Luglio panedigrano

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Mensile di informazioni varie - anno 3 - n. 2 - maggio 2014 Iscrizione al Tribunale di Lamezia Terme - n. 609/09 Rug. - 4/09 Reg. Stampa Direttore Responsabile: Antonio Perri Edito da: Tipolitografia Perri Lamezia Terme - Via del Progresso, 200 Tel. 0968.21844 - e.mail. perri16@gmail.com

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Nell’immobilismo generale, dopo un inverno carico di tensioni, dopo aver superato la “prova” del dissesto, i lametini si preparano, finalmente alle proprie vacanze. L’estate che ci apprestiamo a vivere, non sarà sicuramente meno densa di polemiche, politiche e non, in attesa di sapere e capire cosa succederà nel prossimo futuro di Lamezia Terme. Un futuro che, secondo la proposta di piano di rientro dell’Amministrazione Comunale, prevede, per i prossimi dieci anni, un esborso maggiore in fatto di tasse per gli abitanti della cittadina della piana. E’ uscita, infatti, proprio in questi ultimi giorni, la sentenza delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti, in merito al NON dissesto nel bilancio comunale. Ne parleremo in questo mese, con i nostri nuovi ospiti.

L’Amministrazione Comunale ha visto la dichiarazione di non dissesto come una vittoria della politica effettuata in tutti questi anni, cosa dice esattamente la sentenza? In politica ho sempre parlato il linguaggio della verità, perché penso con Gramsci che la verità è rivoluzionaria. E allora va detto che il Comune aveva impugnato la sentenza della Sezione Regionale calabrese della Corte dei Conti, sostenendo che non ci fossero mai state le condizioni per dichiarare il dissesto. Invece la sentenza delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti riconosce innanzitutto che al momento in cui si è pronunciata la Sezione Regionale le condizioni del dissesto c’erano tutte. Subito dopo, però, partendo dal presupposto che il Consiglio Comunale abbia già approvato il bilancio consuntivo del 2013 e quindi varato un credibile piano di rientro, ha ritenuto che in base a tale bilancio consuntivo e a tale piano di rientro le condizioni del dissesto siano venute meno. Solo che né allora, né ancor oggi, il bilancio consuntivo è stato approvato (forse potrebbe esserlo quando il giornale sarà in edicola) e, quindi, la sentenza si fonda su di un macroscopico abbaglio. Nella sostanza la sentenza riconosce che c’è, comunque, un grave disavanzo nei conti comunali e che esso

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deve essere recuperato con un piano di rientro credibile.

In base a tutto ciò, quale saranno le ripercussioni che i lametini avranno? Un Piano di Rientro credibile significa che i debiti (il disavanzo) del Comune vadano spalmati in più anni (il Sindaco propone 10 anni). Durante questi anni i cittadini saranno chiamati ad estinguere il debito con l’aumento dei tributi e dei ticket per i servizi. E (si spera) anche con una accresciuta capacità della macchina comunale di esigere tributi e ticket da tutti i contribuenti e gli utenti, per non continuare a consentire e sopportare, come è avvenuto finora, una corposa ed estesa evasione che costringe i pochi che pagano a subire gli inevitabili aumenti. Con quest’amministrazione che si avvia stancamente alla conclusione del mandato, quale dovranno essere i punti di forza della futura giunta comunale?

Ha detto stancamente ed è proprio vero, se pensiamo che pubblicamente, in un recente consiglio comunale, il sen. Petronio a nome del PD ha parlato con rammarico di una città morta. Credo che volesse intendere una città morta per la carenza di rappresentanza politica, per lo sviluppo ancora una volta mancato e per l’assenza di tutte quelle iniziative ed interventi che rendono una città gradevole per viverci: dalla raccolta dei rifiuti, alla mobilità ed ai trasporti. Senza dimenticare che una città può essere considerata viva quando è partecipata da Cittadini che non siano sudditi, ma ne condividano progetti e strategie. In questi nove mesi la nuova amministrazione che si sta varando potrà fare ben poco, perché, appena finisce l’estate, saranno indette le elezioni per il rinnovo del consiglio regionale. Elezioni per noi importanti, perché questa amministrazione regionale di centrodestra non può e non deve nemmeno lontanamente ottenere a Lamezia lo stesso consenso arraffato nel 2010. E ciò per l’oggetti-

