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TuttoscuolA

Poste Italiane Spa - Sped. Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Roma

M E N S I L E P E R I N S E G N A N T I G E N I T O R I E S T U D E N T I F O N D AT O D A A L F R E D O V I N C I G U E R R A G iugno 2 0 15 - N U M E R O 5 5 3 - A N N O X L I - E U R O 3 , 5 0

E adesso in vacanza!


Tutti in gita… Le mete Percorsi culturali in Italia e all’estero L’Italia dei parchi e delle vacanze verdi

Alcune proposte Alla scoperta delle città d’arte di Ravenna e Firenze. In visita nei musei di Torino e Trento. E per chi ama la natura e il divertimento la possibilità di scegliere tra il verde dei parchi naturali o l’avventura in quelli tematici. In più alcune mete europee per chi desidera recarsi all’estero. Tante idee per imparare viaggiando.

Novità Edizione 2015

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l’Editoriale

Benvenute vacanze

C

Ci volevano proprio queste vacanze. Ne abbiamo viste e sentite tante, in questi mesi. Anche sull’istruzione: prima l’impegno forte per la ristrutturazione degli istituti scolastici, poi la consultazione per la messa a punto del progetto sulla Buona Scuola, la promessa delle assunzioni, la rivolta dei docenti contro il disegno di legge varato dal governo, infine la minaccia del blocco degli scrutini. E poi il braccio di ferro sempre più duro coi sindacati, che temono che il governo miri a sottrarre al contratto, per affidarla alla legge, la regolamentazione di molte materie riguardanti il rapporto di lavoro, e puntano alla conservazione dell’assetto esistente. Il solito copione, verrebbe da dire, se non ci fosse il pericolo di alimentare, ancora di più, il qualunquismo e la disaffezione dei cittadini verso la vita pubblica e verso la stessa scuola. Ammettiamolo: difficile non lasciarsi andare a un senso di sfiducia, davanti a questo spettacolo, tristemente ripetitivo. Difficile non pensare che sia meglio spegnere la tv, gettare i giornali e rifugiarsi nel proprio particolare. Ma noi preferiamo guardare con fiducia al futuro. Ecco perché, per adesso, attendiamo con sollievo le vacanze estive che ci aspettano, che nella scuola – diciamolo con franchezza – sono molto lunghe. Con la speranza che portino rif lessione, che aiutino a meditare, oltre che a riposare. Perché, innanzitutto, le vacanze sono una occasione di crescita, non solo di svago. Una opportunità per guardarsi meglio allo specchio. E di avere un attimo così, per rimettere in ordine le cose, per comprenderle e comprenderci meglio, ne abbiamo tutti proprio bisogno, a cominciare dal mondo della

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scuola. Quello che ci aspetta a settembre sarà, infatti, ancora una volta un anno difficile, delicato, complesso. Un anno che potrebbe segnare una svolta o uno che potrebbe far segnare un grave ritorno al passato. Iniziarlo con il piede giusto, con l’energia necessaria, con la voglia di farcela, sarebbe già un segnale di svolta. Farlo con un quadro normativo adeguato, con riforme ponderate potrebbe dare uno slancio importantissimo, anche per il futuro dell’intero Paese. Perché al centro della scuola – lo ripetiamo – non devono esserci le battaglie politiche o sindacali, gli scontri ideologici, i bracci di ferro tra i lavoratori. Al centro della scuola devono esserci gli studenti, la loro educazione, la loro preparazione per l’ingresso nella vita, che non è solo quella del lavoro. Al centro della scuola ci devono essere i docenti, che devono essere messi nelle condizioni di poter svolgere al meglio il loro delicato lavoro. Al centro della scuola ci sono le famiglie, che hanno il diritto di avere dalle istituzioni scolastiche quella attenzione che i loro figli meritano. Non c’è più spazio per tutto il resto. Il livello di sopportazione della gente è ormai arrivato pericolosamente a un limite. Non accorgersene adesso potrebbe portare a gravissimi errori da parte della nostra classe dirigente. Parlare di cambiamenti necessari e non prepararli in una visione di lungo termine, parlare di riforme e non attuarle, parlare di una nuova stagione perché tutto resti com’è, è gettare benzina sul fuoco. Tutto questo, aggravato dal cancro della corruzione che in questi mesi ha mostrato tutto il suo nuovo potere, è molto grave e molto pericoloso. Se scoppia l’incendio, si rischia di bruciare tutto.

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ANNO XLI - N. 553 - Giugno 2015 MENSILE - EURO 3,50

Direttore Responsabile Giovanni Vinciguerra Comitato Scientifico Giorgio Allulli - Dario Antiseri Antonio Augenti - Sebastiano Bagnara Giuseppe Costa - Gaetano Domenici Paola Gallegati - Silvano Tagliagambe Coordinatore Comitato Scientifico Alfonso Rubinacci Segretario del Comitato Paola Gallegati Redazione Maurizio Amoroso Sergio Govi Orazio Niceforo Sped. Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 N. 46) art. 1, comma 1 DCB Roma Registrazione del Tribunale di Roma n. 15857 del 7-4-1975

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T.E.A.L.: QUALITÀ DEGLI INGREDIENTI, NOVITÀ DELLA RICETTA Come trasformare un esercizio potenzialmente noioso e artificiale in una piccola avventura conoscitiva, in grado di sviluppare competenze nuove negli allievi? Questa la domanda da cui sono partito mentre mi accingevo ad approfondire, in una classe prima del Liceo delle Scienze Umane opzione Economico Sociale, le caratteristiche delle diverse tipologie testuali. In particolare per personalizzare l’apprendimento del testo regolativo - cioè quello che attraverso istruzioni, regole, prescrizioni ha la funzione di indicare comportamenti - ho invitato gli allievi a reperire nella propria famiglia o cerchia di conoscenti una ricetta di cucina che riscuotesse particolare favore; quindi a trascriverla in formato digitale secondo le norme d’uso, come lo stile essenziale, l’utilizzo dei verbi preferibilmente all’imperativo o all’infinito, la terminologia specifica, inviandomela poi via mail insieme a un’immagine del piatto realizzato. A questo punto è stato possibile, creando una cartella condivisa con i membri della classe, rendere accessibile a tutti la visione e la modifica del materiale verbale e visivo prodotto. Per la seconda tappa del lavoro ci siamo recati nella nuova aula 3.0 della scuola, che consente - grazie alla sua particolare struttura policentrica e mobile da un lato e alla sua disponibilità di strumenti tecnologici dall’altro - di modulare una didattica innovativa basata sui processi collaborativi, nei quali il docente svolge il ruolo di facilitatore dell’apprendimento e l’allievo è protagonista attivo nella costruzione del proprio sapere (modello T.E.A.L.). L’obiettivo che ci siamo prefissi è stato quello di creare, attraverso un lavoro di confronto tra pari e di creazione condivisa, un e-book contenente tutte le ricette proposte dalla classe. Prima di procedere, gli allievi sono stati suddivisi in gruppi, in base a criteri di equilibrio interno e di orientamento personale (a ciascuno di loro è stata infatti richiesta una preferenza preventiva). A ogni gruppo sono stati attribuiti compiti precisi: controllo della completezza del materiale (testi e suoi componenti, immagini); controllo della correttezza formale (ortografica e sintattica) di ciascun testo; progettazione di una pagina tipo dell’e-book (colori e dimensioni di caratteri e sfondo, organizzazione delle informazioni nello spazio), da sottoporre all’approvazione dei compagni; realizzazione del libro digitale seguendo le caratteristiche stilistiche decise dalla classe. La possibilità di lavorare contemporaneamente da diverse postazioni – PC, tablet o smartphone – sullo stesso documento grazie ad applicazioni gratuite, di mostrare in diretta il work in progress dei diversi gruppi tramite proiezione, di accompagnare

con rapidi spostamenti il lavoro degli allievi - che dialogavano sia on-line sia fisicamente - ha offerto l’impressione di un fermento apparentemente disordinato in cui, in realtà, tutti si sentivano partecipi e protagonisti del proprio apprendimento. Alla fine dell’attività, ogni gruppo è stato invitato a compilare un questionario di autovalutazione, in cui emergessero con chiarezza problemi riscontrati, competenze acquisite, contributo dei singoli componenti al risultato comune. Analogo approccio didattico è stato utilizzato per la realizzazione di un secondo e-book, questa volta contenente testi di tipo narrativo, in cui, cioè, personaggi reali o immaginari si muovono nello spazio e nel tempo. Gli studenti, chiamati a scrivere una breve storia a partire da un presunto oggetto “smarrito” consegnato loro e da una scheda che li sollecitava a costruire un personaggio legato all’oggetto in questione, hanno prodotto racconti che ho provveduto a correggere dal punto di vista formale, offrendo inoltre, con modalità tipicamente editoriali, suggerimenti per titolazioni o variazioni potenziali del testo. Anche in questo caso, la seconda parte dell’attività si è svolta in aula 3.0, con compiti in parte diversi da quelli precedentemente assegnati: sono stati introdotti, per esempio, un nuovo gruppo deputato a scattare immagini fotografiche agli autori e un altro a registrarne le voci, mentre leggevano un passaggio particolarmente significativo del proprio racconto. In questo modo, l’e-book si è arricchito in senso multimediale e si è presentato con tutti i caratteri di una reale pubblicazione di fronte al giudizio finale dei lettori, compagni di classe in primis, che alla fine hanno anche premiato il più bello tramite votazione on-line. È indubbio, come si evince da questi piccoli esperimenti in atto, che gli esiti dell’apprendimento continuino a dipendere sempre dalla qualità degli ingredienti, che sono tradizionalmente e inevitabilmente legati alla scelta individuale di ogni persona, docente o studente che sia: desiderio di mettersi in gioco ridefinendo i propri confini, cioè percorrendo nuove strade; volontà di costruire insieme un’esperienza; coraggio nell’affrontare l’errore, consapevoli che si tratta di un elemento naturale all’interno di un processo di crescita. Ma è altrettanto indubbio che i nuovi strumenti - spazi e tecnologie multimediali offrano, grazie alla loro flessibilità e ricchezza applicativa, una grande opportunità: permettono infatti di avvicinare sempre più l’aspetto materiale e resistente dell’esperienza concreta alla dinamicità inafferrabile e leggera del pensiero e della creazione.

Stefano Maldini

di – Liceo Monti Cesena

TuttoscuolA n. 553


numero 553

di Stefano Maldini

SPECIALE EXPO MILANO 9

IL VALORE DELLA SOLIDARIETA’ E DELLA COOPERAZIONE: I VOLONTARI PER UN GIORNO

FINE ANNO 12

LA FALLIMENTARE POLITICA SCOLASTICA DELL’ULTIMO VENTENNIO di Enzo Martinelli

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PRIMA DI TUTTO, I DOCENTI

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LA FESTA DELL’EUROPA

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SMART EDUCATION & TECHNOLOGY DAYS

di Michele Pellerey

di Pietro Panzarino

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di Fabio Matarazzo

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INDICAZIONI DALL’INFANZIA

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LA TUTELA DEL MINORE A SCUOLA

di Italo Fiorin

di Tiziana Catenazzo

LA SCUOLA TRA GOVERNO E SINDACATO SI PUO’ MIGLIORARE DOPO LA VALUTAZIONEAUTOVALUTAZIONE? IL SUONO DELLA BUONA SCUOLA ARRIVERA’ NELLE ISTITUZIONI SCOLASTICHE? di Alfonso Rubinacci

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GLI INSEGNANTI E LA TASSA SUL MACINATO di Benedetto Vertecchi

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LIBRI DI TESTO, GIOIE E DOLORI di Rita Di Goro

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IL LIBRO CHE NON C’E’

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AULA 40: LA SCUOLA INCONTRA LA RICERCA IN RADIO

di Mariella Di Lallo

di Giorgia Bassi, Beatrice Lami, Anna Vaccarelli, Gian Mario Scanu

TuttoscuolA n. 553

vacanza!

Giugno 2015

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NUOVE REGOLE PER UNA NUOVA DIMENSIONE CULTURALE ASSICURATIVA di Riccardo Lancellotti

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PROGETTO DESI

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START UP ITALY

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IL SAPER FARE

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LA QUALITA’ E’ IL FRUTTO DI UN IMPEGNO

di Alfonso Rubinacci

di Nicoletta Ferroni

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ALLE PRESE CON IL RAV

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IL MIUR PRESENTA LA NUOVA INIZIATIVA DEL SAFER CENTRE INTERNET ITALIANO

TRA RAV E CERTIFICAZIONE DELLE COMPETENZE di Piero Cattaneo

E adesso in

LA QUALITA’ DELLE UNIVERSITA’

di Silvana Mosca

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TuTToSCuoLA

di Luigi Cerri

di Giuseppe Fiori

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Poste Italiane Spa - Sped. Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Roma

TEAL: QUALITA’ DEGLI INTERVENTI, NOVITA’ DELLA RICETTA

sommario

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M E N S I L E P E R I N S E G N A N T I G E N I T O R I E S T U D E N T I F O N D AT O D A A L F R E D O V I N C I G U E R R A G I U G N O 2 0 15 - N U M E R O 5 5 3 - A N N O X L I - E U R O 3 , 5 0

LA GITA DEL MESE

di Filomena Zamboli

di Giuseppe Pierro

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TUTTI I COLORI DEL MONDO

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SICURASCUOLA IN RETE CON METODO

UNA VOCAZIONE INTERNAZIONALE

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ALLA SCOPERTA DI GIRAFFE, IPPOPOTAMI, LEMURI E RAPACI

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GENERAZIONI CONTRO? di Antonio Augenti

di Irene Baldriga

di Rosaria Pagano

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PROGETTO SCUOLA 2.0

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COME USI LO SMARTPHONE A SCUOLA?

di Fabrizio Manca

di Silvia Pagliuca

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IL FUTURO FIRMATO TELECOM ITALIA .

la scuola digitale secondo Telecom Italia | Tim La Scuola è, oggi più che mai, un mondo in trasformazione, ricco di sfide, cambiamenti, nuovi spunti da cogliere, per questo Telecom Italia |TIM ha da tempo deciso non solo di investire in questo settore, ma di farsi portavoce della sua evoluzione, studiando e proponendo soluzioni in grado di generare nuove opportunità e di cambiare l’approccio alla didattica scolastica. La digitalizzazione della Scuola, in particolare, è un obiettivo politico primario, inserito nella riforma “La Buona Scuola” come uno dei temi fondamentali per un completo percorso di rinnovamento.

rivolte a studenti e docenti sulle nuove tecnologie: queste iniziative saranno rivolte alle scuole individuate tra quelle che avranno presentato una propria candidatura attraverso l’apposita area web messa a disposizione sul sito del MIUR.

In questo scenario si colloca anche il Comitato Paritetico TELECOM ITALIA-MIUR, costituito lo scorso 1 aprile, che ha l’obiettivo di coordinare, attuare e monitorare tutte le iniziative del Protocollo stesso. Si tratta di una partnership fondamentale, che riunisce di fatto in un unico tavolo i maggiori attori della trasformazione digitale scolastica italiana Telecom Italia | TIM ha deciso di guidare questo e che è oggi il luogo principale in cui condividere a percorso creando, attraverso una sinergia con i 360° le iniziative sulla scuola di Telecom Italia | TIM. principali stakeholder del mondo della scuola, un ecosistema di riferimento che risponda alla forte domanda di digitalizzazione del settore.

SCUOLABOOK NETWORK per EXPO 2015

Passiamo in rassegna alcune delle iniziative che Tra gli ambiti in cui è impegnata Telecom Italia | TIM mirano a creare queste condizioni di favore: in qualità di Official Global Partner di Expo 2015, uno spazio speciale lo occupa il Progetto Scuola, con il quale si è messo a disposizione dei docenti un ambiente digitale evoluto, volto a favorire la condivisione e la produzione collaborativa di Tra le più importanti iniziative messe in campo da contenuti inerenti al tema Expo 2015. La piattaforma Telecom Italia | TIM c’è il rinnovo del Protocollo didattica digitale Scuolabook Network, infatti, d’Intesa con il MIUR, siglato nel dicembre 2014 e prevede l’integrazione di contenuti editoriali e la della durata di tre anni, grazie al quale l’azienda ha la possibilità di autoprodurre i contenuti in logica SGC possibilità di proporre la piattaforma di didattica, con (Self Generated Content). l’aggiunta di altre componenti hardware e software, I docenti possono utilizzare la piattaforma per a diverse classi e scuole. Il protocollo infatti ha come l’elaborazione, condivisione di attività e di contenuti obiettivo, tra gli altri, la “Promozione di soluzioni e la discussione su temi di interesse, oltre che digitali a supporto della scuola digitale”, con la per dare il loro contributo attraverso la proposta realizzazione di progetti tramite appositi accordi di attività didattiche sui temi di Expo 2015 e operativi. sperimentare nuove dinamiche di produzione del Il protocollo sancisce che Telecom Italia | TIM è sapere. Una vera e propria innovazione nel mondo chiamata a promuovere la diffusione di soluzioni della scuola, basata sullo scambio, la condivisione digitali a supporto di metodologie didattiche e la possibilità di aprire e costruire insieme nuovi innovative e mettere a disposizione del MIUR il scenari di apprendimento. Il progetto si completa proprio know-how per la diffusione della banda larga poi con la sperimentazione Scuola Expo 2015, con e ultralarga nelle scuole. Inoltre Telecom Italia | TIM cui Telecom Italia | TIM ha deciso di coinvolgere intende promuovere iniziative di comunicazione anche gli studenti sensibilizzandoli sui temi di Expo

MIUR: PROTOCOLLO D’INTESA E COMITATO PARITETICO


Milano 2015: “Nutrire il Pianeta, Energia per la docenti e per classe). L’offerta KIT Scuola Digitale Vita”. permette di superare gli ostacoli che possono Con USR Lombardia, Telecom Italia | TIM ha infatti rallentare l’adozione delle nuove tecnologie. siglato - per l’anno scolastico 2014-2015 - un Per esempio, nelle fasi di valutazione, scelta, accordo relativo al Social Reading: nel progetto installazione e integrazione delle nuove sono stati coinvolti circa 1.000 studenti degli Istituti tecnologie, che necessitano di personale tecnico Comprensivi di Milano, Varese e Pavia, per costruire specializzato dedicato, generalmente non presente un nuovo sistema di apprendimento, in grado di nelle scuole. L’adozione della soluzione permette favorire la lettura, l’annotazione, la rielaborazione inoltre di semplificare la gestione dei problemi e l’esecuzione di compiti ed esercizi, nell’ottica di tecnici, resa complessa dalla molteplicità di servizi creare una nuova forma di didattica partecipativa e e fornitori differenti, reperire e ottimizzare le collaborativa. Il progetto ha riscosso ottimi risultati, risorse economiche disponibili per l’acquisizione e verrà inserito tra i 50 progetti di eccellenza di USR di nuove tecnologie e selezionare le migliori Lombardia presso il Padiglione Italia di Expo 2015. proposte tecnologiche e di delivery integrato con coordinamento centralizzato per l’attivazione Telecom Italia | TIM ha inoltre realizzato una dei servizi offerti chiavi in mano. La soluzione nuova offerta denominata “Kit Scuola Digitale”, ha, inoltre, tra i suoi punti di forza: l’assistenza che sfrutta l’esperienza e le competenze sviluppate integrata sui diversi servizi con numero verde dall’azienda nel settore ed in grado di aggregare in dedicato per la raccolta di tutte le richieste (SPOC, modo sistemico risorse infrastrutturali, tecnologie Single Point of Contact); la proposizione economica e contenuti di didattica digitale per accelerare la vantaggiosa e il supporto territoriale per aiutare le digitalizzazione delle scuole italiane. scuole e gli enti locali a reperire e utilizzare fondi L’offerta di servizi KIT Scuola Digitale include: a disposizione; la disponibilità di un punto unico Infrastruttura Abilitante (Connettività Internet, di riferimento per accedere a tutti i servizi del KIT Wifi & Security), Servizi gestionali per la scuola Scuola Digitale acquistati e per ricevere consulenza (gestione amministrativa, Registro Elettronico), sull’utilizzo e assistenza in caso di necessità. Servizi di didattica digitale (applicativo integrato Per ulteriori informazioni: http://nuvolaitaliana. con store e-book scolastici) e Device (per studenti/ impresasemplice.it/kitscuoladigitale


Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione e la Partecipazione

La scuola italiana è la vera sorpresa di EXPO Milano 2015 Per la prima volta nella storia delle Esposizioni Universali la scuola ha un ruolo di protagonista d’eccezione. Il protocollo d’intesa firmato da MIUR, EXPO S.pA. e Padiglione Italia il 14 Ottobre 2013 aveva in sé tutte le premesse perché l’evento internazionale di EXPO Milano 2015 fosse occasione di attivare il più ampio e diffuso dibattito sui temi dell’Esposizione. I risultati, ad un mese dall’inaugurazione, sono davvero sorprendenti. La partecipazione attiva e consapevole degli studenti è la più grande risposta che l’intero sistema educativo potesse dare. All’interno del terzo piano del Padiglione Italia pulsa il Vivaio Scuola, dove, ogni giorno, germogliano idee, progetti e proposte. Nelle trame di un fitto palinsesto, gli studenti, dai più piccoli della scuola dell’infanzia agli adolescenti della secondaria di secondo grado, stanno raccontando l’Italia al mondo. Dalla valorizzazione dei prodotti locali alla biodiversità, dal valore della cooperazione internazionale per la lotta alla malnutrizione alla realizzazione di orti, dai giochi da tavolo educativi all’allestimento di una coquina romana itinerante, si costruisce, giorno dopo giorno, il prezioso bagaglio di competenze e consapevolezza che sarà la grande eredità di EXPO Milano 2015. Dal Vivaio Scuola si sprigiona il significato più autentico dei temi dell’Esposizione, accolto e fatto proprio dalle future generazioni che hanno saputo raccogliere, grazie all’intenso lavoro svolto nelle aule con i propri insegnanti e le numerose iniziative messe in atto dal MIUR, la vera sfida che le attende: la costruzione di un mondo migliore, che sappia distribuire equamente risorse, globale, senza rinunciare alla valorizzazione delle singole peculiarità.


Il valore della solidarietà e della cooperazione: i Volontari per un giorno Il progetto elaborato e promosso dall’USR Lombardia, è nato dalla convinzione che la portata internazionale dell’evento offra un’occasione non usuale di riflettere sulle dinamiche delle relazioni e di sperimentare concretamente i valori dell’accoglienza e della multiculturalità, lasciando eredità materiali e immateriali tangibili. Un’opportunità unica per sentirsi parte integrante della macchina organizzativa di un grande evento, offrire un contributo alla vita comunitaria, cimentarsi nelle relazioni interpersonali e vivere un’esperienza singolare di cittadinanza attiva. I giovani volontari, prima dell’evento, sono stati impegnati in un percorso di preparazione e formazione preliminare e, dopo l’evento, racconteranno con un reportage l’esperienza vissuta. L’esperienza sul campo – a maggior ragione per Expo Milano 2015 – arricchisce le iniziative volte all’orientamento, in quanto consente ai giovani di cimentarsi in compiti concreti, attraverso i quali conoscersi meglio, mettersi alla prova, testare le proprie inclinazioni e le proprie aspirazioni, confrontarsi con adulti e coetanei in situazioni altamente coinvolgenti e stimolanti. Oltre 2000 studenti sono presenti all’interno del Sito espositivo sin dal primo


Dossier giorno e continueranno la loro attività fino al 31 Ottobre. I Volontari per un giorno, riconoscibili dall’inconfondibile pettorina verde, presidiano le aree del Sito Espositivo di maggiore interesse per le scuole, fornendo agli studenti in visita didattica sia informazioni in merito ai contenuti dei padiglioni, sia informazioni di servizio. Per diventare volontari per un giorno in Expo gli studenti devono impegnarsi in un percorso di preparazione e formazione preliminare e raccontare con un reportage l’esperienza vissuta. Per conoscere le modalità di adesione consulta il Bando ‘Studenti Volontari per un giorno ad EXPO’. Vedere oltre 2000 giovani studenti impegnati sul sito espositivo costituisce un’importante opportunità di crescita per le nuove generazioni: i giovani formati per questa occasione sapranno affrontare, anche dopo il 2015, i problemi delle metropoli in una società complessa, multietnica, capace di valorizzare le differenze sulla base della solidarietà e della cooperazione.

IN EXPO STUDENTI VOLONTARI PER UN GIORNO OUT EXPO STUDENTI VOLONTARI PER UNO O PIÙ GIORNI PER EVENTI ESTERNI AL SITO ESPOSITIVO In occasione di Expo Milano 2015 molte scuole lombarde hanno già attivato o intendono attivare sul proprio territorio progetti di volontariato spontaneo. Gli studenti coinvolti fanno da volontari per uno o più giorni al di fuori del sito espositivo, a supporto delle iniziative che la propria scuola organizza sul territorio. Per raccogliere e valorizzare la progettualità delle scuole lo Sportello Regionale ha predisposto uno strumento di rilevazione/consultazione dei progetti di volontariato. Le scuole, attraverso un form sempre attivo, possono inserire e mantenere aggiornate le schede di registrazione delle proprie iniziative progettuali e consultare le schede delle altre scuole con le quali possono essere attivate reti di collaborazione.

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TuttoscuolA n. 552


Display Naturale e funzione fogli di calcolo: la nuova strada dell’apprendimento della matematica Gli studenti alle prese con esercizi di matematica conoscono bene la difficoltà che deriva da una visualizzazione sul display della loro calcolatrice scientifica molto differente da ciò che ogni giorno studiano sui libri di testo. Il display di alcune calcolatrici non consente una resa “fedele” di frazioni, derivate, integrali e altre operazioni, mettendo lo studente di fronte a due dimostrazioni diverse per la stessa operazione. Ecco il divario che la serie delle calcolatrici scientifiche FX-ES Plus di CASIO colma grazie al Display Naturale! Ma cos’è esattamente e in cosa si differenzia dai display di altre calcolatrici? Il Display Naturale, detto anche “Natural Textbook Display” o “Natural-V.P.A.M” (ossia Visually Perfect Algebraic Method), consente alle calcolatrici della serie FX-ES Plus di CASIO di visualizzare le operazioni e i termini matematici in modo veritiero. Il vantaggio è che la procedura di immissione è molto più facile e il display più chiaro favorisce la comprensione in quanto i risultati sono più facili da capire. Ecco di seguito alcuni esempi che possono chiarire ancor meglio il vantaggio del Display Naturale. Operazione

Calcolatrici scientifiche CASIO (Serie FX-ES PLUS e FX-EX)

altre calcolatrici

Frazioni

Derivate

Integrali

Sommatorie

La nuova serie di calcolatrici scientifiche ClassWiz di CASIO aggiunge ai vantaggi del Display Naturale un display LCD ad alta risoluzione, con 192×63 pixel e una definizione quattro volte maggiore rispetto ai display della serie FX-ES Plus. Un’ulteriore evoluzione del formato Natural Textbook Display, che coniuga con l’interfaccia facile da usare, grazie ai tasti con codici di colore diverso, a un processore ad elevate prestazioni e a un volume di memoria doppio rispetto ai modelli precedenti che garantiscono operazioni veloci e una potenza di calcolo superiore. Tra le oltre 552 funzioni, la FX-991EX, modello di punta della serie ClassWiz, possiede anche la funzione spreadsheet o foglio di calcolo. Lo studio della statistica, e in particolar modo l’analisi di dati in fogli di calcolo, è sempre più richiesto, ma finora è spesso possibile eseguirlo unicamente nella sala computer delle scuole. Grazie alla nuova ClassWiz FX-991EX, gli studenti potranno eseguire direttamente in classe tutte le funzioni di base di un calcolo in tabelle, come la creazione di somme e prodotti, la determinazione di valori medi, massimi e minimi, ma anche di integrali di Riemann e formule ricorsive tutto su una calcolatrice scientifica! Uno strumento prezioso, che avrà il potere di cambiare l’apprendimento della matematica, grazie anche all’utilizzo di codici QR, che rende possibile la visualizzazione dei risultati sotto forma di grafici su smartphone e tablet


FINE ANNO

Politica scolastica

La fallimentare politica scolastica dell’ultimo ventennio di Enzo Martinelli*

I

venti anni della cosiddetta seconda Repubblica sono stati fallimentari per le vicende della scuola italiana. Un solo dato sintetizza la non curanza delle politiche formative: la spesa per l’istruzione sul PIL è diminuita dal 5,1% del 1994, al 4,2 del 2011. La percentuale di risorse che i Paesi UE hanno destinato alla scuola, nello stesso periodo, si è mantenuta costante intorno al 5,4%. L’Italia dunque non solo non ha recuperato i ritardi finanziari rispetto alla media europea, ma ha aumentato il divario in tempi nei quali la valorizzazione del capitale umano è decisivo per le prospettive future dei giovani. La pr ima Repubblica ver rà ricordata per la grande riforma della scuola media unica, per la scolarizzazione di massa, per le riforme dei programmi della scuola elementare e media, per le politiche di integrazione dei portatori di handicap, per l’istituzione degli organi collegiali, per l’espansione della scuola materna, della crescita universitaria, dell’edilizia scolastica (anche se inadeguata). Dopo il 1994 ci si attendevano: la riforma degli istituti secondari di 2° grado, più volte affrontata ma mai condotta in porto dal frammentato quadro politico del pentapartito, una corretta gestione degli ipertrofici organici del personale, al quale andava recuperata dignità professionale ed economica, il ripristino dei concorsi per l’assunzione dei docenti dopo le grandi sanatorie dell’epoca precedente, un adeguato incremento di risorse segue a pag 14

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La scuola tra governo e sindacato di Giuseppe Fiori

L

a Buona Scuola nascerà nel prossimo anno scolastico sulle macerie lasciate dallo scontro tra sindacati e governo, tra docenti antagonisti e sostenitori di una politica educativa di stampo aziendalistico? Direi di no. Innanzi tutto perché la nuova costruzione normativa, che si è presentata fin dall’inizio come uno shock educativo e gestionale nei confronti dell’attuale assetto scolastico, in realtà non ne tocca i connotati fondamentali, come gli insegnamenti, l’autonomia, i cicli scolastici e sembra piuttosto ancorata ad un concetto tradizionale del contesto educativo. Quindi più che una ricostruzione sulle macerie si tratta di una sopraelevazione del fabbricato, ma allora perché la necessaria dialettica è sfociata nel contrasto estremo? Per una molteplicità di fattori, esaminiamone solo alcuni. Primo, fra tutti, l’uso strategico del traino delle centomila assunzioni rispetto alle altre norme: la stabilizzazione di una uttoscuol quota così rilevante

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A n. 553

segue a pag 14


Politica scolastica

di Alfonso Rubinacci

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Si può migliorare dopo la valutazione/ autovalutazione? di Silvana Mosca *

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l raccordo tra Valutazione e Miglioramento è centrale in molti studi teorici ed empirici in ordine alla qualità educativa ed è presente anche negli attuali indirizzi del Sistema Nazionale di Valutazione nel campo dell’istruzione-formazione (DM 80/2014 e successiva normativa amministrativa e tecnica). La risposta positiva all’interrogativo di cui sopra pone ulteriori domande. A quali condizioni? Come? Con quali strumenti? Da parte di chi? A favore di chi? E ancora: Migliorare che cosa? Quanto? È sempre possibile realizzare il miglioramento? Miglioramento, in che senso?

