro ricorda un’antica leggenda, poi inizia il racconto di una Calabria arcaica e assolata, delle case non finite, della morte meridionale e della pietà popolare di cui l’autore offre un mirabile affresco descrivendo il pellegrinaggio alla festa di San Silvestro, il

santo del miele e della spada. E qui si inserisce la figura di Zia Tuzza che ricorda quella della Sibilla Calabra. La tradizione orale calabrese la vuole maestra della Madonna bambina, collocandola in una grotta sull’Aspromonte. E Zia Tuzza è una donna senza tempo, avvolta nel mistero, assisa su un trono, venerata come una santa, portata in processione come una Madonna. Intorno a lei antiche danze di guerra e d’amore. È la rappresentazione simbolico/rituale del mondo maschile popolato da uomini rozzi e sanguinari versus il mondo femminile con donne obbedienti e silenti. E, a proposito di donne, dopo la trilogia noir, Anime nere, Zefira e American taste, questo ultimo romanzo si tinge di rosa. Di rosa e di nero. Non a caso “La seta di Agnese”, come seconda opzione per il titolo. Qui, la presenza forte e positiva delle donne è avvertita quasi come una urgenza narrativa. Agnese, Vittoria, Giovanna, Paola, Magali, Caterina… Nella “stanza dei telai”,

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Natura che nei suoi scritti ha sempre un ruolo da deuteragonista. L’Aspromonte, le fiumare, i colori e i sapori di questa terra “aspra e bellissima”. Tuttavia non c’è mai compiacimento descrittivo, anzi, si avverte quasi un senso diffuso di panismo che l’autore trasfonde negli atteggiamenti dei vecchi (ovvero di coloro che in quei luoghi sono nati) e dei giovani (che vi sono stati trapiantati e che vivono il piacere della scoperta). Eppure tra il rispetto dei nonni e lo stupore dei nipoti c’è l’indifferenza dei padri che vedono nella sua trasformazione/manipolazione una fonte (illecita) di guadagno. E la natura si ribella, ieri come oggi. Ancora. Una scrittura potente e limpida. Uno stile fluido, che rifugge l’intrusione autoriale per affidare alla voce dei protagonisti il racconto in prima persona e al cambio dello stile tipografico lo scarto temporale che proietta il lettore nel mondo della leggenda e della fantasia. È Il saltozoppo di Gioacchino Criaco, scrittore di Africo, Calabria, Italia. “Quando eravamo piccoli noi si giocava a saltozoppo, una corsa con una gamba sola. Era un modo per sfidare le difficoltà e ho voluto usare questa immagine come metafora della Calabria. Una terra che è ancora ultima, ma quando riuscirà a correre con entrambe le gambe non dovrà più temere niente e nessuno.” Giovanna Villella che diventa spazio femminile per eccellenza, le donne, sintetizzando emblematicamente la figura delle Parche e quella di Penelope, tessono i destini degli uomini e pianificano la controffensiva sotterranea passando, idealmente, l’ordito e la trama nelle mani della più giovane: “Devi essere brava Agnese, più di tutte le donne dei Therrime e dei Dominici che ti hanno preceduto: ti serviranno il coraggio, la pazienza, la testa e i cuore. Devi scavare dentro al tuo uomo, fino a trovargli l’anima pura che sta chiusa dentro un guscio di dura lava. Dovrai fonderla quella lava…” Agnese e Julien. La Ninfa e il Geco. Amore assoluto, al di là del Bene e del Male. Indomita e dolce, Agnese. Lei vuole la sua “favola bella”. Dolce e crudele, Julien. Cura e ferisce. Come il miele e la spada di quel Santo invocato da bambino. Il Geco, simbolo della rigenerazione, dell’adattabilità, e della capacità di sopravvivenza. Il Geco che tiene uniti gli innamorati e protegge i sognatori, “draghetto domestico” che non esita a sfidare i Draghi cinesi per riavere la sua donna. Ci sono le donne dunque e c’è, ancora una volta, come nel suo romanzo d’esordio la Lameziaenonsolo Editore: Tipografia Perri

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Barbera Abbigliamento - Since 1974 e Centro Arte e Natura di Gianni Cortese

tra MODA e fiori la richiesta di un sogno. Da tempo immemore il nome dei Barbera, a Lamezia Terme, è sinonimo di Moda, moda in tutte le sue sfaccettature, maschile, femminile, junior, moda che va dall’abito, alla scarpa, all’accessorio. I fratelli Barbera, Giuseppe, Gianluca e ….. , da sempre attenti alle esigenze e tendenze di mercato fanno sì che a Lamezia Terme la moda arrivi per tempo per soddisfare i desideri della loro esigente clientela e non solo … sono anche innovativi, sempre pronti a mutare anche il modo di presentare i capi perchè possano essere ammirati nella loro bellezza.

Innovativi abbiamo detto e, per animare le ultime serate calde lametine, dopo il rientro dal mare, hanno organizzato una sfilata particolare di abiti, accessori e gioielli, sì ma gioielli e accessori non i soliti, accessori fatti di … fiori, creati da Gianni Cortese, vero “artista” nell’arte di comporre fiori e non solo, noto a Lamezia per la raffinatezza e bellezza delle sue creazioni

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PRESENTATO DA GIANCARLO MAGALLI

IL CACCIATORE DI MEDUSE

A “I FATTI VOSTRI” SU RAI DUE CON L’EMOZIONANTE TESTIMONIANZA DI UN MIGRANTE ARRIVATO DAL MALI Il dramma dei migranti, raccontato nel nuovo romanzo “Il cacciatore di meduse” di Ruggero Pegna, edito da Falco, è approdato nel programma televisivo di Rai Due “I Fatti Vostri” condotto da Giancarlo Magalli con la regia di Michele Guardì. Dopo la presentazione di domenica scorsa alla BookCity di Milano, la storia del piccolo migrante somalo sbarcato a Lampedusa continua a riscuotere interesse e consensi, emozionando lettori e critici.