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va ragione che ha colpevolmente trascurato la nostra Città e le sue necessità, ne ha sottomesso gli interessi alla sanità di Catanzaro, agli aeroporti di Reggio Calabria e Crotone, al Carcere di Siano, e addirittura, con il Piano paesaggistico regionale, è giunta a disgregare l’unità del suo territorio, sminuzzandolo in quattro parti. Mentre subito dopo si entrerà nel periodo pre-elettorale per l’elezione del Sindaco e il rinnovo del consiglio comunale. Questa giunta di fine mandato, se vedrà la luce, farebbe cosa giusta ad iniziare a dare una impronta su cui possa proseguire la futura amministrazione comunale che l’anno prossimo, di questi tempi, sarà già insediata. E deve essere un’impronta sui temi cardini del nostro modo di essere comunità. I temi della solidarietà, della giustizia, dell’ambiente, del rispetto per le persone (tutte le persone, qualunque nazionalità abbiano e qualunque religione professino), della trasparenza, del rispetto massimo per le pubbliche risorse, della partecipazione, sono quelli ai quali imprimere una direzione, forte, su cui si possa poi proseguire. Spingerei sulla partecipazione alla vita pubblica dei Cittadini, che nella nostra città è rimasta finora solo declamata, ed inizierei ad allargare i confini dell’interesse di questa città, che non possono essere più ristretti nei limiti geografici del suo perimetro fisico. Credo che la nostra realtà, di città nata dall’unione dei tre ex comuni, vada oggi persino superata e Lamezia debba diventare capofila e forza trainante di una nuova realtà territoriale che si allarghi ai comuni confinanti coi quali costituisce oggi un nucleo territoriale di oltre 100 mila abitanti. Lamezia avrebbe dovuto esserne il traino già negli anni passati, mentre invece oggi si trova dinanzi due nuove realtà territoriali nel suo comprensorio, unioni di comuni nate senza Lamezia, che intendono rafforzarsi come entità territoriali per la gestione comune di servizi e funzioni e che intendono farlo e lo stanno facendo senza Lamezia, cosa peraltro non utile a nessuno. Bisogna tessere le fila di un discorso, che purtroppo non è mai stato avviato, con i Comuni contigui con i quali condividiamo identità, storia, cultura e con i quali dobbiamo condividere lo sviluppo dell’intera area lametina; perché non si può pensare che si potrà avere lo sviluppo della città di Lamezia senza quello dei comuni contigui che sono praticamente attaccati al nostro territorio. E mi accontenterei che questa giunta di fine legislatura prendesse finalmente atto che il PSC messo in campo in questi ultimi quattro anni, e che si arresta ai confini del territorio cittadino, non va affatto in direzione dello sviluppo della città del futuro e non è in linea con le indicazioni dei piani regionali e in particolare del piano paesaggistico, il quale ci impone di puntare a far ripartire l’edilizia mediante il recupero ed il riuso del nostro vasto e sfrangiato tessuto urbano, permettendoci un ulteriore consumo del nostro, tuttora stupendo territorio, solo se e quando non c’è alternativa. Vorrei anche che ci fosse più impegno sia nella difesa della città sui temi della sanità, che, come ha dimostrato Sergio Abramo, non è vero che non sono di competenza del Sindaco, sia nella salvaguardia del carcere cittadino, che sembra stranamente non interessare nessuno, mentre invece proprio ora è necessaria un’azione forte e determinata, perché è ancora possibile ottenerne la riapertura. Due fra le tante battaglie, queste ultime, in cui con le nostre associazioni ci siamo più spesi. Perciò, se questa giunta si limitasse a prender posizione sui grandi temi che ho tentato di tracciare e gestisse il quotidiano consentendoci di poter circolare in una città senza spazzatura per le strade e senza buche, mi riterrei già abbastanza soddisfatto.

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Questo è per l’immediato, E per il dopo? Il dopo lo dovrà costruire in prima persona la Città, alla quale dobbiamo rivolgerci nella prossima tornata elettorale, chiedendo il sostegno per il progetto di una Lamezia Futura che parta dalla necessità di vedere la nostra città, come dicevo, non segregata nelle sue mura, ma integrata in una nuova e più ampia realtà territoriale. Una realtà che ancor oggi non esiste nelle logiche e nelle decisioni della Regione, se dobbiamo assistere da una parte a continui ed incomprensibili tagli e spoliazioni nella sanità, nei trasporti, nei servizi sociali, e dall’altra ad una stanca litania sull’asse attrezzato Catanzaro-Lamezia. Come si può da una parte pensare di aprire una nuova frontiera allargando le prospettive e gli interessi dei Lametini, se dovesse passare l’idea che la sanità a Lamezia va ulteriormente ridimensionata? Allora è proprio sulla sanità che la futura amministrazione comunale, ma come ho detto anche questa prossima giunta a termine, dovrà essere saldamente rivendicativa. Io immagino un sindaco in trincea contro la ingiustificata spoliazione sanitaria, che comporta anche una enorme riduzione di risorse economiche correnti e di funzioni disponibili per la città ed i nostri cittadini. Dobbiamo essere presenti e determinati ai tavoli che contano: la nostra sanità ha un solo sviluppo possibile, quello della integrazione rispetto all’offerta ridondante del vicino capoluogo e contestualmente della differenziazione (è per questo che abbiamo rilanciato la proposta del Trauma Center, l’unica che, comportando l’arrivo di nuove specialità ed il potenziamento di quelle esistenti, può ridare qualità, prospettiva e rilancio all’intera nostra sanità). E come si può su un altro versante pensare ad una nuova frontiera di sviluppo dell’intera area se verranno soppressi e/o limitati i treni della linea Catanzaro-Lamezia? Quello della mobilità e dei trasporti è un altro dei grandi temi dimenticati in questi anni, sul quale è obbligatorio intervenire rivendicando il rafforzamento della linea ferrata per farne una sorta di metropolitana di superficie, che migliori le interconnessioni tra Lamezia ed i Comuni contigui, collegandoli meglio con noi e insieme collegandoci direttamente e in modo rapido al nuovo Centro Direzionale Regionale di Germaneto per provare a farlo diventare una specie di nostro quartiere satellite e ad attrarlo sempre più verso i servizi, anche residenziali, che la nostra città ed il suo hinterland possono offrire. Ma le sfide sono tante. Ci sono ancora quelle su come creare sinergie e ricadute economiche positive sulla città da Aeroporto, Mare e Terme; su come sfruttare una risorsa quale il nostro vento in termini di sviluppo e qualità della nostra offerta turistica; su come sviluppare un comparto agroalimentare di qualità; su come ideare un nostro e specifico distretto industriale; su come valorizzare e supportare il contributo prezioso del volontariato sociale. E qui mi fermo, per non stancare oltre i lettori. Come si può vedere, siamo pronti ad esporci per la città. L’associazione che presiedo “I Lametini 2.0” assieme ad altre associazioni sta incrementando lo sforzo per mettere a punto un progetto di sviluppo che guardi alla Lamezia del 2025. Quella Lamezia dovrà essere una grande Città, magari la seconda Città della Calabria per numero di abitanti, e dovrà attrezzare un aeroporto nel quale possano transitare anche più di 5 milioni di passeggeri. Per questa città vogliamo e dobbiamo esprimere un maggiore impegno. Lo vogliamo fare con lo spirito civico che ci ha sorretti nel costruire il Comitato Salviamo la Sanità del Lametino, con la convinzione che gli interessi della città vengono prima degli inte-

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ressi della propria parte politica, con il coinvolgimento ed il sostegno della gente, cercando adesioni alle idee ed ai progetti tra i cittadini. E lo vogliamo fare già a partire dalla prossima tornata elettorale.

