N.3 Mobilità metropolitana

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MAGGIO 2013 GIuGnO

l’œil qui pense

quAdernI sullA cIttà URBAN CENTER METROPOLITANO TORINO


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3 ISSN 2281-8073


editoriale

Una rete forte per un territorio più forte CLAUdIO LUBATTI

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sguardi Urban Center Metropolitano Associazione iscritta nel Registro Persone Giuridiche della Regione Piemonte n. 1045 del 17/11/2011 Piazza Palazzo di Città 8/F, 10122 Torino t +39 011 5537 950 f +39 011 5537 980 e info@urbancenter.to.it w www.urbancenter.to.it

Prospettive di mobilità per Torino metropolitana CARLO ALBERTO BARBIERI

Politiche metropolitane e trasporto pubblico AgOsTINO CAPPELLI

e

CARLO MAgNANI

strategie

Completare un sistema, recuperando risorse IntervIste aD

Mobilità Metropolitana

ALdO MANTO

e ROBERTO

BERTAsIO

V200: integrare per connettere colloquIo con Il raggruppamento

TOMAkE!

forme

Le sette “lampade” del Sfm ANTONIO dE ROssI

proSpettIve e geografIe dI uN modello poSSIbIle dI ServIzIo pubblIco

modi

Un sistema di trasporto che ti cambia la vita CEsARE PAONEssA

l’ŒIl quI peNSe

Quaderni sulla città un progetto di Urban Center Metropolitano Testata bimestrale on-line, non registrata presso il Tribunale di Torino ai sensi della Legge n. 62 del 07/03/2001 Numero 3 _ maggio-giugno 2013 Direttore Vicedirettore Coordinamento redazionale Identità visiva e progetto grafico Impaginazione

Carlo Olmo Antonio De Rossi Carlo Spinelli Elyron Luca Begheldo

Hanno collaborato a questo numero: Carlo Alberto Barbieri, Roberto Bertasio, Agostino Cappelli, Furio Chiaretta, Diego Deponte, Alexia De Steffani, Fabio Lo Cicero, Claudio Lubatti, Carlo Magnani, Aldo Manto, Branimir Medić, Roberta Mettola, Cesare Paonessa, Emanuela Recchi, Matteo Robiglio, Andrea Stanghellini, Luca Staricco, ai quali va il ringraziamento di Urban Center. Le opinioni espresse negli articoli firmati e le dichiarazioni riportate impegnano esclusivamente i rispettivi autori. © Urban Center Metropolitano, 2013

Sistemi ferroviari metropolitani e policentrismo insediativo LUCA sTARICCO

inclusioni

Continuare a credere nel trasporto pubblico IntervIsta a

FURIO ChIARETTA

cronache Notizie da non mancare


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editoriale

riflessioni per un luogo

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La rete ferroviaria nel nodo di Torino in rapporto alle aree di trasformazione strategica della città, agli elementi di struttura urbana e alle principali progettualità in atto. (© Urban Center Metropolitano, 2012)


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n Una rete forte per un territorio più forte claudIo lubattI Assessore a Trasporti, Infrastrutture e Area metropolitana, Città di Torino Presidente, Agenzia per la Mobilità Metropolitana di Torino e del Piemonte

on è certo un caso che il periodico dell’Urban Center si occupi, nel suo terzo numero, di mobilità; e in particolare di mobilità a scala metropolitana. È questo un tema decisivo, che tiene insieme le possibilità di sviluppo e competitività dei territori con i diritti e le opportunità dei cittadini. La Città di Torino e l’Agenzia Mobilità Metropolitana, nella consapevolezza delle difficoltà di questa fase storica, tentano di lavorare proprio in questa direzione, con alcuni chiari obiettivi generali, a livelli diversi ma fortemente complementari, che si possono riassumere in alcuni punti: aumento della capacità complessiva del sistema; aumento della velocità di trasporto; diminuzione dei tempi di attesa alle fermate; miglioramento delle condizioni di comfort, diminuzione dell’affollamento; miglioramento dell’efficienza economica. L’ampio processo di rinnovamento urbano che ha caratterizzato e sta caratterizzando Torino, da quasi trent’anni a questa parte, ha ovviamente riguardato anche le opere e i luoghi della mobilità pubblica e privata, dalle opere di maggiore impatto sino a interventi più puntuali, ma non meno importanti, come la pedonalizzazione di strade e piazze. Ma sempre più la pianificazione dei sistemi di trasporto deve incrociarsi e integrarsi con il progetto urbano, dialogo di grande potenzialità e capace di innescare ampi vantaggi reciproci. L’avvio, a dicembre 2012, del Servizio ferroviario metropolitano, basato sull’interramento e il rafforzamento del passante, rappresenta un passaggio decisivo già in grado in questi mesi, e sempre più in futuro, con un ulteriore potenziamento e la definitiva entrata a regime, di comportare importanti cambiamenti sia dei flussi in entrata sia dei flussi interni alla città, e portare con sé forti impulsi di sviluppo e trasformazione in zone specifiche, dando vita a una vera e propria “spina dorsale” del territorio metropolitano.

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torino porta Susa

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Per attivare questo meccanismo virtuoso e le opportune sinergie è necessario creare, in modo ragionato sull’intera area metropolitana, e far funzionare adeguati nodi di scambio tra Sfm, metropolitana, linee tramviarie e di autobus; sono queste le interfacce che, integrate in una rete efficace e in una bigliettazione unificata, possono decretare il successo dell’operazione, attraverso fasi di aggiornamento che consentano ai cittadini di superare i congeniti disagi con la percezione di un miglioramento generale dell’efficienza e dell’integrazione, a cominciare dalle infrastrutture su ferro (Sfm e M1) con le linee di autobus e tram. Per quanto riguarda queste ultime, una visione di riassetto più coerente ed efficace vedrà l’introduzione di scelte e criteri chiari: linee passanti che consentano proficue e frequenti sovrapposizioni nelle zone a maggiore densità di residenze, attività e servizi o in prossimità dei nodi; incremento, nei nodi stessi, delle opportunità di scambio e delle opzioni di scelta; corridoi forti per le linee tramviarie principali; progressiva riduzione, con un attestamento lungo i viali, dei passaggi automobilistici nell’area centrale, riservata ai tram e alle navette elettriche, con ulteriore potenziamento e diffusione della mobilità ciclopedonale.

Nella prospettiva di sistema per la mobilità dell’area metropolitana torinese, riveste un’importanza cruciale la stazione di Porta Susa, potenziata, traslata e riorganizzata, che sta assumendo il ruolo di porta d’ingresso sia all’area centrale di Torino sia all’intera area urbana, fungendo da snodo di distribuzione di una grande parte dei flussi in arrivo e partenza dalle diverse zone della città verso i comuni interessati dal Sfm: un nuovo accesso al cuore della città e alle sue opportunità per tutti i territori esterni. Un vero e proprio fulcro del sistema di mobilità, oltre che un oggetto architettonico di grande respiro capace di dare nuova forma a tutta l’area circostante, che concentra, al suo interno, i servizi ferroviari ad alta velocità, i treni a medio-lunga percorrenza, quelli regionali e quelli urbani-suburbani, la metropolitana, e, al suo esterno, un’offerta sempre più ampia di trasporto locale. Un progetto di medio-lungo periodo, capace davvero di rispondere alla domanda esistente e di intercettare in modo duttile le opportunità che si presentano passo passo, ha al centro un lavoro intersettoriale e interscalare, strategico – se porta con sé vere scelte di priorità –, sulla costruzione di una rete efficace e sul rafforzamento dei suoi nodi.


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prospettive sulla città

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Prospettive di mobilità per Torino metropolitana carlo alberto barbIerI dIsT - Politecnico e Università di Torino

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ianificare, progettare e governare il sistema della mobilità e dell’accessibilità costituisce un campo d’azione fondamentale nella ricerca (e riforma) di una struttura territoriale ed urbanistica insieme ad una strategia di competitività e sviluppo socio-economico, avendo come riferimento, in un ottica necessariamente transcalare, Torino e la prospettiva della Città metropolitana. Una prospettiva che richiede (e può favorire) un cambio di paradigma (da verticale ad uno più orizzontale e cooperativo, meno basato sul government e più orientato alla governance, con la Città Metropolitana elettiva di secondo grado, rappresentativa e dunque potenzialmente inclusiva dei territori e comunità che ne fanno parte), rispetto a quello attuale, più gerarchico e separato, costituito da Regione, Provincia, Città di Torino, Comuni. Con la Città Metropolitana si aprirebbe a mio avviso anche l’opportunità di un’evoluzione positiva della attuale Agenzia metropolitana della mobilità verso una vera Authority, sia pur a geometria variabile nei compiti, estesa all’intero territorio della CM, con la possibilità di integrare, con un approccio anche di governance,

le competenze in materia di trasporto pubblico e mobilità e di accorciarne la “filiera” della programmazione, gestione ed esercizio. L’opzione, ormai consolidata, di delineare una struttura ed una architettura glocal del sistema della mobilità e dell’accessibilità, basate sul trasporto su ferro, rappresenta un telaio a sostegno di un progetto strategico di sviluppo e di coesione territoriale in vista di auspicabili nuove politiche europee di crescita, coesione e sostenibilità energetico-ambientale, nell’ambito del quale poter attivare progettualità dai territori della Città Metropolitana (sia dalla Città e dalla conurbazione sia dai territori esterni), catturando opportunità e finanziamenti della Programmazione 2014-2020, sapendo anche riconoscere una rilevante risorsa dinamica in quel laboratorio che la città e il territorio rappresentano per cogliere e sostenere il “futuro in corso” e i necessari cambiamenti (in alcuni casi delle metamorfosi) dell’abitare, del lavorare, del relazionarsi e del comunicare che la crisi strutturale in atto chiede di saper anticipare. Nella promozione dello sviluppo, della competitività, della qualificazione e rigenerazione della Città e dell’area torinese, va assunta piena consapevolezza che il sistema infrastrutturale e le politiche della mobilità sono un fattore di primario rilievo sia riguardo al posizionamento


