Racconti dei nonni insieme

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Racconti autobiografici delle nonne e dei nonni raccolti dai loro nipoti, alunne e alunni della scuola primaria di Toritto Anni scolastici 2020*2021*2022

I.C. “Bosco-Manzoni” Toritto A cura della maestra

Francesca Poveromo

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“La memoria è tesoro e custode di tutte le cose.” Cicerone ****

“Quando il giardino della memoria inizia a inaridire, si accudiscono le ultime piante e le ultime rose rimaste con un affetto ancora maggiore. Per non farle avvizzire le bagno e le accarezzo dalla mattina alla sera: ricordo, ricordo, in modo da non dimenticare.” Orhan Pamuk

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LA FISARMONICA RUBATA

Mi chiamo Angela ed ho settantasei anni. Quando ero ragazza e avevo diciassette anni avevo una grande passione: mi piaceva moltissimo la musica! Mia nonna Filomena sosteneva la mia passione e mi regalò una bellissima fisarmonica che, nel 1961, pagò 85.000 lire: aveva il mantice rosso e la tastiera in madre perla di colore nero e grigio chiaro. La mia famiglia era numerosa e c’erano pochi soldi, però mio padre decise ugualmente di pagare un maestro di musica che venisse appositamente a casa nostra per insegnarmi a suonare la fisarmonica. Io ne fui felice e imparai a suonarla molto presto e benissimo. Ero al settimo cielo, anche perché, quando ero giovane, a parte andare in chiesa, non avevo la possibilità di fare altre cose. Quella fisarmonica divenne per me il mio mondo speciale, sempre sognato. Poi un giorno mi innamorai di un ragazzo, un certo Domenico De Palo di Toritto. Quando mio padre venne a saperlo, rimase molto contrariato: non voleva assolutamente che sposassi un ragazzo forestiero, anche perché ero la maggiore di sette figli e voleva che restassi a Ruvo per aiutare mamma nella cura dei miei fratelli. Io però, accecata dall’amore, ci tenevo tanto a sposarmi con lui. Così nel 1965 presi la decisione di sposarmi ugualmente, contro il volere di tutti. Mio padre si arrabbiò tantissimo, al punto che lui, mia madre e i miei sei fratelli non vennero al nostro matrimonio. Non è finita qui. Dopo essermi sposata, mi sono trasferita a Toritto e mio padre, a quel punto, decise di vendere la mia meravigliosa fisarmonica, regalo prezioso della mia adorata nonna Filomena. Angela De Leo, nata a Ruvo di Puglia il 13/01/1944 Nonna dell’alunna Flavia Benedetto

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LA 500 ROSSA DEGLI SPOSI

Quando io e la mia cara moglie ci sposammo decidemmo di fare un viaggio di nozze un po’ particolare. Visitammo tanti posti dell’Italia con la nostra piccolissima cinquecento rossa. Tutto procedeva bene! La gente ci osservava divertita perchè la nostra auto era piccola piccola ma piena, direi stracolma di bagagli. Un giorno un carabiniere ci fermò all’ingresso di Comacchio. Noi eravamo agitati perché pensavamo di aver infranto qualche regola, ma invece il carabiniere ci aveva fermato perché aveva notato la targa di Bari. Lui era di Adelfia, un paese in provincia di Bari, il suo nome era Francesco, ed era talmente contento di aver incontrato gente della sua provincia che non potette fare a meno di fermarsi a parlare con noi! Parlammo per un po’e poi addirittura volle invitarci a casa sua per il pranzo. Entusiasta per la nostra compagnia preparò la tavola, cucinò e pranzammo con sua moglie e i suoi due figli. Ad un certo punto la moglie, che era in attesa, cominciò ad avvertire le doglie del parto. Francesco, il marito, dovette accompagnarla in ospedale e ci chiese di tenere sott’occhio i loro figli. Dopo due ore di attesa, Francesco mi chiamò dicendomi che era nato un bellissimo maschietto, e che lo avevano chiamato Michele, come me! Ne fui molto felice, mi sembrò un evento di buon auspicio anche per la mia nuova famiglia. Ricorderò per sempre il mio viaggio di nozze, anche per questo incontro speciale e per la nascita di quel bimbo che porta il mio nome. Michele Gioia, nato a Toritto il 10 Febbraio 1949 Nonno dell’alunno Michele Gioia

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IL BAMBINO NEL POZZO

Quando avevo circa dieci anni, dopo aver svolto i compiti e le faccende domestiche che mi spettavano, giocavo in strada con i miei amici: la strada era il nostro regno, era tutta per noi e per i nostri giochi in libertà! Tra i miei compiti c’erano quelli di innaffiare l’orticello, di pulire le gabbie delle galline e dei conigli che allevavamo. Proprio mentre mi occupavo di queste faccende, durante un pomeriggio d'estate, accadde un fatto davvero curioso! Zio Michele mi chiamò e mi ricordò che dovevo innaffiare l’orticello, anche se io non lo volevo fare perché preferivo, di gran lunga, andare a giocare con i miei amici che mi aspettavano in strada! Comunque, andai in cortile e mi avvicinai al pozzo da cui dovevo prelevare l’acqua con l’apposito secchio per innaffiare l’orto. Il sole picchiava forte, così mi tolsi i vestiti e rimasi in mutande e canottiera. Da lontano mi sembrò di riconoscere la voce di Nicola, il mio amico. Senza pensarci due volte, lasciai il secchio vicino al pozzo-cisterna e corsi via andando incontro ai miei amici. C'erano proprio tutti e stavamo cercando di acchiappare i conigli di Michelino: com’ era divertente gridare e correre per le vie del mio quartiere con i miei amici! Acciuffato il coniglio, iniziammo a giocare a "Cinq u coul d zi ming", a "Drinkj"e alla “Brioletta”, incuranti del sole che stava tramontando. Il povero zio Michele non vedendomi più a casa, corse a cercarmi nel cortile e lì vide il secchio appoggiato al pozzo e i miei vestiti a terra, vicino al secchio! “Oh, mio Dio!" - pensò - “mio nipote Mimì sarà caduto nella cisterna”. Lo zio Michele cominciò ad urlare il mio nome con la testa nel pozzo: era disperato e nel panico completo! “Mimi, Mimi ci sei?” -ma niente, nessuno rispondeva! Un vicino, spaventato dalle urla di zio Michele gli disse “Io l'ho visto qualche isolato più in là che giocava con gli amici.” Lo zio Michele a quel punto prese fiato, si calmò un poco e cominciò a cercarmi per le strade dei dintorni! Mentre stavo per saltare sulle spalle del mio amico Nicola, mi sentii afferrare dalle orecchie come il povero coniglio. 8


Indovinate chi era? Era zio Michele che, pieno di rabbia per lo spavento che gli avevo procurato, mi trascinava a casa dalle orecchie, come Pinocchio, e da quel giorno restai in punizione per almeno due settimane. Domenico Mirra, conosciuto con il nome di MIMÌ, nato a Toritto il 18 marzo 1938 Nonno dell’alunno Andrea Rosato

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SARTO PER FOLGORAZIONE

Nella mia vita ho scelto di fare il mestiere del sarto e ricordo ancora il momento della mia infanzia in cui presi questa decisione. Avevo circa 7 anni, quando un giorno venne a casa mia un ragazzo per consegnare a mia madre degli abiti cuciti a mano; si trattava precisamente di un completino costituito da un pantaloncino corto e da un gilet di colore giallo, che i miei genitori avevano fatto cucire da un sarto appositamente per me, in occasione di una festa. Mentre il ragazzo si allontanava, mia madre lo richiamò e gli diede in regalo alcune monete come mancia; il ragazzo rimase sorpreso e compiaciuto e se ne andò via tutto contento per il regalo ricevuto. Proprio ammirando i miei nuovi pantaloncini con il gilet giallo e avendo assistito alla felicità di quel garzone nell’aver ricevuto i pochi spiccioli in regalo, mi venne in mente il pensiero di imparare quel mestiere e quindi chiesi a mia madre di parlare con il sarto affinché mi facesse entrare nella sua bottega per apprendere i segreti del cucito. Fu così che, a soli 7 anni, mi ritrovai nella bottega di Mest Pinuccio Casamassima ad imparare il mestiere di sarto, che poi è quello che ho svolto per tutta la mia vita. Il mio maestro di sartoria diventò, in seguito, il mio padrino di Cresima e il mio testimone di Nozze. Angelo Di Giosa, nato a Toritto il 12/10/1952 Nonno dell’alunno Di Giosa Alessandro