Nonostante le polemiche accese (da parte del Sindaco e dei suoi supporter) contro la Fondazione Trame per aver tentato un accordo con la Fondazione Calabria Etica, il festival sui libri contro le mafie anche quest’anno sarà uno dei punti di forza dell’estate lametina. Cosa ne pensa lei di questo festival? E soprattutto non crede che tutte le polemiche, (visto che il Comune non ha soldi per poter finanziare l’evento) siano alquanto sterili e campanilistiche? Una domanda strana questa, se rivolta a me. Io, che davvero non vedo come possa esser considerato un supporter del Sindaco, sono stato il primo e l’unico (insieme ad Altra Lamezia) a porre a Trame un problema di eticità e coerenza. Premesso che di campanilismo in questo caso non vedo nemmeno l’ombra, Pasqualino Ruberto, Presidente di Calabria Etica, volente o nolente, è stato indicato nel Decreto del secondo scioglimento per infiltrazioni mafiose della nostra Amministrazione Comunale. Il Governo Berlusconi che propose lo scioglimento lo additò sia come parente in quinto grado di un mafioso, sia indirettamente come responsabile di una tenuta disordinata dei conti del Comune, di cui era Assessore alle Finanze. Aver posto il problema etico della inopportunità per un Festival di libri contro la mafia di chiedere il finanziamento ad una Fondazione presieduta da un soggetto indicato come una delle cause dello scioglimento per mafia dell’Amministrazione Comunale non mi sembra affatto una polemica sterile. Tant’è che Trame l’ha capito e quel finanziamento l’ha poi rifiutato. Tra l’altro, nel sollevare la questione, ho tenuto a premettere e sottolineare il mio convinto e pieno apprezzamento per le tematiche e la qualità di questa, come delle precedenti edizioni del Festival. Anch’io infatti credo che esso continui ad essere un punto di eccellenza dell’estate lametina: perché riesce a mettere in circolo l’entusiasmo dei giovani insieme all’alta qualità e competenza degli intellettuali che ospita. Un mix che proietta Lamezia in una dimensione nazionale e dà un valido contributo alla circolazione delle idee su quale concerto di azioni siano necessarie per combattere e, un giorno, sconfiggere il fenomeno mafioso. E’ per questo che, superati i propri problemi di bilancio, il Comune dovrà trovare il modo di rifinanziare l’iniziativa, aiutandola a rinnovarsi. Quest’anno, a causa dei tagli del Governo centrale, e della difficoltà a reperire fondi da parte del Comune, per la festività di S. Antonio, non è stato portato nessun ospite ad allietare questo giorno di festa. Eppure, come ci hanno dimostrato gli esercenti locali, l’anno scorso con una spesa molto minore di quanto abbia speso il comune per portare Loredana Errore (al cui concerto è bene ricordarlo non ha partecipato nessuno) hanno intrattenuto i loro avventori con buona musica e tanto divertimento… Non sarebbe stato meglio a questo punto risparmiare quei soldi e magari investirli per qualche evento più importante? Sul Giugno Lametino le opinioni sono le più varie. Come nel calcio ci trasformiamo tutti in allenatori. E nel frattempo la Nazionale si trascina tra speranze e delusioni. Le luminarie sono belle e necessarie o si potrebbe abbellire la città con soluzione ed addobbi più moderni ed economici? Lo stesso dicasi per i fuochi pirotecnici, per le bancarelle e per i cantanti di successo o di richiamo. C’è bisogno allora di ripensare tutta l’organizzazione, coinvolgendo per tempo la vasta schiera di associazioni e aziende cittadine interessate agli eventi. Un po’ quello che faceva qualche decennio fa il mitico Comitato del Giugno Nicastrese. Si può così, volendo,

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far meglio e addirittura risparmiare (cosa che per l’attuale condizione di bilancio comunale sarebbe un toccasana). In ogni caso va valorizzata e supportata la movida lametina che si è spontaneamente generata e sviluppata intorno a Corso Numistrano. E proprio Trame ha dimostrato che si può, con poco e coinvolgendo le attività commerciali interessate, produrre buona musica e tanto divertimento. E questo incominciano ad apprezzarlo non solo i giovani di Lamezia e non solo i lametini giovani.

Uno dei vanti di questa amministrazione comunale, sarà la riapertura (dopo numerosi ritardi) del Teatro Grandinetti, ma quando si potranno avere spettacoli teatrali come quelli che ospitava una volta il suddetto teatro? Anche qui il problema si deve affrontare con l’imprescindibile contributo delle organizzazioni sociali e culturali del settore. Per fare solo un esempio, ma tanti altri se ne potrebbero fare, i Vacantusi hanno dimostrato di poter offrire spettacoli teatrali di qualità con modesti investimenti. Lo stesso si può dire per la musica Jazz e per la danza. Il vero problema che la Giunta Speranza ha sbagliato ad acquistare il Teatro ad un prezzo esorbitante (all’asta avrebbe potuto acquistarlo anche a meno di un decimo di quanto lo ha pagato), prosciugando anche per questo le casse comunali. E con l’attuale crisi e con il pesante disavanzo del bilancio comunale sarà purtroppo un’impresa ardua, ma da tentare, quella di trovare fondi per attirare come un tempo compagnie teatrali di levatura nazionale.