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torino porta Susa internazionale e nazionale, sia con riferimento all’efficacia del funzionamento di Torino e del territorio metropolitano ed esterno come sistemi locali. In particolare per l’area centrale metropolitana è evidente che una dotazione di servizi ed infrastrutture per la mobilità e per l’accessibilità, pur considerevole, è tuttavia giunta pressoché al limite delle sue possibilità , a meno della realizzazione o completamento degli interventi da tempo (e più recentemente) pianificati e programmati. Le politiche, i piani, i progetti, le forme organizzative che sono state e sono messe in campo, si rapportano ad un’evidente duplice condizione: a) quella negativa, dell’accentuarsi, senza il completo realizzarsi di interventi strutturali e di innovazione e sviluppo per la mobilità locale delineati o progettati (con la conseguente necessità di ingenti risorse economiche e reale disponibilità e flussi pluriennali certi di esse), degli elementi di debolezza già presenti: fra tutti il mancante collegamento e relativo tunnel sotto corso Grosseto, della linea Sfm Ciriè-Aeroporto con il Passante a Rebaudengo, l’assenza della prevista nuova linea Stura-Orbassano, le stazioni Zappata e Dora da terminare e San Paolo da riprogettare, soprattutto il necessario incremento

e rinnovo del materiale rotabile (per garantire il fondamento stesso del Sfm e cioè un servizio cadenzato e frequente), tali da completare e raggiungere l’efficacia e l’efficienza necessaria per conseguire gli obbiettivi attesi; b) quella positiva, dell’esistenza di un insieme consistente e convincente di scelte, programmi, decisioni già assunte, progetti, interventi già realizzati ed in corso di realizzazione , risorse ed investimenti, un buon grado di consenso e cooperazione fra gli attori (istituzionali e non) rispetto a tale insieme di elementi che, se consolidato ed ulteriormente sviluppato, determina condizioni a sostegno di una prospettiva positiva tanto per il sistema locale che per la dimensione più globale della Città metropolitana. Se si prende infine in considerazione l’assetto spaziale del sistema del trasporto pubblico locale, per quanto riguarda quello ferroviario, esso è storicamente configurato in forma radiale, penetrante dalle valli e dalla pianura verso il centro di Torino. È una configurazione che, pur corrispondente ad una domanda determinata storicamente dalla polarizzazione di Torino e pur non potendo che essere mantenuta, da tempo è stata oggetto di una pianificazione e interventi volti a rafforzarne e completarne la struttura ed utilizzarla al massimo delle sue potenzialità in

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prospettive sulla città

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Prospettive di mobilità per Torino metropolitana

torino porta Susa un’ottica di trasporto metropolitano integrato: il Sistema Ferroviario Metropolitano, attraverso la ristrutturazione e sviluppo (in corso di realizzazione dall’inizio degli anni 90), del nodo ferroviario di Torino con il progetto Passante quadruplicato ed interrato (secondo il progetto del Prg del 1995 e la conseguente grande trasformazione urbana di superficie della Spina centrale). Ma quella radialità fisica del sistema ferroviario nel territorio, che dovrà costituire la Città Metropolitana, si trasforma però, proprio attraverso la realizzazione del Passante di Torino con le sue stazioni (esistenti e nuove) e il progetto di esercizio Sfm, in supporto al policentrismo territoriale che ne riforma positivamente la configurazione e gli effetti, a sostegno di un territorio di “città di città” invece che polarizzato dal suo centro. Per quanto riguarda poi il trasporto pubblico su gomma extraurbano, il modello di organizzazione spaziale è anch’esso prevalentemente radiale, non solo nell’area esterna alla conurbazione torinese

ma anche all’interno di essa. In questo caso, invece, fermo restando il rafforzamento della radialità del trasporto su ferro, la pianificazione territoriale e dei trasporti della Provincia e di Torino hanno giustamente espresso la politica secondo la quale il trasporto su gomma dovrebbe conseguire una configurazione più reticolare all’interno del territorio metropolitano; ciò è fortemente relazionato ai possibili interventi sulla viabilità volti a farle assumere il più possibile un assetto reticolare in senso est-ovest e soprattutto nord-sud nella conurbazione metropolitana (per favorire le relazioni policentriche e decongestionare le radiali) e più capillare all’esterno di essa per meglio servire il territorio, a domanda più diffusa o debole, che può gravitare sulle direttrici del trasporto ferroviario metropolitano, adducendo su di esse l’utenza, per poi prevalentemente attestarsi alle Stazioniporta del Sfm, collocate nei sub-poli della Città metropolitana e da lì lasciare la modalità gomma per quella del ferro.


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Politiche metropolitane e trasporto pubblico agoStINo cappellI

e carlo

magNaNI

Università IUAV di Venezia

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fenomeni territoriali che siamo in grado di descrivere chiedono riforma. Le ansie descrittive che hanno attraversato e attraversano le discipline che “guardano” il territorio e anche l’adozione di nuovi “nomi”, come rigenerazione o riciclo sono efficace testimonianza del tentativo della ricerca di rinnovati paradigmi che illuminino i diversi aspetti della realtà con sguardi che alimentino ulteriormente, quando non si risolvano in pure narrazioni, la necessità di “ridare forma”, soprattutto, ai processi di governance delle trasformazioni territoriali sia che si affrontino i grandi temi della riqualificazione ambientale, quelli della sostenibilità energetica e morfologica del patrimonio immobiliare esistente, o le politiche di trasporto pubblico. Ciò significherebbe rimettere in discussione le forme dell’organizzazione dei poteri e dei saperi che abbiamo ereditato e le modalità della loro operatività, sapendo che ciò rappresenta di per sé una conformazione storicamente determinata, nel senso che tale intreccio è anche ciò che ha dato e dà forma ai modi dell’antropizzazione, territorialmente collocati, che osserviamo. I poteri sono territorialmente disposti e si esercitano all’interno di confini amministrativi che, a volte, per esempio nel caso dei Comuni italiani, hanno addirittura origine monocentrica preunitaria, oppure fanno riferimento a poteri specializzati in relazione ai modi di organizzazione e di espressione dei poteri sovraordinati di origine statale. D’altro canto i saperi e le loro modalità organizzative sono frutto dei progressivi e processi di divisione del lavoro, dello sviluppo scientifico, ma anche

delle forme di corporativizzazione della società e delle professioni. Ciò che i fenomeni territoriali sembrano chiedere è una nuova forma di intreccio fra saperi e poteri, che dovrebbero interrogarsi per trovare configurazioni di governo adeguate ai fenomeni, e non viceversa, per adeguare i fenomeni a se stessi. L’orizzonte è costituito dall’evolversi delle configurazioni del diritto che, nelle modalità della stratificazione, esprime varie fisionomie di frammentazione e assenza di visione che aprono addirittura scenari di conflitto fra diritti e diritto. La discussione sulle “città metropolitane” e le sue attuali conclusioni si collocano all’interno di questi scenari anche se il contesto, nell’ambito dei tagli di costo di funzionamento dello Stato e della politica, non è quello più consono alle difficoltà che si possono intravvedere. Anzi purtroppo solo la rappresentazione del problema nei termini dell’emergenza ineludibile ha potuto portare all’elenco delle dieci città metropolitane italiane a dimostrazione della difficoltà di concepire processi di riforma, non solo decreti di cambiamento di assetto nella forma dell’aggiunta a ciò che già esiste, per di più soggetta anche al potere di veto di ciò che già esiste. Al di là comunque delle modalità della discussione, resta sullo sfondo la sfasatura che si può rilevare fra la possibilità di descrivere i sistemi di potere effettivo nel mondo contemporaneo come quasi totalmente de territorializzati (di cui i processi di fusione bancaria che hanno interessato anche il nostro paese possono essere considerati un esempio forse modesto per dimensioni, ma rilevante per i suoi effetti), mentre la discussione sulle città

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prospettive sulla città

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Politiche metropolitane e trasporto pubblico

metropolitane e sulle loro competenze insegue ancora l’idea di un potere territorialmente disposto entro confini amministrativi predefiniti. Si introduce così il successivo passaggio sia su che tipo di poteri sia sulle forme di adesione alla città metropolitana in connessione con il tramontoridefinizione della forma Provincia. In tal senso è emblematica la discussione intorno alla Città Metropolitana di Venezia e ai poli di gravitazione dei comuni contermini. Inoltre i progetti, che in vario modo e titolo si possono concepire con riferimento ai grandi temi della sostenibilità e della riqualificazione ambientale, richiedono quasi sempre un orizzonte temporale di mediolungo periodo, il che confligge con l’eterno presente in cui si muovono i flussi finanziari internazionali. Anzi, la forma-evento, che molti progetti di trasformazione urbana degli ultimi anni hanno assunto, rappresenta più aspetti mediatico-finanziari di bilancio delle grandi società immobiliari che un intreccio sensato di collaborazione pubblico-privato rispetto a valori e obiettivi condivisi di un progetto collettivo. Infatti, in molti casi, quand’anche il conto economico torni, spesso non esiste il prodotto finanziario appropriato, pubblico in termini di politiche o privato in termini di ritorni in tempi adeguati, che lo supporti. Ma la discussione non è nuova, segnata nel

corso dei decenni da quella sui comprensori, sulla base economica dei territori, poi sui distretti e sulle filiere, lunghe o corte che esse siano. L’ordine tassonomico dello spazio è stato messo ampiamente in discussione dalle visioni della concezione ecologica delle interrelazioni dinamiche e sistemiche dei fenomeni che sfuggono a perimetri amministrativi territoriali predeterminati. Il sistema delle relazioni dinamiche vitali e funzionali sia delle strutture territoriali sia delle attività o degli attori risponde a geometrie variabili, per di più difficilmente riconducibili a un’unica modalità di governance territorialmente disposta sia in forma elettiva che gestionale. Le forme “aziendali” che gravitano intorno ai poteri elettivi restituiscono con evidenza la difficoltà del problema cui non sembrano avere dato adeguata risposta i tentativi di progressiva privatizzazione o accorpamento promosso negli ultimi decenni. Sembrerebbe così più interessante l’esercizio di tentare di concepire forme di governance che partano da questi presupposti per ritrovare una dialettica con principi di realtà di maggiore efficacia e trasparenza. Ciò può valere per restituire evidenza alle condizioni di produzione-consumo di risorse rinnovabili e non, dalla produzione di energia, al ciclo dell’acqua, allo smaltimento dei


