Informal neighbourhoods yesterday, today and tomorrow: in-formality of the squatter communities

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Quartieri informali ieri, oggi e domani In-formalità delle comunità abusive Laureando: Sami Shams Uddin | 879417 Relatore: Prof. Pasquale Mei

POLITECNICO DI MILANO

Scuola di Architettura Urbanistica e Ingegneria delle costruzioni Laurea Triennale in Progettazione dell’Architettura a.a. 2019 / 2020


INDICE ABSTRACT

“Si stima che oggi siano circa un miliardo gli abusivi nel mondo, uno ogni sei esseri umani sul pianeta e la loro densità è in aumento. Ogni giorno quasi duecentomila persone lasciano le loro dimore ancestrali nelle regioni rurali e si trasferiscono nelle città. Quasi un milione e mezzo di persone alla settimana, settanta milioni l’anno. Entro venticinque anni si prevede che il numero di abusivi sarà raddoppiato rispetto a oggi. La stima più credibile per il 2030 è di due miliardi di abusivi, uno ogni quattro abitanti del pianeta.” Robert Neuwirth, Città Ombra -Viaggio nelle periferie del mondo

EN

6

IT

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I FUTURO

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I.1 Affrontare l’urbanizzazione spontanea

11

I.2 Città inclusive

15

I.3 Città del futuro

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I.A Attualità del futuro Tapis Rouge - Haiti Kay Alfred - Haiti Campache - Haiti Human Developent Center - C. Rica Ecole de l’Espoir - Haiti Arena de Morro - RIo de Janeiro The Table House - Città del Capo Favela Paintings - Rio de Janeiro

21 22 24 26 28 30 32 34 36

I.B Considerazioni

39

IV Note

97

sul futuro

Bibliografia Sitografia Fonte delle immagini


II

PRESENTE

43

III PASSATO

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II.1 Sfondo - Le condizioni attuali degli agglomerati informali

45

III.1 La genesi dello slum

77

II.2 Caratteristiche

47

III.2 Sviluppo del termine slum

80

II.3 Politiche abitative

51

III.3 Nascita ed espansione delle baraccopoli

82

II.A

II.B

AttualitĂ del presente 61 Rio de Janeiro Mumbai Nairobi

62 66 70

Considerazioni sul presente

73

III.A AttualitĂ del passato 87 Londra Parigi New York

III.B Considerazioni sul passato

88 90 92

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Abstract EN

The great demand for housing, educational buildings, hospitals and services often arises both from the destruction caused by war, as in some parts of Africa, but also from internal migrations to the city where people search for a better life, such as in India or in South America. This often leads to the construction of homes and temporary structures to accommodate new inhabitants, but there is not an effective control. The consequence is the creation of “slums�, which are temporary architectures with poor hygiene and quality that go into existing urban fabrics, compromising the morphology of the city and causing problems in the event of subsequent changes or insertion of new infrastructures. In addition to the increase in crime, these spaces also present a greater percentage of non-literate children and young people, thus returning an emergency both in terms of education and precautions against crime. The analysis of these realities was divided into 3 phases: future, present and past. An attempt was made to provide an account of how these irregular environments developed in each of the 3 phases, examining the spread of these abusive communities and what mechanisms were applied to respond to the problem of their expansion. The goal was to take a step forward towards the definitive solution to the problem of expansions of these informal suburbs and to find a way to integrate them into an informal and formal society in order to build a more inclusive city of the future.

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Abstract IT

La grande richiesta di abitazioni, edifici per l’istruzione, ospedali e servizi nasce spesso sia dalle distruzioni della guerra, come in alcune parti dell’Africa, sia da migrazioni interne verso la città al fine di ricercare una vita migliore, come in India o in Sud-America. Questo porta spesso alla costruzione di abitazioni e strutture temporanee, senza un effettivo controllo, per accogliere nuovi abitanti. A ciò consegue una creazione di “baraccopoli” che risultano architetture temporanee con scarsa igiene e qualità e che vanno ad inserirsi in tessuti urbani preesistenti, compromettendo la morfologia della città e causando problemi in caso di successivi interventi di modifiche o inserimento di nuove infrastrutture. Oltre all’incremento della criminalità, questi spazi presentano anche una maggior percentuale di bambini e ragazzi non alfabetizzati, creando così un’emergenza sia a livello di istruzione che di precauzioni contro la criminalità. Attraverso un’attenta analisi di queste realtà suddivisa in 3 fasi (futuro, presente e passato), si è cercato di restituire un resoconto di come questi ambienti irregolari si sono sviluppati in ciascuna fase, esaminando sia la diffusione di queste comunità abusive sia i meccanismi applicati per rispondere al problema della loro espansione. L’obiettivo è stato quello di fare un passo in avanti verso la soluzione definitiva al problema delle espansioni di queste periferie informali e di come si possono integrare società informale e formale per costruire una città del futuro più inclusiva.

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Più della metà della popolazione mondiale vive in città, di questi una su tre vive in paesi a basso e medio reddito in particolare negli insediamenti informali, a volte conosciuti colloquialmente come baraccopoli, con un accesso inadeguato ai servizi ed alle opportunità per prendere le decisioni in merito il loro ambiente. [...] Professoressa Sally Theobald, Liverpool School of Tropical Medicine, Principle Investigator, ARISE ¹


I - FUTURO

Img I.1 - Tapis Rouge, Haiti



I.1 - Affrontare l’ingovernabile dell’urbanizzazione spontanea Le persone stanno sempre più migrando verso la città ed il globo sta assistendo ad un processo di “urbanizzazione” che, nei paesi in via di sviluppo (PVS), si configura in insediamenti informali nei centri urbani. Questi luoghi, definiti baraccopoli, formazioni urbane informali, favelas, bidonvilles, slums, accolgliendo persone provenienti dalle aree rurali, creano disagi ai servizi civici della città. Sono spazi temporanei senza servizi base, con scarsa igiene e qualità, non conformi alle regole della pianificazione e della costruzione, spesso si trovano in aree particolarmente sensibili dal punto di vista ambientale e geografico. Sono numerosi i fattori che causano la formazione di questi insediamenti: crescita della popolazione, migrazioni rurali-urbane, mancanza di alloggi a prezzi accessibili, pianificazione e gestione urbana deboli, lavori a basso reddito, emarginazione, spostamenti causati da conflitti, catastrofi naturali e cambiamenti climatici.

Schema I:1 Disuguaglianza, povertà e nascita di insediamenti informali

Disparità di reddito

Bassa crescita economica

Estrema povertà

Integrazione

Mancanza di alloggi a basso costo

Nascita di insedimenti informali

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Duro lavoro richiede la vita degli abusivi: la disciplina necessaria per migliorare la propria casa un muro alla volta; l’amore della gente per la propria comunità, l’orgoglio di creare da sé; il desiderio che i loro sforzi siano presi sul serio; l’ambizione che il governo si confronti con i loro problemi: così Robert Neuwirth descrive le baraccopoli pensando al tempo da lui trascorso nelle città di Rio di Janeiro, Nairobi, Mumbai, Istanbul e nelle loro comunità abusive. ² A Nairobi, in Kenya, si trova l’agenzia Habitat³ specializzata nello studio dei quartieri chiamati slums, o più correttamente nominate, da Robert Neuwirth, comunità abusive. L’obiettivo, da poco più di quarant’anni è quello di promuovere un programma globale per alloggi adeguati, città sane e progresso sociale per mettere fine al carattere medievale di questi quartieri medievali del XXI secolo. Inoltre, finanzia ed incentiva interventi al fine di migliorare le zone abusive. Nella pratica non ha quasi nessun impatto. Non possiede fondi, principalmente forniscono informazioni a livello regionale ed internazionale. Nel 2003 Anna Kajumulo Tibaijuka, l’attuale direttore esecutivo dell’agenzia, dichiara che il grande potenziale per il miglioramento dell’efficacia delle politiche per gli slum può essere raggiunto attraverso il pieno coinvolgimento dei poveri che vivono in queste realtà delle città. Dopo diciassette anni, Habitat non sembra ancora aver messo in pratica queste parole. Diversi sono stati i progetti pilota fallimentari, tra i quali la costruzione di nuove abitazioni per gli abitanti delle baraccopoli di Nairobi. ⁴

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Grafico I.1 Percentuale di popolazione informale

15% 2016

7,7 mld

25% 2030

Quasi un miliardo di persone nel mondo vivono in questi insediamenti informali e rappresentano il 15% della popolazione mondiale, se i governi e le comunitĂ globali continueranno ad ignorare queste realtĂ gli abusivi potrebbero diventare 2 miliardi entro il 2030. La partita, quindi, si gioca intorno alla capacitĂ di risolvere il problema delle espansioni di queste periferie informali. 5

8,5 mld

Img I.2 Quartiere informale di Kibera Nairobi, Kenya

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Img I.3 Un grande quartiere abusivo dietro ai grattecieli di un quartiere piĂš sviluppato La Paz, Bolivia

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I. 2 - Città inclusive La ‘città inclusiva’ è il luogo dove chiunque, indipendentemente dalla condizione economica, dal genere, dall’età, dalla razza o dalla religione, è permesso partecipare produttivamente e positivamente alle opportunità che la città ha da offrire. - Unchs, 2000. 6 È indispensabile che la città torni ad essere inclusiva, contrastando i fenomeni di esclusione e rafforzando quelli di inclusione attraverso le politiche urbane, economiche e sociali. Una città che affronti il tema dell’integrazione senza disconoscere le differenze delle società dei PVS che sono sostanzialmente diverse dalle logiche del mercato ormai dominante. Questo compito, con il decentramento, è affidato ai governi locali che hanno la responsabilità di mettere in atto le giuste strategie riguardanti il diritto alla città, delle politiche che affrontino in maniera integrata la povertà, le condizioni insediative e le opportunità di reddito (lavoro). L’esclusione, la frammentazione della società e dello spazio urbano sono gli effetti dell’incapacità dei governi di gestire la nascita e l’espansione delle formazioni informali. Gli insediamenti irregolari sono una risposta all’insufficiente offerta di case a basso costo. È utile, quindi, che Governance e pianificazione strategica attuino meccanismi decisionali anch’essi inclusivi senza finire in ottiche di competizione e marketing. La frammentazione delle diverse parti della città possono ridefinirsi attraverso un Progetto di città che riparta dallo sviluppo di gruppi e singoli individui in grado di contrastare l’esclusione. Governance ha come significato la partecipazione ed il riconoscimento delle

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differenti capacità di tutti. Urban Governance assume, invece, come ipotesi che la città sia un insieme di soggetti diversi, che partecipano ad un Progetto di Città, e organizzando i rispettivi interessi, arrivano a confrontarsi su un’idea per cercare di realizzarla. Il governo della città non può limitarsi a garantire solo il buon funzionamento dell’economia ma dovrebbe anche trattare gli interessi delle nuove identità collettive come quella delle comunità abusive. Le comunità abusive hanno creato un proprio mercato irregolare per coprire il proprio fabbisogno, contribuendo in misura sostanziale al funzionamento della città. È tempo ora, come sottolinea Marcello Balbo, che anche la città contribuisca al miglioramento di queste popolazioni, riconoscendoli come cittadini veri e propri. 7 Img I.4 Piccolo scorcio informale di Dharavi Mumbai, India

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I.3 - Città del futuro Il riassunto annuale delle città nel mondo di Habitat del 2003 è stato intitolato come “La sfida degli slum”. Il rapporto precedente s’intitolava “Un mondo senza slum”. Sulla base dei successi degli abusivi in alcuni paesi (come il Kampung Improvemente Programme a Giacarta, oppure Sultanbeyli ad Istanbul), l’Habitat dovrebbe modificare alcune sue priorità: dovrebbe far prendere coscienza alle agenzie internazionali ed alle autorità nazionali che la verità non sta nello sradicare queste realtà informali, ma nello smettere di trattare queste comunità come orrende e criminali e nell’iniziare a trattarle come quartieri le cui condizioni possono e devono essere migliorate. Ricostruirle da capo non è la soluzione, poiché causerebbe solo l’aumento dei prezzi delle abitazioni e dei servizi e un conseguente spopolamento, dato che la gente di quei luoghi non potrebbe più Img I.5 Bang BUA Community Prima dell’upgrading Bangkok, Thailandia