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LA FUGA DEL CAVALLO

Mi chiamo Vito Regina e faccio parte di una famiglia numerosa, infatti ho due fratelli e quattro sorelle. La mia era una famiglia modesta e abbiamo fatto sempre tanti sacrifici per mandarla avanti e non far mancare nulla a nessuno di noi. Già da ragazzino aiutavo mio padre e i miei fratelli nel lavorare le terre. Ricordo bene l’episodio avvenuto un giorno di metà maggio, di non so quale anno, quando mi recai in campagna con un cavallo e un traino. Arrivato in campagna, iniziai ad arare, come avevo imparato a fare, ma dopo pochi metri l’aratro si staccò dal cavallo, il cavallo scappò via ed io rimasi, sbigottito, con gli attrezzi in mano. Ricordo che passai molte ore a rincorrere il cavallo per le campagne: l’animale era impaurito e correva senza fermarsi, rincorso da me che forse, agitato com’ero, gli incutevo ancora più paura. Nel pomeriggio inoltrato, finalmente, riuscii a prenderlo, lo attaccai al traino e ritornai in paese, distrutto, pur non avendo svolto il lavoro previsto! Ormai si era fatto buio, ma io avevo l’umore più nero della notte! Vito Regina, nato a Grumo Appula l’08/12/1936 Nonno dell’alunno Vito Colavito

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L’ULTIMO ADDIO DEL CAVALLO RUBINO

Ero un bambino e ricordo ancora il cavallo di mio zio Peppino Mongelli. Il suo nome era Rubino: era bello e fiero, di colore marrone. Ogni giorno io giocavo con lui, era diventato il mio amico speciale. Rubino, da tanti anni ormai, tirava il traino di mio zio Peppino e lo accompagnava in campagna, dove trainava anche l’aratro per smuovere la terra. Qualche volta anch’io andavo in campagna con loro e mi divertivo un mondo a guidarlo, tenendo le redini a cassetta. Il cavallo mi conosceva bene perché spesso mi intrattenevo con lui. Un brutto giorno il cavallo si ferì ad una zampa e da allora non riuscì più a camminare bene. Si arrivò al punto che trascinava quella zampa e non poteva più percorrere la lunga strada per arrivare in campagna. Mio zio decise così di liberarsene e un giorno vidi arrivare dei signori che lo comprarono e lo portarono via. Avevo capito che lo avrebbero portato al macello. Ricordo nitidamente il momento in cui quei signori sconosciuti, tirando Rubino con una corda al collo, si allontanarono lentamente. Dopo appena venti metri, però, il cavallo si fermò e girò completamente la testa guardando me e la sua stalla. Fui certo che il cavallo in quel momento mi stesse salutando e che avesse capito che non ci saremmo mai più rivisti.

Rocco Castoro, nato a Toritto, il 10/01/1945 Nonno dell’alunno Giuseppe Agostino Vero

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5 GALLINE MENO 2

Quando ero piccola, ricordo che in casa avevamo cinque galline e un gallo. Ogni mattina scendevo nello scantinato, aprivo la porta e facevo uscire le galline e il gallo. Uscivano per strada, dove poi passavano tutta la giornata. Beccavano il cibo a terra e scorrazzavano dappertutto. Al tramonto, richiamavo le galline per farle rientrare giù nel pollaio. Un giorno solo tre galline fecero ritorno a casa: il gallo e le altre due galline erano spariti nel nulla. Mia madre mi sgridò duramente accusandomi di non aver sorvegliato come avrei dovuto gli animali a me affidati e pretese che andassi in giro per tutto il paese alla ricerca degli animali scomparsi. Girai e rigirai per tutte le strade e stradine del paese, ma nulla: non li ritrovai più. Quando tornai a casa a mani vuote, la mia mamma, adirata com’era, mi mise in punizione e così andai a letto senza cena, pensando al gallo e alle galline che avevo perduto. Antonia Paccione, nata a Toritto il 14 novembre 1949 Nonna dell’alunna Miriam Scarpa

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UNO SPAVENTO VALE PER CENTO

Ricordo bene quello che mi diceva sempre mio padre da piccolo. Mi ripeteva spesso che dovevo imparare il mestiere del fabbro. Così sin da piccolino, ogni giorno mi faceva frequentare l’officina del fabbro affinché cominciassi ad imparare il mestiere. Mi ricordo che un giorno presi il “capriccio” e mi rifiutai di andarci. Quando lo venne a sapere mio padre, si arrabbiò moltissimo e mi diede tante di quelle botte che ancora le ricordo. Per di più quel giorno non mi fece mangiare niente e mi mise in castigo. Il giorno dopo tornai velocemente in officina. Vito Rutigliano, nato a Toritto il 22 giugno 1943 nonno dell’alunna Miriam Scarpa

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10 METRI DI CADUTA LIBERA

Ricordo che il 7 gennaio del 1963, quando avevo 17 anni, mentre facevamo dei lavori al policlinico di Bari, sistemando delle grandi finestre ad un’altezza di circa 9 metri, io ero su una impalcatura, distrattamente misi un piede fuori posto, persi l’equilibrio e precipitai al suolo. Fu una caduta impressionante! Non riuscivo a muovermi e chiesi aiuto agli altri operai. Fui trasportato in un altro ospedale con un’ambulanza, dove constatarono la frattura di un braccio e di una gamba. Dopo i dovuti controlli mi ingessarono solo il braccio, perché la gamba era troppo gonfia. Decisero di ricoverarmi in ospedale, e, dopo 3 giorni, visto che la gamba si era un po’ sgonfiata ingessarono anche quella. Dopo altri 5 giorni di ricovero, finalmente mi dimisero portandomi a casa a bordo di un’ambulanza. Per circa un mese sono stato allettato, passando il mio tempo tra letture e chiacchiere con i miei famigliari e qualche amico che veniva a farmi visita. Anche il cibo mi veniva portato a letto e mi alzavo solo per andare in bagno, facendomi aiutare da qualcuno. Trascorso un mese, lentamente, iniziai ad alzarmi e a mettere qualche passettino, appoggiandomi ad un bastone. Nel frattempo trascorse un altro mese e finalmente arrivò il giorno del ricovero in ospedale per togliere i 2 gessi che mi tenevano prigioniero. Mi rifecero la radiografia e constatarono che le fratture erano tornate a posto. Ero libero! Iniziai un periodo di fisioterapia per tornare a camminare e dopo 5 giorni mi dimisero. Continuai a fare la terapia a casa, non mi muovevo ancora molto bene, ma c’era una cosa che avevo voglia di fare: andare al cinema a godermi un bel film! Così, facendomi aiutare dai miei amici, ci andai: non ricordo che film vidi, ma ricordo che ero molto felice, anche perché a quei 20


tempi c’erano pochi televisori e quindi il cinema per noi giovani era un bel intrattenimento. Sono tornato al lavoro dopo 96 lunghissimi giorni, i più lunghi della mia vita! Felice Ventricelli, nato a Toritto, 1 Giugno1946 Nonno dell’alunna Lara De Marco

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A PIEDI NUDI ALLA FONTANA

Ero piccolino, avevo circa dieci anni, era estate e faceva molto caldo quel giorno! A quell’epoca noi bambini giocavamo per strada con gli amici. Allora si poteva stare per strada perché la vita era più semplice e a misura di bambino e non c’erano tanti pericoli per la strada. Era quasi mezzogiorno e, dopo una mattinata di spensieratezza e di gioco, tornai a casa, come al solito. Abitavo in piazza Umberto I e lì c’era e c’è ancora una fontana dove molte persone riempivano l’acqua perché, a quei tempi, non tutti avevano l’acqua in casa. Noi, anche se avevamo l’acqua in casa, preferivamo l’acqua della fontana perché, era più fresca: nelle case non c’era acqua corrente fresca. Ebbene, tornato a casa, i miei genitori mi chiesero di andare a riempire una brocca di acqua fresca dalla fontana. A quell’ora faceva molto caldo e cosi andai alla fontana scalzo, perché camminare sulla pavimentazione di pietra era un po’ più fresco e mi faceva stare meglio. A quell’epoca le scarpe erano molto costose e non se ne avevano tante di paia e c’era anche chi non ne possedeva neppure un paio! Io però preferivo non metterle, perché volevo imitare i miei amici che spesso erano scalzi. Intanto mia madre e le mie sorelle mi raccomandarono di mettere le scarpe, ma io non volli ascoltarle. Presi la brocca di vetro e andai alla fontana. Prima di me c’erano diverse persone, le contai e chiesi chi fosse l’ultimo, una di quelle persone alzò la mano e aspettai il mio turno. Quando arrivò il mio turno, andai vicino al rubinetto della fontana scalzo e mentre sciacquavo la brocca, la mossi un po’ energicamente e la feci urtare al rubinetto di ferro. La brocca si ruppe e si frantumò in tanti pezzi di vetro che caddero a terra, un pezzo di vetro cadde sul mio piede e mi feci un taglio lungo circa quattro centimetri. Piansi molto per il dolore. Andai subito a casa che per fortuna era vicina e immediatamente mi soccorsero. I miei genitori chiamarono il medico, don Giuseppe Cirillo, il padre del farmacista Cirillo, che subito venne a casa. 22


