Treviso Città & Storie / Gennaio 2020 / Free Press

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Periodico di approfondimento puntuale e trasparente N.17 ANNO III – Gennaio 2020

LUIGI FADALTI

Un DNA tutto diritto EDOARDO BOTTACIN

L'esploratore delle arti musicali

ROBERTA BASSO

Il volto familiare dell'ospitalità


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N.17 – ANNO III Pubblicazione di Gennaio 2020 Periodico Reg. Tribunale di Treviso n. 263/18 ROC 32559 Direttore responsabile Mara Pavan marapavan@trevisocittaestorie.it Caporedattore Silvano Focarelli Direttore creativo Andrea Zuccon Special tribute Bruna Graziani In redazione Lorena Mazzariol, Ivana Prior Hanno collaborato Arturo Cardinale, Andrea Cartapatti, Carlo Cecino, Elisa Chironna, Marco Compiano, Lucia De Bonis, Andrea Delìa, Francesco Doimo, Valentina Facchin, Edoardo Greco, Beppe Mora, Giuseppe Moretto, Ylenia Niceforo, Cecilia Panto, Elisa Perillo, Aldo Sartoretto, Luca Saugo

Pubblicità di alta qualità Per il tuo spazio pubblicitario in questo magazine contatta Ticketvsion concessionario per la pubblicità – info Simone Cadamuro +39 366 4234787 ticket.vision@libero.it

Beffe di Beppe Mora Art director Stefano Realini 366 8248566 Social media manager Gian Marco Scilla Ideazione logo Mauro Tittoto info@mtttt.it Progetto grafico Eleonora Papini papini@mormorcreative.com Redazione redazione@trevisocittaestorie.it Stampatore L'Artegrafica - Casale sul Sile Via Martin Luther King, 68 0422 822754

FREE PRESS

Fotografia Copertina di Marco Compiano FOTOFILM di Nicola Mattiuzzo Editore Treviso città&storie REA TV – 416768 di Mara Pavan

pubbliredazionali

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SPAZIO SOLIDARIETÀ SOSTENUTO DA



Io esco

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Cinema a cura di Silvano Focarelli

Cinema Max Nardari di Ivana Prior

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Musica Natascia Nobile di Lucia De Bonis

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EDITORIALE di Mara Pavan

EDITORIALISTA di Andrea Zuccon IMPRENDITORIA Roberta Basso, vicepresidente di Basso Hotels & Resort di Mara Pavan

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TERRITORIO Asolo di Valentin Facchin

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STARE BENE Niki Gobbo e la Kinesiologia di M.P.

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STARE BENE

Mesoterapia e bendaggio funzionale del dott. Giuseppe Moretto

PARERI L’avvocato Luigi Fadalti di Mara Pavan

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ARTE Lisa Perini di Ivana Prior

ARTE Edoardo Bottacin di M.P.

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SAPORI “Tuttomisù” is coming di Andrea Cartapatti

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SAPORI Le sfrittelle di Elisa Perillo

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ABITO LA VITA Stelle e Sogni di Lorena Mazzariol

NAVIGAMENTE Sharing economy di Edoardo, Francesco e Ylenia IL PORTOLANO Mirabilia di Bruna Graziani

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CAMBIAMENTI di EdoHub

ISTRUZIONE Scuola, la casa della cultura del prof. Andrea Delìa

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Libri L'incanto del silenzio di M.P.

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Indovina dov'è di Alessandro Fort

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LE BEFFE di Beppe Mora

LE STORIE DI BEPPE di Beppe Mora

Storie di sport

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Il punto di Silvano Focarelli Alberto Cavasin di Carlo Cecino Adriano Durante di Luca Saugo

Calcio. La rinascita ASD Carbonera di C.C.

SAPORI Slow Wine

STORIE IN VIAGGIO Manuela Barbolan di M.P.

Sommario


Le Ore rare & vintage pregiata orologeria da collezione Via Palestro, 46 Treviso T 0422 55186


EDITORIALE

2020 Anno di nuovi agganci

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F OTO D I M A R C O C O M P I A N O

ostanza Polastri si sta per laureare in fisica con specializzazione alla didattica della fisica e della matematica, e il suo canale youtube di divulgazione - polynerdeia - è uno dei più interessanti e accessibili, si ingegna per riuscire a spiegare concetti scientifici complessi in modo semplice. Lo guardo insieme ai miei amici una sera, perché uno di loro sosteneva che onorasse il senso profondo (l’unico?) di questo nuovo mestiere, lo youtuber. Come sempre dalle esperienze estrapoliamo quello che ci serve, e ad ognuno serve qualcosa di incredibilmente diverso. Trasporto testualmente dal video che vi riporto (cosa sono gli atomi - secondo Epicuro?) il concetto illuminate: “Gli atomi di Epicuro cadono dall’alto in basso in linea retta, però ad un certo punto in modo casuale un atomo devia dalla linea retta di un angolo piccolissimo e colpisce l’atomo vicino che a sua volta colpisce quello accanto e così via. Dato che gli atomi hanno degli uncini quando inizia questa serie di scontri, essi si incastrano e si aggregano tra di loro e danno vita alla MATERIA”.

Diamo quindi il benvenuto agli incontri significativi, alle nostre piccole deviazioni, avvenute lì dove il finire si tange con l’iniziare. Con Simone, è quasi un ritorno perché mai nella vita quello che è stato dato, viene perduto. Valentina, ci dà l’occasione di aprire una rubrica che era in cantiere da mesi, lei è la star delle local blogger @aroundandabouttreviso, la seguiremo dentro i suoi percorsi alla scoperta di luoghi e curiosità della Marca Trevigiana. Avremo un’inviata in corrispondenza dal Brasile, Manuela, che così farà vivere la sua e la nostra mondiale appartenenza. Lucia è un ingegnere informatico, doppiatrice, cantante con il sogno di comporre musica rock, cheddire, per noi scriverà sicuramente intonata. L’alleanza che ci onora rimane con Bruna Graziani e CartaCarbone. È tutto perfetto. Iniziamo. https://youtu.be/xy5nZPdVD5U

DI MARA PAVAN DIRETTORE DI TREVISO CITTÀ & STORIE

Polynerdeia e gli uncini di Epicuro

In quella pioggia di atomi ritagliati a sfera, con quegli uncini pazientemente sagomati a mano, colorati di nero, come un gioco da fare con i propri figli, attraverso la voce lucida e semplice di comprensione apprendo la lezione che per tutti noi di Treviso città & storie sarà la guida per questo 2020: ci si aggancia, ci si trova, è semplice ed accade, non c’è ragione, c’è la facilità dell’incontro capace di creare opportunità, realtà, storie e scambi, la nostra materia. Ed è per ciò che da questo numero lo spazio dedicato allo sport cambia identità, uniformandosi alla filosofia che ci contraddistingue: il racconto.

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Via Barberia, 38 – 31100 Treviso, Italia +39 0422 194 0836 info@otticainbarberia.it


EDITORIALISTA

Treviso è l'ottava meraviglia... T DI ANDREA ZUCCON

reviso nella top ten, nei primi dieci, posto numero 8 per la precisione numero bello, fatto di due 3 che si baciano, come i 3 visi che identificano la città della Marca - numero eclettico perché disteso ci proietta all’infinito, che é il mondo dei sogni e dei sognatori; dicevamo posto numero otto è una notizia che sorprende all’esterno, forse, ma non i trevigiani che la città la criticano ma la apprezzano, in un odi et amo ripetuto fino allo spasimo. Si parla di qualità della vita, non di quantità, trattasi di qualità percepita anche all’esterno e all’estero se anche il Guardian parla di brexit ma trova anche il tempo di scrivere della nostra little town in maniera positiva. Ma la genesi di questa ascesa ha ragioni lontane, sennò saremmo arrivati tra i primi dieci solo con una Wild card; perché se é vero che negli anni '70 le targhe nere con scritto TV individuate in giro per l'Italia creavamo dubbi geografici e nulla più, ora la geolocalizzazione trevigiana é chiara a molti, anche se Google aiuta. Fa sorridere ora pensare a Beppe Grillo che negli anni '90 si presentò in piazza dei signori salutando la città “che una volta si chiamava Treviso ed oggi si chiama Benetton”, incipit idoneo a riconoscere il giusto merito per lo sdoganamento al di fuori del Veneto della antica Tarvisium alla famiglia Benetton grazie anche alle tante vittorie di basket volley e rugby; ma i meriti sono palesemente molteplici, dalla crescita vertiginosa del nord est di cui la Marca è stata traino assoluto grazie alla straordinaria varietà delle nostre attività, alle mostre a Ca' dei Carraresi fino al ventennio gentiliniano e agli sfarzi di Fondazione Cassamarca, con la vicinanza strategica a Venezia a fare sempre la differenza e ad aumentare la conoscenza.

E poi il prosecco, il tiramisù, il radicchio rosso e l’ottima cucina, che proiettano la città, seconda per sicurezza, con un balzo vertiginoso rispetto al secolo scorso, fino a salire nell’8volante. Ma poi noi, un po’ esterofili e con l’occhio critico di quelli che vogliono sempre qualcosa in più, vediamo anche una città che soffoca spesso in un Put sempre più intasato, in una tangenziale mai completata, in parcheggi scambiatori non metabolizzati forse perché privi dell’idonea localizzazione nei punti cardinali delle tratte principali di entrata, in piste ciclabili incomplete, e se presenti spesso pericolose e mal fatte, in un verde in città venduto per verticale quando lo vorremmo gratuito e orizzontale al posto del nuovo cemento, in un cavalcavia che goffamente nasconde e deprime la città quando potrebbe essere una dolce linea di entrata perimetrale di una stazione resa sotterranea e ricoperta da quegli alberi che potrebbero essere l’inizio di un nuovo corso. Ma é forse la nostra città invisibile?

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IMPRENDITORIA

Dal grande spazio eventi alla cucina di casa nel segno di un’innata ospitalità DI MARA PAVAN

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appare mamma Iside, donna elegante, bellissima che porta con sé quelli che sembrano decori per la sala. Ne rimaniamo affascinati: un gesto intimo, che sa di casa. Assorbiamo in una scena, il senso della struttura, una famiglia che pensa e realizza in grande mantenendo intatto un principio intimo familiare. Quanto un cognome così impegnativo ha inciso nella realizzazione della persona che sei? (Pausa) “Da piccola venivo identificata come una componente della famiglia Basso. Devo invece ringraziare le vicende, che ci hanno portati poi nel 2008 alla costruzione di questa realtà imprenditoriale. Avevo 35 anni e Pietro, mio figlio, ne aveva 10, si è aperto un nuovo capitolo della mia vita. Questa struttura contiene ed esalta la parte paradossalmente più celata di me, in qualche modo questa è una famiglia allargata in cui la cura è l’elemento aggregante. Qui dentro, mi riconosco. E dire che agli inizi volevo che tutto fosse perfetto, non riuscivo a lasciare da solo nemmeno il portiere di notte, piombavo a controllare che tutto fosse al suo posto. Ho compreso poi che

F OTO D I M A R C O C O M P I A N O

Roberta Basso

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uesta è stata una delle chiacchierate più brevi ed intense che abbiamo mai fatto con i protagonisti delle nostre storie. Incontriamo un femminile accordato tra forza e fragilità, coniugato con la solida ed impegnativa eredità di una famiglia di costruttori dai primi anni ’30, con una personalità fiera e risoluta, Roberta Basso è una donna, una mamma ed imprenditrice, vicepresidente della realtà Basso Hotel & Resorts, dove al contempo coesistono l’ospitalità di natura alberghiera e il business della dimensione congressuale. Questa maestosa e articolata struttura di cemento ha un cuore morbido e caldo. È un contenitore che ha reso possibile un’altra espressione della femminile dinastia Basso. Ci sediamo in un angolo appartato della zona bar e in pochi secondi abbiamo davanti a noi un reality che nessuna parola meglio poteva introdurci. Roberta riceve una chiamata da papà Mario, si confrontano su una faccenda, di lì ad un’ora lo deve raggiungere per il meeting di primo pomeriggio. Nemmeno 5 secondi dopo aver chiuso il telefono


IMPRENDITORIA

la dimensione dell’ospitalità a questi livelli, va avanti da sola proprio perché ti attorni di uno staff di professionisti e ognuno è al posto giusto.” Papà Mario a soli 18 anni, con la sua mini minor usata e tanta determinazione, costruì la sua prima struttura: un condominio, che ha prontamente messo a reddito, nel caso in cui fosse dovuto succedere qualsiasi cosa, perché proteggere e mettere in sicurezza la sua famiglia è sempre stata la sua priorità, ancora prima che si allargasse. Questa operazione infatti fu intrapresa dopo solo un anno di conoscenza con Iside che sarebbe diventata sua moglie di lì a poco. Nonno Angelo, il padre di Mario nei primi del ‘900 si cimenta nell’ambiente edile diventando nel tempo uomo stimato e tramandando delle solide fondamenta. E poi c’era nonna Maria, la nonna che “appare” come ci racconta Roberta, quasi un filo conduttore, in vita erano le braccia del suo conforto, poi quando è venuta a mancare nel 1992, in ogni difficoltà ha saputo palesarsi per trasmetterle ancora la forza del suo amore. Un’altra figura di riferimento per la famiglia e l’azienda è la s i g n o r a Pa o l a , s o r e l l a d i Mario, gestisce la parte amministrativa del gruppo Basso e lo affianca da sempre nelle scelte strategiche della famiglia. Il ramo familiare di quest’ultima vede la presenza attiva ed essenziale dei cugini di Roberta, Francesca e Alessandro che seguono rispettivamente il marketing e l’area commerciale, insieme al fedele e pacato zio Giampaolo. Roberta non manca di ricordaR O B E R TA re il cognato Simone suo socio che reputa più di un fratello, egli è al fianco di Adriana da oltre 30 anni, ed esempio di fedeltà e abnegazione alla famiglia e al lavoro per tutti. Il Best Western Premier BHR Treviso Hotel, albergo internazionale con una forte vocazione congressuale alle porte di Treviso si apre in 4000 metri quadri di tradizione tutta maschile che ha pertanto saputo fondersi con le abilità delle donne di famiglia. E Roberta incarna la sintesi tra questi due mondi. Come un ponte tra tutti sa aprirsi nelle sfaccettate dimensioni che una realtà non solo imprenditoriale comporta. Ci racconta di essere stata una bambina

timida e che l’ambiente che ha frequentato e le mansioni che via via ha ricoperto l’hanno aiutata diventare una donna più sicura anche se “quando mi sento sovraesposta esce ancora questo aspetto di me”. Una laurea in giurisprudenza, dichiarate abilità commerciali, senza tenere conto di certe propensioni artistiche, in quale impresa riconosci la massima espressione di te? Roberta non segue l’impulso, riflette, si prende delle pause come se si mettesse in ascolto di qualcosa di meno evidente, infatti le sue risposte non sono quelle che ti aspetti.

B A S S O C O N I L D I R E T TO R E D E L B H R T I Z I A N O

“Vedere apprezzato un piatto che cucino mi rende felice e appagata. Per una ricetta ben fatta non devo rendere conto a nessuno. È un’arte che esce da me, che devo a me stessa al massimo a mia mamma che con il suo esempio mi ha portata fin da bambina a condividerlo ed esercitarlo”. Le piace aprire le porte di casa agli amici, accoglierli con il profumo di una calda pasta e fagioli, e a seguire una tombolata che mette la partecipazione al centro di una domenica qualunque. A 24 anni, finiti gli studi, dopo una breve riflessione se proseguire con la carriera

legale, entra nell’impresa di famiglia e mette a punto il suo primo successo professionale. È stato sotto gli occhi di tutti come il buon sangue si fosse tramandato. Il padre ha forgiato le sue figlie alla conquista di se stesse, come un vaso comunicante il flusso lavoro-ricompensa è stato fin dall’inizio chiaro e comprovato. “Ammiro mia sorella Adriana, mamma di 3 figli e donna che ha saputo coltivare e mettere a frutto la sua passione, architetto e pittrice botanica, ha dato il suo contributo per rendere questo hotel una sintesi di elementi legati alla natura”. Era un progetto molto ambizioso, ma fortemente voluto. Ciò che è importante e solido in questo spazio, non si vede, non appare. Ma permette al complesso di regalare un confort assoluto. Ci stiamo riferendo ad elementi non solo architettonici, ma soprattutto servizi volti al cliente e innovazione tecnologica. Ampi spazi con materiali di pregio, e grande attenzione a fattori che non sempre vengono valutati seriamente come il sistema di insonorizzazione per esempio, l’abbattimento acustico è stato un tema fondamentale visto l’apertura degli spazi. “Abbiamo voluto luminosità e spaziosità ma al contempo calore e spazi che invitassero al raccoglimento”. L’ospite si deve trovare a suo agio fin da subito. L’acqua che scende dalle pareti dell’entrata principale conferisce all’ingresso evocazioni, visioni e suoni naturali. Eppure i suoi numeri sono di tutto rispetto, è una struttura che fa 150 mila coperti, 600 mila caffè e 45 S I M O N AT O mila pernottamenti in un anno. È nato come hotel indipendente ed è entrato nel 2012 nell’universo Best Western, che li ha riconosciuti tra i top hotel della catena assegnando il marchio “Premier” e inserendoli fra i 4200 alberghi associati diffusi in tutti i continenti. Nel 2017 è stato considerato tra i 50 miglior business hotel nel mondo con oltre 45.000 presenze alberghiere e 150.000 congressuali all’anno. In questo pozzo di numeri e traguardi esiste un’attenzione diffusa verso scelte qualitative, verso uno stare reso piacevole perché non appariscente che rende l’esperienza di un incontro o di una cena sorprendentemente intime e amichevoli. Anche lo stare al passo con i tempi e

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IMPRENDITORIA

guardare al futuro è una delle priorità. Eliminazione della plastica, riduzione degli sprechi e una visione più green ed ecofriendly è tra gli obiettivi di proprietà e direzione, che mette già a disposizione degli ospiti colonnine elettriche, acqua demineralizzata, risparmio energetico, prodotti a km zero.

“Papà ed io parliamo molto di lavoro, ma fissi nella mia memoria rimangono i ricordi delle mattine della domenica sul lettone con mia sorella Adriana” La versatilità è un must di questo complesso, la realtà si è rapidamente aperta a plurime influenze, spontanee o guidate? “Vuoi per la varietà e ampiezza degli spazi, vuoi per la mentalità di direzione e staff, la parola che nel tempo ci contraddistingue è proprio la flessibilità di far fronte a richieste simultanee, a volte anche estreme. Come ospitare nelle stesse ore il Rally di Marca e la Convention

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dei Professionisti nell’Organizzazione Funerali, oppure la più prestigiosa scuola di ballo latino americano e il convegno politico”. Sorride fiera ed orgogliosa dell’estrema professionalità con cui ogni componente della squadra riesca a sintetizzare le qualità stesse con cui è cresciuta. “Ho confluito la mia creatività in certe iniziative legate agli spazi di questa struttura che amo, per esempio quella che è oggi la nostra esclusiva sala degustazione per pranzi di lavoro o cene private era uno spazio non pienamente sfruttato. L’idea non ha fatto altro che esaltare e completare la già sviluppata dimensione enogastronomica della nostra realtà.” L’alto grado di efficienza e passione di tutte le figure professionali che contribuiscono al buon funzionamento della struttura, fanno dello staff una squadra affiatata. “Io dico sempre il software di queste mura ha un imprinting naturale, ci si sceglie. Tiziano Simonato, direttore generale del BHR Treviso Hotel, è un professionista di settore con un curriculum professionale di prim’ordine e condivide con me l’amore per il cibo e il culto dell’ospitalità. Ma ogni singola persona qui ha modo di esercitare se stessa con una motivazione che sfocia in affetto.” Fitta in questa vita-lavoro, rubiamo inediti aneddoti di infanzia che oggi la fanno

sorridere. “La mia adolescenza è stata turbata da Madre Elda!” - quei timbri che troppo spesso i professori mettono agli alunni apparentemente meno brillanti sono terribilmente castranti. Quasi sempre smentiti dalla realtà della vita che regala opportunità a profusione propria a chi per tanto tempo ha liberato aspetti più chiusi di sé. Infatti a tirar fuori l’autostima didattica nel tempo fu il professore delle superiori, il prof. Enrico Zambon che con i 9 in italiano compensò l’idea che si era fatta di sé. Cosa ha fatto recentemente per se stessa? Ancora una volta eloquente silenzio. “Realizzo che non è facile ricavare momenti per me stessa, anche se con il tempo e i dolori ho imparato a ritagliarmi spazi goduriosi e risanati. Ultimamente sono stata a Napoli con coppie di amici, ero l’unica spaiata, mi hanno regalato la meraviglia di non pensare a nulla, mi hanno trasportata con amore in itinerari, spazio e orari, io dovevo solo essere. Non ricordo precisamente quando l’ho provato prima.


Best Western Premier BHR Treviso Hotel Ospitalità, business e alta cucina si incontrano nel cuore della marca trevigiana Situato nelle immediate vicinanze del centro di Treviso e a soli 2 km dall’Aeroporto Canova, e a 25 dallo scalo internazionale di Venezia, in una struttura architettonica di 4000 mq moderna e dallo stile raffinato, il Best Western Premier BHR Treviso Hotel accoglie l’ospite con la proverbiale gioia di vivere trevigiana. Fra mosaici e cascate d’acqua, il BHR è lo spazio eventi più richiesto da una piazza d’affari importante come Treviso, ma anche da fuori Regione. L’Hotel dispone di 133 camere. Il rilassante Centro Wellness & Fitness, situato all’ultimo piano con una suggestiva veduta panoramica, accoglie gli ospiti dopo un’intensa giornata di lavoro o al rientro da un’escursione nella Marca Trevigiana. Aperto anche per chi non soggiorna in hotel è possibile su prenotazione usufruire della sala massaggi grazie alla professionalità di una qualificata operatrice olistica del benessere. BHR è anche DiVino Osteria Trevigiana, raffinato ristorante dove i prodotti locali e i Presidi Slow Food sono protagonisti dei menu a chilometro zero, accompagnati da vini di rinomate etichette. La certificazione AIC (Associazione Italiana Celiachia) permette di proporre piatti anche per chi ha intolleranze alimentari. Gioja Lounge Bar, caratterizzato da uno spettacolare banco in onice retroilluminato, è il ritrovo alla moda per gli ospiti dell’albergo e il pubblico di Treviso. Durante la giornata si trasforma: a colazione accogliente e raffinata caffetteria, a pranzo stuzzicante cicchetteria dove gustare snack, insalatone, primi piatti. Di sera, Gioja è lounge bar dove ascoltare buona musica e degustare un calice di Prosecco, rilassati sui comodissimi divani e chaise longue.

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PARERI

L’avvocato Luigi Fadalti, tra Hegel, Sementosky e Beethoven Un racconto di vita scandito dal principio di uguaglianza DI MARA PAVAN

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’unico sport che ha praticato fino all’età di 18 anni è il tennis, uno sport elitario, da esteti, uno sport di tecnica portato alla massima esaltazione proprio in quegli anni in cui Adriano Panatta lo ha reso celebre. Quel materiale vivo, pesante che prolungava l’arto lo rendeva involontariamente elegante, privo di agevolazioni, Gianni Clerici parlava di “i gesti bianchi” per restituire tutta la grazia di quei movimenti. Ci introduciamo nello studio silenzioso, elegante, caldo dell’avvocato Luigi Fadalti che senza ombra di nostalgia, con il solido realismo che lo contraddistingue, ci parla senza perché del suo passato da ragazzo che ha potuto godere di ritmi e movimenti più calmi.

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PARERI

Il mondo cambia. E noi con lui. Conservando però intatta la nostra natura. Il noto avvocato penalista nasce a Venezia il 12 gennaio del 1956, una città che ama e a cui sono legati i ricordi di una fanciullezza libera tra le calli, senza pericoli “a parte la possibilità non remota di cadere dentro ai canali dai quali venivi sempre comunque ripescato da qualcuno. Amo la sua democraticità, puoi essere l’erede del Doge o l’ultimo dei diseredati, rimane il fatto che o vai a piedi o vai in vaporetto”. Terreno, tenace, cauto fino a sembrare imperturbabile tiene celato un animo pacifico, riservato, curioso anche di forze che vanno ben oltre alle capacità solo umane. Finiamo per parlare dell’influenza dei corpi celesti, del testo francese “Sementosky” in cui l’autore rileva che nella dialettica della polarità è insita la chiave di volta che permette all’uomo di plasmare il proprio destino nell’ambito del raggio d’azione consentito. Ed è proprio in queste parole che troviamo l’articolazione dei passaggi importanti della sua vita, sia professionali che privati. Come vive la trasformazione epocale degli ultimi 30 anni? “Con la stilografica in mano, anche se sul mio profilo whatsapp troviamo scritto “sono troppo snob per permettermi di essere anche razzista”, lo dice serafico sfoderando il suo minuscolo e desueto Android, che alla scelta del più grande smartphone sceglie il più piccolo che ha trovato nel mercato.

constatare e non si risparmia nel sottolinearmi che proprio noi giornalisti abbiamo contribuito ad incrementarlo, allontanandoci dal ben discorso portatore di valore.

