Lm maurizio novembre

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Lamezia e non solo

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Lamezia e non solo


Lameziaenonsolo incontra

Maurizio Carnevali

Intervistammo Maurizio nel maggio del 1994, un bel po’ di anni fa. Fargli una nuova intervista era doveroso perchè lui e la sua arte danno lustro non solo a Lamezia ma alla Calabria tutta. Ho conosciuto Maurizio anni ed anni fa. Suo è stato il primo quadro che ho acquistato quando ancora non ero nemmeno sposata: il quadro di una donna anziana col capo chino coperto da uno scialle, vederlo ed innamorarmene fu un tutt’uno e, dopo d’allora, spesso mi è successo di innamorarmi di altri suoi dipinti che ora “illuminano” le pareti della mia casa. Negli anni la sua pittura si è evoluta, ha subito cambiamenti ma, ogni cosa che crea, piccola o grande che sia, è un capolavoro che trasmette emozioni, non si può restare indifferenti di fronte alle sue tele che, a volte, narrano delle verie storie, non solo un momento, ma un susseguirsi di eventi, tutti lì davanti a te, in un susseguirsi di sapienti pennellate ed alternanze di colori. Se ripercorriamo il tuo percorso di crescita, nella vita, possiamo affermare che la carriera artistica era già segnata, nel senso che hai vissuto un po’ come un bohemien nella tua gioventù, hai lasciato gli studi, sei andato in Francia, hai fatto lo scaricatore di frutta ai mercati per mantenerti e per potere respirare, nei momenti liberi, l’aria dei musei francesi. Poi sei tornato in Italia, sei stato alcuni mesi nel Belice come volontario durante quel terribile terremoto, ti sei sposato e sei ritornato al Nord, in Lombardia. A distanza di alcuni anni sei tornato al Sud e qui sei rimasto, diventando quello che sei oggi: Un pittore affermato. Ho sbagliato qualcosa? In linea di massima hai tracciato in modo esatto gli anni e gli eventi che, all’inizio, hanno segnato la mia vita, ma sono passati troppi anni da allora e, naturalmente, ho avuto il tempo di esaminare con lucidità quanto mi è accaduto e quanto è accaduto intorno a noi tutti che apparteniamo più o meno a quella generazione. Certo le spinte ideali erano profonde e la voglia di riscattarsi da una vita omologata a cui i più ambivano pressava prepotentemente. Un “pittore affermato” dici, ma cosa significa questo? Non certo poter vivere oggi di rendita per una vita spesa per ciò che ho profondamente amato. Ho la totale consapevolezza che la scelta di restare in Calabria mi imporrà un sacrificio professionale fino alla fine, ma non mi dolgo di questo, era così che

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Nella Fragale

volevo che andasse. E’ stato importante per la tua formazione viaggiare? Quando viaggiavo, con molta più frequenza di quanto faccia oggi, il mondo non era ancora così globalizzato. Per conoscere dovevi viaggiare e quei viaggi erano veramente l’incontro di luoghi e uomini che via via ti avrebbero costruito. Tutto ti restava dentro, nel bene e nel male. Dal camionista a cui avevi chiesto un passaggio, e che da Palmi magari ti aveva portato fino a Milano, al poeta sognante che nelle interminabili notti ti aiutava a scrutare un mondo diverso. Dal pittoresco ceramista di Vietri all’artista che rompeva ogni schema confezionando merda in barattoli, la sua appunto. Dalla pietrosa Matera alla splendida Firenze, dalla dignitosa e popolare Brera ai bassifondi genovesi. C’è stato un pittore, attuale o del passato, che ti ha spinto verso questo campo oppure l’amore per la pittura era in te e sapevi già che avresti dovuto fare questo? Per amarla la pittura, o anche la scultura, non basta vederla fatta, bisogna vederla fare. Così è stato per me. Si chiamava Raffaele Sgrò e lo seguivo in campagna, lui vecchio settantenne io ancora un adolescente. Lo guardavo con venerazione aprire la sua cassetta e cavarne pennelli e spatole e impastare colori su una improbabile tavolozza. Piccole tele, piccoli capolavori nascevano dalle sue mani e quella era una magia che mi entrava dentro. Ma è stato così per sempre, ancora oggi quando entro in uno studio di pittura mi assale una gran voglia di fare. Per dirla tutta, questa voglia è scomparsa solo nelle rare occasioni che mi videro a Venezia alle Biennali. Ma c’è un artista che ami di più? Di artisti ne amo moltissimi. Del passato amo Rembrandt per la sua luce, per i suoi impasti e per la sua modernità. Del presente amo Emilio Vedova per la sua coerenza, per la sua violenza e per la sua classicità. Che cosa è per te l’arte? L’arte è un modo di vivere, di pensare, di darsi agli altri. Di dare

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agli altri la propria verità con onestà e con impegno totale. Una volta Salvatore Fiume mi disse: “L’arte è come le corna della capra, se ci sono è perché si vedono, le puoi toccare…” L’arte non credo sia quella cosa che scopri d’avere improvvisamente perché sei andato in pensione, nè quella cosa a cui destini il tempo libero dopo esserti occupato d’altro: L’arte è ciò che riesce a distruggerti ogni giorno per farti rinascere l’indomani più innamorato e ostinato di prima. Come definiresti i tuoi “lavori”? appartengono ad una corrente o no? Il mio lavoro porta in sè le esperienze figurali di una vita. Non ho saputo rinunciare a nulla di quanto ho assorbito. Ho tentato la via della fusione fra identità diverse e anche opposte, ma che mi appartengono egualmente. Se la lettura della trama pittorica porterebbe ad un concetto di informale, la presenza della raffigurazione della realtà ne sposta l’orientamento nella direzione di un’oggettiva figuratività. Piaccia o no credo di aver trovato un punto di unione tra energie contrapposte che hanno imparato a convivere. In altre parole amo troppo le diversità per rinunciare ad una sola di esse. Qual è la tecnica che usi per la tua pittura? La tecnica che uso è la diretta conseguenza del concetto ideologico della mia pittura. Uso contestualmente colori a base d’olio e colori ad acqua ovvero acrilici. Il conflitto fra le due essenze genera una pittura in mobilità, come se poggiasse sull’acqua, come fosse precaria, improbabile, in divenire, aperta alla sensibilità interpretativa di chi osserva. Un pittore, credo, usi tutti i colori di una tavolozza, mi chiedevo se vi sono periodi in cui un colore prevale sull’altro perchè legato ad un tuo stato d’animo. Assolutamente si. Anche se la cosa è istintiva capita sempre che la scelta dei colori sia legata intimamente allo stato d’animo. I colori hanno un linguaggio proprio con cui comunicano e dunque anche la loro scelta è sollecitata da questa comunicazione. Naturalmente non esiste un processo cosciente, è l’istinto unitamente al rapporto empatico con il colore che determina la scelta. Ricordi la prima cosa che hai dipinto? Ce l’hai ancora? La primissima cosa che ho dipinto non potrei possederla perché non vivo più da sempre nella casa dove nacqui. Era sulla parete del bagno e il colore che avevo usato mi pare fosse di natura organica. Non credo proprio che esista più. Invece quella che ho dipinto con un po’ più di consapevolezza, è il ritratto di Filippo, cattivamente definito lo scemo del paese, ma anche questo non lo possiedo . Di solito l’Artista dipinge, scolpisce, crea musica, versi, a seconda del campo di appartenenza, in virtù di una necessità propria, di un bisogno interiore, seguendo un istinto, un’idea, ma anche l’artista deve vivere, deve creare per gli altri. Quando ti viene commissionato un lavoro come riesci a crearlo?

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Se la cosa mi piace l’affronto con l’emozione e la gioia di sempre, se invece non mi attrae non mi resta che dar fondo alle mie risorse di artigiano. Il risultato nei due casi è prevedibilmente diverso. Sempre a proposito dell’estro artistico, quando, spinto da un qualcosa che ti si muove dentro cominci a creare, pensi anche a come reagirà l’eventuale pubblico di fronte alle tue opere? Questa è una preoccupazione che mi coglie solo dopo che l’opera è esposta. Come nascono i tuoi quadri? E’ una domanda ricorrente quando intervisto un artista, mi incuriosisce sapere come nasce un’opera d’arte. Un colore? un suono? le parole? E poi? ti chiudi in te stesso ed elabori oppure prendi tela e pennello o scalpello e cominci a creare? L’approccio ad una nuova opera scaturisce sempre da un dato emozionale che ha origine in una esperienza che la precede e che può essere indifferentemente una lettura, una musica, una pioggia, un volto, un disastro. Comunque qualcosa che ti resta dentro e che ti pressa, costringendoti a trasformarla in altro. Sono, a quel punto, fantasmi a cui devi dare corpo. Sempre a proposito di chi guarderà le tue opere, tu vuoi, attraverso esse, dare un messaggio o suscitare emozioni? Sono persuaso da sempre che la pittura non può essere intesa come un fenomeno decorativo fine a se stesso. La pittura deve comunicare, deve denunciare, deve far riflettere, ma lo deve fare restando integra nella sua identità di pittura. A tal proposito mi piace ricordare quanto mi disse Guttuso quando gli mostrai le mie prime cose: “E’ meglio dipingere un bel fiore piuttosto che un brutto manifesto politico”. Ma erano gli anni in cui molte cose erano state fraintese ed estremizzate. Nel dipingere le figure femminili, ti ispiri a volti conosciuti? Che siano donne che semplicemente conosci o che abbiano o abbiano avuto per te un significato particolare nella tua vita. La donna ha avuto un ruolo fondamentale sia nella mia vita che nel mio lavoro, che poi è la stessa cosa. E’ una creatura a cui ho dedicato molte delle mie energie. I volti che ho dipinto sono i volti della donna. Madri, amanti e figlie di tutti. A proposito delle donne, il nudo, non solo femminile, è presente nelle tue opere, come in quelle di molti grandi artisti, forse di tutti. I corpi nudi che dipingi tu sono sensuali, belli, mai volgari. Sempre per tentare di capire dove trova l’estro l’artista, quando e perchè si sceglie di dipingere un corpo nudo? Amo dipingere i corpi nudi perché così mi pare che possano esprimere al massimo l’armonia della natura, il loro pathos, la loro verità. Inoltre ciò mi consente di dare un respiro universale a quei corpi, privandoli dell’obbligo della caducità e della temporalità. La maternità, lo hai detto tu stesso, è spesso presente nelle tue tele, è un tema a te caro o è legato al ricordo di tua madre? La donna raffigurata come madre apre orizzonti diversi su cui ap-