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permettersi di viverci. Se l’ONU, o in generale gli organismi internazionali e le autorità nazionali o locali vogliono cambiare la storia di queste formazioni spontanee, devono cominciare a lavorare insieme agli abusivi. Citando le parole di Robert Neuwirth sono adulti che lavorano sodo: possono prendere decisioni in nome della loro comunità. Sono in grado di definire dei compromessi accettabili. E senza di loro, qualunque lavoro per migliorare le comunità dove abitano è destinato all’insuccesso. 8

Img I.6 Bang BUA Community Dopo dell’upgrading Bangkok, Thailandia

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Img I.7 Due strade nelle favela di Rocinha dopo una grande operazione di upgrading Rio de Janeiro, Brasile

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I.A - AttualitĂ del futuro

Img I.A.1 - Tapis Rouge, Haiti


Tapis Rouge - Haiti - Architetti: EVA Studio - Ubicazione: Port-au-Prince, Haiti - Budget: 250.000 dollari - Anno di costruzione: 2016 - Cliente: Comunità globali - Dono della Croce rossa americana Tapis Rouge è uno dei numerosi spazi pubblici costruiti sotto il programma LAMIKA (Una vita migliore nel mio quartiere) finanziato dalla Croce rossa americana e attuata dalle comunità globali. Si trova a Carrefour-Feulles, in una delle aree gravemente danneggiate conseguentemente al terremoto del 2010. Le infrastrutture sono poche ed inadeguate: mancano elettricità, acqua corrente e servizi igienici. La vita sociale si svolge prevalentemente tra gli angoli stretti delle case. L’obiettivo del progetto Tapis Rouge è stato quello di trasformare un campo di tende per sfollati in uno spazio multifunzione che fosse in grado sia di facilitare sia di promuovere la coesione e la vita sociale degli abitanti del luogo. Per tale ragione e per creare un forte senso di identità, il progetto è stato realizzato con la stretta collaborazione della comunità. Un elemento chiave di tale progetto è rappresentato dagli anelli concentrici che definiscono un anfiteatro all’aperto utilizzabile per le riunioni della comunità. Ai bordi sono stati piantati numerosi alberi di fuoco che, una volta cresciuti, contribuiranno a proteggere piazza dal sole e dalla conseguente irradiazione. Un pozzo di acqua, profondo100 metri, riempie i serbatoi presenti dietro le palme; il denaro proveniente dalla loro vendita verrà re-investito per il mantenimento dello spazio pubblico. I muri perimetrali, inoltre,

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sono stati decorati con murales realizzati dagli artisti locali. 9

Img I.A.2 - Fotografia 1 Img I.A.3 - Fotografia aerea notturna Img I.A.4 - Pianta

CONSIDERAZIONI Il progetto è completamente integrato ai circostanti insediamenti informali, caratterizzati da un’elevata densità abitativa. Lo spazio viene concepito come un elemento che può migliorare il senso di identità dei residenti e dare respiro alla comunità per ritrovarsi in un luogo sicuro e pulito, dove poter giocare e passare del tempo libero. EVA Studio ha avuto le capacità per progettare uno spazio assieme alla comunità.

Img I.A.2

Img I.A.3

Img I.A.4

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Kay Alfred - Haiti - Architetti: EVA Studio - Ubicazione: Port-au-Prince, Haiti - Budget: 400.000 USD - Anno di costruzione: 2015 - Cliente: Comunità globali - Dono della Croce rossa americana Si tratta di uno dei 3 spazi realizzati da EVA Studio per il programma LAMIKA (Una vita migliore nel mio quartiere) e hanno lo scopo di rispondere alla scarsità di spazio urbano pubblico presente nel quartiere. Si trova sopra un burrone che raccoglie acqua detriti a causa dell’erosione. Lo spazio veniva utilizzato precedentemente dai bambini come campo da calcio. Il progetto ha l’obiettivo di rispondere ai problemi idrologici esistenti attraverso un canale sotterraneo, una diga e un muro di sostegno. Lo spazio, ora, è multifunzionale ed è composto da un campo da basket/calcio e un parco giochi, posti a sedere e spazi verdi.10 CONSIDERAZIONI L’intervento ha la capacità di connettere due quartieri diversi attraverso la creazione di uno spazio che permette ai ragazzi della comunità di giocare in un confortevole e sicuro dai problemi idrogeologici.

Img I.A.5

Img I.A.6

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Img I.A.5 Fotografia 1 Img I.A.6 Fotografia 2 Img I.A.7 Fotografia aerea Img I.A.8 Pianta


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Img I.A.8

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Campache - Haiti - Architetto: EVA Studio - Ubicazione: Port-au-Prince, Haiti - Budget: 200.000 USD - Anno di costruzione: 2016 - Cliente: Comunità globali - Dono della Croce rossa americana Assieme a Kay Alfred e Tapis Rouge è uno dei tre spazi pubblici del quartiere fornendo al quartiere un campo da calcio recintato e attrezzato, desiderato da molto tempo dagli abitanti. L’obiettivo del progetto è di dare nuova vita ad un campo già esistente con un nuovo tappeto erboso artificiale più facile da mantenere e fornire alla comunità del quartiere una nuova strada accessibile ai veicoli. 11 CONSIDERAZIONI Lo sviluppo di un attività come lo sport è molto importante per lo sviluppo di un quartiere informale. Lo spazio può essere usufruito per numerosi tornei, oltre che dare la possibilità ai ragazzi dei quartieri di praticare uno sport, ma soprattutto tenendoli fuori da attività estremamente più informali.

Img I.A.9 Fotografia 1 Img I.A.10 Pianta

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Img I.A.10

29 AttualitĂ del futuro


Human Developmente Center - Costa Rica - Architetto: Luis Diego Barahone Arquitectura - Ubicazione: San Josè, Costa Rica - Anno di costruzione: 2018 - Cliente: Comune di Curridabad - Finanziamento: Ministero degli alloggi e degli insediamenti della Costa Rica Il progetto ha come l’obiettivo di aumentare lo “sviluppo umano” di Tirrases. Si tratta di un edificio a tre piani multifunzionale destinato biblioteca, aule e workshops. L’intervento è integrato al luogo ed è suddiviso in un’area centrale molto illuminato, un cortile interno, spazi esterni ed una scala che funge da piccolo anfiteatro. L’intervento ottimizza le risorse disponibili ed è costruito con materiali di alta qualità per una lunga durata e poca manutenzione. 12 CONSIDERAZIONI La flessibilità è tra gli elementi più importanti del progetto con lo sviluppo di differente aree dedicate a differenti attività. Si tratta di un investimento per il futuro per garantire agli abitanti del luogo, prevalentemente poveri, un edificio che possa durare a lungo con pochissima manutenzione.

Img I.2.11

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Img I.A.11 Sezione Img I.A.12 Fotografia 1 Img I.A.13 Fotografia 1 Img I.A.14 Fotografia 2 Img I.A.15 Fotografia 3 Img I.216 Pianta


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31 Attualità del futuro


Ecole de l’Espoir - Haiti - Architetto: EVA – Emergent Vernacular Architecture - Ubicazione: Port-au-Prince, Haiti - Budget: 500.000 dollari - Anno di costruzione: 2015 - Cliente: J/P HRO - Donazione da parte della Ray of Light Foundation La scuola si trova ai margini di Delmas 32, un quartiere informale di 100 mila abitanti nel centro di Port-au-Prince, e ha come obiettivo quello di dare la possibilità ai bambini delle zone circostanti, compresi quelli con difficoltà fisiche e cognitive, di avere un istruzione adeguata. Nei quartieri irregolari di Haiti le scuole, gestite da privati o associazioni locali, sono ospitate prevalentemente in strutture che inizialmente erano o case o chiese, risultando insufficienti a livello di standard igienici e strutturali con le aule buie, sovraffollate e non ventilate. Di questo ne risentono soprattutto i bambini con bisogni speciali a quali viene impedito di ricevere cure e assistenze dedicate, venendo emarginati dalla scuola e dalla comunità, perdendo così le conseguenti opportunità di sviluppo.

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Img I.A.17 Pianta Img I.A.18 Sezione Img I.A.19 Fotografia contesto 1 Img I.A.20 Fotografia contesto 2


L’obiettivo del progetto era quello di conservare lo status quo dell’ambiente naturale e la decisione di mantenere tutti gli alberi esistenti ha portato i progettisti ad organizzare la scuola come un campus suddividendolo in diversi padiglioni articolati lungo una rampa accessibile. Le rampe sono il cuore del progetto, ed il loro esclusivo utilizzo come mezzo principale per muoversi tra i padiglioni, ha permesso la creazione di un ambiente inclusivo. Gli esistenti alberi di fuoco, invece, ombreggiano gli ambienti dalle irradiazioni solari e fungono da spazi ricreativi per la socializzazione. Le classi interne sono ben ventilate ed illuminate dalla luce naturale. Dalla sua apertura questa scuola ha saputo offrire un’istruzione di qualità a oltre 200 bambini di Delmas 32. 13 CONSIDERAZIONI L’estensione dell’istruzione a tutti i bambini, anche a quelli con bisogni speciali è un punto importatne per il miglioramento delle comunità abusive. L’introduzione, invece, dei corridoi aperti ha come effetto da una parte un ottimale ventilazione ed illuminazione diurna, dall’altra il mantenimento della ricchezza naturale del sito.

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33 Attualità del futuro


Arena de Morro - Rio Grande do Norte - Architetto: Herzog & de Meuron - Ubicazione: Natal, Rio Grande do Norte, Brasile - Anno di costruzione: 2014 - Cliente: Ameropa Foundation Il progetto include una serie di nuovi edifici, per attività pubbliche, addossate alla strada principale Mãe Luiza. Il cuore dell’intervento è la palestra con 420 posti a sedere, sale polivalenti e una terrazza con la vista sull’oceano. La struttura della vecchia palestra è stata estesa su tutta l’area edificabile ,creando un’unica grande copertura. È diventato, ora, un simbolo della comunità con le 2 estremità della copertura che si aprono verso il quartiere con la funzione di invitare le persone ad usufruire dei suoi spazi. 14 CONSIDERAZIONI La palestra risulta completamente integrata con il quartiere informale, permettendo ai residenti di usufruire di spazi comuni confortevoli e puliti. La struttura è stata costruita in base ai materiali ed alle modalità costruttive disponibili con una grande importanza data alla ventilazione ed illuminazione naturale.

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Img I.A.21 Fotografia degli interni e panorama sul mare Img I.A.22 Fotografia interna Img I.A.23 Fotografia aerea Img I.A.24 Pianta

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The Table House - Città del Capo - Architetto: Noero Architects - Ubicazione: Philippi, Città del Capo - Anno di costruzione: 2017 – in corso - Cliente: non rivelato Le comunità abusive non possiedono le capacità tecniche per migliorare le loro case. La Table House è stata progettata per fornire agli abitanti di queste comunità una struttura permanente a basso costo che può essere estesa sia lateralmente che verticalmente. La struttura è formata dai minimi elementi dispensabili fornisce una solida base da cui partire. Il modulo, invece, misura 3,6x3,6x3,2. Il calcestruzzo viene utilizzato per le fondazioni, i tubi sono in PVC, le armature, le travi, i pilastri e le staffe sono in acciaio, il tutto ricoperto di vernice ignifuga. 15 CONSIDERAZIONI Si tratta di un’idea flessibile la cui implementazione negli insediamenti informali potrebbe risolvere vari problemi riguardanti la densità e l’organizzazione. Il prodotto è stato progettato per essere facilmente assemblato affinché gli abitanti dei quartieri locali possano essere coinvolti nel processo di costruzione.

