r a p p o r t o r i na l e r i a s s u n t i vo d e l p ro g e t t o w e t l a n d s i i p e r l a G g e s t i o n e i n t e g r ata d i z o n e u m i d e ( 2 0 0 3 - 2 0 0 5 )
sviluppo sostenibile in aree umide
sviluppo sostenibile in zone umide
rapport finale riassuntivo del progetto wetl ands ii gestione integrata delle zone umide (seguito)
Co-finanziato dal Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale (FESR), Programma INTERREG III B CADSES (2000-2006), progetto WETLANDS II (rif. 2A024)
indice sviluppo sostenibile in aree umide
Prefazione | Stefano Danieli
Coordinatore del progetto e Direttore dell’Ente Parco Regionale Veneto del Delta del Po (Italia)
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Introduzione generale | Stefan Moritz
Project Manager di wetlands ii: Il progetto wetlands ii ed una strategia comprensiva per uno sviluppo sostenibile in aree umide
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1. Pianificazione partecipativa per un consenso maggiore:
Introduzione A. L'elaborazione del Piano di sviluppo Socio-Economico del Parco Regionale Veneto del Delta del Po B. Due esempi di “buone prassi„ per la pianificazione partecipativa: le esperienze di Torre Guaceto e di Ugento C. Il Piano di Gestione per il Parco Paesaggistico di Stobrawa in Opole
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2. Sviluppo sostenibile in zone umide: certificazione della qualità e gestione ambientale
A. Il lavoro del gruppo di studio interregionale sulla certificazione di prodotti, servizi e sistemi di gestione in zone umide B. L'azione locale di Lésina: le condizioni di base per un sistema di produzione e protezione integrato
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3. Monitoraggio ambientale: dati obiettivi per decisioni obiettive:
Introduzione A. Il Piano di monitoraggio ambientale e “l’Indice per la valutazione dell’integrità degli ecosistemi acquatici di transizione„: fine (Fuzzy INdex of Ecosystem integrity) B. Biomonitoraggio sperimentale su specie marker (bivalvi) in un'area campione del Parco del Delta del Po dell’Emilia-Romagna C. Definizione sperimentale del valore economico e funzionale di una zona umida
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4. Comunicazione e sensibilizzazione: Come creare consenso attraverso un programma organizzato di sensibilizzazione
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5. Caso esemplare: Un corso pilota di formazione per wetlands managers ad Ugento (settembre 2005)
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6. Commenti finali
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Colophon
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prefazione
a cura di stefano danieli responsabile del progetto e direttore dell’ente parco regionale veneto del delta del po (Italia)
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Confrontare esperienze e mettere a frutto le conoscenze delle persone per lavorare insieme per un futuro migliore, è come scrivere uno spartito, accordare gli strumenti di un’orchestra e suonare infine assieme una musica che può rappresentare le nostre aspirazioni e motivarci a continuare a migliorare la nostra vita. Con questa immagine cerco di raffigurare il senso profondo del lavoro di un gruppo di persone – responsabili di enti parco, esperti e semplici collaboratori degli stessi, spesso indispensabili – come quello del progetto wetlands ii, che nell’arco degli anni dal 2003 al 2005 ha riempito di significato ciò che oggi è un obbiettivo comunemente condiviso: la co-operazione europea per porre le basi di un progetto comune delle nostre società. In questo progetto è certamente compreso tutto il nostro patrimonio naturale e culturale che nel loro piccolo i partners del progetto wetlands ii hanno il compito di gestire e tale compito intendono gestire in maniera equilibrata e ragionevole. Un patrimonio fatto di “zone umide„: delta, fiumi e laghi di millenaria storia naturale e centenaria storia umana che hanno disegnato i nostri paesaggi, che noi abbiamo a nostra volta contribuito a disegnare, e che comprendono inevitabilmente la cultura, l’intelligenza e le esperienze delle persone che vi abitano. Ecco perché “gestione integrata„ o “gestire in maniera equilibrata„ significa coinvolgere le persone che queste terre abitano, parlare con loro, definire intenti comuni, fargli apprezzare il patrimonio di fronte alle
loro case e dargli la possibilità di vivere e guadagnare con questo patrimonio, certamente senza lentamente consumarlo, ma ricostruendolo e proteggendolo assieme da minacce esterne. Gli enti partner del progetto wetlands ii, grazie al generoso contributo della Comunità Europea con il programma interreg iii b cadses, dello Stato Italiano e all'impegno di tutti i soggetti coinvolti, credono di essere riusciti a realizzare importanti passi in questa direzione. Le lezioni apprese da questo progetto non saranno dimenticate presto. E il presente rapporto finale ne sarà testimone. L’Ente Parco Regionale Veneto del Delta del Po è fiero di aver potuto svolgere il ruolo di coordinatore di questo comune progetto, impegnandosi in questo ruolo, anche per poter in futuro affrontare altre sfide simili, definendo con esse la sua posizione in Europa, al servizio del suo territorio e della sua identità.
Foreword By Stefano Danieli, project coordinator and directorof the Veneto Regional Park Agency for the Po Delta(Italy)
Comparing experiences and building on the knowhow of different people to work together for a better future is like writing a musical score, like tuning the different instruments of an orchestra and finally all together playing a piece of music which represents our aspirations and motivates us to continue to better our lives. With this image I hope to convey the deep meaning of the work of a group of people – park managers, experts and simple but often indispensable collaborators of park agencies – such as the team involved in the wetlands ii project. Over the brief time span from 2003 to 2005, they have imbued with significance what is today a shared objective: European cooperation to lay the foundations of a joint project for our societies. This project certainly embraces all our natural and cultural heritage which, each for his own portion, the wetlands ii partners are called upon to manage and intend managing in a balanced, sustainable manner. A “wetland„ heritage including deltas, rivers and lakes with a natural history going back thousands of years and a human history going back centuries, which have shaped our landscape, which we in our turn have contributed to shape, and which perforce include the culture, intelligence and experiences of the people who live there. And that is why “integrated management„ or “balanced management„ means involving the people who live in these areas, speaking with them, defining shared goals, bringing them to
appreciate the heritage outside their front door and giving them the possibility to live and earn from this heritage, certainly not by slowing consuming it, but by reconstructing it and together protecting it from external threats. The partner agencies of the wetlands ii project, thanks to the generous contribution of the European Community under the interreg iii b cadses programme and of the Italian State, plus the commitment of all players involved, believe they have managed to take important strides in this direction. The lessons learnt from this project will not be easily forgotten. And this final report bears witness to that. The Veneto Regional Park Agency for the Po Delta is proud to have had the opportunity to play its role as coordinator of this common project, committing itself fully in this role, something that will also enable it to face up to similar challenges in the future, defining through them its position in Europe, at the service of its territory and its identity.
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introduzione generale
Il progetto wetlands ii e una strategia generale per lo sviluppo sostenibile delle zone umide di stefan moritz – project manager di wetlands ii area europa scrl (bologna, italia)
Le zone umide, cioè i laghi, le lagune, i delta e i corsi dei fiumi, oltre alle pianure alluvionali, le zone costiere ecc., sono ecosistemi fra i più sensibili e importanti – in quanto là dove l’acqua e la terra si incontrano, troviamo la culla di migliaia di diverse forme di vita – e attuamente, da un punto di vista sociopolitico e gestionale – esse sono gli spazi naturali più controversi e problematici in termini di salvaguardia e sviluppo. In Europa, dalla fine del XIX secolo, l’estensione delle zone umide si è ridotta del 50%. I proprietari terrieri, gli agricoltori, i cacciatori, gli enti di gestione delle acque e delle foreste, le comunità locali timorose delle inondazioni, fra le altre cose, hanno degli interessi nelle zone umide e sono normalmente contrari alla loro tutela e allo sviluppo naturale, in quanto cercano di limitare, ridurre, controllare, arginare, sfruttare e trasformare le zone umide nel loro interesse. Si dovrà quindi far “salire a bordo„ le parti in causa per ottenere uno sviluppo bilanciato e sostenibile e una possibile coesistenza fra l'uomo e le zone umide.
ministero sloveno per l’ambiente. Il progetto è stato finanziato anche, in parte, dai fondi fesr nel quadro dell’iniziativa comunitaria interreg ii, Programma operativo interreg ii c cadses, nonché dal governo italiano. Nel corso del progetto sono state pianificate ed elaborate linee guida e indicazioni di politica regionale, volte alla protezione e al miglior sviluppo delle zone umide delle regioni dei vari partner. Una modalità d’azione in tal senso è stata individuata nella gestione integrata delle zone umide, a partire da un’analisi della situazione attuale e studiando quindi nuovi metodi per i vari settori, come la pianificazione territoriale o la gestione operativa effettuata dagli enti di gestione dei parchi. Alla conclusione del progetto, i partner hanno potuto dimostrare con le loro azioni pilota a livello locale quali fossero i potenziali dei nuovi metodi di pianificazione, comunicazione, analisi e gestione operativa delle zone umide messi in essere. Inoltre, essi hanno potuto delineare le priorità future per un continuo miglioramento della gestione integrata delle loro zone umide.
Contesto
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Dal 1998 al 2001, con il coordinamento della Regione Emilia-Romagna, assessorato all’ambiente e al paesaggio, Ufficio Parchi e Riserve regionali- è stato realizzato il primo progetto wetlands, che ha visto la partecipazione di altre tre regioni italiane (Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Puglia), del circondario tedesco Landkreis Schönebeck, del voivodato di Opole (Polonia) e del
Per ulteriori informazioni e dettagli, si rimanda al sito web: www.regione.emilia-romagna.it/wetlands
Giardino di Dessau-Wörlitz
Partendo dai risultati di questo primo progetto wetlands e dalle indicazioni contenute nella relazione finale sulla gestione integrata delle zone umide, nel marzo 2002 si è riunito un gruppo di partner provenienti dalle aree del precedente progetto, questa volta composto principalmente da enti di gestione delle zone umide, per aree quali il Delta del Po, le zone umide della fascia costiera della Puglia, il paesaggio fluviale del medio Elba, il fiume Stobrawa – un’affluente dell’Oder nella regione di Opole, Polonia, e il lago Shkoder nel nord dell’Albania, ai confini con il Montenegro. Questo nuovo gruppo di partner ha quindi presentato un progetto di follow-up nel luglio 2002, allo scopo di realizzare alcune delle proposte e delle indicazioni emerse nel corso del primo progetto. Questo nuovo progetto è stato preso in considerazione per un finanziamento parziale nel quadro di interreg iii b cadses alla fine del gennaio 2003, come uno dei progetti maggiormente raccomandati fra quelli di questo primo invito a presentare proposte lanciato dal programma.
I Partner di wetlands ii ___ PP1: Capofila: Amministrazione del Parco regionale del Delta del Po, Regione Veneto (Italia) ___ PP2: Regione Puglia, in cooperazione con tre partner locali: il Comune di Lesina, la Riserva marina di Torre Guaceto e il comune di Ugento (Italia) ___ PP3: Riserva di biosfera dell’UNESCO “Paesaggio fluviale dell’Elba centrale„ – SassoniaAnhalt (Germania) ___ PP4: Parco regionale del Delta del Po, Regione EmiliaRomagna (Italia)
___ PP5: BIOS Associazione per la tutela del'ambiente nel Parco paesaggistico di Stobrawa – Voivodato di Opole (Polonia ___ PP6: TEULEDA – Agenzia di sviluppo economico locale di Skhoder (Albania)
Obiettivi ed azioni Lo scopo principale del progetto wetlands ii è il rafforzamento delle capacità degli enti preposti alla gestione delle zone umide, fornendo loro strumenti e know-how per l’adozione di norme di gestione integrata che tengano conto delle popolazioni che vivono nelle zone umide oltre che di uno sviluppo sostenibile delle stesse. In particolare, gli obiettivi e le azioni di wetlands ii si incentrano su quanto segue: ___ elaborazione di piani di gestione e di investimento a lungo termine per lo sviluppo socio-economico, applicando metodi di pianificazione partecipata, garantendo un maggior coordinamento fra i vari piani e una migliore comunicazione degli obiettivi e dei mezzi utilizzati al pubblico; ___ sostegno della certificazione d’origine e/o di sistemi (ambientali) di qualità/gestione delle imprese che operano e dei prodotti fabbricati nelle zone umide (gdo, pdo, rmarchi regionali/locali che certificano il rispetto della biodiversità delle zone umide, emas, iso 9000 and 14000, ecoprofit, ecc.); ___ verifica e realizzazione di metodi innovativi e più efficienti per il monitoraggio ambientale delle zone umide; ___ preparazione e realizzazione di strategie, metodi
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Aree golenali del fiume Havel
e strumenti di comunicazione, sensibilizzazione e informazione; ___ definizione e disseminazione di principi, strategie, metodi e tecniche di pianificazione partecipata e di gestione per uno sviluppo sostenibile delle zone umide. Il progetto wetlands ii ha avuto una durata di tre anni (febbraio 2003 – dicembre 2005) e il suo bilancio totale è stato di _ 1.893.000, di cui _ 1.000.000 provenienti dai fondi fesr, _ 784.000 dai fondi nazionali italiani (Fondo di rotazione ex-lege 183) per i partner italiani e _ 80.000 di fondi regionali per il Land Sassonia-Anhalt relativamente al partner tedesco.
Cooperazione transnazionale
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La cooperazione interregionale o transnazionale è stata certamente uno degli aspetti metodologici più importanti del progetto wetlands ii, ampiamente condiviso e apprezzato dai partner. Non si potrà valutare mai abbastanza la possibilità di evadere dalla routine del lavoro di ogni giorno, di incontrare professionisti esperti nello stesso settore d’attività ma provenienti da altre regioni e altri paesi, confrontare le proprie esperienze con quelle altrui, discutere problematiche e soluzioni e trovare alleati per progetti e proposte. Durante il progetto, i partner si sono incontrati in dieci occasioni, hanno organizzato seminari, workshops o riunioni del Comitato di pilotaggio, partecipando a due visite di studio presso il partner polacco e quello albanese. I partner italiani hanno quindi partecipato insieme a tre fiere “Mediterre„ dedicate ai parchi e alle aree protette della zona del Mediterraneo. Inoltre, il gruppo interregionale italo-albanese di studio sulla certificazione (cfr. capitolo 2.a) si è riunito altre due
volte in Veneto e nel corso di una visita di studio presso lo stagno di Cabras, in Sardegna. E’ importante precisare che questa cooperazione ha contribuito all’intensificarsi delle relazioni fra gli organismi partner: la cooperazione interregionale, oltre a un sempre crescente coordinamento fra i due Parchi regionali del Delta del Po è stata ulteriormente sviluppata e – di conseguenza – entrambi hanno presentato nuove proposte di progetto o partecipato a progetti quali deltaplan (interreg iii c east, non approvato per mancanza di fondi) o hanno avanzato la proposta parkscape (interreg iii b cadses, quarto bando, in fase di valutazione), capofila di progetto il partner sloveno Parco paesaggistico della salina di Secovlje, definito a seguito dei lavori preliminari effettuati nel corso del progetto wetlands i, col sostegno del ministero dell’Ambiente sloveno che a suo tempo aveva partecipato al primo progetto in qualità di osservatore. A questa proposta di progetto partecipano anche la Riserva tedesca di biosfera “Parco paesaggistico dell’Elba Centrale„ e l’agenzia albanese di Shkoder teuleda, e questa volta vede anche la partecipazione dell’altro versante del lago Shkodra, con il Parco nazionale del lago Skadar, Montenegro. Anche la riserva marina di Torre Guaceto, in Puglia, ha presentato un progetto in partnership con teuleda, nel quadro di interreg iii a Italia-Albania, oltre ad altre proposte di progetto fra Emilia-Romagna, Veneto, Puglia e Albania in fase di preparazione per interreg iii a Regioni adriatiche italiane – Paesi dell’adriatico orientale.
Sviluppo sostenibile Questa relazione non pretende di presentare tutte le azioni e i risultati del progetto wetlands ii, ma vuole
introduzione generale il progetto wetlands ii ed una strategia comprensiva per uno sviluppo sostenibile in aree umide
incentrarsi sulle azioni e le esperienze ritenute di maggior valore e più significative che circoscrivono le “migliori pratiche„ per uno sviluppo sostenibile delle zone umide protette e che si possono ottenere grazie al ricorso a pratiche di gestione integrata. Spesso, troppo spesso si utilizza il termine “sostenibile„, a volte con un senso inappropriato o inadeguato. Non tutto ciò che si definisce “sostenibile„ lo è effettivamente. Non tutto ciò che è buono per l'uomo lo è anche per l'ambiente, e certamente l'intenzione del Vertice di Rio non era solo quella di definire un approccio allo sviluppo che fosse più democratico, ma anche più ecologico, o migliore: esso ha inteso come tutto ciò che è “sostenibile„ quanto considera e include le persone in un processo democratico delle politiche di sviluppo, eppure la linea di base o il limite generale di questo sviluppo dovrebbe sempre essere la salvaguardia delle risorse naturali ed ambientali esistenti a favore delle generazioni future. I partner di wetlands ii considerano in tal senso le loro esperienze un buon contributo allo sviluppo sostenibile, in particolare per quanto concerne i loro sforzi a favore della pianificazione partecipata, della certificazione di produzioni e servizi ecocompatibili e la sensibilizzazione e formazione. In tutti questi ambiti, i partner hanno imparato le modalità di coinvolgimento e responsabilizzazione dei residenti locali e come definire le strategie e le norme condivise per la tutela o l’utilizzo sostenibile delle risorse naturali, oltre ai modi per attuare tali azioni secondo un'ottica sostenibile. In definitiva, sostenibilità significa anche sostenibilità finanziaria, che nel caso dei metodi di monitoraggio ambientale testati (cfr. capitolo 3) ha dimostrato di essere maggiormente fattibile per le amministrazioni che gestiscono i parchi, se si vuole razionalizzare le attività e concentrarsi su pochi ma significativi studi e avere i dati necessari per adottare le decisioni necessarie in materia di gestione. Pertanto – per quanto lo scopo principale del progetto fosse incentrato sulle attività di gestione integrata e sul rafforzamento delle capacità – il risultato di maggior rilevanza per il pubblico è quello del progresso compiuto verso uno sviluppo sostenibile delle zone umide.
e migliori pratiche per lo sviluppo sostenibile delle zone umide. I prossimi capitoli riassumeranno le esperienze nella pianificazione partecipata in Veneto, Puglia e nel voivodato di Opole (pp1, pp2, pp5), quindi il lavoro del gruppo di studio interregionale sulla certificazione e l’esperienza specifica del comune di Lesina (pp1, pp2, pp4, pp5); a seguire si presentano le sintesi dei tre studi sul monitoraggio ambientale e la definizione del valore economico di una zona umida (pp4), quindi vengono illustrati i risultati delle maggiori attività di sensibilizzazione condotte dal pp3 e infine viene proposta una sintesi del corso di formazione pilota organizzato da pp2, con la partecipazione dei rappresentanti di quasi tutti i partner. Infine, si cercherà di definire i risultati più importanti da riconoscere e tutelare per il futuro. Tuttavia, ci preme sottolineare che anche il pp4 ha lavorato con successo nel settore della pianificazione del territorio partecipata, pp1 e pp2 hanno inoltre investito sulla comunicazione, mentre anche pp6, che non viene rappresentato in modo particolare in questa relazione, ha profuso notevoli sforzi nell’opera di sensibilizzazione e per trasferire il know-how per un futuro sviluppo sostenibile dell’area. Uno dei migliori risultati infatti è stato ottenuto in Albania: nel novembre 2005, il lago Shkodra, il fiume Buna-Bojana e lo stagno Velipoja, che rappresentano la zona umida più importante della regione di Shkoder, sono stati dichiarati dal governo albanese zone protette della categoria IV dell’iucn (International Union for the Conservation of Nature).
Per maggiori informazioni e documentazione in italiano e tedesco, vi invitiamo a visitare il sito web del progetto: www.wetlandsmanagement.org
Presentazione della relazione Considerato lo scopo della relazione, nelle pagine che seguono si potrà avere una maggiore informazione sulle attività di progetto condotte dai partner di wetlands ii. Non abbiamo incluso nella relazione tutte le azioni svolte, cercando di soffermarci invece su quelle che ci sono parse più esemplari per i singoli gruppi d’azioni, come detto prima, e più rilevanti in termini di contributi
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1. pianificazione partecipata per un maggior consenso
Introduzione Con riferimento a questo gruppo di attività, i due Parchi regionali del Delta del Po, i due partner locali dell’Amministrazione regionale della Puglia, l’Area marina protetta di Torre Guaceto e il Comune di Ugento, insieme con il partner polacco, si sono concentrati sull’elaborazione dei piani di gestione e sullo sviluppo socioeconomico a lungo termine, fattori di particolare importanza per garantire una gestione integrata ben strutturata. Tutti i partner partecipanti hanno utilizzato metodi di pianificazione partecipata al fine di coinvolgere gli abitanti del posto e le parti in causa in un processo comune di consultazione. Inoltre, i loro sforzi erano rivolti a garantire un maggior coordinamento fra i vari piani e una migliore comunicazione dei propri obiettivi e mezzi al pubblico locale. Tali procedure di pianificazione, normalmente, richiedono molto tempo, in particolare laddove esse vengono condotte con la partecipazione degli attori chiave e dei gruppi di parti interessate, quando non richiedono un tempo anche maggiore nel caso in cui l’area coinvolta nell’azione sia molto estesa. Eppure, i partner hanno deciso che solo in questo modo avrebbero potuto creare il consenso minimo necessario per un’attuazione dei piani più focalizzata e di successo, che altrimenti rischiava di essere utile solo in parte alla gestione di una zona umida protetta.
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Si riportano nella presente relazione le esperienze più significative, che sono state: ___ quella del Capofila, dove un metodo di pianificazione molto professionale è stato combinato con elementi partecipativi del tutto nuovi per la regione interessata;
___ le esperienze di Torre Guaceto e Ugento, in particolare per le fasi di pianificazione partecipata, che sono state realizzate con successo con una metodologia ben testata ed efficiente come l’eaws, che ha permesso di rivolgersi direttamente agli abitanti delle zone interessate; ___ oltre a queste, la procedura di pianificazione del partner polacco, che durante l’elaborazione tecnicoscientifica del piano di gestione del Parco paesaggistico Stobrawa del voivodato di Opole ha appreso quanto sia e dovrebbe essere importante l’approccio partecipativo proposto e scambiato con altri partner. L’elaborazione di un piano di sviluppo socioeconomico nel parco del Delta del Po, in Emilia-Romagna per la zona di Volano-Mesola-Goro ha riportato egualmente notevole successo, ma si è concluso soltanto nell’ultimissima fase del progetto, a causa della contemporanea elaborazione di un Piano regolatore relativo alla fascia costiera della zona del parco, che ha imposto un rinvio dell’attuazione del piano di sviluppo. In tal modo, il parco del Delta del Po (Emilia-Romagna) può fare affidamento su due strumenti di pianificazione e gestione molto importanti per una futura gestione integrata di quella parte del delta del Po. wetlands ii dimostra che i metodi di pianificazione partecipata contribuiscono alla crescita culturale della popolazione e rendono più facile la gestione politica di un’area, suggerendo a tutti i gestori delle zone umide di non aver paura delle persone, invitandoli invece a incontrare le persone ed a trovare modalità comuni di sviluppo equilibrato e sostenibile per l’uomo e per la natura nelle zone interessate.
