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N.5 –Novembre 2012
INTERVISTE: Korova – Lykaion – Diluve – Delirium XTremens RECENSIONI: Kataplexy – Visioni Gotiche – L’ondes – Silence Oath – Il giardino del Mago – In Her Eye – The True Endless – Blessed Dead – Glory Hole Murder – Sublevels – Absvrdist – Big Dix – Cardiac – Extreminas – Avenue x – Fallen Fucking Angels – The Abi - <0>>0< - Bona Head – Bandicoot – CE’ – Kesium Schysma COMPILATION FREE DOWNLOAD: L’angolo della follia vol.15 novembre 2012 female Bands LA VERA STORIA DEL ROCK Ramones SPAZIO ALLE BAND: Merry Widow – Hollywood Noise LIVE - INIZIATIVE
Editoriale Mi sono preso l'incarico di scrivere un qualcosa che somigli ad un editoriale, anche se forse mi va meglio chiamarlo: "uno spazio dove poter dire qualcosa che penso". Non è facile trovare argomentazioni sufficienti per soddisfare i palati di voi lettori. Credo che mantenendo la confidenzialità e la semplicità si possa avvicinarsi sempre ai gusti di un pò tutti. Mi sono dunque chiesto cosa può aspettarsi il lettore di una fanzine, nella fattispecie questa. Le risposte sono meramente ipotesi. ovviamente il fruitore di questa pubblicazione o è un musicista o un appassionato di musica. Underground. Mi sembra fin troppo scontato fare disquisizioni inerenti generi musicali, tecnica, band di riferimento, case discografiche o altro di inerente all'ambiente. I miei abili colleghi recensori espletano già egregiamente questo compito. Cosa ti aspetti tu, ora che leggi, di trovare qui? Io credo che questo sia un posto dove poter ricevere informazioni riguardo al panorama underground italiano e non. Io credo che tu, amico lettore, qui possa trovare il terreno fertile in cui far germinare i tuoi pareri e i tuoi gusti. Un luogo dove poter placare la tua sete di curiosità, dove poter magari sentire cosa se ne pensa della tua band. Dove poter andare a curiosare come viene giudicato il disco di un tuo amico. Ma potremmo continuare per ore a elencare esempi. La cosa più importante secondo me è quella di fondo: tu lettore sei qui per ricevere informazioni. Le informazioni sono alla base della conoscenza, e la conoscenza è la base della cultura. Poco importa se ti piaccia il black o lo ska. Chi se ne frega. Le informazioni sono mattoncini che mettono in moto pensieri pareri e lubrificano il nostro cervello. Inoltre queste informazioni arrivano dalla musica cioè il canale che percettivamente ha più impatto su di noi. E andando ancora più sotto, questa musica che vi da informazioni arriva da sotto terra, dal basso, dall'underground dove ancora tutto (o almeno la maggior parte) è ancora genuino, generato dal semplice entusiasmo di chi compone, lavora, propone. In un mondo falso e falsato da informazioni indirizzate spesso a NON farci pensare, questa piccola realtà non è altro che un balsamo tonificante la nostra entità di uomini e donne che ricevono ed elaborano informazioni vere, con la loro vera testa. Evviva dunque! Evviva l'underground, Evviva chi lo legge, lo sostiene, lo critica. Evviva anche perchè alla fine ce l'ho fatta a scrivere qualcosa che (almeno spero) sia vagamente sensato e presentabile. OH io ci tengo a fare bella figura con voi eh??? Se volete potete mettervi in contatto con me, per discutere, insultarmi, darmi una pacca sulla spalla, o qualsiasi altra cosa all'indirizzo
br1undergroundzine@libero.it
E se aveste proposte su argomenti da disquisire benvenuti!! fatevi avanti! Buona lettura!
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HELLARISE Deadfall
GIULIA MOLINARI & DONATELLA CANEPA Indifference
MORTARIUM
ROUGENOIRE
Celebrate eternity
Devil
CHECKMATE! Let me go
OMBRA DEL PUNK
DUNKELROT Weise Man
Senza te
TALKING SOUND
JACQUI TAYLOR
To be part of
Cure of souls
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A tutte le band, stiamo organizzando compilation mensili freedownload di ogni genere da allegare al nostro magazine Undergroundzine con più di 1000 visite e download mensili. Per chi partecipa alle compilation, ha la possibilità di votare la propria band attraverso un sondaggio sul nostro sito www.undergroundzine.com. Per il 1° Classificato …….intervista Per il 2° Classificato ……mettiamo a disposizione 2 pagine della nostra Webzine dove potete inserire quello che volete. PER CHI è INTERESSATO A PERTECIPARE INVIATE A Compilationuz@gmail.com Angolodellafollia1@gmail.com -BRANO IN MP3 -BIOGRAFIA -FOTO BAND -LOGO -GENERE -LIBERATORIA COMPILATA (scaricabile da http://www.mediafire.com/view/?7scih2v7c94ekrg) AGGIUNGETECI SU FB http://www.facebook.com/undergroundwebzineII http://www.facebook.com/langolo.compilation?ref=ts&fref=ts SITI INTERNET www.undergroundzine.com
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INTERVISTE Cari lettori oggi diamo il benvenuto ai KOROVA Ciao e benvenuti su UndergroundZine parlateci un po’ di voi. «Ciao! Grazie! Guarda, la nostra storia è quella di milioni di altri gruppi. Due di noi si conoscono da quando andavano a scuola insieme. O meglio, da quando non andavano a scuola insieme. Suonavano insieme e si sono ritrovati in una sala prova dopo un periodo di pausa con gli altri due, che per conto loro suonavano o avevano suonato in altre formazioni. Le cose sono nate così, per caso: dalle cover siamo passati ai pezzi nostri, abbiamo visto che ci piaceva e che piaceva anche a quelli che le ascoltavano. Niente più di questo». Com’è nato il vostro nome? Ha qualche significato particolare? «Non ci abbiamo messo molto a scegliere il nome del gruppo. Siamo partiti dall’idea che, scrivendo testi in italiano, non volevamo un termine inglese. L’abbiamo buttata lì, senza neanche pensarci più di tanto. Korova, come il bar di Arancia Meccanica rifugio di Alex e i suoi drughi. A volerla dire con parole forbite, una sorta di luogo della mente dove fuggire per ritrovarsi e riuscire ad esprimere se stessi. Ma chi vogliamo prendere in giro? Vuoi la verità? La verità è che korova, in russo, significa vacca. E a noi, se permetti, le vacche piacciono». Come nascono le vostre canzoni, prima la musica o il testo? «Non c’è un metodo stabilito a tavolino. Diciamo che però, nella maggior parte dei casi, si parte da un’idea musicale: un giro di basso, un riff di chitarra. Poi capita che ti passa una frase per la testa e quella frase si sposa bene con la musica che sta nascendo, e così anche il testo prende forma. Il bello, però, succede in sala. Qualcuno arriva con una bozza e si lavora insieme. Io ci metto questo, tu ci metti quello, e piano piano la canzone si sviluppa fino ad assumere la struttura definitiva. Poi, il fatto che ci siano pezzi che in un minuto sono già fatti e finiti e altri che sono ancora in via di trasformazione a distanza di anni, quello è un altro discorso». Qual è il messaggio che vuoi dare all’ascoltatore? I testi di cosa trattano? «I nostri pezzi parlano di quello che viviamo ogni giorno. Di casini, più che altro, visto che quelli non mancano mai. Un po’ di tempo fa si discuteva del fatto che parliamo sempre di cose tristi. Morti sul lavoro, almeno finché il lavoro c’era, disuguaglianze sociali, tipe chi ti fanno andare a male. La conclusione è stata che in verità, quando te la stai passando bene non è che hai tanta voglia di scrivere un pezzo. Vuoi più che altro goderti la situazione. E poi dai, con il genere che facciamo, sinceramente, ci possiamo mettere a scrivere canzoni d’amore?». Quali sono le vostre influenze principali? E a quali gruppi vi ispirate? «Ci siamo conosciuti relativamente tardi, ed ognuno di noi aveva alle spalle le proprie esperienze musicali. C’è chi è cresciuto a pane e metal, chi ascolta tanta musica italiana e chi si scassa di reggae, con annessi e connessi. Tutti, però, abbiamo una grossa radice comune che, a grandi linee, può essere riconosciuta nell’hard rock. Forse possiamo dire che i Korova hanno una componente crossover, con alla base anche elementi grunge e stoner, due generi che si avvicinano di più a sonorità legate al blues. Difficile dire a quali gruppi ci ispiriamo. O meglio. Sicuramente ci ispiriamo a Soundgarden, Kyuss, Queens of the Stone Age, ma anche a Tool e System of a Down. Senza dimenticare Rage Against the Machine, Faith No More Deftones o, per parlare italiano, Linea 77, One Dimensional Man, Afterhours
o Teatro degli Orrori, o i Ministri.. per i quali tra l’altro abbiamo avuto l’onore di aprire una data a Torino Ci sono centinaia di gruppi che, in un modo o nell’altro ci condizionano. Però, se qualcuno ascoltasse i nostri pezzi pensando di trovarsi davanti uno stile strettamente riconducibile a uno dei gruppi citati sopra, resterà deluso. E non è per forza un bene, sia chiaro. Anzi». Qual è stata la reazione della critica di fronte al vostro ep, i riscontri da parte delle redazioni sono stati buoni? «I riscontri sono stati molto buoni. Più di quello che ci saremmo immaginati. Le recensioni sono state lusinghiere e oltre alle porte dei locali, alcuni pezzi ci hanno aperto le porte di stazioni radio e giornali di settore. Il bello è che ci hanno tutti riconosciuto la capacità di unire il cantato in italiano a musiche molto più anglosassoni. E ci ha fatto piacere che in parecchie occasioni è stata percepita la nostra onestà. Non facciamo, un po’ per scelta un po’ per manifesta incapacità, musica tecnica. Nelle nostre canzoni vogliamo convogliare le emozioni che proviamo in determinate situazioni e molti ascoltatori “specializzati” se ne sono accorti. Quello è il complimento più grande che puoi ricevere: che sei vero, che quando suoni ci metti palle e cuore». Parlateci un po’ della scena Underground della vostra zona, è difficile poter suonare nei locali? «La situazione dei live è sotto gli occhi di tutti. “Fate anche cover?”, “Quanta gente portate?”, “Lasciatemi il numero che vi faccio sapere”. Tutti quelli che suonano se lo sentono dire in continuazione. I locali a cui piace promuovere la musica dal vivo sono pochi ed è difficile allargare il giro. E poi, come se i proprietari dei locali non bastassero, l’impressione è che neanche i gruppi mirino a cerare una scena musicale. Quando si divide il palco con altri, ci sembra di avere sempre davanti delle primedonne in competizione. Noti la stessa cosa quando vai a sentire altri suonare. Non c’è coesione tra quelli che si alternano sul palco. E così, anche tra il pubblico, la gente si prende meno bene». Avete in programma dei Live? «Dopo un agosto di pausa siamo tornati con un bel po' di carne al fuoco. Prima di tutto siamo saliti sul palco di Ritmika insieme a LNRipley e a 2FatMen per un’importante serata di raccolta fondi per uno dei comuni colpiti maggiormente dal sisma emiliano. Poi la tv: abbiamo disputato la finale di 7live, concorso su rete7 ottenendo il secondo posto. Fine mese ci aspettano le Lavanderie Ramone, rinomato locale torinese. Per quest'anno poi abbiamo pensato di mettere su anche il progetto koVErova con il quale proponiamo cover i stile korova ovviamente. Giusto per divertirci (leggasi racimolare qualche soldo in più». Progetti futuri? «L'idea, per quest'anno, è quella di registrare un disco. Abbiamo tanto materiale nuovo. E i pezzi più recenti stanno prendendo una piega diversa. Sono più corti, più diretti e forse un pelo più veloci. Insomma, siamo entrati in una fase successiva rispetto a quella della demo. Per cui ci piacerebbe fissare su cd quello che siamo in questo momento». Ringrazio molto voi, e come sempre l’ultima parola va alle band per le conclusioni. A risentirci e buona fortuna per i prossimi lavori! Grazie infinite per averci ospitato e averci dato modo di presentarci. Vi salutiamo lasciandovi il link del nostro sito web dal quale si può anche accedere alla pagina fb e al canale youtube. Veniteci a trovare!!! WWW.KOROVABAND.IT Martina Tosi
Diamo il benvenuto ai LYKAION Gruppo gothic Metal da Roma
Ciao e benvenuti su UndergroundZine, parlateci un po’ di voi..….. Ciao Martina, i Lykaion sono una gothic metal band nata a Roma all'inizio del nuovo millennio. Abbiamo alle nostre spalle, oltre ad una miriade di concerti in tutta Italia, la registrazione di tre demo e un E.P., Swallowed by The Sea, che ha preceduto il nostro debut album, "Nothin' but Death", pubblicato il 19 giugno dalla Bakerteam RecordsNel settembre del 2012 abbiamo presentato dal nostro primo singolo, la titletrack dell'album stesso, per la quale è stato girato un videoclip ufficiale visibile nel nostro canale youtube! Come mai avete scelto questo nome Lykaion? Il nome fu scelto dal nostro primo cantante, Luca Mazzilli. All'epoca la nostra proposta si muoveva su lidi decisamente più power-progressive, sia in ambito musicale che tematico (stiamo parlando pur sempre di una decina di anni fa), lui era ed è un appassionato di tematiche mitologiche per cui scegliemmo questa nome che indica una località greca, per la precisione una montagna, in cima alla quale pare si riunissero filosofi e letterati greci. Sicuramente non è una tematica attinente con la nostra proposta attuale, ma siamo comunque rimasti legati al nostro monicker originale e quindi abbiamo deciso di non cambiarlo. Ci sono state variazioni di genere con i cambi di line- up tra voce maschile e voce femminile? Ce ne sono state veramente un'infinità!! In fondo siamo passati da una voce maschile, ad una femminile, e poi tornati di nuovo ad una maschile con un approccio molto più aggressivo del passato. In realtà le motivazioni di tali cambi sono state in parte personali, ma in parte legate anche all'evoluzione che il nostro sound ha subito nel corso degli anni; tali evoluzione hanno reso necessario un approccio vocale decisamente più aggressivo e ruvido, e fortunatamente abbiamo trovato la soluzione ideale all'interno della line up stessa, visto che dal 2009 Alessandro, allora soltanto chitarrista, si è messo anche dietro al microfono, risultando perfetto per il tipo di proposta che cercavamo di portare avanti. Ci sono stati ottimi riscontri del vostro album “Nothin’ but Death”, ve lo aspettavate? Come mai avete scelto questo titolo? Sicuramente eravamo e siamo molto orgogliosi del nostro album di debutto, quindi speravamo che i responsi da parte di pubblico e critica fossero all'altezza delle nostre aspettative, e fortunatamente così è stato!Il titolo dell'album (che è lo stesso dell'opener del disco, appunto "Nothin' but Death"), così come l'artwork, sono stati scelti perché rappresentativi della tematica di fondo in tutto il disco, ossia l'inevitabilità della fine, motivo che abbraccia in modo più o meno diretto tutte i testi dell'album.