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Img I.A.25 Assonometrie 1 Img I.A.26 Fotografia 1 Img I.A.27 Vista assonometrica 2


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37 AttualitĂ del futuro


Favela Paintings - Rio de Janeiro - Artisti: Haas&Hahn - Ubicazione: Villa Cruzeiro, Rio de Janeiro - Anno di costruzione: 2010 I due artisti hanno immaginato di sfruttare la varietà delle favele per creare un ponte artistico tra le persone che vivono in questi quartieri informali con quelli che vivono nel resto della città. Il progetto darebbe l’opportunità agli abitanti delle favelas di dare nuova vita alle loro abitazioni con i colori dell’art. Questo tipo di intervento potrebbe anche migliorare l’economia delle comunità vicine. Jeroen Koolhaas non ha mai abbondonato il sogno di realizzare questo megaprogetto di utilizzare gli insediamenti informali come tele per le proprie opere. 16 CONSIDERAZIONI L’arte è il principale strumento per di miglioramento. Sostanzialmente non fornisce solide soluzioni, ma attraverso i colori ed i disegni mira a trasformare l’aspetto generale dei quartieri abusivi rendendoli più “belli” da vivere.

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38 Attualità del futuro

Img I.A.28 Fotografia 1 Img I.A.29 Fotografia 2 Img I.A.30 Fotografia 3 Img I.A.31 Fotografia 4 Img I.A.32 Fotografia 4


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39 Attualità del futuro



I.B- Considerazioni sul futuro Un miliardo di persone nel mondo vive negli insediamenti informali. Ad esempio a Mumbai metà della popolazione è composta da comunità abusive, che se volessero, potrebbero coalizzarsi per governare la società civile. Ma non è quello il loro obiettivo. Il loro desiderio è quello di essere riconosciuti come comunità, come quartieri e parte della città e della società. Per sopravvivere sono stati costretti a costruire una rete di economia informale, ma molti di loro lavorano negli ambienti “formali”, contribuendo in modo diretto all’economia delle città e dei paesi. Gli abusivi del mondo danno un po’ di concretezza al vago concetto di Henri Lefebre di “diritto alla città”. Sono esclusi, ma non si appropriano di un diritto astratto, prendono un luogo vero e proprio: un posto dove poter poggiare la testa. Questa azione, sfidare il fatto che la società ti nega un posto prendendotene uno, è l’estrema conseguenza di un mondo che nega abitualmente alla gente la dignità e il valore insiti in una dimora.17 In riferimento a queste parole di Robert Neuwirth è importante rendersi conto che gli abusivi esistono e che le loro costruzioni sono una forma di sviluppo urbano. In un mondo che si dirige sempre di più verso severe modalità di diritto di proprietà, le comunità abusive dimostrano che si può considerare la terra in un altro modo, attribuendo maggior valore al possesso che all’acquisto e riconoscendo il bisogno oltre all’avidità. Esse necessitano di poche regole mediante le quali poter creare i propri organismi di autogoverno. Queste comunità hanno bisogno di fissare degli obiettivi e poi capire come raggiungerli attraverso modalità di governance e urban governance.

41 Considerazioni sul futuro


Il diritto alla città è stato il tema chiave durante Habitat III, tenutosi a Quito (Ecuador) nel 2016. Il risultato di tale “congresso” è stato riassunto nel documento “New Urban Agenda” con l’obiettivo di diffondere una visione condivisa basata su una “città per tutti” in cui gli abitanti stessi possano produrre la città con insediamenti equi, accessibili e sostenibili. I principi per il raggiungimento di questi obiettivi ruotano intorno a tre principali pilastri: quello sociale (non lasciare che nessuno rimanga indietro); quello economico (trarre vantaggio dalle economie di insediamenti correttamente pianificati); e quello ambientale (energia pulita e usi sostenibili del suolo). Inoltre, l’elemento principale all’interno di tale documento è rappresentato dal ruolo svolto dalla pianificazione, dato che la comunità internazionale, durante Habitat III, comprende come senza un’adeguata pianificazione risulterà impossibile sostenere i grandi processi di urbanizzazione in divenire. Il rischio però è sempre lo stesso, che tutto finisca per essere una semplice teoria. 18 Una comunità dove non esiste la proprietà, come si organizza? Quali sono le priorità? I pochi fondi disponibili come dovrebbero essere investiti? In infrastrutture, nell’edilizia o nell’educazione? Quello di cui hanno bisogno queste realtà informali sono nuove discussioni e ulteriori dibattiti, non solo tra di loro, ma assieme alle comunità internazionali e governi nazionali.

Img I.B.1 e I.B.2 Collaborazione con gli abitanti informali di Nairobi per le nuove pianificazioni Nairobi, Kenya

42 Considerazioni sul futuro


Img I.X.1

Img I.X.2

43 Considerazioni sul futuro


La stragrande maggioranza del miliardo di abusivi del mondo sono semplicemente persone che sono arrivcate in città, avevano bisogno di una casa, un posto dove vivere insieme alle loro famiglie e, non potendosi permettere niente sul mercato privato se lo sono costruito da sole. Per loro l’abusivismo è un valore familiare. Questi abusivi mescolano più cemento di qualunque costruttore. Posano più mattoni di qualsiasi governo. Hanno creato un’enorme economia sommersa, un sistema non ufficiale di proprietari e inquilini abusivi, di costruttori e operai abusivi, di agenti e investitori, insegnanti e studenti di scuola, mendicanti e milionari, tutti abusivi. Gli abusivi sono i più grandi costruttori di alloggi al mondo, e stanno creando la città del futuro. R. Neuwirth, Città ombra. Viaggio nelle periferie del mondo, Internazionale, Roma, 2007, p. 16


II - PRESENTE

Img II.1 - Città del Capo, Sud Africa



II.1 - Sfondo, le condizioni attuali degli aglomerati urbani spontanei L’abitare marginale ed informale, il quale è alla base del termine Slum, viene ampiamente definito grazie ad un documento pubblicato dall’agenzia delle Nazioni Unite denominata Habitat: si tratta di “The Challenges of Slums” (2003). Includendo gli studi condotti in 273 città per il summit urbano di Istanbul del 2001 e tenendo in considerazione i dati sulla povertà, sulla condizione di vita nelle aree di marginalità urbana e sulle politiche abitative di 34 metropol,i questo rapporto sottolinea una serie di elementi che sono caratteristiche proprie dello Slum. In primo luogo viene evidenziata la carenza di servizi di base che include: la mancanza di accesso a strutture igienico-sanitarie, a fonti di acqua potabile e non contaminata. Spesso all’interno di questa categoria è inclusa anche l’assenza di sistemi di raccolta rifiuti e di fornitura di elettricità, oltre che la mancanza di strade e percorsi pedonali, la loro insufficiente illuminazione ed il drenaggio delle acque piovane. Un’altra particolarità degli insediamenti irregolari è quella delle scadenti condizioni delle loro strutture edilizie. Le città tipicamente si dotano di normative e standard costruttivi per indicare i minimi requisiti richiesti per edificare, tuttavia gli insediamenti informali sfuggono da questi standard risultando inadeguati per i materiali utilizzati, tra cui spiccano, ad esempio, le canne o il fango, i quali spesso non sono adatti alle condizioni climatiche locali. Le stanze ed i servizi delle unità abitative degli insediamenti informali sono condivise da più persone, presentando così condizioni di sovraffollamento. Tutto ciò si ripercuote anche sugli standard igienico sanitari, come è evidente dalla facile e rapida diffusione delle malattie all’interno degli slum.19

47 Presente


II.2 - Caratteritiche delle formazioni urbane irregolari NASCITA E POSIZIONE Le formazioni urbane irregolari, inizialmente vengono realizzate nelle parti meno appetibili della città e soprattutto nelle loro periferie. Col tempo e con la crescita delle città finiscono, però, per rientrare nel perimetro urbano. Le nuove espansioni informali spuntano prevalentemente ai limiti dei confini della città in espansione, solitamente su terreni di proprietà pubblica, creando un mix di insediamenti formali, informali, zone commerciali e industriali, e rendendo le formazioni spontanee proprietà preziose, in grado di attrarre altri abitanti abusivi per le “comodità” da loro offerte. Nel caso di città situate su terreni montuosi, gli insediamenti informali vengono costruiti su pendii difficilmente raggiungibili e situati vicino a fonti d’acqua, le quali li rendono facilmente oggetti di inondazioni. Nelle zone lagunari o paludose, le formazioni urbane irregolari nascono vicino alle rive di corsi d’acqua oppure vengono realizzate come insieme di palafitte, in alcuni casi ancorate alla terra secca del fiume. Su terreni pianeggianti, invece, le comunità abusive si stanziano su terre non adatte all’agricoltura, vicino a discariche di rifiuti oppure accanto ai binari ferroviari. Queste sono prevalentemente tutte strategie per non essere notate o rimosse. Le abitazioni si configurano inizialmente come tende e baracche veloci da costruire; solo successivamente si cominciano ad utilizzare materiali più duratori e resistenti nel tempo, come il mattone ed il cemento. Inoltre, le baraccopoli si instaurano vicino a scuole, ospedali, ma soprattutto a fonti di lavoro. Le formazioni spontanee ormai racchiuse nel cerchio urbano, non potendosi più sviluppare

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più in orizzontale, crescono in verticale, spesso vendendo il diritto di possesso della copertura. 20

Asia Orientale

Asia Occidentale

32

28

28

24

6

Europa

33

Oceania

36

Nord Africa

59

Asia Sud Orientale

72

Asia Centrale

80

Africa Sub-Sahariana

Grafico II.1 Popolazione informale in percentuale nelle città per regione - 2001, UN-Habitat

America Latina e caraibi

SICUREZZA DEL POSSESSO La sicurezza di avere il possesso della terra e dell’abitazione è una questione importante per gli abitanti delle baraccopoli, in quanto permette loro di avere una garanzia e li incoraggia a migliorare le proprie strutture abitative e gli consente di avere la possibilità di accedere a forme di credito formali. In alcuni casi i terreni sono assegnati dalle comunità locali oppure dal governo, ma spesso sono lotti appartenenti a privati. Nell’Africa Sub-Sahariana il 72% della popolazione vive negli insediamenti informali urbane, il 50% nell’Asia centrale, il 28% nell’Africa del Nord ed in Asia Sud Orientale, ed il 32% in America Latina. E si basano principalmente sull’occupazione di terreni appartenenti a privati. 6

% 50

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Paesi Sviluppati

0


Alcuni casi di formazioni spontanee presentano una sorta di controllo dei nuovi arrivati da parte delle associazioni o comunità create dai primi residenti delle baraccopoli. Questo controllo si basa prevalentemente sul pagamento di una tassa per il diritto di vivere in queste aree. Le abitazioni degli slums non seguono le normative per la costruzione e non sono riconosciute dalla città o dai governi nazionali. 21 STRUTTURE SCADENTI E SOVRAFFOLLAMENTO Non seguendo le normative costruttive ed a causa della mancanza di fondi, le abitazioni informali risultano costruite in pochissimo tempo, con materiali fragili per l’edilizia residenziale. I materiali più utilizzati sono la carta, la plastica, la terracotta per i pavimenti, il fango o il legno fissato con corde per le pareti, la paglia o pezzi di metallo degradati; solo in alcuni casi vengono utilizzati mattone e cemento ma senza i requisiti strutturali adeguati. Queste abitazioni risultano, quindi inadeguati a resistere a forti piogge, venti e inondazioni. Inoltre, esse sono, nella maggior parte dei casi, sovraffollate: le abitazioni si compongono principalmente di stanze singole, che in realtà ospitano una grande quantità di individui. Possono essere abitate da più famiglie, da cinque o più persone. La singola stanza funziona sia come zona giorno che come zona notte. I fenomeni di sovraffollamento sono più presenti vicino a fonti di acqua o servizi sanitari. Ad esempio negli insediamenti informali di Calcutta, spesso più di dieci persone condividono un’unica stanza di 45m2. A Kibera, un quartiere informale di Nairobi, la densità della popolazione è di circa 2 mila