A. L’elaborazione del Piano di Sviluppo Socio-Economico del Parco Regionale Veneto del Delta del Po
La procedura L’incarico per la creazione del Piano Pluriennale Economico Sociale è stato assegnato alla stessa azienda che aveva precedentemente elaborato il Piano Ambientale del Parco. Il processo è cominciato nel 2003 con la raccolta e l’analisi dei dati e della letteratura necessari per disegnare il quadro analitico riferito alla comunità ed all’economia dell’area del Delta del Po Veneto. La prima bozza del Piano Socio Economico Pluriennale è stato consegnato a dicembre del 2004, alla fine di un processo di pianificazione partecipativa, dove con un’indagine di opinione e durante vari workshops con i gruppi d’interesse locali, che hanno avuto luogo nel periodo tra settembre e novembre del 2004, sono stati definiti gli elementi base per questo piano. Circa 50 persone hanno partecipato alle riunioni organizzate dall’amministrazione del Parco Veneto del Delta del Po, rappresentando più di 30 entità di gruppi d’interesse, includendo municipalità ed associazioni di categoria, associazioni ambientali ed associazioni di caccia e pesca. In particolare, una riunione è stata tenuta ad Albarella, durante il seminario dei partners del progetto wetlands ii sulla pianificazione partecipata, a settembre del 2004. In questo seminario ogni partner del progetto wetlands ii ha dimostrato le sue esperienze di pianificazione e in tale modo i gruppi d’interesse locali hanno imparato come tali questioni vengono trattate e discusse a livello nazionale ed internazionale. Più di 30 persone hanno partecipato a questo seminario, rappresentando sui 20 gruppi di interesse locali (Municipalità ed Associazioni di Categoria). Un’altra riunione era successivamente organizzata a metà novembre a Rosolina includendo rappresentanti delle amministrazioni locali, delle associazioni di categoria, delle associazioni ambientali e delle associazioni di caccia e pesca. In questa riunione è stato somministrato un questionario ai partecipanti ed è stata spiegata la sua compilazione. Con i dati raccolti il parco ha ottenuto informazioni per fare il passo più importante nell’elaborazione del piano per lo sviluppo sostenibile. In questa riunione hanno partecipato attorno alle 40 persone, rappresentando più di 30 enti di vari gruppi d’interesse.
Dopo 8 giorni si è tenuta una seconda riunione a San Basilio, con gli stessi attori chiave invitati. In questo workshop, i partecipanti erano divisi in tre gruppi lavorando sulle stesse questioni. Ciascun gruppo è stato seguito da un moderatore che conduceva la discussione dove ogni partecipante ha spiegato agli altri le sue idee sullo sviluppo e sulle questioni ambientali. Tutte le questioni che sono state discusse tra i partecipanti sono state raccolte per la definizione finale del piano per lo sviluppo sostenibile. A questo ultimo workshop hanno partecipato approssimativamente 30 persone. In dicembre 2004 è stata prodotta la bozza del rapporto finale del piano per lo sviluppo sostenibile pluriennale che contiene le indicazioni per investimenti, ottenuti dalle informazioni raccolte durante le riunioni descritte precedentemente. All'inizio del 2005 fu elaborata una versione finale composta da tutti i documenti prodotti durante il 2004, che tengono in considerazione tutte le indicazioni raccolte durante i workshop con i gruppi d’interesse. A causa di ragioni politiche, connesse alla fase di rinnovo del Consiglio del Parco Veneto del Delta del Po (dovuto alle elezioni amministrative locali), la decisione finale sul piano è stata sospesa. Il Consiglio, a termine, ha certificato la corretta consegna del piano da parte dell’impresa incaricata ed ha posticipato la valutazione tecnica e di contenuto all’insediarsi del futuro Consiglio del Parco. Questo nuovo Consiglio sarà attivato non appena verrà effettuata la nomina dei membri, secondo la procedura consueta. Segue una sintesi sui contenuti e le metodologie usate per la produzione del Piano Socio Economico Pluriennale.
Il Piano Il Piano Pluriennale Economico Sociale rappresenta, nell’esperienza della gestione di Parchi naturali nazionali e regionali, lo strumento di gestione dei Parchi naturali che è molto appropriato per “la riduzione di tensioni„, specialmente con le comunità locali combinando gli obiettivi tradizionali di protezione della natura e le funzioni tipiche degli Enti del Parco con degli
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Il Giardino botanico a Rosolina Mare
obiettivi e funzioni economici ed istruttivi. Il ppes (Piano Pluriennale Economico Sociale) è uno strumento della pianificazione socio-economica che punta in prima linea al miglioramento ambientale nell'area del Parco Regionale Veneto del Delta del Po. Nel complesso di questo obiettivo generale e dell'obiettivo di creare una realtà economicamente sostenibile, il ppes tenta di delineare due profili strategici con diverse riproduzioni temporali: ___ uno di breve-medio termine (che riguarda un periodo di quattro anni stabiliti dalla legge costitutiva), che concerne principalmente l’esecuzione di quelle azioni d'intervento considerate più urgenti con riferimento alla protezione ambientale, ___ ed uno a lungo termine, che concerne lo sviluppo di un’utile sinergia tra le attività economiche, che sono considerate risorse attinenti all'area e al sistema ambientale del Delta.
Workshop sul piano di sviluppo socio-economico
Sulla base della disamina del quadro territoriale (conseguito attraverso l’analisi e la valutazione degli elementi del Piano del Parco), il Piano Pluriennale Socio-Economico individua, per il breve-medio termine, le seguenti finalità del Parco (corrispondenti alle grandi aree tematiche riferite alle risorse): ___ garantire la conservazione e la salvaguardia del patrimonio ecologico e naturale, la biodiversità e la tutela degli habitat naturali, anche attraverso l’incremento ad hoc della naturalità; ___ tutelare il funzionamento del sistema idrografico rappresentato dai suoi subsistemi naturale, dei canali, delle valli e delle lagune; ___ tutelare e valorizzare il patrimonio storico architettonico e culturale; ___ valorizzare le opportunità di sviluppo economicosostenibile delle comunità locali rappresentate dalle attività: agro silvo pastorali, della itticoltura e molluschicoltura, turistiche e sportive, diportistiche e della
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In base a questo obiettivo è importante sviluppare, soprattutto per quanto riguarda gli attori privati, una visione del parco come una risorsa economica, in grado di rispettare le regole di fattibilità tipiche del interesse privato (ovvero le regole relative alla capacità di produrre margini di profitto che sono considerati economicamente convenienti). A lungo termine questa visione potrebbe garantire anche un’auto-sostenibilità economico-finanziaria del parco e per ottenere questo è necessario cominciare, già nei prossimi 4 anni, una lunga attività di pianificazione tra gli enti istituzionali statali e gli attori privati che ci operano o che sono potenzialmente interessati ad operarci.
navigazione, edilizie e infrastrutturali; ___ promuovere la fruizione sociale dell'ambiente e lo sviluppo di percorsi di valorizzazione sostenibile, mediante l'organizzazione e la qualificazione del sistema delle connessioni e delle accessibilita’ veicolari e pedonali nonché la divulgazione, promozione, educazione ambientale, formazione e sensibilizzazione verso nuove e inesplorate opportunità di sviluppo
sostenibile delle comunità locali. Gli obiettivi di lungo termine sono stati individuati a partire categorie di condizionamenti come la scarsa informazione, il radicamento delle pratiche scarsa
1. | pianificazione partecipata per un maggior consenso a. l'elaborazione del piano di sviluppo socio-economico del parco regionale veneto del delta del po
1 | Seminario transnazionale sulla pianificazione
Workshop di pianificazione a San Basilio
territoriale ad Albarella 2 | Visita al Giardino Botanico di Rosolina Mare
collaborazione fra soggetti pubblici e privati nonché la scarsa redditività economica delle attività attualmente presenti sul territorio del parco. I tre obiettivi individuati sono: Obiettivo I: costruire una visione del parco che sia di riferimento per gli attori stessi Obiettivo II: introdurre pratiche e attività innovative Obiettivo III: favorire il coordinamento tra Enti. Il quadro degli obiettivi delineato nel capitolo II già avvia la distinzione fra interventi di lungo periodo e interventi di breve-medio periodo. Nel seguito, i primi sono definiti azioni strutturanti al fine di sottolineare il loro orientamento verso cambiamenti radicali e di lungo periodo delle forme organizzative e cognitive del territorio e dei suoi attori; i secondi sono definiti interventi singolari e sono maggiormente orientati a questioni pratiche di gestione/manutenzione del territorio e a cambiamenti introducibili nel breve-medio periodo. Il ppes, infatti, è pensato e progettato come uno strumento di gestione del Parco Naturale che compensa, con interventi di sostegno allo sviluppo, il sistema di regole e di vincoli necessario a garantire la protezione del patrimonio ecologico e naturale dell’area. L’Ente Parco nella definizione e attuazione del ppes assume una “dimensione imprenditoriale„ e si fa promotore dello sviluppo economico sostenibile dell’area protetta, e cioè di uno sviluppo che sappia assicurare coerenza tra modello di crescita economica e protezione
dell’ambiente, tra produzione ed uso delle risorse naturali. L’attuazione del Piano Pluriennale deve essere accompagnata da un processo di valutazione in itinere a conclusione degli interventi, al fine di valutare l’efficacia delle azioni condotte in termini di: a. capacità di attrarre risorse finanziare, b. tutela delle identità locali, c. riduzione della pressione ambientale sull’area, d. incremento delle relazioni con gli attori coinvolti e. incremento dell’efficienza di connessione del area deltizia al suo interno e con la più ampia rete ecologica che caratterizza l’area orientale venetoromagnola A partire da queste macrocategorie di criteri saranno messi a punto opportuni indicatori di performance, che descrivano la capacità di ciascun progetto di incidere nel lungo periodo e nel medio-breve periodo. Al fine di fornire all’Ente Parco uno strumento metodologico per la valutazione on-going si fa riferimento al Logical Framework Approach (Rif: eu Sixtieth Framework Program): ogni azione viene monitorata in funzione della capacità di perseguimento degli obiettivi di breve-medio e lungo periodo, in funzione di fattori esterni e interni condizionanti l’efficacia e l’efficienza del progetto.
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B. Due esempi di “migliori pratiche„ di pianificazione partecipata: le esperienze di Torre Guaceto e Ugento
Torre Guaceto
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L’area marina protetta di Torre Guaceto, a nord di Brindisi, è una riserva marina nazionale, gestita da un consorzio locale composto dai due comuni di Brindisi e Carovigno e dal wwf, che ha avviato nel 2000 l’attività di gestione della riserva, in precedenza sotto la supervisione della Guardia costiera. L’area marina è stata istituita dal governo italiano nel 1991 e si estende – insieme con una Riserva naturale statale su circa 3.200 ha, che comprendono il mar Adriatico e il territorio costiero. Allo scopo di elaborare un modello di sviluppo condiviso che garantisca l’elevazione del livello dell’economia locale senza compromettere il patrimonio naturalistico, la riserva, che ha preso parte al progetto wetlands ii tramite il coinvolgimento dell’Amministrazione regionale della Puglia, ha deciso di organizzare, nel 2003, un laboratorio di simulazione per l’applicazione della metodologia dell’European Awareness and Scenario Workshop (easw) per la pianificazione partecipata, coinvolgendo le principali parti interessate. Questa metodologia consente di promuovere la partecipazione dei residenti e degli attori economici che vivono o operano in prossimità della riserva, incentrando tale attenzione su argomenti quali lo sviluppo socioeconomico e ambientale della riserva, ricca di risorse naturali e di potenzialità, al fine di raccogliere la sfida della sostenibilità ecologica. La fase di pianificazione partecipata parte dall’ipotesi che tutti i cittadini sono degli esperti, in quanto vivono e lavorano su un dato territorio, conoscono sia le sue potenzialità sia gli eventuali ostacoli al cambiamento; inoltre, se coinvolti nel processo decisionale, essi hanno l’opportunità di modificare i loro comportamenti, garantendo la buona riuscita delle azioni e la qualità dei risultati per qualsiasi tipo di procedura di pianificazione e di gestione. L’intera azione è stata organizzata su quattro fasi, allo scopo di preparare, coinvolgere e informare il maggior numero possibile di parti interessate alle attività della riserva: a. incontri pubblici: il 18 dicembre 2003, si è tenuta una prima riunione pubblica per definire quali fossero le parti in causa e informare sugli scopi e sulle azioni di wetlands ii. Alla riunione hanno partecipato
i rappresentanti delle imprese turistiche, delle associazioni ambientaliste, tecnici e imprenditori agricoli; b. viaggio di studio presso il Parco nazionale del Gargano: nel corso del fine settimana del 1-2 febbraio 2004 è stata organizzata un’escursione al Parco nazionale del Gargano, che ha visto la partecipazione di circa 50 operatori economici, per informarli dei benefici e dei costi che comporta vivere e operare come imprenditori in un’area protetta; c. incontri pubblici: il 22 febbraio 2004 si è tenuta una riunione pubblica per illustrare agli imprenditori agricoli un progetto di regolamento delle attività agricole nella riserva e consentire loro di presentare eventuali suggerimenti e miglioramenti; d. workshop easw del 27 febbraio 2004.
Viaggio di studio presso il Parco nazionale del Gargano Il Parco nazionale del Gargano è stato istituito nel 1991; l’ente gestore ha una notevole esperienza per quanto concerne la gestione delle aree protette, le relazioni con le parti interessate, in particolare con i settori agricolo e turistico. Inoltre, anche questo parco si trova sul territorio pugliese. Per queste peculiarità la scelta per l’escursione è caduta sul Parco del Gargano: infatti, le caratteristiche climatiche e culturali sono molto simili a quelle della zona protetta di Torre Guaceto, per quanto essa presenti tipologie diverse di attività agricole e zootecniche. Le aziende agricole che si trovano nell’area di Torre Guaceto hanno dimensioni più ridotte, a seguito della riforma fondiaria, con superfici coltivate che, in media, vanno dai 4 agli 8 ettari per azienda. Gli scopi dell’attività sono stati i seguenti: ___ portare gli operatori economici della zona di Torre Guaceto in visita in un parco già consolidato affinché potessero mettere a confronto costi e benefici derivanti dal fatto di operare all’interno di una zona parco; ___ creare relazioni fra gli operatori economici dell’area protetta e i tecnici della riserva di Torre Guaceto, allo scopo di avviare o migliorare la collaborazione fra di essi.
1. | pianificazione partecipata per un maggior consenso b. due esempi di “buone prassi„ per la pianificazione partecipativa: le esperienze di torre guaceto e di ugento
Un albero di ginepro vecchio di 500 anni a Torre Guaceto
Descrizione e risultati Durante l’escursione, sono stati consegnati ai partecipanti i seguenti documenti: ___ il programma del workshop; ___ una breve presentazione del progetto wetlands ii, già fornito ai partecipanti durante l’incontro del 18 dicembre 2003; ___ opuscoli del Parco nazionale del Gargano e delle aziende agricole oggetto di visita nel corso dell'escursione. L’escursione ha permesso di raggiungere gli obiettivi fissati precedentemente: i partecipanti alla visita hanno parlato direttamente con i colleghi del Gargano, trovando risposta a tutte le loro perplessità; essi hanno assimilato le informazioni fornite loro (sui prodotti, le modalità di accoglienza, i collegamenti fra la cultura locale e le produzioni tipiche, ecc.). Inoltre, nel corso del viaggio di ritorno, il coordinatore del progetto ha raccolto commenti molto interessanti, oltre ad ottenere dai visitatori la disponibilità a partecipare al workshop del 27 febbraio 2004. I partecipanti hanno espresso la loro intenzione di riunirsi in associazione per condividere le scelte e le strategie con il consorzio di gestione di Torre Guaceto. La presenza di un’associazione di imprenditori agricoli consente inoltre al consorzio di avere un singolo referente nel dialogo per la definizione delle politiche di sviluppo legate alla riserva di Torre Guaceto.
Workshop easw del 27 febbraio 2004 La partecipazione al forum easw è stata estesa a tutte le parti interessate: giovani under 25, associazioni locali, l’Istituto tecnico agrario di Ostuni, i comuni, gli imprenditori agricoli, le imprese turistiche, ecc. Il workshop è stato organizzato con sessioni plenarie e gruppi di lavoro, usando la metodologia dei giochi di ruolo. L’obiettivo delle attività era quello di caratterizzare, relativamente all’argomento assegnato, “Cosa fare,
da parte di chi e con quali risorse„. In tal modo, i vari gruppi di lavoro hanno elaborato 25 idee d’azione. Nel corso della plenaria sono state votate le cinque migliori idee in ordine di priorità e sulla base del miglior grado di fattibilità, che sono state quindi proposte dai cittadini ai governi locali e all’organismo di gestione della Riserva. La metodologia adottata aveva lo scopo di porre le basi per un consenso partecipato sul programma di sviluppo locale.
Attivita’ die gruppi di lavoro: elaborazione della “visione„ Di seguito alcuni esempi delle idee che fanno parte della visione generale per uno sviluppo positivo dell’area: ___ stage di formazione per giovani imprenditori agricoli e turistici ___ introduzione di specie e varietà autoctone ___ raccolta differenziata e gestione dei rifiuti, recupero dei rifiuti agricoli e delle potature d’ulivo ___ promozione dell’uso di energie alternative (solare, termica, fotovoltaica) ___ servizi turistici: creazione di cooperative di giovani imprenditori per il trasporto sostenibile ___ miglioramento dei servizi della zona: ufficio postale, farmacia, guardia medica, polizia, attività commerciali, trasporti su gomma, ecc. ___ miglioramento della rete di approvvigionamento idrico, recupero delle acque piovane, miglioramento dei sistemi di depurazione delle acque destinate all'irrigazione (riduzione della salinità dell’acqua) per contenere lo sfruttamento delle falde sotterranee. ___ informazioni e assistenza tecnica per i residenti e i proprietari terrieri. ___ Pianificazione partecipata e impegno da parte di amministratori e cittadini, di svolgere le attività pianificate condivise. 1b
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Le cinque idee più votate Idea n°1 Recupero e miglioramento dei servizi
Cosa
Chi
Con quali risorse
Valutazione
Recupero e miglioramento dei servizi di base per i residenti, i proprietari terrieri e i visitatori
Il Comune
Fondi comunali
Fattibilità completa
Ente gestore della riserva
Fondi regionali
Lungo, medio termine
Programmi nazionali
Maggiori investimenti, prevalentemente pubblici
Fondi privati
Impatto ambientale limitato o buono
Stazione dei treni, ufficio postale, farmacia;
Cittadini e aziende private
Carabinieri; attività commerciali, ecc. Lo Stato
Buoni fattori occupazionali Durata: non definita
L’idea si incentra sul recupero e il miglioramento dei servizi essenziali dell’area per i residenti e i turisti, con la riapertura della stazione ferroviaria, l’attivazione di un ufficio postale, l’apertura di una stazione di polizia, di una farmacia ecc. Essa propone di migliorare la qualità della vita di coloro che risiedono nella zona e di chi decide di trascorrervi le vacanze; essa potrebbe, inoltre, garantire maggior sicurezza ai cittadini che subiscono la piaga della criminalità nella zona. Naturalmente, tutto ciò porterebbe con sé un aumento dell’occupazione ed effetti positivi per il turismo.
Idea n°2 Formazione e stage per i giovani imprenditori
Cosa
Chi
Con quali risorse
Valutazione
Formazione e stage a sostegno dei giovani imprenditori agricoli e turistici
Scuole
Programma regionale dell’UE obiettivo 3
Facile da realizzare
Lo Stato
Occupazione nel settore della formazione
Ente gestore della riserva Esperti
Investimento pubblico
Fondi privati Nessuno o scarso impatto ambientale Progetto su svariati anni
Questa idea si basa sull’organizzazione di corsi di formazione e stage pratici per giovani imprenditori al fine di migliorare le competenze tecniche nei settori del turismo e dell’agricoltura. Questa attività consente di preservare le tradizioni locali e trasferire le conoscenze necessarie e le informazioni all’imprenditoria agricola e turistica. La necessità di questo progetto parte dall’esigenza di personale qualificato che operi in modo competente nei settori del turismo e dell’agricoltura nell'area della riserva di Torre Guaceto. 1b
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1. | pianificazione partecipata per un maggior consenso b. due esempi di “buone prassi„ per la pianificazione partecipativa: le esperienze di torre guaceto e di ugento
Idea n°3 Spiaggia dei giochi per bambini nella baia di Penna Grossa
Cosa
Chi
Con quali risorse
Valutazione
Spiaggia attrezzata con giochi per bambini in una piccola baia da destinare all’uso esclusivo dei bambini
Assistenti, bagnini, dipendenti dell’ente di gestione della riserva
Quota versata dai genitori
Rispetta appieno i criteri di valutazione
La spiaggia attrezzata con giochi per bambini è simile al concetto delle vecchie colonie estive esistenti un tempo nel paese di Serranova che, fra le altre cose, avevano lo scopo di creare un senso di indipendenza ed autonomia nei bambini fra i sei e i dodici anni. I genitori in vacanza vorrebbero poter avere a disposizione alcune ore al giorno in cui occuparsi di se stessi in un’atmosfera rilassante e selvaggia come quella della spiaggia e del mare di Torre Guaceto. I bambini verrebbero seguiti da assistenti professionali. Oltre al piacere di trascorrere del tempo con i loro coetanei in mezzo alla natura, i bambini potrebbero acquisire maggiore autonomia. La piccola spiaggia di Penna Grossa ha tutte le strutture che la rendono ottimale per realizzare l’idea.
Idea n°4 Investimenti nel settore del turismo: recupero di edifici rurali
Cosa
Chi
Con quali risorse
Valutazione
Raccolta dell’offerta/domanda di opportunità di alloggio e certificazione della qualità dei servizi turistici offerti
Consorzio privato dei proprietari,
Programmi europei, partnership pubblico-privato
Miglioria del paesaggio e recupero del patrimonio architettonico
enti pubblici
Reddito supplementare per i proprietari
Recupero di edifici rurali come case rustiche compatibili
Miglioramento dei servizi turistici
Ampliamento della zona protetta
Aumento del turismo
L’idea aveva lo scopo di recuperare il patrimonio immobiliare rurale per destinarlo alle attività turistiche. La prima azione da intraprendere, sarà quella di effettuare la raccolta e l’analisi, al fine di rispondere alla domanda di alloggi nella zona. E’ importante attivare una certificazione di qualità del servizio perché l’offerta risulti più omogenea e interessante. Il progetto, pertanto, mira a migliorare la qualità del paesaggio. Gli ostacoli rilevati sono: la mancanza di informazione, di comunicazione e le risorse finanziarie limitate.
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Idea n°5 Servizi integrati per lo sviluppo
Cosa
Chi
Con quali risorse
Valutazione
Parco naturale
I Comuni
Individual will
Advantages for tourism, young and unemployed people
Nuovi servizi di trasporto e infrastrutture
Gli operatori privati del settore
Public resources
Contratti di gestione con imprese start-up Istituzione di un parco marino con guide e strutture adeguate
I residenti
New start-up enterprises
Ente gestore della riserva
Private investments
Stimulation of Environmental consciousness No or limited environmental impact Promotion of typical food
Museo multimediale e centro informazioni Strade del vino e dell’olio Ente gestore della riserva quale centro di servizio per la zona Raccolta differenziata dei rifiuti
Questa idea concerne la creazione di un parco naturale, l’introduzione di nuovi servizi (nuovi mezzi di trasporto e nuove infrastrutture nel paese di Serranova), gestiti da imprese start-up locali, l’istituzione di un museo multimediale e di un centro informazioni, il miglioramento dei servizi della riserva di Torre Guaceto e lo sviluppo di una raccolta differenziata dei rifiuti. E’ un’idea importante, perché aiuta il turismo, i giovani e i disoccupati e garantirebbe un futuro alla natura e alla protezione ambientale.
Risultati I risultati più importanti sono stati: __ la consapevolezza di operare insieme per migliorare la qualità della vita (in particolare nel paese di Serranova e nelle zone rurali), migliorando i servizi di base; __ il consenso ottenuto per un modello di sviluppo che favorisce le risorse locali, nell’intento di promuovere un turismo rurale, le attività compatibili in agricoltura e nella zootecnia per la produzione di latticini, oltre all’introduzione di elementi creativi e innovativi (per es., la spiaggia attrezzata con giochi per bambini di Penna Grossa).