Valutazione come ricerca-azione

Gli interrogativi aumentano via via che si approfondiscono le riflessioni; del resto la valutazione e l’autovalutazione sono pratiche di indagine, di uttoscuol continua ricerca di informazioni e dati su cui basare i giudizi e da cui trarre

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l disegno di legge sulla buona scuola, manifestazione di una netta volontà di cambiare, si colloca in uno scenario di riforme costituzionali, di superamento del bicameralismo perfetto, di riforma del Titolo V, di un nuovo ruolo di Stato e Regioni anche per l’area istruzione, di riforma della Pubblica Amministrazione, di contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni. Il quadro normativo è una premessa necessaria, ma da sola non è sufficiente. Non basta scrivere gli obiettivi nella legge perché essi si realizzino. Sarebbe illusorio. Serve la loro trasformazione in quadri operativi del circuito dei “poteri quotidiani”. Uno sguardo retrospettivo sulla storia delle riforme mette in evidenza che l’assenza di una “buona burocrazia” condanna il decisionismo del governo, ridotto talvolta “al puro esercizio di annuncio”. Come osserva la prof.ssa Maria Pia Veladiano: “Moratti 2003 alle elementari, Gelmini 2008 alle medie, e ancora Gelmini alle superiori perché per le superiori la riforma è partita nel 2010. Contando la Berlinguer del 2000, la scuola italiana è stata riformata, tre volte dentro l’arco di tempo di un unico ciclo scolastico. La “buona scuola” è la quarta” ( la Repubblica del 26 aprile 2015). Gli interventi di Berlinguer, Mor at t i, Fioron i, Gel m i n i, i segue a pag 16

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Il suono della “buona scuola” arriverà nelle istituzioni scolastiche?


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per la ricerca e l’innovazione, il potenziamento delle strutture universitarie e del diritto allo studio, il miglioramento dell’edilizia scolastica ecc. Tutte queste tematiche sono state oggetto di “promesse” nei programmi elettorali dei nuovi partiti della 2^ Repubblica. Di fatto però i tanti ministri, che nel ventennio si sono alternati al dicastero di Viale Trastevere, non hanno lasciato tracce significative in nessun comparto da riformare. Alcuni sono stati meteore (D’Onofrio, Lombardi, De Mauro, Profumo, Carrozza). Altri ministri si sono trattenuti a lungo nella sedia occupata, in passato, da Gentile, Gonella, Moro, Spadolini, ma tutti vengono ricordati più per le loro imprese fallite che per apporti costruttivi arrecati al sistema formativo. Berlinguer mise in cantiere la grande riforma dei cicli scolastici finita nel niente; la Moratti sognò la “pari dignità” dei due canali formativi, quello liceale e quello tecnico-professionale, senza riuscire ad approdare a nulla perché il suo successore Fioroni ripristinò di fatto il vecchio ordinamento tuttora vigente. L’unica che ha affrontato lo spinoso problema del personale è stata la Gelmini, che ha parzialmente ridotto i pletorici organici; ma la difficile operazione si è innestata soltanto nelle politiche di contenimento della spesa pubblica volute dal Tesoro. Infatti le risorse risparmiate per gli stipendi dalla riduzione dei docenti non sono mai state reinvestite, almeno in parte, nella scuola che ormai da anni ha visto dimagrire i propri bilanci (di circa 8 miliardi). La modernizzazione del sistema promessa nel 1994 da Forza Italia con lo slogan delle tre “i” (internet, inglese, impresa) è rimasta scritta nei manifesti giganti appesi sui muri di tutti i Comuni dello stivale. La valorizzazione della “meritocrazia” annunciata nel 2006 dal PdL deve ancora iniziare. Se il centro destra ha fallito,

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di precariato, infatti, è come una pilotina che conduce fuori dal porto una nave carica di disposizioni per tanto tempo stivate a bordo. Il doppio binario del reclutamento del personale della scuola ha assicurato con contingenti variabili, prima dell’inizio di ogni anno scolastico, le assunzioni a tempo indeterminato dei vincitori di concorso e dei precari a vario titolo, ma alla quota di centomila non si era mai arrivati, solo nell’anno 2007 si toccò la vetta con 50.000 nomine di docenti e 10.000 di personale ATA. L’attuale sforzo finanziario ha rappresentato, dunque, nelle intenzioni governative, l’occasione per rivedere alcuni assetti scolastici, principalmente gestionali, senza la preventiva simil-concertazione cui tutti i sindacati erano abituati. E questo è stato il nucleo della bomba del conflitto: da un lato si è voluto impedire quel potere di interdizione esercitato più volte da parte dei sindacati nei confronti delle politiche scolastiche di governi di centro-sinistra e di centro-destra e, dall’altro, si è voluto riaffermare, perfino di fronte a centomila assunzioni, il principio che tali politiche avendo una ricaduta importante sul contratto del personale della scuola non possano essere varate aggirando le organizzazioni di categoria. Ripercorrendo all’indietro il film di questi mesi prevale un’insopprimibile sensazione di déjà vu: si comincia, alla fine del 2014 con una consultazione pubblica organizzata dal governo con quasi due milioni di commenti e, non mi pare che, come anche in precedenti occasioni, ci sia stata la dovuta trasparenza sulle indicazioni relative ai principali temi emersi nei commenti stessi. Il déjà vu è poi continuato su tutte le tematiche a forte connotazione ideologica della Buona Scuola: la c. d. aziendalizzazione dell’organizzazione scolastica, i poteri manageriali del preside, la logica meritocratica e la connessa valutazione dei docenti. Temi ricorrenti degli ultimi venti anni nell’agone politico-sindacale, su cui molti hanno espresso posizioni di puro schieramento e poche voci hanno parlato della scuola che c’è e delle sue enormi potenzialità di rinnovamento. Basti pensare all’attacco, prima sindacale e poi politico, alla riforma Berlinguer sul riordino dei cicli, che lasciò nel 2001 sul terreno, ferita a morte, l’ultima legge di riforma che toccava, con forte contenuto innovativo, i fondamentali della scuola, oltre ad ogni ipotesi di valutazione dei docenti. Era chiaro, infatti, alle soglie del 2000 che la scuola era il motore per progredire nella società della conoscenza e che rappresentava un investimento strategico per lo sviluppo dell’economia della conoscenza. Temi che sono stati ripresi dall’attuale Presidente del Consiglio nel Discorso della Lavagna (l’assonanza è irresistibile), ma che sono sembrati decontestualizzati rispetto al recente passato e al presente della scuola italiana. E così, per fare un solo esempio, l’alternanza scuolalavoro, la prima parola scritta sulla lavagna, è stata presentata come un progetto educativo per il futuro, mentre è in campo da quindici anni e il centro sinistra nei 7 anni in cui ha governato direttamente e negli altri, quando ha sostenuto gli esecutivi (Dini, Monti e Letta), sulle problematiche scolastiche si è speso poco ed ha conseguito niente. La palla al piede del precariato ed il conseguente condizionamento sindacale hanno pesantemente ostacolato ogni timido tentativo di innovazione, col nefasto risultato

che le vicende del precariato sono tuttora in groppa a chi governa e lo saranno anche in un lungo futuro. E’ insomma mancata al centro sinistra una visione che potesse animare una seria proposta riformatrice della scuola e soprattutto la forza per far avanzare politiche innovatrici. Con siffatti ventennali rendiconti alle spalle è diff icile

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prevedere esiti positivi per il futuro, non solo perché le risorse finanziarie sono scarse, il debito pubblico è gravissimo, il quadro politico screditato e frammentato, ma soprattutto perché elaborazioni culturali che diano spessore, prospettiva ed efficace potenziamento ad una scuola carica di docenti con un’età media che supera i 50 anni e che inibisce l’ingresso

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a giovani leve, non appaiono all’orizzonte. Infatti i propositi del governo Renzi, che non ha l’ambizione di riformare il sistema, ma solo di apportare alcuni correttivi, seppur significativi, per favorire “una buona scuola”, hanno trovato nella proclamazione dello sciopero del 5 maggio scorso da parte di tutte le sigle sindacali e nei comportamenti

Politica scolastica successivi un’accoglienza negativa evidenziata anche dal duro scontro nelle sedi parlamentari. Posto che tutto abbia buon esito nelle due Camere, ardua sarà la fase di esecuzione delle nuove norme se il clima fra gli operatori del sistema rimarrà quello delle diffidenza e della freddezza, anziché quello della collaborazione e della serenità. Ci sarà la solita sanatoria per la stabilizzazione di una buona quota di precari, cioè di grossi battaglioni di docenti attempati, che sicuramente non porteranno nelle aule l’aria fresca e nuova che invece sarebbe necessaria. Inoltre per effetto della recentissima sentenza del Consiglio di Stato a favore dei maestri diplomati prima del 2001/2002, considerati a tutti gli effetti abilitati (senza concorso e senza laurea), il numero dei sognatori dell’immissione in ruolo tenderà ancora ad aumentare e le 100 mila (o più) assunzioni previste dal disegno di legge Giannini non chiuderanno la partita del precariato. Insomma la parziale risoluzione dei gravi atavici problemi degli insegnanti non cancella le attese degli alunni e delle loro famiglie che aspettano che vengano affrontate le problematiche della scuola piuttosto che quelle (seppur importanti) di chi ci lavora. Sembra comunque che il Governo Renzi l’impegno (ed il denaro) lo abbia messo sul terreno di gioco tra i fischi di chi è in tribuna e le manfrina di molti giocatori in campo. La partita richiede però un comune prioritario sforzo di tutte le istituzioni chiamate a testimoniare con i fatti l’interesse per l’istruzione e l’educazione delle giovani generazioni affinché possano competere, con successo, nelle sfide che sono chiamate ad affrontare in futuro. Una speranza che non andrebbe delusa per meschini interessi di partito. *Dirett.Gen. Miur a riposo

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aspettava solo di essere potenziata. Sì, la buona scuola che c’è ha già vissuto e, perfino, metabolizzato molte delle novità di cui si è discusso in questi mesi, e certamente non può che vedere con favore l’abbattimento del suo ingente precariato e l’aumento degli investimenti nell’education, ma quello che non può fare è continuare a sentirsi percepita come atona ed essere rappresentata soltanto dai soliti noti. Gli stessi che spesso ne hanno osteggiato il rinnovamento. La scuola che c’è parla nei collegi dei docenti e nei consigli d’istituto con una voce “laica” rispetto agli schieramenti ideologici delle varie parti in causa, non rinunciando così ad una partecipazione attiva ai processi decisionali che incidono sul suo futuro e su quello delle giovani generazioni, che devono potersi riconoscere in quella voce. La scuola che c’è ha realizzato quella mobilitazione di idee e di elaborazioni che, dall’inizio degli anni sessanta alla fine degli anni novanta del secolo scorso, riallacciandosi al dibattito già presente dentro la Costituente, ha accompagnato l’istituzione della scuola media unica e, in tempi più recenti (ma non troppo), l’estensione dell’autonomia didattica e amministrativa. E’ la scuola che sperimenta modelli nuovi e responsabilità nuove, che supera la rigidità, più che obsoleta, delle disciplinarità e dà spazio alla costruzione di percorsi che intrecciano curiosità, gusto della scoperta e piacere di apprendere da parte di giovani che vivono tutta la complessità della nostra società. A questo punto dovremmo finalmente chiederci quali sono state e quali saranno, ora, le ricadute di una conflittualità permanente sulla qualità della scuola nel suo complesso, per evitare che l’introduzione di logiche meritocratiche, pur indispensabili, contribuisca, con i meccanismi individuati, a determinare proprio la permanenza della conflittualità. Il nostro déjà vu riguarda, infine, anche un ultimo scenario, che è lo spettro di ogni intento riformatore: dopo la legge osteggiata e la legge assassinata (rectius abrogata) esiste, in ambito scolastico, anche la figura della legge in folle, cioè quella legge che non riesce mai ad innestare la marcia ed effettuare una partenza significativa. E non soltanto per mancanza di decreti attuativi, ma anche per deficit di pragmatica flessibilità (ovvero surplus di rigidità burocratica). E in quest’ultima condizione si sono posizionate alcune iniziative degli ultimi ministri, da Moratti a Fioroni e a Gelmini, a sottolineare l’ovvia considerazione che la buona scuola ha bisogno di buone leggi che si fondino sull’alleanza con i docenti nelle loro fasi attuative. Una buona legge che abbia la flessibilità necessaria per gli aggiustamenti di rotta che la voce laica della scuola suggerisce sulla qualità dei processi educativi e che incida finalmente, con una visione prospettica, sulla realizzazione dell’uguaglianza delle opportunità educative e sulla supremazia del merito in una dimensione di scuola più giusta.


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tentativi di Profumo, di Carrozza ed ora di Renzi, tutte le audizioni parlamentari, le tavole rotonde, comprese le consultazioni sul valore legale del titolo di studio, etc, rappresentano una montagna colossale di documenti, note e dichiarazioni che non hanno prodotto alcun cambio di passo, ma sono state la dimostrazione dell’assenza di una moderna capacità di gestione amministrativa di sistema.

E’ tempo di scattare un’altra fotografia Per passare dall’enunciazione di principio ai fatti è necessaria una vera inversione di tendenza nella classe dirigente e nella sua responsabilizzazione. C’è bisogno di un nuovo modello di sistema amministrativo funzionale all’attuazione delle politiche formative decise dal Governo. Questo il punto decisivo: cambia la scuola, ma è necessario che cambi anche l’Amministrazione. Non è più il tempo di uomini

soli al comando, quasi sempre impegnati a conservare o conquistare posizioni, alle prese con rivali anziché a cercare alleanze per lavorare insieme. I dirigenti, nel passato, molto spesso con i loro atteggiamenti e le loro decisioni, hanno privilegiato la preoccupazione per la propria rendita di posizione e prestato poca attenzione al benessere generale, al buon funzionamento

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conclusioni conseguenti. Si veda la seguente definizione: Valutare significa giudicare il valore di un oggetto, e la valutazione intesa come un particolare tipo di indagine disciplinata sottolinea il fatto che ‘giudizio’ e ‘attribuzione di valore’ devono essere basati su un approccio sistematico alla raccolta delle informazioni. (J. Scheerens, 2000). Di fronte all’eventuale reazione di insofferenza o alla percezione di estraneità rispetto alle pratiche valutative, può essere utile ricorrere a un approccio esplorativo improntato proprio ai metodi della ricerca, qualitativa e/o quantitativa, fin dalla fase iniziale dell’autovalutazione, la quale pone in primo piano l’iniziativa competente e la motivazione dei principali attori della scuola. In questo periodo le scuole stanno esaminando i dati ricevuti dal sistema, ne stanno aggiungendo altri in loro possesso, operano confronti e riflessioni, elaborano le prime interpretazioni della propria complessità. Si trovano a un punto cruciale dell’autovalutazione: formarsi un quadro documentato e articolato dell’identità di istituto, con molti rischi, disagi e disorientamenti e anche con piacevoli sorprese, compiacimenti, alternati a dubbi e aspirazioni di vario segno. I dati, talvolta, sono troppi, apparentemente tutti importanti. Ma tutti ugualmente utili, funzionali all’auspicato miglioramento? Alcuni sono anche di difficile decodifica oppure appaiono lontani dalla sensibilità presente nell’Unità autovalutativa, perché percepiti burocraticamente o estranei alla didattica, avvertiti come materia dei sociologi, o dei controllori e così via.

Teoria delle scuole efficaci

Per affrontare le questioni enunciate è opportuno risalire al paradigma delle Scuole efficaci in una versione scientifica. Secondo Jaap Scheerens, uno dei massimi esperti internazionali dell’argomento, la modellizzazione dei legami tra gli ambiti essenziali del funzionamento della scuola può essere rappresentata da uno schema: in esso si evidenzia come le condizioni assegnate - contesto e risorse - possono determinare incrementi di risultato nei dati di partenza (valore aggiunto) a seguito dell’influenza più o meno positiva dei fattori di processo a livello sia di scuola che di classe (J. Scheerens, 2011). è altrettanto noto come l’influenza dei fattori possa essere forte o debole, non si caratterizzi come implicazione causale, bensì probabilistica a diversi gradi. Ricercatori di statistica educativa si stanno cimentando intensamente con ipotesi e calcoli per individuare correlazioni e/o effettuare meta-analisi comparative. Ma, al di là delle validazioni specifiche, resta confermato che, se si vuole incidere sul miglioramento degli esiti, occorre operare sulle variabili cosiddette malleabili: organizzazione e management dell’istituto e didattica d’aula/laboratorio.

Programmazione retroattiva

Il miglioramento esige una progettualità iniziale e un monitoraggio in itinere capaci di connettere le variabili e di assorbire costruttivamente l’impatto delle informazioni di risultato: decisivo è il feedback, sia a livello macro (scuola) che a livello micro (didattica di classe e situazioni educative). Il feedback può essere la chiave di volta per il passaggio dalla valutazione alle azioni di miglioramento, come in un meccanismo cibernetico di continue e reciproche retroazioni. Di fronte ai risultati occorre “guardare in faccia i dati”, lasciarsi “impressionare”, reagire con lo spirito della ricerca e con l’acume dell’indagine, unitamente al senso di responsabilità e all’orgoglio collaborativo. Il miglioramento va fondato su un progetto di fattibilità che, in base al paradigma valutativo e autovalutativo, non può che essere retro-attivo. La programmazione retroattiva deriva dai dati, fermi restando i valori pedauttoscuol gogici che costituiscono l’identità e le aspirazioni dell’organizzazione e del

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sistema educativo nel suo complesso.

Formazione di docenti e dirigenti

Politica scolastica del sistema. “Una sorta di governo ombra - dice Tito Boeri - non è mai all’opposizione, anzi perennemente nella stanza dei bottoni senza avere alcuna accontability” (la Repubblica 5 febbraio 2012). Sono vitali la dialettica tra il “dentro” della scuola e il “fuori”, il confronto nel quale ciascuno rispetta il proprio ruolo e quello degli altri senza prevenzioni e arroganza. Non è la scuola che deve adattarsi all’apparato ministeriale, è l’amministrazione che si fa servizio per la scuola,

Barzanò G., Mosca S., Scheerens J. (a cura di), L’autovalutazione nella scuola, Milano, Bruno Mondadori, 2000 Scheerens J., Mosca S., Bolletta R. (a cura di), Valutare per gestire la scuola. Governance, leadership e qualità educativa, Milano, Bruno Mondadori, 2011. www.reteavimes.it - www.invalsi.it

per chi vi opera come per chi ne usufruisce. Dobbiamo guardare ad un modello di amministrazione in linea con i tempi presenti, capace di esprimere efficienza e legalità,

* Silvana Mosca Già dirigente tecnico MIUR, partecipa a Gruppi di ricerca presso l’Università di Torino, collabora con l’INVALSI, con l’USR Piemonte; coordina la rete di scuole AVIMES (Autovalutazione di Istituto per il Miglioramento dell’Efficacia della Scuola).

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La lettura e la selezione dei dati per una valutazione diagnostica fondata e orientata al miglioramento non è un’operazione semplice né priva di implicazioni relazionali e scientifiche. Per questa ragione, l’autovalutazione/valutazione deve essere sempre preceduta e accompagnata da azioni di formazione delle componenti scolastiche, condotte con metodologie diverse: attività di ricerca-azione e di sperimentazione, lezioni di esperti nazionali, internazionali, locali, gruppi di studio e di lavoro. A questo proposito può essere segnalato l’esempio in atto nella rete di scuole AVIMES (Autovalutazione di Istituto per il Miglioramento dell’Efficacia della Scuola), che mostra il movimento circolare tra autovalutazione e formazione nella rappresentazione del sistema dinamico della scuola come organizzazione che apprende e che migliora. Rilevante risulta la partecipazione in prima persona del dirigente scolastico, con la disponibilità ad autovalutare la sua stessa leadership. Importanti il convincimento e le capacità di far evolvere le potenzialità di tutti, in primo luogo degli studenti.


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Politica scolastica che sia cinghia di trasmissione tra centro e territorio, facendo ricorso a strumenti che sappiano coniugare l’unitarietà del sistema educativo e l’autonomia delle istituzioni scolastiche. Per questo è necessaria una nuova architettura nei rapporti tra Stato e realtà di governo del livello periferico, alla luce anche delle novità previste dalla nuova formulazione dell’articolo 117 del titolo V nell’ambito del progetto di riforma costituzionale, in corso di approvazione, in terza lettura, al Senato, con particolare riferimento alla soppressione della competenza legislativa concorrente tra Stato e Regioni. Infatti si preannuncia, anche se non si può parlare di perfetta sincronia per il disallineamento dei tempi di approvazione del disegno di legge costituzionale, un insieme di provvedimenti tra loro collegati e complementari.

Più capacità di gestione amministrativa per il cambio di passo Se il ministro Giannini intende davvero provare a cambiare volto al sistema della scuola deve, anche, dimostrare di saper individuare le cose più importanti e incisive per traghettare il MIUR verso un sistema più moderno e più semplice, in sintonia con ciò che serve alla scuola, e per consolidare il percorso di sviluppo delineato dal processo di riforma in atto. Senza un sistema di gestione amministrativa efficace ed efficiente non è possibile ‘governare’ in maniera unitaria il sistema complessivo che fa funzionare la scuola. Il problema della “implementazione operativa” ha vissuto varie vicissitudini, ha visto inter venti di due ministri (Profumo e Car rozza) ed è ancora aperto. Il ministro Giannini lo

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ha percepito, come testimonia la pubblicazione nella G.U. del 20 aprile 2015 dei DD.MM applicativi del DPCM di riorganizzazione del MIUR, pubblicato in Gazzetta Ufficiale nel luglio 2014. A seguito della riorganizzazione permangono livelli di scoperture che sfiorano il 17% di posti dirigenziali amministrativi, molti dei quali dati in reggenza e/o ad interim e il 62% di posti per dirigenti tecnici. Il ruolo dei

dirigenti del MIUR presenta la maggior parte di “scoperture” negli uffici scolastici regionali. Il deficit nella dirigenza ha trovato compensazione con la nom i na d i d i r igent i a tempo determinato ( art 41, comma 5 bis, art. 19, comma 6 del D.lgs 165/2001) che complessivamente superano le 70 unità. Si tratta di un aspetto non trascurabile e che potrebbe rappresentare un punto di svolta nel rapporto tra amministrazione e

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Politica scolastica

Serve un dirigere che accenda emozioni Va messo da par te diseg no strumentale e desiderio di mera interdizione. Va superata la visione burocratica e gerarchica della P.A, basata sull’adempimento formale anziché sul progetto, sugli obiettivi e sui risultati. Non possiamo più permetterci il formalismo capace di metabolizzare e ridurre culture emergenti e modelli innovativi in niente, il considerare l’innovazione organizzativa e tecnologica come uno slogan da utilizzare per le dichiarazioni in Parlamento o ai

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mezzi di comunicazione per uno show permanente. Abbiamo bisogno nel MIUR di una vera politica dell’innovazione, di una gestione amministrativa idonea a definire un rapporto nuovo con le istituzioni scolastiche, con il territorio, con il mondo della ricerca e dell’impresa. Un’amministrazione che sappia trasformare le eccellenze isolate in sistema. Oltre che di governance si tratta di mettere in campo lo sforzo comune … che comincia con il suscitare la motivazione personale, la partecipazione. E’ la classe dirigente la prima a dover recuperare la percezione di quanto sia grave la situazione e a capire come invertire la rotta. L’innovazione parte, infatti, dalle persone, dai dirigenti che hanno bisogno di una prospettiva nuova del governare coerente con il disegno dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, uno degli obiettivi strategici del disegno di legge sulla buona scuola. La scuola è un sistema complesso e per influenzare scelte e decisioni occorre dimostrare di possedere una miscela di qualità dove determinazione e inventiva sono accompagnate dalla conoscenza dei problemi tecnici. I dirigenti scolastici, i docenti, gli studenti, le famiglie, il personale delle segreterie, vogliono poterci credere … Ma la fiducia non si costruisce a parole. L’apparato amministrativo del MIUR ha di fronte la possibilità di operare scelte di discontinuità e di responsabilità ma deve abbandonare atteggiamenti di “attesa” di quegli interventi ‘politici risolutivi’. L’autorevolezza che occorre è una conquista difficile e che richiede cultura e impegno. Mettendo a disposizione servizi per la trasparenza, rendendo disponibili le conoscenze, consentendo un miglioramento qualitativo dell’educazione ma

soprattutto con comportamenti esemplari. Con il buon esempio di una condotta sostenibile si alimenta la fiducia e si conquistano la credibilità e l’autorevolezza perdute. La scuola si gover na quando si è in grado di comprenderla e interpretarla: allora si riscuote fiducia e si apre il dialogo che evita lo scontro e permette l’incontro, nella ricerca condivisa delle migliori soluzioni. Una nuova classe di r igente non si inventa, non si improvvisa ma si forma con buoni progetti innovativi di formazione professionale. L’amministrazione presti ora la sua migliore attenzione alla dirigenza garantendo procedure di reclutamento efficienti ed efficaci, basate sul merito, per trovare persone competenti e in grado di recuperare tutta la credibilità necessaria a gestire un sistema complesso e di qualità. Le riforme non funzionano automaticamente; dipende, prima di tutto, dai comportamenti di tutta la classe dirigente, dal MIUR alle istituzioni scolastiche. Pensiamo a quale effetto stridente avrebbe, in contrasto con i risultati che si desiderano, l’azione del Ministero se fosse limitata all’emanazione di norme e circolari per regolamentare rigidamente lo stesso processo di cambiamento! Il MIUR oggi deve far propria una nuova cultura per comprendere appieno la propria funzione d’indirizzo, programmazione d’ordine generale, coordinamento strategico e valutazione. È un percorso complesso, non privo d’ostacoli, con impatto diversificato rispetto alle strutture e alle realtà locali. Sono le esigenze delle scuola che devono orientare la nuova amministrazione per fare in modo che l’ampio processo di riforma sia effettivamente uno strumento utile alla crescita e allo sviluppo del paese e dei suoi cittadini, di tutti noi.

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scuola visto che, in passato, è stato adottato il sistema di scaricare molte delle esigenze dell’amministrazione sulle scuole, aumentando obblighi e incomben ze delle istituzioni scolastiche. Nel disegno di legge sembra, invece, di poter vedere un atteggiamento diverso che, in un quad ro di maggiore st abilit à normativa, dovrebbe portare una semplificazione e uno sgravio per le istituzioni scolastiche e rendere il sistema di gestione più adatto alle esigenze espresse dalla comunità sociale e territoriale. Ciò in coerenza con l’or ient a mento del Consiglio di Stato, Sezione IV che con la sentenza del 26 febbraio 2015 n. 964 è tornato sulla declinazione del principio di proporzionalità e ragionevolezza nell’agire della pubblica amministrazione. Un agire che deve essere sempre ‘proporzionato’ all’obiettivo perseguito dalle norme, imponendo ai cittadini “il minor onere possibile, garantendo la non arbitrarietà delle scelte, che devono essere logiche e conseguenziali rispetto alle premesse risultanti dai fatti, utilizzando gli spazi lasciati dalla legge per meglio rispondere ai casi concreti.”