Con l’autore, nello studio della popolare trasmissione della Rai, anche un giovane migrante che ha raccontato la sua avventura vissuta da bambino: un lungo viaggio durato tre anni, tra deserto e mare, fino allo sbarco a Siracusa e, poi, il trasferimento a Roma, dove ha trovato lavoro come facchino in un albergo. Omar Saco, questo il suo nome, ora ha 22 anni, si è sposato con una connazionale ed ha pure una splendida bimba di due anni. Nel corso del programma, Pegna ha spiegato come è nato il romanzo: “Il desiderio di raccontare la storia di questi migranti in modo diverso dalle cronache, attraverso la loro stessa voce e con gli occhi di un bambino, sentire le loro emozioni e le loro speranze, si è incrociato con l’incontro su una spiaggia siciliana di un ragazzo di colore che cacciava meduse con le mani per ripulire il mare ai turisti e raccogliere monete. La visione di quel ragazzo che, a suo modo, si è inventato un lavoro, mi ha convinto a immaginarlo protagonista del mio romanzo, dalla partenza da Chisimaio, dove lascia la sua infanzia e i suoi ricordi di bambino, al suo sbarco in Sicilia, fino a quando, imparato a perfezione l’italiano da una maestrina di San Vito Lo Capo, decide di raccontare il suo passato…”. Emozionante il racconto di Omar, al quale gli scafisti avevano garantito, al costo di 1200 dollari, addirittura una nave dotata di ogni comfort e perfino di un campo di calcetto, per poi, invece, trovarsi costretto a salire su un gommone stracarico di altri migranti. “La traversata del deserto, prima di arrivare in Libia – ha detto il ragazzo – è durata sette giorni a piedi, ma i ricordi del cielo del deserto sono bellissimi e indimenticabili!”. “Una storia – ha concluso Pegna - che parla al cuore, aprendo ai sentimenti, al rispetto degli altri e delle loro infinite diversità,

usando la chiave della bontà e degli affetti”. Sullo sfondo, come ha sottolineato lo stesso conduttore, i numerosi temi di questi giorni: dal razzismo all’accoglienza, all’integrazione che, in questo commovente romanzo edito da Falco, si schiudono in una grande storia d’amore con finale da autentica fiaba moderna, già approdata con successo anche in molte scuole. Come confermano lettori e critici, il romanzo di Pegna cattura, incanta, anche grazie a descrizioni di una natura aspra ma meravigliosa, lo trasporta in un’atmosfera di vibrante umanità con l’identificazione e la proiezione nel personaggio principale, di cui condivide amarezze e delusioni, ma anche speranze, attese e desideri, fino alla sorprendente conclusione. La struggente storia di Tajil, un bambino nero che non sapeva di essere diverso perché nel suo villaggio a Chisimaio tutti avevano il suo stesso colore della pelle, convince per la capacità di dare voce agli stessi migranti, alle sofferenze e ai sogni di chi è misero o diverso, discriminato per il suo stato di povertà o per il colore della pelle. “Io sono un bambino nero, non so perché il mio colore è questo, ma sono contento lo stesso, perché somiglio a mamma, al nonno e a tutti quelli di Chisimaio. Se ero bianco, mi sarei vergognato sicuramente di stare là. Ora che sono grande e sono qui, non mi importa nulla se qualcuno mi chiama negro. Sono vivo e felice. E questo è bellissimo...”. Effetto inevitabile del testo letterario di Ruggero Pegna è quello di un’autentica sferzata contro il razzismo, verso il superamento di pregiudizi e di steccati culturali che mal si accordano con il rispetto dell’umanità e delle diversità e la convivenza civile a ogni latitudine. «La Terra è di tutti, diceva mio nonno e, per questo, sto bene anche qui, in mezzo a gente con la pelle diversa dalla mia. […] Penso che il nonno avesse ragione quando diceva che la bontà non dipende dal colore della pelle, ma da quello del cuore. ». Questi gli altri appuntamenti imminenti confermati: il primo novembre alle ore 17.00, “Il cacciatore di meduse” sarà presentato in “Melito Libro Aperto”, presso il Circolo Culturale Meli di Melito Porto Salvo (RC); il 5 novembre alle ore 14.00 nella rubrica “Cibo per la mente” di Livia Blasi nel Tgr Rai.

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2 novembre:

Monsignor Cantafora ha celebrato l’Eucaristia nei cimiteri cittadini

2 novembre: Cantafora ha celebrato l’Eucaristia nei cimiteri cittadini Il Vescovo di Lamezia Terme Mons. Luigi Cantafora ha presieduto questa mattina la S. Messa nei tre cimiteri cittadini di Sant’Eufemia, Sambiase e Nicastro nel giorno in cui la Chiesa commemora tutti i fedeli defunti. Nel corso della solenne concelebrazione eucaristica al cimitero di Nicastro, alla quale hanno partecipato diversi sacerdoti della Diocesi e il cappellano del cimitero Don Enzo Pujia, Mons. Cantafora ha meditato sul senso cristiano della vita e della morte, illuminata dal Mistero della Pasqua di Cristo, per il quale noi “siamo chiamati a a vivere il nostro rapporto con i nostri cari, di fronte alla verità della fede e guardare alla morte e all’aldilà, nella luce della Parola di Dio”. “Ci abita un desiderio insopprimibile di eternità, che non come una successione di tempi senza fine, bensì come un immergerci nell’infinito amore di Dio, nella pienezza di vita e di gioia”, ha affermato il Vescovo invitando ad accogliere il Mistero della vita alla luce della fede, della Morte e Resurrezione di Gesù “su cui si fonda la nostra speranza”, e respingendo “paure, magie varie, superstizioni che ci spingono ad avere un contatto con l’aldilà, quasi fosse una riedizione o copia della vita: tutte cose che non c’entrano con la fede e che certamente non aiutano la nostra serenità.” “Riconoscere una speranza in “sorella morte”, come la chiamava S. Francesco, significa anche vivere una

