Pegna agosto settembre

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Lamezia e non solo

Editore: Grafichè di A. Perri

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Lameziaenonsolo incontra

Ruggero Pegna

Nella Fragale

Dopo la pausa estiva non potevamo ricominciare meglio la pubblicazione del nostro mensile se non con l’intervista a Ruggero Pegna. Lo intervistammo 15 anni fa e, senza dubbio, è stata una nostra pecca non averlo intervistato nuovamente, anche più volte, negli anni scorsi, perchè il suo nome è sinonimo di garazia! Solo se si è un operatore di indubbia moralità e serietà si può andare avanti in un settore come il suo, che comporta mille rischi, che ti mette a contatto con centinaia e centinaia di persone per organizzare spettacoli di successo che fanno muovere non solo la Calabria ma l’Italia tutta. La intervistammo nel gennaio del 2002 ed in quell’occasione parlammo soprattutto della sua attività di organizzatore di grandi eventi, questa volta vorrei cominciare parlando di libri, perché lei è anche un bravo scrittore. Nel 2002 aveva già scritto tre raccolte di poesie. Da allora, ha scritto altri tre romanzi e un libro di satira. Il primo, “Miracolo d’Amore” del 2005, parla della sua personale esperienza con la leucemia mieloide acuta che le fu diagnosticata il giorno prima del suo matrimonio. E’ un libro strano perché non è un solo romanzo, non è solo autobiografia. La prima parte, pur parlando della sua esperienza terribile, ci infonde coraggio, ci fa vedere come si possa, da un momento di grande sconforto, trarre la forza per continuare a lottare per vivere. E’ un libro toccante e l’emozione continua anche nella seconda parte, nella storia del condannato a morte che scrive ad un figlio immaginario, in pratica un romanzo nel romanzo. Immagino che questo sia il libro più “sentito”, nel quale si mette a nudo, è così? “Ogni libro che si scrive è una creatura alla quale ci si affeziona. La parte del racconto reale è una storia vissuta in prima persona, inimmaginabile solo qualche minuto prima che tutto cominciasse. Sembra la sceneggiatura di un film, ma è un momento vero della mia vita. Una leucemia che ti chiude in ospedale a cinque giorni dai quarant’anni, a ventiquattro ore dal matrimonio, la celebrazione nella cappella dello stesso ospedale e, poi, tutta la storia di fede con Natuzza che ha predetto l’esistenza di un’unica donatrice americana compatibile con

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me, sono pagine vere e, allo stesso tempo, quasi surreali, che hanno commosso migliaia di persone. Questo è un libro speciale anche dal punto di vista della scrittura, perché forse è stata la prima storia raccontata pure attraverso le mail originali di chi mi ha scritto in quei giorni per darmi il proprio conforto. Un incrocio di corrispondenze, tra la realtà di una camera sterile, continue complicanze e la fede in una guarigione impossibile secondo i medici, è una storia senza tempo, che appartiene a tutti. Una storia di fiducia e speranza che infonde coraggio e ottimismo. Il parallelismo con la vicenda di un condannato a morte innocente mi ha suggerito “La penna di DonneY”, un romanzo di fantasia che tiene incollati i lettori fino all’ultimo rigo; quando, a poche ore dall’esecuzione della condanna, il figlio riesce a dimostrare l’innocenza del padre. Un romanzo che ha avuto ottime critiche e mi ha spinto a scrivere ancora, facendomi credere nella capacità di trasmettere forti emozioni attraverso un tipo di scrittura in cui realtà e fantasia parlano di umanità e sentimenti. Storie vere dal tono quasi fiabesco!” La sua malattia la fece avvicinare poi a Natuzza Evolo. Lei si potrebbe definire quasi un “testimone della santità” della mistica di Paravati perché, appunto, le predisse che esisteva una sola giovane donna con il midollo compatibile con il suo. Ciò avvenne e una ragazza americana, donandole il suo midollo, l’ha salvata. Il rapporto con la donna con le stimmate è

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poi rimasto molto forte. Oramai Natuzza ci ha lasciato ma le capita qualche volta di avvertire la sua presenza? “Sempre, l’avverto come un angelo custode. Natuzza era ed è al fianco di chi l’ha conosciuta ed è rimasto legato a lei. In particolare di chi ha bisogno di sollievo da ogni tipo di sofferenza. L’ho conosciuta da bambino, grazie a mio padre, grande credente. Per quello che ho visto, frequentando prima la sua casa e poi la struttura per anziani della Fondazione in cui è andata a vivere, la definirei la Santa dei malati e dei sofferenti. Per tutti aveva un parola di conforto. Moltissimi possono dire di aver ricevuto sollievo, speranza e di essere guariti, tornando alla loro vita normale, grazie ai consigli e alle preghiere di Natuzza. Lei mi diceva che bisogna accettare le sofferenze e combattere, pregare e chiedere, la Madonna ascolta tutti in ogni momento. Era una donna umilissima. Quando m’inginocchiai per ringraziarla delle sue preghiere, dopo il trapianto riuscito che lei stesse m’impose di fare (mi disse: “altrimenti morirai“), mi fece rialzare schernendosi: “Non devi ringraziare me, io ti ho detto quello che l’Angelo mi ha suggerito. Devi ringraziare solo Dio!”. Mi dispiace che in questi giorni ci sia una polemica tra il Vescovo e la Fondazione. Il Vescovo rappresenta la Chiesa, ne riconoscerà ufficialmente la Santità, sono dalla sua parte. Pur riconoscendo alla Fondazione un grande lavoro, la Chiesa ha le sue giuste cautele e le sue dinamiche. Chi crede le accetta.”

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Nel 2006 ha scritto “La pecora è pazza... Un anno da Arcore a Locri”, un libro di satira politica, come le è venuto in mente di scriverlo? E’ stato ispirato dalla protesta del Ragazzi di Locri o vi sono anche altri motivi? “Ognuno di noi ha dei doni, delle attitudini, delle passioni. A me piace scrivere in varie formule: poesia, romanzo, satira. Con il titolo “I graffi”, ho scritto pezzi ironici e satirici sin da ragazzo, collaborando a varie testate. L’indignazione, la protesta, il proprio diverso punto di vista, lo sberleffo, il dissenso, arrivano dritti e colpiscono nel segno se si usano nel modo giusto parole e ironia. La satira è uno strumento eccezionale per dissacrare e fotografare le anomalie di ogni società, della politica, rendere più visibili difetti e comportamenti censurabili, ridicoli, grotteschi, di pseudointellettuali e potenti, ma anche di cosiddetti vip e personaggi da prima pagina. Poi, la nostra Calabria e l’Italia in generale sono terreno fertile per spunti di ogni tipo! Oramai i maggiori comici italiani fanno politica e opinione usando la satira, perché la realtà in cui viviamo è, spesso, irresistibilmente comica. “. Nel 2015 è uscito quello che, per ora, è il suo ultimo libro, “Il cacciatore di meduse”. Ho letto che è fra i libri consigliati come lettura per il 2017, una bella soddisfazione! Ci vuole parlare anche di questo libro? “E’ un romanzo vero e forte, che fotografa la realtà dei nostri giorni in quello che vediamo e, soprattutto, viaggiando dentro gli uomini stessi. Storie di umanità senza tempo e confini. La World Social Agenda della Fondazione Fontana di Padova lo ha definito romanzo di formazione e lo ha inserito tra i 13 libri

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consigliati agli studenti di tutte le scuole superiori. E’ stato già introdotto in molti istituti scolastici italiani, perché ritenuto utile da numerosi docenti per affrontare un tema di scottante attualità come quello dei migranti, con tutte le sue connessioni: dal razzismo all’accoglienza, dall’integrazione al rispetto di ogni diversità e al diritto al futuro per tutti gli uomini della Terra. “La bontà non dipende dal colore della pelle, ma da quello del cuore… La Terra è di tutti!”, diceva il nonno del mio piccolo cacciatore di meduse, un anziano che viveva sul fiume Jubba a Chisimaio, in Somalia! E Tajil aggiungeva: “Venendo dal mio Paese, ho visto che gli uomini lentamente si scolorivano, fino a diventare bianchi del tutto arrivati in Italia… Non so perché e non credo che fosse una malattia ma, se fossi stato bianco, mi sarei vergognato a stare nel mio villaggio, dove erano tutti neri come me… Ora che sono qui, sto bene anche tra i bianchi, perché sono vivo e felice!”. E’ un romanzo che ribalta il punto di vista. Nel mio romanzo, a parlare sono proprio loro, miseri ed emarginati del pianeta, per la cronaca numeri e oggetti caricati su barconi o morti nel Mediterraneo. Sono uomini come noi, come i nostri antenati che sono emigrati in ogni parte del mondo. Rischiano la vita per raggiungere una condizione migliore o fuggire da guerre e stenti!”. Cosa la ispira nel momento in cui decide di scrivere? Un’idea che le balena in mente oppure un’idea che si forma nella sua testa e lì rimane e cresce per poi “nascere” nel momento in cui la scrive? “L’esistenza, le mille domande sulla vita, il tempo, la morte, l’aldilà, la fede,

la straordinarietà della natura, hanno ispirato le prime poesie e sono ancora stimolo per pensieri, riflessioni, scrittura. La mia vita mi ha portato a vivere condizioni limite, come quella di una diagnosi mortale a soli quarant’anni, il giorno prima di quello che doveva essere uno degli eventi più felici. La vita è qualcosa di sorprendente, prezioso, spesso inimmaginabile. La speranza, la voglia di vivere e vivere meglio, il desiderio di pace e serenità, sono un sogno per il quale alcuni sono disposti a rischiare la vita stessa, appunto come molti migranti che fuggono dalla loro terra. A me piace viaggiare nell’animo umano, penso che siano i viaggi più emozionanti. Immedesimarsi in altre umanità, ci fa scoprire angoli reconditi degli altri e di noi stessi sui quali spesso non ci soffermiamo o siamo involontariamente indifferenti. Aprirci alla comprensione, può aiutare tutti a vivere in una società migliore. Se bravissimi medici non mi avessero curato, se in tanti non mi avessero donato sangue e piastrine, se una ragazza americana non mi avesse dato perfino un po’ del suo midollo, sarei morto. Ho una figlia che è una splendida principessina russa, tutta uguale a me, che ha imparato da sola a leggere e scrivere. Ora ho adottato questo piccolo africano, seppure in un libro. La vita mi ha fatto superare tanti confini e questo mi aiuta a immaginare storie eccezionali di uomini semplici, in cui l’amore e il bene, dopo mille sacrifici e difficoltà, alla fine trionfano! A parte tutto e senza prendersi troppo sul serio, a me scrivere fa stare bene, è terapeutico!”. Nasce prima il titolo e poi il libro o viceversa? “Il titolo è fatto da tre, quattro parole. Un

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libro, come questo ad esempio, da circa 400 pagine. Senza il testo, il titolo serve a ben poco. ”. Quando scrive ha bisogno di isolarsi oppure riesce a crearsi uno spazio tutto per sé anche se in mezzo a migliaia di persone come spesso le capita per i suoi eventi? “Mi isolo, spesso di sera o di notte. Il mio lavoro di produttore di eventi è incompatibile con la scrittura di un romanzo, che richiede concentrazione, quasi astrazione dalla realtà. Spesso scrivo con un leggero sottofondo musicale: pezzi di solo pianoforte o strumentali. La musica mi emoziona e mi predispone al viaggio nella fantasia.”. Ha in mente di scrivere un altro libro? “Lo sto già scrivendo. Sarà ancora una storia che attinge al vero, tra fiaba e realtà, la storia di una bimba…” Se lei dovesse definirsi come scrittore con una parola, come lo farebbe? “Come dicevo prima, scrivere mi piace e mi fa star bene. Il resto conta poco, anche se mi fa piacere ricevere pareri positivi. Miracolo d’Amore, ad esempio, ha emozionato chiunque l’abbia letto e ho avuto splendidi commenti che, a loro volta, hanno emozionato anche me. Penso di essere una figura davvero insolita, imprenditore di giorno, scrittore di notte. Due anime diverse ma che possono coesistere. In fondo, sono diventato imprenditore per la testarda volontà di realizzare dei sogni e trasmettere un altro tipo di emozioni. Per organizzare un grande concerto bisogna rispondere a determinate regole e normative, prendersi una partita iva, rispettare mille balzelli e diventare il bersaglio di uno Stato pieno di ipocrisie e falsità. Se sei un