Come nascono le vostre canzoni? Le fase compositiva non è sempre la stessa per tutti i pezzi: in alcuni casi è Alessandro a comporre direttamente l'intero pezzo che poi viene rifinito in sala, in altri componiamo insieme io e lui, infine ci sono brani che nascono da delle jam in sala e vengono man mano rifiniti da tutta la band. Per quest'album abbiamo scelto i dieci pezzi che ritenevamo migliori tra una mole di idee, riff e canzoni veramente notevole, frutto di molti anni di attività. Qual è il messaggio che volete dare all’ascoltatore? I testi di cosa trattano? Nei nostri testi abbiamo voluto rendere la disillusione e il disincanto con la quale ci approcciamo al mondo, alle esperienze di vita ed ai rapporti interpersonali. Nei nostri testi, scritti da Alessandro, c'è una sorta di filo conduttore, identificabile in un approccio malinconico e pessimista verso il quotidiano, il mondo e la società odierna. Avete in programma dei Live? Sicuramente!! Stiamo lavorando, con tutte le difficoltà del caso che sicuramente conoscerai, all'organizzazione di alcune date di supporto a "Nothin' but Death". Il 9 novembre suoneremo a Firenze, presso il Viper Club, in apertura al concerto dei Dragonforce, nel frattempo stiamo pianificando altre date in Italia e non solo! Progetti futuri? Attualmente è in cantiere la lavorazione del secondo videoclip estratto dal nostro album, per la canzone Empty. Inoltre le lavorazioni per il successore di Nothin' but Death sono già a ottimo punto, e contiamo di entrare in studio nell'estate del 2013. Ringrazio molto e come sempre l’ultima parola va alle band per le conclusioni. A risentirci e buona fortuna per i prossimi lavori! Grazie a te per l'intervista, ed a tutti i lettori di UndergroundZine, che invitiamo a visitare il nostro sito ufficiale www.lykaion.it e ad ascoltare i brani del nostro debutto nel nostro canale ufficiale su Youtube. Martina Tosi
CARI LETTORI DI UNDERROUNDZINE SIAMO ANDATI A CONOSCERE I DILUVE Ciao e benvenuti su UndergroundZine, parlateci un po’ di voi..….. Siamo cinque ragazzi che hanno una grande passione per la musica, ci piace fare baccano e trasformare le nostre idee in canzoni. Veniamo tutti dalla provincia di Pisa ed ormai da qualche anno suoniamo portando in giro la nostra musica con grande entusiasmo e voglia di divertirci. Come mai avete scelto questo nome Diluve? Beh, perché suona fico in inglese (anche se non vuol dire niente) e in italiano ricorda una cosa potente…IR DILUVIO! Quali sono le vostre influenze principali? E a quali gruppi? Veniamo tutti da ascolti musicali diversi e vari e in ogni canzone, specialmente in fase di arrangiamento cerchiamo di condire il tutto con varie sonorità. Nella maggior parte delle nostre canzoni potrete sentire influenze che variano dal metal al punk, dal grunge al rock anni settanta. E’ difficile menzionare dei gruppi in particolare, forse le influenze che potreste notare di più sono la vergine di ferro, gli anthrax, gli offspring, gli helloween e chi più ne ha più ne metta. Avete appena sfornato il vostro cd, cosa vi aspettate dalle webzine e dai vostri fan? Beh, a dire il vero non sapremmo proprio cosa aspettarci, sarebbe più giusto chiedere cosa si aspettano i fan e le webzine da noi. Speriamo di poter avere le giuste occasioni per sfogare la nostra grinta live e divertirci e far divertire il maggior numero di persone. Se dovessero capitare grosse occasioni cercheremo di essere all’altezza. Qual è il messaggio che volete dare all’ascoltatore? I testi di cosa trattano? In realtà non vogliamo dare nessun messaggio in particolare, ci limitiamo a raccontare delle storie interessanti trattando vari temi che vanno dalla contrazione di malattie veneree (Victim of venereal), a temi un po’ più horror come il testo di Scarecrows, ispirato a ‘L’armata delle tenebre’ di Sam Raimi, fino a temi un po’ più intimi come ‘Sign from Above’ e ‘I got all’ che parlano di come vivere la vita in modo positivo vedendo sempre il bicchiere mezzo pieno. Come nasce una vostra canzone? Solitamente un nostro brano nasce da un idea, che può essere un immagine o una storia che vogliamo raccontare. Intorno a quest’idea si sviluppa la canzone. Testo e musica vengono fuori praticamente in contemporanea. Dopo di chè curiamo tutti assieme la parte dell’arrangiamento e lì ognuno da libero sfogo alla propria fantasia e alle proprie idee. Quale canzone è il vostro “cavallo di battaglia” e perché? Non abbiamo un cavallo di battaglia in particolare, o per meglio dire, i nostri cavalli di battaglia variano a seconda delle occasioni, visto che abbiamo sia pezzi tirati che pezzi tranquilli.
Se ad esempio siamo davanti ad un pubblico un po’ più ‘Metal’ sfoderiamo le nostre cavalcate più cantabili come ‘I got all’ o ‘Scarecrows’. Se invece il pubblico è predisposto al pogo suoniamo i nostri pezzi più veloci come ‘What the hell’ , ‘Victim of Venereal’ o ‘Heavy Machine Gun.’ Parlateci un po’ della scena Underground della vostra zona, è difficile poter suonare nei locali? La nostra è una zona fiorente per l’underground, non a caso molti gruppi metal e non riconosciuti a livello nazionale ed internazionale provengono dalle nostre parti. In questo aiutano i locali ma solo in minima parte, perché ci sono anche molte persone che si sbattono per organizzare piccoli festival e festini underground nei centri sociali e nelle scuole occupate. Avete in programma dei Live? Per ora abbiamo in programma qualche live in Toscana e stiamo organizzando un piccolo tour invernale nel quale speriamo di coprire un territorio più vasto. Progetti futuri? Abbiamo però già pronti dei nuovi pezzi che incideremo entro la primavera, che andranno a comporre un nuovo Ep che speriamo di far uscire in un tempo più breve possibile. Sono pezzi nati subito dopo le incisioni di ‘What the Hell…!?!’ che riprendono molto la nostra vena umoristica e il nostro tiro hardcore. Vorremmo incidere questo Ep non come antipasto del nuovo album, nel quale affronteremo altre tematiche e lavoreremo in maniera diversa dal nostro solito, ma come dolce dopo il primo pasto, ovvero ‘What..’. Ringrazio molto e come sempre l’ultima parola va alle band per le conclusioni. A risentirci e buona fortuna per i prossimi lavori! Grazie a voi. Salutiamo tutto il vostro staff e ai lettori segnaliamo un link utile se volete farvi un idea di chi siamo e cosa proponiamo…CIAO! https://www.youtube.com/watch?v=TKcgbFLNDs0 Martina Tosi
Direttamente dalle Dolomiti i DELIRIUM XTREMENS band Death metal Benvenuti su UndergroundZine, fate un piccolo riassunto di chi siete Ciao a tutti e grazie per lo spazio! Qui Ciardo cantante dei DXT , ci siamo formati nel 1998 all'ombra delle nostre montagne , le Dolomiti, e dei membri dell'epoca siamo rimasti solo io e il bassista Pondro , purtroppo abbiamo subito numerosi cambi di lineup che ci hanno rallentato nei nostri lavori. Ora abbiamo una formazione fissa dal 2003 con Med alla chitarra e Thomas dietro le pelli. Sfortunatamente in questi anni ci ha abbandonato l'altro storico chitarrista Lorenzo a causa di divergenze stilistiche. Nel 2003 siamo usciti con il nostro primo lavoro "Cyberhuman", un EP di 5 tracce che ci ha dato la possibilità di suonare parecchi concerti e ci ha fatto conoscere un pò ovunque. Tra una grappa e l'altra nel 2007 esce il nostro primo full lenght "CreHated from No_Thing" per l'etichetta italiana Punishment 18 Records , un disco di death metal cinico e freddo , quasi meccanico , che accentuava la nostra avversione verso l'abuso della tecnologia,verso la sete di potere dell'uomo e della sua brama di spezzare qualsiasi legge della natura. Arriviamo poi ad Ottobre 2011 quando esce il nostro ultimo album "Belo Dunum,Echoes from the past" dove il nostro death metal si particolarizza non solo a livello sonoro ma soprattutto a livello lirico e concettuale , un ode alle leggende delle nostre amate Dolomiti, alle nostre tradizioni, ai nostri avi. Tutti i nostri lavori sono stati registrati al Majestic studio di Marino De Angeli (Venezia) , con il quale avevamo trovato un feeling davvero compatto , purtroppo però lo studio non esiste più... speriamo comunque di poter collaborare ancora con lui in futuro. Più o meno da un anno ad ora ci avvaliamo dell'aiuto di Fabio Perucchini all'altra chitarra nei live. Si è aggiunto alla squadra ultimamente anche Simone che ci segue come fonico. Le origini del vostro moniker quali sono? Oltre al rimando ad un malanno, storpiato ovviamente, c'è un segreto "recondito" nel nome? Il moniker fu scelto perchè era un nome di forte impatto , il Delirium Tremens è una malattia, o meglio uno stadio, causato dall'alcolismo , problema molto diffuso dalle nostre parti .. Una dedica a noi stessi insomma hahaha ! La "X" in mezzo l'abbiamo inserita in seguito per evitare problemi di omonimia con altre band , quindi si tratta solo di un significato di impatto ! Come nasce una canzone dei Delirium X Tremens? Solitamente la struttura ritmica di chitarra la compongo io pensando all'argomento che deve trattare la canzone, in modo che ogni parte e arrangiamento sia attinente all'emozione da esprimere in base al concept ... successivamente la sottopongo agli altri membri e da lì si inizia con il plasmare il tutto con gli altri strumenti e molte volte la canzone viene trasformata da come era composta all'inizio. Ognuno porta la propria idea che viene valutata nei minimi dettagli perchè vogliamo che ogni canzone trasmetta precisamente il significato del testo. Dopodichè aggiungiamo i vari strumenti aggiuntivi che usiamo ultimamente come cori alpini,fisarmoniche,flauti .. strumenti classici che servono per ricreare ambienti e scenari delle nostre leggende. In ultima vengono inserite le parti vocali , e qui il pezzo potrebbe assumere ancora un altra forma da valutare. Un lavoro abbastanza complesso dunque, ma che ci permette di esprimere in ogni singola nota l'essenza del tema. Ho notato che nel vostro album avete moltissimi rimandi alla vostra tradizione, è stato un caso oppure i Delirium hanno deciso di usare le radici storiche della porpria terra d'origine anche per il futuro? Sai , il fatto di avere scelto questo sentiero artistico è una conseguenza diretta del nostro vecchio concept , ossia l'odio verso l'abuso della tecnologia ... questo ci ha portati a guardarci indietro, le nostre radici, quando un tempo la tecnologia non occupava il posto che ha ora , quando la vita era basata sulla semplicità e sulla genuinità. C’è da dire poi che siamo stufi di questa esterofilia dilagante che c’è in Italia, tutti che adorano Norvegia, Svezia e via dicendo… Noi abbiamo la nostra di storia, e siamo orgogliosi di averla! Il nostro ultimo disco è totalmente incentrato sulle nostre vecchie leggende, le vecchie storie che ci raccontavano i nostri nonni che purtroppo pian piano stanno scomparendo. Siamo molto legati alle nostre tradizioni e ci sembrava giusto non far cadere la memoria delle persone che hanno vissuto prima di noi. Stiamo già componendo del nuovo materiale per il nostro prossimo disco , e le tematiche
saranno sempre riguardanti queste affascinanti leggende! Le Dolomiti hanno ancora tante ricordi da raccontare ! Sempre stando al vostro ultimo lavoro, "Belo Dunum" mi ha fatto molto piacere e mi ha colpito il fatto che la Provincia di Belluno vi abbia dato il patrocinio, domanda da un milione di dollari: Vi hanno cercato loro oppure avete proposto voi la cosa? Prova a dare un rimando anche a chi ci sta leggendo, che magari avendo una band ha una possibilità simile alla vostra, come si è svolta la cosa L'idea del patrocinio ci è venuta proprio per il fatto che il disco incentra tutte le tematiche che riguardano il nostro territorio montano, e sarebbe stato molto gratificante per noi avere la possibilità di inserire lo stemma della provincia sul nostro lavoro. Così contattai l’ormai ex presidente della provincia di Belluno Gianpaolo Bottacin , gli proposi l'idea e subito si dimostrò entusiasta anche per la stranezza del connubio tra death metal e tradizioni Dolomitiche! Ha apprezzato la voglia di portare avanti, anche se a modo nostro, le tradizioni della nostra città. La parte burocratica poi di tutto questo è stata opera della nostra amica Valentina, segretaria dell'ex presidente, che tra l’altro ci segue sempre per darci una mano con il merchandise ed è la persona che traduce i nostri testi dall'italiano all'inglese! Per noi questo patrocinio è stata una soddisfazione enorme, un istituzione, la provincia, che riconosce un disco del nostro genere, non so quante volte sia successo ! Su questo fattore patrocinio, vi ha aiutato nella promozione del cd oppure no? E' giusto che si sappia che noi non abbiamo chiesto soldi ma solamente il riconoscimento di avere creato un opera che commemora le nostre montagne e quindi di poter apportare lo stemma araldico provinciale. L'unica cosa materiale che abbiamo chiesto è stata la stampa dei manifesti per la serata di presentazione del disco. A livello di promozione non ci ha portato molto , ma ciò che ci interessava era solo di avere questa enorme gratifica! Mi ha colpito tantissimo la canzone (o meglio le canzoni) sul Vajont (sia per la storia che c'è dietro e le persone che sono morte, sia perché resta un fatto per molti misconosciuto e non capisco coma possa accadere), come è nata la decisione di fare un mini concept all'interno del cd? Qui a Belluno la tragedia del Vajont è una ferita ancora aperta anche dopo tanti anni. 2000 vittime , una tragedia che ha toccato il paese di Longarone spazzato via dall’enorme onda d’acqua che ha scavalcato la diga del Vajont, causata dalla frana del monte Toc, e i paesi di Erto e Casso. Una diga, che per mano di quei bastardi della Sade e di quei figli di puttana del governo dell’epoca, fu costruita avidamente in un luogo molto pericoloso, i vecchi questo lo sapevano e continuavano a ripeterlo, e a rimetterci purtroppo sono state proprio quelle 2000 vittime che ora giacciono in silenzio. Non si può partire dalla città e venire in montagna pensando che si possa fare o costruire come si vuole, neppure se sei un geologo, la montagna bisogna viverla per conoscerla! La nostra trilogia sulla tragedia del Vajont è un omaggio , un onore alla memoria di tutte quelle persone che hanno perso la vita ingiustamente per colpa dell’avidità dell’uomo. "Artiglieria Alpina" altro pezzo interessante (e lo dice un basco nero che è stato artigliere) quanti di voi sono stati degli artiglieri da montagna? Anche questa è una canzone commemorativa , per tutti i nostri Alpini caduti in guerra, loro malgrado, sulle cime Dolomitiche… è stato anche grazie a loro se ora noi siamo qui! A parte me comunque, nessuno degli altri DXT ha fatto l’Alpino. Io ero in forza al secondo reggimento Artiglieria Alpina Vicenza con caserma a Trento. E’ stato un anno davvero fantastico ed è stato un onore portare quel mitico cappello , il cappello da Alpino , che porto ancora orgogliosamente alle meravigliose adunate ! Tutta la mia famiglia è un famiglia di Alpini, da mio bisnonno a mio nonno a mio papà a mio fratello , ho la fortuna di esserlo anche io , un Alpino ! Eri un basco nero ???!! Pioppa (chi ha fatto la naya capirà)!! ahahaha Progetti per il futuro ? Come ti accennavo prima , stiamo componendo nuovo materiale per il prossimo disco e questo ci sta occupando parecchio tempo ma siamo soddisfatti delle nuove creazioni, hanno un qualcosa di antico, di
polveroso, e stiamo già valutando le nuove grafiche! Aspettatevi qualcosa di rocciosamente montanaro ! Siamo sempre alla ricerca di nuove storie , e abbiamo un bel po’ di carne al fuoco. Non so quando entreremo in studio, tutto dipenderà ovviamente da quanto ci impiegheremo a creare i nuovi pezzi. Live a breve? Fino a fine anno non abbiamo niente in programma, qualche proposta ma niente di più. Stiamo invece organizzando per i primi giorni del 2013 una tournè di 10 date che comprenderà stati come Romania, Bulgaria, Serbia, Macedonia .. qualche data è già confermata , altre in via di schedulazione. Due parole sulla scena locale vostra, ovvero disponibilità a collaborazioni tra band e "dimensione" dei locali live? La scena locale secondo me ha perso parecchio. Un tempo esistevano delle band che potevano fare qualcosa, ora invece si contano sulle dita quelle sopravvissute. Evidentemente manca la vera passione e la voglia di sbattersi per la propria musica. Per quel che riguarda i locali qui a Belluno la situazione è disastrosa, non dico altro. La promozione di "Belo Dunum" come l'avete articolata? Il disco è stato spedito sia da noi che dalla nostra etichetta per recensioni, scambi e vendite! Di tasca nostra abbiamo fatto 1500 cd promozionali cartonati contenenti 2 canzoni che distribuivamo ovunque andavamo : concerti , festival etc. … Purtroppo non siamo riusciti a suonare tante date live, aspetto importantissimo della promozione, un po’ perché si fatica a trovare location e occasioni, un po’ per colpa di qualche problema di salute. Cerchiamo di fare il possibile anche via web , altro aspetto importante della promozione. Si lavora tanto e si fatica tanto , ma a noi va bene così ! Siamo a fine intervista quindi spazio libero per dire quello che volete Rinnovo i ringraziamenti a voi di Undergroundzine per lo spazio concessoci ! Restate sintonizzati sulle le prossime Dolomitiche news dei DELIRIUM X TREMENS su www.deliriumxtremens.com oppure sulle nostre pagine di Twitter, Facebook etc., il vento gelido delle montagne continuerà a spirare impetuoso! Invitiamo i lettori ad esplorare il panorama metal italiano che ha delle band davvero interessanti!
