Turchesefiore una magica avventura

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Turchesefiore Una magica avventura


Turchesefiore Racconto di Silvia Comini Illustrazioni di Giuliana Donati


Notte di Capodanno Ho ritrovato gli occhiali, gli occhiali magici! E sì, sono proprio loro: di cartoncino blu, con le lenti gialle. Li provo? Li metto? Sììììì! Oggi sono piccoli, ma fanno ancora e!etto: un sorriso spontaneo si allarga sulle mie labbra sottili. Sono davvero magici: sento crescere dentro di me tanta allegria e spensieratezza, proprio come mi accadeva da bambino. Io mi chiamo Vittorio, ma quando ero piccolo tutti mi chiamavano Vic. Vivevo in una grande città vicino ai miei cugini, Clara e suo fratello maggiore Giulian. Insieme, noi tre, quando io avevo circa 6 anni, vivemmo un'avventura davvero speciale. Guardo attraverso le piccole lenti gialle e quella storia strabiliante mi ritorna subito alla mente. Era l'ultimo dell'anno. Io e Clara eravamo nella sua casa in campagna, dove avevamo da poco festeggiato il Natale insieme alle nostre famiglie , ai Lorenzini e ai loro due figli maschi, Ross e Pietro.


Quella sera i nostri genitori se ne stavano al piano di sotto a brindare all'anno nuovo, mentre noi bambini eravamo già a letto. Io dormivo in una grande stanza al secondo piano, insieme a Pietro e Ross. I due fratelli si erano accaparrati il letto a castello: sotto c'era Pietro, che aveva 9 anni, e sopra c'era Ross, che per la verità mi era proprio antipatico. Ross aveva 10 anni, un cespuglio di capelli neri e la faccia sempre arrabbiata. Il gioco preferito di Ross ero io, perché adorava prendermi in giro: mi chiamava "quattrocchi" perché portavo gli occhiali e "spennacchiotto" per il ciu!o ribelle sulla mia fronte. Clara invece dormiva in una stanza di fronte alla nostra. Quella sera, addormentarmi sembrava un'impresa impossibile: sentivo un cane abbaiare in lontananza e le foglie in giardino frusciavano mosse dal vento, come esseri invisibili. Ross era ancora sveglio e teneva accesa una piccola lampada per leggere un romanzo di fantascienza. Ross era il più grande di noi e aveva il compito di sorvegliarci, ma anziché rassicurarci, aveva passato le sere precedenti a farci scherzi, cercando di alimentare le nostre paure. A volte si divertiva a distruggere i nostri giocattoli rompendoli fino a renderli inutilizzabili perché lui, ormai, si sentiva grande e il nostro giocargli intorno lo infastidiva.



Quella sera però sembrava troppo inda!arato a leggere, per badare a me e a suo fratello. Ross aveva appena spento la luce ed era lì lì per addormentrarsi, quando io mi sedetti sul letto. Ero incuriosito da una piccola luce intermittente che proveniva dalla camera di Clara. Allungai la mano verso il comodino e presi gli occhiali: la luce sembrava muoversi da sinistra a destra con un'oscillazione costante. Scesi lentamente dal letto, guardando verso Ross. Per arrivare da Clara dovevo camminare su un vecchio pavimento di legno scricchiolante. Come potevo fare per non svegliare Ross? Guardai un'altra volta verso la piccola luce: ora era fissa. «Etciù, etciù!»: Ross stava starnutendo e ad un tratto guardò nella mia direzione. Io, spaventatissimo, mi incollai al muro proprio di fianco al letto a castello. Chissà se Ross mi aveva visto..Scese dal letto veloce e, invece di venire verso di me, corse fuori dalla stanza: lo sentii aprire la porta del bagno in fondo al corridoio. Ecco l'occasione che stavo cercando! Oltrepassai la soglia della nostra camera, ma proprio in quel momento la lucina si spense ed io rimasi nel buio più totale. Pochi secondi dopo, la forte pressione di una mano sulla mia bocca mi impendì di gridare per la paura. «Che cosa volevi fare? Mi hai fatto prendere un colpo!» mi disse Clara una volta entrati nello studio pieno di libri di mio zio. «Tu piuttosto!?» Vidi la torcia che Clara stringeva in mano e subito capii la provenienza della luce che prima mi aveva incuriosito. «Io stavo scrivendo una lettera!» «A chi?»