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persone per 100m2, ovvero circa 500 mila persone in un chilometro quadrato. 22 INFRASTRUTTURE INADEGUATE O ASSENTI Gli insediamenti irregolari si contraddistinguono per la mancanza o inadeguatezza delle infrastrutture di base, come: - L’acqua potabile; - L’elettricità; - Sistema sanitario; - Servizi di polizia; - Trasporti pubblici; - Servizi di emergenza come ambulanza e vigili del fuoco; - Fognature e strade asfaltate; a differenze delle prime formazioni spontanee, che con gli anni sono riuscite ad ottenere servizi come l’elettricità e collegamenti idrici, alle nuove manca prevalentemente tutto. Img II.2 Insediamenti informali a Khayelitsha township, Città del Capo, Sud Africa

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Altre mancanze possono essere: - Vicoli stretti che non permettono il passaggio dei veicoli, soprattutto quelli d’emergenza come l’ambulanza e i vigili del fuoco; - Servizio per la raccolta dei rifiuti, la cui assenza causa l’accumularsi di immondizia in qualunque parte degli insediamenti; La presenza di una scarsa quantità di servizi dipende dall’informalità degli insediamenti o dalla mancanza di riconoscimento da parte del governo. Infatti, se le autorità riconoscessero questi insediamenti informali, sarebbero costretti a fornire loro diritti di proprietà, servizi pubblici ed infrastrutture. 23 Grafico II.2 Rete di infrastrutture in Africa, formale ed informale

Città formali Città informali Accesso all’acqua

100% 50% Acqua potabile

Fognature

Connessione telefonica

Elettricità

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II.3 - Politiche abitative per gli insediamenti informali Dopo la Seconda Guerra Mondiale i temi dell’informalità e della povertà urbana cominciano ad avere rilevanza non solo a livello governativo ma anche da parte delle principali agenzie mondiali come la Banca Mondiale, UN-Habitat, UNDP. I primi due in particolare promuovono “numerosi” interventi e influenzano le azioni governative. È una fase di grande rilievo per le città irregolari dei pvs, anche perché nel 2016 c’è stata la terza conferenza ventennale di UN-Habitat, la quale ha cercato di riformulare, almeno su carta, degli approcci da intraprendere. Inoltre, le grandi mutazioni in atto nel Sud del mondo, hanno importanti ripercussioni politiche e spaziali sugli insediamenti informali. Nel XX secolo sono principalmente due le stagioni di politiche abitative. Fino alla Seconda Guerra Mondiale il fenomeno delle formazioni urbane irregolari viene ignorato e considerato, dalle autorità nazionali ed internazionali, come un fenomeno temporaneo effetto di un’arretratezza culturale che sarebbe stata spazzata via dalla modernità. È un periodo di estremo laissez-faire, in cui i fondi per l’edilizia pubblica vengono utilizzati per interventi che consistevano nello sgombero e nelle demolizioni delle baraccopoli. Questi avevano come risultato solo la dislocazione del problema. A partire dagli Anni Sessanta si riconosce definitivamente il fenomeno delle baraccopoli, mettendolo al centro dell’attenzione e negli Anni Settanta si promuove una prima stagione di auto-costruzione assistita (aided self-help). Successivamente, alla fine degli Ottanta, a causa dei limiti dell’aided self-help, si comincia a mettere in pratica il mettere-in-grado-di-fare (enablement), ovvero tutta una serie di azioni coordinate frutto dell’integrazione di diversi

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settori, tra i quali: credito, titoli di proprietà e regole di uso dei suoli e degli edifici. Molteplici interventi sono al centro delle politiche abitative per le aree informali: essi sono caratterizzati dalla compresenza di diversi approcci, come l’upgrading e le demolizioni delle politiche dei decenni precedenti. Quest’ultimi interventi sembrano contradditori; ciò è dovuto al fatto che non sono solo le organizzazioni internazionali a mettere in atto contromisure per gli insediamenti irregolari, ma anche le autorità locali promuovono interventi che non sempre sono integrati a quelli delle agenzie mondiali.24 Al giorno d’oggi, molte città stanno praticando alcuni approcci che erano in voga alcuni decenni fa. Anche approcci all’informalità che erano utilizzati 100 anni fa possono essere riscontrati ancora adesso. Ad esempio, l’utilizzo di sgomberi sommari e demolizioni tipico delle città europee del Diciannovesimo secolo viene ancora praticato oggi in alcune parti del Mondo. – UN-Habitat the Challange of Slums, 2003 Il quadro risulta, quindi, profondamente variegato, con le varie politiche abitative (laissez-faire, auto-costruzione assistita, sites-and-services, upgrading, mettere-ingrado-di-fare) che vengono “applicate” sia in precise aree di un paese sia in intere città e che danno vita ad una geografia disomogenea. Molti paesi del sud continuano tutt’oggi a mettere in pratica interventi, come le pratiche di sgombero e demolizione degli insediamenti informali, che risultano oltre che arretrate coi tempi, estremamente dannose. Le tipologie descritte a seguire utilizzano come riferimento l’agenzia UN-Habitat.

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Auto-costruzione assistita: sites-and-services e upgrading Durante gli anni Sessanta cominciano a risultare evidenti i limiti dell’edilizia pubblica. Data l’impossibilità di rispondere alla quantità enorme di domanda abitativa proveniente dalle parti più marginali della popolazione, attraverso i metodi formali, si passa a considerare gli insediamenti informali non più come un problema, ma come “una risorsa fondamentale dalla quale partire per dare una risposta alla crisi abitativa”, sottolinea Francesco Chiodelli. Attraverso i contributi teorici, soprattutto di autori anglosassoni come John Turner, si arriva a comprendere le potenzialità delle formazioni urbane spontanee e dei suoi abitanti come protagonisti della costruzione delle proprie abitazioni. Ma gli abitanti informali non sono già protagonisti delle proprie abitazioni? La spinta verso l’auto-costruzione assistita (aided self-help housing) viene data da John Turner durante gli anni Settanta nel suo libro Housing by People: Towards Autonomy in Building Environments: Le amministrazioni centrali devono limitarsi ad assicurare il personale e l’accesso locale alle risorse essenziali, nel caso degli interventi in materia di abitazion:, tecnologie appropriate, suolo e credito; […] solo popolazione e organizzazioni locali sono in grado di fornire la necessaria varietà di offerta abitativa e l’ampio spettro di tecniche produttive necessarie a realizzarla.26 Proprio durante gli anni Settanta l’aided self-help housing viene messo al centro delle modalità risolutive degli insediamenti informali e si suddivide in due principali tipi di interventi: - Sites-and-services come fornitura di lotti infrastrutturati e rivaluta gli slum esistenti per migliorarne le condizioni;

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- Upgrading inteso come riqualificazione dell’esistente con l’obiettivo di sviluppare nuove abitazioni in aree non ancora urbanizzate; Queste due tipologie di progetti sono i principali mezzi tramite i quali le maggiori organizzazioni internazionali tentano di dare una soluzione all’urbanizzazione informale dei pvs. SITES-AND-SERVICES Consistono nel rendere disponibile lotti edificabili infrastrutturati di base, lasciando ai futuri residenti la responsabilità di costruire la vera e propria abitazione. Le dimensioni dei lotti variano da progetto a progetto, come anche i moduli abitativi di base realizzati (principalmente singole stanze). Ai lotti possono essere, inoltre, associati moduli per i servizi sanitari e/o servizi comunitari. Nonostante i progetti di site-and-services siano riusciti a migliorare le condizioni abitative dei “beneficiari”, essi non sono riusciti a raggiungere le premesse iniziali. Sebbene i vari progetti siano riusciti a dare alloggio a 3 milioni di persone in 29 paesi, il numero di abitazioni realizzate è stato assolutamente marginale se considerato in relazione al fabbisogno complessivo della popolazione a basso reddito. Per di più, tali interventi spesso non sono riusciti a raggiungere i settori più poveri della popolazione. Evidenzia Francesco Chiodelli. Infatti, nonostante i passi avanti rispetto ai convenzionali progetti di edilizia pubblica, questi interventi rappresentano un piccolo ago in un grande pagliaio, risultando costosi ed inappropriati per le necessità della popolazione più povere. Infine al termine degli Ottanta questi progetti vengono interrotti dalle organizzazioni internazionali. 56 Presente


UPGRADING Contemporaneamente ai progetti di sitesContemporaneamente ai progetti di sitesand-services le organizzazioni internazionali e le autorità locali attuano anche interventi di upgrading. Si compongono principalmente di 3 punti: 1. Realizzazione di infrastrutture e servizi di base, a seconda dei casi le caratteristiche cambiano; 2. Garanzia e sicurezza del possesso dell’abitazione e del suolo, fornendo agli abitanti la certezza che non verranno sgomberati e i loro edifici demoliti, incentivando a investire sia nell’abitazione che nel quartiere; 3. Forme e canali di accesso al credito formale, specificamente adeguati al reddito degli abitanti degli insediamenti informali, per permettergli di migliorare le abitazioni autonomamente;27 Mentre il primo punto è presente in quasi tutti i progetti di upgrading, il secondo ed il terzo non sempre lo sono stati. Tra il 1972 ed il 1980 la Banca Mondiale e UN-Habitat hanno finanziato progetti di upgrading per 780.000 lotti con il beneficio di circa 8 milioni di persone, tuttavia interventi di questo genere sono stati promossi anche da parte di ONG e autorità pubbliche locali. Un esempio su larga scala di upgrading è il kampung Improvement Programme (KIP) a Jakarta e Surabaya in Indonesia. Lanciato nel 1969 dalle autorità locali, nei suoi primi 10 anni di attività, a Jakarta hanno beneficiato 3.3 milioni di persone, ovvero circa il 70% della popolazione informale della città. A partire dagli anni Settanta questa tipologia di intervento ha

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avuto grande successo tra le organizzazioni internazionali e tra le autorità nazionali, tanto da diventare la norma in termini di politiche abitative per le formazioni urbane irregolari. Questa soluzione si è tuttavia dimostrata fragile poiché, per diminuire i costi di costruzione, molte infrastrutture si sono rivelate di scarsa qualità ed in poco tempo si sono deteriorate diventando inutilizzabili. Anche in questo caso c’è stata una grande difficoltà a raggiungere la parte più povera delle baraccopoli. Anzi, i settori più hanno dovuto subire gli effetti negativi, ovvero l’aumento del prezzo degli affitti causato dal risanamento degli slum. Nonostante questo tipo di intervento abbia segnato un passo avanti per l’edilizia informale, non è stato raggiunto nemmeno in questo caso l’obiettivo iniziale. Sia per il sitesand-services che per l’upgrading non è stato raggiunto la possibilità di replicare i progetti per una questione legata principalmente ai costi. Tutt’e due le strategie sono ancora oggi parte delle politiche abitative del pvs.