vita a partire dalla speranza stessa – ha ammonito ancora il Presule che ha evidenziato come l’uomo “abbia bisogno di eternità e ogni altra speranza per lui è troppo limitata, troppo breve”. L’uomo – ha aggiunto ancora Cantafora – “è spiegabile solo se c’è un amore che superi ogni isolamento, anche quello della morte, ultima nemica dell’uomo; l’uomo è comprensibile solo se c’è Dio. e noi sappiamo che Dio è uscito dalla sua lontananza e si è fatto vicino, addirittura attraverso il suo Figlio Gesù Cristo, è sceso negli inferi e ha portato con sé i nostri padri nella vita senza fine, tirandoli fuori dalla prigionia della morte”. Al termine della cerimonia, alla quale hanno preso parte anche il Sindaco Paolo Mascaro e il Dirigente Capo della Polizia Municipale Salvatore Zucco, è stata deposta una corona di fiori da parte dell’amministrazione comunale nei pressi della Croce che si erge all’interno del cimitero cittadino. Domani 3 novembre alle 9 presso la Cappella della Vergine di Visora a Conflenti, in forma privata, il Capitolo della Chiesa Cattedrale celebrerà la S. Messa in suffragio per i sacerdoti e i diaconi defunti della nostra Chiesa. Mercoledì 4 novembre alle ore 11.30 il Vescovo presiederà la preghiera di Suffragio per i caduti in guerra in occasione della Festa Nazionale di fronte al Monumento dei Caduti presso la Villa Comunale di Corso Numistrano

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Alla corte del re Roberto D’Angiò. Roberta Morosini all’Uniter

Siamo nel 1309 e Roberto d’Angiò, detto il Saggio, nato a Santa Maria Capua Vetere, 1277 e morto Napoli, 16 gennaio 1343, era re di Napoli dal 1309 al 1343, re di Sicilia, re titolare di Gerusalemme, duca di Calabria (1296 - 1309) e Conte di Provenza e Forcalquier (1309 - 1343). Giovanni Boccaccio, nato all’inizio dell’estate del 1313 a Certaldo, già da adolescente andrà a vivere alla corte del re e ritornerà a Firenze nel 1340 rimpiangendo il mondo rutilante della reggia di Napoli, gli stimoli culturali e le chanson de geste. Roberta Morosini, nata a Sarno, in provincia di Salerno, nei pressi di Santa Maria di Capua, più o meno, insomma, campana come il re Roberto, di cui porta il nome, Roberta è professore ordinario di Lingua e letteratura italiana presso la Wake Forest University in North Carolina. Si occupa, fra altro, delle relazioni tra cristiani e musulmani nell’opera di Dante e Boccaccio nel contesto di studi del medioevo mediterraneo. E’ co-curatrice di un volume su Sindbad mediterraneo. Questa sera ci parla di “Penelopi in viaggio ‘fuori rotta’ nel Decameron e altrove. ‘Metamorfosi’ e scambi nel Mediterraneo medievale” L’altra relazione, quella umana, è con noi questa sera, in una sala affollatissima ed attenta, che partecipa con Roberta ad un viaggio per un mare periglioso, oggi come allora, dall’altra parte del cancello, oltre le mura della città, un viaggio da un altro punto vista sull’opera più raccontata del medioevo, Il Decameron. Roberta parla con il corpo, con i gesti, con le mani che le tremano, ci confida, scuotendo e arruffando i suoi bellissimi ricci capelli, da araba perfetta, che è maggiore stasera la sua emozione di quando è in conferenze internazionali, come Abu Dhabi, forse per la caratteristica stessa dell’Uniter, associazione che ha per motto: Dare vita agli anni. Ci rapisce lei, come i pirati rapivano le donne, senza in lei nessuna violenza se non la cura e la preparazione, e ci trasporta per un mare letterario raccontato attraverso miniature raccolte a Parigi, a Firenze e nei musei di oltre oceano. Ci fa vedere quello che non

avremmo mai visto. Il dettaglio. Da una scena in una fiera di mercato, gioiosa, un assassinio si sta consumando più lontano… Ci mostra donne strattonate che volgono il capo versa la terraferma, Elena, e con il corpo debbono però salire sulla barca, affrontare il mare della separazione… Ci mostra come sia il carattere e la decisione a salvar la vita nella scelta di chi decide di non parlare per non svelar le sue origini ai cristiani Nella storia sanguinosa fra saraceni e cristiani, tanto sangue, troppo sangue, ed interessi, scambi, truffe e un mercato globale, diremmo noi oggi, di schiavi. Una lezione sul dovere civile che un autore come Boccaccio sente, e civiltà sarà vivere entro le mura perché fuori ci sarà la rapina, la violenza, lo stupro, e civiltà è saper travestirsi, imparare e poi ritornare. Ed il ritorno in un mare che ci vide noi, da Procida Ischia e Capri, andare verso la Tunisia ed ancora con Braudel tutti i popoli che lo attraversano morendo. Dalle donne agli uomini, una denuncia di tipo sociale su un mare che spazio di dispersione e divisione è, in una storia che è un fiume e ci trascina con i nostri detriti. Noi poi questi detriti li facemmo diventare studi. e questi studi a loro volta sedimenteranno altro, nella circolarità della trasmissione. E nell’abbracciare e ringraziare Roberta del viaggio che ci ha regalato, voglio raccontare quel treno, stavolta e non una barca, dove Roberta stava seduta davanti a Peppino ed a Costanza, coppia di sconosciuti con un libro in mano. Costanza mi ha raccontato spesso quel momento in cui il libro si mise a parlare, quasi, con Roberta e da lì poi la bella e proficua amicizia che ha reso possibile a Lamezia un viaggio nelle immagini e nel Decameron da sponda a sponda. E ritorno. La letteratura legge e racconta la storia, così Roberta Morosini ci illustra le miniature medioevali sul Decameron di Boccaccio, con un libro in mano. il suo.