«Ad una fata di nome Turchesefiore!» «Turchesefiore?» Clara mi guardò con disappunto, perché dimostravo di non capire ciò che a lei era chiaro ed evidente come l'aria che respiriamo. Decise di mostrarmi il cartoncino giallo a forma di stella, su cui c'erano delle sfavillanti scritte color oro.«Ascolta quello che c'è scritto: "Se un sogno vuoi fare avverare, credi a me io lo posso fare: un'ora o un giorno si può festeggiare!" Deve essere proprio una maga o una fata o qualcosa del genere e sul retro della stella c'è anche il suo indirizzo!» Clara, accompagnava la lettura del testo facendo scorrere il suo dito indice, piccolo e magro, lungo le parole stampate, come era solita fare quando voleva essere sicura di leggere in modo corretto. «Ma tu perché le scrivi?» chiesi incuriosito. Clara mi guardò e, gonfiando le guance con fare seccato, so"ò fuori tutta la sua impazienza: «Secondo te? Le scrivo perché vorrei... Vuoi venire con me a conoscerla?» mi chiese cambiando bruscamente l'intonazione della sua voce. «Quando? E come? Noi non possiamo uscire da soli!» «Domani, quando mio fratello ritornerà dal suo viaggio, gli diremo che ci piacerebbe andare a trovare una "amica" in città: Giulian ci porterà sicuramente!» «E se lei non sarà in casa?» «Ho pensato anche a questo: le lasceremo una lettera, la mia lettera!»



«Ah sì, ma che cosa le hai scritto?» le chiesi di nuovo. «È un segreto, Vic, ma ti prometto che prima o poi te lo dirò!» La guardai sconsolato, ma, dopo tutto, non aveva molta importanza conoscere il contenuto della sua lettera. Ora dovevo pensare a che cosa chiedere a Turchesefiore quando l'avrei incontrata e così domandai a Clara: «Ma tu l'hai mai vista? Come fai a sapere che è una vera fata?» Clara mi rispose con impeto: «Be', ieri è arrivata per posta questa stella di carta indirizzata proprio a me: non è strano che qualcuno che non mi conosce mi scriva!? E poi su questo cartoncino c'è scritto chiaramente che lei può realizzare i sogni...» Non ero ben sicuro di voler credere che il biglietto venisse da una fata, ma valeva comunque la pena tentare la sorte! Era ora di tornare nei nostri letti e Clara, dopo aver nascosto la stella nella tasca del suo pigiama bianco e azzurro,con il colletto alzato, mi fece segno di andare nella mia stanza senza fare rumore. Stavamo raggiungendo le nostre camere, quando uno scoppio di botti e tappi e risate provenienti dal piano di sotto fecero sì che io e Clara, tesi come due corde di violino, lanciassimo un urlo spaventoso, che svegliò all'unisono Ross e Pietro. «È l'anno nuovo, è l'anno nuovo!»

ripeteva Pietro, mentre Ross, ancora assonnato, ci fissava sgranando i grandi occhi neri. La sorpresa più bella, però, arrivò quando guardammo fuori dalla finestra della stanza: dal cielo scendevano lievi fiocchi di neve candida, che avevano dato al paesaggio di campagna circostante l'aspetto di uno splendido presepe. Intanto i genitori, che avevano sentito le nostre urla, ci avevano raggiunto e ora ammiravamo tutti insieme quello spettacolo. Io e Clara, in piedi davanti alla finestra eravamo sempre più eccitati e contenti.




