Eclettismo a colori
32 architetture milanesi di Giovanni Franzi
Esistono molte variabili all’interno del mondo No profit nella ricerca di sponsorizzazioni o di raccolta fondi. Saman, nella sua storia, ha sempre cercato di armonizzare la cura dell’altro con la dimensione dell’arte che diventi cura essa stessa. Ieri con Alda Merini oggi con Giovanni Franzi. Franzi ha aderito, come a suo tempo hanno fatto altri artisti, accettando la nostra ospitalità, devolvendo parte consistente di quanto si riuscirà a realizzare ma soprattutto condividendo, con noi, l’idea tutt’altro che balzana per cui la cura delle malattie dell’anima non possa prescindere dalla tensione (educazione) verso il bello. Un principio educativo a cui teniamo molto, rinvenendo nelle fragilità umane che incontriamo nel nostro mestiere, un desiderio mai sopito di bellezza. In chiave psicologica decifrabile come ricerca di maggiore consapevolezza ed in chiave emotiva come ricerca interiore di una estetica armoniosa. E quindi la scelta dei palazzi di Franzi non è scelta casuale: la sua rivisitazione può essere assimilata al lavoro che uno psicoterapeuta conduce insieme al suo paziente: il rigore simmetrico nei palazzi di Giovanni Franzi si fa rotondo alla pari di un carattere spigoloso che si smussa nella relazione terapeutica. C’è un filo conduttore tra ciò che facciamo in comunità e ciò che proponiamo con questa mostra, allo spazio Energolab. Una curiosità per l’esistente che, parafrasando il filosofo Salvatore Natoli, non dovrebbe essere cosa “che si può assumere a propria discrezione”. Al contrario rappresenta la direttrice ultima che conduce le nostre azioni attraverso gli occhi nel caso dell’artista e l’ascolto nel caso nostro. Achille Saletti
“L’approccio punitivo presente in alcune comunità è espressione estrema di un modo di pensare alla tossicodipendenza come ad una colpa e al drogato come ad un colpevole. Questo approccio, purtroppo ancora molto diffuso sia tra gli addetti ai lavori ma anche tra la gente comune, è intollerabile. Per SAMAN la persona che si rivolge a noi è una persona che soffre e che dunque deve essere accolta e compresa per essere aiutata a trovare una soluzione a questa sofferenza” Achille Saletti, Presidente
Da più di trent’anni Saman si occupa dei problemi legati ai consumi di sostanze psicotrope e ha quindi assistito da una posizione privilegiata ai profondi cambiamenti di una società nella quale l’uso di droghe, alcol e farmaci è diventato un fenomeno talmente trasversale da risultare quasi costituivo della società stessa. Un sempre maggior numero di livelli, individuali, familiari, scolastici e lavorativi, sono investiti dai problemi che questi consumi possono indurre. Un sempre maggior numero di prospettive, socio-educative, psico-relazionali e neuro-biologiche, devono essere assunte per offrire risposte adeguate alla complessità di domande spesso sommerse e di difficile elaborazione. In questo quadro Saman ha sempre cercato di evitare la semplificazione e la banalizzazione di alcune letture con le quali ancora oggi viene affrontato in modo ideologico il tema delle droghe e dei comportamenti compulsivi. Così come non appartiene al patrimonio culturale di Saman un approccio colpevolizzante o comunque giudicante verso chi consuma e verso chi sviluppa una dipendenza. Saman, dall’ormai lontano 1996, ha orientato il suo lavoro nella direzione della ricerca e della professionalizzazione degli interventi, dotando i propri organici di educatori, psico-
logi, psicoterapeuti, psichiatri, sociologi e ricercatori, al fine di offrire interpretazioni scientificamente fondate e opzioni di trattamento adattabili alle caratteristiche individuali e valutabili in termini di efficacia. La metodologia di intervento di Saman è di tipo sistemico-relazionale e prevede il coinvolgimento nel programma terapeutico non solo dell’individuo che consuma sostanze, ma anche della famiglia, attuale e d’origine, al fine di comprendere meglio il disagio del paziente in relazione ai comportamenti, ai sentimenti e alle aspettative della famiglia stessa. Tale approccio è promosso, coordinato e supervisionato da più di 15 anni dal Professor Luigi Cancrini e dal suo gruppo di lavoro, i quali però, rifuggendo qualsiasi ortodossia, hanno sempre analizzato le modalità con cui altri approcci psicoterapeutici, ma anche psichiatrici, possono integrarsi con una lettura delle difficoltà individuali che vuole comunque evitare ogni riduzionismo. A questa apertura sul piano metodologico ha sempre corrisposto un’apertura sul piano istituzionale. Da qui la stretta collaborazione sviluppata con Aziende Sanitarie e Ospedaliere, Università, Scuole, Centri di Ricerca, mondo del lavoro e altre realtà del Privato Sociale. Apertura che ha permesso di