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La maggior parte dei partecipanti pensava che la realizzazione dei progetti prioritari non comportasse mutamenti radicali, anche se gli ostacoli da superare non sono di poco conto, in primo luogo la mentalità dei residenti (vale a dire: l’effettivo ostacolo culturale), le lungaggini burocratiche e la mancanza di volontà politica. Questo ostacolo culturale è stato in un certo senso affrontato con la proposta di creare un notiziario del parco. Tutti e 5 i gruppi hanno sottolineato che le azioni dovevano svolgersi a livello locale, con la partecipazione
di un maggior numero di istituzioni, in primo luogo gli enti locali.
Ugento Workshop e a s w per la definizione degli obiettivi del piano di sviluppo socioeconomico dell’area del bacino di Ugento
Il bacino di Ugento, situato sulla costa ionica della provincia di Lecce, è composto da 9 piccoli bacini artificiali costruiti durante i lavori di bonifica della zona eseguiti negli anni ’30, con alcuni interessanti habitat protetti ai sensi della direttiva cee “Habitat„. In realtà, l’ente preposto alle misure di tutela dell’ambiente è il comune di Ugento, che è stato invitato a partecipare a wetlands ii dall’amministrazione regionale della Puglia per l’elaborazione di un piano di sviluppo socioeconomico e la creazione di un centro di formazione per lo sviluppo sostenibile nelle zone umide, dove i partner di wetlands ii hanno organizzato, nel settembre 2005, un corso di formazione pilota sulla gestione integrata e il rafforzamento delle capacità (cfr. capitolo 5 della presente relazione).
1. | Pianificazione partecipata per un maggior consenso b. Due esempi di “buone prassi„ per la pianificazione partecipativa: le esperienze di Torre Guaceto e di Ugento
La programmazione delle linee guida per lo sviluppo socioeconomico dell’area del bacino di Ugento ha tenuto conto della presenza di entità sociali locali, delle comunità locali e delle attività economiche, tramite attività partecipate come l’organizzazione di workshop e interviste condotte con parti interessate ben identificate. Sono stati proposti diversi progetti interessanti, scaturiti dalle attività dei 2 giorni di workshop (5-6 dicembre 2003) organizzato nell‘ambito del progetto sulla base della metodologia easw - European Awareness Scenario Workshop. Come descritto in precedenza, i gruppi di lavoro (parti interessate scelte fra i residenti, le associazioni, gli istituti scolastici, le amministrazioni locali), sostenuti tramite facilitatori e materiale preparato in precedenza, hanno prodotto diverse proposte e idee che esprimevano i “desiderata„ della comunità locale e miravano alla formulazione di azioni per una migliore qualità di vita e alla condivisione delle linee guida sullo sviluppo da adottare. Le cinque proposte più votate emerse durante il workshop vengono illustrate di seguito.
Proposta 1: Nel parco: scuola, lavoro, cultura e turismo – l’istituzione della zona protetta regionale
L’idea dell’istituzione di un Parco naturale regionale, a norma della legge regionale sulle zone protette, prende in considerazione il fatto che il perimetro dell’area era già stato identificato nel 1995 dal progetto bioitaly, che proponeva il sito Habitat -denominato “Fascia costiera di Ugento„ (id. IT9150009, secondo la direttiva 92/43/cee “Habitat„). La legge regionale consente di istituire e/o proporre nuove zone protette ogni tre anni, a partire dalla data di rilascio. Il progetto intende istituire un parco archeologico, insieme con un parco naturale, sviluppando quindi un turismo ecocompatibile, non stagionalizzato, collegato alla vocazione storica e culturale di Ugento. Ciò permetterebbe di creare un marchio identificativo del territorio, con un vasto effetto economico.
Proposta 2: area protetta: risanamento delle zone umide
L’idea è quella di creare un parco in quanto unico strumento di gestione per risanare le zone umide e del bacino di Ugento. Questo potrebbe risolvere il problema dell’urbanizzazione selvaggia e dell’attività di diversi soggetti inquinanti presenti nella zona. Solo così si potranno difendere le varie biodiversità esistenti e porre le basi per il loro sviluppo. Inoltre, ciò consentirà una nuova consapevolezza della popolazione nei confronti della tutela dell'esistente.
Proposta 3: Forum permanente
L’idea viene dall’osservazione della distanza esistente fra la popolazione e le istituzioni, in particolare il governo locale. E’ quindi necessario che la popolazione partecipi attivamente a tutte le questioni sociali e ambientali in cui essa è strettamente coinvolta. Dalla partecipazione della cittadinanza dipendono: __ l’operato dei politici; __ le idee da condividere; __ la pianificazione e la realizzazione degli obiettivi di sviluppo, al fine di compiere quanto necessario per superare la mancanza di fiducia nelle istituzioni e nella politica.
Proposta 4: Recupero dei centri storici delle città e attività di accoglienza
L’idea deriva dall’osservazione dell’eccessivo sviluppo delle coste, che ha causato problemi a livello di ambiente e di occupazione. E’ importante operare nell’entroterra, tramite il recupero del centro storico della città, relativamente esteso a Ugento. L’idea comporta il restauro degli edifici esistenti con l’uso di fondi privati, da incentivare, eventualmente, con misure di defiscalizzazione ad hoc a livello locale e tramite il sostegno tecnico da parte dell’amministrazione locale (come il progetto urban ii a Lecce). Tuttavia, la forte presenza delle istituzioni è necessaria per compiere i lavori di urbanizzazione pubblica secondaria necessari. Inoltre, questa proposta comporta l’idea di sviluppo di un turismo storico, religioso e ambientale, con strutture di accoglienza a basso costo, collegate alla presenza di itinerari incentrati sulle risorse esistenti, come i musei e i parchi.
Proposta 5: Tutela delle acque superficiali
Lo scopo è quello di tutelare le acque superficiali e l’enorme biodiversità dei bacini e dei canali dall’inquinamento di origine chimica e biologica. A norma del D.L. 152/99, i bacini dovrebbero essere individuati come specchi d’acqua significativi che hanno bisogno di essere tutelati e bonificati. Fra le priorità d’intervento, vi sono impianti di smaltimento delle acque reflue integrati, il miglioramento delle dimensioni di tali sistemi nel settore industriale e nei complessi turistici e l’attivazione di nuove modalità di discarica degli impianti di smaltimento (tramite fitodeupurazione, ecc.). Inoltre, è importante controllare il sistema di smaltimento delle acque reflue delle abitazioni che si trovano sulle rive di bacini e canali.
Airone nella Riserva Marina di Torre Guaceto
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Risultati E’ emersa l’intenzione di avere uno sviluppo diverso, in cui la problematica centrale è l’ambiente nella sua accezione più complessa: il paesaggio e l’ambiente in termini di diversità, prevenzione dei rischi, tutela dagli agenti inquinanti. Questo, insieme con le attività di recupero urbano, potrebbero promuovere un senso di cittadinanza responsabile, matura e appassionata, ma soprattutto la consapevolezza che la risorsa “territorio„ può ancora rappresentare per Ugento la chiave di volta per uno sviluppo reale e moderno, in cui economia, società e ambiente si possono combinare insieme. E’ errato credere che la creazione di un’area protetta nei bacini di Ugento e la zona “Habitat„ circostante rappresentino ancora per la comunità locale il risultato di una visione idilliaca e romantica della natura: le esigenze dei cittadini si incentrano sulla dicotomia ambiente/sviluppo. Il fatto importante è che la comunità locale sta rifiutando qualsiasi tipo di sviluppo basato sullo sfruttamento del territorio in termini di saccheggio delle risorse, con una visione premoderna, ci si passi il termine, che va a detrimento di una risorsa comune e a beneficio di alcuni, pochi individui, una visione non in grado di promuovere un’idea di futuro in cui la società sia protagonista di uno sviluppo equilibrato, capace di produrre ambiente, servizi ed economia. Le amministrazioni locali, molto spesso obbligate da forti pressioni economiche dall’industria turistica che da molti anni opera nel territorio, possono trovare nella stessa comunità locale un punto di forza per poter avviare soluzioni strategiche e ardite, che non possono essere rimandate oltre se si vuole uno sviluppo duraturo che sia in grado di produrre un futuro incentrato su un concetto moderno di qualità di vita. Dopo il workshop e sulla base dei suoi risultati e delle proposte emerse, nel 2004 è stato concepito un Piano di sviluppo socioeconomico per il bacino di Ugento, che sottolinea la necessità di istituire una zona protetta. Molto di recente (alla fine del 2005) il comune di Ugento ha avuto la concessione di fondi pubblici da parte del programma interreg iii a Italia-Albania, per la rinaturalizzazione della zona del bacino.
1 | Contadini di Torre Guaceto durante la visita di un agriturismo nel Parco Nazionale del Gargano 2 | Tartaruga marina nella Riserva Marina di Torre Guaceto 3 | Piccole isole di fronte alla Riserva Marina di Torre Guaceto
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C. Piano di gestione del parco paesaggistico di Stobrawa, Opole
Il piano di gestione del parco paesaggistico di Stobrawa è stato realizzato nell’ambito del progetto wetlands ii. Esso rappresenta la parte del progetto condotta dal partner polacco, – “bios„ Associazione per la conservazione dell’ambiente del Parco paesaggistico di Stobrawa. La maggior parte delle attività relative al piano di gestione sono state effettuate fra il febbraio e il dicembre 2003. Il piano, come base per lo sviluppo sostenibile della zona del parco, è stato approvato nel marzo 2004. L’ente di gestione del Parco paesaggistico di Stobrawa ha quindi adottato e realizzato il piano di gestione. L’ente di gestione, secondo l’ordinamento giuridico polacco, è l’organismo principale che si occupa della gestione della tutela del paesaggio nella zona del parco. Lo scopo di creare un piano di gestione era quello di poter proteggere e gestire l’ambiente e le risorse del paesaggio. Inoltre, veniva considerato un obiettivo particolarmente importante l’introduzione di norme di tutela nella pianificazione territoriale locale e regionale. Un altro valore importante è stata l’instaurazione del processo di pianificazione territoriale in ambito pubblico. Da un punto di vista formale, il piano di gestione si basa sulla legge polacca sulla protezione dell’ambiente, che definisce le relazioni fra la natura e gli strumenti di tutela ambientale. Questa normativa detta anche i principi per un piano di gestione e i relativi processi socioeconomici collegati. La situazione è quindi favorevole alla realizzazione delle ipotesi di progetto di wetlands ii. I principali partner polacchi sono stati l’Ufficio per la tutela dell'ambiente del voivodato, l’ente di gestione del parco paesaggistico del voivodato di Opole, “bios„ Associazione per la tutela dell’ambiente nel parco paesaggistico di Stobrawa, le amministrazioni locali dei comuni di Pokój, Lubsza, Popielów, Murów, le amministrazioni forestali locali e regionali, esperti come botanici, zoologi e geografi dell’Università di Opole (alcuni anche membri di “bios„ e del comitato scientifico e sociale del parco paesaggistico di Stobrawa, organo consultivo della direzione del parco per le questioni legate alla tutela dell’ambiente), nonché il comitato per la protezione dell’ambiente del voivodato (organo consultivo del
voivodato per le questioni ambientali). Il comitato esecutivo era composto da 10-15 membri, mentre gli addetti provenienti dall'ufficio per la tutela dell’ambiente erano sette. Si stima che abbiano preso parte alle riunioni con altre parti sociali e agli incontri tenuti nei vari paesi almeno 100 persone. Dal punto di vista organizzativo e logistico, la creazione e la realizzazione del piano di gestione ha compreso tre settori d’attività: __ l'ambito scientifico, per quanto concerne la ricerca scientifica __ l’ambito giuridico-amministrativo, per quanto concerne l’ottemperanza ai disposti legislativi e amministrativi vigenti in Polonia __ gli incontri e le consulenze relativamente alla partecipazione delle comunità locali ai processi di pianificazione territoriale Tutte queste attività sono state realizzate contemporaneamente. La maggior parte dei problemi sono sorti rispetto alla partecipazione del pubblico, in quanto non chiaramente prevista dall’ordinamento giuridico polacco. Una prima riunione sull’esecuzione del piano di gestione è stata organizzata a Opole nel febbraio 2003. Hanno partecipato alla riunione diversi organismi impegnati nell’esecuzione del piano di gestione. La parte amministrativa era rappresentata dall’Ufficio per la tutela dell’ambiente del voivodato e dall’ente di gestione del parco paesaggistico del voivodato di Opole. L’associazione ambientalista “bios„ del parco paesaggistico di Stobrawa era rappresentata dal suo presidente. La gamma di studi naturalistici e socioeconomici necessari per mettere in essere il piano di gestione è stata definita nel corso di questa prima riunione. Inoltre, è stato concordato il programma di ricerche scientifiche e di consulenze sociali. La pianificazione delle ricerche scientifiche e degli studi socioeconomici è avvenuta nel corso della primavera-estate 2003, mentre l’elaborazione del piano di gestione è stata effettuata nell’autunno dello stesso anno. La consultazione sociale relativa al progetto di piano di gestione è stata avviata nel settembre 2003, soprattutto con le amministrazioni locali, i comitati civici e i rappresentanti locali.
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Votando le idee migliori di sviluppo per la
Presentando l’idea di sviluppo votata
Riserva di Torre Guaceto
a maggioranza per la Riserva di Torre Guaceto
Sono state concordate le seguenti attività: 1. istituzione di un registro ambientale e urbanistico 2. valorizzazione ambientale 3. elaborazione di norme di tutela ambientale 4. elaborazione di norme di pianificazione territoriale 5. processo di consultazione e di valutazione. Le fasi 1-4 sono state realizzate dall’Associazione bios del Parco paesaggistico di Stobrawa. Il processo di consultazione e valutazione è stato realizzato dall’ente di gestione dei Parchi paesaggistici del voivodato di Opole. Dopo la fase di raccolta dati, condotta dai ricercatori dell’Università di Opole e dagli operatori dei parco paesaggistico di Stobrawa, gran parte delle attività connesse con il piano di gestione del parco sono state realizzate da piccoli gruppi di lavoro. Gli incontri si sono tenuti nell’area del parco paesaggistico di Stobrawa, nella sede del parco o all’Università di Opole. Vi sono stati alcuni cambiamenti alla compagine del gruppo di lavoro e le ragioni per cui sono stati inclusi nuovi specialisti è stato l’innalzamento del livello di analisi. Sono stati creati i seguenti gruppi di lavoro: __ tutela della flora e delle piante da parte della comunità __ tutela della fauna __ tutela del paesaggio __ tutela del patrimonio culturale __ pianificazione territoriale __ consultazioni sociali
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Durante le riunioni, sono stati elaborati gli obiettivi del piano di gestione del parco. L’analisi territoriale ha considerato aspetti quali: __ i valori naturalistici e la salvaguardia della risorse (che era molto importante per gli obiettivi di tutela dell’ambiente e la definizione dei compiti degli operatori del parco); __ la pianificazione territoriale (essenziale per le amministrazioni locali e l’amministrazione forestale); __ il miglioramento delle condizioni economiche delle co-
munità locali (particolarmente significativo per le comunità locali). Infine, nel settembre 2003 sono state definite le seguenti forme di assegnazione del piano di gestione: __ descrittivo – valorizzazione, tutela, divieti e norme sulla pianificazione territoriale __ cartografico – 1:50000, tutela dell’ambiente, ecosistemi, specie rare e protette, carte delle zone protette e degli habitat. Per quanto concerne gli scopi del progetto wetlands ii, il piano di gestione del parco paesaggistico di Stobrawa contiene i seguenti importantissimi aspetti: __ stima delle condizioni geografiche (localizzazione geografica, geomorfologia, struttura geologica, idrologia, idrogeologia, risorse del suolo, condizioni climatiche); __ stima della struttura territoriale del paesaggio; __ valorizzazione della flora; __ valorizzazione della fauna; __ forme di tutela ambientali attuali e future; __ divisione zonale e funzionale delle aree del parco; __ norme di politica territoriale – norme generali sull’uso e la gestione delle aree del parco; __ definizione dettagliata delle norme di pianificazione territoriale per gli strumenti di pianificazione territoriale locale. La distribuzione della zona del parco in zone funzionali, con l’attribuzione a ciascuna di un compito di tutela ed economico, è stato il maggior problema incontrato nel corso dell’elaborazione del piano di gestione. La divisione è stata effettuata nei mesi di ottobre e novembre a seguito del lavoro di gruppo. Questa parte del piano di gestione ha evidenziato il maggior potenziale di conflitto. La delimitazione delle zone e le norme da assegnare per la loro tutela, oltre agli standard di gestione territoriale, erano connessi con la definizione dei vincoli e delle direttive relativamente allo sviluppo delle comunità locali. Per smussare il conflitto, sono
1. | pianificazione partecipata per un maggior consenso c. il piano di gestione per il parco paesaggistico di stobrawa in opole
stati adottati solo pochi modelli di zone funzionali. Inoltre, è stata accettata anche una differenziazione adeguata di norme di conservazione e i vincoli socioeconomici ad esse collegati: Zona I “conservazione dei valori naturalistici e del paesaggio„ Questa zona conteneva aree disabitate ed ecosistemi quali paludi, foreste, praterie e zone alluvionali. Qui i protagonisti erano i valori naturalistici e paesaggistici importanti. Queste aree non vengono utilizzate, oppure vengono utilizzate in agricoltura con metodi estensivi. I vincoli maggiori sono quelli a carico delle attività economiche, ma ciò non ha generato alcun conflitto, in ragione del basso interesse che la gestione di tali aree aveva per le comunità locali. Zona II “conservazione della fisiognomica del paesaggio„ Questa zona conteneva zone agricole e non popolate con una grande parte di piccole foreste, arbusti, praterie e zone umide. Qui vi erano minori vincoli per l’agricoltura e maggiori per altre forme di gestione economica o territoriale. Un accordo sull’agricoltura intensiva ha permesso di evitare i conflitti con gli imprenditori agricoli locali. Zona III “sviluppo di forme estensive di gestione territoriale„ Questa zona comprendeva zone agricole e rurali. Qui dominavano le colture intensive e gli insediamenti, e vi era una diminuzione dei servizi forniti alla comunità locale. I valori naturalistici e paesaggistici di questa zona erano poco rilevanti, ragion per cui non sono state programmate importanti restrizioni per la società locale. Zona IV “sviluppo socioeconomico„ Questa zona conteneva piccole aree adiacenti a grandi città in cui erano stati pianificati centri di sviluppo. Non sono stati introdotti vincoli importanti, ma lo sviluppo economico avrebbe dovuto essere realizzato in termini di sviluppo sostenibile. Un tale modello a zone e basato sulla differenziazione dei vincoli socioeconomici in talune aree del parco ha permesso di abbassare il livello dei conflitti. E’ stato anche più agevole far accettare il piano di gestione alle comunità locali. Le basi teoriche relative al miglioramento del piano di gestione e della pianificazione partecipata sono state acquisite durante gli incontri internazionali con
i partner, ad Ariano nel Polesine (Italia), Dessau (Germania), Volano (Italia) e Opole (Polonia). Lo scambio di esperienze ha dimostrato che il processo di pianificazione partecipata nelle aree protette della Polonia richiede un’azione di miglioramento. Attualmente, il processo di pianificazione territoriale e la tutela ambientale nei parchi paesaggistici viene realizzato principalmente dal governo e da alcuni esperti. La partecipazione a livello sociale è molto debole ed esiste solo nella fase finale del processo di consultazione. Non vi sono sufficienti strumenti giuridici che consentano a una comunità locale di cooperare nell’elaborazione di un piano di gestione. Il progetto relativo al piano di gestione del parco paesaggistico di Stobrawa è stato presentato dagli esecutori nel corso di un incontro con il comitato scientifico e sociale del parco paesaggistico di Stobrawa, cui hanno partecipato scienziati, associazioni, enti locali e amministrazioni forestali. Durante il dibattito, sono state apportate molte modifiche nel tentativo di arrivare a soluzioni inequivocabili. Riassumendo, i risultati del progetto wetlands ii realizzato dall’Associazione bios del Parco paesaggistico di Stobrawa sono stati i seguenti: __ elaborazione e approvazione del piano di gestione del parco paesaggistico di Stobrawa; si tratta del documento di base per il miglioramento del livello di sviluppo sostenibile della zona; __ e’ stato elaborato un metodo per la riduzione dei conflitti a livello territoriale; il piano dovrebbe agevolare la realizzazione di uno sviluppo ambientale sostenibile da parte delle comunità locali; __ sono state introdotte nuove norme di pianificazione partecipativa, simili a quelle utilizzate negli Stati membri dell’UE. Il problema più significativo nella realizzazione del progetto del piano di gestione è stata la definizione dei partner pubblici. Nella zona del parco vi sono solo alcune organizzazioni pubbliche indipendenti interessate alla realizzazione del piano di gestione. Una società che ha una debole organizzazione non è interessata né pronta alla cooperazione; eppure, i principi del piano e le sue definizioni hanno un impatto sulle possibilità di sviluppo della zona. In generale, questo rappresenta un problema piuttosto diffuso nei paesi UE di nuova adesione, dove le organizzazioni sociali sono molto frammentarie.
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2. Lo sviluppo sostenibile nelle zone umide: certificazione di qualità e gestione ambientale
A. Il lavoro del gruppo di studio interregionale sulla certificazione dei prodotti, i servizi e i sistemi di gestione nelle zone umide
Perché un gruppo di studio sulla certificazione?
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Dopo la descrizione del progetto, wetlands ii ha pianificato azioni pilota per i singoli partner, al fine di fornire “Sostegno per la certificazione d’origine e/o la qualità ambientale dei prodotti fabbricati e delle imprese che operano in zone umide (doc, dop), marchi regionali/locali che certifichino il rispetto della biodiversità delle zone umide, emas, iso 9000 e 14000, ecoprofit, ecc.„ In questo quadro, i partner del progetto nel 2003 hanno stilato un calendario di eventi e azioni utili per acquisire elementi di novità e strumenti innovativi compatibili con gli obiettivi del progetto. In particolare i partner italiani hanno dato una risposta alla necessità di creare esempi positivi per una procedura di sviluppo sostenibile nelle loro aree protette: miglioramento della qualità ambientale dell’area, ma anche migliori opportunità dal punto di vista economico per i residenti, a cominciare dalla necessità di compensare i “vincoli„ con maggiori opportunità di sviluppo economico positivo (vale a dire di successo e sostenibili) che potessero diventare storie di successo per altre attività economiche. In tal modo il progetto wetlands ii, sostenendo la creazione di un sistema di gestione integrato, ha pianificato anche il sostegno ai valori positivi legati alla certificazione di prodotti e servizi, indipendentemente dal tipo di certificazione prescelto; ogni singolo partner ha sperimentato o realizzato le proprie modalità di “benchmarking„ dei processi di sviluppo interno, selezionando (a seconda degli orientamenti strategici specifici) il sistema di gestione della qualità
maggiormente praticabile fra quelli, numerosi, attualmente a disposizione: dalla doc (Denominazione d’origine controllata), alla dop (Denominazione d’origine protetta), all'agricoltura biologica fino alla tracciabilità dei prodotti locali, iso 9000 e iso 14000 per la certificazione di qualità delle singole imprese, dall’emas i e ii a ecolabel ed ecoprofit per i sistemi di gestione ambientale che comportano una rete complessa di attori coinvolti. Al fine di mettere a confronto e valutare questi diversi tipi di sistemi di qualificazione e certificazione, oltre alle loro conseguenze o vantaggi/svantaggi per le imprese tipiche che operano e per i servizi forniti o i prodotti fabbricati nelle zone umide, i partner italiani hanno deciso di cooperare istituendo un gruppo di studio interregionale che aveva il compito di assistere i partner a comprendere e a prendere decisioni sul sostegno a determinati sistemi di certificazione, più adatti al loro caso, per promuovere lo sviluppo sostenibile come obiettivo generale per le zone umide protette. I partner italiani hanno coinvolto anche il partner albanese, in qualità di osservatore, per agevolare un importante trasferimento di conoscenze su questo aspetto cruciale dello sviluppo sostenibile anche in un paese difficile come l’Albania.