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paiono visioni ancestrali. Il rapporto madre-figlio, la tenerezza del contatto fra i due, l’intesa , l’amore animale sono dimensioni in cui si rintraccia l’origine. Non escludo che la figura di mia madre sia contemplata in una così vasta trattazione del tema. L’amore, anche esso ispira molto la tua pittura. Che importanza ha l’amore nella vita di Maurizio? L’amore è una condizione da cui tutto scaturisce. Immagina quanto desolante sarebbe la vita senza amore. Potremmo parlare a lungo dei soggetti dai quali tu trai ispirazione, ma voglio concludere con il mito. Hai affrontato temi a noi vicini, come la “leggenda di donna Canfora”, ti sei ispirato alla Grecia con Tiresia, vuoi parlarci di questa tua “propensione” per il mito? E’ stata, all’inizio, la necessità di ritrovare le mie radici, le nostre radici, poi lo studio dei testi omerici mi ha spinto in una sorta di viaggio fantastico in cui incontravo uomini, dei, animali metamorfici , guerre, amori e soprattutto vendette. Era un viaggio verso luoghi che mi apparivano familiari, come fossero presenti nella mia memoria. Ma era una sensazione. Più recentemente, accompagnando Giorgia, mia moglie, sugli scavi archeologici che via via eseguiva ho riconosciuto fisicamente gli scenari di quelle antiche imprese, di quelle vite: erano qui, era un suolo che già calpestavo, era proprio quella parte di Grecia che si chiama Calabria. Negli ultimi tempi ti sei dedicato in modo particolare alla scultura, alle grandi opere monumentali, come mai? Sia chiaro che la scultura non è un’amante con cui tradisco la pittura, ancora una volta è semplicemente che non riconosco i confini fra una cosa e l’altra e che amo l’una e l’altra allo stesso modo. La scultura necessita di tempo, spazi, sacrificio fisico, dedizione totale ancora di più della stessa pittura. E quando l’opera è monumentale tutto si moltiplica e richiede molta energia per dominarla. Modellare piccole sculture d’argilla o cera è solo un’operazione preliminare, la scultura viene dopo, quando affronti un blocco di marmo di qualche tonnellata e lo devi tagliare, sbozzare e poi colpire e colpire ancora per condurlo alla forma che hai in testa. Sinceramente non capisco come si possa definire scultore chi non l’ha mai fatto. Direi plasticatori, ma è un’altra cosa. La tecnica che usi per la scultura e, soprattutto, per la scultura quale è il materiale che prediligi? E’ il marmo o la pietra che preferisco usare. La realizzazione di un’opera bronzea devo lasciarla troppo presto, quando ancora è di gesso, nelle mani del fonditore e questo mi piace meno. C’è una scultura alla quale sei particolarmente legato? Il San Rocco a Palmi, il Federico II a Lamezia e il Cristo orante

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a Fuscaldo sono opere che considero importanti, ma ce ne sono altre a cui sono profondamente legato e altre ancora che avrei preferito non averle mai fatte. Essere un artista oggi oggi cosa vuol dire? Essere un artista oggi, per me, significa dedicare la propria vita all’arte. Alzarsi presto al mattino e mettersi all’opera seguendo l’impulso di quel nuovo giorno. Tutto il resto verrà dopo e sarà una piccola grazia perché quella grande l’hai già avuta. Costruisco il mio lavoro giorno dopo giorno e non ho la più pallida idea di cosa significhi carriera. Sento d’essere ai piedi d’un monte che è tutto da scalare. Non ho mai voluto affidarmi a critici che avrebbero agevolato il mio cammino, non ne conosco e non voglio conoscerne. Ho tanti amici che apprezzano o che comunque sanno leggere quello che faccio ed è solo del loro giudizio che necessito. Un consiglio ad un giovane che vuole intraprendere questo cammino? Evitare i luoghi comuni. Evitare di mostrarsi in modo prematuro, ma farlo solo quando si è raggiunto un certo livello. La prima idea che gli altri si fanno di te è quella che ti accompagnerà per sempre. Cercare la propria originalità, quella che naturalmente è dentro ognuno di noi, evitando di utilizzare quella altrui. Servirebbe a poco. Lavorare molto, ma veramente molto e confrontarsi. Maurizio ha ancora un sogno nel cassetto? Se sì ce lo vuole rivelare? Il mio sogno riguarda proprio questa città. Sono a Lamezia ormai da oltre 45 anni. Avevo poco più di vent’anni quando sono arrivato e ci sono rimasto perché avevo creduto che questo luogo esprimesse delle potenzialità interessanti. Ma non vado oltre, non voglio fare altre considerazioni perché sarebbe troppo complesso e anche amaro parlarne. Andiamo ad oggi, oggi che la città si è dotata di spazi invidiabili e che però sono pessimamente utilizzati. Il mio sogno è che gli spazi inerenti al Chiostro di San Domenico possano ospitare permanentemente una Pinacoteca Civica. Mi piace pensare alle scolaresche che finalmente avrebbero un luogo dove incontrare la pittura, la scultura, i grandi maestri e dove ci sarebbero laboratori aperti e cento ragazzi, come io sono stato, si potessero innamorare dell’arte al punto di farne il proprio lavoro. Prima di concludere l’intervista lasciamo da parte l’artista e parliamo dell’uomo, di quello “privato”. Parlaci del Maurizio Innamorato, Sposo, Padre, e perchè no, anche del Maurizio Insegnante, Perchè credo che ogni sfaccettatura della tua vita privata e pubblica abbia contribuito ad ispirarti nelle tue creazioni. Ho risposto con molta sincerità alle tue domande e credo che a questa, che ora mi fai, abbia già risposto. Non riesco a creare una

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separazione fra me uomo, il lavoro, la famiglia, gli amici. Tutto convive nella mia esistenza e semmai ci fosse stato il tentativo altrui di escludere, separare uno solo di questi elementi mal l’ho tollerato. Dopo Pablo, Giorgia è un altro dono autentico che la vita mi ha infine riservato a cui s’è aggiunto quello di Riccardo e Caterina. La mia preziosa famiglia di cui sono fiero. Trasmettere ai giovani le mie conoscenze è una cosa che faccio con entusiasmo. Da molti anni, precisamente da quando ho lasciato la scuola statale per una grave allergia ai presidi , ho una mia scuola di pittura e scultura, la “Piccola Accademia del Tempo Libero”, frequentata da un magnifico gruppo di ragazzi. Come è il rapporto con i tuoi figli in generale e con la piccola Caterina in particolare. E’ un rapporto bello e difficile. Caterina è quella che più mi assomiglia e ciò mi preoccupa. Probabilmente però dipende dal fatto che per un padre è sempre speciale avere una figlia femmina. Pablo ha seguito le tue orme, dipinge anche lui, l’arte quindi scorre nelle vene della famiglia Carnevale, è nel DNA. Pablo ha realmente un talento notevole. La naturalezza con cui fin da piccolo ha disegnato e ancora di più ha modellato mi ha fatto molto riflettere. Alla fine penso che sia una questione di dimestichezza. A proposito del cognome, vuoi narrarci il curioso aneddoto per cui tu e tuo figlio avete un cognome differente? In effetti abbiamo anagraficamente lo stesso cognome. Sono io che nel lavoro firmo Carnevali. Questo perché in origine la mia famiglia paterna si chiamava così. Tempo libero, sempre che tu ne abbia, cosa ti piace fare? Mi piacerebbe trascorrere tanto tempo in barca, lontano, facendo finta di pescare e annusando il mare la dove ancora l’uomo non l’ha offeso. Ami leggere? se sì cosa ami leggere e quali sono i tuoi autori preferiti? Amo moltissimo leggere, ma riesco a farlo solo d’estate quando sono lontano dallo studio. Victor Hugo lo adoro e così molte scrittrici d’oggi. Mi pare che la letteratura in questi anni sia diventa prepotentemente femmina. E la musica? Classica, moderna, tecno? Jazz e cantautori italiani e francesi Progetti futuri? In questi giorni sto scolpendo l’altare per il Duomo di Borgia. Nei

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primi giorni di Dicembre 2016 inaugurerò una mostra a Lamezia Terme in Via Piave fino al 10 gennaio con opere recenti ed una raccolta di dipinti ispirati proprio al Jazz. Concludiamo con la domanda che facciamo a tutti, alla Marzullo: La domanda che non ti ho fatto e che avresti voluto ti facessi. Fatti la domanda, dacci la risposta. Mi arrovello a capire cosa avrei voluto tu mi domandassi e non mi hai domandato. Rinuncio… forse non ho proprio una grande curiosità verso me stesso. Conoscendolo credo che all’ultima domanda non abbia risposto perchè Maurizio è un uomo fondamentalmente schivo ed il fatto stesso che egli, come molti fanno, non abbia cercato nelle critiche di nomi noti nel settore, la molla che avrebbero potuto “accelerare” il suo successo, lo dimostra. Il suo è un successo puro, di quello che si crea passando di bocca in bocca, che nasce di fronte alle sue tele e che ti fanno desiderare di poterle guardare ogni giorno. Ama quello che fa e quest’amore è tutto lì, in quei pennelli che danzano sulle tele, in quei colori che con sapienti tocchi, amalgamandosi, diventano visi, cieli, alberi, paesaggi e ti regalano emozioni, sorrisi, commozione, “pathos”, come lui stesso ha detto, ed è ancora negli scalpelli che intaccano ammassi informi di marmi e pietre più e più volte che poi vengono levigati, smussati, fino a divertare quel che l’artista vuole. La parola Arte è, a mio avviso, in questi ultimi tempi, abusata. Non tutto è Arte, non tutti sono Artisti. Lui lo è. E’ un Artista con la A maiuscola, che si lascia guidare dalla sua vena creativa, dalla sua genialità che lo ha portato verso un tipo di pittura di cui potrebbe essere il precursore, il Padre. Come sempre mi affido a chi sa usare la penna per scrivere versi nei quali ci riconosciamo, per la frase finale da dedicare all’intervistato. Frasi sugli artisti, di ogni settore, ve ne sono molte, moltissime, come al solito la mia ricerca inizia senza avere un’idea precisa e termina quanto incontra la frase che, appena letta, pare urlarti: “sono io”. Ed eccola, è di François de Salignac de La Mothe-Fénelon che scrive: “Perché un’opera sia veramente bella, bisogna che l’autore vi dimentichi sé stesso, e mi permetta di dimenticarlo”. E, credo, calzi a pennello per Maurizio perchè, conoscendolo, avendolo visto all’opera, intuisco che per lui è così: lascia se stesso nelle sue opere che dipinge, che scolpisce. Quando crea vive nella sua opera e, chi guarda quel che ha creato, dimentica l’artista perdendosi nella bellezza di quanto sta rimirando. A breve, come ci ha detto, ci sarà la sua mostra qua, a Lamezia, aspetto con impazienza di potere ammirare le nuove creazioni e di perdermi in esse. Sono quasi certa che in qualche pennellate riconoscerò il volto di Giorgia, dovesse succedere sorriderò pensando a questo momento.