Alessandro Schümperlin
RECENSIONI Artista: Kataplexy Titolo Album: Promo 2012 Sito: http://www.facebook.com/Kataplexy2 Voto:70/100 Genere: Brutal Death
La band di Chicago ha avuto, dalla nascita, problematiche di Line up , tanto che dopo il demo del 2008 e dopo il “Mind deterioration” ci sono stati dei cambi e delle sostituzioni; ora con questo EP danno dimostrazione che il cantante nuovo si è amalgamato con il resto del gruppo e che la band ha ancora cartucce da poter sparare. Entriamo quindi nello specifico: Le tre tracce che compongono il prodotto da loro presentato è un concentrato di cattiveria ed un muro sonoro di tutto rispetto. I poco più di dieci minuti passano attraverso il vostro cervello come uno schiacciasassi. La canzone iniziale “A facial detachement” da subito il senso delle intenzioni della band, molto vicine a band del calibro di Cannibal Corpse e non solo. “Consumed for companionship” è ovviamente sulla stessa linea della precedente, quindi blast beat, riff graffianti, growls imperante e stacchi sincopati. Il finale è lasciato a “Improper Disposal” che ci fa ricordare vagamente i Mortician. La produzione e post produzione è fatta in modo perfetto, nessuno sbaffo e nessuna imprecisione. Valida prova per il gruppo Statunitense, speriamo che riescano con questa formazione ad avere stabilità ed a presentare altri lavori per il futuro. Come sempre il voto non è particolarmente alto per l’esigua quantità di canzoni.
Alessandro Schumperlin
Artista: Visioni Gotiche Titolo Album: Cancellata dal tempo Voto: 80/100 Genere: Gothic Dark Sito: http://visioni-gotiche.blogspot.it/ I Visioni Gotiche, oscura band dark con alle spalle quattro dischi e diverse presenze all’interno di colonne sonore per film horror indipendente italiano, pubblica Cancellata dal tempo, album autoprodotto per propria scelta. Faccio abbastanza fatica a definire ed a catalogare in un solo genere la proposta sonora del gruppo, dato che loro riescono, con un buon risultato, ad amalgamare gothic metal, dark wave ed ambient con sprazzi di prog anni settanta. La lineup è composta da Mattia M.(vocals, sampler e keyboards) Roby Tav (vocals, sampler, keyboards e mixer) Tiziana Radis (vocals and text) e Michi Guer (vocals, sampler e guitars). Cancellata dal tempo è un concept dark-fantasy ideato da Roby Tav e riassumendolo si parla di una
serie di eventi ambientati in un ipotetico medioevo, la protagonista è una fanciulla vessata e rapita da un oscuro signore, il classico cattivo da romanzo fine ottocentesco, la ragazza viene imprigionata e torturata in una stanza del castello del tiranno, dove la sua sorte risulterebbe a questo punto determinata. MA da li a “poco” partiranno una serie di colpi di scena, le atmosfere si faranno più oscure e ci si dovrà barcamenare tra riti misterici ed eventi mistici, quasi miracolosi. Salvo alcune scelte che non condivido, per puro gusto personale sia chiaro, devo ammettere che la band non ha fatto alcuna sbavatura per la parte tecnica di questo cd. Tutto è stato curato nei minimi dettagli e in ogni sua sfaccettatura. Le scelte che non condivido ad esempio sono in “Il guerriero Templare” dove la voce sovrasta troppo il resto degli strumenti, ma ripeto non è un errore nel momento in cui la band aveva quell’intenzione. Uno dei vertici di “Cancellata dal tempo” è poi sicuramente “La Sacra Inquisizione” per l’empatia trasmessa tramite l’uso dei canti gregoriani e di un organo chiesastico solenne che modellano un’atmosfera assolutamente fuori dal comune. In buona compagnia di “La sacra Inquisizione” è certamente “La sorte” che porta la band a sonorità più gothic, anche il distico “La Segregazione” e “Rassegnazione” a livello emotivo creano non pochi sentimenti e sensazioni, ma siamo tra l’ambient e il dark wave. Non è da tenere in poca considerazione anche “Cancellata dal tempo” la title track nella quale troviamo le capacità del bravo Andrea Cardellino de “L'Impero delle Ombre”. Per quanto mi riguarda lo zenith di questa opera è “I libri segreti” suono cupo e cantato misto a narrato della cantante crea emozioni e visioni totali. L’album lo consiglio a chi ha piacere ad ascoltare materiale di qualità, cantato in italiano (in questo caso escludendo una canzone che è in inglese), album che crea più di un’emozione e che ha la capacità, come ho scritto sopra, di poter abbracciare più di un genere e non scontentare persino l’ascoltatore più esigente. Il cd lo si può acquistare in formato digitale presso il sito http://www.cdbaby.com/cd/visionigotiche oppure nei maggiori stores on line come iTunes, Amazonmp3 e Googleplay.
Alessandro Schumperlin Gruppo: L’Ondes Titolo Album: Cinesi Genere: Ska /Punk/Rock Voto: 75/100
Sito: http://www.myspace.com/gliondes Tracklist: Tre Sorelle / Birra Yo Te Quiero / Scioglie
(per il mio bene) / Soldi Non Ne Ho / Piccolo Amore / Uno Come Te / Quel Giorno Nuovo / Serenità / Ricordati Di Urlare
Ogni tanto fa bene trovarsi di fronte gruppi che non si prendono troppo sul serio e che hanno la sola, sincera intenzione di divertirsi e divertire. I modenesi L’Ondes rientrano appieno nella categoria. Nati all’alba del 2009 dalle ceneri di un’altra esperienza musicale pluridecennale, La Dolceuchessina, i nostri sono composti da otto elementi e propongono uno ska punk scanzonato, irriverente e senza troppe pretese. Cinesi, inciso nel 2011, contiene nove tracce ballabili, accattivanti e con contenuti tra il divertente, il satirico e il demenziale. Non aspettatevi dunque nulla di nuovo sotto il sole: gli Ondes sono in prima istanza un gruppo che suona per passione,
non pretende di dire qualcosa di nuovo o di avere diritto a uno spazio particolare sulla scena underground. Il fine, come detto, è divertirsi e divertire anche quando si sperimentano improbabili connubi musicali come nel caso di Scioglie (per il mio bene), il cui riff introduttivo rammenta un marcio incontro tra hardcore e metal. Ma del tutto schizzata e imprevedibile nel suo sviluppo è la cover di Piccolo Amore dei Ricchi e Poveri, che dallo ska più liscio che si possa concepire evolve progressivamente nel punk rock/hardcore più intransigente quando meno te l’aspetteresti. Pregevole anche uno dei momenti più meditati e groovy dell’EP, Ricordati Di Urlare, dove il demenziale si fa satira amara della società. Cinesi è un lavoro schietto, restituisce un immagine fedele di un gruppo di amici che si diverte a suonare in sala e sul palco. Certo se dovessimo essere critici al 100% dovremmo cassare gli Ondes come l’ennesima band della propria risma, ma la sincerità del lavoro, l’allegria e la spensieratezza che trasuda sono oramai qualità che si trovano sempre di meno in una scena di arrivisti tesi a farsi vedere il più possibile. E allora non c’è troppo da aggiungere sul lavoro degli Ondes, lo consiglio caldamente a chiunque abbia sinceramente voglia di ascoltare buona musica (perché è suonato peraltro bene) facendosi magari nel mentre qualche risata. Perché c’è bisogno anche di buon umore nella musica. Se poi avete modo di passare dalle loro parti mentre hanno date in programma credo che non dobbiate perderli: posso solo immaginare che situazioni possano crearsi durante le loro esibizioni!
doc. NEMO
Gruppo: Silence Oath Titolo Album: Beneath A Bleeding Sky Genere Symphonic Black Metal Voto: 67/100 Sito: https://www.facebook.com/silenceoath?fref=ts
Partiamo precisando che Silence Oath è una one man band veronese, nata nel 2007 per mano del già allora chitarrista e cantante dei Soul Guardian, Filippo. Tutti i pezzi e gli strumenti sono suonati da lui, ad eccezione di batteria(drum machine) ed archi, impostati da un programma (quale sia non so dirlo). Il genere proposto è un symphonic black metal abbastanza evidente, caratterizzato da parti lente in voce pulita, da archi onnipresenti e da batterie veloci e blast martellanti. Tecnicamente parlando non c'è male, sia pure per qualche errore molto poco evidente di tempistica e qualche sbavatura negli assoli (che sono sporchi, ma è black metal dopo tutto). Per quanto riguarda la parte compositiva invece ci sono più punti da tenere in considerazione: 1- L'innovazione stilistica. E' molto scarna, e purtroppo questa è una cosa fondamentale per uscire dal primo guscio musicale. Ascoltando quest'album si ritrovano tratti caratteristici di più o meno tutto il panorama black sinfonico degli anni 90, con qualche uscita leggermente più melodica (per via probabilmente dell'influelza power di Filippo), ma che si intravede solo timidamente. 2- La scelta dei suoni. Per quanto riguarda le chitarre effetti ed equalizzazione sono abbastanza azzeccati, e qui tutto bene perchè, anche se la distorsione è un po' digitale, non è per niente male. Il basso è molto di sfondo, ma anche qui l'obbiettivo è più o meno raggiunto. Per quanto riguarda gli archi e la batteria invece il discorso è diverso; la batteria è molto, troppo drum machine, i suoni sono quasi "plasticosi", ma essendo la batterie leggermente di sfondo non ci si fa troppo caso. Gli archi ed i cori invece sono molto scollegati, la scelta del set è davvero bruttini.
Sopratutto nelle parti in cui si sovrappongono, ci si poteva lavorare un po' di più per cercare di renderli più espressivi, o perlomeno più realistici. La voce non è male, sia in pulito che in scream e growl. C'è un bel miglioramento dai titoli precedenti, ma come per tutto il resto si può comunque portare ad un livello più alto! Nel complesso le basi ci sono tutte, le idee si possono migliorare, ma è un discreto titolo, sopratutto al livello underground black metal italiano. Andando più nel personale ho apprezzato molto gli intermezzi di Beyond the shadows of the wind, con la parte centrale abbastanza Prog e con quel bell'assolino molto "drammatico". Aspettiamo il prossimo release, prima d'allora consiglio ai lettori l'ascolto di Beneath a Bleeding Sky! tracklist: 1- The rite intro 2- Uninvited presence 3- I am the legion 4- Forgotten graves 5- Queen of the dark secrets 6- The circle 7- A cursed omen interlude 8- Beneath a bleeding sky 9- Beyond the shadows of the wind
Sunti
Gruppo: Il Giardino del Mago Titolo album: Il giardino del mago Genere: Progressive Rock Voto:70/100 Sito: http://www.facebook.com/giardinodelmago Tracklist: Jeff il Mercante di Schiavi / In Equilibrio / Persi in un Mare di
Stelle / Come se non ci Fosse un Domani Links: Tra le stagioni più fiorenti e più apprezzate del rock nostrano vi è di sicuro quella del progressive rock. Capeggiata da mostri sacri come la Premiata Forneria Marconi (P.F.M. per i profani), il Banco del Mutuo Soccorso, gli Area e così via, si è trattato di un momento considerevole e seminale sia a livello quantitativo che qualitativo. Il Giardino del Mago è una band giovanissima, figlia di un progetto portato avanti dai fondatori Danilo Sesti e Daniele Vento a partire dall’estate 2011. Nel gennaio dell’anno successivo viene completata la line-up e a luglio viene registrata la prima demo presso i Lupo Records Vintage Studios di Lucca. Il nome stesso dei nostri è un chiaro riferimento ai loro ispiratori principali, il Banco del Mutuo Soccorso di cui sopra, e lo stesso contenuto della demo è zeppo di riferimenti a quella precisa stagione musicale. Quattro tracce, di cui una strumentale ( In
Equilibrio), che ci proiettano in un mondo fantasioso e fiabesco che è adeguatamente reso dagli arrangiamenti studiati da Il Giardino del Mago. Forti di una sessione ritmica fitta, ma fortunatamente non troppo cervellotica, i nostri restituiscono pezzi agili all’ascolto anche se impreziositi dai diversi cambi di tempo e di atmosfere, e dalle gemme solistiche delle tastiere, del pianoforte e della chitarra. Voce narrante di questa magica evasione è il vocalist Micheli, dotato di una voce carezzevole e profonda che, pur non raggiungendo mai picchi di sorta, si assesta come una presenza tutt’altro che secondaria e determinante per tinteggiare i diversi passaggi proposti da Il Giardino del Mago. Se si dovesse indicare un pezzo che più di tutti emerge a livello tecnico-compositivo e a livello di atmosfere, ritengo che questo debba essere la conclusiva Come se non ci Fosse un Domani: sognante, dolce, eppure decisa e ficcante dove serve, la traccia finale restituisce un quadro non univoco ma abbastanza
fedele dei nostri. Pregevole il refrain che nella sua immediata semplicità sarà capace di imprimersi nella mente dei più inclini verso questo sound. La prima prova de Il Giardino del Mago appare ben calibrata e promette di essere un importante primo passo. Ovvio che sole quattro tracce sono poche per dare un giudizio più profondo e completo della band, resteremo dunque in attesa di ulteriori sviluppi. L’unica nota di demerito di un così buon esordio è l’ancora troppo marcata dipendenza dei nostri dalle proprie influenze. Cosa normale per un gruppo che ha da poco trovato la sua stabilità e che sta ancora ricercando la propria reale dimensione. Mi sento di segnalare solo questo neo perché, per quanto vi siano ancora angoli da smussare, il lavoro dei nostri si presenta nella giusta veste e nelle giuste intenzioni: è una semplice base da cui partire, un prodotto per iniziare a farsi conoscere, non ambisce a essere una testimonianza definitiva delle possibilità del gruppo (cosa che ogni demo, in fondo, è). Quindi consiglio vivamente di tener d’occhio l’evoluzione di questi ragazzi, certo che avranno ancora tanto da offrire.