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La città NON si cambia con misure ordinarie servono progetti straordinari Non può passare inosservato l’iniziativa che sta svolgendo la città di Catanzaro insieme alla Università Magna Grecia, e ai commercianti e proprietari di immobili nel centro di Catanzaro. Lo spostamento degli uffici regionali, degli ospedali di riferimento, la presenza dell’università in località Germaneto tendono a desertificate la città. Cosa fanno quindi le varie organizzazioni catanzaresi ? Cercano prontamente di correre ai ripari immaginando una azione concentrica con l’università per fare in modo che Catanzaro diventi la città universitaria “tipica”, con gli studenti che vivono nel tessuto sociale. Continuamente lancio l’idea di Lamezia “città degli studenti”, ma sembra quasi che nessuno abbia mai voluto ascoltare nei tempi passati tale proposta. Oggi ciò che per Catanzaro diventa un problema, e mi riferisco a Germaneto, per Lamezia poteva e può diventare una occasione di sviluppo da non perdere. Qualche giornalista con ironia parla della “solita mia idea” di avvicinare Germaneto a Lamezia con la metropolitana leggera! Ed allora? Sarà pure “la solita idea” ma se non ci si dà da fare rimane nella mia mente e solo una idea. Il punto sta nell’avvicinare il più possibile la realtà “Germaneto” a Lamezia Terme. Questo lo si può fare migliorando i trasporti PUBBLICI e rendendoli di target europeo. L’aeroporto, la stazione centrale della Calabria e l’area centrale non possono non essere traino economico per Lamezia. Dobbiamo dare una svolta, ma non per contrastare Catanzaro, ma per avvicinare le due città con una giusta è corretta sinergia. Se solo esistessero trasporti con orari sicuri, bus puliti e magari dotati di WI-FI, cose che non sono irraggiungibili, le cose sarebbero diverse. Infatti dotare i bus con GPS che indichino l’orario esatto di arrivo non comporta spese milionarie. Oggi è possibile farlo relativamente con molto poco. Così anche per il Wi-Fi gratis. Ho provato tante volte a dirlo in precedenza, l’ho anche inseri-

to nel mio programma elettorale qualora fossi stato candidato, ma nessuna risposta. Se il sistema trasporti è “normalizzato e facilitato” allora verrebbe molto più facile vivere a Lamezia. È inutile pensare a sviluppo se non ci si concentra a far vivere più persone a Lamezia. Solo così si può far rialzare l’economia complessiva iniziando dal commercio, dalla edilizia, dalla cultura. Una città non può cambiare se non si pensa in grande. Una città non cambia con “l’ordinario”, ma con idee capaci di far cambiare la mentalità e le abitudini dei cittadini. Alcune delle cose che dico da sempre è la creazione del Medipark, delle Terme diffuse, dell’ Autodromo. Non idee campate in aria e lontane dai problemi della gente, ma idee certe che si possono realizzare, specialmente adesso con i fondi europei. Questa idee sembrano lontane dai problemi comuni delle famiglie, ma invece sono vicinissime, in quanto solo così si può creare lavoro per i giovani e meno giovani della nostra città, ridando fiducia per il proprio futuro. Il resto è noia, direbbe qualcuno. A volte mi chiedo se fossi diventato sindaco se avrei fatto ciò che promettevo in campagna elettorale. Io penso di si ed è per questo che ogni tanto invidio (bonariamente chiaramente!) chi è stato sindaco prima e chi è sindaco adesso. Certamente avendone avuto il “potere” avrai mandato avanti tutte le mie idee con determinazione perché le città del mondo camminano a velocità supersoniche, mentre noi, purtroppo, siamo lenti ed a volte indietreggiamo aumentando il distacco con le città europee. Credo che ci si debba dare da fare perché le cose non cambiano stando seduti comodamente a casa, ma lottando con tutte le proprie forze affinché le cose cambino. Mettiamoci d’impegno, ognuno per quel che può.