Giro in città La mattina seguente, Giulian arrivò alla grande casa. Lo vidi entrare nella nostra stanza, ma la sua immagine mi apparve sfuocata, poiché Ross si era avventato contro di me, facendomi cadere gli occhiali. Ross faceva sempre così: ogni scusa era buona per saltarmi addosso e sovrastarmi, fino a farmi mancare il respiro. Anche la madre di Ross, allarmata dalle nostre grida, raggiunse la stanza e rimproverò duramente il figlio: «Rossano smettila! Alzati immediatamente e lascialo stare!» Giulian, che aveva ereditato il fisico lungo di zio e gli occhi color cioccolato, vispi e sognanti, della madre, rimase per alcuni secondi immobile e poi si buttò su di noi per dividerci. «Vittorio, raccogli gli occhiali e saluta i tuoi amici perché dobbiamo andare!» mi disse strizzando un occhio in segno di intesa. Poi si rivolse a Clara e la abbracciò, contento di rivederla. Io e Clara indossammo i nostri giacconi e salutammo velocemente Pietro, che ci venne incontro sulla porta d'ingresso, sorridendoci e muovendo la mano in un caloroso saluto. Ross, col viso ancora rosso dalla rabbia, scalpitava fra le braccia di sua madre e mi guardava minaccioso. «Dove andiamo?» chiedemmo in coro io e Clara, saltellando per stare dietro al lungo passo di Giulian.


«Andiamo in città: vi porto a mangiare nel vostro locale preferito!» disse Giulian voltandosi verso di noi con fare divertito. Io e Clara ci scambiammo uno sguardo dubbioso, perché vedevamo sfumare il nostro progetto: che cosa avremmo potuto inventarci per farci portare dalla fata? Salimmo sulla macchina di Giulian, una vecchia station wagon color verde scuro, e partimmo per la città. Avvicinai la faccia al finestrino appannato, togliendo col dito indice lo strato ghiacciato. Ora potevo vedere il paesaggio di campagna che ci stavamo lasciando alle spalle, mentre con il pensiero raggiungevo la casa di Turchesefiore: avrebbe avuto il tetto e le pareti di zucchero e cioccolato come quella di Hansel e Grätel? E Turchesefiore era veramente una fata? Assorto nelle mie fantasie e nei mie pensieri, non mi accorsi neppure che eravamo arrivati al ristorante. Una volta entrati, ordinammo patatine fritte, hamburger e torta al cioccolato e ricevemmo in regalo un piccolo topo grigio con le orecchie turchesi e un orsetto con al collo un fiocco a righe bianche e verdi. Fu proprio durante il pranzo che Clara riuscì a convincere Giulian a portarci dalla "nostra amica": il nostro sogno si sarebbe finalmente realizzato! «Dove abita la vostra amica?» ci chiese Giulian in macchina. Clara tirò fuori dalla tasca del suo giaccone il cartoncino a forma di stella e lesse ad alta voce l'indirizzo segnato sul retro. Intanto, mi chiedevo come avremmo potuto farci lasciare davanti alla casa di Turchesefiore, senza che Giulian entrasse con noi per conoscere lei e la sua mamma. Finalmente, giungemmo all'indirizzo indicato sul cartoncino ed io e Clara guardammo all'unisono fuori dai finestrini: davanti a noi c'era una casa gialla su due piani, circondata da un piccolo giardino chiuso da un cancello verde basso. Le imposte chiuse facevano pensare che la casa non fosse abitata. D'un tratto Giulian ci disse con tono pensieroso: «Siete sicuri che questo sia l'indirizzo giusto?