“Un carico di passione non deve inficiare la razionalità” Valerio Marcellino nel 1831 scrive nel suo “Discorso sulla lingua italiana”: “Confesso ben io che gli autori danno alle lingue una dignità che sta ferma e dritta, e che non può cadere, quantunque la lingua, come mortal cosa, declini (...)”. Tutto il discorso sul latino e la lingua morta trova oggi almeno senso interessante: pensiamo a quanto un uso consapevole della parola può fare per la nostra società. Sapere i significati modifica i pensieri. Li responsabilizza. Luigi Fadalti ha vissuto il suo personale cambio di passo all’università intrapresa rigorosamente a Padova, dove non ci sono state esitazioni di sorta sul percorso da seguire per diventare uomo di Legge. Erano gli anni del terrorismo, “anni non facili ma vividi e partecipati in cui circolava una passione politica aderente e palpabile, al di là di tutto e delle appartenenze, faceva scorrere

nell’aria correnti di fuoco di spirito e di idee. Inutile dire che oggi queste accensioni sono sparite, dietro a cerini che si credono incendi”. Il suo rapporto con la religione? “Mi definisco serenamente un laico, ateo convinto che non vuol dire essere privi di principi. Lo ritengo un appunto scontato, ma è una buona occasione per definire quali siano i principi a cui mi sono sempre appellato, quelli del rispetto alla vita e alla dignità.” Ci dà la sua definizione di dignità? “La dignità è l’onore e il decoro per se stessi e per gli altri.” Venezia insegna. Non è escluso che proprio questa idea di uguaglianza definita dalla differenza, sia stata la base delle sue scelte future legate senza esitazione al mondo della giurisprudenza. In mezzo a tante tematiche elevate c’è lo spazio per un esempio tratto dai suoi ricordi cinefili. “Le consiglio di guardare - ci dice - Non sposate le mie figlie!” Ci riassume la trama con l’incedere degno di una barzelletta e sorridiamo nel vedere l’avvocato in questa veste quasi giocosa: “Quattro figlie sposano, la prima un cinese, la seconda un ebreo, la terza un musulmano...” Sorridiamo e chiediamo curiosi, e la quarta? “finalmente la quarta sposa un cattolico”. I genitori sono una coppia francese, molto religiosa e conservatrice e la scelta delle tre figlie di unirsi ad immigrati di seconda generazione li ha

Figlio unico, bambino riservato quasi timido “fondamentalmente quello che sono rimasto, al Liceo prendevo sempre 7 in condotta perché tendevo in classe a seguire il filo dei miei pensieri che non erano necessariamente accademici”. Ma di quegli anni ci racconta dell’unico professore degno della sua categoria, il prof. Baroni del Liceo Canova insegnava solo italiano, “e aggiungo, purtroppo. Lui non interrogava mai, “stimolava colloqui” e nessuno di noi con lui ha sofferto ansie da prestazione, sapeva far sorgere il meglio in ogni alunno”. C’è un terreno di vicinanza tra la professione del giornalista e quella dell’avvocato, in entrambe le professioni la parola può diventare un veicolo di salvezza al di là della mera comunicazione. Così si è aperto il capitolo, l’anima delle parole. Sul decadimento del linguaggio c’è poco da dire e tanto da F OTO C O N I L M I N I S T R O D E L L A G I U S T I Z I A B O N A F E D E

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PARERI

“La mia professione ha una dimensione creativa accesa. È un lavoro che non ti abbandona mai, in ogni momento si può palesare l’interpretazione giusta. Anche se il pensiero laterale non è molto apprezzato dalla nostra materia”

profondamente turbati. Vivono attimi di felicità per l’ultimo matrimonio...ahimè dovranno scoprire che il ragazzo è un ivoriano”. Le sagge beffe della vita. Colore, bandiere, fede sarà l’indole, sarà lo spirito veneziano, ma su tutto l’uomo Luigi Fadalti erge il valore interiore che fermo si muove in un sociale non sempre clemente, tra i labirinti di una professione tra le più complesse in ordine di etica, che ti porta a difendere anche chi sai essere colpevole, la cui guida però diventa non scagionare ma attenuare la condanna. “Ho avuto il grande vantaggio di nascere consapevole in una famiglia borghese, da un padre autoritario e da una mamma intelligente e acculturata che mi ha insegnato a stare in mezzo a tutti e scegliere la vita che ho voluto”. Dalle Quote rosa alla festa dell’8 marzo, oggi c’è da fare una riflessione urgente: “quelle che erano nate come battaglie di avanguardia sono diventate battaglie di retroguardia. Solo alcune memorie meritano di rimanere vive, quelle che hanno dettato la sopraffazione dell’umanità, dal genocidio Armeno alla Shoah e alla

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Porrajmos, una sopraffazione che purtroppo si ripete quasi a tenere ferma la parte più micidiale dell’essere umano.” Cosa ci dice della sua professione? “Che ha una dimensione creativa accesa e che è un lavoro che non ti abbandona mai, ti segue di notte e di giorno, in ogni momento si può palesare l’interpretazione giusta. Anche se il pensiero laterale non è molto apprezzato dalla nostra materia.” Ci racconta dell’ultimo convegno a Vicenza in cui è stato relatore, il tema verteva sulla sanzione Pensale. “È sempre occasione di studio, così mi sono ritrovato a riaffrontare quel psicopatico di Hegel.” Ci facciamo una grassa risata. Anche l’esimio giornalista Massimo Fini ha definito in maniera eccentrica il filosofo tedesco che concepisce la pena “come lesione che si abbatte sul delinquente”. Responsabile di aver generato il nazismo e lo stalinismo quando meno. “Mediamente il cliente fa fatica a distinguere un avvocato “giusto” da uno “meno giusto” per se stesso,

intendo. È una faccenda culturale. Siamo figli di Sacra Romana Chiesa non facile interpretare e comprendere 2000 anni di storia. Non sono Spinoza ma in questo senso - ci dice con un sorriso schermendosi per l’azzardo - convivo con la mia espressione metafisica.” Cosa ha liberato in lei la paternità? “Il mio naturalmente contenuto lato emotivo. Vittoria, la mia seconda figlia ha 8 anni, - il primogenito, Niccolò Fadalti, è un forte atleta, (rugbista del Petrarca Rugby) che lo ha fatto diventare nonno di Alice il 6 novembre scorso - porta il nome di mia mamma... e con questo credo di dire tutto.” Qual è il suo luogo di rigenerazione? “Nella mia biblioteca, con un buon libro tra le mani, Beethoven di sottofondo. Sono un solitario, amo la tranquillità della mia dimensione”.


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La solida fragilità della natura di

LisaPerini È

un sabato mattina di pioggia quello in cui incontro la nota pittrice trevigiana Lisa Perini (alcune sue opere accolgono i viaggiatori direttamente all’aeroporto Canova; http://www.lisaperini.it/aeroporto-canova) nel suo studio, mentre lavora ai suoi diari. Di lì a qualche giorno sarebbero stati protagonisti al padiglione Italia della Biennale Educational di Venezia di una serie di straordinarie esperienze con le scolaresche durante l'esposizione, dal sei al ventiquattro novembre, del progetto Super natural, un insieme di opere e performance (dipinti, scrittura, scultura, musica) accomunate dal ciclico tema del cambio delle stagioni, curato dall'architetto Simone Gobbo. Era il 1997 quando Lisa vinse un premio artistico a livello mondiale tra opere selezionate da artisti con spettro autistico a Burgos (la mostra si trasferì poi in varie capitali europee) e il mondo dell'arte cominciò ad accorgersi di lei, suggellando così l'approfondimento di un percorso di crescita nel segno dell'arte che fin da bambina aveva accompagnato la sua scoperta e decodificazione del mondo. Ad oggi è una grande artista le cui opere sono presenti al museo di Taiwan (http:// www.lisaperini.it/two-points-2011), sono state ospitate ai giochi olimpici di Abu Dhabi (http://www.lisaperini.it/inclusive-art-gallery-at-emirates-palace-puts-2019 ), e in una colonia di artisti impegnati a far luce sugli aspetti vitali ed evolutivi dell’antropologia delle migrazioni a Tunisi in una colonia di artisti radunati dall'OIM ( http://www.lisaperini.it/ tunisia-mirage-despoir-2019). Ma nel silenzio della pioggia di quella mattina mentre Lisa lavorava e nelle pause della nostra conversazione ho registrato soprattutto le domande più inquiete a cui difficilmente esistono risposte univoche: da dove proviene il dono che rende gli artisti così capaci di congiungersi al mistero della vita e della morte? La cosiddetta fragilità non è anche una possibilità di attingere a doti e specificità che sono privilegio di pochi? Lisa talvolta si alza per guardare l'alba e nei suoi diari a cui lavora quotidianamente è palesato anche dalla parola (che non può che essere picta a sua volta, in texture che hanno la

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DI IVANA PRIOR

precisione di incunaboli) attinge davvero al mondo della natura in maniera privilegiata e con un approccio colto e raffinato frutto di costante formazione e approfondimento. Lisa dopo la laurea specialistica in pittura all'accademia di Venezia con Luigi Viola, ha continuato a seguire alcune attività culturali dell'Accademia nei suoi quotidiani itinerari veneziani, nel suo amore per questa città che così la suggestiona. Le lezioni di musica con il professor Cisternino che hanno preluso le performance dello Strumetarium alla presenza delle scolaresche alla Biennale sono state densamente filosofiche e legate ad una estetica della musica nelle sue essenze. Il curatore di “Supernatural” riflette sulla possibilità di vedere svelato senza essere davvero svelato mai (come è nell'arte nei


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ARTE

suoi archetipi) il legame tra la natura che ci portiamo dentro e i suoi equilibri-disequilibri, quel simbolismo fiabesco che si ricompone nel colore, il rosso in particolare da Lisa prediletto, oltre la sua stessa fisicità ed espressività. E così descrive l’opera di Lisa: "ritroviamo una creatività assopita, lasciare che l'arte scorra come un fiume, scorra come una via lattea". Quali sono Lisa i soggetti che ami dipingere? "Amo molto dipingere gli angeli. La figura umana la dipingo solo se mi vengono richiesti dei ritratti e preferisco farli agli altri che a me stessa. Amo molto i paesaggi. Amo le installazioni materiche nelle mie opere. Fin da piccola facevo disegni e ne ricordo uno a cui sono rimasta legata: le fate dell'arcobaleno a 12 anni. Avevo già capito quanto sarebbe stato per me fondamentale dipingere.” Cosa hai sviluppato nel tuo lavoro alla Biennale? “Ho disegnato e scritto il mio diario e i bambini hanno fatto qualcosa di simile in contemporanea.” Come scegli un colore? “Sento come se il colore mi chiamasse, sono attratta dai colori forti. Il rosso mi dà energia vitale ed emozione mentre il bianco è come la purezza e la semplicità.” Nell'esposizione alla Biennale Educational erano presenti opere molto significative di Lisa come "La grande tela di Paradiso" e le installazioni " Nuvole Rosse " e al centro l'installazione "Le quattro stagioni", ovvero quattro totem con sezioni di tronchi trasformati da Lisa con smalti e materiali e con una cascata di oggetti in mezzo a loro. Tutto intorno, in teche di vetro appunto, i Diari, "forme di scrittura e segni che raccontano le esperienze racchiudendole in una forma di grafismo spontaneo" ( dalla descrizione del curatore Simone Gobbo). I diari di Lisa di cui pubblichiamo un esempio hanno fornito ai bambini stimoli per la realizzazione di racconti e tracce di immagini personali che poi l'artista successivamente pubblicherà in un grande diario; dal punto di vista umano il dialogo

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tra la visione dell'artista dei processi percettivi dell'infanzia e i bambini ha rappresentato sicuramente uno scambio pedagogico e artistico senza pari. Del progetto "Supernatural" si può segnalare che prima di visitare la mostra i bambini hanno assistito ad una grande proiezione; si sono svolte anche performance con il suono con il professor Cisternino docente e compositore dell'Accademia di Belle Arti di Venezia e con un gruppo di undici allievi dell'accademia che hanno creato una singolare sperimentazione al suono per ottanta bambini. Un ulteriore evoluzione comunicativa di un percorso artistico già cosi articolato. Nel lavoro dell'artista ha sempre dominato il sentimento del colore e l’energia della materia ma Lisa ha sperimentato con risultati interessanti nel campo dell’installazione, della fotografia, dell’uso del computer e delle nuove tecnologie, dei materiali extra-pittorici, del suono, linguaggi che sono stati e sono altrettanto importanti per definire un percorso di ricchezza espressiva. Lisa che rapporto hai con la dimensione della città? “Amo Venezia perchè ispira molto la mia pittura. Vado spessissimo a Venezia”. Venezia ti ispira? “Sì, amo molti suoi elementi figurativi, come le gondole. Mi piace andare a San Servolo perché c'è una bella natura. Poi amo anche i tramonti sulla laguna, alle zattere, amo la zona dell'accademia, a cui vado ancora a frequentare delle lezioni. Amo di Treviso le mostre di tutti gli autori contemporanei che usano l'immagine come per esempio, Beppe Mora ma anche le tracce di grandi artisti del passato come Arturo Martini, Treviso somiglia a Venezia per le non geometrie dei suoi vicoli”. E davvero se l'artista è chiamato a svelare il senso oscuro delle cose Lisa sembra accompagnare ognuno di noi a vivere un pò di più e un pò più intensamente l'irrazionale profondo.


“Grazie per aver onorato i miei primi 50 anni di attività con i vostri attestati di stima e affetto„ Antoine

ANTOINE

Via Giuseppe Toniolo 29, 31100 Treviso 0422 579934


ARTE

DI MARA PAVAN

Dal battito del cuore, una progettualità scandita dai battiti delle campane

Edoardo Bottacin

E

doardo Bottacin è stato responsabile per la stagione musicale che ha omaggiato i 150 anni del teatro comunale di Treviso appena conclusasi e della stagione teatrale e musicale Cime di Cortina d’Ampezzo. Presidente della sua Associazione Musincantus che incarna tutta la sua fitta ed intensa esperienza come musicista e come esploratore delle arti musicali in tutte le sue dimensioni. È organista tra i più apprezzati di Treviso, a soli 20 anni è diventato precocemente vicedirettore della Schola Cantorum di S. Agnese e in seguito organista titolare della stessa parrocchia avvicendandosi al compianto maestro Amedeo Aroma. Ma ciò che distingue questo ragazzo della nostra città dalle vedute senza confini, è la progettualità. Un incontro che insegna, un incontro che non ti aspetti così portatore di significati e anche qualche fresco modo per rileggere certi argomenti che riguardano il metodo, la disciplina, l’invenzione e persino un modo genuino per leggere le vicende politiche trasversali. Edoardo ha 23 anni appena compiuti (22 novembre 1996), titolato dalla

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stampa nazionale e locale come il più giovane direttore artistico d’Italia. Tutti hanno imparato a conoscerlo proprio attraverso i suoi progetti e programmi, attraverso quello che dicono di lui. La stampa è arrivata dopo, molto dopo, solo dopo a raccogliere un frutto seminato almeno 20 anni fa. Cosa succede all’età di 3 anni dunque? Un suono indirizzò la sua strada, proprio come la favola del pifferaio magico. Allo scoccar del mezzogiorno dal locale di mamma Isabella in piazza Teatro Dolfin correva senza permesso verso quel suono ammaliante, erano le campane della Chiesa dei Frati di San Francesco. Si fermava per decenza al ponte del Cagnan alzava il naso all’insù e respirava l’aria mossa da quel rito antico, un rito di richiamo collettivo che lui avvertiva come ipnotico. Fatto sta che a casa Bottacin era tutto un costruire di campane, riproduzione del meccanismo, la struttura del campanile riprodotto con i Lego ma soprattutto i fili che dovevano riprodurre il movimento dal quale sentire quel suono in miniatura. A portata di mano. E soprattutto fatto da lui. Lo scenario in cui cresce Edoardo è sì

la casa ma anche e soprattutto il servizio in parrocchia, per sua volontà, senza costrizioni. Si è cimentato come chirichetto, come corista, poco più tardi come organista ed educatore giovanile (attività questa che tutt’ora fa seguendo insieme a tanti amici il gruppo 31centro delle superiori. Deve essere una questione di riti, la ritualità ancor più la sacralità che i tempi della religione sprigionano sono nella loro versione più intima, un grande bene della vita. Fu così che all’età di 17 anni organizza presso la chiesa della sua parrocchia, il Sacro Cuore, che dista 50 passi da casa sua, il suo primo concerto. Ma prima di vedere come, vediamo cosa succede fino all’alba della maggior età. Edoardo inizia a suonare il pianoforte in quarta elementare già con l’attrazione per l’organo. Ad esaltare le sue doti fu il suo parroco Don Giuseppe Tosin, attualmente nella parrocchia di Paese a cui Edoardo deve un grande grazie, lui per primo, un giorno gli disse: perché non vai a studiare musica, sei molto intonato! Zia Anna la sorella di papà Antonello incoraggiò questo percorso. Chiedo se ha sentito nel tempo una figura più importante delle altre, in realtà emerge


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che l’incastro perfetto di tutti i suoi eventi hanno creato una chiarezza rara commisurata alla sua giovane età. Così come fece il liceo scientifico collezionando il primo anno 4 materie da riparare e sperimentandosi poco propenso per la letteratura, al contempo materializzò professori degni di ricordo come la prof Roberta Braggion che gli fece “pelo e contropelo” perché sì, non era bravissimo nei componimenti ma gli avevano affidato comunque all’interno del giornalino della scuola la parte della cronaca degli spettacoli teatrali. Qual è il bravo professore? “Quello che dal nulla ti dà debito fino a quando non impari, senza farsi odiare sa farti raggiungere il tuo obiettivo”. Mentre di sottofondo alla sua adolescenza c’è la musica e lo strumento mistico per eccellenza, sente che il musicista non sarebbe stato il suo futuro. “Essere musicista di professione richiede un rigore e una disciplina che non mi appartengono”. Capisce rapidamente di voler vedere davanti a sé aperte varie strade, sperimentando quante più abilità avesse in animo, dall’organizzazione, al senso della condivisione, la curiosità e la determinazione. Con una coerenza paragonabile solo ad uno spartito si iscrive al Conservatorio e all’Università di Economia Aziendale, fondendo principi che sono ora i suoi supporti, i suoi strumenti. Fondendo persino la contraddizione delle sue parole con i suoi talenti, consapevole che esiste nell’essere umano una quota di “difetto” che va solo ottimizzato per far esaltare il massimo pregio di se stessi. Il tutto condito con la semplicità dell’azione e dell’impegno. In teatro veritas Questo ragazzo sempre in movimento che immaginiamo scattare a suon di campane, avvicinandosi alle varie forme della musica, trova nell’opera e nel tempio del teatro un altro luogo sacro. E così inizia molto presto la sua esplorazione degli infiniti modi di viverlo, dieto e davanti le quinte, chiedendo di assistere alle prove giovanissimo, era sempre l’unico ragazzo che con lo spartito in mano, in prima fila assorbiva ogni singolo insegnamento della macchina teatrale. E poi arrivano le comparsate concesse in via del tutto eccezionale prima dei 18 anni. L’abbonamento alla Scala di Milano e al Comunale di Treviso accompagnato

da nonno Angelo che lo apostrofava come il suo “badante culturale”, in pratica era Edoardo che accompagnava il nonno e non viceversa. L’insieme delle conoscenze di spessore iniziano a diventare sempre più ricche, mese dopo mese. Arriva alla direzione del coro della chiesa di Santa Agnese, come tutto fosse una diretta conseguenza naturale di una prodigiosa volontà. Torniamo quindi a quel primo concerto organizzato. Voleva portare l’Orchestra Giovani Archi Veneti servivano 1.200 euro. Ma come si poteva fare a trovare i fondi necessari? Con il suo proverbiale approccio professionale, stila il suo primo progetto artistico con tanto di business plan allegato che prevedeva di raggiungere la copertura dei costi attraverso la raccolta di quote da 50 e 100 euro. Con quel foglio impaginato ad arte e il suo centrato entusiasmo girò per il centro città andando da commercianti amici e non. Da allora, ogni anno, il concerto si ripetè, aumentando man mano il livello di competenze e di spessore. C’è un episodio che descrive magnificamente la sua caparbia e dotata indole. Siamo a Cortina, prende appuntamento dall’Assessore Paola Coletti e presenta i suoi recenti progetti trasmettendo la possibilità di avere in quel luogo magnifico un’articolazioni di filoni che vanno dai concerti, al teatro brillante, la musica in quota e qualche proposta internazionale. L’Assessore... ascolta attentamente e questa è stata la risposta: “Ogni settimana mi arrivano giovani e meno giovani con idee che mi appaiono buone e di valore, ma ho sempre l’impressione che tutti scambino il Comune per una Istituto benefico, tu sei il primo che al pari del valore riesce ad apportare un progetto già pronto e in parte finanziato” Così affiancato da Michela Manaigo, oboista e

ANEDDOTO

L'esame di Diritto Privato “Era uno di quegli esami “mattone”, non sapevo come studiarlo visto anche che ho un apprendimento non mnemonico, ma pratico. Non mi ritengo uno studente brillante anche e soprattutto perché sono molto pratico nelle cose e le materie teoriche sono un po’ uno scoglio. L’ho ripetuto ben 7 volte, non nego che ho temuto di non laurearmi più. Ad essere risolutivo è stato l’intervento della mia amica avvocato Caterina Maresio, che ha passato una estate ad interrogarmi, a rendermi la materia più “reale”. Sono passato con il 18 che pesava come un 30”.

C ON C ERTO D I I N AU G U RA ZI ON E C ON FA BI O S A RTORI , G RA N D E T ENO R E LIR IC O

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ARTE

musicista di alto spessore che vive tra Treviso e Cortina ma originaria proprio di Cortina d’Ampezzo. Ed è così che si apre un fronte, il primo fuori la sua città d’origine in una realtà che ha esigenze molto diverse che si è appena concluso con un trionfante concerto sinfonico di

C O N M A M M A I S A B E L L A , PA P À A N T O N E L L O E I L F R AT E L L O A L B E R T O

Capodanno. Una stagione di 12 appuntamenti che hanno visto una plurispazialità e soprattutto una partecipazione non solo turistica ma anche e soprattutto dei cittadini che dopo molti anni finalmente avevano la loro stagione di teatro e musica. Certo la curiosità era molta ma la varietà delle proposte, la collaborazione con alcune eccellenze locali ed ospiti internazionali ci ha dato molte soddisfazioni sul profilo della partecipazione e della qualità proposta. Il nome con cui Edoardo si muove dal 2017 è Musincantus la sua associazione in cui lui appare come presidente e direttore artistico, un giovane associazione che in meno di due anni di vita ha saputo conquistarsi i principali

palcoscenici di Treviso, il suo pubblico e soprattutto, grazie all’Orchestra GAV diretta da Lucia Visentin di cui cura l’amministrazione e la gestione anche molte piazze extra-regionali con turnèe e produzioni di spessore. “Musincantus è il luogo dove professionisti amici apportano la loro passione ed esperienza, sono le persone che mi hanno insegnato e trasmesso di più nei miei anni di studio e sperimentazione. Le persone che professionalmente ritengo pilastri ed esempi”. Mentre ci racconta, come evocata, appare nello spazio del nostro incontro Cinzia Andreoni, a cui deve la sua formazione visto che segue l’ufficio produzione e la segreteria artistica del Teatro Comunale di Treviso. È uno dei nostri soci fondatori e anima dei miei progetti, persona di grande esperienza internazionale e consigli preziosi. Come definiresti il rapporto con i tuoi genitori? “È un rapporto che posso definire maturo. Mamma Isabella, con la sua energia contagiosa mi ha sempre stimolato alla convivialità, aprendo le porte di casa ai miei amici per pranzi, cene e grigliate in cui io stesso con piacere mi cimentavo ai fornelli. Mio papà Antonello lo posso definire diplomatico e idealista. Attraverso questi modelli ho conquistato una precoce indipendenza”

Progetti 2020 “Nel 2020 porteremo a Cortina per la prima volta una produzione operistica montata e prodotta direttamente li con le migliori maestranze del Veneto oltre che a dedicarci a Treviso a rapporto tra il musicista trevigiano Andrea Lucchesi e il suo contemporaneo L. V. Beethoven nel 250° anniversario dalla nascita per il prossimo Autunno Musicale. Un'attenzione particolare verrà dedicata come sempre alla stagione dell’orchestra GAV con cui abbiamo in serbo un paio di progetti esclusivi.”

difficoltà, incanalato i difetti fino a farli diventare le basi del suo metodo. Proprio da lui, poco più che ventenne, ci arriva una saggia riflessione sui principi del metodo. Ogni disciplina, ogni faccenda, ogni materia, ogni attività e impresa hanno un metodo. Ancora una volta, esiste uno spartito per ogni musica che vogliamo suonare. Ed infine un'osservazione politica, che politica non è, ma la riteniamo di una bellezza sopra le parti, quasi un’idealità se non fosse la realtà: “Ho perfezionato il mio progetto a cavallo delle due Amministrazioni, e sono stato accolto da entrambi con la massima attenzione e con la stessa convinzione.” Ciò a dimostrare che la valorialità oltre ad essere trasversale è anche un viatico per le giovani proposte.

Trasmette un’elasticità di interpretazione genuina, profonda e frizzante, ha assorbito il meglio soppesato le

“Edoardo è un vulcano di idee e un vulcano di passione che si trovano raramente nei ragazzi di 23 anni, normalmente a questa età cercano ancora di copiare e imparare da altri. Mentre lui impara, porta avanti le sue idee e i suoi progetti di grande spessore ed importanza culturale”. Mario Conte, Sindaco di Treviso Galà di inaugurazione dell’Autunno Musicale C O N L ' A S S E S S O R E A L L A C U LT U R A L AV I N I A C O LO N N A P R E T I

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SAPORI

DI ANDREA CARTAPATTI

“Tuttomisù” is coming

Un omaggio al tiramesù. Ai posti del cuore ove della mia Treviso dove lo fanno a regola d’arte ed a mio suocero Giorgio Fantin, memoria storica della trevigianità, che costudisce preziosi ricordi legati alla storia ed all’evoluzione del dolce di Marca.

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#ricette o solo #canzonette? Dietro ad una ricetta, ad una bottiglia di vino, ad un ingrediente si celano spesso la storia, l'arte e le tradizioni di un popolo. Ad ogni materia prima tipica di uno specifico territorio sono associate storie, sacrifici, gesta spesso di un'intera comunità. Occorrerebbe rispettare di più le nostre e le altrui tradizioni e poi iniziare a parlare di piatti, ricette e bla bla bla come se fossero solo canzonette. Il fusion, per usare un termine moderno, ma amerei di più dire la fusione o ancor meglio la contaminazione, esistono da sempre come da sempre esistono uomini con gli occhi foderati di prosciutto di pessima qualità arroccati nelle loro irremovibili prese di posizione gastronomiche. Vi invito, con questo post, a fare un ragionamento in più quando programmerete i menù da condividere con i vostri amici e familiari. Non prendetemi alle strette: sono vini e ricette, ma non sono solo canzonette. La regola alla fine è sempre la stessa #perdereunsaporeèperdereunsapere

FOTO DI NICOLAS GOBBO

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iviamo un momento gastronomico in cui ogni dessert è un po' Tiramisù... Storpiato, spesso, più che reinterpretato in oramai centinaia di declinazioni che vanno dal tiramisù al mango sino al birramisù, passando per il tortino tiepido al tiramisù, il tiramisù alla purea di malva e menta, il tiramisù alla meringa, e chi più ne ha ne metta. Forse c'è poca fantasia tra gli artisti di questi dessert perché in Austria, ad esempio, mi risulta che la Sacher sia una ed un'unica e chef e pasticceri italiani non hanno certo nulla da invidiare ai colleghi austriaci, se non la fantasia nel coniare un nuovo nome per l'appunto. Attendo - ora che entriamo nel carnevale le frittelle al tiramisù! Già, giusto perché non sembra terminare lo stravolgimento di questo tipico dolce trevigiano, che anche se riprodotto senza attinenze continuate a chiamare tiramisù; dai ragazzi un po' di fantasia, o dopo Escoffier qualsiasi coppa con frutta e gelato si è sempre e solo chiamata Pesca Melba?! Fate poi voi, io vi ho avvisati: se continuate a interpretarlo, declinarlo, destrutturarlo, rivisitarlo il tiramisù prima o dopo vi visiterà lui a sua volta, ma di notte e con la mazza da baseball!!! Chiamare il dolce con un altro nome o riuscire a riprodurre bene la ricetta originale, prima di pastrycheffare divagando, sarebbe un gran risultato che renderebbe onore a molti chef ed al tiramesù (si è questo - in forma dialettale - il suo vero nome di battesimo). E la città d’origine, la gastronomia ed il gusto ne trarrebbero tutti giovamento.


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Le Sfrittelle Frittelle al forno non fritte

DI ELISA PERILLO KIDS FOODBLOGGER, PER LA VOGLIA DI VIVERE

Sembra un gioco di parole, ma è proprio così: queste frittelle fritte non sono, ecco perché ho pensato di definirle "sfrittelle". Si cucinano infatti al forno e sono una sorta di mix tra i bignè, dal punto di vista della consistenza, e le classiche frittelle quanto al sapore. Una buona soluzione per chi vuole festeggiare il periodo del carnevale con più leggerezza o per chi, come me, è completamente negata/o nel friggere!