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GEOLOGIA E SALUTE assetti idrogeomorfologici del territorio e salute degli esseri viventi Non si favorisce il bene comune e non giova agli interessi della maggioranza dei cittadini del BelPaese la progressiva riduzione dei fondi per la ricerca e dei Dipartimenti di Scienza della Terra e Geologia. Smantellare i dipartimenti di Geologia delle Università e degli Enti Pubblici è da irresponsabili ovunque ma lo è ancor di più nel Paese con il territorio più esposto ai rischi idrogeologici, geosismici e vulcanici d’Europa. La riduzione dei dipartimenti di scienza della terra si registra proprio mentre emerge anche la relazione tra geologia e salute. Anche se a prima vista la Geologia può sembrare distante dai problemi della salute umana non si può ignorare che le rocce che coprono la superficie della Terra sono costituite da minerali ed elementi chimici. Elementi che sono ingeriti dall’uomo tramite l’aria, il cibo e l’acqua. E, quindi, hanno un impatto diretto sulla salute. Le relazioni esistenti tra gli assetti idrogeomorfologici del territorio e la Salute degli esseri viventi sono documentate nei vari processi che determinano composizione e qualità delle acque, dell’atmosfera e dei suoli. Così come il ruolo della geologia e, in particolare della geochimica emerge sempre più chiaramente nelle indagini epidemiologiche e ambientali su vegetali, animali e popolazione umana. Fattori climatici e natura mineralogica e chimica dei terreni che caratterizzano le differenti aree geografiche evidenziano l’insorgenza di problemi patologici e nutrizionali che condizionano la salute di animali e esseri umani. I problemi non nascono solo e di più nelle località interessate da discariche e rilevante inquinamento antropico. Non sono poche le aree geografiche non contaminate da rifiuti e, o inquinamento antropico dove insorgono patologie e danni alla salute anche più gravi di quelli prodotti dai siti molto contaminati. Di seguito si farà cenno a due casi di problemi insorti uno a causa della natura del terreno e l’altro dell’acqua. Il caso legato alla natura del terreno riguarda l’intera popolazione del comune di Biancavilla sulle pendici dell’Etna e richiama i

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risultati di alcune indagini dell’Istituto Superiore di Sanità sugli effetti prodotti dalle fibre di fluoro-edenite naturali. Le patologie provocate dalla natura dei terreni emergono da indagini e studi epidemiologici, ricerche di valutazione dell’esposizione, studi meccanicistici in vitro per comprendere i meccanismi biologici sottesi alla cancerogenicità delle fibre di fluoro-edenite. Le indagini hanno permesso di rilevare che la fonte delle fibre aerodisperse non è limitata alla zona della cava utilizzata dagli anni ‘50 per l’estrazione di materiali per l’edilizia, ma include tutto l’ambiente comprese le strade non asfaltate. Anche l’inquinamento indoor, ovvero la contaminazione dell’aria nelle case è dovuta alla presenza e uso dei materiali da costruzione estratti dalla cava. Dal materiale estratto dalla cava, infatti si è ricavato malte, intonaci e altri prodotti per costruzione. Le case e le strade del centro abitato sono stati costruiti con la sabbia e le pietre prelevate dalla stessa cava. Lo sfruttamento è stato particolarmente rilevante nei decenni 1960-1970 e ha demolito l’intera rilievo di Monte Calvario. Uno sfruttamento facilitato dalla natura della roccia, particolarmente tenera e di gran lunga di più facile lavorazione rispetto al basalto lavico. E anche dalla vicinanza del materiale estratto ai luoghi di utilizzo. Tutto ciò ha contribuito a estendere molto la dispersione delle polveri non considerate nocive. Le indagini dell’Istituto Superiore di Sanità hanno portato all’osservazione di un eccesso di mortalità per tumore maligno della pleura localizzato e al riconoscimento dello stesso comune Biancavilla nel 2002 come Sito di Interesse Nazionale per le bonifiche. Diverse ricerche hanno appurato un eccesso d’incidenza e di mortalità per mesotelioma nella popolazione, senza differenze apprezzabili tra uomini e donne, e con un’incidenza particolarmente elevata nei giovani adulti, suggerendo così un inquinamento ambientale piuttosto che occupazionale. Le ricerche sull’eccesso di mortalità per mesotelioma pleurico in assenza di rilevazioni di esposizione professionale ad amianto hanno coinvolto epidemiologi e geologici. Studi medici hanno fornito stime quantitative di eccesso di rischio di mesotelioma e

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incidenza, mortalità e ospedalizzazione. E, nel contempo, hanno stimato un eccesso di mortalità e di ospedalizzazione da malattie respiratorie non maligne tra le quali le pneumoconiosi. Studi geologici hanno individuato e descritto le fibre di fluoroedenite, responsabili della contaminazione. L’esposizione a queste fibre, monitorate con tecniche di microscopia elettronica, è determinata da fonti sia esterne sia interne alle abitazioni. La cancerogenicità delle fibre di Biancavilla è stata dimostrata da uno studio condotto dall’Istituto Ramazzini mediante iniezione intraperitoneale e intra pleurica nei ratti. Gli studi in vitro effettuati principalmente presso l’ISS hanno chiarito i meccanismi della cancerogenicità della fibra. Attualmente la cava e tutta la cittadina di Biancavilla sono inclusi in un progetto di bonifica che usufruisce anche di fondi europei. Ed è anche considerato Sito di Interesse Nazionale per le bonifiche per la prevenzione, assistenza sanitaria e monitoraggio epidemiologico. I rapporti fra ambiente e catena alimentare umana, come evidenziato da Ganni Cortecci professore Ordinario di geochimica, sono controllati da fattori geochimici e geologici come la petrografia e mineralogia delle rocce, oltre che dal paesaggio e dal clima. D’altra parte è nota l’importanza di alcuni elementi in traccia presenti in particolare nell’ambiente della crosta terrestre e dell’acqua marina, elementi essenziali per la vita e più importanti delle vitamine perché non possono essere sintetizzati. I dati sui problemi prodotti dai fattori ambientali sono noti da tempo ad incominciare dalle ripercussioni sulla salute umana provocate dalle caratteristiche geochimiche di territori caratterizzati da suoli e acque con eccessi o carenze di elementi come ad esempio Iodio, Fluoro, Selenio e Arsenico. Si sa che terreni e acque deficitari di Iodio sono responsabili dell’ingrossamento della tiroide (gozzo) che ha colpito milioni di persone prevalentemente in paesi del terzo mondo. L’eccesso di fluoruri nelle acque potabili ha portato milioni di persone a soffrire di fluorosi dentaria in Cina. . A livello mondiale possiamo dire che 200 milioni di persone sono interessate da concentrazioni di Fluoro superiori ai limiti di guardia fissati dall’OMS. Uno dei paesi più coinvolti è la Cina, con oltre dieci milioni di persone interessate da fluorosi dentale e ossea. Sempre in Cina, e in più in generale nell’area asiatica sono state rilevate malattie endemiche legate a carenze o eccesso di Selenio come cardiomiopatie (malattia di Keshan) oppure delle osteoartriti (malattia di Kashin-Beck). Lamezia e non solo

Riguardo la tossicità dell’arsenico nelle acque, negli ultimi anni, il WHO (World Health Organization) ha abbassato il valore di concentrazione limite raccomandato per l’arsenico nelle acque per l’elevata tossicità dell’elemento per l’uomo. Casi ben documentati d’avvelenamento di massa dovuti alla presenza di alte quantità di arsenico nelle acque riguardano l’India, Taiwan, Bangladesh, Cina, Messico e Cile. La sorgente di inquinamento dell’arsenico è essenzialmente geochimica e riferibile principalmente all’ossidazione supergenica di solfuri metallici (pirite, calcopirite, arsenopirite). In Italia, problemi ambientali da rilascio di arsenico nelle acque riguardano le aree minerarie a solfuri in Sardegna e in Toscana meridionale. In proposito non va ignorato che è stato accertato che l’acqua distribuita in circa 130 comuni in gran parte della regione Lazio conteneva una percentuale di arsenico superiore ai limiti di legge. Va ricordato, che riguardo l’arsenico nelle acque potabili, che il Tar del Lazio, negli anni scorsi ha condannato i ministeri di Ambiente e Salute al risarcimento dei cittadini di molti comuni costretti a utilizzare acqua contenente arsenico oltre i limiti previsti dalla Legge. I comuni italiani interessati si trovano in Lazio, Toscana, Trentino Alto Adige, Lombardia e Umbria e il risarcimento ammonta a circa 100 euro per cittadino (per un totale di circa 200.000 euro). La decisione è abbastanza importante perché indica che fornire servizi insufficienti o difettosi o inquinati determina responsabilità della pubblica amministrazione per potenziale danno per i consumatori. I due esempi ai quali si è fatto cenno rendono evidente che non possiamo ignorare la condizione di un elemento come il suolo sul quale stiamo in pratica tutti i giorni della nostra vita. Il suolo va considerato come la “pelle” viva della Terra; una “pelle” in continua trasformazione e frutto di continue interazioni tra geologia, clima, vegetazione ed esseri viventi. E anche fonte primaria degli elementi e delle sostanze che l’uomo assorbe per alimentarsi (circa il 98% degli alimenti deriva direttamente o indirettamente dal terreno). Così come va considerato che ogni evento naturale o attività antropica che altera l’equilibrio chimico-fisico e biologico del suolo si ripercuote sulla qualità della vita e salute umana. Questa realtà non può e non deve essere sottovaluta da noi cittadini. E, in particolare, non può e non deve essere ignorata da chi è preposto ed ha il dovere di controllare e salvaguardare il suolo sul quale ci muoviamo quotidianamente e che lasceremo in eredità ai nostri figli. Mario Pileggi geologo, membro del Consiglio nazionale “Amici della Terra”

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“Tutto ebbe inizio con il nome”

Dante Maffia

inaugura il 28esimo anno accademico dell’Università della terza età. Nomen omen, il nome è un presagio, un destino, dicevano i Romani, e riguardo a Maffia la locuzione latina ha dimostrato la sua veridicità. Fu suo padre a volerlo chiamare Dante pensando di augurargli un avvenire di poeta e di letterato. Vado la sera/ di casa in casa / ad ascoltar le fiabe / che mi raccontano i vecchi / al focolare / come un mendico / che ha bisogno di un pezzo di pane, scriveva il giovanissimo poeta di Roseto Capo Spulico, cittadina dell’Alto Ionio cosentino dove Maffia è nato, dimostrando particolare interesse per le storie che gli anziani del paese gli raccontavano, seduti intorno al focolare nelle lunghe sere d’inverno. Poi il suo interesse si trasferì sui libri, i grandi autori italiani e stranieri diventarono i suoi punti di riferimento, la sua ossessione.