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Img II. Kampong Improvement Project Giacarta, Indonesia


Mettere-in-grado-di-fare Le politiche abitative di sites-and-services e upgrading non sono stati in grado di tenere il passo della domanda di abitazioni da parte della popolazione povera e marginale dei pvs. Emerge, quindi, il bisogno di passare da progetti puntuali ad un approccio più strutturato da parte dei governi nazionali e locali, per rispondere così ad un più ampio numero di persone. UN-Habitat inizialmente e Banca Mondiale poi, definiscono una nuova tipologia di intervento che passa dal fare al mettere-in-grado-di-fare. I governi nazionali e le autorità locali “passano, ora, da fornire direttamente beni e servizi al mettere in grado altri soggetti di fornire tali beni e servizi – siano essi produttori formali o informali, organizzazioni non governative, associazioni locali o gli stessi residenti” secondo il Rapporto Human Development Report del 1990 i governi dovrebbero usufruire dei pochi fondi disponibili per favorire lo sviluppo ed il funzionamento del mercato immobiliare privato, attraverso le parole di Marcello Balbo lo stato deve fare poche cose, ma essenziali; definire le regole cui deve sottostare chi fa; fare in modo che siano in molti a fare. 28 Questa nuova riforma oltre ad intervenire sull’ambiente costruito ambisce ad un “riforma istituzionale” traducendosi, a seconda dei casi, a progetti di diversi tipo. Si possono, quindi, individuare cinque pilastri centrali attorno ai quali, almeno sulla carta, questi interventi dovrebbero attuarsi: diritti di proprietà, infrastrutture, credito, regole di uso del suolo e degli edifici, impalcature istituzionali. 29 DIRITTI DI PROPRIETÀ Regolarizzare gli insediamenti informali attraverso la creazione di un sistema stabile e chiaro sui diritti di proprietà o di possesso (del

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suolo e delle abitazioni). L’idea è di portare gli abitanti delle comunità abusive a diventare dei veri e propri proprietari per permettergli di accedere ai sistemi di credito. INFRASTRUTTURE Fornire le infrastrutture di base alle formazioni spontanee per migliorare sia la qualità degli insediamenti informali esistenti che di stabilire le basi per le future espansioni. CREDITO In base alle condizioni della popolazione informale, fornire le condizioni adeguate affinché gli abitanti degli insediamenti informali possano avere accesso ad un sistema formale del credito. Il mettere-ingrado-di-fare si propone, in questo caso, di mirare allo sviluppo sia economico che spaziale delle comunità abusive. REGOLE DI USO DEL SUOLO E DEGLI EDIFICI In questo caso l’enablement proclama la necessità di una riforma strutturale dei sistemi di pianificazione e regolazione urbanistica nei pvs, per spingere verso uno standard più adeguato delle condizioni locali. QUADRO ISTITUZIONALE Ultimo e quinto pilastro promuove forme di sussidiarietà di tipo sia verticale che orizzontale. La tipologia verticale prevede il trasferimento a livelli più periferici del governo. Quello orizzontale, invece, si propone per coinvolgere il settore privato (ONG, aziende private, comitati di residenti).

60 Presente


Tab. III.1 - Principali caratteristiche delle politiche per la casa

CRITICHE L’approccio del mettere-in-grado-di-fare da parte del governo rappresenta più una ritirata della stessa dalle responsabilità, ponendosi più come metodo per un aggiustamento strutturale che volontà di agire per la popolazione. Oltre a ciò, in molti pvs, mancano gli organi adeguati per il corretto funzionamento dell’enablement.

Auto-costruzione assitita Sites-andUpgrading services Edilizia pubblica Moduli abitativi di base Lotti Infrastrutture

Beni fisici

x x x

Mettere-ingrado-di-fare

x

x

x

x x

Cosa Regolarizzazione Regole di uso del suolo e degli edifici Struttura istituzionale

Regole

Finanziamento

x

Credito Sussidi diretti

x

Approccio per progetti Approccio di politiche

x

Top-down Bottom-up

x

Nuovi insediamenti

x

x x

x x

Come

Insediamenti esistenti

x

x x x

x

x

x

x

Chi Proprietari Affittuari

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x



II.A - AttualitĂ del presente

Img II.A.1 - Rio de Janeiro

Img II.A.2 - Mumbai

Img II.A.3 - Nairobi


Rocinha - Rio de Janeiro La favela è una tipologia di quartiere informale unica nel suo genere. Si tratta di una serie di baracche mal costruite di fango, legno e materiali di recupero senza la presenza dei servizi di basi forniti, normalmente, dai governi nazionali e locali. La prima favela, ora conosciuta con il nome di Providencia, apparve per la prima volta nel centro di Rio alla fine del XIX secolo e fu costruita dai soldati che, dopo la Guerra di Canudos, non avevano un posto dove vivere. Alcuni dei primi insediamenti informali di questo genere vennero anche chiamati barrios africanos (quartieri africani) poiché erano stati costruiti da schiavi provenienti dall’Africa. Le moderne favele, tuttavia, sono frutto della migrazione delle popolazioni rurali verso la città durante gli Settanta. Data l’incapacità dell’autorità nazionale e locale di gestire queste migrazioni, molte persone furono costrette a trasferirsi nei quartieri informali. Secondo il censimento del 2011 dell’Istituto brasiliano di geografia e statistica (IBGE) il 6% della popolazione brasiliana nel 2010 viveva nella favelas o in altre baraccopoli.

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POLITICHE ABITATIVE APPLICATE DURANTE LA STORIA - Stato: Brasile - Città: Rio de Janeiro - Superficie: 78,4ha - Popolazione: 150 000 ab. - Densità: 1910 ab/ha - Tipologia: insediamento squatter - Origine: Insediamento in consolidamento - Localizzazione: periferia - Dimensioni: Grandi

ANNI QUARANTA Le favelas vennero essenzialmente ignorate dal governo fino agli anni Quaranta, quando la grande spinta data dall’industrializzazione e la conseguente riduzione della povertà, convinse le autorità locali e nazionali ad investire nell’edilizia popolare ad alta densità come soluzione alla riduzione delle favelas. Ad esempio il programma “Parque Proletário” costrinse i favelados a trasferirsi in altri quartieri informali vicini affinché i terreni potessero essere sgomberati per la costruzioni di unità abitative permanenti: queste nuove case popolari non furono mai costruite. ANNI CINQUANTA, SESSANTA E SETTANTA La grande migrazione urbana a Rio durante gli anni Cinquanta provocò un’ulteriore espansione delle favelas e, per rimediare a questo problema, negli anni Sessanta e Settanta le autorità nazionali misero in atto un programma di sistematica rimozione delle favelas che costrinse i favelados a trasferirsi nelle aree periferiche della città. Si tratta di uno dei “traslochi” più brutali della storia di Rio de Janeiro, obbligando i favelados ad adeguarsi ad altre comunità con infrastrutture inadeguate e privi di trasporto pubblico. Questa incapacità del governo centrale di gestire appropriatamente le favelas è stata una delle ragioni principali della violenza, dello spaccio di droga e i problemi tra bande in queste comunità abusive.

65 Attualità del presente


ANNI OTTANTA E NOVANTA Durante questi anni il governo centrale e le autorità locali hanno quasi definitivamente abbandonato le politiche di sgombero e rimozione, a favore del restauro e del miglioramento delle favelas. Il programma “Favela-Bairro”, lanciato 1993, ebbe come obiettivo quello di migliorare gli standard di vita degli abitanti di questi quartieri informali, attraverso la costruzione di servizi igienici sanitari di base, servizi sociali, spazi pubblici e collegamenti stradali con la realtà formale. COPPA DEL MONDO DI CALCIO DEL 2010 E OLIMPIADI DEL 2016 La grande attenzione mediatica che Rio ha attirato su di sé durante questi eventi fece pensare che il governo avesse potuto avere le migliori intenzioni in termini di collaborazione con le comunità abusive e della loro integrazione con la società formale, ma nella realtà rimasero in linea con le politiche aggressive del passato. Infatti nel 2010, per quanto riguarda lo sgombero e la rimozione della favelas, il sindaco di Rio Eduardo Paes fece rimuovere due favelas dal centro città (Morro de Prazeres e Laboriaux) ed il trasferimento forzato dei loro abitanti.

Img II.A.1

66 Attualità del presente

Img II.A.4 Fotografia aerea 1: Rocinha Img II.2.5 Fotografia 2: dettaglio abitazioni informali vicino a Copa Cabana Img II.2.6 Fotografia 3: conformazione di Rocinha


LA CULTURA DELLE FAVELA ED IL CRESCENTE INTERESSE TURISTICO Attraverso i media la cultura delle favela si è diffusa in tutto il mondo, facendosi conoscere e contribuendo al crescente interesse da parte dei turisti di visitare queste località surreali. Il “fascino” della vita in queste realtà viene raffigurato attraverso dipinti, fotografie, film e cartoni animati. In Brasile, principalmente a Rio e San Paolo, il governo federale ha investito molto nel turismo di queste zone cogliendo l’occasione delle ampie opportunità di guadagno date dalla visita di questi quartieri informali. 30

Img II.A.2

Img II.A.3

67 Attualità del presente


Dharavi - Mumbai È considerata una delle baraccopoli più grandi al mondo. In questo quartiere di circa 2.1 chilometri quadrati abitano circa 700 mila persone, con una densità di popolazione di 277 persone per chilometro quadrato. Dharavi viene fondata nel 1884 durante il colonialismo britannico e la sua espansione è dovuta all’arrivo delle industrie nella penisola del Maharashtra e dai migranti proveniente dalle aree più rurali della regione per le possibilità di lavoro offerte. Dopo l’indipendenza dell’India dal dominio coloniale della Gran Bretagna nel 1947, Dharavi era cresciuta fino a diventare il più grande insediamento informale di Mumbai. Nel frattempo la stessa città è cresciuta inglobando dentro di se la comunità abusiva di Dharavi, facendolo diventare un forte centro dell’economia informale del paese. I PIANI DI RIQUALIFICAZIONE Diversi sono i piani di riqualificazione attuati ed in atto. L’ultimo piano di politica abitativa prevede la costruzione di 2.800.000 metri quadrati di alloggi, scuole, parchi e strade per servire le 57 mila famiglie residenti in quest’area informale e 3.700.000 metri quadrati di residenze e spazi commerciali per la vendita. Sebbene il piano di riqualifica sia di spessore, esiste una parte dei residenti contraria alla pratica, poiché solo quelli che vivono in quest’area da prima del 2000 avranno il diritto di alloggiare nelle nuove abitazioni. UN ECONOMIA INFORMALE DA OLTRE 1 MILIARDO DI DOLLARI ANNUI A Dharavi si trovano, oltre alle tradizionali industrie tessili e ceramiche, anche industrie per l’elaborazione dei rifiuti riciclabili di

68 Attualità del presente


- Stato: India - Città: Mumbai - Superficie: 215ha - Popolazione: 759 000 ab. - Densità: 3600 ab/ha - Origine: Insediamento in consolidamento - Localizzazione: città - Dimensioni: grandissime

Mumbai. In quest’ultimo settore lavorano circa 250 mila persone. Sebbene il riciclaggio sia una delle principali attività presenti in questo quartiere, il distretto conta più di 5 mila imprese e 15 mila fabbriche a camera singola. Considerando che la produzione economica è in gran parte informale, il fatturato annuo complessivo è stimato a oltre 1 miliardo di dollari, anche se il reddito pro capite dei residenti varia da soli 500 a 2 mila dollari all’anno. DHARAVI NELLA CULTURA DI MASSA “Dalla strada principale che conduce attraverso Dharavi, il luogo fa un’impressione disperata. Tuttavia, una volta entrati nelle stradine strette Dharavi dimostra che il pregiudizio dei bassifondi sporchi, sottosviluppati e criminali non si adatta alle reali condizioni di vita. Certo, i blocchi sanitari comuni che sono per lo più in condizioni miserabili e lo spazio sovraffollato non confortano i vivi. All’interno delle capanne, tuttavia, è molto pulito e alcune capanne condividono alcuni elementi di bellezza. Belle tende alle finestre e ai balconi coperti da fiori e piante indicano che le persone cercano di sistemare le loro case nel modo più accogliente e confortevole possibile.” In riferimento a queste parole di Dennis Gruber, Dharavi è stato spesso utilizzato come ambiente per molti film, tra i quali The Millionaire (2008). 31