Mi disinfettò la ferita e mi applicò delle ciappette, che erano innovative in quel momento: se non ci fossero state quelle avrebbero dovuto ricucire la ferita. Pian piano il taglio si chiuse e il dottore mi disse di tenerle per qualche giorno. Il piede mi faceva male e io non potevo camminare e neanche giocare, così stetti diversi giorni fermo. La cicatrice di quella ferita è ancora visibile! Questo episodio, mi fece capire che, se avessi ascoltato mia madre, non mi sarei tagliato il piede e che bisogna ascoltare i consigli degli adulti, perché hanno più esperienza dei bambini!

Rocco Gagliardi, nato a Toritto il 16/03/1949 Nonno dell’alunno Davide Angelo Bruni

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CALCI CONTRO LO SPECCHIO

Quando ero piccolo avevo una cavalla di nome Pasquarella. Era una cavalla da trotto. Mi era stata regalata dal nonno Gaetano. La portavo sempre a spasso e la montavo senza redini. Era sempre con me. Un giorno, mentre ero in casa, Pasquarella mi seguì ed entrò anche lei in casa, visto che la tenevo libera nel giardino; si avvicinò allo specchio dell’armadio dei nonni e, forse, guardando riflessa nello specchio la sua

stessa immagine, scalciò con le zampe posteriori contro lo

specchio!! Che disastro!! Che spavento!! Lo specchio si frantumò in mille pezzi e mille frammenti riempirono tutti gli angoli della stanza. Il nonno con calma riuscì a domarla e la riportò fuori in giardino. Sono passati tanti anni, ho avuto tanti animali da allora: mucche, cani e gatti, ma Pasquarella rimarrà sempre impressa nel mio cuore.

Franco Civitano, nato a Toritto il 01/01/1946 Nonno dell’alunna Rosanna Chiapparino

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CHIERICHETTI E FRATICELLI

Quando ero piccolo, all’età di otto anni, facevo il chierichetto alla chiesa di San Pasquale di Airola, il mio paese natio. Ogni volta, dopo la messa, andavo con i compagni nel refettorio del convento e mangiavamo tutte le colazioni dei monaci. Per diverse domeniche tutto filò liscio. Una domenica, però, fu diverso: i monaci decisero di nascondersi per coglierci di sorpresa e, infatti, ci beccarono sul fatto e cominciarono le corse intorno e sotto i tavoli; alcuni di noi riuscirono a scappare, mentre altri, oltre alla colazione, assaggiarono anche il cordone che i monaci portavano in vita. Ancora ricordo le risate a crepapelle che ci facemmo nel vedere tutti i monaci correre, con il loro saio, intorno a tutta la tavolata. Vincenzo Ruggiero, nato ad Airola (Benevento) il 7 giugno 1944 Nonno dell’alunno Vincenzo Ruggiero

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CHIRURGIA TEDESCA PER ITALIANI EMIGRANTI

Avevo circa 28 anni ed ero in Germania per lavoro, era il settembre del 1989. Una mattina, appena sveglio, avvertii un forte dolore alla gola: pensavo fosse un semplice raffreddore, ma il dolore non passava. Così dopo qualche giorno, mi feci visitare dal dottore che subito mi disse che avevo le tonsille infiammate. In un primo momento mi prescrisse dei farmaci. Ma, dopo un mese di cure inefficaci, il dolore permaneva e così il dottore finalmente si decise per l’intervento chirurgico. Fui ricoverato all’ospedale di Bad Urach e per fortuna dopo l’operazione stetti subito meglio. In quell’occasione ho scoperto come funzionava la sanità in Germania: tutto era perfetto ed efficiente e presto dimenticai le mie paure di affrontare un’operazione chirurgica all’estero, lontano dalle persone care. Salvatore Vonghia, nato il 24/11/1961 a Galatone Nonno delle alunne Micol Vonghia

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COMANDANTE E GENTILUOMO

Mi chiamo Sanie Metani e sono nata in un piccolo villaggio vicino alla città di Fier in Albania. Mi piace ricordare sempre quello che considero il giorno più bello della mia vita, il giorno che mai dimenticherò! Avevo 25 anni, quando cominciai a lavorare in una cooperativa agricola che si chiamava PARTIZANI; fui assegnata in particolare al LABORATORIO DEL TABACCO. Il laboratorio veniva visitato quotidianamente dal comandante che controllava scrupolosamente il lavoro svolto da noi operai. Ebbene, il nostro comandante era un giovane alto, bello, con degli splendidi occhi azzurri, ma soprattutto si mostrava gentile e comprensivo con tutti. Un giorno i nostri occhi si incrociarono e si persero gli uni negli altri: suppongo che sia stato quello che chiamano COLPO DI FULMINE, visto che da quel giorno non feci altro che pensare a lui e questo fu reciproco. Anch’io ero bella a quel tempo! Ogni giorno i nostri occhi si cercavano e s’incontravano e nel silenzio parlavano. Finalmente venni a sapere il suo nome: si chiamava Hekuran! E arrivò anche il giorno del primo appuntamento … Dopo un anno di conoscenza, ci siamo sposati ed abbiamo avuto il primo figlio…. ne sono seguiti altri sette: 4 maschi e 4 femmine. Abbiamo avuto una vita faticosa, ma felice. Purtroppo sono passati già due anni da quando il mio comandante gentiluomo HECURAN non c’è più … ed ha lasciato tanto vuoto in casa…. Sanie Metani, nata a Fier, in Albania, il 20 agosto 1945 Nonna dell’alunno Leandro Gjishti

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DOLCETTI AMARI

Da giovane sono emigrata in Germania in cerca di occupazione, era il 1962. Ho trovato subito lavoro nella fabbrica della Ferrero di Stadtallendorf, a 150 km da Francoforte: ero nel settore che produceva dolcetti di cioccolato. La Germania mi piaceva molto, perché era immersa nella natura verde: ricordo ancora con gioia le gite sul lago che raggiungevamo con un pulmino. Sono rimasta in quella fabbrica per 7 anni, finché, nel 1969, fui richiamata in Italia dalla mia famiglia, perché mio padre si era ammalato gravemente e mia madre aveva bisogno anche del mio sostegno: eravamo una famiglia numerosa e dovevo badare ai miei fratelli più piccoli. A quei tempi, i figli dovevano contribuire alla famiglia facendo ciascuno la propria parte! Nicoletta Colasuonno, nata a Toritto il 20/06/1945 Nonna dell’alunna Nicole Latrofa

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I MIEI DICIOTTO ANNI A NEW YORK