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disoccupato, sei un problema sociale. Se ti inventi un lavoro costruendo un’impresa, è lo Stato stesso che fa di tutto per distruggerti e farti tornare disoccupato! Dopo la battaglia quotidiana, scrivere mi distende e rasserena. ”. Passiamo ora alla sua attività di organizzatore di grandi eventi, credo che i grandi della musica, nazionale ed internazionale, lei li abbia portati tutti in Calabria. C’è qualcuno che lei avrebbe voluto portare e che le ha detto di no? “Non è un corteggiamento, in cui il si o il no dipendono dalla simpatia o dal colpo di fulmine. La non possibilità nasce spesso da ragioni tecnico-economiche, da considerazioni sulla fattibilità subordinata innanzitutto ai costi, valutati attraverso una serie di variabili e parametri legati al territorio: strutture idonee, opportune capienze, bacini di utenza, servizi presenti, rischio globale, ecc. Acquisite ormai dall’intero sistema le mie credibilità, capacità e affidabilità, ci sono dei no dovuti alla regione in cui opero, che non è considerata importante e “utile” da molte star straniere. I big internazionali che ho portato qui sono stati, talvolta, frutto di testardaggine, insistenza e caparbietà, come Elton John, Sting, Santana o Tina Turner. Ho lavorato ai fianchi per mesi, se non anni, fino a convincere molte produzioni a toccare la Calabria! Così per altre stelle italiane, come Fabrizio De Andrè, Paolo Conte, Guccini e tutti i più grandi artisti di questi trentuno anni di Fatti di Musica. Ci sono produzioni che lavorano sulla quantità di concerti e inseriscono la Calabria nei loro conti in modo naturale, altri che non sarebbero mai venuti senza il mio lavoro. Oggi mi dedico soprattutto

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a progetti speciali, eventi unici e possibilmente diversi da quelli fatti e ripetuti più volte. “. Per portare avanti il suo lavoro lei ha bisogno di un team affiatato o riesce a fare tutto da solo grazie alla tecnologia? “Personalmente mi occupo di tutto il lavoro di ideazione, progettazione, coordinamento, organizzazione, relazioni di ogni tipo, amministrazione e comunicazione. Devo dire che sono molto accentratore. In ufficio ho una collaboratrice specializzata nei vari sistemi di biglietteria computerizzata, rapporti con il pubblico, scuole, prevendite, esame di avvisi pubblici, segreteria e monitoraggio. Poi, ho due persone, che sono ormai cari amici, Giacinto Lucchino e Pino Calindro, che mi coadiuvano nei giorni degli eventi nel ruolo di coordinatori degli allestimenti. Oltre a loro, per le varie competenze tecniche, negli anni ho selezionato le figure più serie, dando fiducia ai ragazzi più talentuosi e capaci, aiutandoli a diventare tra i più bravi dell’intero settore a livello nazionale. Ho puntato su alcuni, come Antonio e Tommaso Paparo, che erano poco più che ragazzini, come fonici e light design e oggi sono un riferimento per tanti. ”. Lei ha creato “Fatti di Musica” giunta alla 31^ edizione, ci vuole parlare di come è nata e come si è evoluta nel tempo? “Fatti di Musica, festival-rassegna del Miglior Live d’Autore italiano e internazionale, è oramai l’evento più ricco e prestigioso che si effettua in Calabria, con un programma stracarico di appuntamenti di qualità, megaproduzioni e novità, con una

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grande risonanza mediatica e vari suggestivi luoghi di effettuazione di tutta la regione. Volevo creare un contenitore dedicato allo spettacolo d’autore, una sorta di rassegna-festival-oscar del live con varie sezioni. Esistono tanti premi legati alla canzone, agli artisti, ma non esisteva un festival che presentasse e premiasse interi spettacoli. Non è una manifestazione in cui gli artisti indossano l’abito da sera e sfilano tra fotografi per ricevere un premio, magari eseguendo un brano in playback, cioè una cosa tra il gossip e il glamour tecnicamente e finanziariamente banale, ma vengono presentati al pubblico interi spettacoli dal vivo complessi, con allestimenti spesso faraonici e impianti scenografici da mille e una notte. Il meglio del live, vedi colossal come Notre Dame De Paris o Romeo e Giulietta, spettacoli come Stomp o Momix, concerti stellari, in cui l’artista dà al pubblico la sua arte su un palcoscenico reale a pochi metri, appunto dal vivo, dove tutto deve procedere alla perfezione!”. Il “Riccio d’Argento” disegnato da Gerardo Sacco, è un premio, legato alla rassegna, che viene dato al miglior live d’autore dell’anno. Grandi nomi del mondo dello spettacolo lo hanno ricevuto, questo anno è stato assegnato a Massimo Ranieri. Come viene scelto il premiato? “Ho spiegato prima com’è nato, l’idea di oscar del live che non c’era in questo settore. Oggi è un riconoscimento ambito e apprezzato, perché negli anni ha premiato il meglio dei live d’autore italiani e internazionali. Le mie scelte artistiche hanno mostrato coerenza e

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credibilità, hanno premiato davvero il meglio. Mi fa piacere che sia stato inserito nelle biografie di molti artisti. Oggi, Fatti di Musica è un evento storicizzato e da diversi anni è tra i vincitori dei bandi per grandi Festival della Regione Calabria e della Comunità Europea; un grande progetto che ha scritto la storia dello spettacolo dal vivo in questa regione sin dal suo primo evento: il concerto dei mitici Spandau Ballet a Catanzaro del 1987.”. Lei è noto per non avere peli sulla lingua, questo, oltre alle diatribe sui giornali, le ha causato problemi oppure è stato un volano di lancio aggiuntivo? Del tipo, per citare Wilde, “parlate di me, parlatene anche male ma parlatene”. “Dire ciò che si pensa, a tanti non piace. La politica, poi, vorrebbe solo lecchini e portaborse. Non ho mai temuto ritorsioni, seppure ne abbia avute moltissime, né l’ho fatto per far parlare. Ho sempre creduto in ciò che ho detto e scritto e non ricordo di essermene mai pentito, nonostante ne abbia spesso pagato un prezzo. Raccolgo e percepisco molta stima sia come professionista sia come uomo e questo, dopo tanti anni, vuol dire che i miei comportamenti sono stati improntati sulla correttezza, sulla serietà, sul rispetto, sull’onestà. Nel lavoro ho denunciato, e continuo a farlo, ogni assurdità, incompetenza, comportamento censurabile, ostruzione inspiegabile e gratuita. Talvolta ho espresso i miei punti di vista in modo forte e diretto, ma sempre in modo intellettualmente onesto e con inconsistenti repliche dagli interessati; tanto fondate sono state,

evidentemente, le mie critiche più o meno forti. Poi, da autore di “graffi” e testi satirici, ho avuto anche varie denunce. Sono stato sempre assolto, tranne in un caso, quando scrissi una battuta ironica su un vice questore. Fui condannato a sei mesi di carcere da un giovane giudice lametino, che conoscevo da studente. Una sentenza che allora mi fece paura e oggi mi fa sorridere. La triste ironia di quella condanna stava anche nell’aver dedotto che un giudice, peraltro giovanissimo come me e alle prime armi, non avesse saputo cogliere l’umorismo dell’articolo, fino a scrivere una condanna abnorme. Per fortuna, poi, il vice questore ritirò la denuncia in appello a seguito delle mie scuse e finì l’incubo! ”. I suoi eventi, da un bel po’, vengono organizzati tutti fuori dal lametino, come mai? Non vi sono spazi adatti o è sempre un problema di Amministrazioni? “Le valutazioni per la scelta delle sedi dei miei eventi sono molteplici. Certamente, valuto importante la collaborazione delle istituzioni locali. Il Comune di Lamezia, ad esempio, da anni vince un bando regionale attingendo a contributi pubblici. Non ho mai capito come scelgano i partner ai quali distribuire questi soldi. Non ho mai letto di Manifestazioni pubbliche d’interesse, come sarebbe corretto. Di certo, leggo continue lamentele della gente sull’assenza di eventi di attrazione e prestigio. Evidentemente, per gli addetti del Comune sta bene così. Poi, mi risulta che il Mitoio sia inagibile, come il palasport, almeno per spettacoli. Lo stadio dei Due Mari, molto centrale, non ha impianti di illuminazione notturna. Il

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Teatro Grandinetti è piccolo. Vediamo come sarà impostata la gestione del nuovo palasport. A me continua a dispiacere la fine del Demofest. Era un evento straordinario, peraltro targato Rai, capace di crescere e portare a Lamezia migliaia di giovani da tutta Italia. Forse, però, era proprio questo il problema. A molti, qui piacciono gli eventi da cento persone; il Demofest portava troppa gente, disturbo e confusione… ”. Si fa presto a dire evento, potrebbe, agli occhi dei profani anche apparire semplice, ma qual è la parte più difficile del suo lavoro? Quali sono gli ostacoli maggiori che incontra? Quale è l’iter che deve seguire? “I grandi eventi, quelli veri, hanno costi stratosferici. Basti dire che Notre Dame De Paris è costato circa cinquecentomila euro. Bisogna assumersi il rischio e avere la capacità di creare meccanismi finanziari compatibili con questi costi. Poi, servono accurate analisi tecniche, strutture organizzative di primo livello, operai e tecnici disposti a enormi sacrifici. Non solo, le normative in materia, già complesse e rigorose, dopo l’incidente di Torino in piazza, sono diventate ancora più spigolose e, talvolta, vengono interpretate localmente in modo improprio o sbagliato. L’attenzione andrebbe puntata di più sulle feste locali, quelle paesane, frutto di improvvisatori e dilettanti. Il mondo dei grandi live ha le figure più serie e professionali, veri esperti capaci di valutare già da sé condizioni di sicurezza di luoghi e allestimenti! Ho proprio uno studio ingegneristico con più responsabili abilitati che lavorano su questi aspetti

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in ogni fase, dalla progettazione alla realizzazione, ai collaudi ad allestimenti terminati. ”. Quali sono i punti di forza della “Ruggero Pegna Show Net”? “Non so se sia un punto di forza, ma la mia direzione amministrativa, tecnica e artistica, negli anni ha fatto la differenza, come la capacità creativa e quella di saper connettere spettacolo a cultura, promozione, turismo e comunicazione. I miei collaboratori, selezionati e scelti negli anni nei vari ruoli, sono tutti all’altezza dei loro compiti e ne sono fiero. Una grande macchina, come abbiamo dimostrato anche in eventi insoliti, tra i quali i tanti eventi televisivi nazionali e internazionali e, perfino, l’organizzazione perfetta e difficilissima della Santa Messa di Papa Benedetto XVI a Lamezia, in diretta Rai! ”. I suoi eventi riscuotono sempre grande successo, come riesce a capire quale sarà il personaggio che riempirà piazze, stadi e teatri? Intuizione, esperienza o studio? “Per alcuni è facilmente immaginabile, per altri è necessario un grande lavoro di promozione. Soprattutto quando si porta qui un grande evento internazionale, bisogna lavorare per farne comprendere bellezza e qualità. Ad esempio, in pochi conoscevano i Momix e gli Stomp, nonostante si tratti di due degli spettacoli più belli al mondo. Sono riuscito a farli conoscere e a riempire i teatri!”.” Trentuno anni, centinaia di spettacoli, di personaggi famosi, di piazze, di teatri, un evento che ricorda con particolare piacere? “Boh, ho fatto centinaia di eventi.

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Ricordo la Sera dei Miracoli in diretta Rai1 in prima serata e in mondovisione. Il concerto di Elton John trasmesso pure in tutto il mondo, una perla! La Notte degli Angeli dedicata a Natuzza per Rai International a Paravati… E poi, tutte le star internazionali, da Sting a Santana, da Mark Knopfler a James Taylor, ecc. Una citazione speciale la meritano Pazza Piazza e la Festa del Sole, due eventi ideati e scritti da me, giudicati da chi li ha visti, anche turisti di fuori Calabria, tra gli eventi più belli a cui hanno mai assistito!”. La maggior parte dei suoi eventi, quasi sin dall’inizio sono stati, e sono, legati a scopi umanitari, questo già molto prima che lei si ammalasse, come mai questa decisione? “Una visione ampia di questo lavoro e una risposta positiva alle tante sollecitazioni in tal senso. Aiutare chi opera nel sociale e con scopi umanitari, è bello, utile e dà una immensa gioia.”. Cosa suggerirebbe ad un giovane che volesse intraprendere la sua professione? “Di non provarci in Calabria, se si pensa che possa e debba essere la propria unica professione. Può essere distruttivo! Non è per scoraggiare, ma la Calabria non ha innanzitutto i numeri per competere con le principali realtà del Paese. I costi sono dappertutto uguali, gli incassi completamente diversi. Quello che ho fatto io in oltre trent’anni, onestamente e nel rispetto di tutto, è irripetibile. Molti che si sono avventurati in questa attività sono spariti o si sono ridimensionati, altri spariranno per varie ragioni. Il discorso è lungo e, in Calabria, ancora più oscuro e complesso. ”.