doc. NEMO Gruppo: In Her Eye Titolo Album: Anywhere out of the World Genere: Alternativo / Indie / Shoegaze Voto: 60/100 Sito: http://www.myspace.com/innereyetheband Tracklist: ‘Cause You’re Back / Anywhere Out Of The World / See
What Is Real / Ready For The Sun / Dirty Cat / Innermost Lighthouse / We’re All Alone / It’s Not A Game To Fall / In Her Eye / Another Modern Man / Stars In Your Hands / Flying Away
Capita spesso che un esperimento condotto con serietà e tutte le migliori intenzioni possa, almeno inizialmente, non risultare del tutto convincente. I milanesi In Her Eye, attivi dal 2007, nascono dall’incontro di tre musicisti navigati e con alle spalle una lunga attività, il tutto già lascia ben presagire. Anywhere Out Of The World, il loro primo full-lenght, arriva nel 2011 per la Nomadism Records dopo un lungo periodo di lavoro e composizione. Il sound proposto dal trio incontra le atmosfere dark/new wave anni ’80 con i primi vagiti di indie rock (quello vero, non il revivalismo brit tanto in voga nei tempi più recenti) e noise. Un incontro bisogna dire riuscito bene: l’intero disco è un fluire di suggestioni eteree che ben s’incontrano anche coi momenti più decisi e integralmente rock. L’esperienza di Anywhere Out Of The World è una sorta di viaggio stonato, ma abbastanza lucido, attraverso esperienze e situazioni che rimandano appunto alla volontà di uscire dal globo, dagli standard di vita proposti, dalle false mete propinate al mondo cosiddetto civilizzato, dalle relazioni più superficiali. Il lavoro degli In Her Eye è in effetti, per saccheggiare la loro stessa auto definizione, caleidoscopico in quanto attraversa tutto questo come un flusso perpetuo di coscienza passando tra diverse storie e immagini. Evocativamente parlando il disco restituisce bene questa atmosfera, il messaggio passa e gli arrangiamenti musicali sono il mezzo di trasporto ideale per compiere questo viaggio. Il problema di questo lavoro è però, a mio avviso, quello di non riuscire fino in fondo a imprimere qualcosa nell’ascoltatore. Nel senso che le sensazioni tanto ben comunicate di cui sopra rischiano di non rimanere nella mente di chi fruisce una volta terminato l’ascolto. Almeno personalmente sono riuscito a godere del disco solo durante l’ascolto, mentre al termine mancava anche solo un refrain, un riff o qualcos’altro del genere che mi si fosse piantato dentro. Successivi ascolti non hanno modificato questa situazione e sono portato a ritenere che, per qualsivoglia band, il fine ultimo dovrebbe essere quello di far penetrare qualcosa in chi ascolta. Se ciò non riesce, vuol dire che c’è qualcosa che non va solo che, devo ammetterlo, non saprei proprio indicare dove sia il neo degli In Her Eye: sul momento tutto funziona, solo al termine dell’ascolto tutto tende a svanire. L’unica cosa che mi sento pertanto di dire è che i nostri debbano affilare un po’ di più le proprie armi in modo da incidere di più su chi ascolta. Senza dubbio chi apprezza l’incontro tra musica alternative e indipendente con le magiche atmosfere new/wave di vecchia data troverà pregevole il lavoro del trio milanese, questo è già un biglietto da visita non da poco per gli In Her Eye. Ma se il loro fine è trovare apprezzamenti anche al di là degli estimatori del genere, credo chi ci siano ancora degli scalini da oltrepassare.
doc. NEMO
Gruppo: The True Endless Titolo Album: In The Swamp Genere: Black Metal Voto: 80/100 Sito:http://www.myspace.com/thetruendless
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Siamo arrivati quindi al decimo release dei The true endeless piccola grande band con tredici anni di militanza black metal sulle spalle. Omaggio a uno dei piu grandi scrittori horror novecenteschi H.P. Lovecraft, i tre pezzi di “in the swamp” si affermano sui nostri sterei con ferocia ,sangue e una elevata dose di malinconia e mistero. La prima traccia è “Under The Horned Waning Moon” che parte lenta e dilaniante fino a sfociare nei potenti e sanguinari blast beat di un feroce mayhem dietro le pelli ma ritroviamo anche episodi più malinconici in pieno stile immortal e perché no...un buon burzum dei tempi di aske . Ma sono le chitarre fredde e cupe di "The Mission (The Tragedy)" a risaltare in questo piccolo capolavoro, un pezzo suggestivo e malinconico dove le urla strazianti di M avvolgono di veleno l'ascoltatore in un alone nero e sinistro dove morte e vita perdono di significato e il dolore è l'unico dio. A chiudere questo mini cd è la title track forse la piu rappresentativa nell'intento di omaggiare l'immaginario immenso e sinistro di lovcraft, tralasciando lievemente la scia black dei due pezzi precedenti per cimentarsi in riff doom forse fin troppo semplici..ma sicuramente d'impatto. Davvero un ottimo macabro lavoro , pieno di mistero e malinconia come vuole la tradizione lovecraftiana. L'unica pecca forse...è l'originalità , manca un elemento che faccia si che il sound prodotto dalla band sia ben riconoscibile..ma è innegabile che questo sia vero e crudelissimo black metal nostrano
Giacomo Lampredi Gruppo: Blessed Dead Titolo Album: Sick Human Essence Genere: Death metal Voto:63/100 Sito: https://www.facebook.com/pages/BlessedDead/273006092129
I Blessed Dead sono una band proveniente da Brescia e formatasi nel 2009; alle spalle hanno un demo “Secret of Resurrection” e l’ep che oggi andremo a scandagliare che porta il titolo “Sick Human Essence”. Come si può desumere da copertina e moniker siamo di fronte ad un Death Metal molto pesante, quasi al limite con il brutal, con ovviamente riff mastodontici accompagnati da growls immancabili, assoli al vetriolo e ed una sezione ritmica pesante come una palla da demolizione. Il tutto però senza idee concrete risulterebbe poco più che “violenza fine a se stessa”, ma il gruppo ha anche belle idee, mettendo tutto in un’esecuzione più che discreta. Purtroppo però le belle idee da composizione, non sono state seguite da buone idee in fase di mixaggio e post produzione Dico questo perché una delle prime cose, negative, salta all’orecchio è la scelta (non so quanto volontaria, ma lo spero vivamente per la band)) di una produzione molto più da demo che non da prodotto di qualità superiore. Ripeto spero vivamente che questa sia una scelta voluta, se così fosse in questo frangente non ha sortito un buon biglietto da visita. Poi ammetto che magari un filino meno di ultra pulizia in ambito death potrebbe svuotare la passione e il groove, ma gli eccessi sono deleteri in entrambe i casi, nella troppa tecnologia e nella troppa poca, visto che siamo a fine 2012. Come spesso accade, con solo poche tracce mi devo limitare con il voto e con le valutazioni complessive, sia nel bene che nel male, perché da un lato ho poco materiale e dall’altro potrebbe essere anche il “poker d’assi” della band. Certo i presupposti messi con questi quattro pezzi fanno sperare bene per il futuro, ma esorto comunque i
Blessed Death a curare leggermente alcune saturazioni che troppo spesso escono dalle casse ed entrano nelle orecchie dell’ascoltatore.. Devo dire che le due canzoni che mi hanno colpito sono: “Evocation From The Unconscious Void” e “palace of rupture”. A conclusione di recensione doppio consiglio, il primo alla band:” fate un paio di ore in più in sala di incisione per il mixaggio e la post produzione, è per li vostro bene un filo in più di cura per poter far uscire meglio i vostri pezzi senza snaturarli”, il secondo a chi legge :” SUPPORTATE LA MUSICA ITALIANA, non mi stancherò mai di scriverlo e di dirlo” Non lo fate per fare un favore a me, ma a voi stessi, abbiamo delle eccellenze qui in Italia, non vedo perché doversi appoggiare a realtà, a volte troppo artefatte, estere. Insomma possiamo promuoverli, ma attendiamo un album completo, per ora comunque meritano il vostro interesse.
Alessandro Schümperlin
Gruppo: Death Agony Titolo Album: Carcinogenic memories Genere: Death metal Voto: 80/100 Sito: http://www.facebook.com/pages/DEATHAGONY/126576403494 I Death agony sono una band francese che nasce nell’estate del 2005 ed ha dalla sau due uscite con due demo e la partecipazione a due compilation, prima di presentare questo che è il loro primo album completo. Oltre alla loro realtà da studio hanno dei “galloni” non indifferenti per quello che riguarda le collaborazioni live, loro hanno aperto per band del calibro di: Bliss of Death, Disgorge, Grimness69 , Destinity, Darkane Pandemia, Debauchery, Gronibard, Fleshless e Master. Ma andiamo oltre, siamo qui per recensire “Carcinogenic memories” uscito da poco più di un mese, album di death metal old school alla six feet under e mortican, con una spruzzatina qua e la di black (ma di questo solo alcune risoluzioni in ambito di arrangiamenti nulla di più). Questo primo album della band è molto promettente, da dei buoni spunti di riflessione su come si possa fare death metal senza stranezze di sorta e restando fedeli al genere, ma dando una personale interpretazione e sapendo declinare ciò che i “padri” hanno già fatto e lasciato ai posteri come base di partenza. Inoltre a differenza di altre situazioni i Death agony sono stati in grado di dare al pubblico un lavoro, professionale e pulito (a livello di post produzione) senza risultare a settici o impersonali. Il lavoro che esce dalle loro mani è un combo di nove pezzi molto pesante, ricolmo di blastbeat e di una sessione ritmica nel complesso molto capace e di gran qualità; inoltre ci sono dei riff al fulmicotone ed un growls invasivo, emotivamente parlando, che mette la malia nell’ascoltatore. Il tutto è infarcito da assoli alla Slayer e dei midtempo alla six feet under (nominati poco sopra) Andando a cercare le punte di diamante di questo cd direi senza dubbio: “Strange silence of the wounded soul”, “Taste of poison”, “This rotting flesh”, “Humiliated” e “Eternal life”. Di certo questi saranno mattoni importanti per creare il prossimo loro lavoro. Unica pecca è il fatto che ad un genere come il death metal si è detto tutto; non abbiamo un’innovazione assurda o uno stravolgimento con questo album, abbiamo una band che fa bene death metal e che ha, come ho detto prima, saputo declinare il verbo dei padri del death metal ma non possiamo inneggiare “la miracolo”.
Ecco le ragioni principali percui come votazione avranno un semplice 80 su 100.
A chiusura auspico che la band non perda l’appeal, li groove e il feeling che ha dimostrato di avere con “Carcinogenic memories” ma semmai di accrescerlo; se così fosse sono certo che ne sentiremo ancora su di loro e di certo in bene.
Alessandro Schümperlin
Gruppo: Gloryhole Murder Titolo Album: Genere: Alternative Metal Voto: 75/100 Sito: http://www.facebook.com/ghmitaly
i gloryhole murder? Uno dei pochi gruppi a portare avanti il difficile compito di far trapelare nel nostro paese quella matrice di natura americana che tanto echeggia . Perchè si, le influenze ci sono e sono marcate , qui stiamo parlando di riffing irrequieto che richiama papa roach , alter bridge e sopratutto stone sour tutto con uno strano e mai fuori luogo sapore di vintage e tutto con una spruzzata di glam moderno alla hardcore superstar. Con il loro omonimo album datato 2011 ci fanno sentire 8 pezzi travolgenti per sbatterci in faccia la loro padronanza nel genere proposto. Il prodotto è convincente e scorrevole, spicca fra tutte l'opening “blood on me” dove è chiaro lo spirito cazzuto della band. Ottima prova anche “31spring” che non sfigurerebbe affatto in un disco degli alter bridge...ed infatti se da una parte è un'affermazione lodevole dall'altra è una sincera costatazione che spero venga presa come incitazione dalla band per aggiungere maggiore originalità nei loro brani futuri. Parlando di qualità audio della registrazione siamo su buoni livelli , specialmente per quanto riguarda basso e batteria. Il lavoro è molto buono e fornisce il primo episodio di quello che spero sarà un grande curriculum, questi ragazzi ci sanno fare e troveranno sicuramente la loro strada fatta sonorità spavalde e cazzute. Quindi..se quando siete in bagno vi si apre un buco in bagno, non pensate subito al peggio...sono i gloryhole murder che vogliono farvi toccare con mano la loro attitudine.
Giacomo Lampredi
Gruppo: Sublevels Titolo Album: Eo Abyssvs occvltvs Genere: Ddeathcore Voto: 65/100 Sito: http://www.sublevels.com.ar Eo Abyssvs Occvltvs è il primo lavoro dei Sublevels, band argentina, ed è un album di Deathcore, poco ma sicuro. In questo full-length abbiamo tutti i crismi e gli stilemi del genere, a partire dalle voci per finire con arrangiamenti e sonorità. Possiamo dire però che il gruppo prova ad inserire altre influenze esterne al genere e provano a rifarsi in alcuni frangenti a nomi quali Suicide Silence, Lamb Of God e Meshuggah. Diciamo che questa scelta permette, almeno in parte, di avere un prodotto non completamente monotono e scontato, però c’è da ammettere che certe “brutte abitudini”del Deathcore non vengono fatte sparire,infatti abbiamo soventi breakdown, a rovinare il tutto, ad appiattire parte delle composizioni e rendendole, a lungo termine, un filinino banalotte e rendendo, specie nelle prime tracce, la composizione troppo statica, prevedibile e rallentata. Per fortuna, dopo la sua prima parte un po' noiosa, l'album prende quota e si stacca dal “suolo”, aggiungendo a quegli stop prima fin troppo presenti riff di vario tipo ed aggiungendo delle polifonie alla Meshuggah . A livello di singolo “strumento” ripeto, mi sono trovato poco convinto delle pelli (troppi breackdown messi QUASI a caso). Il basso si prodiga molto bene e non è, come spesso accade, una propaggine della batteria, ha una sua dimensione ben definita e chiara; interessante è inoltre il growl bello possente e grezzo, intervallato da qualche sprazzo in screming acuto e disturbante.Le chitarre applicano un songwritting corposo e deciso, senza molte particolari punte. Fanno di fatto bene il loro lavoro, ma magari un paio di idee nuove o di contaminazioni in più avrebbero potuto fare la differenza. Aggiungo inoltre che nella titletrack si sente maggiormente il meltin’pot di generi che la band ha voluto plasmare, con progressioni frequenti, slapping e breakdown da scapoccio o meglio ancora da pogo. Per quello che riguarda la parte emotiva del cd, oltre alla titletrack, ci sarebbero “The dynamics of obsolescence”, “Emissary of Horror” e “Neurphagos” forse un pochino poche per un dodici tracce.