Maffia racconta che da ragazzo sognava spesso di trovarsi in una grande biblioteca del suo paese e di ereditare tutti quei libri, di bollirne le pagine e di berne il sugo per possedere la scienza infusa, voleva apprendere, conoscere, approfondire. Trasferitosi a Roma, si laurea alla Sapienza e si dedica all’insegnamento e alla ricerca presso la cattedra di Letteratura Italiana del prof. Luigi Reina, all’Università di Salerno. Pubblica nel 1974 il suo primo volume di poesie “Il leone non mangia l’erba”, titolo che caratterizza la sua indole, con la prefazione di Aldo Palazzeschi che annota le ansie del giovane poeta unite a quelle per il riscatto della Calabria: “Maffia ha scritto delle poesie belle e inquietanti, vi ha messo la bellezza, il candore e tutta la rabbia della sua terra […] certamente farà parlare molto di sé perché […] ha il culto della poesia, come pochi”. Parole, queste ultime, che si riveleranno profetiche. Per Maffia la poesia è vita, non ammette sosta, scrive contemporaneamente sia in vernacolo che in lingua e pubblica moltissime raccolte di poesie, tra queste qualche esempio: Le favole impudiche, dove alle tenerezze e alle carezze nei versi dedicati alla madre sostituisce la rabbia per il mancato riscatto della sua Calabria: Ma oggi / ti parlo della mia terra / che ha grida nascoste nel sangue; Passeggiate Romane, che registra i lusinghieri giudizi di Luciano Luisi, Dario Bellezza e Giorgio Caproni che scrive: “Maffia è un meridionale, ha il

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sangue caldo; ma quale poeta vero non è meridionale, quando scrive, anche se è nato a Oslo? Il male di troppa “poesia” di oggi sta nell’essere stata composta a sangue freddo, conserva il gelo del laboratorio”; L’eredità infranta con prefazione di Mario Sansone, Caro Baudelaire prefato da Mario Luzi. Tra i titoli più famosi La biblioteca di Alessandria. Giuliano Manacorda definisce questo volumetto “un gioiello di poesia”, e continua , “quindici componimenti in cui Maffia racconta in maniera estremamente puntuale quell’immane incendio che devastò la biblioteca di Alessandria, il monumento culturalmente più drammatico della grecità classica. Gigantesche fiamme incenerirono migliaia e migliaia di rotoli di pergamena e chi legge le poesie di Maffia sente il fuoco sul viso, gli odori, il lamento delle pergamene, vede le ceneri che si diffondono nei cieli. Attraverso Maffia i poeti e gli scrittori presenti sulla scena dell’orrore esprimono i propri sentimenti. Chi non potendo più vivere senza i propri libri si suicida o con il cianuro o si taglia la gola, altri si chiedono dove le fiamme hanno portato le loro parole”. Tutte le raccolte poetiche pubblicate da Maffia sono presentate, prefate o post prefate da autorevoli firme del mondo accademico e da importanti e famosi poeti e scrittori: Noberto Bobbio, Alberto Moravia, Alberto Bevilacqua, Gina Lagorio, Giorgio Saviane, Walter Veltroni, Pasquale Tuscano, Luigi Reina, Pier Paolo Pasolini, Sciascia, Primo Levi e tanti tanti altri che per questione di spazio non posso citare ma non posso trascurare Pina Majone Mauro che ha scritto delle illuminanti riflessioni su Milano non esiste e La biblioteca di Alessandria che mi confermano la genialità dell’autore e mi forniscono ulteriori motivi per apprezzare l’intero corpus dei testi in prosa e in versi, e Antonio Iacopetta per il suo pregevole libro, Cielo aperto, uno studio metodico e analitico a livello stilistico su tutta l’opera di Maffia, che mi ha consentito di scoprire la bellezza della parola poetica di Maffia e di penetrare nell’universo di una personalità poliedrica in continuo divenire. Le opere di Maffia sono caratterizzate da una sorprendente e inesauribile forza lirica e costituiscono un patrimo-

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nio di alto spessore culturale e di grande interesse sociale anche a livello europeo. Sono tradotte in varie lingue tra cui: neogreco, francese, inglese, tedesco, spagnolo, portoghese, russo, rumeno, ungherese, slovacco, sloveno, svedese, macedone, bulgaro, cinese, albanese, serbo-croato e giapponese.

Dante Maffia ha ricevuto la Medaglia d’Oro per la Cultura nel 2004 dal Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, il Premio Matteotti della Presidenza del Consiglio dei Ministri per il suo romanzo “Milano non esiste” nel 2010 e tantissimi altri prestigiosi premi nelle varie città della nostra penisola, tra cui: Alvaro, Gatto, Montale, Stresa e Viareggio e nel 2014 a Catanzaro il primo premio assoluto Alda Merini, con “Alba assonnata” …E’ il ritratto di te in questi giorni/ piovosi e amari che portano languori/ e si rifugiano nel grigio?/O e la vita che scarrella dai binari/ e si ritrae impaurita?... Maffia, pur vivendo e lavorando a Roma, dove è giunto giovanissimo, non si è mai veramente staccato dalla sua terra d’origine, terra che continua ad amare da autentico calabrese. La devozione e l’affetto per i luoghi natii, per il mare, per gli odori, per la lingua, per la pace, per le tradizioni, costituiscono, infatti, alcuni dei motivi ricorrenti dei suoi lavori, connotati talvolta dal sentimento di solitudine e di morte e da una pungente nostalgia. Nel romanzo “Milano non esiste” il protagonista darà senso e completezza alla sua vita solo quando ritornerà nella sua terra e in “Monte Sardo”, ultimo romanzo in

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ordine di tempo, l’autore ci fa scorgere il suo volto, il suo pensiero, in una parola la sua vita raccontando gli avvenimenti del suo paese dalla metà degli anni quaranta fino ai nostri giorni. Euripide scriveva: “ I nostri canti più dolci/ sono quelli che narrano/ i nostri pensieri più tristi” e nelle opere di Maffia c’è la Calabria con le sue bellezze e con le sue contraddizioni: “La Calabria che lo scirocco sferza/ …che pretende amore/e non sa bene se sia donna o falco/ io la sradico, la esalto, la sotterro,/la benedico e maledico e poi/la invoco: madre, tomba, cielo,/condanna, luce che non tramonta mai, casa aperta sul mare,/mio rifugio eterno. Maffia torna di frequente nella sua Roseto, a casa sua, sul terrazzo della cucina per trovarsi dinanzi “all’azzurro trasparente del classico Mare Ionio”, un tratto di mare che separa la Calabria dalla Grecia e Maffia, poeta dalle radici sibarite, emerge come poeta greco. Suo capolavoro: “La Biblioteca di Alessandria”, ”Controcanto” …Non hanno una collina su cui dormire,/né una lapide. O tomba in cui riposare/…Non chiedete perché è accaduto. Le cose accadono/… nel fondo dei mari le sirene piangono. In tutte le epoche e in tutti i luoghi i grandi poeti hanno sempre cantato l’Amore e così anche Dante Maffia ci fa dono di canti d’amore e di passione: “Il poeta e la farfalla”, “Finalmente”, Finalmente lo so che cos’è l’amore:/farfalle indaffarate/viali infiniti,/quel tuo passo deciso/ che fa nascere/profumi e fa cantare/ perfino i muri/ e la sedia dove sono seduto/ a pensarti.

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Aiga - Sezione di Lamezia Terme raccolta e la gestione dei dati a fronte di una corrispondente responsabilità per le aziende e i gestori dei dati personali nella sicurezza dei dati stessi. E’ stata affrontata, difatti, la centralità del consenso dell’interessato, anche nei trattamenti dei dati più delicati e personali (definiti sensibili nel nostro ordinamento) osservando le sanzioni che le istituzioni europee hanno stabilito per la violazione delle nuove norme. Difatti le sanzioni amministrative previste, ovviamente tarate in base all’infrazione ed al