VISTO DALL’ESPERTO di Benedetto Vertecchi

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Gli insegnanti e la tassa sul macinato

he i rapporti di lavoro diano luogo a manifestazioni conflittuali non è una novità e non credo che ci si sorprenda quando si osserva che ciò vale anche nel caso delle professioni educative. Ma ciò che in tempi recenti è accaduto agli insegnanti non è qualcosa che possa essere interpretato come effetto di un normale conflitto: ci si è trovati di fronte alla demolizione di un’immagine, progressivamente privata dei simboli che ne avevano segnato il credito sociale, e alla sua sostituzione con un’immagine sostanzialmente diversa, molto più dimessa. Non mi riferisco al reddito che si ricava dalla pratica dell’insegnamento, che è modesto oggi, almeno in Italia, come lo è stato in passato, ma alla differente percezione che si associa a un’attività generalmente accreditata per la cultura che occorre per esercitarla e per l’esercizio di funzioni non subalterne, perché derivanti da decisioni assunte in modo autonomo. Gli insegnanti, dopo l’Unità e fino agli ultimi decenni del Novecento, hanno formato un’élite identificata non dalla quantità dei beni materiali disponibili, ma da una capacità riflessiva capace di tradurre le interpretazioni in progetti e di impegnarsi per la loro realizzazione. Altri gruppi sociali potevano disporre di maggiori risorse, ma agli insegnanti si riconosceva un credito del tutto particolare, quello

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di migliorare, attraverso la conoscenza, il profilo della popolazione, negli aspetti morali e in quelli materiali. Un riflesso della percezione positiva che si aveva degli insegnanti poteva riconoscersi nel gran numero di personaggi pubblici provenienti dal mondo della scuola: gli insegnanti assicuravano nel territorio la presenza della intellettualità intermedia necessaria per lo sviluppo dell’organizzazione sociale del paese. Si può cercare di capire perché la rappresentazione sociale degli insegnanti abbia subito uno sbiadimento progressivo se ci si libera dal ciarpame ideologico che si frappone all’analisi del gran numero di aspetti che nel tempo hanno mutato le caratteristiche della professione. Non ha senso continuare a bruciare granelli d’incenso in lode degli insegnanti, e non far nulla per capire i cambiamenti intercorsi nelle loro condizioni di lavoro. C’è bisogno di distinguere tra i cambiamenti che sono coerenti con un disegno di progresso sociale e culturale, rispetto al quale l’insegnamento può costituire un fattore propulsivo, e quelli che vanno nella direzione opposta, quella intesa a rialzare steccati che sembravano definitivamente abbattuti. Se si segue questa linea interpretativa, non è difficile cogliere una concomitanza tra la qualità della percezione sociale degli insegnanti e l’attesa

di progresso che si collega alla loro azione. La crisi della professione degli insegnanti si è incominciata a manifestare quando sono sorti dubbi circa le implicazioni sociali che si potevano collegare alla crescita del sistema di educazione formale. Quei dubbi davano corpo a resistenze non nuove nei confronti della possibilità per tutti di fruire di un lungo periodo di istruzione nella scuola. Le esigenze dello sviluppo economico avevano fatto superare, almeno in via transitoria, le contrarietà delle classi sociali favorite ad ampliare l’accesso agli studi. Il livello di conoscenze raggiunto dalla popolazione era considerato un fattore importante per lo sviluppo economico e su questo presupposto interpretativo si è giunti, in Italia come in altri paesi, a un quasi completo assorbimento dei bambini e dei ragazzi nelle scuole primarie e secondarie. Non si è riflettuto però sul carattere improprio che, superata la fase della prima alfabetizzazione, aveva assunto la capacità di attrazione delle scuole: lo studio era visto più per la sua utilità che per l’apporto che forniva allo sviluppo di un pensiero complesso, che si potesse esprimere attraverso i tempi sempre più lunghi della vita. L’immagine sociale degli insegnanti è stata forte fin quando lo è stata la motivazione impropria che spingeva la crescita della scolarizzazione. Da

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VISTO DALL’ESPERTO

una trentina d’anni si sono però avvertiti scricchiolii sempre più evidenti, a misura del diminuire della relazione lineare che in precedenza aveva collegato l’istruzione scolastica alle attività produttive. Se per gran parte del Novecento alla crescita della scuola aveva fatto riscontro una maggiore presenza delle classi medie nell’organizzazione sociale, verso la fine del secolo si vedevano già distintamente i tratti che avrebbero assunto dimensioni sempre più drammatiche, fino a risolversi nella crisi attuale: le classi medie andavano perdendo la loro forza per il venir meno di un gran numero di profili professionali in precedenza apprezzati. L’organizzazione sociale tendeva nuovamente a una dilatazione delle funzioni professionali di livello modesto, solo in parte compensata da una certa crescita in quelle di livello elevato. Una sintesi particolarmente efficace del cambiamento intervenuto è stata offerta da Tyler Cowen (un professore di economia del MIT) nel saggio Average Is Over: Powering America Beyond the Age of the Great Stagnation (New York, Dutton, 2013). Altri interpreti dell’evoluzione sociale e del suo legame con l’educazione avevano posto in evidenza singoli aspetti, che però potevano dar luogo a conclusioni analoghe: per esempio, le maggiori difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro delle generazioni più giovani rispetto a quelle incontrate dai genitori poteva essere considerata una conseguenza della scomparsa di attività che in precedenza erano apprezzate. Per quanto possa sembrare paradossale, non c’è stata la risposta che sarebbe stato ragionevole

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attendersi da parte del sistema educativo. L’attenuarsi del collegamento utilitario tra ciò che si apprende a scuola e ciò che è richiesto dal mercato del lavoro avrebbe dovuto condurre alla ricerca di nuovi fattori di motivazione, volti ad accrescere la desiderabilità di apprendimenti che si distinguano, mi si passi l’ossimoro, per la loro inutilità funzionale. Leggere poesie (è solo un esempio, tra i molti possibili) è un’attività priva di rilevanza pratica se riferita al mercato del lavoro, ma ricca di implicazioni per lo sviluppo del pensiero complesso al quale prima facevo riferimento. Sarebbe stato necessario distinguere ciò che serve per sostenere sul piano culturale l’adattamento alla vita da ciò che costituisce una risposta momentanea a esigenze contingenti. Invece, si è assistito a un vero e proprio sconvolgimento valoriale, che ha posto l’enfasi proprio sugli aspetti più caduchi dell’educazione. Hanno assunto priorità nell’educazione interpretazioni volte ad affermare la necessità che il profilo degli allievi sia per il possibile coerente con quello richiesto dalle imprese per l’inserimento in attività produttive. L’educazione ha perso in profondità temporale, perché il suo riferimento ha cessato di essere l’intero corso della vita per inseguire scenari d’incerta persistenza. In questo quadro non c’è da meravigliarsi se la professione degli insegnanti ha perso credito, una volta che sia stata privata di quella capacità progettuale, di quella tensione al divenire che in precedenza la distingueva. Nell’assunzione di decisioni in campo educativo sono prevalse logiche proprie delle organizzazioni produttive. Le scuole

cessavano di disporre di una cultura propria, elaborata dagli insegnanti in un contesto di interazioni sociali, ma si sono dovute adattare ad assumere prestiti dall’esterno. Certe interpretazioni della valutazione, del merito, del successo, dell’organizzazione del lavoro, dei rapporti gerarchici, di ciò che nell’apprendimento è preferibile e di ciò che è necessario sono la conseguenza della perdita di autonomia d’interpretazione e di progetto, alla quale corrisponde, per ciò che riguarda gli insegnanti, un profilo professionale sempre più dimesso. La perdita di autonomia da parte degli insegnanti è avvenuta nello stesso contesto in cui andava riducendosi la sua funzione di intellettualità intermedia. Nella crisi delle classi medie gli insegnanti si sono trovati a occupare posizioni sempre più scomode e a subire rapporti di lavoro che accentuano il carattere subalterno che la loro funzione sta assumendo. Quel che sgomenta è che chi intende dedicarsi all’insegnamento si trovi a dover pagare un prezzo. Si richiede di versare una sorta di tassa sul macinato. Bisogna pagare per ottenere un titolo dal quale dipende la sopravvivenza. Giovani che già hanno alle spalle vari anni di studi universitari, e che se va bene raccolgono una manciata di euro svolgendo lavori precari, debbono sottostare a un iniquo balzello. Per partecipare a un Tirocinio Formativo Attivo (l’innovazione peda-psicoburocratica è responsabile di certe nomenclature) si devono sborsare migliaia di euro. In cambio di che cosa? Di una proposta di qualificazione sviluppata da università che il più delle volte non hanno alcuna competenza per farlo.

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Politica scolastica

Tra RAV e... certificazione delle competenze di Piero Cattaneo*

Dirigenti e docenti del primo ciclo di istruzione alle prese con il Rapporto di autovalutazione e la sperimentazione dei nuovi modelli di certificazione delle competenze L’anno scolastico 2014/15 all’insegna della... valutazione

Le parole che caratterizzano in modo significativo le innovazioni introdotte nel sistema scolastico italiano nell’anno scolastico che si sta per concludere sono certamente: valutazione, rapporto di autovalutazione e certificazione delle competenze. E, forse per la prima volta dopo vari anni, le innovazioni sono state accompagnate da documenti e da linee guida molto chiari e operativi, che hanno permesso ai dirigenti scolastici e ai docenti del primo e secondo ciclo di istruzione di avviare processi di cambiamento che, da un lato consolidano e potenziano l’identità delle scuole autonome, e dall’altro riconoscono l’impegno e la garanzia delle stesse istituzioni scolastiche verso le competenze da far acquisire agli allievi, sulla base del Profilo dello studente previsto dalla Indicazioni nazionali (testo 2012) e del Pecup (DPR n° 87.88.89 del 15 marzo 2010). Personalmente ho trovato le indicazioni sul Rapporto di Autovalutazione e i documenti trasmessi alle scuole, chiari e utili, anche se, per l’esperienza professionale in questo campo, sono perfettamente consapevole della complessità del percorso e dell’impegno richiesto ai vari “soggetti”

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coinvolti nei processi di autovalutazione e in quelli di sperimentazione di modelli predisposti per la certificazione delle competenze. Quindi ben venga il RAV quale stimolo e motore per una ricerca-indagine condotta dai soggetti interni alla scuola, ai fini del miglioramento della qualità dell’offerta formativa e del funzionamento della scuola stessa; ben venga anche un processo di sperimentazione ….da tempo assente nei due cicli di istruzione. Quindi autonomia e autovalutazione; autonomia e sperimentazione dei modelli di certificazione delle competenze costituiscono “binomi” inscindibili nella cultura valutativa di un istituto scolastico, ma non “binomi” astratti, bensì articolati e ricchi di aspetti sostanziali della vita scolastica. Ed ecco che proprio nella Guida per l’elaborazione del RAV sono indicate cinque “sezioni” che fanno riferimento al quotidiano svilupparsi della vita in ogni scuola dei due cicli di istruzione: a. contesto e risorse b. esiti c. processi d. il processo di autovalutazione e. le priorità In particolare la sezione “esiti” comprende: i risultati scolastici; i risultati delle prove

standardizzate; le competenze chiave di cittadinanza; i risultati a distanza. Questa “sezione” rappresenta l’anello di congiunzione tra i processi di valutazione degli apprendimenti scolastici e quelli di certificazione delle competenze. Questa sezione aiuta a “mettere a fuoco” i Punti di forza e i Punti di debolezza nelle azioni valutative sia dei risultati sia dei processi di insegnamento/apprendimento che dovrebbero accompagnare gli studenti a conseguire le competenze descritte dal Profilo dello Studente e dal Pecup, come chiaramente previste dalle Indicazioni nazionali al termine del primo e del secondo ciclo di istruzione. La valutazione a scuola, come si può dedurre anche dai testi normativi più recenti, rappresenta un momento importante dell’esperienza scolastica e necessita il coinvolgimento dei vari soggetti (dirigentidocenti-studenti-genitori) attraverso la costante partecipazione e la corresponsabilità educativa, nella distinzione di ruoli e funzioni. La scuola finalizza il curricolo alla promozione e al conseguimento delle competenze fondamentali per la crescita personale e per la partecipazione sociale (competenze di cittadinanza) e che oggi sono oggetto di certificazione. Spetta all’autonomia didattica delle comunità professionali delle singole scuole progettare percorsi per la promozione, la rilevazione e la valutazione delle competenze. Spetta al MIUR predisporre i modelli per la certificazione delle competenze al termine del periodo scolastico (5^ primaria, 3^ secondaria di primo grado, alla fine

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Politica scolastica dell’obbligo di istruzione, ecc) o in determinati momenti del percorso scolastico. Solo infatti a seguito di una regolare osservazione, documentazione e valutazione delle competenze è possibile la loro certificazione.

Valutazione e certificazione

Con la CM n. 3 del 13 febbraio 2015 il MIUR avvia la sperimentazione di due modelli di certificazione delle competenze, colmando un “vuoto” normativo e culturale a cui le scuole del primo ciclo di istruzione hanno posto rimedio negli anni avvalendosi della propria autonomia, come più volte suggerito dalle stesse direttive ministeriali. Ci sono voluti, tuttavia, quasi tre lustri perché il MIUR desse seguito a quanto indicato dall’art. 10 del DPR n. 275/99 (Regolamento dell’autonomia) che recita “con i decreti del Ministero della Pubblica Istruzione sono adottati i nuovi modelli per le certificazioni, le quali indicano le conoscenze, le competenze, le capacità acquisite e i crediti formativi riconosciuti, compresi quelli relativi alle discipline e alle attività realizzate nell’ambito dell’ampliamento dell’offerta formativa o liberamente scelte dagli alunni e debitamente certificate”. Le due versioni del modello proposto in chiave sperimentale dal Miur per la classe quinta primaria e per il termine del primo ciclo di istruzione, si strutturano in coerenza con le premesse pedagogiche contenute nelle Indicazioni nazionali per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo di istruzione (testo 2012) e fanno riferimento alle otto competenze chiave proposte dal Parlamento europeo e dal Consiglio (18.12.2006) per l’apprendimento permanente. Le competenze da certificare (al termine del primo ciclo) sono di carattere trasversale, non immediatamente identificabili con le competenze disciplinari che sono

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indicate nei traguardi di sviluppo riferiti a ciascuna delle discipline previste dall’ordinamento. Si tratta di un mix di competenze cognitive (dinamiche, generative), personali, metacognitive, che delimitano il perimetro di una cittadinanza europea “in costruzione” (GC. Cerini) I due termini, valutazione e certificazione, concettualmente differenti rispetto agli “specifici oggetti” di riferimento, in effetti nella prospettiva dichiarata dalle Indicazioni Nazionali sono tra loro complementari e interdipendenti in quanto rappresentano la situazione di equilibrio tra gli esiti da conseguire come vincolanti (la prescrittività dei traguardi per lo sviluppo delle competenze) e le scelte dei percorsi di formazione idonei e funzionali al contesto ambientale, scolastico e non solo, in cui vengono realizzati. Dunque l’atto del certificare è inserito all’interno del processo formativo ed è compito degli stessi docenti facilitare l’attivazione dei processi di apprendimento più utili ed efficaci ai fini del conseguimento delle competenze da certificare.

Caratteristiche del modello sperimentale e dati per il RAV

Il modello di certificazione delle competenze oggetto di sperimentazione (CM n°3/2015, nella duplice versione) si basa sul Profilo dello studente che descrive “in forma essenziale” le competenze riferite alle discipline di insegnamento e al pieno esercizio della cittadinanza che un ragazzo (o una ragazza) deve mostrare di possedere al termine del primo ciclo di istruzione. Il conseguimento delle competenze delineate nel profilo costituisce l’obiettivo generale del sistema educativo e formativo italiano”. Osservando attentamente il modello (nella duplice versione) si può constatare come sia strutturato in modo coerente con le premesse pedagogiche già ricordate e soprattutto come

l’articolazione in varie colonne metta in evidenza la stretta correlazione tra le 12 competenze del profilo dello studente con le otto competenze chiave previste dalla Raccomandazione del Parlamento europeo. Il riferimento tuttavia non è posto in una correlazione biunivoca nel senso che ad una stessa competenza europea possono corrispondere più competenze indicate nel profilo dello studente. Tant’è che nella terza colonna del modello si fa riferimento a tutte le discipline dell’ordinamento del primo ciclo e viene chiesto di indicare, se è il caso, il particolare riferimento ai contributi disciplinari ritenuti particolarmente significativi ed efficaci. Le Linee Guida forniscono esempi operativi di “strumenti” necessari per valutare attentamente e in modo fondato le competenze facendo riferimento ai compiti di realtà, alle osservazioni sistematiche, alle narrazioni valutative o autobiografiche in grado di permettere ai docenti di rilevare l’acquisizione di conoscenze, di abilità ed anche di quelle “disposizioni interne” (significati, valori, sentimenti, emozioni, intenzioni, perplessità, dubbi, intenzioni e decisioni …) che fanno parte del processo di apprendimento di ciascun allievo. I quattro livelli di certificazione (da quello iniziale a quello avanzato) in effetti non fanno che arricchire il profilo formativo di un allievo/a e permettono di conoscere quei tratti di personalità che spesso non sono così evidenti ed espliciti nella formulazione dei voti. La sperimentazione del modello permetterà di raccogliere elementi per la sua eventuale revisione, prima di renderlo obbligatorio nelle scuole italiane. Il Rav avrà la possibilità di accogliere dati importanti per la sezione “esiti” proprio dai processi di valutazione e dall’entrata a regime del modello di certificazione, validato dalla sperimentazione. *coordinatore didattico del Licei - Istituto Sociale di Torino

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Scuola e famiglia Rita Di Goro Presidente Associazione Genitori - A.Ge. Toscana

LIBRI DI TESTO, GIOIE E DOLORI

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a lingua batte dove il dente duole e così, ad ogni incontro per genitori, i tanti problemi della scuola emergono anche senza volere. Fra i tanti, uno dei più presenti è quello dei libri di testo: troppo cari, troppo pesanti, troppo insomma. Le mamme raccontano, si lamentano, ma in realtà non sanno cosa fare. Una signora riferisce che a scuola le hanno consigliato di procurarsi un libro di storia usato, oppure delle fotocopie, perché, per non sfondare il budget, il consiglio di classe ha deliberato di non inserirlo fra le adozioni. Così le famiglie, fra un borbottio e un lamento, hanno chinato la

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testa e hanno acquistato un libro in più. Il ruolo di un’Associazione di genitori è proprio questo: fare chiarezza su ruoli, diritti e doveri e aiutare le famiglie ad orientarsi nella giungla della normativa scolastica. La prima domanda che ci è venuta spontanea riguardava il rappresentante di classe: ma dov’era quando è stata presa una decisione del genere? “Ah, ma non ci fanno mica votare, ce lo dicono e basta” protestano le mamme convinte. Eh no, care signore, il Testo unico della scuola è chiaro, i libri di testo vengono adottati dal collegio dei docenti “sentiti i consigli di classe”, il

che vuol dire che sono parte in causa anche i rappresentanti dei genitori. C’è da dire che il Ministero per primo ha le idee poco chiare, perché anno dopo anno seguita ad evidenziare il ruolo dei docenti nella scelta dei libri di testo, raccomandando addirittura ai presidi di fornire loro un locale ove consultare le proposte editoriali, ma si guarda bene dal dire che questo è un preciso diritto anche per i rappresentanti dei genitori. L’altra obiezione è di semplice buon senso: il libro di storia non può essere facoltativo; un’obiezione che adesso poggia anche sulla normativa, in quanto il Decreto

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Scuola e famiglia USR Veneto - Laura Dona’, Patrizia Neerman, Ernesto Passante,

Il consiglio orientativo. Dalla ricerca alle linee guida Tecnodid, Napoli, 2014

La pubblicazione esamina un tema meritevole di approfondita attenzione e riflessione: il consiglio orientativo nell’istruzione secondaria di primo grado e le sue implicazioni nel percorso formativo degli studenti. Gli autori sono i protagonisti di un’apposita ricerca, promossa dall’Ufficio Scolastico Provinciale di Verona, che si è posta l’obiettivo di esaminare le pratiche esistenti e di elaborare Linee Guida finalizzate a sollecitare il miglioramento di qualità e di efficacia del consiglio orientativo. La pubblicazione offre dati e considerazioni critiche interessanti ed utili per comprendere le convinzioni e le abitudini diffuse in materia di orientamento, stimolando nel contempo una riflessione sull’urgenza di ripensare i modelli didattici ed organizzativi nelle istituzioni scolastiche del primo e del secondo ciclo. In modo particolare, la progettazione dell’offerta formativa per competenze rappresenta un presupposto indispensabile per accostarsi al tema dell’orientamento nel rispetto della centralità dello studente.

legge n. 104 del 12.9.2013 lo dice espressamente: “I testi consigliati possono essere indicati dal collegio dei docenti solo se hanno carattere di approfondimento o monografico”. E invece, ci sono addirittura insegnanti che ogni anno pretendono uno o più libri aggiuntivi, spiegando che quelli in adozione non sono sufficienti. Ecco, questo è un vero e proprio abuso, perché ogni classe ha la facoltà di scegliere i testi che ritiene opportuni - all’interno di un budget fissato per legge - e non è certo pensabile che si possano far spendere dei soldi inutili ai genitori solo perché non si è stati capaci di valutare gli strumenti necessari per la propria didattica. Il problema è acuito dal fatto che i libri costano troppo ed è praticamente inevitabile sfondare il budget. Non giova neppure scegliere i testi in formato digitale perché, salvo alcune lodevoli eccezioni, costano appena qualche euro in meno del corrispondente

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cartaceo. Così il Ministero dà una mano, forza la circolare sull’adozione dei libri di testo, la n. 3690 del 29 aprile 2015, là dove si parla della riduzione prevista in caso di totalità di libri in formato misto (-10%) o interamente digitale (-30%). Nella circolare si dice infatti che la riduzione ha luogo “solo se tutti i testi sono stati adottati per la prima volta per l’anno scolastico 2014/2015”, mentre il D.M. 781/2013 parlava solo di una dotazione libraria composta di libri in formato misto o digitale. Sempre la C.M. 3690/2015, dopo aver giustamente sottolineato che “i libri di testo sono strumenti per la riflessione, l’approfondimento dei contenuti conoscitivi proposti e lo studio individuale da parte degli studenti fin dai primi giorni di lezione” evidenzia la necessità di rispettare i termini (seconda decade di maggio per le delibere del Collegio docenti, 15 giugno per la comunicazione all’Associazione italiana editori

AIE) poiché, “visto che molti studenti acquistano i libri di testo prima dell’avvio delle lezioni”, “non è consentito modificare, ad anno scolastico iniziato, le scelte adozionali deliberate nel mese di maggio”. Perché, viene spontaneo chiedersi, c’è forse qualche scuola che cambia i libri a lezioni iniziate? Insomma, il problema dei libri di testo è uno dei più spinosi, anche perché nella scuola secondaria si impongono grossi sacrifici alle famiglie e non è lecito sbagliare. Sarebbe opportuno che venissero attivati più controlli, soprattutto se è vero che la maggioranza delle classi non rispetta il bugdet assegnato. Poi occorrerebbe fare pressioni affinché ci si preoccupi a monte di fissare prezzi compatibili con il budget in un ipotetico paniere medio composto da tutti i libri necessari. Non dobbiamo dimenticare che le case editrici hanno beneficiato enormemente dell’informatizzazione delle adozioni, in quanto prima stampavano e distribuivano un tot di libri per ciascuna zona, con sprechi di un certo rilievo; adesso invece sanno con largo anticipo quanti libri stampare e dove inviarli per la distribuzione. C’è infine un ultima problematica che affligge le famiglie, quella del peso: è possibile, si chiedono le mamme, che ogni giorno i nostri figli debbano portare a scuola tutti i libri, magari con l’aggiunta di quadernoni o altro materiale didattico? Non potrebbero forse i docenti programmare per tempo le lezioni e comunicare ai ragazzi cosa debbono portare a scuola? Certo che sì, ma vai a spiegarlo agli insegnanti.

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Obiettivo docente Una proposta-progetto per la riqualificazione dell’insegnamento scientifico

IL LIBRO CHE NON C’E’ S

embra paradossale che, in un momento in cui l’editoria strabocca di pubblicazioni che non sempre incontrano un numero adeguato di lettori, si debba parlare di un “libro che non c’è”. Eppure, se si pensa all’avanzamento delle conoscenze scientifiche e alle nuove frontiere del sapere, anche del tutto asimmetriche rispetto ai programmi scolastici e alla loro rigida strutturazione disciplinaristica, ci si rende subito conto che questo è un dato di fatto. Perché bisogna convenire che non soltanto un libro del genere non c’è, perché non esiste, ma anche che esso non potrà

di Mariella Di Lallo* esserci neanche in una scuola radicalmente rinnovata nella sua propensione a incontrare sul serio le dinamiche e i processi culturali e metodologici della scienza contemporanea, che ha fatto della complessità il suo fondamento epistemologico profondo. Si tratta di un’assunzione tanto evidente quanto assolutamente sottaciuta, tenuta in silenzio, come se dei veri problemi e dei veri nodi della formazione scientifica del nuovo cittadino non si debba parlare. Il fatto è che manca una presa di

coscienza di carattere pubblico sulla rilevanza del problema, anche perché essa dovrebbe scaturire da un dibattito approfondito da parte di diversi soggetti (scuola, accademia, mondo della ricerca e della divulgazione scientifica) che spesso hanno poca propensione al dialogo e all’incontro, un po’ per tradizione, un po’ per cultura. Né si può pretendere di trovare nella scuola insegnanti tanto bravi e motivati che siano in grado di aggiornarsi sui contenuti della ricerca di frontiera e sui nuovi linguaggi e scenari che continuamente si aprono, creando nuove intersezioni tra i settori

Aula 40: la scuola incontra la ricerca in radio di Giorgia Bassi, Beatrice Lami, Anna Vaccarelli, Gian Mario Scanu*

I

media sono parte integrantedella vita dei ragazzi, come emerge anche dal dodicesimo Rapporto Censis-Ucsi. Internet naturalmente è al primo posto,seguito da TV e radio, invenzioni quest’ultime non proprio recenti ma che “reggono” ancora bene, in tutte le fasce della popolazione. La radio, in particolare, è ancora molto seguita, coprendo l’83,9% del pubblico italiano.

PUNTATA 8 – 29 MAGGIO 2014 Classi 3a e 4a IPSIA “Fascetti”

PUNTATA 16 – 18 DICEMBRE 2014 4a Liceo Scientifico “Santa Caterina” - Pisa

PUNTATA 14 – 20 NOVEMBRE 2014 2a Liceo Scientifico “Santa Caterina” - pisa

PUNTATA 18 – 29 GENNAIO 2015 Classi 1a, 2a e 4a Liceo Scientifico “Santa Cateirina-Pisa

PUNTATA 15 – 4 DICEMBRE 2014 3a media Istituto “Santa Caterina” - Pisa

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Anche l’Area della Ricerca del Cnr di Pisa si è avvicinata a questo media, creando nel 2014 Aula 40, una rubrica radiofonicatrasmessa in collaborazione con PuntoRadio.fm,in radiovisione dall’omonima aula del Cnr, con l’obiettivo di aprire le finestre della ricerca a un pubblico generalista, utilizzando un tono divulgativo.Ma torniamo ai giovani. Aula 40 li ha ospitati in sette puntate invitandoIstituti tecnici e licei, dando loro la possibilità di intervenire con domande, riflessioni, testimonianze, seduti allo stesso tavolo dei ricercatori. L’esperienza, secondo noi, ha avuto

PUNTATA 21 – 12 MARZO 2015 3a Liceo Scientifico “Santa Caterina” - Pisa

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Obiettivo docente della scienza e della cultura umanistica. Si dovrebbe avere accesso e consuetudine alla lettura e al confronto sulle tematiche che vengono dibattute sulle riviste più prestigiose di caratura internazionale, che sono essenzialmente in lingua inglese. Qualora anche dovesse esserci una “mosca bianca” di questo tipo sarebbe comunque una assoluta rarità, tale che non varrebbe nemmeno la pena parlarne in un contesto in cui si intende affrontare il problema della formazione scientifica dei nostri giovani in modo sistematico. Del resto, anche se vi fosse, la “mosca bianca” non avrebbe esaurito il suo compito in una intelligente e costante attività di aggiornamento personale (mancando del tutto in Italia un attore in grado di svolgere tale compito a livello istituzionale), perché dovrebbe comunque confrontarsi con le difficoltà improbe di un’educazione

formale in cui il sapere si presenta come un dato già acquisito e la programmazione didattica deve fare i conti con una collegialità spesso eterogenea per cultura, disponibilità e motivazione. Ecco allora che, una volta riconosciuto che la formazione scientifica, non soltanto italiana, è orfana del “libro che non c’è”, se non ci si accontenta di restare sul piano intellettuale della sterile denuncia, si deve partire da tale consapevolezza per fare del “libro che non c’è” una proposta e un progetto. Per delinearne i contenuti e la forma bisognerebbe innanzitutto idearne l’indice. Innanzitutto ci sarà l’introduzione che esporrà con chiarezza ed esempi concreti la rilevanza e l’urgenza del problema anche dal punto di vista socio-economico e politico. Da tale analisi si desumono automaticamente gli obiettivi e le domande che dovranno trovare

una doppia valenza didattica: mettere in contatto i ragazzi con una realtà di eccellenza come quella del Cnr e allo stesso tempo farli entrare dentroi meccanismi di uno dei mass mediada loro molto apprezzato, facendogliperò capire chela radio non è solo musica ma anche spazio di dibattito e confronto costruttivo.In tutte le puntate, gli studenti hanno preso parte con entusiasmo alla discussione (tra le tematiche affrontate: tutela ambiente, corretta alimentazione, dipendenze, gestione rifiuti, utilizzo consapevole della tecnologia), arrivando in trasmissione sempre preparati sull’argomento,sicuri quindi nell’approccio e confronto con i massimi esperti del settore. In alcuni casi hanno chiesto,in diretta, di ripetere l’esperienza, esprimendo l’esigenza di approfondire ulteriormente determinati tematiche. Aula 40 è stataper gli studentiun’occasioneimportante per

un terreno di confronto nei capitoli del “libro che non c’è”. Non si può non partire dall’indicazione degli attori da coinvolgere: si tratta di mettere insieme diversi soggetti in un lavoro di squadra, capace di fare incontrare le risorse migliori del sistema pubblico e privato, i protagonisti della ricerca e dell’innovazione, della divulgazione scientifica e della riflessione umanistica, del mondo accademico e della scuola. Tali attori devono contribuire, ciascuno con le proprie esperienze e competenze, senza inutili e fuorvianti gerarchie, a declinare i successivi capitoli del libro. Innanzitutto una parte rilevante sarà occupata dalle cosiddette “intersezioni” (il “che cosa” dell’aggiornamento): nel descrivere l’evoluzione dei saperi legati alla scienza, i suoi attori avranno modo di presentare contesti concreti in cui i contenuti vanno chiaramente oltre le

imparare fuori dalla scuola, entrando da protagonisti in un dibattito scientifico e costruttivo legato a temi d’attualità ea possibili scenari futuri, perché, al di là dell’apparenza, fatta di improbabili pettinature anni ‘80 e smartphone di ultima generazione sempre in mano, è questo che vogliono i ragazzi: sentirsi parte attiva del presente che per loro parla già il linguaggio del futuro.