La casa di Turchesefiore Io e Clara eravamo dispiaciuti e sconsolati: probabilmente Turchesefiore non era in casa, ma noi volevamo comunque fare un tentativo. Clara tirò fuori dalla tasca destra del giaccone la lettera per la fata, pensando che avremmo potuto lasciarle almeno quella. Ora dovevamo a!rontare un altro problema: Giulian non ci avrebbe mai lasciati soli davanti ad una casa sconosciuta e vuota! Come potevamo fare? Ancora una volta, la fortuna si rivelò dalla nostra parte: Giulian non riuscì a trovare parcheggio ed un camionista che aveva fretta di passare lo convinse, a colpi di clacson, a lasciarci davanti al cancello. Clara ed io con un largo sorriso stampato sulla faccia, scendemmo in fretta dalla macchina, mentre Giulian ingranò la quarta e sgomberò la strada. Clara guardava la casa in silenzio e si muoveva avanti e indietro lungo il cancello verde; io, invece, ero impegnato ad osservare le zolle di terra ed i ciu" d'erba ricoperti di neve nel grande giardino. Ma se quella era veramente la casa di una fata, non avrebbero dovuto esserci i fiori anche d'inverno!?



«Vic, qui non c'è nessuno! E non possiamo neppure lasciarle la lettera, perché non c'è la casella della posta!» disse Clara. Cogli occhi velati di tristezza, ci sedemmo sul marciapiede ad aspettare Giulian: in pochi minuti era sfumato tutto e per giunta iniziava a piovere! All'improvviso fummo distratti dalla rumorosa frenata di un motorino giallo che si era fermato proprio davanti alla casa di Turchesefiore. Alla guida del motorino c'era uno strano pagliaccio: indossava un casco nero, che gli lasciava scoperte la faccia dipinta di bianco e rosso e parte dei riccioluti capelli verdastri, un grosso giaccone marrone, jeans sbiaditi e un paio di scarpe da ginnastica bianche. Il pagliaccio scese dal motorino e si diresse spedito al cancello d'entrata. Io e Clara, increduli e sbalorditi, ci alzammo in piedi per vedere meglio che cosa stesse accadendo. Il pagliaccio suonò il campanello dell'ingresso, fino a quando le imposte di una finestra all'ultimo piano si spalancarono: apparve la testa minuta di una ragazza bionda con un paio di vistosi occhiali blu. «Ciao Will!» disse muovendo le labbra ben delineate e poi si ritirò nuovamente dentro casa. La ragazza aveva aperto il cancello ed il pagliaccio si stava dirigendo verso l'entrata, quando si accorse della nostra presenza e ci chiese incuriosito: «E voi chi siete?» Io mi feci coraggio e gli domandai se quella fosse la casa di Turchesefiore. «Turchesefiore? Yes, abita qui!» disse con un vago accento inglese. Clara s'intromise subito: «Noi due abbiamo un appuntamento con Turchesefiore!» «Benissimo, allora andiamo!» Will aprì la porta d'entrata ed io e Clara dietro le sue spalle intravedemmo un lungo corridoio molto buio, al di là del quale scomparve presto il pagliaccio. Che cosa stava succedendo in fondo all'entrata? Io e Clara facemmo alcuni passi in avanti e potemmo sentire degli strani rumori, un alternarsi di risate di bambini e voci di cartoni animati: dopo tutto, ciò che ci aspettava non doveva essere così male!


L'incontro Andiamo! Dammi la mano! Mi spronò Clara. Stavamo camminando a passi leggeri in direzione dei rumori, quando sulla parete davanti a noi apparvero delle strane e coloratissime animazioni: si trattava di un drago dalle sembianze bu!e proiettato su una parete della stanza. Era di colore verde pistacchio, con tante macchie irregolari sul corpo panciuto ed un berretto di lana a righe bianche e azzurre calato sulla testa. Camminava avanti e indietro di fronte ad uno specchio, al quale rivolgeva strane espressioni: prima allargava la bocca in un enorme sorriso, poi assumeva un'aria triste e compunta ed infine corrucciava la fronte con fare minaccioso! Era a tal punto divertente, che mi lasciai andare ad una sonora risata. Forse troppo sonora... Difatti, improvvisamente si accese la luce nella stanza ed io mi accorsi subito di avere due paia di occhi puntate su di me: Clara mi guardava con un'espressione di rimbrotto, mentre la ragazza che pochi minuti prima si era a!acciata alla finestra per salutare Will mi osservava con curiosità .