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R I C E T TA D I S P O N I B I L E S U L S I T O W W W. P E R I A N D T H E K I T C H E N . C O M

SAPORI

Le Sfrittelle Ingredienti 250 ml di acqua 75 gr di farina tipo 0 25 gr di burro 25 gr di fecola di patate 25 gr di zucchero Un pizzico di sale La buccia di un’arancia non trattata 50 gr di uvetta 1/2 bustina di lievito 2 uova Zucchero a velo

Procedimento In una casseruola, versate l’acqua, il burro e un pizzico di sale e portate a bollore l’acqua tenendo il coperchio chiuso e lasciando sciogliere il burro.

la ricetta

Nel frattempo, setacciate in una terrina la farina, la fecola e il lievito e mescolateli insieme. Una volta che l’acqua ha preso il bollore, spegnete il fuoco e versate dentro alla casseruola le farine, mescolando energicamente. Riponete la casseruola di nuovo sulla fiamma e continuate a mescolare con una forchetta di legno o una frusta finché il composto non si stacca bene dalle pareti della pentola (circa 5/7 minuti). Deve risultare una sorta di palla, un po’ appiccicosa. Trasferite l’impasto su una terrina e incorporate lo zucchero con l’aiuto della frusta. A questo punto, aggiungete un uovo per volta: non inserite il secondo uovo finché il primo non risulta completamente assorbito. Completate la preparazione con la buccia d’arancia e l’uvetta, precedentemente ammorbidita in acqua bollente. Vi consiglio di tagliare l’uvetta a pezzettini per distribuirla in modo più uniforme nell’impasto. Con l’aiuto di due cucchiaini, create delle palline e disponetele su una teglia da forno ricoperta da carta anti aderente, lasciando un po’ di spazio tra una pallina e l’altra. Infornate a forno pre-riscaldato a 180° per 15 min, poi abbassate a 160° e completate la cottura per altri 10 minuti. Le frittelle raddoppiano circa il loro volume, ma non devono scurirsi troppo in superficie: per evitare che si affloscino, non dovete mai aprire il forno. Lasciatele raffreddare bene e cospargetele di zucchero a velo.

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SAPORI

Treviso Slow Wine 2020 Il prossimo 26 gennaio Slow Food Treviso, con il patrocinio del Coordinamento Regionale del Veneto di Slow Food e con Best Western Premier BHR Treviso Hotel, organizza la settima edizione di Treviso Slow Wine. Più di 105 produttori vinicoli segnalati nell'edizione 2020 della Guida Slow Wine presenteranno le proprie etichette, accompagnate da specialità gastronomiche regionali. Domenica 26 gennaio 2020, dalle ore 10.30 alle ore 19.00, le sale del Centro Congressi del Best Western Premier BHR Treviso Hotel saranno pronte ad accogliere questo prestigioso appuntamento dedicato al mondo enologico, che negli anni ha registrato sempre più presenze di espositori e di pubblico, arrivando quest’anno a più di 105 cantine con una previsione di affluenza che supera il migliaio di visitatori. Verranno pertanto accolte rinomate case vinicole del Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige presenti nella Guida Slow Wine 2020 di Slow Food Editore e come nelle precedenti edizioni, verrà dedicato spazio alle eccellenze gastronomiche degli “Artigiani del Cibo” selezionati da Slow Food Treviso, i cui prodotti potranno essere degustati e acquistati dal pubblico. Anche quest’anno sarà presente una rappresentanza di cantine della Slovenia. Treviso Slow Wine si rivolge a ristoratori, gastronomie e a tutto il vasto pubblico degli appassionati del vino, che avranno la possibilità di conoscere alcune fra le migliori etichette delle aree interessate. Un viaggio che si snoda dal Trentino Alto Adige, a Verona con le aree del Custoza, Bardolino, Valpolicella e Soave, al Vicentino e al Padovano con Breganze e i Colli Berici e Euganei, a

Treviso con l’Asolo Montello, le Colline del Prosecco, la zona del Piave e per la prima volta saranno presenti i produttori di Torchiato di Fregona "Piera Dolza", a Pramaggiore, proseguendo attraverso le Terre di Pianura e le Colline Orientali del Friuli, il Collio, Isonzo e Carso, per concludersi nella vicina Slovenia. Novità assoluta: in questa edizione circa 30 cantine proporranno in prima nazionale il nuovissimo tema dei Grandi vini rossi "Bordolesi" del Veneto. Una realtà che, nell'ultimo trentennio, ha saputo liberarsi da negative logiche di massificazione produttiva per raggiungere livelli qualitativi indiscutibili. Un’area dedicata, pertanto, sarà riservata a questi produttori. Inoltre, alle ore 14.00, con prenotazione, sarà possibile partecipare alla degustazione comparata di 12 "bordolesi" selezionati; al termine, proclamazione dei primi tre classificati. Ai visitatori verrà richiesto un contributo all'associazione di 15 euro, comprensivo di degustazione dei vini e dei prodotti agroalimentari in esposizione e in vendita presso gli stand degli artigiani del gusto, e del calice e portacalice con il logo di Slow Food. Quest'anno il ricavato della manifestazione finanzierà una borsa di studio presso l’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. Inoltre, solo per questa speciale occasione, i visitatori con meno di 30 anni

Slow Food® Veneto Slow Food® Treviso

TREVISO SLOW WINE 2020 IN BREVE Quando Domenica 26 Gennaio dalle 10:30 alle 19:00 Dove Best Western Premier BHR Treviso Hotel, Via Postumia Castellana 2, 31055 Quinto di Treviso (TV) Tel +39 0422 3730

Contributo 15 € a persona, comprensivi di calice e 7a Rassegna portacalice. Per i visitatori under 30 sarà Friuli Venez compresa l’iscrizione a Slow Food. nella Guida

Si potranno de presenti nella g oltre 30 cantin proposte da ar e ai piatti della

Per ulteriori informazioni Slow Food Treviso Antonio Zamboni T 335 7747008 E antonio@slowfoodtreviso.it

Contributo all’A comprensivo di e dei prodotti ga In omaggio il ca

Slow Food Treviso | A Best Western Prem

* Il contributo sarà finalizzato alla

potranno diventare soci Slow Food gratuitamente. L’area ristoro/degustazione, a cura di BHR Treviso Hotel, proporrà piatti tipici della cucina veneta preparati dallo staff del Ristorante DiVino Osteria Trevigiana, partner dell’iniziativa con la direzione dell’Hotel. Sarà così possibile completare la visita con un genuino pranzo domenicale che coniuga la cultura del vino e la tradizione alimentare all’insegna dei valori di cui Slow Food si fa promotrice.

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STORIE IN VIAGGIO

Manuela Barbolan, la ragazza di Ipanema

DI M.P.

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uesta è la storia di una di noi, nata per caso in... quel di Casier! Giochiamo con il ritmo delle parole che evocano subito una musicalità avvolgente. Con lei si può. Manuela Barbolan, è una trevigiana in viaggio. D’altronde i presupposti erano quelli, si è approcciata alla vita di corsa, come una atleta. Che poi si sia cimentata nello sci, nelle maratone, nella bici, è quasi un dettaglio. L’abbiamo incontrata in uno dei suoi full stop: San Paolo - Treviso con furore. Un caso che la incontriamo in città, è venuta a salutare i genitori, ma la sua terra dal 2011 è il Brasile e in un effervescente scambio scopriamo le sue vicende. Semplice o difficile, prendere e partire, cambiare terra e vita? A sentire Manuela, semplicissimo. Basta seguire il flusso degli eventi. Certo, c’è da dire che lei è una trascinatrice, un animo che non si perde. Anzi, sembra ritrovarsi ogni qualvolta intraprende qualcosa di nuovo. E di cose nuove ne ha fatte davvero tante.

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STORIE IN VIAGGIO

Nasce il 17 agosto (leone) del 1968 e nasce, come detto, correndo. Siamo di fronte ad una sportiva che le prestazioni le mette in atto prima di tutto con e per se stessa. I genitori la iscrivono piccina allo Sci club Treviso, e i suoi inverni erano tutta una discesa di gare, e poi l’incontro con l’atletica leggera, poi è arrivata la corsa e le Maratone per poi ripiegare, per via del suo ginocchio (oggi con protesi) nel ciclismo. (Quinto posto alla Maratona di Venezia, settima assoluta, e seconda delle italiane, a Milano nel 2000, alla prima edizione con 2h 48’ nel ciclismo si è piazzata seconda alla Pinarello lunga 200 km. Da citare la sua vittoria personale: Arizona Utah Nevada, in solitaria). Vince. Vince in generale, in ogni cosa in cui si cimenta. Nel mezzo c’è stato un matrimonio bellissimo durato 7 anni, nato anch’esso correndo, con Marco il suo preparatore atletico preferito che l’ha portata ad importanti traguardi: “Con lui ho condiviso l’amore per lo sport. È finita senza rimpianti”. Nel territorio si è distinta come commercialista per 15 anni, esercitata con passione e professionalità riconosciuta. Il papà Nicola, finanziere, originario dell’alta Carnia, l’ha cresciuta Indipendente. La mamma Luciana, si è divisa tra lavoro (dipendente Casa Di Risparmio oggi Unicredit) e famiglia. Forte delle vicende da ragazza. Per entrambi i genitori il ricordo di ieri, della loro infanzia/gioventù. Con lo sfondo della guerra, delle privazioni e delle minacce che non hanno mai smesso di scorrere nelle orecchie. Si cresce diversamente con questi scenari. “Io non so come facevano, pagavano il mutuo della casa, facevamo le vacanze tutti gli anni, hanno fatto studiare me e mia sorella Beatrice che ora è medico a Monza, mai mancato niente. Io non invidio i ragazzi di oggi.” “Lela” - così ancora oggi la chiamano in famiglia. - ha frequentato la ragioneria all’Istituto Riccati negli anni in cui la presidenza era di Ilario Barro, con il quale ricorda proverbiali discussioni. Una di scatenò a causa di un vezzo che si concesse. La mitica Carmen Cavallin, all’epoca cercava una modella per un taglio a spazzola alla Lanny Lennox, e la scelta cadde proprio su di lei. Così spavalda Manuela va a scuola girando per i corridoi convinta, fino a che il preside non la convoca: “Signorina Barbolan dove va con quei cappelli biondo pannocchia?” - “Che tipo, io mi sentivo bellissima.” Il cambiamento è il suo nutrimento. Voleva fare la poliziotta è finita per farsi assumere presso all’allora Cassa di Risparmio - “c’erano le 16 mensilità e in casa erano tutti felici” - sono durata neanche un anno.” Si era licenziata perché qualcuno aveva visto in lei una attitudine investigativa. Nell’agenzia Lo Presti, iniziano anni divertenti così divisa tra pedinamenti pazzeschi “avevo una Peugeot rosso fuoco” come passasse inosservata rimane un mistero. “Un bel giorno qualcuno mi dice: vieni ad aiutarmi a fare la dichiarazione dei redditi? L’ho vissuta come una pausa di riflessione, durata 15 anni. Sono stati forse gli anni più

I N T E R V I S TA C O N M A X D E T O M A S S I A RADIO 1 RAI SULLA SUA ESPERIENZA IN BRASILE

sornioni.” Sornioni perché stavano preparando la gran rivoluzione. “A quanto pare, l’unica costante della mia vita è stata la corsa. Il tempo è sempre scandito dalle sveglie alle 5 del mattino”. Ma ad un certo punto scopre però che non ha più voglia di fare gare, vede troppi fanatismi, vive i vari infortuni come segni di virata. Scopre che anche quella crescente pressione nel suo settore professionale riducevano il coinvolgimento pulito e necessario che sempre Manuela deve avere per vivere in pienezza. Tra il 2011 e il 2012 sono successe tante cose nella sua vita, tanti segnali che non ha potuto ignorare. E arriva un gancio che ha voluto prendere al volo. “un noto commercialista di Treviso, un bel giorno mi dice: “ho sentito che hai ceduto lo studio, vieni in Brasile con noi?”. L’idea era di aprire degli uffici per prestare assistenza alle aziende visto il potenziale in essere di quelle terre, eravamo in quattro professionisti provetti imprenditori. Da Casier a San Paolo in un batter d’occhio. Questo luogo geografico ha un mondo di possibilità, oltre che di vitalità, gente sorridente che vive con 300 euro al mese.” Ma dopo un anno e mezzo i tre avventurieri rientrano in Italia e Manuela chiede a se stessa cosa fare. La risposta è stata: “io resto. E vado in parrocchia!” Manuela frequenta le sante messe della religiosa terra brasiliana, ci va tutti i giorni per imparare il portoghese. E ci racconta cosa è successo giorno dopo giorno “Un giorno vado dal prete e gli propongo di insegnare l’italiano. Ogni giorno cresceva il numero dei partecipanti, arrivando anche ad avere 60 persone nei corsi del lunedì sera e del pomeriggio, frequentato soprattutto dalle signore bene-

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stanti del posto. Si crea un gruppo, molti amici, tutti affascinati dal mito italiano della buona tavola. Iniziano a chiedermi delle ricette della mia terra. Così la sera telefonavo a mamma per farmi dare i procedimenti per fare il ragù, gli gnocchi, la pasta fatta in casa…, io mica mi ero cimentata mai con la cucina, a parte vedere cucinare la mamma e la nonna". Dunque alla frequente domanda, Manuela vieni a casa nostra a cucinare? Lei risponde senza esitazioni, certo vi insegno a fare il risotto allo zafferano e il tiramisù (2 classici). Fu così che la cosa iniziò a farsi interessante.

S H O W- C O O K I N G A S A N PA O L O P E R L A PA S T I N A , L A P I Ù I M P O R TA N T E S O C I E T À C H E I M P O R TA P R O D O T T I I TA L I A N I IN BRASILE

Il passo successivo è stato il reperimento delle materie prime per realizzare i piatti italiani in terra straniera. Mica così semplice. “Nei supermercati di base trovavo la pasta di grano tenero, le loro abitudini alimentari ci fanno rabbrividire, avete mai mangiato la pastasciutta cotta con acqua e olio in cottura, senza il sale?” Nel quartiere bene, invece, “Jardin paulista”, si trovano gioielli di boutique alimentari in cui si trovano marche italiane tra cui Riso Acquerello, Pasta Rustichella d’Abruzzo, Caviar Giaveri, Fabbri, olio EVO e Collitali. I prodotti Isolabio ecc ecc E Manuela si mette a fotografare gli scaffali. “Ad un certo punto avevo un quadro di ciò che c’era di ciò che non c’era.” E nasce l’idea. “Inizio a mandare mail alle case produttrici italiane che dicevano più o meno così: “ buongiorno sono Manuela Barbolan, sono italiana e vivo in Brasile avete bisogno di una ambasciatrice che pr om u ova i vos t r i prodotti qui?” Ed ecco come si è aperta la sua nuova professione, creata su misura per se stessa e per la città che l’ha prontamente accolta e la sua patria. Manuela è una tipa inesauribile piena di grinta ed

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IN UNA CHIESA BRASILIANA, NELLA VESTE DI INSEGNANTE D I I TA L I A N O


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intraprendenza da vendere. Viene agganciata da Oscar Farinetti e la sia Eataly, finisce per fare cooking show e diventa una star. Le agenzie di viaggi più famose della zona e la rivista Panrotas, la rivista più letta del Brasile, la promuovono e la titolano. I suoi post su Linkedin arrivano a 120 mila like. Dopo una vita così, ti chiediamo curiosi cosa ancora vorresti fare, esiste un desiderio nel cassetto? “Da fare assolutamente, l’America coast to coast. E poi sogno un ristorante tutto mio. Lo immagino ricco di piante per ossigenare corpo e anima. Un risto green, una scuola-ristorante, dove saranno i clienti a cucinare con me i piatti della cucina italiana. Lo vorrei progettato con materiali tutti naturali. Pietre, rocce, alberi, legno. Ecosostenibilità e bioedilizia. Progetti ambiziosi che richiedono apporti finanziari che a volte sono anche di terzi.” Dopo la sua esperienza in Brasile come ambasciatrice della gastronomia italiana nella sua amata Italia, è pronta per mettere a frutto l’esperienza. Max Falbo - www.vogliovolare.net le ha proposto di organizzare tour enogastronomici per far conoscere la cultura italiana tra cucina, territorio e arte. Così da San Paolo sta progettando la sua venuta nelle regioni dell’unico Stivale al mondo. Pronta per un’altra avventura. M A N U E L A A R I O D E J A N E I R O, S H O W C O O K I N G PER RUSTICHELLA D’ABRUZZO

“Brasile? Si grazie!” “Un paese grande... enorme. Con mille colori. Mille dimensioni. Mille sfaccettature. Un paese economicamente fragile. Con crisi sociopolitico importanti. Un paese dove il possibile diventa impossibile e l'impossibile alla portata di tutti. Perché mi sono innamorata del paese verde-oro? Per l'energia. La vita. L'affetto e l'amore delle persone. Un po' un Italia degli anni 60/70. Un paese potenzialmente forte. Ma nello stesso tempo drammaticamente fragile. Ricchezza e povertà camminano di pari passo. Insieme a violenza e criminalità. Come ogni megalopoli. Basta un po' di prudenza. Oculatezza. Scelta di luoghi e di amicizie. Ma il Brasile è Brasile. Non posso condensare in 2 righe. L'Amazzonia. L'oceano. Le cascate patrimonio UNESCO. Rio de Janeiro. I sorrisi dei bimbi. Dei giovani. Degli anziani. L'allegria e la gioia contagiosa. L'altruismo. La bontà d'animo. Una mescolanza di civiltà. Razze. Culture. Etnie. Se torno in Brasile? Partirei domani.”

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Asolo

TERRITORIO

Uno dei borghi più belli d'Italia

Ciao a tutti, sono Valentina Facchin. La forte passione per la mia terra e l’innata curiosità mi hanno portato ad approfondire la comunicazione online legata al territorio e così nel 2013, mentre vivo a Cape Town, fondo il Blog Around And About Treviso.

DI VALENTINA FACCHIN, LOCAL BLOGGER

Rientro in Italia e il mio hobby prosegue, Around & About Treviso cresce finché a giugno 2019 decido che la mia passione sarà anche il mio lavoro. Ufficialmente ora sono Local Blogger e Social Media Manager freelance. Attraverso i miei canali Social racconto delle eccellenze della Marca Trevigiana: attività, prodotti, luoghi e persone, nonché nel 2020 terrò lezioni sulla presenza online. E nel frattempo mi diverto a correre sui colli e in montagna, dove le salite più difficili mi regalano le soddisfazioni più grandi. Instagram @aroundandabouttreviso

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U

no dei luoghi più esclusivi della provincia di Treviso, che nel corso degli anni ha attratto letterati, artisti, reali e uomini d’affari. Asolo, uno dei Borghi più Belli d’Italia che regala i suoi 100 orizzonti dal Monte Grappa alla Laguna Veneziana. Il Borgo di Asolo dove si trova Il borgo di Asolo si trova a nord di Treviso e lo si raggiunge comodamente in auto. Innanzitutto fate attenzione alla ZTL attiva nei weekend nel centro storico. Dove parcheggiare? Potete sfruttare il parcheggio gratuito a Casella d’Asolo (Ca ’Vescovo, davanti al parcheggio dell’azienda Scarpa S.p.A.) e da qui parte una navetta, che vi porta


TERRITORIO

direttamente in centro. Il biglietto lo potete acquistare direttamente a bordo e per gli orari andate al sito www.asolo. it . In alternativa c’è un parcheggio a pagamento e coperto, poco dopo l’ospedale di Asolo e dopo una breve salita a piedi, sarete in centro. Vi suggerisco queste due opzioni in particolare per i weekend, poiché è attiva la ZTL secondo i seguenti orari: • tutti i venerdì e sabati dalle ore 21:30 alle ore 24:00; • tutte le domeniche e giorni festivi dalle ore 11:00 alle ore 19:00; Cosa Visitare ad Asolo Il Museo Civico, via Regina Cornaro 74, +390423952313, raccoglie la storia del borgo di Asolo, dalle origini al suo legame con personaggi famosi, che hanno fatto della città la loro seconda casa. Il Museo ospita una interessante sezione archeologica, dipinti del Bellotti e sculture del Canova, mentre l’ultimo piano è dedicato a tre influenti donne di Asolo: Caterina Cornaro, Freya Stark e Eleonora Duse. Proseguendo per il Castello, via Sottocastello, di epoca medievale e residenza di Caterina Cornaro, regina di Cipro, ora ospita un bar, il Teatro Duse e la Torre Civica, recentemente aperta al pubblico ed ospita esposizioni d’arte. Per orari e conoscere le installazioni fate riferimento al Museo Civico. Val la pena salire gli scalini per ammirare il restauro e la suggestiva vista sulla città. La Cattedrale S.Maria di Breda, costruita sulle fondamenta di un complesso termale romano, custodisce dipinti di Lorenzo Lotto e Jacopo Da Bassano. Una piacevole passeggiata porta al Cimitero di S. Anna, via S. Anna 3111, in cui riposano E. Duse e F. Stark. L’ingresso si trova nei pressi dell’omonima chiesetta ed una volta arrivati, sarete appagati da una meravigliosa vista che si perde tra la pianura trevigiana ed il Monte Grappa. Come raggiungere la Rocca, la maestosa fortezza che sovrasta il borgo? Si fa una passeggiata salendo un po ’di scalini (circa 220) partendo da via Bembo e una volta giunti alla sommità la vista spazia dai Colli Euganei alla Laguna Veneta. Per essere sicuri di poterla visitare anche dentro e camminare sull’orlo delle sue mura, chiedete informazioni al Museo Civico. Cosa Visitare nei Dintorni Villa Barbaro, via Cornuda 7 Maser, +390423923004, è una delle ville palladiane che dal 1996 sono state dichiarate patrimonio dell’umanità dall’UNESCO. Oltre ai saloni affrescati dal

Veronese, potete visitare la collezione di carrozze ed il Tempietto sempre del Palladio, sua ultima opera assieme al Teatro Olimpico di Vicenza. Il Tempio e la Gipsoteca del Canov a , v i a C a n o v a 7 4 Po s s a g n o , +390423544323, si trovano pochi minuti di strada da Asolo. L’ingresso al Tempio è gratuito, mentre la Gipsoteca richiede l’acquisto di un biglietto*. Qui sono custoditi i gessi del più famoso ed eccelso scultore neoclassico: Antonio Canova. Per una visita completa suggerisco di richiedere una guida (il sig. Cunial è bravissimo), così da spiegarvi i dettagli e gli aneddoti legati ai gessi e alla vita del Canova. Infine una parte dell’edificio, distrutto da una granata durante la Grande Guerra, fu risistemato ad opera del grande architetto veneziano Carlo Scarpa. Altra opera del grande architetto veneziano la troviamo a San Vito di Altivole ed è la stupenda Tomba Brion. Segue gli orari del cimitero del paese e si può visitare liberamente, nel rispetto del luogo sacro. Un luogo ricco di simbolismi e di emozioni, che Scarpa ha dedicato alla memoria del fondatore di Brion-Vega, Giuseppe Brion.

Dove Mangiare ad Asolo Nel Borgo di Asolo ci sono varie opzioni per degustare del buon cibo, io ve ne consiglio tre che ho provato personalmente e mi sono piaciute, anche perché diverse tra loro. Bistrot – via Bembo 85, tel. +3900423529592, salendo la stradina lo si trova sulla sinistra. L’interno è meravigliosamente arredato e con la bella stagione si può prendere un tavolo sul terrazzino, che regala una vista sui tetti del borgo. Atmosfera stupenda e cibo, principalmente pesce, estremamente buono. Val la pena provarlo, ma prenotate e chiedete espressamente un tavolo sul terrazzino. Il prezzo è in linea con i piatti ed il servizio. Henry’s Bar - via Valcagna 200, tel. +390423522002, ha un’offerta versatile, si può fare aperitivo oppure fermarsi per cena (non è aperto a pranzo).

L’offerta è ottima, con proposte di alta qualità, il locale regala un’atmosfera accogliente e rilassata, ma la caratteristica è Enrico, il titolare. E ’il plus del locale, con le sue descrizioni mixate tra inglese, italiano e dialetto veneto vi farà passare una serata tra cibo gustoso, ottimo vino e sketch da vero cabarettista. Con la bella stagione i tavoli si spostano sotto la loggia medievale di Asolo, da provare. Tenendo conto del luogo e della qualità del cibo, i prezzi sono buoni. Suggerimento, servono cocktail da provare in particolare l’americano! Pizzeria Cornaro – via Cornaro 214, tel. +390423950361, chiuso il lunedì. Innanzitutto prenotate, è l’unica pizzeria in centro ad Asolo e la pizza è molto buona, per cui è spesso affollato. Il locale con la bella stagione ha un po’ di posti sulla veranda all’eterno, che io sinceramente preferisco. Considerazioni Asolo si visita facilmente a piedi ed è consigliata anche con bambini, non essendoci molto traffico in centro possono muoversi più tranquillamente. Inoltre il Museo Civico organizza spesso laboratori ed attività anche per i più piccoli, così da essere impegnati, mentre i genitori visitano la città. Apprezzerete un’atmosfera cosmopolita, in quanto Asolo è meta di molti stranieri, grazie ai personaggi che qui fecero la loro casa: da Browning a Freya Stark ad esempio. Annotazioni La Gisposteca del Canova, il Museo Civico e Villa Barbaro, fanno parte dell’Isola dei Musei con il Museo Casa Giorgione e Villa Emo. Cosa significa? Tenete il biglietto di ingresso del primo di questi siti che visiterete e avrete uno sconto sugli ingressi successivi (da sfruttare entro 1 anno).

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Se fino ai cinquant’anni è consigliato fare del movimento, superata questa età fare dell’attività fisica diventa cosa essenziale e di fatto obbligatoria. Se nel frattempo il nostro DNA ci ha risparmiato problematiche e fastidi vari, ora è arrivato il momento di correre ai ripari. Continuare a vivere di rendita pensando che la salute non dipenda da noi e dalle nostre scelte non è certo la cosa più saggia da fare. Questo per 3 fondamentali motivi: 1) METABOLICO: Il Metabolismo dopo i cinquanta cala clamorosamente. Non riusciamo mediamente ad arginare i chili in eccesso. La dieta non funziona mai nel medio termine. E soprattutto non avendo sufficiente tono muscolare a riposo bruciamo poche calorie con un metabolismo destinato a consumare sempre meno. 2) POSTURALE: La Postura per le usuranti posizioni assunte durante le ore lavorative e per il poco tono muscolare reclutato, non è più in equilibrio. I muscoli non funzionano più da ottimi tiranti per la colonna vertebrale e per le varie articolazioni come facevano un tempo, negando e modificando centratura e distanze. Le articolazioni perdono parte della loro efficacia, modificando e penalizzando la postura stessa. 3) ENERGETICO: L’Energia che ci serve man mano viene a mancare. Recuperiamo in tempi molto più lenti rispetto al passato. Organizziamo involontariamente un giro vizioso che ci porta altra pigrizia, destinati a muoverci sempre meno. Eppure siamo stati pensati per stare in movimento. Quel movimento che opportunamente gestito trasformerebbe le nostre usuranti emozioni, come la rabbia e l’ansia, portandoci nuova linfa e rinnovata energia.

