Editoriale
Cari lettori Il Signore vi dia pace! Con questo saluto di San Francesco d’Assisi vi presento questo numero del Bollettino del Volto Santo. Apre S. E. Mons. Bruno Forte, Arcivescovo di Chieti-Vasto, con un commento alla sentenza di Strasburgo che ha suscitato tanto clamore ed apprensione, per il suo contenuto contro i crocifissi dalle aule scolastiche. Una vera ferita per la convivenza civile e una mancanza di sensibilità umana, culturale e spirituale. Heinrich Pfeiffer, S.J., alla vigilia dell’esposizione pubblica della Sindone a Torino, nella primavera del 2010, ci fa riflettere sulla madre di tutte le reliquie della Passione e Risurrezione di Gesù e che ha molta attinenza con il Velo di Manoppello ed invita a vederle insieme, come due testimoni della stessa persona: Gesù. Paul Badde ci fa dono di un capitolo del suo nuovo libro sul Volto Santo di Manoppello che sarà fra qualche mese nelle edicole tedesche per il momento. Ricostruisce con un flash back la scena del ritrovamento del Sudario con impressa l’immagine di Gesù nel Sepolcro, fatto dagli Apostoli Pietro e Giovanni, nel primo mattino di Pasqua. Si tratta di un coraggioso tentativo di spiegare l’origine del velo del Volto Santo. Il suo racconto è talmente avvincente, che il lettore ha l’impressione di trovarsi personalmente presente nella scena. In un mio resoconto, illustro le tematiche del significato e della dinamica dei pellegrinaggi riportando la sintesi degli interventi di due eminenti Vescovi interve-
nuti al 44° Convegno Nazionale dei Rettori dei Santuari d’Italia, che si è tenuto a Cascia dal 26 al 29 ottobre scorso. Antonio Bini, in occasione dell’800° anniversario della nascita di Celestino V Papa, le cui reliquie, salvatesi dal terremoto del 6 aprile scorso, sono in pellegrinaggio per le Diocesi d’Abruzzo e Molise, ci ricorda l’importanza di questo santo per il nostro territorio e le iniziative in programma. Negli ultimi tre anni è cresciuto in modo rilevante il flusso di pellegrini dalla Polonia, che oggi è diventato il primo paese di provenienza di visitatori stranieri al Santuario. Un fenomeno straordinario che abbiamo voluto meglio comprendere chiedendo alla signora Ewa Pasko, che vive a Katowice, di spiegare la devozione del culto del Volto Santo in Polonia. Nel suo articolo viene inquadrato il fenomeno ricostruendo in sintesi il significato della religione nella Polonia di oggi. Di seguito riporto la lettera che ho scritto a tutti i devoti di Padre Domenico da Cese per chiedere testimonianze utili a far dichiarare eroiche le virtù vissute dal frate
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Una ferita per la convivenza civile
continua “editoriale”
Crocifissi a scuola - La sentenza di Strasburgo
di Bruno Forte Arcivescovo di Chieti-Vasto
La “Passiflora”, cioè il fiore della Passione. Si possono vedere in primo piano i tre chiodi, di sotto (di colore giallo) le cinque piaghe e, sullo sfondo, la corona di spine.
e poter quindi iniziare l’iter che, piacendo al Signore, possa portare alla sua beatificazione. Suor Blandina, in un’intervista di un giornalista polacco, racconta la sua esperienza da eremita a Manoppello, come è arrivata a scoprire lo stretto rapporto che c’è tra Sindone e Volto Santo, e spiega come si può, nella fede e nella contemplazione, ravvisare nella Sacra Immagine il volto umano di Dio. Claudia Radici, con un suo racconto ci fa soffermare sull’immagine nascosta del volto di Gesù. Ambretta Lala ci dona due sue elevazioni di fronte al Volto. Maria Carmela Bonelli fa il punto su quanto finora, a sua conoscenza, è stato detto sul Volto Santo, in base ai vari scrittori e ricercatori che ha consultato. Poi, diversi autori e autrici si esprimono con originali composizioni poetiche e mistiche. Nelle “notizie in breve” emergono le novità della vita del Santuario,
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tra le quali: 1) la realizzazione di due “Totem”, posti in chiesa, per vedere e ascoltare su un monitor la storia ed il significato del Volto Santo racchiusi in un video di pochi minuti e in cinque lingue 2) la realizzazione di una nuova edizione in DVD dei filmati del Volto Santo, anch’essi in cinque lingue 3) l’ordinazione sacerdotale di due giovani frati cappuccini abruzzesi che emisero la loro professione perpetua nella nostra Basilica. Come di consueto, il Bollettino si conclude con le visite illustri e l’elenco dei pellegrinaggi. Uniamo agli Auguri di buona lettura, quelli di un sereno e santo Natale ed un fecondo Anno Nuovo. P. Carmine Cucinelli Rettore della Basilica del Volto Santo
Alcide De Gasperi, uomo di altissimo profilo morale e cristiano dalla profonda tensione spirituale, è stato anche un campione di rispetto per l’altro e di laicità civile, intesa come legittima autonomia dell’agire socio-politico da ogni indebita interferenza o manipolazione del sacro. Forse perciò mi colpì il racconto che sua figlia Maria Romana ebbe a farmi delle ultime ore del Padre: fissando il Crocifisso dal letto di morte, quell’uomo, umile e grande, circondato dai suoi affetti più cari, ripeteva continuamente una sola parola: “Gesù”. Mi chiedo che cosa “vedesse” De Gasperi morente in quel Condannato appeso alla Croce. Non faccio fatica a rispondere che vi leggeva concretizzato il messaggio evangelico nella sua forma pura: il perdono offerto a chi ci avesse ingiustamente colpito: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Luca 23,34); l’amore più grande, quello che spinge all’esodo da sé senza ritorno per il bene degli altri: “Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” (Giovanni 13,1); l’accoglienza spalancata al bisogno altrui: “Oggi sarai con me nel paradiso” (Luca 23,43). De Gasperi era troppo fine culturalmente e politicamente, troppo dotato di conoscenza della storia e degli uomini, per non ricordare le violenze commesse da alcuni imbrandendo contro altri la croce. Ma sapeva anche che gli errori e gli abusi commessi da questi, nulla potevano togliere alla forza di amore che si sprigiona da
Gesù crocifisso: perciò, si rivolgeva a Lui, riassumendo nell’invocazione di quel nome benedetto, nello sguardo all’Abbandonato disteso sulla Croce, l’anelito più profondo del cuore, la sete di giustizia e di pace che aveva ispirato la sua vita, l’affidamento alla misericordia più grande sul “vallo estremo” della morte. Alcide De Gasperi è stato anche uno dei padri nobili dell’Europa unita: non solo il suo amore al Crocifisso non gli era stato di ostacolo in questo impegno, ma anzi lo straordinario apporto della tradizione ebraico-cristiana alla costruzione dell’identità europea era stato certamente per lui una sorgente ispirativa, uno stimolo all’impegno per la casa comune, ospita-
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La madre di tutte le reliquie
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La Sindone nuovamente esposta nella primavera del 2010 le per tutti. Anche per questo la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo a Strasburgo, che vede l’esposizione dei crocifissi nelle aule scolastiche italiane come un “ostacolo alla libertà religiosa” e la proibisce, suscita stupore e perplessità. Chi può sentirsi offeso dal Crocifisso? Non certo il cristiano che vi riconosce lo straordinario messaggio d’amore al quale si affida, pur con tutte le fatiche e le ambiguità della sua fede in cammino. Non il non credente pensoso, che sa come quel simbolo abbia un valore universale e spalanchi le braccia su tutti, per tutti, perché nessuno si senta escluso dal diritto alla vita e al rispetto della sua dignità. Non il credente di un’altra religione, che si sente piuttosto minacciato da questo ostracismo dei simboli della fede, che come oggi colpisce i cristiani, potrà domani colpire persone di un altro credo. La rimozione imposta del Crocifisso dalle aule ferisce invece tutti nelle radici più profonde della convivenza civile, perché attenta al rispetto della coscienza di tanti e alla libertà religiosa, intesa positivamente come diritto ad esprimere la propria fede con l’universo simbolico che le appartiene. La dignità della persona umana è stata definita come valore infinito proprio nel dibattito cristologico dei primi secoli dell’era cristiana; il principio solidarietà, che ne deriva, ha fatto la storia anche recente della liberazione degli oppressi e della cura per essi nel continente europeo; il valore della gratuità, come forza edificatrice della società a tutti i suoi livelli, ha trovato nel messaggio evangelico fonte e nutrimento. Non sarà certo un
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colpo di spugna a cancellare tutto questo: eppure, non è possibile non sentire in questa sentenza pronunciata in nome dei diritti dell’uomo una ferita inferta, una mancanza di sensibilità umana, culturale e spirituale. L’universo dei simboli non si cancella impunemente, soprattutto quando essi rimandano alle sorgenti più profonde dell’identità dei singoli e dei popoli: chi pensasse di farlo in nome della “laicità”, dimostrerebbe invece soltanto un laicismo pregiudiziale, ideologico. Perché “laicità” significa etimologicamente ciò che fa riferimento al popolo (“laòs”), e - correttamente inteso - l’ispirarsi a questa idea vuol dire tutelare, servire e promuovere il bene comune, senza cedere a interessi di parte. In questo senso ha saputo essere laico e cristiano De Gasperi, e come lui altri grandi fondatori dell’Europa unita, da Adenauer a Schuman. Un’altra idea di laicità, pensata contro qualcuno o a servizio di una minoranza ideologica, non ci renderà migliori, rischierà anzi di ferire al cuore il processo difficile e lento della costruzione della casa comune europea. La non condivisione trasversale espressa da parte della classe politica del nostro Paese alla sentenza - fatte salve pochissime eccezioni, non esenti da pregiudizi ideologici - è un segno importante: almeno questa volta, la voce di chi è delegato dal voto a rappresentare la coscienza comune ha dato un segnale credibile e significativo per tutti. (Da Il Sole 24 Ore, 5 Novembre 2009)
di Heinrich Pfeiffer, S.J. Nella prossima primavera, per l’occasione della visita pastorale di Papa Benedetto XVI nella diocesi di Torino, la Sindone sarà eccezionalmente esposta. Questo telo, come nessun altro oggetto della storia, più volte mostrato al pubblico ed ai mass media, è stato più volte dichiarato falso e ogni volta puntualmente ricono-
sciuto come autentico. È un oggetto che agisce come fosse una personalità viva che interpella e sfida tutte le autorità, quelle scientifiche e quelle della Chiesa. Come la reliquia torinese con le sue misteriose macchie, non esiste altro oggetto meticolosamente studiato da tanti rappresentanti di diversissime discipline con innumerevoli ore di esperimenti diretti, realizzati con microtracce del lino, o espe-
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rimenti paralleli eseguiti con sostanze simili in analoghe condizioni di quelle esistenti nella tomba di Gesù a Gerusalemme. È vero, le autorità ecclesiastiche e scientifiche si mostrano un poco restie a definirla reliquia. È vero che proprio i teologi della Chiesa cattolica mostravano e mostrano grandi difficoltà a riconoscere l’autenticità di questa reliquia. Non vogliono ammettere che questo lino fu il panno funebre della tomba di Gesù. Le tante ore di ricerche e non pochi congressi scientifici nazionali e internazionali celebrati con l’oggetto della Sindone, invece, hanno costretto il lessico italiano ad ammettere un nuovo termine, un nuovo concetto per indicare una disciplina particolare, finora non conosciuta, una scienza che è costituita da un solo oggetto, o meglio, da una piccola famiglia di oggetti: la sindonologia. Gli studiosi di questa disciplina si chiamano ormai sindonologi. La sindonologia raduna rappresentanti di diversissime discipline, dall’archeologia alla teologia, dalla statistica matematica alla biologia, dalla storia all’iconografia, dalla medicina legale all’anatomia topografica, etc. La piccola famiglia di oggetti della disciplina è costituita dalle reliquie, presunte o autentiche, che furono trovate durante la mattina di Pasqua nella tomba di Gesù o sin da quel momento conservate e tramandate da uomini e donne pii attraverso i se-
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coli, fino ai nostri giorni. Ricordiamole: i chiodi (uno di essi nella chiesa di Santa Croce in Gerusalemme a Roma, insieme con la tavola con l’iscrizione sovrapposta alla croce), tanti pezzi del legno della croce (le parti più grandi nella chiesa di San Pietro in Vaticano e nella chiesa di Santa Croce in Gerusalemme), la corona di spine (nel tesoro della cattedrale di Nôtre Dame a Parigi), grumi di sangue (per esempio nell’abbaziale di Weingarten in Germania), panni intrisi di macchie sanguinose, il più famoso, il velo che ha coperto il volto di Gesù per asciugarlo e per pulirlo dal sangue (a Oviedo), il velo finissimo che ha coperto il suo viso nella tomba (a Manoppello), la benda che ha fissato la mandibola (a Cahors in Francia), i resti della tunica insanguinata (a Argenteuil in Francia), e, come corona di tutti questi oggetti venerati dai fedeli, la Sindone di Torino. Non pochi sono i santi che hanno venerato la Sindone: San Carlo Borromeo, Don Bosco e gli altri fondatori torinesi, e ci sono i Papi, Pio XI, Pio XII, Paolo VI, Giovanni Paolo II che si sono espressi in favore dell’autenticità del telo, ma la venerazione di una reliquia è espressione di un atteggiamento soggettivo, di una convinzione privata nella Chiesa che non pregiudica l’autenticità, la verità storica, dell’oggetto venerato. Se l’autorità ecclesiastica e gli studiosi to-
rinesi vegliano sul primato della loro reliquia, lo ripetiamo, non la si vuole dichiarare come tale con il suo nome proprio. E non vogliono altresì riconoscere l’esistenza di qualche eventuale “concorrente”, e questo è il caso del velo di Manoppello. Si accettano i chiodi, la benda, perfino il sudario di Oviedo. Questi reperti sono chiaramente subordinati alla reliquia torinese. Non danno l’immagine, il volto individuale del nostro Signore. Il velo di Manoppello è visto da loro in una maniera scettica come dalla stragrande maggioranza dei sindonologi. Tutte e due reliquie insieme invece, costituiscono la vera sfida divina di fronte all’umanità che versa nella non-fede e che ha bisogno della virtù teologica che si chiama speranza. Tutti e due gli oggetti, il velo e la Sindone possono suscitare sia la fede, sia la speranza, in particolare l’ultima virtù. La Sindone è diventata famosa, e nel frattempo oggetto disputato sin dalla prima fotografia ufficiale, che ha scattato l’avvocato Secondo Pia nell’ormai lontano 1898. Se la gente fosse stata capace di descrivere con precisione il carattere di questa fotografia, tanta discussione sarebbe stata impossibile, e avrebbe dimostrato l’infondatezza delle obiezioni sin dalle loro origini. Se si descrive la vera natura di questa foto, ci si trova davanti ad un grande mistero che s’illumina solo con la realtà della trasfigurazione e della risurrezione corporale di Gesù. Come il negativo scattato con la Sindone si mostrò e si mostra come un positivo fotografico, le tracce sul reperto torinese che l’occhio umano legge come l’immagine di
un uomo con le piaghe che illustrano la passione di Gesù, devono essere un negativo e prodotte attraverso un processo almeno analogo ad una fotografia. Fisicamente, meccanicamente e otticamente un tale processo è da descrivere come una proiezione di un oggetto tridimensionale su una superficie bidimensionale. Per una tale azione sono sempre necessari tre elementi: 1° una fonte di qualsiasi energia che emette raggi, 2° l’oggetto da proiettare, 3° un elemento che dirige i raggi per farli convergere in una direzione. Solo così si può creare un’immagine perfetta di un corpo, proiettato su una superficie piana. Almeno questi tre elementi sopra descritti dobbiamo ammettere per quel corpo che appare come morto sul telo e che deve essere stato avvolto dalla stessa Sindone. Per pura logica potremmo anche pensare che l’immagine sul lino torinese sia una copia, la più perfetta che si può pensare, di un oggetto che corrisponde a tutti requisiti finora descritti e ancora a tanti altri reperibili con osservazioni precise sulla reliquia di Torino. Se non ammettiamo la trasfigurazione del corpo che era posto sotto la Sindone, cioè il cambiamento della materia in energia che mantiene tutte le proprietà corporali, non possiamo spiegare e descrivere in maniera soddisfacente la natura dell’immagine sindonica. Un nuovo mistero è nato col fatto che il volto del velo di Manoppello combacia perfettamente con il volto della reliquia torinese. Non esistono due immagini che si possono fare combaciare così in tutto il mondo, se non copie dello stesso negativo
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Secondo Pia come Simon Pietro
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Quella luce nella camera oscura di Torino e nel sepolcro di Gerusalemme. fotografico o immagini fatte con lo stesso stampo. La fonte causante dell’immagine di Manoppello e di Torino deve essere la stessa persona. Allora abbiamo un fatto più che garante dell’autenticità per tutte e due le reliquie. Esistono così tre immagini di una persona che sembrano essere diverse, ma combaciano perfettamente: il volto sindonico, il volto di Manoppello e la sovrapposizione dei due. Si può dire che il secondo proviene dal primo e il terzo da tutte e due. Solo nella formula trinitaria troviamo la stessa realtà: il Figlio proviene dal Padre e lo Spirito Santo da entrambi. Esiste un’autentica più divina e più vera? Così, a mio parere, le due reliquie insieme dimostrano la loro origine divina. Sulla Sindone e sulle la dispute intorno a questo reperto straordinario ci sarebbe da dire ancora molto. Qui non abbiamo lo spazio. Una sola cosa è ancora da dire sull’immagine sindonica per tutti coloro che pensano che un giorno una ricerca scientifica più progredita potrebbe provare che si tratti di un falso, e che questo telo non può testimoniare la risurrezione corporale di Gesù. Aggiungiamo solo un’osservazione in più. Come le tracce corporali si trovano solo su una parte del telo e l’energia dei raggi deve essere ammesso all’interno del corpo sindonico, dovrebbe esserne una specie di radiografia, ma non è così. L’immagine del corpo si presenta come se solo la superficie fosse fonte dei raggi senza che questi avessero illuminato anche il resto interno della salma. Qui stiamo davanti al più grande mistero, il più grande miracolo. Solo la
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risurrezione corporale di Gesù è ancora più grande e l’assunzione della Vergine nel Cielo, secondo la fede cattolica. Non è interessato solo il principio della causalità come nel caso di guarigioni miracolose, ma perfino il principio della non-contraddizione. La stessa energia deve avere lo stesso effetto in tutte le direzioni nei materiali uguali. Se la stessa energia ha un effetto positivo solo in una parte della stessa materia e nel resto no, stiamo davanti ad una contraddizione, davanti ad un profondissimo mistero che la mente umana non potrà mai illuminare, perché ogni pensiero umano ed ogni costruzione di qualsiasi strumento non può essere effettuata senza il principio della non-contraddizione, e ciò rimarrà così per tutti i tempi futuri. La reazione davanti alla reliquia torinese ed a quella di Manoppello sarà la stessa: non occuparsi troppo di loro per non essere costretti a confrontarsi sui misteri della vita, ma la reazione degli uomini della Chiesa potrebbe essere un tentativo di entrare nel mistero della fede cristiana attraverso questi due reperti archeologici. Questo ci auguriamo con tutto il cuore. Heinrich Pfeiffer, S.J.