In ambito puramente tecnico nulla da eccepire per le registrazioni, produzioni e post produzioni. Tutto fatto al 1000%, nessuno strumento sovrasta l’altro in modo, tutto è udibile in modo ottimale e basta tendere l’orecchio a quello o questo strumento per poterlo sentire a pieno. In chiusura mi aspettavo di più, lo ammetto, ma per questo non vuol dire che sia un lavoro da snobbare, forse è più per il fans del genere. Troppo settoriale.
Alessandro Schümperlin
Gruppo: Absvrdist Titolo Album: Illusory Genere: Grindcore Voto: 75/100 Sito: absvrdist.bandcamp.com
La band americana, o meglio il duo americano, si presenta con questo primo lavoro da ben 15 tracce per meno di 26 minuti. Ammetto che loro si presentano come Blackened grindcore, ma direi che dal mio punto di vista abbiamo semplicemente un album di grindcore puro, di blackmetal non ci trovo nulla. Se vogliamo al massimo ci sento delle contaminazioni Crust (se vogliamo usare uno dei termini che vanno di moda in questo periodo) ma non vado oltre… Comunque sia, sono rimasto colpito dalla loro voglia di addentrarsi in recessi della musica estrema che, ultimamente, non ha dato grande soddisfazione a livello di seguito di pubblico. Quindi già solo per questo va premiata la passione con cui fanno musica. Come se non bastasse sono genuini fino in fondo, quindi le quindici tracce hanno al loro interno del growl VERO e non effettato o sintetizzato, come sovente accade in questo periodo con alcune band estreme. Distorsioni caustiche per le strumentazioni, ma mai al limite oltre la saturazione, quindi il tutto ha una sua capacità di intelligibilità auditiva ed emotiva molto intensa. Inoltre come se non bastasse ad estro artistico ci aggiungono altro materiale anticonformista, chitarre acustiche in un paio di pezzi, cosa che spiazza in un album di grindcore. Poi abbiamo persino dei pezzi rallentati quali “Brood” e ammetto che la serie di “atti” che spiazzano l’ascoltatore non sono limitati a questi 3 casi, ma vi invito ad addentrarvi nella fossa che il duo ha creato per tutti, anche perché non saprete “quanto è profonda la tana del bianconiglio” almeno fino a che resterete sul ciglio del precipizio. Se vi butterete nelle 15 tracce potrete scoprire quali altre curiosità la band ha preparato e quali altri spunti dai “mostri sacri” hanno preso e quali sono stati i punti di incontro con altri generi. Anche se fanno grindcore, non hanno lasciato al caso le registrazioni, curate il quanto che basta per risultare a tutti gli effetti prodotto professionale. Album molto interessante e con delle possibilità di riascolto alto. Consigliassimo non solo agli appassionati del genere, ma anche a chi è abbastanza openmind
Alessandro Schümperlin
Gruppo: Big Dix Titolo Album: Joanna e the Devil Genere: Hard rock Voto: 80/100 Sito: www.bigdixrock.com I Big Dix solcano le nostre pagine a quasi un anno di distanza con questo nuovo lavoro dal titolo" Joanna e the Devil " la band di Lodi ( area con una eccellente scena musicale a quanto vedo e sento ) si ripresenta in grande lustro e con un imponente salto di qualità e professionalità rispetto al lavoro precedente (Che potrete trovare recensito dal sottoscritto qui: http://www.undergroundzine.com/5/post/2011/11/bigdix-kiss-my-aces.html)
Le 11 tracce di questo lavoro, per la precisione 10 più una bonus track, ci offrono una band migliorata sotto ogni aspetto, dal compositivo alle parti di arrangiamento passando alla post produzione, il loro sforzo per andare oltre è stato ripagato. C’è l’affermazione di Matteo Indini alla voce, novità rispetto a “Kiss my ace”, devo dire che la cosa ha reso ancor di più intrigante quello che viene presentato dalla band. Come dicevo poco fa oltre alla voce c’è anche la parte compositiva che è più catchy rispetto al precendete lavoro (questo non per sminuire il loro primo lavoro, ma hanno oggettivamente fatto un salto di qualità che fa sottolineato e premiato). Troviamo quindi canzoni più tipicamente rock and roll classico passando per ottime ballate in perfetto american style e che vede la preziosa collaborazione di numerosi artisti del panorama rock blues italiano tra cui Mario Percudani, grande chitarrista e affermato session man. Come scrivevo poco fa, il gruppo ha fatto tesoro del passato ed ha proposto le nuove sonorità, dei nuovi arrangiamenti e delle superbe risoluzioni sonore. Questo sta a significare che il gruppo ha pensato sia alla composizione che alla post produzione del cd, con tutto ciò che ci sta nel mezzo ovviamente. Andando invece sul “semplice” frangente emozionale direi che ci sono parecchie canzoni che meritano una menzione : La opener “you make me crazy”, la loro versione di “Burning Love” è molto intrigante, altra punta di diamante di questo album è “Cotton field”, quindi direi anche “So hot” e “The black man”, oltre che a “Psychedelic blues” e “Belive” Devo però fare una critica, unica che trovo all’interno di questo loro lavoro, all’artwork, come dico sovente, c’è da considerare si la musica predominante per un musicista, ma la copertina del cd è altrettanto importante! Devo dire che la copertina si è di effetto e carina, in linea con il titolo de cd, ma forse un pelino troppo semplice rispetto a quello che mi sarei aspettato. Anche questa volta vi esorto ad acquistare e supportare la band che lo merita e che vi permetterà, con la loro musica, di poter fare un lungo viaggio in autostrada permettendovi di far scorrere i chilometri senza sentir stanchezza ed assaporando un po’ di sonorità americane provenienti dalla vicina Lodi.
Alessandro Schumperlin
Gruppo: Cardiac Titolo Album: Contro L’Astuta Sublime Mancanza di Verità Genere: Post Punk /alternativo Voto: 68/100 Sito: http://www.myspace.com/cardiaclan Tracklist: Vitriol / Tre Ore Come Lei / Dell’Acqua / Madre / Hildegard L’EP autoprodotto dei veronesi Cardiac si potrebbe descrivere come un epigramma: poetico, breve, funereo e ficcante. Del gruppo sappiamo poco, persino online le informazioni circa il proprio curriculum sono abbastanza scarne nonché ermetiche. Probabilmente per permettere a chi si approccia all’ascolto di concentrarsi su ciò che conta (la musica) piuttosto che su informazioni superficiali o comunque di minor rilievo. Inutile anche soffermarsi a rintracciare le principali influenze del quartetto, che peraltro ne indica talmente tante da far risultare in fondo privo di senso lo stesso ricercarle.
Contro L’Astuta Sublime Mancanza Di Verità si colloca a metà strada tra un prodotto musicale e una performance artistica: vi troverete senza dubbio impressioni del postpunk e della dark/new wave anni ’80, così come atmosfere progressive e sperimentali, ma vi troverete anche declamazioni (più che canzoni e/o testi) poetiche di impronta decadente, romantica e gotica/preromantica. Le tinte che assume l’intero lavoro sono decisamente oscure e non concedono troppi punti di riferimento al fruitore, che è così proiettato in un vortice tetro e tendenzialmente infinito di emozioni e sensazioni restituite anche dal lavoro strumentale oltre che dalla voce. Un viaggio che pare piuttosto una catabasi, una discesa negli inferi più personali e intimi dell’ego. Il ruolo di protagonista e di declamatrice spetta comunque alla voce di Betty, calda e suadente quanto inquietante e psichedelica. È soprattutto lei che ci fa da guida tra storie apparentemente disconnesse e tra loro non univoche, è lei il trait
d’union principale; se si astrae dal fatto che il lavoro è registrato in modo tale che ogni pezzo sfoci nell’altro, dando l’impressione di un tutt’uno continuo e fluente. Contro L’Astuta Sublime Mancanza Di Verità non sarà forse innovativo, avanguardista o in qualche modo pionieristico, nondimeno è un bell’esempio di come anche certo rock
possa ambire a creare quella che a inizio ‘900 diveniva l’ossessione di gran parte degli artisti: l’opera d’arte totale, capace di riunire al suo interno diverse componenti creative in un contesto unitario. I Cardiac ci restituiscono un lavoro che in realtà pare prestarsi poco bene per apprezzarne appieno il progetto, certamente si tratta di un gruppo che si può e si deve valutare adeguatamente soprattutto in sede live, magari attraverso show teatrali che riuniscono musica, performance poetica e installazioni/proiezioni di immagini. Ciò non toglie che anche un lavoro in studio così concepito abbia la sua bontà, ma resto comunque dell’idea che certi gruppi siano “sprecati” (in senso buono) nella mera registrazione e richiedano un tipo di prodotto diverso (magari un dvd video, o qualcosa del genere).
doc. NEMO
Artista: Exterminas Titolo Album: Seventh Demonical Hierarchy Genere: Black metal Voto: 80/100 Sito: https://www.facebook.com/Exterminas Per molti giovani musicisti, porte dell'inferno si aprirono dopo le parole pronunciate da “antichi” pilastri Norenni. Questo portò a vedere miriadi di cloni di soggetti quali Euronymous, Satyr, Burzum (il primissimo ovviamente) o Fenriz; ma non tutti ne sono stati capaci di dimostrarsi all’altezza e a creare lo stesso feeling a molti anni di distanza. I Veneti Exterminas sono tra i pochi che possono vantare di esser riusciti a prendere le radici di cui sopra ed a declinare la nera fiamma del black metal che spuntò negli ormai lontani anni 90. Che sia chiaro da subito che loro riescono a dare un tocco davvero personale ad una musica copiata mille volte, quindi sono tutto fuorché banali o gà sentiti. Sono quindi a sottolineare ancor di più che la band propone SI un black metal classico molto old style, ma questo non vuol dire che sia suonato in modo grezzo e approssimativo, come spesso accade Abbiamo da ammettere fin dall'inizio che “Seventh Demonical Hierarchy” non è minimamente un point break dell’ortodossia black metal in particolare su come sono strutturate le canzoni, ha comunque u8na serie importante di qualità da dover chiarire e spiegare, a molti, che millantano di essere altrettanto blackster ed altrettanto artisti. In primo luogo, ho notato un ottimo sforzo di fare canzoni del tutto proprie con un’anima, (nera?!) propria senza minimamente fotocopiare il già visto e il già sentito. All’ascoltatore viene offerto un quantitativo di canzoni massicce e devastanti da lasciare di sasso; le canzoni sono intrise di di riff taglienti, in particolare su “Hymn to war” e in “Flames upon ashes”. Interessante è la capacità del gruppo di poter cambiar registro senza snaturare la base di partenza, “The Demigod”, è altra canzone che sprigiona al 100% le capacità emotive e compositive del gruppo, e la title track sono veloci e ritmiche allo stesso tempo. Per quanto riguarda l'atmosfera generale emotiva, assomigliano certamente Darkthrone primi periodi, ma, come ho già scritto, senza il suono particolarmente grezzo. Il gruppo opta, qui ragionando in ambito tecnico, invece per una miscela secca di qualità e nitidezza del suono mixato all’attitudine più oscura e primordiale del genere. Quindi la cura del suono della post produzione, del mixaggio in favore di un audience più ampio e non solo i trueblackster innamorati del lo-fi suond. Il primo full cd è, per ogni band, un evento importantissimo e che a volte rischia di far finire nell’oblio la band. Gli Exterminas però fanno centro a mio avviso e riescono a presentarsi al pubblico tutto in modo assolutamente impeccabile e professionale. Il gruppo con questo “Seventh Demonical Hierarchy” dimostrano capacità, ortodossia e passione oltre ogni limite e dimostrano ancora una volta che il metal estremo lo possiamo trovare qui e non dover per forza valicare le alpi per trovarne di qualità.
Alessandro Schumperlin
Gruppo: Avenue X Titolo Album: Avenue X Genere: Punk Rock Voto: 90/100 Sito: https://www.facebook.com/pages/Avenue-X/263050057083520 Etichetta: Nightlife Productions Secondo voi cosa può accadere se una giovanissima promessa talentuosa musicale, e cinematografica, incontra un paracadutista acrobatico con la passione per il punk e un mostro sacro come Marky Ramone? Beh che nascono gli Avenue X, semplice! Il gruppo ora non ha più Marky alla batteria, va ammesso, il Ramone ancora in vita ha suonato per il loro minicd d’esordio, offrendosi lui dopo aver sentito cosa Dionna Lennon, ora Dionna Dal Monte, aveva composto. Comunque andiamo a ragionare sul nuovo lavoro uscito da pochi giorni ed in rotazione su Virgin Radio.Il trio presenta un mix intenso ed inossidabile di brani che spaziano dal blues di “Crazy”, “Come home” e “I’m sorry”, passando per un grunge d’annata di “You are nothing”, “Tonight” e “Never trust a junky”, passando per una spensieratezza tipica del punk rock con “Aliens” o “The devils wall” concludendo con del poderoso e devastante psychobilly di “Fourtwenty 24-7”. Il cd sprigiona energia, passione e tecnica in ogni suo secondo, non sono stato in grado di trovare un errore o poter muovere una critica a questo cd. Sia in ambito tecnico, trovo tutto perfetto, che in ambito emotivo ed emozionale. La voce altalena a tonalità graffianti simili a quelle della cantante degli Hole, Courtney Love per chi non sa chi sia (e scrivo GLI hole e non LE hole, perché a tutt’oggi c’è un maschietto nella band), a vocalizzi più morbidi e dolci che mi ricordano Edi Brickell. Tutte le canzoni hanno un filo conduttore anche senza essere un concept album. Personalmente trovo intrigante e stupendo il fatto di trovarmi tra le mani un prodotto d’esordio di così alta qualità e senza il minimo sbaffo. Per trovare delle punte massime su un cd con un così alto standard mi è difficile, ma volendoci provare a fare un’impresa così ardua direi che le mie preferite sono “Aliens”, “You're nothing”, “You gotta go”, “You mean everything to me” e “Fourtwenty 24-7”, ma torno a ripetere tutto l’album mi è piaciuto tantissimo. Da segnalare anche le collaborazioni per questo album che sono di tutto rispetto e a differenza del solito sono “nostrani” e non special guest che provengono da altri paesi ed abbiamo Jack Garufi come tecnico per l’incisione delle 12 tracce dell'album. Inoltre abbiamo STEVE SYLVESTER dei DEATH SS e MR. LUCKYLUCIANO dei THE GOOD FELLAS. A chiusura di questa mia recensione, auguro un raggiante futuro per la band, un’esortazione a supportarli ed a seguirli il più possibile. Acquisto straconsigliato.