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SAMARCANDA A LAMEZIA

PERCORSI EMOZIONALI D’ARTE & CULTURA E’ stata inaugurata a Lamezia Terme, in via Tevere 4, il 23 ottobre alle ore 18,00: Samarcanda, Showro-

om d’Arte e Cultura, con Sherazade e i tesori bizantini. L’evento ha ottenuto un grande successo di pubblico: Ispirato a Sherazade, protagonista delle Mille e una notte, figura femminile che incarna il potere salvifico della parola,con la quale ella salva non solo se stessa, ma anche tante altre donne. Sherazade è stata evocata in quest’occasione, con l’installazione Open Art project MostrArti Roma dell’artista Marilena Fineanno, con body painting e fiber art e accompagnamento musicale dell’arpa di Paola Testa. Alla performance ha fatto seguito l’apertura delle varie sale del percorso emozionale dove i visitatori han trovato innumerevoli sorprese: dai rari pezzi di antiquariato, agli antichissimi gioielli e accessori dal fascino Bizantino, dai libri ai dolci arabi, dai fichi ricoperti di cioccolato,alle

coperte in seta fatte al telaio, all’editoria del territorio Calabrese ai vari altri prodotti, veri e propri tesori della nostra terra . L’allestimento della sede e dei percorsi emozionali è stato curato da Tiziana Pettinato. Samarcanda-percorsi emozionali d’arte e cultura è aperto tutti i giorni con tanti altre novità e nuovi eventi. Si tratta di una mostra permanente creata dalle associazioni PassatoProssimo e Theodora, in cui viene realizzato un nuovo e originalissimo progetto di ricerca ed elaborazione di storia e di tradizioni. Il tutto ideato dall’esperta antiquaria Giovanna Adamo, dall’artista-stilista Manuelita Iacopetta e dall’editrice Annamaria Persico. Il progetto prende il nome da una città leggendaria, meta e crocevia dei viaggiatori della Via della Seta e delle più diverse culture, meta di tutti i sognatori, lontana ma non irraggiungibile. E’ per raccontare la storia che nasce Samarcanda: Si parte dalla Calabria e dalle sue più svariate sfaccettature culturali, si seguono percorsi emozionali coinvolgenti e originalissimi, viaggiando idealmente nella cultura e nell’arte per guardare il mondo da diverse angolazioni e con gli strumenti più impensati. Samarcanda è aperta a tutti e permette la visione di una serie di esposizioni, laboratori e mostre di vario genere.

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Felicita

di Antonietta Vincenzo Ogni volta che si inizia un libro è sempre un’avventura. Ho iniziato FELICITA, di Antonietta Vincenzo (Gigliotti Editore, Lamezia Terme), quasi per gioco. Su suggerimento di comuni amici: il prof. Ulderico Nisticò, la prof. Carolina Gualtieri. Avevo intenzione di centellinarlo nei momenti liberi e invece mi ha talmente entusiasmato, da leggerlo d’un fiato, in meno di due giorni. Senza fare altro, come mi capita con i grandi narratori. La storia della protagonista, Felicita, appunto, che dà titolo al libro, è fatta di luci e ombre. Quasi come in teatro, ha i riflettori puntati addosso, in alcuni momenti e, in altri, fa da sfondo al romanzo, come presenza silenziosa: anche quando non compare direttamente nei capitoli, il suo esserci aleggia nelle pagine, come un simbolo, una quasi magica presenza. Antonietta Vincenzo, l’autrice, non le fa girare intorno i personaggi in sarabanda, ma è questa figura a rappresentare il perno di tutto il narrato, anche quando ella non è in primo piano. Il nome crea già un piccolo straniamento, tra Felicita e felicità. A pag. 202 la donna dice: “Che strano, il mio nome avrebbe dovuto portarmi tanta felicità. Forse, con questa intenzione, mi era stato donato. Ma non è così. [...] Sarà perché mi manca l’accento, che non mi ha portato fortuna.”. Un’amara affermazione, non sempre veritiera. Sono svariati i momenti in cui Felicita riflette, infatti, e non sempre serenamente. Ma il romanzo, in fondo, poi, narra dei suoi sacrifici, ma anche della sua vittoria. Felicita è un personaggio d’altri tempi, tempi in cui le donne identificavano la loro forza con il silenzio. Un silenzio per nulla mesto, ma carico di riflessioni e di maturità che si forma con una consapevolezza acquisita procedendo nella vita. Felicita, al principio è quasi acerba. Poi cresce, man mano, insieme ai suoi stessi figli, acquisendo sicurezze dalle circostanze e dalle esperienze fatte sul campo, in conseguenza delle necessità. Sullo sfondo del romanzo, vi è la Storia. Intrecciata con le piccole storie quotidiane, di vita o di morte, degli abitanti di un piccolo villaggio (detto alla francese, ovvero un paesino) del Sud, in riva al mare, non bene identificato. Impressionante il Capitolo XIII, in cui si avverte il grande mistero del mare, un mare non più amico. A fine pag. 135, troveremo la rivelazione. Rosaria, la figlia di Felicita, comunica al fratello Giuseppe, che l’ha scampata bella: “ C’è stato un forte terremoto, e anche un maremoto. Dicono che ha distrutto Messina e