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torino lingotto rifiuti, al fine di promuovere una maggiore responsabilizzazione e controllo sociale oppure si può pensare che operazioni rilevanti di trasformazione urbana o territoriale che richiedono tempi medio-lunghi di attuazione abbiano bisogno di strutture operative ad essi dedicate la cui operatività non debba subire le ondivaghe prese di posizione delle commissioni consiliari comunali. Mentre i servizi alla persona dovrebbero trovare prassi di erogazione legate il più possibile alla dimensione locale, coinvolgendo anche le varie forme di volontariato, nei grandi settori della sanità, dell’istruzione e dei trasporti l’intreccio nell’erogazione del servizio, come cardine del sistema welfare, e la gestione aziendale delle strutture fa emergere con evidenza la difficoltà di riferimento adeguato al ruolo e finalità territoriale di quanto si offre, nell’ambito di una visione che includa i caratteri geograficostorici dei territori e la morfologia urbana come variabile rilevante nella concezione dell’attività. Il caso del trasporto pubblico rende particolarmente evidente il problema per la molteplicità delle variabili e dei mezzi nel riuscire a costruire una visione sistemica effettivamente intermodale. In questo settore le numerose aziende pubbliche e private, ma tutte sovvenzionate con risorse collettive, rispondono a esigenze di domanda ma anche ai vincoli

territoriali dell’erogatore dei contributi. I contratti di servizio tra aziende ed ente pubblico determinano regole specifiche di offerta e di costo e spesso impediscono quell’interazione modale e tariffaria, che rappresenta l’unica possibilità per offrire un servizio competitivo accettato dall’utente e non solo da quello obbligato per reddito o età anagrafica. Questo conferma la contraddizione tra i poteri (in questo caso anche direttamente economici e di bilancio, sia delle aziende sia degli enti pubblici) e le necessità della domanda di trasporto, che si manifesta nel suo bisogno di collegare un’origine con una destinazione, indipendentemente dall’appartenenza delle due allo stesso bacino amministrativo e quindi contabile. Anche in questo caso la contraddittoria dicotomia segnalata genera un conflitto che purtroppo fino ad oggi ha portato a un adeguamento dei saperi (banche dati, modelli, strumenti, obiettivi) ai limiti territoriali ed amministrativi. Il risultato, solo per richiamare alcuni esempi, è che l’offerta di trasporto si presenta migliore ed anche economicamente sostenibile nei servizi di trasporto di lunga percorrenza (aerei o ferroviari veloci), dove la relazione non è più con un territorio amministrativo ma con le relazioni di domanda richieste dall’utente.


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strategie

progetti di territorio

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Completare un sistema, recuperando risorse IntervIste a

aldo maNto direttore Trasporti, infrastrutture, mobilità e logistica, Regione Piemonte roberto bertaSIo direttore Infrastrutture e Mobilità, Città di Torino

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Quali ritiene essere i più importanti progetti infrastrutturali in corso di realizzazione in Piemonte e nell’area torinese? Quali caratteristiche li rendono tali?

a.m. È opinione largamente condivisa che un’efficiente rete di trasporti contribuisca alla creazione di un ambiente favorevole alla realizzazione dei processi produttivi ed al miglioramento della competitività del sistema economico. Considerare, pertanto, le infrastrutture come uno dei possibili strumenti per il rilancio dell’economia, significa che diventa prioritario anche potenziare il sistema delle reti, garantendo spostamenti più veloci e collegamenti più funzionanti. Il Piemonte è snodo di due corridoi strategici – 5 e 24 – che ne garantiscono l’appartenenza alla rete europea TEN-T e vanno intesi come lo spazio e lo strumento all’interno dei quali trovare modalità di sinergia e integrazione tra le reti “lunghe” e “brevi”, materiali e immateriali, dislocate alle diverse scale, e i contesti territoriali attraversati. Il corridoio 5 è costituito dall’asse infrastrutturale composto dalla linea ferroviaria Alta Capacità/Velocità Lione-Torino-Milano e dalle autostrade A32 ed A4, con alcuni progetti cardine ad esso interconnessi, a cominciare dalla Torino-Lione, infrastruttura ferroviaria mista merci-passeggeri da Settimo Torinese a Lione, è un tratto essenziale del Corridoio mediterraneo, che l’Unione Europea ha inserito

tra le dieci priorità infrastrutturali strategiche. La Pedemontana piemontese costituisce il ramo occidentale della Pedemontana Veneta-LombardaPiemontese e ha lo scopo di attrarre il traffico che si genera a nord dei nodi provinciali delle regioni Piemonte e Lombardia, generando una rete stradale alternativa all’asse autostradale Torino-Trieste. Il completamento del sistema tangenziale torinese (Tangenziale Est e corso Marche) prevede la realizzazione dell’ultimo tratto mancante della tangenziale per collegare le autostrade A4 TorinoMilano e A21 Torino-Piacenza. Il Sistema ferroviario metropolitano (Sfm), entrato in funzione con la piena operatività del Passante di Torino, migliora il sistema complessivo del trasporto pubblico nell’area urbana e nelle zone circostanti, permettendo collegamenti più frequenti e maggiore integrazione con gli altri mezzi di trasporto (bus, tram, metro). Strettamente connessa al Sfm è la realizzazione del Nodo ferroviario di Torino, che porterà al collegamento con l’aeroporto di Caselle attraverso la stazione Rebaudengo, e all’interscambio con le linee ferroviarie in transito e in attestamento nelle diverse stazioni di Torino. Occorre considerare anche la metropolitana automatica di Torino, giunta quasi alla sua totale realizzazione per la linea 1 ed in fase di progettazione per la linea 2. Il corridoio 24 è composto dalla linea ferroviaria di Alta Capacità/Velocità Genova-Novi Ligure e dalle autostrade A26 ed A7. In tale contesto, rilevanza strategica viene ricoperta dal Terzo valico dei Giovi, corridoio plurimodale che parte dal nodo di Genova e si sviluppa lungo la direttrice per Milano, fino a


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torino lingotto

Tortona, e lungo la direttrice Alessandria-Torino, fino a Novi Ligure, innestandosi, infine, sulle linee esistenti di collegamento con Milano e Torino. I corridoi 5 e 24 si diramano in corridoi secondari, ma sempre di rilevanza internazionale; assume un ruolo di primo piano il corridoio autostradale (A33) Asti-Cuneo che, partendo da Asti collega Alba e Bra al sistema autostradale piemontese e prosegue per Cuneo e i valichi internazionali del Tenda e della Maddalena. r.b. Il Passante ferroviario e la metropolitana sono le infrastrutture di trasporto che maggiormente hanno influito sulla vita della città e, più in generale, sull’area metropolitana: la realizzazione di tali opere, che è stata possibile anche grazie a un enorme impegno finanziario dell’Amministrazione comunale, ha permesso di ottimizzare il trasporto pubblico in superficie, che negli ultimi tempi sta subendo tagli considerevoli, e ha sviluppato l’intermodalità fra le varie tipologie di trasporto, anche grazie ai nuovi servizi di bike-sharing e carsharing. Le infrastrutture di trasporto su rotaia in sotterraneo rappresentano il più efficace metodo di abbattimento della percentuale di utilizzo dell’auto privata e quindi contribuiscono anche a migliorare la qualità dell’aria nelle grandi città. Inoltre il

Passante ferroviario ha rappresentato, per Torino, una occasione di grande rinnovamento urbano: la necessità di potenziamento del nodo ferroviario urbano ha infatti fatto da volano a un’operazione di riqualificazione estesa alle grandi aree industriali dismesse collocate in prossimità della ferrovia. Quest’ultima è stata completamente interrata e sulle coperture è stato avviata la realizzazione del viale della Spina che rappresenta uno degli assi portanti del Piano regolatore della città e, una volta completato, avrà uno sviluppo di circa 7 chilometri tra largo Orbassano e corso Grosseto. Il viale della Spina assumerà infatti il ruolo di asse di attraversamento e distribuzione urbana, in posizione baricentrica alla città, direttamente collegato a nord al sistema tangenziale (attraverso la superstrada di Caselle) e a sud al nodo di OrbassanoZappata, dal quale si raggiungono facilmente le grandi direttrici. Tra i progetti più rilevanti in corso, o di prossima partenza, vi sono quindi senza dubbio il completamento della metropolitana nel tratto lingotto Bengasi e il collegamento della linea ferroviaria Torino-Ceres con il passante lungo corso Grosseto. Il nuovo tracciato della ferrovia Torino-Ceres al di sotto di corso Grosseto, da largo Grosseto alla nuova stazione Rebaudengo Fossata, permetterà di ripristinare il collegamento – interrottosi con

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strategie

progetti di territorio

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Completare un sistema, recuperando risorse >

l’interramento dei binari – della ferrovia, e quindi dell’aeroporto, con il Passante ferroviario. In questo modo anche la linea Torino Ceres potrà entrare del tutto a far parte del Sistema Ferroviario Metropolitano e sarà possibile connettere direttamente l’aeroporto con Porta Susa e le altre stazioni del Sfm. L’intervento consentirà inoltre di riqualificare notevolmente l’assetto del nodo suddetto, oggi fortemente compromesso dalla barriera della sopraelevata stradale.