69 Attualità del presente


Img II.A.7 Dharavi con sullo sfondo sua moschea Mumbai, India

70 AttualitĂ del presente


Img II.A.8 Insediamenti informali di Dharavi vicino al Mahim Junction Mumbai, India

71 AttualitĂ del presente


Kibera - Nairobi È il più grande insediamento informale dell’Africa e fino al 2005 era il terzo più grande al mondo. Il censimento della popolazione del Kenya del 2009 conta un numero pari circa a 170 mila abitanti. Altre fonti suggeriscono che potrebbe variare da 500 mila a 1 milione di residenti in base a quali quartieri comprendere tra i confini di Kibera. La maggior parte dei residenti delle baraccopoli di Kibera vive nell’estrema povertà, con un guadagno di meno di un dollaro al giorno, e non può permettersi di istruire i propri figli. La percentuale di persone malate di HIV o AIDS è molto alta. Mancano, inoltre, i servizi di base come l’elettricità, l’acqua pulita ed un sistema adeguato di cure mediche. La città di Nairobi viene fondata nel 1899 dall’Impero Coloniale Britannico con lo scopo di costruire gli uffici per l’amministrazione coloniale. Tra il 1900 e il 1940 il governo coloniale approva una serie di leggi (come il Vragancy Act del 1922) per segregare le persone e limitare i movimenti dei nativi. All’interno di Nairobi gli africani possono vivere solo nelle aree ai margini della città e Kibera nasce in un area assegnata ai soldati africani sotto l’esercito coloniale britannico. Questa area si sviluppa successivamente come un insediamento informale. Dopo l’indipendenza del Kenya dall’impero britannico nel 1963, Kibera, assieme ai suoi alloggi, viene considerato come un insediamento non autorizzato. A livello pratico non è cambiato nulla, poiché gli abitanti del quartiere non hanno altre possibilità se non continuare a vivere lì. UPGRADING DI KIBERA Risulta essere tra i quartieri informali più studiati in africa, non solo perché si trova al

72 Attualità del presente

- Stato: Kenya - Città: Nairobi - Superficie: 231ha - Popolazione: 465 000 ab. - Densità: 2013 ab/ha - Tipologia: insediamento squatter - Origine: Insediamento in consolidamento - Dimensioni: grandi


Img. II.A.9 Quartiere informale di Kibera Nairobi, Kenya

centro di una città come Nairobi, ma anche perché UN-Habitat ha il suo quartiere generale nelle vicinanze. Il governo locale, UN-Habitat e altri organismi internazionali da anni stanno cercando di ristrutturare le condizioni abitative degli insediamenti informativi. Ci sono, tuttavia, principalmente 3 fattori per i quali questi interventi risultano complicati e difficili da attuare: 1. Un alto tasso di criminalità; 2. Mancanza di fondamenta solide; Il terreno di Kibera sorge sopra riufiuti e spazzatura, le abitazioni (informali o formali) risultano, quindi, costruiti sopra a terreni instabili e sono in costante rischio di crollo nel caso di inondazioni; 3. La complicata topografia dell’area. La maggior parte delle abitazioni si trova in fondo a pendii ripidi e non ha accesso ai veicoli. Qualsiasi tipo di progetto è reso difficile, poiché tutti i materiali devono essere trasportati a mano; 32

73 Attualità del presente



II.B Considerazioni sul presente Ognuno degli approcci utilizzati ha sollevato critiche rilevanti che hanno evidenziato i limiti di questi interventi. Si potrebbe dire che tutto sia stato tentato, e nonostante decenni di tentativi e fallimenti, sembra che la soluzione ideale, al problema delle abitazioni informali, è ancora molto lontana. Innanzitutto si è arrivati a comprendere cosa non si dovrebbe fare: ad esempio le politiche abitative inefficaci come quelle dell’edilizia pubblica e delle rimozioni degli insediamenti, che sono tutt’ora praticate in molti pvs. Su cosa si dovrebbe fare, invece, il dibattito è ancora aperto. Considerando che nei pvs il fenomeno sta crescendo vertiginosamente, c’è bisogno al più presto di affrontare in modo efficace il problema dei quartieri informali. Ma fin ora tutte le iniziative promosse in termini di politiche abitative non hanno saputo porre un rimedio definitivo. Img. II.B.1 Slums in primo piano e nuova edilizia pubblica in secondo piano Nairobi, Kenya

75 Considerazioni sul presente



III - PASSATO

Img III.1 - New York



III.1 - La genesi dello slum

Img. III.2 Bassifondi di NY Fotografia di Jacob Riis, 1888

La comparsa delle prime concentrazioni urbane, che si sviluppano in Mesopotamia intorno al 3500 a.C. per poi diffondersi nel resto dei continenti, rappresenta in “breve” l’origine del processo di civilizzazione. La storia di quest’ultima è strettamente connessa alla storia della città che, invece, è di particolare importanza per lo sviluppo della cultura umana, tanto quanto la prima rivoluzione neolitica ed un paio di secoli più tardi le rivoluzioni industriali. La forte crescita dei tassi di urbanizzazione causati dalle due rivoluzioni industriali segna gli ultimi decenni del Novecento ed ha un notevole impatto sull’intero pianeta. E all’inizio del terzo millennio, per la prima volta nella storia dell’umanità, la maggior parte della popolazione mondiale risiede nelle città. Al contrario, fino ai primi anni del XXI secolo, più della metà degli abitanti del pianeta abitava in zone rurali. Questo inedito scenario è causato della rapida urbanizzazione che si è verificata soprattutto nei paesi in via

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di sviluppo (PVS). Secondo le previsioni di Habitat nel 2050 la popolazione mondiale supererà i 9 miliardi ed il 70% di questi risiederà nelle aree urbane. Questa rapida crescita dei tassi di urbanizzazione riguarda soprattutto i PVS dove la globalizzazione ha avuto un ruolo di fondamentale importanza. Il passaggio dal fordismo ad un sistema di accumulazione flessibile pone la città in una posizione dominante in questo momento rispetto al modello di organizzazione territoriale di tipo gravitazione antecedente. Le città sono, quindi, entrate a far parte di un sistema che si mobilita maggiormente rispetto ai nodi urbani ed ai flussi di capitale svincolandosi dalla logica della continuità territoriale. Il protagonismo urbano di questo nuovo millennio può essere associato al concetto di concentrazione, che a livello di spazio urbano in moltissime città si presenta come grande contenitore di marginalità e sottolinea alcuni elementi di fragilità per le recenti trasformazioni della città. Il termine slum, utilizzato con tratto dispregiativo per indicare i quartieri poveri della città durante l’epoca industriale, ritorna

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Img. III.3 Slum a Ivy-Sur-Seine Parigi, 1913


in auge agli inizi degli anni Duemila per rispecchiare quei fenomeni urbani che si stavano materializzando soprattutto nelle città dei PVS. La connotazione di questo termine può essere facilmente paragonata all’attualità, poiché le caratteristiche di questa parola di origine britannica si immedesimano con le proprietà degli spazi informali presenti nelle metropoli del terzo millennio. 33

Img. III.4 Insediamenti informali a Providence Place Londra

81 Passato


III.2 - Sviluppo del termine Slum Nella seconda metà dell’Ottocento il fenomeno dell’industrializzazione nelle principali città Europee attrae popolazioni dalle più rurali dei paesi per le possibilità di lavoro offerte. Concentrazioni di persone sovraffollano rapidamente quartieri con scarse condizioni igienico sanitarie. È Proprio da questo contesto di espansione della città e dalle pessime condizioni di vita in determinate aree che compare la parola Slum. Questo termine diventerà di uso comune solo dopo il 1880 in Inghilterra, mentre prima i quartieri disagiati venivano chiamati rookeries o wynds. Fin dall’origine questa parola indicava le parti della città degradate, abitate da poveri e fonte di criminalità. Una definizione che descrive contemporaneamente la zona della città e giudica le sue condizioni sociali. E proprio a Londra, durante l’epoca vittoriana, Gareth Stedman Jones ricorda gli anni Settanta dell’Ottocento citando Barnett: Noi non miriamo a ridurre la sofferenza, ma il peccato. Così dicendo Spiega come questa epoca fosse stata caratterizzata da una sorta di moralizzazione dei poveri, di come non si potesse sfuggire ad una vita di miseria se non mediante la frugalità, l’ordine e lavorando sodo. Durante la crisi sociale degli anni Ottanta si mette da parte la moralizzazione a favore di teorie più degenerative riguardanti la popolazione informale: i poveri ora sono considerati un residuum (substrato) pericoloso ed una minaccia per la città. Questa parola, diventa di uso comune grazie alle opere di filantropi, giornalisti e scrittori della tradizione letteraria dell’Ottocento come Charles Dickens, Jack London e George Orwell.35

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Sopra Img III.5.1 e sotto Img III.5.2 Immagini di vita quotidiana rispettivamente negli insediamenti informali di New York e Londra

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III.3 - Nascita ed espansione degli Slum Il termine slum si riferisce a quegli spazi dove parallelamente alla crescita dei tassi di urbanizzazione si accompagna una rapida espansione dei quartieri, dei loro relativi sovraffollamenti e delle loro carenze dal punto di vista igienico-sanitario. Durante il Novecento questi spazi vengono considerati come “un’ulcera sociale”, sottolinea Sonia Paone, e per evitare che infettino altre parti della città, sia in Inghilterra che negli Stati Uniti, si attuano politiche di Slum Clearance (sgomberi e rimozioni) e dopo la Seconda Guerra Mondiale, di Urban Renewal (rinnovo urbano. In altre realtà si caratterizza di sfumature diverse. Nel caso dei paesi con una passato coloniale inglese, la parola Slum si riferisce agli insediamenti informali, ovvero alle aree non pianificate della città. In altre ancora, soprattutto nei paesi dell’America latina, durante gli Cinquanta e Sessanta il concetto di marginalità indica sia la città che assorbe il peso il peso dell’eredità coloniale sia lo sviluppo urbano non pianificato, “con una netta divisione fra aree centrali di matrice coloniale e nuove zone di espansione auto-costruite che raccolgono l’esodo rurale e le frange più povere della popolazione”. Sono parti di città marginali che richiamano l’intreccio tra povertà, criminalità e patologia e sono alla base della genesi della parola slum. E l’adozione internazionale di questo termine da parte della Cities Alliance36 inquadra centinaia di milioni di poveri che vivono in ambienti malsani, propensi alla criminalità ed esposti a malattie. Gli insediamenti informali sono, quindi, l’intreccio di varie combinazioni e cause in comune che includono: rapida migrazione da campagna a città, una scarsa pianificazione, stagnazione economica e depressione,

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povertà, alta disoccupazione, economia informale, colonialismo e segregazione, politica, catastrofi naturali e conflitti sociali. 37 Grafico III.1 Popolazione urbana informale nei pvs