Reggio e molti altri paesi vicini. [...] Pensa, Giuseppe, stamattina ti sei trovato nel bel mezzo di un maremoto.”. Siamo nel 1908. Lo sfondo storico prosegue fino alla Guerra d’Africa e continua fino alla fine della Grande Guerra. La bellezza del narrato è quello di percepire il tragico della Storia, attraverso i sentimenti dei protagonisti, più che dai fatti stessi. Così avviene per i cambiamenti sociali. Le donne che iniziano a lavorare, lasciando i campi, i primi lavori statali della Ferrovia, le speranze, la possibilità di affrancarsi dalla miseria della quasi schiavitù dei latifondi. Tutto è percepito attraverso il tempo di Felicita e dei suoi familiari. Anche la forza di non mollare mai e di crescere. Di non arrendersi di fronte alla deriva delle contingenze. Felicita che, dapprima appare donna di second’ordine, diventa padrona assoluta della sua vita, pian piano, inesorabilmente. Il capitolo sull’attentato alla Ferrovia, il XIX, ci dà la dimensione di fierezza e dedizione di questa donna, che sostituisce il marito (impegnato nelle operazioni di ricostruzione di Reggio e Messina), mettendosi sull’attenti, di fronte ai convogli colmi di soldati che partono per il Fronte. La sua bandiera verde sventolata per dare il via libera è simbolo di sicurezza. Di una sicurezza che, a quel tempo, le donne sapevano dare col silenzio e con l’attenzione. Quando sventa l’attentato, Felicita sventola una bandiera rossa: l’alt che avrebbe salvato molte vite e le responsabilità del marito Gabriele. Ancora in silenzio, e senza clamori, Felicita sopporta la guerra sulle sue spalle, con l’assenza dei suoi figli. Riuscirà, infine, a tenere testa al marito infedele e a lasciare spazio, nell’ultimo capitolo, al futuro, con la vita del figlio che prende il suo posto, come protagonista dell’intero romanzo: suo erede diretto che, da un mondo in trasformazione, si avvia verso un universo completamente trasformato, quasi a far sperare che il romanzo, come una saga familiare, abbia un seguito, per non perdere di vista il senso di un’eredità interiore mai dimenticata. FELICITA, dunque, è un romanzo dalle mille atmosfere. Mai scontato, come avviene di solito nei romanzi che parlano della cultura meridionale del passato. FELICITA parla delle nostre radici migliori, dei nostri piccoli, grandi contributi alla Storia e della fierezza delle nostre donne. Un romanzo tutto da leggere, che non ha nulla da invidiare ai racconti delle famiglie del Nord, più spesso messi in luce e che, riportandoci al passato, ci trasmette la forza per affrontare un presente carico di incertezze, ma anche da esplorare non chiudendoci nelle sfere ovattate della rinuncia e della debolezza... buona lettura. Non sarà facile staccarsi dalle pagine del libro, finché non si è raggiunta la fine. E ad maiora all’autrice. Per il suo modo di narrare e per le atmosfere che crea. Semper, perché continui a regalarci altre pagine così belle. Non solo la Calabria ne ha bisogno, non solo il Sud, ma tutta l’Italia.

32 Editore: Tipografia Perri Lameziaenonsolo


Matilde al Liceo Campanella accompagnata da mamma e mamme Io, Michela e Licia saremmo le mamme che insieme alla mamma Daniela accompagniamo Matilde a scuola per la sua prima uscita ufficiale. Come al ballo delle debuttanti lei debutta nella classe prima A, B, C, nelle classi del Liceo Campanella dove le insegnanti Michela Cimmino e Licia Di Salvo stanno per iniziare Libriamoci, la settimana dedicata alla lettura, rassegna nazionale che fa parte di un grande progetto interamente dedicato alla diffusione dei libri nei mesi dell’anno, dal Maggio dei libri a Piovono libri. Lei, Matilde, a suo agio fra le tante ragazze e qualche ragazzo, era perfetta, integrata, sembrava lei stessa quella adolescente che con più decisione prende in mano il volante e si mette a guidare. Una ragazza positiva, un personaggio positivo, con idee proprie, nasce nel racconto e dalla penna di Daniela Rabia, sua madre di foglio, e come Atena stava nella testa di Zeus e fu partorita spaccando la testa del dio, così Matildina, così ogni tanto la chiama

Daniela, bussava e bussava dalla sua testa per uscire fuori. Per fortuna il foglio ebbe la meglio e non ci fu bisogno di rompere testa! I ragazzi seduti sui banchi addossati ai muri, seduti nelle sedie dei banchi ed accanto una grande carta geografica, ascoltavano i viaggi che Matilde aveva fatto per i venti paesi dai quali alcuni di loro venivano ogni mattina, Maida, e poi Tiriolo, Serra San Bruno. Uno di loro Gaetano Chiodo lesse dei versi proprio per lei, lei musa, lei ispiratrice. La prima poesia a lei dedicata. Ed intanto anche gli altri, ormai rapiti, avrebbero voluto continuare a viaggiare con lei se non fosse suonata l’ora di andare. Reuel Sole Ludovica Martina Greta e poi libriamoci con i vostri nomi, con il vostro entusiasmo, intanto io che resto con loro, mi contagio di quella freschezza, di una tenerezza che poi sarà terreno fertile da cui ripartire. Nei binari delle tanti stazioni a volte si aspetta ad un binario morto. Era questa la frase adolescenziale che caricata di nero campeggiava sulle prime pagine di un diario scolastico. Stava lì ad indicare quell’inerzia e quel momento in cui ogni persona si sarà trovata negli anni della scuola. Poi aspettando aspettando il tempo finisce e anche se il treno non passerà chi aspetta avrà per forza trovato il modo per trascorrere l’attesa con un libro in mano. Leggere è stata la nostra forza, dice Daniela e dico anche io con Michela e Licia, Leggere è una zattera che sui mari andrà perché ci solleva dalla quotidianità. Uffa, scrivo sempre con la rima! Matilde forever sarà.

L’angolo della Poesia

RESTA Resta ti terrò qui fra le mie mani ti terrò in uno scrigno dorato ti alimenterò di musiche dolci e soavi. La poesia Ti porterò con me, lontano, è un sospiro al di là dei rossi orizzonti e ti darò le dell’ anima, una ricerca gior- stelle e giocheremo col sole e con il vento. naliera di una Resta non andar via realtà diversa ti coprirò di perle e di conchiglie impalpabile, ti racconterò favole impossibili. leggera. Paul Verlaine ...Ma, se vuoi proprio andare...

metti le ali ai tuoi piedi e in silenzio, senza rumore, spogliati dalle mie sembianze lasciami addormentata, abbandonata in un angolo della casa. Io non alzerò gli occhi per vederti andar via perchè voglio tenerti con me, per sempre nel mio cuore. ORA IRREALE Malinconia che segni muta il tacito errare della luna

su dune immense e sentieri scoscesi copri con bianchi veli i sogni del passato mentre la sveglia sonnecchia sul comò: tic tac tic tac tic... Spazio e tempo inesistenti in quest’ora irreale. Ad uno ad uno i tuoi petali si posano sui miei occhi e sogno e realtà svaniscono nel nulla.