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Dal suo punto di vista, a quale intervento non si dovrebbe rinunciare, nel medio-lungo termine, per offrire una soluzione di carattere strategico alle esigenze di mobilità, accessibilità e sviluppo espresse dal territorio?

a.m. La competitività di un Paese dipende moltissimo anche dalla qualità e dalla vivibilità delle proprie città e aree metropolitane e queste, a loro volta, dipendono moltissimo da sistemi di trasporto pubblico efficienti e adeguati ai livelli di accessibilità necessari per le diverse aree e i diversi gruppi sociali, alla fruizione e alla vitalità dei centri storici, al contenimento dei livelli di inquinamento locale e globale. Un sistema integrato di trasporto pubblico locale deve essere in grado di conseguire incrementi quantitativi e qualitativi del servizio con un soddisfacente miglioramento della mobilità, della vivibilità e della salvaguardia dell’ambiente. L’attuale crisi economica e la conseguante carenza di risorse impongono una riorganizzazione dei servizi che deve tener conto del contenimento della spesa ma limitando al massimo le ricadute sull’utenza. Lo studio sul riassetto del sistema di trasporto sta delineando ipotesi operative che, proponendosi di preservare efficacia, sostenibilità e integrazione, si realizzano attraverso una riprogrammazione dei servizi derivante da: una razionalizzazione e gerarchizzazione dell’offerta; un’analisi della domanda, che individui i punti forza del sistema; dall’identificazione dei nodi più funzionali per collegare il territorio alle linee di forza; il sistema di tariffazione e bigliettazione integrata (Bip), che favorisce l’uso combinato di vari sistemi di trasporto (treno, metropolitana, autobus), e dall’infomobilità. Non è certo un singolo intervento che consentirà di trovare una risposta strategica alle esigenze di


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torino porta Nuova


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Prospettive di mobilità per Torino metropolitana >

mobilità, accessibilità e sviluppo del territorio, tenendo conto che le politiche non dovrebbero mai perdere di vista i temi fondamentali del rispetto dell’ambiente, del risparmio energetico e dello sviluppo delle infrastrutturazioni immateriali. Tali principi ispiratori sono alla base del progetto Smart Susa Valley, che ha l’obiettivo di accompagnare la realizzazione dell’infrastruttura ferroviaria con la realizzazione di due grandi dorsali europee, una telematica e una per il trasporto di energia. Il medesimo approccio contraddistingue anche i processi programmatori che favoriscono la mobilità sostenibile anche attraverso mezzi a basso impatto ecologico (eco-bus, bike sharing, car sharing) r.b. Il progetto relativo al prolungamento sud, dal Lingotto, della linea 1 della metropolitana prevede che in piazza Bengasi venga realizzata la stazione terminale; l’attestamento ai confini comunali rappresenta l’occasione per convogliare sul sistema del trasporto pubblico i flussi di persone all’ingresso sud della città. È pertanto interesse prioritario della Città realizzare un parcheggio in questo contesto, per incrementare l’interscambio tra il mezzo pubblico e quello privato. L’intervento, comprensivo della sistemazione superficiale per la ricollocazione del mercato, verrà realizzato attraverso lo strumento della finanza di progetto, con un contributo derivante anche dalla cessione di diritti edificatori. Per rendere poi effettivamente efficace il Passante, oltre la connessione ormai programmata con la ferrovia Torino-Ceres, sarà necessario completare le stazioni Dora e Zappata, per incrementare ancora il bacino dei possibili utenti del servizio e i quartieri serviti e trasformare il Passante in una ulteriore linea di metropolitana. Discorso a parte merita il viale della Spina, da portare a termine sulle coperture dei binari, che rappresenta una ferita da sanare: l’Amministrazione sta facendo ogni sforzo per reperire le risorse necessarie al suo completamento, anche perché i quartieri che hanno subito la presenza del cantiere per molti anni, attendono ora gli interventi di riqualificazione. L’opera è molto estesa e richiede un investimento di circa 35 milioni di euro: per questo motivo è stata suddivisa in lotti funzionali da finanziare su più annualità di bilancio. Nel medio-lungo termine, infine, è sicuramente importante portare avanti la realizzazione della seconda linea di metropolitana, che collegherà i settori nord-est e sud-ovest di Torino, per una

lunghezza complessiva di circa 15 km, attraversando quartieri densamente abitati quali Barriera di Milano, Aurora-Rossini, il centro, Crocetta, Santa Rita, Mirafiori Nord. Il successo della linea 1 e gli effetti benefici per la mobilità lungo il suo tracciato ne hanno dimostrato la strategicità rispetto alle esigenze di mobilità, accessibilità e sviluppo.

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In questo difficile momento congiunturale, quali margini d’azione restano per un’amministrazione, compressa dalla tensione risorse-qualità, nella ricerca di soluzioni davvero capaci di rispondere all’interesse pubblico? Come individuare i progetti da portare avanti? Quali modalità innovative di costruzione e gestione dell’infrastruttura si possono percorrere? a.m. La drastica riduzione delle risorse pubbliche, che di fatto immobilizzerebbe ogni ipotesi di investimento infrastrutturale, può essere arginata implementando le potenzialità insite negli strumenti di partenariato. Aumentare la quota di risorse private per finanziare le infrastrutture programmate è uno degli obiettivi principali delle politiche economiche nazionali ed europee. Il ricorso al capitale privato trova la sua massima espressione nel completamento del Sistema tangenziale torinese in quanto, trattandosi di un’opera capace di produrre cash flow, non viene previsto alcun contributo pubblico. Un altro strumento diretto ad incentivare gli investitori privati nella realizzazione di infrastrutture pubbliche è la defiscalizzazione delle opere finanziate con project financing, che, traducendosi nell’azzerare la quota di tributi relativi all’opera attraverso una sorta di meccanismo compensativo, rende più appetibile la decisione dei privati ad investirvi il proprio denaro. Per la Pedemontana piemontese si è fatto ricorso con successo al project financing: l’attuale fase di progettazione prevede, infatti, la compartecipazione di capitali anche privati nella realizzazione dell’opera. La corretta applicazione del sistema di autofinanziamento di un’opera cosiddetta “calda” potrebbe addirittura condurre ad un ammortamento del costo dell’infrastruttura contestuale alla sua realizzazione. In questa ottica, infatti, sarebbe auspicabile un decentramento della competenza del controllo sulla gestione della rete autostradale, in quanto risulterebbe così possibile riequilibrare la distribu-


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zione dei ricavi da pedaggio, facendo dipendere la riassegnazione delle risorse all’effettivo carico di utenza.

Settimo torinese

venaria reale

moncalieri

Nichelino

r.b. Gli enti territoriali si trovano oggi di fronte ad una forte limitazione della possibilità di realizzare investimenti, a causa della ben nota congiuntura economico-finanziaria e della necessità di rispettare i vincoli di bilancio e del patto di stabilità. Sicuramente il partenariato pubblico-privato, che si configura in diverse forme di cooperazione tra pubblico e privato in cui le rispettive competenze e risorse si integrano per realizzare e gestire opere infrastrutturali, in funzione delle diverse responsabilità e obiettivi, può rappresentare una risposta alle difficoltà delle Amministrazioni pubbliche a mantenere i livelli di investimento degli anni scorsi, ed è una è un modalità che sempre più dovrà essere intrapresa nell’ambito della realizzazione di opere pubbliche. Tuttavia questo vale per le cosiddette opere “calde”, cioè infrastrutture i cui ricavi commerciali consentono al privato un integrale recupero costi investimento (autostrade, energie rinnovabili ecc.) o “tiepide”, ove i ricavi sono insufficienti a generare ritorni economici adeguati ma la cui realizzazione genera rilevanti esternalità positive in termini di benefici sociali tali da giustificare contribuzione pubblica. In quest’ultimo campo Torino, soprattutto nell’ambito dei parcheggi pubblici, è riuscita a raggiungere obiettivi importanti. Rispetto alle grandi infrastrutture di trasporto cui abbiamo accennato, il discorso è più complesso, in ragione del livello dei costi iniziali da sostenere e dei rilevanti oneri finanziari che in un momento di generale contrazione del credito risultano difficili da sostenere per le imprese. Pertanto, se non vi sarà un mutamento del rapporto costruzione-finanza e una maggior disponibilità da parte degli istituti di credito a supportare la copertura dei costi di realizzazione delle opere, i contratti di partenariato non potranno essere avviati facilmente. La Città sta percorrendo ipotesi di sinergia fra pubblico e privato nell’ambito della Variante 200, che mette in gioco aree di proprietà comunale e privata e partner finanziari, con l’obiettivo di riqualificare ampie aree urbane del quadrante nord-est e di convogliare risorse private a parziale copertura dei costi necessari per la realizzazione di una tratta della linea 2 di metropolitana.


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V200: integrare per connettere ColloquIo Con Il raggruppamento tomake!