sviluppare competenze e network operativi in grado di coprire le quattro fasi che, a livello internazionale, sono considerate i pilastri di un corretto approccio alla dipendenza da sostanze. Saman gestisce così interventi di Prevenzione, Riduzione dei Rischi, Trattamento e Reinserimento Sociale, modulando la propria azione in funzione della diversità individuali e di contesto. In questi anni la ridefinizione dell’operatività è andata di pari passo con quella degli assetti organizzativi: al lavoro dell’Associazione Saman si è così affiancato quello della Cooperativa Saman Lavoro, finalizzato al reinserimento sociale e lavorativo delle persone che hanno completato il proprio percorso terapeutico, e quello della Cooperativa Saman Servizi cui sono state demandate progressiva-
mente le gestioni dei centri Saman. La rimodulazione operativa e organizzativa del gruppo Saman ha permesso di estendere il raggio d’azione a nuovi destinatari, come i minori e le donne in difficoltà, gli immigrati, gli ex-detenuti e tutte le persone in condizione di grave marginalità sociale. Più recente è la nascita di Saman Mozambique, un’associazione attiva nel territorio mozambicano con progetti di sostegno scolastico e formazione degli operatori sanitari locali. Ad oggi Saman è presente in 6 Regioni italiane (Lombardia, Emilia Romagna, Lazio, Puglia, Calabria e Sicilia) con Centri di Accoglienza, Sportelli Informativi, Centri di Psicoterapia, Comunità Terapeutiche e Case Alloggio. Un’ampia e variegata offerta di strutture e servizi accreditati funzionale alla diversità delle domande portate dalle oltre 1000 persone che ogni anno si rivolgono a Saman e agli oltre 150 professionisti che per ivi lavorano.
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cioni, quei peli di prato che separano dal
di gioco è l’arte di Giovanni Franzi, pit-
nulla che è il suolo? E se gli edifici, e con
tore dal vero con la testa di un fumetti-
loro la città intera, andassero finalmente
sta che se la ride un po’ di tutto, mentre
a farsi un giro nel cielo come tanti pallon-
nelle piazze deve vedersela con mimi e
cini? Una goccia di gioco sull’occhio di chi
statue umane, giocolieri e briciole dell’ul-
li osserva, ma anche nel corpo dei casa-
tima cena: una città girotondo di involu-
menti, che li allaga e discioglie nella loro
cri solitari e sottili, pelle di affanni che si
casacca di mattoni e pietre, accorda la sta-
risolvono insieme nel turgore sensuale e
tura al movimento, imprime con la calli-
nella lievità della mongolfiera, tra eroti-
grafia una terza dimensione esplosiva o
smo e astrazione. Per tutte quelle volte
prosciugata, aerostatica, l’andare balzel-
che la persona come cittadino-artista di
lando incerti sul filo, restare appesi, forse
strada, piantato nel freddo di fronte alle
anche volare, distaccarsi da terra (nella
sue banche, palazzi, castelli, cimiteri, assi-
Stazione Bullona con un ricordo di base
curazioni, cappelle, scuole e gallerie, sta-
circolare di attracco) o inchinarsi sfiniti,
tue e stazioni si è improvvisamente ferma-
ripiegarsi su se stessi, sul basamento pelo-
to, e per sempre, a pensare, anzi a pesa-
so di qualche porro o impurità epidermi-
re l’istituzione, ad ascoltare con lo sguar-
ca, che denuncia ridendo lo sfascio nasco-
do il respiro kafkiano che sente venire da
sto in ogni slancio: gonfiare il petto prima
dentro, lo vede intrappolato gonfiare e
di accasciarsi per sempre.
prosciugare, e sfida a gonfiarsi oltre perché non è vero che gli sopravviverà, non è vero che il cuore dell’uomo cambia più lentamente di quello delle strade in cui vive, ma ne anticipa la visione di grandezza e rovina, si domanda fin quando e fin dove soprattutto nello spazio queste forme, codeste supponenti presenze insomma, oseranno spingersi: non vedono le barbe che già spuntano tra i corni-
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Lorenzo Pavolini
Foto di Serafino Amato
Scegliere le architetture come compagne
Lorenzo Pavolini è nato a Roma nel 1964. È redattore della rivista Nuovi Argomenti. Ha pubblicato i romanzi Senza rivoluzione (Giunti 1997, premio Grinzane Cavour esordiente), Essere pronto (peQuod, 2005), Accanto alla tigre (Fandango, 2010, finalista Premio Strega, vincitore del Premio Mondello e del Biografilm Books Award), Tre fratelli magri (Fandango 2012). Con Serafino Amato ha realizzato Ecatombe, i girini della storia (libro+dvd, Headmaster 2008). Ha partecipato a diversi progetti teatrali del Romaeuropa Festival, del Teatro Stabile Mercadante di Napoli (Petrolio, Arrevuoto, Stormo) e del Teatro Palladium di Roma. Collabora con Radio3Rai, curando cicli di radiodrammi e audio documentari e le trasmissioni Zazà (premio Lo Straniero 2011), Tre colori (premio Flaiano 2011), Wikiradio e Ad alta voce.