Avevo 17 anni nel 1977 e presa dall’euforia di quegli anni, volli fare un viaggio in America: avrei raggiunto la zia Dora e lo zio Giuseppe, ma soprattutto avrei visto un mondo nuovo! La prima tappa fu NEW YORK: che meraviglia! Vedevo per la prima volta i grattacieli, di fronte ai quali mi sentivo piccolissima! Visitai la rinomata STATUA DELLA LIBERTA’ e il MADISON SQUARE GARDEN, cioè un enorme teatro, dove ebbi la fortuna di partecipai a due concerti di artisti Italiani: si trattava dei POOH e di LITTLE TONY, artisti famosi in quegli anni. Mi sentivo al settimo cielo! I miei zii mi accompagnarono anche in Canada per ammirare le CASCATE DEL NIAGARA: illuminate di notte; erano uno spettacolo magnifico. Ci spostammo in TENNESSEE, dove potei visitare la casa del mio mito del rock ELVIS PRESLY! Intanto era passato un anno e nel 1978 festeggiai i miei 18 anni in America! I miei zii organizzarono per l’occasione una festa all’americana, alla quale invitarono parenti, amici e vicini di casa che mi ricoprirono di regali che non avevo mai visto! Quel compleanno è stato il più bello della mia vita e lo ricordo ancora come una favola! Rimasi in America fino al Natale del 1978 e vidi come gli americani si sbizzarriscono quando arriva il Natale, ricoprendo di luci ogni casa e ogni strada! Tornai in Italia per la fine di quell’anno e qui mi aspettavano mamma e papà che non vedevano l’ora di riabbracciarmi. Tina Panza, nata a Toritto il 25/07/1960 Nonna dell’alunna Nicole Zicolella

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IL BUCO AL PALLONE

Quando avevo circa 10 anni, amavo giocare a calcio con i miei amici. Giocavamo, quasi ogni giorno, nelle stradine vicino a casa mia, nel paese di Toritto. Accadeva spesso che tiravamo la palla alta ed essa finiva puntualmente, sul balcone di una vicina piuttosto perfida con noi bambini: lei, infatti, non solo non ci restituiva il pallone, ma ce lo bucava direttamente. Raramente, quando eravamo più fortunati, lei non si accorgeva del pallone sul balcone, così salivamo su di un albero rasente ad esso e andavamo a riprendercelo. Quasi sempre ci salivo io, tenendomi sulle spalle di un amico. Se la signora ci vedeva, gridava che avrebbe chiamato i vigili, mentre noi scappavamo via come fulmini.

Vito Cutrone, nato a Toritto il 07/02/1960 Nonno dell’alunno Nicolas Maggiore

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IL FIGLIO PRIMOGENITO

Sono nata a Grumo Appula, ma vivo a Toritto dal 1976, cioè quando feci la “fuitina” con mio marito Matteo: avevo solo 15 anni! Dopo circa un anno e mezzo di convivenza, rimasi incinta del mio primo figlio Francesco, così ci sposammo il 10 agosto del 1978: ero incinta di 7 mesi! Il 6 ottobre cominciai ad avvertire le doglie del parto, così mio marito mi portò in ospedale! Non capivo i dolori del parto, era tutto nuovo per me, soffrivo tantissimo e chiedevo aiuto! Siccome mi contorcevo come una pazza per i dolori, mi attaccarono al letto, finché non mi calmai. All’1:30 di quella notte venne alla luce il mio figlio primogenito di nome Francesco: pesava kg 3,150, era biondo con la pelle chiara. Quello è stato il momento più straordinario della mia vita! Ora mio figlio Francesco ha 42 anni, mentre io ne ho 59! Anche la nascita degli altri miei figli è stata indimenticabile, ma quel primo parto ha lasciato un segno indelebile nella mia memoria. Michelina Mariani, nata a Grumo Appula il 14/11/1961 Nonna dell’alunna Roberta D’Elia

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IL GIORNO CHE IMPARAI AD ANDARE IN BICI

Ero bambina, avevo circa 6 anni e stavo imparando ad andare in bici senza rotelle. Provavo a mantenermi in equilibrio e a pedalare, ma cadevo di continuo. Non volevo arrendermi assolutamente e così provavo e riprovavo, ma continuavo a cadere. Mi sembrava che l’ennesima volta sarebbe stata quella buona, e fu proprio così! Che felicità! Avevo conquistato il mondo! Subito corsi da mia cugina, euforica ed orgogliosa di me stessa, per mostrarle ciò che ero riuscita a fare! Anche lei stava imparando ad andare in bici, ma ancora non ci era riuscita! Nel vedere il mio risultato, ne fu stimolata e ben presto anche lei vi riuscì! Forse è stato uno dei momenti più felici della mia vita! Decidemmo di disputare una gara! E indovinate chi vinse la gara? Proprio io! Haxhire Lami, nata a Tirana il 15/08/1955 Nonna dell’alunna Samanta Picari

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IL MARINAIO GIRAMONDO

Era appena iniziato il nuovo anno, era il 1966, ed io avevo 19 anni, quando arriva la lettera che tutti si aspettavano. La lessi con tanta curiosità: era l'avviso di chiamata per svolgere il servizio militare in marina. Rimasi sorpreso e felice di questa bellissima notizia, perché raramente capitava la chiamata in marina, almeno dalle nostre parti ed io mi ritenni tra i fortunati. Iniziai il16 giugno 1966 e frequentai subito un corso di 3 mesi di esercizi e pratica militare e dopo aver superato le prove, potei partire per rendere il mio servizio allo Stato con tanta gioia e onore. Rimasi lontano dai miei cari per ben 2 anni, sempre imbarcato su grandissime navi e girai per tutto il mondo, vedendo posti meravigliosi: Istanbul, Smirne, Tolone, Marsiglia, Saint Tropez, Vietnam, Afghanistan, Libia, ecc. Svolsi questo servizio con tanta gioia ed entusiasmo che ancora oggi il ricordo di quegli anni è ancora vivo nella mia memoria e mi rallegra il cuore. Simone Castoro, nato a Toritto il 23 agosto 1946 Nonno dell’alunna Melania Scicutella

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IL PAPPAGALLO PASQUALE

Avevo circa 40 anni, ero sposato ed avevo già ben 6 figli, ma, oltre ai figli, possedevo un pappagallo dalle piume gialle e verdi al quale ero molto affezionato perché l’avevo trovato casualmente in campagna mentre lavoravo e l’avevo portato a casa. Era diventato il mio amico speciale e gli avevo dato il nome di Pasquale. Lo tenevo in una gabbia posta nella mia camera, ma spesso aprivo la gabbia e lo facevo volare libero in casa, perché poi ad un mio richiamo, in genere un fischio, Pasquale tornava da me, si posava sulla mia spalla; io gli davo un pezzo di banana per premiarlo e poi lo riponevo nella sua gabbia. Quel giorno ero a lavoro, come al solito. I miei figli che erano bambini, vollero entrare in camera per giocare un po’ con il mio pappagallo. Mentre ci giocavano, accadde che il pappagallo riuscì a volare fuori dalla finestra che era semiaperta! Che sconcerto! I miei figli, disperati, corsero dalla mamma e la scongiurarono di non rivelarmi chi fossero stati i veri responsabili di quella fuga! Appena tornai dal lavoro, mi avviai verso la camera per salutarlo, com’era mia abitudine, ma mia moglie mi bloccò l’entrata nella stanza, inventando una scusa qualsiasi. Insospettito e allarmato, la feci spostare ed entrai deciso nella stanza: Pasquale era lì, con grande sorpresa di mia moglie e dei miei figli! Era tornato nella sua stanza, dal suo padrone! Tutti intorno a me cominciarono a ridere dal sollievo e pian piano cominciarono a raccontarmi com’erano andati i fatti! Il mio pappagallo Pasquale mi aveva dato, ancora una volta, una prova del suo affetto! Angelo Scarola, nato a Grumo Appula, il 5 giugno 1949 Nonno dell’alunna Luana Gesmundo

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IL PRESEPE NEL CORRIDOIO DELL’OSPEDALE

Io sono Sebastiano Biasi, il nonno di Angela. Lavoravo come ausiliare presso l’ospedale di Grumo Appula, al primo piano, nel reparto di chirurgia e al pomeriggio e nei giorni liberi dal lavoro in ospedale, andavo in campagna. La mia giornata era molto piena perché portavo avanti due lavori! Nel periodo di Natale, nei reparti dell’ospedale, si facevano grandi presepi ed io ero uno di quelli che s’impegnava molto volentieri nella realizzazione del presepe: è sempre stata una mia passione! Anche a casa mia, per la mia famiglia, facevo il presepe meccanico con statuine che si muovevano e una bella cascata d’acqua. Un presepe senza la cascata che presepe è? Toccava a me prendere dalla campagna un albero vero di pino e sistemarlo nel corridoio del reparto. Poi lo addobbavo con mille lucette colorate e tanti pacchetti regalo, realizzati con le scatole dei medicinali rivestite con carta natalizia. Le casette del presepe le costruivo sempre con le scatole di cartone, il pozzo con il rotolo della carta igienica e per il secchio usavo il tappo del dentifricio. Infine, provavo a realizzare anche qualche statuina con il Das e le scale per raggiungere il ponticello del presepe o qualche casetta. Tutti i pazienti dell’ospedale si rallegravano nel vedere il mio capolavoro e tutti sembravano un po’più felici, pur dovendo rimanere in ospedale per le Sante Feste. Sebastiano Biasi, nato a Grumo Appula il 01/07/1935 Nonno dell’alunna Angela Florio