di Paul Badde “Il mio cuore quasi si arrestò”, così Secondo Pia descrisse il momento in cui, in una notte di maggio del 1898, estrasse dalla vasca dello sviluppatore la lastra fotografica di cinquanta per sessanta centimetri con l’immagine della Sacra Sindone di Torino, e la tenne per la prima volta illuminata sotto la fioca luce rossa della camera oscura. Improvvisamente quell’immagine di un uomo defunto stava dinanzi a lui con tutte le sue ferite e la maestà di un re, ed appariva chiaramente all’osservatore soltanto nell’immagine del negativo.“È mancato poco che non mi scivolasse a terra la lastra di mano. Ho temuto di spezzarla, per l’emozione improvvisa di vedere innanzi a me il volto di Gesù, come da 1900 anni fa nessuno aveva mai visto”. Due settimane più tardi, a Genova, un giornale già parlava della scoperta sensazionale. Il 14 giugno 1898 è il Corriere Nazionale di Roma a diffondere la notizia e il 15 Giugno l’Osservatore Romano del Vaticano. La storia della Sindone però non è
iniziata con questa scoperta, perché molti anche prima erano a conoscenza di cosa poteva nascondere questo telo, anche da molte generazioni. Prima del 1898 solo nella sola Europa occidentale esistevano almeno quattro chiese dedicate volutamente a quella tela: Lirey, Saint Hippolyte, Chambéry e Torino. Anzi, a Roma c’era anche una chiesa, dove si conservava una copia dell’immagine di Torino. Era la Chiesa del Santo Sudario, in via del Sudario, vicino alla Basilica di S. Andrea. Eppure la prima foto della Sindone offrì un nuovo incredibile impulso alla ricerca. In effetti, in quella notte tra il 28 e il 29 maggio del 1898, a Torino veniva a chiudersi un cerchio incredibile che aveva preso forma a Gerusalemme. Per questo motivo è da collocarsi l’inizio della storia della Sindone in un ambiente senza luce. Esiste ancora oggi il luogo d’origine del telo, anche se Kalif Al Hakim lo fece distruggere e incenerire nel 1009. Ma in seguito è stato di nuovo completamente ricostruito nella sua struttura antica. È la camera sepolcrale di Cristo a Gerusalemme,
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dove ogni mattina viene letto il Vangelo di Giovanni, testimone oculare della risurrezione di Cristo dai morti. Per tutta la cristianità rappresenta il punto decisivo del Vangelo. È assolutamente impensabile che Giovanni abbia scritto in questa parte del Vangelo vicende di poco rilievo. In ogni caso non ho mai sentito divulgare così tante volte un altro passo del Vangelo come i primi otto versetti del Capitolo 20 di Giovanni, che ho trovato tradotto in tante lingue, che per la maggior parte non conoscevo. Ma non era nemmeno necessario, perché ho imparato rapidamente il testo a memoria in quei due anni, durante i quali, quando era possibile, mi recavo ogni mattino in quel luogo. Questo è accaduto durante gli anni dell’ultima intifada, quando lì era tutto solitario e tranquillo, come in pieno paradiso. Quella stanza mi attirava come una calamita. Potrei ancora disegnarla con gli occhi bendati: l’ingresso basso, a destra la panchina di pietra, davanti, sul lato sinistro, il corridoio così stretto da poterlo percorrere solo in ginocchio, o mettendosi di traverso. Il Sepolcro di Cristo era un cosiddetto Trogolo, cioè uno stretto corridoio sulla sinistra che portava nella camera, dove si collocava la persona morta, avvolta nei teli, all’interno della nicchia scavata nella pietra al lato destro e lì si lasciava. Ancora avverto nelle orecchie lo scoppiettio delle candele collocate in quella stanza, dalla quale per tutto il mondo è scoccata la prima scintilla della fede che annunciava la Pasqua. A noi ora basta solo accostarci a quel momento - con la luce dell’alba, con il Vangelo di
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Giovanni e con i teli, che egli descrive – per sentire ancor oggi distintamente il crepitio di quella scintilla. Nel suo racconto di quei momenti Giovanni parla soprattutto di teli, in greco “Othonia”, che è una forma plurale del sostantivo. Vi erano allora più di un telo che egli ha visto appoggiati in quel luogo, secondo i tradizionali riti ebraici della sepoltura. È chiaro che tra questi teli si trovava la grande “Sindone”. Certo, c’era lì anche il “Sudario”, che si conserva in Oviedo, nel nord della Spagna. Questo è stato premuto sulla faccia del Crocifisso subito dopo la morte, per raccogliere il sangue che sgorgava dalla sua bocca dopo l’ultimo respiro; e fu sepolto sicuramente insieme a Gesù. Questo telo però non contiene alcuna immagine. Ci si trovano soltanto macchie di sangue e di siero. Lo stesso vale per un altro “Sudario” che è conservato a Cahors, in Francia, con cui fu tenuto stretto il mento di Gesù. Anche questo fu sepolto insieme con il corpo di Gesù e, allo stesso modo, non presenta alcuna immagine. “L’immagine” presente sulla Sindone di Torino, tuttavia, Pietro non può averla vista già nella tomba: lì non era possibile dispiegare il telo. Inoltre il luogo era troppo scuro, la camera troppo piccola per poterlo distendere. La Sindone, come è noto, misura oltre quattro metri in lunghezza. Non sono però le tracce di sangue che rendono la Sindone misteriosamente simbolica, ma è l’immagine stessa di Cristo. Giovanni, dopo aver menzionato due volte i “teli”, parla di nuovo in modo specifico del “Sudario”, che era stato avvolto intor-
no testa di Gesù“, ma che non aveva trovato “collocato” insieme con le altre bende, bensì piegato in un posto “speciale”; e questa precisazione di luogo rimane un enigma. Questo Sudario stava apparentemente messo da solo, separato dalle altre tele. Giovanni presta particolare attenzione a questa singolarità in un passo estremamente breve. Ma se era così, allora il sudario doveva essere disteso sul pavimento. Un’altra possibilità di un “posto separato” accanto alla panca di pietra sul lato destro del corridoio stretto non esiste. Immediatamente dietro al letto roccioso si alza la roccia viva. La panca non era un letto in cui qualcosa può sparire in una insenatura. Un altro luogo, “fuori” o “accanto”, non offre lo spazio concreto della tomba, la cui struttura semplice traduce la posizione del piccolo velo in modo univoco. Il testo “A parte, rispetto agli altri tessuti” in quel determinato luogo non poteva avere altro significato che “sul pavimento della stanza”, ai piedi di Pietro. È opportuno riproporre il cammino verso il Sepolcro di Cristo, insieme a lui e a Giovanni. Maria Maddalena era corsa trafelata verso loro “di buon mattino, quand’era ancora buio”- e li aveva allarmati: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno messo !”. Era forse un rifugio ai piedi del Monte degli Ulivi o sul monte Sion? Non lo sappiamo. La strada verso il Monte Sion avrebbe comportato circa un quarto d’ora di cammino, mentre per andare verso il Monte degli Ulivi e ritorno ci sarebbe voluto il doppio. Poi il tragitto sarebbe stato più faticoso, in sa-
lita, attraverso la città e attorno alle mura della città. Tutto ciò fa rimanere interdetti. La Maddalena aveva già potuto guardare all’interno della camera senza alcuna luce? Non lo sappiamo. Nel buio aveva visto che il masso che fungeva da chiusura era stato rimosso, rotolato via, scrive Giovanni che nella penombra dell’alba si affrettava ad andare al sepolcro insieme a Pietro. Cominciava già a schiarirsi? Possibile, ma a Gerusalemme il crepuscolo corrisponde ad
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La lastra di pietra del Sepolcro di Cristo nella Chiesa di Gerusalemme oggi.
un lasso di tempo abbastanza breve. “Allora Pietro e l’altro discepolo uscirono e si recarono al sepolcro” è tuttavia scritto nel Vangelo. “Correvano insieme, ma poiché l’altro discepolo era più giovane, fu lui ad arrivare per primo. S’inchinò, vide le bende appoggiate, ma non entrò. Venne anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro”. Giovanni dovette inchinarsi. Ancora oggi notiamo come era bassa l’entrata. Le cose che potevano distinguersi da fuori, nella penombra della stanza, non possono essere state tante. Ma perché non entrò? Certo, un po’ era il rispetto religioso di ogni giudeo devoto di fronte alle tombe. Giovanni era stato sotto la croce. Sapeva che Gesù era veramente morto. Rispettoso era anche Simon Pietro, e anch’esso non meno devoto. Ma era sicuramente in uno stato di piena confusione. Pietro era fuori di sé da quando due sere prima aveva tradito per tre volte la persona più cara della sua vita, e questo nell’ora della sua più grande sofferenza. Adesso accorreva in ritardo, ma volle entrare subito nella stanza sepolcrale. Nessuno avrebbe potuto impedirglielo dopo la notizia inquietante della Maddalena. Doveva entrare, doveva verificare che cosa era accaduto. Non era molto. “Vedeva le bende stese” scrive Giovanni. Ma senza candele, senza luce, nel debole chiarore della notte fuggente che a mala pena poteva penetrare attraverso l’apertura stretta, dobbiamo pensare a questo “vedere” senza dubbio più come ad un palpare e tastare. Come sarebbe potuto essere diversamente? I teli erano liturgicamente impuri, come del resto tutto
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il sepolcro, lì era buio pesto, soprattutto a destra, accanto all’entrata sopra la panca di pietra dove era stato messo Gesù. Allora Pietro tastava e “vedeva” i teli e capiva immediatamente: non è qui! Lì non c’era più nessuno. Ancora una volta tastava i diversi teli sul letto di pietra. Gesù non era più là dentro. Non v’era alcun dubbio! Perché allora Pietro non corse subito fuori per recarsi con Giovanni dal governatore romano? Perché non gridò:”Hanno rapito il Signore!”. Perché non si precipitò a cercare gli altri Apostoli per decider con loro che cosa fare, o al Sinedrio per denunciare con tutta la forza di cui poteva disporre: “Non è possibile! Voi prima mettete a morte il nostro Maestro e dopo di nascosto ne trafugate il corpo! È un Giudeo come voi. Non ha Lui almeno il diritto alla pace dei defunti? Quale altro sacrilegio volete ancora commettere?” Aveva troppa paura per fare questo? Perché non correva con Giovanni a Giuseppe di Arimatea e a Nicodemo che avevano posto Gesù nella tomba e avevano sistemato la grande pietra davanti all’ingresso? Perché no? Perché il filo del racconto continua molto diversamente rispetto a quanto aveva detto la Maddalena sulla sua esperienza e osservazione: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno messo!” Lo stesso Pietro non si mostrò più saggio o più profetico della Maddalena. Non c’era altra possibilità oltre al fatto che Gesù era stato portato via. In che modo? Forse dai Romani, forse da ladri o da chissà quali altre persone. Ma una cosa era certa: non era più lì! Semplicemente era sparito.