Camminare come ci suggerisce il medico fa bene, ma di certo non basta. Correre al di là delle eventuali anomalie e complicazioni posturali è una attività parziale e comunque incompleta.

E allora che possiamo fare? Siamo di fronte a un bivio: O accontentarci di vivere una vita dove l’asticella delle nostre performance quotidiane verrà sistematicamente tenuta abbassata, dove la curva che porta al graduale invecchiamento decidiamo di subirla, arrendendoci allo scorrere inesorabile dell’età anagrafica oppure prendere in mano la situazione, dare un calcio alle vecchie e cattive abitudini e con un piccolo atto di coraggio, fare il primo passo, iniziando a muoverci.

Scegliendo questa seconda possibilità nel giro di poche settimane il vostro corpo non solo vi sorriderà, ma vi ringrazierà in modo esplicito, facendovi dire: “ma perché non c’ho pensato prima?” Ecco, ora decidete chi volete essere, decidete da che parte volete stare. È L’ESERCIZIO FISICO MIRATO CHE A QUESTA ETÀ CI CAMBIA LA VITA. È L’AUMENTO DI MASSA MAGRA CHE ALZA IL METABOLISMO E CI MIGLIORA LA POSTURA.

BOBADILLA per meglio gestire lo scorrere del tempo e per migliorare il nostro vivere ha creato un metodo che faciliti il raggiungimento di questi tre obiettivi: Metabolico, Posturale, Energetico. Ora la soluzione ha un nome: Metodo Ability. 3 test: Metabolico (BIA) per misurare la quantità di massa magra e massa grassa, Respiratorio (SPIROMETRIA) e un test posturale, faranno da inizio alla tua esperienza allenante. Il Metodo ABILITY è stato pensato attraverso inediti protocolli di allenamento per guidarti passo dopo passo, con esercizi a corpo libero e con mini attrezzi, a raggiungere una completa efficenza fisica senza noia. Allenamenti della durata di 60’, seguiti da esperti trainer per migliorare le tue abilità principali: la forza, la resistenza e l’elasticità, con combinazioni di esercizi innovativi e differenti rispetto ai soliti allenamenti nelle tradizionali palestre. Vieni a conoscere il mondo Bobadilla.

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STARE BENE

NiKi Gobbo

Riequilibrare il sistema corpo-mente con la Kinesiologia

DI MARA PAVAN

A

Incontriamo Niki Gobbo, operatrice olistica dall’esperienza ventennale, e con lei ci addentriamo in una delle più riconosciute pratiche di medicina alternativa, dalle origini secolari e ricca di contributi provenienti dal mondo orientale ed occidentale

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ncora una volta un nome un destino, quella K che spinge, quella K che già segnava all’anagrafe in suo percorso - perché sì lei all’anagrafe fa proprio Niki con la K. Ancora una volta le attitudini bambine che si trasformano in un magnifico album rivelatore. Dietro la sua cascata di ricci biondi, dietro un sorriso contagioso, una risata fresca e cristallina c’è una disciplina conquistata sul tappeto volante della vita. Noi che non incontriamo mai solo materie, discipline o ruoli ma persone, attraverso il racconto di Niki scopriamo e riflettiamo su tematiche che vanno dalla salute allo stare bene, dalla conoscenza di noi stessi a quanto può fare per noi un metodo o una persona specializzata in uno tra i molti settori che la medicina alternativa offre. Chiropratica, studio del movimento, come greco vuole. La Kinesiologia si contraddistingue, rispetto ad altre discipline, per l’utilizzo del test muscolare che va ad “ascoltare” quel movimento. Tutto sembra accadere in un tocco, Niki ci vuole spiegare in cosa consiste questo approccio? “Attraverso un leggero contatto, tramite la stimolazione di punti riflessi ed energetici presenti nella muscolatura del

corpo umano, si lavorano le energie sottili. Si rimuovono i blocchi energetici che, quotidianamente, condizionano ed influenzano la qualità della vita di ogni essere umano. La kinesiologia opera esclusivamente attraverso tecniche dolci con lo scopo di rendere coscienti le persone di quanto sia importante entrare in contatto con la propria gentilezza e l’amorevolezza dovuta a se stessi.” Mentre la kinesiologia opera nell’ambito delle discipline terapeutiche alternative, la chinesiologia opera nel campo delle scienze motorie. “La più bella forma di fusione ed apertura disciplinare che restituisce credito ai diversi approcci, l’ho vissuta proprio io, più di 20 anni fa”. Siamo nel 1997. Niki accompagna un’amica all’ospedale di Pavia, doveva sottoporsi ad un trapianto della cornea ed era in attesa dell’intervento. In uno dei controlli, sono i medici stessi dell’ospedale che la invitano a rivolgersi ad una Kinesiologa. “La mia amica alla fine ha disdetto l’intervento con benestare dei medici.” Doveroso comunicare quanto ogni caso sia a sé, quanto ogni persona abbia uno stadio evolutivo del proprio malessere o malattia o del suo semplice disagio. Mai, seri professionisti,


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medici o specialisti olistici che siano, escluderebbero l’intervento della medicina tradizionale.

“Attraverso semplici test muscolari si ottengono informazioni sullo stato dell’equilibrio dell’individuo a livello fisico/strutturale, mentale/emotivi e biochimico/nutrizionale.” Dopo qualche tempo Niki torna a Pavia dalla stessa specialista, e inizia ufficialmente la sua esplorazione di questo mondo che ha radici lontane, comprende il dedalo di strade che si possono intraprendere e decide di formarsi presso scuola di Kinesiologia Specializzata tra le più riconosciute, la Touch For Health a Verona da Maurizio Piva. Siamo nel 2000, oggi all’alba del 2020 oltre ad aver arricchito la sua preparazione con discipline complementari ha nutrito la sua professionalità con un crescente numero di riscontri da parte dei clienti. Dalla naturopatia con il dottor Ezio Abbiati, all’Omega Health coach con Roy Martina, la Riflessologia plantare e la Original Applied Phisiology’s Forks di Marco Rado a Bergamo. La riflessione che ci poniamo è se esista una vocazione per dedicarsi a queste pratiche così delicate. La favola dei fratelli Grimm risponde attraverso quella metafora rassicurante dei pezzettini che collegano futuro e passato. Hansel e Gretel lasciavano dietro di loro quelle

“Gli specialisti guidano all’ascolto del nostro corpo, aiutandoci a decodificare e distinguere meglio i nostri racconti dalle nostre verità. La Kinesiologia agisce in maniera ecologica, attivando l’intelligenza profonda dell’individuo e la memoria corporea, unica in ogni individuo, facilitando il processo di cambiamento rispetto a tematiche personali che le persone desiderano affrontare.” briciole che per Niki diventano gli innumerevoli disegni che hanno caratterizzato la sua infanzia. Stesa sul pavimento della cucina, con i colori a raggiera sparsi attorno a lei, con i gomiti puntati, il sorriso concentrato che solo un

bambino sa avere, disegnava e colorava persone senza tregua. La maestra Tiziana Zitta, la sua maestra di italiano fino alla terza elementare appendeva i suoi disegni in classe, se lo ricorda bene Niki, come una

scenografia. “All’esame di V elementare, che ancora c’era, ho portato l’apparato gastro-intestinale”, sorride cond i vi dendo qua nto , pr o pr i o lì, si annidino in molti di noi grumi di sintomi che rispondono alla dinamica “lascio andare e porto fuori nella vita”.

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STARE BENE

Oggi nella sala d’attesa della sua realtà che si trova a Mogliano Veneto, c’è un breve scritto che suona così: ”la mia più grande risorsa sono le persone che si affidano a me, attraverso ogni sessione si va oltre a ciò che è scritto nei libri”. È un’arte in divenire che si accresce e si modella con reciproco ascolto e che trasmette strumenti concreti per comprendersi, rispettarsi e riconoscere i propri bisogni, in più la persona attraverso dei semplici compiti a casa riesce a mantenere il proprio benessere costante. “Ho iniziato a sperimentare senza paura perché tra i primi insegnamenti c’è stato il più prezioso: il corpo prende solo quello di cui ha bisogno, il resto sa lasciarlo andare.” Tradotto, non ci sono controindicazioni. Agendo sul corpo, si agisce sulle cellule, sono esse a trasmettere l’informazione. Alcune discipline agiscono sul nostro corpo attraverso il dolore, ma così il corpo non sceglie. Attraverso l’approccio kinesiologico il tuo corpo ti fa scegliere, ti dice quello che può o non può fare, quello che è pronto o non è pronto per fare. Il kinesiologo chiede al corpo del paziente se può o non può agire, se è tempo di intervenire o se è meglio farlo tra qualche mese. A volte anche qualche anno. Attraverso questa disciplina si lavora sulle memorie del corpo, cosa significa? “Il nostro corpo ha delle memorie come un registratore, si ricorda tutto, che lo vogliamo o no. La percezione delle cose è importante. Lo scopo di questa pratica è trovare nel corpo dove l’ha registrato e portare poi fuori quella memoria cristallizzata riguardo la propria identità, le proprie convinzioni, le proprie credenze (per esempio: merito/non merito, sono capace/non sono capace, sono intelligente/ non sono intelligente, sono bella/non sono bella...). Rispondendo al cosa, come, quando, quanto e dove quella determinata ferita, blocco o dinamica, ha portato le ripercussioni sul fisico e sulla vita di tutti i giorni. Il corpo non segue gli schemi, lui sa e parla. I passaggi sono: muscolo - organo emozione - meridiani e chakra. Come si traduce questa successione? “Ogni muscolo è collegato ad un organo o viscere che va in risonanza con un tipo di emozione. Quando testo un muscolo, in realtà verifico lo stato energetico di un organo e quale emozione crea quel blocco che non fa fluire la vita. Ecco perché ho scelto la Kinesiologia con la K, sta in compagnia delle emozioni, le convoglia le posiziona, le accoglie nella fisiologia del nostro corpo scientificamente coerente che nasce accordato, ma che poi a volte si scorda. La Kinesiologia si occupa di ri-accordarlo.

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KINESIOLOGIA E CHINESIOLOGIA Qualcuno stabilisce una netta spaccatura tra la Chinesiologia del primo ‘800 che attinge alle antiche arti orientali, che poi ha posto le basi per diventare una scienza delle arti motorie- e la Kinesiologia applicata è specializzata (dove la prima definizione viene usata quando eseguita da medici professionisti e la seconda da operatori olistici abilitati). In America la Kinesiologia nasce dalla mente di George Goodheart, un medico chiropratico negli anni ‘60, rapidamente fioriscono correnti e scuole. In Italia arriva timidamente negli anni ‘’80 grazie al contributo di Maurizio Piva, fondatore dell’Istituto di Kinesiologia specializzata per diffondersi in più di 80 specializzazioni negli anni ‘90. Durante lo sviluppo delle sue ricerche, Goodheart lavorò con un gruppo di colleghi tra cui il dr. John Thieù, anch'egli chiropratico, il quale ebbe l'idea di offrire a tutti gli enormi benefici della kinesiologia applicata.

Quest'ultimo pubblicò il suo libro Touch for Health nel 1973 presentando una sintesi di tecniche di kinesiologia applicata in una maniera comprensibile a tutti ed utilizzabile con facilità e sicurezza. Subito dopo fu fondata la Touch for Health Foundation il cui direttivo includeva sia Goodhearth che Thie. Fu creato un corso per istruttori che viene oggi applicato in tutti e 5 i continenti. Ma come si può definire la Kinesiologia? È una disciplina che unisce la saggezza delle antiche arti orientali e i metodi del riequilibrio energetico occidentale in modo efficace ed innovativo. La disinformazione, a volte anche la sovrapposizione di correnti ha contribuito ad alimentare scetticismo e resistenza, in realtà oggi possiamo dire che si è fatta chiarezza e che ogni applicazione trova una sua esatta funzione. Essa offre insieme ad altre discipline olistiche, una profonda e dolce opportunità di conoscer il nostro corpo e le sue risposte, prevenire, autorigenerare ed riequilibrare le risorse infinite che possediamo.

COSA CI SI DEVE ASPETTARE DA UNA ESPERIENZA KINESIOLOGICA DA NIKI Idratazione del sistema corpo Switching ovvero testare la polarità del corpo. Lo switching è uno stato di confusione neurologica in cui le informazioni del sistema nervoso non corrispondono all’oggettivo stato dei muscoli. Presenza, ovvero portarsi ad uno stato di centratura che corrisponde al “io sono qui ora”. Disponibilità a ricevere il 100% dei benefici. Disponibilità a raggiungere l’obiettivo. Rispetto. Niente viene forzato, tutto è basato sull’attivare delle risorse che il corpo ha per trovare la soluzione ai propri sintomi o disagi. Codici. A volte vengono attivati dei “codici”, sono pacchetti di informazioni vibrazionali che mantengono il risultato per settimane o anche mesi.

Niki Gobbo

“Il mio metodo l’ho integrato con una corrispondenza vibrazionale della parola (parte cognitiva) al corpo (parte inconscia). I livelli sono nel: io voglio, io posso, io merito”. Quando si raggiunge la coerenza e la congruenza del sistema corpo-mente allora si ha la base per iniziare il lavoro. Nulla è scontato, a volte non ci sono i presupposti per iniziare, se non mesi dopo.

niky.gobbo@icloud.com / 349 1372634


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STARE BENE

Mesoterapia e Bendaggio funzionale DEL DOTTOR GIUSEPPE MORETTO

a sera. Un conoscente mi parlò del dottor Gallo di Fossalta di Piave, che curava gli sportivi con microiniezioni locali e con risultati brillanti. Mi feci curare da lui e già dalla prima seduta il dolore mi si ridusse notevolmente nel giro di 1 minuto, al massimo 2. Il dottor Rodolfo Gallo, cui devo molto, scrisse un libro “La Mesoterapia in medicina dello Sport” (1983) ed organizzò corsi di Mesoterapia e di bendaggio funzionale (di supporto), cioè un tipo di bendaggio che, limitando il movimento senza abolirlo del tutto, garantisce una guarigione ottimale. Visti i risultati su di me, decisi di praticare pressoché subito la Mesoterapia, frequentai dei Corsi tenuti dal dottor Gallo e presi contatti col dottor Bosio, (medico sociale della Juventus dal 1986 al 1991) estremamente prodigo con me di consigli molto utili. Il mio primo caso trattato è stato un Medico calciatore dilettante, colpito da un’infiammazione al tendine d’Achille e sotto pressione vista la necessità di giocare la sera dopo in notturna. Subito dopo il trattamento, con Mesoterapia e bendaggio funzionale, sentì un miglioramento; la sera dopo giocò per circa mezz’ora senza strascichi. Con 3 sedute guarì completamente, continuando a giocare, senza subire ricadute.

I Casi della Vita: da Paziente risanato a Medico curante con la Mesoterapia

S

ono il dottor Giueppe Moretto; mi sono laureato a Padova nel 1981 con una Tesi su come cercar di sviluppare sia una maggior forza muscolare, che una maggior massa muscolare senza ricorrere a farmaci particolari. Ho esercitato la Professione facendo il Medico di Continuità Assistenziale (ex Guardia Medica) e il Medico di famiglia; ora sono in pensione. Vorrei mettere a disposizione dei pazienti la mia esperienza di Mesoterapista nel trattare i dolori che affliggono le persone; dolori che ho avuto occasione di trattare durante la mia professione. Dal 1979 al 1982 ho sofferto di un terribile mal di schiena che non mi lasciava dormire durante la notte e che mi perseguitava durante il giorno fino

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Da allora la Mesoterapia mi ha dato grandi soddisfazioni, per cui ho deciso di praticarla anche adesso che sono in pensione. Con la Mesoterapia è sufficiente una sola seduta o servono più interventi? “Dipende dal tipo di dolore che una persona sente, dalla zona da curare e da quanto i tessuti dolenti soffrono a livello microvasale. Dipende anche dal tipo di farmaci che si possono usare con il paziente (vedi possibili allergie a farmaci chiave per i trattamenti) ed infine dipende anche da persona a persona: c’è chi risponde subito e chi ci mette più tempo, perché può aver bisogno di più sedute. Con la ricevuta fiscale del trattamento effettuato, il paziente può scaricare quanto pagato come "spesa sanitaria sostenuta".” La Mesoterapia può avere qualche controindicazione? “Le controindicazioni possono essere collegate a vari fattori: allergie a farmaci chiave per il trattamento da eseguire, oppure terapie in atto che sconsigliano di ricorrere alla mesoterapia: è il caso di trattamenti anticoagulanti che non possono essere interrotti. Prima di iniziare un trattamento di mesoterapia è bene sentire come sta il paziente, che farmaci prende, eventuali allergie e quali altri problemi può avere oltre ai dolori muscolari.” Cos’è la Mesoterapia e a cosa serve? “È una pratica medica basata su microiniezioni multiple con aghi sottili, tipo quelli usati per le iniezioni di insulina. Sono iniezioni effettuate direttamente nelle zone corporee, in cui c’è dolore. La Mesoterapia è una disciplina che viene insegnata nei Corsi di specializazione di Fisiatria e Fisioterapia, cui si può accedere dopo la Laurea in


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Medicina. Questa pratica serve a trattare dolori cervicali (cioè dolori che colpiscono la regione del collo), strappi e contratture muscolari dolorose (tipo il “colpo della strega”); contusioni, distorsioni (tipo le distorsioni alla caviglia); periartriti di spalla (infiammazioni nella zona della spalla); quelle cefalee (mali di testa molto dolorosi e spesso invalidanti) che sono causate da tensioni muscolari nella regione del collo; inoltre capogiri e vertigini provocati da dolori cronici in questa stessa regione. In forza della sede di iniezione gli effetti terapeutici sono pressoché immediati. Da notare che, in più di qualche caso, una sofferenza dei tessuti muscolari del collo (seppure priva di dolori) può dare capogiri e vertigini: in questo caso qualche seduta di mesoterapia può essere risolutiva.” Concretamente, cosa viene iniettato nel corpo del paziente e quali sono i benefici? “Vengono usati farmaci che normalmente sono iniettati per via intramuscolare o per via endovenosa. Nel caso della Mesoterapia questi farmaci vengono diluiti in acqua distillata (acqua per preparazioni iniettabili) che riesce a mantenere più a lungo i farmaci in quella parte del corpo, in cui devono far effetto. In questo modo si possono usare dosaggi di farmaci che sono, ridotti in rapporto a tutto l’organismo, ma che allo stesso tempo (a livello locale) sono dosaggi elevati, necessari per la zona da curare e per avere risultati immediati.” Quali sono le sostanze iniettate e qual è la loro azione sulle parti doloranti? “Di solito vengono usati cocktail farmacologici, cioè miscele di farmaci che vengono poi diluite in acqua distillata. Ricorrendo a miscele di farmaci si ottiene un’azione globale, che cura le varie cause del dolore in atto. Si usano prima di tutto anestetici locali; servono a ridurre l’eventuale dolore, provocato da qualche altro farmaco utile per la terapia da effettuare; ma che, una volta iniettato, può rivelarsi doloroso per un certo periodo di tempo. Altri Farmaci presenti nei cocktail sono gli antiinfiammatori – antidolorifici, fondamentali per ovvie ragioni; d’altronde nella stragrande maggioranza dei casi, dove c’è dolore c’è anche un’infiammazione dei tessuti dolenti. Nel trattare i dolori muscolari non devono mancare (nei cocktail) i miorilassanti che riducono le tensioni muscolari, che, a loro volta, contribuiscono a mantenere il dolore. Altri farmaci fondamentali nei coktail sono i vasodilatatori dei capillari. Grazie alla loro azione, i tessuti dolenti ricevono più ossigeno ed una maggior quantità di nutrimento di sostanze portate dal sangue. Sono sostanze che arrivano alla circolazione sanguigna dopo

la digestione dei cibi, consumati con l’alimentazione. In sintesi: La sofferenza dei tessuti a livello locale provoca una riduzione del flusso sanguigno nei capillari, dunque uno scarso nutrimento dei tessuti. Si innesca così un circolo vizioso perverso che provoca infiammazione, dolore e tensioni muscolari dolorose che, a loro volta, rinforzano il dolore e la sofferenza dei tessuti a livello locale. Col suo modo di funzionare, la Mesoterapia va ad interrompere e a curare, in tempi molto rapidi, un circolo vizioso che altrimenti si autosostiene per tempi piuttosto lunghi.”

Da paziente risanato a medico curante con la mesoterapia A volte le scelte di vita più importanti ed identitarie a livello professionale possono esser frutto del caso. In tutta tranquillità posso dire che la mia scelta di dedicarmi anima e corpo alla mesoterapia è stata frutto del caso, più che di una scelta meditata a lungo per anni. Dal 1979 al 1982 soffrii di un terribile mal di schiena che non mi lasciava dormire alla notte e che durava fino a sera; poi un giorno un conoscente mi parlò del dottor Gallo di Fossalta di Piave, che curava i dolori m u s c o l a r i c o n microiniezioni. Vista la mia situazione, mi presentai da lui e mi offrii come cavia: ero disposto a tutto purché mi passasse il mal di schiena. Venni steso sul lettino e “mitragliato” con microiniezioni dalla regione del collo fino all’osso sacro: un’autentica raffica prolungata, ma nel giro di un minuto il mio mal di schiena era sparito. Mi sottoposi ad altre due sedute e da quel giorno non ebbi più un mal di schiena. La cosa era troppo strepitosa ed importante per lasciar correre: fu lo stesso dottor Gallo a spingermi a praticare la Mesoterapia. Mi consigliò di studiare sul suo libro La Mesoterapia in Medicina dello Sport che sarebbe uscito di lì a poco, (e che io me lo studiai per bene) poi mi dette degli utili consigli su come preparare i cocktail da usare con le normali siringhe usa e getta. A questo punto ero pronto, mancava solo il primo paziente con cui cominciare; era il 1984 ed ebbi la fortuna di contattare e “corteggiare” un medico ospedaliero calciatore dilettante affetto da tendinite achillea. Sulle prime costui sperava di venirne a capo col riposo e con un rialzo sotto il calcagno, cercai di convincerlo che erano misure inefficaci: se fosse tronato a giocare la tendinite si sarebbe fatta sentire. Poi un sabato pomeriggio venne da me per farsi trattare, in quanto la sera dopo avrebbe dovuto scendere in campo. Feci la mia brava seduta di mesoterapia e gli applicai un bendaggio funzionale, poi gli feci provare dei saltelli e una piccola

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corsetta sul posto: il dolore era sparito; ora non mi restava che attendere il responso della prestazione sportiva. Quel medico giocò 30 minuti senza aver il minimo risentimento e venne da me altre due volte per consolidare il risultato ottenuto. Continuò a giocare e non ebbe più bisogno delle mie terapie. Bingo! La mesoterapia funzionava aldilà di quanto potessero obiettare coloro che la valutavano con diffidenza. Cominciai ad applicarla su larga scala durante il servizio di Continuità Assistenziale (l’ex Guardia Medica) e le soddisfazioni si accumularono trattando dolori cervicali, mal di schiena, periartriti di spalla, dolori intercostali. Ora ero intenzionato ad imparare il più possibile, per cui frequentai due corsi tenuti dal dottor Gallo nel 1985 e nel 1986. Fu un grande investimento in quanto non solo imparai dai relatori, ma anche da mesoterapisti presenti al corso, che praticavano la mesoterapia da molti anni. Poi nel 1986 ci fu quella che considero una grande svolta nella mia vita: riuscir a convincere il medico sociale della Juventus, il dottor Giuseppe Bosio, ad usare la mesoterapia per curare gli infortuni sportivi. Il pretesto fu la tendinite achillea di Michel Platinì, che gli fece saltare la preparazione precampionato 1986 – 1987. Gli consigliai il libro del dottor Gallo e gli detti tutta una serie di dritte su come agire ed operare; ebbe inizio tutta una serie di contatti che culminarono in un incontro a tre tra il dottor Bosio, il dottor Gallo ed il sottoscritto nella primavera del 1987 alla vigilia di una partita della Juve a Verona. Il mio rapporto col dottor Bosio fu sul piano professionale quasi alla pari, in quanto a fronte della sua esperienza con gli atleti faceva da contraltare la mia esperienza con quelle patologie molto comuni tra le persone non sportive. Poi nel 1990 e negli anni immediatamente successivi il dottor Bosio mi dette due dritte fondamentali: la prima riguardava gli strappi muscolari e la seconda le tendiniti croniche. Nel primo caso, dovendo curare un attaccante con un brutto strappo muscolare, dovette ricorrere ad un medico che lo consigliò di far arrivare i farmaci a profondità intramuscolare, pena tempi di ricupero più lunghi e maggiori rischi di ricadute; e va detto che quel consiglio si rivelò molto utile per alcuni giocatori della Juve che si strapparono durante la stagione 1990 – 1991. Al riguardo mi consigliò caldamente di ricorrere ad infiltrazioni intramuscolari locali, sia nelle contratture, che negli stiramenti e negli strappi muscolari. Sulle prime ero titubante in quanto le iniezioni intramuscolari le praticavo solo sulle natiche, poi, un giorno durante il servizio di Guardia Medica, venni chiamato ad intervenire su un bruttissimo strappo muscolare alla coscia. Il paziente, che mi chiamò, mi disse che aveva un dolore terribile e mi pregò di far una qualunque cosa pur di farglielo passare. A questo punto ricorsi ad infiltrazioni intramuscolari locali e ad un bendaggio funzionale; tutto questo attutì fortemente il dolore e gli permise di riposare durante la notte; con altre due sedute lo rimisi completamente in sesto. Il messaggio era chiaro: in qualche caso bisognava superare la profondità intradermica della mesoterapia, anche se i cocktail da usare erano pressoché gli stessi. Per le tendiniti croniche il dottor Bosio mi consigliò di usare come mezzo antiinfiammatorio un cortisonico, pena l’insuccesso; ovviamente associando dei faramci vasodilatatori e trofici per contrastare eventuali effetti collaterali del cortisone sui tendini: si trattava di non esagerare, ricorrendo al minimo

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indispensabile per sfiammare un tendine dolente da lunga data. Anche in questo caso mi capitò il paziente su cui provare il suggerimento ricevuto: si trattava di uno sportivo con una tendinite achillea cronica. Furono necessarie più sedute, ma come potei notare ad ogni seduta il dolore si riduceva progressivamente, fin che si azzerò. Col dottor Bosio sono tuttora in contatto, anche se smise di essere il medico sociale della Juve nel 1991; non finirò mai di ringraziarlo per la sua disponibilità e per la competenza dimostrata. Con i colleghi medici della mia ASL devo dire che si sarebbe potuto fare molto, in quanto si sarebbero potute risolvere situazioni, senza ingolfare certe strutture che effettuano terapie fisiche: in qualche caso di importanza fondamentale. Cercherò di spiegarmi. Dolori cervicali, periartriti di spalla, distorsioni di vario genere, dolori muscolari ed altre patologie dei tessuti molli possono giovarsi spesso e volentieri della mesoterapia, senza ricorrere a cicli di terapie fisiche che in genere richiedono un minimo di 5 – 6 sedute. In questo modo si ridurrebbe il carico di lavoro per le strutture che effettuano terapie fisiche ed in qualche caso si ridurrebbero i tempi di attesa per i pazienti. Il mio augurio è che un giorno si arrivi a far squadra e sinergia: le strutture sanitarie pubbliche ne guadagnerebbero non poco. In qualche caso c’è stato chi mi ha affidato delle persone da curare ed i risultati sono stati decisamente brillanti.