zi e ha progettato anche l’ex Palazzo della
Giovanni Franzi non fa uso di mescalina,
GIOVANNI FRANZI
Borsa, quello di piazza Cordusio. Il pitto-
lui le cose le vede così e non vi illudete,
Sembra che stia per sollevarsi da terra la
re lo raffigura come un cetaceo che avan-
chissà che immagine avrà di voi quando
Casa di Riposo Verdi, quasi fosse una mon-
za sbanfando tra i marosi della finanza.
vi guarda. Intanto, la Palazzina Vonwiller,
golfiera gonfia non di elio ma delle note
La Galleria Vittorio Emanuele, cugina
di fronte alla Banca d’Italia, si agita e fini-
e delle vite dei musicisti.
prima di quella di Bruxelles, è vista di
sce per somigliare alla moglie di Fritz il
Giovanni Franzi conosce il solfeggio e il
sghembo e ci offre una via d’uscita, uno
Gatto di Robert Crumb, un autore caro a
contrappunto del disegno, ma non vuole
spiraglio di luce dopo il quale saremo in
Franzi come lo sono Stanlio e Ollio, Char-
sfociare nell’armonia ufficialmente ricono-
piazza Scala. Sembra la porta di uno sla-
lie Chaplin, Karl Valentin e Jacovitti.
sciuta. Dopo un’ouverture tradizionale,
lom gigante. Fa da guardiano un antico
Ma torniamo alle cose serie, forse un po’
sempre, inevitabilmente, naturalmente, fa
lampione, uno di quelli che emanavano
grigie, ma indispensabili. Eccoci di fronte
suonare volutamente una nota stonata che
luce fioca, di notte, nella Milano misterio-
alla Ragioneria Municipale situata alla
è il sintomo di un disagio, di una devia-
sa ed operosa di fine ottocento.
destra di Palazzo Marino. Questa volta
zione della coscienza, alternativi alla sta-
Una città magicamente piccola, magica-
Franzi non interviene, non scherza: i conti,
bilità della società borghese.
mente grande. La gente vi arriva ancora
usciti a caccia, devono tornare.
L’architettura per lui è un pretesto di pie-
oggi da lontano, naturalmente un lonta-
tra o di cemento per rispondere al pro-
no-vicino. L’edificio incinta delle ferrovie
prio interrogativo esistenziale tramite il
nord Milano, Stazione Bullona, sta per
disegno. Franzi fa entrare nel suo campo
sgravarsi di tutti i pendolari.
visivo anche quelle che per lui sono le fat-
Il fish-eye interno di Franzi, collegato per-
tezze seducenti della vita. Esse formano
fettamente alla sua mano di designatore
e deformano l’immagine di un edificio ren-
è capace di illustrare ciò che esiste e si
dendolo riconoscibile-irriconoscibile,
vede e ciò che esiste e non si vede.
immateriale e carnale.
I trenta traslochi della vita errante di un
La Cappella Broggi del Cimitero Monu-
berlinese finito a Milano, la precarietà di
mentale è rappresentata da tre pallonci-
un trapianto che non ha attecchito, l’idea
ni che volano, quasi a significare che que-
leggera e scenografica, la sua incapacità
sti morti sono ancora vivi.
di allinearsi, hanno smaterializzato l’archi-
Anche l’architetto Broggi che l’ha costrui-
tettura dissolvendola nel soffio poetico
ta riposa lì. È trisnonno di Giovanni Fran-
dell’edificio.
Ritratto di Francesco Santosuosso
LA RIVOLUZIONE PERMANENTE DI
Jean Blanchaert
Galleria Blanchaert. Fondata nel 1957 da Silvia Blanchaert, specializzata in antiquariato e poi anche in vetri di Murano del ‘900 (Bianconi, Martinuzzi, Scarpa), la galleria, diretta dal figlio Jean, oggi è incentrata sulle arti decorative contemporanee (vetro, ceramica, smalto, legno, marmo) e svolge attività di talent scout anche nel campo della pittura e della fotografia. Jean Blanchaert è collaboratore fisso del mensile Art e Dossier (Giunti Editore) diretto da Philippe Daverio.
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Ascolto il tuo cuore, città, è il titolo del
re modello propositivo dal punto di vista
Questo senso di cittadinanza s’incarna
bellissimo libro che Alberto Savinio dedi-
culturale, economico e politico per tutta
nelle architetture, nei contesti, nelle piaz-
cava alla città di Milano nel 1944, in un
la realtà nazionale; ma vuole, inoltre,
ze urbane, nel paesaggio rispettato, nelle
momento di grave crisi, nel quale fu neces-
cogliere e riproporre in una veste figu-
scuole, nei parchi e in quei luoghi che faci-
sario ritrovare le radici più profonde della
rativa moderna i valori che ancora posso-
litano l’incontro con gli altri, dove il costrui-
civiltà e della cultura per poter ricostrui-
no avere sviluppi ed esiti per la Milano
to è strumento di mediazione tra le diver-
re una nuova società. E sono queste stes-
del XXI secolo.