Tutti gli scandali che ci sono stati in questi ultimi anni, hanno allontanato sempre di più i giovani dalla politica che viene considerata non più a favore della popolazione, ma per arricchimento personale, cosa si può fare per convincere i giovani ad impegnarsi politicamente? Cosa direbbe lei a chi, alle prime armi, vuole tentare un’avventura politica? La crisi della politica è crisi di valori. Ma non si deve mai generalizzare. Ancora adesso ci sono giovani che si avvicinano alla politica con la volontà e l’impegno a cambiare lo stato delle cose. Non ci spiegheremmo altrimenti le piazze piene di giovani ai V-Day di Grillo, ma anche l’impegno dei giovani nei partiti di sinistra, lo stesso entusiasmo che suscita Renzi e (lo dico proprio io) perfino l’attivismo di alcuni gruppi della destra estrema. La differenza sta nella direzione che si vuole imprimere al cambiamento: se è verso l’equità sociale, il progresso, l’accoglienza o se è per suscitare la paura e il rifiuto del diverso e perseguire un drammatico ritorno ad un passato di disuguaglianza ed ingiustizia sociale. Insieme a questi giovani, in politica ce ne stanno però anche altri. Quelli che cedono al ricatto delle clientele di turno. Che brigano per occupare posti senza merito, ma per intrallazzo. Che sono disposti a tutto, pur di far carriera. Ecco, il mio sforzo è di cercare di far capire ai giovani pieni dell’entusiasmo “rivoluzionario” di costruire una società più equa, più pulita e più giusta che si può ancora fare. Basta mantenere negli anni la capacità di indignarsi. E arriva il momento in cui la società fa un passo avanti. Certo lo spettacolo continuo del dilagare di corruzione e malaffare sembra spezzarti le gambe. Certo ad esser coerenti spesso si vien messi da parte. Se sei rigoroso e intransigente, trovi anche chi, addirittura dalla tua stessa parte, non riuscendo ad accusarti di altro ti definisce politico fallito. Ma, se ti impegni su terreni concreti, capisci che dagli e dagli alla fine riesci anche ad incidere. Non dico a cambiare lo stato delle cose esistenti. Ma almeno a far capire alla gente che dall’altra parte c’è chi non ha la minima attenzione agli interessi collettivi, ma solo al tornaconto personale e alla propria poltrona. Ed ottenere questo non è proprio niente. E’ anzi la base su

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cui si può costruire il cambiamento. Da anni lei si batte per la conservazione dell’ex Zuccherificio, ce ne vuole brevemente parlare? Quella dello Zuccherificio è proprio l’esempio di una battaglia vinta, pur senza ricoprire ruoli istituzionali. Un comitato spontaneo, nato dall’incontro di varie e finanche opposte culture, è riuscito contro la volontà del proprietario e dell’Amministrazione Comunale, a far imporre il vincolo dalla Sovrintendenza delle Belle Arti. Si trattava per me, come per tutti gli altri, della conservazione di un bene storico di cosiddetta archeologia industriale. Costruito durante e dal Fascismo, ma con il lavoro e la fatica dei lametini. Un manufatto industriale che è memoria storica delle prime aspirazioni di riscatto sociale di questa terra e anche del primo nucleo di classe operaia lametina. Abbatterlo per farci un capannone o un parcheggio ci è sembrata una bestemmia. In altri posti d’Italia e d’Europa, più civili, di queste strutture ne hanno fatto delle attrazioni turistiche e sociali. E poi noi lametini, che da oltre quarant’anni inseguiamo la ricerca di una nuova identità che unisca i tre ex comuni, davvero potevamo permetterci di distruggere uno dei pochi simboli che è stato il

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primo crogiuolo che ha incominciato ad unire e mescolare, nella fatica quotidiana, nelle ansie di riscatto dei nostri braccianti e nel processo di integrazione dei coloni della bonifica, le nostre originarie tre comunità?

L’Avvocato Nicolino Panedigrano parlando della dichiarazione di non dissesto, punta il dito sulla decisione della Corte dei Conti di Roma che ha basato la sua decisione, nonostante le criticità riconosciute all’Amministrazione Comunale, sull’approvazione del bilancio consuntivo del 2013. Bilancio, ripetiamo ancora, che, a tutt’oggi, non è stato ancora approvato. La situazione, ovviamente, per l’avvocato, rimane critica, ma, nella sua analisi, ha provato a dare delle indicazioni da seguire nel breve e nel lungo periodo per poter far si che Lamezia si risollevi dal baratro in cui è precipitata. Ci vorrà tempo e politici in grado di poter dare una sterzata a tutto ciò... Ci riusciranno?

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Antonio Perri

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E’ stato l’autorevole vaticanista Andrea Tornielli il quinto e ultimo ospite della fortunata rassegna culturale «Il Sabato del Villaggio» 2014. L’evento si è svolto martedì 17 giugno alle ore 20.30 nell’affascinante cornice del Cortile dell’Edificio Scolastico «Maggiore Perri» di Lamezia Terme. Un appuntamento da non mancare per il vasto pubblico del cartellone, su un tema accattivante e certamente ricco di contenuti come «Francesco: il Papa della gente», che il noto giornalista de «La Stampa» ha declinato in un serrato faccia a faccia con Raffaele Gaetano. Il tema su cui si è svolto l’incontro è stato: “Francesco, ripara la mia casa”, così si racconta la chiamata del poverello di Assisi, e così Jorge Mario Bergoglio ha accolto la sua elezione al soglio pontificio con la scelta di un nome che mai nella storia un papa aveva osato imporsi. Il nuovo pontefice, eletto a sorpresa dopo un Conclave di soli cinque scrutini, si è

imposto all’attenzione del mondo scardinando i protocolli e infondendo al proprio stile umanità, semplicità e speciale attenzione nei confronti dei non credenti. Attraverso le parole e le idee, le testimonianze e i ricordi personali di Papa Francesco, l’autorevole vaticanista Andrea Tornielli ha tratteggiato per l’ultimo straordinario appuntamento del “Sabato del Villaggio” la personalità di un uomo di Dio, figlio di immigrati, mite e cordiale, che ha fatto della radicalità evangelica e del messaggio della misericordia i pilastri della sua azione pastorale, in un paese, l’Argentina, da sempre tormentato da squilibri sociali ed economici. Nel suo appassionato racconto sono emersi, intramezzati da recitazioni, le chiavi per comprendere la novità di un pastore capace di incarnare quelle istanze di rinnovamento da tempo presenti nella Chiesa universale. In una recentissima intervista, rilasciata proprio a Tornielli, il cardinal Bergoglio aveva indicato nell’autoreferenzialità, nella vanità e nel carrierismo i mali più gravi della Chiesa. L’inizio del suo pontificato fa presagire un nuovo cammino, quello di una Chiesa missionaria e vicina alla gente. Un compito che unisce Papa, clero e popolo di Dio: insieme».