PUNTATA 22 - 26 MARZO 2015 classe 4a H del Liceo delle Scienze Umane «Giovanni da San Giovanni», San Giovanni Valdarno (AR), PUNTATA 23 – 9 APRILE 2015 classe 4a dell’indirizzo di biotecnologie ambientali dell’Istituto Tecnico Industriale «Leonardo Da Vinci», Pisa,

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Obiettivo docente

barriere scolastiche del disciplinarismo, aprendo orizzonti di ricerca contrassegnati da nuovi e autonomi linguaggi. E’ il settore dei contenuti scientifici, delle metodologie, delle nuove frontiere, delle applicazioni, delle connessioni sociali, economiche, etiche e politiche sottese agli scenari futuri. Un secondo capitolo dovrebbe riguardare il tema più spinoso: l’individuazione di un nuovo soggetto istituzionale in grado di trasferire in maniera sistematica e diffusa i contenuti della ricerca scientifica ai docenti della scuola italiana (il “chi” dell’aggiornamento). La difficoltà deriva dal fatto che in Italia manca un soggetto che per statuto abbia una funzione di questo tipo e le competenze necessarie per mettere in atto un compito di tale portata. Si potrebbe pensare a una struttura museale di tipo moderno, in cui, anche attraverso la collaborazione di gruppi internazionali, si sappia unire l’attività convegnistica con quella divulgativa, organizzando almeno un focus annuale di approfondimento su un tema scientifico di particolare rilievo

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anche ai fini dell’aggiornamento degli insegnanti. Un centro del genere, che potrebbe favorire l’attivazione di percorsi sperimentali di ricerca-azione seguiti e supportati dal centro stesso, oggi chiaramente non esiste, ma potrebbe rappresentare un obiettivo essenziale del progetto “il libro che non c’è”. Il terzo capitolo di questo libro-lavoro da “scrivere” e costruire riguarda l’aspetto più propriamente pedagogico (il “come” dell’aggiornamento) e coinvolge più direttamente il mondo della scuola, con la raccolta delle buone pratiche che si sappiano confrontare con i contenuti del primo capitolo. Qui la scuola gioca pienamente il suo compito, senza sudditanze e/o complessi di inferiorità, e mette in gioco la professionalità dei docenti, che sono gli attori principali di ogni vera riforma didattica. Il raccordo tra l’aggiornamento delle metodologie di ricerca e dei saperi con la realtà concreta del fare scuola costituisce chiaramente l’obiettivo centrale dell’intero progetto che dovrà fare i conti anche con la capacità degli insegnanti di lavorare

in contesti diversi, rispettandone le specificità di indirizzo (liceale, tecnico, professionale, ecc.) e di contesto (sociale, economico, politico). Il quarto ed ultimo capitolo dovrebbe occuparsi della ideazione, della messa in rete e costruzione di appositi strumenti didattici, anche con l’ausilio delle nuove tecnologie multimediali, in grado di facilitare il compito, difficilissimo, di far scrivere nella scuola, in modo sempre nuovo e creativo, quel “libro che non c’è”, che non è fatto questa volta di saperi e contenuti dati, ma di processi e approcci didattici aperti, interattivi e dinamici, in grado di esprimere la bellezza e la problematicità della ricerca scientifica nell’epoca della complessità. Un modo per procedere in tal senso potrebbe essere l’organizzazione di un convegno che metta concretamente insieme gli attori qui individuati con la regia di Tuttoscuola stessa che ha già dedicato molti dei suoi numeri alla trattazione di queste tematiche. *Docente di Chimica presso l’ITET “E. Fermi” di Lanciano (CH), PhD in Studi Umanistici

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Obiettivo docente

Livelli e ambiti di progettazione dell’integrazione delle tecnologie mobili nelle situazioni e nei percorsi scolastici e formativi

Prima di tutto, i docenti

L’

esplor a zione sistemat ica condotta nel corso di una indagine sviluppata nell’ambito del Cnos-fap ha portato a individuare come elemento centrale della problematica derivante dall’impatto delle tecnologie digitali mobili nei processi educativi scolastici e formativi l’azione progettuale di dirigenti e docenti. Come principio di riferimento è stato individuato quello di promuovere più che una radicale trasformazione della realtà educativa a causa della loro presenza, quello di sviluppare una valida e feconda integrazione di tali strumenti nel progetto formativo proprio dell’istituzione ai suoi vari livelli di attuazione. Nel seguito si cerca di esplicitare tale principio applicandolo ai differenti ambiti progettuali. 1) Integrare il quadro delle finalità educative e formativo con

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di Michele Pellerey* l’esigenza di sviluppo delle competenze digitali. In una istituzione educativa scolastica o formativa il primo ambito progettuale, quello che dovrebbe costituire la sua identità e il riferimento fondamentale per una sua valutazione interna ed esterna, è il suo progetto educativo istituzionale (PEI), o piano dell’offerta formativa (POF). Esso comprende le finalità generali che la comunità educativa si propone di conseguire attraverso il suo impegno educativo ai vari livelli. Tenendo conto del quadro europeo delle competenze chiave per l’apprendimento permanente, ma più ancora della domanda formativa che emerge nel contesto sociale, culturale e professionale attuale, occorre che sia ben

esplicitato il ruolo che, all’interno degli altri ambiti di finalità educative, deve assumere quello di uno sviluppo valido e funzionale della competenza digitale. Non si tratta tanto di descrivere il rilievo che verrà dato alla presenza delle tecnologie digitali nel contesto formativo, quanto il senso che si intende attribuire a una loro valorizzazione. In particolare, va sottolineata l’importanza di aiutare i giovani a passare da un loro uso informale per comunicare, giocare, esplorare, a una loro utilizzazione finalizzata e sistematica in un contesto di studio o di lavoro. A questo fine ne va sollecitata la capacità di un utilizzo autonomo e responsabile, tenendo conto delle tre fondamentali dimensioni di tale competenza: quella tecnica, quella cognitiva e, soprattutto, quella etica. Dovrebbe essere

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Obiettivo docente chiarita anche l’importanza dello sviluppo di tali competenze digitali e dell’arricchimento nel loro contesto di esperienze produttive, non solo consumistiche, ai fini di una incisiva promozione dell’orientamento professionale e dell’occupabilità a favore dei singoli studenti. 2) Integrare la comunità educativa reale considerata nelle sue varie articolazioni con lo sviluppo di una comunità virtuale secondo le stesse articolazioni. Il secondo ambito progettuale concerne la natura e dinamica stessa della comunità educativa o formativa. Questa è costituita dalle sue varie componenti: dirigenza e servizi generali (anche amministrativi), docenti, studenti, famiglie, territorio nel quale si è inseriti. Il sistema di relazioni che si intende e si riesce ad attivare, la qualità di tali rapporti interpersonali e istituzionali che lo caratterizzano, la partecipazione responsabile delle sue varie componenti nella progettazione, realizzazione e valutazione dell’attività educativa o formativa, il clima che si può cogliere a livello generale, come nelle singole attività e nel contesto dell’attività didattica, la tempestiva e valida comunicazione tra le varie componenti della comunità, costituiscono certamente la piattaforma fondamentale di ogni impresa educativa. Le ricerche e le esperienze esaminate inducono a ritenere fondata la prospettiva che lo sviluppo di un sistema di comunicazione virtuale accanto a quello reale possa potenziare sia nella qualità, sia nella continuità, sia nell’incisività, la realtà viva della comunità. Un buon sistema di comunicazione, basato sulle tecnologie digitali mobili, tra direzione, collegi docenti, consigli di classe, singoli docenti, studenti e loro famiglie può rendere ancora più efficaci gli incontri a livello personale,

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come a livello comunitario. Non solo, ma ne permette una buona preparazione e un loro prolungamento nel tempo e nello spazio. 3) Integrare in maniera valida e funzionale gli ambienti e le attività educativi e formativi con la presenza delle tecnologie digitali, in particolare mobili. Il terzo ambito progettuale riguarda gli ambienti di apprendimento e l’organizzazione generale dell’attività formativa. Qui emer-

ge subito una indicazione precisa: favorire una prospettiva di natura ibrida, una prospettiva che tende a integrare forme tradizionali di comunicazione e di insegnamento con forme legate alla presenza di tecnologie digitali mobili. Sembra ragionevole non tendere a una uniformizzazione delle risorse, dei contesti e degli ambienti, bensì cercare di renderli il più possibile f lessibili e adattabili alle modalità didattiche ed esigenze dei singoli docenti e delle differenti discipline di insegnamento, rimanendo aperti alla prospettiva di ulteriori trasformazioni future delle tecnologie. Se si sceglie di accostare in maniera intelligente quella che viene chiamata la cultura del libro alla

cultura dello schermo, occorre dare spazi anche fisici adatti alla possibilità di una proficua integrazione tra ciò che può favorire un pensiero veloce, intuitivo e manipolatorio e ciò che sollecita pensieri lenti, rif lessivi, critici. Ciò viene reso possibile dall’esperienza e dal confronto stesso tra la molteplicità dei sistemi di comunicazione, anche per favorire una più perspicua attenzione a ciò che essi propongono. L’idea fondamentale è che ambienti, risorse, strumenti devono esser messi a disposizione per favorire il raggiungimento delle finalità educative e degli obiettivi didattici senza pregiudicare metodi e scelte che il singolo docente e un gruppo di docente deve fare. Inoltre, occorre considerare con non tutti i docenti sono in grado, o per precedente formazione o per sensibilità personale, di valorizzare in maniera proficua e valida nel loro impegno didattico tali tecnologie. Occorre considerare anche dal punto di vista organizzativo qualcosa che va da un loro uso continuo, intenso ed efficace a una loro utilizzazione più sporadica e mirata verso obiettivi specifici. A questo fine viene suggerito anche di favorire l’organizzazione di aule dedicate a singoli docenti, o almeno a singole discipline, permettendo quindi agli insegnanti di organizzare il loro ambiente di lavoro, anche perché essi rimangono, insieme al consiglio di classe, i primi e fondamentali responsabili dell’apprendimento dei loro studenti. 4) Integrare i percorsi educativi e formativi con attività ed esperienze legate alla valorizzazione delle tecnologie digitali mobili, anche in vista dello sviluppo della capacità di autoregolazione del proprio apprendimento in contesti da esse arricchiti. Il quarto ambito progettuale riguarda i percorsi didattici da

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Obiettivo docente

La festa dell’Europa di Pietro Panzarino

L

a festa dell’Europa 2015, che si è celebrata il 9 maggio nei 28 Paesi dell’Unione, ha coinvolto gli istituti superiori di Conegliano, Pieve di Soligo, Valdobbiadene e Vittorio Veneto, su invito dell’Intesa Programmatica d’Area (IPA) “Terre Alte della Marca Trevigiana”, che riunisce 30 comuni e i 25 soci privati della Provincia di Treviso. Gli studenti sono stati protagonisti, da soli o in gruppo, al concorso “I giovani e l’Europa: crescere insieme”. Erano percorribili quattro piste: il saggio breve, i messaggi brevi, le immagini e i filmati, utilizzando una pagina di facebook, appositamente creata. Queste le risorse messe a disposizione: € 250 a ciascun vincitore, l’abbonamento gratuito per l’anno prossimo a Tuttoscuola e a Il Quindicinale per gli Istituti e un bonus di € 100 per i docenti che hanno coinvolto i propri studenti a partecipare all’iniziativa. Questo l’esito del concorso: a) la IV B dell’ISISS “Verdi” di Valdobbiadene, con il docente referente Mario Pernechele, ha presentato diversi contributi di nove studenti, tutti in sintonia con questa idea: “l’Europa è l’avventura in cui persone uguali e diverse esplorano rotte innovative per un futuro migliore”. b) Anna Sonego, con la prof.ssa Paola Granzotto del Liceo “Flaminio” di Vittorio Veneto, si è aggiudicata il premio del saggio breve, di cui si stralcia il passaggio conclusivo: “Noi siamo popolazioni coraggiose, in un solo secolo ci siamo risollevati da due conflitti mondiali, da una guerra fredda e da altro ancora. Siamo inciampati, siamo caduti di faccia, ma non ci siamo arresi. Perché cominciare ora? Quando si dice: “l’unione fa la forza” io penso all’Europa vera, alla bella Europa, quella vitale e unita. Anche noi possiamo cambiare le sorti del mondo e tra qualche decennio potremo dire: “l’unione fa la forza, l’Unione Europea è la forza”. c) il premio per l’immagine è stato assegnato ad Antonio Luigi Stefani, dell’ISISS “Marco Casagrande” di Pieve di Soligo, supportato dalla

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professoressa Maria Elisa Lazzari. Questa la descrizione dell’immagine ‘dammi la mano, ti aiutiamo noi!’: “Mamma Europa, culla di civiltà, investe nel futuro accogliendo la straordinaria domanda di libertà e giustizia”. d) il premio per il filmato è stato consegnato alla I A del liceo linguistico “Da Collo” di Conegliano, referente il docente Leonardo Tortorelli. Molto apprezzato dai partecipanti per l’originalità con cui la storia è stata rappresentata, utilizzando l’immagine di una classe, dei banchi e della cattedra. Il convegno si è aperto con l’inno europeo e nazionale, con i saluti delle autorità, tra le quali l’europarlamentare Davide Borrelli, l’assessore provinciale Gian Luigi Contarin, il sindaco di Conegliano Floriano Zambon e del presidente dell’IPA Stefano Soldan. Sono state presentate le relazioni di Federica Bardini (“I nuovi traguardi dell’Europa”), del Direttore del Dipartimento Politiche e Cooperazione Internazionali della Regione Veneto, Diego Vecchiato (“i finanziamenti europei riservati ai giovani”) e di Dario Roveda (“la Rete Eurodesk e le opportunità per la mobilità educativa in Europa”). Nel corso del convegno la coincidenza della festa dell’Europa con il “Giorno della memoria”, dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice, in coincidenza con l’omicidio di Aldo Moro, ha permesso al moderatore Pietro Panzarino di tracciare un breve profilo dello statista nella veste di grande europeista: “nel dicembre 1975 a Roma, a Palazzo Barberini durante il Consiglio Europeo, presieduto da Moro, venne presa la decisione di tenere le prime elezioni europee a suffragio universale, a suggello del suo DNA politico, che si manifestava in tutta la sua originalità con il sogno europeo”. Durante il convegno si è svolta in teleconferenza un’intervista con il Sottosegretario di Stato, Pier Paolo Baretta sul tema: “2015 Anno europeo dello sviluppo in Italia”. Esprimendo la propria gratitudine alle scuole, ai docenti e agli studenti, il presidente Stefano Soldan ha confermato che “l’iniziativa, da intendersi come Anno Zero, ha vinto la sfida della vigilia, pertanto continueremo anche per l’anno prossimo”.

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Obiettivo docente Tab.1 Quadro sinottico tratto dal citato volume di D. Laurillard. Apprendimento attraverso

Tecnologie tradizionali

Acquisizione

Lettura di libri, dispense; ascolto delle Fruizione di prodotti multimediali, di siti web, fonti esposizioni e spiegazioni del docente, e documenti digitali. Ascolto di podcast; visione di osservazione di dimostrazioni pratiche. video e animazioni.

Ricerca

Uso di guide stampate per lo studio e la ricerca. Esame delle idee e informazioni tramite risorse stampate e altri materiali. Uso di strumenti e materiali tradizionali per raccogliere, confrontare testi. esaminare e valutare fonti.

Pratica

Esercizi applicativi, realizzazione di progetti Uso on line di modelli digitali, di simulazioni, di operativi, laboratori, attività di role-play faccia micromondi, di laboratori virtuali, di attività di rolea faccia. play.

Produzione

Produzione e memorizzazione sotto forma digitale Produzione di artefatti sotto forma di testi, saggi, di documenti, progetti grafici, modelli, artefatti, rapporti, relazioni di attività svolte, progetti, animazioni, slides, performance, foto, video, blogs performance, animazioni, modelli, video. e portfolio.

Discussione

Tutoriali on line, forme sincrone e asincrone Tutoriali, seminari, discussioni tramite email, di seminari, di gruppi di discussione, forum, gruppi di discussione, discussioni in classe. conferenze via web.

Collaborazione

Attraverso il web realizzazione di progetti; forum Progetti di piccoli gruppi, analisi e valutazione on line, wiki, chat, per esaminare produzione altrui di risultati altrui, costruire insieme un prodotto e costruire propri prodotti.

attivare e gli obiettivi che attraverso di essi si vogliono conseguire. In questa prospettiva va coinvolto il consiglio di classe anche per distribuirsi compiti e responsabilità. Occorre garantire che per ogni studente nell’esperienza di classe e di istituto ci siano adeguati momenti di apprendimento finalizzato e sistematico, attuati con una valorizzazione intelligente e funzionale delle tecnologie mobili. Non solo, ma che nel corso della sua vita scolastica o formativa egli possa sperimentare spazi progressivi, tenendo conto dell’età e del livello scolare, di lavoro autonomo e collaborativo, che mettano in gioco lo sviluppo della capacità di autoregolazione del proprio apprendimento nel contesto proprio dell’utilizzazione delle tecnologie digitali mobili. Come le indagini sociologiche hanno messo in evidenza il cittadino contemporaneo nella sua attività sia di relazione, sia professionale valorizza una

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Tecnologie digitali

Uso di guide e suggerimenti disponibili on line; esame delle idee e delle informazioni tramite risorse digitali. Uso di strumenti digitali per raccogliere, confrontare testi, esaminare e valutare fonti.

molteplicità di canali informativi e comunicativi sia nello studio, sia nel lavoro, sia nella vita quotidiana. Promuovere la capacità di gestire se stessi in un contesto culturale e comunicativo nel quale all’interazione diretta e alla relazione interpersonale si associa l’interazione mediata e la fruizione di una molteplicità

di fonti informative e conoscitive, costituisce una delle priorità educative dei nostri tempi. Così i percorsi formativi proposti devono favorire l’esperienza guidata e la progressiva competenza nel valorizzare le varie possibilità di comunicazione sia faccia a faccia, sia tramite dispositivi digitali, in maniera valida e produttiva.

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Obiettivo docente

Smart Education & Technology Days: scenario di sviluppo innovativo di Luigi Cerri

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dispetto della crisi sistemica che sembra caratterizzare endemicamente il sistema educativo nazionale oltre che delle accese polemiche degli ultimi mesi intorno ai provvedimenti del Governo, la scuola italiana rappresenta una delle risorse strategiche più vitali e dinamiche del paese. Forte di questa convinzione, la Fondazione Idis-Città della Scienza ha in questi mesi condotto un intenso Road Show per presentare la XIII edizione di “Smart Education & Technology Days/3 giorni per la scuola”, il principale evento nazionale di incontro e riflessione sulla nuova dimensione digitale del mondo della scuola e dell’educazione scientifica. La manifestazione si svolgerà dal 28 al 30 ottobre prossimo negli spazi della Città della Scienza di Napoli e, come di consueto, sarà caratterizzata da un’originale impostazione che vedrà convivere incontri, workshop, laboratori con i docenti in veste di protagonisti di tutti gli eventi programmati. Nel corso degli incontri svolti presso sedi prestigiose in dieci diverse città italiane, i rappresentanti di Città della Scienza – affiancati da quelli di istituzioni locali e nazionali e in primis dagli Uffici Scolastici Regionali – hanno avuto modo di incontrare complessivamente oltre cinquecento docenti di scuole di ogni ordine e grado per presentare le opportunità che la Smart Education & Technology Days offre loro. Firenze, Bari, Lamezia Terme, Roma, Torino, Trento, Milano, Genova, Potenza e Bologna, queste le tappe del roadshow, in cui si è molto discusso delle prospettive della didattica laboratoriale alla luce delle trasformazioni indotte dalle tecnologie digitali e delle opportunità

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didattiche fornite dalle tecnologie di fabbricazione digitale, sempre più diffuse nei fablab e tra i makers. Ma quali sono le opportunità che permetteranno ai docenti di valorizzare le proprie esperienze e competenze professionali dal 28 al 30 ottobre a Città della Scienza? In primo luogo la consueta call “La Parola alle Scuole”, consentirà ai docenti di presentare le loro più significative esperienze didattiche nel corso delle sessioni tematiche della convention di ottobre, presentazioni alle quali potranno unirsi anche rappresentanze di studenti. Ma anche quella del “PicNic della Scienza”, rivolta alle intere classi, che vengono invitate a presentare le proprie attività sperimentali, nella giornata del 30 ottobre, in una vera e propria scampagnata scientifica. Inoltre, in occasione dell’edizione 2015 degli Smart Days, sono stati banditi diversi concorsi tematici per dare modo ai docenti e agli studenti di esprimere spirito d’iniziativa e creatività. Il primo bando è focalizzato sul ruolo della prevenzione sanitaria e prevede da parte dei concorrenti la progettazione e la realizzazione di un exhibit interattivo o di un prodotto multimediale sulle tematiche in oggetto (con particolare riferimento alla prevenzione di malattie e comportamenti riguardanti i giovani: alcool, uso di sostanze, alimentazione e obesità, MST, ecc.). Il prodotto vincitore sarà realizzato ed esposto nel nuovo Museo del Corpo Umano, Corporea, che verrà inaugurato a Città della Scienza nei primi mesi del 2016. Il secondo bando è finalizzato a promuovere il “pensiero computazionale” in ambito educativo, invitando i docenti a ideare, progettare e realizzare un kit o un prodotto multimediale funzionale allo svolgimento di attività volte all’apprendimento delle basi della programmazione. Sempre nell’ambito degli Smart Education and Technology Days si svolgerà la premiazione ufficiale del concorso Zonascienze 2015, frutto di una collaborazione fra la De Agostini Scuola e Città della Scienza, e finalizzato alla realizzazione di prodotti didattico-educativi di argomento scientifico. Le scuole interessate possono collegarsi a questo link: http://deascuola.it/ zonascienze/concorso/. Per una visione approfondita delle proposte di Smart Education and Technology Days 2015, vi invitiamo a consultare la pagina web dell’evento: http://www.cittadellascienza.it/3giorniperlascuola/2015/.

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Obiettivo docente 5) Integrare nella progettazione didattica, nella realizzazione delle lezioni e nella valutazione degli apprendimenti disciplinari l’utilizzo delle tecnologie digitali mobili. Il quinto ambito progettuale riguarda i metodi stessi di insegnamento che il singolo docente intende valorizzare nella sua attività didattica. In tale attività egli deve tenere conto: delle f inalità educative o formative

dell’istituzione a cui appartiene; degli obiettivi generali e specifici che la normativa vigente indica per i vari canali istruttivi e formativi; delle caratteristiche peculiari degli studenti convolti e del loro effettivo stato di preparazione in vista del raggiungimento di tali obiettivi; delle risorse disponibili in termini di spazi, tempi, strumenti comunicativi effettivamente disponibili; delle competenze metodologiche, che egli è

in grado di attivare nel suo lavoro e dei risultati che tramite esse riesce a conseguire, in base alla sua esperienza e ai riscontri che via via può raccogliere. Le metodologie disponibili vanno da un insegnamento diretto ed esplicito a un insegnamento indiretto e basato su ricerca, coproduzione e condivisione. Ciascuna di queste metodologie può valorizzare str umenti e materiali di diverse natura: da libri e

LA QUALITà DELLE UNIVERSITà di Fabio Matarazzo Da tempo, come è ormai ben noto, i processi, gli obiettivi e i risultati della valutazione, di tutto il settore pubblico, ma in particolare della Scuola e delle Università, sono sempre più pervasivi e condizionano in misura ragguardevole le immagini delle istituzioni e le c.d. politiche premiali con finanziamenti ancorati a giudizi resi all’esito di un articolato esame di criteri e parametri che dovrebbero dare senso e misura della qualità degli Atenei, nel loro complesso, o delle loro variegate e articolate strutture interne. Anche quest’anno la ripartizione del finanziamento, che si preannuncia tempestivo, da licenziare prima dell’estate, evenienza rara e salutata con soddisfazione da tutti, conferma un indirizzo che sempre più tende a consolidarsi e ad assumere prevalente incisività. Lo schema di decreto, diramato recentemente dal Ministro e inviato per i pareri previsti alla Conferenza dei Rettori; al Consiglio Universitario Nazionale; al Consiglio Nazionale Studenti Universitari e All’Agenzia Nazionale di Valutazione ne è ulteriore conferma. Circa il 20% delle risorse disponibili, che ammontano a circa 7 miliardi, sono assegnate “a fini premiali” con i criteri e le modalità specificate nell’art. 3: 65% in base ai risultati conseguiti nella valutazione della qualità della ricerca (VQR 2004-2010); 20% in base alla valutazione delle politiche di reclutamento; 3% in base ai risultati della didattica con specifico riferimento alla componente internazionale; 12% in base ai risultati della didattica con specifico riferimento al numero di studenti regolari che hanno acquisito almeno 20 crediti formativi (CFU). Il decreto prevede poi, ed elenca minuziosamente, una

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serie di altre misure e interventi finalizzati che collidono fortemente con qualsiasi criterio di autonomia delle università, naturale caposaldo della loro natura, declamato efficacemente nella nostra Costituzione e continuamente ripreso in tutte le leggi che, negli anni, sono intervenute sulla materia universitaria. Al di là dei criteri, discussi e discutibili, sui quali già la Conferenza dei Rettori ed il Consiglio Universitari Nazionale hanno manifestato la loro opinione, - ribadendo tra l’altro l’assoluta necessità che la quota competitiva sia di natura aggiuntiva rispetto alla quota base - e sui quali attendiamo ora le considerazioni degli altri organismi interpellati, prima di addentarci in un esame di merito, ci interessa ora sottolineare un aspetto del sistema competitivo e del castello della valutazione costruito in questi anni, che sembra sfuggire nella discussione sugli obiettivi e sui parametri svolta finora per definire la qualità delle università e una sorta di graduatoria tra le stesse. Le ricadute, come stiamo vedendo, sono sempre più significative. Rischiano però di risultare distorcenti del sistema universitario per come si è finora ipotizzato e consolidato. Un sistema che, almeno dal 1989, da quando il ministro Ruberti ha posto mano realisticamente all’autonomia delle università, fino ad allora “araba fenice”, come la definì Sandulli, e tema di erudite elaborazioni giuridiche per addetti ai lavori, si è fondato e radicato su tre principi unanimemente riconosciuti e apprezzati: autonomia; responsabilità; valutazione. Sono i tre cardini di un unico impianto; non li si può ritenere disgiunti, considerarli separatamente. Non esiste responsabilità se non si assicurano spazi di liberta a chi dovrà rispondere delle iniziative, positive o fallimentari che siano. Possono essere prese in esame solo quelle che siano autonomamente ideate, avviate e gestite.

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Obiettivo docente dispense, a web e risorse disponibili in rete. Usando una metafora medica, la dieta che l’insegnante progetta dovrebbe basarsi da una parte su una diagnosi funzionale dello stato di preparazione dei suoi studenti e, dall’altra, sulle conoscenze e competenze che intende promuovere. Quanto alle modalità di attuazione anche un nota studiosa dell’integrazione delle tecnologie digitali nei percorsi formativi, Diana Laurillard,

ha suggerito di attivare una vera e propria conversazione tra docente e studenti e degli studenti tra di loro nel contesto della quale all’interazione diretta interpersonale si accompagna quella indiretta tramite i vari strumenti 1 di comunicazione. Quanto alle 1  D. Laurillard, Teaching as a Design Science. Building Pedagogical Patterns for Learning and Technology, London, Routledge, 2012.

Altrimenti che senso avrebbe una valutazione in assenza di questo requisito? Si ridurrebbe all’esame e al giudizio di conformità, più o meno soddisfacente, ad una regola imposta da un soggetto terzo, nel nostro caso il Ministero e per esso l’Agenzia di valutazione. Si impongono, così agendo, fini da perseguire e ricerca di risultati che possono essere estranei alla natura e alla tradizione di alcuni degli atenei oggetto di valutazione. Molti hanno nella loro storia e nella loro conformazione capacità e interessi di sviluppo specifici, non omologabili con quelli aprioristicamente individuati e determinati da un’Agenzia nazionale che, a sua volta, dovrebbe recepirli da un indirizzo di governo. In questo modo però il Ministero non si limiterebbe a fissare soltanto i confini dell’autonomia del sistema universitario e le prospettive verso cui indirizzarlo, com’è suo compito, ma individuerebbe e imporrebbe regole di comportamento alle quali uniformare tutti gli atenei allo scopo di incentivarne una pretesa e preoccupante competizione assai stridente con la loro storia e la loro ancora attuale ragion d’essere. Qualche esempio potrà tornare utile per comprendere meglio quanto stiamo dicendo e per sottolineare che anche un sistema competitivo, com’è da tempo quello al quale si guarda, richiede una valutazione attenta e complessa e non soltanto un esame di conformità o meno a criteri dettati dall’esterno. La differenza di considerazione dell’attività di ricerca rispetto a quella didattica, che è ben rappresentata dalla ripartizione della quota premiale nelle percentuali che abbiamo visto, offre un’immagine plastica del privilegio che si vuol riconoscere ad un certo tipo di università. Ma ben si potrebbe ipotizzare un ateneo, e un corpo accademico, che ritengano al contrario più importante per condizioni di contesto, per vocazione, per tradizione, dare maggiore spazio e risalto ad una didattica che possa avere diffusione e ricadute sul territorio; che possa recuperare e non scoraggiare gli studenti dall’accedere e frequentare quell’ateneo, che ne possa comprendere e giustificare i

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forme che può assumere questa conversazione essa ne ha citate sette, centrando l’attenzione sui processi di apprendimento attivati e segnalando le tecnologie tradizionali e innovative che possono essere valorizzate. Ricordiamole brevemente, nella tabella a pag. 32. L’uso delle tecnologie tradizionali può così essere opportunamente integrata o alternata con l’utilizzo di quelle digitali. *Docente Universitario emerito

possibili ritardi curriculari, per le caratteristiche sociale e ambientali, senza per questo sentirsi deteriori ed essere classificati negativamente. Tra eccellenza scientifica e ruolo sociale, entrambi compiti essenziali dell’istituzione universitaria, l’equilibrio non è sempre agevole e non può essere tracciato con un tratto di penna valido per tutti e in tutti i casi. Anche per le politiche di reclutamento la scelta di quelle da preferire può non essere agevole e univoca. Un ateneo, o al suo interno un settore, scuola, facoltà o dipartimento che sia, può privilegiare numero e qualità delle pubblicazioni scientifiche, ammesso che la loro qualità sia facilmente determinabile, per selezionare e chiamare nuovi docenti. Altri, invece, potrebbero attribuire maggiore considerazione all’ attitudine e alla riconosciuta capacità per il lavoro di gruppo. La combinazione dei due criteri può essere quanto mai varia e articolata tra i diversi atenei e i diversi settori disciplinari. Insomma, sono esempi per riflettere su quanto sia vario il mondo e quanto sia giusto e opportuno che sia così. Quanto la pluralità delle situazioni sia una ricchezza e non un limite da superare; quanto sia importante, per questa ragione, un’analisi attenta e sensibile a quello che ciascun organismo è stato in grado di realizzare, di ottenere come risultato; di quanto sia migliorata la sua condizione rispetto al passato, anche se in direzione diversa da quella ritenuta migliore da chi si arroga un potere di affermare criteri ritenuti assoluti in un contesto, quello didattico e scientifico, la cui caratteristica ineludibile è proprio il rifiuto di verità che non siano suffragate da verifiche continue e sottoposte a ricorrenti critiche per essere rimesse in discussione. Il prossimo rinnovo della più parte dei componenti il consiglio direttivo dell’Agenzia di valutazione, può essere forse l’occasione, superata la fase sperimentale con il pur lodevole impegno espresso da tutti i suoi attuali membri, per una complessiva riflessione sui suoi scopi, finalità e metodi di azione. Sarebbe auspicabile!

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Il cantiere delle didattica di Italo Fiorin

INDICAZIONI DALL’INFANZIA

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el mese di marzo scorso, a Bologna, si è svolto un seminario nazionale promosso dal ministero dell’istruzione e dedicato alla scuola dell’infanzia. Il titolo del seminario (Infanzia e ...oltre) alludeva al tema della continuità didattica nel percorso 3-13, così come prefigurato dalle Indicazioni nazionali del 2012. Molti sono stati i motivi di interesse, dal momento che il seminario ha visto la partecipazione attiva di centinaia di insegnanti della scuola dell’infanzia, di quella statale, ma anche di quella comunale e paritaria. Nove work shop e innumerevoli presentazione hanno consentito di verificare lo stato di salute (eccellente) della scuola dell’infanzia, e hanno consegnato elementi di riflessione che vanno ben oltre i confini della scuola dei bambini, e che riguardano il curricolo, la didattica, gli orientamenti pedagogici del primo ciclo di istruzione e, per molti aspetti, dell’intero sistema di istruzione del nostro Paese.

Una scuola che rompe le regole

Se si riflette sulla cultura didattica nelle scuole italiane diffusa e consolidata nel tempo, è facile vedere come il modello di insegnamento di gran lunga dominante è quello che abbiamo ereditato dal passato e che è stato nei secoli custodito dall’università. Parliamo del modello della lezione frontale, trasmissiva, fissata sui

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punti cardinali della cattedra, del testo, della parola (l’insegnante), dell’ascolto (i discepoli). La scena dell’aula universitaria, con la disposizione dei banchi a guardare la cattedra, si è riprodotta in formato adattato, nei licei, nella scuola media, nella scuola elementare. Possiamo dire che non è più così? Non sembrerebbe. Certo, specie nelle scuole primarie qualcosa si è mosso, molti insegnanti non si potranno ritrovare nella descrizione appena fatta, molti, ma non i più. Anche nella scuola di oggi ritroviamo le antiche rigidità del passato, le vecchie regole istituzionali sono sempre le stesse: l’aula è un contenitore rigido e spesso troppo congestionato, dove i banchi degli alunni potrebbero essere inchiodati al pavimento, tanto servono solo perché gli alunni vi si posizionino predisposti ad ascoltare, a copiare quanto viene scritto alla lavagna, perfino multimediale in qualche caso. Talvolta lo spettacolo è piacevole. Tuttavia l’attore unico o dominante è l’insegnante. L’ora di lezione scandisce il tempo dell’ascolto, così come l’orario regola, nella scuola media soprattutto, l’avvicendarsi dei docenti, prigionieri anche loro (come all’università) di un settore disciplinare o, come si dice, classe di concorso (anche i concorsi ormai non si fanno quasi più). La scuola dell’infanzia non è così. Non è una scuola dove ‘si fa lezione’; se c’è una cattedra, e non è detto, questa se ne sta da qualche

parte, utilizzata per lo più come piano d’appoggio. Osserviamo lo spazio dell’aula. Difficile vedere file allineate di tavolini posti di fronte all’insegnante, ma troveremo angoli, postazioni di lavoro, cestoni con giocattoli, armadietti, biblioteche, atelier ... Vedremo, insomma, un ambiente pensato per l’apprendimento e non per l’insegnamento, a misura di alunno e non di adulto, programmato per le attività, il gioco, l’esplorazione e non per passare quattro ore intrattenuti da adulti che le occupano quasi tutte a parlare. Ora la domanda è: tutto questo è una ‘cosa da bambini’, o può riguardare anche gli altri ordini di scuola? Che cosa vuol dire progettare un curricolo 3-13 anni? Se la scuola dell’infanzia è irrimediabilmente ‘altra’ che continuità ci potrà mai essere?