sità. Sono spazi urbani comuni, eppure
se parole a guidare lo sguardo rivolto ai
L’intreccio tra arte, cultura e creatività sono
percepiti come propri e da proteggere,
disegni di Giovanni Franzi, in una nuova
in questo momento un soggetto fragilis-
proprio in quanto condivisi.
interpretazione a colori della Milano del-
simo, che ha bisogno di particolare atten-
Sono le architetture e gli spazi che Gio-
l’Eclettismo, di quella Milano d’inizio Nove-
zione specie nei contesti urbani. E parlan-
vanni Franzi ha scelto come soggetto dei
cento, la “città più città d’Italia”, che fu
do di città e di creatività, non è mai scon-
suoi disegni, riportando la città nel suo
teatro nel 1906 dell’Esposizione interna-
tato ricordare alcune frasi di Italo Calvi-
ruolo di protagonista e non di semplice
zionale del Sempione.
no tratte da Le città invisibili: “Le città sono
scenario della vita urbana e della contem-
Una città seria, con una bellezza partico-
un insieme di tante cose: di memoria, di
poraneità.
lare, costruita da generazioni di architet-
desideri, di segni d’un linguaggio; le città
ti (tra i quali spiccano Camillo Boito, Luca
sono luoghi di scambio, come spiegano
Beltrami, Luigi Broggi), che seppero inter-
tutti i libri di storia dell’economia, ma que-
pretare le richieste della committenza pub-
sti scambi non sono soltanto scambi di
blica e privata, impegnate entrambe nella
merce, sono scambi di parole, di deside-
costruzione del nuovo ruolo di Milano,
ri, di ricordi”. Nelle sue pagine Calvino
capitale industriale, commerciale e finan-
non ci offre solo una rappresentazione let-
ziaria dell’Italia unita.
teraria, ma anche e soprattutto suggeri-
La rilettura dell’opera di questi professio-
sce un’idea di quanto la città sia comples-
nisti, che costruirono il nuovo volto urba-
sa e di quanto essa possa essere corpo
nistico e architettonico del capoluogo
e rete, un corpo vivo e in forte trasfor-
lombardo tra XIX e XX secolo, vuole, dun-
mazione, denso di contraddizioni, nel
que, celebrare un momento nel quale
quale però il vero riscatto è dato dal senso
Milano è stata consapevole del proprio
civico, dal senso di appartenenza, di orgo-
valore e della propria capacità di diveni-
glio locale e di cittadinanza.
Maria Canella
Maria Canella, dottore di ricerca in storia, insegna «Storia e documentazione della moda», «Comunicazione e editoria di moda» e «Storia delle donne e dell’identità di genere» presso il Dipartimento di Studi storici dell’Università degli Studi di Milano. Si occupa di storia della città e del territorio in area lombarda tra XIX e XX secolo, con particolare attenzione agli aspetti funzionali (edilizia pubblica e residenziale, cimiteri, carceri, impianti sportivi e industriali), alla storia sociale e dell’assistenza. Tra le pubblicazioni recenti: Paesaggi della morte. Riti, sepolture e luoghi funerari tra Settecento e Novecento, Roma, Carocci, 2010; Sport e stile. 150 anni d’immagine al femminile, Milano, Skira, 2011; Gli archivi delle donne 1814-1859. Repertorio delle fonti documentarie femminili negli archivi milanesi, a cura di Maria Canella e Paola Zocchi, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2012; Verso uno “stile nazionale”. Temi e figure di storia del territorio, della città e delle tipologie funzionali, Nexo, Milano 2012.
Eclettismo a colori 32 architetture milanesi di Giovanni Franzi
SITO BAGATTI VALSECCHI - 1 8
CUCINE ECONOMICHE 9
CIMITERO MONUMENTALE 10
CASA BIANDRÀ
PALAZZINA VONWILLER
CAPPELLA VERDI 11
STAZIONE BULLONA 12
PALAZZO DELLA PERMANENTE 13
PALAZZO DELLA BORSA 14
ASSICURAZIONI GENERALI
15
CASA CANDIANI 16
SINAGOGA
SCUOLE ELEMENTARI FEMMINILI
PALAZZO CASTIGLIONI 17
RAGIONERIA MUNICIPALE 18
GALLERIA VITTORIO EMANUELE 19
CASA VERDI 20
BANCA D’ITALIA 21
CORRIERE DELLA SERA 22
CASA BROGGI
CAMERA DI COMMERCIO E INDUSTRIA
BANCA COMMERCIALE ITALIANA 23
CREDITO ITALIANO 24
CAPPELLA BROGGI 25
PALAZZO MARINO 26
SITO BAGATTI VALSECCHI - 2 27
CASA COPPEDÈ 28
STAZIONE CENTRALE
STATUA DEL PARINI
CASTELLO SFORZESCO 29
TOMBA BRANCA 30
CAPPELLA OCCA
SITO BAGATTI VALSECCHI 1 - pag. 8 Ho ridotto i tre lati dell’architettura eclettica del palazzo della famiglia Bagatti-Valsecchi proprietaria del sito a tre palloni tenuti da un filo che, sebbene vorrebbero essere portati via dal vento sbattono e si accasciano per terra.