Qualche cenno biografico sul protagonista dell’evento. Considerato tra i più autorevoli vaticanisti a livello internazionale, Andrea Tornielli è giornalista del quotidiano «La Stampa» e coordinatore del prestigioso sito web «Vatican Insider». Collabora con varie riviste italiane e straniere. Numerose le sue pubblicazioni, tradotte in ben 17 paesi, tra cui ricordiamo i recenti successi: Francesco. Insieme e I fioretti di papa Francesco, frutto di un’intervista diretta al Papa che gli ha consentito di scoprirlo ancora di più uomo della fede e della povera gente.

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Artisti si nasce o si diventa? Presuntuosamente, mi piace pensare che artisti si nasca... Non esistono università per diventare poeti, nè i titoli di Accademia ti assicurano un posto nella Storia dell’Arte! Come descriveresti l’ARTE ad un bambino? Non gliela descriverei. Mi lascerei sorprendere dalle loro espressioni ed esclamazioni mentre vedono dal vivo un dipinto o una scultura.

Quale corrente artistica e quale artista ti piace di più nel panorama della storia dell’arte italiana e no?

Sono cresciuto all’ombra del cosiddetto Anacroniscmo o Pittura colta, la corrente artistica degli anni ottanta che furoreggiava parallelamente alla Transavanguardia e che ha fatto conoscere un po’ d’Italia anche all’estero. L’ho toccato con mano l’Anacronismo, grazie ai miei Maestri. Poi quella corrente si esaurì, e a distanza di tempo se ne capirono anche i limiti. Più che correnti artistiche apprezzo singoli nomi, e potrei farne tanti, troppi, provenienti da ogni landa!

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Raccontaci della tua prima mostra, dell’ultima e della prossima mostra o progetto che farai. La mia prima mostra e l’ultima, in ordine di

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Biografia:

Nasce a Lamezia T. nel 1976. Nel 1995 si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Urbino, dove si diploma nel 2001 con una tesi su Omar Galliani, suo docente all’Accademia urbinate. Nel 2001 vince il Premio Guidi, istituito dallo stilista marchigiano Piero Guidi, realizzando una grande tela (Allegoria della Fedeltà) donata poi al Comando regionale Marche del Corpo dei Carabinieri con sede in Ancona. Tra il 2002 e il 2008 intensifica le frequentazioni degli atelier di Galliani in Reggio Emilia e di D’Arcevia in Roma. Nel 2009 è invitato alla LIX Rassegna internazionale d’Arte “G.B. Salvi” in Sassoferrato e viene inserito nel prestigioso catalogo nella sezione “Adriatica”. Lo stesso anno partecipa alla collettiva “Lettera a Babbo Natale”, preso la galleria Sukya di Lamezia T. Nel 2010 partecipa alla collettiva “La carta” presso la galleria Centro d’Arte moderna di Lamezia T. Nel 2011 partecipa al bando “Atelier d’Artista” istituito dal Comune di Lamezia T. e vince un anno uno degli Atelier in palio. Sempre nel 2011 partecipa all’estemporanea di pittura nel piccolo comune calabrese di Panettieri (CS) e vince il primo premio. Nel 2012 partecipa alla mostra collettiva “Sguardi” nella galleria Quadrature di Lamezia Terme. Vive e lavora Lamezia Terme.

Di lui hanno scritto Mariano Apa, Ghislain Mayaud e Isabella Calidonna

Cenni critici: Nelle sue opere Antonio Caputo raffigura spesso figure, volti, nudi: espressioni della natura per eccellenza per risalire cosi all’origine dell’arte. Ritrae figure che permettono la riproduzione del gesto, sguardi che interrogano lo spettatore e indagano il suo pensiero. Esiste tra l’opera e lo spettatore un gioco di sguardi nel quale entrambi si pongono domande sul soggetto che hanno di fronte. Come un contemporaneo pittore accademico, riferendoci al significato ottocentesco del termine, Caputo rende sapientemente la figura umana , rende l’incarnato “il giardino più elevato dell’arte” come scriveva Haddad.( di Isabella Calidonna)

tempo, hanno in comune...la mia assenza! Paradossale ma è così, ma poco importa, è il mio lavoro che deve esserci. La prima Mostra davvero importante è stata comunque nelle Marche (regione dove ho studiato Belle Arti!), a Sassoferrato, un’importante collettiva e l’ultima a Verona, una Biennale di nuova nascita. Progetti per il futuro? Dedicarmi solo alla Pittura e al disegno. QUADRATURE formedarte tel 349.7878724 info@galleriaquadrature.com www.galleriaquadrature.com

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Con il termine di Sbiancamento dentale s’intendono una serie di procedure che hanno come scopo quello di riportare i denti al loro colore naturale, il colore geneticamente determinato. Tale definizione ci fa comprendere che la tecni-