I membri del gruppo di studio ___ PP1: ente di gestione del Parco del delta del Po, Regione Veneto, rappresentato da Marco Gottardi capo ufficio tecnico e di promozione, e da Daniele Tonello, membro dell'ufficio tecnico del parco;
2 | sviluppo sostenibile in zone umide: certificazione della qualità e gestione ambientale a. il lavoro del gruppo di studio interregionale sulla certificazione di prodotti, servizi e sistemi di gestione in zone umide
___ PP2: Amministrazione regionale della Puglia – Assessorato all’ambiente – Ufficio parchi e riserve naturali, rappresentato da Cosimo Rubino (consulente tecnico dell’ufficio) e da Antonio Di Palo del Comune di Lesina (partner locale di PP2), ___ PP4: Parco regionale del Delta del Po dell’Emilia-Romagna, rappresentato da Gianni Cavallini, vicedirettore, Francesca Ravalli, consulente organizzativo, Federico Brunelli e Gloria Minarelli (consulenti tecnici); ___ PP6: teuleda – Agenzia di sviluppo economico locale di Shkoder (Albania) in qualità di osservatore, rappresentato dal direttore, Ridvan Troshani.
Le attività del gruppo I partner identificati hanno deciso di organizzare eventi comuni specifici, come convegni e workshop per scambiare le esperienze le presentazioni di varie opportunità e le visite di studio. Insieme con gli eventi comuni/interregionali, ogni partner ha attivato le sue proprie azioni locali per identificare la direzione da prendere nella certificazione di prodotti e servizi. Sulla base del piano di lavoro di wetlands ii, il gruppo interregionale ha realizzato i seguenti eventi: 1. 30 settembre 2003 workshop a Volano (Emilia-Romagna - Italia) per i membri del gruppo, dedicato a: ___ istituire il gruppo di studio, definire le procedure di lavoro e gli obiettivi; ___ avviare una discussione di base sulla qualità, i sistemi di gestione e i problemi della certificazione d’origine; ___ elaborare dei piani di lavoro del gruppo per i futuri passi ed eventi da organizzare per acquisire capacità decisionali riguardo alle questioni legate alla certificazione. In ragione della complessità degli argomenti e delle differenze di ruolo, della preparazione tecnica e della competenza dei partecipanti, il workshop è stato moderato da un facilitatore gopp (Goal Oriented Project Planning). Il risultato principale ottenuto con il workshop è stato un piano di lavoro che ha definito la preparazione di altri eventi dedicati alle strategie di certificazione, ai tipi di prodotto, alle imprese e ai servizi da certificare, alle metodologie, agli strumenti e agli approcci di certificazione. 28-29 novembre 2003 workshop a San Basilio (Veneto - Italia) dedicato a un trasferimento generale di know-how e alla presentazione
delle opportunità di certificazione. Per questo workshop sono stati invitati esperti nei vari sistemi e metodologie, per introdurre e spiegare il loro funzionamento, gli ambiti di applicazione e le implicazioni per le aree protette. In questo senso, sono stati spiegati ai partecipanti e discussi con loro: le denominazioni d’origine come doc e dop, le certificazioni dell’agricoltura biologica secondo le direttive UE nel settore, i criteri, relativamente nuovi, di tracciabilità degli alimenti, la gamma di applicabilità dei marchi dei parchi come strumenti di promozione combinata dei prodotti, dei servizi e della stessa zona protetta, la particolare esperienza di “slow food – l’arco del gusto„ per la biodiversità in agricoltura e nell’agroalimentare, i sistemi di gestione ambientale come emas i e ii, ecolabel ed ecoprofit, e infine anche i sistemi di certificazione di qualità come iso 9000 e iso 14000. Dopo una prima giornata di contributi tecnici, i partecipanti hanno elaborato, il secondo giorno, una matrice analitica fra le varie opportunità di certificazione/qualificazione. L’esercizio ha permesso di decidere di concentrarsi su quattro eventi o aspetti: ___ quadro giuridico e utilità economico/ambientale di un marchio del parco per i prodotti e i servizi locali; ___ metodi, vantaggi/svantaggi dell’emas ii, sistemi di gestione ambientale “territoriale„; ___ strategie per uno sviluppo sostenibile delle aree protette: promozione combinata di prodotti e dell’area; ___ Ecoprofit ed Ecolabel quali metodologie per le prestazioni ambientali in grado di generare profitto e risparmio per le imprese private e gli enti pubblici. L’aspetto della doc, della dop, della certificazione di agricoltura biologica, la tracciabilità degli alimenti e le certificazioni iso 9000/14000 sono state escluse, perché d’importanza relativamente limitata per i partner (doc, dop, ecc.) o perché tali metodologie sono ben note e non comportano ulteriori approfondimenti teorici. 3. 22-25 aprile 2004 a Otranto (Puglia - Italia), seminario di discussione in concomitanza con la fiera dei parchi del Mediterraneo “Mediterre„. Questo seminario è stato dedicato al quadro giuridico dei regolamenti sui marchi dei parchi, al fine di trovare opportunità pratiche, economiche e giuridiche per stipulare contratti fra enti di gestione dei parchi e imprese. 4. 27-31 maggio 2004 workshop transnazionale a Lesina (Puglia - Italia) consacrato al trasferimento di know-how sulle procedure
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Prima riunione e workshop
gopp
La fattoria biologica nel castello di Storkau
del gruppo di studio interregionale sulla certificazione
di certificazione, con enfasi particolare sulla certificazione emas ii; la situazione ambientale ed economica della laguna di Lesina è stato il “caso di studio„ dell’evento; esso ha stimolato il dibattito sulla situazione, problematica, dove il livello delle falde superficiali sta diminuendo, vengono introdotte troppe sostanze nutrienti nelle acque della laguna a causa degli scarichi dell'agricoltura intensiva (proliferazione della vegetazione), e la produzione delle famose anguille si sta notevolmente riducendo. I prodotti locali di Lesina si basano principalmente sulle risorse lagunari (lavorazione dell’anguilla, pesca, produzione di vegetali e allevamento del bufalo nelle zone allagate per la produzione di mozzarella), un fatto che crea una situazione molto delicata e determina l’esigenza di ottenere un sistema di gestione ampiamente condiviso per tutta l’area. Il gruppo ha discusso con i funzionari pubblici locali sul progetto di creazione di un consorzio fra parti interessate locali (imprenditori, pescatori) e il Comune, al fine di introdurre metodologie sostenibili di gestione delle risorse lagunari, come i sistemi di gestione emas ii.
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5. 24–26 giugno 2005 visita di studio a Cabras (Sardegna - Italia) per tutto il gruppo, per visitare e confrontare le migliori pratiche per le aziende start up, per la crescita economica e la successiva creazione di un sistema integrato di sostenibilità per lo stagno, fra le esigenze economiche e la tutela ambientale. La visita allo stagno di Cabras è stata probabilmente la miglior opportunità per il gruppo di vedere la nascita di un sistema di gestione complesso di un’area ad alto valore ambientale, dove enti pubblici locali, insieme con enti di tutela ambientale (la riserva marina del Sinis, prospiciente lo stagno di Cabras) e le cooperative locali di pescatori stavano pianificando e costruendo insieme
le condizioni per la sopravvivenza economica e la sostenibilità ambientale delle produzioni (lavorazione delle uova di muggine, pesca e lavorazione delle anguille). Tramite un delicato processo di partecipazione dei pescatori, dei produttori, della popolazione locale e dei rappresentanti locali (rappresentati dei pescatori, sindaco, direttore dell’assessorato all’ambiente del Comune, esperti e tecnici) passo passo è stata costruita una struttura comune in grado di operare la tutela ambientale, il marketing territoriale e lo sviluppo economico. Questa strategia includeva la creazione di un marchio locale per i prodotti tipici del posto (presentato in piccoli esercizi commerciali di proprietà pubblica ma gestiti da piccole cooperative di privati), la definizione di norme comuni per la pesca e la tutela delle risorse ittiche (dimensioni minime del pescato, fermi biologici, specie ittiche ammesse per la pesca), studi sulla gestione idrologica di tutta l’area, promozione di un turismo marino e balneare sostenibile, qualificazione dell’offerta turistica culturale, qualificazione e promozione dei prodotti locali (della pesca e agricoli) e tutela/miglioramento dei valori della riserva naturalistica del luogo.
Attuazione dei progetti pilota nelle aree di ciascun partner Parco del Delta del Po, Veneto Il territorio del capofila è caratterizzato da un elevato numero di attività economiche di tipologia differente, come piccole fabbriche ma anche industria pesante, turismo estivo e balneare di massa, agricoltura intensiva, importanti attività di caccia e pesca, industrie di trasformazione dei prodotti ittici e allevamento di molluschi, ecc. Per cui la capacità economica dell’area è molto elevata, ma presenta anche una sostenibilità
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critica e soffre delle conseguenze prodotte da tali attività sull’ambiente e la protezione del patrimonio naturale. In base a tali condizioni, PP1 ha deciso di investire in tre azioni strategiche: ___ l'istituzione di un sistema di certificazione di qualità iso 9000/14000 (ambientale) per l'ente di gestione del parco dove, come conseguenza diretta – le amministrazioni locali sono chiamate in causa in qualità di “fornitori di servizi„ e “clienti„ dell’istituzione parco; ___ la creazione, disseminazione e promozione di un “marchio del parco„ in quanto certificazione volontaria per le imprese locali che soddisfino appieno
i parametri di sostenibilità decisi dal parco; ___ un’azione di sensibilizzazione sulle metodologie ecoprofit ed ecolabel favore delle imprese locali. Per ciò che concerne la certificazione di qualità iso 9000/14000 dell’ente di gestione del parco, la certificazione è stata ottenuta e il procedimento si è concluso nel 2005. Per quanto concerne il marchio del parco in quanto strumento di promozione e integrazione delle imprese nella politica del parco per uno sviluppo sostenibile, si rimanda al riquadro che segue.
Il marchio del Parco: l’esperienza del Parco del Delta del Po, Veneto Un’esperienza pratica di benchmarking delle produzioni locali è rappresentata dal marchio del parco per i prodotti locali, creato nel 2003 dal parco regionale del Delta del Po. Il marchio è stato riservato ai prodotti fabbricati e lavorati nel territorio del parco, allo scopo di sostenere la qualità ambientale dei prodotti locali e produrre valore aggiunto per quelle imprese capaci di promuovere la loro immagine in quanto “impresa del parco„ che opera in un “ambiente pulito„. Durante la realizzazione del progetto wetlands ii, sono stati realizzati circa 10 incontri con le associazioni di categoria principali del territorio, e in particolare: con la Confartigianato, con l’ascom (Associazione dei commercianti), con la Coldiretti (associazione di categoria degli agricoltori) con Polesine Innovazione (Azienda speciale della Camera di commercio locale per l’innovazione delle pmi). Tutti i partecipanti hanno concordato una gamma minima di requisiti necessari per poter essere autorizzati ad usare il marchio del parco. In particolare, la convenzione sull’uso del marchio prevede, solo per i prodotti, un minimo di certificazione iniziale di prodotti biologici, oltre al rispetto delle produzioni e dei processi ecocompatibili. Dopo aver ideato graficamente il marchio, l’ufficio tecnico del parco ha preparato una bozza di protocollo e quindi, con l’assistenza di un legale specializzato, ha definito un protocollo e un modello di accordo da proporre ai produttori locali. L’accordo prevede che vi siano norme per l’utilizzo del marchio, definisce l’area di produzione, la standardizzazione della forma del marchio, i diritti da pagare al parco per l’uso del marchio e i servizi compresi nell’utilizzo del marchio, nonché i sistemi di controllo e la base giuridica. L’accordo include anche un modello di servizi con strumenti di marketing per prodotti selezionati, come la partecipazione a fiere specializzate e il sostegno tecnico da parte del parco ai produttori in merito a questioni legate alla commercializzazione e alla distribuzione dei prodotti. La strategia del marchio si basa sulla selezione di prodotti che possono promuovere un’immagine positiva del territorio del parco in ragione dei processi naturali/biologici e dei processi/approcci ecocompatibili attuati. Nel settore agroalimentare, sono quattro le aziende produttrici e distributrici di prodotti quali il pane biologico, il riso prodotto nelle varietà locali tradizionali, un liquore d’erbe tradizionale, prodotti ittici, miele, ecc. che si sono dette disponibili a firmare la convenzione per l’utilizzo del marchio. Nel settore turistico, tre agenzie hanno concordato di promuovere gite naturalistiche e servizi all’interno dell’area del parco (promossi con il marchio del parco), insieme con due villaggi turistici e un complesso turistico che, insieme, rappresentano il 50% della capacità di accoglienza della zona del Delta del Po del Veneto. A parte gli operatori citati, si potrebbero attivare altre convenzioni, come quelle con gli hotel e altre piccole attività turistiche. Anche per questi ultimi è previsto il rispetto dei requisiti minimi di tutela dell’ambiente, oltre alla qualità dei prodotti e dei servizi forniti. 2a
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Inoltre, il Parco del Delta del Po del Veneto ha deciso, come già detto, di sostenere una campagna di sensibilizzazione sui sistemi di gestione ambientale ecoprofit ed ecolabel. Mentre ecolabel è relativamente noto agli esperti del settore, può essere interessante spiegare più in dettaglio cosa sia ecoprofit. Aggiungiamo qui una
breve descrizione di questo metodo, relativamente nuovo e interessante, particolarmente adatto alle zone con molte imprese di piccole e medie dimensioni, e in particolar modo per le aree protette, come quelle dei partner del progetto.
ECOPROFIT® – un modello di partenariato pubblico privato per lo sviluppo sostenibile Il modello di sviluppo sostenibile ECOPROFIT® si incentra sull’applicazione di strategie ambientali preventive rispetto ai processi, ai prodotti e ai servizi. Un fattore di successo del modello è la particolare modalità di cooperazione fra gli enti locali e le aziende, oltre alla messa in rete delle società che partecipano al programma.
Cos’è ECOPROFIT®? Storia ECOPROFIT®, sigla che sta per “Ecological Project For Integrated Environmental Technology„ (Progetto ecologico per la tecnologia ambientale integrata), è stato istituito dalla città di Graz nel 1991. Per ECOPROFIT®, fra gli altri premi ricevuti, questa città ha ottenuto il premio 1996 per la”Città europea sostenibile„ e nel 2001 è entrata in finale al “Premio Brema partenariato„. Idea L’idea fondamentale di ECOPROFIT® è un modello win-win. Esso tende a rafforzare le società dal punto di vista economico, utilizzando tecnologie ecocompatibili e migliorando al contempo la situazione ambientale d una data regione. Il modello di partnership pubblico-privata Questo modello di sviluppo sostenibile si incentra sull’applicazione di strategie ambientali preventive rispetto ai processi, ai prodotti e ai servizi. Il fattore di successo del modello è la particolare modalità di cooperazione fra gli enti locali e le aziende, oltre alla messa in rete delle società che partecipano al programma. In tal modo, si sviluppano gli effetti sinergici, e si garantisce il successo di Ecoprofit® per gli enti pubblici e le società, e si precisa che ECOPROFIT® è un modello di partnership pubblico-privata (PPP). Rispetto ai sistemi di gestione ecocompatibile EMAS e ISO 14001, ECOPROFIT® è considerato di maggior efficienza in ragione del suo successo sostenibile e dei minori costi per le società. A seguito della grande domanda e della migliore disseminazione del progetto, è stata fondata l’Accademia internazionale ECOPROFIT® dove consulenti e rappresentanti di enti locali, in un programma di formazione esteso, imparano i contenuti, la struttura e la metodologia di ECOPROFIT®.
Rete delle migliori pratiche La rete internazionale ECOPROFIT® fornisce alle aziende, alle società ai consulenti e alle amministrazioni, oltre che agli istituti di ricerca partecipanti, l’opportunità di mettersi in rete in modo costruttivo e beneficiare dei vari effetti della sinergia. 2a
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Il marchio di fabbrica ECOPROFIT® Per fare in modo che il grande successo ecologico ed economico si attuasse anche in altre città e regioni, la città di Graz ha richiesto il brevetto internazionale per ECOPROFIT®. Dal 2000 il marchio di fabbrica ECOPROFIT® è un marchio e un copyright internazionale registrato. La città di Graz ha incaricato il Cleaner Production Centre (CPC) Austria di disseminare il progetto a livello internazionale, distribuire le licenze e garantire la certificazione di qualità nell’ambito del marchio. Vantaggi per le aziende ___ Fattore 10 fra input e risultati ottenuti dal progetto ___ Aumento nell’efficienza produttiva e riduzione dei costi grazie a minori consumi di materie prime ed energia ___ Riduzione dei costi in ragione di minori quantità di rifiuti ed emissioni prodotti ___ Rendicontazione dei costi trasparente ___ Buona possibilità per le aziende di conoscere le leggi e i regolamenti in materia ___ Promozione della motivazione e dello spirito di squadra nelle società ___ Programmi di formazione comuni ___ Sostegno del progetto da parte delle autorità locali ___ Presentazione delle società e delle regioni tramite reti internazionali ___ Ottenimento della certificazione “società ECOPROFIT®„ e integrazione nelle attività di PR comuni ___ Preparazione o aggiunta di EMAS o ISO 14001 ___ Sostegno nel soddisfare le linee guida OCSE Vantaggi per le autorità ___ Fattore 10 fra sostegno economico e successo del progetto ___ Strumento di controllo per la realizzazione di strutture sostenibili ___ Le aziende che hanno successo migliorano le infrastrutture e contribuiscono alla sicurezza dell’occupazione nella regione ___ Realizzazione di strutture sostenibili grazie a un sostegno efficiente in economia ___ Minor impatto ambientale e minori spese per porre rimedio ai danni biologici ___ Vantaggi internazionali rispetto ai siti e alla concorrenza ___ Miglioramento dell’immagine di una regione e promozione del turismo ___ Migliore qualità di vita per gli abitanti di città e regioni partecipanti ___ Sostegno alla realizzazione degli obiettivi dell’Agenda 21 locale per raggiungere gli obiettivi di Kyoto ___ Sostegno per garantire le linee guida OCSE Come lavora ECOPROFIT®? Il successo di ECOPROFIT® si basa su tre elementi essenziali: ___ la formazione dei consulenti e dei gestori, nonché dei rappresentanti delle autorità sulla metodologia ECOPROFIT® ___ la realizzazione professionale del progetto nell’ambito di una rete (aziende, consulenti, autorità, università) incluso il trasferimento di know-how alle società ___ la certificazione di qualità per garantire il successo economico ed ambientale. La durata prevista per la realizzazione di un progetto ECOPROFIT® è un anno. Entro questo periodo, i project manager certificati ECOPROFIT® sono responsabili di tutta l’organizzazione del progetto, mentre i consulenti ECOPROFIT® tengono i workshops e assistono alla concezione dei concetti di realizzazione. 2a
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Confluenza tra i fiumi Drini e Buna
Stazione di pesca nella laguna di Cabras, Sardegna
Parco regionale del Delta del Po, Emilia-Romagna Il Parco regionale del Delta del Po dell’Emilia Romagna ha cercato di stimolare, fin dall’esordio del progetto, l’avvio di una certificazione emas ii per l’area della laguna di Goro, elaborando studi di fattibilità, organizzando incontri con le imprese e le amministrazioni locali, oltre a raccogliere la perizia e l’esperienza di importanti esperti italiani dell’emas ii. Eppure, più il progetto veniva definito e proseguiva, meno sostegno esso otteneva, sfortunatamente, da parte delle imprese locali del settore ittico e agricolo, oltre che delle amministrazioni locali. Coerentemente, il consiglio del parco ha deciso, nel 2005, di non proseguire con il progetto, stornando i fondi disponibili sull’elaborazione più dettagliata e partecipata di un piano di sviluppo sociale per l’area di Volano-Mesola-Goro. Questa impasse dà prova di un aspetto ineludibile della gestione integrata delle zone umide, laddove se popolazione locale, imprese interessate o amministrazioni locali non possono essere convinte ad andare verso nuovi obiettivi ed azioni, è meglio non insistere e rispettare questa decisione. D’altro canto, essa dimostra anche una difficoltà insita nell’emas ii, che richiede la partecipazione di molti singoli attori in un sistema di gestione territoriale molto complesso, non facile da spiegare per coinvolgere le parti in causa – a volte chiedendo di assumersi decisioni onerose anche dal punto di vista finanziario – e che, in fin dei conti è anche molto difficile da gestire, essendo un progetto che dura diversi anni. Si dovrebbe tener conto di tutto ciò quando si propone un’emas ii in ambiti di sviluppo locale, con caratteristiche con problematiche variate e con svariati attori, come normalmente sono i contesti dei parchi naturali.
nità di certificazione, discutendo con gli esperti delle possibilità di avviare i processi di certificazione di qualità nella zona di Shkoder (in particolare attorno al Lago Shkodra e sulla costa prospiciente il punto in cui la Drina sfocia in mare). Traendo vantaggio da queste conoscenze, teuleda ha elaborato un piano specifico per il sostegno di prodotti locali attraverso un “marchio locale„ che comprende il rispetto della natura e dell’ambiente nei processi di produzione. Una seconda linea d’azione gestita da teuleda riguarda l’introduzione e il sostegno di produzioni agricole biologiche nella zona rurale attorno al lago Shkoder, invitando le società di certificazione a lavorare in Albania.
Agenzia di sviluppo economico locale di Shkodra TEULEDA (Albania) teuleda ha partecipato in qualità di osservatore esterno a tutte le attività dei gruppi di lavoro interregionali, raccogliendo informazioni e conoscenze sulle opportu-
Amministrazione regionale della Puglia e Comune di Lesina L’azione pilota dell’Ufficio parchi regionali della Regione Puglia nell’ambito della certificazione e della qualificazione dell’economia locale si è incentrata sul sostegno alla politica di certificazione del Comune di Lesina, che è riuscito a istituire un marchio locale dei prodotti (“Fatto a Lesina„) promuovendo la lavorazione tipica del pescato locale (produzione di anguille e bottarga). Il Comune di Lesina ha anche incentivato la creazione di un consorzio composto dai pescatori e dallo stesso Comune, per creare un soggetto in grado di istituire una gestione sostenibile delle risorse della laguna di Lesina, in linea con un sistema di gestione emas ii. Il processo è stato interamente gestito dall’Agenzia di formazione e ricerca aforis di Foggia, che ha organizzato un corso di formazione per gli imprenditori locali ed elaborato una bozza di regolamento emas ii per la laguna di Lesina. Queste attività vengono illustrate in maggior dettaglio nel subparagrafo 2.b.