Ritaglia tutte le parti del draghetto e incolla fronte e retro. Assembla il corpo, la coda e le zampe. Puoi giocare insieme a lui ed inventare nuove storie.





«E voi due chi siete?» chiese la giovane. «Mi hanno detto di avere un appuntamento con Turchesefiore e così li ho lasciati entrare!» intervenne Will. Clara, col volto arrossato dalla vergogna, tirò subito fuori dal giaccone il cartoncino a forma di stella e lo consegnò alla ragazza. Turchesefiore era molto alta e magra, aveva capelli biondi raccolti in una lunga coda, indossava un maglione a righe bianche e azzurre a collo alto e, sotto una gonna corta, vestiva un paio di calze a righe di tutti i colori. I suoi meravigliosi occhi azzurro mare erano messi in risalto da un paio di occhiali con la montatura di plastica blu. Doveva avere circa vent'anni, la stessa età di Giulian. «Prendete un tè?» Io e Clara annuimmo e seguimmo di gran lena Turchesefiore: il corridoio che portava alla cucina era tutto dipinto di azzurro, con grandi disegni di pesci colorati, stelle marine e delfini. Non appena arrivammo in cucina, Turchesefiore ci fece segno di accomodarci su di un divanetto rosa. Will, invece, era intento ad apparecchiare la tavola con grandi tazze colorate di arancio e verde. Poi prese una bu!a teiera a forma di gatto, la riempì di acqua e la passò alla padrona di casa, che la mise subito sul fuoco. Turchesefiore aveva un modo particolare di cercare gli oggetti che le servivano per preparare il tè: diceva ad alta voce il nome delle cose che voleva e, come per magia, le trovava subito nella grande confusione dei cassetti, pieni di posate e cianfrusaglie. «Allora sei proprio una fata!» a!ermai convinto. Turchesefiore ci invitò a prendere posto attorno al tavolo, dove aveva appoggiata la teiera fumante e ci disse: La magia è in ogni luogo: bisogna saperla vedere! Vi dirò di più: per vedere la magia della vita occorre indossare un paio di occhiali speciali.


La scatola di biscotti Le sue parole sulla magia e gli occhiali mi incuriosivano, dato che io li portavo da un anno e mi avevano già causato molti problemi: i compagni di scuola mi prendevano in giro chiamandomi "quattrocchi" e quando pioveva o nevicava mi si riempivano di goccioline, rendendo di"cile la visuale. Occhiali magici? incalzai. Sì occorre indossare degli occhiali magici, ripeté Turchesefiore. Degli occhiali che permettano di vedere da un punto di vista privilegiato: quello del cuore. «Io non capisco!» disse Clara delusa. Io, invece, per la prima volta in vita mia ero fiero di portare gli occhiali! «Anche io non capisco!» ripetè Will. Allora Turchesefiore ci incalzò: «Prendiamo questa scatola di biscotti!» Nel dire questo, mise al centro della tavola una scatola di latta e chiese a Clara di salire sul tavolo e di sedervisi vicino. Poi indicò a Will di andare nell'angolo opposto della stanza, mentre io me ne stavo in piedi davanti al tavolo. La fata si rivolse a Clara e le chiese: «Se non sapessi di già che questa è una scatola di latta piena di biscotti, che cosa potresti dire? Che cosa vedi?» «Be', un rettangolo abbastanza grosso, con dei fiori e un orsetto disegnati sopra!» «Bene!» «Ora tocca a te Vic! Che cosa vedi?» Anche io descrissi più o meno quello che aveva visto Clara.