LA PERMANENTE - pag. 13
SCUOLE ELEMENTARI FEMMINILI - pag. 17 Ho preso solo un ingresso delle scuole elementari maschili e femminili di via Galvani, cioè quello femminile isolandolo dal resto del monumentale edificio e ne ho fatto una torretta gialla posta su una curva che si arriccia non sapendo come dare un senso a quello che avevo già cominciato a fare nel centro del foglio, sviluppando un’immagine che evoca una bambina con un gatto tra le braccia.
CUCINE ECONOMICHE - pag. 9 Già disegnata fatta e finita a sanguigna su un formato di carta che non mi piaceva per cui ho distrutto il disegno, mi metto a disegnarla di nuovo con una forma diversa, più sgraziata dell’altra anche a causa dell’irritazione per aver buttato una cosa che andava già bene. Così appare questa forma difficile da digerire e senza senso finché non aggiungo accidentalmente la peluria nella sua parte inferiore dando un perché a tutto il disegno che prima non aveva. CIMITERO MONUMENTALE - pag. 10 Fatto e finito il disegno tutto in nero mi sono accorto che sarebbe stato meglio usare un colore allegro per dare un senso nuovo, di giocattolo a questa costruzione cimiteriale per cui ho cancellato e rifatto tutto in rosso. Così sta bene ed ha un senso anche perché risponde alla realtà del tramonto che alla sera lo tinge di rosso. CASA BIANDRÀ - pag. 10 Blu perché stava nell’ombra quando mi ci sono seduto davanti a disegnarla, non avendo nessun idea di cosa fare non ho fatto niente di speciale se non alleggerirla ai fianchi con una rastrematura che la fa diventare simile ad una nocciolina, come quelle che mangia Pippo il mio idolo dei fumetti. PALAZZINA VONWILLER - pag. 11 Situata sul retro della Borsa a cui si allinea in modo da rendersi invisibile nello stile architettonico del Broggi, prendo l’angolo lo schiaccio al centro e ne viene fuori quella forma umanizzata che può far pensare a Fritz il gatto di Crumb per via dei raggi del sole che tramonta dietro al palazzo. CAPPELLA VERDI - pag. 11 Dentro la Casa di Riposo dei Musicisti c’è la Cappella Verdi che ho disegnato in verde, complementare del rosso a significare una sorta di double face col suo esterno. L’afflosciamento esistenziale dell’edificio è a causa della mancanza di un’ispirazione di vita diversa dalla desolata spiritualità del silenzio al suo interno. STAZIONE BULLONA - pag. 12 Un ovale al posto di un rettangolo con sotto un ovale più schiacciato che ne fa l’ombra, danno l’idea di una stazione spaziale cosa che ormai la stazione Bullona non è più.
cuzione di questo disegno non ho incontrato il rabbino-capo e non c’è alcun messaggio nella deformazione che risponde solo ad un’esigenza grafica.
L’edificio di per sé non particolarmente interessante dal punto di vista pittoresco viene strozzato alle due estremità gonfiando la parte centrale fino a farlo diventare una caramella. LA BORSA - pag. 14 Disegno già presentato alla Fiera di Torino Biennale d’Arte dalla Galleria Blanchaert col titolo “La vecchia Borsa” viene ritoccato completamente e riproposto col titolo di “La Borsa”, anche se poi è diventato l’edificio delle Poste.