B. L’azione locale condotta dal Comune di Lesina: condizioni di base per un sistema di produzione e protezione integrata nella laguna di Lesina
Introduzione La Regione Puglia, nell’Italia meridionale, ha deciso di partecipare ad azioni locali nel settore della certificazione, della qualificazione e della promozione di prodotti e servizi delle zone umide del Comune di Lesina, in considerazione della celebre produzione di anguille e bottarga della laguna di Lesina e la forte necessità di intervenire a favore di questo sito “Habitat„, che attualmente si trova in una situazione ambientale molto critica. Il Comune si è detto d’accordo sulla realizzazione di una serie di attività e iniziative a sostegno della sua propria capacità gestionale dell’ecosistema della laguna e per la creazione delle condizioni di base per un sistema di produzione e protezione integrato nella laguna di Lesina. Le attività, realizzate anche con il sostegno dell’Agenzia di formazione e ricerca a.fo.ri.s. (che è anche l’ente di gestione della scuola emas della Regione Puglia), possono essere riassunte in sei linee d’azione: ___ definizione di un marchio locale per i prodotti tipici della laguna e promozione del marchio e dei prodotti sotto questo marchio nelle fiere locali e nazionali; ___ pianificazione partecipata per la definizione di obiettivi condivisi per la gestione della laguna; ___ elaborazione di un regolamento per la pesca e la gestione dello stagno; ___ definizioni delle norme ambientali in vista di una eventuale registrazione emas ii; ___ formazione degli operatori locali. Definizione di un marchio locale per i prodotti tipici della laguna e promozione del marchio e dei prodotti sotto questo marchio nelle fiere locali e nazionali Nel 2003 il Comune ha commissionato l’elaborazione di un marchio per i prodotti locali, studiato in particolare per i prodotti ittici in scatola, come le anguille marinate e la bottarga della laguna di Lesina. Questo marchio, dopo l’elaborazione di un regolamento minimo e di una bozza di contratto, è stato messo a disposizione delle cooperative di pescatori locali e di altre pmi che lavorano i prodotti della pesca nella zona. In seguito, nel dicembre 2003 è stata organizzata una prima fiera locale dei prodotti tipici di Lesina, insieme
con una conferenza nazionale sulla gestione della laguna, che ha visto un’ampia partecipazione da parte di esperti. Quindi il Comune ha deciso di partecipare anche alla “Fiera del gusto„ di Torino, organizzata dalle associazioni slow food nel 2004, dato che le anguille marinate della laguna di Lesina sono inserite anche nell’elenco “Arca del Gusto Slow Food„, che ha lo scopo di salvaguardare le tradizioni agricole e gastronomiche endemiche e i prodotti per proteggerli dall’estinzione nella moderna cultura del “fast food„. Pianificazione partecipata per la definizione di obiettivi condivisi per la gestione della laguna L’attività in questione si è incentrata su attività tutoriali dirette agli attori chiave locali e agli opinion leader interessati nella definizione di obiettivi di sviluppo per la produzione ittica nel territorio di Lesina, sostenuti da facilitatori esperti. Dopo aver raccolto informazioni sulle opinioni degli abitanti e degli imprenditori e sulla consapevolezza dell’esistenza dei problemi, attraverso un questionario è stato definito il gruppo di parti interessate che avrebbe dovuto essere coinvolto nella procedura di pianificazione. Si sono tenuti alcuni incontri preparatori fra il novembre 2003 e il marzo 2004: ___ 22/11/2003: riunione di coordinamento con il sindaco e i funzionari pubblici incaricati, allo scopo di definire i passi e il calendario degli incontri locali con le parti interessate; ___ 02/12/2003: incontro con il Consiglio comunale e i rappresentanti della società di gestione a capitale pubblico e privato della laguna di Lesina; ___ 13/12/2003: fiera locale e iniziative culturali sul settore ittico di Lesina, con una breve presentazione del progetto wetlands ii; ___ 31/03/2004: incontro di coordinamento con il sindaco e i funzionari incaricati per la valutazione del primo workshop di pianificazione. Durante queste riunioni, è stato deciso di organizzare cinque incontri di pianificazione partecipata con le parti locali interessate.
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Il 29 febbraio 2004 si è tenuto il primo incontro locale, dove sono stati descritti i concetti chiave che illustravano la situazione; inoltre i partecipanti sono stati invitati a discutere i processi di sviluppo sostenibile a livello locale, nazionale e regionale ed a specificare i particolari effetti che avrebbero potuto avere sul settore della pesca. Il 27 aprile 2004, si è tenuto il secondo incontro locale presso il Municipio di Lesina, che ha registrato un’ottima partecipazione delle parti interessate e dove le autorità locali e regionali, l’ente di gestione del Parco nazionale del Gargano, l’associazione italiana delle cooperative di pescatori, la società di gestione pubblicoprivata della laguna di Lesina e l’a.fo.ri.s. hanno presentato i loro interessi, know-how ed esperienze. Le due successive riunioni di pianificazione partecipata si sono svolte ancora presso il Municipio di Lesina. Nel corso dell’incontro del 4 novembre 2004, che ha visto la partecipazione di oltre cinquanta persone, è stata presentata una descrizione accurata relativa all’applicazione di un regolamento per la gestione della pesca e della laguna - la gestione della pesca concernente l'allevamento e l’attività di pesca propriamente detta. Quindi, la riunione ha affrontato il tema della definizione degli impatti ambientali primari di ciascuna fase di gestione, suddividendo i partecipanti in quattro gruppi, che alla fine del lavoro hanno completato una Matrice Attività/Impatto ambientale sulla gestione delle attività di pesca nella Laguna. Tali elaborazioni sono state quindi condivise fra tutti i membri del gruppo. Gli oratori di ciascun gruppo hanno chiesto che venisse elaborata una relazione sui risultati. La relazione presentava le basi dell’elaborazione della bozza finale del regolamento per la gestione della pesca e della laguna. Il 3 dicembre 2004 i risultati del processo sono stati presentati al pubblico con la bozza finale del regolamento, con un’introduzione sulle principali osservazioni e richieste da parte della parti interessate.
1 | Il lago di Scutari e il fiume di Buna 2 | Produzione tradizionale della Bottarga a Cabras 3 | Tapetti artigianali in un villaggio sul Lago di Scutari 2b
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Definizioni delle norme ambientali da soddisfare per ottenere una registrazione EMAS II Le definizioni delle norme da rispettare per ottenere la registrazione emas ii si sono basate sulle caratteristiche ambientali dei processi di produzione concernenti i prodotti della pesca nella zona umida di Lesina, tenendo conto dei risultati della fase di pianificazione partecipata prima descritta e della bozza di regolamento finale per la gestione delle attività di pesca e della laguna. Il 14 gennaio 2005 è stato consegnato al comune il “Regolamento per una certificazione ambientale dei prodotti della pesca nella laguna di Lesina„. Inoltre, a seguito dell’approvazione formale per conto del Comune di Lesina, sono stati prodotti due CD-Rom contenenti tutto il materiale per la documentazione.
2 | sviluppo sostenibile in zone umide: certificazione della qualità e gestione ambientale b. l'azione locale di lésina
Formazione degli operatori locali Questa attività di formazione aveva l’intento di sostenere e rafforzare le iniziative per una strategia di marketing territoriale condivisa per la vendita dei prodotti della pesca e del patrimonio naturale/culturale di Lesina. L’obiettivo primario è stato quello di trasferire le conoscenze relative al sistema interno di qualità in tutti i suoi aspetti, per tutti gli attori economici nel settore della pesca, per esempio i pescatori, le imprese di trasformazione e i distributori, i ristoranti, gli hotel, ecc. L’azione di formazione si è incentrata sul sostegno alle imprese del settore ittico nell’avvio di mutamenti organizzativi in vista dell’ottenimento della certificazione di qualità ambientale e delle norme tecniche nazionali o europee utilizzate per la certificazione dei prodotti (marchi ambientali volontari, doc, dop, tracciabilità) e della qualità gestionale in seno alla famiglia di certificazione iso 9000, iso 14000, emas i e ii.
Questa strategia complessa riguardava pertanto la promozione della crescita culturale e professionale degli operatori economici, in vista di uno sviluppo sostenibile, al fine di generare politiche di prodotto e di mercato in grado di difendere e consentire la crescita occupazionale. Nel corso del mese di aprile 2004 è stato pubblicato il bando che annunciava il corso di formazione e sono state raccolte più di 40 richieste di adesione alla formazione. L’Amministrazione provinciale di Foggia ha sponsorizzato il corso. Il numero definitivo di partecipanti del corso è stato impressionante: 47 residenti di Lesina e un uditore di San Nicandro Garganico. Di seguito il programma delle lezioni tenute dal maggio 2004 al dicembre 2004, insieme con gli incontri di orientamento organizzati per i partecipanti al corso:
Incontri e durata
Attività e contenuti
28/05/04 16,00 - 19,00
Presentazione del Progetto wetlands ii Presentazione del corso, degli obiettivi, del calendario e dei risultati attesi Analisi delle aspettative Illustrazione della documentazione iniziale
01/06/2004 15,30 – 19,30
Contratto di formazione Sunto delle competenze del livello di ingresso Istituzione del portfolio di competenze
15/06/2004 15,30 – 19,30
Strumenti e principi della manutenzione ambientale
17/06/2004 15,30 – 19,30
Criteri per la pianificazione della certificazione ambientale dei prodotti della pesca della Laguna di Lesina
24/06/2004 15,30 – 19,30
Caratterizzazione dell’ecosistema della Laguna di Lesina Strumenti e metodologie per la tutela degli animali e delle piante acquatiche, del loro habitat e della fascia costiera Strumenti e metodologie per la tutela, il rinnovo e il miglioramento degli stock ittici delle specie in via di estinzione
29/06/2004 15,30 – 19,30
Introduzione sulla legislazione marittima e le leggi relative alla pesca Legge 963/65 Legge 41/82 Riforma legislativa
28/09/04 15,30 – 19,30
Presentazione del programma Strategie italiane ed europee per lo sviluppo sostenibile
29/09/2004 15,30 – 19,30
Introduzione all’ecosistema in ambito nautico Pesca e acquacoltura responsabili
12/10/2004 15,30 – 19,30
Metodi di acquacoltura Interazioni fra l’acquacoltura e l’ambiente
20/10/2004 15,30 – 19,30
Linee guida per un’acquacoltura responsabile (Codice di condotta per la pesca responsabile della fao , 1995) Applicazioni sperimentali dei principi dello sviluppo sostenibile nell’acquacoltura 2b
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Incontri e durata
Attività e contenuti
27/10/2004 15,30 – 19,30
Linee guida per l’applicazione del regolamento emas nel settore dell’acquacoltura (anpa-icram 2002; ecc.)
28/10/2004 15,30 – 19,30
Il sistema di certificazione di qualità: le norme della serie iso 9000 La certificazione delle organizzazioni private
03/11/2004 15,30 – 19,30
I sistemi di gestione ambientale Le norme iso 14001 e il regolamento emas 761/2001
04/11/2004 15,30 – 19,30
Sistemi integrati, qualità, ambiente e sicurezza
09/11/2004 15,30 – 19,30
Legislazione sulle acque Legislazione sui rifiuti Legislazione sul risparmio energetico Legislazione sull’inquinamento acustico e le vibrazioni Legislazione sul controllo delle emissioni nell’atmosfera
11/11/2004 15,30 – 19,30
Il ruolo della gestione integrata delle zone costiere (icam )
1° Orientation 12/11/2004 16,00 – 19,00 16/11/2004 15,30 – 19,30
Pianificazione partecipata
18/11/2004 15,30 – 19,30
La tipologia delle marche applicabili ai prodotti del settore agroalimentare e alla pesca (igp , dop , ecc.); procedure per la concessione; esperienze nel settore ittico Situazione attuale delle politiche nazionali sul marchio dei prodotti agroalimentari e ittici
24/11/2004 15,30 – 18,30
Qualità totale nel settore ittico
2° Orientation 30/11/2004 16,00 – 19,00
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La qualità ambientale della laguna di Lesina e la sua capacità di pesca
02/12/2004 15,30 – 18,30
Aspetti sanitari nel settore ittico Le norme sul marchio dei prodotti della pesca Principi di nutrizione
09/12/2004 15,30 – 19,30
Tecniche di marketing dei prodotti e marketing territoriale
3° Orientation 10/12/2004 16,00 – 19,00
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Caso di studio: l’area marina protetta di Torre Guaceto
Caso di studio: il marchio del Parco regionale del Delta del Po, Emilia-Romagna
2 | sviluppo sostenibile in zone umide: certificazione della qualità e gestione ambientale b. l'azione locale di lésina
In conclusione, si può affermare che il Comune di Lesina, rispetto a tutte le azioni attuate, agli strumenti forniti e alla sensibilizzazione operata sui problemi e le soluzioni della laguna di Lesina e il consenso relativo creato tramite gli incontri, i workshop, il corso di formazione, le fiere e gli eventi pubblici, ha avuto alla fine di wetlands ii la straordinaria opportunità di fare un coraggioso passo in avanti per la tutela e la gestione sostenibile della laguna, una delle sue risorse più importanti e famose, che sono diventate contemporaneamente un esempio di “buone pratiche„ italiane per altre lagune italiane ed europee.
Una golena dell’Elba
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3. monitoraggio ambientale: dati oggettivi per decisioni oggettive
Introduction
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Solo con dati precisi e metodi chiari di raccolta dei dati gli enti di gestione delle zone umide possono assolvere correttamente alle loro responsabilità di gestione, oltre che apportare il loro contributo ai dibattiti che si tengono per l’adozione di decisioni concernenti le modalità di sviluppo e tutela di tali zone. Va detto quindi che il monitoraggio ambientale, a parte l’ampia gamma di metodi e parametri da tenere sotto controllo, è particolarmente efficace in termini di rapporto costi-benefici e le conseguenze dei tentativi di minimizzare gli sforzi per raccogliere dati oggettivi sulla situazione ambientale dell’area da tutelare, in ragione di limiti di bilancio – comportano il rischio che gli enti di gestione delle zone umide non possano ragionare obiettivamente e si trovino prigionieri di opinioni non comprovate o frutto della fantasia. Per questa ragione è importante verificare e applicare metodi innovativi e più efficienti per il monitoraggio ambientale delle zone umide. Questa sfida è stata raccolta con wetlands ii dal Parco regionale del Delta del Po dell’Emilia-Romagna, che ha deciso di investire in questo ambito, ottenendo risultati straordinari. I due studi maggiori sul monitoraggio ambientale, di cui uno incentrato su un piano generale e razionalizzato di monitoraggio, hanno reso possibile, grazie a un coefficiente matematico chiamato “F I N E index„, e a un secondo indice che sintetizza le informazioni sulla qualità delle acque tramite i danni fisiologici e lo stato di buona salute riscontrati nei mitili (utilizzati come marker biologici) hanno dimostrato quanto
segue: con una gestione accorta degli strumenti scientifici e del know-how si possono raccogliere informazioni importanti sullo stato dell’arte della natura e degli elementi ecologici, e questo senza dover affrontare costi estremamente elevati. L’indizio logico di entrambi i metodi è che i gestori di una zona umida che sono privi di esperienza hanno bisogno di sistemi di supporto alle decisioni facilmente comprensibili e validi, come questi due metodi hanno tentato di definire. Cosa ancor più interessante è lo studio sul valore economico di una zona umida, che inizialmente non è stato inserito in questo capitolo d’attività, pur avendo buona ragione di essere citato in questa sede, in quanto delimita il quadro di sostegno alla valutazione e alle decisioni sulle aree umide, incluse le sue funzioni socioeconomiche. Dovrebbe quindi essere letto come esempio di know-how che apre la strada sul cammino della gestione integrata delle zone umide. Infine, non dovrebbe essere sottovalutata l’importanza della comunicazione dei dati oggettivi in un mondo razionalizzato. Le amministrazioni dei parchi e delle riserve hanno l’opportunità di dare informazioni più chiare sui valori naturali di tali aree, sulla loro situazione e sulla necessità di proteggerle, facendo leva su argomenti non facilmente eludibili. Eppure, molte volte non si ha la capacità di semplificare e comunicare tali elementi nel momento o nei modi più appropriati. Questa è un’altra sfida per il futuro.
A. Il Piano di monitoraggio ambientale e “l’Indice per la valutazione dell’integrità degli ecosistemi acquatici di transizione„: F I N E (Fuzzy INdex of Ecosystem integrity) da prof. michele mistri – dipartimento di biologia, università di ferrara (italia)
Premessa Le zone umide sono un ecosistema di importanza fondamentale per le funzioni che essi svolgono, in particolare nei cicli idrologici e geochimici, nonché come ricettacoli di una elevata biodiversità. Le problematiche che riguardano questi ambienti sono ovviamente numerose, i cui effetti investono gli ecosistemi del delta del Po da più di un ventennio, siano essi valli di acqua dolce, salmastre, lagune o mare costiero. Da tale constatazione nasce la necessità di evidenziare un nuovo criterio di valutazione che si avvalga di descrittori ambientali in grado di quantificare l’intrinseca fragilità di un ecosistema in un dato momento e nell’ambito generale. Ad esempio, la sola stima delle concentrazioni dei nutrienti non è sufficiente ai fini predittivi dell’evoluzione trofica di un ambiente, a meno di una difficile e raramente effettuata, stima dei bilanci di massa degli stessi nutrienti. Di qui la necessità di concentrare la sperimentazione di un piano di monitoraggio sul parametro intrinsecamente più sintetico e descrittivo delle caratteristiche di un dato ambiente, cioè un indice per la valutazione dell’integrità degli ecosistemi acquatici di transizione. Il piano di seguito esposto è indirizzato alla descrizione dell’evoluzione della composizione, della struttura e della dinamica delle comunità macrobentoniche, lette in relazione ai parametri classici di stato trofico ed alle caratteristiche fisiche dell’ambiente, quali la profondità e la movimentazione delle acque.
Introduzione al monitoraggio delle zone umide La definizione di zona umida è di estrema importanza sia per le implicazioni scientifiche sia per quelle politiche/gestionali. Numerose sono le possibili definizioni di zona umida, in quanto sotto questa denominazione ricadono varie tipologie di ecosistemi, accomunati tra loro dall'abbondanza dell'elemento acqua. Spesso sono utilizzate definizioni formulate a livello dei singoli Stati ma, un punto di riferimento, è rappresentato dalla convenzione internazionale svoltasi a Ramsar, in Iran, nel 1971, il cui testo originale è riportato di seguito: “For the purpose of this Convention wetlands are areas of marsh, fen, peatland or water, whether natural or artificial,
permanent or temporary, with water that is static or flowing, fresh, brackish or salt, including areas of marine water the depth of which at low tide does not exceed six metres.“ Questa definizione è stata formalmente adottata dall’ Italia, traducendone il testo senza modifiche, con il D.P.R. n. 448 del 13 marzo 1976: “Ai sensi della presente convenzione si intendono per zone umide le paludi e gli acquitrini, le torbe oppure i bacini, naturali o artificiali, permanenti o temporanei, con acqua stagnante o corrente, dolce, salmastra, o salata, ivi comprese le distese di acqua marina la cui profondità, durante la bassa marea, non supera i sei metri.„ . Il monitoraggio delle zone umide è un argomento attualmente oggetto di un’approfondita analisi da parte della comunità scientifica internazionale tra cui spicca un lavoro EPA, tuttora in corso, dal titolo “Methods for evaluating wetland condition”. Sebbene lo studio americano non sia ancora giunto a termine, esso pone l’attenzione sullo sviluppo di metodi per valutare le condizioni ecologiche complessive di una zona umida, considerando i principali agenti di stress. I metodi di valutazione delle condizioni ecologiche di una zone umida sono basati sullo studio di una o più delle sue componenti biologiche. Negli ultimi anni sono stati sviluppati vari metodi e relativi indici, chiamati IBI (Indexes of Biological Integrity), seppure a questo stadio non sia ancora stato elaborato un metodo con valenza globale, a causa della naturale variabilità che si ritrova all’interno delle zone umide. Sul fronte Europeo l’EEA (European Environmental Agency, l’Agenzia per l’Ambiente dell’Unione Europea) ha recentemente pubblicato il rapporto sullo stato delle acque nel quale mancano specifici riferimenti alle zone umide. All’interno del progetto wetlands ii la presente azione intende fornire un contributo per determinare un primo modello di piano di monitoraggio delle zone umide secondo queste linee operative. Data la vastità dell’argomento trattato è necessario circoscrivere e definire gli obiettivi. Partendo dalle considerazione tratte, e tenendo in considerazione le caratteristiche delle zone umide del Delta del Po, si è ritenuto di incentrare gli sforzi del lavoro sulla descrizione di un “indice per la valutazione dell’integrità degli ecosistemi acquatici di transizione„: FINE (Fuzzy INdex of Ecosystem integrity).
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La valle di Comacchio
Lo stato delle conoscenze e l’uso di un indice di valutazione
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Nell’arcipelago tipologico di zona umida, la presenza duratura o transiente di una lama d’acqua, più o meno profonda, è l’elemento unificante, il comune denominatore di una miriade di assetti ecosistemici e biologici molto differenti. Rifacendosi quindi all’unica caratteristica veramente unificante, ovvero la sommersione, costante o transiente, in ciò si può fissare il punto di riferimento da cui iniziare un’analisi. Tuttavia, questo fattore unificante e apparentemente scontato, risulta essere un elemento di complicazione in quanto anche ciò che comunemente è chiamata “acqua„, di fatto è una soluzione salina di composizione sostanzialmente differente da ambiente ad ambiente, con differenze di concentrazione degli stessi elementi fino a tre ordini di grandezza. Alle differenze di matrice si aggiungono quelle di ordine biologico. A titolo di esempio si consideri che anche la densità fitoplanctonica batterica aumenta di circa tre ordini di grandezza da condizioni di oligotrofia a ipertrofia. In un’ottica di monitoraggio, tali ampie variazioni possono essere l’origine di vari tipi di problemi analitici, sia di ordine metodologico, sia dipendenti da difficoltà oggettive di impiego di strumentazione per l’acquisizione di dati in continuo. Per le suddette ragioni la formulazione di indici di qualità ambientale oggettivi ed applicabili in tutte le tipologie di zona umida, è di sicuro interesse. La stessa qualificazione dello stato trofico e della qualità di una singola zona umida non è per niente semplice o scontata. Ad esempio, l’utilizzo delle concentrazioni dei nutrienti azotati e fosforati, la cui misura è relativamente
facile, non caratterizza la trofia ed in taluni casi non riesce ad essere nemmeno pienamente informativo della qualità ambientale. Tale informazione non può infatti prescindere da una dettagliata conoscenza degli andamenti stagionali delle stesse concentrazioni, della profondità del sito e del livello di movimentazione delle acque. In particolare, profondità, movimentazione e torbidità delle acque sono informazioni fondamentali nel determinare la composizione delle comunità e quindi delle modalità di trasferimento delle produzione primaria ai livelli trofici successivi. Da tali fattori dipende anche l’entità del rischio di anossia e/o di distrofia, in caso di esuberi di produzione primaria. Allo stato attuale delle conoscenze, nella valutazione di qualità ambientale un indice per la valutazione dell’integrità degli ecosistemi acquatici di transizione rappresenta un metodo efficace per descrivere in maniera precisa e sintetica l’informazione ricavata dal monitoraggio dei siti.
Piano di monitoraggio Le zone umide sono suddivise in numerose categorie, di conseguenza allo stato attuale si rende necessario selezionare e specificare la tipologia di zona umida a cui applicare il piano di monitoraggio. Gli ambienti oggetto del monitoraggio nel Delta del Po emiliano-romagnolo saranno: __ le Valli di Comacchio, __ la Salina di Comacchio __ la Sacca di Goro
3. | monitoraggio ambientale: dati oggettivi per decisioni oggettive a. il piano di monitoraggio ambientale e “l’indice per la valutazione dell’integrità degli ecosistemi acquatici di transizione„: fine
Dune protette della costa di Ugento
Per ognuno dei siti di misura verranno identificate più stazioni che, per le ben note differenze ambientali e degli elevati gradienti dei parametri chimico-fisici, dovranno essere almeno 4 per le Valli di Comacchio, 2 per la Salina di Comacchio e 5 per la Sacca di Goro. Il piano di monitoraggio prevede un campionamento stagionale (eventualmente soggetto a modifiche e/o integrazioni sulla base di oggettive giustificazioni) per l’analisi della composizione e della dinamica delle comunità macrobentoniche. La ridotta mobilità ed i cicli vitali relativamente brevi permetteranno di utilizzare i dati acquisiti, fornendo informazioni su effetti legati alla stagionalità e l’eventuale confrontabilità dei dati rilevati in stazioni diverse. É auspicabile che al monitoraggio previsto dal presente piano, seguano campagne routinarie di misura, che portino ad avere trend più estesi nel tempo e che portino ad avere dati “storici„ utili alla modifica dei futuri piani di monitoraggio, in un’ottica di continuo miglioramento.