Protezione dati personali e pacchetto europeo di protezione dati Il 13 ottobre scorso, presso i locali del ristorante Omega 3 di Lamezia Terme, si è svolto l’incontro organizzato dall’Associazione Italiana Giovani Avvocati – Lamezia Terme sul tema “Protezione dati personali e pacchetto europeo di protezione dati”. Presenti all’incontro, oltre al Presidente dell’Ordine degli avvocati di Lamezia Terme, Avv. Antonello Bevilacqua, anche i colleghi dell’Associazione della sezione di Catanzaro e numerosi avvocati del foro di Lamezia. Dopo l’introduzione da parte del Presidente della sezione lametina, Avv. Adrea Parisi, e del Presidente dell’Ordine, il relatore – Avv. Alessandro Trovato – ha iniziato l’esposizione delle novità normative introdotte dalla nuova normativa europea. I temi dibattuti riguardano la tutela dei dati personali, contenuta nel Regolamento Europeo 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, e come questa sia da bilanciare alle esigenze di trattamento da parte degli operatori economici, necessaria per l’esercizio dei propri diritti o, semplicemente, per godere dei servizi offerti. Si è inoltre evidenziato come la normativa nostrana, pur essendo in vigore da quasi tredici anni, sia tra le più avanzate nel settore. In particolare, si è discusso di come il nuovo Regolamento Europeo introduca una normativa uniforme per tutti gli Stati membri dell’Unione Europea e di come si siano rafforzati gli strumenti per la tutela dei diritti dei cittadini in merito alle possibili violazioni. Ad esempio, si è affrontato nel merito la questione di applicazione e tutela dell diritto all’oblio anche alla luce dei tragici fatti di cronaca per il caso Tiziana Cantone, suicida per un video hard diffusosi in rete senza la sua autorizzazione e senza che ella abbia potuto attivare un’effettiva tutela nei confronti dei “colossi” della rete per eliminare il video in questione pur avendo una pronuncia positiva da parte dell’autorità garante. Oltre agli strumenti di tutela dei cittadini, il Regolamento europeo introduce maggiori semplificazioni per la pag. 12

soggetto che le ha commesse, possono ammontare in percentuali a cifre misurabili solamente con PIL mondiale. L’incontro ha inoltre posto l’accento sul ruolo dell’Autorità Garante nazionale che viene dotata di nuovi poteri di indagine, di consultazione e di impulso nei confronti della Commissione Europea per adeguare le tutele previste alle nuove fattispecie che si verrano a creare in futuro. Nuove fattispecie, si è detto, che viaggiano su tempi diversi ed accelerati rispetto alla produzione normativa. Esempio pratico riportato è stato il data breach (violazione dei server di immagazzinamento dati e diffusione di questi all’esterno) subìto dal colosso economico Amazon solo due ore prima dell’incontro, riportato dalle testate giornalistiche online. Fattispecie, il data breach, che prevede nuovi obblighi di comunicazione e maggiori oneri per la sicurezza da parte delle aziende che sistematicamente trattano i dati personali dei propri utenti per svolgere la propria attività lavorativa. Parallelamente ai nuovi obblighi il Regolamento istituisce nuove figure e strumenti di garanzia, prima facoltative, per la rappresentanza delle aziende che operano nel mercato europeo senza avere sede nel territorio dell’Unione quale il rappresentante, nonché il registro delle attività di trattamento nel quale sono annotati tutti i trattamenti effettuati e le eventuali trasmissioni di dati personali ai terzi esterni all’azienda. Discorso a parte, infine, merita la trattazione dei dati personali raccolti nell’ambito di indagine da parte degli organi inquirenti, normati dalla direttiva europea in parallelo al regolamento, per la quale necessita l’intervento del Parlamento Italiano per la sua diretta applicazione nel nostro ordinamento.

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La prevenzione delle malattie infettive con le vaccinazioni nell’era della Globalizzazione

Conversazione del Socio e Consigliere Dott. Sisto Vecchio Giovedì 27 ottobre c.a., nella splendida cornice del New Cavallino Bianco di Lamezia Terme, alla presenza dell’Assistente del Governatore anno 201617, Vittorio Ventura, presenti numerosi soci e illustri ospiti, introdotta e moderata dal Presidente 2016/17 Avv. Giuseppe Senese , si è tenuta la conversazione del socio e consigliere Dott. Sisto Vecchio, dal titolo “La prevenzione delle malattie infettive con le vaccinazioni nell’era della Globalizzazione”. Il tema della conversazione, corredata da numerose e interessanti slides, ha messo in evidenza come nell’era della globalizzazione, del tutto subito, della rapidità dei collegamenti e delle notizie, dell’apparenza piuttosto che dell’essere, e, soprattutto, dei movimenti di massa delle popolazioni, la diffusione delle malattie infettive segue questo ritmo frenetico; nel mentre gli agenti patogeni, padroni incontrastati della biosfera da almeno tre miliardi di anni, continuano ad emergere o a riemergere in modo sempre più cruento e resistenti alle terapie tradizionali. In questo contesto si impianta il dibattito sul tema sull’alto valore scientifico e sociale delle vaccinazioni, quale arma fondamentale per prevenire ed eradicare le malattie suscettibili, in uno scenario di scetticismo diffuso, che i vari mass media contribuiscono a diffondere in modo indiscriminato, provocando falsi allarmismi. La vaccinazione ha lo scopo di indurre un’immunizzazione attiva contro le infezioni. I vaccini attualmente disponibili sono estremamente sicuri e vengono rigorosamente sperimentati prima dell’approvazione e soggetti a rigorosa sorveglianza durante la fase di utilizzazione. Grazie al valido contributo del Rotary International, in collaborazione con l’OMS e Lamezia e non solo

l’UNICEF la poliomelite, terribile malattia altamente invalidante, sta per essere eradicata, visto che attualmente è endemica in Nigeria, Afganistan e Pachistan, paesi teatro di guerra terroristica. Molte malattie come il morbillo, la varicella, la rosolia, la parotite, le meningiti, la difterite, il tetano, la pertosse, l’epatite B, per elencarne alcune, possono essere fortemente contenute e in alcune aree eradicate se si raggiunge la giusta copertura vaccinale. Le vaccinazioni rappresentano, quindi, uno strumento efficace per debellare le malattie su larga scala, oltre a proteggere il singolo individuo. La Regione Calabria, in proposito, offre un calendario vaccinale 2016-2018 molto ricco e articolato, ma questa offerta, paradossalmente, provoca apprensione nelle giovani coppie, per cui è fondamentale un buon courseling da parte del personale sanitario. Inoltre, i vaccini contro la febbre gialla, il tifo, l’epatite A, il meningococco (a,c,w135,y) e la profilassi antimalarica, danno una valida protezione per chi si sposta per lavoro o per vacanza in aree del pianeta dove queste malattie sono endemiche. Il relatore si è soffermato sulle false credenze negative sui vaccini, alcune

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vere e proprie leggende metropolitane, a cominciare dal presunto legame tra vaccino del morbillo e autismo. Queste notizie sono diffuse soprattutto in Internet, dove i messaggi viaggiano velocissimi, senza alcun fondamento di verità e di controllo e vengono mediaticamente amplificati, provocando diffidenza e apprensione nella popolazione. Un altro tema trattato è stato quello del costo delle vaccinazioni: lo Stato investe molto in prevenzione, visto che la cura delle malattie provoca un esborso notevole in denaro pubblico, per non contare il dramma vissuto dai familiari e dall’individuo colpito da grave malattia invalidante permanente. Visto la diminuzione delle coperture vaccinali, anche la Federazione Nazionale dei Medici Chirurghi ha approvato di recente un regolamento per cui gli Ordini dei Medici possono iniziare provvedimenti disciplinari nei confronti dei medici che violando il codice deontologico, contrastano pubblicamente la cultura della vaccinazione. La conversazione ha ricevuto grande consenso fra il pubblico presente ed è stato oggetto di acceso dibattito, soprattutto con il Presidente del club di Lamezia Terme anno 2016-17, avv. Giuseppe Senese, che rimane scettico sul meccanismo e sulla sicurezza dei vaccini, in virtù del fatto che alcuni vaccini sono obbligatori per legge con tutela di risarcimento per la legge 192/2010; altri sono solo consigliati, e perciò, a suo dire, meno sicuri. Questo evento, nel complesso, ha rappresentato un momento di forte accrescimento culturale nello spirito e nella coscienza, che solo il senso di appartenenza ad un Club prestigioso come il Rotary sa dare.

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Studenti lametini del Liceo “T. Campanella” e dello Scientifico “G. Galilei a Crotone per ricordare Dodò Oltre 40 studenti del Liceo Campanella e del Liceo Scientifico “Galileo Galilei” hanno partecipato questa mattina a Crotone alla manifestazione “Buon Compleanno Dodò”, organizzata dall’associazione “Dodò Gabriele” e da Libera, voluta dai genitori di Dodò Gabriele, il ragazzo di 11 anni ucciso mentre stava giocando su un campetto di calcio alla periferia nord di Crotone il 25 giugno 2009. Dodò muore vittima innocente di un regolamento di conti della ‘ndrangheta: obiettivo del killer era un’altra persona, che si trovava nello stesso campetto dove giocava Dodò. A festeggiare Dodò, che oggi, avrebbe compiuto 18 anni, studenti, associazioni e tanti cittadini da tutta la Calabria che si sono ritrovati in Piazza della Resistenza a Crotone per gridare a Dodò un grande “buon compleanno”, per stringersi attorno al papà Giovanni e alla mamma Francesca e far sentire la voce di una Calabria che reagisce alla violenza più brutale con il coraggio della testimonianza e dell’impegno civile. A concludere la mattinata, l’intervento del fondatore di Libera, Don Luigi Ciotti, che ha invitato i giovani a “festeggiare Dodò non con la retorica e le frasi di circostanza, ma facendo memoria collettiva, con la consapevolezza che tutti possiamo fare la nostra parte per liberare la Calabria dalla mafia e dall’omertà, per ridare speranza a una terra dove tantissime vittime innocenti e tantissimi bambini hanno

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Gabriele

pagato con la vita la brutalità della mafia. Combattere la ‘ndrangheta non è solo un fatto criminale, ma è una reazione civile e culturale e voi giovani siete chiamati a dare il vostro contributo per costruire una società inclusiva e dignitosa”. Sul palco presenti diversi familiari delle vittime innocenti di mafia, tra cui da Lamezia i familiari dei netturbini Pasquale Cristiano e Francesco Tramonte, e l’imprenditore lametino Rocco Mangiardi. Gli studenti lametini, accompagnati dai docenti Gianni Speranza del Liceo Scientifico e Michela Cimmino per il Liceo Campanella, hanno incontrato al termine della manifestazione Don Ciotti e i genitori di Dodò Gabriele. “Quando è stato ucciso Dodò noi eravamo ancora alle scuole elementari, ricordiamo quei giorni come una pagina drammatica della storia della nostra terra – dichiarano gli studenti dei due Licei presenti alla manifestazione– oggi insieme agli studenti di tutta la Calabria sentiamo la responsabilità di fare la nostra parte. Noi studenti oggi qui rappresentiamo tutta la nostra città, per fare memoria di Dodò e di tutte le vittime innocenti delle mafie e sentirci parte insieme a tutti gli studenti calabresi di un cammino e di un impegno comune: l’impegno di costruire con le nostre mani quel futuro migliore per la nostra terra che Dodò e tanti altri innocenti come lui avrebbero voluto vedere”.