Top down o bottom up?

Non sono mancati e non mancano i tentativi di costruire la continuità a partire dall’alto. C’è una logica, naturalmente, nel ritenere che, una volta definite le attese conclusive di un percorso (fine ciclo, fine obbligo...) gli anni precedenti vengano considerati come tappe di avvicinamento, e che quindi vadano interpretati come strettamente funzionali al seguito, quali condizioni o prerequisiti dello sviluppo curricolare

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Il cantiere delle didattica

successivo. Le stesse Indicazioni nazionali 2012, proponendo come riferimento il Profilo dello studente, rafforzano questa concezione. Il curricolo viene finalizzato allo sviluppo delle dimensioni previste dal profilo, che sono strettamente collegate alle competenze chiave o di cittadinanza. La valutazione e la certificazione delle competenze sono, coerentemente, riferite alle dimensioni del profilo, non alle discipline di studio. Si tratta di un capovolgimento della logica tradizionale, specie se ci si riferisce alla scuola media. Le discipline cessano di essere lo scopo del loro insegnamento, e si trasformano in mezzi di educazione. In realtà questa rivoluzione non avrebbe dovuto essere tale, se si fosse realmente preso sul serio quanto già prevedevano i ‹Nuovi Programmi della scuola media’ (1979!), che definivano le discipline “mezzi di educazione”. Sappiamo che non è andata così e che l’impostazione disciplinaristica ha continuato a farla da padrona, resistendo a tutte le innovazioni, a tutte le raccomandazioni, a tutti i rapporti che hanno documentato come la scuola ‘media’ sia il punto più fragile del nostro sistema scolastico. Ma in che cosa consiste il

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capovolgimento di logica? Che cosa c’è di sbagliato a considerare le discipline come fine del l’insegnamento? Dire che le discipline sono dei mezzi di educazione significa riconoscere che lo scopo di chi insegna non è quello di trasmettere una più o meno consistente quantità di nozioni (il piano del sapere), ma significa anche che non ci si deve accontentare del fatto che gli alunni sviluppino competenze disciplinari (il piano del saper fare), rimanendo nel chiuso di un orticello disciplinare. Nel suo bellissimo e poco conosciuto libro ‘Ricerca e lavoro interdisciplinare’ Alfredo Giunti diceva che lo scopo dell’insegnante di matematica non è di insegnare la matematica e di quello di storia non è insegnare la storia, ma il loro compito è, grazie all’apporto della storia, della matematica..., di insegnare a pensare, a ragionare, a stare con gli altri, ad essere buoni cittadini. Come si vede, se il punto di riferimento per lo sviluppo verticale del curricolo, è la persona che apprende e non i contenuti disciplinari, non solo la scuola dell’infanzia non fa fatica a collegarsi ai successivi ordini di scuola, ma

vede valorizzato il proprio lavoro. Il curricolo della scuola dell’infanzia non è il precipitato nozionistico della scuola delle materie scolastiche, ma è la sorgente da cui si sviluppa, dal basso, un percorso focalizzato sulla persona. La natura non disciplinare di questa ‘prima’ scuola la rende molto più disponibile alla prospettiva delle competenze trasversali, i campi di esperienza rappresentano le iniziali forme della elaborazione dei significati, orientati all’emergere dei sistemi simbolico-culturali, che gli alunni scopriranno, in maniera progressivamente sempre più definita, nella scuola primaria. Centrata sulla persona che apprende e non sulle nozioni, la scuola dell’infanzia fornisce l’imprinting al curricolo della scuola di base. Offre agli altri ordini scolastici il modello di scuola desiderata; non si legittima perché si fa somigliante alla scuola primaria, ma perché la orienta, le fornisce un modello, la aiuta a liberarsi dei vecchi ferri della didattica trasmissiva e convenzionale, la invita a mettersi al servizio dell’intelligenza, della creatività, della disponibilità a scoprire, di cui sono ricchi i bambini e che, nel loro trasformarsi in ‘piccoli scolari’ spesso sono costretti a perdere.

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Obiettivo docente Tiziana Catenazzo* dirigente scolastica istituto comprensivo ‘Amedeo Peyron’ di Torino

La tutela del minore… a scuola!

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uante volte, a scuola, sono gli adulti, docenti e personale scolastico in genere, che arrecano (in)consapevolmente un pregiudizio al minore? Quali e quanti, gli atteggiamenti che, pur non costituendo reato, determinano comunque delle condizioni di rischio, tali da compromettere l’equilibrato sviluppo psicofisico del minore? Pensiamo ai continui atteggiamenti di prevaricazione in classe, apparentemente innocui, messi in atto ‘per riuscire a fare lezione, nonostante gli allievi disturbino’ e alla mole di mezzi impropri di correzione e di disciplina, ai quali si fa ricorso quasi abitualmente: tutti ovviamente contrari a quel catalogo dei diritti che, paradossalmente, vengono a gran voce proclamati in Europa e, proprio in ambito scolastico, elusi. A cominciare da quei processi, minimi, che riguardano la gestione quotidiana delle relazioni di potere, asimmetriche (fra docenti e discenti) che bilanciano e sbilanciano costantemente l’acquisizione, lo sviluppo, la maturazione della personalità degli studenti, si potrebbe agevolmente delineare un piano di miglioramento per le diverse autonomie scolastiche. In attesa di una migliore regolamentazione – che superi le lacune del ‘Regolamento delle Studentesse e degli Studenti’, di 16 anni fa – è comunque possibile alle Autonomie scolastiche attivare per i docenti e il personale dei percorsi di

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Alle scuole non viene richiesta una rendicontazione esplicita sul benessere degli studenti. La tutela dei diritti dei minori in ambito scolastico viene data per certa: come si potrebbe educare se non nel più profondo, totale e attento rispetto dell’altro, dell’educando? Quanto e come le scuole lavorano, al proprio interno, per scongiurare e ridurre le problematiche legate al disagio, ai maltrattamenti? E se fosse proprio la scuola ad adottare e realizzare pratiche educative non corrette, fortemente pregiudizievoli del benessere degli studenti? L’argomento è complesso. In questa prima parte lo avvieremo, in una seconda parte ne verranno approfonditi gli aspetti normativi. Due sintesi che, a settembre, verranno riprese in un ragionamento più articolato che verrà pubblicato per intero sul sito di Tuttoscuola.

formazione adeguati. Nella diadi docente-bambino, è ovviamente il bambino l’elemento debole e quindi più vulnerabile: non si può

trascurare, soprattutto a scuola, la necessità della sua ‘protezione’ nelle relazioni con l’adulto, né darla per scontata o acquisita,

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Obiettivo docente

all’interno di quella magmatica gamma di relazioni che costituisce il processo di insegnamentoapprendimento. E’ dall’equilibrio armonico con il quale il bambino riesce a vivere l’emotività e l’affettività, che dipendono processi e successi cognitivi e di apprendimento, così come dipende l’equilibrato sviluppo dei processi di crescita psicologico e fisiologico, ma anche estetico e sociale. Da questa considerazione, apparentemente banale, soprattutto se letta applicandola al contesto scolastico e allo ‘scollamento’, ormai drammatico, fra gli assunti teorici e la pratica quotidiana di una scuola che arranca e s’affatica, potrebbero derivare pagine e pagine di analisi sull’opportunità di una formazione meno dispendiosa (in termini di risorse temporali e economiche) ma più efficace, sulla tutela degli interessi dei minori a scuola e su una preparazione adeguata, relazionale ed emotiva, degli adulti che lavorano con i minori, per i minori.Basta osservare che, in genere, anche a scuola, il bambino, a differenza dell’adulto, non ha gli strumenti per agire, attivandosi autonomamente per chiedere aiuto o tutelare i diritti che gli sono stati riconosciuti. La mancanza pressoché totale di forme di garanzia provoca una serie di false credenze che innescano spesso conflitti seri fra docenti e genitori. Il principio della specificità, relativo alla tutela dei minori, presuppone che la minore età debba considerarsi come fondamentale e preziosa stagione della vita di ogni essere umano, da tutelare: a scuola, bambini e ragazzi vanno

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rispettati in quanto tali, e non invitati costantemente a un’immediata maturazione e sviluppo della personalità. Non vanno considerati come ‘piccoli adulti’, immaturi e in via di ‘perfezionamento’. La scuola propone (impone) esplicitamente a bambini e ragazzi di indossare il ruolo sociale dello studente, che oltre tutto è l’unico che la cultura degli adulti propone loro: ma non è già questa una violazione esplicita del principio di specificità che, nel rapporto coi minori, viene invece richiesto di tutelare dalle Convenzioni europee?

L’adultocentrismo che caratterizza il sistema scolastico Il rispetto dello studente - che ritroviamo in quasi tutte le ‘carte’ e progetti scolastici - domina indiscusso ovunque, quasi ‘sovraordinato’ a ogni altra necessità. Quasi mai, però, documenti e regolamenti interni considerano la necessità, per i docenti, di prendere coscienza della dimensione fortemente adultocentrica, asimmetrica, che domina l’ambiente scolastico, non solo nell’apparato istituzionale e burocratico ma ancor più nella gestione del quotidiano. L’adultocentrismo è la dimensione - in un ambiente in cui si lavora per l’istruzione, l’educazione e la formazione dei minori! – più caratterizzante. L’acquisita consapevolezza, da parte della scuola, del principio di centralità del minore, quale soggetto titolare di diritti specifici, da garantire e tutelare, non è ancora una conquista culturale,

pedagogica, certa e consolidata. Un difetto di impostazione, soprattutto culturale, che pregiudica non solo un serio lavoro di prevenzione del maltrattamento dei minori ma lo stesso compito di accompagnamento educativo che spetta agli insegnanti. L’adultocentrismo domina tutti gli aspetti educativi (da quelli didattici a quelli pedagogici e infine relazionali) riuscendo a impregnare comunemente tutto quanto si ‘respira’ e si vive a scuola. Per un’immediata e facile provocazione, basta pensare a quanto spesso a scuola càpiti di scontrarsi con condotte e atteggiamenti (degli adulti) che tutelano più gli stessi adulti, insegnanti o genitori (a garanzia della loro ‘sensibilità’ e del loro diritto alla riservatezza’) rispetto a quelli degli studenti.

Le condotte inadeguate degli adulti di riferimento (insegnanti e operatori) Occorre, pertanto, fare molta attenzione, a scuola, nel prevenire, riconoscere, correggere, le differenti situazioni di rischio e di pregiudizio di cui soffrono (o verrebbero a soffrire) gli studenti. Soprattutto ai fini della socializzazione e dell’ordine della classe (spesso assunti come obiettivi prioritari, dagli insegnanti) il bambino viene spesso percepito come portatore di istinti da contrastare e reprimere (il ‘bambino che disturba’), e non quale soggetto dotato a pieno titolo di propri diritti (non quello di disturbare, certo, ma ad esempio quello di ricevere l’attenzione

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Obiettivo docente che si ostina a richiedere per sé). Occorre ‘correggere il tiro’ rispetto a un’ampia gamma di condotte, assunte liberamente e variamente da parte degli adulti, che mortificano la personalità dei piccoli e, ciononostante, vengono generalmente giustificate ritenendo, quasi sempre, che questi comportamenti ‘impulsivi’ e ‘repressivi’, adottati degli adulti, poiché inintenzionali – come ad esempio il tono improvvisamente alto e aggressivo della voce nei confronti della classe, se non quando nei riguardi di un solo studente, magari ‘vivacissimo’ – siano inoffensivi. A causa della condizione di oggettivo svantaggio e quindi di debolezza, nei confronti degli adulti, i bambini sono maggiormente vulnerabili; i bambini divengono vittime dei loro educatori: non certo di una violenza vera e propria, ma vittime di quei maltrattamenti quotidiani, apparentemente banali, quasi impercettibili perché subdoli, che ugualmente possono produrre in loro delle gravi criticità. Pensiamo al fenomeno delle “urla”: moltissimi insegnanti ricorrono a un tono di voce esageratamente alto per imporre l’attenzione, il silenzio, l’ordine. Per fortuna, vi sono anche molti, moltissimi docenti che ritengono, più correttamente, che lo sviluppo della personalità e l’adesione a comportamenti ‘validi’ debbano essere la persuasione, il convincimento, il dialogo. È noto che condotte pregiudizievoli, dell’insegnante nei confronti dell’alunno, conducono quest’ultimo a sviluppare (nella quasi immediatezza o in tempi più diluiti, se non in età adulta) comportamenti antisociali e a rischio, ritardi anche

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cognitivi, ritardi nello sviluppo, se non anche depressione, ansia, attacchi di panico; spesso una relazione educativa-affettiva scorretta, fra docente e allievo, comporta nel minore la nascita di sentimenti di vergogna e di colpa, difficoltà nelle relazioni interpersonali, una bassa autostima, disturbi psicosomatici, comportamenti autolesionistici (e persino suicidari). In alcuni casi, l’atteggiamento prevaricante dell’educatore diviene talmente pregiudizievole per lo sviluppo psico-affettivo del minore, da offender ne la sensibilità e la personalità, mettendolo ad esempio a disagio davanti ai compagni, denigrandone (spesso anche inconsapevolmente) le azioni, i pensieri, le iniziative: condotte tanto violente, da parte degli insegnanti, che riescono a compromettere e rallentare, più o meno evidentemente, ogni ‘tentativo’ dei minori a un’equilibrata relazione all’interno del gruppo, ogni minima richiesta ‘positiva’ di attenzione. Dai rimproveri alla pioggia di note, sui registri e sui diari (child abuse scolastico) e a varie forme di pressioni emotive, ricatti impliciti, svalutazioni, rifiuti, denigrazioni. Sta di fatto che anche il semplice ‘abuso’ della voce (che il più delle volte accompagna e sottolinea atteggiamenti prevaricanti, appunto, da parte degli insegnanti) viene diffusamente negato quale possibile causa di malessere nei bambini e nei ragazzi. Meriterebbe quindi di essere studiato come fenomeno, quando non è estemporaneo o occasionale, dal momento che i riflessi negativi di questa ‘pedagogia dell’urlo’ si ripercuotono anche su ragazzi

non diret tamente interessati dalla ‘delusione’ attiva dell’insegnante i quali lamentano, ad esempio, un forte mal di testa, la difficoltà a concentrarsi e a capire, il disagio per il compagno ‘maltrattato’. Anche a scuola è rinvenibile una sorta di ‘violenza assistita’, della quale sono vittime i compagni o le compagne degli alunni più spesso vessati o trascurati, inconsapevolmente, dagli insegnanti: l’esposizione ripetuta di un bambino, ad atti di violenza psicologica, compromette la relazione educativa e affettiva con l’adulto, può legittimamente costituire un elemento di vittimizzazione da violenza ‘assistita’.

L’attenzione al mondo dei pari: il disagio dei compagni di classe E’ sul mondo dei pari che occorre concentrarsi meglio: il disagio personale di un compagno si ripercuote inevitabilmente sullo stile relazionale instaurato con gli altri e facilmente verrà influenzato da una corrispondente conflittualità e aggressività (in risposta positiva o negativa, di complicità o distacco o ancora di estraneità, rispetto al genere di attenzione esperita dall’insegnante). Ciò che è in gioco, è quindi la formazione attenta e puntuale del corpo docente e, in molti casi, anche del personale scolastico. Gli studenti più esposti al rischio, sono sempre quelli evidentemente più fragili, con carriere scolastiche e risultati didattici discutibili, con un numero di sanzioni tale da farli considerare ai ‘margini’ della regolarità scolare, o i ‘danneggati’

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Obiettivo docente sul piano delle (buone) pratiche?

L’abuso dei mezzi di correzione e di disciplina

si nascondono anche fra i ‘braci’, fra quanti appaiono persino ‘robusti’ da un punto di vista della riuscita scolastica? La scuola, prima e di più di qualsiasi altra agenzia educativa (perché la scuola è ‘portatrice sana’ di una committenza sociale educativa) non solo deve far proprie riflessioni che assumano, come punto di vista privilegiato, quello dello studente (ancor più se minore) ma assumersi il compito di mettersi continuamente in discussione, coi suoi modelli autoreferenziali e adultocentrici, al fine di promuovere e realizzare un sistema sociale e normativo in grado di garantire realmente i bambini dalla strumentalizzazione, dalla trascuratezza, dall’egoismo, dalla violenza, dall’indifferenza. Lo scollamento, ormai evidente e conclamato, fra la ‘scuola’ e la famiglia, la decadenza di un ‘patto sociale’ validamente costituito, sarebbe forse riparabile se la scuola prendesse atto di queste sue debolezze ‘interne’, di queste visioni – non a misura di bambino – che non sono più giustificabili e dell’incoerenza fra le dichiarazioni formali e l’efficacia

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Uno degli argomenti che attira molto l’attenzione degli insegnanti negli ultimi mesi è il reato di ‘abuso dei mezzi di correzione e di disciplina’, di recente balzato agli onori della cronaca per le condanne, spesso considerate ‘esagerate’, di docenti accusati di gravi condotte, assunte nei confronti dei loro alunni. In ambito scolastico, tale reato è di particolare interesse perché coinvolge la figura dell’educatore, esattamente come il reato di maltrattamento: il margine fra le due condotte, e le sanzioni che lo sanciscono, individuano con esattezza il terreno ‘culturale’ entro il quale ogni ‘corpo docente’ si muove, consciamente o inconsciamente. E’ quindi un argomento attorno al quale è molto utile lavorare, e sui cui confrontarsi a scuola. E le condanne dei Tribunali sono sempre più frequenti. Nell’ambito di questo capitolo, vale quindi la pena riflettere un momento sul significato da attribuire al ‘reato di abuso dei mezzi di correzione e disciplina’ (art.571 c.p.): umiliazioni e sofferenza, fisica o psicologica, inflitta a un minore (la cui personalità è in fieri) non conducono a un qualche effetto positivo, pertanto lo ius corrigendi dai contenuti afflittivi non è giustificabile. Nel momento esatto – difficile a stabilirsi, ahinoi! – in cui il primario interesse per il minore viene a cadere, divengono illegittimi anche i poteri riconosciuti e attribuiti all’educatore dall’ordinamento. In ambito scolastico, viene riconosciuto e attribuito al docente un potere disciplinare che deve essere adoperato, con

i mezzi consentiti, entro i limiti previsti dall’ordinamento. La condotta abusiva ricorre, invece, ogni volta che il mezzo viene usato per un interesse diverso da quello per cui è stato conferito (punitivo, volto ad umiliare, a riaffermare la propria autorità). Il ‘dolo’ consiste nella volontà di usare il mezzo disciplinare nella consapevolezza che si tratta di abuso. Accanto ad aspetti sicuramente di grande affidabilità e di fondamentale importanza, della scuola (che la rendono efficace e ‘vera’, in coerente e compiuta rispondenza al dettato costituzionale) vi sono purtroppo diffusi e radicati anche aspetti problematici - spesso intrinseci al sistema - che, anziché sostenere il percorso di crescita degli studenti, lo compromettono gravemente, consentendo ai docenti molto, troppo spazio d’azione, per comportamenti inopportuni e inadeguati. Mi riferisco all’uso improprio delle note, come anche dei voti, o delle sanzioni disciplinari. Per condire il tutto, una conduzione delle attività di insegnamento in aula che demotivano, quando non mortificano, gli studenti. Etichette positive o negative sembrano condurre rispettivamente, al circolo virtuoso del successo scolastico per gli studenti considerati ‘adeguati’ e, per gli altri, al circolo vizioso del fallimento (effetto Pigmalione). E quando si considera l’insegnante ‘ingiusto’, è tutto il processo scolastico che viene messo in discussione. E poiché l’insieme della dimensione morale del processo di socializzazione si fonda sulla credibilità degli attori, e sulla legittimità dell’istituzione, è evidente che il successo nei processi educativi è collegato agli adulti. La credibilità dell’insegnante è cruciale.

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Obiettivo docente Alcune considerazioni dalla parte della scuola sull’avvio del processo di valutazione

Alle prese con il RAV

I

l Miur, con la Nota prot. n 3746 del 30 aprile 2015, ha diramato le indicazioni finalizzate all’uso della Piattaforma operativa unitaria. Dopo l’elaborazione e l’invio del Questionario Scuola siamo, dunque, nel pieno di questo primo anno di Avvio del sistema nazionale di valutazione che, oltre a configurarsi come esperienza-pilota, ha l’obiettivo di accompagnare le scuole italiane verso la “realizzazione di un processo di autovalutazione finalizzato ad un primo rapporto su di un format comune a livello nazionale”. Accedendo alla Piattaforma i Dirigenti scolastici delle scuole statali e i Coordinatori didattici

di Filomena Zamboli* delle scuole paritarie, in uno ai componenti dell’Unità di autovalutazione, da loro abilitati, si trovano di fronte ad una interessante “matita” che ha sul lato destro le funzionalità relative alla compilazione delle variabili Contesto - Esiti - Processi (pratiche organizzative e gestionali e pratiche educative e didattiche) nonché a una sezione concernente le Priorità e sul lato sinistro gli indicatori/descrittori, che guidano le scuole alla compilazione del Rapporto. La Piattafor ma appare molto articolata e necessita di una

prima fase di familiarizzazione, sia dell’articolazione in sé sia della lettura dei dati interessanti relativi a ciascuna sezione. A titolo esemplificativo risultano, infatti, articolati e con necessità di essere letti, studiati e approfonditi i dati relativi alla sezione degli esiti che, specialmente per la scuola secondaria di II grado, consentono di avere una panoramica dei risultati di apprendimento “interni” della singola scuola (esempio: voti di disciplina, superamento con promozione o sospensione di giudizio, percentuale di alunni che hanno superato l’esame di Stato e con quali votazioni), nonché dei risultati delle rilevazioni Invalsi, la qualcosa è estremamente

IL MIUR PRESENTA LA NUOVA INIZIATIVA DEL SAFER INTERNET CENTRE ITALIANO “GENERAZIONI CONNESSE” di Giuseppe Pierro* SCUOLA E WEB, ISTRUZIONI PER L’USO La scuola e internet. Il buon rapporto tra istituzione scolastica e web è alla base di una corretta istruzione, aperta alle opportunità del digitale, ma attenta a garantire quei principi formativi da sempre riconosciuti al mondo della scuola. L’educazione, oggi, passa anche da internet. Per questo il Ministero dell’Istruzione, in coerenza anche gli indirizzi programmatici contenuti nelle Linee d’orientamento per azioni di prevenzione e contrasto al bullismo e al cyberbullismo, emanate il 13 aprile, ha aderito, per il secondo anno consecutivo, al programma comunitario istituito dal Parlamento Europeo e dal Consiglio dell’Unione Europea “Safer Internet”. In Italia, per l’anno scolastico 2013/14 è stato

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co-finanziato dalla Commissione Europea il progetto “Generazioni Connesse – Safer Internet Centre Italiano”. Il progetto, coordinato dal MIUR (Direzione generale per lo Studente, l’Integrazione e la Partecipazione), ha previsto un partenariato composto da alcune tra le principali realtà italiane che si occupano di promuovere fra i minori un uso consapevole dei nuovi media: Polizia di Stato, Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, Save the Children Italia, SOS Il Telefono Azzurro, le Università degli Studi di Firenze e di Roma “La Sapienza”, Skuola.net, Cooperativa E.D.I. e Movimento Difesa del Cittadino. Il progetto, si rivolge agli studenti coinvolgendo insegnanti, genitori, Enti, associazioni e aziende per fare della Rete un ambiente migliore e più sicuro sia nel percorso di crescita umano che scolastico-professionale.

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Obiettivo docente interessante, percentuali di crediti universitari degli alunni licenziati dagli anni scolastici 2010/11 fino all’anno scolastico 2012/13 su aree di pertinenza degli studi nei percorsi formativi successivi (esempio: area tecnologica o sanitaria o umanistica o scientifica etc) e nel mondo del lavoro (Risultati a distanza). Le Competenze di cittadinanza, tutte da scrivere, completano il quadro di questa sezione. Si tratta di un raffronto in verticale che consente alla singola istituzione scolastica di verificare “nel tempo” il mestiere da “seminatori”, piuttosto che da “raccoglitori”, che caratterizza i professionisti della scuola. Le variabili interessanti alla base di tali dati che riguardano ugualmente il contesto e i processi messi in atto dalle scuole sono certamente rappresentate dalle “Domande-guida” e dagli “indicatori” che servono per orientare la riflessione in modo da “giungere ad esprimere una valutazione,

articolata in “Opportunità e Vincoli” per le aree della sezione Contesto e Risorse e in “Punti di forza e Punti di debolezza” per le aree delle sezioni Esiti e Processi”. In particolare per ciascuna area delle sezioni Esiti e Processi la scuola dovrà sforzarsi di esprimere, guardandosi allo specchio, un giudizio complessivo per mezzo di una rubrica di valutazione articolata in sette livelli di cui tre le consentono di calibrare e motivare adeguatamente il giudizio che si auto-assegna. Se, dunque, la prima variabile su cui le Unità di valutazione si stanno cimentando è quella di comprendere la logica del Rav e familiarizzare con essa per utilizzare pienamente le potenzialità che la Piattaforma racchiude (i dati che popolano gli indicatori potrebbero sembrare sovrabbondanti e dispersivi se non sono studiati e correttamente analizzati/interpretati), la seconda è rappresentata dalla necessità di

Tra le diverse azioni previste dal progetto vi sono: - Una campagna di comunicazione e sensibilizzazione ad ampio raggio, attraverso l’utilizzo di canali media tradizionali, media online e social media - realizzata da tutti partner del Progetto e dell’Advisory Board. - Attività di formazione (online e in presenza) rivolte in maniera specifica alle comunità scolastiche (insegnanti, bambini/e, ragazzi/e, genitori, educatori) che intraprenderanno un percorso dedicato. Le azioni saranno realizzate da Save the Children Italia, Telefono Azzurro, Cooperativa E.D.I. e Movimento Difesa del Cittadino. I soggetti coinvolti potranno inoltre usufruire di strumenti e risorse didattiche disponibili nella Piattaforma online del Progetto. - Una campagna educativa itinerante denominata “Una vita da social” realizzata dalla Polizia di Stato attraverso attività di sensibilizzazione e prevenzione sui rischi, pericoli e opportunità della Rete. La campagna toccherà 40 località sul territorio nazionale ed è rivolta a studenti, genitori e insegnanti delle scuole italiane di ogni ordine e grado. - il rafforzamento della Helpline di Telefono Azzurro (1.96.96) e della ch@t http://consulenzaonline.azzurro.it/xchatty/chat.html , a sostegno del Progetto, un

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coinvolgere gli attori cioè di favorire e sostenere il coinvolgimento di t ut ta la comu nità scolastica e di incoraggiarne la riflessione in modo da innescare un corretto processo di autovalutazione. L’obiettivo è chiaro ed evidente: superare un approccio di natura autoreferenziale, che caratterizza la vita riflessiva delle nostre realtà scolastiche. In questi giorni assistiamo a un fervore di iniziative di informazione e divulgazione di processi e percorsi, che intersecano studenti e genitori e docenti anche attraverso la compilazione di questionari ad hoc predisposte dalle scuole al fine di avere dati di rif lessione e di raffronto non parcellizzati sulla percezione della “vita” della scuola da parte dei suoi più diretti fruitori. E quanto più vari saranno tanto più saranno interessanti e utilizzabili i dati di confronto. Altro aspetto interessante e di vera “creatività” è rappresentato dalla possibilità di interpretare

servizio in grado di fornire supporto, in particolare a bambini, adolescenti e genitori in merito a esperienze negative e/o problematiche inerenti l’utilizzo dei Nuovi Media; - il rafforzamento di due Hotlines (http://www.azzurro.it/emergenza di Telefono Azzurro e www.stop-it. it di Save the Children) riservate agli utenti della Rete per segnalare la presenza online di materiale pedopornografico. Attivo dal 2012, il Safer Internet Centre per l’Italia, per la sua seconda attività pluriennale intende assicurare l’adozione, da parte delle scuole, di Policy, che includano misure di prevenzione e di gestione delle problematiche relative all’uso di Internet e dei nuovi media, allo scopo di identificare bisogni e margini d’intervento. I beneficiari finali di tali azioni saranno bambini ed adolescenti dai 6 ai 18 anni, docenti, educatori, genitori e tutto il pubblico raggiunto attraverso la campagna di comunicazione avviata dal progetto. Partecipare è semplice, basta collegarsi al sito www.generazioniconnesse.it. Dallo scorso 18 maggio e fino al 30 giugno, nell’apposita sezione dedicata alle scuole, è possibile inoltre registrarsi, completare il profilo dell’istituto e compilare un questionario online che permetterà alla

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Obiettivo docente e costruire gli indicatori. Infatti pur nella necessità di utilizzare un linguaggio condiviso, modalità standardizzate e un quadro di riferimento comune, rappresentati da indicatori già presenti a sistema che consentono a ciascuna scuola di confrontare (attraverso benchmark di riferimento) “ i dati relativi alla propria situazione con altri valori di riferimento esterno, come ad esempio le medie nazionali e regionali riportate nella piattaforma”; è compito delle scuole scegliere gli indicatori relativi alle seguenti aree e sottoaree: Competenze chiave di cittadinanza (Esiti) - Missione e obiettivi prioritari (Processi - Pratiche gestionali e organizzative) - Controllo dei processi (Processi - Pratiche gestionali e organizzative) - Valorizzazione delle competenze delle risorse umane (Processi - Pratiche gestionali e organizzative). Inoltre per ciascuna area, esiste uno spazio riservato alle istituzioni scolastiche per rappresentare sinteticamente, attraverso l’inserimento di indicatori autonomamente definiti, aspetti della realtà scolastica che l’impianto generale

potrebbe tenere in ombra. Insomma, sono lasciate alla singola scuola margini sufficienti per tracciare un “ritratto” di sé fortemente contestualizzato ovvero connotato da vincoli e opportunità del territorio in cui opera. Le scuole italiane non avevano avuto finora l’opportunità di «guardarsi allo specchio» e confrontarsi con il panorama nazionale se non nella prospettiva molto parziale delle rilevazioni e dei dati Invalsi. L’altro lato della medaglia è rappresentato, però, dal fatto che tale processo autorif lessivo richiede tempi di analisi e di raffronto e tempi di realizzazione di riflessioni ponderate, di confronti e di approfondimenti di «sé con sé» certamente non indifferenti. In un momento temporale della vita della scuola contingentata da adempimenti e processi caratteristici della fine di un anno scolastico, sia relativi alle azioni didattiche e della valutazione sia della gestione amministrativa, si dovrà focalizzare nel solo mese di luglio (esami di Stato permettendo) il lavoro sistematico e approfondito che il Rav richiede. Ma tant’è, bisognava cominciare.

singola scuola di ottenere una visione completa delle potenzialità e delle criticità che ogni giorno insegnanti, studenti e famiglie vivono in relazione alla propria esperienza con il web. Il questionario vuole rappresentare uno strumento per riflettere sul proprio approccio alle tematiche della sicurezza online e dell’integrazione delle tecnologie digitali nella didattica, identificando, sulla base dei punti di forza e degli ambiti di miglioramento emersi nel percorso di autovalutazione, le misure da adottare per raggiungere tale miglioramento. L’iniziativa si rivolge alle classi di quarta e quinta delle scuole primarie e a tutte le classi della scuola secondaria di primo grado, ma questa volta a “fare i compiti” sono chiamati docenti e dirigenti scolastici che avranno tempo fino al prossimo 30 giugno per compilare e inviare il questionario. A disposizione del personale scolastico, lo staff di Generazioni Connesse ha attivato un servizio di supporto a distanza per rispondere ai quesiti relativi alla compilazione