Risultati attesi Il piano di monitoraggio ha la finalità di mettere a punto chiavi di lettura della qualità ambientale in un ecosistema particolare come le acque di transizione. Lo spirito innovativo dell’azione risiede nell’utilizzo di un approccio concettuale tale da permetterne un’applicazione il più generale possibile, la cui applicabilità deve essere esportabile presso altri ambienti e siti di misura. L’esportabilità e la confrontabilità dei risultati, come già puntualizzato, è una caratteristica dell’uso di un
“indice„, la cui metodologia non deve essere soggetta a interpretazioni differenti da parte degli operatori addetti alle valutazioni.
Un nuovo indice per valutazione dell'integrità degli ecosistemi acquatici di transizione: F I N E (Fuzzy INdex of Ecosystem integrity) L'analisi della composizione, della struttura e della dinamica delle comunità macrobentoniche è considerato l’approccio maggiormente esaustivo per la valutazione dello stato di salute o del livello di disturbo (sia di origine naturale che antropica) degli ambienti acquatici di transizione. La maggior parte degli organismi che costituiscono tali comunità, infatti, sono caratterizzati da ridotta mobilità e da cicli vitali relativamente brevi, e, se intervengono fenomeni che alterano le condizioni dell'habitat, essi possono rispondere in maniera estremamente rapida, avvicendando specie che adottano diverse strategie vitali, meglio adattate alle nuove condizioni ambientali. Nel tentativo di elaborare descrittori e indicatori finalizzati alla definizione della qualità e del livello di impatto negli ambienti costieri, gli ecologi hanno proceduto gradualmente, ma con livelli di complessità di elaborazione sempre crescente. Se da un lato ciò ha portato all'individuazione di tecniche potenti, dall'altro tali elaborazioni risultano spesso incomprensibili a coloro i quali non sono in possesso di solide basi di analisi statistica. Escludendo le metodologie non basate sulla componente biotica del sistema ma di tipo chimico-fisico
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o parametro-specifiche, che non descrivono in modo adeguato il grado di sensibilità o i livelli di perturbazione di un ecosistema, lo sforzo degli ecologi nell’ultimo decennio è stato indirizzato all'identificazione ed allo sviluppo di metodiche capaci di condensare una quantità di informazione in un unico biocriterio o indicatore multimetrico. Il valore potenziale di tale indicatore risiede nella sua applicabilità ad ampie aree geografiche, ed allo stesso tempo nella capacità di valutare con precisione lo stato di salute di un ecosistema a livello regionale. Nell’ambito di questa filosofia si inserisce lo studio di un nuovo indice (FINE: Fuzzy INdex of Ecosystem integrity) appositamente ideato per la valutazione dell’integrità degli ecosistemi di transizione. FINE viene calcolato utilizzando descrittori funzionali e strutturali dell'ecosistema di transizione, con particolar riguardo all’informazione contenuta nella struttura del macrobenthos. Il vantaggio di FINE rispetto ad altri indici risiede nel fatto che l'insieme dei descrittori selezionati permette di integrare l'effetto delle principali componenti biotiche del sistema, e di correggere le equivocità eventualmente espresse dal valore di un singolo descrittore. In più, il formalismo fuzzy permette di ridefinire i descrittori in insiemi fuzzy che li descrivono approssimativamente in valori “bassi„ o “elevati„. Ad esempio: diversità minore o uguale a 0.5 è sicuramente “bassa„, diversità maggiore o uguale a 2 è sicuramente “elevata„, i valori intermedi sono sia parzialmente “bassi„ che parzialmente “elevati„, e lo sono in un certo grado (definito di appartenenza). Ulteriore vantaggio è dato dal fatto che il rapporto tra variabili biotiche (input) e valore dell’indice (output) non è espresso attraverso un’equazione matematica, ma con regole logiche di facile comprensione, quali ad esempio: “diversità elevata, biomassa elevata, etc. = qualità elevata„. Questo formalismo non deve tuttavia apparire riduttivo, in quanto, nella presente versione di FINE, le regole di classificazione sono ben 2032, risultanti da tutte le possibili combinazioni dei descrittori nei loro livelli. Per la valutazione preliminare del modello su cui è costruito FINE ci si è serviti di dati raccolti nel 2004 e nel 2005, con frequenza pressappoco stagionale, presso tre ambienti acquatici di transizione dell’area deltizia del Po. Tali ambienti sono le Valli di Comacchio (4 stazioni),
la Salina di Comacchio (2 stazioni) e la Sacca di Goro (5 stazioni). Ciascuna delle stazioni considerate in ciascun ambiente è stata scelta secondo un criterio di rappresentatività dei vari habitat tipizzanti i sub bacini delle varie lagune (esempio: tessitura del substrato, substrato nudo/vegetato, ampia/scarsa presenza di fanerogame marine, gradienti di confinamento, ecc.). I valori dell’indice FINE sembrano ben rappresentare e descrivere in maniera precisa e sintetica l’informazione ricavata dal monitoraggio dei siti. Gli andamenti dei parametri descrittori presso ciascuna delle stazioni selezionate paiono fortemente influenzati dalla stagionalità. Tuttavia, tali andamenti non sono in fase, e questo testimonia la peculiarità propria di ciascuna stazione e, in ultima analisi, la bontà del criterio di scelta delle stazioni. L’indice FINE è stato creato per l’applicazione in sistemi lagunari eutrofi e di piccole dimensioni quali quelli Adriatici considerati nel presente lavoro: la definizione delle funzioni di appartenenza alle varie categorie delle variabili è infatti basata sulla conoscenza ed esperienza sull’ecologia di un dato ambiente. Tuttavia, la struttura concettuale del modello è relativa a teorie ecologiche generali e FINE è quindi potenzialmente applicabile ad una più vasta gamma di bacini di transizione, assunto che le funzioni di appartenenza siano preliminarmente calibrate sulla base di informazioni specifiche e di conoscenza storica sull’ambiente interessato. I valori dell’indice FINE sembrano ben rappresentare e descrivere in maniera precisa e sintetica l’informazione ricavata dal monitoraggio dei siti. Appare evidente come tale indice sia in grado di ben interpretare e condensare in un unico valore alfanumerico la mole di informazione contenuta nei dati biotici raccolti.
B. Biomonitoraggio sperimentale su specie marker (bivalvi) in un’area campione del Delta del Po in Emilia-Romagna da ms. dr. elena fabbri (istituto cirsa, ravenna – università di bologna)
In questo studio vengono presentati i risultati, ancora preliminari e non generalizzabili, di un progetto di biomonitoraggio delle zone umide mediante l’utilizzo di specie marker (Mytilus galloprovincialis, Tapes philippinarum) attuato su una zona umida ravennate (Pialassa Baiona). Lo scopo è sia di individuare zone a diverso inquinamento, sia di costruire uno schema, un modello di biomonitoraggio applicabile ad altre aree umide ed ampliabile e possibilmente generalizzabile. La scelta di iniziare tale sperimentazione dalla Pialassa Baiona è stata dettata dalla consapevolezza che tale area presenta livelli di inquinamento piuttosto elevati che seguono anche un gradiente. Inoltre, tale area è stata ampiamente studiata negli ultimi 20 anni, per cui la mole di dati a disposizione è notevole. Nel presente progetto ci siamo posti quindi l’obiettivo di integrare le analisi chimiche ed ecologiche già condotte per legge nella Pialassa Baiona dagli Enti preposti con un piano di biomonitoraggio mediante organismi sentinella e misure di indici di stress, o biomarkers, al fine di: 1. stabilire una più stretta correlazione tra il dato chimico/geochimico e gli effetti biologici sugli organismi; 2. mettere a punto un protocollo adatto al biomonitoraggio di sistemi acquatici di tipo lagunare; 3. mettere a punto un pacchetto di analisi applicabile per fini diagnostici predittivi e, nel caso di necessità, per seguire le fasi di interventi di ripristino. Va tenuto presente che, data la complessità ambientale, né le analisi chimiche né quelle ecotossicologiche o di biomonitoraggio, né gli studi di popolazione possono da soli fornire una diagnosi completa dello stato di salute dell’ambiente. Il ruolo del biomonitoraggio sperimentale proposto è quello di misurare l'effetto che uno o la sommatoria di contaminanti diversi, magari ciascuno sotto il livello di “soglia„ secondo le norme di legge, esercitano sugli organismi considerati, in accordo con le recenti normative che riconoscono un sito come inquinato laddove, pur non essendo presenti livelli eccessivi di singoli inquinanti, si individui un danno agli organismi. Inoltre, adeguatamente utilizzati, i risultati del biomonitoraggio permettono di evidenziare i danni biologici prodotti dalle sostanze inquinanti prima che i loro effetti tossici
abbiano causato alterazioni a livello di popolazione e di comunità; pertanto le indicazioni precoci riguardanti gli effetti degli inquinanti possono permettere alle Unità produttive coinvolte di prendere i provvedimenti più opportuni per evitare futuri danni ambientali. A questo scopo, sono stati utilizzati organismi sessili filtratori in grado di accumulare nei propri tessuti le sostanze inquinanti presenti nell’ambiente in cui essi vivono e pertanto in grado di “integrare„ su scala temporale il livello di inquinamento che si registra in una data zona in un ben definito intervallo di tempo. Gli organismi “sentinella„ scelti per il biomonitoraggio sono i mitili (Mytilus galloprovincialis), che per opportuni periodi di tempo sono stati tenuti in 4 siti prescelti esposti alla contaminazione. Nello stesso tempo altri organismi sono stati stabulati in uno/due siti considerati non contaminati. Siti sospetti di contaminazione e non contaminati devono comunque essere confrontabili fra loro per gli altri parametri, quali salinità, profondità, temperatura, etc. Data la presenza di altri molluschi più tipici dell’ecosistema in esame (ad es. la vongola, Tapes philippinarum) si può ipotizzare una valutazione del loro stato di “salute„ mediante utilizzo delle stesse metodiche. In questo caso, se i parametri di base non sono noti, la fase di biomonitoraggio vero e proprio sarà preceduta da una fase di messa a punto delle metodiche e di valutazione dei parametri biologici scelti come biomarkers in condizioni basali. Considerando che nessun biomarker, da solo, può fornire una diagnosi completa degli effetti dell’inquinamento di un’area, in questo studio si è utilizzata una “batteria di biomarkers„. L’indagine è stata condotta in un unico laboratorio, tuttavia i dati sono stati intercalibrati con strutture di riferimento internazionali (es. Centro di studio dei metalli in traccia, c/o Università di Genova e Centro di riferimento UNEP, ora c/o Università di Alessandria). I livelli di tossicità degli inquinanti eventualmente accumulati nelle cellule degli animali in esame verranno valutati utilizzando una batteria di biomarkers comprendente: 1. indici di stress generali = cioè non direttamente relazionabili alla causa che provoca la sindrome di stress quali la stabilità delle membrane lisosomiali, la infiltrazione lipidica dei lisosomi, l’accumulo di lipofuscine
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2. indici di stress specifici = cioè direttamente rapportabili alla causa che induce lo stato di sofferenza degli animali: metallotioneine (per i metalli) e acetilcolinesterasi (per gli esteri organofosforici). I biomarkers indicati fanno parte della “batteria di bioindicatori„ ufficialmente riconosciuta dalle organizzazioni internazionali che si occupano di monitoraggio ambientale, previsti dal programma UNEP-MAP per il biomonitoraggio nel Mediterraneo (MED-POL) e descritti nel mauale UNEP/RAMOGE 1999. La scelta dei bioindicatori specifici, all’interno comunque della batteria di biomarkers approvata dalla Organizzazioni internazionali, potrà essere modificata in relazione alle problematiche che via via vengano individuate nell'area di studio.
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Per una completa e corretta valutazione dello stato di salute dell’ambiente in esame, il programma di biomonitoraggio proposto è stato affiancato da analisi chimico-fisiche, secondo quanto prescritto dal D.Lgs. 152/99 e inoltre da indagini geochimico- sedimentologiche che hanno riguardato sia le acque che i sedimenti dell'area oggetto di studio, integrando anche i dati già disponibili, al fine di giungere ad una definizione dell’eventuale carico di inquinanti presenti. Parte importante dello studio è stata mirata ad una corretta valutazione dei tenori di fondo naturali, utilizzando sia dati ricavati dalla letteratura o dagli archivi sia dati prodotti direttamente da questo progetto di ricerca. L'influenza del parametro tessiturale (granulometria), della composizione mineralogica, l'effetto di sostanza organica e solfuri diagenetici probabilmente presenti all'interno del sedimento sono stati determinati al fine di definire il loro grado di condizionamento nella distribuzione di metalli pesanti nel sedimento. Questo affiancamento è stato realizzato in quanto a ciascuno degli approcci, se impiegato da solo, sono riconosciuti alcuni limiti. Gli inquinanti possono spesso essere a concentrazioni molto variabili e talvolta non rilevabili, tuttavia essere biodisponibili e quindi pericolosi per gli organismi viventi, fenomeno che le analisi chimiche non tengono in considerazione; queste analisi inoltre non hanno capacità predittive sull’eventuale interazione fra le diverse sostanze chimiche, potenzialmente deleteria per il biota. Le indagini sulle comunità
biologiche sono, d’altra parte, estremamente complesse e in genere non direttamente correlabili con le cause che ne hanno eventualmente indotto modificazione, inoltre le informazioni vengono fornite in tempi molto lunghi, quando ormai il degrado ambientale può essere irrimediabile. Nemmeno il biomonitoraggio mediante biomarkers qui proposto è esente da critiche; una importante è che può risentire della variabilità biologica degli organismi, e quindi richiedere una particolare attenzione nell’esame dei risultati ottenuti, con aumento del numero di analisi da effettuare; tuttavia, presenta vantaggi rilevanti.
BIOMARKERS __ Forniscono informazioni precoci sulla esposizione degli organismi a contaminanti __ Identificano effetti sinergici dovuti alla presenza di più contaminanti, anche se sotto la soglia di legge __ Segnalano l’inquinamento anche se la fonte non è più presente __ Misurano risposte degli organismi più sensibili rispetto ad altri test
Conclusionie e prospettive future I biomarker hanno segnalato uno stato di salute generalmente mediocre ed in particolare è stata evidenziata una maggiore sofferenza degli organismi in due siti che tuttavia non sono in relazione al gradiente di inquinamento nord-sud evidenziato da precedenti analisi chimiche sui sedimenti della Pialassa. Tuttavia, i mitili rendono conto della situazione presente nella colonna d’acqua, che può essere anche molto diversa da quella dei sedimenti. Le vongole, utilizzate proprio allo scopo di segnalare situazioni degradate nei sedimenti, non hanno contribuito alla diagnosi della salute ambientale in maniera sufficiente.
3. | monitoraggio ambientale: dati oggettivi per decisioni oggettive b. biomonitoraggio sperimentale su specie marker (bivalvi) in un’area campione del delta del po in emilia-romagna
I risultati dello studio condotto nell’ambito del progetto hanno portato innanzitutto a chiarire che T. philippinarum non è un organismo adatto per svolgere un ruolo di organismo sentinella, almeno secondo i biomarker utilizzati, per cui un successivo studio relativo ai sedimenti dovrà prevedere l’utilizzo di Chamelea gallina in luogo di T. philippinarum. Questa vongola è già stata utilizzata allo scopo, ma non è ben distribuita all’interno della Pialassa Baiona pur essendo presente. Si procederà quindi con un biomonitoraggio di tipo attivo, trasferendo in Pialassa organismi prelevati in altre aree dell’Adriatico. Il monitoraggio pilota invece, con utilizzo di Mytilus galloprovincialis, ha confermato tutte le potenzialità diagnostiche che sono già state descritte per altri siti costieri, anche se non lagunari. Il fatto che i mitili siano da tempo ampiamente usati come organismi sentinella in varie parti del mondo ha reso possibile la definizione di protocolli metodologici standard. Questi a loro volta permettono la intercalibrazione dei dati con laboratori di riferimento e il confronto con i dati di altri laboratori o presenti in letteratura. Inoltre la relativamente buona conoscenza della fisiologia dei mitili permette una migliore comprensione dei risultati. Molto utile sarà valutare le caratteristiche geo/ chimico/fisiche dello strato di acqua in cui avviene la rimobilizzazione dei sedimenti, che potrebbe presentare caratteristiche correlate alle risposte degli organismi. È altrettanto necessario programmare l’analisi dal punto di vista geochimico di alcune carote di sedimento prelevate in corrispondenza dei siti prescelti in una futura indagine, così come dei parametri chimico/fisici delle acque (temperatura, ossigeno disciolto, salinità, etc.) attraverso l’uso di sonde multiparametriche. Per quanto riguarda i siti prescelti, riteniamo che il numero di 4 (più il/i siti di controllo) sia stato idoneo al fine del progetto. Tuttavia future analisi potrebbero prevedere siti più lontani fra loro, disposti da nord a sud, con l’obiettivo di valutare una corrispondenza tra le risposte dei bivalvi fossori e le indagini passate che hanno rilevato elevate concentrazioni di metalli pesanti con gradiente nord-sud. La batteria dei biomarker utilizzata non comprendeva indici di genotossicità. Si ritiene utile implementarla con il test dei micronuclei, già ampiamente utilizzato per
i mitili, ma mai per Chamelea gallina. I micronuclei sono piccole formazioni tondeggianti contenenti DNA che compaiono intorno al nucleo cellulare durante la interfase. La loro presenza è segno di danno a carico dei cromosomi determinato da agenti genotossici, e il loro numero può aumentare progressivamente divenendo un indice dell’accumulo di danni genetici durante la vita di un organismo. Dato che questo test richiede una certa esperienza da parte del personale impegnato in queste analisi, è da prevedere la possibilità di usare il COMET assay che può essere condotto più routinariamente e quindi utilmente ai fini di un biomonitoraggio. In generale è possibile concludere che l’attività condotta è stata molto proficua ed ha soddisfatto gli obiettivi posti. Data la complessità e la variabilità dell’ambiente occorre però capire se i biomarker impiegati per il biomonitoraggio della laguna non risentano della fluttuazione di parametri naturali ma rispondano soltanto a stimoli di origine antropica. E’ quindi importante eseguire in parallelo analisi sugli organismi e valutazioni di tipo geochimico nei siti di indagine, che è l’obiettivo principale di una nostra attività futura in questo settore. Infine, sarà importante valutare l’applicabilità e l’efficienza di tali metodologie di monitoraggio ambientale e biomonitoraggio mediante analisi geochimiche e biomarkers ad aree lagunari diverse per capire quanto i risultati ottenuti a livello locale possano essere generalizzati. L’obiettivo quindi del prossimo futuro è quello di spostare le indagini su altre lagune costiere salmastra come, ad esempio, le Valli di Comacchio.
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C. Definizione Sperimentale del valore economico e funzionale delle zone umide da francesco donati, giulia ruol, elena fabbro
Premessa Obiettivi Le zone umide sono ecosistemi unici che spesso si trovano affiancati a sistemi acquatici (acqua, fresca o salata) o terrestri (altopiano). Essi possono essere umide durante tutto l’anno, possono essere umide in alcune stagioni oppure possono essere umide durante una parte del giorno. Queste aree sono le più produttive fra gli habitat acquatici e possiedono un valore ambientale inconfondibile. Questi particolari habitat sostengono una grande varietà di specie e sono caratterizzati da una vasta diversità paesaggistica; essi rappresentano il risultato di varie interazioni fisiche, chimiche, climatiche ed umane. Noi pensiamo che l’obiettivo primario nella gestione di queste aree è badare alla maggior utilità sociale che è rappresentata dal totale di benefici ben definiti relativi a diversi individui: individui privati che traggono profitto direttamente, individui privati che traggono profitto indirettamente, la società in senso largo. Le zone umide provvedono benefici sia a cittadini privati che a tutta la società ed il loro valore è un valore economico non solo strettamente connesso all’uso consumistico che consente l'uso fisico di una risorsa naturale o ambientale (valore d'uso) ma anche all’uso non-consumistico che non comporta uso fisico e diretto di una risorsa naturale o ambientale (valore di non-uso). In una parola il valore economico totale (vet). Questi benefici o funzioni di solito coinvolgono beni e servizi di grande importanza per la società. Alcuni dei benefici che provvedono le zone umide includono: __ Zone di pesca sane __ Sostegno per uccelli e altri animali e piante selvatiche __ Alta produttività biologica __ Protezione della biodiversità __ Controllo dell'erosione __ Riduzione dei danni da inondazioni __ Buona qualità dell’acqua __ Estetica e ricreazione
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Attraverso un approccio sperimentale, il nostro studio si è occupato con la valutazione di vet di una zona umida particolare (Valle Bertuzzi composta da Valle Nuova
e Valle Cantone); è inclusa contesto di tutela del Parco del Delta del Po e, allo stesso tempo, interessata ad attività produttive di pesca.
Metodologia e raccolta di dati Abbiamo cominciato dall'analisi delle caratteristiche territoriali dell'area di studio per valutare il valore economico e funzionale di queste zone umide. Abbiamo preso in considerazione anche i seguenti aspetti: __ aspetti legislativi e costrizioni ambientali, __ aspetti economico-sociali e funzionali dei beni da analizzare.
Leggi regionali ed europee riguardanti la laguna della Valle Bertuzzi: __ La legge regionale dell’Emilia-Romagna N.ro 27/1988, costituzione del Parco del Delta del Po dell'Emilia-Romagna e Piano delle stazioni di Volano-Mesola-Goro (2001) __ Convenzione di Ramsar sulle zone umide (1971) __ Direttiva del Consiglio dell’UE n. 79/409/EEC “La direttiva degli uccelli„ __ Direttiva del Consiglio dell’UE n. 92/43/EEC “Direttiva dell’Habitat„ __ Regolamento del Consiglio dell’UE n. 1257/99 sul sostegno allo sviluppo rurale I dati, raggruppati attraverso un piano di monitoraggio, hanno permesso di dichiarare un modello d'analisi estimativo del valore economico totale per l'area di studio nonché per altre aree di stessa natura.
Risultati Nella stima del valore economico e funzionale abbiamo considerato che l’area di studio è un luogo caratterizzato da funzioni miste (pubbliche e private) e con scopi multipli; per queste ragioni era necessario di aggiungere il valore privato, connesso alla produzione (bacini di
3. | monitoraggio ambientale: dati oggettivi per decisioni oggettive c. definizione sperimentale del valore economico e funzionale delle zone umide
pesce, caccia, gestione turistica), al valore pubblico derivato dalla preservazione della natura, la protezione idrogeologica e la conservazione del paesaggio e delle attività ricreative. In considerazione della natura particolare dell’oggetto di studio, abbiamo proseguito con gli analisi dei valori unitari, disaggregando gli elementi principali che caratterizzano il bene e prendendo in considerazione la loro funzionalità. È questa la funzionalità che influenza sul valore della complessità del bene. Le attività produttive dei proprietari possono essere trasformate in valori monetari; per questa ragione possono essere calcolate come valori unitari secondo i criteri
È evidente che nelle aree dove il livello di protezione è alto, la presa in considerazione del costo delle funzioni sociali analizzati precedentemente rappresenta un elemento importante per la conservazione del bene. Per questa ragione, come indicato nel nostro lavoro, in base a quella che sembra essere l'effettiva capacità di carico di queste aree, noi non possiamo pensare a politiche di conservazione basate solamente su strumenti di costrizioni; è necessario sviluppare delle strategie di mercato riferite a beni e servizi ambientali.
valutativi relativi al mercato.