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La selezione pubblica promossa dalla Città di Torino, che ha visto il vostro gruppo vincitore, ha come obiettivo principale una stretta integrazione tra il progetto urbano, l’infrastruttura metropolitana e la fattibilità economica e finanziaria dell’operazione. Qual è la strategia che avete messo in campo per rispondere a questa aspettativa? Il nostro raggruppamento, ToMake!, ha inteso dare una risposta efficace ed esaustiva alle richieste espresse dal bando di gara, costituendosi come un team di lavoro multidisciplinare. Il nostro obiettivo è quello di accompagnare la Città, attraverso le diverse fasi progetto, con professionalità di primaria importanza, in grado sviluppare in maniera sinergica e articolata i temi progettuali. Progettisti e urbanisti di livello internazionale, analisti di mercato, esperti del sistema amministrativo italiano, real estate, finanza immobiliare, engineering management, mobilità e sostenibilità ambientale: un mix di saperi che riteniamo indispensabile per il disegno di un masterplan che sappia dare forma alle esigenze proprie di una città contemporanea. Torino del resto ha dimostrato più volte di saper profittare delle opportunità di cambiamento, proponendosi quale laboratorio di rinnovati modelli di sviluppo urbano e V200 si colloca perfettamente all’interno di questo scenario: abbiamo deciso di perseguire la linea dell’innovazione, proponendo un approccio progettuale integrato e flessibile. Un milione di mq di aree industriali in attesa di essere trasformate e valorizzate; una nuova linea di trasporto pubblico quale potenziale dorsale del disegno della nuova città; un mix sociale e culturale vibrante, ci sono parsi una risorsa utile per disegnare un masterplan che assumesse

“sostenibilità”, “qualità” e “flessibilità” quali principi costitutivi. Consapevoli del fatto che l’investimento speculativo sia un orizzonte anacronistico, abbiamo deciso di proporre un approccio progettuale bottom-up, convinti che l’ascolto del mercato e degli utenti finali sia la strategia più efficace. Quando si affronta un progetto il cui ciclo di vita si svolge lungo un arco ventennale, diviene inoltre indispensabile costruire una solida sinergia tra pubblico e privato, al fine di predisporre un masterplan che sappia integrare pianificazione urbanistica ed economica, mobilità e sostenibilità, all’interno di un impalcato normativo e una struttura di governance flessibili e capaci di reagire positivamente ai cambiamenti delle condizioni al controno. emaNuela recchI Project Manager “ToMake!”, RecchiEngineering

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Lo scenario tratteggiato dalla Variante 200 al Piano regolatore identifica nel disegno dello spazio pubblico – con le sue diverse componenti che vanno dalle strade agli spazi verdi – uno dei principali elementi di strutturazione della nuova trasformazione e di connessione con la città esistente. In un momento di contrazione delle risorse pubbliche, quali sono le strategie proposte per una trasformazione che, sulla scia di alcuni recenti esempi europei come Lione e Amburgo, muova proprio dal progetto dello spazio aperto? V200, progetto di trasformazione urbana ambizioso sia per la vastità delle aree coinvolte sia per la complessità di temi sottesi, deve confrontarsi con uno scenario di crisi, in cui scarsità di risorse,


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caselle aeroporto pubbliche e private, e difficoltà di accesso al credito appaiono quali dati caratterizzanti. Si tratta di una sfida importante che impone un ripensamento dei tradizionali strumenti di pianificazione, spesso rivelatisi inadeguati a guidare progetti di riqualificazione di scala vasta. Lo scenario economico appare profondamente cambiato rispetto al decennio scorso: i mutamenti intercorsi nelle modalità di stanziamento dei prestiti e di finanziamento del settore delle costruzioni hanno comportato una dilatazione dei tempi di attuazione dei progetti. Ancora all’inizio degli anni duemila, si poteva stimare un tempo di trasformazione di circa 5-10 anni; oggi questo non è più possibile e diviene necessario porsi in un’ottica di lungo periodo. Si tratta di adottare, accanto a prassi più tradizionali, soluzioni innovative. L’uso ottimale, e per certi aspetti creativo, del patrimonio esistente, rappresenta un terreno fertile di sperimentazione di nuovi modelli di sviluppo: le tradizionali strategie devono essere interpolate con la programmazione di usi temporanei delle proprietà esistenti, così da avviare i flussi di cassa e i processi di marketing territoriale necessari alla valorizzazione delle aree. Si tratta inoltre di disegnare nuove geografie urbane, partendo dalla ridefinizione delle mappe mentali dei cittadini: la programmazione intelligente di

eventi temporanei, all’interno delle aree oggetto di valorizzazione e sviluppo, può essere sfruttata quale magnete per attrarre utilizzatori potenziali oltre che per avviare un processo di risignificazione dei luoghi. La qualità appare come uno degli obiettivi fondamentali che il masterplan vuole perseguire, combinando principi guida inderogabili e regole operativamente gestibili. La trasformazione deve inoltre coinvolgere i futuri stakeholders rendendoli parte attiva del progetto, attivando un processo incrementale capace di stimolare gradualmente l’interesse collettivo. Parallelamente, la definizione di un “set” di regole flessibili garantisce libertà per una progettazione programmatica di nuove destinazioni d’uso degli immobili. V200 ambisce a creare quel mix tipicamente metropolitano fatto di modi di abitare, cultura, turismo, tempo libero e business. Nell’arco di 25 anni saranno sviluppati nuovi quartieri, nuove aree caratterizzate da qualità specifiche che, combinandosi con le differenti funzioni esistenti, origineranno nuove comunità urbane dove ambiente abitativo e lavorativo saranno caratterizzati da una densità appropriata e a misura d’uomo. braNImIr medIć Project Leader “ToMake!”, de Architekten Cie

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V200: integrare per connettere >

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La Variante 200 nasce per integrare il progetto di riqualificazione di ambiti importanti del quartiere di Barriera di Milano – Spina 4 e l’ex Scalo Vanchiglia – con la realizzazione della nuova linea di metropolitana. All’interno del vostro lavoro e soprattutto dal punto di vista della mobilità, come si conciliano i tempi lunghi della trasformazione con quelli più di breve periodo della cittadinanza? Abbiamo proposto alla Città di disegnare la trasformazione come un processo continuo che durerà tra i quindici e i venticinque anni. È un tempo lungo, sul quale è difficile fare previsioni certe: è ad esempio probabile che in questo tempo stiano una o due altre crisi dopo questa. E questa crisi ci rende difficile dire quando e con quale ritmo davvero inizierà la trasformazione. Il processo che abbiamo immaginato ha però l’ambizione di partire da subito, mostrando risultati visibili alla cittadinanza e reinscrivendo questi luoghi nella geografia della città. Come? Pensiamo che si possa iniziare subito a costruire un nuovo senso dei luoghi attraverso strategie leggere: eventi, attività culturali, festival, mercati, giardini temporanei. In parte questo sta già avvenendo – in Vanchiglia ad esempio aree dismesse sono diventate luoghi stagionali di loisir e cultura, la Manifattura Tabacchi è diventata spazio espositivo temporaneo durante l’ultima edizione di Artissima – in parte va fatto accadere. In particolare, la stazione Rebaudengo-Fossata del Servizio Ferroviario Metropolitano ha già dato a Spina 4

un’eccezionale accessibilità. Appena concluso il cantiere, l’area potrebbe ospitare grandi eventi di massa, essere sistemata come parco temporaneo, vedere il riuso temporaneo di alcuni grandi edifici: Greenfield events negli spazi aperti che già ora sono disponibili (lo scalo merci Vanchiglia, la soletta del Passante ferroviario a Spina 4) e Brownfield events in edifici come l’ex Gondrand, la Manifattura Tabacchi, le industrie di Vanchiglia. In questo modo la Città avvia il processo di placemaking: non più un’area dismessa senza vocazione, ma uno spazio urbano vitale ed animato che diventa una meta nella mappa della città. Contemporaneamente, abbiamo individuato una serie di luoghi di innesco dove la trasformazione può partire in tempi brevi, 2-5 anni. Sono situazioni già infrastrutturate e connesse con la città esistente, in cui inserire interventi di completamento dei tessuti esistenti che anticipano il volto futuro della città rigenerata: in corso Novara, a Regio Parco, lungo il trincerone, sui bordi di Spina 4. Questi saranno i primi lotti ad essere offerti al mercato, con l’obiettivo di concretizzare il potenziale di trasformazione e irradiarlo progressivamente dall’esterno verso l’interno delle aree più grandi. Anche la mobilità urbana – in attesa che la linea 2 di metropolitana venga realizzata – può da subito fare un salto di qualità con interventi puntuali di “micromobilità” incardinati sui punti forti della rete esistente in cui bike sharing e car sharing integrino l’offerta esistente estendendone la portata e l’influenza positiva sulla città esistente. matteo robIglIo Masterplanner “ToMake!”, TRA


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L’ex trincerone ferroviario rappresenta oggi uno dei principali elementi di degrado per il quartiere di Barriera di Milano. La Variante 200 lo identifica come un importante elemento di connessione urbana tra gli ambiti di Spina 4 e dell’ex Scalo Vanchiglia, tanto dal punto di vista della mobilità ciclopedonale quanto da quella veicolare e pubblica. Quale ruolo riveste l’asse del trincerone all’interno della vostra proposta?