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IL PRIMO REGISTRATORE A SCUOLA Mi chiamo Damiana Panza, ma tutti mi chiamano Nella. Sono nata nel 1951 a Palo del Colle, in casa della mia nonna materna. Sono vissuta a Toritto e qui sono andata a scuola, prima a tre anni alla scuola materna Amaricusa e poi a sei anni alla scuola elementare Balilla, che si trovava nel palazzo dove ora c’è il Municipio. La mia maestra si chiamava Anna, era anziana ma molto brava e moderna nel suo metodo di insegnamento. Un giorno si presentò in classe con una strana valigetta. Tutte noi bambine la guardavamo incuriosite, perché non avevamo la più pallida idea di che cosa potesse contenere. La maestra sorridente ci disse che si trattava di un registratore e che quel giorno avremmo fatto una lezione speciale! Subito ci mettemmo al lavoro. La maestra chiamò alcune alunne alla cattedra e le invitò a leggere utilizzando il microfono abbinato al registratore, mentre il nastro di quello strano aggeggio continuava a girare producendo uno strano fruscio. Tutte noi alunne eravamo al settimo cielo per quella novità e soprattutto incantate nel momento in cui riascoltavamo la nostra voce registrata! Quel giorno fu indimenticabile! Damiana Panza, nata a Palo del Colle il 05/04/1951 Nonna dell’alunna Lucia Palumbo

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BUGIE E RICOTTA CALDA

Una mattina d’inverno di oltre settant’anni fa, io frequentavo la terza elementare. Quel giorno, prima di avviarmi a scuola, vidi mia madre che versava il latte nella pentola grande, posta sul fuoco e capii che si apprestava a fare la “Quaghiet “, ossia a preparare il formaggio e la ricotta, come faceva la gran parte delle famiglie a Toritto. Io impazzivo per la ricotta calda, appena fatta: mi piaceva moltissimo! Ma dovevo andare a scuola! Durante il tragitto mi venne l’idea di fingere un dolore al braccio destro, nella speranza di poter tornare a casa! Quando mi sedetti al mio banco, la maestra notò subito che avevo qualche problema ed io prontamente le dissi che avevo un dolore atroce al braccio destro e che non riuscivo a tenere la penna in mano. La maestra si preoccupò e mi fece accompagnare subito a casa: ero stata brava a fingere! Quando mia madre mi vide arrivare, intuì qualcosa. Intanto la ricotta era pronta, caldissima e profumata: ero ritornata al momento giusto! Mia madre subito mi servì un po’di ricotta calda e ... senza pensarci due volte, mi misi a mangiare utilizzando agilmente il braccio destro! Ci guardammo negli occhi …. il misfatto era smascherato! Subito dopo ricevetti da mia madre la meritata punizione! Antonia Lavalle, nata a Toritto l’11/06/1940 Nonna dell’alunna Antonella Caputo

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IL TERREMOTO DEL 1980 IN IRPINIA

Ero già sposato con mia moglie Angela e avevo già due figlie, Floriana e Daniela, quando mi capitò di vivere una giornata particolare. Ero seduto vicino al caminetto, nella casa di mio suocero Domenico e mi riscaldavo, quando, ad un certo momento si sentì un boato che fece tremare la casa: il caminetto sembrava cadermi addosso, la lampada pendente dal soffitto cominciò ad oscillare, i vetri delle finestre tremavano e i mobili traballavano. Ero scioccato dallo spavento, ma ebbi la forza di correre al piano superiore, prendere la mia bambina Daniela, tua madre, che dormiva nel suo lettino precipitandomi in strada, insieme a tanta altra gente. Era il 23 novembre del 1980, ore 19:34. Dopo qualche giorno sentimmo al telegiornale che erano morti 2.914 persone a causa del terremoto di magnitudo 6,9 (X grado della scala Mercalli) che aveva colpito la Campania centrale e la Basilicata centro settentrionale.

Giuseppe Demauro, nato a Grumo Appula il 21/01/1948 Nonno dell’alunno Tommaso Pagano

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IL TRULLO RIFUGIO DI UN OSPITE INATTESO

A quei tempi ero una bambina di 8 anni ed ho visto con i miei occhi la seconda guerra mondiale. Un giorno di luglio, ero in campagna con mio padre, quando, da lontano, vedemmo uno stormo di aerei militari che volavano nella nostra direzione. Mio padre fu preso dalla paura dei bombardamenti, così prese la mula, che noi portavamo in campagna, e la ricoverò nel trullo, dove avremmo passato la notte; mentre io raccoglievo le spighe di grano che mio padre, nella fretta dei movimenti, aveva fatto cadere a terra. Mio padre presto ritornò da me e con un gesto rapido rigettò il fascio di grano a terra e, quasi piangendo dal terrore, mi disse di abbracciare il tronco dell’albero e di non gridare, né tanto meno parlare, perché c’era il rischio di bombardamento. Era il 15 luglio, giorno della festa della Madonna del Carmine, la festa della parrocchia del nostro quartiere. Gli aerei passarono oltre, per fortuna! Noi ci rifugiammo nel trullo, ma addosso avevamo sempre la paura di essere colpiti! Si fece sera e mentre eravamo distesi a riposare nel trullo, in dormiveglia, sentimmo una voce che ci chiamava: era un soldato tedesco che chiedeva un rifugio, solo per una notte, perché era ferito. Mio padre, un po’a malincuore, accettò di farlo dormire nel trullo con noi. La mattina dopo l’uomo se ne andò (e non ci sparò!) Mia madre, intanto, era a Toritto e, non vedendoci tornare, si preoccupò e andò dal proprietario della campagna dove eravamo a lavorare, per chiedergli notizie di noi! Durante la seconda guerra mondiale, erano in vigore anche tanti divieti come quello di non uscire la sera, dopo una certa ora: si chiamava coprifuoco. Mancava il pane in molte case e i soldati spesso perquisivano le abitazioni dei civili e quando avessero trovato prodotti agricoli nelle dispense, li avrebbero sequestrati.

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Durante la notte, si dormiva nei sotterranei senza luce, perché se avessero visto movimenti, c’era rischio di bombardamento. Mio padre fu anche chiamato a partecipare alla guerra, ma rifiutò perché aveva tanti figli da sfamare (8 per la precisione). La mia vita non è stata bellissima, ma spero che essa vi sia di testimonianza.

Maria Cavalluzzi, nata a Toritto il 19 Dicembre 1931 Nonna dell’alunna Francesca Mastrandrea

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IN 5 SOTTO UN OMBRELLO

Quando ero bambino come te non c’erano negozi di giocattoli, ma i giochi li costruivamo noi, usando la fantasia e i pochi materiali a disposizione. Costruivamo i palloni di pezza con cui giocavamo per strada e bastava poco per divertirci. I nostri giochi si svolgevano tutti in strada, a contatto con la natura. In giro c’erano poche auto e potevamo giocare liberamente nel paese. Non esistevano telefonini, videogiochi e social e l’unico modo per incontrare gli amici era quello di darsi appuntamento nella piazza del paese o di andare direttamente a casa loro. Esisteva solo il telefono fisso e per chiamare bisognava infilare il dito nei buchini della rotella oppure andare alla cabina telefonica ed inserire una moneta per far partire la chiamata. Tutte le mattine andavo a scuola, sia con il sole che con la pioggia, a piedi e incontravo i miei compagni lungo la strada. Un giorno ricordo che io e i miei amici ci siamo trovati sotto un acquazzone e ci siamo riparati in cinque sotto un ombrello anche rotto. Abbiamo riso tanto ed ancora oggi lo ricordo. Basta poco per essere felici e non servono le cose materiali ma l’affetto della famiglia e degli amici. Giuseppe Savino, nato a Grumo Appula il 16 ottobre 1947 Nonno dell’alunna Rossella Savino