Chiarito quale sia il compito dello sbiancamento dentale, vediamo perché sia necessario ricorrervi; vi si ricorre semplicemente perché i denti si macchiano. Analizziamo quindi quali siano le condizioni che provocano le alterazioni di colore dei denti. Le cause di discromia dentale possono essere distinte in due grossi gruppi: cause intrinseche ed estrinseche. Le cause intrinseche sono rappresentate da quelle condizioni in cui il cromogeno (la sostanza che determina la variazione del colore) viene a depositarsi negli strati profondi dello smalto o nella dentina. Tali alterazioni sono sempre di natura endogena, derivano cioè da un’alterazione di processi metabolici, da malattie di varia natura, da alterazioni genetiche, da assunzione di farmaci, da condizioni tali per cui l’estrinsecarsi della discromia non è l’unico aspetto della patologia, ma essa è uno dei sintomi o delle conseguenze. Tra le

ca di sbiancamento dentale non debba essere considerata come una procedura di odontoiatria estetica, bensì come una di conservativa, riportare, infatti, allo stato originale un organo che ha subito delle alterazioni non comporta una

Sbiancamento professionale

variazione di stato o di aspetto dello stesso. Questo concetto è importante a causa dell’attribuzione diversa di significato che si da al termine di sbiancamento dentale, spesso inteso come metodo per ottenere dei denti che abbiano una tinta diversa da quella propria. L’importanza della conoscenza di tale concetto e dei limiti delle procedure di sbiancamento sta alla base di una chiara informazione che deve essere data al paziente circa i risultati ottenibili; va altresì indagata l’aspettativa che il paziente stesso ha in modo da poter proporre soluzioni e metodi diversi nel caso in cui ci si renda conto che le tecniche di sbiancamento non permettano di risolvere, secondo le necessità espresse, il caso in esame.

discromie intrinseche distinguiamo le forme pre-eruttive, quelle in cui il dente compare in arcata già alterato nel suo colore, e quelle posteruttive caratterizzate dalla comparsa della discromia in un momento diverso dall’eruzione. Sarà compito dell’odontoiatra riconoscere tali forme e prospettare le adeguate terapie atte a risolvere il problema estetico. Le cause estrin seche di discromia sono rappresentate dall’alte-

razione del colore determinata dalla deposizione di cromogeni esogeni che possono arrivare a contatto con i denti per via alimentare (le più comuni), per via farmacologica topica (è il caso delle discromie da clorexidina) o in seguito ad abitudini o lavori che comportino un costante contatto con cromogeni rappresentati soprattutto da ioni metallici (è il caso dei lavoratori del rame).

Sbiancamento di un elemento devitalizzato La necessità di avere dei denti privi di macchie risale ai tempi degli antichi romani, a quell’epoca le donne patrizie già adoperavano, oltre ai comuni metodi di pulizia, delle sostanze che avevano lo scopo di ridare candore ai denti; una di queste era l’urea ricavata dall’urina dei bambini. In epoca moderna sono state messe a

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punto diverse tecniche chje hanno come fine quello di riportare il colore del dente allo stato naturale ed esse si suddividono in procedure chimiche e fisiche. Le procedure fisiche, dalla macroabrasione all’uso dello spray di bicarbonato, riescono a trattare solo alcuni casi di discromia estrinseca superficiale. In tutti i casi

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in cui la deposizione del pigmento avviene negli strati profondi l’unico modo per decolorare il dente è quello di utilizzare delle sostanze chimiche capaci, a causa delle dimensioni della molecola attiva, di penetrare nello strato dello smalto e di arrivare anche alla dentina. L’uso di sostanze sbiancanti applicate con procedure

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che presentavano un certo rigore scientifico si può fare risalire ad un periodo a cavallo tra la fine dell’800 ed i primi del 900 quando, dapprima Harlan e poi Abbot, suggerirono l’uso del perossido di idrogeno come sostanza sbiancante. Ancora oggi il perossido di idrogeno al 35% rappresenta la sostanza maggiormente utilizzata nelle procedure di sbiancamento professionale. L’alterazione di colore dei denti in seguito a contatto con sostanze cromogene (è il caso delle alterazioni di origine alimentare) avviene perché le sostanze colorate presenti all’interno dei cibi sono costituite da molecole complesse in grado di assorbire la luce e di far sembrare i denti di un colore più scuro. L’azione delle sostanze sbiancanti è quella di trasformare queste molecole complesse colorate in molecole semplici non più in grado di assorbire la luce e quindi non più in grado di determinare cambiamento di colore nei denti. Questo passaggio è essenziale per comprendere i limiti dei trattamenti di sbiancamento dentale: vengono, cioè, eliminate le condizioni che determinano la variazione di colore del dente per cui esso ritorna al suo colore naturale. Lo sbiancamento non può far cambiare colore ai denti, solo riportarli al loro colore naturale. Come per tutti gli interventi medici, anche il trattamento di sbiancamento dentale deve essere preceduto da un’accurata anamnesi e da un altrettanto accurato esame obbiettivo. Scopo di ciò è verificare che non siano presenti condizioni controindicanti o situazioni che richiedano di essere risolte prima di procedere allo sbiancamento. Sarà cura dell’odontoiatra provvedere a Le complicanze riscontrabili in seguito ad un trattamento di sbiancamento professionale con perossido di idrogeno possono essere essenzialmente di due ordini: sensibilità a livello dentale ed ustioni delle mucose. Per quanto riguarda la sensibilità dentale questa è di breve durata e a volte completamente assente. Viene trattata alla fine della seduta di sbaianxcamentoi in via profillattica con applicazione topica di fluoro. Le ustioni della mucosa vengono prevenute tramite l’uso di appropriati mezzi di isolamento dei tessuti molli.