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Di certo lei non andrà in vacanza nello stesso periodo della maggior parte della gente perchè proprio quando è in vacanza, la gente, ama andare a concerti, spettacoli e quant’altro, quando riesce a ritagliare un po’ di tempo per sè? “Le mie vacanze sono dei fine settimana sparsi qua e là durante l’anno. Non saprei stare fermo più di tre, quattro giorni di seguito, anche se viaggiare è bellissimo!” A proposito di tempo libero e … famiglia, è facile conciliare un lavoro come il suo e la famiglia? “La famiglia e gli affetti sono la cosa più bella, la normalità. I miei viaggi di lavoro sono veloci, cerco di rientrare sempre in serata da qualsiasi parte. Da quando c’è Elisa, con Monica, cerchiamo di usare il tempo libero per il suo divertimento!”. E cosa altro fa, a parte dedicarsi ad Elisa? Non mi dica che va a qualche concerto! “Scrivo, leggo, seguo la serie A di calcio e la Juventus in particolare… In realtà, anche nel tempo libero spesso si lavora, ad esempio nella comunicazione web, che puoi fare anche in poltrona! No, non vado ad altri concerti, passerei il tempo ad osservare i dettagli… ”. Ma lei ha un cantate preferito? E se sì è fra quelli che è riuscito a portare in Calabria? “Sì, tutta la buona musica d’autore italiana, a cominciare da Fabrizio De Andrè, Paolo Conte, Gino Paoli, Guccini, Fossati, anche i Pooh. E molti anche internazionali, come Sting, Santana, Elton John, James Taylor, Mark Knopfler, Simple Minds, Simply Red, Al Jarreau, numerosi altri, tutti portati fin qui!”

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Lei lo ha il famoso sogno nel cassetto? “Per ora, organizzare un concerto di Springsteen e terminare il mio nuovo romanzo! A volte penso di organizzare qualcosa a ricordo di mio nonno, il pilota Guido d’Ippolito, a cui è intitolato lo stadio, o di mio padre Antonio, magari un premio legato al lavoro. Lui era un esempio di lavoratore e di imprenditore di rara bontà, dai valori umani ed etici che non ho ritrovato in nessun altro, chissà… Il sogno vero, però, è vedere Elisa, i miei nipoti e tutti i ragazzi che si affacciano alla vita, in un mondo diverso, meno cattivo, meno pericoloso, più bello, dove a prevalere siano bontà ed umanità.”. E rieccomi a trarre le considerazioni a fine intervista, nella mente si affollano mille pensieri e si rincorrono altrettante parole perchè, lo confesso, Ruggero Pegna è uno dei personaggi lametini che ammiro di più, da sempre! Ricordo ancora l’entusiasmo, la carica dei concerti che anni fa (troppi) organizzava al Campo Sportivo di Lamezia Terme, ricordo le serate estive, quando, finito lo spettacolo, come api sciamavamo fuori dallo stadio riempiendo le strade, con la musica ancora nelle orecchie, con un senso di felicità, oppure la suggestione degli spettacoli al Parco Mitoio, o quelli al Teatro Grandinetti. Ancora mi sembra di sentire l’emozione che provai quando, al Grandinetti, ascoltai la Mannoia... Sentii il dovere di andarlo a ringraziare per averla portata a Lamezia! Quando leggo dei suoi eventi nelle altre città calabresi provo sempre un moto di stizza perchè penso che “volere è potere” ed una buona amministrazione dovrebbe organizzarsi per far sì che anche i lametini possano godere di questi eventi senza

doversi spostare, e parlo per me perchè, commercialmente parlando, se penso agli “introiti” di cui godrebbero i commercianti, con simili eventi, (ristoranti, bar, pizzerie, pub, alberghi, e la città tutta) proprio non capisco questa mancanza di collaborazione! E’un uomo speciale Ruggero, profondamente buono pur muovendosi in un mondo dal quale la bontà è, spesso (e purtroppo) lontana. Non si è lasciato “contaminare” ed il suo essere “misericordioso” per usare la parola “principe” di questo anno, non è legato ad una “conversione” subita a seguito della malattia, come traspare dall’intervista, lo è sempre stato! E’ intuitivo, caparbio, quando si mette in testa una cosa riesce a realizzarla! E’ un padre dolce, lo sguardo gli si illumina quando parla della figlia Elisa, la tenerezza che traspare dalle foto quando è con lei ne è la testimonianza. Se è altrettanto tenero come marito dovremmo chiederlo a Monica, presenza costante, dolce, silenziosa, nella vita di Ruggero e, se è vero che, “dietro ad ogni grande uomo c’è una grande donna, indubbiamente la presenza di Monica nella sua vita è stata ed è di fondamentale importanza! E’ uno Scrittore e non perchè scrive, ma per “come scrive”, per come usa le parole, riuscendo a catturare l’attenzione del lettore, sia che si tratti di una satira che di un romanzo. Mentre attendo l’uscita del suo prossimo libro, su questa fiaba che s’alternerà fra finzione e realtà (mi viene da pensare ad Elisa), gli auguro di realizzare il suo sogno nel cassetto per quanto riguarda il lavoro, ma anche quello, forse utopistico, di un mondo migliore. La frase che gli dedico è di Cicerone: “A me la coscienza interessa più delle opinioni degli altri.”, perchè, credo, che sia questo il “leitmotiv” della sua vita.

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Fermenti Filosofici

Fermenti Filosofici

Su gentile invito del collaboratore di “Lamezia e non solo”, Nella Fragale, apro questa rubrica dal titolo “Fermenti Filosofici”. Fermenti filosofici come microrganismi di conoscenza, di pensiero e di antropologia spirituale che si offrono per rivitalizzare la fermentazione culturale della coscienza e dell’intelletto della persona e della comunità nelle sue dimensioni civile, politica e religiosa. “Fermenti” fu anche il titolo di un interessante periodico, apparso per soli due ma preziosi numeri, negli anni ’90 e diretto da Donatella Villella, segretario comunale. Un strumento valido del Centro Culturale Regionale “Giuseppe Lazzati”, fondato e presieduto dal giudice Romano De Grazia. In verità, questa rubrica è un ritorno, giacché fui collaboratore tanti anni fa del presente mensile. Fermenti, quindi, filosofici. La filosofia sia come lavoro intellettuale e scientifico, che come illuminazione della vita concreta. E, dunque, pratica filosofica, ovvero cammino di consapevolezza, di chiarimento esistenziale, dialogo di profondità sul modo di intendere e vivere, fino a divenire terapia, cura interiore di sé, ripensamento del proprio stile di vita. L’identità e la prassi di un filosofare aperto, alto e profondo mi ha spinto anche ad acquisire le tecniche e metodiche del counselling filosofico in sedi accademiche, e come filosofo consulente, mi occupo di relazionalità specifica finalizzata a sostenere persone in fasi difficili della propria esistenza, ad accompagnarle nei cambiamenti esistenziali, a dialogare sui contenuti nel ripensare il modo di intendere e di vivere, a favorire il superamento di nodi problematici e complessi. Ma anche per consentire l’autodeterminazione e l’ottimizzazione delle risorse personali, la costruzione del benessere integrale/olistico, nel senso di ordinare le vele per essere in grado di governare i venti del quotidiano e divenire consapevole guida di se stessi. Dunque, ed in definitiva, non si tratta, per essere precisi e netti, di affrontare patologie di competenza medica (neurologia e psichiatria) o psicologica (psicanalisi e psicoterapia). Diverse mie pubblicazioni di

natura filosofico-prassica, ma anche teoretica, e dentro una pluralità di stili letterari, segnano questo specifico e personale percorso. Dal 1992, modero il Cenacolo Filosofico di Lamezia Terme, le cui denominazioni sono state diverse nel tempo, ma con lo stesso fine: il dialogo socratico per una permanente crescita personale nella mente, nell’anima e nell’agire. Da “Incontri di spiritualità e cultura” a “Cenacolo Religioso”, da “Cenacolo Teologico”, approdando in maniera nitida e totale nel campo aperto del dialogo puro, a “Il Cenacolo Filosofico”, che si svolge il primo sabato di ogni mese alla Biblioteca Comunale, precisamente nei locali del Sistema Bibliotecario Lametino, guidato da Giacinto Gaetano. Il Cenacolo Filosofico è affiancato da anni dalla Rivista Internazionale “Prospettiva Persona” diretta da Attilio Danese e Paola Giulia Di Nicola, studiosi e docenti universitari con numerose pubblicazioni. Rivista, che ha avuto come primo presidente onorario uno dei più grandi filosofi del novecento Paul Ricoeur, di cui coordino la redazione calabrese, composta da Alberto Scerbo (UniCz), Cosimo Cuomo e Domenico Enrico Massimo (UniRc), Giuseppe Maccaroni (Unical). Si affiancano da anni la Sezione Universitaria Calabrese della Società Filosofica Italiana e l’Associazione culturale e dello spettacolo “EmozioNote” di Firenze, fondata e presieduta da Chiara D’Andrea, docente e cantautrice. Questa rubrica arricchisce ulteriormente un impegno culturale nella sua natura filosofica e che, si spera, possa significare servizio di crescita dei semi di positività, dai terreni del sapere umanizzante e dell’esperienza costruttiva di vita.

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Lamezia & Dintorni: Gizzeria Convegno-Seminario Tecnico di Ricerca Documentale Sulla

Storia Di Gizzeria

Nello scorso mese di giugno, esattamente mercoledi 28, si è tenuto a Gizzeria, negli accoglienti locali della Biblioteca comunale, un importante Convegno sulla storia della nota cittadina lametina di lingua e tradizioni arbëreshë. Pensato, nelle intenzioni degli organizzatori, come un “Seminario tecnico di Ricerca documentale sulla Storia di Gizzeria”, l’evento si è trasformato, andando al di là di un semplice Seminario, in un importante Convegno per l’impostazione e la trattazione dei contenuti, ampia e varia, che ad esso ha dato la relatrice Giovanna De Sensi Sestito, professore ordinario di Storia Greca nel corso di laurea in Lettere e di Storia della Magna Grecia nel corso di laurea in Scienze Turistiche dell’Università della Calabria.

l’intero programma di iniziative che si svolgeranno a Gizzeria nei mesi sopra menzionati ed ha presentato la prof. Giovanna De Sensi Sèstito. Infine, con un’abile ed accorta regìa, il presidente del Convegno-Seminario ha ben coordinato e diretto i lavori della lunga manifestazione che si è protratta per oltre due ore.