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Del resto non è solo un problema di tempo a rendere la compilazione del Rav un momento complesso, difficoltoso, impegnativo, ma l’insieme stesso di riflessioni, incontri, approfondimenti, condivisioni, discussioni che esso comporta, necessita di tempi di lavoro condiviso con gli attori del processo che non sarà semplice definire in concomitanza con tanto altro indispensabile e che pure sarà necessario procurare per non ridurre il percorso a uno sterile documento innovativo. In tal senso, se fosse già attuato, l’organico funzionale avrebbe reso più praticabile un coinvolgimento professionale che adesso i dirigenti scolastici e gli attori coinvolti devono mutuare dalla passione, disponibilità, attenzione, dedizione, interesse, responsabilità, che connotano o meno i componenti delle Unità di valutazione e non solo. Risulta altresì indispensabile tenere in gran conto la parte finale delle Indicazioni operative per il Rav, di cui alla Nota Miur citata in premessa, che titola «Alcuni criteri di riferimento per un buon Rav». Nella nota si fa esplicita menzione,

degli strumenti online e all’uso della piattaforma. Basta scrivere a supportoscuole@generazioniconnesse.it. Inoltre, insegnanti e dirigenti possono contare su Like(y), il tutorial virtuale pensato per le scuole, sempre pronto a seguirle passo passo nel percorso di autovalutazione, al fine di individuare per l’anno scolastico 2015-2016 un Piano di Azione personalizzato che garantisca attività mirate, e quindi efficaci, rispetto alla tematica prioritaria della sicurezza online. Compilando il questionario on line, le scuole conosceranno subito il proprio profilo, in base al quale riceveranno una tipologia di supporto messa a disposizione dal SIC (Safer Internet Centre) suddivisa in tre categoria principali, secondo il tipo di attenzione ai temi delle TIC in ambiente scolastico e alle problematiche associate ad un loro utilizzo non consapevole e secondo le specifiche aree di miglioramento (peculiari a ciascun istituto) che emergeranno. Dopo la pausa estiva, con il rientro a scuola, le attività

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Obiettivo docente anche se a titolo esemplificativo, di alcuni criteri che consentono di qualificare un buon rapporto di autovalutazione. Li riportiamo per dare peso adeguato al lavoro che stanno affrontando le scuole cimentandosi per la prima volta in un tentativo di visione del proprio vissuto e della propria azione professionale non parcellizzata e non automatica: - a deg u atez za (il r appor to è compilato in modo pertinente in tutte le sue parti) - coerenza (il rapporto ha una sua coerenza interna, l’analisi delle aree è condotta in maniera rigorosa, i punti di forza e di debolezza della scuola fanno riferimento a evidenze, vi è un collegamento fra le analisi di contesto, esiti, processi e individuazione delle priorità e dei traguardi) - attendibilità (i dati e le tabelle riportate sono significative, viene fatto un uso efficace dei dati forniti dal centro) - rilevanza (il rapporto valorizza fonti multiple, interne ed ester ne, quantitative e qualitative, facendo emergere in maniera inequivocabile quali

dovrebbero essere le priorità di intervento) - concretezza (le priorità e i traguardi di miglioramento sono ben definiti, chiari, rilevabili e misurabili). Non solo, nello stesso paragrafo il Miur fa esplicito riferimento alla circostanza che, in questa prima fase, il processo di autovalutazione rappresenta un lavoro in continua definizione e regolazione anche “per merito” dei contributi “attenti e mirati” che provengono dalle scuole. Ci si attende, pertanto proprio dalla scuola reale una collaborazione significativa e pertinente. Non sono esclusi dalla chiamata alle armi né gli USR, né gli Enti di ricerca, né le Associazioni professionali e culturali. Ci aug ur iamo, veramente, che non manchino le forze di un coordinamento centrale e periferico che sembra, dunque, non volersi limitare solo a dare avvio a un percorso che potrebbe rappresentare, forse più della riforma in atto tanto discussa, un punto di svolta e, soprattutto, di consapevolezza e di percezione della singola scuola come del sistema

entreranno nel vivo della seconda fase, con la realizzazione dei percorsi formativi e inclusivi grazie alla presenza e al costante supporto online dello staff di Generazioni Connesse. Il tempo di festeggiare il nuovo anno e le scuole, entro il gennaio 2016 saranno chiamate a stendere la redazione finale delle metodologie sviluppate per il progetto. Un processo che porterà alla definizione di una Policy di e-safety, L’approccio con il digitale rappresenta un patrimonio prezioso non solo per il singolo istituto, bensì per tutto il pianeta scuola. Un codice indispensabile, inteso come insieme di norme comportamentali, procedure e prassi che comprende visione del fenomeno, modelli e azioni per l’utilizzo delle TIC in ambiente scolastico. Una nuova modalità di apprendimento da costruire assieme, che individua i principali rischi legati all’esperienza digitale e alle relazioni online tra pari. Un percorso di consapevolezza e responsabilità poggiato sull’ascolto, il dialogo e la creatività.

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nazionale di istruzione e formazione. In questa prospettiva le scuole si attendono un supporto e un guadagno da tanta fatica da mettere in campo che non le lasci sole a continuare una strada di utilità che deve essere supportata e coordinata, incentivata e accompagnata senza risparmio né di energie né di risorse, pena l’ennesimo avvio di una sperimentazione di cui non si vedrà, se non dopo troppo tempo, oltre che dispendioso, un esito e un orizzonte costruttivo. Ci attendiamo non di meno un momento di vero coinvolgimento di alcuni attori, in primis i genitori dei nostri alunni. Il Ministero dovrebbe aiutare le scuole a coinvolgerli con opportune iniziative di pubblicizzazione; la loro propositiva e costruttiva «presenza» nei momenti di confronto e di relazione rappresenterebbe una opportunità non sterile per compartecipare da protagonisti invece di delegare, come troppo spesso accade, o a sterili pretese o ad una assenza di fatto al processo educativo delle giovani generazioni. *Dirigente scolastico istituto “Pascal” di Pompei

Infine, nei mesi di marzo, aprile e maggio del prossimo anno, è prevista la terza fase del percorso, con una nuova autovalutazione, la condivisione e il riconoscimento dei risultati raggiunti. In linea con il lavoro svolto nelle scuole, Generazioni connesse ha predisposto un piano di comunicazione e sensibilizzazione indirizzato a bambini, adolescenti e cittadinanza. Informazioni integrate, innovative e dinamiche, grazie all’utilizzo dei social e alle partnership avviate dal SIC con i soggetti, gli enti e le aziende che operano nel settore new media. Una task force che saprà garantire costanza e coerenza a tutti i momenti della campagna, concentrando i messaggi attorno agli eventi di rilevanza nazionale, come il Safer Internet Day e il Back to School. Quando tutti i risultati, le storie e le esperienze torneranno tra i banchi di tutta Italia, sarà più facile trovare nuovi obiettivi e condividere, anche sul web, le idee della scuola di domani. *dirigente ufficio ii, direzione generale per lo studente, l’integrazione e la partecipazione del Miur

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Obiettivo docente La scuola inclusiva come prospettiva per la professionalità dei docenti

Tutti i colori del mondo L

e tragiche vicende dell’attacco terroristico del 7 gennaio 2015 alla sede della rivista parigina Charlie Hebdo hanno sollevato una quantità di interrogativi sui limiti della tolleranza, del rispetto e della libertà di espressione. Inevitabilmente, il tema di discussione si è allargato a macchia d’olio, investendo – tra i tanti ambiti – il mondo della scuola. Le domande che ci siamo posti, durante i dibattiti pubblici come in quelli più ristretti organizzati negli istituti scolastici, si sono articolate soprattutto sulla questione del “confine”: cosa dire ai nostri ragazzi, come spiegare loro che la libertà di espressione è un valore irrinunciabile del sistema democratico, che essa è terreno di confronto e di dibattito ma non deve in alcun modo contribuire a costruire barriere e ad alimentare conflitti? Tra le molte posizioni, tra i tanti punti di vista, è emerso chiarissimo quello che nel linguaggio scolastico definiremmo tecnicamente un prerequisito: l’esercizio di una piena libertà di espressione richiede un contesto maturo di democrazia, una propensione all’ascolto, un allenamento alla polifonia delle opinioni, delle confessioni, degli stili di vita. Se non si è cittadini consapevoli e maturi, se non si è uomini e donne pronti a comprendere il valore autentico della diversità, si è davvero in grado di coltivare il campo della tolleranza a tutti i livelli? Perché il dramma di Charlie Hebdo, valicato l’orrore del massacro e della cieca repressione dell’altro visto come nemico, ha sollevato – da un parte – dubbi sulla liceità della satira rivolta verso la dimensione del Sacro e – dall’altra – interrogativi sulla

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di Irene Baldriga*

capacità di ciascuno di leggere e filtrare la comunicazione esterna, cioè sull’attrezzatura culturale necessaria ad isolare e respingere un messaggio “contrario” senza accoglierlo come offesa o provocazione. Si tratta di un tema che ha molto a che fare con il ruolo della Scuola, con il compito che l’agenzia formativa primaria assume relativamente alla trasmissione e alla elaborazione di un bagaglio etico e valoriale utile alla crescita di ciascun individuo. Quando parliamo di acquisizione di competenze trasversali, quando ci soffermiamo sulla complessità dello sviluppo del pensiero critico, ci riferiamo in verità proprio alla nostra capacità di rendere un individuo capace di rapportarsi a situazioni come quella che ha generato la tragedia di Charlie Hebdo: e questo vale nella duplice e opposta condizione di chi esercita la libertà di espressione (con quale limite? con quale consapevolezza?) e di chi arriva a recepirla come un affronto da contrastare con la repressione o, peggio ancora, con la morte.

Non è da sottovalutare, nel contesto dell’attentato di Parigi, la specifica realtà della società francese di oggi, ovvero di un articolato e multietnico assetto sociale che ha favorito politiche educative ben precise sul tema dell’integrazione, con misure di accoglienza assai mirate (sul modello francese, che come noto prevede le cosiddette classes d’initiation, si veda il Rapporto Eurydice 2008 sull’Integrazione Scolastica degli alunni immigrati in Europa) ed una rigorosa affermazione della Laicità che trova le sue origini culturali nel processo rivoluzionario settecentesco, quando fu la Repubblica ad assumere il ruolo di una vera e propria religione di Stato. La delicata distinzione tra una laïcité de combat (= laicismo) ed una laïcité pacificatrice proietta sulla politica dell’integrazione scolastica scelte determinanti nel controllo delle dinamiche socio-religiose di un Paese esposto a poderosi flussi migratori. Il ben noto dibattito suscitato dalla cosiddetta “legge antivelo”, emanata nel 2004, si è spesso incanalato su questi due binari di riflessione che da un lato evidenziavano il bisogno di contenere i fenomeni di intolleranza etnica e religiosa e dall’altra paventavano i rischi del comunitarismo, cioè delle segregazioni volontarie di interi gruppi a identità distinta. L’Italia, di certo avvantaggiata da un’esperienza più recente sul fronte migratorio, può vantare sensibilità nel campo dell’accoglienza e dell’inclusione, dell’apertura alla diversità in tutte le sue possibili manifestazioni. La nostra scuola, che certo deve migliorare il livello di equità e le pari opportunità

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Obiettivo docente di accesso a determinate filiere formative, ha maturato in fretta e con buoni risultati forme efficaci di riconoscimento dell’altro nella chiave della risorsa e dell’arricchimento. Abbiamo delle ottime Linee Guida per l’intercultura e l’integrazione incentrate sul principio del “reciproco riconoscimento e arricchimento” (MIUR). Eppure, il docente che ogni giorno entra in classe per costruire dialogo all’interno della piccola/grande comunità cui si rivolge è ben consapevole dei limiti e delle difficoltà che un’autentica educazione al rispetto richiede. Egli sa, per esempio, che la prima e fondamentale condizione da stabilire è quella del riconoscimento dell’altro e che – al tempo stesso – l’invito a dichiarare sé stessi per quel che si è, senza timore del pregiudizio, non può essere un obbligo e va accompagnato da meccanismi di spontaneità, da un bisogno di sincerità e di offerta del patrimonio che ciascuno custodisce dentro di sé. Risulta difficile, nella velocità del cambiamento che ci circonda e nell’inspessirsi della complessità come sistema di evoluzione del presente, pensare di poter gestire l’intreccio delle relazioni che oggi anima le comunità scolastiche mantenendo gli approcci ed i percorsi didattici tradizionali. In questo impegno di apertura e di polifonia cui vogliamo invitare gli studenti, siamo noi per primi chiamati in causa, riformulando il nostro ruolo di educatori e soprattutto ritessendo le maglie tematiche del nostro intervento formativo. Nuove prospettive e nuovi obiettivi si aprono nel panorama delle consuete programmazioni disciplinari, lasciando spazi del tutto inediti ma in effetti praticabili dagli studenti finalmente protagonisti nella loro diversità. Si evidenzia un bisogno di flessibilità e di improvvisazione per il docente intenzionato a stimolare l’interesse e a suscitare la motivazione di ciascun allievo,

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letteralmente tirandolo all’interno del percorso formativo, facendo leva sugli snodi interculturali, sui contatti e sulle diversità: il che, tradotto in dati concreti, si manifesta nella valorizzazione dei temi comuni, nella comprensione delle specificità dei singoli, come purenella ricerca dei terreni neutrali, cioè “egualmente ignoti” a tutta la comunità ma proprio per questo utili alla immedesimazione e ad una scoperta “alla pari” dei contenuti e dei significati. Spaziare dalla dimensione della fantascienza, ai temi archetipici dei popoli primitivi, al terreno egualmente inesplorato, aniconico ed estraneo dell’arte contemporanea, compone una palestra di allenamento sui temi e sui valori, ma anche un palcoscenico di espressione dell’individuo e del gruppo che possono eventualmente spogliarsi dei cliché e delle categorie di appartenenza (italiano, non italiano, cattolico, ebreo, musulmano, ateo, abile, disabile, europeo, extraeuropeo, immigrato, ecc.). Non si dovrebbe sottovalutare, in questa prospettiva, che lo spazio artificiale, inodore, meccanico ed egualitario della classe virtuale, rappresenta una dimensione democratica di affermazione del singolo che riesce davvero a favorire il desiderio di espressione.La scuola inclusiva deve saper declinare per ciascun alunno momenti di specificità come pure di assoluto egualitarismo, in una prospettiva di effettiva tutela dell’individualità di ciascuno ma anche di pieno diritto alla parità di condizioni e di trattamento. Vi è un bisogno di opacità e di non-diversità, da non confondere con la rinuncia alla propria specificità culturale, che non va sottovalutato perché equivale a ricerca di serenità e di raccoglimento: un voler essere “non notati”, anche occasionale, che merita considerazione e che va trattato modificando il contesto generale dell’azione educativa,

per esempio proiettando l’intero gruppo classe in una situazione a tutti egualmente estranea. Forse non si è riflettuto abbastanza sul fatto che la modalità del CLIL – attivando una sollecitazione di contenuto DNL (Disciplina Non Linguistica) attraverso una lingua straniera, costituisce una proposta didattica fortemente inclusiva per gli studenti di origine non italiana. Il tessuto imprevedibile, stupefacente e preziosissimo che oggi si presenta ai docenti impone una navigazione educativa forse più lenta ma di gran lunga più orientata alla scoperta e alla costante riformulazione delle strategie di apprendimento. Il lavoro per competenze può favorire l’inclusione anche in virtù della sua articolazione molecolare, della sua concezione strutturata per temi di applicazione aperti e trasversali, assecondando l’interpretazione del singolo e un’assimilazione/restituzione personalizzata dei contenuti. Per esempio, una rappresentazione della Storia intesa non come sequenza di fatti, né come incastro di fenomeni, ma come narrazione interdisciplinare di vicende di uomini, aiuta enormemente la comprensione dei rapporti di causa e di effetto e restituisce anche i fermenti ideali, le illusioni e le speranze che determinano il percorso dell’umanità sin dai primordi. Di fronte alle difficoltà, indubbie, che la scuola in evoluzione richiede agli insegnanti, non va mai sottovalutato il disagio di chi – da discente – si trova ad affrontare schemi di apprendimento cuciti molti decenni fa, quando l’universo educativo si configurava con ben altre costellazioni. Interrogandoci sul faticoso processo di innovazione della professione docente, non perdiamo mai di vista la possibilità che – almeno nella nostra galassia anche i robot sognino pecore capaci di produrre morbidissima lana… *Dirigente Scolastico liceo “Virgilio” Roma

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Obiettivo docente Metodologia della Narrazione e della Riflessione

SicuraScuola in rete con metodo Che cosa è la MNR?

La Metodologia della Narrazione e della Riflessione è una pratica di comunicazione dialogica innovativa, rigorosa e validata come buona pratica di facilitazione in classe, assoggettata a rigido protocollo di impiego e coinvolgente, in quanto fondata sulla partecipazione degli studenti e sulla creazione di comunità di apprendimento, attualmente praticata in oltre 100 classi di scuole genovesi. Nata nel 2002 da un gruppo di ricercatori genovesi1 sulla base di linee di indirizzo europee, possiede i caratteri di una metodologia educativa, strutturata ed articolata, capace di promuovere la

di Rosaria Pagano* partecipazione attiva degli studenti attraverso la narrazione e la riflessione e di incidere sulle dinamiche relazionali con gruppi di genitori e tra docenti. I valutatori esterni, che ne hanno seguito e accompagnato la sperimentazione con gruppi di studenti in età compresa tra i 3 e i 16 anni, hanno riscontrato gli effetti positivi sul clima scolastico e sull’apprendimento. Attraverso l’utilizzo di narrazioni di episodi di vita (scolastica e non) vissuti, osservati e narrati dagli studenti, il docente facilitatore avvia un processo di rif lessione

e p r o m oz io n e del dialogo nel g r uppo cla sse (alunni 3-16 anni), at t raverso un ciclo di interventi (“focus group secondo la MNR”), realizzati ad intervalli regolari nel corso dell’anno scolastico con l’ausilio di una coppia di docenti “operatori MNR” (facilitatore e osservatore). Lo stile del facilitare è “non giudicante”, flessibile, funzionale all’evoluzione della classe. I dialoghi che emergono promuovono

PROGETTO SCUOLA 2.0 di Fabrizio Manca* Il progetto “Scuola2.0” nasce dall’esigenza di dare una risposta concreta ad alcune problematiche che si riscontrano giornalmente nelle nostre scuole. Lo sviluppo delle ICT e del Web2.0, la necessità di condividere dati, esperienze e progetti, l’esigenza di sperimentare nuove metodologie didattiche che tengano conto dei nuovi processi cognitivi dei ragazzi “nativi digitali” mettono ancora a dura prova un numero consistente di scuole. Infatti, l’uso di nuovi linguaggi, la diffusione di strumenti e contenuti digitali che presuppongono un cambiamento dell’organizzazione della didattica, pongono il docente al centro di un processo di trasformazione che richiede una formazione specifica. Inoltre, buona parte delle scuole, si trova a gestire questi cambiamenti con infrastrutture di rete in parte obsolete e connessioni ad internet non a banda larga con livelli di servizio non adeguati, di certo non in grado di supportare più accessi simultanei. Spesso il docente, oltre a gestire le problematiche didattiche deve far fronte anche a tutto quello che concerne la gestione degli apparati di rete. Questo

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problema è maggiormente accentuato nelle scuole del primo ciclo di istruzione per le quali, a differenza delle scuole superiori, non è prevista la figura dell’assistente tecnico. Di fronte a queste esigenze, l’Ufficio scolastico regionale per il Piemonte insieme all’Assessorato alle Politiche Educative e Assessorato ai Servizi Civici, Sistemi Informativi, Sport e Tempo Libero della Città di Torino, il Politecnico di Torino, l’Università degli Studi di Torino, l’Istituto Superiore Mario Boella e il Comitato per la Gestione del Fondo per lo Sviluppo della Ricerca e della Formazione nel Settore delle I. C. T., hanno ritenuto necessario unire le loro forze per proporre, in via sperimentale, un piano strategico di intervento destinato a 12 istituzioni scolastiche torinesi, 7 scuole primarie (“Pestalozzi” e “Gabelli” della DD “Gabelli”, “Duca Abruzzi” dell’IC “Pertini”, “Dogliotti” dell’IC via Sidoli, “Margherita di Savoia” dell’IC “Padre Gemelli”, “Cairoli” dell’IC “Cairoli” e “Toscanini”) e 5 scuole secondarie di primo grado (“Peyron” dell’IC Peyron-Re Umberto, “Croce- Morelli”, “Caduti di Cefalonia”, “Perotti” e “Nigra”). Le scuole coinvolte costituiscono un campione rilevante in termini di popolazione scolastica, rappresentando quasi il 10% e il 16% degli

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Obiettivo docente la valorizzazione delle differenze, la promozione dell’ascolto, della fiducia e del rispetto per l’altro. I valutatori esterni, che ne hanno seguito e accompagnato la sperimentazione con gruppi di studenti in età compresa tra i 3 e i 16 anni, hanno riscontrato gli effetti positivi sul clima scolastico e sull’apprendimento. In ogni sessione MNR, facilitatore e osservatore introducono il dialogo proponendo un testo stimolo (scheda di narrazione contenente le rif lessioni autentiche di altri studenti) e facilitando la rif lessione dapprima in piccolo gruppo, poi con il gruppo allargato. Ogni sessione si conclude con la restituzione alla classe dei contenuti emersi e del “metodo” agito, sempre promuovendo la partecipazione attiva degli studenti. I focus group in MNR sono sempre documentati (audio-video registrazione e trascrizione del parlato) e monitorati (scheda di osservazione); il materiale raccolto costituisce oggetto di analisi da parte dei

docenti in funzione delle attività da proporre agli alunni e della programmazione didattico - educativa di classe, e ai fini della programmazione di percorsi di formazione/aggiornamento per il personale scolastico.

1 Roberto Peccenini, Giusi Randazzo, Marta Russo, Maria Teresa Vacatello

La forza del cambiamento

La disponibilità dei docenti a sottoporsi a valutazione esterna e a riflettere sui risultati valutativi attraverso un percorso di formazione intensiva con il valutatore ha potenziato l’efficacia della pratica della MNR nella facilitazione del dialogo, aumentando le relazioni di fiducia all’interno delle comunità scolastiche e la partecipazione degli studenti. La fiducia, infatti, si crea se insegnanti e studenti “rischiano l’espressione di prospettive personali”; la partecipazione attiva aumenta quando si favorisce l’espressione di idee, esperienze ed emozioni da parte degli studenti.

alunni che frequentano rispettivamente la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado della città di Torino nell’anno scolastico in corso (12% considerato l’obbligo sul primo ciclo dell’istruzione). Il progetto prevede tre linee d’azione: la connettività, la formazione del personale e la predisposizione di laboratori informatici. La formazione consiste in due tipologie di intervento, la prima rivolta al personale docente ha l’obiettivo di sviluppare una nuova didattica 2.0 tenendo conto delle metodologie di didattica digitale innovative e della didattica del pensiero computazionale adatto al livello di scuole coinvolte nel progetto; la seconda è una formazione più tecnica, orientata a formare e ad aggiornare competenze specifiche nel dominio delle ICT, con lo scopo di rendere autonomi nella gestione degli apparati di rete i destinatari (collaboratori scolastici o docenti designati). La formazione di questa figura professionale è molto interessante perché sopperisce alla mancanza di personale tecnico che, come detto poc’anzi, esiste solo nelle scuole superiori. Per quanto riguarda i laboratori informatici, i personal computer utilizzati sono acquisiti attraverso delle donazioni e riadattati per l’uso laboratoriale con software open source dagli studenti del Politecnico di Torino. Gli studenti coinvolti percepiranno una borsa di studio. Un altro punto di forza del progetto è quello di dotare alcune di queste 12 scuole di connessione wireless e altre di connessione

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Le azioni di autovalutazione e di valutazione esterna, a cui è seguito un piano di miglioramento della MNR stessa, hanno dunque contribuito a sostenere e valorizzare il lavoro dei docenti e ad aumentarne sia le capacità propositive, sia quelle di elaborazione e didattiche.

La forza della rete

Intorno alla MNR si è consolidata una rete di relazioni solidali tra docenti e all’interno delle comunità scolastiche. Rete Sicurascuola, a cui aderiscono 23 Istituti Scolastici genovesi di ogni ordine e grado (vedi box a pag. 50), è caratterizzata da una costante progettualità delle scuole in rete, che promuovono e mettono in pratica lo sviluppo di competenze nell’osservazione, nella facilitazione e nella promozione del dialogo, il che ha permesso il superamento dell’autoreferenzialità e la progettazione di percorsi di cittadinanza, di pari opportunità e di partecipazione in continuità fra gradi di scuole e con i territori

a fibra ottica; quest’ultime avranno l’opportunità di essere collegate alla rete GARR e quindi potranno avvantaggiarsi dell’apporto scientifico-metodologico e dimostrativo degli strumenti digitali applicati alla didattica messi a disposizione dalla rete. Questi interventi di carattere infrastrutturale, quali appunto la realizzazione dei collegamenti in radiofrequenza e l’allacciamento al nodo GARR potranno essere possibili grazie al finanziamento dell’Istituto superiore Mario Boella (ISMB), centro di ricerca applicata e di innovazione focalizzato sulle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (ICT) fondato dalla Compagnia di San Paolo e dal Politecnico di Torino. Mi piace sottolineare come questo progetto sia un esempio ineccepibile di quanto sia importante condividere e mettere insieme le forze per far fronte alle difficoltà, anche finanziarie, che le scuole si trovano ad affrontare tutti i giorni. La sinergia tra più Istituzioni e la capacità di attrarre risorse finanziarie non solo pubbliche ma anche private fa di questo progetto un ottimo esempio di quanto auspicato nel rapporto sulla Buona scuola che afferma che “l’investimento nella scuola non deve essere considerato solo una voce di spesa della PA, ma uno sforzo di tutto il Paese nel costruire il suo futuro. Per questo crediamo che le risorse pubbliche debbano servire anche per fare leva e attrarre sulla scuola molte risorse private, aumentando il legame delle scuole con le comunità locali e con il mondo del lavoro”. *direttore generale dell’Ufficio Scolastico Regionale per il Piemonte

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Obiettivo docente di riferimento. Per questo possiamo con convinzione affermare che Sicurascuola ha intrapreso un percorso di cambiamento delle forme di comunicazione nelle classi e nella scuola. Nella prospettiva di questa metodologia, la narrazione di elementi di vita quotidiana, a partire da brevi testi che riportano affermazioni o racconti tratti da incontri con altri studenti, è la base di una riflessione che ha l’obiettivo di creare un dialogo nella classe su temi considerati particolarmente rilevanti: ad esempio, la prevaricazione, la sicurezza, la fiducia. Il contenuto della narrazione offre l’opportunità di elaborare un percorso di riflessione che pone al centro dell’attenzione l’argomentazione degli studenti. L’Ufficio Scolastico Regionale per la Liguria condivide e sostiene manifesto, obiettivi e finalità della rete fin dal suo nascere nel 2007; i percorsi di rete si sono sempre mossi in un continuum accompagnato da figure professionali competenti caratterizzato da ricerca/intervento/valutazione esterna, sempre sostenuto da percorsi formativi. La valutazione si è concentrata sulla metodologia MNR e ne ha migliorato le modalità applicative. I docenti hanno accolto con favore e fertile partecipazione il processo valutativo, consapevoli della possibilità di crescere ulteriormente nella comunicazione dialogica. Per le comunità scolastiche e per i docenti in particolare, appartenere a Rete Sicurascuola significa uscire dalla autoreferenzialità e relazionarsi in rete all’interno e all’esterno della scuola per ricevere e dare professionalità in uno scambio paritario e solidale di competenze. Forti della convinzione che la comunicazione promuove apprendimento, rete Sicurascuola valorizza le persone: competenze professionali dei docenti e dei dirigenti oggi costituiti in équipe di operatori in MNR, partecipazione attiva degli studenti e del gruppo dei pari nella

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ELENCO SCUOLE IN RETE GENOVA ISTITUTO COMPRENSIVO ISTITUTO COMPRENSIVO ISTITUTO COMPRENSIVO ISTITUTO COMPRENSIVO ISTITUTO COMPRENSIVO ISTITUTO COMPRENSIVO ISTITUTO COMPRENSIVO ISTITUTO COMPRENSIVO ISTITUTO COMPRENSIVO ISTITUTO COMPRENSIVO ISTITUTO COMPRENSIVO ISTITUTO COMPRENSIVO ISTITUTO COMPRENSIVO ISTITUTO COMPRENSIVO

BOLZANETO BURLANDO CERTOSA LAGACCIO MOLASSANA OREGINA PONTEDECIMO PRATO RIVAROLO SAN TEODORO STAGLIENO TEGLIA VOLTRI 1 VOLTRI 2

PROVINCIA DI GENOVA ISTITUTO COMPRENSIVO ISTITUTO COMPRENSIVO ISTITUTO COMPRENSIVO ISTITUTO COMPRENSIVO ISTITUTO COMPRENSIVO ISTITUTO COMPRENSIVO

ARENZANO COGORNO DE ANDRE’ DI CASARZA LIGURE RONCO SCRIVIA SERRA RICCO’ /SANT’OLCESE SESTRI LEVANTE

ISTITUTO SUPERIORE DI GENOVA I.T.T.L.N.

SAN GIORGIO

ISTITUTO SUPERIORE PROVINCIA DI GENOVA I.I.S.