Le persone interessate possono rivolgersi al Dottor Giuseppe Moretto C 349 1234740 T 0422 412689 E giuseppebepimoretto@gmail.com


[ 15ª RI-COSTRUIRE 3.0 15 - 16 / 21 - 22 - 23 febbraio Salone dell’edilizia, del risparmio energetico e della sicurezza

Centro Congressi MEETINGS WITHOUT LIMITS

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[ 15ª ARTE IN FIERA DOLOMITI 15 - 16 / 21 - 22 - 23 febbraio Rassegna d’arte contemporanea [ 41ª AGRIMONT 21 - 22 / 27 - 28 - 29 marzo Fiera dell’agricoltura e zootecnia di montagna, attività forestali, giardinaggio e dei prodotti tipici

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MANIFESTAZIONI 2020

[ 20ª CACCIA, PESCA E NATURA 24 - 25 - 26 aprile Fiera nazionale dei prodotti, attrezzature e servizi per la caccia e la pesca sportiva [ 24ª REPTILES DAY 2001-2020 vent’anni! 23 - 24 maggio Mostra-scambio di rettili, anfibi, insetti e piante tropicali [ 2ª FIERA & FESTIVAL DELLE FORESTE 5 - 6 - 7 giugno [ 5ª WOMAN ART EXPO 20 - 21 / 26 - 27 - 28 giugno 3 - 4 - 5 / 10 - 11 - 12 luglio Rassegna d’arte moderna e contemporanea [ 4ª DOLOMITI SHOW 11 - 12 ottobre Fiera della montagna [ 2ª Expo DOLOMITI HoReCa 11 - 12 - 13 ottobre Fiera per l’accoglienza e la ristorazione in montagna [ 43ª ARREDAMONT 31 ottobre - 8 novembre Mostra dell’arredare in montagna [ 61ª M.I.G. Mostra Internazionale

del Gelato Artigianale

29 novembre - 2 dicembre Esposizione internazionale di prodotti e attrezzature per gelateria


ABITO LA VITA

Stelle e sogni L

e stelle a Treviso hanno fatto il giro del mondo, nei social le più fotografate e le più ammirate. Sull’acqua e nell’acqua riflessi di luce che fanno sussultare le morbide onde dei canali. Strizzando leggermente gli occhi mentre le fissiamo tremolanti nel venticello primaverile, in questo inverno strano, ne vediamo molte di più (possiamo farlo anche ora guardando la fotografia). E le portiamo dentro di noi per addobbare un albero interiore, nel cuore che ha voglia di avere un sogno. SOGNO è il nostro primo ninnolo da appendere; uso questo termine nel suo significato più profondo e non certo per indicare cosa di poco conto ma piuttosto un prezioso “nino”, ovvero fanciullo, o meglio ancora, innocente pensiero. Chi ha più voglia di sognare in questo mondo, in questo momento storico? Il governo è una continua bagarre, le strade intrise di sangue, i rapporti umani sempre meno umani...Oddio che scenario orribile ... sono oscurità, certamente, ma non discutiamo più, per favore, dell’opportunità o meno di censurare il male ma riflettiamo sul fatto che da anni, troppi, stiamo censurando il bene. E come fare se non abbiamo più un sogno nel cassetto?!? E allora cerchiamo il nostro albero interiore e addobbiamolo adesso, a gennaio 2020, l’anno prossimo avremo più bene da donare se iniziamo adesso! Cosa vuoi fare da grande? Ci chiedevano da bambini e un fiume di idee scendevano a cascata sulle bocche incredule degli adulti. Avrebbero voluto anche loro averlo , un sogno, e allora facciamolo adesso. Sappiamo, perché anche in Facebook o in Instagram lo ricordano con le loro vignette esaustive, che i pensieri di oggi sono il nostro futuro. E se proprio la parola sogno vi fa sorridere, pensate a un progetto. Il segreto, anzi le regole sono due: pensare a 360°: i bambini lo fanno: ricordate Mary Poppins? Lei è lo shock che fa entrare il miracoloso nella vita del padre di Jane e Michael, solo che lui ancora non ha strumenti per comprenderlo. E allora libero sfogo alla creatività e bando a tutti gli ostacoli, mettete il cuore prima di essi, come già qualcuno di grande suggeriva anni fa. E non ponete limiti alla frizzante gioia che può bussare al vostro cuore. Dite alla vostra razionalità di riposarsi per un po’, non la volete snobbare, solo farla calmare e se serve anche via libera a carta e penna. Sogni, progetti e idee in piena libertà. La seconda regola è non pensarci più e non essere attaccati al sogno: lui è fluttuante, è sapiente ed innocente. Può anche non realizzarsi, perché è il processo che conta e si possono verificare altre situazioni inaspettate che l’attaccamento al risultato non ce le farebbe vedere. Quindi un essere desti e pronti, con discrezione, senza affanni; questo il modo migliore per camminare il mondo davanti a noi. Distacco emotivo si potrebbe altrimenti chiamare, ma iniziamo subito a pensare in grande, in libertà e in gioia. La stessa gioia e lo stesso stupore con cui avete sicuramente guardato le stelle, forse anche troppo intenti a fotografarle. Ora le avete impresse negli occhi e brillano nel

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A CURA DELLA DOTT.SSA LORENA MAZZARIOL, PSICOLOGA UMANISTA E SCRITTRICE

vostro albero. Immaginate già i vostri sorrisi quando le rivedrete apparire nei canali trevigiani il prossimo anno; e lo smartphone non vi servirà più perché tutto l’anno le avete percepite. E avrete custodito in quel costante tremore una segreta nostalgia, come quella dell’esule, che tornando intravede da lontano la sua città .Dante non conosce il cammino da percorrere, ma il suo cuore intuisce che sta tornando sulla ‘diritta via’. Dentro, sprofondiamo nelle nostre consapevolezze per trovare i messaggi che aprono la strada ad una pulita armonia tra gli uomini e il cosmo. Acqua, alberi, cielo, stelle, brezza profumata, finestre illuminate, vicoli dove scricchiolano suole e movimenti leggeri. “M’affaccio alla finestra, e vedo il mare: vanno le stelle, tremolano l’onde. vedo stelle passare, onde passare; un guizzo chiama, un palpito risponde”

Pascoli, il poeta delle elementari di una volta e il suo monito a scoprire una natura viva e sempre lì, silente e caparbia a farci compagnia. Sognate, sognate, sognate: ecco il mio augurio per il 2020: nutrire un sogno con entusiasmo e con forza vitale! Sì, sì, sì, si può fare!


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PARLIAMO DI

Sharing Economy DI EDOARDO GRECO, FRANCESCO DOIMO, YLENIA NICEFORO

Sempre più spesso si sente parlare di “Sharing Economy”. L’ “Economia della condivisione” in italiano sembra essere una delle ultime tendenze della Silicon Valley che vede nascere sempre più startup in questo settore. Non c’è da porsi troppe domande sul perché, Internet è un elemento fondante dell’economia collaborativa che vede un sistema economico in cui beni o servizi sono condivisi tra individui privati, gratis (molto raramente) o a pagamento, proprio grazie attraverso la Rete. Scendendo dall’iperuranio dei tecnicismi economici e arrivando alla pratica consiste nel condividere con altre persone un oggetto di proprietà e che in quel momento (anche per poco tempo) si decide di renderlo disponibile alla comunità. Così se si ha un’auto a disposizione e del tempo libero (risorsa sempre più preziosa) si può decidere di diventare “tassisti” di Uber, la famosa società di San Francisco nata nel 2009 che gestisce le prenotazioni di car sharing con la sua piattaforma. Mi iscrivo e in base alla zona che metto a disposizione mi inoltrano richieste di persone che si devono spostare da A a B. La società fa da tramite e garante, trattenendosi una quota sulle corse di circa il 20%, il tutto affiancato ad un sistema di feedback e stelline per recensire autisti e passeggeri assicurando sicurezza. Ciò che esce da questo meccanismo è che in qualsiasi momento puoi trasformati in un tassista e compiere delle corse, ottenendo anche guadagni. Quando vuoi lavorare, apri l’app, dai disponibilità ed inizi a ricevere chiamate. Quando hai finito o non hai più tempo, metti l’applicazione offline. Tariffe e regole le decide l’azienda californiana però sai che non hai orari. Una concezione così smart fino a pochi anni fa era inimmaginabile. Ma oltre alle automobili c’è anche altro da condividere. Nel 2007, due anni prima della nascita di Uber tre ragazzi fondarono Air Bed and Breakfast, intuendo la possibilità della Rete abbinata al bisogno di pernottamento durante un importante convegno di design a San Francisco che portò ad un esaurimento di tutte le camere d’albergo La società ormai consolidata con il nome più sonoro Airbnb offre la condivisone di case. Sfruttando la visibilità del Web sempre più persone riescono a condividere le loro abitazioni arrivando anche ad avere buone entrate. Si intravede la coperta corta? Si copre da una parte per lasciarne inevitabilmente scoperta un’altra senza riuscire a coprire tutto. Nel digitale questa sindrome è molto frequente e la Sharing Economy non ne è immune. Ma dov’è questa parte lasciata fuori se si riesce a condividere ciò che altrimenti sarebbe inutilizzato, aiutando il prossimo, guadagnando e facendo risparmiare soldi rispetto alle normali forme di servizi simili? Siamo di fronte ad un nuovo modo sociale di fare economia?

Un parere interessante l’ha offerto Olivier Blanchard, docente di economia al MIT di Boston che ci fa capire i limiti di questa coperta. Un primo punto secondo il noto economista è legato alle regole del gioco, spesso impari. Uber deve richiedere le stesse licenze e autorizzazioni e pagare le stesse tasse dei tassisti ma sopratutto usare gli stessi requisiti in materia di qualifica del conducente, ispezioni ai veicoli, copertura assicurativa. Aspetti soprattutto in passato un po’ sorvolati dalle società californiane. Ancora oggi Uber richiede alcuni requisiti ma per la versione “base”, ossia quelle senza le auto di lusso, non richiede nessuna licenza di noleggio con conducente. Un altro punto è la questione legata al termine “condivisione”, in realtà secondo l’illustre docente stiamo parlando di qualcosa che non è nuovo, ossia di affitti. Più che definirla economia collaborativa sarebbe da chiamarla “economia del noleggio”, allora forse si perde il fascino sexy della parola. L’ultima questione è legata a qualcosa di più sottile, il termine economia della condivisione è pericolo: suona così benigno e positivo. Ti fa pensare che stai facendo qualcosa di buono per te e il mondo e che fai parte di una grande ruota di progresso. Dopotutto stai condividendo, giusto? Stai collaborando? Beh no. Quello che stai davvero facendo è aiutare gli esperti di tecnologia senza avere idea del danno reale che stanno per subire le economie locali. Provare ad andare a Barcellona a chiedere amichevolmente a una persona del posto cosa ne pensa di Airbnb, ciò che risponderà vi stupirà molto. Oppure senza dover andare così lontano nella nostra vicina Venezia. Da una parte sempre più persone che possiedono un immobile lo affittano su Airbnb e sebbene il sito offra la possibilità di affitti fino a sei mesi si preferisce condividere per brevi periodi. Concentrati sul dare a molti per poco tempo piuttosto che molto tempo per pochi e avrai profitti migliori in questo business. Risultato di questa equazione? I prezzi degli affitti per lungo termine sono saliti, gli studenti fuori sede hanno difficoltà a trovare appartamenti a lungo termine, la città si spopola perché chi ha un’abitazione preferisce affittarla e guadagnare parecchio piuttosto che viverci. E Uber? A Milano e a Roma hanno vinto i tassisti che vista la concorrenza impari non hanno lasciato sbarcare la piattaforma californiana. O meglio, Uber esiste ma solo la versione premium, con limousine e auto di lusso che ti vengono a prendere, per le quali è prevista la licenza di noleggio con conducente. La coperta corta come abbiamo visto esiste ed è un’equazione a somma zero. Vincitori e vinti si spartiscono la stessa torta, la convivenza non è pacifica, regole impari. Benvenuti nella nuova era della condivisione.

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"Nella pizza, come nella vita, l’importante è la leggerezza." GIUSEPPE GIORDANO


IL PORTOLANO

Mirabilia

Autobiografia familiare

Possiamo parlare di autobiografie familiari quando l’autobiografo non parla solo e tanto di sé ma della storia della sua famiglia, magari a partire da qualche avo più o meno lontano. Presuppongono che il soggetto abbia origini lontane, o in altre parole, che per capire chi siamo adesso occorre capire da dove veniamo. Da dopo Freud la consapevolezza che noi siamo gli eredi di un passato che va anche al di là dei nostri genitori e nonni si è fatta più diffusa e queste autobiografie lo testimoniano. Si avvalgono di documenti scritti e orali, di racconti riportati, di foto, di ricostruzioni d’epoca e infine di immaginazione. Al loro centro c’è pur sempre il soggetto che scrive ma solo perché è lui che raccoglie e gestisce quel materiale ed è lui l’ultimo venuto. Così funziona Care memorie di Marguerite Yourcenar (1903-1987). Tutto parte con la descrizione della sua nascita e della quasi contemporanea morte della madre, Fernande, ma subito dopo l’autrice cerca di ricostruire la vita che conducevano i suoi avi. L’ispirazione le viene guardando il cimitero dove sono sepolti:

DI BRUNA GRAZIANI

Per quanti sforzi facessi, non riuscivo a stabilire un rapporto fra le persone giacenti qui e me. Ne conoscevo personalmente solo tre, i due zii e zia, che però avevo perso verso il mio decimo anno. Avevo appena attraversato Fernande; per qualche mese mi ero nutrita della sua sostanza, ma di questi fatti avevo una conoscenza altrettanto fredda quanto una verità di manuale; la sua tomba non mi commuoveva più di quella di una sconosciuta di cui mi avessero raccontato per caso la fine. Ancora più difficile era immaginare che quell’Arthur de C. de M. e sua moglie, Mathilde T., sui quali sapevo meno cose che su Baudelaire e sulla madre di Don Juan d’Austria, avessero portato in sé alcuni degli elementi che mi compongono. […] Dopo gli innumerevoli incroci che fanno di ciascuno di noi una creatura unica, come indovinare la percentuale di caratteristiche morali o fisiche che mi avevano trasmesso? Tanto varrebbe analizzare le mie ossa per studiare e pesare i minerali di cui sono composte. Se poi, come ogni giorno di più tendo a credere, non sono soltanto il sangue e lo sperma a farci ciò che siamo, ogni calcolo del genere era falso in partenza. Tuttavia Arthur e Mathilde si trovavano al secondo incrocio dei fili che mi riallacciano al tutto. Qualunque ipotesi facciamo sulla strana zona d’ombra dalla quale siamo usciti e nella quale rientreremo, è sempre un errore eliminare dalla nostra mente i dati semplici, le realtà banali eppure anch’esse così strane che non combaciano mai completamente con la nostra realtà. Arthur e Mathilde erano i miei nonni. Io ero la figlia di Fernande.*

Si può prendere spunto da questo brano per costruire a nostra volta autobiografie familiari. Prima di tutto occorre documentarsi sull’epoca e la cultura. Ma poi bisogna saperla immaginare, rivivere e risentire in sé. Non bisogna cioè dare solo dei dati estrinseci ma provare a calarsi in quel mondo. I luoghi sono molto importanti. Auerbach ha scritto una volta che Balzac era stato capace di descrivere i luoghi abitati dai suoi personaggi come «unità organiche, anzi demoniache»; «ogni fatto infatti si trasformava per lui in un’atmosfera morale e sensibile di cui s’imbevono il paesaggio, la casa, i mobili, le suppellettili, gli abiti, i corpi, il carattere, il comportamento, il sentire, l’agire e la sorte degli uomini, e in cui poi la situazione storica generale a sua volta appare come un’atmosfera totale abbracciante tutti i singoli spazi di vita». È proprio quello che qui ha fatto Yourcenar ed è quello che dobbiamo fare noi se vogliamo scrivere dei nostri avi: dobbiamo immergerli nell’atmosfera del loro tempo, e dunque, di conseguenza, dobbiamo sentirci a casa in quelle atmosfere, riviverle. Non dobbiamo però fingere che siamo, sentiamo, pensiamo, parliamo come loro. Ecco perché conviene adottare una modalità ipotetica: Yourcenar si fa delle domande su cosa sentissero quei personaggi e prova a darsi delle risposte, ma lo fa sempre in modo dubitativo. In effetti il titolo originale del libro è Mémoirs pieux; e noi dovremmo proprio essere capaci di pietas storica nel raccontare come (forse) sono stati i nostri avi. Avremmo così pietà anche di noi stessi, se è vero che c’è qualcosa in loro che perdura in noi.

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EDO HUB

Cambiamenti di Edo Hub

In azienda e nella vita come in un viaggio

N

el 1543 Copernico affermò che non era la terra a trovarsi al centro dell’universo, bensì il sole. Ovviamente questa fu una scoperta molto importante, ma il fatto che il nostro pianeta non si trovasse al centro dell’universo è sempre stato un dato di fatto – già fin dalla creazione. Altri affermavano che la terra non fosse piatta ma rotonda. Sostenere una tale teoria, non troppo tempo fa, poteva essere molto pericoloso. E chi dei nostri nonni si sarebbe mai potuto immaginare che i loro nipoti sarebbero andati in giro con un piccolo cellulare in tasca e che avrebbero potuto parlare con chiunque volessero in qualsiasi parte del mondo? La tecnologia è semplice, una volta scoperta. Siamo in costante evoluzione e tutto diventa semplice una volta compreso. Ho sempre pensato che un’azienda sia paragonabile ad un organismo vivente e di conseguenza conoscere le leggi della natura può aiutarci a gestire meglio la nostra impresa e la nostra vita. Ma se la scienza può aiutarci, perché allora continuiamo a lamentarci e a essere stressati? La risposta è scontata: non abbiamo afferrato il cambiamento e continuiamo a pensare in questi termini: ‘la terra è piatta” e ‘io sto al centro dell’universo’. Continuiamo con le stesse abitudini e convinzioni perché in fondo anche lamentarci è un’abitudine che ci fa compagnia ogni giorno e ci siamo affezionati. Siamo pieni di cattive abitudini e le teniamo con noi solo perché possiamo ancora permettercelo.

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Sono appena rientrata dopo un cammino di 5 giorni, la via degli Etruschi in Toscana ed ecco i cambiamenti che porterò in azienda e nella mia vita nel 2020.

1.

Lo zaino deve essere il più leggero possibile perché altrimenti ti fa soffrire e ti rallenta. L’importante è avere solo ciò che serve veramente. Non caricarti di fardelli inutili. • Lascia perdere i clienti che creano solo problemi e pagano quando vogliono. • Non tenerti collaboratori demotivati. Ricordati che uno zaino pesante può rendere il percorso troppo difficile e farti venire voglia di abbandonare, ma se la meta è importante non puoi permettertelo.


EDO HUB

2.

Traccia bene il percorso e affidati a chi ha esperienza, cerca persone che lo hanno già fatto. Saper improvvisare è utile ma solo quando richiesto, perché la mente se è troppo sotto pressione può sbagliare. • Creati una strategia marketing basata sulla vera conoscenza del mercato. • Preparati con le giuste competenze, se non le hai, seleziona personale idoneo.

Goditi il tramonto con i tuoi occhi, assapora la cena, brinda con un bicchiere di rosso e se c’è la musica, lasciati andare e balla! • Prenditi del tempo in azienda per festeggiare. • Ricordati di ridere perché così il cervello produce le endorfine, ormoni del piacere, una specie di morfina naturale e può aumentare l’aspettativa di vita di 7/8 anni.

3.

7.

Non farti spiazzare dagli imprevisti ed ostacoli, mettili già in conto. Nello zaino assicurati sempre di avere con te acqua, torcia e barrette. Perché se sbagli sentiero, i km si allungano e cala la luce. • Non sprecare il denaro aziendale, anche quando il fatturato va bene, risparmia. • Non smettere mai di cercare nuovi clienti, sono la tua borraccia di scorta e devono esserci sempre.

4.

Impara a gestire i caratteri delle persone, un gruppo senza un leader si perde in conflitti. Qualcuno cammina più veloce, qualcuno si preoccupa di più, qualcuno è più testardo, qualcuno ha sempre fame e qualcuno parla poco o troppo. La perfezione non esiste, per creare equilibrio bisogna saper comunicare. • Fissa riunioni standard per spronare la comunicazione. • Non lasciare disaccordi non risolti.

5.

Chiedi aiuto e circondati delle persone giuste. Non sei un super eroe e non devi dimostrare al mondo che vali. Impara a conoscerti fino in fondo e sii consapevole dei tuoi limiti, solo così potrai capire quanto è bello e più facile camminare assieme ad altre persone. • Fai un’analisi di te stesso, scopri la tua indole, i tuoi talenti e i tuoi punti deboli e poi falla a tutti i tuoi soci e collaboratori. • Crea un codice di aiuto, un’etica aziendale condivisa. • Scopri l’importanza dei valori del gruppo.

6.

Ogni tanto fermati e impara a gioire per quello che hai già ottenuto, non pensare sempre e solo a cosa ti manca.

Fr e q u e n t a i m i g l i o r i , a l z a l’asticella. Fatti ispirare da chi sogna in grande, da chi non ha tempo per le critiche verso gli altri, da chi ha obiettivi per migliorare il mondo. • Diventi ciò che ascolti e questo non lo puoi evitare, allora impara a circondarti delle persone giuste. • Investi del tempo per crearti un network per il tuo miglioramento e la tua crescita.

8.

10

. Innamorati e manifesta i tuoi sentimenti. Che sia una persona, una quercia o un cane, fatti trasportare dall’energia dell’amore, la benzina dell’anima e scoprirai che non sei mai solo. • Ama ciò che fai, se il tuo lavoro non è la tua più grande passione, il problema non è il mercato ma sei tu. Auguro un anno ricco di passi condivisi a tutti con tanti obiettivi raggiunti e se credete nel miglioramento spero di incontrarvi presto.

Emma Gobbo emmagobbo@edohub.it +39 340 2570799 www.edohub.it

Chiama un tuo compagno delle scuole medie e fatti raccontare cosa si ricorda di te, quali sfumature del tuo carattere si ricorda. Il futuro a volte passa anche dalla riscoperta del tuo passato. In questo mondo siamo bombardati da modelli e schemi che ci influenzano e spesso nel tentativo di essere accettati, o nella ricerca disperata di un “like” rischiamo di perdere la nostra vera essenza, che in realtà è unica e non appartiene a nessun modello.

Società di Consulenza Aziendale e Personale Aiutiamo gli Imprenditori e le Persone a rendere pratica l'abbondante teoria riguardante il miglioramento

• Fai capire ai tuoi clienti in che cosa sei unico perché solo ciò che è raro diventa prezioso. • La tua vera essenza determina la tua vision aziendale.

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Per questo abbiamo messo a punto 4 SERVIZI ispirati alle 4 aree della nostra vita: Edo s.r.l.s. Tutti i diritti sono riservati P.IVA 04873960266

9.

Ottimizza il tempo. Studia. Se necessario paga un taxi. Delega un po’ di lavori, paga una signora delle pulizie, non sentirti in colpa se non riesci a fare tutto e ogni volta che spendi del denaro chiediti se quel investimento ti torna indietro con del tempo di qualità in più per te e le tue passioni, allora avrà un senso. • Trova il tempo e crea il dipartimento di ricerca e sviluppo costante, in natura nulla rimane fermo. Ed infine...

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Scuola, la casa della cultura DEL PROF. ANDREA DELÌA

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ISTRUZIONE

T

i giri e ovunque senti parlare e leggi di scuola. Il fatto è che, come per qualsiasi questione, anche per quanto riguarda l'argomento scuola dovrebbe essere condizione fondamentale per parlarne averne una conoscenza diretta e profonda. Invece ci troviamo a leggere ed ascoltare frasi, sentenze, dichiarazioni e proposte che vengono troppo spesso da persone e personaggi che nulla hanno a che fare con la scuola; e ancora meno la conoscono. Io sono immerso da oltre vent'anni in questo mondo ciclopico ed enciclopedico, nel quale vive un marasma di persone che si trovano qui quasi catapultate da qualcun altro. Non ho il tempo né lo spazio, e personalmente nemmeno la voglia, di dedicare pagine su pagine ai soliti "problemi della scuola", "le difficoltà della scuola italiana", "la situazione precaria dei docenti della scuola italiana". Ci sono persone che vivono e vivranno di questi discorsi, perché il disfattismo e l'analfabetismo intellettuale tendono a non morire mai. Io preferisco occuparmi di ciò che la scuola dà poco, ma potrebbe essere in grado di dare ancora ai ragazzi che si trovano ogni giorno ad avvicinarsi ad ambienti e persone che dovrebbero comunicare loro un senso di serenità e fiducia e, viceversa, troppe volte sono visti dai nostri giovani come un ostacolo se non addirittura un nemico. Punto primo Io credo ancora in una scuola che sia una vera e propria Paideia, termine che nell'antica Atene indicava quella formazione umana e intellettuale che i giovani ricevevano dallo Stato, affinché potessero diventare dei futuri cittadini, ai quali affidare le sorti della "polis". Io credo ancora in una scuola, nella quale i docenti vadano non a fare un lavoro o a mostrare la loro preparazione, ma a dare di sé una parte fondamentale, quella della loro umanità. Perché insegnare, come fare il dottore o l'infermiere o il poliziotto, non è né può essere un lavoro, ma deve essere un modo di essere e di vivere. In questo senso, io amo usare l'espressione "romanticismo"; cioè per insegnare ci vuole una motivazione che va oltre al lo stipendio. Per insegnare ci vuole la comprensione del fatto che, in quelle ore di attività, non si ha a che fare con una cosa, ma con una persona, anzi una giovane anima che deve diventare persona. E questo potrà accadere anche, se non soprattutto, grazie al lavoro dell'insegnante. Nelle scuole, invece, troppo spesso mi imbatto in docenti per i quali l'insegnamento è unicamente un lavoro, che comporta doveri e diritti propri. Sempre meno volte trovo persone consapevoli che ciò che stanno facendo è aiutare la formazione e la crescita di ragazzi, giovani anime che domani saranno il tessuto fondamentale della società. A me non interessa sapere se questa perdita di valori nell'insegnante sia dovuta alla scarsa considerazione che tale figura possiede nella nostra società o se, viceversa, questo derivi da una perdita di valori intrinseca. Ecco perché mi piace ricordare come in Giappone l'insegnante è una delle poche persone che non deve inchinarsi davanti all'imperatore. Questo perché, in quella lontana cultura, è totale la consapevolezza della centralità della figura dell'insegnante, áncora per i giovani e modello che essi dovrebbero avere sempre presente per crescere come vere persone. Punto secondo La scuola deve riprendersi il ruolo di casa della cultura. Io non comprendo come sia possibile, ad esempio, che a scuola si mettano in secondo piano l'arte, la storia, la letteratura, italiana e non solo. È vero che i ragazzi devono vivere in questa società

e quindi devono conoscerla meglio possibile; ben vengano, quindi, l'educazione civica e l'approfondimento di tematiche di attualità. Ma è altrettanto vero che quando usciranno dalla scuola, saranno gli strumenti culturali che la scuola stessa avrà dato loro quelli che consentiranno ai giovani di affrontare la società. E gli strumenti che la scuola deve dare sono principalmente le conoscenze, perché le conoscenze sono la base fondamentale di una qualsiasi crescita e di una qualsiasi capacità di vivere in qualsiasi contesto sociale. Come può essere accettabile che un ragazzo, uscito dalle scuole secondarie italiane, non riconosca un quadro di Tiziano o gli affreschi di Giotto? Come può essere accettabile che non si conoscano la trama e il messaggio dei Promessi Sposi o della Divina Commedia? Come può essere accettabile che non si riconoscano le cause delle guerre mondiali, che hanno segnato per sempre la storia dell'umanità? L'ignoranza è la vera e fondamentale causa della morte di una civiltà e di una nazione. Fino a quando questo non sarà chiaro e cristallino nella testa di coloro che devono prendere le decisioni, purtroppo la nostra è e resterà una nazione che continuerà a vivere in uno stato comatoso perenne. Punto terzo La scuola deve avere uno scopo preciso, che è quello di fare pensare i ragazzi. Il pensiero ci rende diversi dagli altri animali che sono sulla terra. Anzi, purtroppo, molto spesso noi esseri umani non riusciamo nemmeno più a differenziarci da loro per questo motivo. Pensare, fare comprendere la bellezza di un pensiero, fare comprendere come pensare ci renda non tanto liberi, come da noto e abusato slogan, quanto uomini con la U maiuscola. In una società come la nostra, così accelerata e frenetica, i giovani sono talmente bombardati da stimoli differenti e multiformi che non riescono a distinguere un proprio pensiero individuale. La scuola può e deve recuperare, quindi, questo scopo; non quello di indicare il pensiero, ma mostrare come nel pensiero sia la via per la crescita profonda di ogni persona. Compito di noi professori, pertanto, dovrebbe essere anche quello di innestare negli studenti il Germania della riflessione, dando loro spazio e tempo affinché esso possa crescere. E renderli adulti. Motivazione, cultura, pensiero. Basterebbero davvero queste tre piccole, enormi "cose" per dare una svolta fondamentale al nostro sistema scolastico e, di conseguenza, al futuro della nostra nazione. Perché è troppo comodo dire "i giovani sono il nostro futuro". Fino a quando noi adulti non daremo ai giovani gli strumenti necessari, essi rimarranno da soli in un oceano che non possono né affrontare né dominare. "E il naufragar mi è dolce in questo mare", concludeva così 200 anni fa Giacomo Leopardi il suo Infinito. È il caso che la smettiamo di fare naufragare la nostra scuola, a causa di persone poco motivate e spesso a disagio coi pensieri e di una cultura che spaventa più di quanto incuriosisca.