CASA CASTIGLIONI - pag. 17 Il disegno inizialmente troppo piccolo a significare un meteorite o un pianeta nello spazio si allarga successivamente con una peluria che fa pensare all’energia degli esseri umani che si diffonde e si espande per guadagnare un po’ di spazio nel foglio. RAGIONERIA MUNICIPALE - pag. 18 Di fronte alla ragioneria municipale non mi è venuto in mente di utilizzare nessun accorgimento per deformarne la forma che ho riproposto vista da un fish-eye immaginario stringendola un pó a sinistra. GALLERIA VITTORIO EMANUELE (o Margherita) - pag. 19
ASSICURAZIONI GENERALI (Equilibrista) - pag. 15 Compagno ideale della Casa Broggi per una “Passeggiata” se fossero stati messi insieme nello stesso foglio, da solo diventa un “Equilibrista” in omaggio alla tematica del maestro Gennaro Cicalese col quale ho fatto tante passeggiate durante le quali ci siamo scambiati i nostri reciproci interrogativi esistenziali. Ho messo la fune anche per non lasciar vagare il palazzo nel vuoto come ho sempre fatto in passato. CASA CANDIANI - pag. 16 Nell’angolo più triste di Milano tra il carcere e la circonvallazione lo stato di degrado della casa si aggiunge al disagio esistenziale e alla solitudine metropolitana che trovano la loro unica possibilità di espressione in un tentativo di comunicazione esibizionistica. SINAGOGA - pag. 16 Disegnata già altre due volte durante le quali faccio conoscenza del vice rabbino-capo Sciunnach che mi osservava alle spalle mentre disegnavo ed un giorno è arrivato con tutta la sua famiglia raccomandandomi di fargli vedere il disegno una volta finito andando a suonare il campanello della sinagoga, che così ho visto anche all’interno e quasi mi sono sentito parte di una comunità anche se per poco tempo da italo tedesco non integrato col perenne problema della casa, durante l’ese-
Rappresento la Galleria anche se non mi interessa la sua architettura che trovo semplicistica, perché per Milano è un’immagine tipica e ne faccio un disegno andando a caso senza sapere bene perché lo faccio se non mi interessa. Arrivo dopo un po’ a produrre un’immagine somigliante a una testa appesa ad un lampione che sembra uno spaventapasseri per cui aggiungo degli uccelli nel cielo poi li tolgo e faccio degli uccelli in un altro modo più grossi e poi li tolgo, poi dei rami o braccia che sporgono dalla testa dello spaventapasseri poi li tolgo, gratta scava e cancella finché faccio un buco e metto delle
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toppe di carta e ricomincio a mettere gli uccelli e a toglierli finché ad un certo punto mi convinco a mettere dei lampioni al posto degli uccelli come mi aveva suggerito la Margherita Lazzati fin dall’inizio e mi accorgo che era l’unica. Così invece dello spaventapasseri viene fuori la festa di Salomè e la testa di San Giovanni Battista sul piatto. CASA VERDI - pag. 20 Dal colore dei mattoni della casa, pastello rosso acquerellabile per fare una forma che vaga nello spazio leggera come una mongolfiera bitorzoluta. Non soddisfatto, per portare più in giù il disegno ed ancorarlo alla base del foglio aggiungo una colata sanguinolenta che potrebbe anche dare l’idea di una spremuta d’ingegno necessaria ad avvicinarsi alla necessità intrinseca della cosa che si sta facendo. BANCA D’ITALIA - pag. 21 Presa da una prospettiva centrale con un fish-eye esagerato che rende una forma ovale, piena come un sasso, lascia la sua ombra sul suolo che la colloca vicino a noi e non libera nello spazio. CORRIERE DELLA SERA - pag. 22
CASA BROGGI (o anche “Passeggiata” insieme alle Assicurazioni Generali) - pag. 22 Prendo l’angolo della casa Broggi e lo isolo dal resto che architettonicamente mi interessa meno e ne faccio una torre umanizzata un pó depressa che cammina nella metropoli. CAMERA DI COMMERCIO E INDUSTRIA - pag. 23 Tronfia e rigogliosa la sciurotta di via Meravigli avanza felice di avere un ruolo nella tranquilla operosità della società milanese. Ho disegnato solo l’angolo, la parte che mi serviva del palazzo di Ercole Turati. BANCA COMMERCIALE ITALIANA - pag. 23 L’ho messa in piedi su un piano dandole la forma di un würstel gonfio di colore sanguigna piegato un po’ a sinistra, così la banca messa sul piedistallo diventa opera d’arte. CREDITO ITALIANO - pag. 24 Il palazzo a forma di teschio verde-muffa aveva inizialmente anche le ossa incrociate che sono state messe e tolte due volte per evitare di mandare un messaggio negativo. Ho lasciato solo la banca a parlare che ricorda comunque la forma del teschio. CAPPELLA BROGGI - pag. 25 Prima ne ho disegnata una al centro del foglio per fare un disegno minimal ma accortomi che era troppo poco ne ho aggiunta un’altra più piccola e poi ancora un’altra di un altro colore sempre sul rosso per creare un po’ di movimento e perché non sapevo come riempire lo spazio del foglio, poi con l’aggiunta di un filo sono diventate dei palloncini. PALAZZO MARINO - pag. 26 L’edificio si deforma adeguandosi alle rotondità delle milanesi che gli passano davanti contaminando l’immagine istituzionale del palazzo del Comune di Milano con quella altrettanto influente della donna nuda alla finestra.
I due corpi architettonici che formano il Corriere della Sera di via Solferino vengono montati insieme creando una forma verticale a T laddove sarebbe stato impossibile rappresentarli tutti e due orizzontalmente sullo stesso foglio, afflosciando la parte che fa da cappello messa su quell’altra che sta in piedi e che diventa dunque il tronco di questo “fungo” che riceve anche una chioma per meglio sottolineare la deviazione antropomorfa di questa composizione architettonica, rimane normalmente impressa nella memoria dell’immaginario collettivo come “forma fallica”.