Il Convegno-Seminario (denominiamolo così…) è stato organizzato da alcune associazioni del paese che, con i loro programmi annuali, ne rendono vivace ed interessante la vita sociale e culturale. Molte delle persone che le animano sono giovani. Ma non mancano i meno giovani di qualità, che fanno da guide intelligenti. Le Associazioni organizzatrici, i cui rappresentanti hanno portato al Convegno-Seminario i saluti sono: ViaggiAMO Gizzeria, Sharing Project e Centro Studi Futura per i quali sono intervenuti, rispettivamente Sharon Arcieri, Andrea Scalercio, Carmelo Cortellaro. Ha portato i saluti suoi personali e di tutta l’amministrazione comunale il sindaco, ing. Pietro Raso, che sia alla manifestazione del 28 che alle tante altre che nei mesi da luglio-agosto, fino ai primi di settembre, avranno luogo, ha dato e continua a dare un fondamentale contributo. Erano presenti alla manifestazione componenti dell’Amministrazione civica e del Consiglio comunale ed un folto pubblico, tra cui, ripeto, moltissimi i giovani. Ciò fa ben sperare che il cantiere che si è aperto il 28 giugno avrà certamente un cammino lungo e faticoso, ma certamente fruttuoso perchè pieno di accattivanti prospettive. Ha aperto ed introdotto i lavori il prof. Umberto Delfino. Il quale ha illustrato, all’attenta assemblea dei presenti, pag. 10

La prof.ssa De Sensi ha iniziato la sua relazione esortando tutti i gizzeroti, ma soprattutto i giovani promotori dell’iniziativa, a guardare il territorio e il paesaggio circostante senza limitarsi ai confini attuali del comune di Gizzeria, frutto nel corso dell’età moderna di vicende insediative e di provvedimenti amministrativi vari, ma recuperando l’unitarietà dello scenario complessivo delimitato dai due grandi bacini fluviali dell’Amato e del Savuto: uno scenario fatto di montagne e colline verdeggianti ai margini della pianura, torrenti numerosi dalla caratteristiche diversificate, un lungo arco costiero con numerosi punti di approdo e caratterizzata da residui lagunari di antichissima formazione geologica; e dentro questo scenario, un contesto culturale omogeneo che risale indietro nel tempo di almeno tre millenni durante i quali ha sperimentato evoluzioni e trasformazioni senza perdere la sua sostanziale unitarietà. La più importante realtà insediativa di questo vasto territorio in età greca fu la città di Terina, fondata da Crotone verso la fine del VI sec. a. C. L’impianto urbano, costituito da una acropoli con santuari ed edifici pub-

blici, da una serie di quartieri sottostanti, da mura di cinta e da diverse aree di necropoli, si sviluppò probabilmente tra i torrenti Bagni e Zinnavo, ma tutta la pianura percorsa dall’Amato e le montagne circostanti, da Curinga almeno fino a Capo Suvero, costituiva il territorio della città, con le proprietà dei cittadini e le diverse aree di confine. Forse tutto l’attuale territorio del vasto comune di Gizzeria apparteneva alla città di Terina; in esso comunque sono stati effettuati importanti ritrovamenti in aree adiacenti a Sant’Eufemia Vetere: da un’area di necropoli in località Cerzito proviene, tra altri materiali, una grande brocca per l’acqua (hydrìa), dipinta con scene di riti prenuziali, la preparazione della sposa circondata dalle sue ancelle attraverso bagni lustrali, acconciatura dei capelli e abbigliamento con gioielli e velo, che è esposta nel Museo Archeologico Lametino. Da un’altra vicina località di Gizzeria proviene un importante ripostiglio di monete con esemplari della città di Terina e delle altre città della Magna Grecia. Da un ritrovamento in località Capo Suvero provengono, infine, due piccoli chiodi di bronzo intenzionalmente piegati, con la dedica ad AION, all’Eternità, incisa sulla parte interna della testa. Una scoperta importante, che documenta le credenze religiose nell’immortalità dell’anima e nella vera vita dopo la morte, credenze professate dagli iniziati ai misteri di Orfeo e anche dai seguaci di Pitagora. Quando la città greca fu distrutta da Annibale verso il 203 a.C. perché non cadesse intatta nelle mani dei Romani, questi divennero i nuovi signori del territorio e fra le diverse tracce di ville romane disseminate in esso, da Acconia di Curinga a Pian delle Vigne di Falerna, ci sono pure quelle di Torre Lupo a Gizzeria. Con la conquista prima bizantina (VIII – IX sec. d. C.) e poi normanna (1056), cambiò l’assetto del territorio. Il potere politico ritrovò una sua forte espressione urbana nella città munita di Neocastrum, mentre vasti territori della piana e delle aree montane divennero di pertinenza di grandi abbazie basiliane, quella dei Santi Quaranta nella zona collinare e montana fra il Bagni e il sistema montuoso del Mancuso; quella di S. Costantino, nell’area del Carrà, e quella di Santa Eufemia con estesi pos-

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sedimenti costieri da Curinga a Gizzeria. Il principe normanno Roberto il Guiscardo avrebbe trasformato solo questa di Sant’Eufemia in una grande abbazia benedettina, estendendo ulteriormente i suoi possedimenti con la donazione di altre terre. E Federico II, per riscattare metà della città di Nicastro infeudata all’Abbazia, le donò i casali di Nocera e di Aprigliano. Fu intorno al 1300 che l’ordine militare degli Ospitalieri di S. Giovanni in Gerusalemme, scacciati dalle altre loro sedi, ottennero dal papa di stabilirsi in una se-

rie di Abbazie benedettine e si impadronirono anche di quella di Santa Eufemia. Quando la sede dell’Ordine divenne l’isola di Malta, furono comunemente indicati come i Cavalieri di Malta. Nella Biblioteca Nazionale di Malta si conserva un importante documento dell’Abbazia, l’inventario dei beni posseduti e dati in fitto, con le relative rendite (detto “cabreo”) redatto nei 1624 per la prima volta, prima del grave terremoto del 1638, e successivamente aggiornato. Ampia parte dell’inventario riguarda Gizzeria, che ricadeva tutta

all’interno dei beni del baliaggio, e se ne ricavano nomi di persone, di località, di luoghi di culto, e informazioni sulla viabilità, sulle attività produttive e su tanti altri aspetti della vita della comunità a quel tempo. In conclusione la prof.ssa De Sensi ha sollecitato i giovani gizzeroti di partire dallo studio di questo documento per perseguire il lodevole proposito di recuperare elementi di conoscenza preziosi sulla storia di Gizzeria, e poi estenderla fino ai nostri giorni. Alla relazione della prof. De Sensi Séstito è seguito il dibattito in cui sono intervenuti il sindaco Pietro Raso, il prof Umberto Delfino, il dr. Carmelo Cortellaro, la studentessa universitaria Sharon Arcieri, il dott. Andrea Scalercio, il geom. Pasquale Arcieri ed altri giovani di cui non ho, purtroppo, segnato nomi. Il dibattito, più che una serie di domande e risposte, è stato un appassionato dialogo a più voci, che ha approfondito ancora di più i contenuti della splendida manifestazione culturale gizzerota.

Spettacolo

Spettacolo Di Cabaret Della “Iena” Pietro Sparacino a Gizzeria Una serata all’insegna del divertimento è prevista per sabato 12 agosto alle ore 21:30 nell’anfiteatro del Parco dei Principi a Gizzeria. Ad esibirsi sarà infatti “la Iena” Pietro Sparacino, stand up comedian, comico, autore, attore e cabarettista, che porterà in scena l’esilarante spettacolo “Una vita low cost”. La manifestazione è stata organizzata dall’associazione culturale “I Vacantusi” di Lamezia Terme, presieduta da Nicola Morelli. Una “Vita low cost” è uno spettacolo di teatro comico e cabaret in musica che nasce dall’esigenza e la voglia di far luce sulla situazione lavorativa, economica e sociale che i giovani si trovano ad affrontare. La musica dal vivo accompagna la parola e la parola si appoggia alla musica e si fa di volta in volta fine e mezzo, strumento e artefice dello spettacolo. Ottanta minuti di comicità pura, di risate intelligenti e spunti di riflessione. Partendo dalle origini di ogni uomo, dal concepimento alla nascita, si racconta la storia di un giovane lavoratore siciliano che parte pieno di buoni propositi nutrendosi di speranza e si trova a sperare di nutrirsi. Vede la città come un immenso parco divertimenti, dove c’è tutto e dove si può fare tutto ma la realtà che incontra è ben diversa da come l’aveva immaginata. Ed è così che viene messa a dura prova la sua capacità di sopravvivenza. Dalla spesa al discount alle vacanze low cost, dall’attesa dei

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saldi al conteggio dei soldi, comincia un viaggio verso situazioni paradossali in cui l’obiettivo principale è il risparmio. Il bisogno stuzzica l’ingegno, di necessità virtù. Il pubblico si troverà, come per incanto, immerso nella realtà che vive giorno per giorno, incontrando e individuando sul palco situazioni e personaggi esilaranti che ben conosce. Non un semplice spettacolo, ma un’esperienza di vita condivisa; lo spettatore sarà attore e l’attore spettatore Il 35enne siciliano orbita da dieci anni nel mondo del teatro, della tv e della comicità. Dopo aver provato la strada dell’animazione turistica, a un certo punto davanti a una rotonda ha scelto di imboccare la via della comicità: due anni di Accademia di Teatro Comico e poi tanti laboratori. Nel 2009 è entrato a far parte del gruppo Satiriasi, il primo progetto di stand up comedy VM18 in Italia, un collettivo satirico. Nel 2013 è approdato a Rai 2 nel programma “Aggratis” e nel 2014 è stato uno dei comedian di Xlove, programma prodotto da Le Iene in onda su Italia1. Primo comico in Italia a sperimentare la tecnica One Liner in tv. Nel 2015 ha partecipato alla nuova edizione del Maurizio Costanzo Show su Rete 4. Dal 2016 è ufficialmente una “Iena” dell’omonimo programma cult di Italia1.

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Lamezia & Dintorni: Maida Consegnata la Fiat Panda che il Centro Commerciale Due Mari e il Comune di Maida hanno donato ad Amatrice.

a ch i ama Dio tutto è possibile Ha percorso circa 640 Km la Fiat Panda che martedì mattina è partita dal Centro Commerciale Due Mari per raggiungere il comune di Amatrice. L’auto è stata donata dal comune di Maida e dal Centro Commerciale in segno di solidarietà e vicinanza a questo popolo martoriato quasi un anno fa dal terremoto che ha lasciato dietro di sé centinaia di vite spezzate e tanta distruzione. A bordo l’Amministratore del Centro Commerciale Due Mari, dott. Antonio Domenico Mastroianni, il direttore del Consorzio, dott. Giovanni Ricciardi, l’assessore alle politiche Sociali del Comune di Maida Sabrina Fiumara e il consigliere comunale Paolo Pileggi. 7 ore di viaggio verso una terra alla quale la natura ha voluto mostrare il suo lato più crudele accompagnati da un grande messaggio “A chi ama Dio tutto è possibile”. La citazione di San Francesco di Paola, patrono della Calabria, è infatti scritta sul cofano dell’auto e porta con sé un messaggio importante. A spiegarlo durante l’incontro con il sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi al quale sono state consegnate le chiavi della vettura è stato il dott. Mastroianni. “Una frase – ha detto - dal significato immenso quella che abbiamo voluto portare qui attraverso le parole del nostro Santo paolano che ogni giorno la utilizzava per dare conforto a chi stava male, a chi doveva superare degli ostacoli. Questo, oggi, vuole essere anche il nostro messaggio di conforto per tutti coloro che hanno visto le vite dei propri cari spezzarsi e hanno perso tutto in pochi interminabili secondi. È vero che noi ogni giorno superiamo gli ostacoli con la forza che abbiamo dentro – ha sottolineato Mastroianni - ma se noi a questa forza accomuniamo la fede e l’amore in Dio, ecco allora che tutto è davvero possibile. Abbiamo fatto tanta strada perché vi portiamo nel cuore in Calabria e vi porto un messaggio sincero da parte di tutti gli operatori del Centro Commerciale Due Mari che hanno compiuto questo sforzo per dare sì un auto, ma soprattutto un affettuoso abbraccio a tutta la comunità”.

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Un’aria carica di sofferenza è quella che si respira fra le strade di Amatrice e che si respirerà ancora per molto tempo, ma oggi in questo luogo le cui ferite dei cuori sono palesate da quelle visibili per le strade non c’è solo questo, c’è molto di più: c’è forza, c’è speranza, c’è l’orgoglio e l’unione di tutto un paese che lotta ogni giorno per rialzarsi e per sorridere ancora. Sono questi i sentimenti a cui fa appello il sindaco Pirozzi che in questi mesi ha lavorato duramente insieme a tutti i suoi concittadini per risollevare le sorti dell’intera comunità. “Vorrei sottolineare il grande gesto di solidarietà da una terra, la Calabria, che come la nostra è una terra difficile, abituata a combattere giornalmente contro il disinteresse”, così il sindaco nel ringraziare per il dono ricevuto. “Questa automobile rappresenta un segno di grande vicinanza. Certo l’automobile cammina se ci metti il carburante, ma noi da 11 mesi a questa parte abbiamo avuto

il carburante più importante – ha precisato - quello del mondo della solidarietà per cui ogni giorno andiamo avanti. Per questo gesto vi ringrazio, perché Maida è un comune piccolo ma fatto di grandi persone. Ringrazio il Centro Commerciale Due Mari – ha continuato il sindaco - perché credo che non fosse obbligo di nessuno pensare ad Amatrice. Tutto questo rafforza quel senso di grande solidarietà che noi abbiamo: è vero che parliamo dei dialetti diversi ma è anche vero che parliamo un’unica lingua universale che è quella della vicinanza e dell’amicizia, perché come gli amici veri si vedono nel momento del bisogno oggi così la vostra terra hanno fatto qualcosa per noi per cui diventano dei nostri cari amici. I messaggi come quello che oggi avete portato direttamente qui ha concluso Pirozzi dopo aver ricevuto le chiavi della Fiat Panda e soffermandosi sulla citazione di San Francesco di Paola devono rappresentare la voglia di rialzarsi, di essere degli sfrattati a tempo, perché chi è terremotato dentro è terremotato tutta la vita e non ce lo possiamo permettere”. È stata una giornata intensa quella vissuta ad Amatrice vedendo quanto dolore c’è ancora negli occhi delle persone, ma di certo non l’abbandono, non la sconfitta. C’è la forza di tutta una comunità che non si è arresa e c’è l’unione, la fratellanza di chi non solo tende una mano e il proprio cuore. “Noi siamo con voi – è stato il messaggio dell’assessore Sabrina Fiumara – e siamo vicini anche agli altri paesi che hanno subito il terremoto e le tante perdite che ha provocato”.