Il trincerone rappresenta è l’ambito caratterizzato dal minor carico urbanistico rispetto alle più significative polarità di Spina 4 e Scalo Vanchiglia; contemporaneamente, è l’elemento che più di tutti mette in relazione le varie parti della trasformazione urbana. La connettività tra diversi sistemi urbani è il principale obiettivo dell’intervento di riqualificazione dell’asse Sempione-Gottardo: in primis la connessione tra gli ambiti Spina 4 e Vanchiglia e le altre polarità dell’area, quali il polo universitario dell’ex Manifattura Tabacchi e l’ospedale San Giovanni Bosco; il trincerone rappresenterà inoltre un importante elemento di relazione nel sistema del verde, connettendo i grandi parchi alla confluenza dei fiumi Stura e Po con il quartiere esistente di Barriera di Milano, il parco lineare sull’asse di corso Regio Parco e le aree verdi che saranno realizzate a Spina 4. La futura linea di metropolitana M2, occupando il volume della trincea ferroviaria, sarà il tassello fondamentale sia per la connessione tra le diverse polarità, unendo alcune delle principali radiali del trasporto pubblico torinese, quali il Sfm, la linea 4

torino rebaudengo fossata

e la linea 18, sia per gli interventi di riqualificazione superficiale dell’asse: la copertura della galleria metropolitana permetterà la nascita di uno spazio pubblico di elevata qualità urbana, restituendo alla città un boulevard vitale, caratterizzato da ampie aree verdi, di circa 2 chilometri e 48 metri di sezione. Le stazioni della linea M2, punti di connessione tra il sistema infrastrutturale sotterraneo e il quartiere, rappresenteranno le micro polarità attorno a cui la trasformazione innescata prenderà vita, con l’introduzione di micro-funzioni quali esercizi commerciali di quartiere, edicole o altri servizi; costituiranno inoltre i poli di innesco di una mobilità locale nuova, quali ad esempio il bike sharing o altri sistemi più complessi e a bassa-zero emissione. Interventi adeguati di progettazione stradale e dello spazio pubblico garantiranno priorità ai percorsi ciclopedonali, tramite interventi di traffic calming e riduzione delle correnti di traffico di attraversamento. Gli spazi per la mobilità veicolare saranno destinati prevalentemente a un traffico locale, senza generare nuove connessioni viabilistiche lungo la direttrice est-ovest. Una funzione urbanistica fondamentale, infine, è rappresentata dalla ricucitura urbana: il trincerone è oggi una barriera che interrompe la continuità urbana del quartiere, ma una volta coperto, garantirà la massima permeabilità ciclopedonale, divenendo una cerniera tra i due brani di città e innescando ulteriori riqualificazioni anche nell’area urbana circostante. dIego depoNte Esperto di Mobilità “ToMake!”, systematica


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forme

costruzione della qualità architettonica

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Le sette “lampade” del Sfm aNtoNIo de roSSI

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Ambiente

Il Servizio Ferroviario Metropolitano (Sfm) rappresenta il primo tassello, la pietra angolare, di qualunque futuro progetto integrato e sostenibile per la mobilità metropolitana. È solo partendo da qui che sarà possibile ridurre le micidiali polveri fini, l’inquinamento, la congestione prodotte dai city users entranti in Torino, dal traffico interno e di attraversamento del sistema metropolitano. Oggi ci sono i tagli derivanti dalla difficile situazione delle finanze pubbliche, i disservizi connessi alla recente inaugurazione (9 dicembre 2012) del sistema. Ma bisognerà avere la capacità di traguardarsi oltre. Sostenendo con forza la strategicità di questo progetto. Ricordando a tutti che le ingenti risorse impegnate nel Passante ferroviario avevano come obiettivo anche e soprattutto la riorganizzazione del sistema della mobilità su ferro, e non soltanto la realizzazione di una radicale operazione di ridisegno urbano.

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Integrazione

Sarà importante l’intensità e la qualità del servizio, ma anche e soprattutto l’intermodalità e l’integrazione dei diversi sistemi di trasporto. Andrà evitato l’errore commesso alla stazione Lingotto, dove linea 1 della metropolitana e le tracce ferroviarie restano drammaticamente lontane. Per chi arriva in treno da Pinerolo, con i convogli che ora entrano nel Passante saltando

Porta Nuova, il primo reale punto di incrocio tra le reti è Porta Susa, e non ci sarà navetta o people mover che potrà nel futuro risolvere questa situazione: per chi fa il pendolare tutti i giorni, la scelta tra mezzo pubblico e privato si gioca anche sull’economia di pochi minuti. E qui alcune partite del prossimo futuro (la stazione Rebaudengo con gli attestamenti della linea 2 e del collegamento con Caselle, la Stazione Stura in rapporto alle trasformazioni di Torino e Settimo di corso Romania-via Torino) risulteranno fondamentali per capire il grado di efficienza ed efficacia delle nostre progettualità urbane.

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urbanistica e infrastrutture

Perché in fondo il Sfm è una straordinaria cartina di tornasole per capire se quella frattura tra progetto urbano e progetto infrastrutturale che ha caratterizzato buona parte della modernizzazione novecentesca è stata finalmente ricomposta anche in Italia. Per lunghi decenni questi due temi sono infatti stati pensati come separati: da un lato i retini dello zoning, dall’altro le linee prive di spessore fisico e morfologico delle infrastrutture, progettate come meri elementi funzionali alla gestione dei flussi. Solo da pochi anni, a livello di pratiche ordinarie, si è capito il dramma generato da questa separazione. Perché il Sfm è forse innanzitutto questo: uno straordinario strumento e lente per reinterpretare e progettare configurazioni e trasformazioni urbane.

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torino porta Susa


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forme

costruzione della qualità architettonica

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Le sette “lampade” del SFM

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Grande scala

È infatti il Sfm prioritario elemento di trama e di struttura attraverso il quale – nell’intreccio con i telai storici e ambientali – ripensare forme e funzionamenti della città metropolitana. Vettore di senso e di gerarchizzazione dello spazio interno ed esterno a Torino che dovrebbe servire ad esempio ad orientare limitate ulteriori espansioni edilizie e auspicabili riorganizzazioni dello sprawl. Detto banalmente: si costruisce solo in prossimità degli assi di trasporto pubblico su ferro.

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nuove centralità

Ma nel suo manifestarsi all’interno del costruito e del paesaggio metropolitano, il Sfm è prima di tutto, più che un dispiegarsi di linee, un accadere di gangli e nodi di rilievo urbano. Gangli e nodi che anche qui non hanno valenza semplicemente funzionale – accessibilità, intermodalità, ecc. –, ma che possono rappresentare dei fuochi strategici per operazioni di riqualificazione ambientale e urbana. Luoghi di urbanità intorno cui concentrare attività e servizi, spazi pubblici, e non solo parcheggi. Si pensi al ruolo delle cosiddette Stazioni-porta nel progetto Movicentro della Regione Piemonte che coinvolge diversi nodi del Sfm – da Avigliana a Pinerolo, da Chieri a Chivasso –, o alle stazioni interne a Torino – le già ricordate Rebaudengo e Stura, la necessaria Zappata che bisognerà finanziare e terminare quanto prima.


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grugliasco

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riconoscibilità

Ma affinché tutto ciò possa avvenire, è necessario costruire una visibilità del SFM nella politica e negli stessi abitanti dell’area metropolitana. Purtroppo per molti il Sfm resta un oggetto sconosciuto. E la visibilità la si costruisce rendendo evidenti i vantaggi per il sistema. Già si è detto rispetto a polveri fini e congestione. Tutta da definire e implementare la visione rispetto gli usi del Sfm come mezzo per accedere ai servizi sanitari (si pensi all’ipotizzata linea per l’ospedale San Luigi), alle strutture scolastiche, a musei e beni culturali del territorio metropolitano. Un tema importante, da non sottovalutare, e dal quale passa il futuro del Sfm e di un più generale progetto di mobilità metropolitana integrata.

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Governance

E infine, il Sfm può rappresentare una straordinaria occasione per provare a far decollare, attraverso i progetti concreti e non solamente gli obblighi di legge, il tema della Città metropolitana. Infrastrutture e sistemi storico-ambientali (dal Sfm fino a Corona Verde) rappresentano quindi tavoli da impiegare proficuamente per la costruzione di quella cornice fisica e concettuale oramai sempre più necessaria.


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modi

processi della trasformazione

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Un sistema di trasporto che ti cambia la vita ceSare paoNeSSa direttore, Agenzia per la Mobilità Metropolitana di Torino e del Piemonte

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l Servizio Ferroviario Metropolitano (Sfm) è uno dei grandi progetti volti alla crescita competitiva e all’innovazione dell’area metropolitana torinese legati alla trasformazione urbana di Torino avviata con l’interramento della ferrovia lungo la Spina centrale. L’obiettivo del progetto è quello di potenziare il trasporto pubblico ferroviario, sfruttando al meglio gli interventi infrastrutturali promossi dalla città e realizzare una forte interazione fra le funzioni urbane e il sistema della mobilità collettiva. La Regione Piemonte ha conferito all’Agenzia per la Mobilità Metropolitana e Regionale (Amm) la programmazione dei servizi di trasporto pubblico locale ferroviario interessanti l’area metropolitana torinese. L’Agenzia, nell’ottica di sviluppare un nuovo sistema di offerta, ha ripreso la pianificazione del Servizio Ferroviario Metropolitano, sviluppando la prima proposta della Regione del 1998 [2], avanzando e realizzando nuove idee di programmazione [3, 4]. La peculiarità del Sfm è quella di essere concepito come un sistema autonomo – dotato di un modello di esercizio specifico e materiale rotabile dedicato, come i noti servizi di Parigi (Rer), Vienna (Vor) e Zurigo (S-Bahn) – che andrà sempre più a integrarsi con la rete urbana, composta dalle linee di metropolitana, da quelle tramviarie e dalla fitta rete di autobus urbani ed extraurbani. Il lavoro di progettazione ha permesso di delineare un quadro d’insieme condiviso nell’ambito locale e con gli operatori, all’interno del quale il Servizio Ferroviario Metropolitano costituisce il primo livello dell’architettura del sistema di trasporto pubblico dell’area, basato sull’ottimizzazione dell’uso delle infrastrutture esistenti e in via di sviluppo,