«E tu Will?» «Vedo un parallelepipedo di colore arancione, probabilmente fatto di metallo; lì vicino ci sono quattro tazze, una teiera a forma di gatto, due ragazzini ed una fata in posizioni davvero divertenti!» Inutile dire che scoppiammo tutti quanti in una grande risata. «Che cosa vuol dire?» chiesi io incuriosito. «Vedi, alcune persone riescono a vedere le cose da un unico punto di vista! Magari da troppo vicino, come Clara che guarda la scatola da soli 10 centimentri di distanza e dall'alto, vedendo solo il coperchio della scatola. Tu Vic, sei più lontano, ma non abbastanza. Will dal fondo della stanza vede meglio l'insieme, ma è troppo lontano per vedere il retro della confezione di biscotti ad esempio. Per capire la realtà che ci circonda occorre prendere in considerazione più punti di vista e per vedere la magia della vita occorre guardare con il cuore, con l'amore.. Quando siamo bambini ci viene naturale, ma poi con il passare del tempo..




Al Palazzo del ghiaccio Due giorni dopo quel magico incontro, io e Clara riuscimmo a farci accompagnare da Giulian al palazzetto del ghiaccio dove avremmo rivisto la fata. Noleggiammo i pattini ed entrammo in pista. Ora dovevamo cercare Turchesefiore, anche se non era facile perché attorno a noi c'erano decine e decine di ragazzini che pattinavano in circolo. «Tu la vedi?» chiedemmo a Giulian. In quel mentre si avvicinò a noi un ragazzo alto con i capelli neri e un giubbotto marrone. «Ciao bambini, come state?» Era Will! Senza il trucco e la parrucca da pagliaccio, Will era comunque riconoscibile dal suo accento inglese. Dopo qualche istante, ci raggiunse anche Turchesefiore, avvolta in una lunga sciarpa a righe multicolore. «Eccoli! Ora possiamo andare!» disse venendoci incontro. Will e Giulian presero per mano Clara, mentre Turchesefiore si occupò di me. In realtà io non sapevo pattinare, ma avere al mio fianco una fata rendeva tutto molto facile.



«Prima il piede destro, poi il sinistro, destro e sinistro, vai, scivola, tira su le braccia, così, bravo! Volaaa!» diceva a voce alta la fata alzando il braccio sinistro «Volaaa!» ripetevo io alzando il destro. Poi cominciammo a chiamarci: «Giulian!» chiamavo io e Clara gridava: «Vic!» «Turchesefioreee!» «Will!» Tutti i nostri nomi risuonavano all'interno del palazzo e come per magia ci sembrava di essere soli, sospesi in un mondo di ghiaccio.



Nostalgia di Turchesefiore Era ormai passato un mese intero da quel giorno bellissimo in cui pattinammo sul ghiaccio. Io e Clara ci mettemmo vicini alla finestra della mia stanza: stava piovendo proprio come quel pomeriggio in cui avevamo conosciuto Turchesefiore per la prima volta. «Turchesefiore, dove sei? Turchesefioreee!» Avevamo ancora con noi la lettera che Clara aveva preparato per la fata, ma che non eravamo riusciti a consegnarle. Clara la prese da sotto il materasso e iniziò a leggere a voce alta: "Cara fata, grazie di avermi scritto il tuo indirizzo. Vorrei chiederti una cosa: è possibile diventare grandi in fretta? Io ho solo sette anni, ma vorrei conoscere e fare molte cose: vorrei diventare subito grande! Tu puoi fare questa magia per me? - Clara" «Perché non gliela spedisci? Anzi, potremmo anche chiederle di venirci a trovare...» «Giusto! Potremmo invitarla, insieme a Will, per il tuo compleanno... Ora glielo scrivo sulla lettera»:"P.S. Cara fata, quasi dimenticavo: vieni alla festa di compleanno di Vic, il sette di marzo? Ti aspettiamo! - Vic e Clara" Chiudemmo la lettera in una busta azzurra: l'indomani l'avremmo spedita andando a scuola.



