l'azione 1 settembre 2016

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Attualità

4 settembre 2016

NUOVO CENTRO PER BAMBINI DISABILI IN MACEDONIA e i migranti si affidano ai clanSperdestini e a vie di transito illegali arrivare in Serbia e di lì provare ad entrare in Ungheria, cioè in Unione europea, è anche perché è stato chiuso a maggio il grande campo di Idomeni (nella foto) in Grecia, a pochi passi dal confine macedone. Pochi giorni dopo, è andato a Idomeni Alessandro Cadorin, di Sarmede, responsabile di Caritas italiana per Albania, Kosovo, Macedonia, Montenegro. Sul suo profilo Facebook ha postato una lunga gal-

leria di foto di quel vuoto. «Quel brulichio di vita e disperazione, che portava con sé anche un forte carico di speranza, si era dileguato – racconta –. Ancora una volta l’Europa ha deciso di nascondere la polvere sotto il tappeto. Dopo Idomeni sono stati aperti in Grecia diversi campi gestiti dal governo attraverso l’esercito. Seppur malvolute, al loro interno possono lavorare anche le ong tra cui Caritas Grecia. Qui in Macedonia, invece, ci sono due campi, dove noi di Caritas italia-

na ci occupiamo con la Croce Rossa della distribuzione di cibo. In molti, però, scelgono di scappare». Come per Bombardi in Serbia e Bosnia, quello dei profughi è solo uno degli ambiti dell’impegno di Cadorin e di Caritas. «In Macedonia a Gevgelija – racconta lui, di passaggio in Italia per le ferie –, grazie al finanziamento ricevuto dalla Cei, stiamo allestendo un centro per bambini con bisogni speciali che prevede attività educative, di terapia fisica, ma

anche occupazionali. Accoglierà 30 bambini, provenienti da tutta la regione. Resterà a disposizione anche per accogliere migranti se sarà necessario. È un progetto nato a seguito dell’emergenza profughi in Macedonia: la nostra scelta è sempre stata quella di aiutare

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assieme ai profughi anche la popolazione locale». Un altro progetto riguarda invece più da vicino Caritas Vittorio Veneto, che, assieme a Caritas Verona, sarà protagonista di un progetto Erasmus Plus, finanziato dall’Unione europea. Dedicato ai giovani di Albania, Bosnia Erzegovina e Italia, prevede, oltre a corsi di formazione, anche due occasioni di scambio e incontro tra i giovani dei tre paesi. «Il tema del nostro Erasmus Plus è l’ambiente, e in particolare il riutilizzo degli spazi abbandonati e l’ecoturismo», spiega Cadorin.

LA TESTIMONIANZA DEL CILIENSE DANIELE BOMBARDI

Serbia: profughi in condizioni disumane Profughi in coda

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igranti in aumento, che entrano illegalmente e non hanno possibilità di uscire. Ospitati in campi in condizioni che violano i diritti umani. Questa la situazione dei migranti in Serbia testimoniata da Daniele Bombardi, trentacinquenne di Ceggia, responsabile di Caritas italiana in Serbia e Bosnia Erzegovina. Ecco alcuni passaggi della sua intervista pubblicata in agosto dalla Caritas di Treviso (www.caritastarvisina.it)

Con tanti bambini «La situazione in Serbia – dice Bombardi – sul fronte migratorio si sta giorno dopo giorno nuovamente aggravando. L’aumento di presenze è avvenuto perché da sud, con il supporto dei trafficanti, sono aperte alcune vie di transito illegali tramite la Macedonia e la Bulgaria. Il flusso è continuo ed è in lenta ma inesorabile crescita. Un terzo, forse un quarto delle persone presenti nei campi sono bambini sotto i 7 anni. La stra-

grande maggioranza dei migranti in questo periodo sono afghani, ma non mancano pakistani, siriani, marocchini».

Condizioni disumane «Nessuno si aspettava questo aumento e nessuno si è preparato per questo: le condizioni dei campi di accoglienza sono davvero pessime. Le situazioni più orribili sono al nord, al confine con l’Ungheria. Ad Horgos almeno 500 persone aspettano il loro turno per entrare, ma l’Ungheria ne lascia passare so-

lo 15 al giorno, dunque c’è chi è in coda da un mese. Il tutto in un campo nel mezzo del nulla, senza nemmeno acqua potabile, senza toilette, senza elettricità, senza neppure ombra perché non ci sono alberi. Horgos è in questo momento anche peggio di Idomeni, per le condizioni disumane, che violano letteralmente i diritti umani e mettono davvero a rischio la vita delle persone».

Miccia accesa «Quello che mi preoccupa più

di ogni altra cosa è la netta impressione che questo stato degradato dei campi di accoglienza sia una scelta voluta da parte delle istituzioni serbe. Del tipo: rendiamoli sempre meno adatti, riduciamo i servizi, così che i migranti non siano attratti dall’arrivare in Serbia e non si fermino per lungo tempo. C’è il serio rischio che succedano episodi gravi: qualche migrante, magari tra i più deboli come i bambini, che muore in qualche campo, oppure episodi di nervosismo e violenza dei migranti trattati come bestie».

IL DECENNALE IMPEGNO DELLA CARITAS DIOCESANA

Le scuole di dialogo ono dieci anni che Caritas SconVittorio Veneto collabora Caritas Banja Luka (città della parte serba della Bosnia Erzegovina) e Caritas italiana per organizzare le “Scuole di pace”, campi di volontariato per giovani italiani e bosniaci. L’anniversario è stato festeggiato nel modo migliore: durante un campo di volontariato. Anche quest’anno infatti, dal 21 al 30 agosto, giovani hanno dedicato parte delle loro ferie all’aiuto al prossimo e

alla formazione personale. Su www.caritasvittorioveneto.it una ricca galleria di foto racconta l’esperienza. Per la nostra diocesi hanno partecipato Eleonora e Sara, che stanno svolgendo l’Anno di volontariato sociale in Caritas, e altri giovani. Accompagnati dalla vicedirettrice Caritas Mara Cattai e, per una parte dell’esperienza, dal direttore don Roberto Camilotti. Cuore dei giorni è stata la “Scuola di dialogo interreligio-

so” assieme ai giovani cattolici, ortodossi, musulmani ed ebrei, ma tutti bosniaci, di Youth for peace. Un’occasione per conoscere fedi, e quindi culture, altrui e presentare le proprie: ad esempio con un cartellone per spiegare, in inglese, le opere di misericordia, in tema con l’Anno santo che stiamo vivendo. I vittoriesi e gli altri volontari raccolti dalle Caritas del Nordest italiano hanno anche potuto ascoltare le testimonianze di tre persone che hanno vis-

Alcune immagini del campo della Caritas in Bosnia

suto e sofferto la guerra civile del 1992-1995. Ma occasione di crescita sono state anche le visite a bellezze artistiche, chiese e moschee sia di Banja Luka che di Sarajevo. Come pure il lavoro manuale per la comu-

nità: i volontari hanno scavato le fondamenta di una casa da costruire, ridipinto e ridato dignità alla ringhiera di un cimitero, imbiancato e pulito altre abitazioni, in base alle indicazioni della Caritas locale.


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