sul potenziamento e la riorganizzazione dei servizi ferroviari preesistenti: la realizzazione del quadruplicamento del nodo di Torino con il Passante ferroviario [1] ha infatti messo a disposizione un “canale” per i servizi ferroviari locali, permettendo di creare “linee metropolitane” che percorrono da un capo all’altro l’area torinese attraversando il capoluogo. Il progetto Sfm si basa sull’attivazione di una programmazione unitaria, facilmente riconoscibile dagli e basata sul concetto di orario cadenzato integrato [5]. Tale approccio permette di gestire l’intero sistema del trasporto pubblico locale (ferro e gomma) sfruttando la costruzione simmetrica e uniformata dell’orario, in cui le differenti maglie della rete si relazionano reciprocamente creando un’unica struttura, presupponendo quali requisiti fondamentali la regolarità e una frequenza di servizi che risulti attrattiva per l’utenza. Baricentro del sistema è la nuova stazione sotterranea di Porta Susa, che costituisce un vero e proprio nodo di interscambio tra i servizi Sfm, i servizi ferroviari regionali, i servizi ferroviari Alta Velocità nazionali ed internazionali e con la rete dei servizi di mobilità urbana. Gli effetti si espandono anche sui servizi a valenza regionale, attraverso l’individuazione delle “stazioni porta”, ovvero delle stazioni ferroviarie nelle quali i servizi ferroviari regionali velocizzano la penetrazione nell’area metropolitana senza effettuare fermate intermedie, garantendo contemporaneamente l’interscambio con il Sfm. Le potenzialità del Servizio Ferroviario Metropolitano non si esauriscono nel migliorare i collegamenti con l’area metropolitana: le linee ferroviarie passanti, l’apertura di nuove stazioni in area urbana (come Rebaudengo-Fossata) e i


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Sfm torino su google maps

maggiori servizi in stazioni finora poco utilizzate, come Stura, rendono appetibile il Sfm anche per i rapidi spostamenti all’interno della stessa area urbana lungo la direttrice nord-sud di Torino. Il Sistema Ferroviario Metropolitano è stato avviato nel dicembre 2012 con servizi cadenzati, un treno ogni ora e rinforzi nelle ore di punta; l’intervallo previsto dei passaggi dei treni metropolitani tra le stazioni di Porta Susa e Stura, nelle ore di punta è pari a 10 minuti ed i tempi di percorrenza ed attraversamento della città consentono velocità commerciali anche superiori ai 50 km/h. Il sistema realizzato costituisce un radicale cambiamento nell’impostazione del trasporto ferroviario caratterizzato, negli ultimi anni, da una costante perdita di attrattiva. Oggi nelle stazioni del Sfm è possibile rappresentare in maniera semplice e schematica la rete dei servizi, facilitando l’accessibilità al sistema della mobilità a tutti i cittadini e agli utenti della città; su Google Transit e Google Maps è possibile consultare gli orari dei servizi Sfm cliccando direttamente sulle stazioni. Il Servizio Ferroviario Metropolitano, insieme alle linee di metropolitana e alla rete tramviaria, va progressivamente a costituire una soluzione strutturale alle problematiche della mobilità e

potrà contribuire a cambiare le abitudini dei cittadini incrementando l’uso del trasporto pubblico: così come dimostrano gli studi condotti dall’Agenzia per la Mobilità Metropolitana [6] e come testimoniano numerose realtà europee, l’introduzione di sistemi ferroviari analoghi con offerta cadenzata e coordinata ha prodotto un incremento della domanda servita ben superiore alle aspettative. [1] G. Barla, G.M. Cavallero, A. Macchi, S. Pedemonte, Il passante ferroviario di Torino, Atti del XVIII Convegno Nazionale di Geotecnica, Rimini, 1993. [2] Regione Piemonte, Direzione Trasporti, Servizio Ferroviario Metropolitano, 1999. [3] Agenzia per la Mobilità Metropolitana di Torino, “Il Nodo di Torino e il futuro assetto del trasporto ferroviario nell’area torinese” in Quaderno 03 - Osservatorio Collegamento Ferroviario Torino-Lione, 2007. [4] Agenzia per la Mobilità Metropolitana di Torino, “Il Sistema Ferroviario Metropolitano dell’area torinese” in Quaderno 07 - Osservatorio Collegamento Ferroviario Torino-Lione, 2008. [5] G. Pellandini, Orario cadenzato integrato, Ingegneria Ferroviaria n. 7-8/2003. [6] Agenzia per la Mobilità Metropolitana di Torino, “Valutazione Benefici-Costi del Sistema Ferroviario Metropolitano” www.mtm.torino.it - Agosto 2011


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modi

processi della trasformazione

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Sistemi ferroviari metropolitani e policentrismo insediativo luca StarIcco Politecnico di Torino

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inaugurazione della metropolitana nel 2006 ha segnato un momento di svolta per il trasporto collettivo torinese: il numero dei passeggeri dei mezzi pubblici, dopo essersi ridotto dai 191 milioni annui del 1991 al minimo di 161 milioni nel 2004, ha ricominciato a salire raggiungendo i 177 milioni nel 2010 e i 201 nel 2012. Nonostante questo incremento, resta relativamente basso rispetto alla maggior parte delle altre grandi città italiane: Torino è quarta per offerta di postikm del trasporto pubblico, ma solo decima per rapporto passeggeri/abitanti e undicesima se si relazionano i passeggeri ai posti-km disponibili. Dal dicembre 2012, con la conclusione dei lavori per il Passante ferroviario che attraversa la città, alla metropolitana si è affiancato un altro elemento di forza del trasporto pubblico, il Servizio Ferroviario Metropolitano: le 5 linee ferroviarie che collegano il capoluogo con i principali centri dell’area metropolitana e della provincia sono state organizzate come un unico sistema, sul modello della Rer parigina e delle S-Bahn tedesche, austriache e svizzere. Il servizio è cadenzato, con frequenza oraria su ogni linea e rinforzi ogni 30 minuti nelle ore di punta; lungo i 12 chilometri del passante tra le stazioni di Stura e Lingotto, viene in questo modo garantito un treno ogni 10 minuti nelle ore di punta e un

tempo di percorrenza di soli 15 minuti. Come dimostrano alcune esperienze storiche realizzate in Europa nel Novecento (Copenhagen, Stoccolma, Monaco ecc.) e come evocano più recentemente gli approcci del Transit Oriented Development nel mondo anglosassone, i sistemi ferroviari metropolitani riescono a massimizzare la propria utenza quando la loro implementazione è fortemente integrata con una pianificazione urbanistica e territoriale che promuova forme insediative policentriche, concentrando e condensando funzioni ed edificato in un numero limitato di centralità, imperniate proprio sulle stazioni ferroviarie e sulle aree ad esse immediatamente adiacenti; un approccio opposto allo sprawl urbano, che invece implica stili di vita fortemente dipendenti dall’uso dell’automobile privata. Due esperienze recenti possono costituire un modello interessante in quest’ottica anche per il Sfm torinese. Nei Paesi Bassi è stato lanciato nel 2006 il progetto Stedenbaan, nella parte del Randstad incentrata su Rotterdam e L’Aia. Il progetto mira a sfruttare al meglio la rete ferroviaria locale esistente, una parte della cui capacità si è liberata grazie alla realizzazione del nuovo corridoio ferroviario ad alta velocità tra Parigi ed Amsterdam. Obiettivo del progetto è di portare da 15 a 10 minuti la frequenza dei treni sulle linee di tale rete; i costi di questo


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Lo schema di rete del servizio ferroviario metropolitano nel nodo urbano di torino, con i collegamenti e gli scambi intermodali possibili nelle stazioni collocate lungo il Passante ferroviario.

collegno

alpignano

avigliana

potenziamento verranno compensati dai maggiori introiti derivanti da un incremento dei passeggeri, causato in parte dal miglioramento stesso del servizio, in parte da un programma di sviluppo urbanistico delle aree attorno alle stazioni della linea (entro un raggio di 1.200 metri, ossia un bacino di accessibilità ciclabile), che vi ha concentrato il 45% di tutta la nuova superficie residenziale realizzata nella regione tra il 2006 e il 2010 (e per il 2020 l’obiettivo è il 60-80%), oltre ad un pluralità di usi del suolo non residenziali. Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale di Bologna, approvato nel 2004, si è posto l’obiettivo di promuovere un policentrismo strettamente funzionale a forme di mobilità maggiormente sostenibili. In questa prospettiva, ha condotto un’analisi sistematica delle potenzialità d’incremento del carico urbanistico entro un raggio di 600 metri da tutte le stazioni del Sfm; quindi ha imposto che nuove previsioni di aree residenziali possano collocarsi “solo a distanza pedonale da stazioni e fermate del Sfm”; nei centri privi di tali stazioni, lo sviluppo urbano deve essere limitato esclusivamente alle opportunità offerte dal recupero degli insediamenti esistenti.


l’œil qui pense

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attori da portare in scena

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Continuare a credere nel trasporto pubblico IntervIsta a

inclusioni

furIo chIaretta

Comitato Treno Vivo Val Pellice

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Quale situazione l’ha spinta a occuparsi in prima persona di mobilità?