In base agli elementi valutativi analizzati nella nostra ricerca, il valore del distretto della valle, riferito alla proprietà, è calcolato aggiungendo i valori dell'attività primaria (pesca) a quelli delle altre attività compiute allo stesso podere (caccia e attività turistiche e ricreative). Dai costi e i benefici summenzionati, possono esserne ricavati altri come risultato da qualche tipo di gestione fattoriale a livello del territorio (benefici per altri individui privati). Perciò noi abbiamo ipotizzato una valutazione dei benefici che sono provveduti non solo al distretto di Bertuzzi ma anche a tutta la zona umida nel Parco o che fluttua vaste relazioni con l'area protetta (in particolare le attività relative al turismo). Queste aree sono gestite secondo i criteri di sostenibilità produttiva e di restaurazione ambientale e provvedono, come prodotto aggiunto, benefici esterni per l’intera società (funzione ambientale ed ecologica, funzione paesaggistica, funzione idrologica). Come un valore sociale delle zone umide, abbiamo usato il valore economico delle funzioni ambientali coinvolte nella gestione estesa della valle da pesca preso dai dati della gestione di valle in situazioni simili a quelle analizzate per questa ricerca.
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4. comunicazione e sensibilizzazione: come creare il consenso grazie a un programma pianificato di sensibilizzazione
Giardino di Dessau-Wörlitz
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Il partner tedesco di wetlands ii, la Riserva di biosfera dell’UNESCO “Paesaggio fluviale dell’Elba Centrale„ (BRME) del Land Sassonia-Anhalt – regione della Germania orientale che si estende lungo il fiume Elba, nella parte ovest-sudovest di Berlino – si è concentrato sulla comunicazione e la sensibilizzazione per le sue azioni locali. Il BRME ha avuto la responsabilità di gestire un’area di circa 200.000 ha, che include anche parti dei fiumi Saale, Mulde e Havel. La comunicazione e la sensibilizzazione si considerano un altro aspetto cruciale della Gestione integrata delle aree umide per gli enti di gestione dei parchi e delle riserve. Ancora una volta, non si tratta di una tipica azione di protezione della natura o una questione ambientale, ma è molto importante, in quanto – grazie all’educazione ambientale e la protezione dell’area, una gestione dell’informazione a livello professionale, il lavoro dell’ufficio stampa, le campagne di sensibilizzazione condotte professionalmente e il dialogo con la popolazione residente, è possibile effettuare un’opera d’informazione migliore riguardo a ciò che sono le zone umide, cosa offrono, cosa è necessario per proteggerle e come l’uomo possa vivere in armonia con esse. Nel quadro del progetto wetlands ii, il BRME si è incentrato sulla questione con diversi obiettivi specifici, e in particolare: 1. rafforzare la capacità del personale BRME di fare opera di comunicazione sul lavoro svolto nei confronti dell’esterno e cooperare con diversi tipi di gruppibersaglio come la popolazione residente, altre entità tecniche responsabili della realizzazione di progetti
di sviluppo, nonché la stampa locale e I mezzi d’informazione; 2. aumentare la consapevolezza della popolazione residente in merito alle opportunità e alle necessità che la tutela del paesaggio e della natura comporta, nonché sullo sviluppo sostenibile, compatibile con lo scopo della protezione della natura; 3. trovare soluzioni insieme con i gruppi bersaglio citati prima per la realizzazione di progetti specifici; 4. promuovere il patrimonio naturale e culturale del BRME, un uso sostenibile dello stesso, nonché un turismo ecocompatibile. Nel periodo fra marzo e settembre 2003, il BRME ha elaborato un documento strategico per effettuare una campagna di sensibilizzazione e comunicazione, diviso in cinque sottoprogetti, che definisce gli obiettivi e le azioni per ciascuno di tali sottoprogetti. Questi sottoprogetti concernevano: 1. l’uso alternativo delle praterie lasciate incolte 2. la rinaturalizzazione del fiume Havel e una strategia di sviluppo regionale integrata 3. il rafforzamento del consenso e la pianificazione partecipata per 3 misure concrete di protezione del paesaggio e della natura (lo spostamento degli argini nella zona di Sandau, la reinondazione della zona delle praterie, la realizzazione di un percorso naturalistico delle terre basse fluviali). 4. la promozione del patrimonio culturale: Presentazione internet del Parco di Dessau-Wörlitz 5. lo sviluppo delle offerte di educazione ambientale esistenti: la progettazione e l’ampliamento della
4. | comunicazione e sensibilizzazione: come creare il consenso grazie a un programma pianificato di sensibilizzazione
Auenhaus vicino a Oranienbaum
“Auenhaus (casa delle terre basse)„ vicino a Oranienbaum quale centro educativo e informativo per lo sviluppo sostenibile. Ai fini della presente relazione riassuntiva, illustriamo di seguito in particolare la realizzazione e i risultati dei primi tre progetti. Si fa comunque notare che i sottoprogetti 4 e 5 si sono conclusi con successo, offrendo la possibilità alla BRME di sostenere la promozione del Parco Dessau-Wörlitz (www.gartenreich.net) e di avere il piano didattico di base e un progetto architettonico pronto per un futuro ampliamento della “Auenhaus„.
L’uso alternativo delle praterie incolte Lo scopo del progetto era quello di trovare alternative alle modalità di utilizzo delle praterie esistenti, in cooperazione con altri partner competenti, e di informare un pubblico più vasto su queste opportunità, al fine di intervenire contro il progressivo aumento delle superfici lasciate incolte in queste zone. A questo scopo, si sono formati gruppi di lavoro, cui hanno partecipato e collaborato gli esperti delle aree specialistiche relative. A questi hanno presenziato, per esempio, i rappresentanti dell’ufficio per l’agricoltura e la riforma agricola, l’Istituto nazionale per l’agricoltura e l’orticoltura di Iden, il gruppo intercomunale della valle dell’Elba, gli agricoltori, le associazioni ambientaliste e un rappresentante della Federazione per la conservazione del paesaggio. Il gruppo di lavoro si è incontrato due volte a Iden. Nella prima consultazione, abbiamo fornito informa-
zioni generali sul progetto wetlands ii e definito insieme un’attività e un piano finanziario per il sottoprogetto. Fra le altre cose, si è suggerito di organizzare un incontro pubblico presso la fattoria biologica “Dihlmann„ di Busch, incontro che si è tenuto il 17 aprile 2004. In questa occasione, l’argomento affrontato da questa attività di sensibilizzazione è stato percepito come molto importante, anche in considerazione del fatto che i rappresentanti delle associazioni di agricoltori si sono rivolti all’amministrazione della riserva di biosfera, al fine di cercare soluzioni possibili a questo problema. Per dare una risposta e informare il pubblico, è stato pubblicato un opuscolo dal titolo “Le praterie sempre più incolte – quali le alternative?„ che è stato distribuito durante l’incontro di Busch. In seguito le condizioni di base delle politiche regionali nella Sassonia-Anhalt nel quadro della politica agricola europea sono cambiate, e gli agricoltori, dal 2005 hanno cominciato a ricevere un premio sulla base della superficie di praterie coltivate o curate. Quindi i contenuti del pieghevole si sono rivelati già superati. Come effetto è rimasto il fatto di aver provocato l’avvio di un’ottima cooperazione fra le varie istituzioni, federazioni e persone, che hanno realizzato insieme una piccola misura relativa a un tema e influenzato forse in parte le decisioni adottate a livello regionale su questo argomento. Nel villaggio di Wahrenberg abbiamo potuto realizzare alcune misure di ridefinizione del paesaggio sulle praterie incolte, in particolare per proteggere la fascia circostante gli habitat in pericolo (p.e. i piccoli specchi d’acqua) in cui vivono animali e piante rare.
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Escursione in barca sul fiume Havel
Rinaturalizzazione del fiume Havel e strategia di sviluppo regionale integrata
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Il corso naturale del fiume Havel è stato modificato notevolmente nel corso dei secoli, allo scopo di utilizzarlo come corso d’acqua federale e per l’irrigazione e la protezione contro le esondazioni. Ciononostante le terre basse dell’Havel vicine alla confluenza con l’Elba rappresentano ancora un’area umida di estremo valore e di importanza internazionale, rispondendo ai criteri di protezione speciale e sviluppo (sito Ramsar). Di recente, l’uso del fiume per il trasporto è diminuito notevolmente, tanto che attualmente la navigazione sul corso d’acqua è praticamente quasi inesistente. Considerando la nuova direttiva quadro dell’Unione europea sulle acque, sono stati ripresi in esame un progetto sulla protezione della natura di ampio respiro, la pianificazione dello sviluppo regionale e le misure di rinaturalizzazione che potrebbero rendere possibile, nel prossimo futuro, un utilizzo predominante del fiume Havel a scopo turistico, oltre che la creazione di strutture fluviali ecocompatibili con l’ambiente fluviale. Il sottoprogetto 2 aveva quindi l’obiettivo di contribuire alla preparazione di questo progetto, sostenendo la realizzazione con un lavoro di sensibilizzazione e informazione a tutto campo. Come partner di progetto sono state coinvolte le amministrazioni distrettuali e i consigli locali regionali, i proprietari terrieri e gli utilizzatori delle superfici considerate, gli enti di protezione della natura – enti di gestione delle acque e forestali, la Direzione federale delle acque e della navigazione, l’amministrazione del parco naturalistico Westhavelland del Brandeburgo, le associazioni per la protezione della natura, i consorzi turistici, i rappresentanti dei mezzi d’informazione locali, le federazioni degli agricoltori, nonché gli uffici tecnici e gli esperti di pianificazione. L’evento inaugurale organizzato è stato un giro in barca di due giorni sull’Havel. Durante il giro, gli esperti dell’ufficio tecnico di gestione del paesaggio Ellmann & Schulze
Giardino di Dessau-Wörlitz
hanno spiegato ai partecipanti i possibili esempi per la creazione delle strutture ecocompatibili, oltre agli obiettivi sostanziali del progetto di protezione della natura su vasta scala. A sostegno della campagna informativa, abbiamo commissionato la realizzazione di una presentazione Powerpoint, di opuscoli informativi sull’argomento, oltre a tre cartelloni . Con questi mezzi la Riserva di biosfera ha sostenuto, nel 2004, la campagna informativa sull’elaborazione di un concetto di sviluppo regionale per le terre basse dell’Havel nei distretti interessati di Stendal e Westhavelland. Al contempo, è stata messa in cantiere anche la progettazione di un altro opuscolo informativo sul “Turismo naturalistico nella zona del basso Havel„ oltre che un modello territoriale del paesaggio “confluenza Elba-Havel„, che avrebbero potuto aiutare la comprensione da parte della popolazione residente. Nel 2005 è stato stampato questo secondo opuscolo e il modello territoriale è stato installato nel centro informazione di Havelberg. Inoltre, è stato progettato e pubblicato un pieghevole speciale per informare sul progetto di protezione della natura su vasta scala, che avrebbe dovuto essere attuato nel settembre 2005. Il progetto wetlands ii ha contribuito decisivamente al successo dell’elaborazione del concetto di sviluppo regionale per il fiume Havel, attività approvata dai consigli distrettuali di Stendal (Sassonia-Anhalt) e Westhavelland (Brandeburgo). In tal modo, sono state poste le condizioni di base per l’approvazione del progetto “Ri-naturalizzazione del basso fiume Havel„, in quanto progetto per la protezione della natura su vasta scala della Repubblica federale tedesca. Il 2 settembre 2005, durante una conferenza pubblica a Garz e Strodehne organizzata a tal scopo dalla Riserva di biosfera, il ministro federale dell’Ambiente, Jürgen Trittin, ha consegnato il contratto di finanziamento del progetto alle due amministrazioni di Brandeburgo e Sassonia-Anhalt (alla responsabile del ministero dell’Agricoltura del Land Sassonia-Anhalt, sig.ra Wernicke).
4. | comunicazione e sensibilizzazione: come creare il consenso grazie a un programma pianificato di sensibilizzazione
Prati umidi nel Giardino di Dessau-Wörlitz
Rafforzamento del consenso e pianificazione partecipata per tre misure concrete di protezione del paesaggio e della natura Le tre misure accompagnate da azioni informative e di sensibilizzazione o discusse per un approccio partecipato da pianificare sono state: 1. la risistemazione degli argini nella zona di Sandau; 2. la reinondazione di una zona di praterie; 3. la realizzazione di un itinerario naturale nella parte bassa del fiume. Uno scopo di questo sottoprogetto era quello di informare obiettivamente la popolazione residente locale sull’uso e sulle modifiche che si intendeva apportare al paesaggio, oltre a raccogliere il consenso fra la maggioranza della popolazione nella regione a favore di tali misure. Per la pianificazione e la realizzazione degli itinerari naturalistici delle basse terre dell’Elba, si è ipotizzato di invitare e coinvolgere i residenti locali e le persone responsabili del turismo e dei percorsi di trekking. Nel primo anno di progetto sono stati composti dei gruppi di lavoro che per lo più erano formati da attori locali coinvolti in azioni prioritarie. Con queste persone, abbiamo discusso le eventuali misure d’informazione e di sensibilizzazione e definito un piano d’attività per la realizzazione del sottoprogetto, incluso un piano finanziario per tutta la durata del progetto.
Risistemazione degli argini nella zona di Sandau La risistemazione degli argini è un compito prudenziale ma difficile, in quanto normalmente consente a un fiume di prendersi una parte maggiore di terra in caso di inondazione delle acque alte, facendo arretrare un argine. Questa operazione comporta sicuramente la nascita di conflitti con i proprietari terrieri e con i vicini abitanti dei villaggi, che temono di perdere terreno e protezione
sufficiente dall’acqua alta. Il partecipante più importante in questo contesto – insieme con l’amministrazione della riserva di biosfera – è stata l’Agenzia di servizio regionale per la protezione dalle inondazioni e la gestione delle acque (AFW), in ragione della sua responsabilità per la pianificazione e la realizzazione della risistemazione degli argini dell’area di Sandau. Insieme con i dipendenti dell’AFW e un ufficio di pianificazione, abbiamo prodotto un pieghevole e una presentazione PPT sulle misure pianificate. Poiché il Land Brandeburgo aveva già avuto l’esperienza di azioni pubblicizzate relativamente alla risistemazione degli argini un secondo passo della realizzazione del sottoprogetto è stato uno scambio di esperienze fra i dipendenti del BRME e i colleghi dell’amministrazione del Brandeburgo. La presentazione Powerpoint è stata quindi presentata in primo luogo agli uffici AFW di Genthin, davanti a un pubblico di specialisti, quindi anche all’amministrazione del BRME. Durante gli incontri transnazionali dei partner wetlands ii di Storkau nel maggio 2004, è stata effettuata una visita alla zona di risistemazione degli argini. L’AFW ha utilizzato anche la presentazione Powerpoint per una riunione informativa nel ministero regionale. A metà del 2004 la cooperazione con l'AFW si è interrotta, perché essi non volevano continuare la cooperazione con il BRME in questo campo. Per questa ragione, abbiamo deciso di fornire un modello territoriale sul paesaggio della basse terre dell’Havel e sulla risistemazione degli argini della zona di Sandau, al fine di dare maggiori informazioni sugli scopi del progetto ai visitatori nel nuovo centro informazioni di BRME ad Havelberg.
Reinondazione di una zona di praterie I principali partecipanti a livello locale, con cui l’amministrazione BR ha cooperato, sono stati la Federazione per la protezione della natura (NPF) di Amburgo
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Workshop sul percorso
Il Sig. Granitzki spiega il progetto
naturalistico a Wahrenberg
wetlands ii a Busch
(il sig. Reetz) e i residenti interessati del villaggio di Wahrenberg. Oltre alla zona di praterie soggette a un uso intensivo del territorio nella parte nord occidentale di Wahrenberg, per cui era stata pianificata la reinondazione (il proprietario è la Federazione per la protezione della natura), sono state incluse nel progetto altre tre superfici di praterie incolte di Wahrenberg, perché risultavano essere ancora praterie usate in modo estensivo, dopo l’emanazione delle misure di risistemazione del paesaggio, con la realizzazione di nuovi laghetti nel territorio del villaggio di Wahrenberg. Il 4 dicembre 2003 a Wahrenberg si è svolta una conferenza pubblica come evento inaugurale per il sottoprogetto 3. Durante il convegno è stato presentato il progetto wetlands ii e sono stati discussi gli obiettivi di base del progetto, la reinondazione, oltre che i suoi problemi/soluzioni. Questo incontro è stato intitolato “Prima tavola rotonda di Wahrenberger„. Un secondo incontro e tavola rotonda si sono tenuti il 14 dicembre 2004. Le misure di risistemazione del paesaggio nel villaggio erano al contempo misure che consentivano di ripartire equamente e risparmiare il tempo nella costruzione degli argini da parte della filiale di Osterburg dell'AFW, sotto la supervisione tecnica del sig. Reetz, dell’NPF di Amburgo. Queste misure di risistemazione del paesaggio hanno sollevato importanti discussioni nel villaggio. Con i fondi del progetto wetlands ii abbiamo progettato un opuscolo informativo, che è stato utilizzato dalla FPN come modello di stampa. Questi opuscoli sono stati distribuiti nel villaggio e hanno permesso di fornire maggiori informazioni e aumentare l’accettazione da parte della popolazione. Inoltre, è stato effettuato un trekking guidato aperto al pubblico l'11 febbraio 2005, organizzato dall’associazione di sostegno “Valle dell’Elba„, che ha preso in
Conferenza stampa a Storkau
considerazione anche le misure di risistemazione del paesaggio. Da allora si è operato un netto cambiamento nell’uso delle praterie, anche la vegetazione ha cominciato a cambiare e si è potuta registrare una maggior accettazione delle misure pianificate.
Realizzazione di un itinerario naturale nella parte bassa del fiume Già durante la conferenza inaugurale a Wahrenberg (“Prima tavola rotonda di Wahrenberger„) nel dicembre 2003 è emersa l’idea di organizzare un workshop di pianificazione partecipata per definire i contenuti e la realizzazione degli itinerari naturalistici delle terre basse con i residenti locali in quanto attori chiave della procedura. A causa delle difficoltà nell'erogazione delle risorse finanziarie per il brme-wetlands ii, il Workshop si è svolto soltanto nel novembre 2004. Le proposte e i risultati raccolti nel corso di questo workshop sono stati quindi valutati e convalidati dall’amministrazione del BRME, che li ha adattati alle condizioni obiettive, ai limiti finanziari e agli interessi speciali dell’amministrazione della Riserva di biosfera. In seguito è stata elaborata una versione definitiva dei concetti degli itinerari naturalistici. Dal giugno al novembre 2005 sono stati prodotti i primi cartelloni informativi e i lavori di diffusione, tanto che il primo itinerario delle basse terre dell’Elba a Wahrenberg ha potuto essere inaugurato il 16 novembre 2005, aumentando il potenziale di attrazione del turismo in questa zona e informando i visitatori sugli elementi del paesaggio, i valori della natura e gli obiettivi, le attività e i progetti della Riserva di Biosfera.
5. riquadro il corso di formazione pilota per i gestori delle zone umide tenutosi a Ugento (settembre 2005)
Già nel corso del progetto wetlands i erano emerse l’idea e la necessità di definire un modulo di formazione per la “Gestione integrata delle zone umide„ che descrivesse il ruolo professionale di un “gestore di zone umide„. Questa idea è venuta dalla considerazione che, naturalmente, non esiste alcuna facoltà universitaria attualmente che insegni ad apprendere “come„ gestire la complessa rete di relazioni locali e parti coinvolte, l’equilibrio degli interessi, le competenze comunicative professionali, il lavoro di gruppo, la gestione della cooperazione scientifica o la pianificazione di successo e la realizzazione di progetti ambientali o di sviluppo sostenibile. Normalmente le persone che lavorano negli enti di gestione delle aree protette hanno effettuato un percorso universitario, sono architetti, ingegneri (idraulici), agronomi, esperti ambientali, biologi e spesso hanno profili amministrativi, come i giuristi, gli economisti o gli amministrativisti. Ovviamente, nessuno aveva avuto l’opportunità, né durante gli studi né nel corso dell’esperienza professionale, di acquisire competenze nel senso inteso sopra. Ma sono proprio queste competenze quelle necessarie per realizzare - invece che una gestione in “stile amministrativo„ delle aree protette, basata sull’“imporre„ norme e sull’“applicare„ le leggi o i regolamenti, - piuttosto uno “stile di gestione integrato„, cioè consapevole delle dinamiche culturali, sociali, politiche ed economiche internamente ad un ente di gestione; questo, sia nei confronti dei collaboratori che “sul territorio„, con le persone e i gruppi interessati e in grado di accompagnare, governarne e influenzare tali sistemi complessi – allo scopo di poter essere integrati essi stes-
si in questi sistemi in quanto “gestori delle zone umide„
– al fine di ottenere maggior sostegno e collaborazione a fronte dell’esigenza di suscitare un elevato interesse per una maggiore tutela della natura e dell’ambiente e uno sviluppo sostenibile reale. Pertanto, i partner del progetto wetlands ii, poiché intendono i loro progetti come un’opportunità per migliorare le capacità professionali, il rafforzamento tecnico e politico e un generale rafforzamento delle capacità degli enti di gestione, si sono accordati per organizzare un modulo formativo pilota, che sarebbe stato un modello per le eventuali iniziative di formazione future per gli enti di gestione delle zone umide in Europa.
La direzione per il centro per lo sviluppo sostenibile ad Ugento
Obiettivi del corso di formazione pilota Dopo aver raccolto, nell’autunno 2004, le indicazioni dei partner wetlands ii sulle loro preferenze per un programma di formazione intensivo, i cui risultati sono stati molto equilibrati, non evidenziando praticamente alcuna preferenza particolare, ma interesse in tutti gli aspetti della gestione delle zone umide (eccetto la gestione operativa delle stesse), il PP2 e la gestione del Progetto hanno elaborato la proposta esecutiva. L’obiettivo principale di questi 5 giorni di corso era poter ricevere una formazione di alto livello nello sviluppo sostenibile e nella gestione integrata delle zone umide che si incentrasse su argomenti di particolare importanza e collegati al progetto. La formazione di 5 giorni è stata avviata a un livello
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molto astratto e politico, parlando di sostenibilità nelle zone umide, passando poi al secondo giorno agli aspetti tecnici – cioè l’“area„ o il “marketing territoriale„, utili per comprendere le tecniche per posizionare il prodotto “parco o riserva naturale„ a fronte dell’opinione del pubblico e dei mercati turistici. Dal terzo giorno in poi, sono stati approfonditi aspetti metodologici, relativi a “Comunicazione locale e Marketing interno„ e infine – durante il quarto e quinto giorno – sono stati affrontati gli aspetti organizzativi e le competenze personali, focalizzate sulla “Comunicazione interna: lavoro di gruppo e organizzazione di un ente di gestione di un’area umida protetta„.
Gli obiettivi specifici per ciascun giorno sono indicati nel programma di formazione illustrato nella pagina successiva.