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Spettacolo

Mariangela D’Abbraccio , cantattrice di grazia e di passione

Passione e grazia, forza e sensibilità in questa “cantattrice” che dopo la magistrale interpretazione di Filumena Marturano nella Stagione di Prosa organizzata da AMA Calabria al Teatro Grandinetti di Lamezia Terme emoziona ancora una volta il pubblico lametino con lo spettacolo Napule è… n’ata storia andato in scena il 14 agosto 2017 all’Abbazia Benedettina di S. Eufemia Vetere con la regia di Consuelo Barilari e musica dal vivo eseguita da cinque strepitosi maestri della band Musica da ripostiglio: Luca Pirozzi (chitarra e voce), Luca Giacomelli (chitarre elettriche), Raffaele Toninelli (contrabbasso), Emanuele Pellegrini (percussioni), Gianluca Casadei (fisarmonica). Un dialogo tra teatro e musica. Il teatro di Eduardo e di altri maestri del ‘900 e la musica di Pino Daniele. Sullo sfondo le immagini di un grande scenografo e pittore Emanuele Luzzati. Come la Marianna di Francia Mariangela “incarna” Napoli e la racconta dandole corpo e voce. Napoli è quella terra dove “chi cade a terra si sa rialzare” come nelle parole della canzone di Pino Daniele Portami a casa mia. Napoli è il colore delle parole di Eduardo “[…] Tu liegge / e vide ‘o blù / vide ‘o cceleste / vide ‘o russagno / ‘o vverde / ‘o ppavunazzo,/ te vene sotto all’uocchie ll’amaranto / si chillo c’ha scigliuto / canusceva / ‘a faccia / ‘a voce / e ll’uocchie ‘e nu tramonto…” È il mare “ ‘O mare fa paura” / Accussì dice ‘a ggente / guardanno ‘o mare calmo, / calmo cumme na tavula. / E dice ‘o stesso pure / dint’ ‘e gghiurnate ‘e vierno / quanno ‘o mare / s’aiza, / e l’onne saglieno / primm’ a palazz’ ‘e casa / e pò a muntagne…” Sono i dialoghi immaginari tra le donne di Pino e quelle di Eduardo “Donna Concetta ‘o tiempo d’e cerase è già fernuto / dint’a stu tuppo niro / ci stanno tutt’e paure / ‘e nu popolo ca cammina sotta ‘o muro…”, Filumena Marturano che rievoca il suo incontro mistico con la Madonna delle Rose “[…] C’aggi’ ‘a fa’? Tu saie tutto... Saie pure pecché me trovo int’ ‘o peccato. C’ aggi’ ‘a fa’?...” e Bonaria de Gli esami non finiscono mai “Signò, mia madre era una bella donna: quando si metteva seduta fuori al portone, i meglio signori del quartiere se la mangiavano con gli occhi, passando per il vicolo nostro. Io tenevo undici anni, ero una bambina magra, si, ma già formata come una signorinella. Quando vedevo che mammà aggiustava la camera da letto, chiudeva la finestra e copriva il lume che stava sul comò con un fazzoletto di seta giapponese, me ne andavo dietro al paravento dove dormivo io, mi spogliavo e aspettavo. A un certo punto sentivo aprire la porta e capivo che era arrivato un signore che abitava al terzo piano. Questo succedeva ogni quindici giorni, quando la moglie di questo signore andava a trovare la famiglia a Benevento. Questo

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signore e mammà si mettevano a letto. Io da dietro al paravento sentivo i rumori di quando si spogliavano. ‘.Dopo una decina di minuti, la voce di mia madre. « Bonà, bell’ ‘e mammà, sali sopra al comò e ti metti in piedi vicino al lume. Nun te fà male, bell’e mammà! » Il comò stava di fronte al letto. E cominciava lo spettacolo. « Girati di spalle», e io mi giravo. «Miettete ‘e profilo », e io mi mettevo. « Siedete sopra ‘o comò », e io me sedevo...” Ed è ancora la musica di Daniele con “Saglie, saglie / Cu’ sta spòrta chièna d’aglie”, “ Cammina cammina” , “Bella ‘mbriana”, “Viento” , “Terra mia”. E poi la struggente ballata in versi e in prosa di Giuseppe Patroni Griffi “Il mio cuore è nel sud”: “Eterne città del sud, pigre sotto il sole che rallenta il tempo. Città che stretti vicoli dalle colline conducono al mare. Città che l’alba lentamente scopre, che caldi ronzii di mosconi d’oro lentamente addormentano nei pomeriggi eterni della grande stagione[…]città di corde e di cordami, di panni al sole, di altari di immondizie, […] di santi appesi ai muri e di bestemmie scalfite nel cielo. Città del sud, il mio cuore è con voi […].” E ancora i versi de ‘O paese ‘e Pulicenella sapientemente mixati con quelli della celeberrima canzone di Pino Daniele Je so’ pazzo. La maschera e il folle in dialogo costante. Due simulacri che dall’emarginazione del contesto sociale diventano ancora segni eterni ed espressivi di tutta la nostra realtà di oggi in cui siamo immersi e smarriti anche se un “posto ci sarà in questa solitudine” come recita la canzone Sicily. “A nuttata è passata” e in questo universo narrativo e musicale ci sono cose e persone, sentimento e paesaggio. C’è Napoli con i sui vizi e i suoi vezzi, nella sua miseria e nella sua magnificenza, nello splendore e nella decadenza.

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E c’è soprattutto lei, Mariangela, elegante e sensuale con la sua voce di miele bruciato. Si muove sul palco, quasi felina, e quando canta lo fa con tutto il suo corpo mentre le mani si muovono pallide e nervose come esploratrici di un malizioso gioco d’amore. Statuaria, immota quasi, quando racconta come in confidenza, sottovoce, con naturale tenerezza e punte di delicatezza attraversate da sano umorismo che sfiora il nonsense come nel refrain “Pulicenella sapìte chi è? …Perepè …perepè … perepè. E le storie hanno sempre bisogno dell’implicazione del pubblico come necessario controcanto per dare armonia al racconto, al c’era una volta… Una magnifica presenza che ha saputo (in)cantare e affabulare. Doppio bis e applausi lunghissimi.

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Sanità

Presentati i nuovi Primari dell’Ospedale di Lamezia Terme L’ospedale di Lamezia Terme si arricchisce di due nuovi primari. Il direttore generale dell’Asp di Catanzaro, Dott. Giuseppe Perri, ha presentato nella sala “Ferrante” dell’ospedale “Giovanni Paolo II” i nuovi Direttori che dal primo settembre prenderanno servizio nei reparti lametini. Si tratta della dott.ssa Anna Monardo, che proviene dall’Azienda Ospedaliera di Cosenza e che dirigerà l’unità operativa complessa di Anestesia e Rianimazione e il dott. Ferruccio Lucchino che guiderà il Pronto soccorso cittadino, cosa che ha fatto già come facente funzione. I nuovi primari vanno ad aggiungersi al dottore Roberto Ceravolo, che da un mese guida la struttura complessa di Cardiologia e unità di terapia intensiva cardiologica, e il dottore Gallucci, direttore medico del presidio ospedaliero unificato di Lamezia, Soveria Mannelli e Soverato. Nel corso della mattinata è stato inoltre presentato il nuovo direttore del dipartimento delle centrali operative del 118, il dottore Antonio Talesa, che ha la funzione di dare l’avvio alla centrale operativa unica del SUEM 118 e dovrà presentare a breve a noi e alla Regione un piano operativo che servirà per articolare il sistema del SUEM di area vasta che comprenderà le Provincie di Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia. Il direttore generale ha inoltre annunciato che è incorso

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l’espletamento del concorso pubblico per il conferimento dell’incarico di direttore della disciplina di Ortopedia e Traumatologia e nei prossimi giorni si provvederà alla pubblicazione dell’avviso pubblico per la direzione della Chirurgia generale e la direzione della Pediatria del presidio ospedaliero di Lamezia e della Chirurgia generale e dell’Ortopedia dell’ospedale di Soverato. “E’ un momento importante per la nostra Azienda - ha detto il direttore generale Perri nel corso della presentazione dei nuovi primari - perché vengono ad inserirsi altri due tasselli nell’organizzazione del presidio ospedaliero di Lamezia Terme e soprattutto perché queste unità operative, come tante altre, sono il biglietto da visita del nosocomi. L’ospedale non appartiene al direttore generale né ai primari, appartiene ai cittadini che hanno bisogno delle cure, quindi noi abbiamo un dovere che è quello dell’integrazione professionale, organizzativa e gestionale, non abbiamo bisogno di singoli professionisti validi, ma abbiamo bisogno di gruppi di lavoro che delineano dei percorsi sanitari con procedure standardizzate che possano garantire continuità nell’assistenza al cittadino e l’integrazione dei saperi e delle competenze”.

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Sanità

Riprendono gli interventi nel reparto di cardiologia dell’ospedale di Lamezia Terme Eseguito dall’équipe dell’Unità Operativa di Cardiologia dell’ospedale “Giovanni Paolo II” il primo impianto di dispositivo antitachicardico (defibrillatore) in una paziente in pericolo di vita. Dopo appena 20 giorni dall’arrivo del nuovo primario di Cardiologia, il dottore Roberto Ceravolo, l’unità operativa dell’ospedale lametino ha ripreso l’attività che erano state sospese 7 anni fa, per via dei continui ridimensionamenti che si sono registrati negli ultimi anni nell’ambito delle attività sanitarie. L’équipe diretta dal dottore Ceravolo ha impiantato in una paziente originaria del Lametino il defibrillatore automatico impiantabile (ICD), dispositivo creato per trattare aritmie ventricolari potenzialmente pericolose per la vita del paziente. Una buona notizia per la città di Lamezia e l’intero territorio Lametino, in quanto l’utenza potrà evitare di recarsi a Catanzaro, e perdere tempo prezioso, per effettuare delle prestazioni che possono essere eseguite direttamente nell’ospedale lametino, dove sono presenti professionalità e strutture adeguate. La paziente è stata trattata e curata dal personale medico e sanitario già in servizio presso la Cardiologia di Lamezia Terme. “Siamo ripartiti – ha affermato con soddisfazione il direttore dell’unità operativa di Cardiologia dott. Roberto Ceravolo – erano anni che in questo ospedale l’attività si era fermata e l’abbiamo fatta ripartire con un caso d’impianto di defibrillatore salvavita, su una paziente che aveva un’aritmia minacciosa. Si tratta di interventi importanti che possono essere realizzati in questo ospedale, senza che i pazienti si rechino a Catanzaro, su cui noi possiamo intervenire in soli 10 minuti, come per le coronografie e le angioplastiche. Questo significa meno viaggi e soprattutto un riscatto cardiologico per l’intero territorio, in quanto sono state riportate delle