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vo. Avrei potuto disegnare anche l’uovo ma non l’ho fatto. STAZIONE CENTRALE - pag. 28 In blu per il freddo preso disegnando l’angolo sinistro della stazione, il luogo dove tutto il giorno intorno ai chioschi dei bar si raccoglie l’umanità dolente a bere parlare scambiare merci e altro, centro di quella vitalità invisibile che copre tutto il territorio della zona con la sua rete di comunicazione e di traffici per cui lo spazio non è vuoto come sembra, appare la faccia gigante del rappresentante tipico di quel genere di umanità. STATUA DEL PARINI - pag. 29 Rappresenta l’italiano medio che sta in piedi per farsi fotografare in mezzo ai piccioni che odia facendo le corna per scaramanzia. IL CASTELLO - pag. 29 Prendo solo la Torre del Filarete e la tratto a sanguigna colore dei mattoni, lasciando rigida la parte superiore e arrotondando e ingrandendo la parte bassa della torre che nell’intersezione delle sue curve lascia sbucare un ciuffo di peli a confermare il tipo di ispirazione carnale che ne ha influenzato la forma. TOMBA BRANCA - pag. 30 La tragedia di Cristo deposto dalla croce nel degrado e nell’indifferenza del mondo terreno per le cose spirituali che pure sbucano e si impongono alla nostra visione della realtà da dietro la croce sotto forma di luce, risolvono il disegno dandogli un senso che prima non aveva. CAPPELLA OCCA - pag. 30 L’involontaria forma fallica che la costruzione del Boito ha assunto dopo la mia rivisitazione è determinata da un’esasperazione del fish-eye anche se nello slancio creativo ho aggiunto dei particolari che rafforzano l’idea della provocazione sessuale, che in realtà risponde solo alla necessità propria del disegno di avere un senso in questa sua innocua scappatella fumettistica.
SITO BAGATTI VALSECCHI 2 - pag. 27 In verde, anche se i mattoni suggerivano il rosso per dare il colore giusto a quella specie di dinosauro che il palazzo rappresenta nel panorama dell’architettura milanese e che il luogo evoca spiritualmente in un angolo della città dove sembra che il tempo si sia fermato pur conservando nella rotondità delle sue linee un senso delle forme di una modernità aerodinamica. CASA COPPEDÉ- pag. 28 Veramente sarebbe Casa Cova dell’architetto Achille Coppedé ma mi piaceva il nome Coppedé anche se non tanto la sua architettura che tuttavia rappresenta anche lei lo spirito lombardo in modo che non si possa ignorarla. Ho trasformato la casa di via Carducci in una gallina che non ha fatto l’uo-
Le foto di Giovanni Franzi sono di Alessandro Belgiojoso
GIOVANNI FRANZI Nato a Berlino nel 1960, pittore di formazione autodidatta, lavora principalmente a Milano a partire dal 1984 quando per la committenza privata inizia l’attività di ritrattista di architettura. Nel 1980 ottiene il Primo Premio Sezione Disegno e Grafica alla 9a Mostra Concorso d’Arte, Comando Artiglieria C/A dell’Esercito Italiano. Nel 1995 al Teatro Out-Off di Milano, mostra di disegni di alberi antropomorfi e al Paris Country Club ritratti di cavalli nella mostra Chevauchée et Portraits. Sempre nel 1995 a Milano al Teatro Out-Off e alla Bau Bau’s Factory e nel 1996 a Roma allo Spazio Arte Coin Fabbrica Birra Peroni, espone i dipinti fumettistici sul tema dell’alienazione domestica. Nel 1997 in Marocco, con Gennaro Cicalese inaugura l’attività di promozione artistica della Dar Najma MIA Foundation Marrakech (poi Fondation ONA), con dipinti fumettistici etnici poi esposti nel 2008 nella mostra della Collezione Sahart a Villa des Arts Casablanca e a Villa des Arts Rabat. Con le mostre milanesi Milano vista coi miei occhi (1998) al Cancello, e Milano Cult (1999) da Nella Longari, trasforma i disegni architettonici nelle attuali distorsioni. Nel 1999 collaborazione con Spirale 2000 di Milano, per una produzione di grafiche architettoniche. Nel 2001 per Zero Gravità, Sordevolo (Biella), espone i suoi disegni architettonici nella mostra Architetture da capogiro, Biella e dintorni insieme alle fotografie di Luciana Mulas. Nel 2002 Pico Bellum, mostra di ritratti alla Versuchstation, Berlino. Nel 2003 Animalische Architektur, opere grafiche, Galerie der Produzenten, Berlino. Sempre nel 2003 La storia illustrata del Brich di Zumaglia, installazione sul tetto del Castello di Zumaglia (Biella). Nel 2004, con Gennaro Cicalese e Galliano Gallo, Ti cambio i connotati, mostra di ritratti per Zero Gravità. Al Teatro Out-Off esegue le scenografie per gli spettacoli Note di Cucina di Rodrigo Garcia (2005) e Pelleas et Meli-
sande di Maurice Maeterlinck (2006). Nel 2006 sperimentazione della calcografia nel Laboratorio di Giorgio Upiglio a Milano. Nel 2007, per Orticola di Lombardia, collettiva al Museo di Milano Scorci di Milano Fiorita, paesaggi a matita e pastelli a cera. Nel 2008 Milano dall’Eclettismo al Futuro. Le architetture di Boito, Beltrami e Broggi disegnate da Giovanni Franzi, mostra di disegni architettonici esposti a Spazio Milano UniCreditBanca e Spazio CityLife. Nello stesso anno intervento pittorico per lo spettacolo Spettri di Erik Ibsen, Teatro Out-Off, Milano. Nel 2011 scenografia per lo spettacolo l’Adalgisa di Carlo Emilio Gadda, Teatro Out-Off, Milano. Sempre nel 2011 partecipa con la Galleria Blanchaert alla 54a Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, Lo stato dell’Arte, a cura di Vittorio Sgarbi, iniziativa speciale per il 150o anniversario dell’Unità d’Italia. Nel 2012 per la Fabbrica del Vapore partecipa a Milanosiautoproducedesign con un’opera realizzata insieme a Marzio Rusconi Clerici e Scenart durante la manifestazione internazionale I Saloni del Mobile. Catalogo Fuori Salone 2012. Sempre nel 2012 inaugura a Milano il nuovo spazio Mimma Gini con la mostra collettiva Together.