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Volontariato

Volontariato in canile: volontariato cinofilo, ma non solo…Rifugio Fata, sede della Lega Nazionale per la Difesa del Cane a Lamezia Terme (CZ) ospita 130 cani: da sempre aperto al volontariato, agli appassionati che decidono di dedicare un pezzetto del loro tempo libero ai cani ospiti della struttura, ma anche alle persone interessate a conoscere questa realtà. Il volontario è un prezioso tramite tra gli ospiti e la comunità. Il rifugio, completamente auto finanziato, fa il possibile per gestire al meglio la vita quotidiana dei cani ricoverati e per trovare loro una buona adozione. Occorre energia in vari campi a scelta: raccolta fondi, attività con i cani, assistenza a chi ha più bisogno, cuccioli , anziani e via dicendo. Si comincia a piccoli step, sempre accompagnati dagli operatori cinofili che vi prepareranno in quello che preferirete. Passeggiate, visite dal veterinario, colloqui con le famiglie per informare sulle adozioni, piccoli percorsi di training o giochi con i cuccioli sono l’ABC per il loro futuro, per spiccare il volo in famiglia. Ci volete aiutare? potete contattarci anche lasciando un messaggio whatsapp e sarete richiamati per avere info su come diventare volontari attivi del rifugio Fata. 340 59 10 203 Francesca S. oppure 347 17 49 560 Anna T. noi ci troviamo in Calabria a Lamezia Termewww.rifugiofata. com dal sito le principali coordinate x trovarci anche su fb Per la raccolta fondi potete aiutarci da qualsiasi parte del mondo

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Il Bastione di Malta e Corso Numistrano: le priorità delle politiche culturali a lamezia terme

Sera di sabato 20 agosto scorso ho incontrato, presso l’Abbazia benedettina, in occasione dello spettacolo teatrale: <<Tre padri per un bebè>>, l’avv. Graziella Astorino, che solo pochi giorni prima era stata nominata assessore alla Cultura ed allo spettacolo. Detto per inciso, la piéce teatrale, che voleva essere comica (sic!) è stata una rappresentazione davvero scadente; mediocre rispetto a tutti i fondamentali di una decente commedia: per testo, per trama, per allestimento scenografico, per recitazione. Per tutto, insomma! Ma non è di questo che voglio parlare. Mi preme, invece, intrattenermi sul breve scambio verbale che ho avuto con il nuovo assessore. Le ho espresso i complimenti augurandole buon lavoro. Prima di accomiatarci, mi è venuto spontaneo farle presente che le politiche concernenti la cultura, i beni e la attività culturali, se scaturiscono da idee valide e applicate correttamente, gestite e realizzate con competenza e passione, possono avere, per davvero, nell’ambito di uno strutturato programma complessivo di turismo, entro il quale quello culturale trovi quindi adeguata promozione, un ruolo strategico nello sviluppo globale di un territorio. L’Astorino ha convenuto con me su questi

semplici concetti e mi ha risposto che ce la metterà tutta per essere all’altezza del compito che le è stato affidato. Non c’è motivo per dubitare della sincerità delle sue intenzioni perchè credo che il nuovo assessore sia una persona seria, animata da buona volontà. Purchè non cada, ecco il dubbio che mi pencola nella testa, nelle trappole che, credo, le tenderanno nell’ambito della stessa maggioranza, traballante (?), che esprime l’amministrazione di cui fa parte. Trappole che potrebbero consistere nell’indurla a gestire la ‘delega cultura’ secondo i parametri e gl’interessi che alcuni mediocri e incompetenti, ma furbastri, “consigliori” della stessa amministrazione saranno certamente tentati di suggerirle ed imporle. Implementare le attività culturali a Lamezia non può voler dire distribuire i contributi finanziari, derivanti dai magri fondi stanziati nel bilancio, a pioggia tra le innumerevoli associazioni “culturali”, che vanno spuntando come funghi e che hanno come obiettivo quello di realizzare una miriade di iniziative a carattere paesano, prive di significato culturale, appunto, e tutte della serie “sagra della patata arrostita o delle cipolle affumicate”. Significa, a parer mio, impegnarsi nella realizzazione di iniziative

con forte valore sociale e porre mano ad opere, o completarle se iniziate, che lascino il segno nella comunità cittadina e valgano per le generazioni presenti e future. Tenendo conto, naturalmente, dei vincoli di bilancio rappresentati dalle scarse risorse finanziarie che in questo momento storico affliggono le casse comunali e che spesso il sindaco ci ricorda costituiscono quasi dei nodi scorsoi che rischiano di strangolare l’avvenire della città. Scendendo dall’empireo dei principi, da tutti condivisibili ma astratti, sul terreno delle proposte concrete, gestire il Patrimonio culturale, ed i relativi beni ed iniziative che ad esso sono riconducibili, significa, a Lamezia, oggi impegnarsi perché, per esempio, vengano ripresi i lavori di completamento del Bastione di Malta. E’ urgente ed indispensabile, infatti, che questa “imponente torre costiera”, giunta integra fino a noi nonostante i numerosi e rovinosi terremoti che si sono abbattuti nelle nostre zone nel corso dei secoli dopo la sua costruzione risalente all’incirca al 1550, possa, finalmente, essere completata ed utilizzata per eventi culturali e tutti i cittadini ne possano ampiamente fruire. C’è infatti una grande attesa intorno alla conclusione dei lavori di restauro ed alla inaugurazione del Bastione; non si vede l’ora che vi si possa accedere perché pochi sono i lametini che lo hanno visitato all’interno. Pertanto, se i fondi ci sono che vengano immediatamente spesi. Se non ci sono, ci si impegni perché vengano trovati. Ecco un campo di impegno amministrativo fortemente assorbente di lavoro, tempo ed energie per il nuovo assessore. Ma, ne vale la pena! Significa, inoltre, per fare un altro, concretissimo esempio, riqualificare Corso Numistrano, chiudendolo da subito alla circolazione veicolare e destinandolo unicamente all’intrattenimento umano,

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alla facilitazione delle relazioni sociali ed alla realizzazione di eventi di valido impatto civile, che contribuiscano a far crescere il senso civico, politico, sociale della comunità. E, quindi, destinandolo alla piena fruizione pubblica come lo era, seppure parzialmente, prima che sprofondasse nel degrado e nel caos in cui progressivamente è stato “condannato” dal 1990 ad oggi. Non un “destino cinico e baro” ne ha determinato la squallida desolazione di questi ultimi decenni, ma la incapacità delle amministrazioni che si sono succedute nel tempo a sottrarlo alla condizione in cui oggi versa. Che è quella di un’area a cui è stata sottratta la caratteristica essenziale, quasi l’anima mi verrebbe voglia di dire, di area d’intrattenimento e passeggio, per farla diventare simile ad un parcheggio o ad una via d’intenso transito per veicoli di ogni genere. Perché a questo ruolo, adesso, è stato ridotto il “Monumento” più bello, pregevole, significativo, testimone di tanti eventi “storici”, che i nostri antenati hanno saputo costruire e ci hanno lasciato in eredità. Guardando la fotografia pubblicata nell’ambito di questo articolo non si può non lasciarsi andare a giustificate espressioni d’indignazione per come sia possibile che la ‘comunità sociale lametina’ continui a tollerare la ‘schifezza’ rappresentata da un Corso così splendido, che viene intasato da mattina a sera, per sette giorni su sette, dalle macchine parcheggiate su entrambi i lati, per l’intera sua lunghezza, in duplice o triplice fila, o che scorrono quasi ci si trovasse su una corsia di un velodromo; mentre il passeggio e l’intrattenimento delle persone restano confinati, costretti e ristretti sui due marciapiedi. E come sia possibile che da parte sia dei cittadini che degli amministratori si continui a rimanere ciechi o a girare la testa dall’altra parte di fronte allo scempio che si compie del loro, ripeto, più bello e significativo “monumento” cittadino. Significa, evidentemente, che la comunità lametina è priva della consapevolezza che, continuando così le cose, Corso Numistrano finirà per diventare, tra non molti anni, irrecuperabile…….come si è verificato, peraltro, con Corso Garibaldi, abbandonato

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oramai in modo definitivo al suo destino. Tutti ne guadagnerebbero con la riqualificazione di Corso Numistrano. Innanzitutto la collettività ed anche i pochi negozi che ormai vi sono rimasti. Anzi, penso che, rimesso a nuovo e ritornato agli antichi splendori, il Corso si ripopolerebbe di nuovi e più moderni esercizi commerciali. Non è un caso che il tratto dell’intero Corso di Lamezia-Nicastro che dalla Cattedrale dei SS. Pietro e Paolo si prolunga per alcuni chilometri fino alla stazione ferroviaria, assumendo nelle due parti in cui è suddiviso due nomi diversi (Corso Numistrano e Corso G. Nicotera) quello che svolge un ruolo di oasi d’intrattenimento e di facilitatore delle relazioni umane e sociali sia il tratto che è stato riqualificato e chiuso al traffico al tempo dell’amministrazione Lo Moro. Il primo tratto di Corso Giovanni Nicotera, cioè. Anche le attività commerciali vi si sono ri-allocate, rinnovate ed incrementate. Come ho scritto altre volte, nelle dichiarazioni programmatiche rese dal Sindaco all’atto del suo insediamento, c’è di tutto e di più. Anche per la sezione “Cultura e Territorio” la lista èabbastanza nutrita……… Vi si fa riferimento anche alla <<rivalutazione e rigenerazione (sic!) dei centri storici>> e ci si propone di <<promuovere piani di azione…..al fine di animare i centri storici della città con iniziative tendenti a spostare i cittadini verso le bellezze di un tempo della Lamezia storica>>. Ottimo proposito! Plaudiamo all’intenzione e poniamo una domanda all’avvocato Mascaro: << Esiste nella nostra città un centro storico che meriti prima, più e meglio di Corso Numistrano di essere riva-

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lutato, rigenerato ed ammirato per la sua bellezza passata e, speriamo, futura?>>. Io penso che Corso Numistrano, insieme alle altre due, Piazza Fiorentino e a Piazza Italia, sia il centro storico per eccellenza di Lamezia Terme. E come tale debba stare al centro delle preoccupazioni e delle priorità di rivalutazione delle politiche concernenti i beni culturali da parte dell’amministrazione comunale. Staremo a vedere se alle intenzioni seguiranno dei fatti! Amministrare, ed amministrare con piena consapevolezza politica e senso della realtà amministrativa una città tripolare, difficile e complessa come Lamezia, ancora alla ricerca, a quasi mezzo secolo dalla sua fondazione, di una sua identità consapevole e condivisa, significa non compilare una infinita e poco produttiva lista di iniziative che si spera o si sogna di poter fare, che vanno bene per qualunque città e borgo d’Italia, e che non si realizzeranno mai tanto lungo ne è l’elenco. Significa, viceversa, avere un precisa scala di priorità per portare a compimento le quali impegnare le risorse di cui si dispone. Il resto è gestione del quotidiano e, per quanto riguarda le attività e i beni culturali, occasioni perdute, che ne aggravano le condizioni spesso già precarie fatte oggetto, in seguito, di recriminazioni inutili, che lasciano le cose così come le hanno trovate. Riqualificazione di Corso Numistrano e completamento dei lavori del Bastione di Malta, lo ripetiamo fino alla noia, sono due compiti per cui, avv. Astorino, io penso valga la pena spendere tempo, passione, impegno e denari. Il resto è fuffa….discorsi inutili…….In parole più semplici, tolto ciò che sul terreno del Patrimonio culturale, inteso in senso ampio, è essenziale, rimangono solo le dichiarazioni ampollose sulla cultura, di cui spesso coloro che le rilasciano ignorano il significato semantico, prive di ricadute di qualsivoglia utilità sia per le generazioni presenti che per quelle future. Dichiarazioni che, se non seguite da fatti, servono a poco…..anzi servono a niente.