Così le donne avevano interpretato quanto era accaduto, e così anche Simon Pietro, con una sola differenza. Lui “vide le bende distese e il sudario che era stato avvolto intorno alla testa di Gesù”, leggiamo nel Vangelo, “ma (quest’ultimo) non era con le bende, bensì piegato in un luogo a parte”. Non ci si dimentichi che era ancora buio pesto quando Maria Maddalena era giunta. L’ingresso della tomba si apriva verso est, verso le mura della città. Lì l’alba sorge molto lentamente. Una debole luce del mattino riesce a penetrare attraverso l’apertura della roccia in quel vano di piccole dimensioni. Questa era la differenza. Pietro riconosce
improvvisamente qualcos’altro nel buio sul pavimento. Davanti ai suoi piedi la luce fioca si è concentrata in qualcosa di indefinibile, come il vento riesce a catturare in un cespuglio il tremolio di un roveto ardente. Aveva l’aspetto di bronzo dorato. Se fosse rimasto insieme agli altri teli sulla lastra di pietra, Pietro non l’avrebbe mai visto né tastato con le sue dita, perché era molto morbido e delicato. Soltanto con la luce sul pavimento lo poteva avvertire. Sarebbe stato impossibile notarlo sulla pietra, dove non arrivava alcuna luce. A causa dell’ingresso basso i tenui raggi della luce potevano sfiorare solo il pavimento. Sulla panca di
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pietra, con i teli funebri, tutto era rimasto nell’ombra. Soltanto sul pavimento Pietro poteva intravvedere qualcosa, e ciò che vedeva era un tessuto delicato come un respiro e così fine che Pietro non avrebbe scorto, se fosse stato adagiato piatto sul pavimento. Ma era arrotolato, avvolto su se stesso. Il termine greco entetyligmenos che Giovanni adopera, deve significare questo. Un’espressione che chiarisce allora almeno una cosa: non era piatto. Era stato come un soffio, ma in qualche modo era individuabile come un “oggetto”, una “cosa materiale” che nella prima luce dell’alba si catturava. È chiaro. Pietro s’inchinò e lo raccolse. Era il tessuto prezioso, che era stato messo sul Volto di Gesù, la sottilissima seta del mare. Era leggero come una piuma d’angelo, quando Pietro lo sollevò, lo dispiegò e lo tenne contro la luce dell’ingresso. Che altro? Non l’ha diretto verso il buio della stanza, dentro, ma fuori, contro la luce. Era perciò un tessuto di luce. Che reagiva alla luce. Ciò che Pietro in quel momento nella tomba testimoniava con quel velo tenuto in direzione della luce del mattino, improvvisamente si faceva chiaro come il sole: nessuno aveva portato via il Signore dalla tomba. Gesù non era stato trafugato, portato via. Nel mondo era successo qualcosa di totalmente nuovo. Ciò che Pietro, in quelle ore di tenue chiarore di primo mattino di Pasqua, aveva scorto su quel tessuto trasparente, in trasparenza contro la luce della porta, era un evento mai accaduto in precedenza. Quello era un velo non “fatto da mani d’uomo”, sarà detto più
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tardi. Era la Vera Immagine. Solo tre giorni prima, Pietro aveva detto: “Non conosco quest’uomo”. Alcune ore più tardi fu costretto a guardare e ascoltare da lontano. Quando Gesù sulla croce, pieno di sangue, emise un ultimo grido e morì. Rimase sicuramente ancora più turbato quando ora, di colpo, lo stesso Cristo lo osservava dal velo che teneva nelle sue mani. Ora lo conosceva, quell’Uomo. Lo riconobbe subito. “Nella tua luce, o Signore, vediamo la luce”, si diceva in Israele già da secoli nel libro dei Salmi. Questo versetto gli balzò forse in mente, adesso? O ricordava in quel momento le parole che Gesù aveva pronunciato profeticamente che “il Figlio
dell’uomo sarebbe stato ucciso, ma dopo tre giorni sarebbe risorto”? Non lo sappiamo. Ma una cosa la sappiamo. Accanto a questo vuoto spaventoso dei teli sepolcrali, nella tomba stava scritto questo messaggio contenuto in immagini: “Io sono vivo”. Gesù non era più morto. L’unica corrispondenza per questa immagine non è un’altra immagine, nessun’altra icona o nessun altro ritratto, l’unica realtà equivalente a quello che Pietro vedeva era l’uomo vivente. Tutto era chiaro. Perchè adesso non ha chiamato Giovanni? Non era necessario. C’erano solo due metri di distanza tra i due, uno all’interno e l’altro all’esterno del sepolcro. Giovanni riuscì a percepire come Pietro fosse rimasto colpito dalla sua scoperta. Allora entrò anche lui, scrive nel suo Vangelo, e dice di se stesso: “Vide e credette”. Lui era però anche “il discepolo che Gesù amava”, come sottolinea volentieri di se stesso. Egli era il discepolo che più tardi accoglierà Maria, la madre di Gesù, nella sua casa (e anche Maria Maddalena, come è scritto più volte nelle fonti antiche) e che per il suo Vangelo straordinariamente mariano attingeva dalle sorgenti della Madre. L’amore di Cristo per lui e il suo amore per Cristo gli hanno fatto comprendere per primo il significato della vera immagine? Di Pietro non dice che “vide e credette”. Potrebbe essere che non Pietro, ma Giovanni fu il primo a sollevare il velo da terra e a tenerlo contro la luce? Forse. “Il Risorto non si vede come un pezzo di legno o di pietra”, ha scritto Joseph Ratzinger nel 1985. “Lo vede solo colui al quale Egli si rivela. E si ri-
vela soltanto a colui che può essere inviato. Non si rivela alla curiosità, ma all’amore”. Forse era davvero Giovanni, che prima aveva lasciato a Pietro il privilegio di entrare prima di lui, il primo che “vide e credette”. Solo Giovanni era stato presente al funerale per sapere che il “Sudario era stato messo sul Volto di Gesù”. Solo un testimone oculare del funerale poteva sapere un tale particolare. Forse aveva osservato come la Maddalena aveva messo il velo di delicata seta marina sul Volto di Gesù, come ultimo saluto. Pietro non c’era. Egli non poteva saperne niente. In ogni caso, Giovanni avrà mostrato subito a Pietro il velo, nel caso inverso. Perché “non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti”, continua dopo Giovanni usando il plurale. Ad ogni modo, è stata tutta una questione di secondi. Ma per il resto? Non può essere che tutto sia accaduto diversamente? No, consiglia il buon senso, per chi prende sul serio i teli e i testi del Vangelo e che ha familiarizzato con il luogo del sepolcro; e che ha ancora abbastanza dita per addizionare uno più uno più uno più uno più uno, che fanno cinque. Raccogliendo i componenti - la testimonianza oculare di Giovanni, il luogo, l’ora, la luce e i teli – presi tutti insieme - aggiungendo come il primo o il sesto la riservatezza ebraica di fronte alla impurità rituale dei sepolcri! - allora razionalmente i fatti non potevano essere andati diversamente. La conclusione è che Pietro nel sepolcro deve aver vissuto un’esperienza simile a quella di Secondo Pia a Torino nel 1898
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alle prese con le prime lastre fotografiche della Sindone davanti alla luce rossa della camera oscura. Solo che quella di Pietro fu un’esperienza molto più drammatica. È indispensabile che ci dovesse essere nel Sepolcro un segno visibile dell’incredibile evento della notte di Pasqua, e questo segno non poteva essere il corpo mancante di Gesù. Ciò che Pietro - o Giovanni - nella tomba sollevava da una posizione “speciale” e teneva contro la luce, è stata la prima testimonianza di quale grande evento stava accadendo lì. Il piccolo sudario completa e spiega il sudario grande. Insieme si inseriscono nel Vangelo di Giovanni come un puzzle completato in ogni suo tassello. Come ho fatto notare, nella Sindone, cioè il Sudario grande, non si vedeva niente a prima vista nella stanza stretta e oscura, dove neppure poteva essere distesa. Questo ci porta al passo successivo. Perché ora non possiamo soltanto, ora dobbiamo vedere come Pietro e Giovanni raccolsero in grande fretta tutti quei panni per portarli alla luce. Dovevano condurli in salvo. Da
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quell’oscuro sepolcro niente si doveva perdere più! E niente doveva rimanere! Chi poteva sapere che cosa nascondevano gli altri teli? Ma tutto queste sono considerazioni che vengono dopo. Immediatamente capirono solo questo: in quella camera la morte aveva perso il suo potere. Il morto non era più morto; quei teli non erano più impuri. Impossibile che lo fossero. La breccia della presenza del Cristo nella storia iniziava con una metamorfosi completa. Se il Cristo già a partire dall’alba non avesse mostrato il Suo Volto nel Sudario, avrebbero lasciato tutto lì. Erano ebrei devoti. Non si tolgono teli sepolcrali dalle tombe vuote. Secondo la tradizione della Mishnà, il giudaismo è pieno di norme rigorose, che dichiarano l’impurità estrema di tutto ciò che è legato ai morti e alle tombe, anche dopo qualche tempo. La Sindone, che poco dopo avrebbe mostrato alla Chiesa di Gerusalemme la Passione di Cristo nella scrittura di una immagine, non sarebbe stata salvata senza il sudario piccolo, su cui il Cristo risorto già mostrava il suo volto. Maria Maddalena aveva lasciato tutto ed era corsa ad avvertire gli Apostoli. Così avrebbero fatto anche Pietro e Giovanni. Avrebbero lasciato stare tutto lì, se il piccolo tessuto di luce non li avesse colpiti. Allora si sarebbero semplicemente precipitati fuori. Ma, come dicevo, il piccolo Velo era lì. La foto-immagine nel Sudario forma l’anello mancante, il “missing link”, della Veglia Pasquale, nel quale è inserita la logica stringente che spiega lo svolgimento di tutte le azioni e le reazioni di quei pochi momenti.
Ora l’hanno preso con loro insieme con gli altri teli. Ciò poteva succedere solo in segreto, nelle prime ore del mattino. E non li hanno portato ai gendarmi, ma a Maria e agli Apostoli. “Allora i discepoli andarono di nuovo a casa”, scrive Giovanni. Forse si trattava del cenacolo sul monte Sion, dove quattro giorni prima avevano celebrato la Pasqua con Gesù; forse era una grotta-rifugio nel giardino del Getsemani, dove avevano trovato un alloggio da pellegrini per la festa. Ma “casa”, questo appare chiaro, in quei giorni rappresentava non tanto una abitazione, ma la comunione degli Apostoli con Maria. A loro avevano portato per primi i teli quel mattino di Pasqua. Nel cuore della Chiesa primitiva questi diventarono il tesoro più prezioso. Non erano forse le prime pagine del lieto annuncio della Passione e Resurrezione di Gesù Cristo? Ma certo! Per questo occorreva nasconderli immediatamente e mantenere segreta non solo la loro provenienza, ma perfino la stessa esistenza. Poiché i primi documenti del Vangelo della Chiesa primitiva erano scritti teli funerari, il materiale più impuro che gli ebrei potessero concepire, per la loro conservazione si dovette cercare un luogo più intimo e più segreto. In nessun caso, il messaggio doveva essere diffuso. Se la conoscenza dell’esistenza di questi teli presso gli Apostoli si fosse diffusa a Gerusalemme - e collegato a ciò la grave violazione delle disposizioni sulla purezza - i primi cristiani e anche la loro prima “casa” non avrebbero sopravvissuto allo scandalo.Giovanni però non nasconde completamente il mistero.
Otto versetti dopo il racconto sulla vicenda dei teli sepolcrali, scrive nel suo Vangelo che Gesù, già la sera di quel primo giorno della settimana, quando i discepoli avevano chiuso le porte per paura dei giudei, entrò con un saluto di pace in mezzo a loro, alitò su di loro e disse: “Ricevete lo Spirito Santo”, e mostrò loro le sue ferite che – in quell’ora - erano state già “scritte”, impresse, sul documento della Sindone. Il “timore dei Giudei” avrebbe potuto facilmente indurre i discepoli a fuggire a Betlemme, o a Gaza, al mare, o al Giordano, a Gerico o alle colline della Galilea, perché essi stessi erano tutti ebrei. In quei luoghi lontani sarebbero stati al sicuro. Ma la loro “paura dei giudei” che li indusse improvvisamente a barricare le porte, in quella prima sera di Domenica, non aveva altra ragione se non quella di nascondere e proteggere il meraviglioso tesoro che custodivano. Questo fu il cosiddetto “arcano” della cristianità primitiva, per cui tutto ad un tratto ciò che sino ad allora era stato considerato materiale impuro venne venerato come la reliquia più pura. Poiché in esso erano racchiuse le immagini di luce di quelle tele, tanto chiuse che ci sono voluti secoli affinché il messaggio che contenevano potesse uscire da quel luogo segreto, e lo splendido messaggio di una immagine di Dio “non fatta da mano d’uomo” cominciasse a diffondersi dappertutto nella casa cristiana, pian piano come un profumo di incenso. Paul Badde
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Il Giubileo di Celestino V Nell’ottocentesimo anniversario della sua nascita
di Antonio Bini Nonostante le gravissime ferite inferte dal terremoto alla città dell’Aquila, La Perdonanza non ha subito interruzioni, che si è ripetuta, a cavallo tra il 28 e il 29 agosto. Si è trattato di una edizione (la 715°) sobria, essenziale, sicuramente più in linea con la spiritualità di San Celestino, comunque condizionata dai diffusi danni subiti dalla Basilica di Collemaggio.
In occasione della sua visita a L’Aquila, lo scorso 28 aprile 2009, Benedetto XVI ha voluto personalmente rendersi conto delle condizioni della storica basilica, fermandosi commosso in preghiera innanzi all’urna con le reliquie di San Celestino, recuperate dalle macerie con un coraggioso salvataggio operato dai vigili del fuoco. Le celebrazioni, alla presenza del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, proseguiranno per un intero anno, per gli 800
anni dalla nascita di Pietro da Morrone che fu eletto Papa nel 1294 col nome di Celestino V. La Penitenzieria Apostolica ha concesso una speciale indulgenza plenaria ai fedeli che nel corso dell’Anno Celestiniano, che si concluderà il 29 agosto 2010, pregheranno davanti alle spoglie dell’antico Pontefice, portate durante l’Anno nelle varie diocesi dell’Abruzzo e del Molise. L’inizio del viaggio dell’urna contenente le spoglie del Santo è iniziata da Sulmona, ai piedi del suo Morrone. Il Vescovo della diocesi di Sulmona-Valva, nell’accogliere l’urna con-
tenente le urne del Santo, ha dichiarato: “Con l’arrivo delle spoglie di Celestino V, in questa terra da lui tanto amata, è come se la sua storia si ricomponesse, come se tornasse a casa”. Le montagne della Maiella sono state permeate dalla sua spiritualità. Lo stesso Santuario del Volto Santo risulta in sostanziale continuità con la vicina Abbazia di Vallebona, oggi in rovina, un tempo facente parte dell’ordine dei Celestini. Antonio Bini
Calendario della Peregrinatio di Celestino V Settembre 2009 Ottobre 2009 Novembre 2009 Dicembre 2009 Gennaio 2010 Febbraio 2010 Marzo 2010 Aprile 2010 Maggio 2010 Giugno 2010 Luglio 2010 Agosto 2010
Diocesi di Sulmona Diocesi di Chieti Diocesi di Teramo Diocesi di Lanciano-Ortona Diocesi di Pescara-Penne Diocesi di Chieti (Vastese) Diocesi di Termoli-Larino Diocesi di Campobasso-Boiano Diocesi di Isernia-Venafro Diocesi di Trivento Diocesi di Avezzano Diocesi dell’Aquila
Per ulteriori informazioni si può consultare il sito www.annocelestiniano.it
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L’impossibile possibile a Dio 44° Convegno Rettori e Operatori Santuari Italiani
Si è tenuto a Cascia (RI), presso la Basilica di S. Rita, dal 26 al 29 ottobre 2009, il 44° Convegno Nazionale e Assemblea dei Rettori e Operatori dei Santuari Italiani, dal tema: “ I Santuari e i casi impossibili: “Tutto è possibile a Dio”. Diverse relazioni sono state tenute da eccellentissimi Vescovi, sacerdoti e laici. Hanno tutti toccato il tema del “pellegrinaggio”. Mi piace riportare la sintesi di due interventi, rimandando a chi volesse approfondire, o leggere tutti gli atti del Convegno, la visita del sito web www. santuari.it 44° convegno-rettori-santuari. S. E. Mons. Ambrogio Spreafico, Vescovo di Frosinone-Veroli-Ferentino, già docente di Sacra Scrittura e Rettore della Pontificia Università Urbaniana in Roma, ha trattato il tema: “L’impossibile possibile a Dio: il cammino di speranza di Tobia”. Il Vescovo rivisita l’episodio biblico di Tobi e del figlio Tobia. Tobi, molto pio e caritatevole, diventato cieco, pregava Dio perché lo guarisse dalla cecità. Invia suo figlio Tobia a