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LA CONVERSIONE

Di periodi importanti nella mia vita ce ne sono stati tanti, sin dalla mia piccola età. Però ne voglio sottolineare solo uno, che il tempo non potrà mai cancellare. Ero già mamma di tre figli e il primogenito si apprestava a ricevere la Prima Comunione. A quei tempi non frequentavo la Chiesa, ero lontana da Gesù e vivevo la fede in modo esteriore, come abitudine o tradizione di famiglia. In vista della sua Prima Comunione costringevo mio figlio Gaetano a frequentare assiduamente il catechismo e la Messa. Una domenica, mentre cercavo di convincere mio figlio ad andare a Messa, lui mi disse: - Perché vuoi che vada io e tu non ci vai mai? La sua domanda, mi colpì profondamente e mi fece vergognare del mio comportamento ipocrita; così promisi a mio figlio di accompagnarlo. In una di quelle domeniche, mentre recitavo il Padre Nostro, sentii dentro di me una grande Pace: fu un’esperienza che non avevo mai provato prima e mi sentii piena di serenità e di gioia. Era Dio Padre che mi chiamava a tornare a Lui. È stato così che ho scoperto che Dio mi amava e io da quel momento non l’ho mai più lasciato. Antonia Cea, nata a Toritto il 03/03/1949 Nonna dell’alunno Domenico Devito

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LA CROCIERA DEL VIAGGIO DI NOZZE

Il 1976 fu l’anno del mio matrimonio e fu anche l’anno della prima ed unica crociera della mia vita: la crociera del viaggio di nozze, con mio marito Pinuccio! Ci eravamo appena sposati, finalmente! Fu un viaggio molto lungo, o forse a me sembrò tale per i tanti imprevisti che accaddero. Tutto era una novità per me: finalmente vedevo un po’ di mondo, fuori dal mio paese natio e vivevo un’avventura tutta mia, se così la vogliamo definire. Quanti avvenimenti inattesi ci trovammo a vivere! Ricordo che nello stretto di Gibilterra c’era un forte vento e il mare era molto agitato. Nonostante avessi preso le pastiglie, avevo mal di mare. Una volta sistemati in cabina, ci rendemmo conto che dalla doccia usciva acqua di mare! Quante risate tra noi: ci mancava che sbucasse qualche pesciolino nel lavandino! Mi piace raccontare questo momento della mia vita perché, a parte le disavventure, ero con mio marito ed eravamo giovani e felici! Ci fermammo a visitare l’isola di Majorca, dove mio marito mi comprò una collana di perle vere, che, a quei tempi, era un oggetto prezioso che ogni donna desiderava e che io conservo ancora gelosamente. La nave era a due piani e la nostra cabina si trovava al primo piano. Dopo l’isola di Majorca facemmo scalo a Madrid, dove pernottammo in un hotel lussuoso. Successivamente facemmo tappa a Tunisi. Dopo otto giorni la meravigliosa crociera terminò e la nave SOS LINE ci riportò a Napoli, là dove eravamo partiti pieni di entusiasmo! Tornammo a casa e ci sembrava di essere stati sulla luna! Rosa Daiello, nata a Toritto il 16/10/1951 Nonna dell’alunna Rosa Carola Germano

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LA FUGA PER IL “CAROSELLO”

Nel 1962 ero una bambina di 9 anni. In quegli anni non c’erano gli intrattenimenti di oggi: il computer, la TV, il tablet, ecc… Infatti in casa dei miei genitori non c’era né un telefono e nemmeno una TV. Quando avevo voglia di distrarmi, andavo nel bar di mio padre che mi preparava un bel latte caldo con la schiuma, in inverno, oppure un buon gelato, in estate. A volte, nelle sere d’estate, intorno alle 21:00, facevo una passeggiata in piazza, visto che era a due passi da casa mia. Un bel giorno, passando davanti al Circolo di ritrovo pensionati, sentii una musichetta ritmata e divertente provenire da quella stanza; così, incuriosita, mi affacciai alla porta aperta e per la prima volta, nella mia vita, vidi un apparecchio televisivo che trasmetteva “ll Carosello”: si trattava di un programma televisivo italiano, in onda sulla Rete Nazionale, che metteva in scena storielle comiche e divertenti che pubblicizzavano i prodotti in commercio a quei tempi. Mi piacque tantissimo! Il giorno dopo, volevo tanto rivederlo, ma non potevo, perché mia madre non voleva che uscissi. Io però non facevo altro che pensarci e ripensarci: ne ero attirata come da una calamita, era più forte di me! Così decisi di sgattaiolare di nascosto, fuori di casa, per andare a vedere il “Carosello” al Circolo anziani. Cominciai a farlo sempre più spesso, ogni volta che potevo, ed ogni volta, per me, quella era una vera conquista di libertà! Che ricordi indimenticabili! Rosa Macchia, nata a Toritto il 02/04/1953 Nonna dell’alunna Roberta Piacente

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LA NOSTALGIA DELL’EMIGRANTE

All'età di diciotto anni fui costretta dalle circostanze a partire per il Canada, infatti in quegli anni, in Italia, e specialmente nel Sud Italia, c' era una diffusa povertà. In Canada avrei trovato i miei zii che si erano già stabiliti lì da qualche tempo ed ero certa che avrei trovato un lavoro. Quando arrivai, i miei parenti mi accolsero con calore e mi ospitarono a casa loro. Le mie speranze si avverarono, perché trovai subito lavoro come sarta, guadagnando 240 dollari al mese. Chi aveva mai visto così tanti soldi insieme, prima di allora! E, in verità, furono tante altre le cose che vidi lì, per la prima volta: la città di Toronto, ricca di luci e grattacieli, gli scoiattoli che correvano sui fili della luce, la ruota panoramica, le cascate del Niagara, la neve che fioccava, per giorni e giorni, senza tregua, gli spazzaneve che pulivano i grandi viali della città, i pancake con lo sciroppo d'acero, il cui ricordo mi fa ancora venire l'acquolina in bocca. Anche se é difficile crederlo, per me era una novità anche potermi sedere a tavole ricche di cibi e prelibatezze. Quelli sono stati anni molto belli, ma di essi ricordo anche la grande nostalgia che provavo per i miei genitori ed i miei fratelli che avevo lasciato in Italia. Addolorata Ancona, nata a Toritto il 15-06-1950 Nonna dell’alunno Pasquale Roselli

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LA PECORELLA COSETTA

Un dolcissimo e tenero ricordo della mia infanzia è legato ad una piccola pecorella che possedevo e che mi riconosceva come sua padroncina e mi seguiva ovunque andassi: quando uscivo con le mie sorelle mi seguiva per le stradine del paese; quando andavo in campagna a dare una mano ai miei genitori e persino quando andavo in bagno. Il suo nome era Cosetta e girava con dei nastrini rossi al collo. I nastrini, che la rendevano ancora più bella, glieli avevano legati al collo le mie sorelle maggiori, anche allo scopo che fungessero come segno di riconoscimento. Un giorno accadde che, mentre ero intenta a studiare, mangiò i fogli del mio quaderno! Mentre la mia mamma si arrabbiò tantissimo, io dentro di me, ne fui felice, perché quel giorno fui esonerata dallo svolgere i compiti e potei andare in giardino a giocare con la mia cara pecorella. Quanta felicità mi ha dato la mia bellissima e simpaticissima pecorella Cosetta! Luigia Costa, nata a Terlizzi il 16 ottobre 1941 Nonna dell’alunno Gabriel Tortorella

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MEGLIO LA SCUOLA CHE IL LAVORO IN CAMPAGNA

Ricordo il mio primo giorno di scuola: ero felice perché quel giorno, grazie alla scuola, non sarei andato in campagna a lavorare con mio padre. A quei tempi, solo i bambini più fortunati potevano dedicarsi esclusivamente alla scuola. Io non ero tra quelli, infatti al mattino andavo a scuola, mentre nel pomeriggio mi toccava aiutare mio padre in campagna, oppure sbrigare delle faccende su ordine di mia madre. Dopo il tramonto mia sorella mi aiutava con i compiti, ma io ero già stanco! Ricordo che allora c’erano le classi maschili e quelle femminili ben separate le une dalle altre ed i maestri adottavano grande severità nei confronti degli alunni: in genere utilizzavano una bacchetta di legno da battere sul palmo delle mani dei malcapitati, oppure si arrivava alla punizione più dura che consisteva nello stare in ginocchio sulle bucce delle mandorle, dietro la lavagna. Nonostante i metodi severi dei maestri, ricordo che preferivo andare a scuola, piuttosto che andare in campagna a lavorare. Vincenzo De Palo, nato a Toritto il 23/03/1941 Nonno dell’alunna Sanda De Palo