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Centro Studi Paideia, la tua scuola nel cuore di Treviso Il Centro Studi Paideia, fondato nell'aprile 2006, è un polo formativo nato per offrire la possibilità di svolgere il proprio percorso formativo a tutti coloro che cercano una metodologia scolastica innovativa e a misura di studente; contemporaneamente consente di recuperare gli anni scolastici a ragazzi bocciati o a studenti-lavoratori. Negli anni, la nostra scuola ha differenziato la propria attività, divenendo punto di riferimento nella città di Treviso per le attività scolastico-formative. Ricapitolando, svolgiamo le attività di: - recupero anni scolastici per le scuole medie inferiori e superiori - frequenza regolare, anno per anno, con soluzioni didattiche innovative (piccoli gruppi di lavoro, metodologia di studio, flessibilità negli orari) - assistenza scolastica in tutte le materie delle scuole medie inferiori e superiori - preparazione esami universitari Infine, da quasi un anno abbiamo ottenuto l'ambito riconoscimento di ente certificato alla regione Veneto per i servizi al lavoro. Pertanto, ci siamo attivati con aziende e privati per formare e riqualificare il personale nel mondo del lavoro; negli ultimi mesi abbiamo quindi erogato oltre una ventina di corsi formativi nell'ambito delle soft skills e del perfezionamento della lingua inglese. La parte centrale della Nostra attività comunque rimane quella del recupero anni scolastici affiancata dalla frequenza regolare. I numeri degli ultimi dieci anni mostrano una continua crescita delle iscrizioni, pur in questo momento di difficile contingenza economica. Dai 53 studenti iscritti nell'anno scolastico 2009/2010 si è arrivati ai 76 dello scorso a.s. 2018/2019 I risultati scolastici confermano, contemporaneamente, la bontà del metodo e dello stile Paideia. Da oltre dieci anni, oltre il 97% degli studenti, grazie alla solida preparazione, ha ottenuto la promozione.

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Nell'ottica di una continua crescita, durante la scorsa estate, Paideia ha deciso di ampliare gli spazi di lavoro, acquisendo una nuova ed amplia sede nel cuore della città, accanto a quella storica di via Collalto, operativa da oltre tredici anni. I 200mq di via Isola di Mezzo, 26 hanno raddoppiato gli ambienti scolastici, in una struttura pensata per uno studio sempre più a misura di docenti e studenti. In questa ottica, la nuova sede offre, oltre alle classiche aule e ad uffici di moderna concezione, uno spazio lettura con annessa biblioteca e un'aula magna in grado di contenere fino a quaranta persone a sedere. Quest'ultimo spazio, nella prospettiva di un servizio formativo utile a 360 gradi per la cittadinanza, è destinato ad ospitare corsi di associazioni varie, ospiti del mondo della cultura e del sociale e conferenze dei più differenti argomenti. Per qualsiasi informazione, vi invitiamo a contattarci; avrete l'occasione di entrare in contatto con un nuovo modo di vivere il mondo della scuola. Centro Studi Paideia Via Isola di Mezzo, 26 Treviso 0422/053247 340/1228946 www.centrostudipaideia.it



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CINEMA

Quando un film è anche e soprattutto una gigantesca operazione di marketing Per Toto Tolo di Checco Zalone avevano studiato tutto a tavolino. Già l’argomento, l’immigrazione clandestina, è oggi il più sensibile per gli italiani, quindi ha fatalmente scatenato una pioggia di commenti, sia negativi che positivi. E questo costituisce sempre un grande battage pubblicitario: "C'è una cosa al mondo peggiore del parlar male di qualcuno: non parlarne", diceva Oscar Wilde. Immancabile, al primo giorno di uscita, l’1 gennaio, Toto Tolo ha polverizzato ogni record d’incasso precedente, raccogliendo nelle oltre 1200 sale italiane la bellezza di 8.600.000 euro. Poi è stato scelto Capodanno, e cioè un invito rivolto soprattutto a chi al cinema ci va una o forse due volte l’anno. E naturalmente ognuno ha detto la sua: si è passati dal capolavoro alla schifezza. A nostro avviso Toto Tolo sta sulla media di Zalone, al secolo Luca Medici: 6.5. Zalone ha successo perché furbescamente sa accontentare un po’ tutti, un colpo al politicamente corretto, un altro alla, per così dire, trasgressione: sembra sia “contro”, però poco dopo torna sui binari del conformismo. E così non si lamenta nessuno, o si lamentano tutti, che è la stessa cosa. La gestazione della pellicola è stata lunga, 20 settimane di riprese tra Europa e Africa con un budget che la maggior parte dei registi italiani si sogna: 20 milioni di euro. Zalone si dirige da solo, per cui fine della collaborazione con Gennaro Nunziante. La sceneggiatura l’ha scritta con Paolo Virzì. È il solito dramma di gente in fuga da guerre e miseria in cerca di un futuro, di una possibilità finora negata. C‘è qualche analogia con Quo Vado?, nel senso che il trailer contiene un brano

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DI SILVANO FOCARELLI

musicale, Immigrato, che non è contenuto nel film, come i finti trailer di quello del 2016. Ed anche l’attore protagonista del video è solo un personaggio secondario. Come detto, Zalone per non sbagliare prende di mira un po‘ tutti: i suoi paesani disoccupati che, senza preparazione e competenze, improvvisamente diventano ministri, e qui il riferimento a Di Maio e Salvini è palese, i migranti ossessionati dalle firme, l’italiano medio con pulsioni fascistoidi. A tratti le sofferenze dei migranti sono raffigurate con lodevole sobrietà, mentre in altre sequenze il buon Checco incappa in scelte prive di gusto e magari anche un po’ grevi. Su un aspetto sembrano tutti d’accordo: di battute e perciò di risate ce ne sono meno rispetto al passato. E chiaramente chi va al cinema a vedere Zalone, e ride poco, al massimo sorride, non può che uscire dal cinema poco soddisfatto, pur tenendo conto che l’argomento non si presta a grandi gag. È un film che punta parecchio sul contrasto tra l’espressione (chiamarla maschera per il momento è eccessivo) di Zalone, e la drammaticità del contesto in cui si muove, ma qualcosa ogni tanto si inceppa. Tra le qualità va messo un certo gusto per le parentesi oniriche, talvolta volutamente kitsch, come del finale, e per alcune scene in chiave musical, vedi quella ambientata in autobus. Insomma, realizzare una commedia su argomenti seri, ed a volte tragici, è possibile (ma evitiamo per cortesia paragoni con La vita è bella), non lo è nascondersi dietro a una satira generica senza assumersi le proprie responsabilità.


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CINEMA

Il film storico

TITANIC DI SILVANO FOCARELLI

14 nomination ed 11 Oscar, oltre a 4 Golden Globes: con Ben-Hur d’acqua, n ella quale riprodurre praticamente a grandezza naturale e Il signore degli anelli-Il ritorno del Re stiamo parlando del film più l’intero Titanic. Cameron voleva girarlo da quando nel 1985 era premiato nella storia del cinema. La storia stato localizzato il relitto del transatlantico: d’amore dello spiantato Jack Dawson con la rivelò che per presentare la sua idea mostrò ricca Rose DeWitt Bukater a distanza di 23 ad alcuni produttori un’immagine del Titanic anni resta un grande classico senza tempo, che affondava e disse cinque parole: capace di commuovere ed impressionare. “Romeo e Giulietta, ma qui“. In principio La sua forza poggia sulla combinazione vinfece fatica a convincere i produttori che cente di forza estetica e narrativa, fondata su investire quella montagna di soldi su una archetipi profondi, rivisitati da James Camestoria romantica di tre ore. Lui fra l‘altro ron in chiave emotiva e soprattutto spettacovoleva, come poi effettivamente ha fatto, di lare. Perché stiamo parlando comunque di scendere davvero negli abissi e riprendere un kolossal girato in due anni e del costo di ciò che restava del Titanic. Lunga la gesta285 milioni di dollari (85 solo per la pubblizione anche riguardo gli attori: Di Caprio cità e la promozione): calcolando l‘inflazionon fu assolutamente la prima scelta, prima ne, più del vero Titanic. E fino all’uscita di di lui erano stati interpellati Matthew McCoAvatar, altro film prodotto e diretto dallo naughey, Brad Pitt e Stephen Dorff, mentre Kate Winslett riuscì ad ottenere il numero del stesso Cameron, è stato quello che ha reatelefonino di Cameron per convincerlo ad lizzato il maggiore incasso in assoluto nella accettare la sua candidatura. E fra tutte le storia del cinema, un miliardo e ottocento scene memorabili ce n’è una, forse tra le milioni di dollari. Ed il primo a superare il meno note, che ci piace ricordare: i due miliardo di incassi. Un solo esempio di anziani che mentre il Titanic affonda voglioquanto sia smisuratamente immane: non no restare assieme. Personaggi realmente essendoci teatri di posa sufficientemente esistiti: si chiamavano Ida e Isidor Straus, ampi, la 20th Century Fox per le riprese fu proprietari del Macy’s a New York. A Ida fu obbligata ad acquistare sulla spiaggia mesTITANIC (1997), Usa, 194’. offerto un posto su una scialuppa di salvasicana di Rosarito un’area vasta 16 milioni Regia di James Cameron, con Leonardo taggio, che rifiutò per restare accanto al di metri quadri, sulla quale costruire una DiCaprio, Kate Winslet, Billy Zane, Kathy Bates, marito sino alla fine. gigantesca cisterna da 75 milioni litri Frances Fisher, Gloria Stuart

Curiosità L’esclamazione Grande Giove! spesso ripetuta da Doc Emmett Brown in Ritorno al Futuro, nel primo film non è mai pronunciata, sostituita invece da Bontà divina! Nella versione originale questa esclamazione è tradotta con Great Scott! ed utilizzata non solo da Doc, ma anche da Sherlock Holmes e da Superman.

DI SI. FOCA.

gi femminili parlino direttamente tra loro. La scena iniziale di Salvate il soldato Ryan è stata girata talmente bene che molti veterani abbandonavano la sala, impressionati dal fatto di assistere a scene da loro veramente vissute. Dicevano di non avere mai assistito in un film ad una scena di guerra più realistica.

Ancora da Ritorno al futuro. Originariamente la macchina del tempo, la celebre DeLorean, doveva essere un frigorifero. Gli sceneggiatori decisero di cambiarla con un’auto per paura che i più piccoli potessero rischiare di restarvi intrappolati tentando di emulare il film.

Samuel Jackson è considerato dal Guinness una autentica macchina per far soldi. È stato infatti calcolato che l’ammontare totale degli incassi dei film in cui è presente ha segnato la sbalorditiva cifra di 7,4 bilioni di dollari.

In tutta la trilogia de Il Signore degli Anelli, non c’è una sola scena dove due personag-

La testa di cavallo usata per girare una delle scene più scioccanti del Il Padrino era

autentica. Lo conferma l’urlo atterrito dell’attore John Marley, vero pure questo: nessuno lo aveva informato di ciò che avrebbe trovato nel proprio letto. Il titolo originale del famoso film d’animazione della Disney Il Re Leone era Il Re della Giungla. Il nome venne modificato quando gli sceneggiatori si accorsero che i leoni non vivono nella giungla. John Malkovich nel 2015 ha terminato le riprese del film intitolato 100 years: The movie you will never see. La pellicola è stata chiusa in una cassetta di massima sicurezza che si aprirà automaticamente il 18 Novembre del 2115.

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CINEMA

Max Nardari, a Carnevale un cinema di tutti i colori

DI IVANA PRIOR

La serata trevigiana della prima è stata orchestrata con dei tempi perfetti tra sfilata di moda, presentazione da parte della Film Commission regionale e locale, tua e nientemeno che una sfilata di moda sul palco del cinema Corso. “L’idea di promuovere il film la sera della prima attraverso una sfilata di moda, è emersa proprio dall’esperienza russa in cui lo si è presentato con una sfilata che ha avuto molto successo con 3500 persone in sala. A Treviso ho proposto una sfilata del brand Princi P con delle gonne davvero molto belle.”

A volte la prima di un film diventa una fucina sorprendente e ispiratrice di vetrine creative e inaspettate sul mondo del cinema indipendente. Max Nardari istrionico regista, cantautore, show man e non solo..di origine trevigiana, trapiantato a Roma, ha presentato qualche tempo fa a Treviso il suo film “Di tutti i colori”, già uscito in 470 sale russe e nelle arene estive in Italia. A febbraio il film sarà nuovamente in proiezione a Treviso per una settimana. Ci svela molte curiosità. Max come è nata questa idea di realizzare un film sulla moda in Russia? “Il progetto del film è nato grazie ad un produttore cinematrografico storico romano, Pietro Innocenti ( lo stesso del film Milano Roma solo andata) che è riuscito a sviluppare l’idea di un film divertente sulla moda, soddisfacendo prettamente il gusto russo nelle linee di sviluppo del film, con il privilegio della partecipazione di Olga Pogodina, una delle più importanti attrici russe, il placet “ delle alte sfere” per cui abbiamo avuto l’autorizzazione a girare nella piazza russa e credo di essere stato il primo regista italiano a poter fare una cosa del genere.”

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Max, ci suggerisci con questo tuo approccio originale che si può realizzare un buon film con una produzione indipendente e idee efficaci di marketing per poter dribblare gli ostacoli, drammatici in Italia, della distribuzione del cinema indipendente, ma come avete lavorato insieme nella produzione internazionale? “La vicenda legati ad equivoci sentimentali e moda è stata scelta dai russi. Il fatto che il protagonista si finga gay e in alcuni passaggi del film difenda il mondo omosessuale nell’affrontare la spiegazione del proprio fingersi gay è una conquista importante per un mondo dall’antropologia così conservatrice e ancora omofoba come quello russo. Ho scritto il film con altri due sceneggiatori: Alba Calicchio, Daniele Malavolta, tenendo presenti le necessità legate alla sua storia produttiva. A detta di opinioni diffuse sembra apprezzato del film il ritmo narrativo che lo rende una commedia frizzante ma non prevedibile. Avevo scritto un precedente film nel 2016 che abbiamo presentato sempre al cinema Corso Una famiglia a soqquadro in cui ho avuto la possibilità di orchestrare un maggiore scavo psicologico nella vicenda seguendo uno stile che mi è proprio. Sono davvero un regista atipico, sono anche un cantautore, ho scritto un album proprio di recente ( ndr ha collaborato con Paola e Chiara, Andrea Mirò e altri per i testi di canzoni).” Se spostiamo l’attenzione al mondo della moda trevigiana, da trevigiano che non vive più in città, che impressione ne conservi? “Alla prima del film avrei voluto invitare Benetton perché so


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CINEMA

quanto questo nome ha legato la storia della città alla storia di moda, stile, costume, a livello internazionale. Treviso rappresenta sicuramente una realtà provinciale anche rispetto alla moda, anche è stata sempre riccamente popolata di negozi di qualità. Riguardo allo stile però stranamente devo confessare che ho rilevato che nell’abbigliamento dei trevigiani c’ è una cura e buon gusto di gran lunga superiore a quello dei romani. Roma è una città bellissima ma il romano nella sua veracità è un po' pressapochista riguardo all’espressione estetica di sé. A Nord e soprattutto a Milano troviamo lo stile per definizione, e una grande ricchezza di comunicazione, creatività, nel suo essere la capitale della moda e non solo Nella bellezza e vitalità anche culturale, di Treviso negli ultimi anni ho riscontrato apertura e innovazioni.”

Ma quali i sono i tuoi gusti cinematografici infine? “Amo molto in realtà le commedie drammatiche che sappiano

A proposito dei tuoi lati istrionici… “La canzone che Olga Pogodina e Giancarlo Gianni cantano nel film dopo essere stati a cena al Gianicolo è mia, l’ho scritta io sostituendone un’ altra prevista, dei Ricchi e Poveri. Sono anche stato nominato dal 2018 direttore artistico del festival di cinema italo russo che si è svolto a Milano e ho vinto il Premio Felix per la regia proprio con Di tutti i colori..In quella occasione, come mi è consuetudine ho presentato in forma cabarettistica con l’attrice Elisabetta Pellini ( ndr attrice in La mia vita a soqquadro e nel corto L’amore non ha religione) e un’altra bella occasione simile è stata rappresentata dal festival di Sabaudia dedicato alla commedia italiana che ho presentato insieme a Tosca D’Aquino.”

La marchesa D’Aragona, attrice in Di tutti i colori, splendida e brillante, alla prima del film ha salutato il pubblico trevigiano con il suo enfatico “adoratissimi” dichiarando che davvero le piacerebbe tornare sul set a Treviso con la tua regia, ma cosa c’ è di realmente possibile? “Ho scritto un nuovo film per cui devo anche trovare la location( commedia corale internazionale in coproduzione sempre con la Russia) e che potrebbe anche essere Treviso. Mi piace che Treviso sia mostrata nella sua bellezza senza essere quella colombina di cui evidenziare costume, dialetto, trevigianità come quid caratteristico. Diciamo che se si trovassero degli sponsor sarebbe davvero utile.”

far ridere ed emozionare. Amo le commedie di Almodovar perché sono anche amare. Mi sono laureato al Dams di Bologna con una tesi di laurea sul cinema di Almodovar. Del cinema contemporaneo amo Ozpetek, trovo geniale Virzì di cui amo in particolare La pazza gioia che rappresenta quel giusto innesto tra commedia e dramma anche se ho amato molto anche La prima cosa bella e il capitale umano. Amo anche le commedie che sono ormai parte della nostra storia, quelle di Verdone e il Monicelli di Parenti serpenti, i film con Alberto Sordi. Amo molto anche le commedie americane sullo stile di Tutti pazzi per Mary. Ho scritto canzoni per Raf, Paola e chiara, Andrea Mirò. È molto difficile scrivere una buona commedia. Più facile scrivere un dramma perché sviluppi alcune idee centrali e il conflitto al centro del film, ma la commedia richiede più accurate abilità narrative perché le persone devono non perdere il ritmo mai. Sono anche produttore cinematografico.” Mica male per uno che ha iniziato frequentando Ipotesi cinema, il laboratorio cinematografico di Ermanno olmi a Bassano. Tutti pronti per vederne “Di tutti i colori” al cinema a febbraio.

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MUSICA

Il sublime timbro vocale di Natascia Nobile Il segreto del canto risiede tra la vibrazione della voce di chi canta ed il battito del cuore di chi ascolta (Khalil Gibran)

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l celebre poeta libanese, in queste pochissime ma vincenti parole, ha racchiuso ed evidenziato in pieno la vera essenza dell'essere artisti, ovvero il possedere quel talento innato che molto fa da caratteristica ad una personalità unica ed inarrivabile. Ed ecco che attraverso una forte eco, risuona nell'aDI LUCIA DE BONIS ere il nome della famosa cantante della Marca treINGEGNERE INFORMATICO CON vigiana, originaria di Mogliano Veneto, Natascia LA PASSIONE PER IL CANTO E LA Nobile. MUSICA Vocalità dall'impronta incidente e per questo molto apprezzata dai cittadini di Treviso, che la eleggono ad eccellente artista, con tanto di lode e plauso. L'artista, che da poco sta rivolgendo le sue attenzioni anche all'aspetto di autrice di testi e musica, si lascia inizialmente ammirare come eccezionale interprete di canzoni appartenenti al repertorio dei grandi personaggi della musica italiana, lasciando intravedere, l'intenso percorso formativo che già da piccola ha evidenziato l'imprinting ottimista al canto, conducendola nel tempo a raggiungere una padronanza vocale delle sue potenzialità timbriche. Natascia Nobile si distingue particolarmente attraverso il talento nel saper gestire, con destrezza e in maniera inequivocabile, il suo registro da contralto, che le fa da mentore, con tratto vincente verso impegnati studi di canto lirico, canto jazz e canto moderno, formandola nei vari passaggi di tecnica vocale e rendendola conseguentemente sempre più esperta nell'interpretare voci a cui non è da tutti arrivare. Il suo timbro caratteristico è rivolto all'interpretazione di Mina, la grande Signora della canzone italiana, che diventa subito musa ispiratrice di Natascia, la quale manifesta con abilità, la destrezza e l'intensa partecipazione. Non passa inosservata neanche ai più intenditori di musica a tal punto che viene contattata dal Maestro

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Pino Donaggio, un incontro per lei molto importante, poichè riceve un apprezzamento personale sulle potenti capacità vocali e di registro. I contatti artistici che Natascia Nobile ha ricevuto nel tempo si sono verificati in maniera puntuale, anche da parte di altri musicisti come Luciano Bottos e soprattutto Tolo Marton che, attraverso il suo orecchio musicale intenditore, ha "visto" e riconosciuto a gran tono, le sonorità vocali ed il timbro inconfondibile di Natascia, da volerla partecipe ad un duetto con lui, all'interno di un suo famoso concerto. Il percorso artistico e musicale della cantante e autrice Natascia Nobile, ha attraversato vari stili come la Lirica, il Blues, il Rock, il Jazz, che l'hanno formata con spessore per poi farle scegliere definitivamente, le "corde" del Funky&Soul. Raccontaci quando è nata la passione per il canto. “La passione per il canto è nata da subito all'età di 5 anni, mio padre in casa ascoltava tantissima musica classica ed operistica, in particolar modo Mario Del Monaco, che ancora oggi apprezzo e stimo. A 13 anni ho cominciato a muovermi con più consapevolezza e seguire dei corsi che mi temprassero in modo sempre più solido.” Chi ti ha spinta a perseguire questa strada artistica? “Non mi ha spinta nessuno, piuttosto l'istinto e il bisogno di fare musica, la mia caparbietà a voler cantare. Il canto per me è come respirare, non ne posso fare a meno, è per me tutt'ora un'esigenza”. Quando è scoccata la scintilla di fare del canto il tuo lavoro? “La scintilla è scoccata verso i 25 anni, con i primi


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MUSICA lavori seri, soprattutto in duo, nei matrimoni, feste private e molto piano bar”.

molto in me e mi ha fatto scoprire altra musica, soprattutto mi sostiene nelle mie scelte, lui è il mio pianista.”

Hai seguito dei corsi? “Avevo 20 anni, lavoravo già e quindi potevo permettermi di andare a lezione. Un giorno leggo un cartello dove parlano di lezioni di canto lirico, non ho esitato e mi sono iscritta frequentando il corso per 5 anni con Annalisa Malvasio (cantante del Teatro La Fenice di Venezia), che mi ha seguita molto nel percorso della tecnica. Poi ho seguito un corso di 3 anni di canto Jazz con Silvia Braga e 4 anni anni di canto moderno con il maestro Fabrizio Rispoli”.

Qual’è il messaggio che intendi inviare al pubblico durante le tue esibizioni? “Vorrei che il pubblico si portasse a casa una parte di me, vorrei diffondere emozioni indimenticabili sin dalle prime note della mia voce.”