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riscuotere da un parente dieci talenti d’oro. C’è in contemporanea il racconto di Sara, posseduta da un demonio che uccideva tutti gli uomini con cui si univa. Questa, accusata, pregava il Signore che la facesse guarire o morire. La preghiera di entrambe queste persone vengono accolte da Dio che invia sulla terra l’arcangelo Raffaele. Questi si presenta agli occhi di Tobia sotto mentite spoglie, nella veste di una guida che conosce bene la strada. Ha inizio così il viaggio di Tobia, che si imbatterà in alcuni avvenimenti che saranno utili alla guarigione sia di Sara che del padre Tobi. Primo fra tutti è la sosta presso il fiume Tigri, in cui Tobia viene assalito da un pesce. In tale circostanza, l’arcangelo sprona Tobia a non scappare e ad afferrare il pesce per la testa. Così facendo il giovane sconfigge l’animale e, sempre su consiglio dell’angelo, estrae dal pesce il fiele, il cuore e il fegato. Giunto ad Ecbatana, sposa Sara, liberandola dal demone grazie alle indicazioni di Raffaele e utilizzando quanto prelevato dal pesce. Riscossi i talenti d’oro, Tobia fa ritorno dal padre. Giunto a casa, sempre grazie ad un consiglio di Raffaele, Tobia spalma sugli occhi di Tobi il fiele del pesce pescato durante il viaggio, facendogli così recuperare la vista. Solo alla fine del libro Raffaele si fa riconoscere dai due. In questa storia si può intuire un modello di pellegrinaggio ideale per i pellegrini di ogni tempo che si recano a visitare i Santuari. Tobi e Sara sono malati, ma tutti ne sono ignari. Solo Dio si accorge di loro e interviene in loro soccorso. Si ripete qui una
costante del testo sacro: Dio si nasconde dietro avvenimenti nei quali la sua presenza non è immediatamente palese, ma si rivela pian piano, e Dio appare in essi inaspettato. Il Signore non è assente dalla storia degli uomini, soprattutto quando essi sono colpiti dal male e dal dolore. L’itinerario che porta alla duplice guarigione, quella di Tobi e quella di Sara, è un itinerario materiale, ma anche un itinerario spirituale. Per ottenere la guarigione è necessario intraprendere materialmente una strada, uscire dal proprio mondo. Inoltre il testo suggerisce che si guarisce se si incontra qualcuno. La guarigione è anche frutto dell’incontro con un altro diverso da noi: Dio, un angelo, un uomo. Ciò sottolinea il senso e il valore del pellegrinaggio, che fa di noi uomini e donne che si muovono per raggiungere i santuari, luoghi che manifestano la presenza di Dio, luoghi di perdono, di misericordia, di guarigione, luoghi dove l’impossibile diventa possibile, perché niente è impossibile a chi ha fede. Il pellegrinaggio risponde a un bisogno profondo del credente: incamminarsi per incontrare Dio. La fiducia lo muove. Dio lo chiama e insieme lo attrae, i santi indicano la via per giungere al Signore. Nell’itinerario di guarigione di Tobi e di Sara ci sono passi da compiere che sembra vogliano indicarci taluni aspetti essenziali della vita del credente alla ricerca di guarigione. Il primo di questi è l’elemosina. L’elemosina rende l’uomo libero dai beni, ma soprattutto libera dalla morte. Il secondo passo è la preghiera. Essa è presente in maniera costante nell’itinerario umano
di guarigione di Tobi e Sara. La preghiera è la forza dell’impossibile, libera da un modo rassegnato di vivere, di chi accetta le cose come sono, senza speranza e senza visione. Santa Rita da Cascia è la santa delle cose impossibili innanzitutto perché fu donna di preghiera, che nel suo corpo portò i segni della sofferenza. Il terzo passo è l’incontro. Nessuno guarisce da se stesso, ma viene in un certo senso accompagnato. Fu anche l’esperienza di alcuni tra coloro che furono guariti da Gesù. Ricordate il paralitico che fu calato dal tetto della casa per poter raggiungere Gesù (Luca 5,27-36)? Tobi ha bisogno del figlio Tobia, il quale compie un lungo viaggio per raggiungere i parenti. Egli cerca un compagno e gli si affianca, senza che egli possa riconoscerlo, Raffaele, l’angelo di Dio. Sara incontra Tobia e, dopo la preghiera rivolta insieme all’Altissimo, viene liberata dal demone che la possedeva e le aveva impedito di generare. Il quarto passo è la guarigione. Il racconto ci mostra anche che il male è
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forte e che per esserne liberati è necessario il concorso di energie diverse, umane e divine. Fiele, cuore e fegato del pesce preso da Tobia saranno utili medicine per guarire il padre Tobi dalla cecità. Non bisogna disprezzare l’aiuto che la medicina ci può dare anche nelle situazioni più difficili. Ma sarà la presenza di Raffaele che guiderà la vicenda di Tobia e di Sara verso la guarigione totale. Il suo intervento misterioso indica che il Signore non agisce sempre in modo palese e riconoscibile. S. E. Mons. Santo Marcianò, Vescovo di Rossano-Cariati, ha trattato il tema: «Nulla è impossibile a Dio»
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(Lc 1,37). Il titolo richiama l’affermazione dell’angelo all’Annunciazione ed è preceduta da una domanda di Maria: «Come è possibile?» (Lc 1,34). «Lo Spirito Santo scenderà su di te…» (Lc 1,35), le risponde l’angelo, indicandole il “come” di Dio. Il «come» di Dio è il Mistero di un incontro con il Signore che stende la sua tenda sulla persona umana e la fa diventare inabitata dalla Sua Grazia. È precisamente a questo incontro che il pellegrinaggio verso il santuario è orientato. Il pellegrinaggio al santuario è in tutto una particolare Liturgia. Vi si possono vedere tre
tempi che richiamano anche tre spazi e tre atteggiamenti dell’animo del pellegrino. Essi si esprimono in una serie di gesti che rappresentano quasi una “risposta liturgica”: - Una liturgia del cammino. - Una liturgia della bellezza. - Una liturgia della carità. Questi tempi e questi spazi sono a loro volta riflessi nelle tappe che il pellegrinaggio al santuario richiede: - La preparazione. L’accoglienza e la celebrazione. - Il ritorno. 1. La preparazione All’origine di ogni pellegrinaggio c’è sempre una decisione che scaturisce dalla libertà. Può essere motivata da curiosità, da interesse storico-artistico, dal bisogno di evadere, dal conformarsi a quanto altri fanno, dalla possibilità di vivere un’esperienza diversa, dal desiderio di chiedere l’intercessione o il miracolo. Così come può essere suscitata da un sincero anelito a maturare nella fede, dalla speranza di poter rivivere quanto Gesù, la Madre di Dio, i santi hanno vissuto in quello stesso luogo, dalla certezza di venire aiutati dal pellegrinaggio per il proprio cammino di conversione e di santità. I santuari sono contrassegnati da una storia di una rivelazione di Dio. È Lui che, sempre, si manifesta anche nelle storie umane da Lui inabitate; ed è Lui che parla. La memoria degli eventi legati al santuario, infarcita della Parola di Dio, dovrebbe far nascere non solo il desiderio, ma addirittura la nostalgia, che non è tanto nostalgia di un luogo che forse non si conosce ancora ma, più profondamente, è nostalgia del Signore. “Certamente occorre un’adeguata preparazione all’incontro con il santuario per poter
cogliere, al di là degli aspetti visibili, artistici o di folklore, l’opera gratuita di Dio evocata dai vari segni: apparizioni, miracoli, eventi fondatori che costituiscono il vero primo inizio di ogni santuario in quanto luogo della fede. Questa preparazione si svilupperà innanzi tutto nelle tappe del cammino che conduce il pellegrino al santuario, come avveniva per i pellegrini di Sion attraverso il canto dei Salmi delle ascensioni”.(Sal 120134) Una Liturgia del cammino «Recarci in spirito di preghiera da un luogo a un altro, da una città all’altra, nello spazio particolarmente segnato dall’intervento di Dio, ci aiuta non soltanto a vivere la nostra vita come un cammino, ma ci dà plasticamente l’idea di un Dio che ci ha anticipati e ci precede, che si è messo Egli stesso in cammino sulle strade dell’uomo, un Dio che non ci guarda dall’alto, ma si è fatto nostro compagno di viaggio» (Giovanni Paolo II). Il cammino del pellegrino dovrebbe muovere i suoi passi a partire da questa certezza: Dio cammina con l’uomo, con me. D’altra parte, anche la vita terrena di Gesù di Nazareth ce lo ha dimostrato. Il primo passo del cammino è la partenza. E la partenza deve essere opportunamente caratterizzata da un momento di preghiera, compiuto nella Chiesa parrocchiale oppure in un’altra più adatta. Ma la partenza è anche il momento in cui invitare ogni persona a mettere a fuoco, davanti a Dio, il desiderio che l’ha mossa ad intraprendere il pellegrinaggio: un desiderio che il Signore accoglie certamente, anche se lo colmerà
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a Suo modo. Cosa significa per l’uomo desiderare? l’espressione latina “sidera”, vuol dire “stelle”, cioè diretto verso l’alto. Quindi bisogna avere lo sguardo verso l’alto. Camminare esige uno sforzo. Ecco un altro momento: La fatica. Poi c’è il silenzio e la solitudine. Camminando verso il santuario, il pellegrino compie un percorso che va dalla presa di coscienza del proprio peccato e dei legami che lo legano a cose vane e inutili al raggiungimento della libertà interiore e alla comprensione del significato profondo della vita. Avviene una comunione. La comunione con il Signore, prepara e rafforza la comunione con i fratelli. Il santuario ci spinge alla solidarietà, ad essere “pietre vive” che si sorreggono l’una con l’altra nella costruzione intorno alla pietra angolare che è Cristo (cfr 1 Pt 2,4-5). Occorre anche l’umiltà e la gratitudine. “Signore, non si inorgoglisce il mio cuore e non si leva con superbia il mio sguardo… Io sono tranquillo e sereno come bimbo svezzato in braccio a sua madre»: le parole del Salmo 131 nutrono il cuore del pellegrino e
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lo preparano alla meta ormai vicina”. Ecco l’attesa. «L’ultimo tratto del cammino sarà animato da più intensa preghiera; è consigliabile che quell’ultimo tratto, quando il santuario è già in vista, sia percorso a piedi, processionalmente, pregando, cantando, sostando presso le edicole che eventualmente sorgono lungo il tragitto». Infine la gioia. È l’ultimo tratto; il santuario ormai visibile fa emergere un altro elemento del cammino: la gioia. Si tratta di un elemento che, in realtà, può essere presente dall’inizio: «Quale gioia quando mi dissero andremo alla casa del Signore» (Salmo 122). 2. L’accoglienza e la Celebrazione Il mistero del santuario… L’espressione mistero si presta bene ad introdurre gli aspetti della celebrazione nei quali siamo chiamati ora ad entrare. Il mistero del santuario è espressione del mistero di Dio e del mistero della Chiesa. È mistero, il santuario, perché è “segno”: «è il segno della divina presenza, il luogo della sempre nuova attualizzazione dell’alleanza degli uomini con l’Eterno e fra di loro». L’incontro col divino può essere
sperimentato in modo più intenso di quanto non avvenga abitualmente nell’immensità del cosmo, e il momento in cui si vive il contatto vivo con il mistero è la celebrazione: quel mistero che non può essere posseduto, ma può essere sperimentato. C’è come una Liturgia della Bellezza. La bellezza esprime in certo modo un dono ricevuto: il dono di Se stesso che Dio fa alle sue creature. La bellezza della Parola. Quando Dio si comunica lo fa sempre attraverso una Parola. Al fedele che si reca al santuario vengono proposti, direttamente o indirettamente, i punti fondamentali del messaggio evangelico: il discorso programmatico della montagna, l’annuncio gioioso della bontà e paternità di Dio nonché della sua amorosa provvidenza, il comandamento dell’amore, il significato salvifico della croce, il destino trascendente della vita umana. Per alcuni fedeli, oltre che per i cosiddetti “lontani”, infatti, il tempo del pellegrinaggio può segnare un primo vero incontro con la Sacra Scrittura. La bellezza della Madre del Signore. Ella è il «santuario vivente del Verbo di Dio»: è nel suo grembo che «il Signore stabilisce il suo tempio perfetto per una comunione piena con l’umanità attraverso il Figlio suo, Gesù Cristo». Chi incontra La Vergine Maria, dunque, incontra il Signore. La bellezza dei Sacramenti. Quando nel santuario si celebra un sacramento, specialmente l’Eucaristia, non “si fa” qualcosa, ma si incontra Qualcuno, anzi è Qualcuno, il Cristo, che nella grazia dello Spirito si fa presente per comunicarsi a noi e cambiare la nostra vita, inserendoci sempre più in
maniera feconda nella comunità dell’alleanza, che è la Chiesa. Assieme all’Eucaristia, poi, non si può non sottolineare l’importanza del sacramento della Riconciliazione. Molto spesso, lo sappiamo bene, una Confessione, soprattutto nell’ambiente del santuario, può cambiare la vita di una persona. La forza della misericordia e la grazia del perdono aprono il cuore del pellegrino a quella metànoia che, alla fine, è il vero frutto di ogni pellegrinaggio. La bellezza dell’uomo. È la trasformazione operata dello Spirito che introduce a sperimentare un altro aspetto della bellezza. 3. Il ritorno Anche il ritorno è un cammino. Un cammino diverso, forse più faticoso, forse più alleggerito… Un cammino in cui sarebbe bello rintracciare e valorizzare, in modo quasi speculare, tutti gli elementi esaminati all’inizio. Il cammino di ritorno dal santuario ci restituisce all’ordinario dell’esistenza rimandandoci alla Gerusalemme del cielo, nella quale non ci saranno più lacrime, né tristezza, né morte (cfr Ap 21,22). Il cammino di ritorno è, pertanto, un cammino di speranza. Ed è un cammino che, per essere autentico, ha bisogno di diventare a sua volta una Liturgia: la Liturgia della carità! La carità come servizio. La carità che non avrà mai fine. P. Carmine Cucinelli
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La fede nella storia della Polonia Riflessioni sulla diffusione del culto del Volto Santo
di Ewa e Zbigniew Pasko, Katowice Pochissimi polacchi conoscevano il Santuario di Manoppello prima dell’uscita, nel 2006, del libro di Paul Badde “Il Volto di Dio”, pubblicato dalla Casa Editrice Enciclopedica Polacca POLWEN di Radom. Il libro era stato pubblicato due anni prima in Germania. Con il libro un numero crescente di persone ha potuto conoscere la storia del Volto Santo. Nello stesso anno alcune agenzie di viaggi e pellegrinaggi hanno inserito Manoppello nei loro programmi di visita nei più importanti santuari italiani. Durante gli anni successivi il movimento dei pellegrinaggi polacchi a Manoppello è andato sempre più aumentando. Analizzando i registri dei pellegrinaggi della Basilica del Volto Santo si può riscontare che quasi il 40 % di gruppi di pellegrini sono polacchi. Arrivano in massa per adorare e contemplare il Volto di Cristo, per pregare secondo le proprie intenzioni. Sono spiritualmente preparati, sono commossi. Quando i pellegrini raggiungono San Giovanni Rotondo, e talvolta anche Monte San Angelo e Lanciano, nell`ultima parte, a coronamento del loro pellegrinaggio, incontrano il Santuario di Manoppello. Perché accade? Quali sono i motivi della notevole diffusione del culto del Volto Santo di Manoppello in Polonia? Per rispondere alla questa domanda, dobbiamo ripercorrere brevemente la storia della Polonia e osservare più vicino la sua società.