Lameziaenonsolo Editore: Tipografia Perri

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E’ ancora tempo di famiglia? Le riflessioni di Tommaso Se poniamo come base il fatto che la famiglia sia una costruzione soggettiva con una responsabilità oggettiva e universale, più che di crisi della famiglia si dovrebbe parlare, nella società di oggi, sempre più spesso di cattivi comportamenti individuali che ricadono inevitabilmente sul nucleo familiare. L’analisi della famiglia, in effetti, va studiata su più livelli e da diversi punti di vista. La letteratura è ricca a riguardo e quasi mai mette in discussione l’Istituto familiare ma ne tratta le problematiche. Infatti, nelle Affinità elettive, Goethe, in una situazione che va dal Preromanticismo ad un primo approccio di Realismo, crea nel suo romanzo una sorta di gioco di affinità con caratteri che potremmo definire trasgressivi, ma il dramma si consumerà proprio nell’impossibilità di annullare o superare ciò che istituzionalmente è stato già costruito, la famiglia, appunto. Goethe non vuole proporre un’altra realtà, nel caso tentare invece di formare nuove famiglie nel senso tradizionale del termine attraverso inquietudini ed affinità che si sbricioleranno in vane illusioni. Lo stesso accade nel Werther, sempre di Goethe, ove il protagonista soccombe, come in una punizione, di fronte ad una famiglia già formata. La crisi personale di chi compone la famiglia, personaggi mossi da passioni egocentriche, terrene, egoistiche, senza alcuna possibilità di elevarsi a nulla di costruttivo trattata da Goethe, sembra ricomporsi in solida idealità nella storia manzoniana de I Promessi Sposi: la fede muove le azioni e senso autentico della famiglia e vero senso della vita coincidono perfettamente. E’ interessante, a questo proposito, lo studio di Philippe Ariè e George Duby, Vita privata dell’800; scopriamo che sarà proprio nell’800 che si consoliderà il nucleo familiare quale motore portante, economico, sociale e morale della società europea occidentale. Si tratta non solo di nuclei familiari borghesi ma inizia anche il lungo e faticoso percorso di costituire e rendere solido quello del proletariato. Gli esperimenti di fondare una società al di fuori dei nuclei tradizionali registrano tutti un fallimento; la Sociologia della famiglia ha compiuto, a tal proposito, studi di spessore giungendo ad un unico risultato: non si è riusciti a creare una cellula di natura diversa a quella della famiglia stessa. E’ avvenuto senz’altro un fenomeno di evoluzione della famiglia ma all’interno della tradizione storica con analoghi apporti sia da parte del pensiero conservatore che da quello socialista. Anche nel ‘900 prosegue un’analisi interna della famiglia: La Noia e Gli indifferenti di Moravia, En famille di Hector Malot, le speculazioni di Pirandello, Anna karenina di Tolstoy. Libri che sembrano vogliano far crollare la coppia, la famiglia, l’impronta borghese, il matrimonio, in realtà per salvare, alla fine, tutto l’impianto. La famiglia emigrante, i conflitti delle famiglie “normali”, i tanti modi di essere famiglia sono i temi più frequenti in molti romanzi della letteratura contemporanea: Renè Reggiani, Hanif kureishi ( The mother ), solo per citare qualche scrittore. Oggi, quanto mai, è attuale il tema della famiglia, in una società complessa, ognuno con legittime aspirazioni: coppie di fatto, riconoscimenti di diritti di varia natura sessuale e non, riconoscimenti che ricalcano sempre un unico modello che da sempre conosciamo secondo un evidente modello di imitazione. Qui entra un altro livello di analisi, ovvero la famiglia quale ideale alto, una necessaria astrazione per capire perchè la famiglia storica è quella portante: é la radice della nostra cultura cristiana occidentale; Se uno spirito laico quale poteva essere quello di Oriana Fallaci ha sentito il bisogno di difendere queste radici ,imput del nostro essere

civiltà europea cristiana, allora questo ci deve far riflettere. Un rilancio senza timidezze della nostra concezione di famiglia, tenendo conto delle conquiste fatte come la parità uomo-donna, può far maturare interiormente un rinnovato slancio della realtà familiare riconoscendo il nucleo non come costrizione e l’amore un sentimento scevro da effimeri egoismi. Tutto questo non toglie nulla ai diritti altrui e al loro riconoscimento ma bisogna considerarli un’altra storia, un’altra esperienza. Non famiglia intesa quale nucleo costruttivo volto ai fini elevati dell’educazione dei figli. Coppie di fatto perfettamente inserite nella società ma non famiglia. Diverso, a mio parere, il diritto a ricostruire una coppia cristiana dopo l’esperienza di un divorzio, considerando i molteplici fattori della vita con variabili dipendenti e indipendenti, la Chiesa dovrebbe attuare una seria analisi di apertura, adeguata e consapevole. allora concludo con una domanda che dà il titolo alla questione trattata: è ancora tempo di famiglia? La Sacra famiglia è oggi attuabile? Una società in evoluzione deve “ per forza” smarrire questo Patrimonio morale e affettivo? In nome di cosa?

vendesi raccolta pagine della cultura corriere della sera dal 1990 Per info: 0968.21844

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UNA SIMPATICA STORIA: LA PAPERA