Hai partecipato a dei contest? “Sì e si chiama Vota la Voce, dove ho cantato la canzone di Patty Pravo "E dimmi che non vuoi morire". È stata una bella esperienza. La presidente di giuria è Paola Folli, corista di Elio e le Storie Tese e cantante affermata. È stato un onore per me arrivare prima ed essere premiata da lei oltre che da altre persone del mondo della musica, non mi ero mai messa alla prova così tanto ed ho vinto. Il premio consisteva in una borsa di studio in una scuola di Padova con il maestro Dino Vighesso. In giuria c'era anche il Presidente del concorso di Saint Vincent il quale mi chiese di parteciparvi e così feci. Ho vinto poi una settimana di Accademia a Saint Vincent con i vocal coach più importanti d'Italia: Luca Pitteri, Grazia Di Michele, Gabriella Scalise e Fabrizio Palma. Sono stata descritta da quest'ultimo come: "Una voce da cantate professionista, particolare per quel timbro da contralto che la rende unica ed inconfondibile". Qual è il tuo repertorio? “Il mio repertorio è vasto, piano bar con canzoni di Mina, Battisti ed i più grandi successi rock, soul and funky”. Hai partecipato a qualche gruppo negli anni passati? “Nel 2015 è nato un bellissimo progetto che tuttora esiste, i Barrakuda Tribute Band Mina e Battisti, fatto di pezzi intramontabili riarrangiati in chiave più rock.” Hai un gruppo a cui fai parte? “I miei gruppi attuali sono Nobile Band, il cui nome è dedicato a mio padre Nobile Ennio ed i Barrakuda. Charlyand thesuperbadnews è la tribute band di James Brown in cui mi sono esibita a Suoni di Marca. Per Febbraio 2020, debutterà il progetto mio e di mio marito Giancarlo Faccini (pianista) i Funk Trail, voluto per coronare il mio desiderio di musica black, soul and funky, questo stile di musica mi rappresenta appieno.” Quali artisti ascolti? “Gli artisti e la musica che ascolto spaziano molto da Chopin ai Police, continuando con Mina, Battisti, Sting, Stevie Wonder, Aretha Franklin, Deep Purple, James Brown, Etta James, adoro Stevie Ray Vaughan ma anche Stefano Bollani, ho imparato da mio marito ad apprezzare moltissimo la musica Prog.” Quanto rientra la tua famiglia in questo percorso artistico? “La famiglia nel mio percorso artistico rientra da subito con mio padre e mia madre che mi hanno fatto ascoltare tanta musica fin da piccola, e non ultimo mio marito Giancarlo che crede

Dopo tutto questo interessante e ricco bagaglio artistico che hai costruito con molta serietà ed impegno, che cosa ti senti di dire al pubblico che ti segue nelle tue esibizioni? “Cantare è il mio modo di comunicare il mio stato emozionale e quando arriva al pubblico e leggo che ha capito il messaggio, allora li c'è l'apoteosi. La cosa bella dell'esibizione è proprio quella frase "Natascia mi hai fatto emozionare". Sapere che il pubblico quando va a a casa si porta via una parte di me. A volte mi ritrovo sola a cantare, chiudo gli occhi e viaggio nell'universo perfetto. Questa sono io.” Natascia Nobile natascia.nobile74@gmail.com www.facebook.com/natascia.nobile

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LIBRI

L’incanto del silenzio Corrispondenza di anime antiche e presenti DI M.P.

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Nicoletta ed Andrea, nati ad un anno di differenza tra la fine e l’inizio di agosto, si conoscono circa 10 anni fa a Treviso. Lui è archeologo e professore di origine milanese, uomo di cultura e verve, lei storica dell’arte, trevigiana, in servizio in camera di commercio, donna di ricerca, di esplorazione, silenziosamente appariscente. “Proviamo a scrivere un libro?” è la frase da cui tutto nasce. Qualche mail è sufficiente per scoprire un’affinità di espressione e di stile. Nessuna idea della trama, nessuna idea di chi, come e quando. L’unica cosa che è apparsa subito chiara ad Andrea era il finale. Una storia a ritroso che tratteggia libera belle personalità, odori, paesaggi e nel contempo apre alla ricerca umana, storica, artistica e letteraria. Una storia che invita ad approfondire, e la chiave sembra trovarsi in queste domande: cosa trovo di me? In quale passaggio esito? Cosa mi sta dicendo la storia? La lenta evoluzione di Lorenzo e il cambiamento più sottile di Elisa conducono alla progressiva serenità dei passaggi esistenziali. Difficile distinguere chi ha scritto cosa, e forse il senso dell’intreccio sta proprio in questo, nella naturalezza e nella verosimiglianza. “Nicoletta è una persona facile con la quale lavorare, - ci dice Andrea - dicono che io sia più ingombrante. Diciamo però che ci sono state delle parti che sentivo

dovesse scrivere lei”. “Volevo che la finzione fosse intrisa di cose vere”, ci dice invece Nicoletta, così ecco che nell’immaginare il personaggio del vecchio Prof. Dubois, - “ho pensato a una persona con problemi di memoria”ha attinto ai suoi ricordi, a quel barbone che prendeva appunti in un parco di alcuni mesi prima, ha attinto poi alla sua passione per Bruegel che con Cardano, “mai avrei pensato di accostarli” - hanno dato vita nella storia alla dimensione artistica del libro. Nicoletta si laurea con una tesi dal titolo "La rappresentazione della strega: dal trattato al ritratto (secoli XVI - XVII)”, un argomento che fa riflettere su quanto la parte magica faccia parte delle donne. Il realismo di Andrea, l’impressionismo di Nicoletta danzano e producono, per gioco, per complicità e per abilità. Nicoletta, perché proprio Bruegel? “Apparentemente è semplice e didascalico, ha una propensione classificatoria molto forte, ma poi tende a celare il suo pensiero. E qui arriva il bello, nella splendida stampa San Giacomo davanti al mago Ermogene maschera con un argomento religioso il tema del volo delle streghe. Questa stampa è una rappresentazione di un intero trattato di stregoneria!”

I N F O T O N I C O L E T TA E D A N D R E A D U R A N T E L A P R E S E N TA Z I O N E D E L L O R O L I B R O L’ I N C A N T O D E L S I L E N Z I O - E D I Z I O N I F E D E R I C A

H

o incontrato una presentazione densa di significati, ho incontrato le quattro mani autrici, ho incontrato una esperienza sensoriale, infine ho incontrato “L’incanto del silenzio”, un testo che ha in sé un potenziale di interpretazione ampio e stratificato, soprattutto tenendo conto che per Nicoletta ed Andrea è il primo libro. Più che una recensione mi appresto a condividere con loro il ritmo incalzante, come un tam tam che in pochi mesi questo scritto ha prodotto. Le vicende dei protagonisti del libro, Elisa e Lorenzo, sono inscritte in tutti noi. La storia in sé è semplice ed accattivante, due giovani si ritrovano da adulti, chiamati da un eccentrico milionario, il signor Lopez, a condurre una ricerca storica sul ritrovamento di un antico manoscritto accompagnato da lavori del pittore fiammingo Bruegel. Appare subito, fin dalle prime pagine, quanto questo romanzo di formazione racchiuda al suo interno un mistero letterario e artistico. Un'esplorazione di sensi e di luoghi. L’originale uso di immagini, di simboli, di storia e ricerca crea quella stratificazione di significati che porta a una rilettura. Di pari passo all’inconsueto accostamento storico del medico Gerolamo Cardano e dell’artista Pieter Bruegel scorrono le vicende e l’evoluzione emotiva di Elisa e Lorenzo. Il lettore rintraccia le sfumature di due anime diverse, il sentire femminile e maschile e nelle nitide immagini ritrova echi del suo vissuto personale. “Il rimando del pubblico, a Treviso e negli altri luoghi di presentazione del libro in Italia, è legato alla sensorialità,- ci dice Andrea - in molti ci hanno dato il riscontro di quanto le immagini emergano spontanee e libere; per altro è un potenziale che non avevamo direttamente cercato. I lettori ci hanno fatto venir voglia di pensare ad una pièce teatrale”.


Biografie DELÌA ANDREA

L’INCANTO DEL SILENZIO

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elle quali

LIBRI

Nicoletta Riato - Andrea Delìa

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Nicoletta Riato - Andrea Delìa

L’INCANTO DEL SILENZIO

Sinossi Nel romanzo i due personaggi principali Elisa e Lorenzo, che si sono conosciuti e scontrati in giovane età, si incontrano nuovamente da adulti, chiamati da un eccentrico milionario per seguire una ricerca storico artistica. In una chiesa di Lione viene ritrovato un manoscritto della seconda metà del ‘500 del medico e matematico Gerolamo Cardano, accompagnato da alcuni oscuri disegni di Pieter Bruegel il Vecchio. Questi documenti, nascosti per non incorrere nella persecuzione della Santa Inquisizione, affrontano e raffigurano il tema del volo delle streghe; rimasti sotto silenzio per lunghi secoli, tornano a raccontare dei loro autori, delle loro vicessitudini, della loro libertà intellettuale. Il filo piacevole della narrazione porta il lettore a scoprire inconsueti aspetti storici della stregoneria e a comprendere il significato dei diabolici dettagli rappresentati nelle stampe di Pieter Bruegel il Vecchio. Grazie a questa ricerca, che attraversa mezza Europa, tra religione e magia, tra scienza ed arte, i due protagonisti scoprono quello che sono e quello che non hanno mai avuto. Un finale che forse non tutti sceglierebbero, ma che sicuramente desidererebbero vivere. Una raccolta di istantanee, immagini di luoghi e di anime, nelle quali ognuno può trovare una parte di sé.

Nasce a Milano il 23 luglio del 1968. Intraprende studi classici nella città lombarda e, affascinato dalla storia e dalla ricerca, prosegue gli studi in ambito filologico e archeologico all'Università degli Studi di Milano, laureandosi in papirologia. Nella prima metà degli anni 90 partecipa a tre campagne di scavi nel deserto egiziano e inizia la collaborazione con alcune riviste di viaggi e di archeologia lombarde. A ventotto anni si trasferisce a Treviso e, dopo una breve esperienza come insegnante, riversa le proprie energie nel fondare un Centro Studi per il recupero anni scolastici, il Centro Studi Paideia, che da oltre vent'anni è punto di riferimento in città per il suo diverso approccio formativo nei confronti degli studenti. Contemporaneamente, dall'inizio del nuovo millennio si dedica alla scrittura, collaborando con riviste locali e scrivendo brevi racconti. "L'incanto del silenzio" è il primo romanzo, scritto a quattro mani con la dottoressa Nicoletta Riato. RIATO NICOLETTA

Nasce a Padova il 4 agosto 1969. Laureata a Padova in Letteratura delle tradizioni popolari con una tesi di ricerca sull’iconografia della strega, dal titolo “La rappresentazione della strega: dal trattato al ritratto. (secoli XVI – XVII), nella quale vengono proposte alcune ipotesi interpretative delle immagini pittoriche della figura della strega attraverso fonti letterarie e processuali coeve. Tra le esperienze immediatamente successive alla laurea, è risultata di particolare interesse la collaborazione volontaria con la Biblioteca del Seminario Vescovile per il riordino e la catalogazione di alcuni incunaboli e cinquecentine, oggetto di una successiva esposizione celebrativa del IV centenario della nascita della biblioteca. Ha lavorato per alcuni anni nel settore culturale e bibliotecario occupandosi dell’ideazione e dell’organizzazione di eventi, quali ad esempio l’allestimento di mostre di pittura e di fotografia. Ha inoltre collaborato alla realizzazione di eventi musicali e di spettacoli di danza classica. In ambito bibliotecario ha organizzato mostre del libro e numerose e diversificate attività di promozione alla lettura e agli studi storici. Da tempo si occupa prevalentemente dell’organizzazione di corsi di formazione, ma ha conservato la passione per la scrittura e per la storia dell’arte.

Sperimentazione Veniamo chiamati ad assistere alla presentazione sensoriale del libro, nata da un’idea dell’editor Francesca Neroni. In un appartamento del centro città, ad una decina di persone viene presentato il libro attraverso una sorta di rappresentazione teatrale. Letteralmente entriamo e viviamo le scene dell’opera scritta. Ci viene dato appuntamento alle 20:10. La scena ha inizio. La voce narrante ci guida, saliamo le scale che ci conducono nell’appartamento. Seguiamo la voce fino al terrazzo dove, con un bicchiere di sangria e delle tapas di pesce, assistiamo allo scambio di sapori di Elisa e Lorenzo, interpretati da Nicoletta e Andrea. Poi verso la cucina, ci accoglie il buio. Elisa sta ai fornelli prepara da mangiare, atmosfera cupa, pesante di chi ha un passato difficile. Poi un meraviglioso flash back negli anni ‘80, calici di prosecco, c’è una festa in corso, una serie di ambientazione rievocative. In sala da pranzo si concludono questi spaccati di libro e teatro, e c’è solitaria e splendida la stampa di Bruegel sul tavolo con la sua oscura simbologia. Siamo alla fine di questa avventura condensata e come promesso, abbiamo vissuto con tutti i sensi le scene del libro così vivide da farsi davvero reali. Esperimento riuscito. A Treviso, in un appartamento, un’idea di persone pulsanti, ci ha portati a Barcellona, ma ci ha portati anche nella nostra adolescenza, nella nostra complessa e a volte dura adultità. Torniamo a casa arricchiti con la voglia di andare a leggere la fine del libro, a scoprire cosa apre quella chiave...

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EVENTI

Connessi e in relazione

Proiezione "The Circus"

di Charlie Chaplin (Id. – USA 1928, 71’)

ORE 21:00 TRA – CA’ DEI RICCHI

Accompagnamento musicale dal vivo a cura di Roberto Durante (tastiere) Ingresso ad offerta responsabile Prenotazione consigliata Evento in collaborazione con TRA Treviso Ricerca Arte

Carlo Colombo Piano e Voce Carlo Colombo è un cantante-intrattenitore che si esibisce con il solo ausilio del pianoforte acustico e di un microfono. Ha deciso di puntare su questo genere di spettacolo perché offre una libertà di azione ed un intimità con i pubblico che difficilmente riesce a trovare con le sue altre proposte swing dal trio all’orchestra. Questo spettacolo vuole essere un viaggio tra situazioni surreali, storie d’amore, e quotidianità osservata da

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differenti punti di vista, : si parlerà di rapimenti alieni, tradimenti, amnesie dei musicisti, televisori che si raccontano, onde gravitazionali, rave party e altro. le storie musicali verranno alternate a qualche rivisitazione di canzoni celebri: E se domani, via con me, Nature Boy, Fly me to the moon e altre. A volte per estraniarsi dalla realtà è sufficiente un pianoforte ed una voce, il tutto ovviamente a ritmo di swing.

22/02 ORE 21:00 IVETA&OSTERIA DA RICO VIA COSMO 68 VITTORIO VENETO (TV)


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EVENTI

Up&Down

13/02 AUDITORIUM

Uno spettacolo comico e commoCASSAMARCA vente che racconta delle relazioni umane. Un’indagine diretta e poetica sulla società: l’ironia e l’irriverenza accompagnano gli spettatori in un viaggio che racconta la bellezza che risiede nelle diversità. Una rappresentazione dai connotati surreali e dagli sviluppi inaspettati con una forte connotazione d’improvvisazione, che interrompe le liturgie teatrali e offre al pubblico una vera e propria esperienza in cui le distanze tra palcoscenico e platea si annullano, e alla fine attori e spettatori si trovano per condividere un gesto rivoluzionario: un grande abbraccio. Paolo Ruffini porta in scena questo spettacolo insieme a degli attori davvero UP con la sindrome di Down, ma saranno proprio loro a contagiare tutti con la “Sindrome di UP”!

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EVENTI

Don't ask me where I'm from: una mostra itinerante sulla migrazione

FINO AL 02/02 GALLERIA DELLE PRIGIONI PIAZZA DEL DUOMO 20 TREVISO

Arte e migrazione raccontate attraverso opere contemporanee - pittura, fotografia, video, installazioni - che partono anche dall’esperienza biografica dei 15 artisti selezionati. Fino al 2 febbraio 2020 a Treviso "Don’t Ask Me Where I’m From". Non chiedermi da dove vengo: si intitola così la prima tappa della mostra itinerante dedicata alla migrazione, nata dalla collaborazione tra Fondazione Imago Mundi e Aga Khan Museum di Toronto.

Curatori Marion Eele, Marianne Fenton Generi arte contemporanea Orari da martedì a venerdì: 15—19 sabato e domenica: 10—13 / 15—19 Biglietti ingresso libero

© FA B R I C A _ B E N E T TO N

A cura di Marion Eele (Fondazione Imago Mundi) e Marianne Fenton (Aga Khan Museum), riunisce i lavori di un gruppo di artisti migranti di prima, seconda e terza generazione, selezionati da un comitato di esperti (curatori, responsabili di musei, artisti). Arte e migrazione sono raccontate – rivelate, esaminate, esplorate – attraverso opere contemporanee (pittura, fotografia, video, installazioni) che partono anche dall’esperienza biografica di ciascuno dei 15 artisti selezionati, testimoni di tradizioni, culture, passioni, nuove idee e consuetudini provenienti da tutto il mondo.


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Sottovoce (Indovina dov'è)

DIETRO L'ANGOLO DI ALESSANDRO FORT

Continua in maniera sempre più enigmatica il gioco " indovina il luogo misterioso" di Treviso a cura dello scrittore Alessandro Fort, un'attrazione calamitosa per una città come Treviso la cui bellezza si affida a strati di storia affascinante e complessa (si pensi alla sua storia romana, quella medievale, le diverse mura e fortificazioni di questi due periodi). Sbizzarriamo la fantasia per entare nela storia dei luoghi della nostra amata città.

ALESSANDRO FORT (Mestre 1963, trevigiano di adozione) Psicologo formatore e docente di Scienze Umane, appassionato di cultura cinese ed escursionismo, è autore di pubblicazioni caratterizzate da temi esistenziali fra cui i romanzi “Sul bufalo d’acqua”, “Yuan e Xin Li”, “I silenzi di Fumegai” e “Il mio sentiero”, di collaborazioni con alcune riviste e di numerosi racconti anche in antologie. fortalessandropensiero@virgilio.it fortalessandropensiero.blogspot.com Facebook - Twitter

M

i piace gironzolare in città quando il buio rende misteriosi i dettagli delle case, delle strade e dei monumenti. Comunque, visto che mi capita spesso di perdermi e il lettore ne è testimone, preso dalla fierezza di cavarmela da solo, avevo deciso di arrangiarmi, mi sono imposto di chiedere a un passante. Così non disturbo chi legge, che poi sembra che lo faccia apposta. "Scusi, mi sa dire come si chiama questa via?" mi sentii orgoglioso di chiedere. Le ombre della sera non mi permettevano di vederne il viso in dettaglio, anche perché la testa non stava ferma, ondeggiava un po’ a destra e un po’ dall’altra parte. Non ricevendo risposta ripetei la domanda. "Senta, mi sa dire come si chiama questa via? Non vorrei essermi perso come al solito, che poi…" "Che poi…mi… non so qua, ma semo…in al…ma…e…giore…". Non ci capii un granché, quindi sperando di ottenere una risposta decente decisi di ripetermi augurandomi di non aver beccato uno straniero poco avvezzo alla lingua italiana. "No, volevo sapere se mi sa dire come…". Non mi fece finire e s’infilò in una stradina semibuia. Con i pochi riflessi di luce colsi che tanto bene in piedi non stava, per un attimo pensai si sentisse male o che avesse qualche problema di equilibrio. Mi fece cenno con la mano di seguirlo ed io lo seguii, seppure con qualche dubbio sull’opportunità di farlo o andarmene via, magari per cercare qualcun altro.

SOLUZIONE DEL NUMERO PRECEDENTE

"CI VUOLE CORAGGIO" L’incontro si svolge evidentemente nei pressi del parcheggio Dal Negro e infatti il signore distinto che propone una partita a carte è proprio colui il quale dopo aver acquistato l’attività da una famiglia austriaca la fece diventare una delle più note di Treviso. La storia della ben nota fabbrica di carte da gioco e non solo, inizia nel lontano 1756 da origini austriache e acquisita nel 1928 dalla famiglia Dal Negro. L’azienda si sviluppa a livello nazionale e internazionale arrivando sino ai giorni nostri grazie alla capacità dei titolari di renderla attuale e sempre concorrenziale. Complimenti ad Andrea Cappellazzo per aver dato la risposta esatta

Camminava lentamente, barcollando… sì, a quel punto lo capii pure io, era ubriaco. Mi sembrava però scortese fare dietrofront e scomparire, anche perché ogni tanto si voltava a guardarmi o forse a controllare che appunto non me ne fossi andato via. Nella mia testa intanto c’era una riunione al vertice sul senso di andare dietro a un ubriaco dopo l’idiozia di averlo selezionato con tutta la gente a posto che potevo scegliere. A un certo punto si bloccò, mi rivolse ancora le spalle per qualche istante poi si voltò continuando a barcollare tanto da farmi temere di doverlo tirar su da terra da un momento all’altro. Fece un passo verso di me, l’alito alcolico lo precedette investendomi completamente, alzò l’indice destro e declamò. "El vin… el vin bianco… el vin bianco… veniva tanto. El vin nero veniva dall’altra, el nero… el vin nero". A quel punto mi si avvicinò ancora, mi appoggiò le mani sul petto dicendo qualcosa del genere: "El vin… bianco e nero… da qua? Ea statua… eà statua drio qua". Fece un paio di passi indietro e m’indicò di girare a destra. Cosa poteva esserci dietro l’angolo? Lo lasciai andare mentre barcollava sempre di più sulle gambe malferme e io… andai a vedere. Indovinate cosa mi trovai di fronte.

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DI BEPPE MORA

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LE STORIE DI BEPPE

DI BEPPE MORA

La statua che troneggia in Piazza Indipendenza, lì da 145 anni, è opera dello scultore Luigi Borro e rappresenta la Provincia di Treviso in atto di calpestare le catene della dominazione asburgica (con i sandali, come si conveniva alle figure ispirate alla cultura figurativa classica). La mano destra fieramente impugna una lancia addobbata con una bandiera italiana e quella sinistra regge una coro-

L'imperturbabile Teresona na d'alloro. La statua è un simbolo del Risorgimento ed è dedicata ai patrioti trevigiani morti nel 1866 durante la terza guerra di indipendenza che annesse la Provincia di Treviso al Regno d'Italia, suggellata dal plebiscito del 21 e 22 ottobre 1866. La scultura, un "fuori scala" alto oltre 7 metri, è realizzata in marmo di Carrara, con basamento in pietra d'Istria ed iscrizioni bronzee. L'autore, Luigi Borro da Ceneda, la storia ce lo descrive analfabeta e talentuoso, realizzò la Teresona (così affettuosamente la chiamiamo noi trevigiani) in forma giunonica e ben piantata, a tal punto da resistere a due bombardamenti, l'ultimo, devastante, datato 7 Aprile 1944, che provocò un terremoto di magnitudo 6,4, misurati nella vecchia scala Mercalli. I suoi occhi videro le bombe, lo scempio, i morti e Palazzo dei 300 collassare accanto a lei, lei che fu sfiorata da un pezzo di rotaia volato dalla stazione ferroviaria. Ma la Teresona, fiera e dritta...neanche una piega! Il monumento venne inaugurato il 20 settembre 1875, alla cui pubblica cerimonia partecipò il poeta Giosuè Carducci.

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storie di sport

I

l nuovo anno s’è portato dietro da quello vecchio anche le speranze ed i problemi delle nostre varie squadre. Siamo più o meno a metà della stagione, si possono già tracciare i primi bilanci, consuntivi del percorso fatto finora. E cioè analizzare se i risultati, naturalmente ancora momentanei, corrispondono alle aspettative di partenza, sempre tendo conto che con 5-6 mesi ancora davanti ogni situazione, buona o meno buona, può essere sia confermata che ribaltata.

De Longhi Treviso Basket

Alla fine del girone di andata Treviso Basket ha vinto 6 partite e ne ha perse 10. Per una matricola assoluta della serie A non sarebbe nemmeno un bruttissimo risultato ma, analizzando l’andamento, si capisce che il momento non è dei più felici. Soprattutto considerando che fra la fine del 2019 e l’inizio del 2020 la squadra di coach Max Menetti s’è infilata nel tunnel delle sconfitte che l’ha portata, da un tranquillo centroclassifica, a rasentare la zona retrocessione. TvB non si può dire che sia scoppiata, di tonfi pesanti ne ha fatti solamente due, entrambi al Palaverde, contro Milano e Sassari, ma ha perso tutti gli arrivi allo sprint, spesso dopo aver dilapidato vantaggi anche di 20 punti. Ne avesse vinti solo un paio, e con un pizzico di malizia e concentrazione sarebbe stato del tutto possibile, a quest’ora si parlerebbe di stagione assolutamente positiva. Vero è che gli infortuni, con conseguenti assenze dei giocatori, sono stati numerosi, ma questa è solo una parte del problema; l’altra va cercata nella scarsa esperienza di gran parte del roster, all’inizio mascherata dall’entusiasmo che aveva portato le 5 vittorie consecutive al Palaverde, a lungo andare però è venuta tutta a galla. A parte Logan ed un po’ Imbrò e Tessitori gli altri, stranieri compresi, la serie A non l’avevano mai conosciuta prima e si sa quanto sia importante l’esperienza a questi livelli. Menetti al nuovo anno ha chiesto soprattutto salute, cioè che Treviso Basket stia bene: quando è successo i risultati sono arrivati.

Imoco Volley

Le Pantere si sono lasciate dietro un 2019 memorabile ma il 2020 ha tutto per esserlo ancora di più. A maggio l’Imoco ha battuto in finale scudetto l’eterna rivale Novara 3-0, a novembre ha conquistato la Supercoppa Italiana

IL PUNTO DI SILVANO FOCARELLI

superando nuovamente l’Igor a Milano. Ma naturalmente il clou è stato a dicembre con il Mondiale per club, a cui Conegliano partecipava per invito, vinto a Shaoxing in Cina con 5 vittorie su 5 gare e un’epica rimonta in semifinale con il Vakifbank campione iridato in carica, al quale le gialloblu hanno annullato 9 match ball. Pregevole anche il secondo posto in Champions League a maggio nella SuperFinal di Berlino, oltre al posto in finale di Coppa Italia a febbraio a Verona. Le Pantere nell’anno solare 2019 hanno avuto 8 mesi di attività, durante i quali hanno disputato 55 partite, vincendone 49. Una tabella di marcia impressionante. E delle 6 sconfitte solo una è arrivata al Palaverde: era l’andata dei quarti di finale di Champions con l’Eczacibasi, uno 0-3 vendicato al ritorno con vittoria, Golden set e qualificazione alla semifinale. Il Palaverde nel campionato italiano è imbattuto dal 26 dicembre 2018. Come se non bastasse, a questo bottino va aggiunto il record di pubblico, che la scorsa stagione ha visto segnare oltre 101.000 presenze totali, primato europeo per il volley femminile. Ora all’Imoco non resta che da vincere le altre tre manifestazioni: la Coppa Italia, l’1 e 2 febbraio al PalaYamamay di Busto Arsizio, lo scudetto, che già detiene e, naturalmente, il trofeo che ancora manca, la Champions League. In bocca alle… Pantere, ragazze.

Benetton Rugby

L’obiettivo iniziale, ammesso e dichiarato da tutti, era ripetere l’esito della passata stagione, che terminò ad un passo dal raggiungimento delle clamorose semifinali dei playoff. Non che ciò oggi in teoria non sia ancora raggiungibile, ma èevidente che tutto si sia fatto più maledettamente complicato. Una serie di sconfitte, alcune nette, altre di misura ed anzi in extremis, hanno impedito ai Leoni di spiccare il volo: la squadra in Guinness Pro 14 veleggia nella parte bassa della sua Conference ed ogniqualvolta sembra sul punto abbandonarla e di fare il salto di qualità trova la sconfitta, o le sconfitte, che la ributtano giù. Manca la continuità, un rendimento

più equilibrato e costante. Il fatto è alquanto sorprendente se si pensa che la rosa bianconere, proprio per la volontà di vivere un’altra annata alla grande, era stata adeguatamente rinforzata, come qualità che quantità, eppure qualcosa non sta funzionando come dovrebbe: parliamo soprattutto della difesa, l’anno scorso vero punto di forza e adesso una specie di colabrodo. Basta solo un esempio: nelle due gare a Monigo a cavallo di 2019 e 2020, contro le Zebre e i Warriors, il Benetton ha incassato 10 mete. Ed all’estero non si riesce a vincerne una: l’unico successo fuori casa è stato a Parma, casa delle Zebre. Adesso, a parte le ultime due inutili gare in Champions, la squadra di coach Crowley, causa impegni della nazionale, si ripresenterà in Pro 14 solo a metà febbraio. C’è dunque tutto il tempo per ricaricare le batterie e cercare la rimonta nella seconda parte di una stagione fin qui certo non esaltante.