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1. La storia Fin dai primi anni della sua esistenza, la Polonia è stato un paese cristiano. Un primo momento importante nella storia della Polonia e nello stesso tempo l’inizio della sua storia fu il ricevimento del battesimo nel 966 da parte del principe Mieszko I della dinastia di Piast, che accettò il sacramento insieme a tutta la corte e riconobbe il cristianesimo come religione di stato. Poi poco a poco tutta la nazione polacca prese il battesimo. Nei secoli successivi la potenza della Polo-
nia e la sua cavalleria pesante, famosa nel mondo intero (alata ussaria), hanno svolto un ruolo significativo nella storia d’Europa. Quando nel 1683 l’assalto turco minacciava l’Europa, l’esercito polacco guidato dal re Giovanni Sobieski III nella battaglia sotto Vienna trattenne la loro marcia sull’Europa, rispondendo alla chiamata di Papa Innocente XI a difesa del Cristianesimo. Dopo la battaglia il re Giovanni III Sobieski gli inviò un messaggio: “Veni, vidi, Deus vicit”(sono venuto, ho visto, Dio ha vinto). Dal XVIII vennero per la Polonia tempi duri e cominciò la striscia delle sue sofferenze. La Polonia perse la sua indipendenza. In seguito a tre successive spartizioni (1772, 1792 e 1795). Dilaniata tra Russia, Prussia e Austria, scomparve dalle carte geografiche dell’Europa per 123 anni. I polacchi si trovarono sotto il potere di tre stati, senza diritti, senza possibilità d’usare la propria lingua negli uffici e nelle scuole, senza poter decidere del proprio destino. I polacchi insorsero più volte per la riconquista dell’indipendenza, ma i tentativi finirono sempre tragicamente. Il primo settembre 1939, con l’attacco di Hitler alla Polonia iniziò la Seconda Guerra Mondiale. Cominciò per la Polonia il tempo del terrore, delle razzie, delle esecuzioni, il tempo dei campi di concentramento in cui i nazisti crudelmente assassinavano i polacchi, e non solo. I soldati polacchi combattevano su tutti i fronti guerrieri del mondo (anche in Abruzzo, con gli Alleati), ma purtroppo la loro patria di nuovo scomparse dalla carta d’Europa. La fine della guerra, nel maggio del 1945, non
risolse il problema dell’indipendenza polacca. La conferenza di Jalta lasciò la Polonia in balia dell’Unione Sovietica per molti anni. Fino al 1989 la Polonia, resterà schiava del comunismo. Soltanto nel giugno 1989 dopo la resa finale del potere da parte dei comunisti, il Paese tornò libero. 2. La fede Nonostante le vicissitudini della Polonia, la fede dei polacchi non cambiò e rimase molto forte. La nazione polacca restava con Dio sia nel periodo della magnificenza e della gloria, sia durante i periodi di repressione, dimostrando la grande devozione e l’unione con la Chiesa. Quando dopo la Seconda Guerra mondiale la Polonia tornò ad esistere come stato e contemporaneamente fu sottomessa all’Unione Sovietica, la Chiesa cattolica rimase l’unica forza indipendente dal comunismo. E poiché il comunismo non riconosceva Dio e combatteva la religione, cominciò la guerra dello Stato contro la chiesa. Al culmine del terrore staliniano, in Polonia furono arrestati quasi mille sacerdoti, i seminari furono chiusi, non si davano permessi per la costruzione di nuove chiese, i bambini non potevano imparare la religione, le croci furono eliminate dalle scuole. Fu arrestato anche il Primate di Polonia il Cardinale Stefan Wyszynski, che trascorse tre anni di carcere in isolamento. Anche in questo periodo, i polacchi erano uniti con Dio e con la chiesa. Anche se le repressioni da parte delle autorità statali erano gravi (arresto, l’espulsione dal lavoro), non temevano di manifestare la propria
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fede. Nel 1965 iniziò il pellegrinaggio tra le chiese della copia del quadro della Nostra Signora di Czestochowa, per noi polacchi simbolo di libertà. Quando l’auto che portava a Katowice una copia dell’Immagine miracolosa fu fermata, gli abitanti si riunirono in massa per pregare davanti alla cornice vuota sull’altare della chiesa della Maria Immacolata a Katowice. Nel 1980 fu costituito il sindacato “Solidarnosh”. I lavoratori richiesero alle autorità, tra altro, di assicurare ai polacchi la possibilità d’ascoltare alla radio la santa messa domenicale. La legge marziale fu introdotta nel dicembre 1981. Furono uccisi 9 minatori della miniera Wujek a Katowice. Anche in questo periodo i polacchi sono rimasti uniti con la Chiesa; nella miniera Wujek li accompagnava un prete - il cappellano Henryk Bolczyk. E un sacerdote, Jerzy Popieluszko (assassinato per ordine delle autorità comuniste il 19 ottobre del 1984), nella sua ultima omelia disse: “La solidarietà ha sorpreso il mondo perché non combatte con la forza, ma in ginocchio, col rosario nella mano. Vicino agli altari e nei campi si rivendica la dignità del lavoro umano, la dignità dell’uomo”. 3. Papa Giovanni Paolo II e la Misericordia Divina Non sarebbe stato possibile per la nazione polacca sopravvivere nei tempi terribili dell’occupazione, delle guerre e dell’oppressione comunista senza il riferimento alla Madre Divina, alla Chiesa. La nazione polacca non avrebbe resistito al suo tragico destino senza un grande patriottismo
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fortificato con la forte fede in Dio e la cura di Maria. La terra polacca tanto martoriata ha portato al mondo Papa Giovanni Paolo II. Egli durante il suo primo pellegrinaggio in Polonia - nel giugno 1979 - disse: “Senza Cristo non è possibile capire la storia di Polonia ...”. Il 30 aprile 2000 Papa Giovanni Paolo II ha canonizzato Faustina Kowalska, una povera, illetterata e malaticcia suora polacca; una mistica che divenne testimone della Misericordia Divina. L’umile suora è stata scelta da Dio per compiere la grande missione, diffondere nel mondo la dottrina di Dio Misericordioso. Oltre ad adorare l’immagine di Cristo, la devozione della Misericordia comprende la Coroncina della Divina Misericordia e la celebrazione dell’ora della morte di Gesù. Secondo il Diario di sr. Faustina (687) Cristo le disse: “grazie inconcepibili desidero dare alle anime che si affidano alla mia Misericordia” e ancora: “Ho amato particolarmente la Polonia, e se sarà obbediente alla Mia volontà, l’alzerò nella potenza e santità. Da lei uscirà la scintilla che preparerà il mondo al mio arrivo finale” (Diario - 1732). 4. Il culto del Volto Santo di Manoppello in Polonia Tutto quello che abbiamo raccontato qui, la storia difficile della Polonia, il suo attaccamento a Dio e alla Chiesa nei secoli, la grande devozione a Maria e per la Sua Persona a Cristo e infine le due grandi figure della chiesa polacca, il Primate Wyszynski e il Papa Giovanni Paolo II, ha forgiato la profonda spiritualità della Polonia contempora-
nea. La nazione che ha amato sì fortemente Maria – e attraverso Maria, Cristo - cerca il Volto di Signore, sente la Sua nostalgia, proclama la Sua misericordia. La nazione ha una grande tradizione di pellegrinaggi ai santuari mariani e partecipa volentieri ai pellegrinaggi alla Basilica del Volto Santo di Manoppello in Italia, nonostante le grandi distanze. E anche nel suo Paese segue con vivo interesse il Santo Velo, che trova spazio nella preghiera, in incontri scientifici, in trasmissioni televisive e radiofoniche, nella pubblicazione di libri e articoli sul tema. La diffusione del culto del Volto Santo di Manoppello in Polonia è un processo sempre più profondo. L’afflusso sempre maggiore dei gruppi di pellegrinaggi polacchi a Manoppello e dei pellegrini individuali conferma che in Polonia si dice e si scrive molto sul Volto di Cristo di Manoppello. Sono usciti e si rinnovano costantemente i libri sul Volto Santo, tra cui: “Volto Divino” di Paul Badde, “Gesù Cristo: la testimonianza dei suoi sudari- Atlante” di Blandina Paschalis Schlomer, “La seconda Sindone” di Saverio Gaeta (Casa editrice POLWEN), “il Segreto di Manoppello” di Michele Guido Masciarelli (Casa editrice W. Drodze), “la Fotografia di Manoppello. Il Volto del Messia che resuscita” di Zbigniewa Treppy (Casa editrice Wydawnictwo Duszpasterstwa Rolnikow). In molti scritti cattolici appaiono spesso articoli sull’Immagine di Gesù di Manoppello. Molto bella la serie di articoli pubblicata sul settimanale “Gosc Niedzielny” (L’Ospite della domenica), il più diffuso periodico cattolico di tutta la Polo-
nia. Ad un numero è stata anche allegata una copia del Velo riprodotta su tela. Hanno scritto sul Volto Santo il settimanale “Niedziela” (La Domenica) e il mensile Miej-
sca Swiete” (I Luoghi Santi). Il ciclo delle notizie sul tema del Santo Velo è disponibile di continuo su seguiti portali internet, per esempio: www.odnowa.ofm.pl (lo sguardo del Volto Santo è accompagnato dal titolo “Jesus Zyje”, Gesù vivo), www.luxdei.pl. In occasione del pellegrinaggio del Papa
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Lettera ai fedeli
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Per la beatificazione di P. Domenico da Cese
Benedetto XVI a Manoppello la televisione polacca ha presentato il film di Gregorio Gorny “Volto Divino”, oltre a trasmettere l’intera visita del Papa. Una riproduzione del Volto Santo è stata collocata sopra al Tabernacolo della Parrocchia di Gesù Cristo Redentore a Czechowice - Dziedzice (Voivodato di Slesia) in occasione del ven-
ticinquesimo anniversario della costruzione della chiesa (ottobre 2008). Cristo nel Suo Volto Santo di Manoppello diventa dunque sempre più conosciuto e amato in Polonia. Per questo vengono a Manoppello tanti pellegrini polacchi. Ewa e Zbigniew Pasko, Katowice
Atutti i devoti di P. Domenico da Cese Oggetto: Raccolta di “testimonianze” e di “scritti” di P. Domenico da Cese per il processo di beatificazione Gentilissimo/a Sig.r/a, Il Signore ti dia pace. Chiedo scusa se con questa lettera le rubo un po’ di tempo, ma è per una buona causa. Ho trovato il suo nominativo nel carteggio della posta di padre Domenico da Cese che sta qui nel convento dei frati cappuccini di Manoppello, tra le testimonianze. Poiché è iniziato, nella Diocesi di Chieti Vasto, l’itinerario che dovrà portare in futuro, speriamo, alla beatificazione di padre Domenico, stiamo procedendo alla raccolta di materiale che possa aiutare, nella prima fase, al riconoscimento delle virtù eroiche praticate dal santo frate cappuccino. Perciò chiediamo la sua collaborazione nell’inviarci: 1. altre Testimonianze, se dovesse averne o conoscere persone che potrebbero averne, di cui lei, o un suo congiunto, è stata protagonista o testimone, di fatti edificanti della vita di padre Domenico, come per esempio: miracoli, guarigioni, conversioni, benefici o grazie ottenuti per sua intercessione, atti di carità da lui compiuti verso persone bisognose, malate o povere, conforto e consolazioni date a persone traviate ecc., descrizioni delle sue qualità umane e quant’altro può essere importante per mettere in evidenza la sua santità. Attenzione! Le testimonianze devono essere firmate. Metta, per favore, anche il suo indirizzo ed il telefono. 2. Scritti di padre Domenico che sono in suo possesso o presso qualche suo parente o conoscente. Se ne ha, li può spedire in originale o in fotocopia al nostro indirizzo. Così pure se ha o se può ritrovare delle sue foto ricordo di o con padre Domenico. La ringrazio in anticipo di quanto potrà fare. Siamo uniti nella preghiera e nella speranza di veder presto padre Domenico sugli altari. Mentre la saluto cordialmente, le auguro ogni bene dal Signore. Pace e bene. Manoppello, 25 agosto 2009 P. Carmine Cucinelli, Rettore della Basilica del Volto Santo di Manoppello
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Che cosa significa stare a Manoppello Intervista a Suor Blandina Paschalis Schloemer
“Il primo comandamento del credente è amare Dio. L’amore contempla e adora. Si può sempre contemplare e adorare nello Spirito. Ma il Dio incarnato ha un Volto individuale e unico,e questo Volto si può contemplarlo a Manoppello.”
di Włodzimierz Rędzioch Quando ha cominciato ad interessarsi del Velo di Manoppello? Mi hanno mostrato l’immagine del Volto Santo di Manoppello in una rivista del 1979, ma io non volevo nemmeno guardarla, perché per me l’autentica e unica immagine di Gesù era la Sacra Sindone (ne avevo letto tutti i libri in lingua tedesca). Ma lo sguardo
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nel Volto di Manoppello mi turbava e finalmente, per obbedienza a Gesù, ho deciso di controllare se questa immagine avesse qualche cosa a che fare con il Signore. Ho letto l’articolo accompagnato dalle fotografie dove si scriveva anche che l’immagine del Volto di Manoppello aveva le stesse dimensioni del volto di Gesù della Sindone. Questo non mi sembrava vero e, per ostinazione, volevo dimostrare il contrario. Così ho cominciato a studiare l’argomen-
to che entrava assai facilmente nella mia nuova attività di dipingere le icone. Stranamente, tutto quello che scoprivo era in favore del Velo. Continuavo a paragonare le due immagini e pian piano mi rendevo conto che esse dovevano provenire della stessa Persona: mostravano ambedue la stessa asimmetria, la Sindone come il Velo di Manoppello. Allora ho cominciato a credere che il velo di Manoppello rappresentava il Volto autentico e vivo di Gesù. In tutti questi anni non facevo altro che paragonare le due immagini con nuove fotografie o fotocopie. Nel 1991 però ho potuto far fare i primi lucidi a grandezza naturale e, sovrapponendoli, appariva la perfetta congruenza nelle ferite e in altre particolarità: insomma, risultavano derivanti da una cosa sola. La difficoltà mia e di tante altre persone consiste nel fatto che nell’immagine della Sindone non si riconosce l’immagine di Manoppello, invece nell’immagine di Manoppello si può ogni tanto – nell’ombra per esempio - indovinare il Volto della Sindone. Penso che questa differenza dipenda dal fatto che sulla Sindone abbiamo l’immagine di Gesù morto, invece nel Velo di Manoppello viene mostrato il volto vivo del Signore risorto. Dire ad un uomo dei nostri tempi che esiste una vera immagine di Dio non è una cosa rischiosa? Sì! Ma bisogna dirlo. Per di più si deve dire che il Volto Santo è la prova, o meglio il documento della resurrezione di Gesù (come
la Sindone è la documentazione della sua passione e morte in croce). Il Volto Santo di Manoppello, per me, non può essere il Volto di Gesù prima della morte, perché, essendo senza nessun dubbio il volto di una persona viva, fa vedere ben precisi i segni della morte subita. Lei nelle sue ricerche si confrontava con altri esperti? Ho cercato contatti con gli specialisti: nel 1984 ho mandato i risultati delle mie ricerche al prof. Werner Bulst e al p. Heinrich Pfeiffer, con cui da molti anni ero in stretto contatto (giornate intere parlavamo del Volto Santo). Il prof. Andreas Resch, dopo aver letto il primo libro di p. Pfeiffer sul Velo di Manoppello, lo ha invitato a parlare in un congresso di paranormologia. Poi ha pubblicato articoli di p. Pfeiffer e anche il mio lavoro. Insomma si è creato un gruppo di persone che studiavano il Volto Santo, anche persone che non conoscevo personalmente. Qual è il suo ruolo qui a Manoppello? Sono una suora trappista, ho chiesto di poter vivere da eremita a Manoppello per continuare i miei studi sul Volto Santo. Ho deciso di vivere qui perché Gesù presente nel Velo mi sembrava abbandonato, che non ci fosse una comunità che lo amasse e lo adorasse. E’ vero che a Manoppello c’era e c’è la comunità dei frati cappuccini e che tanti abitanti si sentono legati a
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Fra Simone Calvarese, Sacerdote
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quell’Immagine e l’amano, ma non si tratta di una comunità dedita alla contemplazione continua. Che cosa significa per lei stare a Manoppello e contemplare il Volto Santo? Vorrei precisare una cosa: All’inizio non era mia intenzione cercare il Volto Santo e restare a Manoppello. Penso che Gesù si sia servito della mia vita e della mia persona per realizzare un disegno divino, che però mi era completamente oscuro e del quale ero un modestissimo strumento. Penso che Dio stesso abbia voluto nuovamente rivelare Suo Figlio a noi poveri figli del XXI secolo, e abbia cercato e trovato uomini che, consapevolmente o inconsapevolmente, collaborassero a quest’opera. Da parte mia posso soltanto ringraziare coloro che mi hanno aiutato lungo questo cammino con la loro più alta visione spirituale e i loro mezzi, e anche coloro che mi hanno sostenuto con la loro preghiera. Tornando alla sua domanda: Il Volto Santo è una Cosa unica. L’Eucaristia si può celebrare in ogni posto del mondo - per questo non avrei dovuto lasciare il mio monastero in Germania: Gesù è presente nell’Eucaristia dovunque. Nel Velo di Manoppello però fa di più: si mostra. Il primo comandamento del credente è amare Dio. L’amore contempla e adora. E qui posso farlo. E’ vero, si può sempre contemplare e adorare nello Spirito. Ma il Dio incarnato ha un Volto individuale e unico e questo Volto posso soltanto contemplarlo a
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Manoppello. Vorrei che si creasse un circolo di persone per adorare il Volto umano di Dio, per sperimentare qui la presenza di Gesù Cristo e cantare la Sua lode. Sono contentissima che ormai tanti pellegrini vengono qui da tutto il mondo. Recentemente è venuto a Manoppello anche un fedele russo che ha comprato tre immagini del Volto Santo, fatte in vetro: una di queste immagini, come ho sentito, sarà regalata al patriarca di Mosca. Per me è uno dei tanti segni. Włodzimierz Rędzioch Suor Blandina Paschalis Schloemer Nata il 6 marzo 1943 a Karisbad-Aich (Germania). Ha ottenuto il diploma di maturità nel 1962, anno in cui entra tra le suore delle Missionarie del Preziosissimo Sangue. Nel Febbraio del 1965 fa il primo studio sulla Sindone. Si specializza nella pittura dei mosaici. Dal 1966 studierà farmacia nelle università di Würzburg e Bonn e nel 1973 passa all’ordine delle trappiste. Nel 1976 inizia lo studio delle icone e su questo si specializzerà in Francia. I primi anni ‘80 viene a conoscenza del Volto Santo di Manoppello. Nel 1984 si mette in contatto con il prof. Werner Bulst e padre Heinrich Pfeiffer, esperti della Sacra Sindone. In questo periodo inizia lo studio del confronto Sindone- Volto, ottenendo, nel 1991, la prima “sovrapposizione” delle due immagini di Gesù: l’immagine della Sindone e l’immagine del velo di Manoppello. Nel 1998 espone i 27 pannelli che dimostrano la piena convergenza delle due immagini al convegno sul “Volto dei Volti”, tenutosi a Roma; pannelli che formano attualmente la Mostra “ Penuel” nel santuario di Manoppello.
Sabato 26 settembre 2009 alle ore 17, davanti al Santuario di Maria Santissima dello Splendore di Giulianova (TE), ha ricevuto l’Ordinazione Presbiterale Fra Simone Calvarese, O. F. M. Cappuccini, per l’imposizione delle mani e la preghiera consacratoria di S. Ecc. Rev.ma Mons. Michele Seccia, Vescovo di Teramo-Atri. Ha presieduto la sua Prima Messa Domenica 27 settembre alle ore 12 nella chiesa di San Flaviano a Giulianova paese.