Dall’alto in basso: Autoritratto, olio su tela, 1984 (distrutto) Albero, inchiostro su carta, 1991 Tinello, acrilico su tela, 2002
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CATALOGHI Architetture da capogiro, Biella e dintorni, a cura di Zero Gravità Villa Cernigliaro per Arti e Culture. Tipografia Gianotti, Montalto Dora (TO), novembre 2001. Ti cambio i connotati, a cura di Zero Gravità Villa Cernigliaro per Arti e Culture. Tipografia Gianotti, Montalto Dora (TO), novembre 2004. Scorci di Milano fiorita, a cura di Orticola di Lombardia e Civiche Raccolte Storiche di Milano, aprile 2007.
In alto: S. Maria delle Grazie, acrilico su tela, 2001 Milano, Villa Tonolli, inchiostro su carta, 1986 ca. A sinistra: Federico, carboncino e acrilico su tela, 2010 Per Alessandro, olio su tela, 2008 In basso: Bau Bau’s Factory, inchiostro su carta, 2003 Koma Wa?, olio su tela, 2002
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SAHART 1997-2004. 42 artistes en résidence dans le Sud marocain. Donation Valérie et Serge Barkowsky, Fondation ONA, a cura di Valérie Barkowski e Andrée Collin. Stampa: PIPO, Casablanca, 2008. Milano dall’Eclettismo al Futuro. Le architetture di Boito, Beltrami e Broggi disegnate da Giovanni Franzi, a cura di Gentucca Canella, Skira Editore, Milano, agosto 2008. Lo Stato dell’Arte. 54a Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia.Iniziativa speciale per il 150o anniversario dell’Unità d’Italia, a cura di Vittorio Sgarbi. Istituto Nazionale di Cultura, Tipografia Tipo Stampa, Moncalieri (TO), marzo 2012.
CANTINA VALLE DELL’ACATE (DISPENSA)
Non essendo quasi mai stato in Sicilia prima di questa avventura artistica dell’etichetta dei vini per cui dovevo disegnare la cantina dalla quale provengono per essere distribuiti in tutto il mondo i vini della Gaetana Jacono grazie alla sua capacità imprenditoriale, e non sapendo come fare il disegno di un’architettura che nella sua semplicità assoluta era invisibile e tuttavia sembrava essere già
La Cantina Valle dell’Acate, fondata da Giuseppe Jacono, sorge nei pressi di Acate in provincia di Ragusa. Valle dell’Acate si è dedicata soprattutto alla coltivazione di vitigni autoctoni (Nero d’Avola, Insolia, Grillo) con particolare riguardo alla prima ed unica D.O.C.G. siciliana, il Cerasuolo di Vittoria e al Frappato Vittoria D.O.C., producendo vini fortemente legati al territorio, anche quando provengono da vitigni internazionali come il Bidis Chardonnay e il Rusciano Syrah. Oggi l’azienda Valle dell’Acate, guidata da Gaetana Jacono - una solida e dinamica realtà imprenditoriale organizzata adottando processi produttivi innovativi ed eco-sostenibili - porta, con i suoi vini, la qualità e la tradizione siciliana in tutto il mondo.
essa stessa opera d’arte compiuta nella Valle dell’Acate, alla quale non si poteva aggiungere altro che la “performance” della propria partecipazione a quell’esperienza situazionista immerso nella natura che già sembrava di essere nella grandezza dell’America, solo col vento tutto il giorno sul piazzale assolato dove dormivano i cani facendomi compagnia, pressato dal tempo che passava
velocemente senza esito, in uno stato di agitazione che mi bloccava e che faceva già pensare al fallimento della mia impresa, sono riuscito finalmente grazie a una bottiglia di vino che mi è stata offerta per ispirarmi, a produrre il disegno dell’edificio che avevo davanti agli occhi stilizzando appena in grigio la parte in luce e in nero la parte in ombra della sua architettura.
SI RINGRAZIA
progetto grafico: TML comunicazione, Milano