PRIMA

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risolvere tutte le condizioni cliniche che necessitano di essere trattate prima di effettuare la seduta di sbiancamento. Tale attenzione deve essere posta anche nei riguardi dell’uso dei prodotti da sbiancamento domiciliare. Le sostanze adoperate, anche se a concentrazioni molto più basse, sono identiche per cui valgono tutte le controindicazioni presenti per le procedure professionali. sarà quindi consigliabile rivolgersi sempre al proprio odontoiatra per valutare che esistano le condizioni idonee prima di affrontare uno sbiancamento domiciliare. Come accennato il processo di sbiancamento dentale ha come scopo quello di riportare i denti al loro colore naturale, ciò comporta

in effetti una variazione del colore del dente nel senso di uno schiarimento, ma spesso nelle intenzioni del paziente vi è la necessità di variare totalmente la tinta. Un’attenta comprensione dei desideri del paziente è fondamentale per chiarire quali siano i limiti dello sbiancamento ed eventualmente prendere in considerazione altri metodi di odontoiatria estetica quali ad esempio la ricopertura di alcuni elementi con faccette in ceramica piuttosto che l’applicazione di resine adesive o la ricopertura con corone protesiche. Prima di iniziare il trattamento vero e proprio si dovrà una seduta di igiene orale e sarà individuato il colore dentale di partenza.

La rilevazione del colore attraverso l’uso di uno spettrofotometro

Il risultato del caso indagato con spetrofotometria

I sistemi utilizzati per proteggere i tessuti molli

I sistemi di sbiancamento domiciliare richiedono l’uso di mascherine confezionate dall’odontoiatra o di strisce o contenitori per la sostanza sbancante preconfezionati. La terapia richiede l’applicazione di tali presidi per tempi diversi che vanno da alcuni minuti ad alcune ore (a seconda dellqa concentrazione della sostanza) per un periodo minimo di 2 settimane. Lo sbiancamento professionale viene effettuato in un’unica seduta (a volte è necessario un richiamo non prima a distanza di 2-4 settimane) della durata di circa 90 minuti. lo sbiancamento professionale assicura un grado di trattamento delle macchie molto più ampio di quello domiciliare in quanto vengono rispettati tutti i parametri necessari per l’ottimizzazione del processo chimico (tempo, temperatura, pH). inoltre quest’ultimo è sempre gestito e controllato da un professionista odontoiatra o igienista che sia che si assicura, non solo del rispetto dei parametri, ma soprattutto di controllare le indicazioni e di evitare le complicanze.

DOPO

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Era settembre,il cielo reso tenero dalla pioggia appena caduta, sembrava acqua marina racchiusa in un grande scrigno. La strada o meglio il sentiero che portava sulla collina era scosceso e pieno di buche profonde, ai lati sterpi e rovi aggrovigliati in modo così fitto da far da protezione al vecchio che con passo lento ma regolare,saliva l’ultimo tratto della ripida scorciatoia. Prima d’arrivare alla casa posta al centro della collina bisognava attraversare un piccolo ponte di legno sotto cui scorreva un ruscello, poi,una costruzione grigia, come i capelli dell’ uomo comparso alla finestra, ci apparve. Contemporaneamente, una strana forma d’angoscia attanagliò il mio cuore. La solitudine più fredda e più pesante che mai regnava intorno. Non una voce umana, non un sorriso, non un volo di rondine, non un abbaiar di cane. Egli scese, ci venne incontro. Aveva vestiti grigi e sgualciti, occhi grandi e stanchi, le spalle curve e un’andatura felpata, come se avesse avuto paura di svegliare qualcuno. Non sorrise, non porse la mano. In silenzio, lo seguimmo. Ci condusse in un recinto, tutto coperto di reti metalliche. Più giù, tante piccole celle in cemento armato chiuse con porte di ferro, al centro, un buco a forma di cerchio dal

diametro di dieci centimetri, anch’esso chiuso da una rete. L’ansia mi strinse il cuore: “Che terrà lì dentro?” Prese delle grandi chiavi di ferro e ne infilò una in una toppa, la porta si aprì con tanto stridore. Ci fece entrare. Un senso di gelo mi invase. Ebbi paura. Nel buio più assoluto vivevano delle creature. In un primo momento non capii cosa fossero, poi mi accorsi che erano fagiani. L’uomo a mo’ di carceriere li nutriva dal buco della porta e li teneva li come anime condannate a scontare chissà quale pena. Le povere creature avevano dimenticato il colore del cielo, avevano dimenticato il verde degli alberi avevano dimenticato il librar delle ali nell’aria fresca del mattino, avevano dimenticato il cinguettio degli uccelli, il garrire delle rondini, lo squittire dei bracchi quando levano la preda, il guaire dei cuccioli il canto delle allodole, il chiarore della luna nelle notti d’estate e... lui, le teneva lì, chiuse, al buio, soltanto per ricavarne una manciata di pochi soldi. Improvvisamente, una nausea profonda m’invase, scappai via da lì, per sempre. Ines Pugliese

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Soffio di Magia Risuona come una melodia lontana che si perde all’orizzonte, il ricordo sbiadito dei giorni trascorsi all’ombra della casa di campagna, i tuoi passi su per le scale e la tua voce così forte da poter essere udita a distanza; l’odore dei tuoi abiti, un profumo antico di cose semplici e vissute, così come le stanze umide e fresche, l’arredamento che si usava un tempo e la semplicità in ogni dettaglio, in ogni angolo. Con te ho imparato ad amare la natura, gli animali, la campagna, la vita all’aria aperta, il rumore del fruscio del vento tra le spighe di grano, il silenzio magico nelle notti d’estate, la quiete nei pomeriggi assolati tra i vigneti. Insieme a te e alla nonna, ho coltivato l’umiltà e la capacità di apprezzare le semplici cose – così come la quotidianità e le tradizioni – i tempi piccoli e le impercettibili sfumature che rendono prezioso ogni attimo.