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La pricissijone a lu Volte Sante (ricordi - 1944)
Lu paieselle me, Serramonacesche, province de Pescare, piccule e malandate, scasìse in pricissijone pi ije a circà la grazie a lu Volte Sante pe fa piove pecchè s’avè seccate tutte cose! Scàveze e scapelle pe ffa la penitenze a sconte de le peccate… La fame ijere de case, se nen piuvève ijere la fme ! ... Sole na grazie ci puteve salvà. Lu preite, Don Benedetto Sciulli, da sopre a lu pùlpete pridichìse: Cari fratelli, dobbiamo pregare molto per la pioggia, implorando tutti insieme Sant ‘Antonio, nostro protet-
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tore affinché interceda per noi presso il Volto Santo. L’acqua è fonte di vita, pregate, pregate. I1 Santo lo porterete a spalla, lui ottiene ogni giorno 13 grazie dal Signore, una sarà certamente la nostra. Mamme mi purtìse nghe ijesse, tenève ott’anne! M’arcorde quasce tutte..Che contentezze!. Lu campanone de la Serre sunìse a distèse fin’a notte c’arendremme alla chiese. Pe li vie de Manuppelle, ogne rumore pareve nu *terrècene.. .pe quanta ìjere la spe-
ranze de vedè piove!... Lu ciele scurècce, lu sole ndreve e sceve. Na *buttàgne!!..Nu callacce!... Li *stannarde ijevene nnenze a tutte, quelle de la Madonne de lu Rusarie, quelle dell’Azione Cattoliche e quelle de li Feije de Marie, lu Sante steve a metà pricissione. Tutt’a cantà: Lu Volte Sante de Manuppelle, io l‘adore-io 1‘adore, i l‘adore e le voie adurà ... . lu sante volte la grazie ci fa! Vulevame fa l’accurciatore..pe ffa cchiù leste, ma le Manuppellise ci vulìsere fa passà lunghe lu corse tutte paràte a feste, cuperte e lenzole pe le finestre e li balcune, n’avvenemènte pe chi li timpe! Che ijurnate! Che cuntentezze! Finalmente lente-lente arrevèmme a lu Santuarie. Li pùvere frate..tutte a disposiziona nostre; Messa cantate, cunfissijune e cuminijune. Li strascinùne nen fenèvene maie. . .li faciavame nghe tutte lu core!.. Pe magniè ci’assettèmme a le scalucce de la chiese: pizza bianche pe li cchiù ricche, *pizza scime, pizze de randinije e *panucce pi li cchiù puvirille. L’acque a lu *vòmmele e a le * ‘mbaijatelle. . - ijere vullente! .. .Pacienze, avavàme da fa la penitenze pi uttìnè la grazie!.. .A lu riminì, lu preite,. via facenne, pridichise: Lo so che siete scoraggiati, ma il Volto Santo sa quello che fa! Abbiate fede e vedrete che tutto si risolverà. Adesso cantiamo un Inno a Sant‘Antonio. Gloria Spiendor di Padova, figlio dell’Umbro Santo... La compagnie s’avviijse. . .priènne e cantenne. Arrivète a la chiese de la Serre...
cuminzìse finalmente a piuviccichè. Dope l’arentrate de lu Sante invece cuminzise a pjove a zeffònne!! Popolo di poca fede, disse Don Benedetto… Canti, pianti e preghiere. Il Volto Santo, per intercessione di Sant’Antonio aveva fatto la grazia. Anime semplici, fede senza ma, senza perché,… gente di altri tempi. Questi ricordi mi hanno accompagnato per tutta la vita. Se faccio il confronto con il giorno d’oggi, rimango senza parole, quasi non ci credo, ..se non fosse che c’ero anch’io’!..
* bugjafa = afa * terrècene = tuono * stannarde = stendardi * pizza scimepizza = senza lievito * panucce = pagnouelIa fatta con farina di mais e grano * voflunele = contenitore per l’acqua in terra cotta * ‘mbaijatelle = bottiglia impagliata Adriana Della Vecchia
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L’immagine nascosta
La chiesa era alta, fresca, silenziosa, vuota e semibuia. Nel fascio di sole che l’attraversava da sopra l’altare, luccicava il pulviscolo sospeso. La ragazza entrò con i denti serrati, sciolse i pugni per il segno della croce e si inginocchiò sul banco più vicino. Fuori era rimasto il fidanzato con gli amici con cui erano in vacanza, in quel mare d’Abruzzo così basso, calmo e caldo: un’acqua che lei detestava, perché di ghiaccio avrebbe avuto bisogno ogni volta che nella testa le tornava Veronica, e quel volto che non aveva mai visto si fondeva con quello del suo fidanzato, perché da quando l’aveva tradita erano ormai per sempre, per lei, una cosa sola. Inutili le lacrime del ragazzo e le tenerezze dell’ultimo anno: quello che per lui era stato solo un errore, per lei era l’ossessione che le avvelenava ogni istante, anche i ricordi dei due anni passati insieme prima. Ormai cercava solo il coraggio per lasciarlo ma, appena si sentiva pronta, la terra le crollava sotto i piedi. China sul banco in fondo alla chiesa, aprì gli occhi e alzò la fronte, premette i pollici sulle tempie e spinse via le lacrime con gli indici. Guardò avanti e, in fondo, di fianco all’altare, vide un grande crocifisso alto e scuro, che da lontano sembrava di legno e ben fatto. Puntò le mani sul banco, si alzò e lo raggiunse a passi lenti. La croce era di metallo ma il crocifisso era davvero di legno e la guardava sfinito, e la ragazza si alzò in punta di piedi per sfiorare quelli della statua con le mani; un grosso chiodo di ferro era piantato sopra le dita contratte. Accarezzò
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le unghie e le falangi: erano lisce e lucide come tutto il legno fino alle caviglie; più sopra, invece, la statua era ruvida e opaca. Appoggiò il corpo e la faccia alla croce nera e fresca, e spostò un pò la testa per guardare l’altare: lì dietro, sopra un lungo ripiano di marmo verde che sosteneva il tabernacolo, era esposto un quadretto illuminato, circondato da una cornice dorata. Si avvicinò e vide che si trattava di un ritratto e che la tela sottile, inserita tra due vetri, lasciava passare la luce proveniente dalla vetrata retrostante: una finestra piccola, bianca e rotonda, che costituiva l’unica fonte luminosa della chiesa. Non riusciva però a distinguere bene l’immagine perché, per raggiungerla, avrebbe dovuto oltrepassare l’altare. Ai lati del lungo ripiano verde notò due file simmetriche di gradini, passò allora di fianco all’altare per salire sulla fila più vicina al crocifisso e giunse dietro al ripiano, in alto, vicino al retro del ritratto. In cima ai gradini, su una sedia di plastica, era seduta una piccola suora che guardava il quadretto. Si fermò accanto a lei e vide la stessa immagine intravista sul davanti, dipinta uguale sul dorso del quadro: da vicino poteva distinguere un volto simile a quello della Sacra Sindone, a grandezza naturale, colorato nei toni dell’ocra. Il ritratto era proprio all’altezza del suo viso e la ragazza lo guardava faccia a faccia, riuscendo ad apprezzarne ogni sfumatura. L’artista aveva ricopiato con gran cura l’immagine miracolosa, riproducendone i tratti del volto e le tumefazioni: per quel che ricordava, il naso fratturato e una guancia
gonfia sembravano ricalcati sul telo di Torino. Anche il sangue era stato dipinto, soprattutto sul lato sinistro, ma sulla fronte l’artista aveva preferito raffigurare anche la corona di spine e non solo i segni che aveva lasciato. Erano state introdotte anche altre modifiche: il labbro superiore scopriva appena i denti in un sorriso delicato e la bocca era un poco aperta ed asimmetrica, con il lato sinistro appena più sollevato del destro. Anche gli occhi erano aperti, con le palpebre superiori un po’ abbassate e le pupille disegnate con quella tecnica per cui lo sguardo fissa sempre l’osservatore; sotto le iridi era dipinto un tratto bianco di cornea e si distingueva l’interno delle palpebre inferiori. Gli angoli degli occhi e della bocca non erano nitidi, ma appena ombreggiati, e
l’espressione del volto sembrava cambiare lievemente durante l’osservazione, come succede guardando la Gioconda. La ragazza rimase ferma alcuni minuti per lasciarsi fissare da quello sguardo umile e paziente e intanto, lasciando scorrere piano gli occhi avanti e indietro come per la lettura, osservava quel volto che pareva vivo. Il sole, dalla vicina vetrata, rendeva il quadro molto luminoso e sotto i suoi raggi mutevoli il viso sembrava mobile e gioioso. Incrociò appena gli occhi per sfuocare l’immagine, come si fa con quegli strani quadri ripetitivi che nascondono un disegno tridimensionale; avanzava di mezzo passo, indietreggiava, si fermava e cercava di guardare al di là del ritratto. Le palpebre superiori del dipinto sembravano abbassarsi teneramente e i baffi appena accennati ai lati della bocca accentuavano il sorriso, lo facevano espandere ed aprire. L’ocra delle guance e della fronte, molto più chiaro della barba e dei capelli, sembrava estendersi a tutto il volto illuminandolo; il suo giallo caldo si sommava alla luce della vetrata, che continuava a creare sul ritratto piccole zone chiare in movimento, come i riflessi sulla superficie dell’acqua. Le chiazze scure del sangue sulla guancia e dei lividi ai lati del naso sembravano espandersi e contrarsi, e ad ogni loro pulsazione tutto il viso sembrava risplendere e respirare. La ragazza muoveva gli occhi da destra a sinistra e leggeva e rileggeva quell’espressione inesauribile; la metteva a fuoco, la sfocava, faceva qualche passo indietro e ritornava avanti. Si concentrava di volta in
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Davanti al Volto Santo
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Riflessioni
volta sugli occhi, sulla bocca, sul sangue, sulle tumefazioni e la corona di spine e ripeteva l’operazione più volte, ed ogni volta la luce del volto aumentava. Stranamente, questa gioia luminosa non strideva con i segni del supplizio ma ne veniva anzi esaltata: la ragazza osservava lo sguardo e il sorriso e vi leggeva una grande serenità; poi contemplava la corona, il sangue e i lividi, e quando ritornava a guardare gli occhi e la bocca vi scorgeva una luce nuova e una pace più profonda. Era come se quello stesso sguardo e quello stesso sorriso, provenienti da un viso liscio e rilassato, non avrebbero potuto esprimere la stessa pienezza che emanavano invece tra i lividi e le spine. Una carezza le sfiorò una mano; era la suora: - Conosci la storia del Volto Santo? - No... Cioè, della Sindone sì, la conosco... Questo quadro è ricopiato dalla Sindone, vero? - No, questo è un’altra cosa. Hai visto i due lati? - Sì, là dietro, sopra l’altare, è uguale. - Non è proprio uguale: è il suo retro, è come se l’immagine fosse passata al di là della stoffa. Prova a vedere. La ragazza ridiscese gli scalini e andò sull’altro lato: si trovava tra il ripiano e l’altare e vide che la chiesa era ancora vuota. Si girò, guardò meglio il piccolo quadro e ritornò dalla suora: - È vero! È come se il telo fosse trasparente. - Ma non lo è. E l’hanno esaminato bene: è qui da cinquecento anni. - E come hanno fatto a farlo? Sembra
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preciso sui due lati. - Sì, sembrano due fotografie speculari. - Sì, proprio! Come avranno fatto a disegnare i due lati così perfetti? - Non è un dipinto. L’hanno analizzato al microscopio e sulle fibre non c’è nessun residuo di colore. - E come fanno ad esserci, le due immagini? - L’hai guardato bene, vero, prima che io ti disturbassi? - Nessun disturbo, anzi! E comunque sì, lo stavo guardando proprio bene, è bellissimo. - Anche a me piace tanto, vengo qui tutti i pomeriggi, ogni giorno. E a te perchè è piaciuto? - Questo sguardo qui, così buono, fra le spine.... E il sorriso è dolce, qui, fra questi lividi. - Ecco: è questo che l’ha impresso sui due lati. È la stessa forza che tre giorni dopo l’ha risorto e impresso sulla Sindone. - Eh? Anche questa è un’immagine miracolosa? - Sì, anche qui ne hanno fatti di studi. - E perché tre giorni dopo? - Perché questo è il telo di cui parla la Via Crucis. I Vangeli non ne parlano, ma è quel panno che ha asciugato il Suo volto lungo la salita al Calvario. Quel telo che è stato tramandato con il nome di Veronica. Quando stava per uscire dal portone, nel raggio di luce polverosa vide le sue mani giunte, delicatamente accostate; portò gli indici alla bocca, mandò un bacio e inginocchiandosi rifece il segno della croce. Claudia Radici
Il Volto…gente che va, gente che viene! Ditate sul vetro…toccata e fuga! Sali e scendi, su e giù! Sguardi increduli, a volte assenti, sguardi curiosi. . solo sguardi! Ma c’è chi prega, chi si inginocchia e sosta! Tu, Volto Santo, scompari e appari, quasi volessi nasconderti agli sguardi umani, stanco di essere solo guardato, a volte osservato, ma non amato, contemplato, adorato. Gesù, esposto come trofeo di guerra ai tuoi vinti! Sei il Vincitore, eppure sembri lo sconfitto, sei il Re, eppure sembri l’oggetto di sguardi solo degli occhi e non del cuore. Tra un inchino e l’altro, si corre al negozio di ricordini, si parla, si esce, si entra. Tu sei là, immobile, ma sempre diverso e ti lasci sezionare da menti che non comprendono il mistero, mentre Tu, ad uno ad uno che passa davanti leggi l’anima. Finalmente un gruppo di pellegrini ascolta la storia, finalmente si parla di Te, il Risorto. Tu, sempre li, trasparente e senza dimensione corporale, ma solo gloriosa! Tu, inspiegabilmente vivo! Tu, senza traccia di tocco umano, dilati il tuo Volto alla luce, mentre Tu stesso Luce da Luce, spontaneamente ti rendi visibile all’uomo. Il tuo Volto, come ombra sul bisso, effonde la sua luce sulle sottili fibre, creando e annullando in continuo ripetersi i lineamenti, di cui gli occhi sono i primi a mostrarsi e gli ultimi a nascondersi. Volto di Gesù, impalpabile eppur vero, senza dimensione eppur vivo, sempre presente eppur sfumato agli occhi che lo guardano! Volto senza luogo e senza tempo,Volto senza corpo né colore, eppure bello, diversamente espressivo tra il dolo-
re, la calma, lo stupore, la profondità. Tu, sospeso nel bisso bronzeo, ti mostri all’uomo senza alcun legame con il resto del tuo corpo. Tu solo il Capo che domina la scena del con gli occhi della mente e non dell’anima, scenderemo dalle scale senza aver dato risposta alla nostra curiosità e senza aver impresso il tuo Volto nel nostro cuore, cioè senza il vero amore per Dio e per il prossimo. Il tuo Volto, Gesù, parla e comunica questa grande verità ad ognuno di noi:” Anche se non mi vedete, se crederete, sarò sempre con voi. Appaio e scompaio, perché non sono i miei lineamenti ad essere importanti, ma il mio essere vivo in voi, per voi, in mezzo a voi per sempre!”. Volto di Uno in tutti, Volto di Dio Amore, Volto dell’ eternità della Vita, grazie! Ambretta Lala (Manoppello 2 maggio 2009)
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Elevazione
E tu, chi dici che io sia?
Volto Santo, Volto dell’Unità!