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PARLO IO IN VECE DI MIA NONNA CATERINA

Parlerò io al posto di mia nonna Caterina, perché lei è affetta da una malattia senile che non le consente di ricordare le cose della sua vita, né di riconoscere, talvolta, le persone care. La mia cara nonna materna, che vive con noi, si chiama Caterina Berardi ed è nata a Grumo Appula il 26 novembre 1941. Mia madre mi dice che ha vissuto una vita piena di sacrifici e rinunce perché, sin da piccola, doveva badare ai suoi fratelli minori. Cucinava per loro, sbrigava le faccende domestiche e molto spesso andava anche in campagna per dare una mano ai suoi genitori nei lavori stagionali dei campi. Il 2 febbraio del 1970 ha sposato mio nonno Evangelista Cavalluzzi, di cui io porto il nome, e con lui ha avuto 5 figli. Purtroppo, due dei suoi figli morirono in età infantile a causa di malattie che, a quel tempo, non avevano una cura certa. Questi tristi eventi hanno lasciato un segno indelebile nella vita di mia nonna! Dopo tanti anni di vita insieme, nel 2009, suo marito Evangelista morì e lei è rimasta vedova, ma circondata dall’amore dei suoi figli e dei suoi nipoti. Attualmente anche lei è affetta da una malattia che le ha fatto dimenticare molte cose importanti della sua vita.

Caterina Berardi, nata a Grumo Appula il 26 novembre 1941 Nonna dell’alunno Luca Evangelista Lisi

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POVERI E CONTENTI

Quando ero piccolo, vivevo con i miei genitori e i miei fratelli in una piccola casa vicino alla Chiesa Madre “San Nicola” di Toritto. Mangiavamo tutti in uno stesso piatto, perché erano pochi i piatti. La casa consisteva di un’unica stanza dove dormivamo, maschi e femmine, su delle brandine disposte una accanto all’altra a pettine: chi dormiva vicino alla finestra, per arrivare in cucina, doveva saltare su per tutti i letti. Quando andavo in bagno, dovevo fare la fila, perché eravamo in tanti e una volta che entravo mi facevano uscire presto, perché c’erano gli altri dopo di me. Io che ero il figlio maggiore e cominciai prestissimo a lavorare alla bottega del sarto. Così anch’io contribuivo alla famiglia portando un po’ di soldi: c’era sempre bisogno di soldi perché noi eravamo in tanti. La cosa che mi è rimasta più impressa nella mia mente è che eravamo una famiglia allegra, se pur nella povertà. Il mio gioco preferito, da fare all’aperto, per le strade che non erano ancora asfaltate come oggi, era giocare con il terreno e l’acqua. Sono stati i tempi della mia infanzia, veramente dei bei tempi, che porterò sempre nel mio cuore.

Salvatore Mercurio, nato a Toritto il 23 luglio 1944 Nonno dell’alunna Vanessa Lanzellotto

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PRIMA I TUOI FRATELLI E POI LA SCUOLA

Del mio passato ho tanti episodi che potrei raccontare, ma non basterebbe una settimana, e così ne racconto uno! Guardo te, nipotina mia, guardo i tuoi 9 anni e mi ricordo dei miei. Tu studi e quando torni da scuola ti vedo felice, perché sai che puoi giocare con le tue sorelline; io invece quando tornavo da scuola, mia madre mi faceva trovare il lavoro già pronto, dovevo lavare i panni dei miei fratelli, perché eravamo ben 9 persone in casa e da poco erano nati i miei fratelli gemelli! Mia madre poverina non riusciva da sola a fare tutto e visto che ci teneva tanto all’ordine e alla pulizia della casa, ero obbligata a fare quello che mi chiedeva. A me piaceva tanto studiare, ma le condizioni familiari non mi consentivano di farlo, per questo ero sempre piuttosto triste. Ecco perché, quelle poche volte che rimani a fare i compiti con me, ne sono felice e mi piace osservarti, perché tu fai quello che io ho sempre desiderato fare! Per questo ti dico di NON ABBANDONARE MAI LO STUDIO! FALLO PER ME!

Angela Fariello, nata a Toritto il 24/01/57 Nonna dell’alunna Ester D’Erasmo

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PROVE DI GUIDA AD ALTO RISCHIO

Quando ero piccolo, mio padre comprò una macchina, una 1100 R di colore grigio topo. A quei tempi quasi nessuno possedeva un’automobile, infatti io ero orgoglioso ed emozionatissimo!!!!! Mio padre, chiamato da tutti “Ciccillo della cocevola”, certe volte me la faceva guidare, anche se non potevo. Una domenica mattina, quando avevo circa 15 anni, andai in campagna, esattamente ad “Imbascianni”, un appezzamento ubicato nei pressi dell'attuale campo da calcio. Mentre attendevamo al lavoro di potatura, mio padre mi chiese di prendere l’acqua dall’auto, ma io approfittai della situazione per sedermi alla guida dell’auto e fare qualche giro a tutta velocità!! Ad un certo punto frenai bruscamente, e la macchina fece due o tre giri intorno a sé stessa. Miracolosamente, quando si fermò, mi ritrovai sul viottolo della campagna illeso, e con la macchina integra, senza nemmeno un graffio!!!!!!!!!!! Con il cuore in gola, ritornai da mio padre, mascherando la sensazione di spavento che avevo addosso, come se nulla fosse. Questo segreto è rimasto con me per tutta la vita, ed anche quella terribile sensazione di essere scampato ad un rischio terribile! Fedele Sforza, nato a Toritto il 4/11/1951 Nonno dell’alunna Angela Sforza

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STORNARA O STORNARELLA?

Da piccola abitavo in una palazzina di Foggia con 20 inquilini: eravamo quasi tutti amici. Un bel giorno, avevo 13 anni, fummo invitati al matrimonio di un amico di famiglia che abitava appunto in questi appartamenti. Toccò anche a me prepararmi per la festa: era la mia prima volta dalla parrucchiera! La mattina del matrimonio partimmo tutti in pullman diretti a Stornara, il paese della sposa, dove si sarebbe svolto il rito in chiesa e poi la festa di matrimonio: tutti eravamo entusiasti! Per passare il tempo iniziammo a cantare, a dire barzellette e a prendere in giro lo sposo. Dopo un po’ di tempo qualcuno iniziò a chiedere: - Siamo arrivati? - non eravamo abituati a fare viaggi di alcun genere. E l’autista rispondeva: - Non ancora! Dopo tanto tempo arrivammo finalmente a “Stornara” e l’autista soddisfatto disse: - Ecco, siamo arrivati! Lo sposo si affacciò dallo sportello e sbiancò in viso. - Ma qui non siamo a Stornara! Io mi sposo a Stornarella! A quel punto però l’autista ci chiese se qualcuno volesse scendere per andare in bagno o fare una breve sosta. Tutti scendemmo per andare in bagno e per sgranchire le gambe. Risalimmo a breve sul pullman e ripartimmo. Finalmente arrivammo a Stornarella. Scendemmo, ci indicarono la strada per la chiesa e ci mettemmo in marcia. Io volevo raggiungere le mie amiche, che essendo più grandi di me, avevano un passo più lungo. Cominciai a correre per raggiungerle e addirittura le superai. 81


Ma poi qualcuna di loro cominciò a gridare il mio nome ed io mi girai per vedere cosa stesse succedendo: fu allora che vidi una mucca che correva verso di me. Che paura mi prese! Comincia a correre ancora di più! Solo dopo mi accorsi che la mucca non stava inseguendo me, ma cercava di raggiungere la mandria che era più avanti. Alla fine scoppiammo tutti a ridere. Questa è stata una delle giornate più sorprendenti della mia vita! Ed in seguito, ogni volta che mi ritrovavo con quelle amiche, ripetevamo come un ritornello: Dove andiamo a Stornara o a Stornarella? È diventava una barzelletta. Che bei tempi!