43% 2003 Popolazione urbana informale nei paesi meno sviluppati

78% 2003

MIGRAZIONE, URBANIZZAZIONE, PIANIFICAZIONE E COLONIALISMO La migrazione rurale-urbana è una delle principali cause della formazione ed espansione degli insediamenti informali. Con la crescita vertiginosa della popolazione mondiale a partire dal 1950 e con lo sviluppo dell’agricoltura, sempre più produttiva e meno soggetta a malattie e più efficiente dal punto di vita tecnologico, la percentuale di persone che lavorano nel settore primario è diminuito del 30% negli ultimi 50 anni, mentre la popolazione globale è aumentata del 250%. Le persone si trasferiscono principalmente nelle urbane per la maggior disponibilità di posti di lavoro (che è la principale causa delle formazioni informali), migliori scuole per i bambini poveri, guadagni maggiori rispetto alle aree rurali, ma anche per stare vicini a familiari e parenti. La mancanza di alloggi a basso costo costringe i migranti a stabilirsi nelle baraccopoli espandendo, così, gli insediamenti informali urbani già esistenti. L’UN-Habitat riferisce che il 43% della popolazione urbana vive nelle baraccopoli nei pvs ed il 78% nei paesi meno sviluppati.38 L’urbanizzazione, strettamente legata alla crescita economica, crea le baraccopoli perché i governi locali delle città non riescono a gestire il flusso di migranti a causa di scarse infrastrutture e alloggi insufficienti dettati sia dalle poche risorse finanziare che dalla mancanza di coordinamento nella burocrazia del governo. La mancanza di abitazioni a basso costo a prezzi accessibili e una cattiva politica di pianificazione induce ad aumentare l’offerta dei bassifondi. Gli slum nascono anche a causa della stagnazione economica nell’Africa subsahariana e in alcune parti dell’Asia, principalmente a causa dell’alto tasso di 85 Passato


disoccupazione, risorse finanziarie insufficienti ed una politica di pianificazione urbana incoerente. In queste aree un aumento dell’1% della popolazione urbana comporterà un aumento dell’1,84% degli insediamenti informali. Altra causa è la trasformazione dei terreni agricoli in aree urbane, durante questo processo il valore dei terreni aumenta e nel periodo di passaggio da rurale a urbano, quando il terreno non può essere utilizzato né per attività urbane né per l’agricoltura, il reddito proveniente dalla terra diminuisce. E proprio la differenza tra il basso reddito delle persone e l’alto prezzo dei terreni costringe una parte della persone a cercare o costruire zone abusive a basso costo. L’urbanizzazione informale è anche prodotto del colonialismo. Nairobi, capitale del Kenya e sede dell’UN Environment, è uno dei tanti centri urbani creati per interessi finanziari da parte degli Europei durante il XIX secolo. Altri furono causati dalla segregazione imposta dai colonialisti, come le baraccopoli di Dharavi a Mumbai, ora tra i più grandi bassifondi dell’India. Il governo coloniale britannico nel 1887 trasferisce le industrie nocive ed i poveri che abitavano nella parte abitativa coloniale, verso la periferia settentrionale della città che ora si chiama Dharavi. Per vivere le persone hanno costruito qui baraccopoli che potevano essere facilmente raggiungibili dalle aree, prevalentemente più ricche, dove lavoravano. Questo insediamento rimase fuori da qualunque investimento in termini di infrastrutture, servizi igienico-sanitari, pubblici o politiche abitative. Il settimanale The Economist lo riassume come “un buon alloggio è ovviamente meglio di una baraccopoli, ma una baraccopoli è meglio di niente”.

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Grafico III.2 Economia informale nella maggior parte dei pvs

20-60% 2007 Economia informale in Kenya delle imprese non agricole

78% 2007 Economia informale in Burkina Faso, Repubblica Centraficana, Ciad e Etiopia

90% 2007

ECONOMIE INFORMALI I paesi, nei quali è difficile registrare e gestire attività formali, sono più soggetti all’espansione delle imprese e degli insediamenti informali. L’economia informale è quella parte dell’economia non registrata, non autorizzata, che non paga le tasse e non è controllata dal governo locale. Le imprese informali oscillano dal 20 al 60% del PIL della maggior parte dei pvs. In Kenya, ad esempio, il 78% delle imprese non agricole è abusivo. Mentre in Brukina Faso, Repubblica Centrafricana, Ciad ed Etiopia rappresenta il 90%. 38 POLITICA E CONFLITTI Molti governi locali e nazionali per mantenere i blocchi di voti provenienti dalle baraccopoli, per interessi politici, hanno reso difficile la rimozione, la riduzione ed il miglioramenti delle formazioni informali. Ad esempio, nella seconda metà del XIX secolo, in Francia alcuni partiti politici si basavano sui voti provenienti dalle popolazioni abusive. Questi gruppi incoraggiano, anzi, migrazioni di gruppi etnici verso i bassifondi e a rifiutare alloggi alternativi di aspetto migliore. CATASTROFI NATURALI Grandi disastri naturali, soprattutto nei PVS, inducono alla migrazione di persone da aree distrutte verso tendopoli o baraccopoli inizialmente temporanei. Molte volte questi insediamenti tendono a diventare permanenti, come ad esempio a Dhaka dopo il Ciclone del Bangladesh del 2007.

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III.A - ATTUALITÀ DEL PASSATO

Img III.A.1 - Londra

Img III.A.2 - Parigi

Img III.A.3 - New York


Rookery - Londra Si tratta di un termine inglese colloquiale coniato durante il XVIII ed il XIX secolo nel Regno Unito. Si riferiva a quelle aree informali, occupate prevalentemente da poveri, che avevano la pecularietà di essere sovraffollate, con alloggi di bassa qualità e servizi igienicosanitari scarsi o assenti. Le abitazioni erano costruite su più piani e spesso occupavano qualsiasi terreno disponibile creando, oltre che densamente popolate, strade strette e buie. Famose rookeries includono la di St Giles nel centro di Londra, un insediamento del XVII secolo. Altre sono state demolite dal governo locale con interventi di risanamento edilizio e di riqualificazione urbana. Il romanziere inglese Charles Dickens visitò in lungo e in largo questi slums, come St Giles o ancora peggior come l’Old Mint, in lungo e in largo raccontando i risultati delle sue indagini nei suoi romanzi e racconti. In Oliver Twist presenta il rookery di Jacob’s Island con queste parole: “[…]folle gallerie di legno comuni alle spalle di una mezza dozzina di case, con buchi da cui guardare la melma sottostante; finestre, rotte e rattoppate, con i pali sporgenti, su cui asciugare la biancheria che non c’è mai stata; stanze così piccole, così sporche, così confinate, che l’aria sembrerebbe troppo contaminata anche per lo sporco e lo squallore che nascondono; camere di legno che si sporgono dal fango e minacciano di caderci dentro, come alcuni hanno fatto; muri sporchi di terriccio e fondamenta in rovina, ogni repellente è in linea con la povertà, ogni ripugnante indicazione di sudiciume, putrefazione e immondizia: tutti ornano le sponde dell’isola di Jacob.”

90 Attualità del passato


Charles Dickens, insieme ad altri autori inglesi dell’Epoca Vittoriana, sono stati estremamente importanti ne raccontare e descrivere le situazioni tragiche delle baraccopoli inglesi con lo scopo di sensibilizzare la società riguardo a queste realtà. Questi quartieri erano ancora abitati fino agli anni Quaranta del Novecento, quando il governo britannico decise di attuare interventi di rimozione dei bassifondi con la costruzione di nuove case popolari. 39

Img III.A.4 Mappa della povertà di Charles Booth che mostra Old Nichol, uno slum nell’Est End di Londra. Pubblicato in Vita e Lavoro delle Persone a Londra, 1889

In rosso: Classe media In blu chiaro: moderatamente poveri In blu: poveri In nero: molto poveri

91 Attualità del passato


Bidonvilles - Parigi Come nella maggior parte delle capitali europee, gli insediamenti informali erano molto diffusi anche a Parigi nel XIX secolo, molti dei quali resistettero fino alla prima metà del XX secolo. L’interesse da parte del governo centrale della Francia è arrivato grazie alla prima epidemia di colera del 1832, dimostrando il legame tra i quartieri informali e le cattive condizioni di salute. Nel 1852 la Commissione di Parigi comincia il processo per l’identificazione delle peggiori abitazioni della capitale, ma senza attuare interventi di rimozione o upgrading. Diversi sono stati i tentativi da parte dell’autorità nazionale di rispondere al problema dei bidonvilles, tra i quali bloccare l’aumento degli affitti delle abitazioni, con il risultato inatteso di aver reso molti progetti abitativi non redditizi aumentando così il numero degli insediamenti informali.

92 Attualità del passato

Img III..A.5 Bidonvilles di Chemin di Cornillon Parigi, 1963


Solo nel 1950 la Francia promuove, attraverso il programma Habitation à Loyer Modere, l’iniziativa per costruire nuovi alloggi pubblici e rimuovere i bassifondi. Un centinaio di persone vivono ancora nelle baraccopoli attualmente a Parigi, si trovano prevalentemente sotto ai ponti e vicini alle autostrade. 40

Img III.A.6 Bidonvilles alle Porte di Parigi Parigi, 1950

93 AttualitĂ del passato


Five Points - New York Il primo caso di insediamento informale d’America nasce a New York City nel 1825. Five Points venne chiamato così per via del lago Collect che si trovava nelle sue vicinanze. Alla fine del 1700 questo lago era circondato da macelli e tintorie che scaricavano tutti loro rifiuti direttamente nelle sue acque. Su queste fondazioni venne costruito Five Points che poi fu invasa da ondate successive di schiavi liberati, irlandesi, poi italiani, cinesi ed immigrati di ogni nazionalità. Oltre a ciò ospitava i poveri proveniente dalle aree rurali, che lasciavano le fattorie alla ricerca di maggiori opportunità. Le strade di questo quartiere informale, buie e squallide, di questo quartiere informale erano fiancheggiate da bar, bordelli e case degradate. Solo a partire dal XXI secolo questo quartiere venne integrato con i vicini quartieri di Little Italy e Chiana Town, attraverso un enorme programma di rinnovamento urbano.41

III.A.4

94 Attualità del passato

Img III.A.7 Mulburry Band Five Points, New York, 1896 Img III.A.8 Baxter Street Court Five Points, New York, 1896 III.A.9 Five points, New York


III.A.5

III.A.6

95 AttualitĂ del passato


96


III.B - Considerazioni sul passato

Img, III.B.1 Insediamenti informali a Camberwell Londra, 1937

È interessante notare come le politiche abitative, messe in atto nel XIX e XX secolo nei paesi in Europa ed in America, sono state pienamente efficaci. Nonostante gli insediamenti informali in una piccola percentuale siano ancora presenti, i vari governi nazionali hanno saputo offrire una soddisfacente soluzione al problema delle baraccopoli attraverso la rimozione forzata e costruzione di nuovi alloggi destinati all’edilizia pubblica. Oltre a ciò hanno saputo garantire un adeguato standard di livello di vita ai cittadini in termini di servizi igienici, istruzione, infrastrutture per il trasporto e cure mediche. I risultati raggiunti sono stati anche facilità anche dalle alte possibilità di trovare lavoro, dalla capacità delle autorità nazionali di gestire il problema dell’edilizia informale ma anche grazie alla quantità di fondi disponibili rispetto ad una popolazione che non è numerosa tanto quanto quelli dei pvs.