CABOTO

promozione di cittadinanza attiva, coinvolgimento dei genitori all’interno di una comunità dialogante, fondata sulla fiducia. Attualmente, attraverso il progetto Comunico e Apprendo, prescelto ai fini della realizzazione del Piano regionale di formazione dei docenti liguri, Docenti e Dirigenti della Rete si relazionano con esperti nel campo della Mediazione scolastica, della costruzione delle reti

di persone sul territorio e di promozione delle competenze di cittadinanza per promuovere e diffondere nelle scuole del nostro territorio tre metodologie e le corrispondenti tecniche: la facilitazione in classe, la mediazione dialogica di conflitti e relazioni interculturali, l’approccio di psicologia relazionale nella gestione dei problemi della classe e della scuola. *Direttore Generale dell’USR Liguria

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Obiettivo docente

COME USI LO SMARTPHONE A SCUOLA? Silvia Pagliuca*

Noi lo utilizziamo per esperimenti di fisica Tutti gli studenti usano quotidianamente lo smartphone, quasi nessuno però lo utilizza per la didattica. A Bergamo i ragazzi della classe prima dell’Istituto Tecnico “Leonardo da Vinci” hanno svolto delle attività di laboratorio proprio grazie al loro device. Questa scuola è da sempre attenta all’innovazione e alla tecnologia, utilizza metodologie didattiche innovative ed è dotata di strutture all’avanguardia (tutte le aule sono dotate di LIM e interconnesse alla rete Wi-Fi) e di laboratori (sono presenti laboratori di fisica, chimica, informatica, elettronica e domotica). Nel corso di fisica di quest’anno ciascun studente ha misurato l’accelerazione di gravità grazie al proprio smartphone e soprattutto ai servizi forniti da EERC. Questa piattaforma ha sviluppato un servizio gratuito, basato sull’integrazione tra cellulare e web, che consente di progettare un esperimento, realizzare misure, acquisire dati, elaborarli e condividerne i risultati. Sia il docente che lo studente possono accedere al sito www. eerc.it e “creare” il proprio esperimento. Può essere di meccanica, termodinamica, ottica, acustica, meteorologia, ecc. I sensori dell’esperimento sono presenti in tutti i cellulari di ultima generazione. Lo sperimentatore installa nel cellulare l’appeerc, reperibile dal sito, ed avvia la “registrazione” dei dati. Si configura la velocità di registrazione (tempo di campionamento) in base all’esperimento. Al termine, attraverso il sito, viene caricata la registrazione dei dati per un’analisi approfondita da parte della piattaforma online. L’analisi prevede considerazioni matematiche avanzate, realizzazione di grafici, integrazione con le mappe di Google ed esportazione di una presentazione in pdf da inviare al docente per un giudizio sulle considerazioni svolte. Il lavoro effettuato consisteva nel realizzare un pendolo semplice costituito dallo

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smartphone ed il caricabatteria. In una prima fase l’insegnante ha guidato la classe nell’attivazione del servizio web, ha illustrato le modalità operative, ha specificato obiettivi e criteri di valutazione. Gli studenti, divisi in gruppi di tre persone ciascuno, hanno realizzato il proprio pendolo, ne hanno misurato la lunghezza, lo hanno fatto oscillare più volte registrando i dati con l’appeerc. Successivamente si sono collegati al web ed hanno visualizzato i grafici, uno per esperimento, che riportavano sulle ascisse i tempi e sulle ordinate l’angolo di oscillazione. Da questi hanno determinato il valore del periodo. Misurati, quindi, lunghezza e periodo hanno potuto calcolare l’accelerazione di gravità ed il suo errore sperimentale. Al termine della fase sperimentale ciascuno studente ha realizzato una relazione in cui ha descritto l’esperimento, gli strumenti utilizzati, lo ha rappresentato tramite disegni e/o foto, lo ha corredato di tabelle e grafici (quelli del sito), ha calcolato i valori richiesti, illustrato la teoria associata e commentato criticamente i risultati ottenuti. La docente ha poi valutato tali lavori considerando la completezza e la chiarezza dell’elaborato, la capacità di analisi e sintesi, l’ordine e la precisione nei calcoli, la correttezza delle tabelle e dei grafici. Tutti gli studenti hanno partecipato attivamente all’attività didattica in quanto hanno in prima persona realizzato l’esperimento ed interpretato i risultati. Hanno appreso facendo. Hanno utilizzato i propri cellulari nella logica BYOD, Bring Your Own Device “porta il tuo dispositivo”, per cui la didattica viene fatta sui dispositivi di proprietà degli studenti. Hanno constatato che la grandezza fisica oggetto della prova non è solo un concetto astratto da memorizzare ma esiste ed è misurabile. Tutto questo grazie al loro entusiasmo, alla preparazione e al lavoro della loro docente 2.0, al supporto tecnico fornito da EERC ed il suo staff, alle attrezzature del “Leonardo da Vinci”. Sono un’appassionata dell’innovazione e credo nell’apprendimento collaborativo. Lavorare con i loro strumenti tecnologici, trasformare gli alunni da ricettori a protagonisti del loro sapere, permettergli di confrontarsi in un rapporto fra coetanei, secondo me, è una metodologia di lavoro costruttiva ed efficace. Grazie ad EERC ho portato la fisica sullo smartphone ed ho visto i miei studenti attivi, partecipi e consapevoli. In conclusione l’Istituto “Leonardo da Vinci”, utilizzando la tecnologica eerc.it, si dimostra all’avanguardia consentendo a tutti i ragazzi di avere il proprio laboratorio di fisica. Si apre così lo scenario didattico 2.0 in cui il laboratorio tradizionale viene affiancato da quello eerc che utilizza gli strumenti più a cuore ai ragazzi: cellulari ed internet. Il Leonardo da Vinci è disponibile a sviluppare partnership su questa metodologia didattica innovativa. *Docente centro studi “Leonardo da Vinci” Bergamo silvia.pagliuca@leomail.it

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Obiettivo docente

Nuove regole per una nuova dimensione culturale assicurativa

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no sguardo all’evoluzione dei rapporti tra gli utenti del servizio scolastico e l’amministrazione che tale servizio eroga mostra un sensibile aumento delle richieste risarcitorie a seguito di danni (veri o presunti) subìti dagli alunni. La ricerca delle cause remote di questo fenomeno ci conduce a una matrice di tipo psicosociologico. Il pieno riconoscimento dei diritti delle persone, che ha trovato attuazione nelle norme positive che hanno dato via via sempre più completa attuazione ai principi sanciti dalla carta costituzionale, e il rapporto paritetico tra cittadini e pubblica amministrazione instauratosi a partire dall’attuazione della legge n. 241/90, che ha fatto venir meno – giustamente – la “sudditanza” che il cittadino percepiva nei confronti delle amministrazioni pubbliche, retaggio del cosiddetto Stato prefettizio,

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di Riccardo Lancellotti* sono certamente implicati nel fenomeno di cui stiamo parlando. Ma è indubbio che questa evoluzione normativa abbia trovato terreno fertile nelle attuali famiglie, che – altrettanto giustamente – hanno dimostrato un crescente investimento (anche affettivo) sui figli (non di rado figli unici), non accettando che il benessere di questi ultimi potesse essere leso o anche semplicemente minacciato, con la conseguente richiesta di risarcimento dei danni subìti o subendi (o presunti tali). Potremmo affermare che questa è una delle conseguenze di quella che psicologi e sociologi chiamano “famiglia affettiva”. Ma il discorso può essere allargato, per motivi per certi versi analoghi, anche ai rapporti tra i lavoratori e il datore di lavoro,

che mostrano come i primi non abbiano più – anche in questo caso giustamente – quel timore reverenziale (degno della Cittadella di Cronin) che li induceva a tralasciare di intraprendere azioni di rivalsa per danni subìti durante o a causa dello svolgimento delle attività di servizio, e oggi sono pronti a intraprendere azioni legali sia per danni materiali che per danni morali o psicologici (si pensi al mobbing). Questa lunga premessa si è resa necessaria per introdurre il tema di questo articolo, che è dedicato alla tutela assicurativa delle istituzioni scolastiche. I nuovi dirigenti scolastici, mentre ancora freschi di studio si inter rogano sulla quota di leadership e la quota di managerialità che devono infondere nella loro azione di governo dell’istituzione scolastica alla quale sono preposti, si trovano (all’improvviso) a dover gestire

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Obiettivo docente

l’infortunio di un alunno o di un dipendente, o un’altra pretesa risarcitoria, e si rendono conto di quanto questo aspetto della loro professione, che probabilmente non li appassiona, possa rivelarsi insidioso e … oneroso, anche a livello personale. Poche organizzazioni hanno un numero di dipendenti cospicuo come quello di un istituto scolastico, che in aggiunta a questo risponde ogni giorno dell’incolumità di un numero infinitamente più grande di soggetti minorenni (gli alunni). Come sottolinea Sergio Auriemma(1), sulla scorta di alcune sentenze della Suprema Corte di Cassazione, quando un alunno si iscrive a una scuola si instaura un vincolo negoziale che include la vigilanza “sulla sicurezza e sull’incolumità dell’alunno nel tempo in cui fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni”. Quello che si genera è, quindi, un “contratto di protezione”, non dissimile da quello che si instaura nel rapporto tra il datore di lavoro e i lavoratori. Ancora secondo Auriemma, infatti, il datore di lavoro (che nella scuola

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si identifica con il dirigente scolastico) è tenuto a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del lavoratore. Le fonti normative, peraltro, non mancano, e vanno dall’art. 28 della Costituzione (“I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici”), all’art. 2043 del Codice civile (“Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”). Oltre a questo articolo del Codice civile, che delinea la cosiddetta “responsabilità aquiliana”, si deve tenere presente l’art. 2048, che delinea la responsabilità dei precettori e degli insegnanti in caso di danno cagionato da fatto illecito dei loro allievi o apprendisti nel tempo in cui sono soggetti alla loro vigilanza. Non è questa la sede per approfondire la differenza tra i due tipi di responsabilità, extracontrattuale (art. 2043) e contrattuale (art. 2048), i quali hanno conseguenze diverse in sede giurisdizionale. Riteniamo comunque di aver introdotto elementi sufficienti a far comprendere l’importanza, per gli istituti scolastici, di dotarsi di idonee coperture assicurative. E’ da dire, innanzitutto, che gli istituti scolastici dispongono di alcune coperture assicurative, anche se parziali. Una di queste è fornita dall’INAIL, ma è limitata, per quanto riguarda gli alunni, agli infortuni che accadono nel corso delle esperienze tecnico-scientifiche, delle esercitazioni pratiche (anche con l’uso di videoterminali) e di educazione fisica, e anche per il personale ci sono alcune limitazioni. Anche le Regioni forniscono una copertura assicurativa alle istituzioni scolastiche,

limitata ai soli infortuni. Le limitazioni sopra richiamate (in modo sommario – invitiamo a prendere visione delle circolari dell’INAIL e delle polizze specifiche per una informazione più precisa ed esaustiva) inducono gli istituti scolastici a stipulare propri contratti di assicurazione, a seguito di specifiche indagini di mercato e attraverso una gara d’appalto, anche perché le polizze sopra richiamate non comprendono la responsabilità civile verso terzi, che costituisce un requisito indispensabile, tra l’altro, per la partecipazione alle visite guidate e ai viaggi di istruzione. Tale assicurazione, cosiddetta “integrativa”, è a spese degli alunni e del personale che vi aderisce. La gara d’appalto che le istituzioni scolastiche devono effettuare, e per di più annualmente, essendo vietato alla pubblica amministrazione l’istituto del rinnovo tacito dei contratti per la fornitura di beni e servizi, sono particolarmente complesse, a causa dell’intrinseca complessità delle procedure di comparazione delle offerte in un campo così specialistico come quello assicurativo, anche per il divieto di ricorrere a broker assicurativi. Questa complessità apre le porte a possibili e non rari contenziosi, che possono paralizzare le procedure di gara con le conseguenze che facilmente si possono immaginare. E’ pertanto auspicabile che si metta un po’ d’ordine nella materia, cominciando per esempio con la stipula di convenzioni a livello nazionale tramite il Mercato Elettronico della Pubblica Amministrazione, in modo da fornire alle singole istituzioni scolastiche soluzioni condivise ed efficaci. 1

Auriemma S., voci “Infortuni degli alunni”, “Viaggi e visite guidate”, “Salute e sicurezza nei luoghi di lavoro”, Repertorio Dizionario normativo della scuola 2014, Notizie della Scuola, Tecnodid editrice, Napoli

*Dirigente Tecnico USR Lazio

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Obiettivo docente

Un esempio dove azienda e scuola operano insieme nel formare giovani di qualità

Progetto Desi L

a scuola da molto tempo non riesce a rigenerarsi, non produce più effetti sull’incremento della qualità, mentre l’attuale scenario di trasformazione sociale e culturale impone una nuova visione, la capacità di ripensarla. Il nuovo di cui abbiamo bisogno si rivolge alla scuola e si proietta oltre la scuola: il mondo dell’impresa ha bisogno della scuola, la scuola ha bisogno del mondo dell’impresa. Questo nuovo contesto è una sfida per tutti: sfida l’impresa chiamata a nuove responsabilità, sfida la scuola a misurarsi concretamente con le esperienze formative che possono offrire i luoghi di lavoro. È questo il filo rosso che può e deve tenere unito il tessuto sociale e industriale e la scuola, un rapporto che deve essere finalizzato a dare una prospettiva concreta ai giovani per contrastare il rischio dell’assuefazione alla sfiducia generalizzata nella scuola, nelle istituzioni, negli altri, nel futuro,

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di Alfonso Rubinacci in loro stessi. Non dobbiamo essere portati a credere che in campo educativo prevalgano logiche determinate dalle organizzazioni produttive improntate a saperi limitati perché ci sono la consapevolezza e la volontà che livello di conoscenze e competenze dei giovani deve crescere e continuare a essere considerato uno degli obiettivi prioritari del percorso formativo, fattore determinante dello sviluppo culturale ed economico del Paese. La riforma per la “Buona Scuola”, avviata dal Governo, sia pure con misure parziali, insufficienti, va in questa direzione. Si prefigge infatti, accanto all’arricchimento dell’offerta formativa, di rafforzare l’alternanza scuola lavoro prevedendo maggiori risorse dedicate e per un monte ore più alto di Alternanza in tutti gli ordini di scuola secondaria, almeno 200 nei

licei e 400 nell’istruzione tecnica e professionale. La scelte assunte rendono più semplice l’avvio e la gestione dei nuovi rapporti tra scuola e impresa. Si tratta di indicazioni che dando una più certa e chiara regolazione della gestione del rapporto possono sviluppare una strategia di maggiore sostegno anche da parte del mondo dell’impresa attraverso una politica industriale fonte di conoscenze e competenze, che riverbera sulle imprese stesse. Ma, oltre le previsioni di legge e risorse dedicate per incoraggiare e sostenere queste sinergie, servono, come dicono il DG dell’USR dell’Emilia Romagna, dott. Versari e il dott. Tossini della Lamborghini, volontà e impegno nel trovare le soluzioni ‘buone’ per soddisfare esigenze ed aspettative di tutte le parti in causa. E’ un comportamento decisivo e necessario per cambiare la debolezza del rapporto con il mondo

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Obiettivo docente

del lavoro, con una nuova cultura basata sul principio dell’interesse comune, della partecipazione caratterizzata dalla capacità di coinvolgere e ascoltare, rendere esplicite le istanze delle parti, condividere i ragionamenti sulle conseguenze delle decisioni in termini di risultati. Le condizioni per farlo ci sono come documenta l’iniziativa che prende le mosse dal Memorandum d’Intesa stipulato tra il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca della Repubblica Italiana con il Ministero Federale del Lavoro e degli Affari Sociali e il Ministero Federale dell’Educazione e la Ricerca della Repubblica Federale di Germania del 12 novembre 2012. Ora si tratta di far evolvere il modello, utilizzando gli spazi di flessibilità offerti dall’ ordinamento dell’ Istruzione degli Adulti come previsto dal DPR 263/2012, che potrebbe rappresentare un fattore determinante di successo occupazionale. La documentazione dell’esperienza vuole essere l’occasione per fare il punto della situazione, cercando di far emergere come le aziende vedono l’alternanza, quali le condizioni richieste per un’utile collaborazione tra realtà aziendale e istituzioni scolastiche e per inaugurare una nuova stagione per la scuola, per il Paese. Le interviste rilasciate dal Dott Stefano Versari, direttore generale dell’USR dell’Emilia Romagna

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e dall’ing Umberto Tossini, componente del comitato di direzione di Automobili Lamborghini per l’area risorse umane e organizzazione, evidenziano i principali nuclei tematici relativi alla forma di cooperazione formativa nel contesto aziendale e alle esigenze formative dei contesti produttivi. La cooperazione formativa nel caso di specie svolge anche una funzione di inclusione sociale per i giovani fuoriusciti dal circuito scolastico. In questo caso si ravvisa una forte vicinanza al modello duale tedesco. Il bando, infatti, è stato rivolto a giovani sotto i 25 anni che avevano conseguito una qualifica professionale triennale nel campo d’interesse e non avevano continuato gli studi offrendo loro l’opportunità di riprendere gli studi per conseguire il diploma quinquennale e avviarsi concretamente e in modo qualificato all’ingresso nel mondo del lavoro. Il percorso è coprogettato tra scuola e azienda su specificate competenze che soddisfano sia gli obiettivi/risultati previsti dalla scuola sia dall’azienda, prevede la ripartizione alla pari tra formazione di tipo scolastico (seppur declinata in modo innovativo e con apposita formazione dedicata dei docenti) e stage in azienda. Il ragazzo riceve un compenso di 600euro mensili per tutta la durata dei due anni di percorso che nel nostro sistema viene denominata quale ‘borsa di studio’ ma che nel sistema tedesco rientra nella modalità di

apprendistato. Le risorse economiche sono messe a disposizione dalle aziende che possono essere ritenute all’avanguardia nell’espressione di responsabilità sociale dell’impresa, in questo caso dalla Fondazione Volkswagen. La qualità del percorso è garantita dalla sinergia tra l’istituzione scolastica, che esprime capacità innovativa, apertura e competenza formativa, e l’azienda che riconosce il valore dell’investimento (“la formazione professionale è un pilastro importante della capacità tecnica e produttiva delle imprese”) ed è dotata di centri di formazione aziendali di qualità. Volontà e impegno sono l’espressione di una cultura che, come in Emilia Romagna, comincia a diffondersi nei nostri territori. L’attenzione che si richiede alla politica è quella di dotare le realtà organizzative territoriali di misure efficaci di governance, di risorse … non solo economiche per fare sistema e … crescere. Altrimenti ci corre il rischio concreto - chiosa il direttore Versari - “che tutto questo spesso poggia sulle gambe … di una o due persone, quando va bene. Non perché non vi siano competenze negli uffici. Molto più semplice: non vi sono quasi più persone … Spero si possa tenere presente – fra i tantissimi problemi da affrontare – la necessità che l’Amministrazione sia presto arricchita di risorse umane. Pena la sua estinzione proprio nel momento in cui le si chiede un forte rinnovamento”.

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Obiettivo docente LE INTERVISTE a cura di Paola Torre

“Start up Italy” Dr. Tossini è innegabile che Automobili Lamborghini si è dovuta confrontare con ostacoli endogeni alla propria struttura per “scaricare a terra” competitivi programmi di innovazione e sviluppo. Cosa sta cambiando, quali sono i punti di forza della vostra gestione? “L’Azienda si confronta quotidianamente con difficoltà di ogni genere e la gestione del cambiamento, in tempi di crescente complessità, è la chiave dei successi raggiunti. Alla base del programma DESI, che si inserisce in una strategia di Risorse Umane dedicata alla crescita individuale e professionale delle persone che lavorano nell’organizzazione o aspirano a lavorarci, c’è l’idea che le competenze trainano l’attività economica e creano opportunità e non viceversa. Nella cura, nel continuo adeguamento dei saperi e delle attitudini si risolve efficacemente sia la ricerca di senso individuale delle attività umane che la vocazione collettiva dell’organizzazione e del territorio.” Si parla sempre più concretamente di responsabilità sociale dell’impresa, come pensa si possa declinare questo principio, abbastanza nuovo nel nostro paese? “Partendo dalla consapevolezza etica dell’Impresa abbiamo sviluppato per Automobili Lamborghini una visione della responsabilità d’impresa che interviene su tre aree di attività: Ecologia, Economia e Società. Per ognuno di questi ambiti abbiamo lanciato progetti specifici allo scopo di contribuire ad un cambiamento dello stato delle cose, a partire dalla nostra mentalità. Penso ad esempio al progetto, ormai prossimo alla conclusione, relativo alla totale neutralizzazione delle emissioni di CO2 prodotte dal nostro stabilimento di Sant’Agata, per il quale abbiamo investito in diverse direzioni, dalla cogenerazione al biogas e al fotovoltaico.” La scuola è al centro del programma di Governo che punta molto sull’apporto del mondo imprenditoriale. D’altronde non è forse la

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Umberto Tossini è componente del Comitato di Direzione di Automobili Lamborghini per l’area Risorse Umane e Organizzazione, di Automobili. Ci racconta il progetto pilota Dual Education System, promosso d’intesa con l’Ufficio scolastico regionale dell’Emilia Romagna per studenti under 25 per un biennio di specializzazione tecnica a scuola e in azienda. scuola che prepara le risorse umane che servono al mondo economico e sociale, alle imprese, perché possano crescere e affrontare le sfide dei mercati? “Sicuramente le imprese possono e devono fare la loro parte in ottica di sistema, per sostenere efficacemente il cambiamento in atto e contribuire alla rinascita del nostro Paese. Ci sono approcci diversi sulle direttrici di questo cambiamento, ma si devono evitare le strumentalizzazioni e le polemiche inutili. La scuola ha grandi responsabilità ma non può risolvere da sola tutte le contraddizioni sociali, specialmente se non la si dota delle risorse necessarie. E’ una sfida per il cambiamento che si può vincere solo con il coinvolgimento delle persone che lavorano nella scuola, grazie alle loro competenze ed esperienze, ma anche mettendo da parte i personalismi e i pregiudizi, disegnando un futuro sostenibile basato su concetti forti di qualità e di efficacia della formazione.” Lamborghini, assieme a Ducati, è tra le prime grandi aziende italiane a sperimentare un progetto di collaborazione innovativa tra scuola e impresa. Un percorso che si propone di far conseguire ai giovani che hanno abbandonato i percorsi formativi un più alto livello di istruzione, f ino al conseguimento di un diploma quinquennale. Scenario che solo qualche anno fa appariva di difficile immaginazione. Vuole

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Obiettivo docente 25 anni di età e dimostrare for te passione ed interesse per una professionalità di tipo tecnico in ambito automotive. Il percorso prevede un percorso di 2 anni (circa 1500 ore) di cui il 50% a scuola in ambito laboratoriale secondo un preciso programma didattico, ed il restante 50% svolto sul luogo di lavoro – presso i Training Center Lamborghini e Ducati – con simulazioni ed esercitazioni su macchinari e linee di montaggio anche simulate. Al termine del biennio, i giovani potranno sostenere l’esame di stato per conseguire il Diploma di istruzione professionale ed ottenere una certificazione delle competenze tecnico-professionali acquisite durante il percorso, per agevolare il loro futuro inserimento nel mercato del lavoro.”

parlarci del progetto pilota Dual Education System? A che punto siamo? “L’idea di partenza che abbiamo sviluppato per DESI è legata alla formazione professionale, che è un pilastro importante della capacità tecnica e produttiva delle imprese. Non si tratta di un percorso residuale o di serie B come comunemente si crede. Si tratta invece di disegnare un percorso che, prevedendo un efficace interscambio tra istituti scolastici e centri di formazione aziendali, sia credibile per i ragazzi sia in termini di sforzo che di risultati. Questo per garantir loro competenze di base e specialistiche su cui investire ulteriormente in futuro, se lo vogliono, e ancor più per dare qualità ai prodotti e alle attività gestite da loro. Senza qualità nei risultati non si genera quel circolo virtuoso che premia i clienti (dell’Impresa) e gli utenti (della Scuola) e incoraggia a continuare.” Quali i giovani coinvolti? Quali sviluppi futuri per i giovani che aderiscono all’iniziativa? “I requisiti per l’ammissione al bando, pubblicato nell’agosto 2014, erano il conseguimento della qualifica professionale triennale in ambito meccanico o elettronico, non aver compiuto i

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Dr. Tossini, nella sua visione di responsabile dell’Area Risorse Umane e Organizzazione, quali ulteriori idee, proposte, forme di coinvolgimento con il sistema educativo del Paese potrebbe suggerire? Quali aspetti ritiene prioritario fondamentali per la grande realtà rappresentata da Lamborghini? “Penso che il riconoscimento delle competenze che l’Impresa ha al suo interno e la loro valorizzazione potrà essere occasione di altre collaborazioni con le istituzioni formative. Automobili Lamborghini per esempio, ha progetti specifici a seconda dei diversi percorsi formativi. Con Scuole e Medie e Superiori del territorio emiliano supportiamo programmi di orientamento scolastico e professionale e di alternanza scuola-lavoro. Per quanto riguarda il mondo Universitario, abbiamo collaborazioni con diverse Università italiane ed in particolare con l’Università di Bologna, attraverso la quale attiviamo stage e progetti di apprendistato. Abbiamo inoltre una partnership consolidata con Bologna Business School, con la quale condividiamo la promozione di una cultura basata sull’innovazione e sulla leadership.” …per il futuro c’è qualche altro progetto oltre a quello in corso? “Stiamo conducendo un progetto per i giovani laureati sotto il titolo di Start Up Italy, che prevede un periodo di tre mesi presso una delle consociate italiane del Gruppo, a cui fa seguito un piano di sviluppo di 21 mesi presso una sede Audi o Volkswagen in Germania. I giovani Ingegneri italiani hanno così la possibilità di conoscere due società del Gruppo e trarre vantaggio sia dal programma intensivo di formazione, sia dalla rete di relazioni personali.”

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Obiettivo docente

LE INTERVISTE

“Il saper fare”

L’

intervista dà voce a un protagonista impegnato nello sforzo di far crescere la partecipazione del mondo dell’impresa alla vita dei giovani, e non solo. Versari pone grande attenzione al coinvolgimento del mondo della scuola con le imprese del territorio. È nel contribuire a determinare questo scenario favorevole che si colloca, ad esempio, l’accordo con la Fondazione Ducati e Automobili Lamborghini Spa, rivolto ai giovani che hanno interrotto i percorsi di studio, dopo l’acquisizione della qualifica professionale, per realizzare un percorso duale sul modello tedesco e consentire loro dopo un biennio di conseguire il diploma di istruzione professionale. Direttore Versari, com’è il mondo dell’impresa visto dalla sua posizione di direttore generale? Quali sono le richieste che le sono rivolte dalle famiglie e dal mondo del lavoro? “L’impresa emiliano-romagnola è dinamica, con eccellenze in molti settori. Fra questi quelli della meccanica, e meccatronica - ad esempio nel settore automotive nel raggio di 30 km si trovano Ferrari, Maserati, Lamborghini e Ducati - della ceramica, dell’agroalimentare, della moda, del biomedicale. Sono solo alcuni fra i settori di punta. Queste imprese chiedono alla scuola di coinvolgere studenti a cui consentire di sperimentare nel percorso scolastico la cultura del lavoro. Analogamente le famiglie percepiscono sempre più la necessità che i propri figli comprendano già nel percorso scolastico che sapere e saper fare sono fra loro indissolubili e non contrapposti.”

Un punto importante delle politiche formative del Governo è il rapporto con il mondo dell’impresa. Come viene raccolto questo stimolo dal ‘suo’ territorio? Quali sono secondo lei le priorità emergenti? “Sempre più lo stimolo di cui lei parla viene raccolto sia dalle scuole che dalle imprese. C’è un pullulare di iniziative che vanno in questa direzione. Nella scuola si va diffondendo la convinzione che le imprese possano offrire grandi opportunità di qualificazione dell’offerta formativa. Realizzare stage, alternanza scuola-lavoro o apprendistato in aziende di eccellenza a livello mondiale significa sperimentare

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modalità professionali, relazionali, organizzative, di sicurezza sul lavoro che “fanno crescere” di molto le competenze dei nostri studenti. Consentendo loro di testare i talenti naturali per cui si sentono vocati. Al contempo le imprese stanno comprendendo che l’incontro con la scuola chiede loro di imparare meglio a entrare in relazione con un mondo cui sono connaturate attenzioni particolari, non fosse altro per il fatto che gli studenti perlopiù sono minorenni e in obbligo di istruzione. Per questo gli studenti nelle imprese sono sempre più accompagnati e sostenuti da qualificati tutor aziendali.” Il mondo dell’impresa dovrebbe farsi protagonista degli spazi che si sono da tempo aperti nel modo dell’istruzione e formazione: come potrebbe aiutare la scuola nello sviluppo del programma di recupero della dispersione scolastica, vera piaga del sistema educativo? Quali fattori hanno contribuito alla messa in campo del progetto DESI (Dual Education System Italy) in collaborazione con Ducati Motor e Automobili Lamborghini? “Innanzitutto voglio ricordare che l’esperienza Ducati- Lamborghini ha particolare rilievo ma non è l’unica. Fra le tante cito pure l’esperienza con Carpigiani S.p.A., azienda leader nel mondo delle macchine per la produzione del gelato artigianale. La produzione e distribuzione del gelato richiede professionalità diverse: dalla produzione di macchine per gelato, alla gestione e lavorazione dei prodotti agro-alimentari, alla distribuzione e la commercializzazione del gelato. A questi fini sono stati definite curvature dei curriculum accompagnate da percorsi di alternanza scuola-lavoro, riguardanti l’istruzione meccanica e quella enogastronomica. Venendo al progetto DESI (dual education sistem italy), nasce dalla disponibilità finanziaria della Fondazione Volkswagen al cui gruppo fanno capo Ducati e Lamborghini, con sede in provincia di Bologna. Dopo un complesso lavoro preparatorio – si trattava di definire intese con un gruppo internazionale con sede in Germania – il 1 agosto 2014 ho firmato come Ufficio Scolastico Regionale e con l’Assessorato alla scuola della Regione, l’intesa con Ducati e Lamborghini per sviluppare un percorso di istruzione e training on the job. All’intesa è seguita il 4 agosto 2014 la pubblicazione del Bando rivolto a studenti che avessero raggiunti la qualifica professionale senza proseguire gli studi. L’intento era di recuperare al percorso formativo un numero consistente di ragazzi (48) ed

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Obiettivo docente al contempo modellare il loro percorso con meno lezioni d’aula, riconoscendo competenze formative da acquisire in attività laboratoriali e in un significativo percorso di alternanza scuola-lavoro. Il tutto accompagnato da una borsa di studio mensile per i due anni di scuola-lavoro (non in linea).” Quali le novità del progetto? “Quella sostanziale è l’avere superato la concezione di una alternanza scuola-lavoro distinta e distante dal percorso scolare. In questo caso lezioni in aula, attività laboratoriali e alternanza superano ogni separatezza integrandosi fra loro anche ai fini del riconoscimento delle competenze disciplinari acquisite. L’obiettivo è il conseguimento del diploma professionale quinquennale ed al contempo la maturazione di solide competenze del lavoro. L’innovatività della iniziativa è stata sottolineata dallo stesso Ministro dell’Istruzione Sen. Giannini, che ha partecipato alla presentazione del progetto il 23 marzo scorso presso i due stabilimenti.” Quali sono gli sviluppi previsti per i giovani che aderiscono all’iniziativa? “Per i giovani coinvolti è probabile, più che possibile, l’assunzione in una delle due aziende in cui viene svolto il percorso formativo o nelle aziende dell’interland ad esse collegate. Già ora la suddivisione degli studenti in due squadre, una per Ducati e l’altra per Lamborghini, ha portato ad una forte motivazione nell’impegno negli apprendimenti e fidelizzazione al “clan” lavorativo. Stanno divenendo capaci di comprendere le tre fondamentali regole del lavoro: competenza disciplinare, relazionalità e sicurezza. Un grande risultato per ragazzi che avevano da più di un anno interrotto gli studi.” Quali le caratteristiche didattiche del progetto DESI? “Difficile una sintesi. Potrei dire: una dettagliata definizione degli obiettivi formativi e degli step di avanzamento, sia per quanto riguarda la fase “scolastica” sia quella “aziendale”. La programmazione congiunta di docenti e tutor aziendali. Interventi per recuperare le differenze nella preparazione

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iniziale degli studenti (con attivazione di un corso di italiano lingua 2 per gli studenti stranieri e insegnamento per livelli di inglese). Formazione specifica del personale docente delle scuole coinvolte (il Belluzzi e l’Aldini-Valeriani di Bologna) alla didattica per competenze, alla didattica per progetti, alla peer education, all’ inizio del primo e del secondo anno. Brevi moduli disciplinari “teorici” e di materie di area generale (italiano, matematica, inglese) anche nel corso della fase aziendale, per evitare la dispersione di competenze non ancora consolidate. Ampio utilizzo degli spazi di flessibilità offerti dall’ ordinamento dell’ Istruzione degli Adulti.” Da questa esperienza sembra emergere l’esigenza di individuare nuove forme di relazione tra domanda sociale di formazione ed esigenze del mercato del lavoro: le sembra la strada giusta? Come ritiene che si possa realizzare un’innovazione effettiva del nostro sistema d’istruzione e formativo? “Si, è sempre più evidente la necessità di nuove forme di relazione fra scuola e impresa. Non si tratta di sudditanza ma, appunto, di relazione fra soggetti con pari dignità che devono collaborano sui piani possibili di intesa. Per questo occorre superare rigidità convenzionali che più che dalla norma derivano da nostri habitus mentali. La norma già ora consente una quantità enorme di possibili declinazioni. DESI cos’è, una alternanza rinforzata? Non ha più senso ragionare per categorie. Si tratta di declinare gli spazi della norma nelle concrete realtà individuando spazi praticabili nell’interesse formativo dei ragazzi. Questo è quello che stiamo tentando con fatica di realizzare con tutti gli interlocutori possibili.” Perché con fatica? “Perché queste attività chiedono una grande capacità di interlocuzione fra istituzioni pubbliche e private. Una capacità di relazione che non può rimanere in capo alla singola scuola se vogliamo “fare sistema”. Il compito spetta in primo luogo all’Ufficio Scolastico Regionale che deve mettere in campo competenza e fatica. Il problema è che tutto questo spesso poggia sulle gambe … di una o due persone, quando va bene. Non perché non vi siano competenze negli uffici. Molto più semplice: non vi sono quasi più persone. Nell’intervento legislativo sulla Buona Scuola spero si possa tenere presente – fra i tantissimi problemi da affrontare – la necessità che l’Amministrazione sia presto arricchita di risorse umane. Pena la sua estinzione proprio nel momento in cui le si chiede un forte rinnovamento.”