Organizzazione Il titolo del corso di formazione pilota era: “Sostenibilità, sviluppo e gestione integrata delle zone umide„ Il corso è stato organizzato dalla Scuola di formazione manageriale AFORISMA di Lecce (Italia), incaricata dal Comune di Ugento, partner locale dell’Amministrazione regionale della Puglia. Le lezioni si sono svolte dal 20 al 24 settembre presso le nuove strutture di Ugento denominate “Centro di formazione e informazione per lo sviluppo sostenibile delle zone umide„, in parte finanziato con i fondi wetlands ii. Nel pomeriggio del 19 settembre, dopo la riunione del Comitato di pilotaggio del progetto wetlands ii della mattina, il centro è stato inaugurato ufficialmente dall’Assessore regionale all’Ecologia, Michele Losappio, alla presenza del sindaco, del vicesindaco e del vescovo di Ugento. Fra i partecipanti si contavano 16 rappresentanti e collaboratori di 5 dei 6 partner di wetlands ii, eccetto il partner polacco (PP5), i cui rappresentanti non hanno potuto seguire il corso per impegni di lavoro, oltre a 2 attivisti ambientalisti invitati dal comune di Ugento. Alla fine del corso, sabato 24 i rappresentanti dell’Amministrazione regionale della Puglia, Cosimo Rubino e Angelo Montesardi, hanno consegnato a tutti i partecipanti un attestato di partecipazione, firmato dall’Assessore regionale all’ecologia Michele Losappio. 1 + 2 | Workshop GOPP sull’organizzazione degli enti di gestione ad Ugento 3 | Workshop sulla comunicazione locale ad Ugento 4 | Workshop sullo sviluppo sostenibile ad Ugento 5
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5 | riquadro: il corso di formazione pilota per i gestori dellezone umide tenutosi a ugento (settembre 2005)
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
20 settembre 2005
21 settembre 2005
22 settembre 2005
23 settembre 2005
24 settembre 2005
Sviluppo sostenibile nelle zone umide
Marketing territoriale e sostenibilità
Comunicazione locale e Marketing interno
Organizzazione di un ente di gestione delle zone umide
Comunicazione interna
Obiettivi
Imparare come valutare cosa significa la sostenibilità in zone protette e in particolare in quelle umide e come la si può ottenere
Sapere come comunicare la sostenibilità e una cultura/un paesaggio/una natura particolari Quali sono i punti di forza della nostra zona?
Imparare a individuare i problemi e quali metodi possono aiutare a sensibilizzare bene e comunicare a livello locale con la popolazione della vostra zona
Analizzare i problemi principali che esistono negli enti di gestione delle zone umide (“quali problemi organizzativi ha il nostro ente di gestione?„)
Prendere coscienza di quale comportamento di comunicazione può aiutare a risolvere i problemi di un’organizzazione, trovare le modalità per migliorare l’organizzazione
Conferenziere(i) Formatore(i) Facilitatore
Prof. Gianpaolo Rallo e Caterina Scarascia (facilitatore)
Rino Scoppio Stefan Moritz (introduzione)
Massimo Franceschetti
Monica Puel
Monica Puel e Massimo Franceschetti
Metodo
Conferenza e dibattito (mattina), LASSP Workshop (pomeriggio)
Conferenza
Conferenza interattiva
Workshop GOPP
Workshop GOPP e conferenza interattiva
Programma mattina pomeriggio
Mattina: Introduzione teorica “Cosa signi-fica sostenibilità nelle zone umide„
Mattina: Introduzione teorica al marketing territoriale e all’economia del turismo nelle zone protette.
Mattina: introduzione teorica alle basi della comunicazione locale con le parti interessate e il pubblico.
Mattina: Analisi dei problemi
Mattina: Definizione comune di azioni per migliorare l’organizzazione
Pomeriggio: elaborazione di un modello di piano di marketing in una zona umida
Pomeriggio: Pomeriggio: proposte d’azione in una bozza di progetto per la comunicazione locale
Modello di piano di marketing per le zone umide
Autovalutazione della comunicazione locale e bozza di progetto di un piano di comunicazione locale
Pomeriggio: Principi di sostenibilità nelle zone umide
Risultato
Schema di valutazione per la sostenibilità nelle zone umide ed elenco delle migliori pratiche
Pomeriggio: Definizione di aree tematiche, obiettivi e quadro logico di un progetto “l’ideale/un ente di gestione delle zone umide migliore„.
Schema di analisi (causa-effetto)
Pomeriggio: Valutazione comune e feedback sul corso di formazione
Bozza di progetto “L’ideale/un ente di gestione delle zone umide migliore„
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Contenuti e risultati Il corso intendeva fornire ai partecipanti la formazione manageriale che consentisse uno sviluppo sostenibile e una gestione integrata delle zone umide. Nel corso della prima giornata, il prof. Gianpaolo Rallo dell’Università di Venezia, consulente sulle zone umide e le zone di conservazione del ministero dell’Ambiente, ha trattato il tema dei contesti storici, il significato sociopolitico delle zone umide e le buone prassi nella gestione di queste aree, affrontando con i partecipanti
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anche i punti critici e le opportunità che caratterizzano le zone protette. Nel pomeriggio, Caterina Scarascia, LASSP (Simulation Laboratory for shared planning) facilitatore incaricato dell’Agenda 21 del Comune di Tricase (LE), ha aiutato i partner a elaborare uno schema di valutazione per la sostenibilità nelle zone umide. Il giorno seguente, Stefan Moritz ha introdotto la sessione, presentando un approccio di marketing per lo sviluppo locale basato sulle elaborazioni del professore italiano Roman Toppan (Venezia/Vicenza), e sulla teoria di una “economia d’esperienza„, sostenibile formulata da Pine e Gilmore negli anni ’90. Sulla base di queste ipotesi, Stefan Moritz ha focalizzato l’attenzione dei partecipanti sull’importanza di fornire una “esperienza reale„ agli “ospiti„ (non visitatori o turisti!) di una zona protetta. Questa esperienza reale può essere “vissuta„ soltanto se l’offerta turistica, e con essa anche la strategia di marketing e la comunicazione (di massa) esterna valorizzano nel miglior modo possibile la cultura, il paesaggio e la natura locale, mettendo “in scena„ i valori migliori e più autentici e le realtà di una data zona. Questo significa migliorare o valorizzare il Capitale dell’area, che per gli esperti di marketing è la sostanza da cui cominciare. Dopo questa introduzione, Onofrio Scoppio, consulente e professore di marketing e comunicazione, ha parlato delle tecniche e delle caratteristiche di base di un piano di marketing territoriale, descrivendo e analizzando le sue varie fasi: analisi, scelte di lavoro di marketing-mix, canali di comunicazione, valutazione. Di conseguenza, i partner hanno ricevuto una panoramica di come si elabora un piano di marketing territoriale, gli strumenti, le metodologie e le condizioni di base. Il giorno successivo, Massimo Franceschetti, esperto di comunicazione e organizzazione, ha affrontato gli aspetti di base teorici e pratici della comunicazione e la strategia per una comunicazione locale di successo con le reti locali di parti interessate, residenti ed esperti, delineando con i partecipanti una bozza di modello per un piano di comunicazione locale.
A partire da venerdì 23, Monica Puel, facilitatore GOPP (Goal-Oriented Project Planning) ha moderato un workshop di pianificazione per l’organizzazione interna degli enti di gestione delle zone umide. Ciò ha comportato in primo luogo un’analisi dei problemi esistenti nelle organizzazioni dei partner e in seguito la definizione di obiettivi per un progetto che ha lo scopo di migliorare il clima delle organizzazioni dei partner, il loro funzionamento, il lavoro di gruppo e l’efficienza degli stessi. Durante la sessione introduttiva, Monica Puel ha presentato e condiviso con i partecipanti lo scopo di questa unità di formazione: definire un’idea di bozza di progetto per migliorare il lavoro dell’organizzazione dei partner presenti. Quindi il corso ha affrontato la prima fase importante della metodologia di pianificazione GOPP: la fase di Analisi. In questa fase, è stato chiesto ai partecipanti di identificare (e scrivere su dei cartoncini) i problemi esistenti nelle loro organizzazioni che possono interferire o ridurre l’efficienza del loro lavoro. In seguito ogni partecipante ha spiegato i problemi segnalati e, con l’aiuto del facilitatore, essi sono stati organizzati in un diagramma concepito sulla base dei collegamenti logici di causalità fra i vari problemi identificati. Questo diagramma, chiamato Albero dei problemi, ha permesso di affrontare in un quadro d’insieme la situazione dei problemi attuali delle organizzazioni dei partner. Una volta terminata la costruzione dell’Albero dei problemi, il corso è proseguito approcciando la trasformazione della situazione negativa presente in un futuro desiderabile, una situazione positiva, che ha prodotto il cosiddetto Albero degli obiettivi, dopo aver trasformato ogni problema (identificato in precedenza) nel suo obiettivo equivalente. L’Albero degli obiettivi ha permesso al gruppo di condividere una visione organica di un futuro desiderato, descrivendo, in altri termini, quale potrebbe essere il futuro nella realtà se tutti i problemi identificati fossero stati risolti. L’ultimo passo della Fase di analisi condotta dal gruppo è stato l’identificazione di possibili aree di intervento del progetto, che sono state: __ la pianificazione operativa __ l’approccio costruttivo al lavoro __ il clima di lavoro e l’atmosfera organizzativa __ la selezione e la qualificazione del personale __ la pianificazione strategica per l’ente di gestione __ il coordinamento e la comunicazione con altre organizzazioni.
5 | riquadro: il corso di formazione pilota per i gestori dellezone umide tenutosi a ugento (settembre 2005)
Sabato il gruppo ha scelto di pianificare un “progetto di miglioramento„ incentrato esclusivamente sulle prime tre aree. Applicando questa metodologia con l’aiuto di un facilitatore, il gruppo ha individuato un’idea di progetto, elaborato la strategia di progetto (logica d’intervento), alcuni indicatori e ipotesi, sulla base di un’analisi dei fattori di rischio. In seguito, sulla scia dei dibattiti dei due giorni precedenti, Massimo Franceschetti ha ripreso la lezione ed ha analizzato, insieme con i rappresentanti dei singoli partner quali fossero le migliori strade per le loro organizzazioni al fine di migliorare nel prossimo futuro la comunicazione interna di questi enti di gestione. Questo aspetto, unito a una più efficace organizzazione del lavoro delle amministrazioni di parchi e riserve, come descritto nella bozza di progetto elaborata on Monica Puel, dovrebbe aiutare a migliorare il lavoro dei partner e prepararli a una gestione integrata delle zone umide, a partire dalle loro stesse prestazioni e attività di comunicazione.
in quanto esso è stato di valido aiuto per aumentare la consapevolezza degli aspetti manageriali di base, con una visione integrata rivolta alla sostenibilità, al marketing territoriale, alla comunicazione esterna, locale e interna, oltre che all’organizzazione interna. Alcuni partner inoltre hanno espresso l’auspicio di poter continuare sullo stesso percorso analitico e di pianificazione strategica sia singolarmente che, forse, insieme nel corso di nuovi progetti transnazionali comuni.
In effetti, la logica di base della metodologia del corso pilota è stata che migliorare la protezione della natura, promuovere lo sviluppo sostenibile e – in una logica di marketing territoriale – i valori dei parchi o delle riserve, è possibile soltanto se: __ in primo luogo il clima di lavoro interno, la comunicazione e l’organizzazione delle singole entità dei partner rispondono a criteri d’efficienza, armonia e fiducia nelle proprie capacità, e __ in secondo luogo la comunicazione locale con le parti in causa, i residenti e gli esperti viene affrontata in modo professionale, avendo la consapevolezza delle dinamiche di base della comunicazione. __ Solo in tal modo sarà possibile effettuare una comunicazione (di massa) esterna che abbia successo, in quanto basata sulla realtà e la capacità reale di un’amministrazione di un parco o di una riserva. Questo si può anche spiegare con il fatto che un parco comunica (ed è pertanto più o meno convincente) più con le cose che fa che con le cose che dice e le cose fatte dipendono strettamente dal tipo e dalla qualità della comunicazione e dell’organizzazione che un ente parco è in grado di stabilire, internamente e in seno alla rete attorno alla sua istituzione. In conclusione, occorre aggiungere che la maggior parte dei partecipanti ha apprezzato molto i contenuti e la metodologia di questo corso di formazione pilota,
1 | Steering Committee Meeting ad Ugento 2 | Studenti e formatori del corso pilota di formazione ad Ugento
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6. osservazioni conclusive
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Un’osservazione conclusiva di questa relazione dovrebbe poter dare una risposta alla seguente domanda: Quali sono le migliori pratiche nella Gestione integrata delle Zone umide e nello sviluppo sostenibile, definite dal progetto wetlands ii , e quali sono le condizioni particolari perché tali attività abbiano successo? A seguito dei contributi di tutti i partner riportati nel presente documento, gli aspetti di maggior valore del lavoro progettuale si possono riassumere in questo modo: ___ la pianificazione partecipata e la consultazione/partecipazione delle parti interessate nella pianificazione territoriale e nelle procedure di gestione delle zone protette possono garantire che i piani siano più realistici, sostenere una maggiore accettazione delle regole definite per l’uso e la protezione del territorio e introdurre soluzioni oppure elementi per una relazione bilanciata fra uomo e natura. Eppure, tutto ciò implica la capacità professionale dei gestori delle zone umide di comprendere i vantaggi e gli svantaggi dei vari metodi di pianificazione partecipata (EASW, GOPP, Open Space Technology, ecc.) e in particolare che non si confondano “le riunioni„ con “la partecipazione„, perché un incontro non significa necessariamente che si ascoltino le opinioni delle parti interessate. Solo quando le persone possono ritrovare il loro punto di vista o l’interesse – almeno parzialmente – in un documento di panificazione, crederanno nel lavoro svolto. Inoltre, il forte sostegno dei vertici delle amministrazioni dei parchi è una condizione indispensabile affinché la partecipazione abbia successo. ___ Lo sviluppo sostenibile può essere promosso dagli enti di gestione dei parchi tramite la certificazione e il marchio d’origine o i sistemi di gestione ambientale.
Eppure, l’esperienza dei partner coinvolti dimostra che i sistemi che sono veramente promettenti per le zone umide sembrano essere la promozione del marchio del parco, se questo è collegato al rispetto dei requisiti minimi di comportamento e metodi di produzione ecocompatibili, e forse i metodi incentrati sulle imprese, quali Ecoprofit o Ecolabel e l’agricoltura biologica, che consentono al contempo risultati economici positivi. L’EMAS II ha dimostrato di essere un sistema troppo complesso, difficile da accettare dagli attori chiave. Probabilmente la miglior strategia è quella del Capofila: in primo luogo si procede con un buon esempio (la certificazione ISO 14000 dell’ente di gestione del parco), in secondo luogo si lega l’immagine del parco alla promozione dei prodotti (il marchio del parco) e quindi si promuovono sistemi di gestione ambientale più facili o metodi di produzione che abbiano un ritorno anche dal punto di vista economico. ___ Esistono metodi di monitoraggio ambientale più convenienti dal punto di vista dei costi e della resa del lavoro che possono aiutare a a supportare le decisioni dei gestori delle zone umide. Questo comporta probabilmente maggiori sforzi per definire ancor meglio i sistemi di supporto alla decisione (DSS), ma qui è necessario aggiudicarsi la partecipazione delle Agenzie di protezione ambientale, delle università e delle amministrazioni regionali. Un ente di gestione delle zone umide dovrebbe incentrarsi maggiormente su “una gestione delle conoscenze e della ricerca„ per ridurre i doppioni nella ricerca e, in tal modo, anche i costi. Ma la raccomandazione è sempre quella di produrre, usare e migliorare la disponibilità dei dati raccolti. ___ La comunicazione e la sensibilizzazione rimangono
6 | osservazioni conclusive
un compito che bisogna considerare in continuazione nella gestione delle zone umide. Solo gestendo quanto
più possibile il dialogo diretto con i residenti e le parti in causa sarà possibile sensibilizzare le persone e sostenere le attività di un’amministrazione del parco o qualsiasi altra autorità pubblica che opera nel settore della protezione della natura. L’esperienza del partner tedesco insegna che in generale le persone credono più a una persona che spiega il suo lavoro che a un comunicato stampa, a un poster, uno spot pubblicitario o un articolo. Per esempio, è buona pratica, negli uffici, non nascondersi mai dietro una scrivania o uno sportello. ___ La formazione professionale specifica per i gestori delle zone umide è assolutamente necessaria, e si dovrebbe incentrare più sullo scambio di esperienze e le analisi comuni che sulle conferenze teoriche. In larga misura i tecnici e i responsabili sono già abbastanza informati sulle tematiche delle zone umide, la natura e le dinamiche sociopolitiche, ma devono elaborare strumenti e principi oltre che riuscire ad elaborare buoni piani e migliorare il lavoro di gruppo e la comunicazione interna e ottenere migliori risultati, non solo a beneficio dell’ambiente, ma anche nell’interesse dei residenti e delle parti interessate. Il corso di formazione pilota per la gestione integrata delle zone umide che si è svolto a Ugento può funzionare come modello per i futuri moduli di formazione. Sicuramente questa osservazione può non essere condivisa da tutti i lettori e forse i partner di wetlands ii non hanno inventato nulla di particolarmente innovativo.
Gli sforzi più importanti dei partner sono stati invece quelli di arrivare al punto, di “far salire le persone a bordo„, di fare esperienze positive - ma anche negative – e di comunicarle, così come hanno fatto con questa relazione, ed essere essi stessi più coscienti di alcuni importanti fattori di successo nella gestione integrata delle zone umide. Nel mentre, i partner hanno prodotto diversi strumenti e ottenuto risultati notevoli che sono sicuramente utili e positivi per la salvaguardia delle zone umide di loro competenza e i loro componenti naturali. Un possibile panorama sul futuro della gestione integrata delle zone umide ritorna alla necessità di sviluppo sostenibile. La strategia più interessante e promettente per lo sviluppo sostenibile delle zone protette può essere quella di definire i progetti e le azioni che aiutano a semplificare la complessità dell’interazione fra i processi naturali e l’attività umana. Sarà possibile farlo utilizzando il concetto omnicomprensivo/la realtà dei paesaggi, dove il patrimonio naturale e culturale, nonché le attività economiche, sono certo parte integrante di un sistema complesso, ma più agevolmente comprensibili da parte dei residenti e dei rappresentanti politici e amministrativi. La protezione non solo di un habitat ma anche di un paesaggio, con tutta la sua storia culturale e sociale, e i valori naturalistici esistenti, può consentire di allargare la gamma d’azione degli enti di gestione dei parchi, oltre a permettere di andare verso un miglioramento composito dell’economia basata su natura e cultura, promuovendo al contempo l’identità culturale dei residenti e quella della regione in cui vivono.
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Cofinanziato dal Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale (FESR), Programma operativo INTERREG III B CADSES 2000-2006, Progetto WETLANDS II (No. rif. 2A024)
Questo rapporto è stato realizzato con il gentile contributo dell'Ente Parco Regionale Regione Puglia
Veneto del Delta del Po, della Regione Puglia
Assessorato all’Ambiente Ufficio Parchi e Riserve Naturali
e del Parco Regionale del Delta del Po dell'Emilia-Romagna
CO LO P H O N
Titolo: SVILUPPO SOSTENIBILE IN ZONE UMIDE Rapporto Finale Riassuntivo del progetto WETLANDS II: “Gestione Integrata delle zone umide (seguito)„ © AREA EUROPA s.c.r.l. Development Consulting Via Salvador Allende, 13 I - 40139 BOLOGNA – ITALY tel.: +39 051 5883248 fax: + 39 051 3371028 www.areaeuropa.it
(Università di Ferrara), Dott.ssa Elena Fabbri (Università di Bologna, CIRSA Ravenna), Gloria Minarelli e Graziano Caramori (Istituto Delta IDEA) Krzysztof Badora e Maciej Wyszynski (BIOS Associazione per la Protezione della Natura nel Parco Paesaggistico di Stobrawa, Opole) Traduzioni: Networld s.r.l. (Cagliari), Black & Veatch (Roma), Easy Solution (Taglio di Po), Stefan Moritz, Daniele Tonello, Natalì Rosestolato, Francesco de Franco, Silvana Post, Mina Piazzo
ISBN: 88 - 900936 -1- 7 Co-ordinamento, redazione e pubblicazione: AREA EUROPA s.c.r.l. Development Consulting (Stefan Moritz, Giulio Campana, Marco Foschini, Kristina Krsteva) Testi: Daniele Tonello (Parco Regionale Veneto del Delta del Po) Stefan Moritz (Project Manager di WETLANDS II, AREA EUROPA), Giulio Campana (WETLANDS II Project Assistant, AREA EUROPA), Mina Piazzo e Luisella Guerrieri (consulenti della Riserva Marina Torre Guaceto e del Comune di Ugento), Francesco de Franco (Riserva Marina Torre Guaceto), Daniela Gasperi e Vincenzo Lionetti (A.FO.RI.S, Foggia), Andrea Salvati (AFORISMA, Lecce) Andrea Winger ed Eicke Granitzki per la Riserva di Biosfera “Paesaggio fluviale Elba Centrale„
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Francesca Ravalli e Giacomo Benelli per il Parco del Delta del Po dell’Emilia-Romagna (Italia), Prof. Francesco Donati, Dott.ssa Giulia Ruol e Dott.ssa Elena Fabbro (Consorzio Ferrara Ricerche), Prof. Michele Mistri
Fotografie: Francesca Ravalli, Mina Piazzo, Eicke Granitzki, Giacomo Marzano, Daniele Tonello, Stefan Moritz Ringraziamenti speciali a: Stefano Danieli (direttore), Marco Gottardi, Vincenzo Melone, Natalì Rosestolato, Giordano Braga e tutti i collaboratori dell’Amministrazione del Parco Regionale Veneto del Delta del Po, Cosimo Rubino (consulente) e Mattia Carbonara (Amministrazione Regionale Puglia), Alessandro Ciccolella ed Antonio Fiume (Riserva Marina Torre Guaceto, Brindisi), Antonio Di Palo (Comune di Lésina), Giacomo De Vito e Vincenzo Cairo (consulenti del Comune di Ugento), Gian Maria Gasperi (A.FO.RI.S, Foggia) Guido Puhlmann, Peter Dornbusch e Christine Musiol (Riserva di Biosfera UNESCO “Paesaggio fluviale Elba Centrale„, Germania) Lucilla Previati (direttore), Gianni Cavallini e Francesca Ravalli (Parco del Delta del Po dell’Emilia-Romagna) Arkadiusz Nowak e Grzegorz Hebda (Associazione BIOS, Polonia) Ridvan Troshani ed Elvin Hoxha (Agenzia TEULEDA, Albania), Viktor Jubani, Ilir Zaja e Dritan Dhora (Ufficio Regionale per Protezione Ambientale di Scutari, Albania)
"Partner capofila del progetto WETLANDS II"
Struttura di assistenza tecnica per il progetto WETLANDS II
Disegno grafico: Sven Peter (dulcemedia, Berlino – D) Dagmar Dunkelau (Büro für Gestaltung Dunkelau, Berlino – D) Stampa: Nova Print Snc, via Isonzo 12/2 40050 Villanova di Castenaso (BO) - Italia Stampato in Villanova di Castenaso (Italia) - dicembre 2005
Tutti i diritti riservati Co-finanziato dal Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale (FESR), Programma INTERREG III B CADSES (2000-2006), progetto WETLANDS II (rif. 2A024)
Links importanti: www.europa.eu.int (Homepage dell'Unione Europea) www.cadses.net (Homepage del programma CADSES - INTERREG III B) www.wetlandsmanagement.org (Homepage di WETLANDS II) www.regione.emilia-romagna.it/wetlands (WETLANDS I) www.parcodeltapo.org (Parco Veneto del Delta del Po, PP1) http://parchi.regione.puglia.it / (Ufficio parchi e Riserve Naturali della Regione Puglia, PP2) www.wetlands-puglia.it (i progetti WETLANDS I ed II in Puglia) www.riservaditorreguaceto.it (Partner locale della Regione Puglia) www.lesina.com (Partner locale della Regione Puglia) www.comune.ugento.le.it (Partner locale della Regione Puglia) www.elbebiber.de (Homepage della Riserva di Biosfera UNESCO “Paesaggio del Fiume di Elba centrale„, PP3) www.gartenreich.net (Homepage del Giardino di Dessau-Wörlitz) www.parcodeltapo.it (Parco del Delta del Po dell'Emilia-Romagna, PP4) http://stobrawa-rybna.eko.org.pl / (Parco Paesaggistico di Stobrawa, PP5) www.uni.opole.pl (Università di Opole) www.teuleda.org.al (Homepage di TEULEDA Agenzia per lo Sviluppo Economico Locale di Scutari, PP6) www.areaeuropa.it (Homepage dell’Ente di Assistenza Tecnica di WETLANDS II – AREA EUROPA S.c.r.l.)
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www.wetlandsmanagement.org