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attività che erano già presenti in passato in questo ospedale. A breve riapriremo anche gli ambulatori, prima bloccati ai pazienti esterni, con una previsione di 600 prestazioni nel solo mese di settembre, in modo da soddisfare le esigenze del territorio. L’augurio è che accanto all’impulso dell’attività della Cardiologia ci siano anche delle strutture, con sale dedicate all’elettrostimolazione e magari anche del personale in più. Implementando il servizio pubblico, la città di Lamezia e il Lametino potranno non solo evitare viaggi a Catanzaro ma anche evitare di rivolgersi al servizio privato. È un’occasione unica per far crescere e far ripartire questo ospedale. Ringrazio la mia équipe e tutto il personale per il lavoro, l’abnegazione e la disponibilità che dimostrano quotidianamente”. Soddisfazione è stata espressa dal Direttore Generale dell’Asp dott. Giuseppe Perri che ha affermato: “La Cardiologia c’è. Stiamo ripartendo e rilanciando l’attività sanitaria, implementando i servizi del nostro ospedale per rispondere alle esigenze della città”. I pazienti candidati a ricevere questo dispositivo antitachicardico sono quelli sopravvissuti a un arresto cardiocircolatorio, quelli affetti da cardiopatie potenzialmente a rischio di sviluppare aritmie ventricolari pericolose e da tachicardie ventricolari non responsive a terapia medica e per le quali non vi sia indicazione all’ablazione transcatetere. Oltre a una funzione antitachicardica, i defibrillatori hanno anche una funzione antibradicardica e sono pertanto in grado di stimolare il cuore nel

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caso in cui la frequenza cardiaca diventi troppo bassa (analogamente al pacemaker). Il posizionamento del defibrillatore viene eseguito in anestesia locale, a paziente cosciente e collaborante. L’impianto dura mediamente dai 45 ai 90 minuti. Il tutto viene eseguito in regime di ricovero. Successivamente all’impianto, dopo un breve periodo di allettamento vengono eseguiti un controllo elettronico del dispositivo ed una radiografia d el torace al fine di valutare il posizionamento degli elettrocateteri. A circa 7-10 giorni dall’impianto viene eseguita una valutazione ambulatoriale della ferita chirurgica e, nel caso di utilizzo di filo di sutura non riassorbibile, vengono rimossi i punti di sutura. I pazienti portatori di defibrillatore impiantabile devono successivamente sottoporsi ad un controllo semestrale del dispositivo. L’impianto del defibrillatore segue le stesse fasi dell’impianto di pacemaker. La prima parte riguarda il posizionamento degli elettrocateteri, ovvero i “fili elettrici” che arrivano al cuore; il loro numero può variare da uno a tre a seconda del tipo di dispositivo che è necessario impiantare. Gli elettrocateteri vengono inseriti all’interno di una vena, selezionate mediante una delle diverse tecniche disponibili. Una volta introdotti nel sistema venoso, gli elettrocateteri vengono spinti sotto guida fluoroscopica (raggi X) all’interno delle camere cardiache (atrio destro, ventricolo destro, seno coronarico) e, mediante l’ausilio di computer analizzatori, posizionati nei punti dove sentono meglio l’attività cardiaca e dove riescono a stimolare il cuore utilizzando la minore energia possibile. Dopo aver verificato la stabilità dei cateteri e dei loro parametri elettrici, essi vengono fissati al muscolo sottostante e successivamente collegati al defibrillatore; li generatore viene alloggiato sottocute attraverso una piccola incisione che viene successivamente richiusa con filo di sutura (spesso riassorbibile, quindi senza la necessità di successiva rimozione dei punti).

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Sport

Interpretazione critica di una partita di calcio Il gioco del calcio - football o soccer in inglese - è una sorta di mistero agonistico traverso il quale si nobilitano quelle che un tempo erano le mani posteriori dell’uomo. Il suo fascino viene forse dalla sfericità della palla, che per essere sempre e dovunque in perfetto equilibrio si trova in certo modo a mimare la prodigiosa armonia dei mondi. L’arte che nobilita il gioco consiste nel muovere la palla con dolce o energica violenza e nel padroneggiarla dopo averla domata, nell’indirizzarla docile e quasi spenta a un compagno che si smarca per riceverla; forte invece, e possibilmente viziata di effetti, verso l’ultimo custode della porta avversaria. Il significato emblematico del calcio è comune a tutti i giochi di squadra: la porta è il sesso della madre, d’una sorella o di una sposa: la difendiamo accanitamente se è nostra; la insidiamo per profanarla se è degli antagonisti. Il fine del gioco è dunque il goal, che significa obiettivo o meta. Nessun dubbio che il successo universale del calcio derivi dal suo mistero, che si arricchisce di (o annulla in) aspetti sempre nuovi, dunque sorprendenti. L’agonismo di due squadre sottoposte al rispetto di una norma e di chi è delegato a farla osservare, l’arbitro, si traduce in atti infiniti, in gesti armoniosi o violenti, in difese o profanazioni che immediatamente si colgono nel risultato, diciamo nell’atto finale, ma vengono preparate con il continuo studio di moduli, forme, schemi, artifici singoli e collettivi, di invenzioni già preparate o estemporanee, estrose o pacate, argute o maligne. Salvo il rispetto per le arti ben più sublimi della musica e della poesia, una partita di calcio va interpretata criticamente secondo cultura e sensibilità di chi se la gode o la soffre, alla stregua d’una sinfonia o d’un poema. I gesti e le forme di una partita costituiscono il repertorio dei suoi protagonisti ma non solo quello: ne esprimono in realtà anche l’intelligenza e il coraggio, la lealtà e il sacrificio. E poiché di scientifico non sembra esservi nulla, e invece vi è molto!, nell’impostazione tattica di una partita, la componente casuale influisce sul gioco traverso forme spesso non volute, erronee e tuttavia producenti. La palla si muove secondo figure geometriche più o meno padroneggiate da chi la sta giocando: talvolta si libera e libra incontrollata, talaltra obbedisce a traiettorie sghembe che il vento o un impatto non prevedibile influenzano fino al mero capriccio.

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Sta nello spettatore avvertire la percezione di quello che è voluto o casuale, oppure voluto e casuale insieme. La partita di calcio è una lunga trama il cui epos viene immediatamente colto nei suoi aspetti più evidenti e comuni. Di qui l’enorme popolarità del gioco e del tifo che esso determina negli spettatori. Ma come una sinfonia o un poema, anche la partita può offrirsi in mille e un aspetto diverso a chi la segue con gli occhi, il sentimento e la ragione. Parlare e scrivere di calcio è facile a certi livelli, diffìcile a certi altri. La ciarla da caffè può essere banale e profonda come qualsiasi resoconto giornalistico. Personalmente, trovo che la partita di calcio sia lo spettacolo agonistico più difficile da raccontare. Quasi sempre l’obiettività è inficiata dal sentimento di parte, dalle convinzioni che altri discutono e perciò vengono difese da noi con accanimento particolare, direi solipsistico a volte: e per questo accanimento si forza la vista di marcature spostamenti gesti i quali esprimono gli schemi preferiti 0 aborriti. In campo si muovono e agiscono venticinque personaggi a proprio modo protagonisti o comprimari. Il loro movimento può essere premeditato o estemporaneo, adeguarsi a schemi noti o del tutto nuovi: sia perché tali li vuole una squadra o perché li consente, forzatamente, la sua avversaria. Analizzare di volta in volta i gesti atletici e fonderli poi in una visione il più possibile reale e sintetica è impresa molto difficile. La gran parte di essi viene dimenticata per la loro stessa labilità, per il susseguirsi addirittura frenetico degli spunti, dei fatti, dei contrasti e delle intese. La palla trascorre o vola da una porta all’altra. Le sue traiettorie si disegnano nella retina mentre il frastuono cresce o dilegua. È assodato che la preghiera agisce telepaticamente in modo e misura quasi sensibili: figuriamoci la forza d’urto (sic) di migliaia e migliaia di occhi intenti, di cuori eccitati, di cervelli caldi! La partita è un dramma agonistico completo. Il mio metodo di lavoro è fervido e spossante. Vivo la partita da recensire annotandone ogni fase con applicazione pignola fino... All’accattonaggio: voglio dire che, volendo prendere note su tutto o quasi tutto quanto avviene in campo, non di rado sono costretto a giovarmi di colleghi redattori seduti vicino a me per stabilire con precisione chi abbia fatto l’ultimo lancio oppure l’ultima rifinitura: non il tiro conclusivo, perché

quello lo vedo anch’io: è lo stesso clamore della folla a tenermene avvertito... Colmato di note il recto del taccuino e spesse volte anche il verso, rientro di filato a casa o in redazione, decifro pagina per pagina, ricostruisco le azioni determinanti, procedo alla sedazione sinottica dei tiri e delle parate, dei salvataggi e degli errori, dei cross dalle estreme e degli interventi difensivi più ricordevoli; deduco da queste seriazioni statistiche l’entità e i valori delle singole prestazioni tecniche e le sintetizzo in « pagelle » con voti da 1 a 10 come una volta a scuola. Poi, trasmetto al giornale occhiello, titolo e sommario: e finalmente procedo alla stesura del resoconto. Tutto questo, in non più di un paio d’ore, a volte anche meno. Ora, capisco anch’io di essere ogni domenica in preda a un vero e proprio raptus cronistico: tuttavia, confido che almeno si apprezzi il mio scrupolo, la mia fedeltà a un mestiere e - sia detto subito - a uno sport che ho smesso di praticare da tempo ma che sempre mi ha fatto e mi fa delirare. Ho incominciato a soffrirne dall’adolescenza. Il mio primo tifo si è acceso per il genoa, squadra della prima grande città nella quale ho vissuto ragazzine tifare genoa mi è ottimamente servito per integrarmi senza particolari avversioni nell’ambiente scolastico milanese. Ho frequentato le elementari in corso vercelli, sotto il bravo maestro santambrogio. In quel rione povero predominavano di gran lunga i milanisti. Ogni mercoledì correvamo in frotte a san siro sfidando i trotters che si allenavano sul vialone ancora sterrato dell’ippodromo. Quale genoano potevo schierarmi con la squadra nella quale preferivo giocare per congenialità di commenti tristi e buffi, esaltanti e contrari. L’esito finale determina traumi psicologici ai quali non sono quasi mai indifferenti le coronarie d’un uomo bennato. In questo bailamme di sensazioni e di sgarri, di ribellioni e di condiscendenze, il critico pedatorio deve rivedere - decifrando il taccuino - la sua analisi momentanea e procedere a una sintesi che poi si tradurrà in cronache e commenti più o meno felici e convinti a seconda dello stato d’animo, delle circostanze ambientali, delle necessità di tiratura e della reazione morale, diciamo pure del tifo e dell’equilibrio etico.

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Accade a Lamezia

Posta Centrale di Lamezia Terme Mi fermo dinanzi all’entrata, dall’interno provengono voci alte e fioche, e suon di man con elle. Decido di entrare nonostante una vocina mi sussurri piano “lasciate ogni speranza, voi ch’entrate”, ma forse è solo un’allucinazione. Terrorizzato avanzo verso Minosse, il “totem” touch emettitore di bigliettini segna-turno, ogni anima davanti a lui si confessa, e quello attorcigliando la coda decide il destino di ognuno, ogni groviglio corrisponde ad un’ora di attesa. Molti sono impazienti d’essere giudicati, tant’è che non rispettano la fila in quanto costume meramente borghese. Solo qualche generazione, evidentemente impaurita dal mostro infernale, è indecisa e capisce a stento dove premere col dito. Ma alla fine tutti si piegano dinanzi a lui, aspettano il responso oracolare, chiudono gli occhi e si rivolgono al Padre; li riaprono per constatare che il proprio turno è talmente lontano che durante l’attesa avranno maturato la pensione del mese successivo; si rivolgono nuovamente al Padre, e stavolta, credetemi, non troppo amichevolmente.

di o prodotti alimentari. Provo a resistere, ma sono molti quelli che tentano di impietosire i propri vicini con il toccante e dettagliato racconto della propria cartella clinica, offrono anche dimostrazioni pratiche per toccare le corde d’una coscienza che il frequentatore abituale delle Poste ha già soffocato da tempo. Qualcuno mi prega di reggergli il borsello mentre rovista nella spazzatura alla ricerca del biglietto di qualche sprovveduto che l’avrebbe preso e poi, per motivi imprecisati, gettato. Niente da fare. Pianti e sospiri, di femmine, infanti e viri. Dallo sportello Caronte urla “Un po’ di silenzio per cortesia!” Ma i dannati, estenuati dalla fila, non la prendono benissimo.

“O creatura sciocca, quanta ignoranza è quella che t’offende!” “Non puoi mica ritirare il tuo pacco minuscolo se non sei maggiorenne, lo so benissimo che non l’abbiamo scritto sull’avviso e che hai tutti i documenti richiesti, ma avresti dovuto saperlo!” Non ho la forza di argomentare una risposta sensata... È questa forse la loro tattica, lo stordimento... Rido istericamente... Scuoto la testa...