Alessandro Schumperlin
Gruppo: Fallen Fucking Angels Titolo Album: Italain Restaurant Genere: Heavy Metal Voto: 75/100 Sito:www.facebook.com/pages/FFA-Speed-Metal-Barbeque/218385094923223 Etichetta: Noisy Hour Records Gli Fallen Fucking Angel nascono quindici anni fa, ossia nel 1997, di strada ne hanno fatta e possono vantare tre lustri di vita all’interno della scena Italica del metal. Le band di ispirazione per i Fallen Fucking angel sono (e lo si sente nelle loro canzoni) gruppi quali: Exciter, Savage, Anvil, Saxon, Tankard e Motorhead; quindi possiamo dire che fanno un mix di speed e heavy classico con delle specificità proprie. Tra la loro nascita e il 2002 è il periodo in cui la band crea alcuni demo, dopo l’entrata di Luca "Fils" Cicero (attuale vocalist degli Axevyper) come cantante avviene l’uscita del primo EP dal titolo ”Metal Against MTV”, seguito a ruota da ”Summer Holocaust”. In quel periodo spicca tra i tanti live quello fatto con gli Helstar e nel 2005 vede la luce il primo full-length:“Fat Totalitarian Metal”. Dopo un periodo un po’ movimentato, la band riparte “di slancio” (quasi come la pubblicità) ed i lavori di casa FFA permettono l’uscita del secondo disco ufficiale “Everything Concernin' Pork”; cd che crea interesse
aggiuntivo attorno alla band. Ciò permette loro di poter aprire per gli storici “Onslaught” oltre, qualche tempo dopo, a dare nuove prospettive live al gruppo e a farli partecipare al Play It Loud Festival di Argelato (Bo) insieme con:” Exciter, Jag Panzer, Jaguar,Bud Tribe, Wotan e Holy Martyr”. Altre vicissitudini (brutte ma anche belle) toccano la band e si arriva al punto in cui siamo in questo momento: “Italian Restaurant” ovvero il cd che andiamo a valutare in questa recensione. Da buoni toscani, gli FFA confezionano testi scanzonati e irriverenti. Inoltre essendo appassionati di B movies all’italiana utilizzano questa loro passione per dare ulteriore lustro a soggetti di quel periodo, infatti tirano in mezzo un pezzetto (parafrasato) di un film con Lino Banfi ed il titolo è appunto “B-movie Mania”. Inoltre i nostri cari vanno oltre, non ultimo l’episodio in “I Am The Stopper” scomodano UDITE UDITE: Pasquale Bruno, noto a moltissimo come O Animale (discusso giocatore di calcio di qualche tempo fa della Fiorentina, ma ha militato anche Torino e Juventus) e una chicca di un noto allenatore (non dico altro e ve lo faccio cercare). Da segnalare, la presenza di uno special guest con parecchi numeri: Gerre dei Tankard (non nuovo alle comparsate all’interno di cd di band italiane dedite al metal classico, vedi il passaggio con i Longobardeath) all’interno del pezzo “Road Pigs On The Highway”. Altra canzone degna di nota a mio avviso è anche la opener “Lost over the mountain” che è particolarmente coinvolgente e con una velocità impressionante da parte di tutti gli strumenti e si lega immediatamente a “Annapurna” e altra traccia di nota “Vega(n)azism” perché è particolarmente dissacrante rispetto ad un estremismo che sta prendendo piede. Copertina direi troppo “già vista” (forse un filino troppo abusata aggiungerei) capisco fare metal classico, ma forse si può andare oltre gli stilemi ormai strautilizzati. Interessante tuttavia le otto pagine del libretto “d’ordinanza”, realizzato in maniera curata e professionale, con tutti i testi oltre a foto del gruppo e flyer vari dei concerti. Particolare è anche la serigrafia sul dorso del cd stesso che raffigura una pizza, a rafforzare ulteriormente l’italianità ed il concetto di “Ristorante Italiano” del titolo. A livello puramente tecnico non ho trovato alcuna problematica o alcun errore di sorta, i quindici anni si sentono e si vedono per esperienza e capacità. Da live vorrei vederli per capire se esprimono molta più energia ed empatia rispetto al loro lavoro da studio, non per dire in modo sibillino che sono freddi sia chiaro, ma forse, e dico FORSE, potrebbero dar di più in studio. Come ho scritto prima unico neo a mio avviso è la copertina, troppo scontata e troppo utilizzata, avrei preferito un’altra immagine, ma siamo a livello puramente di gusto e piacere personale. Consiglio di supportarli, quindi comprando il loro cd, seguirli via live non ve ne pentirete.
Alessandro Schümperlin
Gruppo: The Abi Titolo Album: Song of trial Genere: Dark Rock Voto: 75/100 Sito: https://www.facebook.com/veryabi Dopo aver per anni fatto demo con varie bands locali Andrea Braina, musicista di Sassari, ha deciso di far da se. Quindi dal 2010 ha intrapreso la strada della one man band. “Song of trail” è il suo primo EP che Braina ha dato alla luce poche settimane fa, totalmente autoprodotto e distribuito. La voce è la prima cosa che spicca su tutto, forse troppo in alcuni punti, ed è un mix di più di una sensazione: Direi Un filo Tom Waits ma meno roca e a cavallo tra Curtis dei Joy division e Murphy dei Bauhaus. Quello che seguirà sembra quasi fare a pugni con la frase poco sopra, ma tengo a precisare che non sono bipolare, solo che ci sono alcuni momenti in cui la voce, forse troppo effettata, non rende fino in fondo il pathos che Andrea voleva trasmettere, risultando sottotono rispetto agli strumenti, in pieno contrasto con altri momenti, come segnato poco sopra, dove la voce sovrasta un pochino troppo il resto della registrazione. In ambito sempre tecnico direi che si sente molto la batteria sintetica, ma tutto sommato nel dark non è cosa inusuale avere la drum machine (ricordo che c’è chi annoverava tra i componenti della band proprio la drum machine). In ogni caso non è un effetto che rende l’ascolto asettico o disturbante, chi ha l’orecchio allenato se ne accorgerà, ma nulla più. Copertina rigorosamente in tonalità di grigio, molto bella e d’impatto (a dimostrazione che ci va arte anche nel fare una copertina). I cinque pezzi che compongono “Song of trial” sono assolutamente godibili dal primo all’ultimo secondo, riportano l’ascoltatore ai fasti del dark wave tipico fine anni ottanta. Si nota comunque le band di riferimento per Andrea, abbiamo dei rimandi alla Cure passando per l’anima dannata dei Joy Division e persino rimandi dei nostrani
Diaframma. Se dovessi cercare quelle che mi hanno più colpito di altre direi, rigorosamente in ordine sparso: “By memories”, “No thrill” e “You were”. Come sempre in queste situazioni le altre non menzionate non sono di minor fattura, ma semplicemente in ambito di puro piacere ho dovuto fare una scelta, è poco serio dire che tutte le canzoni presentate sono stupende (che è vero per altro), ma equivarrebbe al semplicistico “tutte belle o tutte brutte”. Come ho segnalato in testa alla recensione, “Song of trail” è distribuito autonomamente dal Andrea, quindi contattatelo per averne una copia che in cambio di un prezzo veramente risibile, rispetto alla qualità dei pezzi, vi darà la vostra copia in formato digitale. Come spesso avviene, con un EP sto basso di voto, perché sono poche le canzoni per poter valutare il lavoro, questo non vi scoraggi (e non scoraggi Andrea) a desistere dall’acquisto. Attendo che i “The abi” producano nuovi lavori auspicando che rimangano intatti per feeling e per capacità su questo livello.
Alessandro Schümperlin
Gruppo: <0>>0< Titolo Album: Kaleidoscopic Black Depression Genere: Black Metal Voto: 30/100 Contatti : Lestath510@yahoo.it
Questo è un altro progetto “one man band” di tipo estremo. Purtroppo però non tutte le ciambelle escono con il buco, usando una frase di saggezza popolare. Capisco molte cose, nel senso che capisco il fatto che nel far black metal si debba esser: necro, gelidi, oscuri, minimali e frostbitten, ma a tutto c’è un limite. Purtoppo il platter formato da 6 pezzi presentato dalla band è oggettivamente pesante da ascoltare, ma non nel senso positivo del termine. Registrazioni troppo abbozzate, volumi degli strumenti a casaccio, lo scream che a tratti sembra troppo forzato o troppo emule dei ministry (che con il black metal non hanno nulla a che spartire), tutto questo fa si che non si capisca molto dove il gruppo voglia andare a parare. Poi pare di sentire persino delle incursioni in quello che spesso mi vien proposto come “depressive black metal” che faccio fatica a capire di base, sarà un limite mio non lo nego, però con delle registrazioni del genere di certo la fatica è doppia… Siamo nel 2012 ed avere delle proposte musicali di questo tipo mi imbarazzano e non poco. Prendo atto di quello che la band mi indica come dati sulla loro (sua?) bio ovvero che si rifanno alla primordiale scena francese di black metal, con suono “grezzo”, “sulfureo” e “marcio” (termini utilizzati dalla band stessa per definire il proprio suono), ma qui siamo veramente oltre ogni limite di tolleranza. Non voglio offendere nessuno, ma le registrazioni sembrano fatte o con il canta tu o con il registratore giocattolo della fischer price. Indipendentemente dal fatto di essere grimm e frostbitten, qui manca di un minimo di approccio professionale. Ripeto, capisco essere estremo, a me parecchie band estreme piacciono, ma un minimo di suono ci deve essere, se no è altro e non certo musica. Faccio fatica a dare una valutazione emozionale, dato che è palesemente difficile poter ascoltare con uno spirito di critica costruttiva quello che si sente. Persino con un otto tracce a nastri di quelli anni 70 si sarebbe fatto un lavoro migliore. Auspico che il gruppo mediti su quello che ho scritto per effettuare una registrazione dei pezzi loro in modo meno raffazzonato e che porti al pubblico un lavoro degno di tale nome. Mi spiace sempre “tagliare le gambe” alle band, ma qui è purtroppo un solo verdetto: pollice verso. Magari le idee ci sono, non lo nego ma non posso neppure affermarlo, ma sono state veramente sviluppate, ovvero registrate, male. Si può essere estremi, oscuri, marci, grimm, minimali e sulfurei, ma senza arrivare a dei punti così bassi di registrazione.
Alessandro Schümperlin
Gruppo: Bona Head Titolo Album: The Path Genere: Pop, Progressive, Electro, Rock Voto: 90/100 Sito: http://www.myspace.com/bonahead I BONA HEAD SONO UNA BAND CHE AFFONDA LE SUE INFLUENZE NEL POP ED ANCHE UN Pò PROGRESSIVE SPONDA INGLESE, MOLTO SOGNANTE E RILASSANTE. I 15 PEZZI DELL'ALBUM -THE PATH- SONO LA COLONNA SONORA IDEALE PER UN LUNGO VIAGGIO SENZA NESSUNA DESTINAZIONE BEN PRECISA. DOP L'INTRO STRUMENTALE -INCIPIT-, IL PEZZO SEGUENTE R.E.M- SORRETTO DA UNA OTTIMA VOCE FEMMINILE INIZIA SINUOSA A CULLARE L'ASCOLTATORE. THE PATH- è MOLTO VICINO PER STILE VOCALE A QUANTO SENTITO NEI SIMPLE RED, -UNREAL WOOD- PRESENTA INSERTI ELECTRO BEN DOSATI E COSA PIU' IMPORTANTE, CI STANNO DENTRO BENE. -WAY OUT- è UNA BALLATA CHE A ME E è PIACIUTA PARECCHIO. -CORNER- è LA CANZONE IDEALE PER RISVEGLIARSI IN MODO DOLCISSIMO, -HOLES AND SNARES- è UN PEZZO STRUMENTALE MOLTO D'ATMOSFERA,-CHASM- è PURO BRIT POP DAL SAPORE RETRò. I RESTANTI 6 PEZZI NULLA TOLGONO E NULLA AGGIUNGONO ALLA PROPOSTA DEI BONA HEAD. COMPLESSIVAMENTE IL GRUPPO è AUTORE DI UNA PROVA MAIUSCOLA IN QUANTO A PERFORMANCE E LA REGISTRAZIONE è DI ALTISSIMO LIVELLO. IGNORO LA PROVENIENZA MA NON MI SORPRENDEREI SE FOSSERO STRANIERI, UN ALBUM PER PALATI RAFFINATI.
LIDEL
Gruppo: Bandicoot Titolo Album: Chiudete quella maledetta porta Genere: Punk Rock Voto: 55/100 Sito:www.bandicoot.it I BANDICOOT SONO UNA ENERGICA BAND ROCK . IL PRIMO PEZZO -RIVOLUZIONE- PER ME HA UN PROBLEMA IN ALCUNE PARTI CON I CORI ( A ME NON SONO PIACIUTI PER NIENTE),SANGUE,LATTE E BRIGANTE(BRIGANTE PARTE 1)- CAMBIA TOTALMENTE REGISTRO PER PROPORRE UNA CANZONE MOLTO TRANQUILLA E DAVVERO BELLA, BASILICATASCOUNT- (BRIGANTE PARTE 2) è MOLTO PUNK PER L'ATTITUDINE NONCHè PER IL TESTO MOLTO TAGLIENTE ( Dà UNA BELLA SCOSSA) INFRAMEZZATA DA PARTI CHE SI RICOLLEGANO AL PEZZO PRECEDENTE, -CARMINE SCROCCO- (BRIGANTE PARTE 3) è GOGOL BORDELLO AL 10000%,, LU' CANI IN ESTINZIONE (BRIGANTE PARTE 4) è UN PEZZO ANCH'ESSO PUNK ROCK, -LUCA- CONTINUA CON LO STILE DELLA CANZONE PRECEDENTE,ALTRI PEZZI CONTINUANO SU QUELLO STILE PER ARRIVARE AL PEZZO 10 -MY BELLE- CHE MISCHIA UN Pò LE CARTE ED IL RISULTATO è UN PEZZO TUTTO SOMMATO CHE SI FA ASCOLTARE, GLI ULTIMI 2 PEZZI SONO ANCH'ESSI ABBASTANZA ROCK. UN ALBUM CHE NON MI HA DETTO TANTISSIMO AD ESSERE SINCERO. ALCUNE PARTI CON I CORI MI HAN DAVVERO INFASTIDITO, LE HO TROVATE FUORI LUOGO E DANNOSE PER L'ALBUM. TUTTO QUESTO SI RIPERCUOTE SUL MIO PERSONALE GIUDIZIO FINALE.