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Speciale

Coppa

A. Picchi

In questa pagina trovate le immagini gioiose ed inebrianti della vittoria nella quinta edizione della coppa “A. Picchi” svoltasi a Pizzo Calabro nell’anno 1975. Qui sotto il momento fatidico della premiazione dopo il successo sulla forte “Felton Pizzo”. E poi, nella rassegna fotografica seguente I momenti più belli della nostra cavalcata napitina. Abbiamo inoltre vinto tutti i premi in palio. La nostra squadra, a detta di tecnici qualificati che hanno seguito il torneo, avrebbe ben figurato anche in serie professionistiche.

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La Cronoscalata del Reventino rimane

nell’Olimpo del Campionato Italiano La Giunta Esecutiva dell’Automobile Club d’Italia ha provveduto nello scorso mese di ottobre ad assegnare ufficialmente la titolazione di Campionato Italiano Velocità Montagna alle 12 competizioni che andranno a comporre il calendario della prossima stagione agonistica 2017. Tra queste un posto, più che meritato, è stato riservato alla Cronoscalata del Reventino per quella che sarà la sua 19ª edizione. La gara che da contrada Magolà di Nicastro porta a contrada Mulia di Platania viene dunque inserita in una lista di gare da nomi prestigiosi ed altisonanti quali ad esempio la 67ª Trento – Bondone o la 63ª Coppa Nissena per non dire della 56ª Coppa Paolino Teodori o 48ª Verzegnis - Sella Chianzutan. Una dozzina di gare di altissimo livello tecnico ed organizzativo con cui gli organizzatori lametini, giocoforza, dovranno confrontarsi. Premiati in definitiva gli sforzi organizzativi del Racing Team Lamezia, che si avvale come al solito della collaborazione dell’ACI di Catanzaro e della Lamezia Motorsport, potendo vantare l’undicesima partecipazione al CIVM, con un Plamares a cui si devono aggiungere anche tre anni di Challenge FIA. Il livello raggiunto dalla kermesse lametina con elevati standard di sicurezza per concorrenti e pubblico, disponibilità e attenzione verso piloti, team ed addetti ai lavori, quanto verso il pubblico che tradizionalmente accorre molto numeroso all’appuntamento sportivo dall’intera regione, sono tra i maggiori punti di forza della coppia Enzo Rizzo – Sergio Servidone. Due instancabili organizzatori pieni di entusiasmo che mettono al servizio della kermesse tutta la loro

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esperienza e competenza per quella che è diventata una gara Fiore all’Occhiello della Città della Piana. Definite le gare ora c’è da stabilire le dodici date, presumibilmente da aprile ad ottobre, in cui i piloti e le scuderie si daranno battaglia per giocarsi, conquistare o difendere il titolo tricolore, e tra questi anche il lametino Angelo Mercuri, sei volte con l’alloro nelle “Le Bicilindriche”. La Giunta Esecutiva ha già proposto una calendarizzazione di massima che ora andrà in discussione per salvaguardare e conciliare le esigenze degli organizzatori locali con quelli nazionali. Il tutto entro la data del 3 dicembre quando sarà ufficializzato il calendario 2017. La massima serie tricolore della Velocità in Montagna sarà composta per il 2017 dalle seguenti gare (ordine sparso): 19ª Cronoscalata del Reventino - CZ 7ª Salita Morano - Campotenese - CS 27° Trofeo Lodovico Scarfiotti Sarnano - Sassotetto - MC 48ª Verzegnis - Sella Chianzutan - UD 56ª Coppa Paolino Teodori - AP 67ª Trento - Bondone - TN 60ª Coppa Selva di Fasano - BR 47° Trofeo Vallecamonica - BS 52° Trofeo Luigi Fagioli - PG 59ª Monte Erice - TP 63ª Coppa Nissena - CL 35ª Pedavena - Croce D’Aune - BL

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Quanto coraggio ci vuole a dire al proprio simile: “ho bisogno di te”? Ci vuole tutta la forza di questo mondo e forse non basta. Perché quando viene il momento di farlo, quando ti trovi faccia a faccia a colei o a colui che potrebbe renderti più felice anche solo qualche ora di qualche giornata, ci si paralizza e vorremmo fosse qualcun altro a farlo al posto nostro. Forse solo nello stato della follia riusciamo ad esprimere con sincerità il nostro bisogno dell’altro. Solo laddove siamo accettati come “diversi” e ci sentiamo giustificati dalla nostra troppa debolezza dal fatto stesso di trovarci nella condizione di malati: lì riusciamo a dire “ho bisogno di te”. Come lo diceva, anzi, lo scriveva Alda Merini allo psichiatra Enzo Gabrici, che la seguì prima durante i ripetuti ricoveri della poetessa all’ospedale psichiatrico “Paolo Pini” di Affori e poi come paziente “esterna” negli anni successivi. Alda Merini ci lasciava sette anni fa, il 1 novembre 2009. Aveva dato voce agli ultimi e messo in versi il “folle” bisogno di amore di ogni anima. Si paragona a un uccellino, la poetessa milanese, in una bellissima lettera al medico del manicomio: un uccellino che chiede aiuto a colui che può guarirla eppure sa che l’altro non potrà comprendere fino in fondo le ragioni del proprio dolore, del proprio soffrire. “Lei non può sapere da uomo cosa significa sentirsi palpitare dentro un altro cuore, sentirselo proprio per dei mesi, donarsi ed essere continuamente gratificata da questo amore nuovo che sorge”, scrive la Merini al suo medico, al quale non chiede di capire, di interpretare, spiegazioni scientifiche. Chiede solo di essere ascoltata. Implora al suo medico di farsi prossimo. Alda Merini si fa voce di tutti gli scartati, i messi da parte, che prima di ogni altra cosa, prima di ogni soccorso materiale e spirituale, chiedono di essere presi in considerazione. E’ questa la prima cosa che cercano le anime ferite, le anime sole. Cercano un medico come il Dottor G. che non le tratti come numeri, che non le riservi minuti incalzati dalle suonerie di cellulari o dalle lancette di un orologio. Cercano un cuore che si metta in ascolto dei battiti di un altro cuore. Cercano, per dirlo con le parole della Merini, di “parlare con un angelo, qualche cosa che solo a me è dato di vedere e di sentire, qualche cosa

Abbiamo bisogno di un

angelo incorporeo e di un

amore che guarisca

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di incorporeo che non ammette alcun desideri”. Il medico avrebbe soddisfatto tutte le richieste della sua paziente semplicemente ascoltandola “passando con lei ore di calda fiducia, penetrando nel suo animo come un padre”. Ma quale soluzione può portare un angelo incorporeo? Dove si arriva soltando con l,’ascolto, senza soluzioni tangibili? Anche la potessa sapeve bene che non certo il medico poteva essere la soluzione ai suoi mali. Non potevano essere le medicine delle quali non aveva alcuna fiducia perché “quando una cosa non si prende con quella fiducia che occorre non ha nessun risultato”. Solo la fede poteva guarirla dalla sua malattia dell’anima, ma “per avere questa fede dovrei sentirmi amata e invece anche questa mattina mio marito non è venuto da me”. Il medico non poteva nulla. Solo il marito, scriveva allo psichiatra, “con un cenno, un assenso, un atto di comprensione potrà guarirmi ed è proprio in questa direzione che io

vorrei dirigerla”. Nelle righe scritte dalla poetessa, l’estrema fragilità chiede di essere curata con i gesti più semplici, quelli che nella quotidianità sembrano addirittura insignifcanti. L’anima malata domanda ascolto, comprensione, accoglienza. E sa che solo l’amore potrà guarirla. E lo dice senza schermi o mezze misure. Con quella istintività e naturalezza che forse solo nei manicomi, chiamati dalla poetessa “poemi di amore e morte”, può sopravvivere. Fuori da quelle strutture è così difficile domandare amore, forse ancora più di riceverne. Eppure basterebbe un cenno, un atto di comprensione, per iniziare ogni giorno un nuovo percorso di cura. Una cura dell’anima quotidiana fatta “di piccoli gesti che ci fanno stare bene”, “di amore disinteressato e generoso, che non chiede nient’altro che essere compreso e apprezzato”. Nelle pagine di Alda Marini, leggiamo come solo nella follia si “elemosina” senza porsi problemi di decoro o soggezione. Tra la follia e la normalità del quotidiano, di chi sta dalla parte più debole di questa umanità