Ti guardo e dietro di te vedo i miei fratelli, le mie sorelle. Tu scompari per dare spazio a noi, che tanto hai amato e infinitamente ami. Ecco tanti volti, tutti vicini fino a coprire la luce che filtra dietro e man mano compare il tuo Volto, Gesù! Tutti in Te, tutti in Uno! Il tuo Volto è il nostro volto assorbito nel tuo! Il nostro volto diviene unico volto in Te! Stupenda esperienza di vera unità! Forse è proprio questo il significato della reliquia: l’unità dei tanti che in Te sono uno. Prima scompari per fare posto a noi e poi compari per unirci a Te. Per questo il Padre ci vede in Te e solo attraverso di Te possiamo guardare al Padre. Quanto amore scaturisce da quel velo, quanto abbandono silenzioso rivelano i tuoi occhi, che leggono le nostre miserie! Ma Tu sei sempre lì, fermo nel tuo amore spesso velato di tristezza; Tu sei sempre lì anche quando scompari, come segno di presenza perenne, a prescindere dai lineamenti visibili. Il tuo Volto è un dono inestimabile di Dio per farci comprendere l’Unità Trinitaria, nella quale ogni uomo viene accolto nella sovrapposizione dei volti, per rivederli tutti in Cristo. Il vuoto che compare nella lontananza, ci invita ad avvicinarci a Te sempre di più e ci aiuta a capire che potremo avere la salvezza, solo amando Dio e il prossimo. Se rimaniamo lontani, vedremo solo la luce naturale, avremo a nostro beneficio solo la luce artificiale e non quella divina. Avremo solo vetro, argento, legno, opera cioè di mano d’uomo, ma saremo privati della visione beatifica di Dio, in Cristo vivo
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«È un Volto che porta in sé le impronte della Passione, ma al tempo stesso è un Volto che irradia luminosità, la vittoria della Luce sulle tenebre» (Mons. Bruno Forte) in mezzo a noi. Se saliremo le scale per guardarti da vicino semplicemente come l’oggetto da ammirare, se guarderemo il Volto solo con gli occhi della mente e non dell’anima, scenderemo dalle scale senza aver dato risposta alla nostra curiosità e senza aver impresso il tuo Volto nel nostro cuore, cioè senza il vero amore per Dio e per il prossimo. Il tuo Volto, Gesù, parla e comunica questa grande verità ad ognuno di noi:” Anche se non mi vedete, se crederete, sarò sempre con voi. Appaio e scompaio, perché non sono i miei lineamenti ad essere importanti, ma il mio essere vivo in voi, per voi, in mezzo a voi per sempre!”. Volto di Uno in tutti, Volto di Dio Amore, Volto dell’ eternità della Vita, grazie! Ambretta Lala (Manoppello 2 maggio 2009)
«E tu, chi dici che io sia?». Sembra questa la domanda che il ritratto del Signore, impresso sul velo di Manoppello pone a quanti si recano in pellegrinaggio alla Basilica Santuario, posta ai piedi della Maiella. Il Volto Santo è esposto sull’altare, all’interno di un ostensorio, protetto da uno scrigno di vetro blindato. Una cornice d’argento, oro e pietre preziose, ornata dei simboli della Passione, cela quella in legno plurisecolare, mentre due piastre di vetro sigillano la Sacra Icona, visibile da ambedue i lati. Dalla Relatione Historica, redatta da padre Donato da Bomba nel 1645, si apprende che il velo, della consistenza di una «tela del ragno», in una giornata del 1506 fu donato al dottor Giacomantonio Leonelli da un pellegrino misterioso, forse un angelo, giunto a Manoppello; il dott. Donatantonio de Fabritiis lo acquistò da Marzia Leonelli nel 1618, per poi farne dono, nel 1638, ai Frati Cappuccini. L’immagine sembra dipinta con la luce. È invisibile allo spettroscopio. Le indagini microfotografiche del professor Donato Vittore dell’Università di Bari e del professor Giulio Fanti dell’Università di Padova non hanno rilevato tracce di alcun tipo di colore; inoltre, in controluce il velo diventa completamente trasparente e scompaiono anche le quattro pieghe che lo attraversano. Questa è la straordinaria caratteristica dell’oro del mare, il filamento della pinna nobilis, lavorato anticamente ad Alessandria, ad Antiochia, poi a Taranto ed ancor oggi a Sant’Antioco, dove vive l’ultima filatrice vivente, Chiara Vigo, la quale ha riconosciuto nell’impalpabile velo custodito
a Manoppello la trasparenza del bisso marino, il più prezioso tessuto dell’antichità, sul quale è impossibile disegnare o dipingere. Impossibile anche una tessitura come quella della reliquia. Pertanto, come la Sacra Sindone di Torino, anche quello di Manoppello - prototipo di tutta l’arte sacra delle icone - è un velo acheiropoietos, non fatto da mano d’uomo. È il sudario attestato da Giovanni e poi custodito a Camulia, in Cappadocia, per poi essere salvato dalla furia iconoclasta e portato a Roma nell’VIII secolo? È’ dunque il velo della Veronica romana - la vera eikon, divenuta nell’immaginario dei fedeli la pia ebrea della sesta stazione della Via Crucis – trafugata durante il sacco di Roma (1527) e sostituita con una copia
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Fra Paolo Palombarini, Sacerdote
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ormai sbiadita, collocata il 21 maggio collocata nel 1606, all’interno del pilastro della Veronica, in San Pietro? Gli studi condotti da oltre venti anni ed ancora in corso – ai quali ha dato un impulso determinante il gesuita tedesco, padre Heinrich Pfeiffer, docente di Storia dell’Arte Cristiana presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma – offrono ormai validi argomenti per identificare con certezza morale il sudario di Camulia con il velo della Veronica giunto prima a Roma e poi a Manoppello. Padre Pfeiffer è infatti convinto che il velo di bisso marino custodito nella Basilica abruzzese sia il vero volto del Risorto, immagine non dipinta, né tessuta, impressa per una sorta di esplosione di luce. La Sacra Sindone, con gli occhi chiusi, ed il Volto di Manoppello, con gli occhi aperti, sono dunque la testimonianza divina della Passione e della Resurrezione di Cristo. Sr. Blandina Paschalis, nel 1986 ha peraltro scoperto la perfetta sovrapponibilità dei due volti: Dio è intervenuto per imprimere entrambe le immagini. Mons. Bruno Forte, Arcivescovo Metropolita di Chieti – Vasto afferma che «è un Volto che porta in sé le impronte della Passione, ma al tempo stesso è un Volto che irradia luminosità, la vittoria della Luce sulle tenebre. A Manoppello si percepisce l’unità del “Passus et Glorificatus”. Siamo di fronte all’unità paradossale di morte e Resurrezione». Purtroppo, però, l’orizzonte teologico, storico e culturale della preziosa reliquia – alla quale ha dato risonanza internazionale il giornalista tedesco Paul Badde – è anco-
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ra poco nota in buona parte dell’Italia, ma non in Puglia ed in particolare a Taranto. Il Comitato per la Qualità della Vita della città bimare, nel 2005, ha attribuito la “ Corona di spine d’argento” proprio ai Frati Cappuccini, custodi da quattro secoli del Volto Santo. Quel Volto dinanzi al quale ha intensamente pregato Sua Santità Benedetto XVI il 1º settembre 2006. Quel Volto dallo sguardo misericordioso e mite, che fissa e scruta, da qualunque parte lo si guardi. Quel Volto che, conducendo alle soglie del mistero, nel suo arcano silenzio, interroga ogni coscienza: «E tu, chi dici che io sia? ».
Sabato 18 ottobre 2009 alle ore 18 nella chiesa Cattedrale “S. Cetteo” di Pescara, ha ricevuto l’Ordinazione Presbiterale Fra Paolo Palombarini, O. F. M. Cappuccini per l’imposizione delle mani e la preghiera consacratoria di S. Ecc. Rev. ma Mons. Tommaso Valentinetti, Arcivescovo di Pescara-Penne. Ha presieduto la sua Prima Messa Domenica 18 ottobre nella chiesa del “SS. Crocifisso” in Pescara.
Maria Carmela Bonelli
L’immagine meravigliosa a Manoppello Un uomo mi guarda Due occhi. Silenzio. Eternità. Mai un uomo guarda così! La bocca è aperta. In un sorriso? In un respiro? Una parola mi viene incontro! Uno sguardo di bontà, di sapere, di compassione. Nel cuore Pace dolcissima. Gesù! Sei Tu? Suor Blandina Paschalis
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Notizie in breve
Pellegrinaggi a piedi
“approfonditi e qualificati studi che hanno dimostrato la sovrapponibilità del Volto Santo con l’immagine della sacra Sindone” – è stato formalizzato nel corso di un consiglio straordinario che si è tenuto presso la Chiesa di S. Nicola. La cerimonia si è conclusa con un concerto di musica antica dell’Associazione Musicale Patho et Matheis. Nel prossimo numero del Bollettino sarà pubblicato l’intervento pubblico di sr. Blandina. Immagine del Volto Santo in russo Il crescente flusso di pellegrini provenienti dalla Russia e da altri paesi dell’Est ha reso necessario favorire la comunicazione e l’essenziale conoscenza della reliquia, attraverso la stampa di una immagine del Volto Santo con la preghiera in caratteri cirillici.
Il 4 ottobre si è ripetuta la ventesima edizione del pellegrinaggio a piedi da Chieti Scalo al Volto Santo di Manoppello. Un altro pellegrinaggio si è svolto l’11 ottobre da Casalincontrada (CH). I pellegrinaggi sono stati seguiti da centinaia di persone, intere comunità parrocchiali in movimento, che nel canto e nella preghiera, attraverso strade e sentieri campestri, hanno riproposto la devozione popolare di un tempo. Riconoscimento a Sr. Blandina In data 5 dicembre 2009 il Comune di Manoppello ha conferito la cittadinanza onororaria a Sr. Blandina Paschalis Schlöemer, che da alcuni anni vive nelle vicinanze del Santuario per continuare a studiare il Volto Santo. Il riconoscimento - motivato dagli
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Il Volto Santo ad AUREA 2009 Anche quest’anno il Santuario del Volto Santo è stato presente ad AUREA 2009, tenutosi presso la Fiera di Foggia dal 26 al 28 novembre. Nell’ambito del convegno di apertura “Sulle strade dell’uomo e dello spirito” è stato invitato Antonio Bini che è intervenuto sul tema del patrimonio culturale religioso abruzzese dopo il terremoto, soffermandosi sul Santuario del Volto Santo, luogo di intensa spiritualità anche in occasione del drammatico sisma del 6 aprile. Al convegno, moderato dal giornalista del TG1 Attilio Romita, ha partecipato don Mario Lusek, direttore dell’Ufficio Nazionale per la Pastorale del tempo libero, turismo e sport.
Casa del Pellegrino A causa di indifferibili lavori di ristrutturazione, anche a causa dei danni subiti dal recente terremoto, è stata temporaneamente sospesa l’attività della struttura della Casa del pellegrino attigua alla Basilica. Ci scusiamo per i disagi arrecati ai numerosi pellegrini e visitatori del Santuario, che in futuro potranno però trovare una migliore accoglienza e servizi più adeguati, grazie a progetti di ristrutturazione.
la raccolta dei documenti e delle relazioni presentate dagli scienziati, espressione di varie università e centri di ricerca, tra cui il CNR (Centro Nazionale delle Ricerche), proponendosi di pubblicarne i risultati. Venticinquennale
Nuovo DVD sul Volto Santo È stata realizzata una nuova edizione dell’ultimo DVD “Penuel: il Volto del Signore” in più lingue: tedesco, polacco, inglese e spagnolo. Il documentario, promosso dal Santuario, è stato prodotto dalla società pescarese Best Service, a cura di Silvano Console e Gianluca Stuard
Il 26 settembre scorso, Antonio e Francesca Bini hanno ricordato i loro 25 anni di matrimonio presso la Basilica del Volto Santo. La cerimonia è stata officiata dal Rettore. Oltre al figlio Paolo, erano presenti parenti e amici, tra cui Paul ed Ellen Badde, p. Pietro de Guglielmo, sr. Blandina, fr. Vincenzo. Antonio Bini è tra i più assidui collaboratori del Santuario ed uno dei più ferventi propagatori della conoscenza e della devozione del Volto Santo.
Ricerche e studi sul Volto Santo Negli ultimi mesi si registra l’interesse di nuovi autorevoli studiosi sulla reliquia, con ricerche non invasive che si avvalgono di nuove tecnologie. Il Santuario sta curando
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Visite eccellenti
S. E. Mons. Ennio Appignanesi, Vescovo emerito di Potenza, guida un gruppo di pellegrini di Roma.
Padre David Glenday, Segretario Generale dell’Unione Generali dei Religiosi, con S. E. Mons. Bruno Forte ed il segretario dell’Arcivescovo don Domenico.
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La Signora Susanna Pescante, moglie di Mario Pescante, Presidente Generale del CONI, organizzatore e responsabile dei Giochi del Mediterraneo, tenutesi a Pescara e in varie città d’Abruzzo.
S. Em. Cardinale Polycarp Pengo, Arcivescovo di Dar Es Salaam, Tanzania.
S. E. Mons. Giuseppe Pinto, Nunzio Apostolico in Cile.
S. E. Mons. Volfgang Haas, Vescovo della Diocesi di Vaduz (Svizzera) e dei territori del Liechtenstein, con il suo segretario e 50 fedeli.
S. E. Mons. Salvatore Giovanni Rinaldi, Vescovo di Acerra, con un gruppo di pellegrini della sua Diocesi.
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Visite eccellenti
S. Em. Cardinale Peter Erdö, Primate di Ungheria, membro del Pontificio Consiglio dei Testi legislativi, accompagnato (a destra) dal Vescovo MS.E. Mons. Jan Ignacio Arrieta Ochoa de Chinchetru, titolare di Civitate, Segretario dello stesso Pontificio Consiglio.
Notizie utili
Il Lions Club con sede a Montesilvano, in ritiro al Volto Santo.
Orario di apertura e chiusura della Basilica 6.00 - 12.00 15.00 - 19.00 (ora solare 18.00) In questi orari c’è sempre un sacerdote a disposizione per le confessioni. Presso la Basilica è allestita la mostra di Blandina Paschalis Schlömer: “Penuel. La Sindone di Torino e il Velo di Manoppello: un unico volto”.
Orario delle SS. Messe Prefestivo:
17.30 (ora solare 16.30) Festivo:
7.30 - 9.00 - 10.00 - 11.00 - 17.30 (ora solare 16.30) Feriale:
7.15 Concelebrazione Telefono Basilica +39 085 859118 Fax +39 085 8590041 voltosanto@tiscali.it info@voltosanto.it www.voltosanto.it Conto Corrente Postale 11229655 intestato a: Basilica del Volto Santo 65024 Manoppello (PE)