LIDEL
Artista: CE’ Titolo: Anime Genere: Cantautorato Label: Autoprodotto 2012 Sito: https://www.facebook.com/CeBandCantautore Ascoltando Cè, risalta subito all’orecchio il genere Pop al quale si rifà la quasi totalità dell’album. E’ una musica semplice, non per questo scontata, che sembra lasciare spazio al testo che nella maggior parte dell’album risulta molto impegnato. “Anime” è il disco d’esordio di Cè, gruppo musicale partenopeo composto da Cesare Isernia (voce e chitarra), da cui lo pseudonimo Cè; alla batteria Marco Salvatore; alla chitarra Alessandro Morlando; al basso Diego Capone; e alla seconda chitarra Gaetano Fontanello. La prima traccia del disco è “ Ballando ballando ”: una canzone che lascia spazio all’immaginazione, ad un mondo diverso, pervaso da amore. Continuando ad ascoltare il disco, mi sono imbattuto in una traccia che mi ha colpito: “Sogni di gloria”. Un brano che dà speranza, nonostante una melodia tutt’altro che gioiosa. La poesia del cantautore napoletano risulta evidente in “Viaggio di ritorno” con un testo chiaro e schietto ed una musicalità che risulta quasi schematica, senza strafare, che rende la canzone molto orecchiabile. Probabilmente una di quelle canzoni che ti ritrovi a cantare sotto la doccia senza nemmeno rendertene conto. Scorrendo avanti con le tracce, ci si imbatte in “ Lunedì ”: una ballads dalla dolce melodia che accompagna l’ascoltatore fino alla fine dell’album.
Cè è sicuramente una nota lieta nel panorama italiano in cui il cantautorato sta andando, nel corso degli anni, lentamente ad estinguersi.
Andrea Siniscalchi Tracklist 1 – Ballando Ballando 2 – Oltre le parole 3 – Chiuso in me 4 – Andando via 5 – Sogni di gloria 6 – Cosa resterà nei libri di storia 7 – Bilico 8 – Io e la mia dignità 9 – Sbarre 10 – Viaggio di ritorno 11 – Alieni 12 – Lunedì (bonus track)
Artista: Kesium Titolo: Blackgift Genere: Hard Rock/Heavy Voto: 73/100 Sito: www.facebook.com/kesiumband Il gruppo nasce nella provincia Milanese ad opera di Andrea Ficara, Umberto Tonella e Simone Marazzi. Dopo un periodo di “rodaggio” trovano in Stefania Nebuloni la voce per il gruppo. Loro si presentano come entità prog rock metal, io ho un’altra visione uditiva della cosa ma la esprimerò più avanti, nel 2009 danno vita ad EP dal titolo “It start by the flow” ed a seguire, come ogni band che si rispetti, vanno in promozione dello stesso oltre che di
loro stessi. Nel 2012 fanno uscire quello che è il contendere di questa recensione ovvero il loro primo album dal titolo “Black gift”. Le dieci tracce che compongono il loro primo cd è un mix di generi, questo è indubbio, ma ci sento poco di prog e di metal, sento molto rock fatto bene, a tratti anche particolarmente articolato, ma non trovo le sonorità prog. Direi che sono, dovendo dare un rimando mnemonico usando altre band, una versione appesantita come suono ma alleggerita di alcuni arrangiamenti, nel senso che non usano i fiati, dei “No doubt” misto ad una versione leggerina dei “Guano apes” con qua è la dei rimandi blues principalmente dall’uso dei vocalizzi di Stefania. Tecnicamente il prodotto presentato è curato nei dettagli dalla copertina al booklet passando per le registrazioni e la produzione del cd. Su questo nulla è stato lasciato al caso. Ma andiamo sulle parti emotive e di “piacere” del cd, come ho detto poco sopra abbiamo un rock sempre in bilico con il suono pesante più heavy e delle velleità quasi più pop (queste ultime molto poche per la verità). Quindi direi che le canzoni che mi hanno dato più emozione sono: “Boogeyman”, “Monocrome”, “soohting stars” e “Witch hunt” possono essere, in ordine sparso, da podio; il resto del cd è oggettivamente godibile e buono come colonna sonora per un viaggio, nessun picco in negativo ne in positivo. Album di rispetto e tutto sommato interessante. Attendo il prossimo loro lavoro per trovare le parti prog.
Alessandro Schümperlin
Artista: Schysma Titolo: Imperfect Dichotomy Genere: Prog Metal Voto: 70/100 Sito: www.schysma.com La band è una fenice della scena Italica, nel senso che nascono dalle ceneri dei Purplekinghts, nel 2011 quindi gli Schysma prendono forma e pochi giorni fa escono con il loro primo EP, quindi ad un anno più o meno dalla loro nascita. Ultimamente noto che le band hanno la “fretta” di presentarsi al pubblico con un loro lavoro, da un lato è encomiabile come gesto, magari a volte risulta un filino troppo affrettato, come si dice spesso:”la gatta frettolosa ha fatto i gattini ciechi”. Per fortuna loro, non è questo il caso. I cinque pezzi che propongono nel loro EP d’esordio sono ben studiati, registrati in modo più che dignitoso e postprodotti bene. C’è da premettere, che dopo l’uscita dell’EP la band ha sottoscritto un contratto con la Optimum Assocaition per la promozione del loro album in tutta Europa. La influenze qua e la delle band di spicco del genere si sentono tutte dai DT agli Stratovarius e con delle divagazioni alla Mago de oz (ma senza tutti i violini e i flauti che gli ispanici mettono). Purtroppo per me, non essendo nei miei registri di gusti ho fatto fatica ad aprezzarli fino in fondo, ma non posso negare il fatto che questi cinque pezzi siano stati composti e suonati bene. Diciamo che quella che si discosta più di tutte, e che ho apprezzato più di tutte è “Sinners” che è l’ultima traccia del’EP. Questo non vuol dire che le altre quattro tracce non siano valide, anzi. Aggiungo anche che rispetto allo standard del prog metal, loro hanno anche la capacità di farsi aprezzare anche da chi non è avvezzo a questo genere, principalmente perché non ci sono acuti trapananti che sovente si sentono, ne la sagra del polipo da chitarra o da basso . Come sempre voto basso per un EP, perché sono poche le tracce su cui fare una valutazione. Ci aggiungo che ho trovato poco convincente il set fotografico che hanno utilizzato nel booklet (e non solo). Foto già viste come impatto e che sviliscono in parte il buon lavoro fatto nel cd e nella copertina (teniamo sempre presente che il booklet e la parte grafica COMUNQUE ha la sua importanza in qualsiasi cd). Concludendo:; il gruppo di fatto sa calibrare tecnica con pathos, cosa non comune nel genere, dimostra che anche in Italia c’è, o forse dovrei dire c’è sempre stata capacità solo che vien sottovalutata all’estero tanto quanto da noi stessi, quindi sarebbe il caso a mio avviso supportarli e di prendere il loro album d’esordio.
Alessandro Schümperlin
INIZIATIVE I
Salto nel buio hanno raccolto con la Compilation "Salto nell'Emilia" 400â&#x201A;Ź
che sono stati versati alla Provincia di Modena. http://saltonellemilia.weebly.com/index.html Resoconto luglio-ottobre
AREA FREE DOWNLOAD Gruppo:Lâ&#x20AC;&#x2122;ALBA DI NUOVO Titolo Album: Promo 2007
Naufrago EP
Genere: Melodicore /punk Link:
http://www.lalbadinuovo.com/medianew.htm
Gruppo:GLORYHOLE MURDER Titolo Album: Genere: Alternative Metal Link:
http://ghm.altervista.org/download.html
Gruppo:NOISTURE Titolo Album: Violence Breeds Violence Genere: Hardcore /punk Link:
http://www.sendspace.com/file/pfenuk
Gruppo:CONTROSIGILLO Titolo Album: Controsigillo Genere: Metal Link:
http://controsigillo.bandcamp.com
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LA VERA STORIA DEL ROCK LA VERA STORIA DEL ROCK – 1 RAMONES Inauguriamo questa rubrica parlando di una band a cui in Italia è stato riconosciuto il pieno valore soltanto negli ultimi anni e che probabilmente ha avuto allo stesso tempo la sua forza e la sua debolezza nel fatto di aver creato canzoni “facili”: 3 accordi sparati, nessun assolo o virtuosismo musicale, né ricorso a particolari effetti sonori. Ma nonostante questo, o forse proprio per questo, nel 2002 la rivista musicale “Spin” classifica i Ramones come la seconda “best band of all times”, dopo i Beatles e prima dei Led Zeppelin, con questa motivazione: “il punk esiste a
causa della falsa assunzione secondo la quale i Ramones possono essere imitati” facendo riferimento alla loro personalissima e
riconoscibilissima attitudine musicale, soprattutto live, oltre alla scelta consapevole di tornare ad un suono più grezzo e immediato in un momento storico di esasperata sperimentazione musicale, tecnicismi sempre più spinti ed un massiccio ricorso all’elettronica.
Le origini I ramones sono indiscutibilmente uno dei gruppi rock più influenti di sempre, e i fondatori spirituali del movimento punk statunitense. Si sono formati in un quartiere di New York, il Queers, nei primi anni ’70, caratterizzandosi immediatamente per uno stile scarno e velocissimo, testi ironici, divertenti e privi di denunce politiche o sociali, cosa che invece connotò il contemporaneo movimento punk britannico. Le loro capacità tecniche, però, erano talmente limitate da impedire alla band di eseguire cover, pertanto iniziarono da subito a proporre brani originali. I 4 componenti, che venivano dalle classiche esperienze musicali giovanili, assunsero da subito il nome Ramones, nato inizialmente per simboleggiare una sorta di “compattezza, quasi fossero fratelli” tra di loro e che invece finirono per mettere come cognome a tutti i membri che si succedettero nella band, per tutta la loro carriera. La formazione, su indicazione di Tommy (che fungeva da loro “manager”, sebbene suonasse la chitarra nei Butch) era la seguente: Johnny (che in realtà era il bassista dei Tangerine Puppets ) alla chitarra, Dee Dee al basso e alla voce, Joey alla batteria (in realtà chiamato dagli altri componenti a far parte del gruppo soltanto perché possedeva una batteria). Il 30 marzo 74 è l’esordio ufficiale del gruppo: un concerto, di cui spediscono loro stessi i volantini pubblicitari, al Performance's Studio. Biglietto: due dollari; spettatori: una trentina circa, nonostante adesso decine e decine di persone più o meno famose sostengano di essere stati presenti all'evento. Al secondo concerto non andò nessuno. Da questi presupposti i 4, Tommy per primo, capirono che dovevano cambiare rotta: Dee Dee non riusciva a suonare e cantare contemporaneamente e in più Joey, che aveva scritto i testi, conosceva le canzoni (oltre al fatto che con piatti e timpani non era un fenomeno), quindi passò alla voce. Ora mancava solo il batterista: fecero numerose audizioni infruttuose fin quando una volta non si presentò nessuno e gli altri convinsero Tommy a sedersi la batteria: fu l’inizio di una leggenda. Da queste tutt’altro che incoraggianti premesse pochi avrebbero scommesso sul successo planetario e sull’influenza che questa band avrebbe avuto nella storia del rock in più di 20 anni di carriera. Da allora cominciarono una serie di concerti, rimasti celebri per l’energia profusa dalla band (alcuni non durarono più di 20 minuti), rigorosamente in uniforme “giubbotto di pelle, jeans strappati e scarpe da tennis” eseguiti tutti al CBGB, un locale di Manhattan, inaugurato nel dicembre 1973 e che diventerà in breve tempo la mecca per tutti i gruppi emergenti di New York (oltre ai Ramones vi esordirono Patty Smith, i Blondie, Talking Heads, ecc). Le prime volte gli spettatori non erano più di una decina, ma andarono via via aumentando fino a registrare il tutto esaurito e ospitare personalità come Andy Warhol e Lou Reed. Fu il periodo degli incontri e delle influenze che i 4
“fratelli” ebbero con alcune band di quel periodo, sia americane che inglesi, prime fra tutte i Clash, i Sex Pistols, ma anche Damned, Buzzcocks, segnando, stando soprattutto alle dichiarazioni dei loro colleghi di quegli anni, ma anche di addetti ai lavori o musicisti successivi (si pensi ai Nirvana, ai Motorhead, Rancid, Green day, ecc) uno spartiacque irripetibile e decisivo per la musica punk e per il rock in generale. A conclusione di questi brevi cenni biografici, c’è da dire che chi non ha avuto come me (1993, Roma, Tendastrisce, clamoroso!) la fortuna di assistere ad un loro live non può che dare un giudizio sommario su questa band, vista la carica che sprigionavano dal vivo, e quella che, ancora oggi, provano i giovani gruppi eseguendo i loro pezzi. Inoltre, a prescindere dai gusti personali, non si può non riconoscere ai Ramones il pregio di essere stati una delle pagine più indelebili della storia del rock. Poi, naturalmente, se chi legge non è appassionato di punk, forse ha sbagliato fanzine!
Curiosità I Ramones in 22 anni di carriera (1974-1996) hanno tenuto 2.263 concerti, con una media di 2 a settimana. Detengono il record di maggior numero di canzoni complete eseguite dal vivo in un’ora: 33. Nel 2002 sono entrati nella R’n’R Hall of Fame. Il 30 novembre 2003 a New York a Joey fu dedicato il Joey Ramone Place, dove fu scattata la copertina del primo album dei Ramones e dove Joey e Dee Dee condivisero un appartamento. Nel settembre 2010 l'Associated Press riportò una notizia secondo cui la targa indicante il Joey Ramone Place era la targa più rubata nell'intera città di New York. Il 27 settembre, appena qualche giorno dopo, la targa fu spostata ad un'altezza di 6 metri Molte band hanno più volte ammesso che senza i Ramones non sarebbero mai esistiti. Bono Vox una volta raccontò che per impressionare un regista che stava girando un film su James Joyce e che teneva anche un programma radiofonico, dei giovanissimi U2 cantarono dei pezzi dei Ramones spacciandoli per propri. E che probabilmente da lì cominciò la loro carriera. Anni dopo Bono raccontò questo aneddoto a Joey, che rispose: “Ok, nessun problema. Ma chi è James Joyce?”
Per chi li vuol conoscere Album: Ramones (1976): è il loro album d’esordio, ed è un caposaldo della musica rock. Più che un consiglio, un obbligo Rocket to Russia (1977): chiude la “trilogia” d’esordio in modo perfetto. La consacrazione dei “fratelli” anche fuori dai confini statunitensi Pleasent dreams (1981): l’album della crisi, delle critiche, delle recensioni impietose, dei dubbi sul futuro Canzoni: Blitzkrieg Bop, Beat on the brat, The kkk took my baby away, I wanna be sedated, Rockaway beach, Pet sematary, Cretin hop, Rock’n’roll radio, Sheena is a punk rocker, Teenage lobotomy Live: Loco Live, Barcellona, 1991. Assolutamente imperdibile
L’interSvista
Eccoci qua con la prima delle nostre interviste impossibili. Ci troviamo davanti nientepopodimeno che ai Ramones. Con tanto di giacche di pelle, pantaloni strappati e una gigantografia di Gigi D’Alessio alle loro spalle. Non stiamo più nella pelle, e per non far perdere ai nostri lettori neanche un minuto di questa occasione irripetibile, cominciamo subito: D: Ragazzi, ci svelate una volta per tutte il perché del vostro nome? Si dice che Ramones derivi dallo pseudonimo che Paul McCartney utilizzava durante la prima tournèe dei Beatles in Scozia: Paul Ramone
Risponde Joey: No, no, in realtà deriva dal fatto che dopo il primo assolo di chitarra, una delle cose più
agghiaccianti che avessimo mai ascoltato, abbiamo menato a Johnny con un grosso ramo, un ramone, appunto D: Veniamo al vostro celebre motto: Gabba gabba Hey! Cosa significa? Risponde Dee Dee: Ci fanno spesso questa domanda, ed in effetti ci sono versioni contrastanti, alcuni pensano che provenga dal verso che faceva il criceto di Joey dopo aver ricevuto una badilata sui testicoli perché si era mangiato tutte le noccioline che Joey si era fregato all’autogrill, in realtà deriva dall’arabo Ghab’ah – Ghab’ah – Eij che significa più o meno: “Effimera è la vita, giovane uomo, pertanto bevi sempre alla fonte della verità. E se non la trovi, prova col whisky” D: La stampa vi ribattezzò subito “fast four”, sia per fare il verso ai “fab four”, cioè ai Beatles, sia perché sul palco suonavate tutto ad una velocità spaventosa. E’ Vero?