Anna Rosa Deninno, nata a Toritto il 20 giugno 1952 Nonna dell’alunno Francesco D’Elia

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UNA DORMITA SOTTO IL MANDORLO

Avevo circa 6 anni, quando andai in campagna con mio zio per la raccolta delle mandorle! Forse perché mi ero svegliato presto al mattino, accadde che mi addormentai sotto un albero e lì rimasi per parecchio tempo, mentre mio zio, ignaro, continuava il suo lavoro. Intanto si fece buio e mio zio, quando si rese conto della mia assenza, decise di tornare di corsa al paese per chiedere aiuto a mio padre e a mio nonno e dare inizio alle ricerche!!! Insieme tornarono in campagna e cominciano ad urlare il mio nome in ogni direzione! Io, nel sentirmi chiamare, mi svegliai all’improvviso e risposi come se nulla fosse: - Sono qui! Così tutto finì bene! Certo è che da quel giorno mio zio non mi invitò più ad andare in campagna con lui! Francesco Panzarino, nato a Toritto il 19/08/1957 Nonno dell’alunna Roberta Cortigiano

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UNA GRAVIDANZA LONTANO DA CASA

Quando avevo circa 20 anni, nel 1984, ero in attesa del mio primo figlio e mi trovavo in Germania. Infatti io e mio marito avevamo deciso, nei mesi precedenti, di trasferirci in Germania per lavoro. Avevo affrontato i primi mesi della gravidanza da sola, lontano dal conforto della mia mamma e di tutta la mia famiglia, ma per me era una sofferenza stare lontano da loro, così decisi di trascorrere gli ultimi mesi della gravidanza in Italia, godendo della vicinanza dei miei parenti. Mio marito mi avrebbe raggiunto in un secondo momento, cioè alla nascita del mio primogenito. Così fu. E quando nacque finalmente Stefano, eravamo di nuovo felicemente riuniti. Marilena Gira, nata a Galatone, il 22/01/1965 Nonna di Serena Vonghia

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VERSO LA SICILIA CON UN VESTITO ALLA MARINARA

Mi chiamo Isabella e sono nata a Giovinazzo nel 1946. La mia famiglia era di umili origini ed il mio papà fu costretto ad andare in Sicilia per lavorare: faceva il fabbro. Io, la mia mamma e il mio fratellino rimanemmo a Giovinazzo. Quando avevo otto anni, però, la mamma decise di raggiungere papà in Sicilia portandosi anche il fratellino che aveva cinque anni. Io, invece, andai a stare con mia zia Rosa, perché frequentavo la terza elementare e non potevo abbandonare la scuola. Quando terminò l’anno scolastico, finalmente, il mio papà venne a riprendermi per portare anche me in Sicilia. Per quel giorno speciale, la zia Rosa mi cucì un vestitino alla marinara: la gonnellina era blu a pieghe, la camicetta a righe bianca e rossa; avevo anche un grazioso cappellino coordinato di colore blu con un fiocco rosso. Quando rividi il mio papà la mia felicità esplose: il cuore mi batteva così forte che pensavo uscisse dal petto. Saltavo dalla gioia perché sapevo che presto avrei riabbracciato anche la mamma ed il fratellino. Quando salimmo sul traghetto, il mio papà mi prese in braccio e salutammo gli zii che erano venuti ad accompagnarci. Iniziò così la mia nuova vita in Sicilia, a Palermo. Lì frequentai la scuola e feci nuove amicizie, ma soprattutto ritornai in seno alla mia amata famiglia. Isabella Maldari, nata a Giovinazzo (BA) il 01/07/1946 Nonna dell’alunna Marianna Pesce

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VITA SEMPLICE E FELICE IN ROMANIA

Sono nata e cresciuta in una famiglia composta da cinque membri, in un paesino vicino Craiova in Romania La casa era piccola dormivamo tutti in una stanza con due letti, i miei genitori in un letto e io e le mie sorelle nell' altro letto, il materasso era fatto di fieno ed era un po’ duro. Quando i miei genitori andavano a lavorare in campo, io mi prendevo cura delle mie sorelle più piccole e delle faccende domestiche: cucinavo, lavavo i panni a mano, vicino alla fontana e accudivo gli animali. Una volta a settimana toccava a noi andare con le pecore sulle colline tutta la giornata, in una busta cucita a mano portavo il pranzo. Se a scuola prendevo dei voti alti, allora mio padre mi concedeva di andare il sabato sera al ballo. In quell’occasione indossavo il mio costume tradizionale e incontravo ragazze e ragazzi e ballavamo. Il periodo natalizio era il più atteso e desiderato: mi ricordo che la vigilia di Natale aspettavamo il Babbo Natale. Ognuno di noi recitava una poesia, subito dopo, Babbo Natale ci faceva le domande di storia e geografia, poi ci dava i regali. Questa è stata la mia bellissima infanzia povera di soldi, ma ricca di amore. Silvia Vaduva, nata a Craiova, Romania, il 29/09/1959 Nonna dell’alunna Arianna Losquadro

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LA NOSTALGIA DELL’EMIGRANTE

All'età di diciotto anni fui costretta, dalle circostanze, a partire per il Canada, infatti in quegli anni, in Italia, e specialmente nel Sud Italia, c'era una diffusa povertà. In Canada avrei trovato i miei zii che si erano già stabiliti lì da qualche tempo ed ero certa che avrei trovato un lavoro. Quando arrivai, i miei parenti mi accolsero con calore e mi ospitarono a casa loro. Le mie speranze si avverarono, perché trovai subito lavoro come sarta, guadagnando 240 dollari al mese. Chi aveva mai visto così tanti soldi insieme, prima di allora! E, in verità, furono tante altre le cose che vidi lì, per la prima volta: la città di Toronto, ricca di luci e grattacieli, gli scoiattoli che correvano sui fili della luce, la ruota panoramica, le cascate del Niagara, la neve che fioccava, per giorni e giorni, senza tregua, gli spazzaneve che pulivano i grandi viali della città, i pancake con lo sciroppo d’acero (il cui ricordo mi fa ancora venire l'acquolina in bocca). Anche se è difficile crederlo, per me era una novità anche potermi sedere a tavole ricche di cibi e prelibatezze. Quelli sono stati anni molto belli, ma di essi ricordo anche la grande nostalgia che provavo per i miei genitori ed i miei fratelli che avevo lasciato in Italia. Addolorata Ancona, nata a Toritto il 15/06/1950 Nonna di Pasquale Roselli

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BASTAVA POCO PER ESSERE FELICI!

Quando io ero bambina non esistevano computer, tablet e telefonini e i bambini passavano il loro tempo libero a giocare per strada, anche perché non circolavano tante auto, non c’era tanta delinquenza e i bambini erano più liberi dalle attività scolastiche ed extrascolastiche. I miei giochi preferiti erano:“La bella lavanderina”, che si eseguiva con movimenti accompagnati da una canzoncina; “La brioletta” che consisteva nel saltellare su dei numeri disegnati sull’asfalto con un pezzo di gesso o di tufo; “Le pallucce”, cioè il gioco delle biglie di vetro colorato che venivano fatte rotolare, spingendole con le dita, sui tombini di ferro dell’acquedotto, presenti nelle strade. Quando arrivava il mese di maggio era una festa per noi bambini: c’erano più ore di luce il pomeriggio fino al tramonto per poter giocare in libertà; le serate erano calde e ci si intratteneva all’aperto, davanti alla soglia delle proprie case, a piano terra, anche in compagnia dei genitori e dei nonni che si riposavano del lavoro faticoso della giornata stando seduti sui marciapiedi in corrispondenza della propria abitazione. Il mese di maggio era speciale, non solo per il profumo delle rose che fiorivano nei giardini e per le ceste di ciliegie che arrivavano dai campi coltivati dai nostri papà e dai nostri nonni, ma anche perché era il mese dedicato alla Madonna ed io andavo nella vicina chiesa della Madonna del Carmine con mia nonna e qualche amica per recitare il Rosario e cantare le litanie mariane. Dopo la Messa e il Rosario non volevamo rientrare a casa, perché le serate erano tiepide e invitanti, ma ci bastava un fischio del capofamiglia, il papà, per capire che era giunto il momento di rientrare per la cena e concludere la giornata, senza discutere oltre. Non c’erano strumenti tecnologici a quei tempi, ma quanti bei ricordi conservo della mia infanzia! Posso dirti che bastava poco per essere felici! Angela Gemmato, nata a Toritto, il 16/04/1965 Nonna dell’alunno Vincenzo Florio

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Fine

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