97



IV. Note Bibliografia Sitografia Fonte delle immagini


Note 1 Arise, The Challenge, 2019, in http://ariseconsortium.org/thechallenge/ 2 Neuwirth Robert, Città Ombra - Viaggio nelle periferie del mondo, Internazione srl, 2007. pp. 267 3 UN-Habitat è un agenzia delle Nazioni Unite che promuove lo sviluppo delle città e delle comunità sostenibili dal punto di vista ambientale e sociale. Si trova a Nairobi, in Kenya. 4 Neuwirth Robert, Città Ombra - Viaggio nelle periferie del mondo, Internazione srl, 2007. pp. 208 5

UN Habitat, State of The World’s Cities 2006/07, 2007. pp. 6-7

6 UNCHS, The Global Campaign For Good Urban Governance, pp. 199. 7 Balbo Marcello, La città inclusiva - Argomenti per la città dei pvs, FrancoAngeli s.r.l., Milano, 2002. pp. 281-283 8 Neuwirth Robert, Città Ombra - Viaggio nelle periferie del mondo, Internazione srl, 2007. pp. 271 9

EVA Studio, evastudio.co.uk, Sezione: Tapis Rouge

10

EVA Studio, evastudio.co.uk, Sezione: Kay Alfred

11

EVA Studio, evastudio.co.uk, Sezione: Campache

12 LDB Arquitectura, ldbarquitectura.com, Sezione: Human Developmente Center 13

EVA Studio, evastudio.co.uk, Sezione: Ecole de l’Espoir

14 Archidaily, archidaily.com, Sezione: Arena do Morro | Herzog & de Meuron 15

Noero architects, noeroarchitects.com, Sezione: The Table House

100 Note


16 Jeroenkoolhaas, jeroenkoolhaas.com, Sezione: The Favela Painting Project 17 Neuwirth Robert, Città Ombra - Viaggio nelle periferie del mondo, Internazione srl, 2007. pp. 268 18 Il Sole 24 Ore, Edilizia e territorio, edliziaeterritorio.ilsole24ore.com Sezione: Habitat III, ruolo chiave alla pianificazione per raggiungere gli obiettivi dell’Urban Agenda 19 Paone Sonia, Agostino Petrillo, Francesco Chiodelli, Governare l’ingovernabile-Politiche degli slum nel XXI secolo, Edizioni ETS, Pisa, 2017. pp. 23-25. 20-23 WIkipedia - The Free Encyclopedia, wikipedia.com, Sezione: Slums, Causes that create and expand slums. 24 Paone Sonia, Agostino Petrillo, Francesco Chiodelli, Governare l’ingovernabile-Politiche degli slum nel XXI secolo, Edizioni ETS, Pisa, 2017, pp. 61-63. 25 UN Habitat, The challange of slums, Global report on human settlements, London, 2003, pp. 126-127. 26 Paone Sonia, Agostino Petrillo, Francesco Chiodelli, Governare l’ingovernabile-Politiche degli slum nel XXI secolo, Edizioni ETS, Pisa, 2017, pp. 68. 27 Paone Sonia, Agostino Petrillo, Francesco Chiodelli, Governare l’ingovernabile-Politiche degli slum nel XXI secolo, Edizioni ETS, Pisa, 2017, pp. 73-74. 28 Balbo Marcello, Povera Grande Città - L’urbanizzazione del Terzo mondo, FrancoAngeli S.r.l., Milano, 1992, pp. 178 29 Balbo Marcello, Povera Grande Città - L’urbanizzazione del Terzo mondo, FrancoAngeli S.r.l., Milano, 1992, pp. 174 30

WIkipedia - The Free Encyclopedia, wikipedia.com, Sezione: Favela

101 Note


31

WIkipedia - The Free Encyclopedia, wikipedia.com, Sezione: Dharavi

32

WIkipedia - The Free Encyclopedia, wikipedia.com, Sezione: Kibera

33 Paone Sonia, Agostino Petrillo, Francesco Chiodelli, Governare l’ingovernabile-Politiche degli slum nel XXI secolo, Edizioni ETS, Pisa, 2017. pp. 11-12. 34 Paone Sonia, Agostino Petrillo, Francesco Chiodelli, Governare l’ingovernabile-Politiche degli slum nel XXI secolo, Edizioni ETS, Pisa, 2017. pp. 16-17. 35 WIkipedia - The Free Encyclopedia, wikipedia.com, Sezione: Slums, History. 36 Il termine viene adottato e promossa dal Cities Without Slum Action Plan della Cities Alliance, un’organizzazione multilaterale fondata dalla Banca Mondiale e dall’agenzia Habitat delle Nazioni Unite. 37 Paone Sonia, Agostino Petrillo, Francesco Chiodelli, Governare l’ingovernabile-Politiche degli slum nel XXI secolo, Edizioni ETS, Pisa, 2017. pp. 21. 38 UN Habitat, The challange of slums, Global report on human settlements, London, 2003. pp. XXV 39

UN Habitat, State of The World’s Cities 2006/07, 2007. pp. 11

40 WIkipedia - The Free Encyclopedia, wikipedia.com, Sezione: Rookery, London. Slums 41

WIkipedia - The Free Encyclopedia, wikipedia.com, Sezione: Bidonvilles

42 WIkipedia - The Free Encyclopedia, wikipedia.com, Sezione: Rookery, London. Slums

102 Note


Bibliografia - Davis Mike, Il pianeta degli slum, Giangiacomo Feltrinelli Editore, Milano, 2006. - Balbo Marcello, La città inclusiva - Argomenti per la città dei pvs, FrancoAngeli s.r.l., Milano, 2002. - Balbo Marcello, Povera Grande Città - L’urbanizzazione del Terzo mondo, FrancoAngeli S.r.l., Milano, 1992. -

De FIlippi Francesca, Slum(e)scape, Alinea editrice srl, Firenze, 2009.

- Paone Sonia, Agostino Petrillo, Francesco Chiodelli, Governare l’ingovernabile-Politiche degli slum nel XXI secolo, Edizioni ETS, Pisa, 2017. -

Paone Sonia, Città in frantumi, FrancoAngeli Srl, Milano, 2008.

- Petrillo Agostino, La periferia nuova - Disuguaglianza, spazi, città, FrancoAngeli s.r.l., Milano, 2018. - Petrillo Agostino, Perpherein: pensare diversamente la periferia, FrancoAngeli s.r.l., Milano, 2013. - Neuwirth Robert, Città Ombra - Viaggio nelle periferie del mondo, Internazione srl, 2007. -

UN Habitat, State of The World’s Cities 2006/07, 2007.

- UN Habitat, The challange of slums, Global report on human settlements, London, 2003. - UN Habitat, New Urban Agenda, Global report on human settlements, Quito, 2016. -

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- World Bank, UNCHS, Cities Alliance for Cities Without Slums, Action Plan for Moving Slum Upgrading to Scale, Special Summary Edtion, The World Bank, Washington, 2000.

103 Bibliografia


Sitografia Archidaily archidaily.com Sezione: Arena do Morro | Herzog & de Meuron EVA Studio evastudio.co.uk Sezione: Ecole de l’Espoir EVA Studio - Kay Alfred evastudio.co.uk Sezione: Kay Alfred EVA Studio - Tapis Rouge evastudio.co.uk Sezione: Tapis Rouge Il Sole 24 Ore, Edilizia e territorio edliziaeterritorio.ilsole24ore.com Sezione: Habitat III, ruolo chiave alla pianificazione per raggiungere gli obiettivi dell’Urban Agenda Jeroenkoolhaas jeroenkoolhaas.com Sezione: The Favela Painting Project Journals - Openedition journals.openedition.org Sezione: Kenyan Government Initiatives in Slum Upgrading LDB Arquitectura ldbarquitectura.com Sezione: Human Developmente Center Noero architects noeroarchitects.com Sezione: The Table House UN-Habitat - For a better urban future unhabitat.org Sezione: Slum Upgrading

104 Sitografia


WIkipedia - The Free Encyclopedia wikipedia.com Sezione: Bidonvilles, Dharavi, Favela, Five Points, Kibera, Slums, Rookery, Londra, Indonesia, New York, Rio de Janeiro, Mumbai, Parigi, UN-Habitat.

105 Sitografia


Fonte delle immagini Capitolo I: -

Img I.1: EVA Studio, evastudio.co.uk, Sezione: Tapis Rouge

-

Img I.2: Author: Schreibkraft, Wikipedia, 2000

-

Img I.3: Author: Edgar Claure, Wikipedia, 2016

-

Img I.4: Author: Kounosu, Wikipedia, 2008

- Img I.5/ I.6: https://kusumaningrumratna.wordpress. com/2014/07/02/bang-bua-community-baan-mankong-upgrading-after/ - Img I.7: https://www.patriciasendin.com/2014/02/10-great-thingsabout-rocinha-rios.html Sotto-capitolo I.A: - Img I.A.1/ I.A.2/ I.A.3/ I.A.4: EVA Studio, evastudio.co.uk, Sezione: Tapis Rouge - Img I.A.5/ I.A.6/ I.A.7/ I.A.8: EVA Studio, evastudio.co.uk, Sezione: Kay Alfred - Img I.A.9/ I.A.10: EVA Studio, evastudio.co.uk Sezione: Campache - Img I.A.11/ I.A.12/ I.A.13/ I.A.14/ I.A.15/ I.A.16: LDB Arquitectura, ldbarquitectura.com, Sezione: Human Developmente Center - Img I.A.17/ I.A.18/ I.A.19/ I.A.20: EVA Studio, evastudio.co.uk Sezione: Ecole de l’Espoir - Img I.A.21/ I.A.22/ I.A.23/ I.A.24: Archidaily , archidaily.com Sezione: Arena do Morro | Herzog & de Meuron - Img I.A.25/ I.A.26/ I.A.27: Noero architects, noeroarchitects.com Sezione: The Table House - Img I.A.28/ I.A.29/ I.A.30/ I.A.31/ I.A.32/ I.A.33: Jeroenkoolhaas, jeroenkoolhaas.com, Sezione: The Favela Painting Project

106 Fonte delle immagini


Considerazioni I.2 - Img I.B.1 e I.B.2: https://www.urbanark.org/elijah-agevi-fellowshipframing-tool-inform-adaptive-planning-and-action-low-income-areas-nairobi Capitolo II: - Grafico II.1: UN Habitat, The challange of slums, Global report on human settlements, London, 2003. - Grafico II.2:UN Habitat, The challange of slums, Global report on human settlements, London, 2003. - Img II.1: https://www.goodthingsguy.com/environment/cape-towninformal-settlement/ - Img II.2: Author: Anjci All Over https://www.flickr.com/photos/ anutele/14277282802 - Img II.3: author: Suha Ozkan, https://www.akdn.org/architecture/ project/kampung-kebalen-improvement Sotto-capitolo II.A: -

Img II.A.1: Author: Leon petrosyan, Wikipedia, 2013

-

Img II.A.2: Author: Mark Hillary, Wikipedia, 2009

-

Img II.A.3: Author: Trocaire , Wikipedia, 2012

- Img II.A.4/ II.A.5/ I.A.6: Chensiyuan, 2014/ Leon petrosyan, 2013/ Chensiyuan, 2010 , wikipedia -

Img I.A.7/ I.A.8: A. Savin, Wikipedia, 2016

Considerazioni I.2 - Img II.B.1: http://www.urbanempire.nl/2010/09/something-oldsomething-new.html

107 Fonte delle immagini


Capitolo III: -

Grafici III.1-III.2: rappresentazioni personali su informazioni

-

Img III.1: Fotografia di Jacob Riis, 1889

- Img III.3: Biblioteca nazionale della Francia, 1913, in: https://gallica. bnf.fr/ark:/12148/btv1b6923254k/ - Img III.4: British Library, inĂŹ: https://www.bl.uk/romantics-andvictorians/articles/slums - Img III.5.1: History Collection, in: https://cdn.historycollection.co/wpcontent/uploads/2019/02/Slum-pic-1-Wikipedia.jpg - Img III.5.2: Daily Mail, in: https://i.dailymail.co.uk/i/pix/2012/01/20/ article-2089243-116008D3000005DC-947_964x696.jpg Sotto-capitolo III.A: - Img III.A.1: History Extra, in: https://www.historyextra.com/period/ victorian/life-in-19th-century-slums-victorian-londons-homes-from-hell/ - Img III.A.5: https://i.pinimg.com/originals/e5/27/9c/ e5279ca688037bff9035b7de9af02a55.jpg - Img III.A.6: http://fr.pickture.com/blogs/acoeuretacris/6582876annees-50-des-bidonvilles-aux-portes-de-paris?ii=1 - Img III.A.7/ I.A.8/: https://allthatsinteresting.com/wordpress/wpcontent/uploads/2017/11/mulberry-bend-new-york.jpg - Img III.A.9: https://www.reddit.com/r/UrbanHell/comments/85o0hs/ historic_slum_five_points_manhattan_new_york_was/ Considerazioni III.2 - Img III.B.1: History World, in: http://www.historyworld.co.uk/photos/ slum1.jpg

108

Fonte delle immagini


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