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Obiettivo docente

L’esperienza del Convitto Nazionale “Paolo Diacono” di Cividale del Friuli

La qualità è il frutto di un impegno

L’

esperienza rappresentata dal Convit to Nazionale ‘Paolo Diacono’ di Cividale del Friuli è un esempio di eccellenza del nostro sistema educativo. Una scuola che è al passo con i tempi e che punta sull’internazionalizzazione per attingere da un confronto e da sinergie internazionali lo stimolo ad un innovazione culturale che si rif lette tanto sull’organizzazione come sui risultati d’apprendimento e le competenze dei suoi allievi. Il Prof. Oldino Cernoia, dirigente scolastico e rettore del Convitto, rappresenta un esempio di dirigenza lungimirante e capace di interpretare e dare risposta alle istanze del territorio nel quale vive e si sviluppa la scuola. In merito al dibattito in corso sulla dirigenza scolastica, secondo quanto previsto all’art.9 del DDL sulla scuola, attualmente

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di Nicoletta Ferroni in discussione al Parlamento, al rettore Cernoia “Non … piace la definizione odierna del dirigente “sceriffo”, perché non è realistica e perché non si tratta di esercitare un potere assoluto ma di affidare ad un dirigente la possibilità di decidere in base a criteri trasparenti e condivisi”.Facendo riferimento alla sua esperienza sul campo e al rapporto di fiducia e collaborazione instaurata e consolidata nel tempo con tutto il personale del Convitto e in particolare con i docenti, osserva che ciò significa solo “un’assunzione di maggiori responsabilità ed impegno”, I molti progetti internazionali attivati dal Convitto, grazie a collaborazioni con Dipartimenti dell’Educazione stranieri e

varie realtà estere di formazione, coinvolgono appieno la professionalità docente e ne favoriscono lo sviluppo. STUDIARE IN FRIULI, attiva dal 2001, è rivolta specificatamente a studenti discendenti di emigranti friulani; la rete nazionale di scuole FRI. SA.LI che coinvolge Istituti del Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Liguria negli scambi scolastici internazionali, con la promozione MIUR, ha stipulato accordi d’intesa con Dipartimenti dell’Educazione (Queensland -Australia, Jiangsu - Cina, Salta - Argentina), con Consolati (Brisbane) e con singole scuole estere. I progetti di scambio Italia/Russia, il progetto internazionale Kepass, la partecipazione alla rete internazionale delle scuole associate all’UNESCO, sono tutte opportunità di scambi culturali e didattici, che richiedono impegno

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Obiettivo docente

e dedizione, per l’educazione alla cittadinanza, nella promozione e educazione al rispetto delle leggi costituzionali e per la difesa del patrimonio materiale e immateriale dell’umanità e nella prospettiva di uno sviluppo sostenibile. In questa prospettiva si collocano tutti i progetti educativi legati alla partecipazione alla rete UNESCO, per rafforzare l’impegno delle nuove generazioni nella promozione della comprensione delle prospettive di sviluppo internazionale e della pace. Il prem io ‘Paolo Diacono’, quest’anno per la prima volta dedicato al riconoscimento dell’impegno sostenuto da Ministeri dell’Educazione stranieri, Russia e Australia, è un’iniziativa innovativa e che vuole rafforzare i legami e la collaborazione con i partner internazionali. Mrs. Tracy Corsbie, Direttore Generale del Dipar timento dell’Educazione e della Formazione dello Stato del Queensland (Australia), dichiara “Al centro poniamo l’ importanza di comprendere altri popoli, culture diverse e nuovi punti di vista. Gli scambi di studenti e insegnanti che abbiamo realizzato sin dal nostro primo contatto, nel 2007,

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sono f inalizzati a promuovere tale comprensione. Pertanto siamo orgogliosi di portare avanti una collaborazione speciale, fortemente voluta da entrambe le parti, che persegue un obiettivo condiviso: realizzare progetti di eccellenza nei settori dell’istruzione e della formazione dei giovani.” E prosegue “Ho avuto la fortuna di sperimentare in maniera diretta i vantaggi del programma di scambio. In qualità di rettore della North Lakes State College - dove l’Italiano è l’unica lingua straniera che viene insegnata - ho infatti ospitato la delegazione Fri.Sa.Li per la firma del più recente protocollo d’intesa firmato nel 2014, in virtù del quale proseguiremo con le attività internazionali di scambio sia per gli studenti che per i docenti.” Così anche Mr. Walter Mario Grahovac, Ministro dell’Educazione della Provincia di Cordoba (Argentina) esprime il suo riconoscimento “Abbiamo avviato la collaborazione con il Convitto Nazionale ‘Paolo Diacono’ nel 2001 con il progetto “Studiare in Friuli”, che ci ha permesso di favorire una serie di scambi riservati a studenti e docenti che,

anno dopo anno, hanno consolidato i rapporti di collaborazione creando una solida rete comunicativa che lega tutt’ora i due Paesi e le comunità di riferimento. Gli obiettivi sono pienamente condivisi, e si inseriscono in un’ottica di promozione di un’educazione di qualità e di arricchimento formativo.” “Siamo orgogliosi – dichiara il rettore Cernoia- di tagliare un traguardo così importante come quello del premio Paolo Diacono. E’ la conferma di un’intuizione che avemmo anni fa di allargare lo sguardo a quelle relazioni internazionali che, in maniera sempre più consistente determinano il futuro dei giovani” Come tante altre valide ed encomiabili esperienze di valore nella scuola, dal Friuli Venezia Giulia si diffonde una collaborazione educativa, formativa e culturale che da scuola a scuola arriva all’Argentina, all’Australia, alla Russia e altri paesi vicini e lontani, per formare le generazioni future e consentire loro di possedere una visione più ampia, che li renda capaci di relazioni fondate sulla reciproca conoscenza e rispetto. Un contributo allo sviluppo e alla pace.

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Obiettivo docente LE INTERVISTE a cura di Nicoletta Ferroni

Intervista prof Oldino Cernoia, dirigente scolastico e Rettore Convitto Nazionale ‘Paolo Diacono’ di Cividale del Friuli

“Una vocazione internazionale”

L’

intervista/racconto che segue dà voce al prof Oldino Cernoia, dirigente scolastico e Rettore Convitto Nazionale ‘Paolo Diacono’ di Cividale del Friuli, impegnato a far crescere, nei dirigenti, docenti, studenti, famiglie, organizzazioni e nelle istituzioni italiane ed internazionali la partecipazione attiva alla vita della scuola e a far convergere l’attenzione su un obiettivo strategico, quello dello sviluppo della dimensione internazionale nei percorsi scolastici, che potrebbero diventare realmente una grande opportunità per i giovani. ll prof. Oldino Cernoia è Rettore/Dirigente Scolastico del Convitto Nazionale “Paolo Diacono” di Cividale del Friuli dall’a.s. 1986-87 (con un breve periodo di interruzione dal 2009 al 2012). Per 10 anni ha inoltre svolto la funzione di presidente dell’ANIES (associazione che collega i diversi Convitti Nazionali). Il prof Cernoia ha contribuito a far crescere la portata internazionale dell’Istituzione attraverso, anche, l’attivazione di numerosi progetti con diversi Ministeri dell’educazione stranieri. Quello di Rettore è un lavoro che svolge con grande entusiasmo e professionalità, tipico di chi affronta il quotidiano come se fosse una passione, e non un dovere. Ma la caratteristica che più lo

contraddistingue è la capacità di trasmettere la sua passione a tutti i collaboratori, fin dal mattino quando, con passo sicuro e con sorriso contagioso, fa ingresso nel suo ufficio, per gestire i diversi aspetti dell’Istituzione scolastica. Rettore cosa fa di preciso Il Convitto? “Il Convitto Nazionale è una Istituzione educativa dello Stato di lunga tradizione essendo istituito nel 1876.All’inizio aperto per formare le nuove generaziooni dopo le guerre e la nascita dello Stato italiano ed oggi inserito nel complesso panorama educativo italiano offrendo percorsi educativi ampi e articolati. Al Convitto di Cividale sono iscritti convittori,semiconvittori ed alunni inseriti nelle scuole interne.una scuola primaria,un istituto di primo grado (scuola media) e quattro licei (scient ifico,classico,linguistico e scienze umane) per un totale di oltre un migliaia di giovani e 230 dipendenti tra docenti,educatori ed ATA. In questi anni il Convitto è diventato un polo per le relazioni internazionali favorendo progetti di scambio con oltre 30 paesi nel mondo inserendo anche nei propri percorsi curricolari studenti di molti paesi eztraeuropei e figli di corregionali friulani nel mondo. Amo definire il Convitto un campus per il nuovo millennio dove la mobilità studentesca e le tecnologie oltre ai programmi curricolari sono tesi alla formazione globale dei nostri alunni.” Ama qualcosa in particolare del suo lavoro? “Dopo tanti anni di carriera dirigenziale sono ancora appassionato del mio lavorro per tutte le opportunità che mi offre. Lavorare con personale motivato e progettuale, offrire agli studenti percorsi innovativi dalle elementari alle superiori, confrontarsi con realtà educative nel mondo, sentirsi protagonista nel proprio Istituto con la condivisione di molti, avere un dialogo con il proprio territorio e con le Istituzioni, essere un punto di riferimento per il Ministero della pubblica Istruzione in tante attività di livello nazionale e internazionale, tutto questo è diventato un patrimonio che vorrei fosse utilizzato nel futuro ovviamente con tutte le innovazioni dovute al progredire della nostra società.”

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Obiettivo docente Fa sempre le cose in cui crede? “I miei collaboratori sanno che utilizzo un motto “quando avete un problema pensate anche almeno ad una soluzione”. Non mi piace perdere tempo in inutili discussioni e sopratutto in quelle che non portano ad una decisione. Meglio decidere che rinviare. Non mi piace la definizione odierna del dirigente “sceriffo” perché non è realistica anche perchè non si tratta di esercitare un potere assoluto ma di affidare ad un dirigente la possibilità di decidere in base a criteri trasparenti e condivisi . Questo è un’assunzione di maggiori responsabilità ed impegno. Ad maiora.” Che cosa rappresenta il prestigioso Premio Paolo Diacono per il Convitto Nazionale e quali sono le novità di questa settima edizione? “Attraverso il Premio Paolo Diacono noi esprimiamo la nostra gratitudine nei confronti di eminenti personalità legate al Convitto che si sono adoperate per sostenere l’educazione e la formazione dei giovani – ha aggiunto inoltre - In un’ottica di promozione del dialogo e dello scambio continuo tra sistemi educativi europei ed extraeuropei e nel rispetto del proprio compito educativo istituzionale, il Convitto intende investire nelle relazioni internazionali, per creare basi solide su cui gli studenti possano costruire il loro percorso individuale con ottimismo e fiducia. Quest’anno per la prima volta abbiamo scelto di assegnare il riconoscimento a dei Ministeri dell’Educazione stranieri, di Russia e Australia, accanto all’onorevole Giorgio Santuz. Un messaggio importante che colloca il Convitto con forza sempre maggiore in una dimensione internazionale.” La vocazione internazionale è un punto qualificante del Convitto. Quali sono le più significative attività in programma e quali sono gli obiettivi? “Il Convitto Nazionale “Paolo Diacono” mette a disposizione dei giovani laboratori all’avanguardia, offre l’insegnamento della lingua russa, propone scambi linguistici e culturali e soggiorni scolastici non solo nei paesi dell’Unione Europea, ma anche nel resto del mondo. Ci sono poi molti progetti internazionali che realizziamo grazie all’attivazione di collaborazioni e sinergie con Dipartimenti dell’Educazione stranieri e con realtà estere, preposte alla formazione dei giovani, come ad esempio: STUDIARE IN FRIULI, che dal 2001 consente a numerosi studenti esteri,

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discendenti di emigranti friulani, di beneficiare di una borsa di studio e vivere, per un anno scolastico, presso il CNPD, frequentare i Licei annessi ed affrontare, assieme ai coetanei,, i problemi della loro età; la rete nazionale di scuole FRI. SA.LI, fondata da Istituti collocati in Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Liguria e coinvolta negli scambi scolastici internazionali, in sintonia con le direttive del Ministro della Pubblica Istruzione e i piani di sviluppo della Direzione Generale per gli Affari Internazionali. La rete FriSaLi stipula accordi d’intesa con Dipartimenti dell’Educazione (ad es. Queensland -Australia, Jiangsu - Cina, Salta - Argentina), con Consolati (Brisbane) e con singole scuole. Vengono anche sviluppate attività internazionali di scambio in periodi non scolastici con l’Australia, grazie agli ottimi rapporti intrapresi con il Ministero dell’Educazione dello stato del Queensland sulla base di un accordo decennale. Ci sono poi progetti di scambio Italia/Russia, che prevedono la presenza di studenti del Liceo Linguistico di San Pietro al Natisone, annesso al Convitto Nazionale “Paolo Diacono”, in Russia per realizzare stage in lingua russa presso l’Università di Mosca, con rilascio di certificazione di conoscenza linguistica. E viceversa. Inoltre, alcuni studenti albanesi hanno avuto la possibilità di studiare per tre mesi al “Paolo Diacono”. Sono studenti frequentanti le scuole secondarie di secondo grado di Valona, selezionati nell’ambito del progetto internazionale Kepass, e che a Cividale frequenteranno il Liceo Scientifico annesso al CNPD. Analogamente, alcune studentesse frequentanti i Licei annessi al Convitto, si sono recate in Bosnia, e a Valona, nella reciprocità dello scambio.” Il CNPD è una scuola associata Unesco. Questo inserimento quali opportunità offre agli studenti? “Il Convitto Nazionale “Paolo Diacono” fa parte della rete internazionale delle scuole associate all’UNESCO. Questo inserimento offre diverse opportunità di scambi culturali e didattici, per quanto concerne in special modo l’educazione alla cittadinanza, nel rispetto delle leggi costituzionali e a difesa del patrimonio materiale e immateriale e dello sviluppo sostenibile. La realizzazione dei progetti educativi legati all’UNESCO ha lo scopo di rafforzare l’impegno delle nuove generazioni nella promozione della comprensione delle prospettive di sviluppo internazionale e della pace. PREMIO PAOLO DIACONO 2015”

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Obiettivo docente LE INTERVISTE a cura di Federica Pettarin

Mrs. Tracy Corsbie Direttore Generale del Dipartimento dell’Educazione e della Formazione dello Stato del Queensland (Australia). Cosa rappresenta il Premio Paolo Diacono per il Vs Ministero? “Ricevere questo prestigioso riconoscimento è un grande onore per il Dipartimento dell’Educazione e Formazione del Queensland. Il Premio va a consolidare e rafforzare il rapporto che abbiamo sviluppato negli ultimi dieci anni con il Convitto Nazionale ‘Paolo Diacono’ attraverso la Rete Fri.Sa.Li.” Come valuta la collaborazione internazionale con l’Italia attraverso il Convitto Nazionale Paolo Diacono e quali sono gli obiettivi delle prossime attività? “Siamo uniti da uno scopo comune che è quello di preparare al meglio i nostri studenti ad affrontare un mondo in rapida evoluzione e sempre più globalizzato. Al centro poniamo l’importanza di comprendere altri popoli, culture diverse e nuovi punti di vista. Gli scambi di studenti e insegnanti che abbiamo realizzato sin dal nostro primo contatto, nel 2007, sono finalizzati a promuovere tale comprensione. Pertanto siamo orgogliosi di portare avanti una collaborazione speciale, fortemente voluta da entrambe le parti, che persegue un obiettivo condiviso: realizzare progetti di eccellenza nei settori dell’istruzione e della formazione dei giovani. Ho avuto la fortuna di sperimentare in maniera diretta i vantaggi del programma di scambio. In qualità di rettore della North Lakes State College - dove l’Italiano è l’unica lingua straniera che viene insegnata - ho infatti ospitato la delegazione Fri.Sa.Li per la firma del più recente protocollo d’intesa firmato nel 2014, in virtù del quale proseguiremo con le attività internazionali di scambio sia per gli studenti che per i docenti. Nel corso degli ultimi sei anni, circa 75 studenti italiani hanno partecipato a tre esperienze di studio a North Lakes State College – organizzate e programmate assieme al Convitto. Rientra nella collaborazione anche il premio Studitalia, istituito per incoraggiare e promuovere lo studio della lingua italiana nelle scuole del Queensland e per premiare gli studenti più meritevoli.”

Mr. Walter Mario Grahovac Ministro dell’Educazione della Provincia di Cordoba (Argentina) Cosa rappresenta il Premio Paolo Diacono per il Vs Ministero? “Siamo davvero onorati di essere qui a Cividale e di ricevere un prestigioso riconoscimento come il Premio Paolo Diacono, che rappresenta per noi una valida e significativa testimonianza di un percorso altamente educativo che continuiamo a perfezionare per permette ai nostri giovani studenti di formarsi e crescere in uno scenario internazionale, attraverso il confronto e lo scambio continuo con i loro coetanei che provengono da un paese diverso.” Come valuta la collaborazione internazionale con l’Italia attraverso il Convitto Nazionale Paolo Diacono e quali sono gli obiettivi delle prossime attività? “Abbiamo avviato la collaborazione con il Convitto Nazionale ‘Paolo Diacono’ nel 2001 con il progetto “Studiare in Friuli”, che ci ha permesso di favorire una serie di scambi riservati a studenti e docenti che, anno dopo anno, hanno consolidato i rapporti di collaborazione creando una solida rete comunicativa che lega tutt’ora i due Paesi e le comunità di riferimento. Gli obiettivi sono pienamente condivisi, e si inseriscono in un’ottica di promozione di un’educazione di qualità e di arricchimento formativo.”

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Onorevole Giorgio Santuz già ministro della Repubblica, Presidente dell’Ente Friuli nel Mondo ha il merito di aver creduto pienamente nella progettualità delle iniziative “Studiare in Friuli” e “Visiti”. Onle Santuz cosa rappresenta il Premio Paolo Diacono per Lei? “Sono onorato di ricevere questo riconoscimento da un’Istituzione che ha dimostrato di avere una vocazione internazionale molto forte, capace di guardare oltre, verso nuove frontiere, in grado di promuovere due aspetti centrali nell’educazione e nella formazione dei giovani: l’internazionalità e il rispetto alla diversità. Quando ero Presidente dell’Ente Friuli nel Mondo, ho sostenuto i progetti di scambio culturale a favore degli studenti provenienti da famiglie friulane residenti all’estero. Credo infatti che le collaborazioni internazionali siano una grande ricchezza, perché aprono la mente, attivano dei percorsi di avvicinamento, di conoscenza e di approfondimento verso altre culture e verso nuovi mondi, offrendo ai giovani un bagaglio di competenza e consapevolezza utile alla loro crescita personale, che altrimenti non avrebbero la possibilità di sviluppare. In un contesto sempre più globale, è fondamentale conoscere per capire il nuovo, confrontarsi per apprezzare il diverso, e gli scambi internazionali offrono agli studenti questa grande opportunità.”

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Zoom Alla scoperta di giraffe, ippopotami, lemuri e rapaci ZOOM Torino è il primo bioparco immersivo d’Italia: 160.000 mq in cui incontrare circa 300 animali, tra cui lemuri, giraffe, ippopotami, gibboni, istrici e tigri, che vivono in habitat naturali ricreati ad hoc per loro, senza reti, gabbie o barriere, ma cespugli e vasche d’acqua, per un tuffo in Asia e in Africa, ma a due passi da Torino. Un luogo unico, un vero e proprio laboratorio a cielo aperto dove approfondire le tematiche ambientali e scoprire gli animali interagendo con loro grazie alla presenza di educatori e biologi. “Abbiamo scelto di portare i nostri alunni in gita a ZOOM – raccontano le insegnanti che hanno accompagnato gli alunni nella primavera 2015 - perché è un moderno parco zoologico che racchiude in sé divertimento ed educazione: un luogo dove i bambini si divertono, ma allo stesso tempo apprendono il rispetto per l’ambiente e le creature che vi abitano e soprattutto possono entrare in contatto con specie animali originarie di mondi lontani, come i pinguini africani, le giraffe e gli ippopotami.” Da quest’anno la giornata degli

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alunni prevede, oltre alla visita del parco assistita dai keeper di ZOOM che accompagnano le scuole alla scoperta dei 6 diversi habitat, fanno loro conoscere gli animali presenti nel bioparco e raccontano le caratteristiche e curiosità delle specie, la possibilità di partecipare a numerose attività didattiche, studiate ad hoc dal Settore Educazione del bioparco e diversificate per ogni ordine e grado (dalla scuola dell’infanzia alle medie superiori), dai laboratori sensoriali ai giochi a squadra, dalle prove pratiche alle lezioni tematiche. L’obiettivo dell’offerta didattica di Zoom è, infatti, garantire a tutti un bagaglio di conoscenze in grado di valorizzare le eccellenze personali. Sono stati studiati, quindi, percorsi didattici sempre più interdisciplinari, per conferire una “unitarietà della conoscenza”, e coerenti con le linee guida delineate dal curriculo nazionale. Zoom, proponendosi come esperienza unica, interdisciplinare e incentrata sulla condivisione e preparando un percorso complesso strutturato in pre-visita (grazie al Quaderno Didattico ZOOM inviato alle scuole, gli insegnanti possono

preparare gli alunni alla visita già in classe), visita e post-visita, diventa promotore di un nuovo concetto di educazione che pone l’alunno al centro dell’esperienza. Un modo innovativo per educare le generazioni future al rispetto per la biodiversità, per creare una cultura che possa contribuire a salvaguardarla, e combattere il pericolo d’estinzione di molte specie animali, e per stimolare i giovani al saper essere e al saper fare. Tutte le scuole possono prenotare la gita scolastica al bioparco e scegliere tra diverse soluzioni tra le quali l’opzione gita + bus che permette con una sola telefonata di organizzare tutta la gita, compresi i trasporti. Le gite sono rinviabili a causa del maltempo senza alcuna penale. ZOOM Torino è il primo bioparco immersivo d’Italia. Niente reti, gabbie e cancelli, ma cespugli e vasche d’acqua che fungono da barriere naturali. Un percorso che si snoda tra 160.000 metri quadrati, un viaggio emozionante, curioso e sorprendente, alla scoperta di due continenti, l’Africa e l’Asia, dove incontrare gli animali in habitat ricreati ad hoc per loro: Serengeti, Madagascar, Sumatra, Anfiteatro di Petra, Bolder Beach, Fattoria del Baobab.

ZOOM TORINO Strada Piscina 36, 10040 Cumiana (TO) booking@zoomtorino.it 011 9070419 www.zoomtorino.it

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le g ite del mese

Attività didattiche, incontri con i biologi e interazione con gli animali: a ZOOM si impara sul campo!


La Scuola racconta l’Europa di Antonio Augenti

GENERAZIONI CONTRO?

I

ntroduco la più generale rif lessione che più avanti farò sull’interlocuzione tra le generazioni giovanile e adulta con due brevi notazioni. La prima: sono in atto da tempo ricerche condotte in vari paesi sulla crisi che attraversano i giovani: insoddisfazione, difficoltà individuali di natura psicologica, mancanza di relazione affettiva, sfiducia nelle istituzioni, apatia, ostilità nei confronti degli adulti. Tutto ciò è vero, o verosimile; sono, tuttavia, affezionato all’idea, da alcuni condivisa, secondo la quale tutto ciò che oggi si riversa sui giovani negativamente si deve al malessere più generale che la società contemporanea avverte, percorsa – come nota U. Galimberti – da un sentimento permanente di insicurezza e di precarietà. Una seconda considerazione vorrebbe indagare sui caratteri interni di quelle che vengono chiamate le nuove generazioni, alle quali ci rivolgiamo con la presunzione d’impartire loro insegnamenti e consigli. M. Mitterauer, nel richiamare il concetto che in sociologia si ha di generazione, definisce quest’ultima come “totalità degli individui che, all’interno di una comunità sociale più ampia, sono legati dagli stessi valori, esperienze e atteggiamenti”; oppure “l’insieme di quanti hanno all’incirca la stessa età nell’ambito di un gruppo culturale, per la loro comune situazione storico-sociale presentano atteggiamenti, motivazioni, orientamenti e valori analoghi”.

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Si può, forse, notare che, al netto della variabile età, è sempre difficile generalizzare in quelle che chiamiamo generazioni (vecchie e nuove) caratteri che ne evidenziano comuni identità di valori e stili di vita, aspettative, sogni e aspirazioni simili o, ancora, paure e insicurezze. Contrapporre vecchie e nuove generazioni sulla base di categorie concettuali diverse sul piano dei valori, delle aspettative di vita e di modelli comportamentali è una moda ma anche un azzardo. I giovani sono quelli violenti, i cosiddetti antagonisti che non accettano i modelli fatti propri dagli adulti? O sono quelli che si spendono nel volontariato, collaborativi, solidali? E gli adulti sono quelli stanchi, che hanno concluso il proprio itinerario di vita e sono per loro natura statici, non dinamici? Sono quelli che hanno sposato un modello culturale non in grado d’interpretare i nuovi bisogni sociali che la società contemporanea rileva, o sono quelli che riescono ancora a leggere un futuro che esige capacità di sogno, di utopia e di cambiamento? La differenza tra adulti e giovani sta nel lavoro e nell’istruzione? No, la dimensione vera della persona sta nella sua autenticità, nel profondo di una personalità che non ammette il gioco delle mezze verità e, soprattutto, una indebolita capacità di apprendimento, di voglia di permanente consapevolezza di ciò che la realtà continuamente costruisce

e propone. Un’alleanza tra generazioni è, dunque, possibile. La progettazione di un disegno politico e culturale innovativo, quello che mira a fare dell’Europa una vera casa di condivisi valori, può essere il campo di esercizio e di verifica di un’opportunità d’intesa e di collaborazione intragenerazionale. Certo, la generazione dei giovani e quella degli adulti non si guardano con benevolenza. La prima sospetta che l’altra non riesca ad accettarla: troppa inquietudine e insofferenza, troppa intolleranza e diffidenza reciproche. Il malessere collettivo e la paura possono paradossalmente favorire un rispetto e un amore che attualmente mancano, a condizione che dietro la paura ci sia il segno di una libertà negata ma da ricercare, di una dignità non osservata ma da riacquisire, di una curiosità culturale mortificata ma da promuovere. O c c o r r e c olt iva r e i n sie m e un’idea di Europa che rivendichi con forza il patrimonio di valori non negoziabili; l’Europa può essere il luogo di un investimento emotivo, il rifugio rassicurante, non immaginifico di un comune impegno per evitare un letale fronteggiamento tra generazioni diverse e una resa incondizionata ad un incontrollabile destino. L’Europa per la quale battersi insieme deve, però, essere un’Europa giusta, capace di rinnovamento, in grado, come auspicato da E. Husserl, di attuare un’autentica humanitas.

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di Caterina Cangià

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C.Cangi

Nei cinqu e capitoli del libro all’interno si definisc dei proces e la com si comun cazione da unicazione icativi int ll’ottica di multimed erperson chi riceve la fruizion iale, collo ali e di un e; si delin candola eano le fas messaggio multim massa; si tratta de alla prod lla comun ediale on i della pr uzione; si ogettazion line e offl iaffronta la ra, sull’im ine, ovve e di un tes fase reali magine vis ro delto multim zzativa co iva e su qu ticando l’im ed n considera iale, dall’i ella audio postazione zioni sull’i dea visiva; si di gamm di layout, mmagine propone e cromati la sin so al tesi mon nolettore di che e la de oconcettu esercitar scrizione ale di si pradi metafor e, l’ideazio brani testuali, la scelta ne di icone di navigaz Caterina ione. Ca Caterina delle lingu ngià, di educazion Cangià e e timediale moderne all’Univ multilingue e m ult er in al Milia di Italia, la sua prim sità LUMSA di Ro iculturale, è doce ma. Pion nte di Di a cr Cannes ne iera della dattica in Lingua l 1995. Ha eazione, Europe pr St an Party diretto pe , ha otten oduzione mulcato dalla raniera. I suoi co r 18 edizi uto il Gold rsi Un oni il Festi Award dalla Giun iversité Saint Es per l’apprendimen va l del Te pr ti to studio, di Scuola e CLICK! it di Kaslik (Libano delle lingue – IC atro Didattico I JE VIS, pu ric ), ENGLIS pubblifondato “L erca e di vissuto bblicato da Multi H ON ST AGE, pubb dea – so a condiviso no la tra licato atro e co Bottega d’Europ con disce du a” per pr n il compu omuovere nti di lingue e cu zione di anni di ter. Ha nu su riviste l’inse lture div sp m erse. Ha ha pubblic ecializzate che tra erose pubblicazion gnamento delle lingue co ato L’altr ttano di ed i al suo att n il tea glottodid cazione m ucazione ivo e più ultimedial attica, pe ai media di 400 ar r Tuttosc noscerle ticoli uola Teor e di didattica. Pe e coltivarle e e Insegnanti D. r Gi O. ia media a misura di e Lingue Altre. Ins C., per La Scuola e pratica della co unti Editrice m bambini, egnarle e uniLingue Al Glottotecn impararle tre iche e glo , ttotecnolog per Multidea Old . Co& ie e Dida ttica il LIM New itata.

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Teoria e pratica

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si affronta la fase realizzativa con considerazioni

Teoria e pratica de lla comun ica

dei processi comunicativi interpersonali e di massa;

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Nei cinque capitoli del libro si definisce la

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