Un giorno di giugno, girando per il mercato, incontrai un contadino che teneva in una gabbia tanti piccoli pulcini gialli e morbidi come la bambagia. I piccoli batuffoli mi fecero tanta tenerezza e, dato che aspettavo l’arrivo dei miei nipotini Tommaso e Michele, mi decisi di comprarne uno. Sarebbe stato difficile per loro fare una simile conoscenza visto che abitano a Firenze e raramente vanno in campagna. Così senza pensarci due volte presi il volatile, certa di fare la gioia dei ragazzi. Scelsi il più bello, il più paffutello, lo misi in uno scatolino bucherellato e lo portai nella casa del mare, Per la strada, feci un sacco di castelli in aria, non fu per poco che non sognai di vedere pulicini dappertutto! Certamente nel giardino avrebbe potuto scorrazzare liberamente, ma dovevo stare attenta al gattone del vicino che,sicuramente, appena avvistato l’avrebbe agguantato e... addio pulicino! L’arrivo dei miei nipotini era stato fissato per la fine di luglio ed io per un mese non persi mai di vista nemmeno per un minuto, il mio piccolo coccodè. Bisogna dire inoltre che, lui, mi aveva scambiato per la sua chioccia e mi seguiva dovunque. Non ci volle molto a creare i un’ intesa fra di noi. Al tramonto, quando i raggi del sole non si erano ancora completamente tuffati in acqua mi si avvicinava e salivamo insieme i gradini della scala che porta al piano superiore e, mentre io sfaccendavo per i fatti miei, lui (scusate il pronome personale, non saprei indicarlo diversamente, visto che per me era un umano) se ne andava al balcone della cucina, si appollaiava sui braccioli di un sedia e rimaneva lì a dormire fino alle prime luci del giorno. Da quanto vi racconto avrete capito che il pulcino cresceva a vista d’occhio All’alba veniva nella mia camera: pio, pio, pio mi svegliava, io aprivo la porta e lui ruzzolando se ne andava in giardino. Col passare dei giorni il pulcino mutò aspetto, andava sempre più arrotondandosi e camminava con fare dondolante. Quale fu la mia meraviglia quando m’ accorsi che il pulcino non era per niente un galletto, ma un bella paperina...... Che fare?, ormai non si poteva più cacciare via e poi, forse che un’oca non era più importante di un misero galletto? Abbiamo dimenticato che nel 390 A.C. le oche del Campidoglio salvarono Roma dall’invasione dei Galli? certamente in un momento di necessità, la nostra paparella avrebbe salvato anche noi.. E, fu così, che tutta l’estate dovetti combattere con la papera... A fine luglio arrivarono i miei nipotini e vi fu un gran starnazzare in quel giardino, tuttavia visto che loro trascorrevano molte ore sulla spiaggia la sera, quando loro ritornavano , lei era già salita nei suoi appartamenti. Cresceva la papera (noi così la chiamavamo, non facevamo differenza fra papera ed oca). Non le mancava nè il cibo nè l’acqua, ed era diventata rotonda come una bella palla bianca . Però i giorni della villeggiatura cominciavano a venir meno. E adesso, cosa facciamo? - Non possiamo lasciarla in giardino sola, tutto l’inverno ! - Non è possibile, come fare? - La porterò a casa con me, la metterò in terrazza e la farò girare tranquilla per casa, mi farà compagnia, quando i ragazzi non ci saranno più. Ma d’una cosa non avevo tenuto conto che la bella bestiolina faceva i suoi bisognini dappertutto, e non poteva stare in casa. - Come fare? M’era veramente difficile separarmi da lei... nè l’ avrei mai uccisa, per carità! Nella disperazione mi venne incontro la mia collaboratrice domestica: - “Non vi disperate signo’, io abito qui vicino, a Nocera, vuol dire che

questo inverno l’oca la terrò io e poi un’altr’anno ve la prenderete, abbiamo un bel magazzino grande dove raduniamo le nostre galline, starà con loro e nessuno le farà del male” Non avevo altra scelta e accettai. A fine estate andai a comprare un sacco di mangime,la ciotola dell’acqua, e un cesto con dei cenci dove l’oca poteva accovacciarsi, consegnai tutto ad Erminia ed andai io stessa a controllare che la mia papera avrebbe trascorso un bell’inverno. Alla fine d’agosto come al solito la pioggia arrivò improvvisa e violenta. Era arrivata l’ora di tornare a casa. L’inverno fu lungo, io ogni tanto pensavo a QUAQUA’ (così l’avevano chiamata i ragazzi) e mi si stringeva il cuore, mi consolava il pensiero che certamente a giugno l’avrei riportata a casa. Infatti l’estate arrivò in tutto il suo splendore , e mai come quell’anno andammo al mare con molto anticipo. Appena arrivati il primo pensiero fu d’andare a Nocera (noi abitiamo a Falerna) a prendere la nostra papera. Andammo, io bussai alla porta della casa d’Erminia, venne ad aprire la mamma e con voce stridula mi disse: “signò a papera un c’è cchiù ndamu mangiata!” Non ebbi il coraggio di proferire parola alcuna, girai i tacchi e andammo via con un groppo in gola e gli occhi pieni di lacrime. MORALE DELLA FAVOLA: FIDARSI è BENE NON FIDARI è MEGLIO.

Lameziaenonsolo Editore: Tipografia Perri

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Orso Leo è uno splendido cane maschio, di 4 anni. Affettuoso, ama le coccole e apprezza la compagnia degli umani. E’ anche socievole con i cani e molto bravo a relazionarsi con loro. Taglia medio grande, vive al Rifugio Fata e attende una famiglia che sappia apprezzare tutte le sue qualità 36 Editore: Tipografia Perri Lameziaenonsolo


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