S. E. Mons. Florczyk Marian, Vescovo della Diocesi di Kielce in Polonia.
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Pellegrinaggi
GIUGNO 2009 1 Napoli 1 Firenze 1 Aversa (TE) 1 Castellaneta (TA) 1 Gatteo (FC) 1 Casapesenna (CE) 1 Acerra (NA) 1 Olkusz (Polonia) 1 Iesey Tesiw (Repubblica Ceca) 1 Brenna (Polonia) 1 Cava dei tirreni (SA) 1 Cerveteri (RM) 3 Monte S. Angelo (FG) 1 Termoli (CB) 1 Padula (SA) 1 Molfetta (BA) 1 Nysa (Polonia) 1 Cellamare (BA) 1 Alanno (PE) 1 Saletto (PD) 1 Budapest (Ungheria) 1 San Giuliano Vesuviano (NA) 1 Bellegra (RM) 1 Montemilone (PZ) 1 Codroipo (UD) 3 Andria (BA) 1 Gallipoli (LE) 1 Mucharz (Polonia) 1 Bergatrente (Germania) 1 Ortona (CH) 1 Lanciano-Ortona (CH) 1 Wrocław (Polonia) 1 Pisa 1 Śląskie (Polonia) 1 Bratislava (Slovacchia)
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1 Sulbiate (MI) 1 Gliwice (Polonia) 1 Assisi (PG) 1 Białystok (Polonia) 1 Varsavia (Polonia) 1 S. Giovanni Rotondo (FG) 1 Piła (Polonia) 1 Katowice (Polonia) 2 Roma 1 Lucera (FG) 1 Vohringer (Germania) 1 Foggia 1 Avezzano (AQ) 1 Chieti 1 Scafa (PE) 1 Moie di Moiolati (AN) 2 Napoli 1 Tivoli (RM) 2 Lanciano (CH) 4 S. Elpidio a Mare (AP) 1 Andria (BA) 1 Guastameroli (CH) 1 Częstochowa (Polonia) 1 Pescia Romana (VT) 1 Popoli (PE) 1 Loreto Aprutino (PE) 1 Olsztyn (Polonia) 1 Łowicz (Polonia) 1 Lubiana (Slovenia) 1 Unter Kivelbad (Austria) 1 Pescara 1 Donegal (Irlanda) 1 Varsavia (Polonia) 1 Castelmauro (CB) 1 Klastor Pod Zniewn (Slovacchia) 1 Ceglie del Campo (BA) 1 Tarquinia (VT)
1 Rio fresco di Formia (LT) 1 San Donaci (BR) 9 Roma 1 Pugnacco (UD) 2 Troia (FG) 2 Cracovia (Polonia) 1 San Salvo (CH) 1 Vasto (CH) 1 Guidonia (RM) 2 Altamura (BA) 1 Riano (RM) 1 Fasano (BR) 4 Repubblica di Singapore 1 Belfast (Irlanda) 1 Pianella (PE) 1 Tornareccio (CH) 1 Tufara (CB) 1 Zabrze (Polonia) 1 Maracaibo (Venenzuela) 1 Montesilvano (PE) 1 Matera 1 Sabaudia (LT) 1 Anzi (PZ) 2 S. Antonio Abate (NA) 1 Bielsko (Polonia) 1 Veroli (FR) 1 Biłgoraj (Polonia) 1 Podrzewie (Polonia) 2 Rudy (Polonia) 1 Strangolagalli (FR) 1 Filattiera (MS) 1 Bratislava (Slovacchia) 1 San Giovanni Teatino (CH) 1 Casalincontrada (CH) 1 Chicago (USA) 1 Lublin (Polonia) 3 Varsavia (Polonia)
1 Skalmierzyce (Polonia) 4 Katowice (Polonia) 1 Ryczów (Polonia) 1 Jasło (Polonia) 2 Napoli 1 Edling (Germania) 2 Monte Urano (AP) 1 Lichnowy (Polonia) 1 Piekary Śl. (Polonia) 1 Montebelluna (TV) 1 Kalisz (Polonia) 1 Campobasso 1 Bari 1 Rione Iapigne (BA) 1 Ruvo di Puglia (BA) 1 Cracovia (Polonia) 2 Boguszów (Polonia) 1 Lublin (Polonia) 1 Łambinowice (Polonia) 1 Chorzów (Polonia) 1 Dukla (Polonia) 1 Strzepcz (Polonia) 1 Łódź (Polonia) 1 Jarocin (Polonia) 1 Sezze (LT) 1 Tivoli (RM) 1 Wałbrzych (Polonia) 4 Roma 1 Caserta 2 Laskowice (Polonia) 1 Grodzisk (Polonia) 1 Barto Pa (USA) 1 Brzesko (Polonia) 2 SS. Cosma e Damiano (LT) 1 Mimnestadl (Germania) 2 Larino (CB) 2 Rybnik (Polonia)
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continua “pellegrinaggi”
1 Macerata 1 Bytom (Polonia) 1 Falcade (BL) 1 Wieluń (Polonia) 1 Biłgoraj (Polonia) 1 Grajewo (Polonia) 1 Skawina (Polonia) 1 Rocca di mezzo (AQ) 1 Krotoszyn (Polonia) 1 Teresin (Polonia) LUGLIO 2009 1 Gniezno (Polonia) 1 Lechowo (Polonia) 1 Zabrze (Polonia) 1 Wadowice (Polonia) 1 Pescara 1 Coatepec (Messico) 1 Szczecin (Polonia) 2 Roma 1 Ryki (Polonia) 2 Cracovia (Polonia) 1 Rozłazino (Polonia) 1 Bevernest (Olanda) 1 Portocannone (CB) 1 Częstochowa (Polonia) 1 Munster In (USA) 1 Tychy (Polonia) 1 Kartuzy (Polonia) 2 Varsavia (Polonia) 1 Zielona Góra (Polonia) 1 San Vito Chietino (CH) 1 Capua (CE) 1 Wadowice (Polonia) 2 Frosinone 1 Pescara
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1 Orte (VT) 1 Poznań (Polonia) 1 Wrocław (Polonia) 1 Porąbka (Polonia) 1 Nowy Sącz (Polonia) 1 Sawin (Polonia) 1 Capistrello (AQ) 1 Baiaka (Africa/Malawi) 1 Kobyłka (Polonia) 1 Pawłowice (Polonia) 2 Strzelin (Polonia) 1 Foggia 1 Cuneo 1 Triggiano (BA) 1 Pacentro (AQ) 1 Spoleto (PG) 1 Vasto (CH) 1 Paglieta (CH) 2 Tornareccio (CH) 1 Villalfonsina (CH) 1 Grottaferrata (RM) 1 Grottaminarda (AV) 2 Zawoja (Polonia) 1 Riano (RM) 1 Capranica (RM) 1 Kąkolewnica (Polonia) 1 Caivano (NA) 1 Wieliczka (Polonia) 1 Chojnice (Polonia) 1 Perugia 1 Latina 1 Tortoreto Lido (TE) 1 San Vito Chietino (CH) 1 Munster (Germania) 2 Valmontone (RM) 1 Międzyrzecz (Polonia) 1 Presov (Slovacchia)
1 Pniewy (Polonia) 1 Matera 1 Villamagna (CH) 1 Popoli (PE) 1 Krosno (Polonia) 1 Castel Colonna (AN) 2 Roma 1 Aprilia (LT) 1 Tornareccio (CH) 1 Krosno (Polonia) 1 Stalowa Wola (Polonia) 1 Congresso Naz. Ing. D’Italia 1 Torremaggiore (FG) 1 Carunchio (CH) 1 Lecce 1 Firenze (Ortodossi Russi) 1 Francavilla al Mare (CH) 1 Rieti 1 Coriano (RN) 1 Pyskowice (Polonia) 2 Łódź (Polonia) 1 Varsavia (Polonia) 1 Bari 1 Francavilla Fontana (BR) 1 Ożarów Maz. (Polonia) 1 Artena (RM) 1 Turri in Sabina (RI) 1 Lucoli (AQ) AGOSTO 2009 1 Palata (CB) 1 Napoli 1 Catania 2 Roccamontepiano (CH) 2 Magliano (AQ) 1 Montepagano (TE)
1 Góra Św. Anny (Polonia) 1 Varsavia (Polonia) 1 Gliwice (Polonia) 2 Roma 1 Mosciano S. Angelo (TE) 1 Amendolara (CZ) 1 Borgo Montenero (LT) 1 Brindisi 1 Manoppello Scalo (PE) 1 Capranica (RM) 1 Koszalin (Polonia) 1 Piotrowice (Polonia) 1 Rybnik (Polonia) 1 Gyour (Ungheria) 1 Teramo 2 Trescate (NO) 1 Ros (Biellorussia) 1 Katowice (Polonia) 1 Montesilvano (PE) 1 Brescia 1 Borowa (Polonia) 2 Rybnik (Polonia) 1 Bologna 1 Matera 1 Rzeszów (Polonia) 1 Toruń (Polonia) 1 La Valletta (Isola Malta) 1 Ercolano (NA) 1 Caramanico Terme (PE) 1 Rumia (Polonia) 1 Krzeszowice (Polonia) 2 Katowice (Polonia) 1 Nitra (Slovacchia) 2 Cagliari 1 Roma 1 Segni (RM) 1 Cerreto D’esi (AN)
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continua “pellegrinaggi”
1 Drago D’Oglio (BS) 1 Iesi-Chiaravalle (AN) 1 Rabka-Zdrój (Polonia) 1 Domostawa (Polonia) 1 Padova 1 Vasto (CH) 1 Grottaglie (TA) 1 Novi Ligure (AL) 1 Presov (Slovacchia) 1 Tychy (Polonia) 1 Lodi (LO) 1 Kościelna (Polonia) 1 Capranica (RM) 1 Rybnik (Polonia) 1 Paglieta (CH) 1 Barlożno (Polonia) 1 Montesarchio (BN) 1 Sorrento (NA) 1 Carmiano (LE) 1 Sant’antimo (NA) 1 Civitavecchia (RM) 1 Tornareccio (CH) 1 Chrzanów (Polonia) 1 Taverola (CE) 1 Zembrów (Polonia) 1 Biała Podlaska (Polonia) 1 Viterbo 1 Termoli (CB) 1 Bologna 2 Andria (BA) 1 Milano 1 Suore di Madre Teresa (RM) 1 Ustrzyki Dolne (Polonia) 3 Bolesławiec (Polonia) 1 Firenze 1 Złotoryja (Polonia) 1 Lublin (Polonia)
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1 Poznań (Polonia) 1 Città varie (Argentina) 1 Rzeszów (Polonia) 1 Białystok (Polonia) 1 Modugno (BA) 1 Radzionków (Polonia) 1 Pszczyna (Polonia) 2 Kęty (Polonia) 1 Varsavia (Polonia) 1 Trento 1 Vigasio (VR) 1 Lanciano (CH) 1 Cupello (CH) 1 Monte S. Giovanni Campano (FR) 1 Kluczbork (Polonia) 1 Salzburg (Austria) 1 Andria (BA) 1 Pescara Colli 2 Taranto 1 Lublin (Polonia) 1 Hensweiler (Germania) 1 Montalto (ME) SETTEMBRE 2009 1 Sosnowiec (Polonia) 1 Edling – Wasserburg (Germania) 1 Verona 1 Campagna Lupia (VE) 1 Katowice (Polonia) 2 Hutthurm (Germania) 1 Capodacqua D’Assisi (PG) 1 Roma 1 Verona 1 Forli’ 1 Pogli di Ortovero (VR) 1 Niedźwiednik (Polonia)
1 Albano (RM) 3 Częstochowa (Polonia) 1 Varsavia (Polonia) 1 Schwabisch (Germania) 1 Matera 1 Dortmund (Germania) 1 Sosnowiec (Polonia) 1 Dillingen (Germania) 1 Niepokalanów (Polonia) 1 Ascoli Piceno 1 Cava dei Tirreni (SA) 1 Pavia 1 Bielsko – Biała (Polonia) 2 Przemyśl (Polonia) 1 Battipaglia (SA) 1 Bydgoszcz (Polonia) 1 Vasto (CH) 1 Perugia 1 Scilla (RC) 1 Limanowa (Polonia) 1 Caracas (Venenzuela) 1 Città varie (Germania) 1 Monteprandone (AP) 1 Bratislava (Slovacchia) 1 Folignano (AP) 1 Wadowice (Polonia) 1 Foligno (PG) 1 Amaseno (FR) 1 Lamezia Terme (CZ) 1 Ennis (Irlanda) 1 Kościelna (Polonia) 1 Drusberg Reisen (Svizzera) 1 Żarów (Polonia) 1 Wrocław (Polonia) 1 Brindisi 2 Città Sant’Angelo (PE) 1 Pisciotta (SA)
1 Pleszew (Polonia) 1 Segni (RM) 1 Feldberg (Germania) 1 Livorno 1 Bydgoszcz (Polonia) 1 Arcadia CA. (USA) 2 Przeworsk (Polonia) 2 Cracovia (Polonia) 1 Dąbrowa (Polonia) 1 Żywiec (Polonia) 1 Campo di Giove (AQ) 1 Ostrołęka (Polonia) 1 Pescara 1 Syców (Polonia) 2 Dębica (Polonia) 1 Roma 1 Pereto (AQ) 1 Ciampino (RM) 4 Poznań (Polonia) 1 Trani (BA) 1 Dąbrowa Górnicza (Polonia) 2 Pyskowice (Polonia) 2 Comunanza (AP) 1 Villamagna (CH) 1 Subiaco (RM) 1 Collecorvino (PE) 2 Lublin (Polonia) 4 Opole (Polonia) 1 Nitio (USA) 1 Lublin (Polonia) 1 Ercole (CE) 1 Gdańsk (Polonia) 1 Frankfurt /O (Polonia) 1 S. Giuseppe Vesuviano (NA) 1 Senigallia 1 Kędzierzyn - Koźle (Polonia) 1 Gdańsk (Polonia)
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continua “pellegrinaggi”
1 Cała Polska (Polonia) 1 Marino (RM) 1 Mercatino (PU) 1 Ort 11 (Austria) 1 Tarnów (Polonia) 1 Faenza (RA) 1 Musile di Piave (VE) 2 Wadowice (Polonia) 2 Cerignola (FG) 1 Castellammare di Stabia (NA) 1 Angri (SA) 1 Szczecin (Polonia) 1 Dolo (VE) 1 Pszczyna (Polonia) 2 Tychy (Polonia) 1 San Patric Court (Australia) 1 Assisi (PG) 1 Forano (RI) 1 Acerra (NA) 1 Gdynia (Polonia) 1 Ancona 3 Casalincontrada (CH) 1 Chieti 2 Cracovia (Polonia) 1 Thiene (VI) 1 Ruvo di Puglia (BA) 1 Perugia 1 Portocannone 3 Varsavia (Polonia) 1 Recanati (MC) 1 Miranda (IS) 1 Roma 1 Wrocław (Polonia) 1 Piedimonte San Germano (FR) 1 Sora (FR) 1 Stornarella (FG) 1 Bonn (Germania)
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1 Opole (Polonia) 1 Otranto (LE) 1 Jelenia Góra (Polonia) 1 Cracovia (Polonia) 1 Chorzów (Polonia) 1 Bad Godesberg (Germania) 1 Monaco (Germania) 1 Manila (Isole Filippine) 1 Gdańsk (Polonia) 1 Spoltore (PE) 1 Hartmannsdorf (Germania) 1 Nowy Sącz (Polonia) 1 Włoszczowa (Polonia) 1 Solec Nowy (Polonia) 1 Cerveteri (RM) 1 Pontecorvo (FR) 1 Vienna (Austria) 1 Kalisz (Polonia) 1 Olsztyn (Polonia) 1 Londra (Inghilterra) 1 Marino (RM) 1 Montespertoli (FI) 2 Lucca 2 Rieti 1 Città varie (Indonesia) 1 Lanciano (CH) 1 Ladispoli 1 Castrolibero (CS) 1 Benevento 1 Gliwice (Polonia) 1 Falcade (BL) 1 Castelfrentano (CH) 1 Roma 1 Treglio (CH) 3 Rocca S. Giovanni (CH) 2 Varsavia (Polonia) 3 Wrocław (Polonia)
2 Appignano del Tronto (AP) 1 Grotti (RI) 2 Chieti scalo 1 Sawin (Polonia) 1 Alifax (Canada) 1 Wołkowyja (Polonia) 1 Donau (Germania) 1 Arezzo 1 San Severo (FG) 1 Cracovia (Polonia) 3 Zaleszany (Polonia) OTTOBRE 2009 2 Poznań (Polonia) 1 Alppthal (Svizzera) 1 Górki Wielkie (Polonia) 1 Cracovia (Polonia) 3 Varsavia(Polonia) 1 Palestrina (RM) 3 Fossato di Vico (PG) 1 Androloco (AQ) 1 Viterbo 1 Pescara 1 Roseto (TE) 1 Niedereschach (Germania) 1 Montemurlo (PO) 2 Corato (BA) 1 Ziębice (Polonia) 1 Castelchiodato (RM) 1 Valle di Scalve (BG) 1 Teramo 6 Chieti Scalo 1 Torre De Passeri (PE) 2 Cracovia (Polonia) 2 Verona 1 Campo Verde (LT)
1 Gryfów Sl. (Polonia) 1 Grosseto 1 Opole (Polonia) 1 Gdańsk (Polonia) 1 Saltara (PU) 1 Bad Gastein (Austria) 2 Rzeszów (Polonia) 1 Unlovce (Slovacchia) 1 Barra (NA) 1 Vaduz (Svizzera) 1 Roma 1 Myślenice (Polonia) 1 Wołów (Polonia) 1 Mszana Dolna (Polonia) 1 Skała (Polonia) 1 Szczepanów (Polonia) 1 Nowy Wiśnicz (Polonia) 1 Città S.Angelo (PE) 1 Schondorf (Germania) 2 Ancona 1 Sora (FR) 1 Città di Castello (PG) 1 Chieti 1 Villamagna (CH) 1 Foggia 1 Afragola (NA) 1 Broccostella (FR) 1 Tollo (CH) 3 Loreto (AN) 1 Torino di Sangro (CH) 1 Giebułtów (Polonia) 7 Casalincontrada (CH) 3 Varsavia (Polonia) 1 Krzeszów (Polonia) 1 Honolulu (USA-HAWAII) 1 Leoncin (Polonia) 4 Wrocław (Polonia)
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continua “pellegrinaggi”
1 Copiague (USA NY) 2 Częstochowa (Polonia) 3 Zamość (Polonia) 2 Roma 1 Marckt Harmannsdorf (Austria) 1 Tarnów (Polonia) 2 Rzeszów (Polonia) 2 Napoli 1 Mielec (Polonia) 1 Siedlce (Polonia) 2 Varsavia (Polonia) 2 Michałówka (Polonia) 1 Dresden (Germania) 1 Cracovia (Polonia) 1 Łódź (Polonia) 1 St. Johann in Tirol (Austria) 1 Gelsenkirchen (Germania) 1 Sirone (LC) 1 Ostrowiec Świętokrzyski (Polonia) 3 Szamotuły (Polonia) 1 Torre Annunziata (NA) 1 Pionki (Polonia) 1 Mozzecane (VR) 2 Guidonia (RM) 2 San Donaci (BR) 2 San Juan del Rio (Messico) 1 Ruda Śląska (Polonia) 1 Marruci (AQ) 1 Genzano di L. (PZ) 2 Francavilla al Mare (CH) 1 Campobasso 5 Varsavia (Polonia) 1 Spello (pg) 1 Sulmona (AQ) 1 Giulianova (TE) 1 Jutrzenka (Polonia) 1 Penne (PE)
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1 Częstochowa (Polonia) 1 Katowice (Polonia) 1 Piaseczno (Polonia) 1 Città varie (Georgia) 1 Osimo (AN) 2 Grontardo (CR) 1 Morlupo (RM) 1 Rocca di Papa (RM) 1 Napoli 1 Zwoleń (Polonia) 1 Szombogthely (Ungheria) 2 Górno (Polonia) 1 Lanciano (CH) 1 Chieti 1 Aradeo (LE) 1 Corato (BA) 1 Villa Verucchio (RM) 1 Procida (NA) 1 Campitello (MN) 1 Castilenti (TE) 1 Frankfurt/O (Polonia) 1 Veroli (FR) 1 Gorgo al Monticano (TV) 1 Offida (AP) 1 Pracigliano (CE) 1 Porto sant’Elpidio (AP) 1 Montemurlo (PO) 1 Torino di Sangro (CH) 1 Tagliacozzo (AQ) 2 Cortina D’Ampezzo (BL) 1 Nowy Sącz (Polonia) 1 Cervia (RA) 1 Vigne (TR) 2 Allgan (Germania) 1 Varsavia (Polonia) 1 Ofterschwang (Germania) 1 Telese Terme (BN)