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I morti ci pregano:

non trasformateci nel Ponte del 2 novembre Dall’ “ombra dei cipressi” e da “dentro l’urne”, arriva una preghiera, un’accorata richiesta di aiuto: non trasformateci in un Ponte. Abbiamo sopportato di tutto a cavallo tra il 31 ottobre e il 2 novembre. Abbiamo permesso che il nostro ricordo venisse sepolto, come lo sono da tempo i nostri corpi, surrogato da tante zucche vuote, come vuote sono le teste di chi ci gioca credendosi figo perché filoamericano e magari ci fa giocare i propri figli. Abbiamo permesso che lucrassero sui prezzi dei lumini e dei fiori, sulle messe di suffragio e sulle bollette per tenere accesi i lumini dei loculi nei cimiteri. Ma a tutto c’è un limite. Non trasformateci in dei Ponti. Il 2 novembre, come i giorni di Natale e di Pasqua, come il 2 giugno e il 25 aprile, ridotti a dei “ponti”, a fortunate coincidenze temporali per concedersi gite fuori porta, lunghi weekend, il tutto preparato da offerte e promozioni “bombardate” sulle nostre mail almeno due mesi prima. Tutto regolare, tutto bello. Ci mancherebbe. Soprattutto in periodi di crisi in cui c’è l’urgenza di rilanciare i consumi. Ma, come l’occhio vuole la sua parte, anche le parole messe uno accanto all’altro dovrebbero mantenere un certo rispetto e un certo decoro: cosa ci si può aspettare da un Ponte denominato “dei morti”? Quale strategia commerciale può ridurre una celebrazione che unisce credenti e non nel ricordo di chi non c’è più, a una mera occasione di vacanza? E il linguaggio, specie quello commerciale, è potente. Ha il potere di trasformare in realtà ciò che evoca. E questo crea mentalità, sentire comune. Se tutti parlano del 2 novembre come di un Ponte, il ricordo dei defunti cederà il passo a un tris di giorni di vacanze da passare in qualche metà gettonata. E questo non per fare moralismi o i bacchettoni. Ma per quel senso di rispettoverso chi riposa all’ombra dei cipressi, che già i nostri padri Greci coltivavano e tramandavano da una generazione all’altra. Rispetto non verso chi crede o verso una cerimonia religiosa, ma verso un giorno che coltiva il ricordo, ravviva la memoria come fatto personale e collettivo.

A Maria

L’angolo della Poesia

Son petali di rosa gli occhi tuoi, stelle le tue pupille, sorridi fra le nuvole e il cielo splendente s’apre come conca di zafferi al tuo cammino. S’allevia il dolore degli uomini

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Lasciate almeno un po’ di decoro per chi non c’è più. Non fate business della memoria, non banalizzate il ricordo, non tanto per onorare una giornata in sé ma per conservare il senso di una comunità che non è completamente annichilita su se stessa, che non è schiave delle logiche dell’edonismo e del commercio, ma è capace ancora di “memorare“, di respiri che guardano all’eternità. Il 2 novembre ci rimanda, senza nessun pessimismo, alla realtà della nostra vita che rimane un grande interrogativo per tutti. Negarlo, quindi negare il ricordo e la memoria, significa voler mettere da parte queste domande. Tutto sta nello scegliere, come dice Giovanni Papini, tra il teatro e il cimitero. Nei teatri – dice il poeta – l’uomo vede delle marionette, ciò che è prima della morte. Nei cimiteri quello che sarà dopo la vita. Tra i due estremi c’è il presente, la possibilità di sottrarsi al gioco del mercato che tutto subordina alle proprie esigenze. Coltivare laicamente o religiosamente la “corrispondenza di amorosi sensi” con chi non c’è più, ci aiuta a stare con i piedi a terra, a lasciarsi spingere dal cuore e non dalla pancia. A considerare il valore drammatico e straordinario di una vita che vale molto più di un “ponte”, dell’evasione di qualche giorno fatta più per raccontarla che per viverla. La vita è altra cosa ed è cosa seria.

quando lo sguardo a te si leva. Madre mia dolcissima tienimi stretta sul tuo cuore fammi sentire il calore del tuo amore. Fra le tue braccia conducimi nel sentiero aspro della vita. Coprimi col tuo mantello quando il gelo entra nel mio cuore.

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Poggia le tue bianche mani sulle piaghe degli uomini. Lena il dolore delle madri che hanno perso il figlio. Proteggi i bimbi abbandonati, allontanali da ciò che offende il Cielo, da ciò che riempe di pianto il Cielo.

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31 OTTOBRE: CENA DI HALLOWEEN AL TRANI

A GOGO

Halloween a Lamezia Terme Halloween, sostantivo derivante dall’ abbreviazione di ( All ) Hallow Even ‘ sera di tutti i santi ‘ (fine secolo XX a.c.) risale alla festa celtica di Samhain. Il nome della festività, mantenuto storicamente dai Gaeli e dai Celti nell’arcipelago britannico, deriva dall’antico irlandese e significa approssimativamente “fine dell’estate”. (1)Di derivazione celtica, dunque, essa nacque come Festa popolare, oggi tipica dei Paesi Anglosassoni, che si celebra la notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre con scherzi e travestimenti macabri e portando in processione zucche intagliate e illuminate all’interno. . Cosa dice la Bibbia ? La Bibbia non parla di Halloween. Comunque, sia le antiche origini di Halloween sia le usanze seguite nei nostri giorni indicano che tale festa si basi su credenze errate riguardo ai morti e agli spiriti invisibili. La Bibbia avverte: “Non si trovi in mezzo a te né un medium che consulta spiriti, né uno stregone, né chi evoca i morti” (Deuteronomio 18:10-12, Anche se per alcuni tutto ciò che ruota intorno a Halloween è soltanto un’innocua forma di divertimento, la Bibbia è di tutt’altro avviso. In 1 Corinti 10:20, 21 infatti si legge: “Non voglio che voi entriate in comunione con i demòni; non potete bere il calice del Signore e il calice dei demòni” . Le credenze su cui poggia questa usanza (immortalità dell’anima, purgatorio e preghiere per i morti) non hanno un fondamento biblico(Ezechiele 18:4). La Bibbia non ammette che l’adorazione di Dio venga mischiata con false credenze, Halloween: storia e usanze Halloween risale dunque ad antichi culti aventi radici pagane, celebrati dai celti oltre 2.000 anni fa. I celti credevano infatti, che in questo periodo i morti si aggirassero fra i viventi. In tal stagione, pare che i vivi potessero stare insieme ai morti. Per l’occasione si preparavano Maschere, dolci ed è tipica dell’ epoca la frase: “dolcetto o scherzetto”: A quanto pare qualcuno tra i celti si travestiva da demonio pensando che, se avesse incontrato alcuni spiriti, questi lo avrebbero scambiato per uno di loro e lo avrebbero lasciato in pace. Altri offrivano dolci agli spiriti per rabbonirli.Nell’Europa medievale il clero cattolico adottò varie usanze pagane, convincendo i fedeli a mascherarsi vagando per le case Mensile di informazioni varie - anno 24°- n. 26 - novembre 2016 Iscrizione al Tribunale di Lamezia Terme n. 609/09 Rug. - 4/09 Reg. Stampa Direttore Responsabile: Antonio Perri Edito da: Grafichè Perri Lamezia Terme - Via del Progresso, 200 Tel. 0968.21844 - e.mail. perri16@gmail.com Stampa: Michele Domenicano Allestimento: Peppino Serratore Redazione: Nella Fragale - Perri Antonio Progetto grafico&impaginazione: Grafiché Perri-0968.21844

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chiedendo piccoli doni. Zucche: Durante il Medioevo nei paesi anglosassoni “i questuanti andavano di porta in porta a chiedere cibo in cambio di una preghiera per i morti”, portando con sé “lanterne ricavate da zucche svuotate contenenti una candela, simbolo dell’anima imprigionata nel purgatorio”. E’ probabile che le lanterne fossero utilizzate per scacciare gli spiriti pagani. Festeggiata oramai anche in Italia, la sera di Halloween vede molti locali addobbati per l’occasione c on menù tutto a base di zucca. Lunedì 31 Ottobre infatti è stata organizzata nel centro storico di Lamezia Terme una cena con addobbi e menù tipico per una notte di Halloweeen AL Trani a go go in Via Lissania 12, a fianco alla Curia Vescovile, punto di ritrovo, pub, paninoteca, stuzzicheria,enoteca e birreria nel cuore di lamezia, il locale ha organizzato una cena ad hoc per la sera di Halloween offrendo piatti a base di zucca, con tavoli all’esterno e all’interno: Televisore, Bar, Wi-Fi gratuita, cena anche dopo mezzanotte. Il locale, ben arredato rapiva subito l’attenzione assieme alle decorazioni apportate per l’occasione. Il menu ricco e vario, il Personale affabile e cortese, l’ atmosfera distesa e l’ ottimo rapporto qualità prezzo, hanno incontrato il favore degli ospiti. ______ (1) .Nicholas Rogers, Samhain and the Celtic Origins of Halloween, in Halloween: From Pagan Ritual to Party Night, New York, Oxford Univ. Press, 2002, pp. 11–21, Si è avuto modo di gustare un delizioso antipasto composto da pancetta tesa arrostita con pistacchi di Bronte e da bruschette con vellutata di zucca , seguito da un prelibato primo consistente in un gustoso risotto con crema di zucca e salsiccia; ha fatto seguito un appetitoso secondo composto da spezzatino di manzo e zucca, accompagnato da acqua e vino. Dulcis in fundo la deliziosa crostata con marmellata di zucca. Il tutto alla modica cifra di 20 euro, in ottima compagnia, con del personale qualificato e gentilissimo, e una coreografia vivace e rilassante.

Le iscrizioni, per i privati sono gratuite; così come sono gratuite le pubblicazioni di novelle, lettere, poesie, foto e quanto altro ci verrà inviato. Lamezia e non solo presso: Grafiché Perri - Via del Progresso, 200 - 88046 Lamezia Terme (Cz) oppure telefonare al numero 0968/21844. Per qualsiasi richiesta di pubblicazione, anche per telefono, è obbligatorio fornire i propri dati alla redazione, e verranno pubblicati a discrezione del richiedente il servizio. Le novelle o le poesie vanno presentate in cartelle dattiloscritte, non eccessivamente lunghe. Gli operatori commerciali o coloro che desiderano la pubblicità sulle pagine di questo giornale possono telefonare allo 0968.21844 per informazioni dettagliate. La direzione si riserva, a proprio insindacabile giudizio, il diritto di rifiutare di pubblicare le inserzioni o di modificarle, senza alterarne il messaggio, qualora dovessero ritenerle lesive per la società. La direzione si dichiara non responsabile delle conseguenze derivanti dalle inserzioni pubblicate e dichiara invece responsabili gli inserzionisti stessi che dovranno rifondere i danni eventualmente causati per violazione di diritti, dichiarazioni malevoli o altro. Il materiale inviato non verrà restituito.

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