Gli occhiali magici Non stavo più nella pelle: tra un giorno sarebbe stato il mio compleanno ed io e Clara avremmo rivisto Turchesefiore, la quale si era premurata di rispondere al nostro invito, anticipandoci che avrebbe organizzato una splendida sorpresa: "Cari bambini, sono contenta di sentirvi e di sapere che presto ci rivedremo. Ricordo ancora, come fosse ieri, il divertentissimo pomeriggio passato al palazzo del ghiaccio in vostra compagnia. Cara Clara, tu mi chiedi una magia: vuoi che io ti faccia diventare grande in fretta. Ricorda: per "vedere" la magia che c'è nella vita, occorre rimanere un po' bambini anche quando cresciamo! Ecco perché dobbiamo gustare pienamente la fanciullezza ed immortalare dentro di noi le esperienze più belle. In questa busta trovi gli occhiali magici per te e per Vic, indossateli nei vostri momenti di gioia e spensieratezza e con essi abituatevi a guardare la realtà da diversi punti di vista, soprattutto conservateli per quando sarete più grandi.


Caro Vic, sette anni sono davvero importanti ed io non mancherei per nulla al mondo alla tua festa di compleanno; anzi, ho chiesto a Will di venire con me: sono sicura che, vestito da pagliaccio, saprà far divertire i tuoi amici. Anche io ti farò una sorpresa... Una pioggia magica di allegria e dolcezza! Turchesefiore"


Tanti auguri Vic! Il mattino del mio compleanno, mi svegliai presto per la forte emozione. Per il pomeriggio, avevo invitato una decina di amici, fra cui Clara, Giulian, Pietro e anche Ross, colla speranza che non mi avrebbe rovinato la festa. Ero certo che la presenza di Will avrebbe divertito tutti quanti! La mamma aveva preparato dolci, panini imbottiti, spremute di frutta, patatine, caramelle, premi, giochi e sorprese per tutti. Ross e Pietro furono i primi ad arrivare, seguiti a ruota dagli altri invitati. Mentre mi trovavo in salotto ad aprire i primi regali, arrivarono anche Turchesefiore e Will: non appena li vidi, lasciai tutto e corsi ad abbracciarli. Anche Clara venne a salutarli. Will era proprio bu!o, avvolto nei suoi enormi pantaloni da pagliaccio, trattenuti da delle bretelle rosse. Indossava anche una camicia a righe bianche e gialle, un papillon grandissimo ed una parrucca. Turchesefiore, invece, aveva le solite calze coloratissime e teneva in mano un computer portatile... Quando Will e Turchesefiore entrarono in sala, tutti i miei amici smisero di colpo di parlare e sgranarono gli occhi. «Chi hai invitato Vic?! Chi sono questi bu!oni?!» disse Ross con spavalderia. Gli rispose Will, mettendolo subito a tacere: «Siamo venuti per animare la festa e vogliamo farvi divertire: che ne dici di fare il mio assistente?» «Assistente? Mh... Davvero?»



«Sì!» Allora Ross, messa da parte la sua proverbiale di"denza, si avvicinò felice a Will in veste di assistente u"ciale: in pochi minuti, la festa decollò! Ci divertimmo tutti quanti a passare da un gioco all'altro, a sfidarci alla pesca dei pesci, al percorso ad ostacoli, alla bocca della verità e a rispondere ai bu" indovinelli di Will. Nel tardo pomeriggio, quando la festa stava per finire, Turchesefiore sistemò il computer portatile su di un tavolino e mi chiese di abbassare le luci: lo spettacolo finale stava per iniziare! Anzi, questa doveva essere la sorpresa che Turchesefiore mi aveva promesso per il mio compleanno! Improvvisamente, sulla parete bianca di fronte al computer, comparve il draghetto panciuto, che Clara ed io vedemmo per la prima volta a casa di Turchesefiore: Rudy. Il simpatico animale iniziò a prodursi in mille acrobazie e a fare con noi il gioco dei mimi, fra le risate entusiaste degli invitati. Quello era certamente il momento giusto per immortalare la felicità, indossando il mio paio di occhiali magici.







Turchesefiore Silvia Comini


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