Alcuni cercano di comprare il mio biglietto che porta una citra di poco minore della loro, in modo da finire prima, offrono sol-

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Due ore di attesa, sotto un display che pare immobile da quanto lentamente i numeri scorrono. Mi accorgo che intorno a me gli sguardi di molti sembrano persi nel vuoto, la loro testa piano piano si inclina e si poggia sulla spalla e sembrano entrare in uno stato di trance. Ad un tratto mi sembra di leggere il mio numero, ma no! È un miraggio. Forse no, ma ormai non capisco molto... Mi avvicino allo sportello

E quindi uscimmo a riveder le stelle.

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L’angolo di Ines

Associazionismo

E... state in Musica Valerio e Januaria

Orfeo: l’eterno innamorato

Fra i tanti programmati, ulteriore interessante concerto della 3^ edizione di “E…state in musica” svoltosi venerdì 11 agosto alle 21,15 nel giardino del pub, birreria, churrascheria Trani a gogò dove è possibile cenare in convenzione. Diversi anni fa all’inizio del secolo scorso, i ‘ TRANI ‘,erano le osterie popolari, come cantava infatti Giorgio Gaber negli anni sessanta: “ Trani a gogò “, evidenziando l’atmosfera delle osterie modeste ed economiche che vendevano vino sfuso alla periferia di Milano: Consuetudine nata all’inizio del Novecento, allorché le locande, proponendo assaggi al bicchiere a poco prezzo, iniziarono a esporre le insegne con le scritte “Trani e Barletta”, o soltanto “Trani” evidenziando l’origine dei vini sfusi, provenienti appunto dalle cittadine del Sud Italia. Trani a Go Go, in pieno centro storico, adiacente a Casa Lissania: B & B, ha accolto l’evento, contrariamente a quanto avvenga solitamente: L’ anfiteatro ha infatti, finora, sempre ospitato i concerti. In prima serata, i presenti hanno avuto l’occasione di degustare un Buffet: Differenti e gustosissime portate preparate dal locale nell’attesa dell’incontro musicale. A dare inizio al concerto a è stata la prof.ssa Anna Cardamone, Presidente dell’Associazione ‘Altrove’, con un saluto ai partecipanti ed il consueto ringraziamento ai musicisti intervenuti. Protagonisti gli artisti Valerio Mazza, chitarrista acustico, appassionato di fingerpicking e di musica d’autore e Januaria Carito, : Chitarrista e voce solista: Caratterizzata da una splendida voce ricca di sfumature. La Carito, ha dimostrato inoltre di essere in possesso di un vasto repertorio. Il suo percorso musicale, iniziato con la partecipazione al programma di Maria De Filippi “Amici” è stato sempre un ‘crescendo’ in maturità artistica, come ha dimostrato nel corso del concerto. Questo ha offerto infatti l’occasione di ascoltare grandi classici del Rock Inglese e americano, nonché del cantautorato italiano : Luigi Tenco, De Gregori, De Andrè , Amy Winehouse, Elton John e molti altri, regalando così a tutti, come l’ottima musica è sempre in grado di fare, momenti d’immensa gioia ed infinite emozioni.

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Orfeo figlio di Eagre e Calliope fu il più grande poeta e musicista della storia. Un giorno il dio Apollo gli regalò una lira,subito le muse sue amiche gli insegnarono ad usarla e da quel momento divenne il più dolce e appassionato musicista che sia mai esistito. Seneca dice che la muisica dolce d’ORFEO faceva ammansire anche le bestie più feroci, il fragore del rapido torrente cessava e l’ acqua fugace, obliosa di proseguire il cammino,perdeva il suo impeto. Erano nove le corde della sua lira, egli ne aveva aggiunto due per avere una musica più soave.Infatti partecipò alla spedizione degli Argonauti e quando la nave Argo giunse alle isole delle sirene, fu grazie alla sua melodia che i nauti riuscirono a non cedere alle insidie delle sirene. Ma Orfeo viene ricordato soprattutto per l’amore che nutriva per Euridice, sua sposa. Pensate che quando Euridice morì scese fra gli Inferi per strapparla alla morte,convinse persino Caronte <dimonio dagli occhi di brace> a traghettarlo sull’altra riva dello Stige convincendo anche il cane Cerbero e gli altri giudici dei morti a farlo passare per raggiungere il Dio Ade e Persefone. Una volta giunto al loro cospetto suonò con tanta dolcezza e malinconia che gli Inferi si commossero e per laprima volta nell’oltretomba si conobbe la pietà.Così si concesse ad Orfeo di condurre Euridice al di là del regno dei morti, ma prima di uscire dalla valle infernale non si doveva mai girare a guardarla. Il desiderio di rivederla però era così grande che il povero Orfeo non resistette e si girò; fu un attimo Euridice sprofondò nuovamente nel regno dei morti e solo il nostro ricordo ogni volta la riporta in vita.

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Cultura

Via Dall’Aspromonte - Pietro Criaco «A strata pa so libertà” Pietro Criaco nato ad Africo vive in Piemonte. Studia cinematografia e legge il libro di Saverio Strati, “La teda” nei primi anni ottanta. Il titolo catturò la sua curiosità perché ad Africo, “a deda” era una scheggia di pino che si conficcava tra una pietra e l’altra, per illuminare le case. Si appassiona a questa storia e gira Terrarossa, un suo film del 1985. Dopo il restauro del colore e del suono da parte del regista, il giorno 11 agosto 2015 fu proiettato in piazza ad Africo, alla presenza di quasi tutti gli attori che vi avevano partecipato allora, dopo trent’anni. Leggere un libro non vuol dire stare qui a raccontare la trama del libro, leggere e parlarne vuol dire donare un filo da afferrare per continuare a fare strada con le storie che ci appartengono. Voglio perciò regalarvi quel

ghi Africo con Bocca Marina. Una strada. Non sono mai stata ad Africo, ricordo invece San Luca, Polsi, dove fui tanti anni fa, l’Aspromonte di Corrado Alvaro, ed ora più a sud Africo Vecchio alle pendici dell’Aspromonte. Un paese poi creato al mare, vicino Bianco. Il libro di Pietro Criaco fa narrazione di momenti storici ben precisi, di situazioni vere, di drammatici contesti tristemente sopportati e vissuti da abitanti di diversi paesi della Calabria. Un libro che mi riporta a Giuseppe Maria Galanti, ai suoi rendiconti alla corte del re di Napoli, la tassa sul macinato, mi riporta a Gioacchino Criaco e al suoAnime Nere, alla storia di soprusi e di ingiustizie, di miserie e malattie dalla quale poi è nata la malapianta della malavita. Nel libro di Pietro però rimane la fiducia che la strada si faccia, si possa fare e mentre io leggo

se privo di medico, di aule scolastiche (le lezioni si svolgevano nelle stanza da letto della maestra); gli abitanti si nutrivano di un immangiabile pane fatto con lenticchie e cicerchie[8][9].

filo nella fiducia che vogliate tenerlo con voi. Nella storia del paese e di Andrea, il bambino protagonista e il suo rapporto col padre “Tutto girava intorno a mio padre ed io ero la luce dei suoi occhi. Lo capivo dal suo sguardo, dai suoi atteggiamenti. Erano i giorni della vita e del sole, della luce e dell’aria. Tutto brillava intorno a me che vivevo di piccole cose, di granelli, di pulviscoli quasi invisibili. Tutto era per me come una festa. E poi c’era la fiducia di mio padre, il collante perfetto per superare tutti gli ostacoli. Era come volteggiare nell’aria con le farfalle di maggio. C’erano i canti delle donne, i discorsi con Andrea lo spaccapietre e la nostra, prima e unica strada da completare. E alla fine, sopra tutto questo, c’era mio padre che troneggiava come un gran condottiero, che lottava per la libertà del suo popolo da “Via dall’Aspromonte” fino alla decisione di fare una strada che colle-

commossa i giochi dei bimbi, il gioco della lippa o a caccia di nidi dentro la boscaglia, i cibi, i dolci col miele, mi ritrovo a ribellarmi nel veder morire di parto perché il medico non arriva. Una comunità lasciata sola. In un momento storico confuso più che mai servono libri come questo per non perdere identità, storia, e fonti precise, riferimenti utilissimi per non seguire il finto e il falso portato in giro fino a sfigurare territori e anime. Un libro che rispetta la forza del pensiero. La strada verso la libertà.

corredato da alcune fotografie di Tino Petrelli; tale reportage (che faceva parte di un’ampia inchiesta sulle condizioni del Mezzogiono promossa da Arrigo Benedetti) mostrava come le condizioni del paese non fossero sostanzialmente migliorate rispetto a quelle descritte vent’anni prima da Zanotti Bianco”

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“Le condizioni sociali ed igieniche di Africo nel periodo interbellico erano disastrose. Il meridionalista Umberto Zanotti Bianco, coadiuvato dal giovane Manlio Rossi Doria, eseguì un’inchiesta su Africo nella quale riferiva come il paese fosse annidato su case dirute per il pregresso terremoto, isolato geograficamente, afflitto da tasse indiscriminate e da malattie, fosEditore: Grafichè di A. Perri

Il 20 gennaio 1945 la popolazione di Africo assaltò con armi da fuoco e distrusse con bombe a mano la locale caserma dei carabinieri, costringendo i tre o quattro militi presenti a rifugiarsi negli scantinati e liberandoli solo dopo averli disarmati[10]. In questo periodo si costituirono nel paese la sezione del Partito socialista, quella del Partito comunista e la Camera del lavoro. Nel marzo 1948 il settimanale “L’Europeo” pubblicò un reportage da Africo a firma del giornalista Tommaso Besozzi,

FILM TERRAROSSA (1985) Film Terrarossa del 1985 di Pietro Criaco Il film nasce nell’ormai lontano 1985 ispirato da una coinvolgente lettura del romanzo di Saverio Strati, LA TEDA da parte del regista Pietro Criaco. Il film ha ricevuto alcuni premi e fu proiettato al Festival Cinema Giovani a Torino

Ippolita Luzzo pag. 19


La parola alla Psicologa

I Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) e l’importanza dell’individuazione precoce Cosa sono i DSA? DSA è l’acronimo di Disturbi Specifici di Apprendimento. Comprendono la dislessia, la disgrafia, la disortografia e la discalculia. Questi disturbi possono presentarsi isolati, ma spesso coesistono e possono presentarsi con gravità differenti, in base al tipo di compromissione. Questa, infatti, può partire da una semplice lentezza nella lettura, scrittura o nell’ eseguire i calcoli fino a giungere ad un’incapacità di decodificare i simboli alfanumerici o ad utilizzare procedure di calcolo. Questi Disturbi vengono definiti “specifici” perché interessano uno specifico dominio di abilità in modo significativo ma circoscritto, lasciando inalterato il funzionamento intellettivo generale. È necessario sottolineare che tale disturbo si presenta nonostante un (Q.I.) quoziente intellettivo nella “norma”, una certa proprietà di linguaggio, un’istruzione adeguata ed un ambiente socioculturale favorevole. La definizione di diagnosi di D.S.A. avviene in una fase successiva di apprendimento scolastico, è necessario infatti che sia terminato il normale processo di insegnamento delle abilità di lettura e scrittura (fine della seconda elementare) e di calcolo (fine della terza elementare). Nello specifico, la dilessia è un disturbo nella lettura dovuto a difficoltà di decodifica del testo, che consiste nel mancato riconoscimento della corrispondenza fra lettera e suono. La confusione nella lettura di lettere, quali ad esempio m/n, f/v, a/e, d/b, p/q, influisce negativamente sulla capacità di leggere in modo corretto e fluente. Con disgrafia si definisce la realizzazione grafica poco chiara della scrittura, spesso illeggibile, e la difficoltà a padroneggiare gli strumenti del disegno. La disortografia è il disturbo nella scrittura, derivante dal mancato riconoscimento della corrispondenza fra suono e lettera, che quindi causa errori ortografici. La discalculia è il disturbo nelle abilità di numero e di calcolo. Riguarda la padronanza di abilità fondamentali quali addizioni, sottrazioni, moltiplicazioni e divisioni; lettura e scrittura di numeri, confronto di quantità, abilità di conteggio e risoluzione di problemi. Quante volte, i bambini con questi disturbi, non ancora riconosciuti, vengono additati come svogliati e incostanti? Purtroppo ancora tanti bambini subiscono l’amara frustrazione di sentirsi diversi, a casa come a scuola, pensando di non essere capaci ad imparare come i propri compagni. Per questi bambini la lettura e la scrittura sono molto faticose, i loro quaderni disordinati e illeggibili e i risultati scolastici disastrosi. Diventa fondamentale, per portare questi ragazzi ad un miglioramento scolastico e di vita, oltre che un significativo innalzamento della motivazione e dell’autostima, creare una forte sinergia tra genitori e scuola prima, e figure preposte al sostegno (psicologi, logopedisti ecc.) poi. Indagini epidemiologiche hanno rilevato un’incidenza dei D.S.A., nella popolazione scolastica italiana, che oscilla tra il 5 e il 10%, cioè in ogni classe è presente almeno un bambino con disturbo dell’apprendimento. A ragione di questo, negli ultimi anni si è assisto ad un progressivo interesse verso questa tematica, sfociata poi nell’approvazione della legge 170/2010. Questa legge, riconosce l’esistenza e la specificità dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento, detta i principi generali che devono guidare l’intervento, nell’ambito scolastico e sanitario, con lo scopo di favorire le potenzialità dei soggetti che ne sono affette. Tale legge, rappresenta un grande passo per un cambiamento culturale necessario nel nostro Paese per offrire, ai soggetti affetti da D.S.A., la possibilità di usufruire dell’istruzione nel miglior modo possibile. È una legge che ridisegna in qualche modo il ruolo dell’insegnante e della scuola e che induce l’istituzione a migliorare le prestazioni nei