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L’immagine che ho di te, il tuo modo di camminare, la tua voce alta ed imponente, il tuo sguardo fiero, la figura eretta, sarà come una mano gentile che mi accompagnerà ogni giorno, come è stato fino ad oggi. In uno scrigno di rose racchiudo i ricordi dell’infanzia, i giochi in cortile con mio fratello, le passeggiate con te, i tuoi racconti sul passato e sulla guerra. E poi a Milano, la tua poltrona, il rumore dei treni che passano, il tuo saperti distinguere anche nella grande città. Ogni passo, ogni odore, colore, sapore e suono – dei momenti trascorsi accanto a voi – saran sempre tra le cose più preziose che ho ricevuto e per questo motivo, io vi ringrazio. E’ come una luce sottile e meravigliosa che penetra in profondità nella mia anima e la fa brillare, così che è la stessa bambina di allora a guardarti – oggi -. Greta G.

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di Silvia Pirrotta

Il Bouquet Avete già scelto il bouquet per il vostro matrimonio? Se la risposta è NO, lasciatevi ispirare da questi 5 bouquet dal design contemporaneo , 5 bouquet da cui prendere spunto per rendere il vostro look sorprendente e particolare. 1. Bouquet da sposa a forma di cuore Con i fiori ci si può giocare, sono versatili e permettono mille soluzioni a chi sa maneggiarli... quindi potete sbizzarrirvi con le forme che preferite e che più vi piacciono. E qual è il simbolo dell’amore perfetto in un giorno così bello? Beh, il cuore! Detto,fatto:un bouquet delicatissimo formato da raffinate rose bianche semi aperte e nebbiolina. Questa composizione è perfetta per un matrimonio total white o anche per dare quel tocco in più in un matrimonio tradizionale senza essere troppo esagerato o fuori contesto. 2. Bouquet da sposa con piume L’ultima moda è senza dubbio quella di mescolare, intrecciare, far vivere i fiori con altri elementi. Per questo motivo il mio consiglio a tutte le spose che vogliono stupire nel giorno delle nozze è un bouquet a palla composto da rose di color rosa antico, decorate con perle bianche e poggiate su un morbido letto di sinuose piume crema. L’effetto finale di questo bouquet è davvero glamour, perfetto per le spose che si sentono delle dive.

3. Bouquet da sposa a borsetta Passione irrefrenabile di ogni donna, la borsa è il simbolo della femminilità e ci sono spose che non rinunciano ad averla neanche nel giorno del matrimonio. Pensato ad hoc per voi un bouquet a forma di borsetta, realizzato con l’intreccio di rami e fiori dal colore accesso. Questo tipo di bouquet può essere usato da qualsiasi sposa e su qualsiasi abito... è talmente particolare che sta bene su tutto. 4. Monofiore Prendete il fiore che più vi piace e fatelo diventare il vero protagonista del vostro bouquet.Detto così non c’è niente di originale, ma in realtà il bouquet monofiore è realizzato con tanti petali di un colore solo che formano un grande e unico fiore...davvero delizioso.Per rendere questa creazione ancora più bella, inserite al centro del fiore una delicata perla, che riflette la luce e dona eleganza alla figura. 5. Bouquet da sposa da polso Fa sempre un grande effetto, è scenografico, originale e si può creare con tutti i tipi di fiori.Stiamo parlando del bouquet da polso.Realizzato con piccole roselline bianche e adornato da nastri in leggero tulle, che vengono ripresi anche sul laccetto che va sul polso... irresistibile.

La Boutique delle Carni di

Luigi Russo

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La suggestiva ‘cornice’ dell’ Associazione culturale ‘Altrove’ in via Lissania a Lamezia Terme, ha accolto dal 6 al 14 giugno una mostra dal titolo “L’INVISIBILE SOLARITA’ DELLA LUCE” interamente dedicata al pittore lametino Nicola Romeo scomparso nel 2008. N. Romeo, più noto come Nicolino, nacque a Nicastro, nel quartiere di S. Teodoro il 16 .01. 1940 e dedicò l’intera vita all’arte. Autodidatta, iniziò a dipingere per passione fin da bambino e visse facendo la spola fra Calabria, Veneto e Lombardia per motivi lavorativi. Egli allestì e fu presente in numerose mostre, in varie città italiane, quali ad esempio: Altomonte, Bologna, Bolzano, Lamezia Terme, Milano, Padova, Panarea e molte altre, per poi tornare al paese natìo, dove si stabilì. Pittore Chiarista appartenente alla scuola del grande maestro Cefaly, s’impegnò a difendere l’arte, la cultura del Meridione e i valori del Sud, come testimoniano anche i suoi dipinti. Egli si affermò a livello nazionale. N. Romeo si presentò in maniera del tutto originale nel panorama dell’arte contemporanea, e si affermò a livello nazionale. Elaborò una tecnica originale, grazie anche alla sua delicatezza

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espressiva, La sua pittura è infatti sfumata e fatta di colori tenui e pacati, che rivelano sensibilità e amore per la vita. Il suo linguaggio pittorico esprime emozioni, pensieri e quanto di sensibile e spirituale esiste nell’uomo. Le sue nature morte rivelano un attaccamento alla quotidianità e trasmettono una misteriosa pacatezza: Impresa alquanto difficile al giorno d’oggi, considerata la frenesia dei ritmi quotidiani di vita, che sembra quasi voler rinunciare al richiamo della poesia. Il suo ‘ Vaso di fiori ‘, vedi foto, ad esempio, posto su un ripiano, viene attraversato da un’atmosfera rarefatta che aleggia intorno. Alcuni dei suoi soggetti, sono oggetti privi di vita, ma luminosi nel loro quotidiano splendore. Essi appaiono quasi incorporei, attraversati dalla luce, densa solo di pensiero e poesia, trattati con delicatezza, perché delicata è stata l’attenzione con cui l’artista ha osservato il mondo. Allo stesso modo delicati e suggestivi si presentano i paesaggi, in tutta la loro misteriosa tranquillità: (vedi foto ‘Spaccato di case’ nel titolo) N. Romeo ha creato un’atmosfera di rara intensità che si è trasformata in bagliore per evocare suggestioni di luoghi vicini e lontani, riflesso di una visione poetica del creato . Annamaria Davoli

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