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Editoriale

Perdite

Losses

Cari lettori, Avrei voluto aprire il primo numero di questo mio se - condo anno di direzione di Tutto_Misure con una nota meno triste. Purtroppo, nell’ultimo scorcio dell’anno scorso e nel primo di quest’anno due membri della comunità italiana delle mi - sure e, per me, due cari ami - ci, ci hanno lasciato. Mi perdoneranno dunque i lettori questo ricordo personale di Domenico Grimaldi e Massimo D’Apuzzo, che tanto hanno dato alle misure italiane, e non solo. Il Prof. Domenico Grimaldi, Mimmo per tutti noi, univa competenza a modestia e affabilità e sapeva affermare le proprie idee con la mitezza di un sorriso, pari solo alla tenacia con cui le esponeva e metteva in pratica. La comunità accademica delle misure gli affidò il compito di sviluppare questa disciplina nella se - de di Cosenza. Vi si dedicò con entusiasmo e con la determinazione di sempre. Si fece apprezzare non solo dai colleghi, che gli affidarono prestigiosi incarichi in Ateneo, ma anche dai suoi studenti, che seppe selezionare e avviare alla ricerca, trasmettendo loro quei tratti di determinazione e affabilità che erano la sua cifra caratteristica. Ci ha lasciati con la discrezione di sempre. In pun - ta di piedi, senza che sospettassimo nulla della malattia che lo aveva colpito, lasciandoci credere che lo avremmo rivisto alla prossima riunione tra - scorrendo, come sempre, piacevoli momenti in - sieme. Quei momenti che, grazie alla saggezza di chi fondò e animò il GMEE, miscelavano sa - pientemente il dibattito scientifico a una gioviale convivialità, che seppe incubare non soltanto un gruppo di colleghi ma, soprattutto, un gruppo di amici che cresceva di anno in anno, nel rispetto reciproco alla base di quella sana competizione scientifica che ha portato le misure italiane all’eccellenza. Il Prof. Massimo D’Apuzzo fu uno degli esponenti della Scuola napoletana delle misure elettriche ed elettroniche, che tanto ha contribuito alla na - sci ta e allo sviluppo delle misure in Italia e alla na scita del GMEE. Di quei maestri raccolse il ri - gore scientifico, la dedizione alla Scuola e la vi - sione ampia delle misure, interpretata non solo co me disciplina tecnico-scientifica, ma anche co - me importante punto di raccordo tra la scienza e i suoi fondamenti filosofici.

Egli aveva saputo temperare il rigore ereditato dai maestri con un’empatica bonomia, condita da un’arguzia tipicamente napoletana che lo rendeva, oltre che un impareggiabile commensale in tutti gli eventi sociali delle nostre riunioni, un vero maestro, prodigo di incoraggiamenti, molto più che di critiche. Consentitemi di attingere a due ricordi personali per tratteggiare, in queste poche righe, la grandezza di Massimo. Nel 1992 pubblicai su “L’Elettrotecnica”, con l’amico Ottoboni, un articolo che illustrava il principio di funzionamento dei convertitori S-D che iniziavano allora ad apparire. Dopo la pubblicazione, incontrai Massimo a una delle riunioni del GMEE e, del tutto inaspettatamente, si complimentò con me e Roberto per quell’articolo. Un piccolo gesto che dimostrava quanto avesse a cuore i giovani del gruppo, senza alcuna distinzione di sede, e con quanta attenzione seguisse il loro lavoro, pronto a dare consigli e incoraggiamenti. Non ho bisogno di dire quanto apprezzato fu il suo complimento. Il secondo ricordo risale a più di un decennio do - po. Incontrai Massimo a Napoli e gli espressi alcune mie personali preoccupazioni su come il GMEE avrebbe potuto percepire le modalità con cui la sede di Napoli intendeva perseguire i propri obiettivi. Non ricordo minimamente di cosa discutemmo. Ricordo però nettamente che Massimo, al mo - mento, apparve alquanto perplesso e lasciò cadere il discorso. Un paio d’ore più tardi, mentre ci stavamo avviando a pranzare, mi venne vicino e mi chiese: “Ma davvero pensi che questa cosa sa - rebbe percepita come mi hai detto?”. “Massimo, se non lo pensassi non te lo avrei detto”. “Sai, ci ho pensato. Credo che tu abbia ragione. Non preoccuparti: vedrai che le cose si aggiustano”. E così fu, grazie al suo intervento. Questo era Massimo D’Apuzzo, e così mi piace ri - cordarlo: una persona di cristallina onestà intellettuale e d’infinita sensibilità, capace di ascoltare e comprendere le ragioni dei suoi interlocutori. Se esiste un angolo di Paradiso riservato ai misuristi, lui e Mimmo continuano a sorriderci e incoraggiarci da lassù. A noi non resta che fare tesoro dei loro insegnamenti e inviare loro un ultimo silenzioso grazie per l’amicizia che ci hanno donato.

Alessandro Ferrero

(alessandro.ferrero@polimi.it)

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