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confronti dei soggetti con D.S.A., riducendo il deficit funzionale e la sofferenza che accompagna tale deficit. Se molto è stato fatto, tanto atro è ancora da fare; i D.S.A. a tutt’oggi sono ancora sotto-diagnosticati, riconosciuti tardivamente o confusi con altri disturbi. Per il genitore e l’insegnante è importante sapere come si presentano i D.S.A. e quali siano le manifestazioni più comuni, così da poter cogliere i campanelli d’allarme e facilitare il riconoscimento del disturbo. Partendo dal presupposto che ogni bambino ha le sue peculiarità, le sue difficoltà non si manifesteranno necessariamente tutte o comunque non sempre con le stesse combinazioni, pertanto è opportuno conoscere quali siano i segnali da tenere in considerazione per agire tempestivamente. Il bambino, ad esempio, potrebbe manifestare una lentezza eccessiva nell’apprendimento della lettura, accompagnata da una scarsa comprensione di ciò che legge e scarsa memoria di ciò che ha appena letto. Potrebbe manifestare, inoltre, difficoltà nell’apprendere il processo di scrittura, con una grafia poco leggibile e disordinata, con il mancato rispetto delle righe e dei quadretti ed errori ortografici. Le problematiche lega-

te alla matematica si evincono, invece, dalla difficoltà nello svolgere operazioni anche semplici, sia a mente che in forma scritta, oltre che all’estrema difficoltà nel memorizzare le tabelline e comprendere un problema matematico. Queste difficoltà potrebbero manifestarsi sia a scuola che a casa, nel momento in cui il bambino svolge i suoi compiti. Diventa necessario quindi, osservare attentamente il bambino sia durante le ore scolastiche che durante lo svolgimento dei compiti a casa e, nel caso in cui si evidenziassero alcune o più difficoltà, inviarlo presso le figure specializzate a formulare una diagnosi (psicologo o neuropsichiatra infantile). La diagnosi, attraverso test specifici e standardizzati, è il punto di partenza per capire il livello di gravità e intraprendere il percorso di abilitazione/riabilitazione specifico. Perché quindi è così importante una diagnosi precoce? Una diagnosi tempestiva, ha indubbiamente numerosi vantaggi; se da una parte permette di evitare errori di valutazione che possano portare a colpevolizzare il bambino e ad attribuire la causa delle sue difficoltà a problemi psicologici o familiari, incidendo sulla sua autostima e motivazione; dall’altra, permette di costruire piani di interventi specifici e individualizzati, utilizzando tecniche di riabilitazione e trattamento. Una diagnosi precoce, con successiva presa in carico del bambino, consente di prevenire un disturbo ansioso-depressivo causato dalla sofferenza per il fallimento e il senso di inferiorità sperimentato. Dr.ssa Valeria Saladino, psicologa Referente per la provincia di Catanzaro della Società Italiana di Promozione della Salute saladino.valeria@gmail.com

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La parola alla Farmacista esperta in cosmetologia

Autunno, cadono le foglie e i ... CAP E L L I

“ Io senza capelli sono una pagina senza quadretti, un profumo senza bottiglia, una porta chiusa senza la maniglia ” scriveva Niccolò Fabi in un testo di una sua canzone. I capelli esprimono la bellezza del viso, sono un simbolo della nostra identità e oltre ad una funzione estetica e di seduzione riflettono lo stato d’animo e il benessere psicofisico di una persona. Per questo è fondamentale prendersene cura. In realtà fin dalle sue origini, l’uomo ha dato importanza e significato ai propri capelli. Nella storia e nella mitologia sono innumerevoli i riferimenti ai capelli come simbolo di forza e di energia, potere e ricchezza e nonostante la biologia ci insegna che non hanno scopo funzionale per la razza umana che potrebbe sopravvivere benissimo anche se fosse completamente calva, la caduta dei capelli è un problema che affligge sia uomini che donne con ansie e timori. I capelli costituiscono gli annessi cutanei, sono strutture formate dall’aggregazione di una proteina, la cheratina e presentano un proprio ciclo di vita suddiviso in tre fasi: · ANAGEN: fase di crescita e formazione del capello, dura da 2 a 7 anni; · CATAGEN: fase di regressione, dura 1/2 settimane; · TELOGEN: fase di riposo, dura 5/6 settimane. In condizioni normali, i capelli in anagen costituiscono l’80-90%, quelli in catagen l’1% e quelli in telogen il 10-20%. Quando la percentuale di follicoli piliferi Lamezia e non solo

in fase telogen aumenta, si nota anche un aumento della caduta dei capelli e si sviluppa un diradamento del cuoio capelluto. Sono molti i fattori che mettono in pericolo la salute dei capelli: stress fisico, shampoo aggressivi, colorazioni e decolorazioni frequenti ma il più pericoloso è l’abbondante esposizione al sole durante i mesi estivi che comporta secchezza, perdita di colore, superficie ruvida, fragilità e indebolimento. Inoltre, il calore, la sabbia, l’acqua salata, il cloro della piscina, l’aria condizionata disidratano i capelli che così si spezzano facilmente. Per combattere questo fenomeno si può cercare di riparare la struttura dei capelli fornendo al cuoio capelluto ingredienti capaci di rinforzare o promuovere la ricrescita dei capelli. Si ricorre di solito a semplici lozioni, a base acquosa o idroalcolica, a shampoo e fiale anticaduta che rappresentano una classe di cosmetici definita come tonificanti capillari e che costituiscono un prodotto di confine tra il cosmetico e il trattamento farmacologico. Le loro formulazioni cosmetiche sono caratterizzate dalla presenza di alcool, quale componente principale in grado di svolgere un’azione tonica a livello del cuoio capelluto favorendo la circolazione sanguigna locale e l’afflusso di sangue al bulbo pilifero, glicerina con funzione idratante e lubrificante, acqua con il ruolo di veicolo ed estratti vegetali. Le principali piante presenti nelle formulazioni sono:

come pianta anticaduta;

Ø Orzo: contiene proantociani con azione stimolante delle cellule epidermiche che svolgono la funzione di aumentare la fase anagen del capello; Ø Camelia sinesis: nota con il nome comune di Tè Verde, contiene diverse molecole ad attività antiossidante tra cui spiccano vitamine e oligoelementi come Zinco e Ferro. Sono molti inoltre, i prodotti proposti come integratori alimentari da assumere per via orale. Essi contengono principalmente: · Proteine e amminoacidi: cistina, lisina, taurina, metionina. · Oligoelementi: zinco, ferro, magnesio, rame, selenio. Essi contrastano l’invecchiamento e l’indebolimento del cuoio capelluto. · Vitamine ed antiossidanti: la vitamina B5 definita la vitamina dei capelli permette il rinnovamento cellulare della cute e determina un migliore stato di salute dei capelli, la vitamina B6 incrementa la vita media del capello, la vitamina C manifesta attività antiossidante che la rende importante nel mantenimento in buono stato dei capelli. E’ bene quindi associare il trattamento cosmetico ad una alimentazione completa e bilanciata, una corretta igiene dei capelli e uno stato d’animo sereno. I capelli sani e belli sono preziosi; essi vanno accuditi, protetti e custoditi.

Ø Serenoa repens: nota con il nome comune di palma nana, permette il mantenimento della fase Anagen e un’ottimizzazione della fase catagen; Ø Urticaa dioica: si tratta della classica ortica, utilizzata sin dall’antichità nei trattamenti del cuoio capelluto essendo nota Editore: Grafichè di A. Perri

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Lamezia e non solo


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Addio, grande e stimato uomo,

Pietro Dare l’ultimo saluto, dire addio o chiudere una tappa importante della propria vita è sempre difficile. Ancor di più in una società come quella attuale, in cui neghiamo la morte, la schiviamo, la evitiamo e la scansiamo in tutti i modi possibili. Ma, alla fine, ad un certo punto della nostra vita, bisogna guardare in faccia la realtà ed affrontarla. Pietro d’Ippolito ci ha lasciati. Si è spento pochi giorni fa nella città di Lamezia Terme, uno dei personaggi più in vista degli ultimi 50 anni della nostra città. E’ stato l’animatore, regista del noto locale Blu 70 di Stalettì (cz) dove ho avuto il piacere di suonare per lui molti anni fa. Persona educata all’ascolto, apprezzato e stimato da un pubblico che lo ha seguito ed amato attraverso gli anni, come dimostrano i numerosi attestati di stima, a tutti i livelli. Pietro ci è sempre stato vicino, concretamente, presenza fedele e immancabile ad ogni momento significativo nella nostra vita. La fine di un grande Uomo, la sua morte è un evento triste che rimette in discussione non solo le abitudini e l’autostima, ma anche la percezione della vita e il senso stesso dell’esistenza. Quando un rapporto dura da molto tempo si fatica ad accettare l’idea che tante emozioni, tanti momenti passati insieme e tanti anni di vita possano sfuggire dalle proprie mani come se non ci fossero mai appartenuti fino in fondo. Arrivederci Grande Amico Pietro da oggi il cielo è ancora più Blu. Egidio Ventura

Testata Giornalistica - anno 25°- n.35 - agosto.settembre 2017 Iscrizione al Tribunale di Lamezia Terme n. 609/09 Rug. - 4/09 Reg. Stampa del Direttore Responsabile: Antonio Perri Edito da: GRAFICHÈditore Perri Lamezia Terme - Via del Progresso, 200 Tel. 0968.21844 - e.mail. perri16@gmail.com Stampa: Michele Domenicano Allestimento: Peppino Serratore Redazione: Giuseppe Perri - Nella Fragale - Perri Antonio Progetto grafico&impaginazione: Grafiché Perri-0968.21844

Le iscrizioni, per i privati sono gratuite; così come sono gratuite le pubblicazioni di novelle, lettere, poesie, foto e quanto altro ci verrà inviato. Lamezia e non solo presso: Grafiché Perri - Via del Progresso, 200 88046 Lamezia Terme (Cz) oppure telefonare al numero 0968/21844.

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Per qualsiasi richiesta di pubblicazione, anche per telefono, è obbligatorio fornire i propri dati alla redazione, e verranno pubblicati a discrezione del richiedente il servizio. Le novelle o le poesie vanno presentate in cartelle dattiloscritte, non eccessivamente lunghe. Gli operatori commerciali o coloro che desiderano la pubblicità sulle pagine di questo giornale possono telefonare allo 0968.21844 per informazioni dettagliate. La direzione si riserva, a proprio insindacabile giudizio, il diritto di rifiutare di pubblicare le inserzioni o di modificarle, senza alterarne il messaggio, qualora dovessero ritenerle lesive per la società. La direzione si dichiara non responsabile delle conseguenze derivanti dalle inserzioni pubblicate e dichiara invece responsabili gli inserzionisti stessi che dovranno rifondere i danni eventualmente causati per violazione di diritti, dichiarazioni malevoli o altro. Il materiale inviato non verrà restituito.

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