Le ragioni del mio interesse verso le problematiche del sistema di trasporto pubblico si legano principalmente alla scelta personale, quattro anni fa, di andare a vivere in Val Pellice: anche in virtù della positiva presenza – in particolare per una persona che ha sempre cercato di muoversi in treno – di una linea ferroviaria quale comodo collegamento con Torino. Quando, a inizio 2012, si inizia a vociferare di una possibile soppressione della linea, il già presente gruppo di pendolari si trasforma nel Comitato Treno Vivo, per la difesa della Pinerolo-Torre Pellice. Ma nonostante l’elaborazione di proposte, la raccolta di 3.000 firme e le iniziative di protesta, a giugno 2012, così come accade in tutto il Piemonte per una dozzina di tratte, il treno viene sostituito dagli autobus. In passato esisteva il collegamento diretto tra Torre Pellice e Torino, in un’ora. Gran parte dei problemi sono cominciati con il crollo del ponte sul Chisone durante l’alluvione del 2000, ripristinato solo con l’approssimarsi delle Olimpiadi, ma introducendo il cambio a Pinerolo, che allunga i tempi a oltre un’ora e venti; e infine il taglio della linea, e l’uso dell’autobus, che ha portato il percorso totale a un’ora e quarantacinque minuti, insieme alla separazione nella gestione dei servizi, con le immaginabili pesanti conseguenze su ritardi,

mancate coincidenze a Pinerolo e incremento dei costi per gli utenti. Le soglie di utilizzo indicate dalla Regione come parametro per il taglio delle tratte ferroviarie vedono la Pinerolo-Torre Pellice sul limite: non certo una linea priva di passeggeri. Linea, peraltro, elettrificata e unica dell’attuale Servizio Ferroviario Metropolitano a venire interrotta in pianura, prima di raggiungere la valle: la linea è stata spezzata a Pinerolo, ma invece va considerata nella sua interezza, come Torre Pellice-Torino.

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Quali sono i problemi di cui soffre il territorio che meglio conosce e che accomunano probabilmente molte realtà italiane?

Uno dei principali ostacoli è costituito dalla separazione delle competenze, con i finanziamenti per il trasporto su ferro (gestito da Trenitalia e Gtt) che dipendono dalla Regione, e quelli per il trasporto su gomma (con diverse società) che dipendono dalla Provincia, con un ruolo di coordinamento dell’Agenzia Metropolitana Mobilità che però a nostro avviso non è riuscita a incidere a sufficienza nei rapporti tra gli enti e sulla razionalizzazione del servizio. Nel caso della Pinerolo-Torre Pellice ci si trova ad avere 50 autobus al giorno, in alcuni casi molto ravvicinati, talvolta stracolmi o viceversa praticamente vuoti, come nel caso di quelli pensati per la Fiat in situazioni occupazionali diverse. Altra questione importante è la scarsa considerazione nei confronti del coordinamento con le altre politiche di settore e dei costi indotti. Valga come esempio la riorganizzazione sanitaria, con la Asl unica che unisce Pinerolo a Rivoli, Giaveno e Avigliana: questi luoghi, in cui può essere necessario recarsi per cure specialistiche, sono raggiungibili con il trasporto pubblico solo passando per Torino, con un enorme allungamento dei tempi. Da qui si coglie bene come sarebbe necessaria una visione complessiva, sia dal punto di vista gestionale sia da quello della programmazione degli interventi infrastrutturali. In epoca di risorse quanto mai scarse, quando


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Nichelino

sembrano venire meno sia l’ipotetica Tangenziale Est sia il nuovo corso Marche, contano ancora di più le strategie: il miglioramento del nodo ferroviario di Torino è una priorità riconosciuta da tutti, ma non è ancora chiaro il futuro delle stazioni Zappata e Dora, senza le quali il Sistema Ferroviario Metropolitano resta incompleto.

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Quali prospettive restano, dunque, e quali punti di riferimento a cui guardare?

Il Comitato Treno Vivo ha inizialmente lavorato per dare corpo alla speranza di riattivare la linea ferroviaria, perfettamente funzionante e con costi di gestione e personale tutt’altro che esagerati. Posto che oggi ciò pare altamente improbabile, si cerca di migliorare il servizio su gomma, rilevando i disservizi, sensibilizzando, immaginando anche esperimenti come il car-

pooling e il car-sharing, che potrebbero dare buoni risultati e che all’estero sono incentivati e sostenuti anche da aziende private come la Volkswagen. In generale sono molti i modelli a cui si può guardare, Paesi capaci di far funzionare e coesistere in modo positivo sia il trasporto di lunga distanza, sia il trasporto pubblico locale e regionale: dalla Svizzera alla Germania, ma all’Italia stessa, con la provincia di Bolzano che spendendo 100 milioni di euro ha rimesso in funzione la ferrovia della Val Venosta chiusa da 15 anni, e poi ha preso in gestione la linea della Val Pusteria, coordinando l’intero sistema di mobilità su ferro e su gomma. Così pure il sistema lombardo di Trenord, che nonostante i problemi verificatisi, assicura comunque un livello di servizio piuttosto alto.


l’œil qui pense

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cronache

notizie da non mancare

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MuOversI In un AltrO MOdO

S

i susseguono ormai con frequenza e forza iniziative dedicate a promuovere, diffondere e sostenere forme di mobilità differente rispetto a quelle tradizionali, private e individuali, a cominciare dall’automobile. si è svolta il 4 maggio a Milano la manifestazione nazionale “L’Italia cambia strada”, promossa dalla rete #MobilitàNuova, una coalizione di oltre 200 sigle che chiedono a tutte le amministrazioni competenti ai vari livelli più fondi per la mobilità ciclo-pedonale e per il trasporto pubblico locale e regionale: migliaia di persone si sono date appuntamento davanti alla stazione Centrale per poi pedalare, camminare o comunque spostarsi a impatto zero sino a piazza del duomo (www.mobilitanuova.it). Il 26 maggio, invece, Torino ha ospitato la quarta edizione del Bike Pride, durante la quale ben 20 mila ciclisti hanno attraversato le strade del centro cittadino, partendo dallo storico Parco del Valentino per raggiungere il Parco dora, nuovo polmone verde simbolo positivo della trasformazione della città industriale: la presenza di intere famiglie e persone di età le più disparate unite all’uso di mezzi strani e curiosi hanno decretato il successo dell’iniziativa, durante la quale l’assessore comunale all’Ambiente Enzo Lavolta ha affermato che entro il 2014 il servizio di Bike sharing coprirà l’80% del territorio urbano (www.bikepride.it).

Il suOlO su tOrInO

M

omento di grandi dibattiti nel capoluogo piemontese rispetto a cosa fare dei sedimi stradali in varie zone della città. A cominciare dalla situazione delle buche, che le avverse condizioni meteorologiche e la contrazione delle risorse per la manutenzione hanno reso sempre più difficile imponendo interventi straordinari. Venendo invece a interventi in progetto, incontrano numerosi ostacoli i parcheggi pertinenziali previsti dalla giunta comunale in punti come corso Marconi e le piazze Paleocapa, Lagrange e gran Madre: non mancano naturalmente le opinioni a favore, ma i comitati spontanei riescono con forza a far emergere le ragioni del no: dalla conservazione di alberate storiche come in corso Marconi, al difficile inserimento delle rampe in contesti aulici, dall’innalzamento delle falde al negativo impatto sul commercio di lunghi cantieri. Le gare di concessione per affidare lavori e gestione sono in corso e non verranno fermate, ma alcune dei punti posti troveranno sicuramente spazio. E se pure le semplici pedonalizzazioni, come immaginato per il primo tratto di corso de gasperi, alla Crocetta, fanno nascere fazioni contrapposte, si può almeno chiudere con una buona notizia: è stato approvato il progetto definitivo del primo tratto di sistemazione superficiale della copertura del Passante ferroviario – tra corso Vittorio Emanuele II e via grassi, a fianco della nuova stazione di Porta susa –, solo una nuova tranche per proseguire il boulevard esistente sino ad arrivare a corso grosseto, quasi 5 milioni su un totale che sfiorerà i 40.


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PAlAzzO, che lAvOrO!

I

l 6 maggio il Consiglio di stato ha respinto l’appello della Città di Torino, confermando la sentenza del Tar Piemonte che aveva invece accolto il ricorso di 8 gallery, relativamente all’iter amministrativo per la riconversione del Palazzo del Lavoro in centro polifunzionale a carattere commerciale. due le ragioni sostanziali: è necessaria una variante urbanistica strutturale invece di una parziale (quindi semplificata, via scelta dal Comune) e non è corretto considerare i negozi previsti come “centro commerciale naturale” con una superficie di 13 mila mq, in quanto si ricade in un unico intervento che deve fermarsi a 6 mila. Entrambe le sentenze non hanno giudicato inammissibile il progetto elaborato dallo studio Rolla per Pentagramma Piemonte e Corio, ma impongono al Comune di modificare le procedure. Naturalmente tenendo conto, sottolinea l’assessore all’urbanistica Ilda Curti, che nel frattempo è entrata in vigore la revisione della Legge urbanistica regionale, che anche interviene sulla disciplina delle varianti.

www.mtm.torino.it www.sfmtorino.it

da Avigliana a Nichelino, da grugliasco a settimo: il percorso fotografico di questo numero, realizzato da donia prengemann, ci accompagna, stazione per stazione, lungo le linee del servizio ferroviario metropolitano per conoscere i nodi nei quali territorio e ferrovia entrano in contatto.

L’Agenzia per la Mobilità Metropolitana di Torino e del Piemonte è un consorzio pubblico di interesse regionale cui partecipano la Regione Piemonte, la Provincia di Torino, la Città di Torino e 31 comuni dell’area metropolitana torinese, costituita nel 2003 per attuare la riforma del trasporto pubblico. Missione dell’Agenzia è l’integrazione dei servizi, la razionalizzazione e lo sviluppo del trasporto pubblico locale, l’affidamento, la gestione e il controllo dei contratti di servizio.



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