Calcio Treviso Academy

Anche in questo caso delusione è il termine più appropriato. Società e squadra nuove di zecca, grandi entusiasmi estivi, tutti d’accordo nel pronosticare una stagione vincente, qualcuno addirittura prevedeva che il campionato di Promozione dovesse trasformasi in cavalcata trionfante. Risultato: il 2020 si è aperto con la clamorosa sconfitta al Tenni per mano del Vedelago, Opitergina che sparisce all’orizzonte, a -11 e, sostanzialmente, addio sogni di gloria, quantomeno addio passaggio diretto in Eccellenza tramite vittoria in campionato. Nemmeno il vecchio mister Gianfranco Bellotto, che ha accettato di tornare sulla panca biancoceleste dopo 20 anni dopo l‘esonero di Francesco “Checco“ Feltrin, è riuscito a capire perché un gruppo di ottimi giocatori non sia riuscito a diventare una squadra. Nel calcio capita talvolta che 2+2 non faccia 4, cioè mettere assieme una serie di figurine non vuol dire automaticamente vincere, la famosa “chimica”, componente imprescindibile nello sport di squadra, è una intuizione, una sensazione, non può essere costruita a tavolino. E non si trova nemmeno al mercato.

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ALBERTO CAVASIN Un percorso energetico tra calcio (ieri) e neuroscienza (oggi)

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DI CARLO CECINO

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ai banale, gradevole, ed uno che ha sempre vissuto al massimo le sue esperienze, sportive e non. Alberto Cavasin, di Fiera e figlio putativo del quartiere alle porte di Treviso, sta conoscendo ancora meglio sé stesso e si sta reinventando a più di 60 anni, come dimostreranno le sue parole nella seguente intervista “vis-à-vis”. Classe 1956, il trevigiano ha vissuto due carriere calcistiche notevoli: la prima da calciatore, quando faceva il difensore e ha militato in squadre prestigiose tra cui Treviso, Atalanta, Spal, Verona, Bari, Cesena e Padova. Per il volitivo marcatore difensivo, che ha affrontato negli anni ’80 campioni assoluti del calibro di Maradona e Paolo Rossi, le giovanili del Silea a 14 anni, a quattro passi dalla sua Fiera, sono stati il trampolino di lancio. Poi nel ’73 il passaggio al Treviso in Serie D e fino al 1990 un memorabile curriculum fra squadre di Serie C, B ed A. Per lui i maggiori flash indimenticabili resteranno le promozioni in Serie A con Verona (‘81-’82), Bari (’83-‘84) e Cesena (’86-’87). Poi da tecnico, sua seconda vita nel mondo del pallone, la prima esperienza alle giovanili del Padova, città dove aveva appeso gli scarpini al chiodo, e subito a ritrovarsi ad allenare un adolescente Alex Del Piero che già mostrava di possedere le stimmate del fenomeno. Da lì una lunghissima serie di esperienze in panchina, da nord a sud Italia, dalla Serie C2 alla A, passando tra magiche avventure. Due su tutte: una, quella di Lecce, piazza salentina dove conquista il prestigioso riconoscimento della Panchina d’Oro nel 2000; la seconda, a Firenze, portando l’allora Florentia Viola dalla C2 alla B nel 2003. Ad arricchire il passaporto manageriale di Cavasin due tappe estere: una alla guida del Bellinzona in Svizzera nel 2010 e l’altra in Inghilterra al Leyton Orient tre anni fa. L’ultima fermata da guida

tecnica del mister di Treviso un anno fa, al Santarcangelo in Serie C, ed ora il “bocia di Fiera” è tornato nella sua dimora trevigiana, si tiene sempre in forma andando a correre in Restera e si sposta molto in bici. Non fa più l’allenatore bensì il motivatore, anzi, il “generatore di energia emozionale” e nell’intervista che scorre spiegherà meglio lo stesso Cavasin il suo nuovo “piacere di vita”. Alberto Cavasin, partiamo dalla coda. Che cosa fa oggi, dopo quasi 50 anni nel mondo del calcio? «Motivatore, coach, formatore o Generatore di Energia Emozionale sono parole per descrivere ciò che faccio e ciò che trasmetto. Dico che posso assecondare la persona nella propria felice realizzazione, accompagnandola, con conoscenze, dove si può realizzare per quello che vuole essere. La persona diventa consapevole e cosciente, così da poter riuscire a vivere oltre lo stress, delle abitudini dei doveri quotidiani, con


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serenità e facilità; godendosi così la vita. Sì, si può fare, e questo è supportato oggi da riscontri scientifici, che con le tecnologie moderne dimostrano che quando si vive lo si può essere in uno stato di emozioni di alto valore energetico come armonia o creatività, piuttosto che di basso valore energetico come caos o stress. Si crea proprio un modo d’essere, una propria identità che ci permette, scegliendo e non dovendo, di realizzare tutto quello che in ogni momento del quotidiano scegliamo di vivere. Così il quotidiano vissuto diventa facile, semplice e felice. Perché questo è nella natura stessa dell’uomo». È qualcosa che si collega alla sua vita da calciatore? «Sì, è l’evoluzione dell’Alberto uomo. È in parte la mia storia da calciatore, e pure d’allenatore. Mi chiedevo sempre dove si poteva migliorare e come la mente umana funzionava. Il lavoro fisico e tecnico-tattico mi sembrava sempre limitato, mentre vedevo più margini di sviluppo soprattutto a livello mentale e psicologico. La parte determinante, che potevo far crescere, prima come calciatore e poi da allenatore, era la mente. Perché lo sport ed il calcio sono emozione, empatia ai massimi livelli, e lo è la vita per tutti. Riuscire ad assorbire un’emozione negativa e positiva, come reagire ad un gol fatto o subito. O davanti ad un in fort u nio, o com e po rsi davanti all’obiettivo da raggiungere; questa è la vita di ogni momento. Ho sempre sviluppato questa “curiosità” e ciò mi ha portato ad approfondire gli studi in questo ambito; lo studio dell’essere umano a livello mentale». Quindi ha sempre avuto dentro di lei queste capacità, anche quando giocava. «Sì, le mie migliori capacità da calciatore non erano tanto legate all’aspetto fisico o tecnico. Io esaltavo ed ho esaltato le mie abilità in campo, andando oltre le capacità fisiche e tecniche, perché mi definivo un giocatore “empatico celebrale”. Semplicemente trovavo energia dalla mente e dal cuore in modo elevato. La mia qualità migliore era quella dell’attenzione, della preparazione mentale massima e vedevo che l’empatia con cui la vivevo, creava il valore della prestazione. Da giocatore ero già un allenatore; questo dono era in me da sempre. Le mie prestazioni erano frutto

delle emozioni, nel bene e nel male. L’andare oltre delle volte comportava farsi male e quello era ciò che volevo scoprire. Perché mi mancava. E così, tra esperienze del vissuto passato, e con l’acquisizione di nuove conoscenze, ora so che si può andare oltre e di più, in un modo dove mente e corpo possono vivere in uno stato di benessere fisico e mentale, in armonia e felicità con il tutto». A proposito, passiamo ai suoi trascorsi in campo. Chi è stato l’attaccante più difficile da tenere a bada? «L’immarcabile è stato Maradona. Qualsiasi pallone gli arrivasse era sempre immarcabile, era un giocatore impossibile da contenere. Ero sempre al top della frustrazione dopo averlo affrontato, quando vesti-

vo la maglia del Bari e del Cesena. Provavo a fermarlo in tutti i modi, anche duri, usando le maniere forti o intimorendolo psicologicamente, ma non riuscivi mai a prenderlo. “Spillo” Altobelli, Vialli, Careca e Paolo Rossi erano altri centravanti che mi impegnavano al massimo. Avevano struttura fisica ed erano veloci al tempo stesso, così “con la mente” non potevo aiutarmi molto». Tutta la sua trafila calcistica è partita da Treviso, città nella quale è nato. «L’amore per il calcio mi è stato trasmesso da mio fratello, che mi portava con lui quando si allenava. Poi a 15 anni, un mio amico era andato a giocare a calcio al Silea e mi ha chiesto se volessi andare con lui. Io l’ho seguito ed ho iniziato nel settore giovanile del Silea. Dopo un anno, ero in Prima Squadra e lì per allenarmi dovevo uscire la sera di nascosto da casa. Passai al Treviso anche se avevo altre richieste, mio

padre preferì che restassi ancora a Treviso. Comunque per me era il sogno che si realizzava; la possibilità vera di diventare calciatore. Lì a Treviso ho provato subito dolori e gioie della professione. Un campionato vinto, la nazionale e la serie B, insieme a due operazioni chirurgiche. In una convocazione a Coverciano per la nazionale italiana juniores, mi procurai un brutto infortunio al ginocchio, mi operai ma non riuscivo a riprendermi». Quanto era difficile soffrire questi infortuni? Ha mai pensato di smettere da giovane? «Piangevo e insistevo. Riprendevo, mi rifacevo male, restavo fermo un po’ e tutto si ripeteva. Una sorta di loop da cui pensavo di non uscirne. Mi si gonfiava il ginocchio, andavo in ospedale a siringarmi, stavo fermo una settimana e poi ricominciavo. Una sofferenza per una situazione al limite. Poi il secondo anno un’altra operazione e da lì la mia guarigione». Dal Veneto la prima chiamata giunge dalla Campania, precisamente Avellino. Un bel salto per uno abituato a vivere a Fiera. «Esatto, era l’Avellino che militava in Serie B e lì è partita la mia stagione da professionista. Il cambiamento da Treviso ad Avellino non è stato facile, a 20 anni non avevo vissuto al di fuori di Fiera, non avevo dimestichezza lontano da casa, ero un Veneto che parlava quasi più dialetto che italiano. C’è stato l’impatto ambientale ed anche calcistico in una situazione molto focosa come era il calcio meridionale di allora. Lì ho scoperto che ero una persona che viveva su emozioni continue, prolificate da nuove esperienze; non ero un pantofolaio della routine. Volevo provare un altro spogliatoio o un’altra città in cui giocare, condividere esperienze umane. Inserirmi in nuovi gruppi era per me un valore aggiunto, era la mia indole che mi portava a conoscere, sviluppando sempre situazioni nuove, di prospettive diverse. Perché sentivo il piacere del “nuovo” come fonte di vita, di creare, di reinventarmi, di vivere tutto con forte intensità». Come ha approcciato i vari momenti negativi e positivi della sua carriera? «Di qualsiasi sconfitta andavo a prendere il meglio, ne facevo una ragione per migliorarmi. Ho cresciuto una resilienza al dolore

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e alla sconfitta molto alta, prendendo delle motivazioni da cui trarre il meglio ed imparare. Ciò ha fatto di me un combattente, sviluppando la mia tempra e facendo di me un giocatore ed allenatore in primis caratteriale. Ho sempre creduto che tutto dipendesse da me e questo mi responsabilizzava, facendomi vivere ad alta velocità emotiva con me stesso, superavo le sconfitte andando subito oltre alle difficoltà, non mi abbattevo, mi caricavo dalle situazioni negative. Godevo nelle difficoltà, il resto per me era banale». È comunque riuscito a realizzare i suoi sogni. «Sì. Ho vissuto un primo sogno della mia vita facendo il calciatore, ed un secondo facendo l’allenatore. Lì mi sono realizzato con le emozioni di basso valore energetico, tra cui competizione, lotta e stress, quindi con sofferenza e dolore e così mi sono realizzato. Ora sono al terzo sogno, questa nuova fase in cui ho più conoscenza di come la mente ed il corpo funzionino. Adesso vivo con altre emozioni ed il mio modo d’essere è superiore a quello che ho vissuto da giocatore e allenatore. E chiaramente tutto è sempre in evoluzione». È molto felice del suo nuovo impiego, ma tornerebbe ad allenare? «Sono uscito dal ruolo di allenatore, anche se dentro ancora lo sono. Ho vissuto 20 anni da calciatore e 20 anni da allenatore. Potrei tornare ad allenare davanti a una proposta di una esperienza di alta emotività, un’esperienza molto particolare nel mondo. Ora non la vedo ben focalizzata, ma penso ad esempio ad Australia, Messico o in Africa. Qualcosa di esotico in un contesto dove oltre ad essere allenatore di

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calcio per me ci possano essere altre cose nuove; vivere con usanze e abitudini diverse». Quali sono i ricordi più belli legati al mondo del calcio? «Sicuramente da allenatore potrei dirti Lecce dove ho vinto la Panchina d’Oro, o a Firenze dove abbiamo festeggiato la promozione insieme a 20 mila persone per l’apoteosi di un’intera città. Da giocatore a Bari abbiamo fatto la doppia promozione dalla C alla A, a Verona ho vinto dei campionati, ma tutte le annate vissute mi hanno lasciato bei ricordi, al di là dei risultati finali. Penso per esempio a Trento, Gualdo, Fiorenzuola, Fano, potrei commuovermi ripensando ai rapporti umani con tutte le persone, o alle conoscenze instaurate fuori dal campo. Momenti empatici che mi porto dentro. I ricordi più forti sono quelli legati ad episodi umani che ho vissuto in più occasioni, dovuti a quello che la vita mi ha fatto vivere, nella sua imprevedibilità più estrema. Episodi vissuti umanamente, in forma intesa per il loro valore, al di là del risultato sportivo. Quelli che senti che vai oltre ogni storia vissuta e conosciuta, ed è lì che scrivi tu la storia. Il mondo del calcio mi ha regalato queste emozioni, e per ciò lo ringrazio. Situazioni dove mi sono trovato ad andare oltre il mio limite, ed è lì che ho scoperto l’illimitato e l’infinito della vita, ed è il gusto con cui vivo oggi». Chi sono stati i calciatori più forti che ha allenato? «Avevo smesso di giocare a Padova e volevo fare subito l’allenatore. Ho preso il patentino per allenare le giovanili e la stessa società biancoscudata mi ha affidato gli Allievi del Padova. Con loro giocava Alex

Del Piero che ai tempi aveva 14 anni. Ecco, lui è stato il più forte giocatore che abbia mai allenato. A 14 anni faceva già le cose che poi ha mostrato nel resto della sua carriera, un talento enorme; Madre Natura è stata molto generosa con lui. Dopo posso citare Toldo, Vucinic, Marek Hamsik, Ledesma, Bojinov, Chevanton, Tonetto o Comandini. Giovani che poi hanno avuto una carriera piena di soddisfazioni». Un’ultima domanda: quanto è stata importante Treviso nella sua crescita? Da uomo e da amante del calcio? «Treviso è la mia città, un amore. Ho vissuto a Fiera l’asilo e le elementari. Poi ho fatto il chierichetto e l’oratorio era il punto di riferimento. Partite memorabili nel campo di calcio dietro la chiesa, così le attività sportive. Lì ho vissuto tutta la mia infanzia, poi il calcio Treviso e poi via a girare sempre con Treviso come punto di riferimento. Un mio saggio caro amico, naturalmente di Treviso, dice sempre: Alberto, sai quando vado in vacanza qual è il momento più bello? Quando rientro a Treviso, perché una città così meravigliosa non la trovo mai ovunque io vada. E ciò lo condivido pienamente, grazie Treviso».


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Adriano Durante La freccia della Marca trevigiana

N DI LUCA SAUGO

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ato a Treviso il 24 luglio 1940, Adriano Durante è stato uno dei corridori più forti nella storia della nostra provincia. Dotato di straordinaria potenza, aveva caratteristiche principalmente di sprinter, ma non si limitava a essere competitivo sui traguardi congeniali a questa tipologia di atleta. Durante, infatti, oltre a essere un asso degli arrivi a ranghi compatti, era capace di cavarsela su ogni terreno e di giocarsi le sue carte in qualsiasi corsa in linea. Oltre al ciclismo ha sempre coltivato un’altra passione: la filosofia. Adorava Nietzsche ed era particolarmente affascinato dal concetto di “Oltreuomo”. E bisogna dire che in bicicletta, data la forza erculea che imprimeva sui pedali, un po’ un super uomo lo era. Diede prova della sua polivalenza già da dilettante, in particolar modo quando vinse il Piccolo Giro di Lombardia, la sorella minore della Classica delle Foglie Morte. Passò professionista nel 1963 tra le file della Legnano e la sua prima stagione nella massima categoria fu a dir poco eccezionale. Il primo successo arrivò l’8 marzo al Giro di Campania e a esso seguirono altre quattro vittorie di assoluto pregio: l’ottava tappa del Giro d’Italia, il Giro del Lazio, il Giro del Piemonte e la Milano-Vignola. Il 19 ottobre sfiora, oltretutto, il colpo grosso nel primo Giro di Lombardia corso tra i grandi. La gara se la giocano in nove allo sprint e Adriano viene beffato dal più esperto Jo de Roo, rapidissimo neerlandese che su quel traguardo aveva trionfato già l’anno precedente. Dopo il 1964 interlocutorio, Durante vive un 1965 da sogno. Adriano prima conquista allo sprint la prestigiosa Coppa Bernocchi, poi si impone nella quarta tappa del Giro d’Italia, superando in volata un pugno di atleti evasi con lui dal gruppo tra cui Michele Dancelli e Dino Zandegù, e, in seguito, serve anche il bis nella nona frazione della Corsa Rosa,


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stavolta regolando tutti in un arrivo a ranghi compatti. Infine, il 5 luglio 1965 mette la ciliegina sulla torna di un’annata da ricordare imponendosi sul traguardo di Montepellier al Tour de France. Sarà la sua prima e ultima vittoria sulle strade della Grande Boucle. Nel 1966, raggiunta la piena maturità agonistica, Durante prende parte alla Milano-Sanremo con la convinzione di poter agguantare quel successo in una grande classica che ancora gli manca. Adriano rintuzza tutti gli attacchi dei rivali sul Poggio e giù dal Poggio. A tre km dal traguardo prova la sortita Van Springel, ma il trevigiano chiude immediatamente. Si arriva così a uno sprint di una decina di atleti, ai 300 metri parte lo svizzero Maurer, Durante, tuttavia, lo riacciuffa e lo passa. Negli ultimi cinquanta metri, però, Adriano, crocefisso dalla fatica, si pianta e dalla sua ruota guizza fuori l’allora neanche 21enne Eddy Merckx che riesce a superarlo e a trionfare per pochissimi centimetri. È il primo grande successo di colui che diventerà il più forte e vincente corridore della storia. Nietzsche diceva: “Dio è morto, lo abbiamo ucciso noi”. Ma quel giorno le cose andarono diversamente, fu il Dio del pedale, all’epoca non ancora conscio di esserlo, a trafiggere l’Oltreuomo. Ha l’occasione per rifarsi appena tre settimane più tardi, al Giro delle Fiandre, la classica più prestigiosa di quella terra in cui il ciclismo è religione. Una caduta esclude dai giochi Merckx e sul Muro di Grammont, erta simbolo della gara, evadono in 14 tra cui il trevigiano. Nessuno riesce a evitare lo sprint e così la corsa si avvia verso una volata decisiva tra i battistrada. Adriano è tra i più rapidi e si gioca il successo fino all’ultimo con l’idolo di casa Edward “Ward” Sels. I due restano spalla a spalla per 200 metri, ma il fiammingo dà il colpo di reni migliore e per pochissimo Durante deve accontentarsi dell’ennesima piazza d’onore. Dopo quella primavera inizierà un periodo difficile per Durante, corridore dal grande talento, ma sempre molto discontinuo. Se escludiamo un exploit alla Milano-Sanremo del 1968, ove arriva terzo alle spalle del tedesco Rudi Altig e del francese Charles Grosskost, il trevigiano non toccherà più i livelli del 1965 e della primavera del 1966. L’ultimo successo della sua carriera sarà la Milano-Vignola del 1970, semiclassica di cui è recordman di vittorie, con tre affermazioni (anche 1963 e 1966), insieme al vicentino Marino Basso e al belga Rik Van Linden. Si ritirerà dal ciclismo professionistico una prima volta nel 1971 per poi provare un breve ritorno nel 1974, tra le file del all’epoca neonata Filcas. Ad ogni modo, il team chiude dopo appena una stagione e Adriano appende definitivamente la bici al chiodo nel 1975. Nel complesso Durante è stato un grande atleta, capace di prodursi in poderosi sprint, ma anche di andare forte su salite brevi così come sul pavé. In

carriera gli è mancato il successo che ne legittimasse realmente il valore. Lo ha sfiorato, tuttavia, in diverse occasioni: al Giro di Lombardia del 1963, alle Milano-Sanremo del 1966 e del 1968 e al Giro delle Fiandre del 1966. Qualche problema fisico e una testa non sempre sul pezzo lo hanno forse un po’ limitato in quelli che potevano essere gli anni più importanti della sua carriera. Va anche detto, tuttavia, che ha dovuto fare i conti con rivali di primo livello, sia in Italia che all’estero. Adriano Durante si è spento il 23 giugno 2009, un mese prima del suo 69esimo compleanno. Un malore improvviso se lo è portato via. Oltre che grande corridore, è stato un uomo semplice ed estroverso, molto amato dai tifosi per la sua grande disponibilità.

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ASD Carbonera vuole crescere puntando sul calcio femminile DI CARLO CECINO

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’è voglia di calcio a Carbonera. Dalle ceneri del Morosini Biancade è infatti nata una nuova società, l’ASD Carbonera, che ha riportato entusiasmo e respiro al mondo del pallone del rispettivo comune alle porte della città trevigiana. Il tutto puntando su un progetto calcistico di crescita, basato su una forte organizzazione tecnico-dirigenziale e avendo come punto cardine l’impronta della territorialità di Carbonera. Una compagine appena sorta che ha una nuova pianificazione a lungo termine, che vede una buona e solida base grazie ai circa 155 tesserati, atleti del settore giovanile, ai quali vanno aggiunti i 25 giocatori della Prima Squadra. Ma non solo calcio maschile; infatti, la società dilettantistica dalla scorsa estate ha attivato un bacino di calcio femminile. In tutto sono circa una ventina le ragazze che fanno parte della nuova formazione rosa, di cui otto appartenenti alla Prima Squadra, mentre le altre più giovani appartengono alle categorie di Allieve e Giovanissime: «Stiamo lavorando su questa proposta dal luglio del 2019, in seguito al Mondiale estivo che ha visto l’Italia del calcio femminile raggiungere i quarti di finale. Abbiamo notato come questo fosse un movimento in espansione ed allora abbiamo deciso di dar vita anche noi ad un nuovo settore femminile – spiega Angelo Scattolin, responsabile della categoria Juniores e del calcio femminile dell’ASD Carbonera – Lavoriamo con le ragazze soprattutto sulla preparazione tecnica e fisica. Inoltre, abbiamo avviato delle collaborazioni con le scuole del territorio per fare lezioni di calcio durante le ore di

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scienze motorie indirizzate in particolare alle ragazze». Un’opera certosina e minuziosa quella che sta conducendo la società giallonera, che conta molto sul nuovo indirizzo “rosa” intrapreso: «Vorremmo che il settore femminile diventasse il nostro fiore all’occhiello. L’idea è nata e poi stata condivisa da tutti i dirigenti, ed Elena Ortolan (responsabile comunicazione dell’ASD Carbonera ndr) ci aiuta molto per la promozione del calcio femminile» prosegue Scattolin. Un progetto che sta avendo ottimo riscontro anche da parte dell’amministrazione del relativo Comune. Per quanto riguarda la Prima Squadra maschile, la formazione giallonera milita in Terza Categoria, ma con grandi ambizioni: il raggiungimento di una promozione ogni due anni, fino a poter entrare in una realtà importante quale la Promozione. Pronto a sostenere gli atleti dell’ASD Carbonera è il Patron Giovanni Faotto: «Abbiamo un obiettivo importante, dato da un progetto ambizioso a lungo termine. La squadra di quest’anno presenta atleti giovani e di qualità – racconta Faotto – che hanno accolto la nostra voglia di fare e di concludere con buoni risultati questa stagione. Siamo molto orgogliosi del nostro bomber Aziz Tadil, che concorre a raggiungere la vetta nella graduatoria dei marcatori». Da non sottovalutare poi il settore giovanile dell’ASD Carbonera (presente in tutte le categorie, dai Piccoli Amici fino agli Juniores) che sta dando grandi soddisfazioni ai dirigenti della società nonché allo staff tecnico, che da quest’anno è composto da allenatori preparati, arricchiti da patentino. Le


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rappresentanti giovanili disputano competizioni provinciali, ed è da segnalare in particolare la squadra degli Esordienti 2008 che ad ogni partita regala grandi emozioni e vittorie, con una sola partita persa. Questi traguardi raggiunti dal settore giovanile si devono anche al grande impegno e aiuto proveniente dalle famiglie stesse dei baby giocatori, tra accompagnatori e collaboratori. Gli impianti sportivi che ospitano le attività calcistiche sono due: quelli di Vascon per le partite e gli allenamenti della Prima Squadra, degli Juniores, degli Allievi, dei Giovanissimi e del settore femminile; i campi sportivi di Mignagola per le categorie dei più piccoli, vale a dire Primi Calci, Pulcini ed Esordienti. «Il nostro obiettivo è quello di crescere, sia dal punto di vista tecnico tramite i risultati sul campo, sia dal punto di vista societario. In futuro ci piacerebbe che la Prima Squadra salisse di categoria, anche se sappiamo che non sarà così facile ed immediato. In più ci piacerebbe vedere aumentare il numero di tesserati del nostro vivaio» chiosa Angelo Scattolin. Nel contempo la dirigenza dell’ASD Carbonera sta procedendo con le adesioni per partecipare al Torneo Internazionale Copa Santa 2020 che si terrà a Barcellona nella settimana di Pasqua, e che vedrà impegnati i ragazzi gialloneri della categoria Allievi. Un evento molto importante, che ogni anno riunisce centinaia di squadre di calcio e migliaia di giovani da tutto il mondo. Inoltre, in programma c’è anche l’organizzazione di un quadrangolare di fine stagione per il calcio femminile presso gli impianti sportivi di Vascon. Propositi ambiziosi e voglia di far bene sono gli ingredienti principali della nuova società giallonera, che considerando calciatori tesserati, dirigenti, collaboratori e amministrazione, conta circa 250 persone. Numeri importanti, per una compagine che ha il desiderio di rendere Carbonera un attrattivo polo calcistico.

Organigramma Giovanni Faotto: Patron Loreno Moro: Responsabile Prima Squadra Giuliano Filippetto: Responsabile settore giovanile Luca Gabellone: Coordinatore settore giovanile Emanuele Perissinotto: Responsabile Allievi Salvatore Mancarella: Direttore sportivo Angelo Scattolin: Responsabile Juniores e settore femminile Danilo De Biasi: Responsabile Giovanissimi Elena Ortolan: Segretaria, responsabile comunicazioni interne ed esterne https://asdcarbonera.com facebook.com/asdcarbonera

Il nuovo stemma dell'ASD Carbonera

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