Risponde Johnny: Si è vero, ma i motivi sono diversi, suonavamo velocissimo io perché avevo paura che ci
riempissero di mazzate e Tommy perché doveva tornare subito a casa perché se non lavava i piatti e portava il cane a pisciare la moglie si incazzava e gli cambiava la serratura della porta Interviene la fidanzata di Joey: In realtà li chiamavano così perché purtroppo erano velocissimi non soltanto a suonare… D: Ehm… veniamo al vostro celeberrimo “one-two-three-four”con cui cominciavate ogni pezzo e che poi è diventato un marchio di fabbrica imitato a livello planetario: come è nato? Risponde Joey: In realtà ai primi concerti non avevamo un manager vero e proprio, visto che Tommy si ubriacava spesso con tequila, rhum e detersivo per piatti, quindi capitava che ognuno di noi andasse in un locale diverso e cominciasse a suonare da solo. Per cui da un certo punto in poi, per controllare se eravamo tutti, abbiamo preso l’abitudine di…contarci prima di ogni pezzo D: Bene, prima di salutare i nostri lettori parlateci un po’ del vostro pezzo più famoso! Come è nata “Sheena is a punk rocker?” E chi è questo personaggio che poi è diventato un’icona del punk? Risponde Tommy: Beh, Sheena è un personaggio ideale che voleva significare che il punk non è collegato a vacui orpelli o a datate classificazioni sessiste, e che anche una qualsiasi ragazza immaginaria può incarnare la filosofia “on the road” che sta alla base del movimento punk senza in questo modo sminuire l’archetipo esistenziale Interviene Johnny: Ma che stai a dì? Scusa, Sheena O’ Sullivan non era quella biondina con la quarta misura che hai conosciuto al distributore? Ti ricordi che il titolo della canzone all’inizio era “Sheena, la regina della pompa di benzina”? Interviene la ragazza di Tommy (tirando fuori il crick dalla borsetta): Cosa???? Quella sciacquetta con le ciglia finte e l’alluce valgo e il gomito del tennista e il ginocchio della lavandaia e gli occhi troppo vicini e le chiappe troppo lontane? Quella che c’aveva una voce che sembrava Paperino con le adenoidi? Lo sapevo, l’ho sempre sospettato, brutto bastardo, figlio di… vieni qua che ti massacro, dove scappi?
Ehm, siamo costretti a interrompere l’intervista per cause di forza maggiore. Ringraziamo comunque i mitici Ramones e diamo appuntamento ai nostri lettori con la prossima puntata di “La vera storia del rock”. Al prossimo mese
Il sondaggio
Effettivamente i Ramones non sono mai stati una vera e propria “boy-band”, anche se il loro fascino ce l’avevano eccome. Secondo voi chi era il più irresistibile dei 4, qui in una foto del 1980? Dee Dee Joey Marky Johnny
Gabba
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Live report Metal Monster Festival 2012
13/10/2012 Bologna
Siamo in piena città di Bologna e l’evento è interessante per l’ambiente underground metal e per il meccanismo di musica live in Italia, che a ragione o torto ha un problema non da poco visti i locali che sempre meno permettono i live per musica nuova. Partiamo comunque con il resoconto della serata del 13 ottobre 2012, terza edizione di questo festival metal, la location scelta è stata piuttosto azzeccata, un circolo arci in zona centrale di Bologna, particolare le volte a botte del soffitto che a dispetto della forma non ha inciso molto sulla resa del suono e di eventuali riverberi strani che potevano in qualche modo minare l’acustica della serata, grande prova del fonico direi. Impac art, neo creata associazione, ha puntato a fare le cose fatte come si deve ci sono stati pochissimi intoppi, o per meglio dire alcune variabili che normalmente si possono vedere e sentire nei live e nei festival open air più blasonati. Se proprio vogliamo c’è stata poca pubblicità dell’evento, forse questa è l’unica pecca in tutta la fase organizzativa della serata, ma andiamo oltre, il primo sul palco è un Master Chamber che si presenta come “GIANPA”, il quale farà poi la presentazione di tutte le band dell'evento, il quale si propone come “rapper differente”, nel senso che a differenza dello standard del rapper freestyler usa basi “pesanti” e propone alcune sue rime, inoltre verrà affiancato da tre membri di tre band locali che durante il suo spettacolo duettano con lui. A fine del suo spettacolo propone una versione tutta sua di “Rollin’” dei Limp bizkit. Particolare la proposta dell’organizzazione per dimostrare l’apertura mentale del metallaro . Purtroppo la gente a fine gig di Gianpa langue ancora, forse per colpa della pioggia, ma il costo irrisorio, il bel posto e la buona gestione sonora mi pare non possano essere causali di renitenza delle persone all’interno del locale. Cambio palco e primo gruppo che sale, e sono gli “HAVENLOST” gruppo corposo, otto membri, che provengono da Bologna. Sono in otto per andare oltre il classico: batteria, basso, chitarre, basso e voce, loro hanno in più il tastierista, due cantanti ed il violinista. Loro presentano una sorta di Symphonic metal a cavallo tra il power metal e il gothic metal più barocco. Un pochino nightwish un pochino Thearte of Tragedy dei vecchi tempi. Piccolo problemino tecnico ad inizio gig, intoppo di
chitarra risolto in trenta secondi. La proposta sonora e l’incrocio di ben quattro voci, una scream, una growl, una pulita maschile e una pulita femminile. Importante il coinvolgimento che il gruppo in blocco applica con il pubblico rende alcune carenze della band praticamente inesistente. Dalla mia consiglio per il futuro di far meno cambi chitarre per spettacoli con tempistiche così ridotte, se no si perde dei minuti importanti per la band e aver meno dipendenza da Tarja Turunen per la sua parte vocale, permetterebbe di far il salto per la band, da essere “simile a…” ad essere in tutto e per tutto una band indipendente. In buona sostanza gli opener del festival dimostrano che non è sempre la tecnica a dover essere il principio e la fine della musica, ma che la fondamentale è l’emozione trasmessa. Anche per loro, come il primo show, decidono di proporre una cover e di rimaneggiarla, la cover è “Breaking the law”, ma direi che i vocalizzi in stile lirico non si addicono alla cover. Magari scegliere un’altra cover o un’altra forma di arrangiamento. In conclusione il gruppo è stato sfortunato in partenza, larsen e problema tecnico della chitarra, ma sono stati capaci di uscire da questa empasse ed andare oltre. Di seguito abbiamo visto calcare il palco i “REASONS BEHIND” anche loro symphonic metal, ma molto più power prog. anche loro originari della città dotta (Bologna per l’appunto). Il gruppo è più ridotto rispetto ai precedenti, ma si avvalgono di basi per “arrotondare” il loro suono. Indubbiamente bravi a livello tecnico e a livello di capacità, ma non sempre in sintonia con il pubblico; sono stati un filino troppo freddi ed il pubblico ha risposto di rimando. Altra problematica per loro il fatto che tastiere e basso sono risultati troppo alti rispetto al normale, in alcuni casi sovrastando chitarre e rendendo meno efficace la prova della vocalist. Di certo anche qui abbiamo una dipendenza da Nightwish ed Epica, tanto che la cover che presentano verso la fine del concerto loro, una cover degli Epica, appena nominati, fatta in modo impeccabile; tutto sommato sono stati interessanti anche loro, ma ripeto, forse più interazione con il pubblico avrebbe potuto dare al loro spettacolo una diversa prospettiva. A differenza dei primi, loro sono arrivati a trovare una loro dimensione, ma non hanno messo in pratica la “prova pratica”, ovvero grandi tecnicamente ma meno per empatia. Rimandati alla prossima volta, con il consiglio di interagire con la gente. Andiamo sulla costa della regione dato che i “REBIRTH OF ENORA” vengono da Ferrara e propongono del metalcore suonato bene e con i crismi del genere, ovvero parti in pulito contornate da parti in scream per la voce e le classiche risoluzioni sonore derivate dalla mistura di punk hard core e thrash metal. In quattro si permettono di fare un muro sonoro ottimale per dieci, travolgenti i loro pezzi, coinvolgenti ed interessanti tanto che partono dei timidi momenti di pogo partito autonomamente da parte del pubblico. Curiose sono anche le due cover che propongono, una dei Trivium (band di spicco del genere) e una
di Adele, rimaneggiata in modo egregio dalla band. Unica cosa, avendo da promuovere il loro EP, dal mio punto di vista sarebbe stato il caso di fare PRIMA tutti i propri pezzi e poi valutare se ci fosse tempo aggiuntivo, per inserire cover, purtroppo la band ha deciso di dare spazio alle cover; pare che il filo conduttore per tutte le band sia quella di proporre almeno una cover a band. Altra possibile ragione è, forse, perché per la serata c’era alla batteria un nuovo soggetto. Problema comune con i Heavenlost è la serie di larsen che durante il loro spettacolo scattano, ma per fortuna non durano più di uno o due secondi. Siamo alla penultima band, ed abbiamo un cambio di regione, gli “HORROR VACUI” sono una band di Rieti e propongono un thrash death metal. Proposta interessantissima, sonorità a cavallo tra Sodom ed alcune rimandi sonori alla Cannibal Corpse ed i primissimi Metallica, tanto che anche loro a fine gig propongono una cover e ovviamente è Creeping Death. Il gruppo interagisce bene con il (poco) pubblico presente in quel momento in sala, cosa poco corretta a mio modo di vedere da parte del pubblico stesso, il troppo campanilismo riduce il pubblico presente ma la cosa non fiacca la band che in modo PROFESSIONALE presenta tutti i propri pezzi del proprio Ep e danno una intensa proposta sonora e visiva. La band è stata troppo penalizzata: gesti immeritato per quello che hanno proposto, avrebbero meritato molto di più. Ultima band della serata, gli headliners sono i “BICOLOURED MEN” a livello visivo par che la band sia spuntata direttamente dal lontanissimo 1985. La band è, visivamente, a cavallo tra i Judas Priest e i Mötley Crüe di “Too fast for love” ovvero coperti di pelle, spandex, e borchie; e cosa potrebbero proporre se non del classico Heavy metal anni 80?! Il gruppo è il primo che non ha proposto all’interno del suo gig una cover, solo ed esclusivamente canzoni proprie. Anche i Bicoloured Men provengono da Bologna, rientro di una fetta importante del pubblico che era “sparito” durante lo spettacolo precedente. Le loro canzoni sono ascoltabilissime, fanno heavy metal old school, come ho detto prima, con un rimando ai Judas Pirest più di altri gruppi ma solo come attitudine sia chiaro, suonato ed interpretato in modo molto preciso; le canzoni sono strutturate bene e il pubblico reagisce ottimamente alle sollecitazioni del frontman. La prestazione quindi non solo a livello empatico ma anche tecnico è di alto livello. A chiusura dell’evento saluti e ringraziamenti a tutti, compreso Impac Art neo associazione che ha creato il tutto, si chiude questa edizione del 2012 e speriamo che ci sia anche una nuova edizione l’anno prossimo, facciamo i migliori auguri alle band che hanno partecipato, facciamo un augurio all’associazione per il prossimo anno e confidiamo che si evitino questi movimenti a “fisarmonica” del pubblico, per il semplice fatto che non è bello lasciare un gruppo senza pubblico solo perché non è della propria città.
Alessandro Schümperlin
SPAZIO ALLE BAND I Merry
Widow sono una punk band e
nascono a Verbania (cittadina sul lago Maggiore) nel freddo Gennaio 2003, dopo una serie infinita di cambi di formazione,scazzi e mazzi vari, centinaia di concerti furiosi e situazioni al limite della realtà che prima o poi, sono sicuro, qualcuno si prenderà la briga di metterli nero su bianco. Bussano nel 2012 alle porta della fine del mondo con in mano un nuovo Ep, per la precisione il 5° lavoro dopo "1", "Io non Ho Paura", "Senza Respiro" e "Favole". Fedeli alla linea del DIY, menefreghisti, cinici, un pò alticci per quel che riguarda il loro tasso alcolemico, mai troppo precisi e per niente patinati, anzi brutti a vedersi e molesti nel sentirsi... Ma con un gran pregio: la sincerità. A mio giudizio,modestissimo, di ascoltatore e amante di quel punk italico tanto bistrattato (a volte giustamente) dai grandissimi critici musicali che affollano i social network, posso dire che i MW rappresentano una delle migliori band in circolazione, insieme a gruppi come Derozer, Dogs, Impossibili, Inarrestabili, Skruigners e se vogliamo la Ghenga del fil di ferro (skapunk). Questo Ep "LA FESTA E' FINITA" è puro punk rock italiano, nessuna influenza pop punk, ska, metal o che cazzo ne so, velocità al limite dell' Hardcore, testi sempre sopra la media di tutte le cazzo di band punkettine di trentenni che fanno finta di avere dodici anni. I MW vivono davvero in questo zozzo paese, nelle 5 canzoni che animano l ep non si parla di figa, di fidanzate stronze o di birra chiara, sono incazzati e disillusi ( senti RABBIA IN TESTA), fottutamente precari (SEMPRE IN BILICO), malfidenti (ILLUSIONE REALTA'),
e nervosi ( NON MI FERMO MAI), da segnalare anche il pezzo scritto per il Team di skate "SKATE AND BIRROY", puro hcpunk made in italy! Ripeto, non aspettatevi il solito prodotto di punk italiano, con suoni stracurati, cori al limite della fantascienza, fronzoli e luccichii... no questo è solo punk in italiano registrato in presa diretta, senza sovra incisioni, onesto diretto e veloce. Come piace a me. "La festa è finita", registrato ad agosto nel 2012 presso la sala "arancia meccanica"nella Cooperativa Caleidoscopio a Mergozzo Vb da Marco Chierichetti. Sempre in bilico Rabbia in testa Illusione Realtà Skate and Birroy Non mi fermo mai Formazione : Luca Marchia - voce chitarre- Andrea Cala- Basso e cori- Alberto LomiBatteria. Da "sentire" con le orecchie e con il cuore. Articolo di: Luke "Alpha" Novellari.( conctact: https://www.facebook.com/luke.alpha.3?fref=ts) contatti band: facebook.com/merry.widowpunktrio merrypunk2010@hotmail.it http://www.youtube.com/watch?v=kfpLw3m8z0c http://www.punkadeka.it/space-MWArmy.html
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